John Hearthfield - Progetto Fahrenheit

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A cura di
Mario
Bruselli
La cultura del ‘900 : John Hearthfield
John Hearthfield
Helmut Herzfeld nasce a Berlino il 19 giugno 1891; è il primo dei quattro figli di Franz Herzfeld,
poeta e scrittore socialista, e Alice Stolzenberg, lavoratrice tessile. Pochi anni dopo i fratelli
Herzfeld saranno abbandonati dai genitori, e verranno allevati dal borgomastro di un villaggio
austriaco.
All'età di quattordici anni Helmut lascia la scuola e, qualche anno dopo, inizia la carriera artistica
lavorando nello studio di un pittore locale. Frequenterà prima la Scuola delle Arti Applicate a
Monaco di Baviera, poi la Arts and Crafts di Berlino; nel frattempo trova lavoro come designer in
alcune tipografie, realizzando le sue prime copertine di libri.
Nel 1914 scoppia la prima guerra mondiale; Wieland Herzfeld,
fratello minore di Helmut, è arruolato nell'esercito tedesco e
combatte sul Fronte Occidentale; assieme ad alcuni compagni
disertori tornerà a Berlino per prepararsi a combattere la guerra
attraverso i suoi lavori. Un anno più tardi anche Helmut verrà
arruolato nella fanteria, ma riuscirà pochi anni dopo ad eludere il
servizio militare. Tornato a Berlino nel 1917, Helmut conosce
Georg Gross, due anni più giovane e da lui considerato "l'unico
artista che conta", questo incontro sarà decisivo per gli anni a
venire. L’artista berlinese, infatti, è già da tempo impegnato in
opere a carattere politico-sociale. Helmut, riconoscendo
nell’impegno politico il principale fine dell’artista, decide di
distruggere tutti i suoi precedenti lavori perché da lui stesso
considerati insignificanti per l’epoca che stava vivendo.
Di lì a poco, in segno di risposta al patriottismo tedesco che avrebbe voluto il motto “Dio punisca
l'Inghilterra” come saluto nazionale, Helmut anglicizza il suo nome in John Heartfield.
Nonostante il nuovo nome non venga mai legittimato dalle autorità tedesche, le successive opere
saranno conosciute dal grande pubblico proprio con questo pseudonimo. Anche il fratello Wieland
(autore di numerose poesie) cambierà il cognome e in Herzfelde, mentre l'amico Gross diventerà
George Grosz.
Nel 1918, sull'onda delle notizie riguardanti la rivoluzione d'ottobre, i tre si iscrivono all'appena
nato Partito Comunista Tedesco (KPD); da allora e fino alla repressione nazista continueranno
incessantemente a produrre scritti, disegni, poster e altro materiale per il partito.
Dopo aver curato l'aspetto grafico del libro Deutschland, Deutschland, über alles dell'amico Kurt
Tucholsky, Heartfield entra in contatto con la casa editrice che aveva prodotto il libro, e, nel giro di
poco tempo, inizia a lavorare per il periodico propagandistico A-I-Z (acronimo di ArbeiterIllustrierte-Zeitung : Giornale Illustrato dei Lavoratori). Questa rivista ebbe un tale successo in
Germania, che anche i nazisti crearono il loro A-B-Z (Arbeiter-Bilder-Zeitung, la cui traduzione,
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anche in questo caso, corrisponde a Giornale Illustrato dei Lavoratori). Tra il 1929 e il 1938
Heartfield produrrà incessantemente materiale per la rivista.
Nel 1933, poco dopo l'ascesa al cancellierato di Hitler, le SA occupano l'abitazione di Heartfield, il
quale è costretto a fuggire a Praga. Di lì a poco anche A-I-Z dovrà spostare la sua sede nella capitale
cecoslovacca; la propaganda e la repressione nazista limiteranno notevolmente la diffusione del
giornale, fino a quando nel 1939 l'occupazione tedesca della Cecoslovacchia costringerà A-I-Z a
chiudere.
Nello stesso anno i nazisti chiedono l'estradizione in Germania di Heartfield. Egli trova rifugio a
Londra, dove (nonostante fosse sconosciuto ai più) collabora fin da subito con alcune importanti
riviste. Con l'entrata in guerra dell'Inghilterra, le autorità britanniche iniziano ad essere sospettose di
fronte ad alcune forme d'arte, specialmente quelle sperimentali di un rifugiato tedesco. Per qualche
mese verrà "ospitato” in alcuni campi di internamento assieme ad alcuni amici rifugiati; avrà poi la
fortuna di essere trasferito in ospedale e, dopo poche settimane, di essere rilasciato.
Nel 1950, dopo venti anni di soggiorno in Inghilterra, torna nella Germania dell'Est, dove viene
celebrato e onorato come un ricordo del passato piuttosto che come uomo impegnato nelle battaglie
e nei problemi correnti. Anche nella Repubblica Democratica Tedesca degli anni ‘50, infatti, il suo
fotomontaggio sarà criticato in quanto poco in linea con i principi del realismo socialista.
Muore a Berlino nel 1968. Mostre retrospettive delle sue opere sono state allestite in molte città
europee.
 Il Dada
Nel clima di tensione generatosi a partire dai primi anni
della prima guerra mondiale, fuggitivi, proscritti ed
espatriati da tutte le nazioni europee, affluiscono a Zurigo,
importante centro della Svizzera neutrale. Artisti tedeschi,
slavi e russi, accomunati dall'opposizione alla guerra e da
posizioni romantico-radicali, confluiscono nel Cabaret
Voltaire, luogo di incontro e laboratorio creato nel 1916 da
Hugo Ball. Da questa esperienza nasce il movimento
Dada.
Guidato da Hugo Ball, Tristan Tzara e Hans Arp, il Dada
gioca sugli enigmi, sulle incertezze, sulle ambiguità a
cominciare dal nome stesso, “senza significato” come
ammetterà più tardi lo stesso Tzara. I dadaisti contestano
la società borghese, sono contrari alla guerra, contrari al
conservatorismo e - dal momento che l'arte è parte del
corrotto mondo borghese - sono contrari al concetto stesso
di arte.
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Sulla base di queste idee il Dada si estende alla Germania, all'America e alla Francia; si tratta però
di esperienze molto diverse tra loro che sfociano in aperte provocazioni nel ready-made di Marcel
Duchamp.
L'esperienza Dada, iniziata (come spesso nei movimenti di avanguardia) con il teatro, costituirà un
tassello essenziale per la formazione di un nuovo teatro, che, con elaborazioni successive di autori
diversi, arriverà nel secondo dopoguerra al Teatro dell'Assurdo e agli Angry Young Men.
 Il Dada berlinese
Nel 1918 Richard Huelsenbeck, dopo un periodo di permanenza a Zurigo, torna a Berlino, portando
con sé il Dada; un anno dopo diversi artisti, tra cui John Heartfield, George Grosz, Hanna Höch e
Raoul Hausmann, danno ufficialmente vita al Dada berlinese. Nella Berlino del dopoguerra il Dada
assume un tono fortemente politico e aggressivo: l'intero movimento si riconosce negli ideali
anarchico-comunisti. Nel 1920 Grosz e Heartfield si fanno fotografare all'interno di una fiera
mentre espongono lo slogan “L'arte è morta. Lunga vita alla nuova arte di Tatlin!”. Con questo
gesto provocatorio i due rivendicano la loro vicinanza artistica e ideologica a Vladimir Tatlin, il
maggior esponente dell’arte rivoluzionaria russa.
 La tecnica del fotomontaggio
Come già detto, il 1917 segna una svolta decisiva nella vita di Heartfield, il quale fino ad allora
aveva realizzato solo disegni tipografici e commerciali, acquerelli e poster di tipo accademico,
firmandoli col suo nome originario. Dopo l'incontro con Grosz, i due inaugurano un periodo di
intensa collaborazione creando opere (principalmente fotomontaggi) riconoscibili dalla firma
Grosz-Heartfield mont. La sillaba “mont” (possibile abbreviazione di "montiert", dal francese
"montato", "assemblato") non fa riferimento alla tecnica usata, bensì allo stesso Heartfield, che
Grosz e altri amici chiamavano amichevolmente "monteur" (dal francese "meccanico"), per la sua
abitudine di indossare una tuta blu da lavoratore.
Il primo fotomontaggio di Heartfield riguardante la
storia contemporanea risale al 1924 ed è conosciuto col
nome di Dieci anni dopo: Padri e Figli. L'opera fu
esposta il 4 agosto 1924 in una delle finestre della
libreria in cui Heartfield lavorava con l'intento di
commemorare lo scoppio della prima guerra mondiale
nel 1914. Un nutrito gruppo di adolescenti in assetto da
parata militare sono sovrastati dagli scheletri dei padri
morti nel conflitto; è evidente la volontà dell'autore di
allarmare i propri connazionali di fronte all'instabilità
del governo e al primo delinearsi di quelle forze che
avrebbero portato ad una guerra di rivincita.
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Dieci anni dopo, l'opera verrà rivista con l'aggiunta di queste parole: "Anche ai bambini di tre anni
che giocano alla guerra deve essere insegnato come maneggiare le armi e bisogna infondere loro
l'idea che la guerra sia amabile e ben accetta", prese da un giornale giapponese.
Sull'origine della tecnica del fotomontaggio è lo stesso Grosz a voler fare chiarezza: "Quando John
Heartfield ed io inventammo il fotomontaggio, nel mio studio, alle cinque di una mattinata di
maggio nel 1916, nessuno dei due aveva idea delle sue enormi potenzialità, né della strada spinosa
ma piena di successo che ci avrebbe aspettato. Come spesso succede nella vita eravamo inciampati
in un filone d'oro senza nemmeno accorgercene." In realtà i primi a creare dei fotomontaggi
probabilmente non furono Heartfield e Grosz: altri artisti dadaisti (tra cui Raoul Hausmann e Hanna
Höch) rivendicano l'invenzione del genere. Inoltre quella del fotomontaggio era una tecnica già
utilizzata da alcuni fotografi per correggere o migliorare i loro scatti. Sembra che originariamente i
soldati sul Fronte Occidentale, impossibilitati a descrivere le nefandezze della guerra a causa della
censura, incollassero assieme fotografie e ritagli di giornali illustrati per raccontare le storie di
orrore ai loro familiari e amici a casa. Il merito dei dadaisti, quindi, non è quello di avere inventato
il fotomontaggio, ma - così come i collages per i cubisti - di averlo usato come tecnica artistica.
D'altro canto il metodo maggiormente utilizzato da Heartfield non andrebbe ricondotto al
fotomontaggio, bensì al foto-collage. Infatti, mentre il primo consiste nel ritoccare le immagini
direttamente sul negativo, il foto-collage preferisce lavorare sulle immagini già stampate,
"ritagliandole" e adattandole un po' come già avveniva con i collages.
È importante notare che il fotomontaggio non deve necessariamente essere un montaggio di foto:
può essere un montaggio di foto e testo, foto e colore, foto e disegni. Come Heartfield stesso disse:
"una fotografia può, con l'aggiunta di un trascurabile punto di colore, diventare un fotomontaggio,
una forma d'arte di un genere particolare". Anche il testo d'altronde è indispensabile nei montaggi di
Heartfield: "Un testo che non altera il senso della fotografia non produce, assieme con la fotografia,
un fotomontaggio [...] Ma se la fotografia, sotto l'influenza del testo, esprime non semplicemente il
fatto che mostra ma anche il messaggio sociale espresso dal fatto, allora questo è già di per sé stesso
un fotomontaggio."
Heartfield apprende l'importanza di testi e immagini e dell'effetto che questi possono avere sulla
massa dai cartelloni pubblicitari che, già allora, tappezzavano Berlino. L'artista "perde" moltissimo
del suo tempo a ricercare le immagini più adatte in giornali, archivi e agenzie (bisogna infatti
ricordare che Heartfield non era un fotografo, ma utilizzava immagini di terzi). Anche la ricerca
delle didascalie più appropriate occupa gran parte del lavoro di montaggio; più di una volta in
questo lavoro si fa affiancare dall'amico Kurt Tucholsky, poeta e scrittore satirico, che sotto il
regime nazista sarà costretto a darsi la morte.
L'approccio di Heartfield al mezzo espressivo del fotomontaggio è, per molti versi, comune a quello
degli altri artisti del gruppo Dada. Tuttavia i sui lavori sono più legati al potenziale politico del
fotomontaggio. Come disse lui stesso: "Nuovi problemi politici richiedono nuovi sistemi di
propaganda. Per questo obiettivo la fotografia ha il massimo potere di persuasione". Infatti il suo
fotomontaggio ha un notevole accento propagandistico e mette sotto gli occhi messaggi forti,
indirizzati alle masse, cioé a ciascun cittadino. In netto contrasto con le creazioni artistiche riservate
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a circoli esclusivi, le sue opere sono pubblicate sulla stampa popolare, indirizzata anche ai semplici
lavoratori.
 Il contesto storico e le opere ad esso ispirate
 L’esperimento democratico della Repubblica di Weimar
Già prima della fine della grande guerra, la Germania è attraversata da una grave crisi interna, con
tentativi rivoluzionari ispirati alla rivoluzione russa, ma -a differenza dell’ottobre 1917- qui la
minoranza rivoluzionaria non era riuscita ad infiltrarsi nella struttura amministrativa statale e
neanche ad ottenere il controllo dei vari soviet operai e militari formatisi spontaneamente nel Paese.
Gli stessi leader rivoluzionari della cosiddetta Lega di Spartaco, Karl Liebknecht e Rosa
Luxemburg -contrariamente a Lenin, impadronitosi del potere con un abile colpo di mano di una
minoranza spacciato poi per insurrezione popolare- confidavano ottimisticamente in una spontanea
rivolta operaia che sarebbe scoccata, spontaneamente, da una serie ininterrotta di scioperi e
manifestazioni. Invece la stessa Repubblica socialdemocratica proclamata a Berlino, dopo la fuga
dell’imperatore Guglielmo II, nel novembre 1918 represse nel sangue la rivolta e i due capi
rivoluzionari furono arrestati e uccisi.
A guerra conclusa, la intrinseca debolezza della neonata repubblica di Weimar favorì l’avvento al
potere della dittatura. Nonostante la costituzione all’epoca fosse considerata un gioiello di liberalità,
basata com’era su di un modello misto di parlamentarismo e presidenzialismo, il Reichstag, eletto
attraverso il democraticissimo sistema proporzionale, si rivelò scrupoloso garante della
rappresentatività, ma assai meno della governabilità. Con eguale sfoggio di democraticità, nel 1933
la costituzione di Weimar consentirà al nazismo di prendere il potere in modo assolutamente legale.
Weimar però non fu solo un esperimento di astratta alchimia politica. La prima Repubblica tedesca
non è pensabile senza il trauma della sconfitta, senza le clausole del trattato di pace, senza il fervore
rivoluzionario comunista e il feroce nazionalismo di quegli anni. La guerra, nella cui vittoria quasi
tutti in Germania avevano creduto sino all’ottobre del 1918, aveva logorato fino allo stremo
l’esercito, l’economia del Paese e la sua stessa struttura sociale.
L’entità del debito di guerra stabilito dal trattato di pace di Versailles era tale da rendere impossibile
il suo pagamento da parte della Germania: mentre l’Inghilterra rinunciò a parte dei suoi crediti, la
Francia, di fronte ai ritardi e alle resistenze tedesche nel soddisfare i debiti, occupò militarmente la
regione industriale della Ruhr, aggravando ulteriormente la crisi economica del paese con il
conseguente crollo del marco ed un’impennata clamorosa dell’inflazione. Alla fine del 1923 i prezzi
all'ingrosso avevano raggiunto un livello 1.200 miliardi di volte quello del 1913!
La situazione si normalizzò solo qualche anno dopo, grazie all’intervento risolutivo degli Stati Uniti
che, con il piano Dawes, promossero un intervento della finanza internazionale per favorire il
risanamento dell’economia tedesca. Gli anni dal 1925 al 1929 furono un intermezzo felice nella
storia della Repubblica di Weimar: la ritrovata stabilità economica favorì un'atmosfera di libertà e
di fermento culturale. In questo periodo si sviluppò l'esperienza di avanguardia del Bauhaus, mentre
in ambito filosofico sorsero il circolo di Vienna e il gruppo di Berlino.
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 Il nazismo al potere
Il crollo della borsa di Wall Street spinse gli investitori americani a ritirare i loro investimenti.
Paesi come la Germania, che facevano affidamento soprattutto su prestiti statunitensi, videro ridursi
l'afflusso di capitale e furono costretti a sospendere i lavori pubblici, gli investimenti, e a procedere
a licenziamenti. Due partiti trassero dalla crisi economico-sociale dei vantaggi immediati: quello
comunista e quello nazionalsocialista. I nazisti, in particolare, riuscirono a compiere un incredibile
balzo in avanti: dal poco più di mezzo milione di voti ottenuti nelle consultazioni del 1928,
raggiunsero i sei milioni e mezzo di voti in quelle del 1930, diventando il secondo partito tedesco.
Nato nel 1920, il partito nazionalsocialista inizialmente non era che uno sparuto movimento locale
bavarese, violentemente nazionalista, anticomunista e antidemocratico. Il cosiddetto "putsch della
birreria", tentato da Hitler a Monaco nel 1923 e conclusosi ingloriosamente con la sua carcerazione
(dei cinque anni comminati ne scontò però uno solo), sembrò quindi porre fine all'avventura un po'
sguaiata delle camice brune, che ancora non godevano di finanziamenti e appoggi altolocati.
Furono proprio la pausa forzata in galera e lo smacco delle prime elezioni a spingere Hitler
all'elaborazione concreta della dottrina nazista e ad individuare una nuova strategia per la conquista
del potere. Le basi ideologiche del nazismo si basavano sull'individuazione precisa dei "nemici"
della Germania. Se i nemici esterni erano le potenze vincitrici della prima guerra mondiale, quelli
interni erano incarnati dal marxismo e dal liberalismo. La lotta di classe e l'internazionalismo
marxista corrompevano, attraverso i partiti della sinistra, le masse lavoratrici fiaccandone il senso di
appartenenza nazionale. Il liberalismo, come tipica espressione dell'ideologia borghese, era
anch'esso responsabile della corruzione della nazione con i suoi appelli alla competizione economica e partitica- e all'individualismo. Ma la sintesi estrema del "nemico" era l'ebraismo, da
cui, secondo Hitler, discendevano in fin dei conti il liberalismo, la democrazia e il marxismo.
Collegato con il capitalismo plutocratico delle nazioni responsabili del trattato di Versailles e con il
bolscevismo sovietico, l'ebraismo era -secondo Hitler- capitalista e comunista al tempo stesso e
complottava contro la Germania. Per assicurare un futuro alla nazione, l'unica chance era eliminare
i nemici, e con essi l'istituzione parlamentare, per sostituirvi un nuovo Reich privo di conflitti
interni, con una struttura rigorosamente gerarchica, razzialmente puro e capace di espandere la sua
potenza a est.
Nel 1930 il governo Brüning non aveva una maggioranza parlamentare stabile e omogenea al punto
da consentirgli di affrontare di petto la crisi economica e l'instabilità politica. Il suo programma di
aumento delle imposte e di tagli rigorosi alla spesa pubblica, varato nel 1930, non fu accettato dal
Reichstag; così per cercare di attuarlo fu costretto a ricorrere all'articolo 48 della costituzione, che
permetteva di governare, in casi di emergenza, per decreto-legge, anche senza l'appoggio del
parlamento.
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Con Il Parlamento morto (18 ottobre 1930) Heartfield
critica aspramente questa svolta in senso autoritario,
rappresentando la visione deserta del parlamento,
sciolto da Brüning per aver condannato il suo uso
eccessivo di decreti d’emergenza, durante la sessione
del 13 ottobre. Il sottotitolo "Questo è tutto quello che
rimane del 1848!" sottolinea ironicamente come dalle
richieste di partecipazione e rappresentanza
democratica di quei moti, si sia invece arrivati ad un
governo presidenziale autoritario. Nel 1933 Hitler
ricorrerà allo stesso articolo della costituzione per
abolire le fondamentali libertà dei cittadini.
In cerca di una nuova maggioranza, Brüning indisse le elezioni per il settembre del 1930: svoltesi in
clima di crisi economica e di furiosa propaganda di destra contro l'istituzione stessa della
Repubblica, queste elezioni si risolsero, come abbiamo già visto, in un grande successo dei nazisti
(18,3%) ma anche dei comunisti (13,1%), mentre i socialdemocratici si confermarono pur sempre il
più forte partito con il 24,5 per cento dei suffragi. La compagine governativa non guadagnava però
in stabilità e il governo Brüning si trovò costretto a vivacchiare come prima. Oltre alla debolezza di
Brüning, un ulteriore segno di disfacimento fu costituito dalle elezioni presidenziali dell'aprile
1932. L'ottantaquattrenne feldmaresciallo Hindenburg si lasciò convincere a ripresentare la
candidatura. Dopo un testa a testa con Hitler, ne uscì vincitore con il 53% dei voti contro il 37% del
leader nazista. L'indice della debolezza della Repubblica era però nel fatto che questo antico e
ormai decrepito rappresentante della Germania imperiale, già candidato dei conservatori nel 1925,
fosse ormai l'unica speranza cui potessero aggrapparsi i partiti democratici.
Poco più di un mese dopo, nel maggio 1932, cadeva il governo Brüning. Ormai decisamente
impopolare ai suoi stessi sostenitori, di fronte al dilagare della violenza delle SA -le camicie brune
di Ernst Röhm che costituivano il braccio armato del partito nazista- uno dei suoi ultimi atti fu
almeno quello di tentare di sciogliere le associazioni paramilitari nazionalsocialiste (SA e SS).
Seguirono altri brevi governi (Von Papen, Kurt von Schleicher) e altre elezioni, quelle del
novembre 1932 registrarono un lieve calo dei nazisti (dal 37% al 33%); la Repubblica di Weimar
giungeva alla fine, sotto i colpi della crisi economica, delle violenze naziste e della divisione tra le
forze politiche tradizionali: il 30 gennaio 1933 Adolf Hitler, come capo del partito di maggioranza
relativa, venne legalmente nominato cancelliere di un governo di coalizione da Hindenburg.
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Con l’opera Milioni sono dietro di me (16 ottobre 1932)
Heartfield denuncia l’appoggio dato a Hitler dalla grande
industria e dai latifondisti agrari, riprendendo un motto che lo
stesso Hitler aveva largamente usato prima di arrivare al potere
per indicare la massa dei suoi sostenitori. Heartfield annuncia
ironicamente: "Il significato del saluto di Hitler: un piccolo uomo
chiede grandi regali" e mostra la mano destra di Hitler accettare
una mazzetta di banconote da un gigantesco borghese che sta
dietro di lui. Ovviamente il finanziatore occulto non vuole farsi
notare, motivo per cui il suo volto resta nascosto.
Conti economici per il business della morte (22 gennaio 1933) è
accompagnata dalla seguente didascalia: "Preghiera dell’industria
delle armi: più cinesi cadono, più le nostre ciminiere fumeranno.
Con un migliaio di cinesi morti ci ripaghiamo i costi. Centomila
cinesi morti significano un profitto. Dieci milioni di cinesi morti
potrebbero significare la fine della crisi. Signore, fa che il fuoco
dell’Est bruci sempre di più!". (Probabile allusione alla guerra
civile in Cina, tra nazionalisti e comunisti, ma il significato è
generale). Anche quest’opera indica negli interessi della grossa
industria tedesca uno dei principali supporti alla politica hitleriana.
La morale di Ginevra. Dove vivono i soldi, la pace non
può sopravvivere (27 novembre 1932). A Ginevra, sede
della Società delle Nazioni, una manifestazione di
lavoratori che dimostravano contro i totalitarismi fu
repressa violentemente con le mitragliatrici: ci furono 15
morti e più di 60 feriti tra i manifestanti. La colomba
della pace è trafitta dalla baionetta fascista davanti al
palazzo sede della Società delle Nazioni, sulla cui
bandiera la croce rossa svizzera si trasforma in svastica.
Lo stesso tema della colomba trapassata dalla baionetta
verrà ripreso nel 1960, in tono meno aggressivo ed
incline alla speranza, col titolo Mai più.
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La propaganda, l’intimidazione e la repressione degli avversari politici prima delle elezioni del
marzo 1933 (sulle quali Hitler contava per ottenere una solida maggioranza) toccarono un vertice
con l’incendio del palazzo del Reichstag nella notte del 27 febbraio 1933. L’incendio fu definito
dal governo Hitler come il primo segnale di un’imminente azione sovversiva dei comunisti e fu
utilizzato propagandisticamente secondo questa interpretazione, per poter meglio consolidare e
"legalizzare" il proprio potere. Furono sospettati cinque comunisti, ma, benché soggetto a forti
pressioni, il tribunale supremo condannò solo un olandese, assolvendo gli altri. La notte stessa
dell’incendio fu dato il via ad una vasta azione di arresti contro esponenti dei partiti di sinistra, in
particolare di quello comunista, dichiarato illegale, la cui stampa venne soppressa proprio nel pieno
della campagna elettorale.
Ma –fatto di ancor maggior gravità- l’incendio servì come pretesto per l’emanazione di un altro
decreto d’emergenza, promulgato già la mattina seguente e quindi preparato in anticipo. Con questo
atto, sempre basato sull’articolo 48 della Costituzione di Weimar, venivano in pratica aboliti i diritti
dell’uomo e del cittadino, sul cui rispetto si fonda la democrazia. Esso conteneva la proclamazione
dello stato di emergenza e la fine della vita costituzionale, diventando il sostegno formale più
importante del dominio di Hitler; infatti, benché vi si dica che sarebbe stato "valido fino a nuovo
ordine", non venne mai soppresso e durò fino al crollo del Reich nel 1945.
In Göring il boia del Terzo Reich (14 settembre 1933)
Heartfield sottolinea il fatto che il vero colpevole
dell’incendio del Reichstag, Hermann Göring, esponente di
spicco del nazismo e ministro del Reich, non apparirà
davanti al tribunale, mentre ci saranno quattro uomini
innocenti. Quest’opera condivide il sospetto, sorto fin dal
primo momento, che gli stessi nazisti avessero organizzato
l’incendio, in quanto ad essi solo poteva portare vantaggio.
Nonostante anche nelle elezioni del 1933 non avesse ottenuto la maggioranza assoluta, il regime
hitleriano si impose senza trovare significative resistenze, anche per lo scioglimento degli altri
partiti e di tutti i sindacati. Hitler utilizzò da un lato la perfetta macchina propagandistica orchestrata
da Göbbels, dall’altro la sistematica repressione degli avversari politici, arrestati e rinchiusi in
campi di concentramento, e l’annullamento di ogni forma di dissenso mediante un ferreo controllo,
basato sul terrore, della vita pubblica e privata dei cittadini.
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L’ironico Mimica (8 aprile 1934) pone l’accento sulla
ricerca del consenso delle masse, nonostante la loro totale
esclusione dalla vita politica. Nell’interpretazione di
Heartfield, la propaganda di Josef Göbbels cerca di
mascherare il Führer con la barba di Marx per attrarre i
lavoratori contrari alle idee nazionalsocialiste. Questi
dovrebbero essere convinti, mescolando la svastica ai
simboli bolscevichi di falce e martello.
Come nel Medioevo, così nel Terzo Reich (31 maggio
1934). Quest’opera dall’evidente significato evidenzia un
ritorno al Medioevo, con un parallelismo tra un basso
rilievo di una vecchia chiesa tedesca raffigurante una
scena di supplizio e l’immagine di un uomo torturato
dalla svastica.
Per raggiungere il potere assoluto, assumendo insieme alla carica di Cancelliere anche quella di
capo dello Stato, Hitler aveva bisogno dell’appoggio degli ambienti industriali e militari. Ma un
pericolo proveniente dall’interno stesso del partito, minacciava la sua posizione di padrone assoluto.
Si trattava dei circa due milioni di uomini delle SA, comandati dal suo intimo amico Ernst Röhm,
che erano stati fondamentali per la sua salita al potere. I loro dirigenti erano favorevoli ad una
"seconda rivoluzione": pensavano di statalizzare le strutture economiche (come prevedeva
l’originario programma del nazionalsocialismo) e di fondere le SA con l’esercito formando una
gigantesca armata popolare. I poteri economici e militari erano decisamente contrari a
quest’eventualità; Hitler decise di mettersi dalla loro parte liberandosi delle frange "rivoluzionarie"
del suo partito. Con la brutalità e la mancanza di scrupoli sue proprie, sbaragliò i più alti comandi
delle SA, cominciando dallo stesso Röhm. La notte del 30 giugno centinaia di uomini caddero
vittime di un massacro preparato in precedenza nei minimi particolari; oltre che delle SA, Hitler si
sbarazzò anche di ebrei e di antichi avversari. La spiegazione ufficiale riportata al popolo tedesco fu
che il Führer era riuscito a prevenire e a sventare una rivolta delle SA.
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Lealtà in risposta alla lealtà. Saluti dal Führer (12 luglio
1934) immortala questo evento. La mattina del 30 giugno
Hitler arrivò inaspettatamente a Monaco, dove arrestò
personalmente Röhm e i capi delle SA che lo
circondavano; tutti a distanza di poche ore vennero
fucilati senza processo. In questo fotomontaggio
Heartfield
rappresenta
Röhm
assassinato
–
significativamente- usando mitragliatrici della fabbrica
Krupp.
Allo stesso drammatico episodio, chiamato notte dei lunghi coltelli, si riferisce 30 giugno 1934 (19
luglio 1934). Come già detto, in un discorso al Reichstag, Hitler si giustificò accusando Röhm e gli
altri oppositori del regime di essere dei traditori.
Dopo la morte del Presidente Hindenburg (2 agosto 1934), Hitler poté riunire nella sua persona le
cariche di Presidente dei Reich e di Cancelliere e ricevette il giuramento di fedeltà da parte
dell’esercito. Ora Hitler poteva proclamare la fine della rivoluzione, esclamando al congresso del
partito, nel settembre 1934: "Nei prossimi mille anni nessuna rivoluzione avrà più luogo in
Germania".
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