ALLEGATO 10 F. T. MAG2000 – ANNEX 10
IACER S.r.l.
Technical File: FT- MAG2
Doc. cod.: FT-MAG2-12 Rev. Date.: 26/01/16
Validazione clinica e bibliografia
Clinical validation and bibliography
Descrizione delle modifiche
List of activities
Rev.
0
1
Data / Date
03/06/10
10/01/11
2
29/01/11
3
03/02/11
4
10/03/11
5
15/03/13
6
26/01/16
Compiled by:
RQL
Descrizione modifica / Description
Prima emissione – First emission
Prima revisione per NC Cermet del 10/01/11 – First revision for NC Cermet dated
10/01/11
Seconda revisione per ulteriore integrazione NC Cermet 29/01/11 –Second
revision for integration NC Cermet 29/01/11
Terza revisione per chiusura NC Cermet su validazione clinica – Third revision for
NC Cermet on clinical validation
Quarta revisione integrazione bibliografia – Fourth revision for bibliography
extension
Quinta revisione per aggiornamento terza edizione EN 60601 e restrizione
patologie ammissibili
Revisione per eliminazione di documento bibliografico sulle ulcere (Cadossi)
Verified by:
RPG
Approved by:
RPG
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La magnetoterapia con campi a bassa frequenza rappresenta da decenni
un’applicazione terapeutica ormai consolidata e dall’efficacia universalmente
riconosciuta.
I riferimenti bibliografici che alleghiamo riportano l’evidenza di svariati studi clinici in cui il
trattamento di specifiche patologie (in particolare a carico dei tessuti ossei ma anche di
problematiche di tipo muscolo-legamentose) con campi elettromagnetici pulsati a bassa
frequenza ha portato alla guarigione più o meno completa in un elevato numero di casi.
Come risulta evidente, le caratteristiche tecniche e costruttive di MAG2000 sono del tutto
simili a quelle di molti dei dispositivi utilizzati dai ricercatori nei testi qui suggeriti.
Preliminarmente è necessario chiarire alcune definizioni inerenti la magnetoterapia. Molto
spesso incontriamo degli acronimi diversi uno dall’altro che trovano origine dalla diversa
lingua degli autori ma che identificano sempre la medesima tecnica terapeutica: campi
elettromagnetici pulsati generati dal passaggio di una corrente che attraversa una bobina
di filo di rame. I diversi lavori dei tanti autori citati, mettono poi in relazione le patologie
trattate con le frequenze e le intensità dei campi elettromagnetici utilizzati.
In particolare, in letteratura troveremo i seguenti acronimi:
 CEMP: campi elettromagnetici pulsati
 CMP: campi magnetici pulsati
 PEMF: pulsed electromagnetic fields
 EMF: electromagnetic fields
 ELF: extremely low frequencies
Nella nostra documentazione aziendale, ad uso sia interno che esterno, utilizziamo
indistintamente sia CEMP che PEMF.
Tutti gli acronimi citati sopra si riferiscono alla stessa tecnica terapeutica, da distinguere
dall’impiego di campi magnetici stabili, rappresentati dall’uso di magneti permanenti (le
cosiddette calamite) per l’uso dei quali non esiste una bibliografia sufficiente a
giustificarne l’impiego in campo medico/fisioterapico.
Per facilità di consultazione si riportano le principali patologie così come presenti nel
software di base di MAG700, MAG2000 e MAG2000 PLUS, con relativa descrizione ed
evidenza dagli estratti di opere bibliografiche inerenti le patologie stesse.
Qui di seguito inoltre si riporta un’interessante tabella che riassume, ad opera di L.
Basset, gli effetti a livello cellulare dell’esposizione a campi elettromagnetici pulsati in
riferimento al tipo di problema/patologia presente.
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MECCANISMI DI AZIONE DELLE PEMF (fonte: L. Bassett, Journal of cellular biochemistry 51:387-393, 1993)
Condition
Fracture nonunion
Failed joint fusion
Congenital
pseudarthrosis
Spine fusion
Osteonecrosis
Osteoporosis
Osteogenesis
imperfecta
Chronic tendinitis
Chronic skin ulcers
Pathology
Soft tissue in gap, failure of
calcification, bone formation
and vascularization
As above
As above, plus T osteoclasis
PEMF cellular effects
T mineralization, T angiogenesis,
T collagen + GAG production,
endochondral ossification
As above
As above, plus J, osteoclasis
Unincorporated bone grafts
T angiogenesis, T osteoblastic
activity
T angiogenesis, T osteoblastic
activity
Osteoclasia,
T osteoblastic
activity
Osteoclasis,
T osteoblastic
activity
T Angiogenesis, T collagen+GAG
production
T angiogenesis, f collagen+GAG
production
Dead
bone,
rapid
osteoclasis
T bone removal, J bone
formation
Thin bones (osteopenia),
Inborn error, collagen
Avascular,
hyalinized,
fibrillated collagen
Poor vascular supply and
healing
P1 OSTEOPOROSI
Definizione: L’osteoporosi è una malattia sistemica dello scheletro, caratterizzata dalla
riduzione della massa ossea e dalla compromissione dell’architettura scheletrica nel suo
complesso. La definizione della malattia si basa essenzialmente su criteri
anatomopatologici, che attribuiscono allo scheletro particolari caratteristiche di fragilità da
rendere l’osso a rischio di frattura anche a seguito di traumi di modesta entità. Tale
condizione di scheletro fragile può essere diagnosticata, grazie alle attuali metodiche
densitometriche, anche in assenza di sintomi, quindi anche in assenza di fratture.
Essendo una condizione che predispone al rischio di frattura, ma che non la rende di per
sé necessaria per la definizione della malattia, l’osteoporosi può evolvere in modo del
tutto asintomatico per lungo tempo, in certi casi anche per tutta la vita.
L’osteoporosi è un fenomeno legato all’invecchiamento della popolazione e poiché
l’invecchiamento è tra le principali cause di riduzione della densità ossea, i paesi con
maggior percentuale di anziani sono quelli che risentono maggiormente dell’impatto
sociale della malattia.
In presenza di osteoporosi i segmenti scheletrici diventano sempre più fragili e quindi
possono fratturarsi anche a seguito di traumi modesti.
Bibliografia: Negli studi ad opera di Bassett, Valdés ed Hernandez riportati nel trattato
“Modification of fracture repair with selected pulsing electromagnetic fields” dei primi anni
’80 si evidenzia la bontà di trattamenti di ricostruzione ossea eseguiti con campi
magnetici a bassa frequenza generati da una corrente che percorre apposite bobine.
Nel testo viene riportata in particolare la configurazione a due bobine di circa 18 cm di
diametro posizionate trasversalmente ed in maniera opposta rispetto alla zona da
trattare, nonché l’evidenza della forma d’onda di corrente di tipo ad onda quadra con
impulsi ripetuti e costanti.
Tali configurazioni, sia elettroniche che di impostazione dei solenoidi sono del tutto
similari a quelle utilizzate nel dispositivo MAG2000.
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I benefici effetti di trattamenti con magnetoterapia a bassa frequenza per osteogenesi
vengono riportati ed analizzati da McLeod e Rubin nel loro studio “The effect of lowfrequency electrical fields on osteogenesis” , ove sono evidenti i positivi riscontri in
soggetti trattati con campi pulsati, in particolare con frequenze intorno ai 75 Hertz e
comunque non superiori ai 150 Hertz. Anche questi studi ed i relativi esperimenti sono
stati condotti utilizzando solenoidi di opportune dimensioni posizionati nella zona di
trattamento.
A chiusura del loro trattato si evidenzia che:
these experimental results support the hypothesis that electrical fields have the potential
to modulate bone-cell processes, but the diversity of the signals and preparations that
were used makes it difficult to identify the specific aspects of the induced electrical field
that were responsible for the cellular response.
Similarly, the pulsed electrical field that was exammed in the present study demonstrated
an osteogenic potential, but the signal contains a broad range of frequency components
making it difficult to attribute the osteogenic response to any specific component of the
field. The well defined 150-hertz sinusoidal electrical field was capable of maintaining
bone mass and the seventy-five-hertz sinusoidal electrical field initiated substantial newbone formation, hut neither affected memodeling activity as much as the pulsed electrical
field waveform.
The fifteen-hertz sinusoidal electrical field, however, produced more new-bone formation
than the pulsed field waveform, even at 1 per cent of the total power level of the pulsed
field. In fact, the fifteen-hertz sinusoidal field stimulated more formation of bone than any
pulsed field that we have previously examined. even though some of those pulsed fields
induced power levels in the bone that were as many as five orders of magnitude higher.
These data indicate that osseous tissue manifests a distinct frequency sensitivity;
although it is capable of responding to extremely low-intensity 150- hertz sinusoidal
electrical fields, it is even more sensitive to seventy-five hertz and is substantially more
sensitive to fifteen-hertz electrical fields. These results are most consistent with the
hypothesis that electrical fields that are induced at frequencies similar to those generated
intrinsically by functional activity produce the maximum bone-cell response. Resorption of
bone is lowest and new-bone formation is greatest when the power of the induced
electrical fields is concentrated in the very low-frequency range. While these results
identify only a range and not a specific frequency of optimum sensitivity, the boneremodeling response observed in this study Suggests that the power induced at
frequencies beyond the endogenous mange (more than one kilohertz).
Molto interessanti risultano le evidenze cliniche riportate in “Treatment of therapeutically
resistant non-unions with bone grafts and pulsing electromagnetic fields” da Bassett,
Mitchell e Schink, in particolare per quanto concerne il trattamento di problematiche di
ricostruzione dei tessuti ossei con campi magnetici pulsati con tempistiche di trattamento
fino a 10 ore consecutive in pazienti trattati direttamente presso il proprio domicilio.
Nella relazione di W.G. De Hass, J. Watson e D.M. Morrison intitolata “Non-invasive
treatment of ununited fractures of the tibia using electrical stimulation” si evidenziano I
benefici di un campo magnetico ad altissima intensità (fino a 300 Gauss) applicato al
paziente per il trattamento di fratture ossee.
Tratto direttamente dal documento originale: The original assembly delivered a magnetic
flux density of 150 gauss midway between the poles. A larger magnet was constructed
with adjustable pole pieces, capable of delivering flux densities of 300 gauss or more at a
point midway between them. Other models were designed to produce a field strength of
200 gauss at the midpoint between fixed pole pieces. The electromagnet is placed across
the cast at the level of the fracture site and the drive unit is plugged into a wall socket.
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The pulsed magnetic field is applied for 20 hours daily for periods ranging from four to
eight weeks while the patient is confined to bed or sitting in a chair with the leg in a
horizontal position. Treatment can be carried out at home.
P2 ARTROSI, P4 ARTROSI CERVICALE, P14 ARTROSI SPALLA, P15 ARTROSI
GINOCCHIO
Definizione: Il quadro clinico dell’artrosi si caratterizza per la sua estrema variabilità e
ciò soprattutto in relazione al fatto che diversi elementi condizionano la sua comparsa e
la sua evoluzione (postura e gestualità lavorativa, peso corporeo, attività fisica,
correzione di dismetabolismi, uso precoce di ausili, ecc.).
L’artrosi è definita come una patologia degenerativa delle articolazioni. Può colpire tutte
le articolazioni (per esempio temporo-mandibolare, spalle, colonna, piedi, caviglie ecc.)
anche se le sedi più frequenti e tipiche sono anche, ginocchia e mani.
Il dolore e la limitazione funzionale sono le manifestazioni più comuni di tale patologia
degenerativa; ad essi può associarsi la rigidità articolare mattutina, soprattutto per le
articolazioni portanti, in particolare il ginocchio; di solito la rigidità è di breve durata ed è
localizzata ad un singolo distretto articolare.
Il processo artrosico inizia con l’usura della cartilagine ialina articolare (il tessuto
perfettamente levigato di contatto tra due segmenti ossei) cui fa seguito la comparsa di
becchi ossei e irrigidimento della capsula articolare: entrambi concorrono ad ingrandire e
a ridurre la mobilità dell’articolazione. Alcune forme di artrosi non hanno una causa
specifica (sono quindi dette primitive) e hanno un forte carattere ereditario. La forma più
tipica di artrosi primaria è quella a carico delle dita della mano.
L’artrosi è per lungo tempo una malattia asintomatica, rilevata solo dalle indagini
radiografiche; nelle prime fasi del processo degenerativo il dolore è lieve-moderato e
compare solo dopo stress articolari importanti; il dolore artrosico è tipicamente un dolore
meccanico, ossia è assente a riposo, compare al mattino, all’inizio del movimento, si
riduce o scompare con esso per poi ripresentarsi, in maniera più intensa, al termine della
giornata lavorativa o dopo sollecitazione articolare eccessiva. I primi segni dell’artrosi
sono dunque i dolori alle articolazioni; il dolore riduce la mobilità, per cui si perde forza e
la massa muscolare si riduce.
Bibliografia: Gli studi eseguiti presso l’Università di Catania da Di Martino, Avondo,
Russo Onesta e Sessa e riassunti in “Risultati preliminari nel trattamento di lesioni
osteocondrali di ginocchio trattate con Pulsed Signal Therapy (P.S.T.)” evidenziano la
bontà di trattamenti con magnetoterapia nell’articolazione del ginocchio, tanto per
patologie dovute a degenerazione, come appunto l’artrosi, quanto infiammatorie e
traumatiche: in tal senso, si può estendere il benefico effetto alle articolazioni in genere,
nei casi di distorsioni o traumi.
Estremamente significative anche le considerazioni che derivano da un’analisi degli
esperimenti ad opera di C. Andrew L. Bassett e Mary Schink-Ascani nel loro “Longterm pulsed electromagnetic field (PEMF) results in congenital pseudarthrosis” di cui si
riporta il seguente estratto:
Ninety-one patients with congenital pseudarthrosis of the tibia have been treated with
pulsed electromagnetic fields (PEMFs) since 1973 and all except 4 followed to puberty.
Lesions were stratified by roentgenographic appearance. Type I and type II had gaps
less than 5 mm in width. Type III were atrophic, spindled, and had gaps in excess of 5
mm. Overall success in type I and II lesions was 43 of 60 (72%). Of those 28 patients
seen before operative repair had been attempted, 7 of 8 type I lesions healed (88%),
whereas 16 of 20 type II lesions healed (80%) on PEMFs and immobilization alone. Only
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19% (6 of 31) type III lesions united, only one of which did not require surgery. Sixteen of
91 limbs (18%) were ultimately amputated, most before treatment principles were fully
defined in 1980. Fourteen of these 16 patients (88%) had type III lesions. Refracture
occurred in 22 patients, most as the result of significant trauma, in the absence of
external brace support. Twelve of the 19 refractures, retreated with PEMFs and casts,
healed on this regime. Episodic use of PEMFs proved effective in controlling stress
fractures in several patients until they reached puberty. PEMFs, which are associated
with no known risk, appear to be an effective, conservative adjunct in the management of
this therapeutically challenging, congenital lesions.
Di seguito si riporta un’interessante immagine che evidenzia le differenze tra le
problematiche legate all’artrosi e quelle legate all’artrite di cui si discute nel successivo
paragrafo.
P3 ARTRITE
Definizione: Sotto il nome di artrite, che letteralmente significa ‘articolazione dolorante’,
rientrano più di cento condizioni diverse. Tutte queste forme hanno in comune la
caratteristica di provocare una infiammazione a livello articolare, frequentemente
accompagnata da gonfiori, arrossamenti, aumento della temperatura e dolori che
comportano un irrigidimento e una perdita di funzionalità.
Le artriti fanno parte della più ampia categoria delle malattie reumatiche, anche se
frequentemente i due termini sono utilizzati indifferentemente. Alcune malattie
reumatiche possono colpire anche tessuti e organi interni del corpo.
Tra le diverse forme di artrite, quelle più comuni sono le seguenti:
 Osteoartrite: è quella più comune tra le persone anziane ed è la causa principale
di disabilità fisica, soprattutto tra le donne dopo i 45 anni di età. Lesiona le
cartilagini e conseguentemente comporta spesso un contatto diretto tra le ossa
nelle articolazioni. Si manifesta su mani, collo, fondoschiena e sulle articolazioni
su cui si scarica il peso del corpo, come le ginocchia, i fianchi e i piedi.
 Artrite reumatoide: interessa le articolazioni ma anche i tessuti epidermici,
polmonari, oculari e i vasi sanguigni. Le persone colpite si sentono stanche e a
volte febbricitanti. L’artrite reumatoide è una malattia autoimmune che si manifesta
solitamente in modo simmetrico nei vari organi (entrambe le mani o entrambe le
ginocchia).
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 Fibromialgia: una malattia cronica che causa dolori in tutti i tessuti che supportano
ossa e articolazioni. I dolori e l’irrigidimento si manifestano nei muscoli e nei
tendini, soprattutto sul collo, colonna vertebrale, spalle e fianchi.
 artrite psoriasica, che si manifesta in persone già colpite da psoriasi, soprattutto
sulle dita di mani e piedi;
 borsiti, infiammazione delle bursae, che contengono liquidi atti a ridurre la frizione
tra le ossa;
 tendiniti, comportano infiammazione dei tendini, sia per eccessivo e scorretto uso
che per una pregressa condizione reumatica.
Bibliografia: Un interessante articolo edito da www.cooperativemedicine.com racchiude
numerosi estratti riferiti a studi eseguiti per il trattamento e cura dell’artrite con campi
elettromagnetici pulsati. Gli studi sono stati eseguiti da numerosi esperti del settore, in
paesi differenti quali Italia, India, Danimarca e molti altri e dimostrano i benefici effetti nel
trattamento dell’artrite in differenti zone del corpo umano.
Il Dipartimento di Farmacologia e Tossicologia di Vepery (India) ha evidenziato dai propri
studi che: A magnetic field of 5 Hz x 4 muT x 90 min was found to be optimal in lowering
the paw edema volume and decreasing the activity of lysosomal enzymes. Soft tissue
swelling was shown to be reduced as evidenced by radiology.
Negli studi eseguiti presso la Comenius University in Slovakia si riporta dell’utilizzo di:
Pulsatile electromagnetic field had an intensity value of 4.5 mT (circa 45 Gauss) in all
studied groups.
Inoltre si evidenzia che: The application of pulsatile electromagnetic field is a very
effective therapy of vertebral syndrome, gonarthritis and coxarthritis. The results have
shown that the therapy was more effective in patients suffering from gonarthrosis, than in
patients with vertebral syndrome and least effective in patients with coxarthosis. Owing to
regression of oedema and pain relieve the motility of patients improved.
I problemi di artrite reumatoide ed il loro trattamento vengono ampiamente disquisiti nel
testo “Low frequency and low intensity pulsed electromagnetic field exerts its antiinflammatory
effect through restoration of plasma membrane calcium ATPase activity” relativi agli studi
eseguiti presso vari dipartimenti di studio dell’Università di Chennai (India). Si riporta:
“Rheumatoid arthritis (RA) is a chronic inflammatory disorder affecting 1% of the
population worldwide. Pulsed electromagnetic field (PEMF) has a number of welldocumented physiological effects on cells and tissues including antiinflammatory effect.
This study aims to explore the antiinflammatory effect of PEMF and its possible
mechanism of action in amelioration of adjuvant induced arthritis (AIA). Arthritis was
induced by a single intradermal injection of heat killed Mycobacterium tuberculosis at a
concentration of 500 μg in 0.1 ml of paraffin oil into the right hind paw of rats. The
arthritic animals showed a biphasic response regarding changes in the paw edema
volume. During the chronic phase of the disease, arthritic animals showed an elevated
level of lipid peroxides and depletion of antioxidant enzymes with significant radiological
and histological changes. Besides, plasma membrane Ca2+ ATPase (PMCA) activity
was inhibited while intracellular Ca2+ level as well as prostaglandin E2 levels was
noticed to be elevated in blood lymphocytes of arthritic rats. Exposure of arthritic rats to
PEMF at 5 Hz × 4 μT × 90 min, produced significant antiexudative effect resulting in the
restoration of the altered parameters. The antiinflammatory effect could be partially
mediated through the stabilizing action of PEMF on membranes as reflected by the
restoration of PMCA and intracellular Ca2+ levels in blood lymphocytes subsequently
inhibiting PGE2 biosynthesis. The results of this study indicated that PEMF could be
developed as a potential therapy for RA in human beings”.
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Il trattamento dell’osteoartrite al ginocchio trova interessanti indicazioni nel “Short-Term
Efficacy of Pulsed Electromagnetic Field Therapy on Pain and Functional Level in Knee
Osteoarthritis: A Randomized Controlled Study” ad opera di docenti dell’università di
Istanbul Duygu Geler Külcü, Gülçin Gülşen, Elif Çiğdem Altunok.
Estratto:
Objective: We aimed to determine the efficacy of pulsed electromagnetic field therapy on
pain and functional level in knee osteoarthritis when compared to therapeutic ultrasound
(US) and controls.
Material and Methods: Forty-five patients with knee osteoarthritis (mean age: 63.5±10.2
years) were randomly assigned to three groups. The first group received pulsed
electromagnetic field therapy (frequency: 2 Hz, 100 Hz, 25 Hz consecutively, 35 minutes/
session), the second group received therapeutic US (frequency: 1 MHz, power: 1.5
watt/cm2 continuously, 10 minutes/session) and the third group served as the notreatment control group. Evaluations were done at baseline and at the end of the
treatment (third week). Assessment parameters were pain, stiffness and functional level
scores of the Western Ontario and McMaster Universities (WOMAC) questionnaire and
pain severity evaluated by Visual Analog Scale (VAS) (0-10).
Results: VAS (p=0.005), WOMAC pain score (p=0.001), WOMAC joint stiffness score
(p=0.027) and WOMAC functional level score (p=0.003) significantly improved in the first
group. VAS (p=0.001), WOMAC pain scores (p=0.008), WOMAC stiffness scores
(p=0.012) and WOMAC functional level (p=0.004) scores significantly improved in the
second group as well. No change was observed in any assessment parameter in the third
group (p>0.05). There were differences between groups regarding the percent change in
VAS scores (p<0.001), WOMAC pain scores (p<0.001), WOMAC joint stiffness scores
(p=0.013) and WOMAC functional level scores (p<0.001) after the treatments.
Conclusion: Both the pulsed electromagnetic field and therapeutic US were significantly
more effective than no treatment. The pulsed electromagnetic field may be applied as an
effective and alternative therapy approach in knee osteoarthritis. (Turk J Rheumatol
2009; 24: 144-8)
Evidenze di trattamenti per problemi di osteoartrite si hanno anche nel testo “Magnetic
pulse treatment for knee osteoarthritis: a randomised, double-blind, placebo-controlled
study” di Pipitone e L. Scott., dove addirittura si evidenziano effetti benefici già con
intensità molto basse di campo magnetico.
Pawluk riporta in un breve estratto intitolato “Use of EMFs to reduce inflammation” i
benefici effetti del campo elettromagnetico nella riduzione dei processi infiammatori,
come ad esempio l’artrite o la psoriasi, ma anche le tendiniti.
Ulteriori evidenze nel trattamento di processi infiammatori si hanno dagli studi di Battisti,
Bianciardi, Rigato, Giordano, Albanese e riportati in “La magnetoterapia nel
trattamento della sindrome del tunnel carpale primitiva: confronto tra campo elf e nuovo
sistema TAMMEF” in riferimento al trattamento del tunnel carpale (processo
infiammatorio da compressione del nervo).
P5 DOLORI ARTICOLARI
Definizione: Il dolore o nevralgia articolare può presentarsi in diversi modi e può essere
dovuto tanto ad eventi cronici quanto ad eventi traumatici. Il dolore può essere
improvviso, acuto, può irradiarsi, può essere trafittivo come una pugnalata o essere come
una tremenda sensazione di bruciore. Spesso si accompagna ad una sensazione di
prurito, bruciore o dolore e ipersensibilità al tatto. Si verifica in un’area precisa del corpo,
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tipicamente da un solo lato. Il dolore può essere intermittente o continuo; può durare da
pochi secondi a pochi minuti e può tornare, accendersi e spegnersi, per giorni o anche
settimane.
Bibliografia: Il testo “Effect of PEMF in the treatment of chronic pain – A pilot study”
eseguito da alcuni fisioterapisti presso un ospedale di Hong Kong evidenzia i notevoli
risultati avuti nel trattamento di dolori cronici con sedute di magnetoterapia di breve
durata e con intensità di circa 60 Gauss a basse frequenze (10 Hertz).
Dal testo di Di Massa, A., Misuriello, I., Olivieri, M. C., Rigato, M. intitolato Pulsed
magnetic fields, si evidenzia che: Three hundred-fifty-three patients with chronic pain
have been treated with pulsed electromagnetic fields. In this work the Authors show the
result obtained in the unsteady follow-up (2-60 months). The eventual progressive
reduction of benefits is valued by Spearman's test. We noted the better results in the
group of patients with post-herpetic pain (deafferentation) and in patients simultaneously
suffering from neck and low back pain.
P6 CERVICALGIA
Definizione: Quando si parla di cervicale (cervicalgia) si intende un dolore al livello del
collo. Il dolore parte dal collo e da lì si irradia alle spalle (trapezi) e, nei casi più gravi, alle
braccia, rendendo difficoltosi i movimenti.
Le cause dei dolori cervicali sono diverse. Nella maggior parte dei casi (80-85%),
all'origine del dolore, c'è un'alterazione non grave, che interessa le strutture meccaniche
situate nella regione delle prime vertebre della colonna: si tratta dei muscoli, dei
legamenti, dei dischi intervertebrali e delle articolazioni posteriori che garantiscono sia il
movimento (il collo ha un'estrema mobilità per consentire allo sguardo di orientarsi in
tutte le direzioni), che il sostegno (il collo, struttura esile, sostiene la testa che è molto
pesante).
Bibliografia: Si veda quanto indicato alla voce DOLORI ARTICOLARI ed inoltre un
interessante estratto dall’opera The effect of pulsed electromagnetic fields in the
treatment of osteoarthritis of the knee and cervical spine di Trock DH, Bollet AJ, Markoll
R. ci riporta quanto segue:
OBJECTIVE: We conducted a randomized, double blind clinical trial to determine the
effectiveness of pulsed electromagnetic fields (PEMF) in the treatment of osteoarthritis (OA)
of the knee and cervical spine.
METHODS: A controlled trial of 18 half-hour active or placebo treatments was conducted in 86
patients with OA of the knee and 81 patients with OA of the cervical spine, in which pain
was evaluated using a 10 cm visual analog scale, activities of daily living using a series of
questions (answered by the patient as never, sometimes, most of the time, or always), pain
on passive motion (recorded as none, slight, moderate, or severe), and joint tenderness
(recorded using a modified Ritchie scale). Global evaluations of improvement were made by
the patient and examining physician. Evaluations were made at baseline, midway, end of
treatment, and one month after completion of treatment.
RESULTS: Matched pair t tests showed extremely significant changes from baseline for the
treated patients in both knee and cervical spine studies at the end of treatment and the one
month followup observations, whereas the changes in the placebo patients showed lesser
degrees of significance at the end of treatment, and had lost significance for most variables
at the one month followup. Means of the treated group of patients with OA of the knee
showed greater improvement from baseline values than the placebo group by the end of
treatment and at the one month followup observation. Using the 2-tailed t test, at the end of
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treatment the differences in the means of the 2 groups reached statistical significance for
pain, pain on motion, and both the patient overall assessment and the physician global
assessment. The means of the treated patients with OA of the cervical spine showed
greater improvement from baseline than the placebo group for most variables at the end of
treatment and one month followup observations; these differences reached statistical
significance at one or more observation points for pain, pain on motion, and tenderness.
CONCLUSION: PEMF has therapeutic benefit in painful OA of the knee or cervical spine.
P7 DISTORSIONI
Definizione: La distorsione deriva dalla sollecitazione di un'articolazione oltre il limite
della normale articolarità, tanto da provocare un eccessivo stiramento delle componenti
capsulo-legamentose. Le conseguenze vanno dal danno parziale al danno totale di
capsula, legamenti, tendini o menischi intraarticolari.
I sintomi per individuare la distorsione vanno dalla tumefazione (gonfiore)
dell'articolazione colpita, al dolore, al calore sull'area interessata, fino a un versamento
emorragico nei casi più gravi.
Bibliografia: si veda quanto indicato alla voce ARTROSI nonché il testo di Pawluk “Use
of EMFs to reduce inflammation” già citato per l’artrite.
P8 FRATTURE
Definizione: Per frattura si intende una interruzione dell'integrità strutturale dell’osso che
può essere di origine traumatica o spontanea (patologica).
Nel caso di un trauma, l'osso si frattura quando il trauma ha entità tale da superare i limiti
di resistenza dell'osso stesso.
Se l'osso è minato da un processo patologico (sistemico o locale), tali forze possono
creare una frattura pur essendo irrisorie o di modesta entità, si parla in questi casi di
fratture patologiche (tipiche degli anziani, come l’osteoporosi).
Esistono poi fratture da stress o da sovraccarico funzionale determinate dalla ripetizione
di continue sollecitazioni sull'osso (tipico esempio è la frattura da marcia o dei marciatori
che interessa il secondo metatarso).
Bibliografia: si veda quanto indicato alla voce OSTEOPOROSI ed inoltre il testo di Sun
LY, Hsieh DK, Yu TC, Chiu HT, Lu SF, Luo GH, Kuo TK, Lee OK, Chiou TW. dal titolo
Effect of pulsed electromagnetic field on the proliferation and differentiation potential of
human bone marrow mesenchymal stem cells, dove si evidenziano interessanti
indicazioni per quanto concerne la tiplogia di forma d’onda impiegata.
Estratto:
“Pulsed electromagnetic fields (PEMFs) have been used clinically to slow down
osteoporosis and accelerate the healing of bone fractures for many years. The aim of this
study is to investigate the effect of PEMFs on the proliferation and differentiation potential
of human bone marrow mesenchymal stem cells (BMMSC). PEMF stimulus was
administered to BMMSCs for 8 h per day during culture period. The PEMF applied
consisted of 4.5 ms bursts repeating at 15 Hz, and each burst contained 20 pulses.
Results showed that about 59% and 40% more viable BMMSC cells were obtained in the
PEMF-exposed cultures at 24 h after plating for the seeding density of 1000 and 3000
cells/cm2, respectively. Although, based on the kinetic analysis, the growth rates of
BMMSC during the exponential growth phase were not significantly affected, 20-60%
higher cell densities were achieved during the exponentially expanding stage. Many
newly divided cells appeared from 12 to 16 h after the PEMF treatment as revealed by
IACER S.r.l.
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the cell cycle analysis. These results suggest that PEMF exposure could enhance the
BMMSC cell proliferation during the exponential phase and it possibly resulted from the
shortening of the lag phase. In addition, according to the cytochemical and
immunofluorescence analysis performed, the PEMF-exposed BMMSC showed multilineage differentiation potential similar to the control group”.
Altri interessanti riferimenti nel trattamento delle fratture si hanno da Pulsed
electromagnetic fields as adjuvant therapy in bone healing and peri-implant bone
formation: an experimental study in rats ad opera di Grana DR, Marcos HJ, Kokubu
GA. Di cui si riporta un breve estratto: “The objective of this study was to determine
whether short exposure to pulsed electromagnetic fields (PEMF) accelerates bone repair
and peri-implant bone formation in a rat tibial model at different times. Sixty Wistar rats
were employed. Sterile custom fabricated commercially pure cylinder threaded titanium
implants were placed in the right tibial crest, and an osteotomy was performed in the left
tibial crest of each animal. Thirty rats were treated with PEMF (72 mT 50Hz), twice a day
in sessions of 30 minutes each, and 30 rats of the control group were sham-treated. Rats
were sacrificed at 5, 10 and 20 days postsurgery (n = 10 per group). Tibias were fixed in
formaldehyde and decalcified, embedded in paraffin, and stained with hematoxylin-eosin
(half samples of left tibias), or they were included in methylmethacrylate, grinded and
polished (right tibias and half samples of left tibias). Bone healing was evaluated by
image analysis in terms of ossification area, and perimeter and diameter of the lesion.
Peri-implant ossification was assessed in terms of ossification percentage. At day 10 the
area of ossification index was higher in the PEMF group than in the control group (p =
0.012). At day 20 the osteotomies of the PEMF group were almost completely
remodeled. The ossification percentage was higher in the PEMF group (p = 0.018). In
conclusion, short daily electromagnetic stimulation appears to be a promising treatment
for acceleration of both bone-healing and peri-implant bone formation”.
P9 EPICONDILITE
Definizione:
L'epicondilite (precisamente epicondilite
omerale),
è
un'infiammazione dei tendini che
vanno
a
gravare
sul gomito,
in
dettaglio
sull'epicondilolaterale. È una dolorosa infiammazione conosciuta anche come gomito del
tennista, dato che colpisce spesso gli sportivi di questa categoria, ogomito del
motociclista.
Si tratta di un disturbo di carattere invalidante, che, qualora non affrontato con la
giusta terapia, può cronicizzare.
Il dolore è localizzato dove queste fibre si attaccano all'osso sul lato esterno del gomito o
lungo i ventri dei muscoli epicondiloidei all'avambraccio. Le cause di questa tendinite
possono essere o i microtraumatismi in conseguenza di movimenti ripetitivi sportivi o
lavorativi o traumi diretti con successiva infiammazione dell'inserzione tendinea di questi
muscoli al gomito.
Bibliografia: si veda quanto citato alla voce DISTORSIONI, CERVICALGIA e DOLORI
MUSCOLARI
P10 EPICOTROCLEITE
Definizione: L' Epitrocleite è una forma di entesopatia simile alla epicondilite (gomito
del tennista), ma molto più rara. La zona dolente è quella mediale ed interessa vari
muscoli quali:
IACER S.r.l.
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
Flessore radiale

Flessore ulnare del carpo
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
Flessore palmare lungo
Il sintomo più frequente è il dolore della zona coinvolta, che nel movimento si acutizza.
Bibliografia: si veda quanto citato alla voce EPICONDILITE
P11 CONTUSIONI INTERCOSTALI
Definizione: La contusione intercostale è un evento di natura traumatica e come tale si
manifesta con dolori spontanei, continui, profondi in corrispondenza di uno o più spazi
intercostali.
I movimenti inspiratori, la tosse, lo starnuto aumentano il sintomo doloroso. La pressione
sulla linea paravertebrale, sulla linea ascellare nello spazio intercostale e sullo sterno in
vicinanza della linea mediana sono particolarmente dolorose.
Bibliografia: si veda quanto indicato alla voce DOLORI ARTICOLARI e anche
DISTORSIONI
P12 LOMBALGIA
Definizione: La lombalgia è un disturbo estremamente diffuso e colpisce circa il 75%
della popolazione adulta, costituendo la causa più frequente di disabilità dei soggetti al di
sotto dei 45 anni e fortunatamente una volta riconosciuti i classici sintomi ed intervenuti
sulle cause della lombalgia esistono cure e trattamenti utili per rimediare o comunque
attenuare questa patologia in tempi relativamente contenuti e sempre con l'aiuto di un
esperto.
La lombalgia è caratterizzata da un dolore localizzato a livello della colonna vertebrale
lombare e sacrale; talvolta, però, può irradiarsi agli arti inferiori: in tal caso prende il nome
di lombo sciatalgia.
Le cause della lombalgia sono molteplici, spesso non facilmente identificabili; tra le più
importanti ricordiamo :
le malattie degenerative, come l’artrosi e l’osteoporosi;
patologie del disco (protrusioni, ernie)
le disfunzioni della colonna: scoliosi, cifosi, iperlordosi;
le malattie reumatiche;
le cause traumatiche: distorsioni, fratture vertebrali;
atteggiamenti posturali sbagliati;
sovrappeso;
attività lavorative particolarmente sedentarie o, viceversa, troppo pesanti.
Bibliografia: si veda quanto indicato alla voce CERVICALGIA ma anche in generale
quanto riportato alle voci ARTRITE e ARTROSI.
Inoltre dal testo “Evaluation of electromagnetic fields in the treatment of pain in patients
with lumbar radiculopathy or the whiplash syndrome” ad opera dei ricercatori austriaci Ch.
Thuile e M. Walzl si hanno interessanti resconti sul trattamento di problematiche sia a
livello lombare che cervicale. Estratto: “Back pain and the whiplash syndrome are very
common diseases involving tremendous costs and extensive medical effort. A quick and
effective reduction of symptoms, especially pain, is required. In two prospective
randomized studies, patients with either lumbar radiculopathy in the segments L5/S1 or the
IACER S.r.l.
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whiplash syndrome were investigated. Inclusion criteria were as follows: either clinically
verified painful lumbar radiculopathy in the segments L5/S1 and a Laségue's sign of 30
degrees (or more), or typical signs of the whiplash syndrome such as painful restriction of
rotation and flexion/extension. Exclusion criteria were prolapsed intervertebral discs,
systemic neurological diseases, epilepsy, and pregnancy. A total of 100 patients with
lumbar radiculopathy and 92 with the whiplash syndrome were selected and entered in the
study following a 1:1 ratio. Both groups (magnetic field treatment and controls) received
standard medication consisting of diclofenac and tizanidine, while the magnetic field was
only applied in group 1, twice a day, for a period of two weeks. In patients suffering from
radiculopathy, the average time until pain relief and painless walking was 8.2 - 0.5 days in
the magnetic field group, and 11.7 - 0.5 days in controls p < 0.04). In patients with the
whiplash syndrome, pain was measured on a ten-point scale. Pain in the head was on
average 4.6 before and 2.1 after treatment in those receiving magnetic field treatment, and
4.2/3.5 in controls. Neck pain was on average 6.3/1.9 as opposed to 5.3/4.6, and pain in
the shoulder/arm was 2.4/0.8 as opposed to 2.8/2.2 (p < 0.03 for all regions). Hence,
magnetic fields appear to have a considerable and statistically significant potential for
reducing pain in cases of lumbar radiculopathy and the whiplash syndrome”.
P13 DOLORE LOMBOSACRALE
Definizione: Il dolore lombosacrale è un dolore a tratti lancinante e bruciante localizzato
alla bassa schiena e che può irradiarsi dalla all’anca.
Di solito, tra le cause identificabili del dolore lombosacrale, la radicolopatia lombosacrale
e la tensione alla schiena sono le più frequentemente sospettate. Il termine lombosacrale
si riferisce alla parte bassa della schiena.
La causa del dolore può essere confusa con la compressione o pressione del nervo
sciatico. L’estensione e l’intensità del dolore varia da persona a persona.
Bibliografia: si veda quanto indicato alla voce DOLORI ARTICOLARI ma anche in
generale quanto riportato alle voci ARTRITE e ARTROSI.
P16 PERIARTRITE SCAPOLO-OMERALE
Definizione: Il termine “periatrite scapolo omerale” significa letteralmente “infiammazione
intorno alla spalla”; è quindi facile comprendere come una diagnosi di questo tipo sia
generica, sottintendendo, il più delle volte, fenomeni eterogenei che spaziano dai
semplici dolori alla spalla ai processi infiammatori dei tessuti fibrosi (borse sierose,
tendini, tessuto connettivo) che circondano (peri) l’articolazione scapolo-omerale o alla
presenza di calcificazioni nel contesto dei tendini della cuffia dei rotatori.
Un’alterazione dei rapporti articolari, l’incapacità delle strutture muscolari di mantenere le
superfici di scorrimento in una relazione reciproca corretta, tensioni dell’area cervicale o
della base del cranio, possono provocare progressivi fenomeni degenerativi a livello della
spalla, dando luogo al manifestarsi del dolore.
L’insorgenza di problemi dell’articolazione e dei tessuti molli della spalla ha molteplici
artefici, rendendo necessaria una valutazione che non si limiti al problema locale.
Si può manifestare come ripercussione di un trauma o essere la conseguenza di
lussazioni articolari avvenute anche molti anni prima; può manifestarsi dopo infezioni alla
gola (tonsillite) o dentali; essere l’espressione di uno squilibrio del cingolo scapolare,
dipendente da tensioni del bacino e degli arti inferiori (veicolate dal muscolo gran
dorsale) o dell’area cervicale.
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Bibliografia: si veda quanto indicato alla voce ARTRITE ma anche in generale quanto
riportato alle voci ARTROSI e DOLORI ARTICOLARI.
P17 COXARTROSI
Definizione: L’artrosi dell’anca, o coxartrosi, è la più comune malattia che possa colpire
l’anca dell'adulto. E’ una malattia cronico-degenerativa, che si instaura progressivamente
e conduce ad una disabilità crescente nell'arco di alcuni anni.
Può essere grossolanamente definita una sorta di “usura” dei capi articolari, nella quale
lo strato di cartilagine che riveste la testa del femore e la cavità acetabolare si assottiglia
progressivamente fino ad esporre l’osso sottostante. Questo reagisce addensandosi e
producendo escrescenze periferiche appuntite, gli osteofiti.
Nelle fasi più avanzate della malattia la capsula articolare si ispessisce e i muscoli si
retraggono fino a determinare le deformità che caratterizzano le coxartrosi di vecchia
data: anche semiflesse, rigide, ruotate all’esterno.
Il paziente coxartrosico presenta un dolore tipico (coxalgia), localizzato in sede inguinale
e talvolta in sede glutea. E’ frequente l’irradiazione del dolore lungo la faccia anteriore
della coscia fino al ginocchio. Poiché l'origine del dolore è essenzialmente meccanica,
questo è provocato dalla deambulazione e dal movimento articolare in genere, mentre
viene alleviato dal riposo.
Il dolore indotto dal carico determina una claudicazione di fuga: in altre parole, il paziente
tende a caricare poco sull'arto dolente, accorciando la fase di appoggio sul piede
corrispondente.
Il dolore indotto dal movimento provoca per via riflessa la contrattura della muscolatura
circostante, soprattutto dei muscoli extrarotatori. Si osserva dunque una limitazione
precoce della rotazione interna (ovvero il paziente non riesce più a ruotare la punta dei
piedi “all’indentro”) e, più tardivamente, anche degli altri movimenti, fino al punto in cui
semplici gesti come calzare una scarpa diventano impossibili.
Negli stadi più avanzati la consunzione del rivestimento cartilagineo dei capi articolari
può generare accorciamenti significativi dell'arto interessato, fino ad oltre 1 centimetro.
Bibliografia: si veda quanto indicato alla voce ARTROSI ma anche in generale quanto
riportato alle voci ARTRITE e DOLORI ARTICOLARI.
P18 ATROFIE MUSCOLARI
Definizione: L’atrofia muscolare è una diminuzione o perdita di tessuto muscolare. Ci
sono due tipi di atrofia muscolare: l’atrofia da disuso che si verifica per una mancanza di
esercizio fisico (ad esempio in persone con vita sedentaria o condizioni mediche che
limitano il movimento). Questo tipo di atrofia può essere invertito con un vigoroso
esercizio o una migliore nutrizione. Il secondo tipo di atrofia muscolare è il più grave, e si
chiama atrofia neurogena. Essa si verifica quando vi è un infortunio o una malattia
nervosa. Questo tipo di atrofia muscolare tende a verificarsi più in profondità rispetto a
quella da disuso.
Anche una minore atrofia muscolare di solito provoca una perdita di movimento o di
forza.
Alcuni tipi di atrofia muscolare avvengono normalmente con l’invecchiamento. Altre
cause possono includere:

Ustioni;

Sindrome di Guillain-Barré;
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
Lesioni;

Artrosi;

Artrite reumatoide;
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Bibliografia: si veda quanto indicato alla voce ARTROSI e ARTRITE.
P19 CONTRATTURE MUSCOLARI
Definizione: Una contrattura muscolare consiste in aumento involontario, permanente e
doloroso del tono muscolare (che può durare al massimo 3-7 giorni) durante o a seguito
dell'attività sportiva. Il muscolo coinvolto si presenta rigido e l'ipertonia delle fibre
muscolari è apprezzabile al tatto. I sintomi sono rappresentati dalla sensazione che il
muscolo si opponga all'allungamento rimanendo contratto; il dolore è anche evocato alla
palpazione che permette a sua volta, di notare l'ipertonia delle fibre muscolari. La
comparsa dei sintomi avviene spesso con una latenza di 8-24 ore; le fibre muscolari
contratte comunque sono sane, ma non è da escludere che il muscolo interessato
presenti piccole lesioni (elongazioni di sole alcune fibre muscolari) che evochino proprio
La contrattura è di per sé un atto difensivo che insorge quando il tessuto muscolare viene
sollecitato oltre il suo limite di sopportazione fisiologico. L'eccessivo carico innesca un
meccanismo di difesa che porta il muscolo a contrarsi.
La contrattura è la meno grave tra le lesioni muscolari acute poiché non causa alcuna
lesione anatomica alle fibre.
Bibliografia: si veda quanto indicato alla voce DOLORI ARTICOLARI ed inoltre si
rimanda a “Microcirculatory effects of pulsed electromagnetic fields” di Thomas L.
Smith, Donna Wong-Gibbons e Jane Maultsby di cui si riporta l’estratto:
Purpose: Pulsed electromagnetic fields (PEMF) are used clinically to expedite healing of
fracture non-unions, however, the mechanism of action by which PEMF stimulation is
effective is unknown. The current study examined the acute effects of PEMF stimulation
on arteriolar microvessel diameters in the rat cremaster muscle. The study hypothesis
was that PEMF would increase arteriolar diameters, a potential mechanism involved in
the healing process.
Methods: Local PEMF stimulation/sham stimulation of 2 or 60 min duration was
delivered to the cremaster muscle of anesthetized rats. Arteriolar diameters were
measured before and after stimulation/sham stimulation using intravital microscopy.
Systemic hemodynamics also were monitored during PEMF stimulation.
Results: Local PEMF stimulation produced significant (p < 0.001) vasodilation, compared
to pre-stimulation values, in cremasteric arterioles in anesthetized rats (n = 24). This
dilatation occurred after 2 min of stimulation (9% diameter increase) and after 1 h of
stimulation (8.7% diameter increase). Rats receiving “sham” stimulation (n = 15)
demonstrated no statistically significant change in arteriolar diameter following either
“sham” stimulation period. PEMF stimulation of the cremaster (n = 4 rats) did not affect
systemic arterial pressure or heart rate, nor was it associated with a change in tissue
environmental temperature.
Conclusions: These results support the hypothesis that local application of a specific
PEMF waveform can elicit significant arteriolar vasodilation. Systemic hemodynamics
and environmental temperature could not account for the observed microvascular
responses. © 2003 Orthopaedic Research Society. Published by Elsevier Ltd. All rights
reserved.
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P20 OSTEONECROSI
Definizione: Osteonecrosi, o necrosi avascolare (asettica), è caratterizzata da necrosi
del tessuto osseo e midollare di qualsiasi segmento osseo, anche se con maggiore
frequenza sono coinvolti la testa femorale e quella omerale, i condili femorali, il piatto
tibiale, e le ossa piccole delle mani e dei piedi.
Quando la malattia colpisce la regione metafisaria di un osso può decorrere
asintomatica, mentre il coinvolgimento dell’osso sottostante un’articolazione portante
comporta un significativo rischio di sviluppare una frattura sottoarticolare, con
conseguenti incongruità articolare e artrosi.
Il sospetto diagnostico è innanzitutto clinico e consiste nel dolore e nella limitazione
funzionale dell’articolazione colpita. Non infrequentemente non si ritrovano condizioni o
malattie sottostanti e in questo caso l’osteonecrosi si definisce idiopatica.
L’osteonecrosi può colpire contemporaneamente più segmenti scheletrici;
nell’osteonecrosi multifocale (OM) sono interessati contemporaneamente o in
successione 3 o più sedi anatomiche diverse (ad esempio anca, spalla e ginocchio).
Bibliografia: si veda quanto indicato alla voce OSTEOPOROSI e ARTRITE.
Inoltre ad integrazione si riporta un estratto dal sito UNIVERSITÀ DEGLI STUDI DI
ROMA "LA SAPIENZA" FACOLTÀ DI INGEGNERIA CORSO DI INTERAZIONE
BIOELETTROMAGNETICA docente Prof. Guglielmo D' Inzeo:
“L'osteonecrosi può provenire da un trauma, dall'uso di steroidi, alcolismo cronico e
anche da altre cause. Quando la distruzione dell'articolazione causa molto dolore e
disabilità, l'anca è rimpiazzata con una endoprotesi a un’età relativamente giovane
(Musso 1986). Sfortunatamente questo trattamento richiede spesso una grande
compatibilità con la nuova "anca", e i fallimenti sono comuni. La rioperazione può
richiedere più tempo di attesa di quanto un trentenne possa averne a disposizione nella
sua vita. Il processo patologico di base è caratterizzato dalla morte di un segmento della
superficie della testa del femore, e in più la circolazione locale viene compromessa.
Quando la natura cerca di riparare i segmenti morti di ossa, l'assorbimento di osteoclasti
supera quello di osteoblasti, predisponendo così al collasso (frattura). I CEMP furono
usati per la prima volta su questi pazienti nel tardo 1970 grazie alla loro abilità a stimolare
la crescita di nuovi vasi sanguigni, inibire l'assorbimento degli osteoclasti, e stimolare la
formazione di nuove ossa. I principi di uso erano essenzialmente identici a quelli che
governano l'applicazione di agenti farmacologici. Tra il 1979 e il 1989, sono stati trattati
118 casi di osteonecrosi dell'anca, sotto un IRB - protocollo approvato alla Columbia
University (Bassett, 1981, 1989). L'86% degli individui sono entrati nel programma, dopo
che si era verificato un collasso della testa del femore. I trattamenti con i CEMP sono
realizzati posizionando due bobine di Helmholtz sulla pelle anteriormente e
posteriormente sulla testa del femore in questione. I pazienti potevano effettuare il
trattamento da soli per 8-10 ore al giorno, a casa, per un anno. Tutti gli individui nel
programma furono abilitati a portare pesi, tranne quando la disabilità e il dolore iniziale
erano talmente acuti da richiedere le stampelle. Sono stati documentati fallimenti nel 16
% dei casi che erano entrati nel programma con una frattura della testa del femore, il che
sconvolge totalmente le statistiche ottenute con intervento chirurgico. Ultimamente la
situazione è ulteriormente migliorata (Aaron, 1989). Per pazienti entrati nel programma
10 anni prima, si è rilevato un 20% di fallimenti, che confrontati con l'80-90% dei
fallimenti ottenuti con metodi tradizionali, rappresentano un ottimo risultato”.
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ALTRI TRATTAMENTI SPECIFICI
Per quanto concerne il trattamento della cellulite, la
un'infiammazione sottocutanea generalmente di origine
comunque supportato da evidenze cliniche sufficienti, si
dispositivo in questione adatto all’uso ai soli fini estetici, e tale
inserito nella marcatura CE0476.
quale è definita come
batterica, non essendo
ritiene di considerare il
trattamento non è dunque
I testi sopra menzionati evidenziano come i benefici della magnetoterapia, sia per
trattamenti ad alta intensità che a bassa, e per un range ampio di frequenze di lavoro,
siano numerosi e coprano una vasta gamma di problematiche e patologie che colpiscono
sia i tessuti duri che i tessuti molli.
Si evidenzia come in alcuni testi siano riportati valori di campo espressi in Volt/metro e
non in Gauss, così come invece indicato dai dispostivi della famiglia.
Il valore Volt/metro nello specifico si utilizza per misurare l’intensità di un campo elettrico,
mentre il Gauss è l’unità di misura dell’induzione di campo magnetico (a volte
erroneamente semplificato in “intensità del campo magnetico”): non esiste un legame
diretto tra queste due unità di misura in quanto non si riferiscono alla stessa grandezza,
ma quel che è importante ricordare è che una carica elettrica in movimento genera un
campo magnetico e una corrente variabile (come appunto quella dei dispositivi in
questione) genera un campo elettromagnetico. In tal senso, è chiaro che dove si evidenzi
la presenza di un campo elettrico (V/m) si andrà ad misurare anche un campo magnetico
(Gauss).
Dai documenti allegati e da quanto già ampiamente discusso, si vede che la bontà dei
trattamenti di magnetoterapia si ha tanto a basse quanto ad alte intensità, addirittura fino
ai 300 Gauss.
CONCLUSIONI
Dai numerosi studi citati e dagli ancor più numerosi che non vengono citati nel presente
documento perchè rappresentano una ripetizione, si evidenziano alcuni aspetti che ci
preme sottolineare in quanto significativi:
 Le diverse patologie descritte in questo documento sono state trattate da tutti i
diversi autori utilizzando degli strumenti comuni: un apparecchio elettronico che
emette una corrente che attraversa una bobina di filo di rame, generando un
campo elettromagnetico.
 Nelle applicazioni specifiche, pur valutando gli effetti dei PEMF sulle stesse
patologie, i diversi autori hanno impiegato valori di frequenze diversi (compresi il
più delle volte tra 5 e 100 Hz).
 Analoga considerazione vale per i valori di intensità, espressi in Gauss, compresi
tra pochi Gauss e 300 Gauss.
 Gli studi condotti evidenziano chiaramente l’efficacia dei trattamenti con i PEMF
sulle stesse patologie anche impiegando valori di frequenza e valori di Gauss
diversi (comunque sempre compresi nei range sopra individuati).
 Un elemento che risulta comune a tutti gli studi è rappresentato dalla necessità di
effettuare i trattamenti con i PEMF per periodi lunghi, anche ripetuti più volte
durante la giornata, che mal si conciliano con le disponibilità di terapia presso un
centro. Espressamente i diversi autori, a più riprese, consigliano l’uso dei PEMF a
domicilio.
 La progettazione dei dispositivi della famiglia MAG ha seguito le indicazioni e
prescrizioni medie riferite alla letteratura mondiale disponibile, ponendo un occhio
di riguardo a quelle che sono le indicazioni fornite dal padre indiscusso dei PEMF:
C.A.L. Bassett.
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Come sopra accennato, si rimanda ai documenti qui sotto elencati per approfondimenti e
maggiori informazioni. Alcuni di essi, disponibili come documenti pubblici, vengono
allegati al presente documento.
BASSETT C.A.L., PAWLUK R.J. & PILLA A.A. (1974). Augmentation of bone repair by inductively coupled
electromagnetic fields. Science 184, 575-577.
BASSETT C.A.L. (1983). Biomedical implications of pulsing electromagnetic fields. Surgical Rounds (Jan.),
22-31.
BASSETT C.A.L., VALDES M.G., HERNANDEZ E. (1982). Modification of fracture repair with selected
pulsing electromagnetic fields.
GOODMAN R., BASSETT C. A. L. & HENDERSON A.S. (1983). Pulsing electromagnetic fields induce
cellular transcription. Science 220, 1283-1285.
BARKER A.T. & LUNT M.J. (1983). The effects of pulsed magnetic fields of the type used in the stimulation
of bone fracture healing. Clin. Phys. Physiol. Meas. 4, 1-27.
BASSETT C.A.L .(1978). Pulsing electromagnetic fields: a new approach to surgical problems . In Metabolic
Surgery (ed. Henry Buchwald & Richard L. Varcho), pp. 255-307. Grune and Stratton, New York .
CT RUBIN, KJ McLEOD, LE LANYON (1989). Prevention of osteoporosis by pulsed electromagnetic fields.
D. PIENKOWSKI, SR POLLACK, CT BRIGHTON, NJ GRIFFITH (1994). Low-power electromagnetic
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AUTORI VARI UNIV. SLOVACCHIA. The effect of pulsatile electromagnetic field in patients suffering from
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AUTORI VARI, Univ. di Catania. Risultati preliminari nel trattamento di lesioni osteocondrali di ginocchio
trattate con Pulsed Signal Therapy (P.S.T.).
MARCHETTI, MARCHETTI, LISANTI, D’ELIA. La magnetoterapia nelle lesioni da fucile da caccia.
SHERMAN RA, ACOSTA NM, ROBSON L Treatment of migraine with pulsing electromagnetic fields: a
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Tacoma, WA 98431, USA).
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ALLEGATO 10 F. T. MAG2000 – ANNEX 10
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