Tesi

annuncio pubblicitario
Università degli Studi di Bologna
FACOLTÀ DI SCIENZE MATEMATICHE FISICHE E NATURALI
CORSO DI LAUREA IN SCIENZE BIOLOGICHE
Indirizzo Fisiopatologico
Ordinamento Previgente
Clinica pediatrica
Direttore: Prof. Massimo Masi
Analisi dell’espressione genica di MYCN in linee
cellulari di Medulloblastoma:
valutazione dell’effetto antitumorale dopo
trattamento con PNA anti-MYCN
Tesi di Laurea
di:
Relatore:
Chiar.mo Prof.
Andrea Pession
Valentina Vaccari
Correlatore:
Dott. Roberto Tonelli
Sessione III
Anno Accademico 2005 - 2006
1
2
INDICE
INTRODUZIONE
1.
IL MEDULLOBLASTOMA
1
2.
VARIANTI ISTOLOGICHE
2
3.
STADIAZIONE
4
4.
ASPETTI MOLECOLARI DEL MEDULLOBLASTOMA
5
5.
LA REGOLAZIONE DI MYCN DA PARTE DI
SONIC HEDGEHOG
11
MYCN
1.
LA FAMIGLIA DEI GENI MYCN E LA LORO
STRUTTURA
13
2.
MYCN
16
3.
ESPRESSIONE E TRASCRIZIONE DI MYCN
19
4.
AMPLIFICAZIONE DI MYCN
20
5.
AMPLIFICAZIONE DI MYCN NEL
MEDULLOBLASTOMA
6.
22
TERAPIA CON ACIDI NUCLEICI PER
L’INIBIZIONE SELETTIVA DELL’ONCOGENE MYCN
23
PNA (Peptide Nucleic Acid)
1.
STRUTTURE DEI PNA
24
3
2.
SINTESI E PURIFICAZIONE
25
3.
CARATTERISTICHE CHIMICO FISICHE
26
4.
APPLICAZIONI DEI PNA
29
5.
UPTAKE DEI PNA IN VIVO E IN VITRO
32
SCOPO DELLA TESI
34
MATERIALI E METODI
1.
LINEE CELLULARI
37
2.
VALUTAZIONE DELLA CRESCITA
CELLULARE CON SAGGIO ATPlite
41
3.
PROGETTAZIONE DEL PNA
42
4.
SINTESI, PURIFICAZIONE E CARATTERIZZAZIONE
DEI PNA
5.
44
TRATTAMENTO DELLE CELLULE CON PNAs-NLS
ANTI-MYCN
6.
44
ESTRAZIONE DELL’RNA E
RETROTRASCRIZIONE MEDIANTE RT-PCR
46
7.
PROGETTAZIONE PRIMERS
48
8.
PCR QUALITATIVA
49
9.
REAZIONE DI PCR QUANTITATIVA REAL-TIME
10.
(SYBR GREEN)
50
WESTERN BLOT
51
10.1 ESTRAZIONE DELLE PROTEINE TOTALI
52
10.2 PREPARAZIONE DEL GEL DI POLIACRILAMIDE
52
10.3 PREPARAZIONE DEI CAMPIONI ED ELETTROFORESI
54
4
10.4 TRASFERIMENTO
55
10.5 BLOCKING E INCUBAZIONE CON GLI ANTICORPI
56
10.6 DETECTION (HOME-MADE ECL) E RIVELAZIONE AL
11.
CHEMIDOC
57
FISH
58
11.1 PREPARAZIONE DELLA SONDA
58
11.2 IBRIDAZIONE
60
11.3 VISUALIZZAZIONE DEL SEGNALE
61
RISULTATI
1.
ALLESTIMENTO DI COLTURE CELLULARI
DI MEDULLOBLASTOMA
2.
62
CURVA DI CRESCITA SULLE LINEE CELLULARI
TRAMITE SAGGIO ATPlite
65
2.1
DAOY
65
2.2
ONS 76
66
2.3
D341med
68
2.4
D556med
69
3.
QUANTIFICAZIONE DEI LIVELLI DI
ESPRESSIONE GENICA DI MYCN NELLE
LINEE DI MEDULLOBLASTOMA, TRAMITE
PCR REAL-TIME QUANTITATIVA (qPCR)
4.
71
IL PNA ANTI-GENE INIBISCE LA
PROLIFERAZIONE CELLULARE IN CELLULE
DI MEDULLOBLASTOMA IN CUI MYCN
E’ SOVRAESPRESSO
73
5
5.
IL PNA ANTI-GENE INIBISCE LA PRODUZIONE
DEL TRASCRITTO DI MYCN NELLE CELLULE
DI MEDULLOBLASTOMA
6.
78
VALUTAZIONE DELL’ESPRESSIONE
DELL’ONCOPROTEINA N-MYC NELLE
LINEE CELLULARI DI
MEDULLOBLASTOMA MEDIANTE
WESTERN BLOT
7.
82
IL PNA ANTI-GENE INIBISCE LA PRODUZIONE
DELLA ONCOPROTEINA N-MYC NELLE CELLULE
DI MEDULLOBLASTOMA
8.
84
VALUTAZIONE DELL’ESPRESSIONE
DELL’ONCOGENE MYCN IN LINEE CELLULARI
MEDULLOBLASTOMA TRAMITE FISH
86
DISCUSSIONE E CONCLUSIONI
91
BIBLIOGRAFIA
94
6
INTRODUZIONE
1. IL MEDULLOBLASTOMA
Il medulloblastoma (MB) è il tumore maligno primario del sistema nervoso
centrale (SNC) più comune durante l’infanzia. Esso rappresenta la seconda
più frequente neoplasia pediatrica con una percentuale del 20% tra tutti i
tumori cerebrali nei bambini.
Generalmente colpisce individui con un’età compresa tra i 3 e gli 8 anni,
raggiungendo un picco massimo intorno ai 5 anni, oltre al fatto che insorge
con una maggior frequenza nei maschi piuttosto che nelle femmine, con un
rapporto di 2:1. Questa forma di tumore può anche verificarsi negli adulti
ma questa evenienza risulta essere piuttosto rara.
Il medulloblastoma si forma nel SNC, in modo particolare nel 4°ventricolo
tra il tronco cerebrale e il cervelletto. Rappresenta un tumore maligno a
rapida crescita che tende a metastatizzare (Figura 1) [1], tanto che al
momento della diagnosi circa un terzo dei pazienti mostra un’evidente
disseminazione neoplastica nel SNC [2,3], avvenuta attraverso il liquor.
Tuttavia con una frequenza che varia dal 5 al 35% dei casi si può
riscontrare anche lo sviluppo di metastasi extraneurali che si formano
prevalentemente nelle ossa, nel midollo osseo, nei linfonodi, nel fegato o
polmoni [4]. La presenza di metastasi rappresenta uno tra i più importanti
marker prognostici della malattia.
Benché i diversi trattamenti utilizzati nella cura del medulloblastoma
abbiano sostanzialmente migliorato la sopravvivenza dei pazienti, ancora si
presenta come una forma di tumore incurabile in circa un terzo dei casi.
Infatti soltanto il 60% dei bambini colpiti guarisce ed inoltre la maggior
7
parte di essi tende a manifestare gravi problemi collaterali dovuti ai
trattamenti subiti quali radioterapia e intervento chirurgico soprattutto [5-8]
Figura 1. Metastasi di medulloblastoma
2. VARIANTI ISTOLOGICHE
Il medulloblastoma è suddivisibile in almeno cinque varianti istologiche
[1,9]:
1)
“Variante Classica”, caratterizzata da cellule con piccoli nuclei
rotondi e generalmente disposte in lamine; solo occasionalmente
sono caratterizzate da differenziamento neuroblastico (Figura 2A).
Questa è la variante più frequente con l’80% dei casi.
2)
“Medulloblastoma Desmoplastico” costituito da noduli di cellule
tumorali con scarsa popolazione cellulare e fine matrice fibrillare,
circondate da cellule proliferanti densamente stipate con nuclei
ipercromici che producono una densa rete di fibre reticoliniche,
questi comunemente mostrano differenziazione neurocitica e sono
circondate da abbondante tessuto collagene (Figura 2B). Questa
8
variante del tumore gode di una prognosi migliore rispetto la variante
classica, inoltre tende a colpire i pazienti più vecchi e i giovani
adulti.
3)
“Medulloblastoma a larghe cellule”, detta anche Anaplastica, è
caratterizzato da grandi cellule tumorali con nuclei pleiomorfici,
prominenti nucleoli e abbondante citoplasma (Figura 2C). Questi
sono generalmente caratterizzati da omoplasia e generalmente hanno
una prognosi peggiore [10].
4)
“Variante Melanotica”, rara forma di medulloblastoma caratterizzata
dalla capacità delle cellule di produrre melanina.
5)
“Medullomioblastoma”, forma rara in cui le cellule
producono
proteine specifiche del muscolo.
A
B
C
Figura 2. Le tre più comuni varianti istopatologiche di medulloblastoma: Classica (A),
Desmoplastica (B), e a Larghe Cellule o Anaplastica (C).
9
Anche se può presentare forme ereditarie, nel 95% dei casi il
medulloblastoma insorge sporadicamente.
Le forme ereditarie includono sindromi ben caratterizzate dovute
all’inattivazione di geni noti, come la Sindrome di Turcot e la Sindrome di
Gorlin. Quest’ultima infatti è una forma di malattia, caratterizzata da
mutazioni a carico di Ptched1 (Ptch), antagonista del segnale di Sonic
hedgehog (Shh), e che manifesta un aumento di incidenza di
medulloblastoma [11].
3. STADIAZIONE
Nel caso del medulloblastoma esistono fondamentalmente tre fattori
prognostici da cui può dipendere la sopravvivenza dei giovani pazienti
[2,3], questi sono:
1)
Età del bambino al momento della diagnosi;
2)
Estensione della malattia in seguito a resezione chirurgica;
3)
Presenza di metastasi.
Tutti insieme questi markers sono risultati molto utili in quanto hanno
consentito una stadiazione del malato in due grandi categorie:
- Rischio Standard
- Alto rischio
Alla prima categoria vi appartengono quell’insieme di pazienti che hanno
una età superiore ai 4 anni e\o un tumore non disseminato (Mo) e\o sono
stati sottoposti ad una resezione completa. Generalmente questi vengono
10
sottoposti alla totale resezione chirurgica seguita da chemioterapia e
radioterapia [2, 12-14].
Per quanto riguarda i bambini affetti da medulloblastoma e classificati ad
alto rischio, sono generalmente coloro che hanno una età inferiore a 4 anni,
hanno il tumore disseminato (M1-M4) e\o sono stati sottoposti a una
resezione chirurgica incompleta a cui la sola radioterapia conferisce una
sopravvivenza globale a 5 anni di circa il 50-70%.
4. ASPETTI MOLECOLARI DEL MEDULLOBLASTOMA
Lo sviluppo embrionale inizia da una singola popolazione di cellule e
culmina
nell’organogenesi,
processo
caratterizzato
da
eventi
di
proliferazione e differenziamento oltre che dalla relazione che si instaura
tra le diverse popolazioni di precursori cellulari. Durante tale evento, forti
segnali mitogeni guidano l’espansione delle cellule e limitano la loro
capacità differenziativa alla fase G0 del ciclo cellulare.
La variazione di concentrazione di regolatori chiave induce la cellula ad
uscire dal ciclo cellulare e a differenziarsi; nel caso in cui i progenitori
cellulari siano incapaci di fuoriuscire dalla fase proliferativa, questo può
portare allo svilupparsi del tumore.
Il normale sviluppo del cervelletto rappresenta un evento prevalentemente
post-natale, durante il quale la sopravvivenza, la proliferazione e il
differenziamento di progenitori neurali multipotenti è sotto il diretto
controllo di molecole segnale extracellulare, come mitogeni e citochine
[15]. L’interruzione o l’alterazione del normale processo di traduzione
durante
tale
evento
può
essere
correlato
all’insorgenza
del
medulloblastoma, il più comune tumore primario al cervello che insorge
11
durante l’infanzia. Questa forma di tumore si ritiene possa avere origine da
un’alterazione che porta ad un arresto nel processo di differenziamento a
carico di progenitori cellulari neuronali (NSCs), soprattutto di cellule
granulari.
Durante lo sviluppo del cervelletto è di fondamentale importanza la
relazione che si instaura tra le cellule del Purkinje e i precursori delle
cellule granulari (GCPs). Soprattutto quest’ultima tipologia di neuroni
sarebbe particolarmente concentrata a livello della linea granulare esterna
(EGL) del cervelletto [16-18], zona germinale altamente proliferativa che
origina dal labbro rombico durante lo sviluppo embrionale [19].
Generalmente dopo la nascita, in seguito all’espansione della EGL, i GCPs
migrano verso la loro dislocazione finale, la linea granulare interna (IGL),
dove escono dal ciclo cellulare e arrestano la loro differenziazione,
diventando così delle cellule granulari mature, che rappresentano la più
abbondante popolazione neurale del cervelletto (Figura 3).
Figura 3. Nel cervelletto, Sonic hedgehog guida la proliferazione dei precursori delle
cellule granulari (GCPs) nella formazione della linea granulare interna (IGL).
12
Il cambiamento verso uno stato postmitotico di arresto G0, rappresenta il
principale paradigma relativo alla maturazione e differenziazione dei
progenitori cellulari.
Lo sviluppo post-natale del cervelletto caratterizzato dalla proliferazione,
migrazione e differenziamento dei GCPs in granuli del cervelletto è in larga
parte dipendente dalla concentrazione di Sonic hedgehog (Shh).
Shh è una glicoproteina secreta dalle cellule del Purkinje durante lo
sviluppo cerebellare ed è il principale regolatore mitogeno delle cellule
progenitrici che costituiscono l’EGL [20]. Coerentemente con questo
modello si è riscontrato che la neutralizzazione di Shh e del suo pathway
determina in vivo una forte riduzione proliferativa e migratoria di
precursori delle cellule granulari [21], così come un’alterazione del suo
segnale, che può determinare la trasformazione di GCPs, può essere
associato all’insorgenza di medulloblastoma [22,23].
Il medulloblastoma costituisce tra il 12-15% dei tumori al SNC nei bambini
[24] e circa un quarto dei casi diagnosticati corrisponde al sottotipo
desmoplastico, caratterizzato dall’attivazione della via di Shh [23,25].
In condizioni normali una volta che Shh viene secreto dalle cellule del
Purkinje, si lega con un’alta affinità ai recettori Patched (Ptch), proteine
transmembrana particolarmente espresse sullo strato granulare esterno del
cervelletto ove svolgono il ruolo di regolatori negativi del pathway. Infatti
in assenza del legame con Shh, Ptch reprime costitutivamente Smoothened
(SMO), trasduttore del segnale di Shh all’interno della cellula (Figura 4) .
13
Figura 4. Il pathway di Shh. (A) in assenza di Shh, PATCHED, una proteina
transmembrana, reprime costitutivamente SMOOTHENED, trasduttore del segnale Shh.
Quando invece Shh si lega a Ptch l’effetto inibitorio di quest’ultimo su
Smoothened viene a mancare, innescando così una cascata di segnali che
porta all’attivazione di geni posti a valle di SMO, come Ptch stesso e i geni
Gli, che appartengono ad una famiglia di fattori di trascrizione (Figura 5).
14
Figura 5. Il legame di Shh a PTCH, rilascia la sua inibizione su SMO e promuove la
trascrizione genica della famiglia dei geni GLI.
Shh è così in grado di regolare la proliferazione dei precursori delle cellule
granulari attraverso un controllo del ciclo cellulare, che avviene in seguito
all’induzione dell’espressione delle cicline D1 e D2 [26], indotta dallo
stesso Shh attraverso l’intervento di MYCN [27]. Ne deriva quindi che
come Shh può svolgere un ruolo di regolazione in questi progenitori
cellulari così una deregolazione del suo pathway può indurre lo sviluppo di
medulloblastoma.
Per quanto riguarda il ruolo di N-Myc, questa oncoproteina è altamente
conservata e regolata nelle cellule; essa promuove l’espansione di NSCs in
differenti regioni del cervello, in modo da influenzarne le dimensioni.
Infatti studi effettuati da Knoepfler e collaboratori (P.S. Knoepfler et al.
2002) hanno dimostrato che MYCN è un regolatore critico nello sviluppo
del cervelletto e della corteccia celebrale. In essi infatti esistono domini in
15
cui MYCN è altamente espresso, questo è correlato con un aumento della
sintesi del DNA in queste zone. Al contrario la mancanza di MYCN
corrisponde ad una ridotta sintesi del DNA, associata ad un calo della
mitosi e quindi delle dimensioni del dominio, oltre ad un aumento dei
livelli cellulari di molecole inibitorie, quali cdk, e ad una alterata
espressione nucleare. Ne deriva quindi che MYCN è un possibile candidato
del meccanismo molecolare responsabile della coordinazione della crescita
di regioni del cervelletto e che un’alterazione della sua sintesi può indurre
lo sviluppo del tumore.
Infatti l’amplificazione di queste oncoproteine è riscontrabile in almeno 1535% nei casi di medulloblastoma e non sorprende il fatto che un aumento
dei livelli cellulari di MYCN possa giocare un ruolo critico nella
patogenesi del tumore, soprattutto come marker del segnale di Shh.
I primi studi che evidenziano il legame tra l’espressione di MYCN e
l’attivazione di Shh furono condotti da Pomeroy e suoi colleghi [22]; questi
dimostrarono che sebbene la glicoproteina Shh agisse a livello della
membrana cellulare, cionostante il suo segnale era in grado di influenzare
l’attività di numerosi fattori coinvolti nella trascrizione all’interno del
nucleo, tra cui un aumento dei livelli cellulari di MYCN riscontrato nel
medulloblastoma desmoplastico. Successivamente grazie a studi condotti
su diverse linee cellulari coltivate in vitro [28,29] fu dimostrato che MYCN
era il principale mezzo grazie al quale Shh poteva esplicare la propria
attività mitogena nelle GCPs.
In relazione di ciò, studi effettuati da Xiaohua Su e collaboratori (Xiaohua
Su et al. 2005) dimostrarono che le cellule dei granuli cerebellari
richiedono MYCN durante lo sviluppo, suggerendo che queste sono
particolarmente sensibili ai livelli intracellulari di MYCN. Infatti
l’overespressione di MYCN all’interno di queste, guida tali cellule
16
germinali ad effettuare il proprio sviluppo più precocemente e in cicli
cellulari più brevi, inducendo così un più rapido rinnovo di se stesse, ma
allo stesso tempo favorendo una maggiore instabilità genetica e quindi il
cancro.
5. LA REGOLAZIONE DI MYCN DA PARTE DI SONIC
HEDGEHOG
Mentre studi condotti su cervello e pelle hanno dimostrato che il segnale di
Shh determina un aumento della trascrizione di MYCN [30,31], è anche
chiaro che l’attivazione di Shh conduce ad una stabilizzazione della
proteina N-Myc attraverso meccanismi post-trascrizionali [31] (Figura 6).
Sebbene il processo dettagliato di tale regolazione non sia stato ancora
chiarito del tutto è tuttavia logico supporre che Shh sia in grado di attivare
il
fosfoinositide-3-chinasi
(PI3K,
chinasi
lipidica
coinvolta
nella
regolazione di numerosi processi cellulari e vitali), capace di regolare i
livelli di N-Myc attraverso una destabilizzazione della fosforilazione di NMyc a livello della sua treonina in posizione 50 (Thr-50).
In ragione di ciò si è riscontrato che quando Shh è attivo anche i livelli
cellulari di PI3K sono alti, ciò si associa alla presenza della glicogeno
sintasi kinasi-3β (GSK-3β) in forma fosforilata e quindi inattiva, così come
la fosforilazione di MYCN a livello di Thr-50 è bloccata, determinando una
stabilizzazione di MYCN.
Al contrario, quando il segnale di Shh diminuisce, per un conseguente calo
anche dei livelli intracellulari di PI3K, GSK-3β è attivato, conducendo così
alla fosforilazione e degradazione di N-Myc.
17
Figura 6. Illustrazione di come Shh regola la progressione e l’uscita dal ciclo cellulare dei
precursori neurali attraverso il coinvolgimento diretto e indiretto di N-Myc.
18
MYCN
1. LA FAMIGLIA DEI GENI MYCN E LA LORO
STRUTTURA
La famiglia dei geni Myc rappresenta un gruppo di proto-oncogeni che
codifica per fosfoproteine nucleari coinvolte nella proliferazione e nella
regolazione del ciclo cellulare, nel differenziamento, nell’apoptosi e nella
trasformazione neoplastica [32,33].
La maggior parte degli studi condotti su questa famiglia di geni, sono
focalizzati su tre membri di essa: c-Myc, MYCN e LMYC [34], che
quando attivati, sembrano svolgere ruoli importanti nello sviluppo dei vari
tumori umani [35]. Tra questi geni, il primo scoperto fu c-Myc, per
omologia con V-myc, gene trasformante del virus MC29 della mielocitosi
aviaria [36]. Gli altri due membri della famiglia, MYCN e LMYC, furono
scoperti più tardi sempre attraverso la loro omologia con V-myc nelle
sequenze amplificate delle cellule di neuroblastoma [37] e del tumore del
polmone a piccole cellule [38].
A questa famiglia di proto-oncogeni appartengono anche altri tre geni:
MYCS, MYCB e MYCP. MYCS e MYCB appaiono interessanti, perché
sembra che le proteine da essi codificate sopprimano la trasformazione
neoplastica [39-41], al contrario di c-Myc, MYCN e LMYC; mentre
MYCP è uno pseudogene che deriva da una regione di MYCL [42].
Analisi filogenetiche hanno mostrato che una duplicazione genica avvenuta
precocemente nell’evoluzione dei vertebrati avrebbe prodotto c-Myc e
un’altra linea, dalla quale si sarebbero poi originati MYCN e LMYC [43].
I geni Myc possono essere attivati mediante diversi meccanismi, come:
l’amplificazione genica [44], la traslocazione cromosomiale [45],
19
l’inserzione provirale [46], la traduzione retrovirale [47] e altri processi non
ancora noti.
L’importanza dei membri di questa famiglia sembra essere legata alla loro
capacità di controllo durante l’espressione genica e le evidenze di ciò sono
aumentate quando fu dimostrato che la sequenza della proteina c-myc
conteneva una serie di motivi simili a quelli già descritti nei fattori di
trascrizione.
I primi motivi ad essere identificati furono quelli leucine-zipper già trovati
nelle oncoproteine V-fos e V-jun, precisamente localizzati alle estremità Cterminale della proteina [48].
A monte del motivo leucine-zipper fu poi individuato un secondo dominio
detto motivo helix-loop-helix [49], presente in numerosi fattori di
trascrizione, come ad esempio nelle proteine E12 e E47 [50].
Ulteriori studi hanno rilevato che le proteine Myc contengono anche un
tratto di aminoacidi basici che precedono il motivo helix-loop-helix. Tale
motivo definito “regione basica” è stato precedentemente identificato nel
fattore di trascrizione miogenico MYOD, che si è trovato essere la regione
coinvolta nel determinare la sequenza specifica che lega il DNA [51]. Si è
visto inoltre che una regione presente all’estremità N-terminale di c-myc ha
la capacità di agire come transattivatore trascrizionale [52].
Grazie ad alcuni studi è emerso che le proteine Myc possono formare
complessi con il DNA solo a concentrazioni molto elevate, indicando così
che queste interazioni non possono essere fisiologicamente significative
[53]. Si è quindi pensato che Myc richiedesse l’interazione con una
seconda proteina per poter svolgere il suo ruolo di fattore di trascrizione e
in relazione a questo successivamente fu identificata una piccola proteina
denominata Max [54]. Max è una proteina con lunga emivita (nucleare,
ubiquitaria) e simile a Myc, poiché anch’essa contiene motivi basici helix-
20
loop-helix e leucine-zipper. La presenza di tali caratteristiche contribuisce a
supportare l’ipotesi che Max possa essere un possibile partner di
dimerizzazione di Myc.
Da saggi in vitro si è successivamente visto che Max è in grado di formare
complessi dimerici con ciascuno dei membri della famiglia Myc ad una
concentrazione
minore
rispetto
a
quella
necessaria
per
l’omodimerizzazione di Myc. Durante la fase Go l’espressione di Max è
elevata e favorisce la formazione di omodimeri Max/Max che reprimono la
trascrizione. Al contrario l’aumentata produzione di N-Myc, che si osserva
durante l’ingresso nel ciclo cellulare o come risultato di amplificazione
genica, induce l’eterodimerizzazione di MYCN/Max. Il dimero Myc-Max
(Figura 7) così formatosi si lega al DNA in modo specifico alla sequenza
palindromica CACGTG, denominata E-box [55]. Un altro sito di legame
tra N-Myc e il DNA è costituito dalla sequenza asimmetrica CATGTG.
Queste due sequenze non sono esclusive delle proteine Myc, in quanto
vengono anche riconosciute da fattori di trascrizione come USF, TFEB e
TFE3. Questo legame induce l’attivazione trascrizionale di una serie
indefinita di geni che promuovono il passaggio dalla fase G1 alla fase S del
ciclo cellulare e quindi la crescita cellulare [56].
21
Figura 7. Struttura dell’eterodimero Myc-Max legato al DNA
2. MYCN
Il gene umano MYCN fu identificato per la prima volta nel 1983 in linee
cellulari di neuroblastoma [37,57], grazie ad una sequenza di DNA che
mostra una parziale analogia con il proto-oncogene c-Myc.
Il gene MYCN è localizzato sul braccio corto distale del cromosoma 2 e
mediante FISH è stato mappato nella regione 2p23-24 [58].
Come già detto, MYCN appartiene alla famiglia dei geni Myc, gruppo
genico che mostra una similarità strutturale nei domini helix-loop-helix
preposti a legare il DNA con altri fattori di differenziazione transattivanti
come MyoD e E2A [59]. Questo motivo è noto non solo per essere
22
responsabile del legame al DNA, ma anche per essere necessario alla
dimerizzazione: infatti è probabile che MYCN sia un fattore transattivante
coinvolto nella regolazione dell’espressione di geni molto importanti
all’interno delle cellule. MYCN è un gene che mostra un comportamento
da classico oncogene dominante in cui la sua espressione forzata,
generalmente in cooperazione con RAS, può trasformare cellule normali
[60-62]. La sua sovra-espressione può inoltre liberare fibroblasti embrionali
dalla senescenza [63] e l’aggiunta di un RNA antisenso di MYCN alle linee
cellulari di neuroblastoma, che sovraesprimono MYCN, può ridurre la
proliferazione o indurre il differenziamento e\o l’apoptosi in esse [64,65]. Il
gene MYCN si presenta formato da tre esoni, di cui il primo non viene
tradotto mentre gli altri due codificano per la proteina N-Myc. Tale
prodotto è una fosfoproteina nucleare con emivita breve (30-50 minuti)
[66] che presenta regioni che hanno una elevata omologia con c-myc
(complessivamente un’identità del 38% degli aminoacidi) [67].
Come tutte le proteine della famiglia Myc anche N-Myc presente tre
specifiche sequenze aminoacidiche [68]:
- un dominio globulare N-terminale di transattivazione contenente i Myc
Boxes I (MbI) e II (MbII); entrambi presentano regioni ricche in glutamina
e prolina, ed una regione acida che è essenziale per tutte le attività
biologiche conosciute della proteina N-Myc. Il dominio transattivatore è
stato dimostrato essere coinvolto nell’equilibrio tra segnali apoptotici e
proliferativi [69], costituendo anche il sito di legame di proteine che
regolano l’attività di N-Myc;
- una regione intermedia non strutturata;
- un dominio C-terminale contenente: una regione basica (BR), coinvolta
nel riconoscimento e nel legame specifico al DNA [70], un motivo helix-
23
loop-helix\leucine zipper (bHLH-LZ), responsabile del legame al DNA e
dell’attivazione di altre proteine bHLH-LZ come Max e Mad.
La similitudine tra N-Myc e c-myc è già ben documentata, infatti entrambe
mostrano una elevata omologia nelle regioni codificanti e codificano per
proteine nucleari di dimensioni simili. Tuttavia nonostante la somiglianza
strutturale e funzionale, l’espressione di MYCN e c-Myc è molto differente
per quanto concerne il tessuto, il periodo di sviluppo e il tipo di tumore
[71]. c-Myc infatti è ubiquitario e presenta ad alti livelli nelle cellule che
proliferano più rapidamente, mentre risulta essere poco espresso o assente
durante la quiescenza. L’espressione di MYCN, sebbene presente a bassi
livelli in numerosi tessuti neonatali, è espresso a livelli piuttosto elevati in
linfociti pre-B, rene, cervello ed intestino, in particolare durante i primi
stadi di differenziazione [72-74]. Inoltre mentre c-myc è in grado d’indurre
l’apoptosi, qualora venga espresso in modo inappropriato, poco nota è
invece l’abilità di N-myc nell’indurre la morte cellulare programmata
[75,76].
24
Figura 8. Struttura della proteina N-Myc. Abbreviazioni: MB I, MB II, “Myc-boxes”; BR,
basic region; H1–L–H2, helix1–loop–helix2; Zip, leucine zipper; Trrap,
transformation/transcription domain-associated protein [(Pession e Tonelli, Current
Cancer Drug Targets 2005,5(4):274-75)]
3. ESPRESSIONE E TRASCRIZIONE DI MYCN
Nel 1997 Wakamatsu e i suoi collaboratori scoprirono che MYCN è
inizialmente espresso nell’intera popolazione cellulare durante lo sviluppo
della cresta neurale. Questa elevata espressione provocherebbe una massiva
migrazione verticale della popolazione cellulare della cresta neurale e,
successivamente, le cellule migrate
nei gangli e nel midollo spinale
andrebbero incontro a differenziamento neuronale. L’espressione è invece
spenta durante il periodo successivo alla migrazione, fatta eccezione per le
cellule sottoposte al differenziamento neuronale.
25
Caratteristicamente infatti le cellule della cresta
neurale continuano a
dividersi anche in seguito al differenziamento, ne risulta quindi che MYCN
è coinvolto nella regolazione del destino della cresta neurale sotto due
aspetti: migrazione ventrale e differenziamento neuronale [77].
Il gene MYCN è normalmente espresso nei tessuti embrionali durante le
prime fasi del differenziamento, alla nascita rimane espresso nel cervello,
rene, polmone ed intestino mentre risulta assente nella maggior parte dei
tessuti maturi anche se tuttavia si è riscontrata un’espressione transitoria
del gene nei linfociti pre-B [72,78,79].
La trascrizione di MYCN si presenta come un evento piuttosto complesso
che ha luogo in numerosi siti che potrebbero essere raggruppati sotto il
controllo di due promotori. La molteplicità dei siti d’inizio si combina con
splicing alternativo per generare due forme di RNA messaggero. I
messaggeri si caratterizzano per il fatto di mostrare diverse sequenze leader
5’ (primi esoni alternativi del gene), ma corpi identici (2° e 3° esone del
gene). Il fatto che i primi esoni alternativi contengano distinti opening
reading frame, può contribuire nel diversificare il potenziale codificante del
gene che riflette la complessità del controllo dell’espressione del gene
stesso. Entrambi gli mRNA formatesi, che godono di un’emivita di circa 15
minuti, codificano per due proteine N-Myc del peso molecolare di 65 e 67
KD [80]: queste sono localizzate nel nucleo dove sono legate a DNA a
singolo o a doppio filamento [81] e vengono fosforilate da una caseina
chinasi II (CK-II) [82], la cui attività è indotta in risposta a mitogeni.
4. AMPLIFICAZIONE DI MYCN
L’”Amplificazione” è uno dei meccanismi attraverso cui gli oncogeni, tra
cui MYCN, possono essere attivati ed esprimere elevati livelli delle propria
26
proteina, consentendogli così di poter partecipare alla cancerogenesi. Nella
maggioranza dei casi l’attivazione aberrante di MYCN dipende da un
aumento nel dosaggio del gene, provocato principalmente da una sua
amplificazione o in molti casi da più sottili meccanismi come duplicazione
o poliploidizzazione del gene stesso [83].
Il termine “Amplificazione” si riferisce ad un aumento nel numero di copie
del gene e non deve perciò essere confuso con un’ aumentata espressione di
questo, anche se, l’aumento di espressione è certamente la conseguenza
generale dell’amplificazione genica.
Il tumore nel quale fu riscontrata per la prima volta l’amplificazione di
MYCN fu il neuroblastoma, dove esami iniziali suggerirono che tale evento
fosse specifico per queste forme di tumore, successivamente però divenne
chiaro che l’amplificazione di MYCN poteva riscontrarsi anche in molti
altri tumori che mostrano caratteristiche neurali (Tabella 1).
Tumore
% di tumori con MYCN
amplificato
PNS tumors
Neuroblastoma
Small Cell Lung Cancer
Retinoblastoma
25–30%
10%
10-20%
CNS tumors
Medulloblastoma
5-15%
Glioblastoma
<5%
Tabella 1. Frequenza di amplificazione di MYCN in diverse tipologie di tumori del
Sistema nervoso. (Pession e Tonelli, Current Cancer Drug Targets 2005,5(4):274-75)]
Oltre al neuroblastoma infatti l’amplificazione di MYCN si può riscontrare
nel retinoblastoma, medulloblastoma, astrocitoma, glioblastoma e tumore
di Wilms [72].
27
5. AMPLIFICAZIONE
MEDULLOBLASTOMA
DI
MYCN
NEL
Il medulloblastoma, rappresenta un chiaro esempio di tumore di origine
neuroectodermica che manifesta l’amplificazione relativa al gene MYCN.
Le cellule granulari sono le cellule nervose maggiormente rappresentate nel
cervello e i precursori di tali cellule sono i più comuni bersagli della
trasformazione neoplastica nel medulloblastoma che è il più comune
tumore maligno del cervello nei bambini [22].
MYCN si presenta come un gene essenziale durante la neurogenesi infatti
viene coinvolto sia nella rapida espansione della popolazione dei
progenitori cellulari che per l’inibizione del differenziamento neuronale
[84]. I topi che presentano una scissione di MYCN nei progenitori cellulari
neuronali mostrano ataxia, comportamenti anormali
e tremori, inoltre
manifestano una diminuzione della massa celebrale di due volte inferiore al
normale e una riduzione di almeno sei volte nella dimensione del
cervelletto [84]. Nel medulloblastoma l’amplificazione di MYCN è stata
riscontrata in una percentuale variabile, infatti dal 5 al 15% dei casi
mostrano tale aberrazione [85-90] e in particolare questo evento lo si può
riscontrare soprattutto nelle forme di medulloblastoma desmoplastico [91] .
MYCN nei precursori delle cellule granulari del cervelletto si presenta
come un bersaglio diretto del pathway di Sonic Hedgehog (Shh), infatti
MYCN è up-regulated dal segnale di Shh che funziona da regolatore nella
progressione del ciclo cellulare. Nell’uomo, mutazioni a carico di Patched
1 (PTCH), antagonista del segnale di Shh, provocano la sindrome di
Gorlin, malattia che manifesta un aumento di incidenza di medulloblastoma
[92]. A ciò vi si aggiunge che il 20-30 % dei casi di medulloblastoma
sporadici presentano mutazioni di PTCH e di altri elementi coinvolti nella
via di Shh [93-95].
28
6. TERAPIA CON ACIDI NUCLEICI PER L’INIBIZIONE
SELETTIVA DELL’ONCOGENE MYCN
Dato il ruolo determinante dell’oncogene MYCN nella patogenesi dei
tumori che lo esprimono, l’interesse si è orientato principalmente sulla
possibilità di identificare potenziali inibitori selettivi di MYCN al fine di
sviluppare agenti terapeutici in grado di bloccare l’azione del gene e
conseguentemente
lo
sviluppo
della
patologia.
L’inibizione
dell’espressione della proteina N-Myc mediante oligonucleotidi antisenso,
ottenuti in vitro su neuroblastoma, determina la riduzione della
proliferazione e promuove la differenziazione neuronale [73]. Come
maggiore limitazione clinica a questa tecnica si è verificata la rapida
degradazione dell’oligonucleotide anti-senso da parte di nucleasi. Per
ovviare a questa limitazione, è stata presa in considerazione la possibilità di
ottenere l’inibizione selettiva del gene MYCN agendo a livello del
trascritto, inibendone il processo di trascrizione genica mediante l’ingresso
di composti di neosintesi denominati acidi peptido nucleici (PNA), che
sono in grado di riconoscere e legare sequenze complementari di DNA,
formando così composti stabili e maggiormente resistenti all’azione di
nucleasi e proteasi. L’utilizzo di questi agenti ha già ottenuto risultati
significativi nell’ambito di strategie messe in atto per l’inibizione di
MYCN in cellule di neuroblastoma [96,97].
Si apre la possibilità di ampliare lo spettro di azione di questi composti a
forme tumorali la cui patogenesi, similmente al neuroblastoma, è collegata
alla sovraespressione di MYCN.
29
PNA ( Peptide Nucleic Acid)
1. STRUTTURA DEI PNA
I PNA sono analoghi strutturali degli acidi nucleici, in cui il normale
scheletro fosfodiesterico viene sostituito da una catena pseudo-peptidica,
formata da monomeri di n-2-amminoetilglicina; questo contribuisce a far sì
che ogni unità venga legata ad una appropriata purina o pirimidina in modo
da creare le sequenze richieste e poter così ibridizzare l’acido nucleico
bersaglio [98]. Le basi azotate vengono legate covalentemente a questa
struttura poliammidica attraverso un ponte metilen-carbonilico (Figura 9)
[98-99].
Da un punto di vista chimico, i PNA non sono né un acido nucleico e
nemmeno dei peptidi, la struttura atipica gli conferisce numerosi vantaggi
[100], rispetto gli altri analoghi del DNA, come gli oligonucleotidi
fosforotioati. Nonostante tali modificazioni, rispetto gli acidi nucleici
naturali, i PNA sono comunque in grado di legare in modo frequenzaspecifico il DNA e l’RNA secondo le regole di appaiamento di WatsonCrick [99,101]; inoltre non sono né molecole ioniche e neppure achirali,
quindi, la mancanza di repulsione elettrostatica tra i filamenti rende i
duplex ibridi di PNA\DNA e PNA\RNA più stabili rispetto agli omo ed
etero-duplex naturali [102].
I PNA sono molecole che non sono substrato per enzimi elettrolitici come
proteasi e nucleasi e perciò non vengono degradati all’interno delle cellule
e risultano molto stabili nei fluidi biologici [103]. Inoltre in associazione
con gli acidi nucleici manifestano una eccezionale stabilità termica che
contribuisce a far sì che i PNA possano trovare impiego in diverse
applicazioni:
30
- come modello molecolare in biologia e biotecnologia [104];
- come composto guida nello sviluppo di farmaci gene-bersaglio mediante
strategie antigene e antisenso [105];
- in campo diagnostico per lo sviluppo di biosensori [106,107].
Figura 9. Struttura chimica di DNA e PNA. Si nota che nel PNA lo scheletro
fosfodiesterico del DNA è sostituito da una catena pseudo-peptidica formata da monomeri
di N-(2-amminoetil) glicina. B = base azotata.
2. SINTESI E PURIFICAZIONE
I PNA possono essere preparati utilizzando i protocolli standard di sintesi
in fase solida dei peptidi, avvalendosi di resine come supporto [108]. Lo
scheletro è formato da 2-amminoetil-glicine con le basi connesse grazie al
loro azoto amminico mediante un linker carbonil-metilenico. Modificazioni
postsintetiche
dei
PNA
possono
essere
introdotte
mediante
l’accoppiamento di gruppi desiderati ai residui di lisina e cisteina, inseriti
31
durante la fase di sintesi [108,109]. Gli amminoacidi possono essere
facilmente introdotti durante la sintesi in fase solida attaccando il gruppo
carbossilico al gruppo N-terminale esposto, producendo così ibridi PNAPeptide. La presenza nella chimera del peptide non modifica in modo
significativo la struttura del duplex PNA-DNA [110]. La parte finale della
sintesi prevede il distacco del PNA dal supporto solido e la purificazione
attraverso HPLC.
3. CARATTERISTICHE CHIMICO-FISICHE
La stabilità chimica del PNA differisce in modo significativo da quella del
DNA, data l’assenza di gruppi funzionali in comune, ad eccezione delle
basi azotate.
I PNA, essendo composti neutri, presentano una bassa solubilità in acqua
rispetto al DNA. Le molecole neutre come i PNA hanno una tendenza a
formare aggregati in modo dipendente dalla sequenza dell’oligomero. La
solubilità del PNA è anche collegata alla lunghezza dell’oligomero e alle
purine: rapporto pirimidinico [111]. Alcune recenti modificazioni, inclusa
l’incorporazione di residui di lisina carichi positivamente, hanno mostrato
un miglioramento nella solubilità infatti per aumentare la solubilità in
acqua, possono anche essere introdotte cariche negative, specialmente
nelle chimere PNA-DNA.
I coefficienti di estinzione dei monomeri dei PNA non sono ben
caratterizzati come quelli di DNA e RNA. Ci si aspetta che gli oligomeri
dei PNA abbiano coefficienti di estinzione diversi dalle loro controparti
DNA e RNA, poiché lo scheletro peptidico dovrebbe perturbare
diversamente il sistema π dei nucleotidi. Per questo motivo, per tutti gli
scopi pratici la concentrazione di un oligomero PNA è determinata
32
misurando l’assorbanza a 260 nm a 80°C [112,113]. A tale temperatura, le
basi azotate sono considerate completamente distaccate dallo scheletro che
non può più perturbare il sistema π delle basi infatti a 260 nm il contributo
dello scheletro all’assorbanza è molto piccolo.
I PNA possono ibridizzare con le sequenze complementari di DNA o RNA
secondo due modalità:
1)
La modalità “classica”prevede che i PNA contenenti le quattro
basi
azotate
naturali
ibridizzino
con
gli
acidi
nucleici
complementari seguendo le regole di appaiamento delle basi,
esposte da Watson-Crick. Questo farebbe in modo che si formino
duplex PNA-DNA o PNA-RNA che somiglino alla forma B del
DNA [114,115].
2)
La seconda modalità deriva dall’unione tra il modello di WatsonCrick e quello di Hoogsteen. Generalmente questo secondo
schema si viene a verificare per quei PNA che contengono solo
pirimidine (T o C) e che ibridizzano con sequenze complementari
di DNA a doppio filamento. Secondo questo schema il PNA
invaderebbe la doppia elica del DNA ibridando così con la
sequenza target, nel frattempo il secondo filamento di DNA
verrebbe allontanato facendo sì che formi un “D” loop [98]. Ne
deriva quindi che l’applicazione di tale modalità permetta la
formazione di un triplex PNA-DNA-PNA [116,117,118], in cui
una parte del PNA si lega alla sequenza target secondo le regole
di appaiamento formulate da Watson-Crick, mentre l’altra
porzione del PNA formerebbe il terzo filamento del triplex con un
appaiamento Hoogstein [99,116].
33
Poiché i PNA hanno uno scheletro neutro, la loro ibridazione non è
influenzata dalla repulsione elettrostatica tra i filamenti che caratterizza,
invece, i duplex DNA ed RNA.
L’ibridizzazione PNA-acido nucleico è molto sensibile ai mismatch,
infatti si è visto che i PNA si legano preferenzialmente alle sequenze
complementari, più debolmente a quelle che contengono un mismatch e
non si appaiano a quelle contenenti due mismatch [119]. L’effetto di un
mismatch sulla temperatura di Melting (Tm) è molto significativo e assume
maggiore valore quanto più la lunghezza del PNA è breve. La temperatura
di Melting (Tm), definita come la temperatura alla quale il 50% dei
complessi sono dissociati, fornisce un’idea della stabilità dei duplex PNADNA
o
PNA-RNA.
Per
esempio
il
PNA
con
sequenza
H-
TGTACGTCACAACTA-NH2 può formare un duplex antiparallelo con il
DNA complementare, che ha una Tm pari a 70°C, mentre il corrispondente
duplex DNA-DNA presenta una Tm pari a 53°C. Inoltre la stabilità termica
del duplex PNA-RNA è maggiore di quella del duplex PNA-DNA [120].
Le associazioni PNA-DNA sono estremamente sensibili; l’impatto di un
mismatch sulla Tm è significativo ed è tanto più significativo quanto più la
lunghezza del PNA è breve. Nella tabella (Tabella 2) viene mostrato
l’effetto di alcune modificazioni sulla Tm di associazione di un duplex
DNA-PNA; si nota come la sola sostituzione di una G con una A riduca di
ben 14.2°C la temperatura di melting [121]. Gli acidi peptico nucleici
possono anche legarsi a sequenze complementari di PNA stesso per
formare duplex estremamente stabili di PNA-PNA. L’incremento della
stabilità termica del duplex PNA-PNA rispetto al corrispondente duplex
DNA-DNA è fondamentalmente dovuta all’assenza di una significante
repulsione elettrostatica tra i due filamenti nel formare il complesso.
34
I PNA ricchi di purine tendono ad aggregare tra loro e per evitare ciò è
necessario che all’interno di una finestra di 10 basi siano presenti al
massimo 7 purine.
Tabella 2. Stabilità termica di un duplex PNA/DNA
PNA sequenze
DNA sequenze
Tm
H-egl-GGCAGTGCCTCACAA-NH2
5’-TTGTGAGGCACTGCC-3’
72.3°C
5’-TTGTGAGACACTGCC-3’
58.1°C
5’-TTGTGAGGCGCTGCC-3’
>85°C
5’-TTGTGAGGCACTGCC-3’
69.9°C
H-egl-GGCAGCGCCTCACAA-NH2
4. APPLICAZIONI DEI PNA
L’elevata stabilità in vivo, la specifica ibridizzazione con gli acidi nucleici
e la mancanza di tossicità, anche a concentrazione elevate, hanno reso i
PNA molecole promettenti per le applicazioni terapeutiche. Grazie alla loro
abilità nel legarsi sia al DNA che all’RNA, i PNA presentano significativi
effetti nei processi di replicazione, trascrizione e traduzione, e quindi
possono essere impiegati sia come antigene (interferendo con la
trascrizione di un particolare gene) che come antisenso (inibendo la
traduzione del mRNA) (Figura 10).
35
A
B
Figura 10. Strategia anti-gene (A) e antisenso (B) dei PNA.
Infatti i PNA si sono rivelati in grado di bloccare l’espressione genica
mediante due differenti modi:
- inibendo la trascrizione attraverso legame al DNA (strategia antigene);
- inibendo la traduzione attraverso il legame all’mRNA (strategia
antisenso).
I PNA sono in grado di arrestare il processo trascrizionale grazie alla loro
capacità di invadere la doppia elica del DNA e formare un complesso o una
tripla elica stabile.
I PNA possono legarsi al DNA per inibire l’iniziazione e l’allungamento da
parte dell’RNApolimerasi [105,122,123]. Essi possono anche essere
progettati per legarsi ai siti di legame per i fattori di trascrizione all’interno
del promotore ed inibire così il legame e l’azione dei corrispondenti fattori
di trascrizione [124].
Se il PNA viene indirizzato contro un sito promotore si impedisce
l’associazione della polimerasi e quindi la formazione di RNA
eteronucleare. Se i complessi PNA-DNA sono localizzati a valle del
promotore questi possono bloccare la progressione della polimerasi e
36
l’allungamento della trascrizione, producendo così RNA trascritti troncati
[105,125,126]. I triplex costituiti da due molecole di PNA e da DNA
arrestano la trascrizione in vitro e sono capaci di agire come un agente
antigene [121].
Gli oligonucleotidi, usati come antisenso, bloccano la traduzione attivando
la ribonucleasi H (Rnasi H) che digerisce l’eteroduplex RNA\DNA, oppure
creando un ingombro sterico nell’apparato di traduzione. Ciò che è utile
spiegare è che i PNA non sono in grado di agire come antisenso attivando
l’Rnasi H, dato che questa non riconosce l’eteroduplex PNA\RNA e che
quindi normalmente, il loro effetto antisenso è basato sul blocco sterico nel
processo di trasporto nel citoplasma dell’RNA o dell’apparato di
traduzione. Infatti da risultati di esperimenti condotti in vitro sulla
traduzione si è giunti a conclusione che i PNA sono capaci di inibire la
traduzione del target ibridando con lo start codon AUG [127]. Mediante
l’utilizzo di tre differenti tipi di PNA è stato possibile bloccare l’attività in
vitro dell’espressione del gene PML\RARα [128]. Il primo tipo di PNA era
complementare al sito di inizio AUG, il secondo si legava ad una sequenza
nella regione codificante AUG e il terzo era complementare alla regione 5’UTR. Insieme questi PNA raggiungevano un’inibizione superiore al 95%
ed inoltre il PNA progettato contro la regione 5’-UTR risultava
più
efficace se impiegato da solo, dato che impedisce il legame del ribosoma. I
PNA possono bloccare anche i siti di splicing e alterare la produzione delle
varianti di splicing. In questi meccanismi, l’mRNA rimane intatto e
l’efficacia dell’approccio può essere valutata osservando la diminuita o
alterata espressione della proteina. Si è anche visto che miscele di diversi
PNA sono in grado di inibire la traduzione anche a concentrazioni molto
inferiori rispetto a quelle usate se ciascuno di essi venisse utilizzato da solo
[128].
37
5. UPTAKE DEI PNA IN VIVO E IN VITRO
Lo scarso uptake cellulare dei PNA è considerato il maggiore ostacolo nella
prospettiva di utilizzarli come agenti terapeutici.
Usando vescicole fosfolipidiche (liposomi), come modello di membrane
cellulari, Wittung e collaboratori hanno dimostrato che i PNA hanno una
velocità di efflusso dai liposomi molto lenta (t1\2 di 5,5 e 11 giorni per due
PNA di 10 nucleotidi) [129]. Da questi esperimenti si è quindi concluso che
l’entrata dei PNA nelle cellule, per diffusione passiva, è particolarmente
lenta. Anche altri studi, hanno evidenziato che l’entrata dei PNA in alcune
cellule e linee cellulari è eccessivamente lenta se non addirittura non
individuabile. In contrasto a ciò però numerosi gruppi hanno riscontrato
che alcune cellule sono soggette all’entrata dei PNA grazie a specifici
meccanismi di trasporto per queste molecole [122]. Ciò è stato riportato, sia
in studi in vitro che in vivo, applicati a cellule neuronali di ratto. Nei
neuroni di ratto in coltura, non solo i PNA venivano assorbiti dalle cellule
ma mostravano anche un’inibizione dell’espressione dei geni target,
dipendente dal tempo e dalla dose applicata [130]. L’up-take da parte dei
neuroni è stato mostrato anche in vivo, infatti quando i PNA venivano
iniettati nel cervello del ratto, questi erano in grado di diminuire
l’espressione del gene target mostrando un’azione antisenso [131]. Inoltre,
numerosi gruppi hanno dimostrato che se iniettati per via endovenosa o
intraperitoneale, i PNA potevano attraversare la barriera ematoencefalica
ed entrare nei neuroni, provocando così una risposta antisenso [122,130].
Quindi l’up-take dei PNA sembra dipendere dal tipo cellulare. Infatti
successivamente si è visto che usando elevate concentrazioni di PNA e
lunghi tempi di incubazione, è possibile indurre l’up-take dei PNA anche
da parte di mioblasti, fibroblasti, linfociti e altri tipi cellulari [121,132]. Per
38
facilitare l’up-take dei PNA nelle cellule eucariotiche sono stati proposti
numerosi metodi, quali:
- permeabilizzazione della membrana cellulare con lisolectina [123] o
detergenti come Tween [133];
- temporanea permeabilizzazione con streptolisina 0 [134];
- modificazioni dei PNA con motivi idrofobici [135];
- impiego di vescicole di trasporto, quali i liposomi;
- coniugazione del PNA a ligandi recettoriali o ad anticorpi che inducono
l’endocitosi recettore-mediata dei rispettivi coniugati [136];
- coniugazione con peptidi che promuovono la traslocazione attraverso la
membrana cellulare [137] e il targeting in compartimenti specifici [126],
la classe dei cosiddetti CPP (Cell Penetratine Peptides) sta crescendo
rapidamente. Ad esempio studi differenti hanno dimostrato che
penetratina [138] e trasportàno [137] sono in grado di trasportare i PNA
attraverso la membrana citoplasmatica in cellule eucariotiche. Inoltre
costrutti PNA-NLS (Nuclear Localisation Signal) aumentano l’up-take
cellulare dei PNA e facilitano il loro trasporto dal citoplasma al nucleo
[126];
- legame del PNA ad una sequenza di DNA in una catena oligonucleotidica
lineare e coniugazione della chimera PNA\DNA con lipidi cationici
[139];
- microiniezione [105];
- elettroporazione.
39
SCOPO DELLA TESI
Il medulloblastoma è il più comune tumore celebrale maligno che insorge
durante l’infanzia. Malgrado l’integrazione di diverse modalità terapeutiche
abbiano migliorato la sopravvivenza a questa malattia, la prognosi per il
medulloblastoma (MB) rimane ancora infausta. Infatti il tumore è ancora
incurabile in circa un terzo dei pazienti mentre i restanti risentono del
trattamento subito, che ha conseguenze spesso devastanti, sia a livello
neurologico, che a livello neurocognitivo e psicosociale. Non è quindi
possibile
un’ulteriore
intensificazione
delle
terapie
convenzionali,
intervento chirurgico e radioterapia, nei pazienti ad alto rischio, senza che
vi sia un’inaccettabile tossicità. Ne deriva quindi che i farmaci che hanno
come bersaglio i diversi segnali cellulari dei vari pathway coinvolti nella
formazione del medulloblastoma, offrono una valida alternativa al
convenzionale approccio citotossico nel trattamento di questo tumore.
Il medulloblastoma, come altre forme di tumore di origine nervosa, viene
annoverato tra i “Primitive neuroectodermal tumors” (PNETs), data la sua
origine dal neuroectoderma primitivo, più precisamente dalle cellule
progenitrici dei granuli del cervelletto, la cui proliferazione è regolata dal
“Pathway Hedgehog”. Elemento cardine di questa via è la glicoproteina
Sonic hedgehog (Shh) che svolge un importante ruolo nella regolazione
della proliferazione e del differenziamento cellulare durante lo sviluppo
embrionale e dell’omeostasi nei tessuti adulti.
Tra i principali bersagli del Pathway di Shh spicca sicuramente il gene
MYCN, di cui ne regola l’attivazione. MYCN è un membro della famiglia
dei geni Myc e si caratterizza per il suo coinvolgimento durante la
neurogenesi, nella rapida espansione dei progenitori dei granuli del
cervelletto e nell’inibizione del differenziamento neurale.
40
Anche
nel
medulloblastoma
come
in
altri
tumori
di
origine
neuroectodermica si può riscontrare un’amplificazione del gene MYCN,
generalmente questo evento si presenta con una percentuale che varia tra il
5 e il 15% dei pazienti, in particolare in quelli affetti da medulloblastoma di
tipo desmoplastico. Si suppone quindi che l’inibizione selettiva di oncogeni
sovraespressi, quali MYCN, possa fornire un’opportunità per ridurre la
proliferazione delle cellule tumorali; a tale scopo verranno utilizzate
molecole sintetiche che interferiranno con la trascrizione e\o traduzione di
questi geni. Esempio di queste molecole è il PNA, omologo sintetico
strutturale degli acidi nucleici capace di legarsi in modo specifico a
sequenze di DNA o RNA e inibire l’espressione genica mediante il blocco
di processi di trascrizione (antigene) o di traduzione (antisenso).
Lo scopo di questa tesi è quello di dimostrare come grazie ad un PNA
selettivo per il gene MYCN sia possibile indurre un’inibizione
dell’espressione del gene e quindi una riduzione della capacità di
proliferazione e di differenziamento delle cellule neoplastiche nel quale
esso è sovraespresso. Infatti un PNA antigene che è in grado di inibire la
trascrizione di tale gene agisce come agente terapeutico contribuendo a
rendere il tumore meno aggressivo e quindi più sensibile anche all’utilizzo
di altri farmaci. Se il PNA nel corso dei diversi studi desse i risultati
sperati, esso potrebbe rappresentare un valido supporto e contributo ai
convenzionali trattamenti usati per la cura di questo tumore.
In ragione di ciò il PNA è stato testato in linee cellulari di medulloblastoma
(DAOY, ONS 76, D341med e D556med) che mostrano un’overespressione
relativa al gene MYCN.
Dopo la progettazione e la sintesi del PNA si è verificata la sua capacità di
penetrazione fino al nucleo delle cellule grazie all’analisi al microscopio a
fluorescenza dell’uptake cellulare di un PNA-NLS rodaminato. Durante la
41
tesi verranno analizzate le modifiche indotte da PNAwt AG alle cellule sia
da un punto di vista morfologico che proliferativo ma anche relativo alla
trascrizione del gene MYCN. L’analisi verrà effettuata mediante PCR
quantitativa Real-time, grazie alla quale è possibile quantificare
l’espressione differenziale di MYCN tra le cellule trattate e non. Verrà
inoltre effettuata una valutazione mediante Western Blot, al fine di
verificare l’effettiva corrispondenza tra livelli genici e proteici, data la
possibile esistenza di modificazioni tra trascrizione e traduzione di N-myc.
42
MATERIALI E METODI
1. LINEE CELLULARI
Tutti gli esperimenti fatti sono stati condotti su diverse linee cellulari di
medulloblastoma: DAOY, ONS 76, D341med e D556med.
Le DAOY (Foto 1A) sono una particolare linea cellulare di
medulloblastoma cerebellare desmoplastico, che fu stabilizzata per la prima
volta nel 1985 da P.F.Jacobsen al Royal Perth Hospital in Australia. Questa
linea fu ottenuta da materiale bioptico estratto da un tumore celebrale
sviluppatosi a livello della fossa posteriore in un bambino di quattro anni.
Sebbene
il
tumore
originale
presentasse
delle
caratteristiche
di
differenziazione sia neuronale che gliale, queste non venivano mantenute
dalla linea cellulare estratta.
Per quanto riguarda le D341med (Foto 1C cellule), anch’esse
rappresentano una linea cellulare di medulloblastoma che venne
stabilizzata nel 1988 da parte di Friedman e i suoi collaboratori. Tale linea,
ottenuta da tessuto tumorale estrato da un bambino affetto da
medulloblastoma, è caratterizzata dal fatto che manifesta positività
nell’esprimere proteine neurofibrillari, glutamina sintetasi e neuroni
specifici enolose ma al contrario risulta negativa riguardo le proteine Gfap
e S100. Ulteriore caratteristica di estrema importanza inerente a questa
linea è rappresentata dalla dimostrazione relativa all’amplificazione
dell’oncogene c-Myc.
Sebbene le linee cellulari utilizzate risultino diverse tra loro sia da un punto
di vista morfologico che colturale, sono accomunate però dalla medesima
origine istologica, infatti sono ottenute dal sistema nervoso centrale e più
43
precisamente dal cervelletto. Oltre al fatto che essendo linee cellulari di
natura tumorale sono in grado di dividersi in modo continuo ed illimitato.
In relazione alla eterogeneità del tumore, alcune linee cellulari si
presentano adese mentre altre in sospensione. A questa ultima categoria
infatti vi appartengono le D341med e le D556med (Foto 1D), linee cellulari
in sospensione in cui le singole cellule di aspetto sferoidale tendono ad
avvicinarsi formando aggregati, anche di dimensione piuttosto notevoli,
definiti cluster. Al contrario le DAOY e le ONS 76 (Foto 1C), si presentano
come due linee cellulari di medulloblastoma che tendono a crescere adese
con una disposizione monolayer e una forma oblunga definita “neuronal
like” (ovvero di forma simile a neuroni) in relazione alla loro origine
nervosa.
Ulteriore caratteristica di diversità tra le linee utilizzate, è in relazione
all’ambiente culturale, infatti ognuna di essa presenta un proprio terreno di
sviluppo:
DAOY:
MEM
10% FBS (Fetal Bovin Serum)
1% P\S (Penicillina e Streptomicina)
1% Glutammina
ONS 76:
DMEM
15% FBS (Fetal Bovin Serum)
1% P\S (Penicillina e Streptomicina)
1% Glutammina
44
D341med e D556med:
Improved MEM più Zn++
20% FBS (Fetal Bovin Serum)
1% P\S (Penicillina e Streptomicina)
1% Glutammina
Tutte le linee cellulari sono state coltivate in fiasche di polistirene T25
(Falcon) e conservate in incubatori alla temperatura di 37°C, a una
percentuale di CO2 pari al 5%.
Per mantenere ed amplificare le cellule in coltura, si sono dovute effettuare
delle diluizioni in cui una volta tolto il terreno dalla fiasca, le cellule sono
state lavate con PBS 1x (Sigma) al fine di rimuovere tutti i residui di
terreno, in particolar modo di siero, che possono inibire l’effetto del citrato;
dopo di che è stato aggiunto citrato 1x fino a coprire il fondo della fiasca,
che viene incubata per 5 minuti, o comunque fino a che le cellule non si
siano staccate. Il citrato viene poi neutralizzato con PBS 1x e le cellule
raccolte in provette vengono centrifugate a 1100rpm (in centrifuga di
diametro di 23cm) per 5 minuti; mentre il sovranatante ottenuto viene
buttato, il pellet viene diluito con terreno completo, precedentemente
riscaldato a 37°C.
Per quanto riguarda le cellule in sospensione, D341med e D556med,
quando necessario sono state raccolte in una provetta e centrifugate
anch’esse a 1100rpm per 5 minuti in modo tale da poter ottenere un pellet
di cellule che verrà diluito a seconda delle necessità.
45
A
B
C
D
Foto 1. Linee cellulari di medulloblastoma : DAOY (A), ONS 76 (B), D341med (C) e
D556med (D).
46
2. VALUTAZIONE DELLA CRESCITA CELLULARE CON
SAGGIO ATPlite
Il Saggio ATPlite (luminescente ATP detection Assay sistem, Perchin
Elmer) rappresenta un sistema di monitoraggio della crescita cellulare
basato sulla luciferasi della lucciola Photinus Pyralis. Questa tecnica è stata
utilizzata per realizzare curve di crescita di 24, 48, 72, 96 e 120 ore sulle
linee cellulari di medulloblastoma.
L’ATP può essere considerato un valido marker della vitalità cellulare,
essendo presente in tutte le cellule metabolicamente attive ed oltre al fatto
che mostra un rapido calo di concentrazione nel caso in cui le cellule
vadano in contro a necrosi o apoptosi. Conseguentemente se ne deriva che
valutando la presenza di ATP all’interno della cellula è possibile capire
quante cellule siano vive e quante morte. Una volta aggiunto l’enzima Dluciferasi alle cellule lisate, l’ATP fuoriuscito da queste reagisce con la Dluciferina producendo una quantità di luce che è proporzionale alla
concentrazione di ATP presente, e quindi in maniera indiretta, si riesce a
risalire al numero di cellule presenti.
ATP + D-luciferin +O2
Mg++
---------------------------- > Oxyluciferin + AMP + PPi +CO2
D-Luciferasi
+LUCE
Figura 11. Schema della reazione
La luce prodotta viene rivelata mediante l’uso dello strumento Wallac
Victor 1420 Multylabel Counter.
L’inizio di tale valutazione ha luogo con la semina delle cellule (in terreno
completo) fino a raggiungere un volume finale di 100μl\pozzetto. Le
cellule vengono seminate su piastre P96 caratterizzate da pozzetti con
47
fondo trasparente e bordi opachi al fine di ridurre la dispersione della luce
emessa durante la reazione.
Per ogni tempo di semina sono stati piastrati almeno 5-6 pozzetti, per avere
un numero di repliche statisticamente valido; sono stati inoltre lasciati
liberi alcuni pozzetti per i BIANCHI, contenenti solo terreno completo, e
gli STANDARD, al fine di creare un’ipotetica curva lineare di valutazione.
Alla fine di ogni periodo di semina la piastra è stata così trattata:
1) sono stati seminati 100μl di terreno di coltura completo nei pozzetti
destinati ai BIANCHI e agli STANDARD;
2) sono stati aggiunti a tutti i pozzetti 50μl di Mammalian Cell Lysis
Solution necessario per far fuoriuscire l’ATP dalle cellule e inattivare le
ATPasi endogene. Le piastre sono poi state agitate per 5 minuti a
700rpm;
3) ai 5 pozzetti destinati agli standard vengono aggiunti 10μl di soluzione
acquosa contenete concentrazioni crescenti di ATP. Nuovamente le
piastre vengono poste sull’agitatore per 5 minuti a 700rpm;
4) sono stati infine aggiunti 50μl di SUBSTRATE SOLUTION, che
permette di stabilizzare la reazione dell’ATP, e di nuovo agitate le
piastre per 5 minuti a 700rpm;
5) la piastra viene posta al buio per 10 minuti, dopo di che poste nello
strumento a stabilire la luminescenza prodotta.
48
I dati ottenuti sono stati elaborati con il programma GraphPad Prism 4.0 e
con Microsoft Excel.
3. PROGETTAZIONE DEL PNA
Per il disegno del PNA anti-gene è stata selezionata una sequenza di 16
basi nell’esone 2 di MYCN (bp1650-1665: 5’-ATGCCGGGCATGATCT3’; Genbank Accession no.M13241). Sono stati progettati 2 PNA antigene,
uno senso e uno antisenso. Il PNA senso ibridizza con il filamento
antisenso del gene, quello antisenso si lega al filamento senso.
Il PNA non è potuto essere progettato in laboratorio mediante i software
usati per la progettazione dei primer, a causa delle diverse proprietà
termodinamiche.
In laboratorio è stato sviluppato un programma in linguaggio C per
generare popolazioni di PNA seguendo alcune regole specifiche:
- lunghezza massima: 18 basi
- numero massimo di purine in una sequenza di 10 residui: 6
- numero massimo di G consecutive: 3.
Il programma di omologia BLAST è stato utilizzato per verificare la
specificità delle sequenze.
Poiché per svolgere la sua funzione antigene il PNA deve entrare nel
nucleo delle cellule, il PNA viene coniugato all’estremità N-terminale con
un peptide di localizzazione nucleare, NLS (Nuclear Localisation Signal),
con sequenza amminoacidica PKKKRKV, in grado di mediare il
trasferimento attraverso la membrana nucleare.
Complessivamente la sequenza del PNA anti-gene senso-NLS è:
49
5’-H-ATGCCGGGCATGATCG-PKKKRKV-NH2-3’.
Per valutare la specificità d’azione del PNA è stato sintetizzato un PNA
antigene mutato di sequenza complementare tranne che per la sostituzione
di 3 basi. La sequenza del PNA antigene mutato-NLS è:
5’-H-GTGCCGAGCATGGTCT-PKKKRKV-NH2-3’.
4. SINTESI, PURIFICAZIONE E CARATTERIZZAZIONE
DEI PNA
Il PNA è stato sintetizzato nei laboratori del dipartimento di chimica
organica ed industriale dell’Università di Parma (Prof. Roberto Corradini) e
purificato tramite HPLC; è stato disciolto in acqua bidistillata ed è stato
quantificato mediante lettura allo spettrofotometro (BECKMAN) a 260nm.
I coefficienti di estinzione molare del PNA anti-gene senso-NLS è 154100
M-¹cm -¹, mentre quello del PNA anti-gene mutato-NLS è 158400M-¹cm-¹.
Il peso molecolare del PNA anti-gene senso-NLS è 5235, quello del PNA
antigene mutato-NLS è 5250.
5. TRATTAMENTO DELLE CELLULE CON PNAs-NLS
ANTI-MYCN
Il PNA (Peptide Nucleic Acid) anti-gene è stato testato su tutte le linee
cellulari di medulloblastoma. Le cellule in un primo momento sono state
staccate o prelevate dalla fiasca T25, a seconda che si tratti di cellule adese
o in sospensione, contate tramite colorazione Tripan Bleu, in cui a 20µl di
50
sospensione cellulare sono stati aggiunti 20µl di Tripan Bleu Solution 0,4%
(SIGMA). L’utilizzo del colorante Tripan Bleu non è solo un utile
strumento per poter fare una stima approssimativa del numero di cellule
presenti, ma rappresenta anche un valido supporto per poter valutare la
vitalità cellulare. Infatti questo colorante viene generalmente escluso dalle
cellule vitali, per cui solo le cellule morte che hanno la membrana
permeabile, risultano di colore blu. Le cellule vive invece si presentano
chiare e di aspetto traslucido.
La mix formatasi viene caricata nella camera di Burker, che viene posta al
microscopio ottico rovesciato Wilovert (Wetzlar) per consentirne la conta.
Il numero totale di cellule viene calcolato utilizzando la seguente formula:
N°di cellule \ml = n°di cellule medio per quadrato X 104 X 2 (= fattore di
diluizione del colorante)
Le cellule vengono seminate sulla piastra P96 (con bordi dei pozzetti
opachi) almeno un giorno prima del trattamento, al fine di consentire loro
di poter aderire al fondo del pozzetto, nel caso si tratti di cellule adese, o di
formare cluster, nelle cellule in sospensione.
E’importante sottolineare che affinché il trattamento con il PNA abbia
successo, è necessario che la semina delle cellule avvenga in un terreno
privo di siero. Questo è compatibile con il fatto che la presenza di siero
impedisce l’entrata del PNA all’interno delle cellule.
Ne deriva che ad ogni pozzetto sono stati aggiunti 90µl di terreno di base
(che varia a seconda della linea in questione) più L-glutammina 1X e
Pennicillina\Streptomicina 1X.
Il giorno seguente ad alcuni pozzetti viene aggiunto una concentrazione di
10µM\l di PNA anti-gene senso-NLS (PNAs-NLS). Altri pozzetti di cellule
51
sottoposte allo stesso procedimento, non verrano trattate con il PNA, con lo
scopo che possano fungere da controllo negativo. Contemporaneamente a
queste, alcuni pozzetti verranno usati per il trattamento con il PNA antigene mutato (PNAmt-NLS).
Le cellule così trattate verranno poste in incubatore per 6 ore, tempo che si
ritiene necessario affinché il PNA possa penetrare nelle cellule. Al termine
di questo periodo ad ogni pozzetto viene aggiunto FBS ad una
concentrazione del 4% , dopo di che le cellule vengono riposte nuovamente
nell’incubatore.
Secondo queste modalità sono stati eseguiti due tipi di esperimento:
1- le cellule sono state trattate per 24, 48, 72, 96 e 120 ore al fine di
valutare la crescita mediante il saggio ATPlite;
2- le cellule sono state trattate per 12 ore per poi estrarne l’RNA.
6. ESTRAZIONE DELL’RNA E RETROTRASCRIZIONE
MEDIANTE RT-PCR
L’RNA totale è stato estratto dalle linee cellulari di medulloblastoma non
trattate e trattate con PNAs-NLS e con PNAmt-NLS, dopo un tempo di 12
ore di trattamento, da un numero di cellule compreso tra 50-100 x 10³.
L’estrazione dell’RNA è stata effettuata utilizzando il kit RNeasy Mini Kit
della Qiagen (Santa Clarita, CA). Le cellule sono state raccolte e
centrifugate una prima volta nel terreno a 300 x g, poi dopo un lavaggio in
PBS1x, centrifugate nuovamente alla medesima velocità, allo scopo di
eliminare qualsiasi residuo di terreno che potrebbe ridurre l’efficienza
dell’estrazione. A questo punto il pellet ottenuto è stato risospeso in 350µl
di soluzione lisante, costituita da β-mercaptoetanolo e Buffer RLT, in una
52
proporzione 1:100. Il lisato di cellule viene omogeneizzato aspirandolo per
20 volte con una siringa munita di ago 20G (0,9 mm di diametro) dopo di
che ad esso è stato aggiunto un volume di 350µl di etanolo al 70% per far
precipitare gli acidi nucleici appena liberati. Successivamente i 700µl di
campione sono stati trasferiti in una colonnina (RNasy mini column) posta
in una collection tube e centrifugati per 15 secondi a 8000 x g, affinché
l’RNA venga adsorbito dalla membrana. Sono stati aggiunti 350µl di
Buffer RW1 e centrifugati per 15 secondi a 8000 x g. Al fine di rimuovere
completamente il DNA è stata aggiunta direttamente sulla membrana una
mix costituita da 10µl di DNasi I e 70µl di Buffer RDD. La colonnina con
all’interno la mix è stata lasciata a temperatura ambiente per 15 minuti.
Quindi alla colonnina sono stati aggiunti 350µl di Buffer RW1 e
centrifugati per 15 secondi a 8000 x g. La colonnina è stata trasferita in un
nuovo collection tube da 2 ml, sono stati aggiunti 500µl di Buffer RPE
(addizionato di etanolo) e sono stati centrifugati per 15 secondi a 8000 x g.
E’stato fatto un ulteriore lavaggio con Buffer RPE ed è stato centrifugato
per 2 minuti a 8000 x g. Altri 500µl di Buffer RPE sono stati aggiunti alla
colonnina e centrifugati per 2 minuti a 8000 x g. Infine per consentire alla
membrana di asciugarsi, il tutto viene fatto centrifugare per 1 minuto alla
massima velocità. La colonnina è stata trasferita in nuovo collection tube
da 1,5ml e l’RNA è stato eluito mediante l’aggiunta di 30\50µl di RNeasyFree water direttamente sulla membrana e centrifugato per 1 minuto a 8000
x g.
L’RNA totale recuperato da ciascun campione è stato quantificato tramite
lettura
allo
spettrofotometro
Nanodrop
ND-1000
(Nano
Drop
Technologies, Wilmingon, DE) presso il dipartimento di Biochimica, ad
una lunghezza d’onda di 260nm.
53
L’RNA ottenuto è stato retrotrascrtto a cDNA utilizzando la retrotrascrittasi
inversa “SuperScript ™ II” (Invitrogen ™). La reazione di retrotrascrizione
prevede la preparazione di una prima mix contenente, per ogni campione,
1µl di dNTP 10mM, 1µl di Oligi dT 0,4µl, 500ng-1 µg di RNA totale e
acqua sterile fino a raggiungere un volume di 10µl. Tale mix è stata posta
nel termociclatore (PTC 225; Mj research, Watertown, MA) a 65°C per 5
minuti (al fine di denaturare l’RNA e i Oligi dT) e poi a 4°C per 1 minuto.
A questo primo step, definito STEP 2RT, ne segue un secondo, STEP 4RT,
in cui viene aggiunta una seconda mix, costituita da 2µl di Buffer 10X, 4µl
di MgCl2 25mM, 2µl di DTT 0,1M e 1µl di RNeasy Out 40U/µl. Il tutto
viene posto nel termociclatore a 42°C per 2 minuti. Successivamente alla
miscela di reazione è stato aggiunto 1µl di SuperScript 2 (50U/µl), STEP
6RT, e la retrotrascrizione è stata effettuata con il seguente programma:
42°C per 50 minuti, 70°C per 15 minuti e 4°C fino allo step successivo.
Per ultimo si aggiunge 1µl di RNeasy H a tutti i campioni, che vengono poi
incubati a 37°C per 20 minuti.
L’aggiunta di RNasi H nell’ultimo step, STEP 8 RT, ha lo scopo di
consentire la digestione dei dupplex RNA/DNA.
I campioni ottenuti vengono poi conservati ad una temperatura di -20°C.
7. PROGETTAZIONE PRIMERS
La scelta delle sequenze è stata effettuata con l’ausilio dei programmi (per
elaboratore Macintosh) Amplify 1.2 ed Oligo 6.6.
Il programma Oligo 6.6 è in grado di leggere una sequenza di DNA e di
progettare su di essa i primers senso e antisenso. Tali sequenze vengono
successivamente analizzate con il programma Amplify 1.2, che mostra il
54
match tra i primer ed il DNA, la lunghezza del trascritto risultante e la
presenza di eventuali dimeri di primers o bande aspecifiche.
Per ogni coppia di primers è stato verificato che non ci fossero regioni di
autocomplementarietà, o di complementarietà reciproca, e che la
temperatura di Melting (Tm) dei 2 primers fosse simile. Tramite i
programmi del gruppo Blast (Basic Local Alignment Search Tool,
www.ncbi.nlm.nih.gov\blast\Blast), si è verificato che le sequenze
identificate tra tutte quelle note e conservati nella banca dati UCISC,
fossero specifiche per il gene studiato e non si appaiassero in altri punti del
genoma. Con il programma ClustalW (www.ebi.aci.uk\clustalw) è invece
stato controllato che i primers fossero specifici per l’organismo (Homo
Sapiens o Mus Musculus, a seconda dei casi).
8. PCR QUALITATIVA
Per la reazione di PCR del cDNA di MYCN è stata utilizzata una coppia di
primer progettata in base alla sequenza di questo gene depositata in EMBL
come HSNMYC01 1-6788bp. I due primer sono stati progettati utilizzando
i software Primer e Amplify. La specificità delle sequenze è stata valutata
utilizzando il programma di omologia BLAST. Le sequenze dei due
primers sono:
Primer senso: 5’- CGA CCA CAA GGC CCT CAG T-3’
Primer antisenso: 5’- TGA CCA CGT CGA TTT CTT CCT-3’
Essi hanno Tm, rispettivamente, di 61°C e 59,1°C.
55
La miscela di reazione PCR è costituita da Buffer 1X (Eppendorf), dNTP
0,2mM, MgCl2 2mM, 0,2µM di ciascu primer, 1U di Taq DNA polimerasi
(Eppendorf) e 250ng di cDNA, in un volume finale di 50µl.
Le condizioni di PCR che sono state utilizzate sono le seguenti:
- denaturazione preliminare a 96°C per 1 minuto;
- 35 cicli di: denaturazione a 94°C per 30 secondi, annealing a 60°C per 1
minuto, estensione a 72°C per 1 minuto;
- passaggio a 75°C per 6 minuti;
- permanenza finale a 4°C.
La reazione di PCR è stata effettuata in un termociclatore PTC-225.
8µl dei prodotti di amplificazione sono stati analizzati mediante corsa
elettroforetica su gel di agarosio al 2%, con 0,5µg\ml di bromuro di etidio,
in un buffer 0,5X TBE. Insieme ai campioni è stato fatto correre su gel
anche un marcatore di peso molecolare marker XIV (Roche). Le bande
ottenute sono state fotografate.
9. REAZIONE DI PCR QUANTITATIVA REAL-TIME
(SYBR GREEN)
La PCR quantitativa Real-Time è stata realizzata utilizzando la metodica
SYBR Green. Questo saggio di quantificazione è basato sull’incremento di
fluorescenza provocato dal legame della molecola SYBR Green al solco
minore del DNA. E’stata eseguita una PCR quantitativa relativa, in cui la
quantità di cDNA di MYCN è stata rapportata a quella del cDNA della β-
56
actina, GAPDH e ATPs, che sono usati come geni di controllo endogeno. A
questo scopo sono state utilizzate le seguenti coppie di primer:
MYCN senso: 5’- CGA CCA CAA GGC CCT CAG T -3’
MYCN antisenso: 5’- TGA CCA CGT CGA TTT CTT CCT -3’
β-actina senso: 5’- TCA CCC ACA CTG TGC CCA TCT ACG A -3’
β-actina antisenso: 5’- CAG CGG AAG CGC TCA TTG CCA ATG G -3’
Gapdh senso: 5’- CCA ATA TGA TTC CAC CCA TGG C -3’
Gapdh antisenso: 5’- CTT GAT TTT GGA GGG ATC TCGC -3’
ATPs senso: 5’- GTC TTC ACA GGT CAT ATG GGG A -3’
ATPs antisenso: 5’- ATG GGT CCC ACC ATA TAG AAG G -3’
La miscela di reazione per l’amplificazione di MYCN è costituita da SYBR
Green Master Mix 1X (Applied BioSystem), 300nM di ciascun primer e
3\10ng di cDNA. Similmente viene preparata la miscela di reazione per
l’amplificazione della β-actina, della ATPs e di GAPDH. In entrambe le
reazioni il volume finale è 20µl.
Le condizioni di PCR sono:
50°C per 2 minuti, 95°C per 10 minuti e 50 cicli costituiti da 95°C per
15secondi e 60°C per un minuto.
La reazione è stata realizzata utilizzando il GeneAmp 5700 Sequence
Detection System (Applied BioSystem).
10. WESTERN BLOT
Il Western Blot è un particolare procedimento teso ad evidenziare la
presenza di una determinata proteina all’interno di una miscela di queste.
57
10.1. ESTRAZIONE DELLE PROTEINE TOTALI
Per prima cosa le cellule in coltura vengono raccolte e centrifugate per 5
minuti alla velocità di 1100 rpm in modo tale da ottenere un pellet di
cellule al quale viene aggiunto un volume di soluzione lisante,
generalmente 200µl per 5 x 106 cellule. Tale soluzione è composta da
KH2PO4 0,1M a pH 7.5, Igepal 1%, β-glicerolfosfato 0.1mM e Complete
2X (Roche). Il lisato viene lasciato in ghiaccio per circa 10 minuti e nel
frattempo viene vortexato più volte. Al termine di questo periodo la mix
viene centrifugata per 3 minuti a 14000 x g, questo procedimento è atto a
separare le proteine dal resto del lisato. Una volta ottenuto il sovranatante,
nel quale sono presenti le proteine, questo può essere congelato a -80°C in
piccoli volumi (10-15µl).
I campioni ottenuti, prima di essere caricati sul gel vengono quantificati,
mediante metodo di Lowry, allo spettrofotometro a 660nm al fine di
determinare la concentrazione delle proteine presenti.
A questo punto quantificata la concentrazione di proteine presenti nei
campioni, questi vengono caricati su un gel di poliacrilamide al 10% per
effettuare una corsa elettroforetica, che consenta alle proteine presenti di
separasi secondo i propri pesi molecolari.
10.2. PREPARAZIONE DEL GEL DI POLIACRILAMIDE
Il gel di poliacrilamide (Tabella 3) utilizzato consta di due parti:
-
Main gel, sottostante e più esteso, nel quale si verifica la corsa
elettroforetica delle proteine;
-
Stacking gel, di minore spessore nel quale viene inserito uno speciale
pettinino che consente la formazione dei pozzetti, nei quali verranno
caricati i campioni
58
REAGENTI
MAIN GEL
STACKING GEL
H2O distillata
4 ml
2,83 ml
TRIS-HCl 1 M
500 µl
pH 6,8
TRIS-HCl 1,5 M
2,5 ml
pH 8,8
SDS 10%
100 l
40 l
Acrylamyde30%
3,3 ml
540 l
10 l
4 l
100 l
40 l
10 ml
4 ml
(29:1Acrylamyde:
Bis-Acrylamyde)
TEMED
Ammonio
Persolfato
10%
VOLUME TOT.
Tabella 3. Composizione del gel di poliacrilamide
Colare il Main gel all’interno di due vetri separarti tra loro da un sottile
spessore e lasciare che questo polimerizzi, per evitare che nella parte
superiore si formino delle onde viene aggiunto superiormente 1ml circa di
acqua al fine di allineare il gel. Una volta che questo si è polimerizzato si
procede alla rimozione dell’acqua e all’aggiunta dello Stacking gel in
associazione con l’inserimento tra lo spessore dei due vetri di uno speciale
pettinino la cui funzione è quella di favorire la formazione dei pozzetti una
volta che anche lo Stacking gel si sia polimerizzato.
59
Il gel così preparato viene posto all’interno di una vasca elettroforetica
precedentemente riempita di una soluzione di Electrophoresis Buffer 1x,
formato da:
- Tris base 125mM
- Glicina 0,960M
- SDS 0,5%
- H20, fino ad un volume di 1litro
10.3. PREPARAZIONE DEI CAMPIONI ED ELETTROFORESI
Nel frattempo si preparano i campioni di proteine, solitamente dai 10-50µg,
nei quali si aggiunge una soluzione detta Loading buffer e acqua, fino al
raggiungimento di un volume finale di 16µl.
Loading buffer 2x:
-
SDS 10%, 4ml;
-
Tris 1M pH 7, 2 ml;
-
Glicerolo, 1 ml;
-
β-mercaptoetanolo, 1ml;
-
H2O, 2ml;
-
Blu di bromofenolo;
I campioni così preparati vengono posti nel termociclatore a 95°C per 5
minuti, dopo di che caricati sul gel di elettroforesi già preparato.
Per primi si caricano 10μl di marker poi i campioni con un volume non
superiore ai 24μl. La corsa viene effettuata a 160V per circa due ore e cioè
fin tanto che il Loading buffer non ha raggiunto l’estremità opposta del gel.
60
10.4. TRASFERIMENTO
Terminata la corsa si procede al trasferimento delle proteine dal gel ad una
membrana in PVDF utilizzando il sistema con procedura per trasferimento
umido.
Per tale metodica occorre per prima cosa attivare la membrane in PVDF,
ciò è possibile mediante l’immersione di questa in metanolo, per non più di
10 secondi, quindi riequilibrata in H2O per 5 minuti.
Si procede poi al trasferimento appoggiando sulla parte dell’anodo della
cassetta di trasferimento:
• una speciale spugna
• un foglio di carta da filtro che ricalca le medesime dimensioni della
membrana in PVDF
• il gel di migrazione, dopo aver rimosso lo Stacking gel
• la membrana in PVDF
• un foglio di carta da filtro
• una speciale spugna
E’importante che nella preparazione del sandwich venga rispettata la giusta
sequenza, affinché le proteine caricate negativamente possano migrare
dall’anodo al catodo e quindi si trasferiscano dal gel alla membrana in
PVDF. Preparato il tutto si chiude la cassetta di transfer e la si inserisce
nell’apposita vasca, riempita di Transfer Buffer.
Questo liquido di trasferimento è formato da:
-
Tris Base 25mM
-
Glicina 192mM
-
Metanolo al 90%
-
H20, fino ad un volume di 1 litro
61
Il trasferimento del gel di poliacrilamide sulla membrana in PVDF avviene
ad una densità di corrente di 250mA per due ore.
10.5. BLOCKING E INCUBAZIONE CON GLI ANTICORPI
Successivamente al trasferimento si procede con il Blocking, passaggio
necessario per saturare la membrana e ridurre l’eventuale evidenziazione di
aspecifici durante la fase di lettura. Questa fase prevede l’immersione della
membrana per più di 2 ore a temperatura ambiente in 10 ml di soluzione
Blocking buffer formata da un 5% di latte condensato scremato che viene
sciolto in 10ml di Buffer PBS-TWEEN 20 composto da PBS 1x e
TWEEN20 0,2%. La membrana viene tenuta per un’ora in agitazione a
temperatura
ambiente,
dopo
di
che
si
procede
all’incubazione
dell’anticorpo primario anti-N-Myc (monoclonale mouse). Il processo di
incubazione prevede l’inserimento della membrana in una falcon da 50ml,
alla quale verranno aggiunti 3ml di una soluzione contenente l’anticorpo I,
generalmente un monoclonale mouse, che viene opportunamente diluito. Il
processo di diluizione avviene secondo un rapporto che varia a seconda
dell’anticorpo utilizzato, nel nostro caso è necessario una diluizione di
1:100 con una soluzione formata da PBS 1x-TWEEN 0,2% e 3,5% BSA
(Bovin Serum Albumin).
La falcon così preparata, viene posta per circa 1 ora a temperatura
ambiente, su speciali rulli che ne assicurano il continuo movimento. Al
termine di questo periodo si effettuano 3 lavaggi, della durata di 5 minuti
ognuno, con PBS1x e TWEEN 0,2%, affinché tutto l’anticorpo in eccesso
venga rimosso.
Si procede poi con l’incubazione dell’anticorpo II, monoclonale antimouse, che richiede una diluizione 1:2000 con la medesima soluzione
utilizzata per l’anticorpo I, in questo caso però tale rapporto viene condotto
62
su un volume finale di 10ml di soluzione. Il processo di incubazione
avviene per un ora a temperatura ambiente con il mantenimento della
membrana in continuo movimento. Al termine di questo secondo evento di
incubazione si procede nuovamente con i 3 lavaggi di PBS1x-TWEEN20
0,2%.
10.6. DETECTION CON ECL E RIVELAZIONE AL CHEMIDOC
Terminati i lavaggi si procede con la rivelazione della membrana mediante
Detection, utilizzando una soluzione di ECL (Amersham Bioscence). Per
prima cosa si uniscono in un rapporto di 1:1 le soluzioni ECL1 e ECL2
Si espone la membrana a questa miscela per 5 minuto al buio e dopo averla
ricoperta con un film Saran, viene posta all’interno dello strumento di
rivelazione ChemiDoc.
Una volta effettuata la rivelazione al ChemiDoc è possibile ripetere per una
seconda volta l’incubazione degli antiticorpi I e II. Questo evento è
possibile solo a seguito dell’immersione della membrana, per almeno
mezzora, in una soluzione di Streeping Buffer (soluzione che consente la
rimozione dell’anticorpo presente dalla membrana di PVDF).
Il secondo procedimento di incubazione prevede l’utilizzo di anticorpi
specifici per la β-actina, essendo questa una proteina espressa
costitutivamente da parte delle cellule. L’incubazione della membrana con
anticorpi specifici per questa seconda proteina, rappresenta un utile mezzo
di controllo, grazie al quale è possibile verificare l’effettivo calo di N-Myc
nei trattati e poter così normalizzare i dati ottenuti, mediante l’uso del
programma Quantity One.
63
11. FISH
L’analisi citogenetica tradizionale è finalizzata allo studio dell’assetto
cromosomico delle cellule affinché si possa individuare l’organizzazione
del loro genoma, oltre che ad individuare la presenza di anomalie
numeriche e strutturali dei cromosomi.
La tecnica maggiormente utilizzata è sicuramente l’ibridazione in situ
fluorescente (FISH) (Figura 12).
Questa tecnica consente la visualizzazione diretta sui cromosomi di
specifiche sequenze geniche, grazie alla capacità del DNA di formare ibridi
su preparati metafasici ed interfasici, in seguito ad un processo di
denaturazione. Tale processo si ottiene sottoponendo il DNA ad elevate
temperature in modo tale da consentire ai due filamenti, che costituiscono
la doppia elica, di separarsi. E’ un processo reversibile ed è possibile
riformare la doppia elica abbassando la temperatura (rinaturazione). Se il
processo di riappaiamento avviene in presenza di una sonda, cioè di una
sequenza di DNA nota e marcata, a sua volta denaturata, quest’ultima
durante il processo di rinaturazione si legherà al DNA cromosomico e sarà
così possibile individuare il sito di ibridazione.
La tecnica FISH si suddivide in tre fasi:
- preparazione della sonda;
- ibridazione;
- visualizzazione del segnale.
11.1. PREPARAZIONE DELLA SONDA
Per sonda si intende una specifica sequenza di DNA marcato che andrà a
legarsi alla sua sequenza complementare sul cromosoma, permettendone la
visualizzazione.
64
Nella FISH vengono utilizzate sonde di DNA marcate mediante
l’incorporazione di nucleotidi modificati, in grado di legare direttamente
molecole fluorescenti.
Esistono diverse tipologie di sonde, le più usate sono:
- sonde CEP, alfoidi, costituite da brevi sequenze di DNA ripetute in
tandem; queste sono specifiche delle regioni centromeriche dei
cromosomi;
- sonde WCP, painting, costituite da un intero cromosoma; i
cromosomi vengono isolati mediante citometria a flusso, oppure da
ibridi di cellule somatiche contenenti un solo cromosoma umano;
- sonde sub-cromosomiche, possono essere di diverse dimensioni,
alcune marcano l’intero braccio lungo o il braccio corto di un
cromosoma, mentre altre si legano ad una regione più o meno estesa
di un braccio cromosomico;
- sonde LSI, locus-specifiche, di ridotte dimensioni; possono essere
ottenute dal clonaggio di segmenti di DNA in fagi PAC, BAC o
YAC, oppure dall’amplificazione del DNA mediante PCR.
Queste sonde sono marcate con fluorocromi. I fluorocromi sono molecole
che, dopo aver assorbito una radiazione luminosa di una certa lunghezza
d’onda, emettono un’altra radiazione di lunghezza d’onda maggiore, dando
origine al fenomeno della fluorescenza (Tabella 4).
65
Fluorocromo
Max eccitazione
Max emissione
Colore di
(in nm)
(in nm)
emissione
DAPI
372
456
blu
FITC
495
525
verde
CY3
552
565
arancione
TRITC
555
580
rosso
Tabella 4. La tabella riporta i fluorocromi attualmente utilizzati nella FISH.
11.2. IBRIDAZIONE
Scopo dell’ibridazione è quello di ottenere il miglior legame possibile della
sonda con la sequenza bersaglio, con un livelli minimo di legami aspecifici.
Questo risultato si ottiene mediante un controllo di tutte le variabili e
raggiungendo un buon equilibrio tra i vari componenti della miscela di
ibridazione. Prima però di procedere all’ibridazione è necessario denaturare
sia il campione che la sonda, in modo da separare i due filamenti della
doppia elica di DNA e consentire il riconoscimento delle sequenze
complementari tra la sonda e la sequenza bersaglio. La denaturazione si
può ottenere mediante trattamento con basi, acidi o con alte temperature, la
scelta del metodo dipende dal tipo di ibridazione che si deve realizzare. Nel
caso dell’ibridazione su preparati citogenetici, si trasferisce una coplin jar,
contenete una soluzione di formammide (agente denaturante) e il vetrino,
all’interno di un bagnetto riscaldato, nel quale si raggiungeranno elevate
temperature. Successivamente, per bloccare la denaturazione, il vetrino
verrà immerso in alcool ghiacciato, mentre la sonda verrà denaturata per
diluizione con una soluzione contenete hibridization buffer e acqua sterile,
e posta in un bagnetto ad elevata temperatura.
66
Per permettere l’appaiamento delle sequenze omologhe tra DNA e sonda,
quest’ultima viene trasferita sul vetrino e, per favorire il processo, si lascia
incubare per una notte a 37°C. A questo seguiranno poi una serie di lavaggi
il cui numero, durata e temperatura di denaturazione saranno i fattori che
influenzeranno la selettività del legame tra la sonda e il preparato.
11.3. VISUALIZZAZIONE DEL SEGNALE
Per visualizzare il segnale emesso dalle sonde fluorescenti, viene eseguita
una controcolorazione per il riconoscimento dei cromosomi.
I preparati così ottenuti vengono montati ed osservati direttamente
mediante un microscopio a fluorescenza dotato di appositi filtri.
Figura 12. Rappresentazione schematica della FISH.
67
RISULTATI
1. ALLESTIMENTO DI COLTURE
MEDULLOBLASTOMA
CELLULARI
DI
Le DAOY (Foto 2) sono cellule di medulloblastoma che crescono adese,
sono di forma oblunga, simili a cellule neuronali e sono state coltivate in
fiasche T25 con normali terreni di coltura. Esse tendono a raggiungere la
confluenza circa ogni 3 giorni e la loro velocità di crescita dipende dalla
concentrazione delle cellule presenti, infatti si è riscontrato che in caso di
bassa densità cellulare, la loro capacità riproduttiva subisce una forte
riduzione, allungando così i tempi necessari al raggiungimento di uno stato
di confluenza all’interno della fiasca T25. Le DAOY raggiunto lo stato di
confluenza si presentano come un monostrato di cellule strette tra loro che
se non vengono rapidamente splittate si staccano dal fondo della fiasca.
Foto 2. Osservazione al microscopio ottico (10x) di cellule DAOY.
Le ONS 76 (Foto 3) sono cellule di medulloblastoma, molto simili alla
linea cellulare precedente, infatti anch’esse crescono adese e sono di forma
oblunga, come le cellule neuronali. Inoltre come le DAOY, anche queste
68
una volta raggiunto lo stato di confluenza, ogni 3-4 giorni, necessitano di
essere rapidamente splittate, affinché non si stacchino dal fondo della fiasca
e muoiano.
Foto 3. Osservazione al microscopio ottico (10x) di cellule ONS 76.
Per quanto riguarda le D341med (Foto 4A) e le D556med (Foto 5A), sono
entrambe cellule di forma rotondeggiante che crescono in sospensione
formando grossi cluster (Foto 4B e 5B). Sono state inizialmente coltivate in
fiasche T25 con un terreno di crescita arricchito con zinco. Poiché sono
cellule in sospensione, abbiamo effettuato una serie di prove relative alla
capacità di crescita rispetto le diverse posizioni di mantenimento delle
fiasche, al fine di verificare se ci fosse qualche relazione con il grado di
densità all’interno di esse. Si è così riscontrato che sebbene le cellule
fossero in grado di crescere e formare cluster in entrambi i casi, tuttavia
mostravano un maggiore velocità riproduttiva e la formazione di cluster di
maggiori dimensioni nel caso in cui le T25 venissero mantenute in
posizione verticale, dimostrando che la densità influisce sulla crescita.
Sia le D341med che le D556med sono linee cellulari che crescono piuttosto
rapidamente tanto che devono essere splittate ogni 1-2 giorni, anche se
riescono a sopravvivere per 5-6 giorni. Per essere contate con Tripan Blue
69
in camera di Burker è però necessario “spipettare” abbondantemente, al
fine di rompere i cluster e permettere la conta della singole cellule presenti.
Questa procedura si rende necessaria in modo particolare per le D556med,
data la notevole dimensione che i cluster di questa linea possono
raggiungere.
A
B
Foto 4. Osservazione al microscopio ottico (10x) di cellule (A) e di un singolo cluster (B) di
D341med.
A
B
Foto 5. Osservazione al microscopio ottico (10x) di cellule (A) e di un singolo cluster (B) di
D556med, si noti la notevole dimensione che questi ultimi possono raggiungere.
70
2. CURVA DI CRESCITA SULLE LINEE CELLULARI
TRAMITE SAGGIO ATPlite
2.1. DAOY
La prima prova è stata eseguita seminando 2500, 5000, 10000
cellule/pozzetto per 5 giorni (Grafico 1).
Grafico 1. Curva di crescita DAOY a 24, 48, 72, 96 e 120 ore, seminando 2500/5000/10000
cellule/pozzetto.
Come si può notare dal grafico, le 2500 cellule seminate hanno una crescita
molto lenta e scarsamente produttiva, questo è dovuto alla bassa
concentrazione cellulare all’interno del pozzetto che non fornisce loro gli
stimoli da contatto per la crescita fisiologica. Al contrario a 10000,
l’eccessiva densità di cellule determina un più rapido raggiungimento dello
stato di confluenza all’interno del pozzetto, determinando così un arresto
della loro capacità proliferativa. Infatti come si può notare dal grafico dopo
le prime 24 ore di evidente proliferazione cellulare, già dalle 48 fino alle
120 ore viene raggiunto lo stato di confluenza e determinando così una
sorta di stabilità nella crescita.
71
Le 5000 cellule invece iniziano a crescere in modo esponenziale già alle 48
ore. Si può notare che alle 72 ore non è stata ancora raggiunta la fase di
plateau, che è di fondamentale importanza per capire quando la crescita si
arresta fisiologicamente e quindi fino a che tempo trattare le cellule con il
PNA antigene. Infatti trattare una linea cellulare ad un tempo in cui essa
fisiologicamente non cresce più rappresenta un evento privo di significato.
Questa valutazione ci permette di capire che le 10000 cellule sono troppe,
in quanto già dal terzo giorno raggiungono la confluenza e che allo stesso
tempo 2500 sono poche determinando una più lenta capacità proliferativa.
La conta con 5000 cellule è risultata quindi la condizione ottimale
(Grafico 2).
Grafico 2. Curva di crescita DAOY a 24, 48, 72, 96 e 120 ore, seminando 5000
cellule/pozzetto.
2.2. ONS 76.
L’elevata somiglianza, morfologica e comportamentale, che le ONS 76
mostrano rispetto le DAOY, ci ha suggerito di seminare un ugual numero
di cellule per un analogo periodo di tempo. In relazione di ciò sono state
72
seminate
2500, 5000
e
10000
cellule/pozzetto
per una
durata
dell’esperimento di 5 giorni.
Come ci aspettavamo le ONS 76 mostrano un comportamento del tutto
analogo a quello delle DAOY. Infatti anche in esse, le 2500 mostrano una
crescita piuttosto lenta e discontinua, questo come per la linea cellulare
precedente, è dovuto alla bassa concentrazione di cellule presenti nel
pozzetto, dove la mancanza di contatto sfavorisce la crescita fisiologica.
Così come le 10000 cellule seminate, raggiungono lo stato di confluenza
dopo 3-4 giorni dall’inizio dell’esperimento. Come si vede dal grafico
(Grafico 3) questa concentrazione di cellule mostra un andamento
esponenziale che si mantiene fino alle 72 ore, alle 96 ore la crescita
aumenta leggermente mentre alle 120 ore si riscontra addirittura una
diminuzione. Questo calo è probabilmente dovuto ad un distacco delle
cellule dal fondo della piastra a seguito del raggiungimento dello stato di
confluenza.
Grafico 3. Curva di crescita ONS 76 a 24, 48, 72, 96 e 120 ore, seminando 2500/5000/10000
cellule/pozzetto.
73
Le 5000 cellule/pozzetto (Grafico 4) mostrano invece una crescita
esponenziale che si mantiene costante per tutti 5 i giorni, definendo questa
la condizione ottimale per la valutazione dell’esperimento.
Grafico 4. Curva di crescita ONS 76 a 24, 48, 72, 96 e 120 ore, seminando 5000
cellule/pozzetto.
2.3. D341med.
Medesimo procedimento è stato utilizzato per la linea cellulare in
sospensione, D341med .
Nel caso delle D341med il numero di cellule seminate è di
5000/10000/20000 cellule/pozzetto per 5 giorni. Come si nota dal grafico
(Grafico 5) le 5000 e le 10000 cellule hanno un andamento altalenante,
dovuto probabilmente alla concentrazione non ottimale di cellule presenti
nel pozzetto, mentre nel caso delle 20000 l’andamento di crescita
esponenziale è migliore, non risentendo nemmeno del cambio di terreno
effettuato il terzo giorno.
74
Grafico 5. Curva di crescita D341med a 24, 48, 72, 96 e 120 ore, seminando
5000/10000/20000 cellule/pozzetto.
2.4. D556med.
Nel caso delle D556med inizialmente, come per le D341med, sono state
seminate per 5 giorni 5000/10000/20000 cellule/pozzetto. Ma come per la
linea precedente le 5000 e le 10000 erano troppo poche determinando un
andamento altalenante, mentre le 20000 consentivano una crescita
esponenziale più regolare anche se il quarto giorno le cellule sembrano aver
raggiungono la condizione di plateau, mostrato da una minor crescita il
quinto giorno.
Si è quindi deciso di seminare 15000 cellule/pozzetto e verificarne la
crescita per 5 giorni. I risultati ottenuti sono stati molto buoni (Grafico 6).
75
Grafico 6. Curva di crescita delle D556med a 24, 48, 72, 96 e 120 ore, seminando 15000
cellule/pozzetto.
Altro aspetto importante che si è potuto notare dal grafico è il
raggiungimento di un valore soglia di massima crescita che le cellule di
questa linea cellulare possono raggiungere all’interno del pozzetto.
Questo valore è compreso tra le 35000 e 40000, condizione che nel caso
delle 15000 viene raggiunta solo il quinto giorno mentre per le 20000 e
30000 ( prove effettuate in un secondo tempo, al fine di verificare che non
fosse solamente un caso), viene rispettivamente raggiunto il quarto e il
terzo giorno, dall’inizio della semina delle cellule (Grafico 7). Raggiunto
tale limite le cellule nei pozzetti rallentano la loro capacità proliferativa e
cominciano a diminuire a causa dell’eccessiva densità che ne ostacola la
sopravvivenza.
76
Grafico 7. Curva di crescita delle D556med a 24, 48, 72, 96 e 120 ore, seminando
15000/20000/30000 cellule/pozzetto.
3. QUANTIFICAZIONE DEI LIVELLI DI ESPRESSIONE
GENICA
DI
MYCN
NELLE
LINEE
DI
MEDULLOBLASTOMA, TRAMITE PCR REAL-TIME
QUANTITATIVA (qPCR).
Per caratterizzare le linee cellulari DAOY, ONS 76, D341med e D556med,
è stato valutato tramite PCR Real-Time quantitativa (qPCR) il livello di
espressione basale del gene MYCN (Grafico 8).
L’aumento della fluorescenza è direttamente proporzionale al numero di
ampliconi generati. Confrontando la fluorescenza dei campioni rispetto ad
uno standard di riferimento, che nel nostro caso è rappresentato dalle ONS
76 (linea di medulloblastoma con scarsissima espressione di MYCN), si
può risalire al numero di copie di DNA di partenza.
L’analisi relativa è stata realizzata normalizzando la media dei Ct di
MYCN sulla media dei Ct dei geni housekeeping ATP sintasi, β-actina e
GAPDH. Questi vengono utilizzati come controlli endogeni perché
77
normalmente espressi in maniera quasi costante in tutte le cellule
dell’organismo.
I dati sono stati ottenuti confrontando l’espressione del gene MYCN nelle
linee cellulari di medulloblastoma utilizzate.
Grafico 8. Ct delle linee cellulari di medulloblastoma usate negli esperimenti
Il Log Ratio esprime la differenza, in termini di Ct, tra le quantità del gene
MYCN espresso nelle linee cellulari di medulloblastoma e il controllo
utilizzato (Grafico 9).
78
Grafico 9. Log Ratio delle linee cellulari di medulloblastoma.
4. IL PNA ANTI-GENE INIBISCE LA PROLIFERAZIONE
CELLULARE IN CELLULE DI MEDULLOBLASTOMA
IN CUI MYCN E’ SOVRAESPRESSO
E’ stato deciso di testare l’effetto che il PNA anti-gene senso-NLS (PNAwt
Ag) anti-MYCN ha sulla crescita delle linee cellulari di medulloblastoma.
Le cellule sono state trattate con PNAwt Ag anti-MYCN e PNA anti-gene
mutato (PNAmut Ag) 10 μM, per 24, 48 e 72 ore. La durata del trattamento è
stata ricavata dall’analisi della curva di crescita precedentemente realizzata,
in quanto fino a 72 ore le cellule presentano una crescita esponenziale.
Per quanto riguarda le DAOY, le cellule trattate con PNAwt Ag al
microscopio ottico già dopo 24 ore dal trattamento mostrano una ridotta
densità cellulare se confrontate con le cellule di controllo (non trattate),
esse infatti tendono a staccarsi dalla piastra e a formare aggregati di aspetto
globoso, molto scuro e la maggior parte delle cellule sono morte.
79
Per testare la specificità e l’eventuale tossicità del PNAwt Ag anti-MYCN
nelle varie linee cellulari è stato utilizzato il PNAmut Ag, la cui sequenza è
stata alterata mediante tre mutazioni puntiformi.
In relazione alla densità di cellule presenti nei pozzetti, le DAOY trattate
con il PNAmut Ag sono a metà fra le cellule di controllo e quelle trattate con
il PNAwt Ag. Dalle osservazioni fatte al microscopio ottico si nota che
alcune cellule tendono a staccarsi dalla piastra, ma la maggior parte cresce
normalmente, a dimostrazione del fatto che il PNAwt Ag è specifico per
l’inibizione di MYCN, e non tossico per le cellule.
E’ stata inoltre valutata la proliferazione cellulare delle DAOY in seguito al
trattamento con PNAwt Ag e PNAmut Ag 10 μM per 24, 48 e 72 ore, tramite
il saggio ATPlite (Grafico 10).
Grafico 10. Andamento di crescita delle cellule DAOY trattate per 24, 48, 72 ore con
PNAwt anti-gene e PNAmut anti-gene 10μM.
Come si osserva dal grafico le cellule di controllo mostrano l’andamento di
crescita previsto. L’andamento delle cellule trattate con il PNA mut Ag è
simile al controllo, mentre nelle cellule trattate con il PNAwt Ag la crescita
80
diminuisce con l’aumentare del tempo, fino a raggiungere una inibizione
dell’ 88% a 72 ore.
Anche le D341med sono state trattate con PNAwt Ag per 24, 48 e 72 ore. In
condizioni normali queste cellule si mantengono in sospensione formando
cluster ma poste all’interno dei pozzetti delle piastre utilizzate per i saggi
ATPlite, queste mostrano uno strano comportamento, tendono ad aderire al
fondo del pozzetto originando estroflessioni. Probabilmente questo
comportamento è dovuto allo spazio più limitato e alla minor quantità di
terreno presente nei pozzetti, rispetto alle normali condizioni in cui queste
crescono.
In seguito al trattamento con il PNAwt Ag esse mostrano una ridotta
capacità nella formazione dei cluster oltre che una incapacità di emettere
estroflessioni, fattori che in qualche modo alterano la loro capacità
proliferativa. Al contrario nel PNAmut Ag si possono riscontrare le
medesime caratteristiche del controllo, anche se in modo ridotto
(Grafico 11).
Grafico 11. Andamento di crescita delle cellule D341med trattate per 24, 48, 72 ore con
PNAwt anti-gene e PNAmut anti-gene 10μM.
81
In relazione al grafico che mostra l’andamento delle D341med a seguito del
trattamento con PNAwt Ag e PNAmut Ag, si può desumere che i controlli
mostrano l’andamento di crescita previsto mentre l’andamento delle cellule
trattate con il PNAmut Ag è simile al controllo. Nel caso delle D341med
trattate con il PNAwt Ag come mostrato dal grafico si ha una inibizione del
67% a 24 ore fino a raggiungere valori del 82% a 72 ore.
Per quanto riguarda le D556med (Grafico 12), in relazione alle curve di
crescita effettuate, abbiamo seminato 15000 cellule/pozzetto per i
medesimi tempi a cui si è deciso di sottoporre le altre due linee cellulari. E
analogamente alle altre cellule, anche le D556med sono state trattate con
PNAwt e PNAmut alla concentrazione di 10μM. Le cellule del controllo
come ci si aspettava hanno cominciato a crescere formando piccoli cluster,
già visibili dopo 24 ore, che sono andati via via crescendo. Al contrario le
cellule trattate con il PNAwt non sembrano mantenere tale caratteristica, che
si riscontra anche dopo 72 ore. Ciò che si vede nei pozzetti delle cellule
trattate sono aggregati di colore scuro, costituiti da cellule morte, e singole
cellule indipendenti tra loro. Ne deriva quindi che in esse il PNAwt
ostacolando la normale formazione dei cluster, altera conseguentemente la
normale capacità proliferativa delle cellule. Invece nelle cellule trattate con
il PNAmut, questo non impedisce la formazione dei cluster, permettendo
così una crescita che simula l’andamento del controllo. L’effetto inibitorio
esercitato dal PNAwt su questa linea cellulare aumenta con il trascorrere del
tempo, infatti dopo 24 ore si può riscontrare un calo del 37% sulla crescita
cellulare, inibizione che aumenta alle 48 ore fino a raggiungere valori del
75% dopo 72 ore.
82
Grafico 12. Andamento di crescita delle cellule D556med trattate per 24, 48, 72 ore con
PNAwt anti-gene e PNAmut anti-gene 10μM.
Le ONS 76, sono invece una linea cellulare di medulloblastoma piuttosto
particolare data la scarsa espressione del gene MYCN, come si può vedere
dal grafico 6 che mostra il Ct del gene nelle diverse linee cellulari
utilizzate. Cionostante si è deciso comunque di testare il PNAwt Ag 10μM
anche su questa linea. Ovviamente come ci si poteva aspettare e come
mostra il grafico sottostante (Grafico 13), l’effetto inibitorio del peptide
nucleico su questa linea è minimo e non costante, tanto che alle 72 ore si
raggiunge un valore di inibizione pari al 38%, valore poco soddisfacente.
Al contrario l’andamento del controllo riflette i valori attesi, così come le
cellule trattate con il PNAmut Ag mostrano un comportamento intermedio
tra le cellule trattate con il PNAwt Ag e quelle non trattate.
83
Grafico 13. Andamento di crescita delle cellule ONS 76 trattate per 24, 48, 72 ore con
PNAwt anti-gene e PNAmut anti-gene 10μM.
5. IL PNA ANTI-GENE INIBISCE LA PRODUZIONE DEL
TRASCRITTO DI MYCN NELLE CELLULE DI
MEDULLOBLASTOMA
La produzione del trascritto di MYCN è stata valutata mediante RT e
qPCR, con metodo SYBR Green, su tutte le linee cellulari di
medulloblastoma.
Sulla linea cellulare delle DAOY, dati i buoni risultati di inibizione ottenuti
mediante saggio ATPlite, si è deciso di sottoporle a trattamento con PNAwt
Ag e PNAmut Ag ad una concentrazione di 10μM per 6 e 12 ore (Grafico
14). L’RNA cellulare, che è stato retrotrascritto ed amplificato, è stato
prima quantificato allo spettrofotometro con doppia lettura. In questo modo
ci siamo accertati che le quantità iniziali di RNA dei vari campioni fossero
equivalenti.
L’inibizione esercitata dal PNAwt Ag sul trascritto di MYCN è molto
buona, infatti come si vede dal grafico, già alle 6 ore si può riscontrare
84
un’inibizione di quasi 2,5 volte rispetto al controllo. Al contrario i risulti
ottenuti alle 12 ore presentano un calo di inibizione, che riteniamo essere
attribuibile alla eccessiva sensibilità che le cellule mostrano nei confronti
del trattamento.
Grafico 14. Log Ratio evidenzia una diminuzione significativa dell’mRNA del gene MYCN
alle 6 e alle 12 ore dal trattamento con PNAwt antigene 10μM.
Per le D341med e le D556med si è preferito valutare l’effetto inibitorio del
PNAwt sulla trascrizione, solamente nel caso delle 12 ore di trattamento. In
quanto riteniamo che sottoporre queste a periodi inferiori non sia una utile
prova, dato che non darebbe alle cellule il tempo necessario per la
formazione dei cluster, che come sappiamo rappresenta la loro condizione
ottimale.
Per quanto riguarda le D341med, l’inibizione esercitata dal PNAwt Ag sul
trascritto di MYCN è di circa 2,5 volte rispetto il livello di espressione
delle cellule non trattate (Grafico 15). Mentre l’effetto del mutato sulla
trascrizione non determina l’acquisizione di valori significativi, oltre al
fatto che si discosta di poco dai livelli di trascritto prodotti dal controllo, il
85
cui valore preso come riferimento, corrisponde alla linea dello “zero” nel
grafico.
Grafico 15. Log Ratio evidenzia una diminuzione significativa dell’mRNA del gene MYCN
nelle cellule trattate con il PNAwt 10μM, mentre l’effetto del PNAmut su questa non avrebbe
significato.
Nel caso delle D556med l’effetto inibitorio del PNAwt sulla trascrizione ha
dato risultati leggermente inferiori rispetto le altre linee cellulari ma
comunque significativi (Grafico 16). Infatti dopo 12 ore di trattamento
abbiamo una inibizione di poco superiore all’1,5 volte rispetto il normale
livello di trascritto prodotto dal controllo. Anche in questo caso i valori
ottenuti dal trattamento delle cellule con il PNAmut non sono significativi.
86
Grafico 16. Log Ratio evidenzia una diminuzione di 1,5 volte nelle D556med trattate con il
PNAwt rispetto il livello registrato dal controllo, che corrisponde alla linea dello zero,
mentre l’effetto del PNAmut sulla trascrizione cellulare non sarebbe significativo.
Le ONS 76, come si vede dal grafico (Grafico 17), a seguito di un
trattamento di 12 ore con PNAwt Ag mostrano una lieve inibizione sulla
trascrizione di
MYCN. Tuttavia tale riduzione
normalizzazione
con
i
geni
Housekeeping
perde
in seguito alla
di
significato.
L’osservazione che la normalizzazione della quantità di trascritto del gene
MYCN rispetto ai geni Housekeeping, non riveli una differenza
significativa tra controllo e trattato è, secondo noi, riconducibile al fatto che
anche i livelli di questi possano subire variazioni a seguito del trattamento
con il PNAwt Ag. L’ipotesi, secondo noi, più accreditata è che il PNA wt Ag,
inibendo il gene MYCN, induca nelle cellule anche degli effetti secondari
che portano ad un’alterazione dell’espressione dei geni costitutivi.
87
Grafico 17. Log Ratio evidenzia una diminuzione dell’mRNA del gene MYCN nelle cellule
ONS 76 trattate con il PNAwt 10μM, tuttavia questa perde di significato in seguito alla
normalizzazione con i geni House Keeping.
16. VALUTAZIONE DELL’ESPRESSIONE
DELL’ONCOPROTEINA N-MYC NELLE LINEE
CELLULARI DI MEDULLOBLASTOMA MEDIANTE
WESTERN BLOT
E’stato fatto un gel di poliacrilamide al 7% nel quale abbiamo fatto correre
le proteine estratte dalle diverse linee cellulari di medulloblastoma. Le
cellule utilizzate in questo caso, erano normali cellule in coltura sulle quali
non è stato svolto alcun tipo di trattamento con il PNA.
Lo scopo di questa prova è quello di verificare qualitativamente il livello di
produzione dell’oncoproteina N-Myc nelle diverse linee cellulari.
Il gel è stato così caricato (Figura 13):
1. DAOY
2. D341med
3. ONS 76
4. D556med
88
Figura 13. Western Blot delle linee cellulari di medulloblastoma.
Questa immagine riproduce il livello di oncoproteina N-Myc prodotta dalle
diverse linee cellulari di medulloblastoma utilizzate nei vari esperimenti.
Come si può vedere, la DAOY soprattutto e le D341med esprimono grandi
quantità di proteina, meno invece le D556med. Mentre nel caso delle ONS
76 il livello proteico risulta pressoché nullo, la ragione di ciò, come
spiegato precedentemente, è dovuto al fatto che questa rappresenta una
particolare linea cellulare in cui l’espressione genica del gene MYCN è
scarsissima.
Si procede poi con la verifica che per ogni linea cellulare sia stata caricata
sul gel un uguale quantità di proteine. Per far ciò sulla membrana in seguito
al processo di streeping che consente la rimozione di tutto l’anticorpo
legato alla proteina presente sulla membrana, segue l’incubazione della
stessa con anticorpi specifici per la B-actina. Questa seconda proteina,
espressa costitutivamente da tutte le cellule, rappresenta un utile mezzo di
controllo (Figura 14).
Figura 14. Western blot sulla proteina B-actina nelle linee cellulari di medulloblastoma.
89
17. IL PNA ANTI-GENE INIBISCE LA PRODUZIONE
DELLA ONCOPROTEINA N-MYC NELLE CELLULE
DI MEDULLOBLASTOMA
La valutazione dell’effetto inibitorio del PNAwt Ag sulla produzione
dell’oncoproteina N-Myc è stata valutata solo sulla linea cellulare delle
DAOY, dati i buoni risultati di inibizione ottenuti sia mediante saggio
ATPlite che per quantificazione con qPCR Real-Time.
Per prima cosa abbiamo estratto le proteine da cellule di DAOY in coltura,
che precedentemente sono state trattate con PNAwt e PNAmut 10 μM, per
tempi di 6 e 12 ore. Dopo di che le proteine estratte sono state quantificate
mediante spettrofotometro a 660nm. Abbiamo poi proceduto con la
preparazione del gel di poliacrilamide ad una concentrazione del 10%, nel
quale verranno fatte correre le proteine.
L’ordine di caricamento su gel è il seguente:
1. Marker;
2. DAOY CTRL 6h;
3. DAOY PNA 6h;
4. DAOY MUT 6h;
5. DAOY CTRL 12h;
6. DAOY PNA 12h;
7. DAOY MUT 12h;
8. IMR32 CTRL (usate come controllo positivo).
Una volta fatte correre le proteine nel gel si procede al trasferimento su
membrana di PVDF seguita da Blocking con il latte, affinché questo possa
saturare la membrana e ridurre l’eventuale evidenziazione di aspecifici
90
durante la fase di lettura. Si procede con l’incubazione degli anticorpi I e II,
generalmente monoclonali, e si conclude con la rivelazione al ChemiDoc.
I risultati ottenuti sono i seguenti (Figura 15):
Figura 15. Western blot per la proteina N-Myc su cellule di DAOY trattate a 6 e 12 ore.
Come si può vedere dalla figura, già a 6 ore l’effetto inibente che il PNAwt
Ag esercitato sulla produzione della proteine N-Myc è piuttosto marcato,
data la totale assenza di una banda che ne evidenzi la presenza. Condizione
che viene mantenuta anche per le 12 ore. Al contrario invece si può
riscontrare un’elevata somiglianza tra le bande dei controlli e dei mutati,
evidente per entrambi i tempi di trattamento. A ciò vi si associa che in
relazione all’elevata produzione proteica per tutti e due i tempi si vengono
a rivelare bande particolarmente accentuate e a verifica di ciò vi è la forte
somiglianza che le bande dei controlli e dei mutati, in modo particolare alle
12 ore, hanno con le IMR32, usate come controllo positivo.
Una volta verificato il calo proteico nelle cellule trattate, si procede da
prima con lo Streeping, metodo che assicura la rimozione dell’anticorpo
dalla membrana, e poi con l’incubazione di anticorpi specifici per la Bactina. La valutazione di questa seconda proteina rappresenta un utile
mezzo di controllo grazie al quale è possibile verificare l’effettivo calo di
N-Myc nei trattati rispetto che ai controlli e ai mutati (Figura 16).
91
Figura 16. Western blot per la proteina B-actina su cellule di DAOY trattate a 6 e 12 ore.
Come mostra chiaramente la figura, le bande in corrispondenza delle
cellule trattate presentano un effettivo calo proteico, anche nei confronti di
questa proteina.
17. VALUTAZIONE DELL’ESPRESSIONE
DELL’ONCOGENE MYCN IN LINEE CELLULARI DI
MEDULLOBLASTOMA TRAMITE FISH
La FISH (Ibridazione in situ fluorescente) è un’analisi citogenetica che
consente di valutare l’assetto cromosomico delle cellule, e poter quindi
individuare l’organizzazione del loro genoma, oltre che la presenza di
anomalie numeriche e strutturali dei cromosomi.
Grazie a questa osservazione si è potuto ulteriormente verificare l’effettiva
amplificazione
del
oncogene
MYCN
nelle
linee
cellulari
di
medulloblastoma utilizzate.
Per poter far ciò si è utilizzata una sonda specifica per tale gene (Figura
17).
92
Figura 17. Sonda per MYCN
La sonda utilizzata, LSI MYCN (2p24.1), contiene al suo interno una
sequenza di DNA, specifica per il gene MYCN, localizzata all'interno della
regione 2p24.1 nel cromosoma 2. L’utilizzo della sonda è fondamentale
nella determinazione del numero di copie dell’oncogene all’interno di una
cellula.
La sonda, se colpita da una radiazione luminosa, emette una radiazione di
lunghezza d’onda maggiore rispetto quella assorbita, consentendole così
l’emissione di una radiazione di 200Kb che nel visibile corrisponde ad una
fluorescenza di colore arancione.
In condizioni normali, all’interno di un nucleo ibridato, la sonda LSI NMYC da luogo a due segnali di fluorescenza, ognuno dei quali corrisponde
all’ibridazione della sonda con il gene MYCN. Infatti all’interno di cellule
normali, sono presenti due cromosomi 2 (uno di origine paterna e l’altro di
derivazione materna), ognuno dei quali a sua volta, in posizione distale del
proprio braccio corto nella regione 2p23-24, presenta il proprio gene
MYCN. Al contrario nelle cellule trasformate maggiore è l’amplificazione
dell’oncogene e maggiore sarà il segnale di fluorescenza emesso.
93
Per quanto riguarda le linee cellulari di medulloblastoma analizzate, il
segnale emesso varia a seconda del grado di amplificazione del gene al loro
interno.
Per quanto riguarda le DAOY (Foto 6), abbiamo a disposizione delle
immagini che riproducono i nuclei delle cellule sia in una condizione di
interfase che di metafase.
Foto 6. A destra nucleo di una cellula di DAOY durante il periodo di interfase mentre a
sinistra oltre al nucleo possiamo trovare anche cromosomi durante la metafase.
Particolare della foto 6. Quelli che si vedono rappresentati di colore blu sono i cromosomi
nello stadio di metafase mentre i puntini rossi sono i segnali emessi dalle sonde che si sono
ibridate con il gene MYCN amplificato.
94
Osservando queste immagini è sicuramente rilevante l’elevata densità di
segnale emesso dalla sonda (puntini di colore rosso), che evidenziano una
grande quantità di amplificato genico all’interno delle cellule. Questa
potrebbe essere la ragione per cui le DAOY rispondono in modo così
significativo all’effetto inibitorio che il PNAwt Ag ha sull’oncogene
MYCN.
Per quanto riguarda le altre linee cellulari, a disposizione abbiamo solo
nuclei durante il periodo di interfase. Cionostante il livello di
amplificazione dell’oncogene all’interno di queste è comunque rilevabile,
soprattutto nel caso delle D341med (Foto 7).
Foto 7. Nuclei in interfase delle cellule D341med.
Anche in questo caso le immagini rivelano che il livello di segnale emesso
è piuttosto forte. Questo potrebbe spiegarsi con il fatto che anche le
D341med, come le DAOY, sono una linea cellulare di medulloblastoma
appartenente al sottotipo desmoplastico. Forma del tumore che più
frequentemente mostra l’amplificazione del gene MYCN (15-35% dei
casi).
Le D556med (Foto 8), mostrano invece un livello di amplificazione
inferiore rispetto le linee precedenti, come è stato verificato anche
attraverso qPCR Real-time.
95
Foto 8. Nuclei in interfase della linea cellulare D556med.
Le ONS 76 (Foto 9) sono invece una linea di medulloblastoma piuttosto
particolare. Infatti come si vede dalle immagini, il segnale emesso dalla
sonda è molto forte, evidenziando un elevato grado di amplificazione
dell’oncogene. Tuttavia, per ragioni non ancora chiarite, non si spiega per
quale motivo questa condizione non sia rilevabile anche mediande PCR e
Western blot.
Foto 9. Nucleo di ONS 76 in interfase e cromosomi in metafase.
96
DISCUSSIONE E CONCLUSIONI
In questa tesi è stato valutato l’effetto che un PNA anti-gene specifico per
MYCN può esercitare sulla trascrizione e sulla traduzione di tale oncogene
in linee cellulari di medulloblastoma. A tale scopo sono state scelte diverse
linee cellulari che mostrano una sovraespressione del gene, come DAOY,
ONS 76, D341med e D556med.
Il medulloblastoma è una forma di tumore molto aggressiva generalmente
trattata con resezione chirurgica e radioterapia, che consentono la
sopravvivenza in circa i due terzi dei pazienti. Tuttavia la giovane età di
questi e il grado di morbosità della neoplasia possono ostacolare l’efficacia
o ridurre le possibilità di cura. Inoltre la maggior parte dei sopravvissuti, a
causa dell’aggressività dei trattamenti subiti, spesso risente di problemi di
tipo neurologico e neurocognitivo che li accompagnerà per tutta la vita. Le
gravi conseguenze che spesso seguono le convenzionali terapie sono
dovute al grave effetto citotossico di queste e alla profonda menomazione
che l’intervento chirurgico comporta. E’ per questo motivo che oggigiorno
la maggior parte degli studi cercano una via alternativa ai comuni
trattamenti, affinché non solo vi sia un aumento delle possibilità di
guarigione ma che queste possano essere raggiunte senza conseguenze
secondarie. Tentativo del PNA è quello di contribuire a questo scopo.
Lo studio fatto si è potuto avvalere di una serie di dati ottenuti in lavori
condotti dal nostro gruppo che indicavano l’utilizzo di un PNA anti-gene
senso come potente inibitore dell’oncogene MYCN in linee cellulari di
Neuroblastoma [96-97]. Il PNA anti-gene (PNAwt Ag)agisce a livello del
processo di trascrizione, per far ciò viene associato ad una sequenza “NLS”
che ne facilita l’entrata nel nucleo, ed è utilizzato ad una concentrazione di
10μM, risultata essere efficace ma non tossica per le cellule. L’effettiva
entrata del PNA-NLS nella cellula e la sua localizzazione nucleare erano
state precedentemente dimostrate analizzando al microscopio a
fluorescenza l’uptake cellulare di un PNA-NLS rodaminato. La specificità
97
di azione del PNA anti-gene NLS è stata valutata mediante il concomitante
utilizzo di un PNA mutato (PNAmut-NLS).
Per prima cosa si sono cercati i giusti requisiti, affinché le linee cellulari
utilizzate potessero crescere in modo ottimale, infatti solo su cellule che
stanno bene è possibile verificare l’effetto che il peptide nucleico esercita
su di esse. Una volta trovate queste condizioni è possibile trattare le cellule
con il PNA-NLS, ad una concentrazione di 10μM, al fine di valutare
l’effetto inibitorio che il PNAwt Ag ha sulla proliferazione cellulare.
I risultati ottenuti hanno mostrato una buona inibizione per le linee cellulari
che presentano MYCN sovraespresso. Il differente grado di inibizione che
il PNA ha sulla proliferazione nelle diverse linee cellulari è correlato con la
diversa espressione del gene da parte di queste, caratteristica valutata
mediante PCR Real-time.
Aspetto importante nella determinazione dell’efficacia del PNA-NLS sulla
proliferazione cellulare è rappresentato dall’osservazione che non si hanno
alterazioni di questa nelle cellule di controllo e in quelle trattate con la
forma mutata del peptide nucleico. Questo indica che il meccanismo di
azione del PNA è incentrato sul gene MYCN. Il dato è stato inoltre
confermato dalla valutazione quantitativa mediante qPCR Real-Time sul
trascritto del gene. Anche in questo caso, i risultati ottenuti sono in
relazione con i livelli di sovraespressione dell’oncogene MYCN nelle
diverse linee cellulari, condizione che è stata valutata anche attraverso la
metodologia FISH.
Dato il livello di responsività della proliferazione cellulare al trattamento
con il PNAwt, gli esperimenti sono proseguiti al fine di valutare che
l’effetto fosse inibitorio anche sulla trascrizione del gene. Anche in questo
caso i risultati che si sono ottenuti si possono ritenere particolarmente
soddisfacenti, dato che in tutte le cellule trattate si è avuto un calo della
trascrizione genica di 1,5-2,5 volte rispetto i normali livelli trascrizionali
riscontrati nelle cellule non trattate. Unica linea cellulare che ha presentato
un calo di trascrizione senza però raggiungere valori significativi, sono
state le ONS 76.
98
Stabilito anche questo aspetto si è deciso di valutare, mediante Western
blot, il livello di espressione dell’oncoproteina N-Myc nelle diverse linee
cellulari, anche se però gli studi tesi a verificare che il PNAwt Ag fosse in
grado di inibirne la produzione di questa sono stati condotti solo sulla linea
cellulare delle DAOY.
La ragione per cui si è deciso di valutare solo sulle DAOY l’effetto che il
PNAwt ha sulla produzione della proteina N-Myc, sono dovute ai buoni
risultati di inibizione ottenuti sia sulla proliferazione che sulla trascrizione
del gene, oltre alla maggiore facilità di trattamento di questa linea, essendo
queste cellule adese. Anche in questo caso i risultati ottenuti sono stati
davvero buoni, infatti già dopo sole 6 ore di trattamento con PNAwt e
PNAmut 10μM, le proteine estratte hanno rivelato un effettivo calo proteico.
Tale riduzione è dimostrata dalla quasi totale assenza della banda di
riferimento a livello membrana. Condizione che ha trovato conferma e
migliori risultati nelle cellule trattate per 12 ore, infatti in questo caso la
presenza della banda è totalmente assente, come se la produzione di N-Myc
fosse completamente inibita.
Dall’insieme degli esperimenti condotti si evidenzia una forte risposta
specifica in cellule di medulloblastoma al trattamento con PNA anti-gene
anti-MYCN. Questi dati, il ruolo di MYCN come oncogene nel MB e
l’efficacia del PNA dimostrata in vitro, stimolano ad ampliare la ricerca
verso la sperimentazione in vivo. Se la sperimentazione su animali dovesse
confermare i risultati ottenuti in vitro, potrebbe nascere un rilevante
interesse intorno allo sviluppo di un agente terapeutico basato sull’azione
del PNA e diretto verso particolari forme di tumori pediatrici che mostrano
sovraespressione dell’ oncogene MYCN.
99
BIBLIOGRAFIA
1.
Kleihues P, Louis DN, Scheithauer BW, et al. The WHO
classification of tumors of the nervous system. J Neuropathol Exp
Neurol 2002; 61: 215–29.
2.
Kortmann RD, Kuhl J, Timmermann B, et al. Postoperative
neoadjuvant chemotherapy before radiotherapy as compared to
immediate radiotherapy followed by maintenance chemotherapy in
the treatment of medulloblastoma in childhood: results of the
German prospective randomized trial HIT ‘91. Int J Radiat Oncol
Biol Phys 2000; 46: 269–79.
3.
Zeltzer PM, Boyett JM, Finlay JL, et al. Metastasis stage, adjuvant
treatment, and residual tumor are prognostic factors for
medulloblastoma in children: conclusions from the Children’s
Cancer Group 921 randomized phase III study. J Clin Oncol 1999;
17: 832–45.
4.
Eberhart CG, Cohen KJ, Tihan T, et al. Medulloblastomas with
systemic metastases: evaluation of tumor histopathology and
clinical behaviour in 23 patients. J Pediatr Hematol Oncol 2003;
25: 198–203.
5.
Palmer SL, Goloubeva O, Reddick WE, et al. Patterns of
intellectual
development
among
survivors
of
pediatric
medulloblastoma: a longitudinal analysis. J Clin Oncol 2001; 19:
2302–08.
100
6.
Freeman CR, Taylor RE, Kortmann RD, Carrie C. Radiotherapy
for medulloblastoma in children: a perspective on current
international clinical research efforts. Med Pediatr Oncol 2002; 39:
99–108.
7.
Gurney JG, Kadan-Lottick NS, Packer RJ, et al. Endocrine and
cardiovascular late effects among adult survivors of childhood
brain tumors: Childhood Cancer Survivor Study. Cancer 2003; 97:
663–73.
8.
Ris MD, Packer R, Goldwein J, et al. Intellectual outcome after
reduced-dose radiation therapy plus adjuvant chemotherapy for
medulloblastoma: a Children’s Cancer Group study. J Clin Oncol
2001; 19: 3470–76.
9.
Ellison D. Classifying the medulloblastoma: insights from
morphology and molecular genetics. Neuropathol Appl Neurobiol
2002; 28: 257–82.
10.
Eberhart CG, Kepner JL, Goldthwaite PT, et al. Histopathologic
grading of medulloblastomas: a Pediatric Oncology Group study.
Cancer 2002; 94: 552–60.
11.
Johnson, R. L.; Rothman, A. L.; Xie, J.; Goodrich, L. V.; Bare, J.
W.; Bonifas, J. M.; Quinn, A. G.; Myers, R. M.; Cox, D. R.;
Epstein, E. H.; Scott, M. P. Human homolog of patched, a
101
candidate gene for the basal cell nevus syndrome. Science 1996,
272, 1668-1671.
12.
Taylor RE, Bailey CC, Robinson K, et al. Results of a randomized
study of preradiation chemotherapy versus radiotherapy alone for
nonmetastatic medulloblastoma: the International Society of
Paediatric Oncology/UK Children’s Cancer Study Group PNET-3
Study. J Clin Oncol 2003; 21: 1581–91.
13.
Packer RJ, Goldwein J, Nicholson HS, et al. Treatment of children
with medulloblastomas with reduced-dose craniospinal radiation
therapy and adjuvant chemotherapy: a Children’s Cancer Group
Study. J Clin Oncol 1999; 17: 2127–36.
14.
Strother D, Ashley D, Kellie SJ, et al. Feasibility of four
consecutive high-dose chemotherapy cycles with stem-cell rescue
for
patients
with
newly
diagnosed
medulloblastoma
or
supratentorial primitive neuroectodermal tumor after craniospinal
radiotherapy: results of a collaborative study. J Clin Oncol 2001;
19: 2696–704.
15.
Beachy PA, Karhadkar SS, Berman DM. Tissue repair and stem
cell renewal in carcinogenesis. Nature 2004; 432:324–331.
16.
Kadin, M.E. et al. (1970) Neonatal cerebellar medulloblastoma
originating from the fetal external granular layer. J. Neuropathol.
Exp. Neurol. 29, 583–600
102
17.
Marino, S. et al. (2000) Induction of medulloblastomas in p53-null
mutant mice by somatic inactivation of Rb in the external granular
layer cells of the cerebellum. Genes Dev. 14, 994–1004
18.
Reddy, A.T. and Packer, R.J. (1999) Medulloblastoma. Curr. Opin.
Neurol. 12, 681–685
19.
Miale, I.L. and Sidman, R.L. (1961) An autoradiographic analysis
ofhistogenesis in the mouse cerebellum. Exp. Neurol. 4, 277–296
20.
Wechsler-Reya, R. and Scott, M.P. (2001) The developmental
biology of brain tumors. Annu. Rev. Neurosci. 24, 385–428
21.
Wechsler-Reya RJ, Scott MP. Control of neuronal precursor
proliferation in the cerebellum by Sonic Hedgehog. Neuron 1999;
22:103–114.
22.
Pomeroy SL, Tamayo P, Gaasenbeek M, et al. Prediction of central
nervous system embryonal tumour outcome based on gene
expression. Nature 2002; 415:436–442.
23.
Read TA, Hegedus B, Wechsler-Reya R, Gutmann DH. The
neurobiology of neurooncology. Ann Neurol 2006; 60:3–11. This
article discusses the current status of the search for a stem-like ‘cell
of origin’ in brain cancers and the implications for therapeutic
approaches.
103
24.
Sarkar C, Deb P, Sharma MC. Medulloblastomas: new directions
in risk stratification. Neurol India 2006; 54:16–23. This review
summarizes the current characterizations of medulloblastoma. Risk
factors include cytogenetics, histopathology,MYCNamplification,
and gene profiling.
25.
Dellovade T, Romer JT, Curran T, et al. The Hedgehog pathway
and neurologica disorders. Annu Rev Neurosci 2006; 29:539–563.
This review focuses on the role of Hedgehog in both development
and adults, the disorders associated with Hedgehog, and the
potential of small-molecule effectors of the pathway.
26.
Ciemerych,M.A. et al. (2002) Development of mice expressing a
single D-type cyclin. Genes Dev. 16, 3277–3289
27.
Kenney, A.M. et al. (2003) Nmyc upregulation by sonic hedgehog
signaling promotes proliferation in developing cerebellar granule
neuron precursors. Development 130, 15–28
28.
Kenney AM, Cole MD, Rowitch DH. Nmyc upregulation by sonic
hedgehog signaling promotes proliferation in developing cerebellar
granule neuron precursors. Development 2003; 130:15–28.
29.
Knoepfler PS, Cheng PF, Eisenman RN. N-myc is essential during
neurogenesis for the rapid expansion of progenitor cell populations
and the inhibition of neuronal differentiation. Genes Dev 2002;
16:2699–2712.
104
30.
Rao G, Pedone CA, Valle LD, et al. Sonic hedgehog and insulinlike growth factor signaling synergize to induce medulloblastoma
formation from nestin-expressing neural progenitors in mice.
Oncogene 2004; 23: 6156–6162.
31.
Mill P, Mo R, Hu MC, et al. Shh controls epithelial proliferation
via independent pathways that converge on N-Myc. Dev Cell 2005;
9:293–303. This article explores the role of Gli repressor and
activator forms, as well as the interplay of the PI3K pathway with
hedgehog through GSK-3b.
32.
Eilers, M., S. Schirm, and J.M. Bishop, The MYC protein activates
transcription of the alpha-prothymosin gene. Embo J, 1991. 10(1):
p. 133-41.
33.
Grandori, C., et al., The Myc/Max/Mad network and the
transcriptional control of cell behavior. Annu Rev Cell Dev Biol,
2000. 16: p. 653-99.
34.
Ingvarsson S. (1990). “The myc gene family proteins and their role
in transformation and differentiation.” Semin Cancer Biol 1(6):
359-369.
35.
Nesbit, C.E., J.M. Tersak, and E.V. Prochownik, MYC oncogenes
and human neoplastic disease. Oncogene, 1999. 18(19): p. 300416.
105
36.
Vennstrom, B., et al., Isolation and characterization of c-myc, a
cellular
homolog
of
the
oncogene
(v-myc)
of
avian
myelocytomatosis virus strain 29. J Virol, 1982. 42(3): p. 773-9.
37.
Schwab, M., et al., Amplified DNA with limited homology to myc
cellular oncogene is shared by human neuroblastoma cell lines and
a neuroblastoma tumour. Nature, 1983. 305(5931): p. 245-8.
38.
Nau, M.M., et al., L-myc, a new myc-related gene amplified and
expressed in human small cell lung cancer. Nature, 1985.
318(6041): p. 69-73.
39.
Sugiyama, A., et al., Isolation and characterization of s-myc, a
member of the rat myc gene family. Proc Natl Acad Sci U S A,
1989. 86(23): p. 9144-8.
40.
Asai, A., et al., The s-Myc protein having the ability to induce
apoptosis is selectively expressed in rat embryo chondrocytes.
Oncogene, 1994. 9(8): p. 2345-52.
41.
Resar, L.M., et al., B-myc inhibits neoplastic transformation and
transcriptional activation by c-myc. Mol Cell Biol, 1993. 13(2): p.
1130-6.
42.
DePinho, R.A., N. Schreiber-Agus, and F.W. Alt, myc family
oncogenes in the development of normal and neoplastic cells. Adv
Cancer Res, 1991. 57: p. 1-46.
106
43.
Atchley, W.R. and W.M. Fitch, Myc and Max: molecular evolution
of a family of proto-oncogene products and their dimerization
partner. Proc Natl Acad Sci U S A, 1995. 92(22): p. 10217-21.
44.
Dalla-Favera, R., F. Wong-Staal, and R.C. Gallo, Onc gene
amplification in promyelocytic leukaemia cell line HL-60 and
primary leukaemic cells of the same patient. Nature, 1982.
299(5878): p. 61-3.
45.
Magrath, I., The pathogenesis of Burkitt's lymphoma. Adv Cancer
Res, 1990. 55: p. 133-270.
46.
Payne, G.S., J.M. Bishop, and H.E. Varmus, Multiple arrangements
of viral DNA and an activated host oncogene in bursal lymphomas.
Nature, 1982. 295(5846): p. 209-14.
47.
Neil, J.C., et al., The role of feline leukaemia virus in naturally
occurring leukaemias. Cancer Surv, 1987. 6(1): p. 117-37.
48.
Landschulz, W.H., P.F. Johnson, and S.L. McKnight, The leucine
zipper: a hypothetical structure common to a new class of DNA
binding proteins. Science, 1988. 240(4860): p. 1759-64.
49.
Luscher, B. and R.N. Eisenman, New light on Myc and Myb. Part
I. Myc. Genes Dev, 1990. 4(12A): p. 2025-35.
50.
Murre, C., et al., Interactions between heterologous helix-loophelix proteins generate complexes that bind specifically to a
107
common DNA sequence. Cell, 1989. 58(3): p. 537-44.
51.
Davis, R.L., et al., The MyoD DNA binding domain contains a
recognition code for muscle-specific gene activation. Cell, 1990.
60(5): p. 733-46.
52.
Kato, G.J., et al., An amino-terminal c-myc domain required for
neoplastic transformation activates transcription. Mol Cell Biol,
1990. 10(11): p. 5914-20.
53.
Dang, C.V., et al., Involvement of the 'leucine zipper' region in the
oligomerization and transforming activity of human c-myc protein.
Nature, 1989. 337(6208): p. 664-6.
54.
Blackwood, E.M. and R.N. Eisenman, Max: a helix-loop-helix
zipper protein that forms a sequence-specific DNA-binding
complex with Myc. Science, 1991. 251(4998): p. 1211-7.
55.
Solomon, D.L., B. Amati, and H. Land, Distinct DNA binding
preferences for the c-Myc/Max and Max/Max dimers. Nucleic
Acids Res, 1993. 21(23): p. 5372-6.
56.
Grandori, C. and R.N. Eisenman, Myc target genes. Trends
Biochem Sci, 1997. 22(5): p. 177-81.
57.
Kohl, N.E., et al., Transposition and amplification of oncogenerelated sequences in human neuroblastomas. Cell, 1983. 35(2 Pt 1):
p. 359-67.
108
58.
Schwab, M., et al., Chromosome localization in normal human
cells and neuroblastomas of a gene related to c-myc. Nature, 1984.
308(5956): p. 288-91.
59.
Ingvarsson, S. (1990). “The myc family proteins and their role in
transformation and differentiation.” Semin Cancer Biol 1(6): 35969.
60.
Yancopoulos, G.D., et al., N-myc can cooperate with ras to
transform normal cells in culture. Proc Natl Acad Sci U S A, 1985.
82(16): p. 5455-9.
61.
Schwab, M., H.E. Varmus, and J.M. Bishop, Human N-myc gene
contributes to neoplastic transformation of mammalian cells in
culture. Nature, 1985. 316(6024): p. 160-2.
62.
Small, M.B., et al., Neoplastic transformation by the human gene
N-myc. Mol Cell Biol, 1987. 7(5): p. 1638-45.
63.
Schwab, M. and J.M. Bishop, Sustained expression of the human
protooncogene MYCN rescues rat embryo cells from senescence.
Proc Natl Acad Sci U S A, 1988. 85(24): p. 9585-9.
64.
Negroni, A., et al., Decrease of proliferation rate and induction of
differentiation by a MYCN antisense DNA oligomer in a human
neuroblastoma cell line. Cell Growth Differ, 1991. 2(10): p. 511-8.
109
65.
Schmidt, M.L., et al., The biological effects of antisense N-myc
expression in human neuroblastoma. Cell Growth Differ, 1994.
5(2): p. 171-8.
66.
Ramsay, G., et al., Human proto-oncogene N-myc encodes nuclear
proteins that bind DNA. Mol Cell Biol, 1986. 6(12): p. 4450-7.
67.
Slamon, D.J., et al., Identification and characterization of the
protein encoded by the human N-myc oncogene. Science, 1986.
232(4751): p. 768-72.
68.
Pession, A. and R. Tonelli, The MYCN oncogene as a specific and
selective drug target for peripheral and central nervous system
tumors. Curr Cancer Drug Targets, 2005. 5(4): p. 273-83.
69.
Chang, D.W., et al., The c-Myc transactivation domain is a direct
modulator of apoptotic versus proliferative signals. Mol Cell Biol,
2000. 20(12): p. 4309-19.
70.
Nakajima, H., et al., Inactivation of the N-myc gene product by
single amino acid substitution of leucine residues located in the
leucine-zipper region. Oncogene, 1989. 4(8): p. 999-1002.
71.
Kohl, N.E., et al., Human N-myc is closely related in organization
and nucleotide sequence to c-myc. Nature, 1986. 319(6048): p. 737.
72.
Strieder, V. and W. Lutz, Regulation of N-myc expression in
110
development and disease. Cancer Lett, 2002. 180(2): p. 107-19.
73.
Negroni, A., S. Scarpa, et al. (1991). “Decrease of proliferation
rate and induction of differentiation by a MYCN antisense DNA
oligomer in a human neuroblastoma cell lines.” Cell Growth
Differ 2(10): 511-18.
74.
Whitesell, L., A. Rosolen et al. (1991). “Episome-generated Nmyc antisense RNA restricts the differentiation potential of
primitive neuroectodermal cell lines.” Mol Cell Biol 11(3): 136071.
75.
Leonetti, C., I. D’Agnano, et al. (1996). “Antitumor effect of cmyc antisense phosphorothioate oligodeoxynucleotides on human
melanoma cells in vitro and in mice.” J Natl Cancer Inst 88(7):
419-29.
76.
Sakamuro, D., V. Eviner, et al. (1995). “c-Myc induce apoptosis
in epithelial cells by both p53-dependent and p53-independent
mechanisms.” Oncogene 11(11): 2411-8.
77.
Wakamatsu, Y., et al., Regulation of the neural crest cell fate by
N-myc:
promotion
of
ventral
migration
and
neuronal
differentiation. Development, 1997. 124(10): p. 1953-62.
78.
Magrauer G, Ekblom P. (1988) N-Myc proto-oncogene expression
during organogenesis mouse as revealed by in situ hybridization. J
Cell Biol 107:1325-1335.
111
79.
Smith RZ, Ma A. (1992) Transcriptional down-regulation of NMyc expression during B-cell development. Mol Cell Biol
12:1578-1584
80.
Stanton, L. W. and J. M. Bishop (1987). “Alternative processing
of RNA transcribed from NMYC.” Mol Cell Biol 7(12): 4266-72.
81.
Ramsay, G., et al., Human proto-oncogene N-myc encodes nuclear
proteins that bind DNA. Mol Cell Biol, 1986. 6(12): p. 4450-7.
82.
Hamann, U., et al., The MYCN protein of human neuroblastoma
cells is phosphorylated by casein kinase II in the central region and
at serine 367. Oncogene, 1991. 6(10): p. 1745-51.
83.
Fruhwald, M. C.; O’Dorisio, M. S.; Rush, L. J.; Reiter, J. L.;
Smiraglia, D. J.; Wenger, G.; Costello, J. F.; White, P. S.; Krahe,
R.; Brodeur, G. M.; Plass, C. Gene amplification in PNETs/
medulloblastomas: mapping of a novel amplified gene within the
MYCN amplicon. J. Med. Genet. 2000, 37, 501-509.
84.
Knoepfler, P. S.; Cheng, P. F.; Eisenman, R. N. N-myc is essential
during neurogenesis for the rapid expansion of progenitor cell
populations and the inhibition of neuronal differentiation. Genes
Dev. 2002, 16, 2699-2712.
85.
Bayani, J.; Zielenska, M.; Marrano, P.; Kwan, N. Y.; Taylor, M.
D.; Jay, V.; Rutka, J. T.; Squire, J. A. Molecular cytogenetic
112
analysis
of
medulloblastomas
neuroectodermal
tumors
by
and
supratentorial
primitive
using
conventional
banding,
comparative genomic hybridization, and spectral karyotyping. J.
Neurosurg. 2000, 93, 437-448
86.
Rouah, E.; Wilson, D. R.; Armstrong, D. L.; Darlington, G. J. Nneuroblastoma cell line. Cell Growth Differ. 1991, 2, 511-518. myc
amplification and neuronal differentiation in human primitive
neuroectodermal tumors of the central nervous system. Cancer Res.
1989, 49, 1797-1801.
87.
Fruhwald, M. C.; O’Dorisio, M. S.; Rush, L. J.; Reiter, J. L.;
Smiraglia, D. J.; Wenger, G.; Costello, J. F.; White, P. S.; Krahe,
R.; Brodeur, G. M.; Plass, C. Gene amplification in PNETs/
medulloblastomas: mapping of a novel amplified gene within the
MYCN amplicon. J. Med. Genet. 2000, 37, 501-509.
88.
Schutz, B. R.; Scheurlen, W.; Krauss, J.; du Manoir, S.; Joos, S.;
Bentz, M.; Lichter, P. Mapping of chromosomal gains and losses in
primitive neuroectodermal tumors by comparative genomic
hybridization. Genes Chrom. Cancer 1996, 16, 196-203.
89.
Eberhart, C. G.; Kratz, J. E.; Schuster, A.; Goldthwaite, P.; Cohen,
K. J.; Perlman, E. J.; Burger, P. C. Comparative genomic
hybridization detects an increased number of chromosomal
alterations in large cell/anaplastic medulloblastomas. Brain Pathol.
2002, 12, 36-44.
113
90.
Aldosari, N.; Bigner, S. H, Burger, P. C, Becker, L.; Kepner, J. L.;
Friedman, H. S.; McLendon, R. E. MYCC and MYCN oncogene
amplification in medulloblastoma. A fluorescence in situ
hybridization study on paraffin sections from the Children's
Oncology Group. Arch. Pathol. Lab. Med. 2002, 126, 540-544.
91.
Pomeroy, S. L.; Tamayo, P.; Gaasenbeek, M.; Sturla, L. M.;
Angelo, M.; McLaughlin, M. E.; Kim, J. Y.; Goumnerova, L. C.;
Black, P. M.; Lau, C.; Allen, J. C.; Zagzag, D.; Olson, J. M.;
Curran, T.; Wetmore, C.; Biegel, J. A.; Poggio, T.; Mukherjee, S.;
Rifkin, R.; Califano, A.; Stolovitzky, G.; Louis, D. N.; Mesirov, J.
P.; Lander, E. S.; Golub, T. R. Prediction of central nervous system
embryonal tumour outcome based on gene expression. Nature
2002, 415, 436-442.
92.
Rouah, E.; Wilson, D. R.; Armstrong, D. L.; Darlington, G. J. Nmyc amplification and neuronal differentiation in human primitive
neuroectodermal tumors of the central nervous system. Cancer Res.
1989, 49, 1797-1801.
93.
Raffel, C.; Jenkins, R. B.; Frederick, L.; Hebrink, D.; Alderete, B.;
Fults, D. W.; James, C. D. Sporadic medulloblastomas contain
PTCH mutations. Cancer Res. 1997, 57, 842-845.
94.
Pietsch, T.; Waha, A.; Koch, A.; Kraus, J.; Albrecht, S.; Tonn, J.;
Sorensen, N.; Berthold, F.; Henk, B.; Schmandt, N.; Wolf, H. K.;
von Deimling, A.; Wainwright, B.; Chenevix-Trench, G.; Wiestler,
O. D.; Wicking, C. Medulloblastomas of the desmoplastic variant
114
carry mutations of the human homologue of drosophila patched.
Cancer Res. 1997, 57, 2085-2088.
95.
Taylor, M. D.; Liu, L.; Raffel, C.; Hui, C. C.; Mainprize, T. G.;
Zhang, X.; Agatep, R.; Chiappa, S.; Gao, L.; Lowrance, A.; Hao,
A.; Goldstein, A. M.; Stavrou, T.; Scherer, S. W.; Dura, W. T.;
Wainwright, B.; Squire, J. A.; Rutka, J. T.; Hogg, D. Mutations in
SUFU predispose to medulloblastoma. Nat. Genet. 2002, 3, 306310.
96.
Pession A, Tonelli R, Fronza R. et al. (2004). Targeted inhibition
of MYCN by peptide nucleic acid (PNA) in N-myc-amplified
human neuroblastoma cells: cell-cycle inhibition with induction of
neuronal cell differentiation and apoptosis. Int Oncol 24:265-72.
97.
Tonelli R, Pession A. et al. (2005). Antigene peptide nucleic acid
specifically inhibits MYCN expression in human neuroblastoma
cells leading to cell growth inhibition and apoptosis. Mol. Cancer
Ther. 4(5).
98.
Nielsen, P.E., et al., Sequence-selective recognition of DNA by
strand displacement with a thymine-substituted polyamide.
Science, 1991. 254(5037): p. 1497-500.
99.
Egholm,
M.,
et
al.,
PNA
hybridizes
to
complementary
oligonucleotides obeying the Watson-Crick hydrogen-bonding
rules. Nature, 1993. 365(6446): p. 566-8.
115
100.
Nielsen P.E. (1995). “DNA analogues with nonphosphodiester
backbones.” Annu Rev Biophys Biomol Struct 24: 167-183.
101.
Egholm M., Nielsen P.E. et al. (1992). “Recognition of guanine
and adenine in DANN by thymine and cytosine containing peptide
nucleic acids.” J Am Chem Soc 114: 9677-9678
102.
Egholm M., Christiansen L. et al. (1995). “Efficient pHindependent sequence-specific DNA binding by pseudoisocytosinecontaining bis-PNA.” Nucleic Acids Res 23(2): 217-222.
103.
Demidov V.V., Potaman V.N. et al. (1994). “Stability of peptide
nucleic acids in human serum and cellular extracts.” Biochem
Pharmacol 48(6): 1310-1313.
104.
Orum, H., P. E. Nielsen, et al. (1995). “Sequence-specific
purification of nucleic acids by PNA-controlled hybrid selection.”
Bio Techniques 19(3): 472-80.
105.
Hanvey, J. C., N. J. Peffer, et al. (1992). “Antisense and antigene
properties of peptide nucleic acids.” Science 258(5087): 1481-5.
106.
Carlsson, C., M. Jonsson, et al. (1996). “Screening for genetic
mutations” Nature 380(6571): 207.
107.
Wang, J., E. Palecek, et al. (1996). “Peptide nucleic acid probes
for sequence-specific DNA biosensors.” J Am Chem Soc 118:
7667-70.
116
108.
Christensen L., Fitzpatrick R. et al. (1995). “Solid-phase syntesis of
peptide nucleic acids.” J Peptide Sci 1(3): 175-183.
109.
Thomson S.A., Josey J.A. et al. (1995). “Fmoc mediated synthesis
of peptide nucleic-acids.” Tetrahedron 51: 6179-6194.
110.
Betts, L. J. A. Josey et al. (1995). “A nucleic acid triple helix
formed by a peptide nucleic acid-DNA complex” Science
270(5243): 1838-41.
111.
Hyrup, B. and P. E. Nielsen (1996). “Peptide nucleic acids (PNA):
synthesis, properties and potential applications.” Bioorg Med
Chem 4(1): 5-23.
112.
Tomac, S., M. Sarkar, et al. (1996). “Ionic effects on the stability
and conformation of peptide nucleic acid complexes.” J Am Chem
Soc 118: 5544-52.
113.
Kuhn, H., V. V. Demidov, et al. (1998). “Kinetic sequence
discrimination of cationic bis-PNAs upon targeting of doublestranded DNA.” Nucleic Acids Res 26(2): 582-7.
114.
Brown S.C., Thomson S.A. et al. (1994). “NMR solution structure
of a peptide nucleic acid complexed with RNA.” Science
265(5173): 777-780.
117
115.
Wittung P., Nielsen P.E. et al. (1994). “DNA-like double helix
formed by peptide nucleic acid.” Nature 368(6471): 561-563.
116.
Nielsen, P. E., M. Egholm, et al. (1994). “Evidence for
(PNA)2/DNA triplex structure upon binding of PNA to dsDNA by
strand displacement.” J Mol Recognit 7(3):165-70.
117.
Wittung, P., P. E. Nielsen, et al. (1996). “Direct observation of
strand invasion by peptide nucleic acid (PNA) into doublestranded DNA.” J Am Chem Soc 118: 7049-7054.
118.
Peffer, N. J., J. C. Hanvey, et al. (1993). “Strand-invasion of
duplex DNA by peptide nucleic acid oligomers.” Proc Natl Acad
Sci U S A 90(22): 10648-52.
119.
Nielsen P.E., Egholm M. et al. (1993). “Peptide nucleic acids
(PNAs): potential antisense and anti-gene agents.” Anticancer Drug
Des 8(1): 53-63.
120.
Jensen, K. K., H. Orum, et al. (1997). “Kinetics for hybridization
of peptide nucleic acids (PNA) with DNA and RNA studied with
the BIAcore technique.” Biochemistry 36(16): 5072-7.
121.
Ray, A. and B. Norden (2000). “Peptide nucleic acid (PNA): its
medical and biotechnical applications and promise for the future.”
Faseb J 14(9): 1041-60.
118
122.
Tyler B.M., Jansen K. et al. (1999). “Peptide nucleic acids targeted
to the neurotensin receptor and administered i.p. cross the bloodbrain barrier and specifically reduce gene expression.” Proc Natl
Acad Sci USA 96(12): 7053-7058.
123.
Boffa L.C., Morris P.L. et al. (1996). “Invasion of the CAG triplet
repeats by a complementary peptide nucleic acid inhibits
transcription of the androgen receptor and TATA binding protein
genes and correlates with refolding of an active nucleosome
containing a unique AR gene sequence.” J Biol Chem 271(22):
13228-13233.
124.
Vickers T.A., Griffith M.C. et al. (1995). “Inhibition of NFkappa B
specific transcriptional activation by PNA strand invasion.” Nucl
Acids Res 23(15): 3003-3008.
125.
Praseuth, D., M. Grigoriev, et al. (1996). “Peptide nucleic acids
directed to the promoter of the alpha-chain of the interleukin-2
receptor.” Biochim Biophys Acta 1309(3): 226-38.
126.
Cutrona, G., E. M. Carpaneto, et al. (2000). “Effects in live cells
of a c-myc anti-gene PNA linked to a nuclear localization signal.”
Nat Biotechnol 18(3): 300-3.
127.
Knudsen, H and P. E. Nielsen (1996). “Antisense properties of
duplex- and triplex-forming PNAs.” Nucleic Acids Res 24(3):
494-500.
119
128.
Mologni, L., P. leCoutre, et al. (1998). “Additive antisense effects
of different PNAs on the in vitro translation of the
PML/RARalpha gene.” Nucleic Acids Res 26(8): 1934-8.
129.
Wittung P., Kajanus J. et al. (1995). “Phospholipid membrane
permeability of peptide nucleic acid.” FEBS Lett 375(3): 27-29.
130.
Aldrian-Herrada G., Desarmenien M.G. et al. (1998). “A peptide
nucleic acid (PNA) is more rapidly internalized in cultured
neurons when coupled to a retro-inverso delivery peptide. The
antisense activity depresses the target mRNA and protein in
magnocellular oxytocin neurons.” Nucleic Acids Res 26(21):
4910-4916.
131.
Tyler B.M., McCormick D.J. et al. (1998). “Specific gene blockade
shows that peptide nucleic acids readily enter neuronal cells in
vivo.” FEBS Let 421(3): 280-284.
132.
Sei S., Yang Q.E. et al. (2000). “ Identification of a key target
sequence to block human immunodeficiency virus type 1
replication within the gag-pol transframe domain.” J Virol 74(10):
4621-4633.
133.
Norton J.C., Piatyszek M.A. et al. (1996). “Inhibition of human
telomerase activity by peptide nucleic acids.” Nat Biotech 14(5):
615-619.
120
134.
Faruqi A.F., Egholm M. et al. (1998). “Peptide nucleic acidtargeted mutagenesis of a chromosomal gene in mouse cells.”
Proc Natl Acad Sci USA 95(4): 1398-1403.
135.
Branden U., Mohamed A.J. et al. (1999). “A peptide nucleic acidnuclear localization signal fusion that mediates nuclear transport of
DNA.” Nat Biotechnol 17(8): 784-787.
136.
Basu S. and Wickstrom E. (1997). “Synthesis and characterization
of a peptide nucleic acid conjugated to a D-peptide analog of
insulin-like growth factor 1 for increased cellular uptake.” Bioconj
Chem 8(4): 481-488.
137.
Pooga M., Hallbrink M. et al. (1998). “Cell penetration by
transportan.” FASEB J 12(1): 67-77.
138.
Derossi D., Joliot A.H. et al. (1994). “The third helix of the
Antennapedia homeodomain
translocates
through
biological
membranes. ” J Biol Chem 269(14): 10444-10450.
139.
Hamilton S.E., Simmons C.G. et al. (1999). “Cellular delivery of
peptide nucleic acids and inhibition of human telomerase.” Chem
Biol 6(6): 343-51.
121
RINGRAZIAMENTI
Non ho mai veramente pensato al momento della “Laurea” ma adesso che
ci sono arrivata, il solo pensarci mi fa venire una stretta al cuore di
nostalgia…ho come la sensazione di essere arrivata alla fine di una prima
pagina della mia vita, in cui mi lascio alle spalle tutto un intero mondo fatto
di spensieratezza e di infantili preoccupazioni. Se penso però agli anni
passati e ai futuri, solo due visi mi compaiono nitidi e sicuri…i miei
genitori!
E’ a loro che dedico questa mia tesi e questo mio traguardo!
Vi ringrazio per la fiducia che avete riposto, per tutto quello che avete
sempre fatto per me, per il vostro amore e per avermi sempre messo al
primo posto dei vostri pensieri…vi ringrazio per esserci sempre stati in
ogni momento, come guida e come amici, appoggiando ogni mia decisione
seppure semplice ma che ai miei occhi sembrava la più difficile.
Grazie per avermi fatto diventare la persona che sono!
Ringrazio Davide, perché anche se sei entrato nel mio mondo solo da un
anno sei riuscito a farmi capire il senso della vita e hai dato un senso alla
mia…grazie per il tuo amore e per farmi sentire in ogni momento
importante!
Ringrazio i miei nonni e mio zio Mauro per avermi sempre coccolato e
viziato…un ringraziamento particolare va a mia nonna Massi che ad ogni
esame ha sempre pregato e sofferto con me!
122
Ringrazio tutte le persone che mi sono state vicine in questo anno, partendo
da Consuelo e Stefania che oltre ad avermi insegnato tutto ciò che so di un
laboratorio, mi sono sempre state amiche.
Ringrazio Salvatore, Virginia, Roberta, Raffaella, Luca, Korinne, Monica,
Serena, Annalisa, Elisa, Lorenza e Cecilia, per essere sempre stati
disponibili con me e per avermi dato sostegno soprattutto in questo ultimo
periodo.
Ringrazio Alessia per essere stata non solo una compagna di università ma
soprattutto un’amica, su cui ho sempre potuto contare e che ha sempre
saputo ascoltarmi con pazienza e affetto, standomi vicina anche nei
momenti più difficili.
Ringrazio l’Elisa Bergantin per la sua simpatia e per la sua amicizia,
offrendomi sempre la sua spalla nei momenti di sconforto.
Ringrazio Elisa per le sue chiacchere, che riempiono in ogni momento la
stanza, e per il suo supporto da crocerossina che mi tranquillizza e mi
sgrida tutte le volte che mi sporco o schizzo con qualcosa…
Ringrazio Caterina, Katia, Elena, Rossella, Chiara, Ester, Luca e Marco,
per la loro amicizia, per i pranzi insieme, per le chiacchere e le risate, che
hanno reso questo anno felice e indimenticabile!
Ringrazio Alessia, sorella di Davide, per i pomeriggi e le serate trascorsi
insieme a sistemare la tesi al computer e grazie alla quale ho scoperto nuovi
tasti…
Ringrazio i genitori di Davide per il loro affetto e per farmi sentire in ogni
momento a mio agio nella loro famiglia.
123
Ringrazio il prof. Andrea Pession e Roberto per avermi dato la possibilità
di svolgere l’internato presso “questo” laboratorio.
Un ringraziamento particolarissimo va anche alla segretaria Valeria, senza
la quale forse non sarei riuscita ad arrivare fin qui.
Sto per fare un ringraziamento piuttosto particolare, che penso molti non
capiscano, ma è da quando ho iniziato l’Università che mi sono promessa
che se fossi arrivata a questo momento l’avrei fatto…ringrazio Bill Conti!
Molti non sanno chi sia ma se non fosse stato per la sua canzone, in molti
momenti non mi sarei mai alzata dal tappeto e avrei ripreso a combattere
per andare avanti…
Ringrazio anche me stessa per essere arrivata fin qui, affinché ogni
qualvolta io sia depressa o stanca, leggere tutto questo mi ricordi che cosa
sono riuscita e che cosa sono capace di fare!
GRAZIE A TUTTI!
124
Scarica