Università degli Studi di Bologna FACOLTÀ DI SCIENZE MATEMATICHE FISICHE E NATURALI CORSO DI LAUREA IN SCIENZE BIOLOGICHE Indirizzo Fisiopatologico Ordinamento Previgente Clinica pediatrica Direttore: Prof. Massimo Masi Analisi dell’espressione genica di MYCN in linee cellulari di Medulloblastoma: valutazione dell’effetto antitumorale dopo trattamento con PNA anti-MYCN Tesi di Laurea di: Relatore: Chiar.mo Prof. Andrea Pession Valentina Vaccari Correlatore: Dott. Roberto Tonelli Sessione III Anno Accademico 2005 - 2006 1 2 INDICE INTRODUZIONE 1. IL MEDULLOBLASTOMA 1 2. VARIANTI ISTOLOGICHE 2 3. STADIAZIONE 4 4. ASPETTI MOLECOLARI DEL MEDULLOBLASTOMA 5 5. LA REGOLAZIONE DI MYCN DA PARTE DI SONIC HEDGEHOG 11 MYCN 1. LA FAMIGLIA DEI GENI MYCN E LA LORO STRUTTURA 13 2. MYCN 16 3. ESPRESSIONE E TRASCRIZIONE DI MYCN 19 4. AMPLIFICAZIONE DI MYCN 20 5. AMPLIFICAZIONE DI MYCN NEL MEDULLOBLASTOMA 6. 22 TERAPIA CON ACIDI NUCLEICI PER L’INIBIZIONE SELETTIVA DELL’ONCOGENE MYCN 23 PNA (Peptide Nucleic Acid) 1. STRUTTURE DEI PNA 24 3 2. SINTESI E PURIFICAZIONE 25 3. CARATTERISTICHE CHIMICO FISICHE 26 4. APPLICAZIONI DEI PNA 29 5. UPTAKE DEI PNA IN VIVO E IN VITRO 32 SCOPO DELLA TESI 34 MATERIALI E METODI 1. LINEE CELLULARI 37 2. VALUTAZIONE DELLA CRESCITA CELLULARE CON SAGGIO ATPlite 41 3. PROGETTAZIONE DEL PNA 42 4. SINTESI, PURIFICAZIONE E CARATTERIZZAZIONE DEI PNA 5. 44 TRATTAMENTO DELLE CELLULE CON PNAs-NLS ANTI-MYCN 6. 44 ESTRAZIONE DELL’RNA E RETROTRASCRIZIONE MEDIANTE RT-PCR 46 7. PROGETTAZIONE PRIMERS 48 8. PCR QUALITATIVA 49 9. REAZIONE DI PCR QUANTITATIVA REAL-TIME 10. (SYBR GREEN) 50 WESTERN BLOT 51 10.1 ESTRAZIONE DELLE PROTEINE TOTALI 52 10.2 PREPARAZIONE DEL GEL DI POLIACRILAMIDE 52 10.3 PREPARAZIONE DEI CAMPIONI ED ELETTROFORESI 54 4 10.4 TRASFERIMENTO 55 10.5 BLOCKING E INCUBAZIONE CON GLI ANTICORPI 56 10.6 DETECTION (HOME-MADE ECL) E RIVELAZIONE AL 11. CHEMIDOC 57 FISH 58 11.1 PREPARAZIONE DELLA SONDA 58 11.2 IBRIDAZIONE 60 11.3 VISUALIZZAZIONE DEL SEGNALE 61 RISULTATI 1. ALLESTIMENTO DI COLTURE CELLULARI DI MEDULLOBLASTOMA 2. 62 CURVA DI CRESCITA SULLE LINEE CELLULARI TRAMITE SAGGIO ATPlite 65 2.1 DAOY 65 2.2 ONS 76 66 2.3 D341med 68 2.4 D556med 69 3. QUANTIFICAZIONE DEI LIVELLI DI ESPRESSIONE GENICA DI MYCN NELLE LINEE DI MEDULLOBLASTOMA, TRAMITE PCR REAL-TIME QUANTITATIVA (qPCR) 4. 71 IL PNA ANTI-GENE INIBISCE LA PROLIFERAZIONE CELLULARE IN CELLULE DI MEDULLOBLASTOMA IN CUI MYCN E’ SOVRAESPRESSO 73 5 5. IL PNA ANTI-GENE INIBISCE LA PRODUZIONE DEL TRASCRITTO DI MYCN NELLE CELLULE DI MEDULLOBLASTOMA 6. 78 VALUTAZIONE DELL’ESPRESSIONE DELL’ONCOPROTEINA N-MYC NELLE LINEE CELLULARI DI MEDULLOBLASTOMA MEDIANTE WESTERN BLOT 7. 82 IL PNA ANTI-GENE INIBISCE LA PRODUZIONE DELLA ONCOPROTEINA N-MYC NELLE CELLULE DI MEDULLOBLASTOMA 8. 84 VALUTAZIONE DELL’ESPRESSIONE DELL’ONCOGENE MYCN IN LINEE CELLULARI MEDULLOBLASTOMA TRAMITE FISH 86 DISCUSSIONE E CONCLUSIONI 91 BIBLIOGRAFIA 94 6 INTRODUZIONE 1. IL MEDULLOBLASTOMA Il medulloblastoma (MB) è il tumore maligno primario del sistema nervoso centrale (SNC) più comune durante l’infanzia. Esso rappresenta la seconda più frequente neoplasia pediatrica con una percentuale del 20% tra tutti i tumori cerebrali nei bambini. Generalmente colpisce individui con un’età compresa tra i 3 e gli 8 anni, raggiungendo un picco massimo intorno ai 5 anni, oltre al fatto che insorge con una maggior frequenza nei maschi piuttosto che nelle femmine, con un rapporto di 2:1. Questa forma di tumore può anche verificarsi negli adulti ma questa evenienza risulta essere piuttosto rara. Il medulloblastoma si forma nel SNC, in modo particolare nel 4°ventricolo tra il tronco cerebrale e il cervelletto. Rappresenta un tumore maligno a rapida crescita che tende a metastatizzare (Figura 1) [1], tanto che al momento della diagnosi circa un terzo dei pazienti mostra un’evidente disseminazione neoplastica nel SNC [2,3], avvenuta attraverso il liquor. Tuttavia con una frequenza che varia dal 5 al 35% dei casi si può riscontrare anche lo sviluppo di metastasi extraneurali che si formano prevalentemente nelle ossa, nel midollo osseo, nei linfonodi, nel fegato o polmoni [4]. La presenza di metastasi rappresenta uno tra i più importanti marker prognostici della malattia. Benché i diversi trattamenti utilizzati nella cura del medulloblastoma abbiano sostanzialmente migliorato la sopravvivenza dei pazienti, ancora si presenta come una forma di tumore incurabile in circa un terzo dei casi. Infatti soltanto il 60% dei bambini colpiti guarisce ed inoltre la maggior 7 parte di essi tende a manifestare gravi problemi collaterali dovuti ai trattamenti subiti quali radioterapia e intervento chirurgico soprattutto [5-8] Figura 1. Metastasi di medulloblastoma 2. VARIANTI ISTOLOGICHE Il medulloblastoma è suddivisibile in almeno cinque varianti istologiche [1,9]: 1) “Variante Classica”, caratterizzata da cellule con piccoli nuclei rotondi e generalmente disposte in lamine; solo occasionalmente sono caratterizzate da differenziamento neuroblastico (Figura 2A). Questa è la variante più frequente con l’80% dei casi. 2) “Medulloblastoma Desmoplastico” costituito da noduli di cellule tumorali con scarsa popolazione cellulare e fine matrice fibrillare, circondate da cellule proliferanti densamente stipate con nuclei ipercromici che producono una densa rete di fibre reticoliniche, questi comunemente mostrano differenziazione neurocitica e sono circondate da abbondante tessuto collagene (Figura 2B). Questa 8 variante del tumore gode di una prognosi migliore rispetto la variante classica, inoltre tende a colpire i pazienti più vecchi e i giovani adulti. 3) “Medulloblastoma a larghe cellule”, detta anche Anaplastica, è caratterizzato da grandi cellule tumorali con nuclei pleiomorfici, prominenti nucleoli e abbondante citoplasma (Figura 2C). Questi sono generalmente caratterizzati da omoplasia e generalmente hanno una prognosi peggiore [10]. 4) “Variante Melanotica”, rara forma di medulloblastoma caratterizzata dalla capacità delle cellule di produrre melanina. 5) “Medullomioblastoma”, forma rara in cui le cellule producono proteine specifiche del muscolo. A B C Figura 2. Le tre più comuni varianti istopatologiche di medulloblastoma: Classica (A), Desmoplastica (B), e a Larghe Cellule o Anaplastica (C). 9 Anche se può presentare forme ereditarie, nel 95% dei casi il medulloblastoma insorge sporadicamente. Le forme ereditarie includono sindromi ben caratterizzate dovute all’inattivazione di geni noti, come la Sindrome di Turcot e la Sindrome di Gorlin. Quest’ultima infatti è una forma di malattia, caratterizzata da mutazioni a carico di Ptched1 (Ptch), antagonista del segnale di Sonic hedgehog (Shh), e che manifesta un aumento di incidenza di medulloblastoma [11]. 3. STADIAZIONE Nel caso del medulloblastoma esistono fondamentalmente tre fattori prognostici da cui può dipendere la sopravvivenza dei giovani pazienti [2,3], questi sono: 1) Età del bambino al momento della diagnosi; 2) Estensione della malattia in seguito a resezione chirurgica; 3) Presenza di metastasi. Tutti insieme questi markers sono risultati molto utili in quanto hanno consentito una stadiazione del malato in due grandi categorie: - Rischio Standard - Alto rischio Alla prima categoria vi appartengono quell’insieme di pazienti che hanno una età superiore ai 4 anni e\o un tumore non disseminato (Mo) e\o sono stati sottoposti ad una resezione completa. Generalmente questi vengono 10 sottoposti alla totale resezione chirurgica seguita da chemioterapia e radioterapia [2, 12-14]. Per quanto riguarda i bambini affetti da medulloblastoma e classificati ad alto rischio, sono generalmente coloro che hanno una età inferiore a 4 anni, hanno il tumore disseminato (M1-M4) e\o sono stati sottoposti a una resezione chirurgica incompleta a cui la sola radioterapia conferisce una sopravvivenza globale a 5 anni di circa il 50-70%. 4. ASPETTI MOLECOLARI DEL MEDULLOBLASTOMA Lo sviluppo embrionale inizia da una singola popolazione di cellule e culmina nell’organogenesi, processo caratterizzato da eventi di proliferazione e differenziamento oltre che dalla relazione che si instaura tra le diverse popolazioni di precursori cellulari. Durante tale evento, forti segnali mitogeni guidano l’espansione delle cellule e limitano la loro capacità differenziativa alla fase G0 del ciclo cellulare. La variazione di concentrazione di regolatori chiave induce la cellula ad uscire dal ciclo cellulare e a differenziarsi; nel caso in cui i progenitori cellulari siano incapaci di fuoriuscire dalla fase proliferativa, questo può portare allo svilupparsi del tumore. Il normale sviluppo del cervelletto rappresenta un evento prevalentemente post-natale, durante il quale la sopravvivenza, la proliferazione e il differenziamento di progenitori neurali multipotenti è sotto il diretto controllo di molecole segnale extracellulare, come mitogeni e citochine [15]. L’interruzione o l’alterazione del normale processo di traduzione durante tale evento può essere correlato all’insorgenza del medulloblastoma, il più comune tumore primario al cervello che insorge 11 durante l’infanzia. Questa forma di tumore si ritiene possa avere origine da un’alterazione che porta ad un arresto nel processo di differenziamento a carico di progenitori cellulari neuronali (NSCs), soprattutto di cellule granulari. Durante lo sviluppo del cervelletto è di fondamentale importanza la relazione che si instaura tra le cellule del Purkinje e i precursori delle cellule granulari (GCPs). Soprattutto quest’ultima tipologia di neuroni sarebbe particolarmente concentrata a livello della linea granulare esterna (EGL) del cervelletto [16-18], zona germinale altamente proliferativa che origina dal labbro rombico durante lo sviluppo embrionale [19]. Generalmente dopo la nascita, in seguito all’espansione della EGL, i GCPs migrano verso la loro dislocazione finale, la linea granulare interna (IGL), dove escono dal ciclo cellulare e arrestano la loro differenziazione, diventando così delle cellule granulari mature, che rappresentano la più abbondante popolazione neurale del cervelletto (Figura 3). Figura 3. Nel cervelletto, Sonic hedgehog guida la proliferazione dei precursori delle cellule granulari (GCPs) nella formazione della linea granulare interna (IGL). 12 Il cambiamento verso uno stato postmitotico di arresto G0, rappresenta il principale paradigma relativo alla maturazione e differenziazione dei progenitori cellulari. Lo sviluppo post-natale del cervelletto caratterizzato dalla proliferazione, migrazione e differenziamento dei GCPs in granuli del cervelletto è in larga parte dipendente dalla concentrazione di Sonic hedgehog (Shh). Shh è una glicoproteina secreta dalle cellule del Purkinje durante lo sviluppo cerebellare ed è il principale regolatore mitogeno delle cellule progenitrici che costituiscono l’EGL [20]. Coerentemente con questo modello si è riscontrato che la neutralizzazione di Shh e del suo pathway determina in vivo una forte riduzione proliferativa e migratoria di precursori delle cellule granulari [21], così come un’alterazione del suo segnale, che può determinare la trasformazione di GCPs, può essere associato all’insorgenza di medulloblastoma [22,23]. Il medulloblastoma costituisce tra il 12-15% dei tumori al SNC nei bambini [24] e circa un quarto dei casi diagnosticati corrisponde al sottotipo desmoplastico, caratterizzato dall’attivazione della via di Shh [23,25]. In condizioni normali una volta che Shh viene secreto dalle cellule del Purkinje, si lega con un’alta affinità ai recettori Patched (Ptch), proteine transmembrana particolarmente espresse sullo strato granulare esterno del cervelletto ove svolgono il ruolo di regolatori negativi del pathway. Infatti in assenza del legame con Shh, Ptch reprime costitutivamente Smoothened (SMO), trasduttore del segnale di Shh all’interno della cellula (Figura 4) . 13 Figura 4. Il pathway di Shh. (A) in assenza di Shh, PATCHED, una proteina transmembrana, reprime costitutivamente SMOOTHENED, trasduttore del segnale Shh. Quando invece Shh si lega a Ptch l’effetto inibitorio di quest’ultimo su Smoothened viene a mancare, innescando così una cascata di segnali che porta all’attivazione di geni posti a valle di SMO, come Ptch stesso e i geni Gli, che appartengono ad una famiglia di fattori di trascrizione (Figura 5). 14 Figura 5. Il legame di Shh a PTCH, rilascia la sua inibizione su SMO e promuove la trascrizione genica della famiglia dei geni GLI. Shh è così in grado di regolare la proliferazione dei precursori delle cellule granulari attraverso un controllo del ciclo cellulare, che avviene in seguito all’induzione dell’espressione delle cicline D1 e D2 [26], indotta dallo stesso Shh attraverso l’intervento di MYCN [27]. Ne deriva quindi che come Shh può svolgere un ruolo di regolazione in questi progenitori cellulari così una deregolazione del suo pathway può indurre lo sviluppo di medulloblastoma. Per quanto riguarda il ruolo di N-Myc, questa oncoproteina è altamente conservata e regolata nelle cellule; essa promuove l’espansione di NSCs in differenti regioni del cervello, in modo da influenzarne le dimensioni. Infatti studi effettuati da Knoepfler e collaboratori (P.S. Knoepfler et al. 2002) hanno dimostrato che MYCN è un regolatore critico nello sviluppo del cervelletto e della corteccia celebrale. In essi infatti esistono domini in 15 cui MYCN è altamente espresso, questo è correlato con un aumento della sintesi del DNA in queste zone. Al contrario la mancanza di MYCN corrisponde ad una ridotta sintesi del DNA, associata ad un calo della mitosi e quindi delle dimensioni del dominio, oltre ad un aumento dei livelli cellulari di molecole inibitorie, quali cdk, e ad una alterata espressione nucleare. Ne deriva quindi che MYCN è un possibile candidato del meccanismo molecolare responsabile della coordinazione della crescita di regioni del cervelletto e che un’alterazione della sua sintesi può indurre lo sviluppo del tumore. Infatti l’amplificazione di queste oncoproteine è riscontrabile in almeno 1535% nei casi di medulloblastoma e non sorprende il fatto che un aumento dei livelli cellulari di MYCN possa giocare un ruolo critico nella patogenesi del tumore, soprattutto come marker del segnale di Shh. I primi studi che evidenziano il legame tra l’espressione di MYCN e l’attivazione di Shh furono condotti da Pomeroy e suoi colleghi [22]; questi dimostrarono che sebbene la glicoproteina Shh agisse a livello della membrana cellulare, cionostante il suo segnale era in grado di influenzare l’attività di numerosi fattori coinvolti nella trascrizione all’interno del nucleo, tra cui un aumento dei livelli cellulari di MYCN riscontrato nel medulloblastoma desmoplastico. Successivamente grazie a studi condotti su diverse linee cellulari coltivate in vitro [28,29] fu dimostrato che MYCN era il principale mezzo grazie al quale Shh poteva esplicare la propria attività mitogena nelle GCPs. In relazione di ciò, studi effettuati da Xiaohua Su e collaboratori (Xiaohua Su et al. 2005) dimostrarono che le cellule dei granuli cerebellari richiedono MYCN durante lo sviluppo, suggerendo che queste sono particolarmente sensibili ai livelli intracellulari di MYCN. Infatti l’overespressione di MYCN all’interno di queste, guida tali cellule 16 germinali ad effettuare il proprio sviluppo più precocemente e in cicli cellulari più brevi, inducendo così un più rapido rinnovo di se stesse, ma allo stesso tempo favorendo una maggiore instabilità genetica e quindi il cancro. 5. LA REGOLAZIONE DI MYCN DA PARTE DI SONIC HEDGEHOG Mentre studi condotti su cervello e pelle hanno dimostrato che il segnale di Shh determina un aumento della trascrizione di MYCN [30,31], è anche chiaro che l’attivazione di Shh conduce ad una stabilizzazione della proteina N-Myc attraverso meccanismi post-trascrizionali [31] (Figura 6). Sebbene il processo dettagliato di tale regolazione non sia stato ancora chiarito del tutto è tuttavia logico supporre che Shh sia in grado di attivare il fosfoinositide-3-chinasi (PI3K, chinasi lipidica coinvolta nella regolazione di numerosi processi cellulari e vitali), capace di regolare i livelli di N-Myc attraverso una destabilizzazione della fosforilazione di NMyc a livello della sua treonina in posizione 50 (Thr-50). In ragione di ciò si è riscontrato che quando Shh è attivo anche i livelli cellulari di PI3K sono alti, ciò si associa alla presenza della glicogeno sintasi kinasi-3β (GSK-3β) in forma fosforilata e quindi inattiva, così come la fosforilazione di MYCN a livello di Thr-50 è bloccata, determinando una stabilizzazione di MYCN. Al contrario, quando il segnale di Shh diminuisce, per un conseguente calo anche dei livelli intracellulari di PI3K, GSK-3β è attivato, conducendo così alla fosforilazione e degradazione di N-Myc. 17 Figura 6. Illustrazione di come Shh regola la progressione e l’uscita dal ciclo cellulare dei precursori neurali attraverso il coinvolgimento diretto e indiretto di N-Myc. 18 MYCN 1. LA FAMIGLIA DEI GENI MYCN E LA LORO STRUTTURA La famiglia dei geni Myc rappresenta un gruppo di proto-oncogeni che codifica per fosfoproteine nucleari coinvolte nella proliferazione e nella regolazione del ciclo cellulare, nel differenziamento, nell’apoptosi e nella trasformazione neoplastica [32,33]. La maggior parte degli studi condotti su questa famiglia di geni, sono focalizzati su tre membri di essa: c-Myc, MYCN e LMYC [34], che quando attivati, sembrano svolgere ruoli importanti nello sviluppo dei vari tumori umani [35]. Tra questi geni, il primo scoperto fu c-Myc, per omologia con V-myc, gene trasformante del virus MC29 della mielocitosi aviaria [36]. Gli altri due membri della famiglia, MYCN e LMYC, furono scoperti più tardi sempre attraverso la loro omologia con V-myc nelle sequenze amplificate delle cellule di neuroblastoma [37] e del tumore del polmone a piccole cellule [38]. A questa famiglia di proto-oncogeni appartengono anche altri tre geni: MYCS, MYCB e MYCP. MYCS e MYCB appaiono interessanti, perché sembra che le proteine da essi codificate sopprimano la trasformazione neoplastica [39-41], al contrario di c-Myc, MYCN e LMYC; mentre MYCP è uno pseudogene che deriva da una regione di MYCL [42]. Analisi filogenetiche hanno mostrato che una duplicazione genica avvenuta precocemente nell’evoluzione dei vertebrati avrebbe prodotto c-Myc e un’altra linea, dalla quale si sarebbero poi originati MYCN e LMYC [43]. I geni Myc possono essere attivati mediante diversi meccanismi, come: l’amplificazione genica [44], la traslocazione cromosomiale [45], 19 l’inserzione provirale [46], la traduzione retrovirale [47] e altri processi non ancora noti. L’importanza dei membri di questa famiglia sembra essere legata alla loro capacità di controllo durante l’espressione genica e le evidenze di ciò sono aumentate quando fu dimostrato che la sequenza della proteina c-myc conteneva una serie di motivi simili a quelli già descritti nei fattori di trascrizione. I primi motivi ad essere identificati furono quelli leucine-zipper già trovati nelle oncoproteine V-fos e V-jun, precisamente localizzati alle estremità Cterminale della proteina [48]. A monte del motivo leucine-zipper fu poi individuato un secondo dominio detto motivo helix-loop-helix [49], presente in numerosi fattori di trascrizione, come ad esempio nelle proteine E12 e E47 [50]. Ulteriori studi hanno rilevato che le proteine Myc contengono anche un tratto di aminoacidi basici che precedono il motivo helix-loop-helix. Tale motivo definito “regione basica” è stato precedentemente identificato nel fattore di trascrizione miogenico MYOD, che si è trovato essere la regione coinvolta nel determinare la sequenza specifica che lega il DNA [51]. Si è visto inoltre che una regione presente all’estremità N-terminale di c-myc ha la capacità di agire come transattivatore trascrizionale [52]. Grazie ad alcuni studi è emerso che le proteine Myc possono formare complessi con il DNA solo a concentrazioni molto elevate, indicando così che queste interazioni non possono essere fisiologicamente significative [53]. Si è quindi pensato che Myc richiedesse l’interazione con una seconda proteina per poter svolgere il suo ruolo di fattore di trascrizione e in relazione a questo successivamente fu identificata una piccola proteina denominata Max [54]. Max è una proteina con lunga emivita (nucleare, ubiquitaria) e simile a Myc, poiché anch’essa contiene motivi basici helix- 20 loop-helix e leucine-zipper. La presenza di tali caratteristiche contribuisce a supportare l’ipotesi che Max possa essere un possibile partner di dimerizzazione di Myc. Da saggi in vitro si è successivamente visto che Max è in grado di formare complessi dimerici con ciascuno dei membri della famiglia Myc ad una concentrazione minore rispetto a quella necessaria per l’omodimerizzazione di Myc. Durante la fase Go l’espressione di Max è elevata e favorisce la formazione di omodimeri Max/Max che reprimono la trascrizione. Al contrario l’aumentata produzione di N-Myc, che si osserva durante l’ingresso nel ciclo cellulare o come risultato di amplificazione genica, induce l’eterodimerizzazione di MYCN/Max. Il dimero Myc-Max (Figura 7) così formatosi si lega al DNA in modo specifico alla sequenza palindromica CACGTG, denominata E-box [55]. Un altro sito di legame tra N-Myc e il DNA è costituito dalla sequenza asimmetrica CATGTG. Queste due sequenze non sono esclusive delle proteine Myc, in quanto vengono anche riconosciute da fattori di trascrizione come USF, TFEB e TFE3. Questo legame induce l’attivazione trascrizionale di una serie indefinita di geni che promuovono il passaggio dalla fase G1 alla fase S del ciclo cellulare e quindi la crescita cellulare [56]. 21 Figura 7. Struttura dell’eterodimero Myc-Max legato al DNA 2. MYCN Il gene umano MYCN fu identificato per la prima volta nel 1983 in linee cellulari di neuroblastoma [37,57], grazie ad una sequenza di DNA che mostra una parziale analogia con il proto-oncogene c-Myc. Il gene MYCN è localizzato sul braccio corto distale del cromosoma 2 e mediante FISH è stato mappato nella regione 2p23-24 [58]. Come già detto, MYCN appartiene alla famiglia dei geni Myc, gruppo genico che mostra una similarità strutturale nei domini helix-loop-helix preposti a legare il DNA con altri fattori di differenziazione transattivanti come MyoD e E2A [59]. Questo motivo è noto non solo per essere 22 responsabile del legame al DNA, ma anche per essere necessario alla dimerizzazione: infatti è probabile che MYCN sia un fattore transattivante coinvolto nella regolazione dell’espressione di geni molto importanti all’interno delle cellule. MYCN è un gene che mostra un comportamento da classico oncogene dominante in cui la sua espressione forzata, generalmente in cooperazione con RAS, può trasformare cellule normali [60-62]. La sua sovra-espressione può inoltre liberare fibroblasti embrionali dalla senescenza [63] e l’aggiunta di un RNA antisenso di MYCN alle linee cellulari di neuroblastoma, che sovraesprimono MYCN, può ridurre la proliferazione o indurre il differenziamento e\o l’apoptosi in esse [64,65]. Il gene MYCN si presenta formato da tre esoni, di cui il primo non viene tradotto mentre gli altri due codificano per la proteina N-Myc. Tale prodotto è una fosfoproteina nucleare con emivita breve (30-50 minuti) [66] che presenta regioni che hanno una elevata omologia con c-myc (complessivamente un’identità del 38% degli aminoacidi) [67]. Come tutte le proteine della famiglia Myc anche N-Myc presente tre specifiche sequenze aminoacidiche [68]: - un dominio globulare N-terminale di transattivazione contenente i Myc Boxes I (MbI) e II (MbII); entrambi presentano regioni ricche in glutamina e prolina, ed una regione acida che è essenziale per tutte le attività biologiche conosciute della proteina N-Myc. Il dominio transattivatore è stato dimostrato essere coinvolto nell’equilibrio tra segnali apoptotici e proliferativi [69], costituendo anche il sito di legame di proteine che regolano l’attività di N-Myc; - una regione intermedia non strutturata; - un dominio C-terminale contenente: una regione basica (BR), coinvolta nel riconoscimento e nel legame specifico al DNA [70], un motivo helix- 23 loop-helix\leucine zipper (bHLH-LZ), responsabile del legame al DNA e dell’attivazione di altre proteine bHLH-LZ come Max e Mad. La similitudine tra N-Myc e c-myc è già ben documentata, infatti entrambe mostrano una elevata omologia nelle regioni codificanti e codificano per proteine nucleari di dimensioni simili. Tuttavia nonostante la somiglianza strutturale e funzionale, l’espressione di MYCN e c-Myc è molto differente per quanto concerne il tessuto, il periodo di sviluppo e il tipo di tumore [71]. c-Myc infatti è ubiquitario e presenta ad alti livelli nelle cellule che proliferano più rapidamente, mentre risulta essere poco espresso o assente durante la quiescenza. L’espressione di MYCN, sebbene presente a bassi livelli in numerosi tessuti neonatali, è espresso a livelli piuttosto elevati in linfociti pre-B, rene, cervello ed intestino, in particolare durante i primi stadi di differenziazione [72-74]. Inoltre mentre c-myc è in grado d’indurre l’apoptosi, qualora venga espresso in modo inappropriato, poco nota è invece l’abilità di N-myc nell’indurre la morte cellulare programmata [75,76]. 24 Figura 8. Struttura della proteina N-Myc. Abbreviazioni: MB I, MB II, “Myc-boxes”; BR, basic region; H1–L–H2, helix1–loop–helix2; Zip, leucine zipper; Trrap, transformation/transcription domain-associated protein [(Pession e Tonelli, Current Cancer Drug Targets 2005,5(4):274-75)] 3. ESPRESSIONE E TRASCRIZIONE DI MYCN Nel 1997 Wakamatsu e i suoi collaboratori scoprirono che MYCN è inizialmente espresso nell’intera popolazione cellulare durante lo sviluppo della cresta neurale. Questa elevata espressione provocherebbe una massiva migrazione verticale della popolazione cellulare della cresta neurale e, successivamente, le cellule migrate nei gangli e nel midollo spinale andrebbero incontro a differenziamento neuronale. L’espressione è invece spenta durante il periodo successivo alla migrazione, fatta eccezione per le cellule sottoposte al differenziamento neuronale. 25 Caratteristicamente infatti le cellule della cresta neurale continuano a dividersi anche in seguito al differenziamento, ne risulta quindi che MYCN è coinvolto nella regolazione del destino della cresta neurale sotto due aspetti: migrazione ventrale e differenziamento neuronale [77]. Il gene MYCN è normalmente espresso nei tessuti embrionali durante le prime fasi del differenziamento, alla nascita rimane espresso nel cervello, rene, polmone ed intestino mentre risulta assente nella maggior parte dei tessuti maturi anche se tuttavia si è riscontrata un’espressione transitoria del gene nei linfociti pre-B [72,78,79]. La trascrizione di MYCN si presenta come un evento piuttosto complesso che ha luogo in numerosi siti che potrebbero essere raggruppati sotto il controllo di due promotori. La molteplicità dei siti d’inizio si combina con splicing alternativo per generare due forme di RNA messaggero. I messaggeri si caratterizzano per il fatto di mostrare diverse sequenze leader 5’ (primi esoni alternativi del gene), ma corpi identici (2° e 3° esone del gene). Il fatto che i primi esoni alternativi contengano distinti opening reading frame, può contribuire nel diversificare il potenziale codificante del gene che riflette la complessità del controllo dell’espressione del gene stesso. Entrambi gli mRNA formatesi, che godono di un’emivita di circa 15 minuti, codificano per due proteine N-Myc del peso molecolare di 65 e 67 KD [80]: queste sono localizzate nel nucleo dove sono legate a DNA a singolo o a doppio filamento [81] e vengono fosforilate da una caseina chinasi II (CK-II) [82], la cui attività è indotta in risposta a mitogeni. 4. AMPLIFICAZIONE DI MYCN L’”Amplificazione” è uno dei meccanismi attraverso cui gli oncogeni, tra cui MYCN, possono essere attivati ed esprimere elevati livelli delle propria 26 proteina, consentendogli così di poter partecipare alla cancerogenesi. Nella maggioranza dei casi l’attivazione aberrante di MYCN dipende da un aumento nel dosaggio del gene, provocato principalmente da una sua amplificazione o in molti casi da più sottili meccanismi come duplicazione o poliploidizzazione del gene stesso [83]. Il termine “Amplificazione” si riferisce ad un aumento nel numero di copie del gene e non deve perciò essere confuso con un’ aumentata espressione di questo, anche se, l’aumento di espressione è certamente la conseguenza generale dell’amplificazione genica. Il tumore nel quale fu riscontrata per la prima volta l’amplificazione di MYCN fu il neuroblastoma, dove esami iniziali suggerirono che tale evento fosse specifico per queste forme di tumore, successivamente però divenne chiaro che l’amplificazione di MYCN poteva riscontrarsi anche in molti altri tumori che mostrano caratteristiche neurali (Tabella 1). Tumore % di tumori con MYCN amplificato PNS tumors Neuroblastoma Small Cell Lung Cancer Retinoblastoma 25–30% 10% 10-20% CNS tumors Medulloblastoma 5-15% Glioblastoma <5% Tabella 1. Frequenza di amplificazione di MYCN in diverse tipologie di tumori del Sistema nervoso. (Pession e Tonelli, Current Cancer Drug Targets 2005,5(4):274-75)] Oltre al neuroblastoma infatti l’amplificazione di MYCN si può riscontrare nel retinoblastoma, medulloblastoma, astrocitoma, glioblastoma e tumore di Wilms [72]. 27 5. AMPLIFICAZIONE MEDULLOBLASTOMA DI MYCN NEL Il medulloblastoma, rappresenta un chiaro esempio di tumore di origine neuroectodermica che manifesta l’amplificazione relativa al gene MYCN. Le cellule granulari sono le cellule nervose maggiormente rappresentate nel cervello e i precursori di tali cellule sono i più comuni bersagli della trasformazione neoplastica nel medulloblastoma che è il più comune tumore maligno del cervello nei bambini [22]. MYCN si presenta come un gene essenziale durante la neurogenesi infatti viene coinvolto sia nella rapida espansione della popolazione dei progenitori cellulari che per l’inibizione del differenziamento neuronale [84]. I topi che presentano una scissione di MYCN nei progenitori cellulari neuronali mostrano ataxia, comportamenti anormali e tremori, inoltre manifestano una diminuzione della massa celebrale di due volte inferiore al normale e una riduzione di almeno sei volte nella dimensione del cervelletto [84]. Nel medulloblastoma l’amplificazione di MYCN è stata riscontrata in una percentuale variabile, infatti dal 5 al 15% dei casi mostrano tale aberrazione [85-90] e in particolare questo evento lo si può riscontrare soprattutto nelle forme di medulloblastoma desmoplastico [91] . MYCN nei precursori delle cellule granulari del cervelletto si presenta come un bersaglio diretto del pathway di Sonic Hedgehog (Shh), infatti MYCN è up-regulated dal segnale di Shh che funziona da regolatore nella progressione del ciclo cellulare. Nell’uomo, mutazioni a carico di Patched 1 (PTCH), antagonista del segnale di Shh, provocano la sindrome di Gorlin, malattia che manifesta un aumento di incidenza di medulloblastoma [92]. A ciò vi si aggiunge che il 20-30 % dei casi di medulloblastoma sporadici presentano mutazioni di PTCH e di altri elementi coinvolti nella via di Shh [93-95]. 28 6. TERAPIA CON ACIDI NUCLEICI PER L’INIBIZIONE SELETTIVA DELL’ONCOGENE MYCN Dato il ruolo determinante dell’oncogene MYCN nella patogenesi dei tumori che lo esprimono, l’interesse si è orientato principalmente sulla possibilità di identificare potenziali inibitori selettivi di MYCN al fine di sviluppare agenti terapeutici in grado di bloccare l’azione del gene e conseguentemente lo sviluppo della patologia. L’inibizione dell’espressione della proteina N-Myc mediante oligonucleotidi antisenso, ottenuti in vitro su neuroblastoma, determina la riduzione della proliferazione e promuove la differenziazione neuronale [73]. Come maggiore limitazione clinica a questa tecnica si è verificata la rapida degradazione dell’oligonucleotide anti-senso da parte di nucleasi. Per ovviare a questa limitazione, è stata presa in considerazione la possibilità di ottenere l’inibizione selettiva del gene MYCN agendo a livello del trascritto, inibendone il processo di trascrizione genica mediante l’ingresso di composti di neosintesi denominati acidi peptido nucleici (PNA), che sono in grado di riconoscere e legare sequenze complementari di DNA, formando così composti stabili e maggiormente resistenti all’azione di nucleasi e proteasi. L’utilizzo di questi agenti ha già ottenuto risultati significativi nell’ambito di strategie messe in atto per l’inibizione di MYCN in cellule di neuroblastoma [96,97]. Si apre la possibilità di ampliare lo spettro di azione di questi composti a forme tumorali la cui patogenesi, similmente al neuroblastoma, è collegata alla sovraespressione di MYCN. 29 PNA ( Peptide Nucleic Acid) 1. STRUTTURA DEI PNA I PNA sono analoghi strutturali degli acidi nucleici, in cui il normale scheletro fosfodiesterico viene sostituito da una catena pseudo-peptidica, formata da monomeri di n-2-amminoetilglicina; questo contribuisce a far sì che ogni unità venga legata ad una appropriata purina o pirimidina in modo da creare le sequenze richieste e poter così ibridizzare l’acido nucleico bersaglio [98]. Le basi azotate vengono legate covalentemente a questa struttura poliammidica attraverso un ponte metilen-carbonilico (Figura 9) [98-99]. Da un punto di vista chimico, i PNA non sono né un acido nucleico e nemmeno dei peptidi, la struttura atipica gli conferisce numerosi vantaggi [100], rispetto gli altri analoghi del DNA, come gli oligonucleotidi fosforotioati. Nonostante tali modificazioni, rispetto gli acidi nucleici naturali, i PNA sono comunque in grado di legare in modo frequenzaspecifico il DNA e l’RNA secondo le regole di appaiamento di WatsonCrick [99,101]; inoltre non sono né molecole ioniche e neppure achirali, quindi, la mancanza di repulsione elettrostatica tra i filamenti rende i duplex ibridi di PNA\DNA e PNA\RNA più stabili rispetto agli omo ed etero-duplex naturali [102]. I PNA sono molecole che non sono substrato per enzimi elettrolitici come proteasi e nucleasi e perciò non vengono degradati all’interno delle cellule e risultano molto stabili nei fluidi biologici [103]. Inoltre in associazione con gli acidi nucleici manifestano una eccezionale stabilità termica che contribuisce a far sì che i PNA possano trovare impiego in diverse applicazioni: 30 - come modello molecolare in biologia e biotecnologia [104]; - come composto guida nello sviluppo di farmaci gene-bersaglio mediante strategie antigene e antisenso [105]; - in campo diagnostico per lo sviluppo di biosensori [106,107]. Figura 9. Struttura chimica di DNA e PNA. Si nota che nel PNA lo scheletro fosfodiesterico del DNA è sostituito da una catena pseudo-peptidica formata da monomeri di N-(2-amminoetil) glicina. B = base azotata. 2. SINTESI E PURIFICAZIONE I PNA possono essere preparati utilizzando i protocolli standard di sintesi in fase solida dei peptidi, avvalendosi di resine come supporto [108]. Lo scheletro è formato da 2-amminoetil-glicine con le basi connesse grazie al loro azoto amminico mediante un linker carbonil-metilenico. Modificazioni postsintetiche dei PNA possono essere introdotte mediante l’accoppiamento di gruppi desiderati ai residui di lisina e cisteina, inseriti 31 durante la fase di sintesi [108,109]. Gli amminoacidi possono essere facilmente introdotti durante la sintesi in fase solida attaccando il gruppo carbossilico al gruppo N-terminale esposto, producendo così ibridi PNAPeptide. La presenza nella chimera del peptide non modifica in modo significativo la struttura del duplex PNA-DNA [110]. La parte finale della sintesi prevede il distacco del PNA dal supporto solido e la purificazione attraverso HPLC. 3. CARATTERISTICHE CHIMICO-FISICHE La stabilità chimica del PNA differisce in modo significativo da quella del DNA, data l’assenza di gruppi funzionali in comune, ad eccezione delle basi azotate. I PNA, essendo composti neutri, presentano una bassa solubilità in acqua rispetto al DNA. Le molecole neutre come i PNA hanno una tendenza a formare aggregati in modo dipendente dalla sequenza dell’oligomero. La solubilità del PNA è anche collegata alla lunghezza dell’oligomero e alle purine: rapporto pirimidinico [111]. Alcune recenti modificazioni, inclusa l’incorporazione di residui di lisina carichi positivamente, hanno mostrato un miglioramento nella solubilità infatti per aumentare la solubilità in acqua, possono anche essere introdotte cariche negative, specialmente nelle chimere PNA-DNA. I coefficienti di estinzione dei monomeri dei PNA non sono ben caratterizzati come quelli di DNA e RNA. Ci si aspetta che gli oligomeri dei PNA abbiano coefficienti di estinzione diversi dalle loro controparti DNA e RNA, poiché lo scheletro peptidico dovrebbe perturbare diversamente il sistema π dei nucleotidi. Per questo motivo, per tutti gli scopi pratici la concentrazione di un oligomero PNA è determinata 32 misurando l’assorbanza a 260 nm a 80°C [112,113]. A tale temperatura, le basi azotate sono considerate completamente distaccate dallo scheletro che non può più perturbare il sistema π delle basi infatti a 260 nm il contributo dello scheletro all’assorbanza è molto piccolo. I PNA possono ibridizzare con le sequenze complementari di DNA o RNA secondo due modalità: 1) La modalità “classica”prevede che i PNA contenenti le quattro basi azotate naturali ibridizzino con gli acidi nucleici complementari seguendo le regole di appaiamento delle basi, esposte da Watson-Crick. Questo farebbe in modo che si formino duplex PNA-DNA o PNA-RNA che somiglino alla forma B del DNA [114,115]. 2) La seconda modalità deriva dall’unione tra il modello di WatsonCrick e quello di Hoogsteen. Generalmente questo secondo schema si viene a verificare per quei PNA che contengono solo pirimidine (T o C) e che ibridizzano con sequenze complementari di DNA a doppio filamento. Secondo questo schema il PNA invaderebbe la doppia elica del DNA ibridando così con la sequenza target, nel frattempo il secondo filamento di DNA verrebbe allontanato facendo sì che formi un “D” loop [98]. Ne deriva quindi che l’applicazione di tale modalità permetta la formazione di un triplex PNA-DNA-PNA [116,117,118], in cui una parte del PNA si lega alla sequenza target secondo le regole di appaiamento formulate da Watson-Crick, mentre l’altra porzione del PNA formerebbe il terzo filamento del triplex con un appaiamento Hoogstein [99,116]. 33 Poiché i PNA hanno uno scheletro neutro, la loro ibridazione non è influenzata dalla repulsione elettrostatica tra i filamenti che caratterizza, invece, i duplex DNA ed RNA. L’ibridizzazione PNA-acido nucleico è molto sensibile ai mismatch, infatti si è visto che i PNA si legano preferenzialmente alle sequenze complementari, più debolmente a quelle che contengono un mismatch e non si appaiano a quelle contenenti due mismatch [119]. L’effetto di un mismatch sulla temperatura di Melting (Tm) è molto significativo e assume maggiore valore quanto più la lunghezza del PNA è breve. La temperatura di Melting (Tm), definita come la temperatura alla quale il 50% dei complessi sono dissociati, fornisce un’idea della stabilità dei duplex PNADNA o PNA-RNA. Per esempio il PNA con sequenza H- TGTACGTCACAACTA-NH2 può formare un duplex antiparallelo con il DNA complementare, che ha una Tm pari a 70°C, mentre il corrispondente duplex DNA-DNA presenta una Tm pari a 53°C. Inoltre la stabilità termica del duplex PNA-RNA è maggiore di quella del duplex PNA-DNA [120]. Le associazioni PNA-DNA sono estremamente sensibili; l’impatto di un mismatch sulla Tm è significativo ed è tanto più significativo quanto più la lunghezza del PNA è breve. Nella tabella (Tabella 2) viene mostrato l’effetto di alcune modificazioni sulla Tm di associazione di un duplex DNA-PNA; si nota come la sola sostituzione di una G con una A riduca di ben 14.2°C la temperatura di melting [121]. Gli acidi peptico nucleici possono anche legarsi a sequenze complementari di PNA stesso per formare duplex estremamente stabili di PNA-PNA. L’incremento della stabilità termica del duplex PNA-PNA rispetto al corrispondente duplex DNA-DNA è fondamentalmente dovuta all’assenza di una significante repulsione elettrostatica tra i due filamenti nel formare il complesso. 34 I PNA ricchi di purine tendono ad aggregare tra loro e per evitare ciò è necessario che all’interno di una finestra di 10 basi siano presenti al massimo 7 purine. Tabella 2. Stabilità termica di un duplex PNA/DNA PNA sequenze DNA sequenze Tm H-egl-GGCAGTGCCTCACAA-NH2 5’-TTGTGAGGCACTGCC-3’ 72.3°C 5’-TTGTGAGACACTGCC-3’ 58.1°C 5’-TTGTGAGGCGCTGCC-3’ >85°C 5’-TTGTGAGGCACTGCC-3’ 69.9°C H-egl-GGCAGCGCCTCACAA-NH2 4. APPLICAZIONI DEI PNA L’elevata stabilità in vivo, la specifica ibridizzazione con gli acidi nucleici e la mancanza di tossicità, anche a concentrazione elevate, hanno reso i PNA molecole promettenti per le applicazioni terapeutiche. Grazie alla loro abilità nel legarsi sia al DNA che all’RNA, i PNA presentano significativi effetti nei processi di replicazione, trascrizione e traduzione, e quindi possono essere impiegati sia come antigene (interferendo con la trascrizione di un particolare gene) che come antisenso (inibendo la traduzione del mRNA) (Figura 10). 35 A B Figura 10. Strategia anti-gene (A) e antisenso (B) dei PNA. Infatti i PNA si sono rivelati in grado di bloccare l’espressione genica mediante due differenti modi: - inibendo la trascrizione attraverso legame al DNA (strategia antigene); - inibendo la traduzione attraverso il legame all’mRNA (strategia antisenso). I PNA sono in grado di arrestare il processo trascrizionale grazie alla loro capacità di invadere la doppia elica del DNA e formare un complesso o una tripla elica stabile. I PNA possono legarsi al DNA per inibire l’iniziazione e l’allungamento da parte dell’RNApolimerasi [105,122,123]. Essi possono anche essere progettati per legarsi ai siti di legame per i fattori di trascrizione all’interno del promotore ed inibire così il legame e l’azione dei corrispondenti fattori di trascrizione [124]. Se il PNA viene indirizzato contro un sito promotore si impedisce l’associazione della polimerasi e quindi la formazione di RNA eteronucleare. Se i complessi PNA-DNA sono localizzati a valle del promotore questi possono bloccare la progressione della polimerasi e 36 l’allungamento della trascrizione, producendo così RNA trascritti troncati [105,125,126]. I triplex costituiti da due molecole di PNA e da DNA arrestano la trascrizione in vitro e sono capaci di agire come un agente antigene [121]. Gli oligonucleotidi, usati come antisenso, bloccano la traduzione attivando la ribonucleasi H (Rnasi H) che digerisce l’eteroduplex RNA\DNA, oppure creando un ingombro sterico nell’apparato di traduzione. Ciò che è utile spiegare è che i PNA non sono in grado di agire come antisenso attivando l’Rnasi H, dato che questa non riconosce l’eteroduplex PNA\RNA e che quindi normalmente, il loro effetto antisenso è basato sul blocco sterico nel processo di trasporto nel citoplasma dell’RNA o dell’apparato di traduzione. Infatti da risultati di esperimenti condotti in vitro sulla traduzione si è giunti a conclusione che i PNA sono capaci di inibire la traduzione del target ibridando con lo start codon AUG [127]. Mediante l’utilizzo di tre differenti tipi di PNA è stato possibile bloccare l’attività in vitro dell’espressione del gene PML\RARα [128]. Il primo tipo di PNA era complementare al sito di inizio AUG, il secondo si legava ad una sequenza nella regione codificante AUG e il terzo era complementare alla regione 5’UTR. Insieme questi PNA raggiungevano un’inibizione superiore al 95% ed inoltre il PNA progettato contro la regione 5’-UTR risultava più efficace se impiegato da solo, dato che impedisce il legame del ribosoma. I PNA possono bloccare anche i siti di splicing e alterare la produzione delle varianti di splicing. In questi meccanismi, l’mRNA rimane intatto e l’efficacia dell’approccio può essere valutata osservando la diminuita o alterata espressione della proteina. Si è anche visto che miscele di diversi PNA sono in grado di inibire la traduzione anche a concentrazioni molto inferiori rispetto a quelle usate se ciascuno di essi venisse utilizzato da solo [128]. 37 5. UPTAKE DEI PNA IN VIVO E IN VITRO Lo scarso uptake cellulare dei PNA è considerato il maggiore ostacolo nella prospettiva di utilizzarli come agenti terapeutici. Usando vescicole fosfolipidiche (liposomi), come modello di membrane cellulari, Wittung e collaboratori hanno dimostrato che i PNA hanno una velocità di efflusso dai liposomi molto lenta (t1\2 di 5,5 e 11 giorni per due PNA di 10 nucleotidi) [129]. Da questi esperimenti si è quindi concluso che l’entrata dei PNA nelle cellule, per diffusione passiva, è particolarmente lenta. Anche altri studi, hanno evidenziato che l’entrata dei PNA in alcune cellule e linee cellulari è eccessivamente lenta se non addirittura non individuabile. In contrasto a ciò però numerosi gruppi hanno riscontrato che alcune cellule sono soggette all’entrata dei PNA grazie a specifici meccanismi di trasporto per queste molecole [122]. Ciò è stato riportato, sia in studi in vitro che in vivo, applicati a cellule neuronali di ratto. Nei neuroni di ratto in coltura, non solo i PNA venivano assorbiti dalle cellule ma mostravano anche un’inibizione dell’espressione dei geni target, dipendente dal tempo e dalla dose applicata [130]. L’up-take da parte dei neuroni è stato mostrato anche in vivo, infatti quando i PNA venivano iniettati nel cervello del ratto, questi erano in grado di diminuire l’espressione del gene target mostrando un’azione antisenso [131]. Inoltre, numerosi gruppi hanno dimostrato che se iniettati per via endovenosa o intraperitoneale, i PNA potevano attraversare la barriera ematoencefalica ed entrare nei neuroni, provocando così una risposta antisenso [122,130]. Quindi l’up-take dei PNA sembra dipendere dal tipo cellulare. Infatti successivamente si è visto che usando elevate concentrazioni di PNA e lunghi tempi di incubazione, è possibile indurre l’up-take dei PNA anche da parte di mioblasti, fibroblasti, linfociti e altri tipi cellulari [121,132]. Per 38 facilitare l’up-take dei PNA nelle cellule eucariotiche sono stati proposti numerosi metodi, quali: - permeabilizzazione della membrana cellulare con lisolectina [123] o detergenti come Tween [133]; - temporanea permeabilizzazione con streptolisina 0 [134]; - modificazioni dei PNA con motivi idrofobici [135]; - impiego di vescicole di trasporto, quali i liposomi; - coniugazione del PNA a ligandi recettoriali o ad anticorpi che inducono l’endocitosi recettore-mediata dei rispettivi coniugati [136]; - coniugazione con peptidi che promuovono la traslocazione attraverso la membrana cellulare [137] e il targeting in compartimenti specifici [126], la classe dei cosiddetti CPP (Cell Penetratine Peptides) sta crescendo rapidamente. Ad esempio studi differenti hanno dimostrato che penetratina [138] e trasportàno [137] sono in grado di trasportare i PNA attraverso la membrana citoplasmatica in cellule eucariotiche. Inoltre costrutti PNA-NLS (Nuclear Localisation Signal) aumentano l’up-take cellulare dei PNA e facilitano il loro trasporto dal citoplasma al nucleo [126]; - legame del PNA ad una sequenza di DNA in una catena oligonucleotidica lineare e coniugazione della chimera PNA\DNA con lipidi cationici [139]; - microiniezione [105]; - elettroporazione. 39 SCOPO DELLA TESI Il medulloblastoma è il più comune tumore celebrale maligno che insorge durante l’infanzia. Malgrado l’integrazione di diverse modalità terapeutiche abbiano migliorato la sopravvivenza a questa malattia, la prognosi per il medulloblastoma (MB) rimane ancora infausta. Infatti il tumore è ancora incurabile in circa un terzo dei pazienti mentre i restanti risentono del trattamento subito, che ha conseguenze spesso devastanti, sia a livello neurologico, che a livello neurocognitivo e psicosociale. Non è quindi possibile un’ulteriore intensificazione delle terapie convenzionali, intervento chirurgico e radioterapia, nei pazienti ad alto rischio, senza che vi sia un’inaccettabile tossicità. Ne deriva quindi che i farmaci che hanno come bersaglio i diversi segnali cellulari dei vari pathway coinvolti nella formazione del medulloblastoma, offrono una valida alternativa al convenzionale approccio citotossico nel trattamento di questo tumore. Il medulloblastoma, come altre forme di tumore di origine nervosa, viene annoverato tra i “Primitive neuroectodermal tumors” (PNETs), data la sua origine dal neuroectoderma primitivo, più precisamente dalle cellule progenitrici dei granuli del cervelletto, la cui proliferazione è regolata dal “Pathway Hedgehog”. Elemento cardine di questa via è la glicoproteina Sonic hedgehog (Shh) che svolge un importante ruolo nella regolazione della proliferazione e del differenziamento cellulare durante lo sviluppo embrionale e dell’omeostasi nei tessuti adulti. Tra i principali bersagli del Pathway di Shh spicca sicuramente il gene MYCN, di cui ne regola l’attivazione. MYCN è un membro della famiglia dei geni Myc e si caratterizza per il suo coinvolgimento durante la neurogenesi, nella rapida espansione dei progenitori dei granuli del cervelletto e nell’inibizione del differenziamento neurale. 40 Anche nel medulloblastoma come in altri tumori di origine neuroectodermica si può riscontrare un’amplificazione del gene MYCN, generalmente questo evento si presenta con una percentuale che varia tra il 5 e il 15% dei pazienti, in particolare in quelli affetti da medulloblastoma di tipo desmoplastico. Si suppone quindi che l’inibizione selettiva di oncogeni sovraespressi, quali MYCN, possa fornire un’opportunità per ridurre la proliferazione delle cellule tumorali; a tale scopo verranno utilizzate molecole sintetiche che interferiranno con la trascrizione e\o traduzione di questi geni. Esempio di queste molecole è il PNA, omologo sintetico strutturale degli acidi nucleici capace di legarsi in modo specifico a sequenze di DNA o RNA e inibire l’espressione genica mediante il blocco di processi di trascrizione (antigene) o di traduzione (antisenso). Lo scopo di questa tesi è quello di dimostrare come grazie ad un PNA selettivo per il gene MYCN sia possibile indurre un’inibizione dell’espressione del gene e quindi una riduzione della capacità di proliferazione e di differenziamento delle cellule neoplastiche nel quale esso è sovraespresso. Infatti un PNA antigene che è in grado di inibire la trascrizione di tale gene agisce come agente terapeutico contribuendo a rendere il tumore meno aggressivo e quindi più sensibile anche all’utilizzo di altri farmaci. Se il PNA nel corso dei diversi studi desse i risultati sperati, esso potrebbe rappresentare un valido supporto e contributo ai convenzionali trattamenti usati per la cura di questo tumore. In ragione di ciò il PNA è stato testato in linee cellulari di medulloblastoma (DAOY, ONS 76, D341med e D556med) che mostrano un’overespressione relativa al gene MYCN. Dopo la progettazione e la sintesi del PNA si è verificata la sua capacità di penetrazione fino al nucleo delle cellule grazie all’analisi al microscopio a fluorescenza dell’uptake cellulare di un PNA-NLS rodaminato. Durante la 41 tesi verranno analizzate le modifiche indotte da PNAwt AG alle cellule sia da un punto di vista morfologico che proliferativo ma anche relativo alla trascrizione del gene MYCN. L’analisi verrà effettuata mediante PCR quantitativa Real-time, grazie alla quale è possibile quantificare l’espressione differenziale di MYCN tra le cellule trattate e non. Verrà inoltre effettuata una valutazione mediante Western Blot, al fine di verificare l’effettiva corrispondenza tra livelli genici e proteici, data la possibile esistenza di modificazioni tra trascrizione e traduzione di N-myc. 42 MATERIALI E METODI 1. LINEE CELLULARI Tutti gli esperimenti fatti sono stati condotti su diverse linee cellulari di medulloblastoma: DAOY, ONS 76, D341med e D556med. Le DAOY (Foto 1A) sono una particolare linea cellulare di medulloblastoma cerebellare desmoplastico, che fu stabilizzata per la prima volta nel 1985 da P.F.Jacobsen al Royal Perth Hospital in Australia. Questa linea fu ottenuta da materiale bioptico estratto da un tumore celebrale sviluppatosi a livello della fossa posteriore in un bambino di quattro anni. Sebbene il tumore originale presentasse delle caratteristiche di differenziazione sia neuronale che gliale, queste non venivano mantenute dalla linea cellulare estratta. Per quanto riguarda le D341med (Foto 1C cellule), anch’esse rappresentano una linea cellulare di medulloblastoma che venne stabilizzata nel 1988 da parte di Friedman e i suoi collaboratori. Tale linea, ottenuta da tessuto tumorale estrato da un bambino affetto da medulloblastoma, è caratterizzata dal fatto che manifesta positività nell’esprimere proteine neurofibrillari, glutamina sintetasi e neuroni specifici enolose ma al contrario risulta negativa riguardo le proteine Gfap e S100. Ulteriore caratteristica di estrema importanza inerente a questa linea è rappresentata dalla dimostrazione relativa all’amplificazione dell’oncogene c-Myc. Sebbene le linee cellulari utilizzate risultino diverse tra loro sia da un punto di vista morfologico che colturale, sono accomunate però dalla medesima origine istologica, infatti sono ottenute dal sistema nervoso centrale e più 43 precisamente dal cervelletto. Oltre al fatto che essendo linee cellulari di natura tumorale sono in grado di dividersi in modo continuo ed illimitato. In relazione alla eterogeneità del tumore, alcune linee cellulari si presentano adese mentre altre in sospensione. A questa ultima categoria infatti vi appartengono le D341med e le D556med (Foto 1D), linee cellulari in sospensione in cui le singole cellule di aspetto sferoidale tendono ad avvicinarsi formando aggregati, anche di dimensione piuttosto notevoli, definiti cluster. Al contrario le DAOY e le ONS 76 (Foto 1C), si presentano come due linee cellulari di medulloblastoma che tendono a crescere adese con una disposizione monolayer e una forma oblunga definita “neuronal like” (ovvero di forma simile a neuroni) in relazione alla loro origine nervosa. Ulteriore caratteristica di diversità tra le linee utilizzate, è in relazione all’ambiente culturale, infatti ognuna di essa presenta un proprio terreno di sviluppo: DAOY: MEM 10% FBS (Fetal Bovin Serum) 1% P\S (Penicillina e Streptomicina) 1% Glutammina ONS 76: DMEM 15% FBS (Fetal Bovin Serum) 1% P\S (Penicillina e Streptomicina) 1% Glutammina 44 D341med e D556med: Improved MEM più Zn++ 20% FBS (Fetal Bovin Serum) 1% P\S (Penicillina e Streptomicina) 1% Glutammina Tutte le linee cellulari sono state coltivate in fiasche di polistirene T25 (Falcon) e conservate in incubatori alla temperatura di 37°C, a una percentuale di CO2 pari al 5%. Per mantenere ed amplificare le cellule in coltura, si sono dovute effettuare delle diluizioni in cui una volta tolto il terreno dalla fiasca, le cellule sono state lavate con PBS 1x (Sigma) al fine di rimuovere tutti i residui di terreno, in particolar modo di siero, che possono inibire l’effetto del citrato; dopo di che è stato aggiunto citrato 1x fino a coprire il fondo della fiasca, che viene incubata per 5 minuti, o comunque fino a che le cellule non si siano staccate. Il citrato viene poi neutralizzato con PBS 1x e le cellule raccolte in provette vengono centrifugate a 1100rpm (in centrifuga di diametro di 23cm) per 5 minuti; mentre il sovranatante ottenuto viene buttato, il pellet viene diluito con terreno completo, precedentemente riscaldato a 37°C. Per quanto riguarda le cellule in sospensione, D341med e D556med, quando necessario sono state raccolte in una provetta e centrifugate anch’esse a 1100rpm per 5 minuti in modo tale da poter ottenere un pellet di cellule che verrà diluito a seconda delle necessità. 45 A B C D Foto 1. Linee cellulari di medulloblastoma : DAOY (A), ONS 76 (B), D341med (C) e D556med (D). 46 2. VALUTAZIONE DELLA CRESCITA CELLULARE CON SAGGIO ATPlite Il Saggio ATPlite (luminescente ATP detection Assay sistem, Perchin Elmer) rappresenta un sistema di monitoraggio della crescita cellulare basato sulla luciferasi della lucciola Photinus Pyralis. Questa tecnica è stata utilizzata per realizzare curve di crescita di 24, 48, 72, 96 e 120 ore sulle linee cellulari di medulloblastoma. L’ATP può essere considerato un valido marker della vitalità cellulare, essendo presente in tutte le cellule metabolicamente attive ed oltre al fatto che mostra un rapido calo di concentrazione nel caso in cui le cellule vadano in contro a necrosi o apoptosi. Conseguentemente se ne deriva che valutando la presenza di ATP all’interno della cellula è possibile capire quante cellule siano vive e quante morte. Una volta aggiunto l’enzima Dluciferasi alle cellule lisate, l’ATP fuoriuscito da queste reagisce con la Dluciferina producendo una quantità di luce che è proporzionale alla concentrazione di ATP presente, e quindi in maniera indiretta, si riesce a risalire al numero di cellule presenti. ATP + D-luciferin +O2 Mg++ ---------------------------- > Oxyluciferin + AMP + PPi +CO2 D-Luciferasi +LUCE Figura 11. Schema della reazione La luce prodotta viene rivelata mediante l’uso dello strumento Wallac Victor 1420 Multylabel Counter. L’inizio di tale valutazione ha luogo con la semina delle cellule (in terreno completo) fino a raggiungere un volume finale di 100μl\pozzetto. Le cellule vengono seminate su piastre P96 caratterizzate da pozzetti con 47 fondo trasparente e bordi opachi al fine di ridurre la dispersione della luce emessa durante la reazione. Per ogni tempo di semina sono stati piastrati almeno 5-6 pozzetti, per avere un numero di repliche statisticamente valido; sono stati inoltre lasciati liberi alcuni pozzetti per i BIANCHI, contenenti solo terreno completo, e gli STANDARD, al fine di creare un’ipotetica curva lineare di valutazione. Alla fine di ogni periodo di semina la piastra è stata così trattata: 1) sono stati seminati 100μl di terreno di coltura completo nei pozzetti destinati ai BIANCHI e agli STANDARD; 2) sono stati aggiunti a tutti i pozzetti 50μl di Mammalian Cell Lysis Solution necessario per far fuoriuscire l’ATP dalle cellule e inattivare le ATPasi endogene. Le piastre sono poi state agitate per 5 minuti a 700rpm; 3) ai 5 pozzetti destinati agli standard vengono aggiunti 10μl di soluzione acquosa contenete concentrazioni crescenti di ATP. Nuovamente le piastre vengono poste sull’agitatore per 5 minuti a 700rpm; 4) sono stati infine aggiunti 50μl di SUBSTRATE SOLUTION, che permette di stabilizzare la reazione dell’ATP, e di nuovo agitate le piastre per 5 minuti a 700rpm; 5) la piastra viene posta al buio per 10 minuti, dopo di che poste nello strumento a stabilire la luminescenza prodotta. 48 I dati ottenuti sono stati elaborati con il programma GraphPad Prism 4.0 e con Microsoft Excel. 3. PROGETTAZIONE DEL PNA Per il disegno del PNA anti-gene è stata selezionata una sequenza di 16 basi nell’esone 2 di MYCN (bp1650-1665: 5’-ATGCCGGGCATGATCT3’; Genbank Accession no.M13241). Sono stati progettati 2 PNA antigene, uno senso e uno antisenso. Il PNA senso ibridizza con il filamento antisenso del gene, quello antisenso si lega al filamento senso. Il PNA non è potuto essere progettato in laboratorio mediante i software usati per la progettazione dei primer, a causa delle diverse proprietà termodinamiche. In laboratorio è stato sviluppato un programma in linguaggio C per generare popolazioni di PNA seguendo alcune regole specifiche: - lunghezza massima: 18 basi - numero massimo di purine in una sequenza di 10 residui: 6 - numero massimo di G consecutive: 3. Il programma di omologia BLAST è stato utilizzato per verificare la specificità delle sequenze. Poiché per svolgere la sua funzione antigene il PNA deve entrare nel nucleo delle cellule, il PNA viene coniugato all’estremità N-terminale con un peptide di localizzazione nucleare, NLS (Nuclear Localisation Signal), con sequenza amminoacidica PKKKRKV, in grado di mediare il trasferimento attraverso la membrana nucleare. Complessivamente la sequenza del PNA anti-gene senso-NLS è: 49 5’-H-ATGCCGGGCATGATCG-PKKKRKV-NH2-3’. Per valutare la specificità d’azione del PNA è stato sintetizzato un PNA antigene mutato di sequenza complementare tranne che per la sostituzione di 3 basi. La sequenza del PNA antigene mutato-NLS è: 5’-H-GTGCCGAGCATGGTCT-PKKKRKV-NH2-3’. 4. SINTESI, PURIFICAZIONE E CARATTERIZZAZIONE DEI PNA Il PNA è stato sintetizzato nei laboratori del dipartimento di chimica organica ed industriale dell’Università di Parma (Prof. Roberto Corradini) e purificato tramite HPLC; è stato disciolto in acqua bidistillata ed è stato quantificato mediante lettura allo spettrofotometro (BECKMAN) a 260nm. I coefficienti di estinzione molare del PNA anti-gene senso-NLS è 154100 M-¹cm -¹, mentre quello del PNA anti-gene mutato-NLS è 158400M-¹cm-¹. Il peso molecolare del PNA anti-gene senso-NLS è 5235, quello del PNA antigene mutato-NLS è 5250. 5. TRATTAMENTO DELLE CELLULE CON PNAs-NLS ANTI-MYCN Il PNA (Peptide Nucleic Acid) anti-gene è stato testato su tutte le linee cellulari di medulloblastoma. Le cellule in un primo momento sono state staccate o prelevate dalla fiasca T25, a seconda che si tratti di cellule adese o in sospensione, contate tramite colorazione Tripan Bleu, in cui a 20µl di 50 sospensione cellulare sono stati aggiunti 20µl di Tripan Bleu Solution 0,4% (SIGMA). L’utilizzo del colorante Tripan Bleu non è solo un utile strumento per poter fare una stima approssimativa del numero di cellule presenti, ma rappresenta anche un valido supporto per poter valutare la vitalità cellulare. Infatti questo colorante viene generalmente escluso dalle cellule vitali, per cui solo le cellule morte che hanno la membrana permeabile, risultano di colore blu. Le cellule vive invece si presentano chiare e di aspetto traslucido. La mix formatasi viene caricata nella camera di Burker, che viene posta al microscopio ottico rovesciato Wilovert (Wetzlar) per consentirne la conta. Il numero totale di cellule viene calcolato utilizzando la seguente formula: N°di cellule \ml = n°di cellule medio per quadrato X 104 X 2 (= fattore di diluizione del colorante) Le cellule vengono seminate sulla piastra P96 (con bordi dei pozzetti opachi) almeno un giorno prima del trattamento, al fine di consentire loro di poter aderire al fondo del pozzetto, nel caso si tratti di cellule adese, o di formare cluster, nelle cellule in sospensione. E’importante sottolineare che affinché il trattamento con il PNA abbia successo, è necessario che la semina delle cellule avvenga in un terreno privo di siero. Questo è compatibile con il fatto che la presenza di siero impedisce l’entrata del PNA all’interno delle cellule. Ne deriva che ad ogni pozzetto sono stati aggiunti 90µl di terreno di base (che varia a seconda della linea in questione) più L-glutammina 1X e Pennicillina\Streptomicina 1X. Il giorno seguente ad alcuni pozzetti viene aggiunto una concentrazione di 10µM\l di PNA anti-gene senso-NLS (PNAs-NLS). Altri pozzetti di cellule 51 sottoposte allo stesso procedimento, non verrano trattate con il PNA, con lo scopo che possano fungere da controllo negativo. Contemporaneamente a queste, alcuni pozzetti verranno usati per il trattamento con il PNA antigene mutato (PNAmt-NLS). Le cellule così trattate verranno poste in incubatore per 6 ore, tempo che si ritiene necessario affinché il PNA possa penetrare nelle cellule. Al termine di questo periodo ad ogni pozzetto viene aggiunto FBS ad una concentrazione del 4% , dopo di che le cellule vengono riposte nuovamente nell’incubatore. Secondo queste modalità sono stati eseguiti due tipi di esperimento: 1- le cellule sono state trattate per 24, 48, 72, 96 e 120 ore al fine di valutare la crescita mediante il saggio ATPlite; 2- le cellule sono state trattate per 12 ore per poi estrarne l’RNA. 6. ESTRAZIONE DELL’RNA E RETROTRASCRIZIONE MEDIANTE RT-PCR L’RNA totale è stato estratto dalle linee cellulari di medulloblastoma non trattate e trattate con PNAs-NLS e con PNAmt-NLS, dopo un tempo di 12 ore di trattamento, da un numero di cellule compreso tra 50-100 x 10³. L’estrazione dell’RNA è stata effettuata utilizzando il kit RNeasy Mini Kit della Qiagen (Santa Clarita, CA). Le cellule sono state raccolte e centrifugate una prima volta nel terreno a 300 x g, poi dopo un lavaggio in PBS1x, centrifugate nuovamente alla medesima velocità, allo scopo di eliminare qualsiasi residuo di terreno che potrebbe ridurre l’efficienza dell’estrazione. A questo punto il pellet ottenuto è stato risospeso in 350µl di soluzione lisante, costituita da β-mercaptoetanolo e Buffer RLT, in una 52 proporzione 1:100. Il lisato di cellule viene omogeneizzato aspirandolo per 20 volte con una siringa munita di ago 20G (0,9 mm di diametro) dopo di che ad esso è stato aggiunto un volume di 350µl di etanolo al 70% per far precipitare gli acidi nucleici appena liberati. Successivamente i 700µl di campione sono stati trasferiti in una colonnina (RNasy mini column) posta in una collection tube e centrifugati per 15 secondi a 8000 x g, affinché l’RNA venga adsorbito dalla membrana. Sono stati aggiunti 350µl di Buffer RW1 e centrifugati per 15 secondi a 8000 x g. Al fine di rimuovere completamente il DNA è stata aggiunta direttamente sulla membrana una mix costituita da 10µl di DNasi I e 70µl di Buffer RDD. La colonnina con all’interno la mix è stata lasciata a temperatura ambiente per 15 minuti. Quindi alla colonnina sono stati aggiunti 350µl di Buffer RW1 e centrifugati per 15 secondi a 8000 x g. La colonnina è stata trasferita in un nuovo collection tube da 2 ml, sono stati aggiunti 500µl di Buffer RPE (addizionato di etanolo) e sono stati centrifugati per 15 secondi a 8000 x g. E’stato fatto un ulteriore lavaggio con Buffer RPE ed è stato centrifugato per 2 minuti a 8000 x g. Altri 500µl di Buffer RPE sono stati aggiunti alla colonnina e centrifugati per 2 minuti a 8000 x g. Infine per consentire alla membrana di asciugarsi, il tutto viene fatto centrifugare per 1 minuto alla massima velocità. La colonnina è stata trasferita in nuovo collection tube da 1,5ml e l’RNA è stato eluito mediante l’aggiunta di 30\50µl di RNeasyFree water direttamente sulla membrana e centrifugato per 1 minuto a 8000 x g. L’RNA totale recuperato da ciascun campione è stato quantificato tramite lettura allo spettrofotometro Nanodrop ND-1000 (Nano Drop Technologies, Wilmingon, DE) presso il dipartimento di Biochimica, ad una lunghezza d’onda di 260nm. 53 L’RNA ottenuto è stato retrotrascrtto a cDNA utilizzando la retrotrascrittasi inversa “SuperScript ™ II” (Invitrogen ™). La reazione di retrotrascrizione prevede la preparazione di una prima mix contenente, per ogni campione, 1µl di dNTP 10mM, 1µl di Oligi dT 0,4µl, 500ng-1 µg di RNA totale e acqua sterile fino a raggiungere un volume di 10µl. Tale mix è stata posta nel termociclatore (PTC 225; Mj research, Watertown, MA) a 65°C per 5 minuti (al fine di denaturare l’RNA e i Oligi dT) e poi a 4°C per 1 minuto. A questo primo step, definito STEP 2RT, ne segue un secondo, STEP 4RT, in cui viene aggiunta una seconda mix, costituita da 2µl di Buffer 10X, 4µl di MgCl2 25mM, 2µl di DTT 0,1M e 1µl di RNeasy Out 40U/µl. Il tutto viene posto nel termociclatore a 42°C per 2 minuti. Successivamente alla miscela di reazione è stato aggiunto 1µl di SuperScript 2 (50U/µl), STEP 6RT, e la retrotrascrizione è stata effettuata con il seguente programma: 42°C per 50 minuti, 70°C per 15 minuti e 4°C fino allo step successivo. Per ultimo si aggiunge 1µl di RNeasy H a tutti i campioni, che vengono poi incubati a 37°C per 20 minuti. L’aggiunta di RNasi H nell’ultimo step, STEP 8 RT, ha lo scopo di consentire la digestione dei dupplex RNA/DNA. I campioni ottenuti vengono poi conservati ad una temperatura di -20°C. 7. PROGETTAZIONE PRIMERS La scelta delle sequenze è stata effettuata con l’ausilio dei programmi (per elaboratore Macintosh) Amplify 1.2 ed Oligo 6.6. Il programma Oligo 6.6 è in grado di leggere una sequenza di DNA e di progettare su di essa i primers senso e antisenso. Tali sequenze vengono successivamente analizzate con il programma Amplify 1.2, che mostra il 54 match tra i primer ed il DNA, la lunghezza del trascritto risultante e la presenza di eventuali dimeri di primers o bande aspecifiche. Per ogni coppia di primers è stato verificato che non ci fossero regioni di autocomplementarietà, o di complementarietà reciproca, e che la temperatura di Melting (Tm) dei 2 primers fosse simile. Tramite i programmi del gruppo Blast (Basic Local Alignment Search Tool, www.ncbi.nlm.nih.gov\blast\Blast), si è verificato che le sequenze identificate tra tutte quelle note e conservati nella banca dati UCISC, fossero specifiche per il gene studiato e non si appaiassero in altri punti del genoma. Con il programma ClustalW (www.ebi.aci.uk\clustalw) è invece stato controllato che i primers fossero specifici per l’organismo (Homo Sapiens o Mus Musculus, a seconda dei casi). 8. PCR QUALITATIVA Per la reazione di PCR del cDNA di MYCN è stata utilizzata una coppia di primer progettata in base alla sequenza di questo gene depositata in EMBL come HSNMYC01 1-6788bp. I due primer sono stati progettati utilizzando i software Primer e Amplify. La specificità delle sequenze è stata valutata utilizzando il programma di omologia BLAST. Le sequenze dei due primers sono: Primer senso: 5’- CGA CCA CAA GGC CCT CAG T-3’ Primer antisenso: 5’- TGA CCA CGT CGA TTT CTT CCT-3’ Essi hanno Tm, rispettivamente, di 61°C e 59,1°C. 55 La miscela di reazione PCR è costituita da Buffer 1X (Eppendorf), dNTP 0,2mM, MgCl2 2mM, 0,2µM di ciascu primer, 1U di Taq DNA polimerasi (Eppendorf) e 250ng di cDNA, in un volume finale di 50µl. Le condizioni di PCR che sono state utilizzate sono le seguenti: - denaturazione preliminare a 96°C per 1 minuto; - 35 cicli di: denaturazione a 94°C per 30 secondi, annealing a 60°C per 1 minuto, estensione a 72°C per 1 minuto; - passaggio a 75°C per 6 minuti; - permanenza finale a 4°C. La reazione di PCR è stata effettuata in un termociclatore PTC-225. 8µl dei prodotti di amplificazione sono stati analizzati mediante corsa elettroforetica su gel di agarosio al 2%, con 0,5µg\ml di bromuro di etidio, in un buffer 0,5X TBE. Insieme ai campioni è stato fatto correre su gel anche un marcatore di peso molecolare marker XIV (Roche). Le bande ottenute sono state fotografate. 9. REAZIONE DI PCR QUANTITATIVA REAL-TIME (SYBR GREEN) La PCR quantitativa Real-Time è stata realizzata utilizzando la metodica SYBR Green. Questo saggio di quantificazione è basato sull’incremento di fluorescenza provocato dal legame della molecola SYBR Green al solco minore del DNA. E’stata eseguita una PCR quantitativa relativa, in cui la quantità di cDNA di MYCN è stata rapportata a quella del cDNA della β- 56 actina, GAPDH e ATPs, che sono usati come geni di controllo endogeno. A questo scopo sono state utilizzate le seguenti coppie di primer: MYCN senso: 5’- CGA CCA CAA GGC CCT CAG T -3’ MYCN antisenso: 5’- TGA CCA CGT CGA TTT CTT CCT -3’ β-actina senso: 5’- TCA CCC ACA CTG TGC CCA TCT ACG A -3’ β-actina antisenso: 5’- CAG CGG AAG CGC TCA TTG CCA ATG G -3’ Gapdh senso: 5’- CCA ATA TGA TTC CAC CCA TGG C -3’ Gapdh antisenso: 5’- CTT GAT TTT GGA GGG ATC TCGC -3’ ATPs senso: 5’- GTC TTC ACA GGT CAT ATG GGG A -3’ ATPs antisenso: 5’- ATG GGT CCC ACC ATA TAG AAG G -3’ La miscela di reazione per l’amplificazione di MYCN è costituita da SYBR Green Master Mix 1X (Applied BioSystem), 300nM di ciascun primer e 3\10ng di cDNA. Similmente viene preparata la miscela di reazione per l’amplificazione della β-actina, della ATPs e di GAPDH. In entrambe le reazioni il volume finale è 20µl. Le condizioni di PCR sono: 50°C per 2 minuti, 95°C per 10 minuti e 50 cicli costituiti da 95°C per 15secondi e 60°C per un minuto. La reazione è stata realizzata utilizzando il GeneAmp 5700 Sequence Detection System (Applied BioSystem). 10. WESTERN BLOT Il Western Blot è un particolare procedimento teso ad evidenziare la presenza di una determinata proteina all’interno di una miscela di queste. 57 10.1. ESTRAZIONE DELLE PROTEINE TOTALI Per prima cosa le cellule in coltura vengono raccolte e centrifugate per 5 minuti alla velocità di 1100 rpm in modo tale da ottenere un pellet di cellule al quale viene aggiunto un volume di soluzione lisante, generalmente 200µl per 5 x 106 cellule. Tale soluzione è composta da KH2PO4 0,1M a pH 7.5, Igepal 1%, β-glicerolfosfato 0.1mM e Complete 2X (Roche). Il lisato viene lasciato in ghiaccio per circa 10 minuti e nel frattempo viene vortexato più volte. Al termine di questo periodo la mix viene centrifugata per 3 minuti a 14000 x g, questo procedimento è atto a separare le proteine dal resto del lisato. Una volta ottenuto il sovranatante, nel quale sono presenti le proteine, questo può essere congelato a -80°C in piccoli volumi (10-15µl). I campioni ottenuti, prima di essere caricati sul gel vengono quantificati, mediante metodo di Lowry, allo spettrofotometro a 660nm al fine di determinare la concentrazione delle proteine presenti. A questo punto quantificata la concentrazione di proteine presenti nei campioni, questi vengono caricati su un gel di poliacrilamide al 10% per effettuare una corsa elettroforetica, che consenta alle proteine presenti di separasi secondo i propri pesi molecolari. 10.2. PREPARAZIONE DEL GEL DI POLIACRILAMIDE Il gel di poliacrilamide (Tabella 3) utilizzato consta di due parti: - Main gel, sottostante e più esteso, nel quale si verifica la corsa elettroforetica delle proteine; - Stacking gel, di minore spessore nel quale viene inserito uno speciale pettinino che consente la formazione dei pozzetti, nei quali verranno caricati i campioni 58 REAGENTI MAIN GEL STACKING GEL H2O distillata 4 ml 2,83 ml TRIS-HCl 1 M 500 µl pH 6,8 TRIS-HCl 1,5 M 2,5 ml pH 8,8 SDS 10% 100 l 40 l Acrylamyde30% 3,3 ml 540 l 10 l 4 l 100 l 40 l 10 ml 4 ml (29:1Acrylamyde: Bis-Acrylamyde) TEMED Ammonio Persolfato 10% VOLUME TOT. Tabella 3. Composizione del gel di poliacrilamide Colare il Main gel all’interno di due vetri separarti tra loro da un sottile spessore e lasciare che questo polimerizzi, per evitare che nella parte superiore si formino delle onde viene aggiunto superiormente 1ml circa di acqua al fine di allineare il gel. Una volta che questo si è polimerizzato si procede alla rimozione dell’acqua e all’aggiunta dello Stacking gel in associazione con l’inserimento tra lo spessore dei due vetri di uno speciale pettinino la cui funzione è quella di favorire la formazione dei pozzetti una volta che anche lo Stacking gel si sia polimerizzato. 59 Il gel così preparato viene posto all’interno di una vasca elettroforetica precedentemente riempita di una soluzione di Electrophoresis Buffer 1x, formato da: - Tris base 125mM - Glicina 0,960M - SDS 0,5% - H20, fino ad un volume di 1litro 10.3. PREPARAZIONE DEI CAMPIONI ED ELETTROFORESI Nel frattempo si preparano i campioni di proteine, solitamente dai 10-50µg, nei quali si aggiunge una soluzione detta Loading buffer e acqua, fino al raggiungimento di un volume finale di 16µl. Loading buffer 2x: - SDS 10%, 4ml; - Tris 1M pH 7, 2 ml; - Glicerolo, 1 ml; - β-mercaptoetanolo, 1ml; - H2O, 2ml; - Blu di bromofenolo; I campioni così preparati vengono posti nel termociclatore a 95°C per 5 minuti, dopo di che caricati sul gel di elettroforesi già preparato. Per primi si caricano 10μl di marker poi i campioni con un volume non superiore ai 24μl. La corsa viene effettuata a 160V per circa due ore e cioè fin tanto che il Loading buffer non ha raggiunto l’estremità opposta del gel. 60 10.4. TRASFERIMENTO Terminata la corsa si procede al trasferimento delle proteine dal gel ad una membrana in PVDF utilizzando il sistema con procedura per trasferimento umido. Per tale metodica occorre per prima cosa attivare la membrane in PVDF, ciò è possibile mediante l’immersione di questa in metanolo, per non più di 10 secondi, quindi riequilibrata in H2O per 5 minuti. Si procede poi al trasferimento appoggiando sulla parte dell’anodo della cassetta di trasferimento: • una speciale spugna • un foglio di carta da filtro che ricalca le medesime dimensioni della membrana in PVDF • il gel di migrazione, dopo aver rimosso lo Stacking gel • la membrana in PVDF • un foglio di carta da filtro • una speciale spugna E’importante che nella preparazione del sandwich venga rispettata la giusta sequenza, affinché le proteine caricate negativamente possano migrare dall’anodo al catodo e quindi si trasferiscano dal gel alla membrana in PVDF. Preparato il tutto si chiude la cassetta di transfer e la si inserisce nell’apposita vasca, riempita di Transfer Buffer. Questo liquido di trasferimento è formato da: - Tris Base 25mM - Glicina 192mM - Metanolo al 90% - H20, fino ad un volume di 1 litro 61 Il trasferimento del gel di poliacrilamide sulla membrana in PVDF avviene ad una densità di corrente di 250mA per due ore. 10.5. BLOCKING E INCUBAZIONE CON GLI ANTICORPI Successivamente al trasferimento si procede con il Blocking, passaggio necessario per saturare la membrana e ridurre l’eventuale evidenziazione di aspecifici durante la fase di lettura. Questa fase prevede l’immersione della membrana per più di 2 ore a temperatura ambiente in 10 ml di soluzione Blocking buffer formata da un 5% di latte condensato scremato che viene sciolto in 10ml di Buffer PBS-TWEEN 20 composto da PBS 1x e TWEEN20 0,2%. La membrana viene tenuta per un’ora in agitazione a temperatura ambiente, dopo di che si procede all’incubazione dell’anticorpo primario anti-N-Myc (monoclonale mouse). Il processo di incubazione prevede l’inserimento della membrana in una falcon da 50ml, alla quale verranno aggiunti 3ml di una soluzione contenente l’anticorpo I, generalmente un monoclonale mouse, che viene opportunamente diluito. Il processo di diluizione avviene secondo un rapporto che varia a seconda dell’anticorpo utilizzato, nel nostro caso è necessario una diluizione di 1:100 con una soluzione formata da PBS 1x-TWEEN 0,2% e 3,5% BSA (Bovin Serum Albumin). La falcon così preparata, viene posta per circa 1 ora a temperatura ambiente, su speciali rulli che ne assicurano il continuo movimento. Al termine di questo periodo si effettuano 3 lavaggi, della durata di 5 minuti ognuno, con PBS1x e TWEEN 0,2%, affinché tutto l’anticorpo in eccesso venga rimosso. Si procede poi con l’incubazione dell’anticorpo II, monoclonale antimouse, che richiede una diluizione 1:2000 con la medesima soluzione utilizzata per l’anticorpo I, in questo caso però tale rapporto viene condotto 62 su un volume finale di 10ml di soluzione. Il processo di incubazione avviene per un ora a temperatura ambiente con il mantenimento della membrana in continuo movimento. Al termine di questo secondo evento di incubazione si procede nuovamente con i 3 lavaggi di PBS1x-TWEEN20 0,2%. 10.6. DETECTION CON ECL E RIVELAZIONE AL CHEMIDOC Terminati i lavaggi si procede con la rivelazione della membrana mediante Detection, utilizzando una soluzione di ECL (Amersham Bioscence). Per prima cosa si uniscono in un rapporto di 1:1 le soluzioni ECL1 e ECL2 Si espone la membrana a questa miscela per 5 minuto al buio e dopo averla ricoperta con un film Saran, viene posta all’interno dello strumento di rivelazione ChemiDoc. Una volta effettuata la rivelazione al ChemiDoc è possibile ripetere per una seconda volta l’incubazione degli antiticorpi I e II. Questo evento è possibile solo a seguito dell’immersione della membrana, per almeno mezzora, in una soluzione di Streeping Buffer (soluzione che consente la rimozione dell’anticorpo presente dalla membrana di PVDF). Il secondo procedimento di incubazione prevede l’utilizzo di anticorpi specifici per la β-actina, essendo questa una proteina espressa costitutivamente da parte delle cellule. L’incubazione della membrana con anticorpi specifici per questa seconda proteina, rappresenta un utile mezzo di controllo, grazie al quale è possibile verificare l’effettivo calo di N-Myc nei trattati e poter così normalizzare i dati ottenuti, mediante l’uso del programma Quantity One. 63 11. FISH L’analisi citogenetica tradizionale è finalizzata allo studio dell’assetto cromosomico delle cellule affinché si possa individuare l’organizzazione del loro genoma, oltre che ad individuare la presenza di anomalie numeriche e strutturali dei cromosomi. La tecnica maggiormente utilizzata è sicuramente l’ibridazione in situ fluorescente (FISH) (Figura 12). Questa tecnica consente la visualizzazione diretta sui cromosomi di specifiche sequenze geniche, grazie alla capacità del DNA di formare ibridi su preparati metafasici ed interfasici, in seguito ad un processo di denaturazione. Tale processo si ottiene sottoponendo il DNA ad elevate temperature in modo tale da consentire ai due filamenti, che costituiscono la doppia elica, di separarsi. E’ un processo reversibile ed è possibile riformare la doppia elica abbassando la temperatura (rinaturazione). Se il processo di riappaiamento avviene in presenza di una sonda, cioè di una sequenza di DNA nota e marcata, a sua volta denaturata, quest’ultima durante il processo di rinaturazione si legherà al DNA cromosomico e sarà così possibile individuare il sito di ibridazione. La tecnica FISH si suddivide in tre fasi: - preparazione della sonda; - ibridazione; - visualizzazione del segnale. 11.1. PREPARAZIONE DELLA SONDA Per sonda si intende una specifica sequenza di DNA marcato che andrà a legarsi alla sua sequenza complementare sul cromosoma, permettendone la visualizzazione. 64 Nella FISH vengono utilizzate sonde di DNA marcate mediante l’incorporazione di nucleotidi modificati, in grado di legare direttamente molecole fluorescenti. Esistono diverse tipologie di sonde, le più usate sono: - sonde CEP, alfoidi, costituite da brevi sequenze di DNA ripetute in tandem; queste sono specifiche delle regioni centromeriche dei cromosomi; - sonde WCP, painting, costituite da un intero cromosoma; i cromosomi vengono isolati mediante citometria a flusso, oppure da ibridi di cellule somatiche contenenti un solo cromosoma umano; - sonde sub-cromosomiche, possono essere di diverse dimensioni, alcune marcano l’intero braccio lungo o il braccio corto di un cromosoma, mentre altre si legano ad una regione più o meno estesa di un braccio cromosomico; - sonde LSI, locus-specifiche, di ridotte dimensioni; possono essere ottenute dal clonaggio di segmenti di DNA in fagi PAC, BAC o YAC, oppure dall’amplificazione del DNA mediante PCR. Queste sonde sono marcate con fluorocromi. I fluorocromi sono molecole che, dopo aver assorbito una radiazione luminosa di una certa lunghezza d’onda, emettono un’altra radiazione di lunghezza d’onda maggiore, dando origine al fenomeno della fluorescenza (Tabella 4). 65 Fluorocromo Max eccitazione Max emissione Colore di (in nm) (in nm) emissione DAPI 372 456 blu FITC 495 525 verde CY3 552 565 arancione TRITC 555 580 rosso Tabella 4. La tabella riporta i fluorocromi attualmente utilizzati nella FISH. 11.2. IBRIDAZIONE Scopo dell’ibridazione è quello di ottenere il miglior legame possibile della sonda con la sequenza bersaglio, con un livelli minimo di legami aspecifici. Questo risultato si ottiene mediante un controllo di tutte le variabili e raggiungendo un buon equilibrio tra i vari componenti della miscela di ibridazione. Prima però di procedere all’ibridazione è necessario denaturare sia il campione che la sonda, in modo da separare i due filamenti della doppia elica di DNA e consentire il riconoscimento delle sequenze complementari tra la sonda e la sequenza bersaglio. La denaturazione si può ottenere mediante trattamento con basi, acidi o con alte temperature, la scelta del metodo dipende dal tipo di ibridazione che si deve realizzare. Nel caso dell’ibridazione su preparati citogenetici, si trasferisce una coplin jar, contenete una soluzione di formammide (agente denaturante) e il vetrino, all’interno di un bagnetto riscaldato, nel quale si raggiungeranno elevate temperature. Successivamente, per bloccare la denaturazione, il vetrino verrà immerso in alcool ghiacciato, mentre la sonda verrà denaturata per diluizione con una soluzione contenete hibridization buffer e acqua sterile, e posta in un bagnetto ad elevata temperatura. 66 Per permettere l’appaiamento delle sequenze omologhe tra DNA e sonda, quest’ultima viene trasferita sul vetrino e, per favorire il processo, si lascia incubare per una notte a 37°C. A questo seguiranno poi una serie di lavaggi il cui numero, durata e temperatura di denaturazione saranno i fattori che influenzeranno la selettività del legame tra la sonda e il preparato. 11.3. VISUALIZZAZIONE DEL SEGNALE Per visualizzare il segnale emesso dalle sonde fluorescenti, viene eseguita una controcolorazione per il riconoscimento dei cromosomi. I preparati così ottenuti vengono montati ed osservati direttamente mediante un microscopio a fluorescenza dotato di appositi filtri. Figura 12. Rappresentazione schematica della FISH. 67 RISULTATI 1. ALLESTIMENTO DI COLTURE MEDULLOBLASTOMA CELLULARI DI Le DAOY (Foto 2) sono cellule di medulloblastoma che crescono adese, sono di forma oblunga, simili a cellule neuronali e sono state coltivate in fiasche T25 con normali terreni di coltura. Esse tendono a raggiungere la confluenza circa ogni 3 giorni e la loro velocità di crescita dipende dalla concentrazione delle cellule presenti, infatti si è riscontrato che in caso di bassa densità cellulare, la loro capacità riproduttiva subisce una forte riduzione, allungando così i tempi necessari al raggiungimento di uno stato di confluenza all’interno della fiasca T25. Le DAOY raggiunto lo stato di confluenza si presentano come un monostrato di cellule strette tra loro che se non vengono rapidamente splittate si staccano dal fondo della fiasca. Foto 2. Osservazione al microscopio ottico (10x) di cellule DAOY. Le ONS 76 (Foto 3) sono cellule di medulloblastoma, molto simili alla linea cellulare precedente, infatti anch’esse crescono adese e sono di forma oblunga, come le cellule neuronali. Inoltre come le DAOY, anche queste 68 una volta raggiunto lo stato di confluenza, ogni 3-4 giorni, necessitano di essere rapidamente splittate, affinché non si stacchino dal fondo della fiasca e muoiano. Foto 3. Osservazione al microscopio ottico (10x) di cellule ONS 76. Per quanto riguarda le D341med (Foto 4A) e le D556med (Foto 5A), sono entrambe cellule di forma rotondeggiante che crescono in sospensione formando grossi cluster (Foto 4B e 5B). Sono state inizialmente coltivate in fiasche T25 con un terreno di crescita arricchito con zinco. Poiché sono cellule in sospensione, abbiamo effettuato una serie di prove relative alla capacità di crescita rispetto le diverse posizioni di mantenimento delle fiasche, al fine di verificare se ci fosse qualche relazione con il grado di densità all’interno di esse. Si è così riscontrato che sebbene le cellule fossero in grado di crescere e formare cluster in entrambi i casi, tuttavia mostravano un maggiore velocità riproduttiva e la formazione di cluster di maggiori dimensioni nel caso in cui le T25 venissero mantenute in posizione verticale, dimostrando che la densità influisce sulla crescita. Sia le D341med che le D556med sono linee cellulari che crescono piuttosto rapidamente tanto che devono essere splittate ogni 1-2 giorni, anche se riescono a sopravvivere per 5-6 giorni. Per essere contate con Tripan Blue 69 in camera di Burker è però necessario “spipettare” abbondantemente, al fine di rompere i cluster e permettere la conta della singole cellule presenti. Questa procedura si rende necessaria in modo particolare per le D556med, data la notevole dimensione che i cluster di questa linea possono raggiungere. A B Foto 4. Osservazione al microscopio ottico (10x) di cellule (A) e di un singolo cluster (B) di D341med. A B Foto 5. Osservazione al microscopio ottico (10x) di cellule (A) e di un singolo cluster (B) di D556med, si noti la notevole dimensione che questi ultimi possono raggiungere. 70 2. CURVA DI CRESCITA SULLE LINEE CELLULARI TRAMITE SAGGIO ATPlite 2.1. DAOY La prima prova è stata eseguita seminando 2500, 5000, 10000 cellule/pozzetto per 5 giorni (Grafico 1). Grafico 1. Curva di crescita DAOY a 24, 48, 72, 96 e 120 ore, seminando 2500/5000/10000 cellule/pozzetto. Come si può notare dal grafico, le 2500 cellule seminate hanno una crescita molto lenta e scarsamente produttiva, questo è dovuto alla bassa concentrazione cellulare all’interno del pozzetto che non fornisce loro gli stimoli da contatto per la crescita fisiologica. Al contrario a 10000, l’eccessiva densità di cellule determina un più rapido raggiungimento dello stato di confluenza all’interno del pozzetto, determinando così un arresto della loro capacità proliferativa. Infatti come si può notare dal grafico dopo le prime 24 ore di evidente proliferazione cellulare, già dalle 48 fino alle 120 ore viene raggiunto lo stato di confluenza e determinando così una sorta di stabilità nella crescita. 71 Le 5000 cellule invece iniziano a crescere in modo esponenziale già alle 48 ore. Si può notare che alle 72 ore non è stata ancora raggiunta la fase di plateau, che è di fondamentale importanza per capire quando la crescita si arresta fisiologicamente e quindi fino a che tempo trattare le cellule con il PNA antigene. Infatti trattare una linea cellulare ad un tempo in cui essa fisiologicamente non cresce più rappresenta un evento privo di significato. Questa valutazione ci permette di capire che le 10000 cellule sono troppe, in quanto già dal terzo giorno raggiungono la confluenza e che allo stesso tempo 2500 sono poche determinando una più lenta capacità proliferativa. La conta con 5000 cellule è risultata quindi la condizione ottimale (Grafico 2). Grafico 2. Curva di crescita DAOY a 24, 48, 72, 96 e 120 ore, seminando 5000 cellule/pozzetto. 2.2. ONS 76. L’elevata somiglianza, morfologica e comportamentale, che le ONS 76 mostrano rispetto le DAOY, ci ha suggerito di seminare un ugual numero di cellule per un analogo periodo di tempo. In relazione di ciò sono state 72 seminate 2500, 5000 e 10000 cellule/pozzetto per una durata dell’esperimento di 5 giorni. Come ci aspettavamo le ONS 76 mostrano un comportamento del tutto analogo a quello delle DAOY. Infatti anche in esse, le 2500 mostrano una crescita piuttosto lenta e discontinua, questo come per la linea cellulare precedente, è dovuto alla bassa concentrazione di cellule presenti nel pozzetto, dove la mancanza di contatto sfavorisce la crescita fisiologica. Così come le 10000 cellule seminate, raggiungono lo stato di confluenza dopo 3-4 giorni dall’inizio dell’esperimento. Come si vede dal grafico (Grafico 3) questa concentrazione di cellule mostra un andamento esponenziale che si mantiene fino alle 72 ore, alle 96 ore la crescita aumenta leggermente mentre alle 120 ore si riscontra addirittura una diminuzione. Questo calo è probabilmente dovuto ad un distacco delle cellule dal fondo della piastra a seguito del raggiungimento dello stato di confluenza. Grafico 3. Curva di crescita ONS 76 a 24, 48, 72, 96 e 120 ore, seminando 2500/5000/10000 cellule/pozzetto. 73 Le 5000 cellule/pozzetto (Grafico 4) mostrano invece una crescita esponenziale che si mantiene costante per tutti 5 i giorni, definendo questa la condizione ottimale per la valutazione dell’esperimento. Grafico 4. Curva di crescita ONS 76 a 24, 48, 72, 96 e 120 ore, seminando 5000 cellule/pozzetto. 2.3. D341med. Medesimo procedimento è stato utilizzato per la linea cellulare in sospensione, D341med . Nel caso delle D341med il numero di cellule seminate è di 5000/10000/20000 cellule/pozzetto per 5 giorni. Come si nota dal grafico (Grafico 5) le 5000 e le 10000 cellule hanno un andamento altalenante, dovuto probabilmente alla concentrazione non ottimale di cellule presenti nel pozzetto, mentre nel caso delle 20000 l’andamento di crescita esponenziale è migliore, non risentendo nemmeno del cambio di terreno effettuato il terzo giorno. 74 Grafico 5. Curva di crescita D341med a 24, 48, 72, 96 e 120 ore, seminando 5000/10000/20000 cellule/pozzetto. 2.4. D556med. Nel caso delle D556med inizialmente, come per le D341med, sono state seminate per 5 giorni 5000/10000/20000 cellule/pozzetto. Ma come per la linea precedente le 5000 e le 10000 erano troppo poche determinando un andamento altalenante, mentre le 20000 consentivano una crescita esponenziale più regolare anche se il quarto giorno le cellule sembrano aver raggiungono la condizione di plateau, mostrato da una minor crescita il quinto giorno. Si è quindi deciso di seminare 15000 cellule/pozzetto e verificarne la crescita per 5 giorni. I risultati ottenuti sono stati molto buoni (Grafico 6). 75 Grafico 6. Curva di crescita delle D556med a 24, 48, 72, 96 e 120 ore, seminando 15000 cellule/pozzetto. Altro aspetto importante che si è potuto notare dal grafico è il raggiungimento di un valore soglia di massima crescita che le cellule di questa linea cellulare possono raggiungere all’interno del pozzetto. Questo valore è compreso tra le 35000 e 40000, condizione che nel caso delle 15000 viene raggiunta solo il quinto giorno mentre per le 20000 e 30000 ( prove effettuate in un secondo tempo, al fine di verificare che non fosse solamente un caso), viene rispettivamente raggiunto il quarto e il terzo giorno, dall’inizio della semina delle cellule (Grafico 7). Raggiunto tale limite le cellule nei pozzetti rallentano la loro capacità proliferativa e cominciano a diminuire a causa dell’eccessiva densità che ne ostacola la sopravvivenza. 76 Grafico 7. Curva di crescita delle D556med a 24, 48, 72, 96 e 120 ore, seminando 15000/20000/30000 cellule/pozzetto. 3. QUANTIFICAZIONE DEI LIVELLI DI ESPRESSIONE GENICA DI MYCN NELLE LINEE DI MEDULLOBLASTOMA, TRAMITE PCR REAL-TIME QUANTITATIVA (qPCR). Per caratterizzare le linee cellulari DAOY, ONS 76, D341med e D556med, è stato valutato tramite PCR Real-Time quantitativa (qPCR) il livello di espressione basale del gene MYCN (Grafico 8). L’aumento della fluorescenza è direttamente proporzionale al numero di ampliconi generati. Confrontando la fluorescenza dei campioni rispetto ad uno standard di riferimento, che nel nostro caso è rappresentato dalle ONS 76 (linea di medulloblastoma con scarsissima espressione di MYCN), si può risalire al numero di copie di DNA di partenza. L’analisi relativa è stata realizzata normalizzando la media dei Ct di MYCN sulla media dei Ct dei geni housekeeping ATP sintasi, β-actina e GAPDH. Questi vengono utilizzati come controlli endogeni perché 77 normalmente espressi in maniera quasi costante in tutte le cellule dell’organismo. I dati sono stati ottenuti confrontando l’espressione del gene MYCN nelle linee cellulari di medulloblastoma utilizzate. Grafico 8. Ct delle linee cellulari di medulloblastoma usate negli esperimenti Il Log Ratio esprime la differenza, in termini di Ct, tra le quantità del gene MYCN espresso nelle linee cellulari di medulloblastoma e il controllo utilizzato (Grafico 9). 78 Grafico 9. Log Ratio delle linee cellulari di medulloblastoma. 4. IL PNA ANTI-GENE INIBISCE LA PROLIFERAZIONE CELLULARE IN CELLULE DI MEDULLOBLASTOMA IN CUI MYCN E’ SOVRAESPRESSO E’ stato deciso di testare l’effetto che il PNA anti-gene senso-NLS (PNAwt Ag) anti-MYCN ha sulla crescita delle linee cellulari di medulloblastoma. Le cellule sono state trattate con PNAwt Ag anti-MYCN e PNA anti-gene mutato (PNAmut Ag) 10 μM, per 24, 48 e 72 ore. La durata del trattamento è stata ricavata dall’analisi della curva di crescita precedentemente realizzata, in quanto fino a 72 ore le cellule presentano una crescita esponenziale. Per quanto riguarda le DAOY, le cellule trattate con PNAwt Ag al microscopio ottico già dopo 24 ore dal trattamento mostrano una ridotta densità cellulare se confrontate con le cellule di controllo (non trattate), esse infatti tendono a staccarsi dalla piastra e a formare aggregati di aspetto globoso, molto scuro e la maggior parte delle cellule sono morte. 79 Per testare la specificità e l’eventuale tossicità del PNAwt Ag anti-MYCN nelle varie linee cellulari è stato utilizzato il PNAmut Ag, la cui sequenza è stata alterata mediante tre mutazioni puntiformi. In relazione alla densità di cellule presenti nei pozzetti, le DAOY trattate con il PNAmut Ag sono a metà fra le cellule di controllo e quelle trattate con il PNAwt Ag. Dalle osservazioni fatte al microscopio ottico si nota che alcune cellule tendono a staccarsi dalla piastra, ma la maggior parte cresce normalmente, a dimostrazione del fatto che il PNAwt Ag è specifico per l’inibizione di MYCN, e non tossico per le cellule. E’ stata inoltre valutata la proliferazione cellulare delle DAOY in seguito al trattamento con PNAwt Ag e PNAmut Ag 10 μM per 24, 48 e 72 ore, tramite il saggio ATPlite (Grafico 10). Grafico 10. Andamento di crescita delle cellule DAOY trattate per 24, 48, 72 ore con PNAwt anti-gene e PNAmut anti-gene 10μM. Come si osserva dal grafico le cellule di controllo mostrano l’andamento di crescita previsto. L’andamento delle cellule trattate con il PNA mut Ag è simile al controllo, mentre nelle cellule trattate con il PNAwt Ag la crescita 80 diminuisce con l’aumentare del tempo, fino a raggiungere una inibizione dell’ 88% a 72 ore. Anche le D341med sono state trattate con PNAwt Ag per 24, 48 e 72 ore. In condizioni normali queste cellule si mantengono in sospensione formando cluster ma poste all’interno dei pozzetti delle piastre utilizzate per i saggi ATPlite, queste mostrano uno strano comportamento, tendono ad aderire al fondo del pozzetto originando estroflessioni. Probabilmente questo comportamento è dovuto allo spazio più limitato e alla minor quantità di terreno presente nei pozzetti, rispetto alle normali condizioni in cui queste crescono. In seguito al trattamento con il PNAwt Ag esse mostrano una ridotta capacità nella formazione dei cluster oltre che una incapacità di emettere estroflessioni, fattori che in qualche modo alterano la loro capacità proliferativa. Al contrario nel PNAmut Ag si possono riscontrare le medesime caratteristiche del controllo, anche se in modo ridotto (Grafico 11). Grafico 11. Andamento di crescita delle cellule D341med trattate per 24, 48, 72 ore con PNAwt anti-gene e PNAmut anti-gene 10μM. 81 In relazione al grafico che mostra l’andamento delle D341med a seguito del trattamento con PNAwt Ag e PNAmut Ag, si può desumere che i controlli mostrano l’andamento di crescita previsto mentre l’andamento delle cellule trattate con il PNAmut Ag è simile al controllo. Nel caso delle D341med trattate con il PNAwt Ag come mostrato dal grafico si ha una inibizione del 67% a 24 ore fino a raggiungere valori del 82% a 72 ore. Per quanto riguarda le D556med (Grafico 12), in relazione alle curve di crescita effettuate, abbiamo seminato 15000 cellule/pozzetto per i medesimi tempi a cui si è deciso di sottoporre le altre due linee cellulari. E analogamente alle altre cellule, anche le D556med sono state trattate con PNAwt e PNAmut alla concentrazione di 10μM. Le cellule del controllo come ci si aspettava hanno cominciato a crescere formando piccoli cluster, già visibili dopo 24 ore, che sono andati via via crescendo. Al contrario le cellule trattate con il PNAwt non sembrano mantenere tale caratteristica, che si riscontra anche dopo 72 ore. Ciò che si vede nei pozzetti delle cellule trattate sono aggregati di colore scuro, costituiti da cellule morte, e singole cellule indipendenti tra loro. Ne deriva quindi che in esse il PNAwt ostacolando la normale formazione dei cluster, altera conseguentemente la normale capacità proliferativa delle cellule. Invece nelle cellule trattate con il PNAmut, questo non impedisce la formazione dei cluster, permettendo così una crescita che simula l’andamento del controllo. L’effetto inibitorio esercitato dal PNAwt su questa linea cellulare aumenta con il trascorrere del tempo, infatti dopo 24 ore si può riscontrare un calo del 37% sulla crescita cellulare, inibizione che aumenta alle 48 ore fino a raggiungere valori del 75% dopo 72 ore. 82 Grafico 12. Andamento di crescita delle cellule D556med trattate per 24, 48, 72 ore con PNAwt anti-gene e PNAmut anti-gene 10μM. Le ONS 76, sono invece una linea cellulare di medulloblastoma piuttosto particolare data la scarsa espressione del gene MYCN, come si può vedere dal grafico 6 che mostra il Ct del gene nelle diverse linee cellulari utilizzate. Cionostante si è deciso comunque di testare il PNAwt Ag 10μM anche su questa linea. Ovviamente come ci si poteva aspettare e come mostra il grafico sottostante (Grafico 13), l’effetto inibitorio del peptide nucleico su questa linea è minimo e non costante, tanto che alle 72 ore si raggiunge un valore di inibizione pari al 38%, valore poco soddisfacente. Al contrario l’andamento del controllo riflette i valori attesi, così come le cellule trattate con il PNAmut Ag mostrano un comportamento intermedio tra le cellule trattate con il PNAwt Ag e quelle non trattate. 83 Grafico 13. Andamento di crescita delle cellule ONS 76 trattate per 24, 48, 72 ore con PNAwt anti-gene e PNAmut anti-gene 10μM. 5. IL PNA ANTI-GENE INIBISCE LA PRODUZIONE DEL TRASCRITTO DI MYCN NELLE CELLULE DI MEDULLOBLASTOMA La produzione del trascritto di MYCN è stata valutata mediante RT e qPCR, con metodo SYBR Green, su tutte le linee cellulari di medulloblastoma. Sulla linea cellulare delle DAOY, dati i buoni risultati di inibizione ottenuti mediante saggio ATPlite, si è deciso di sottoporle a trattamento con PNAwt Ag e PNAmut Ag ad una concentrazione di 10μM per 6 e 12 ore (Grafico 14). L’RNA cellulare, che è stato retrotrascritto ed amplificato, è stato prima quantificato allo spettrofotometro con doppia lettura. In questo modo ci siamo accertati che le quantità iniziali di RNA dei vari campioni fossero equivalenti. L’inibizione esercitata dal PNAwt Ag sul trascritto di MYCN è molto buona, infatti come si vede dal grafico, già alle 6 ore si può riscontrare 84 un’inibizione di quasi 2,5 volte rispetto al controllo. Al contrario i risulti ottenuti alle 12 ore presentano un calo di inibizione, che riteniamo essere attribuibile alla eccessiva sensibilità che le cellule mostrano nei confronti del trattamento. Grafico 14. Log Ratio evidenzia una diminuzione significativa dell’mRNA del gene MYCN alle 6 e alle 12 ore dal trattamento con PNAwt antigene 10μM. Per le D341med e le D556med si è preferito valutare l’effetto inibitorio del PNAwt sulla trascrizione, solamente nel caso delle 12 ore di trattamento. In quanto riteniamo che sottoporre queste a periodi inferiori non sia una utile prova, dato che non darebbe alle cellule il tempo necessario per la formazione dei cluster, che come sappiamo rappresenta la loro condizione ottimale. Per quanto riguarda le D341med, l’inibizione esercitata dal PNAwt Ag sul trascritto di MYCN è di circa 2,5 volte rispetto il livello di espressione delle cellule non trattate (Grafico 15). Mentre l’effetto del mutato sulla trascrizione non determina l’acquisizione di valori significativi, oltre al fatto che si discosta di poco dai livelli di trascritto prodotti dal controllo, il 85 cui valore preso come riferimento, corrisponde alla linea dello “zero” nel grafico. Grafico 15. Log Ratio evidenzia una diminuzione significativa dell’mRNA del gene MYCN nelle cellule trattate con il PNAwt 10μM, mentre l’effetto del PNAmut su questa non avrebbe significato. Nel caso delle D556med l’effetto inibitorio del PNAwt sulla trascrizione ha dato risultati leggermente inferiori rispetto le altre linee cellulari ma comunque significativi (Grafico 16). Infatti dopo 12 ore di trattamento abbiamo una inibizione di poco superiore all’1,5 volte rispetto il normale livello di trascritto prodotto dal controllo. Anche in questo caso i valori ottenuti dal trattamento delle cellule con il PNAmut non sono significativi. 86 Grafico 16. Log Ratio evidenzia una diminuzione di 1,5 volte nelle D556med trattate con il PNAwt rispetto il livello registrato dal controllo, che corrisponde alla linea dello zero, mentre l’effetto del PNAmut sulla trascrizione cellulare non sarebbe significativo. Le ONS 76, come si vede dal grafico (Grafico 17), a seguito di un trattamento di 12 ore con PNAwt Ag mostrano una lieve inibizione sulla trascrizione di MYCN. Tuttavia tale riduzione normalizzazione con i geni Housekeeping perde in seguito alla di significato. L’osservazione che la normalizzazione della quantità di trascritto del gene MYCN rispetto ai geni Housekeeping, non riveli una differenza significativa tra controllo e trattato è, secondo noi, riconducibile al fatto che anche i livelli di questi possano subire variazioni a seguito del trattamento con il PNAwt Ag. L’ipotesi, secondo noi, più accreditata è che il PNA wt Ag, inibendo il gene MYCN, induca nelle cellule anche degli effetti secondari che portano ad un’alterazione dell’espressione dei geni costitutivi. 87 Grafico 17. Log Ratio evidenzia una diminuzione dell’mRNA del gene MYCN nelle cellule ONS 76 trattate con il PNAwt 10μM, tuttavia questa perde di significato in seguito alla normalizzazione con i geni House Keeping. 16. VALUTAZIONE DELL’ESPRESSIONE DELL’ONCOPROTEINA N-MYC NELLE LINEE CELLULARI DI MEDULLOBLASTOMA MEDIANTE WESTERN BLOT E’stato fatto un gel di poliacrilamide al 7% nel quale abbiamo fatto correre le proteine estratte dalle diverse linee cellulari di medulloblastoma. Le cellule utilizzate in questo caso, erano normali cellule in coltura sulle quali non è stato svolto alcun tipo di trattamento con il PNA. Lo scopo di questa prova è quello di verificare qualitativamente il livello di produzione dell’oncoproteina N-Myc nelle diverse linee cellulari. Il gel è stato così caricato (Figura 13): 1. DAOY 2. D341med 3. ONS 76 4. D556med 88 Figura 13. Western Blot delle linee cellulari di medulloblastoma. Questa immagine riproduce il livello di oncoproteina N-Myc prodotta dalle diverse linee cellulari di medulloblastoma utilizzate nei vari esperimenti. Come si può vedere, la DAOY soprattutto e le D341med esprimono grandi quantità di proteina, meno invece le D556med. Mentre nel caso delle ONS 76 il livello proteico risulta pressoché nullo, la ragione di ciò, come spiegato precedentemente, è dovuto al fatto che questa rappresenta una particolare linea cellulare in cui l’espressione genica del gene MYCN è scarsissima. Si procede poi con la verifica che per ogni linea cellulare sia stata caricata sul gel un uguale quantità di proteine. Per far ciò sulla membrana in seguito al processo di streeping che consente la rimozione di tutto l’anticorpo legato alla proteina presente sulla membrana, segue l’incubazione della stessa con anticorpi specifici per la B-actina. Questa seconda proteina, espressa costitutivamente da tutte le cellule, rappresenta un utile mezzo di controllo (Figura 14). Figura 14. Western blot sulla proteina B-actina nelle linee cellulari di medulloblastoma. 89 17. IL PNA ANTI-GENE INIBISCE LA PRODUZIONE DELLA ONCOPROTEINA N-MYC NELLE CELLULE DI MEDULLOBLASTOMA La valutazione dell’effetto inibitorio del PNAwt Ag sulla produzione dell’oncoproteina N-Myc è stata valutata solo sulla linea cellulare delle DAOY, dati i buoni risultati di inibizione ottenuti sia mediante saggio ATPlite che per quantificazione con qPCR Real-Time. Per prima cosa abbiamo estratto le proteine da cellule di DAOY in coltura, che precedentemente sono state trattate con PNAwt e PNAmut 10 μM, per tempi di 6 e 12 ore. Dopo di che le proteine estratte sono state quantificate mediante spettrofotometro a 660nm. Abbiamo poi proceduto con la preparazione del gel di poliacrilamide ad una concentrazione del 10%, nel quale verranno fatte correre le proteine. L’ordine di caricamento su gel è il seguente: 1. Marker; 2. DAOY CTRL 6h; 3. DAOY PNA 6h; 4. DAOY MUT 6h; 5. DAOY CTRL 12h; 6. DAOY PNA 12h; 7. DAOY MUT 12h; 8. IMR32 CTRL (usate come controllo positivo). Una volta fatte correre le proteine nel gel si procede al trasferimento su membrana di PVDF seguita da Blocking con il latte, affinché questo possa saturare la membrana e ridurre l’eventuale evidenziazione di aspecifici 90 durante la fase di lettura. Si procede con l’incubazione degli anticorpi I e II, generalmente monoclonali, e si conclude con la rivelazione al ChemiDoc. I risultati ottenuti sono i seguenti (Figura 15): Figura 15. Western blot per la proteina N-Myc su cellule di DAOY trattate a 6 e 12 ore. Come si può vedere dalla figura, già a 6 ore l’effetto inibente che il PNAwt Ag esercitato sulla produzione della proteine N-Myc è piuttosto marcato, data la totale assenza di una banda che ne evidenzi la presenza. Condizione che viene mantenuta anche per le 12 ore. Al contrario invece si può riscontrare un’elevata somiglianza tra le bande dei controlli e dei mutati, evidente per entrambi i tempi di trattamento. A ciò vi si associa che in relazione all’elevata produzione proteica per tutti e due i tempi si vengono a rivelare bande particolarmente accentuate e a verifica di ciò vi è la forte somiglianza che le bande dei controlli e dei mutati, in modo particolare alle 12 ore, hanno con le IMR32, usate come controllo positivo. Una volta verificato il calo proteico nelle cellule trattate, si procede da prima con lo Streeping, metodo che assicura la rimozione dell’anticorpo dalla membrana, e poi con l’incubazione di anticorpi specifici per la Bactina. La valutazione di questa seconda proteina rappresenta un utile mezzo di controllo grazie al quale è possibile verificare l’effettivo calo di N-Myc nei trattati rispetto che ai controlli e ai mutati (Figura 16). 91 Figura 16. Western blot per la proteina B-actina su cellule di DAOY trattate a 6 e 12 ore. Come mostra chiaramente la figura, le bande in corrispondenza delle cellule trattate presentano un effettivo calo proteico, anche nei confronti di questa proteina. 17. VALUTAZIONE DELL’ESPRESSIONE DELL’ONCOGENE MYCN IN LINEE CELLULARI DI MEDULLOBLASTOMA TRAMITE FISH La FISH (Ibridazione in situ fluorescente) è un’analisi citogenetica che consente di valutare l’assetto cromosomico delle cellule, e poter quindi individuare l’organizzazione del loro genoma, oltre che la presenza di anomalie numeriche e strutturali dei cromosomi. Grazie a questa osservazione si è potuto ulteriormente verificare l’effettiva amplificazione del oncogene MYCN nelle linee cellulari di medulloblastoma utilizzate. Per poter far ciò si è utilizzata una sonda specifica per tale gene (Figura 17). 92 Figura 17. Sonda per MYCN La sonda utilizzata, LSI MYCN (2p24.1), contiene al suo interno una sequenza di DNA, specifica per il gene MYCN, localizzata all'interno della regione 2p24.1 nel cromosoma 2. L’utilizzo della sonda è fondamentale nella determinazione del numero di copie dell’oncogene all’interno di una cellula. La sonda, se colpita da una radiazione luminosa, emette una radiazione di lunghezza d’onda maggiore rispetto quella assorbita, consentendole così l’emissione di una radiazione di 200Kb che nel visibile corrisponde ad una fluorescenza di colore arancione. In condizioni normali, all’interno di un nucleo ibridato, la sonda LSI NMYC da luogo a due segnali di fluorescenza, ognuno dei quali corrisponde all’ibridazione della sonda con il gene MYCN. Infatti all’interno di cellule normali, sono presenti due cromosomi 2 (uno di origine paterna e l’altro di derivazione materna), ognuno dei quali a sua volta, in posizione distale del proprio braccio corto nella regione 2p23-24, presenta il proprio gene MYCN. Al contrario nelle cellule trasformate maggiore è l’amplificazione dell’oncogene e maggiore sarà il segnale di fluorescenza emesso. 93 Per quanto riguarda le linee cellulari di medulloblastoma analizzate, il segnale emesso varia a seconda del grado di amplificazione del gene al loro interno. Per quanto riguarda le DAOY (Foto 6), abbiamo a disposizione delle immagini che riproducono i nuclei delle cellule sia in una condizione di interfase che di metafase. Foto 6. A destra nucleo di una cellula di DAOY durante il periodo di interfase mentre a sinistra oltre al nucleo possiamo trovare anche cromosomi durante la metafase. Particolare della foto 6. Quelli che si vedono rappresentati di colore blu sono i cromosomi nello stadio di metafase mentre i puntini rossi sono i segnali emessi dalle sonde che si sono ibridate con il gene MYCN amplificato. 94 Osservando queste immagini è sicuramente rilevante l’elevata densità di segnale emesso dalla sonda (puntini di colore rosso), che evidenziano una grande quantità di amplificato genico all’interno delle cellule. Questa potrebbe essere la ragione per cui le DAOY rispondono in modo così significativo all’effetto inibitorio che il PNAwt Ag ha sull’oncogene MYCN. Per quanto riguarda le altre linee cellulari, a disposizione abbiamo solo nuclei durante il periodo di interfase. Cionostante il livello di amplificazione dell’oncogene all’interno di queste è comunque rilevabile, soprattutto nel caso delle D341med (Foto 7). Foto 7. Nuclei in interfase delle cellule D341med. Anche in questo caso le immagini rivelano che il livello di segnale emesso è piuttosto forte. Questo potrebbe spiegarsi con il fatto che anche le D341med, come le DAOY, sono una linea cellulare di medulloblastoma appartenente al sottotipo desmoplastico. Forma del tumore che più frequentemente mostra l’amplificazione del gene MYCN (15-35% dei casi). Le D556med (Foto 8), mostrano invece un livello di amplificazione inferiore rispetto le linee precedenti, come è stato verificato anche attraverso qPCR Real-time. 95 Foto 8. Nuclei in interfase della linea cellulare D556med. Le ONS 76 (Foto 9) sono invece una linea di medulloblastoma piuttosto particolare. Infatti come si vede dalle immagini, il segnale emesso dalla sonda è molto forte, evidenziando un elevato grado di amplificazione dell’oncogene. Tuttavia, per ragioni non ancora chiarite, non si spiega per quale motivo questa condizione non sia rilevabile anche mediande PCR e Western blot. Foto 9. Nucleo di ONS 76 in interfase e cromosomi in metafase. 96 DISCUSSIONE E CONCLUSIONI In questa tesi è stato valutato l’effetto che un PNA anti-gene specifico per MYCN può esercitare sulla trascrizione e sulla traduzione di tale oncogene in linee cellulari di medulloblastoma. A tale scopo sono state scelte diverse linee cellulari che mostrano una sovraespressione del gene, come DAOY, ONS 76, D341med e D556med. Il medulloblastoma è una forma di tumore molto aggressiva generalmente trattata con resezione chirurgica e radioterapia, che consentono la sopravvivenza in circa i due terzi dei pazienti. Tuttavia la giovane età di questi e il grado di morbosità della neoplasia possono ostacolare l’efficacia o ridurre le possibilità di cura. Inoltre la maggior parte dei sopravvissuti, a causa dell’aggressività dei trattamenti subiti, spesso risente di problemi di tipo neurologico e neurocognitivo che li accompagnerà per tutta la vita. Le gravi conseguenze che spesso seguono le convenzionali terapie sono dovute al grave effetto citotossico di queste e alla profonda menomazione che l’intervento chirurgico comporta. E’ per questo motivo che oggigiorno la maggior parte degli studi cercano una via alternativa ai comuni trattamenti, affinché non solo vi sia un aumento delle possibilità di guarigione ma che queste possano essere raggiunte senza conseguenze secondarie. Tentativo del PNA è quello di contribuire a questo scopo. Lo studio fatto si è potuto avvalere di una serie di dati ottenuti in lavori condotti dal nostro gruppo che indicavano l’utilizzo di un PNA anti-gene senso come potente inibitore dell’oncogene MYCN in linee cellulari di Neuroblastoma [96-97]. Il PNA anti-gene (PNAwt Ag)agisce a livello del processo di trascrizione, per far ciò viene associato ad una sequenza “NLS” che ne facilita l’entrata nel nucleo, ed è utilizzato ad una concentrazione di 10μM, risultata essere efficace ma non tossica per le cellule. L’effettiva entrata del PNA-NLS nella cellula e la sua localizzazione nucleare erano state precedentemente dimostrate analizzando al microscopio a fluorescenza l’uptake cellulare di un PNA-NLS rodaminato. La specificità 97 di azione del PNA anti-gene NLS è stata valutata mediante il concomitante utilizzo di un PNA mutato (PNAmut-NLS). Per prima cosa si sono cercati i giusti requisiti, affinché le linee cellulari utilizzate potessero crescere in modo ottimale, infatti solo su cellule che stanno bene è possibile verificare l’effetto che il peptide nucleico esercita su di esse. Una volta trovate queste condizioni è possibile trattare le cellule con il PNA-NLS, ad una concentrazione di 10μM, al fine di valutare l’effetto inibitorio che il PNAwt Ag ha sulla proliferazione cellulare. I risultati ottenuti hanno mostrato una buona inibizione per le linee cellulari che presentano MYCN sovraespresso. Il differente grado di inibizione che il PNA ha sulla proliferazione nelle diverse linee cellulari è correlato con la diversa espressione del gene da parte di queste, caratteristica valutata mediante PCR Real-time. Aspetto importante nella determinazione dell’efficacia del PNA-NLS sulla proliferazione cellulare è rappresentato dall’osservazione che non si hanno alterazioni di questa nelle cellule di controllo e in quelle trattate con la forma mutata del peptide nucleico. Questo indica che il meccanismo di azione del PNA è incentrato sul gene MYCN. Il dato è stato inoltre confermato dalla valutazione quantitativa mediante qPCR Real-Time sul trascritto del gene. Anche in questo caso, i risultati ottenuti sono in relazione con i livelli di sovraespressione dell’oncogene MYCN nelle diverse linee cellulari, condizione che è stata valutata anche attraverso la metodologia FISH. Dato il livello di responsività della proliferazione cellulare al trattamento con il PNAwt, gli esperimenti sono proseguiti al fine di valutare che l’effetto fosse inibitorio anche sulla trascrizione del gene. Anche in questo caso i risultati che si sono ottenuti si possono ritenere particolarmente soddisfacenti, dato che in tutte le cellule trattate si è avuto un calo della trascrizione genica di 1,5-2,5 volte rispetto i normali livelli trascrizionali riscontrati nelle cellule non trattate. Unica linea cellulare che ha presentato un calo di trascrizione senza però raggiungere valori significativi, sono state le ONS 76. 98 Stabilito anche questo aspetto si è deciso di valutare, mediante Western blot, il livello di espressione dell’oncoproteina N-Myc nelle diverse linee cellulari, anche se però gli studi tesi a verificare che il PNAwt Ag fosse in grado di inibirne la produzione di questa sono stati condotti solo sulla linea cellulare delle DAOY. La ragione per cui si è deciso di valutare solo sulle DAOY l’effetto che il PNAwt ha sulla produzione della proteina N-Myc, sono dovute ai buoni risultati di inibizione ottenuti sia sulla proliferazione che sulla trascrizione del gene, oltre alla maggiore facilità di trattamento di questa linea, essendo queste cellule adese. Anche in questo caso i risultati ottenuti sono stati davvero buoni, infatti già dopo sole 6 ore di trattamento con PNAwt e PNAmut 10μM, le proteine estratte hanno rivelato un effettivo calo proteico. Tale riduzione è dimostrata dalla quasi totale assenza della banda di riferimento a livello membrana. Condizione che ha trovato conferma e migliori risultati nelle cellule trattate per 12 ore, infatti in questo caso la presenza della banda è totalmente assente, come se la produzione di N-Myc fosse completamente inibita. Dall’insieme degli esperimenti condotti si evidenzia una forte risposta specifica in cellule di medulloblastoma al trattamento con PNA anti-gene anti-MYCN. Questi dati, il ruolo di MYCN come oncogene nel MB e l’efficacia del PNA dimostrata in vitro, stimolano ad ampliare la ricerca verso la sperimentazione in vivo. Se la sperimentazione su animali dovesse confermare i risultati ottenuti in vitro, potrebbe nascere un rilevante interesse intorno allo sviluppo di un agente terapeutico basato sull’azione del PNA e diretto verso particolari forme di tumori pediatrici che mostrano sovraespressione dell’ oncogene MYCN. 99 BIBLIOGRAFIA 1. 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Hamilton S.E., Simmons C.G. et al. (1999). “Cellular delivery of peptide nucleic acids and inhibition of human telomerase.” Chem Biol 6(6): 343-51. 121 RINGRAZIAMENTI Non ho mai veramente pensato al momento della “Laurea” ma adesso che ci sono arrivata, il solo pensarci mi fa venire una stretta al cuore di nostalgia…ho come la sensazione di essere arrivata alla fine di una prima pagina della mia vita, in cui mi lascio alle spalle tutto un intero mondo fatto di spensieratezza e di infantili preoccupazioni. Se penso però agli anni passati e ai futuri, solo due visi mi compaiono nitidi e sicuri…i miei genitori! E’ a loro che dedico questa mia tesi e questo mio traguardo! Vi ringrazio per la fiducia che avete riposto, per tutto quello che avete sempre fatto per me, per il vostro amore e per avermi sempre messo al primo posto dei vostri pensieri…vi ringrazio per esserci sempre stati in ogni momento, come guida e come amici, appoggiando ogni mia decisione seppure semplice ma che ai miei occhi sembrava la più difficile. Grazie per avermi fatto diventare la persona che sono! Ringrazio Davide, perché anche se sei entrato nel mio mondo solo da un anno sei riuscito a farmi capire il senso della vita e hai dato un senso alla mia…grazie per il tuo amore e per farmi sentire in ogni momento importante! Ringrazio i miei nonni e mio zio Mauro per avermi sempre coccolato e viziato…un ringraziamento particolare va a mia nonna Massi che ad ogni esame ha sempre pregato e sofferto con me! 122 Ringrazio tutte le persone che mi sono state vicine in questo anno, partendo da Consuelo e Stefania che oltre ad avermi insegnato tutto ciò che so di un laboratorio, mi sono sempre state amiche. Ringrazio Salvatore, Virginia, Roberta, Raffaella, Luca, Korinne, Monica, Serena, Annalisa, Elisa, Lorenza e Cecilia, per essere sempre stati disponibili con me e per avermi dato sostegno soprattutto in questo ultimo periodo. Ringrazio Alessia per essere stata non solo una compagna di università ma soprattutto un’amica, su cui ho sempre potuto contare e che ha sempre saputo ascoltarmi con pazienza e affetto, standomi vicina anche nei momenti più difficili. Ringrazio l’Elisa Bergantin per la sua simpatia e per la sua amicizia, offrendomi sempre la sua spalla nei momenti di sconforto. Ringrazio Elisa per le sue chiacchere, che riempiono in ogni momento la stanza, e per il suo supporto da crocerossina che mi tranquillizza e mi sgrida tutte le volte che mi sporco o schizzo con qualcosa… Ringrazio Caterina, Katia, Elena, Rossella, Chiara, Ester, Luca e Marco, per la loro amicizia, per i pranzi insieme, per le chiacchere e le risate, che hanno reso questo anno felice e indimenticabile! Ringrazio Alessia, sorella di Davide, per i pomeriggi e le serate trascorsi insieme a sistemare la tesi al computer e grazie alla quale ho scoperto nuovi tasti… Ringrazio i genitori di Davide per il loro affetto e per farmi sentire in ogni momento a mio agio nella loro famiglia. 123 Ringrazio il prof. Andrea Pession e Roberto per avermi dato la possibilità di svolgere l’internato presso “questo” laboratorio. Un ringraziamento particolarissimo va anche alla segretaria Valeria, senza la quale forse non sarei riuscita ad arrivare fin qui. Sto per fare un ringraziamento piuttosto particolare, che penso molti non capiscano, ma è da quando ho iniziato l’Università che mi sono promessa che se fossi arrivata a questo momento l’avrei fatto…ringrazio Bill Conti! Molti non sanno chi sia ma se non fosse stato per la sua canzone, in molti momenti non mi sarei mai alzata dal tappeto e avrei ripreso a combattere per andare avanti… Ringrazio anche me stessa per essere arrivata fin qui, affinché ogni qualvolta io sia depressa o stanca, leggere tutto questo mi ricordi che cosa sono riuscita e che cosa sono capace di fare! GRAZIE A TUTTI! 124