n° 18 gennaio Marzo 2005 - Teatro Stabile di Genova

5-01-2005
15:49
Pagina 1
Tariffa R.O.C.: Poste Italiane S.p.A. -Spedizione in Abbonamento Postale
D.L. 353/2003 (conv. in L. 27/02/2004 n°46) art.1 comma 1, DCB Genova
TGE55404 Gior18-Opzione
ANNO V | NUMERO 18 | GENNAIO | MARZO 2005
2|3
4
5|6
7
8
9
10
11
12
Virginia Woolf
Virginia Woolf
Galois
Galois
Hellzapoppin
Le Grandi Parole
Teatro Extraeuropeo
I mestieri del Teatro
Teatri d’Europa
Articolo di Fasce
Conversazione con Lavia
Da New York a Hollywood
le "prime volte" di Albee
Articoli di Emmer e Arezzo
La Francia di Évariste
Intervista a Sciaccaluga
Nota di Luca Viganò
Incontri nel foyer
Programma e progetti
In scena la Rivoluzione
La scena latinoamericana
Articolo di Halima Tahan
Sarta e truccatrice
Intervista a Carta e Calvaresi
Lo Stabile in tournée
Ricordo di Croce
Successo del Festival
«Chi ha paura di Virginia Woolf?» e la novità italiana «Galois» prime produzioni dello Stabile nel 2005
Melato, Lavia e l’America
ALLA CORTE DALL’8 FEBBRAIO LA COMMEDIA DI ALBEE CON LA REGIA DI GABRIELE LAVIA
CARLO REPETTI
La stagione teatrale 2004-2005 al Teatro Stabile di Genova non poteva incominciare in modo più positivo.
Come viene testimoniato anche nell’ultima pagina di questo nostro giornale infatti, il Festival dei Teatri d’Europa ha
accompagnato l’anno di Genova Capitale della Cultura nella maniera migliore.
Tre spettacoli stranieri di tre grandi registi,Pina Bausch,Nekrosius e Lavaudant,
molto seguiti e apprezzati dal pubblico
della Corte, e una nostra produzione, La
Centaura con la coppia Ronconi-Melato, lo spettacolo più lodato dalla critica in
tutta la storia del Teatro Stabile di Genova.E quindi i lavori ospiti,fra i quali hanno avuto risalto, per gradimento del pubblico, La vedova scaltra, Zio Vanja e
L’avaro. Ora, con l’inizio del 2005 il
nostro cartellone prevede ben due nuovi
spettacoli di produzione, uno al Duse a
gennaio, l’altro alla Corte a febbraio. Con
il primo, Galois, continuiamo il percorso
di valorizzazione della drammaturgia
italiana contemporanea, in questo caso il
giovane genovese Luca Viganò; al tempo
stesso si conferma il valore sperimentale
delle Mises en espace, iniziativa da cui
questo testo proviene. In scena, diretti da
Marco Sciaccaluga, alcuni dei nostri giovani attori più promettenti, guidati da un
maestro di recitazione di grande talento,
Massimo Mesciulam. Alla Corte, dall’8
febbraio, proponiamo lo spettacolo forse
più atteso dell’attuale stagione italiana,
Chi ha paura di Virginia Woolf?,
capolavoro di Edward Albee, testo cult
della drammaturgia americana contemporanea, che vedrà insieme per la prima
volta, grazie allo Stabile di Genova, due
primi attori della scena italiana, Mariangela Melato e Gabriele Lavia.
Accanto a loro i giovani Agnese Nano e
Emiliano Iovine, anch’egli cresciuto alla
nostra Scuola. Infine, con la primavera,
torneranno anche i lunedì delle Grandi
Parole, quest’anno dedicati a un tema,
quello della Rivoluzione Francese, il cui
motto “libertà, fraternità, uguaglianza”
credo possa risuonare di assoluta attualità. Parlare delle Grandi Parole mi permette anche di ricordare con grande affetto, riconoscenza e rimpianto la figura di
Franco Croce Bermondi, recentemente
scomparso, amico e maestro del Teatro
Stabile, assieme al quale iniziai, con la
lettura di tutta la Divina Commedia,
l’avventura di tanti felici lunedì.A tutti i
nostri spettatori infine l’augurio di un
sereno 2005 durante il quale Genova
continui ad onorare il meritato titolo di
Capitale della Cultura.
M
ariangela Melato nel ruolo di Martha e Gabriele Lavia in quello di George, per la prima
volta insieme grazie al Teatro Stabile di Genova, sono i protagonisti del nuovissimo allestimento di Chi
ha paura di Virginia Woolf?, la celebre commedia dell'americano Edward Albee che va in scena al Teatro
della Corte - Ivo Chiesa dall’8 al 27 febbraio.Al loro
fianco due giovani emergenti: Agnese Nano ed
Emiliano Iovine. Quartetto ideale per raccontare
una intensa storia di paura e di rabbia, di violenza e
di fragilità esistenziale, che l’inventiva regia dello
stesso Lavia spinge verso risonanze, ora tragiche e
ora esplicitamente comiche, che hanno molto a che
fare anche con lo stretto rapporto esistente tra la
crisi del “sogno americano” e la realtà attuale
dell'Occidente. Scritta nel 1962 e resa celeberrima
dall'omonimo film interpretato da Elizabeth Taylor
e Richard Burton diretto da Mike Nichols, Chi ha
paura di Virginia Woolf? è una delle commedie più
note di tutto il teatro statunitense. George e Martha
sono due coniugi del New England. Lui insegna
Storia nella locale università, lei è la figlia del potente preside dello stesso ateneo. Una sera ricevono a
casa loro un’altra coppia, più giovane: Nick, docente di biologia, e sua moglie Honey. L’azione si svolge nel salotto, dove quella notte ha luogo un vero e
proprio “jeu de massacre”. Alcool, atroci derisioni,
giochi sadici, scherzi crudeli: la coppia americana
esibisce il proprio disfacimento e l’“american dream” naufraga nella solitudine, nell’angoscia e nella
nostalgia. La scenografia antinaturalistica dello
spettacolo è firmata da Carmelo Giammello e gli
eleganti costumi da Andrea Viotti; musiche originali di Andrea Nicolini e luci di Pietro Sperduti.
«GALOIS» AL DUSE DAL 10 GENNAIO
Storia di un matematico
Flavio Parenti e Massimo Mesciulam in Galois (Foto Bepi Caroli)
N
ovità italiana prodotta dallo
Stabile di Genova, Galois del
giovane drammaturgo Luca Viganò s’inserisce con piena legittimità nel circolo ristretto dei testi affascinati dalle personalità e dal
pensiero dei grandi matematici e
scienziati.Vi si narrano infatti gli
ultimi mesi della breve esistenza
di Évariste Galois, padre dell’algebra moderna, che morì in duello
a Parigi il 31 maggio 1832. Non
aveva ancora ventun anni, Galois,
ma aveva già troppo vissuto nell’ingorgo di tre grandi passioni: l’algebra, la politica e il suo primo amore. Con la regia di Marco Sciaccaluga, Galois è interpretato da Massimo Mesciulam, Matteo Alfonso
Luca Giordana, Fabrizio Matteini,
Flavio Parenti, Giulia Ragni e
Pietro Tammaro. Musiche di Andrea Nicolini e luci di Sandro Sussi.
Quando l’algebra
è un’emozione
«È semplice, semplicissimo. La matematica è semplice. È l’anima delle
cose... le intuizioni,Auguste, le intuizioni.La matematica non sarebbe nulla senza le intuizioni... Il vero spirito
della matematica sono le intuizioni».
Così esclama Galois, nel carcere di
Saint-Pélagie. O meglio queste sono
le parole che Viganò mette in bocca
al giovanissimo matematico. È importante che lo spettacolo di Viganò
venga ripreso a breve distanza dal suo
primo allestimento in forma di mise
en espace. È il segnale che anche in
Italia vi è una ripresa di interesse per
le grandi storie, i grandi temi. E con
Galois si tratta di genio, rivoluzione,
amore e morte. E della matematica.
Michele Emmer (continua a pag. 5)
Mariangela Melato e Gabriele Lavia in una foto di prova di Chi ha paura di Virginia Woolf? (Foto Beppe Veruggio)
U
N
CA
P O L AVO RO
D E L L A
D
R A M M AT U R G I A
S
TAT U N I T E N S E
Umorismo ed emozioni forti
Il successo di Chi ha paura di Virginia
Woolf? si fonda su un malinteso. La
prima rappresentazione ebbe luogo
il 13 ottobre 1962 al Billy Rose
Theatre di Broadway, e alla fine
della stagione la commedia e il suo
autore ottennero tutti i premi a disposizione: innanzitutto, cinque
Tony Awards che premiarono la
migliore commedia dell’anno, la
migliore interpretazione femminile
(Uta Hagen), il migliore attore
(Arthur Hill), la migliore regia
(Alan Schneider) e la migliore produzione (Richard Barr e Clinton
Wilder). Si aggiunsero poi il premio dei critici di New York e
l’Anta Award che incoronava, per la
quinta volta dalla sua fondazione
(1935) «un contributo fuori del
comune al teatro contemporaneo».
Un viaggio in Russia, un posto di
consigliere drammatico e, poco
dopo,l’elezione all’Accademia delle
Arti e delle Lettere completano il
trionfo di Albee. Un successo clamoroso, ma fondato su un malinteso, perché si volle vedere in Virginia
Woolf soprattutto «l’ultima spiaggia
del dramma familiare»,lo scontro di
«quattro selvaggi» o un «gioco
grondante sangue» e realista, mentre la commedia si discosta sia dal
naturalismo, sia dalla psicanalisi per
proporre una moderna leggenda
sul bisogno dell’illusione e sulla ri-
cerca della verità.A dispetto del suo
titolo nato da un gioco di parole,
Chi ha paura di Virginia Woolf? è una
riflessione molto seria, che - come
dice lo stesso George parlando del
libro che vorrebbe scrivere - è una
specie di allegoria, «ma può essere
letto come una normale e piacevole satoria». Da qui, nascono le contrapposizioni: due coppie, due
musiche - una sinfonia di Beethoven e un’aria da varietà -, due
passioni in una, l’amore-odio; due
toni, anche, l’umorismo americano
e la forza emotiva di Strindberg.
Questa instabile contaminazione
non è certo fatta per tranquillizzare.
da Albee di Liliane Kerjan (Ed.Seghers)
Febbraio-aprile: tornano le Grandi Parole
Parla la Rivoluzione Francese
inque serate con altrettanti conC
duttori, scelti tra i più prestigiosi
rappresentati della cultura nazionale, e
dieci attori invitati a dare voce e corpo
ad una scelta antologia di brani capaci
di mettere in movimento pensiero ed
emozione. Il nuovo ciclo delle Grandi
Parole dell'Umanità è quest'anno dedicato alla Rivoluzione francese e prende
il via il 21 febbraio (ore 20.30) con la
preziosa consulenza storica di Sergio
Luzzato. Ogni serata sarò intitolata al
suo tema centrale. S'inizia con La
Libertà (conduttore Luciano Canfora)
per proseguire poi con La Giustizia
(28/2, da definire), Il Terrore (14/3,
Mario Capanna), La Fraternità
(11/4, Enzo Bianchi) e L'Uguaglianza
(18/4, Lucio Villari).
Al Teatro della Corte, le serate delle
Grandi Parole sono a ingresso libero.
TGE55404 Gior18-Opzione
5-01-2005
15:49
Pagina 2
Chi ha paura diVirginia Woolf?
2
VIRGINIA WOOLF
Una sera, doveva essere nel 1953 o nel
1954, lessi sullo specchio di una toilette
“Chi ha paura di Virginia Woolf?”, scarabocchiato con del sapone. (EDWARD ALBEE)
Albee: fondamentale anello di congiunzione
tra la generazione che va da Eugene
O’Neill a Arthur Miller e quella di Sam
Shepard e David Mamet. (HAROLD BLOOM)
Che succede a un sogno differito
Avvizzisce come un chicco d’uva al sole?
O si corrompe come una piaga
e suppura? (LANGSTON HUGHES)
Se vogliamo realizzare il sogno americano,
dobbiamo liberarci una volta per tutte
dall’idea che vi siano razze superiori
e razze inferiori (MARTIN LUTHER KING)
C’ERA UNA VOLTA IL SOGNO AMERICANO
Sullo sfondo della commedia di Albee la forza e le contraddizioni di un mito del Novecento
Forse perché incarna il labirinto di
specchi sospeso da secoli fra le due
sponde dell’Atlantico, la frase
“sogno americano” sembra perdersi nella notte dei tempi. E invece ha una storia abbastanza recente. Entra nel lessico statunitense
trent’anni prima che il “sogno”
finisca triturato negli interni, tormentati e nevrotici, del ceto medio
bianco di Edward Albee. Se ne
parla per la prima volta all’inizio
degli anni Trenta, in An American
Epic, cavalcata nostalgica destinata
al grande pubblico, di James T.
Adams, storico USA di antica
famiglia anglosassone, da anni trasferitosi a Londra. Siamo in piena
Depressione e il tono di Adams è
quello di chi guarda con rimpian-
Dai quartieri operai bianchi
popolati di frigoriferi e TV,
il “sogno” rimbalza
con il piano Marshall nel resto
dei paesi occidentali
successo e grandezza: una promessa, lunga di secoli, in teoria aperta a
tutti, ma in realtà, sembra dire
Adams, riservata ai “pochi migliori” come lui, che nel passato potevano far valere appieno le loro doti.
Sempre negli anni della Depressione, però, il “sogno” viene invocato sotto tutt’altre latitudini culturali
ed esistenziali, sullo sfondo collettivo della segregazione che umilia i
neri d’America. Per Langston Hughes - il grande poeta di colore che
si chiede «Che succede a un sogno
differito / Avvizzisce come un chicco d’uva al sole? / O si corrompe
come una piaga / e suppura?» - il “sogno” è un orizzonte che si allontana senza mai essersi realizzato, ma
lasciando, in chi ne è stato tenuto
ai margini, una traccia indelebile di
pulsioni al cambiamento. Su quella
traccia si inserirà, trent’anni dopo,
un altro afroamericano, Martin
Luther King, per dire con forza
che «se vogliamo realizzare il sogno americano, dobbiamo dunque
liberarci una volta per tutte dall’idea che vi siano razze superiori e
razze inferiori».
Dall’altro lato, all’interno degli
stessi Stati Uniti, il “sogno” è graffiato dalle denunce, sulle amarezze
che lo affliggono, dell’Arthur Miller di Morte di un commesso viaggiatore, dagli umori acidi dei beats, dal
privato familiare a brandelli dei
drammi di Albee. Soprattutto è
incalzato dal movimento nero per i
diritti civili, che, però, paga amaramente le leggi che abbattono la
segregazione e i primi programmi
pubblici di aiuti ai poveri dei ghetti, con la vita di King, ucciso da un
fanatico razzista, nel 1968.
Poi la storia muove a rotta di collo
verso la cronaca, fra Vietnam,
Watergate, fine della guerra fredda
e addirittura “fine della storia”,
trionfo del modello occidentale e
del “sogno” nella sua accezione più
riduttiva ed esclusivista, di accumulo di ricchezza e potere individuali, che pare dominare la fine
millennio. Finché l’11 settembre
porta l’incubo del terrorismo in
quel World Trade Center costruito
per simboleggiare tale visione.
Ne rimangono vittima in realtà i
mille piccoli concretissimi sogni
L’11 settembre porta l’incubo
del terrorismo in quel
World Trade Center
costruito per simboleggiare
il sogno americano
Mariangela Melato e Gabriele Lavia in una foto di prova
to ai pionieri e alle figure di punta,
rigorosamente bianche e anglosassoni, che hanno reso grande la
nazione americana, ma delle quali
pare essersi perso lo stampo, sotto
le spinte irrefrenabili della società
di massa e della sua crisi.
L’espressione “sogno americano”
nasce così, a Novecento inoltrato,
come nostalgia di uno yankee che
neppure più vive negli Stati Uniti
e rimpiange la sostanza individualista della “promessa americana” di
Quando King dice questo, nello
stesso 1961 de Il sogno americano di
Albee, il “sogno” è diventato uno
strano animale a due teste. Da un
lato, vive concretamente negli Stati
Uniti dei sobborghi di ceto medio
e nei quartieri operai bianchi popolati di frigoriferi e TV e di qui
rimbalza, nella propaganda del
Piano Marshall, come promessa indirizzata al resto del mondo occidentale, all’insegna dell’ “anche voi
potete essere prosperi”.
Coriolano
di Raffaele Viviani
Corte 11 / 16 gennaio
Tournée sospesa dalla Compagnia
Nel 1962 gli Stati Uniti stavano
godendo quello che oggi molti
considerano un periodo d’innocenza. John F. Kennedy, il più
giovane Presidente mai eletto,
era al lavoro per rivitalizzare un
paese che, quando egli assunse
il potere nel 1961, molti osservatori consideravano passivo e
compiacente. Una pace relativa
regnava nella maggior parte
del mondo, e negli Stati Uniti i
valori tradizionali sembravano
incrollabili.
Quasi nessuno avrebbe potuto
predire il grande tumulto che il
paese stava per sopportare: la
guerra del Vietnam, gli assassini
del Presidente Kennedy, del
Senatore Robert Kennedy, e del
Reverendo Martin Luther King
Jr, lo scandalo Watergate che
costrinse il Presidente Richard
M. Nixon a rassegnare le dimissioni nel 1974. Ciò nonostante,
sotto la tranquilla superficie di
quel 1962 vi era una considere-
fondono per raccontare meglio i sentimenti
umani. Diretto da Luca De Fusco, con Ugo
Pagliai, Paola Gassman e Mascia Musy.
di Marco Paolini,
dedicato a Mario Rigoni Stern
Corte 1 / 6 febbraio
Il trionfo dell’amore
di Marivaux
Corte 25 / 30 gennaio
vole agitazione. Nei primi anni
Sessanta i rapporti tra America
e Unione Sovietica sono stati
spesso estremamente tesi, sfociando negli scontri su Berlino e
Cuba. Negli Stati Uniti, i tentativi dei neri di porre fine alla discriminazione razziale erano
spesso contraddetti dalla violenza dei bianchi. E un certo
numero di scrittori influenti
stava mettendo in discussione
quei valori americani che sembravano così sicuri.
Il 13 ottobre del 1962 debuttava a Broadway, New York City,
una commedia che fu uno dei
primi successi popolari a dare
voce a queste forze nascoste di
insoddisfazione e di disagio
dell’America. Quella commedia,
Chi ha paura di Virginia Woolf? di
Edward Albee, analizzava criticamente istituzioni e valori che
gli Americani avevano cari – la
famiglia, il matrimonio e il successo per esempio – e suggeri-
va che potevano forse essere
stati creati anche per sfuggire
alla realtà.
Il testo di Albee scatenò un
ciclone di polemica. Fu il caso
raro di una commedia creata
per il teatro commerciale che
presentava un’analisi delle sacre tradizioni americane su ampia scala, e che lo fece in un linguaggio che scandalizzò e che
molti giudicarono importuno.
Tuttavia per ogni persona che
considerava Chi ha paura di
Virginia Woolf? “perversa” e “di
idee oscene”, ci furono tante
altre che definirono la commedia un capolavoro e dichiararono Albee come “uno dei più
importanti drammaturghi del
teatro mondiale contemporaneo”. Il dibattito si scatenò
attorno alla commedia, e persino le persone che non avevano
mai vista o letta Chi ha paura di
Virginia Woolf? offrirono le loro
opinioni.
Ferdinando Fasce
Il sergente
Il contrasto tra Amore e Ragione intreccia
le generazioni e le classi sociali in un
sottofondo erotico gestito con grazia e
sorretto da splendidi dialoghi.
Un capolavoro del ‘700 francese. Un gioco
raffinato, in cui il comico e il drammatico si
gennaio | marzo 2005
Albee e la fine dell’innocenza
spettacoli ospiti
Napoli Hotel Excelsior
Due atti unici: Via Partenope e Musica
dei ciechi. Due splendidi esempi della
capacità di sintesi del teatro di Raffaele
Viviani, che con pochi tratti sa definire
personaggi e disegnare un mondo umano
e popolare. Un lussuoso spettacolo con
musiche, amorevolmente messo in scena
da Tato Russo, che ne è anche interprete
di numerose macchiette al fianco di una
compagnia composta da venti attori.
comuni di chi nelle Torri Gemelle
lavora, provenendo, come accade
da secoli, dai quattro angoli della
terra. Questa drammatica, inaudita
replica della tensione fra il simbolo
e la realtà del “sogno americano”
ripropone l’urgenza di colmare la
forbice fra le due dimensioni, scaricando l’una del peso di attese salvifiche di qualunque genere e
sostanziando l’altra di destini collettivi fondati su un’autentica convivenza fra diversi. Una convivenza
ispirata a quanto diceva un’immigrata del primo Novecento, che
invitava ad “amare l’America a
occhi aperti”, cogliendo le opportunità e combattendo le miserie
che vi abitano, come in qualunque
altro posto al mondo.
Gabriele Lavia, Mariangela Melato, Emiliano Iovine e Agnese Nano in una foto di prova dello spettacolo
Dedicata all’autore di Il sergente nella
neve, la storia della ritirata da tutte le
guerre. Testimone degli avvenimenti
piccoli (gli Album) e grandi (da Vajont a
Ustica) della storia d’Italia, Marco Paolini
presta la sua arte di narratore alla
cronaca di una tragedia della storia
d’ogni tempo (dall’Anabasi di Senofonte
a oggi). È la parola che si fa teatro,
evocando spazi e personaggi solo in
virtù della propria forza scenica.
È il passato che si fa presente nella
dal 10 gennaio al 6 marzo
concreta realtà del palcoscenico.
È, soprattutto, la forza comunicativa di
un grande attore sempre capace di
coniugare sensibilità umana e sdegno civile.
Mercoledì 2 febbraio, ore 17.30, nel foyer del
Teatro della Corte, incontro con Marco
Paolini, promosso da COOP Liguria partner
per le rappresentazioni genovesi di «Il sergente».
Antigone di Sofocle
di Bertolt Brecht
Duse 8 / 13 febbraio
La tragedia di Sofocle trasferita da
Brecht nella Germania del 1945.
Il lutto di Antigone per la morte
del fratello si scontra con il rigore
autoritario di Creonte, “signore
della guerra”, con Tiresia nel ruolo
di osservatore dei fatti. La tragedia
dell’umanità alle prese con la violenza
della Storia e del Potere. Un classico
contemporaneo diretto da Federico Tiezzi,
con Chiara Muti e Sandro Lombardi.
Edoardo II
di Christopher Marlowe
Duse 15 / 20 febbraio
La tragedia dello sventurato re
plantageneto (salito al trono d’Inghilterra
nel 1307), stritolato dall’inesorabile
scontro tra le pulsioni alla libertà
individuale e le responsabilità del suo
ruolo pubblico. Un classico elisabettiano,
prodotto dal Teatro Stabile dell’Umbria
e messo in scena da Antonio Latella,
con Danilo Nigrelli.
Il comico e la spalla
di Vincenzo Cerami
Duse 22 febbraio / 6 marzo
Dallo sceneggiatore di Roberto Benigni,
l’arte e le gelosie di un’affiatata coppia
di comici d’avanspettacolo, messa in
crisi dall’arrivo di una ragazza che, figlia
del “comico”, s’innamora della “spalla”.
Tuccio Musumeci e Pippo Pattavina
protagonisti di uno spettacolo prodotto
dal Teatro Stabile di Catania.
Regia di Jean-Claude Penchenat.
TGE55404 Gior18-Opzione
5-01-2005
15:49
Pagina 3
Chi ha paura diVirginia Woolf?
3
CONVERSAZIONE CON GABRIELE LAVIA, REGISTA E INTERPRETE DELLO SPETTACOLO IN SCENA AL TEATRO DELLA CORTE
Edward Albee
Chi ha paura di Virginia Woolf?
Nostalgia di un tragico Occidente
Ministero Beni e Attività Culturali
soci fondatori
COMUNE DI GENOVA
PROVINCIA DI GENOVA
REGIONE LIGURIA
Compagnia Lavia
Gabriele Lavia in una foto di prova
altro che litigare, insultarsi e aggredirsi, non siano capaci di trovare
una scusa valida, magari anche
educata, per andarsene. Perché?,
continuavo a chiedermi. Sino a
che l’ipotesi di una risposta mi è
sembrato di intravederla in una
battuta di George che pur non ha
nulla a che fare con gli strani giochi di quella vicenda familiare.
Quale?
Giunge improvvisa e inaspettata
verso la fine del secondo atto di
Albee. George è solo, in una pausa
di quel gioco al massacro; legge:
«E il vecchio Occidente, incatenato da vecchie e zoppicanti alleanze
e gravato della zavorra di vecchie e
pesanti ideologie morali non
riuscirà più ad adattarsi a un nuovo
cambiamento della storia e finirà
per crollare». Mettendo al centro
dello spettacolo questa battuta, mi
è sembrato che anche tutto il raffinato gioco teatrale possa funzionare molto meglio, consegnandoci
un testo di straordinaria contemporaneità. È dell’Occidente, “la
terra del tramonto”, che si sta qui
parlando. Dello smarrimento che
consegue al tramonto della sua cultura, quello che noi tutti stiamo
vivendo con uno stato d’animo
che non si può più definire né tragico, né comico. Quella battuta sul
crollo di valori occidentali mi ha
profondamente colpito e aperto
una nuova prospettiva su tutta la
commedia, che mi è sembrato di
poter leggere come la narrazione
della caduta affettiva che, nel corso
di questi ultimi decenni, l’America
(l’Occidente) ha subito nei nostri
cuori: una grande delusione che si
accompagna a una malinconica
nostalgia.
Di questo tramonto dell’Occidente,
George è davvero consapevole?
George è la Storia. Egli sa; ma il
problema per lui come per noi è
anche diventato qualcosa d’altro e
di molto complesso: ora che non
abbiamo più niente, come dobbiamo vivere questo essere circondati
da nulla? Chi sa si è liberato dal
“sogno”, non ha più illusioni; ma
l’uomo può davvero vivere senza
metafisica, che è parte essenziale
del pensiero occidentale?
Ottenebrati dall’incapacità di dare
una risposta a questi interrogativi,
Martha e George (e noi come
loro?) si rinchiudono a vivere dentro a quel mondo di fiction, di apparenze e di illusioni, che pur hanno
smascherato, diventando così due
paradigmi, due metafore della contemporaneità.
Di questa fiction dentro la quale vivono, Martha e George sono anche autori, oltre che attori?
La vera grande fiction è rappresentata dall’insieme dei valori che ora
sono caduti. Martha vive soprattutto nel mondo di fiction rappresentato da suo padre, che per lei è
come Dio, mentre per George è
solo un vecchio topaccio libidinoso. Quel padre è il valore svalutato
dalla Storia, ma anche il vero
depositario della grande fiction
entro la quale tutti i personaggi
della commedia di Albee vivono.
Anche Nick e Honey?
Nello spettacolo noi non capiremo
mai se questi due ospiti sono persone vere o solo delle proiezioni di
George e Martha, due fantasmi. E
non credo che in questa interpretazione ci sia nulla di forzato.
Anche in un altra commedia di
Albee, Un equilibrio delicato, entrano
in scena due ospiti esplicitamente
fantasmatici; e in Chi ha paura di
Virginia Woolf? ci sono molte e
curiose battute che sembrano spingere verso l’intepretazione di Nick
e Honey come il doppio di
George e Martha, due loro replicanti. E non credo proprio che un
autore attento e raffinato come
Albee abbia scritto queste strane
situazioni per caso.
Costruito uno spazio scenico non naturalistico, quali sono la direzione e le
tonalità in cui il regista e gli attori di
Chi ha paura di Virginia Woolf?
stanno lavorando per far vivere con
autenticità le parole scritte da Albee?
Mi piacerebbe che la nostra recitazione fosse molto semplice e utilizzasse le forme della tradizionale
immediatezza del musical o del
cabaret. Nulla di forzato comunque. Da una porta che non c’è e su
uno sfondo colorato che rinvia
esplicitamente al musical americano, entrano in scena una Barbie e
un Ken alquanto invecchiati e
vestiti come Fred Astaire e Ginger
Rogers. Martha e George sono
maldestri, perché quel meraviglioso universo di armonia e leggerezza è come precipitato in una disca-
PERSONAGGI E INTERPRETI
Martha
George
Honey
Nick
Mariangela Melato
Gabriele Lavia
Agnese Nano
Emiliano Iovine
regia
scene
costumi
musiche
luci
Gabriele Lavia
Carmelo Giammello
Andrea Viotti
Andrea Nicolini
Pietro Sperduti
assistenti alla regia
Marco Avogadro
Giovanni Morricone
Moreno Marchiafava
Giovanna Guida
Chiara Macinai
Micaela Tentarelli
Fabrizio Montalto
Luciano Cozzi
Maurizio Taverna
Fausto Perri
Danilo Raia
Riccardo Benassi
Rosaria Carta
Patrizia Gatta
Props and Decors – Bosco Marengo
GP11 - Roma
Pompei-Roma
Gianchi srl
Loud Music- Genova
Roberto Mazzola: violino
Enrico Testa: armoniche
Federico Bagnasco: contrabbasso
Caterina Picasso: pianoforte
Giampiero Lobello: trombe
Claudio Capurro: sassofoni e clarinetti
Giuseppe D’Angelo
assistenti volontarie alla regia
assistente alle scene
direttore di scena
capo macchinisti
capo elettricista
elettricista
fonico
capo sarta
amministratore di compagnia
scene realizzate da
costumi realizzati da
calzature
service luci
musiche registrate presso
esecutori musiche registrate
fotografie di scena
Si ringrazia ERG per il materiale fornito
▲
IVO CHIESA
D A
M A R T E D Ì
8
A
D O M E N I C A
2 7
F E B R A I O
2 0 0 5
ORARI
tutte le sere ore 20.30 – domenica ore 16 – lunedì riposo
PREZZI
poltrona primo settore € 23,50 - poltrona secondo settore € 16,00
PRENOTAZIONI E VENDITE
Genova • art: Bruna Arena • 596/04 • stampa Ortolan Opera (MI)
Mariangela Melato in una foto di prova di Chi ha paura di Virginia Woolf?
rica, tanto che la loro vicenda privata può in quello spazio disagiato
coincidere anche con la sorte toccata a tutto l’Occidente. I due
coniugi vengono da una grande
festa, dalla festa di Dio-Padre, per
cui George indossa il frac e Martha
un clamoroso abito da sera. Gli
stessi abiti che, quando arrivano,
vestono anche Nick e Honey,
come se per una sorte malvagia si
fossero trovati a indossare gli stessi
costumi di alta sartoria. Anche se
Nick e Honey sono dei fantasmi
replicanti, questo non impedisce
però loro di possedere una piena
autonomia in quanto personaggi
che portano con sé, nelle loro
parole e nei loro comportamenti,
una possibile risposta al fondamentale interrogativo di che cosa possono essere diventate o diventare le
nuove generazioni, dopo il tramonto dell’Occidente. E questo fa
paura.
Dentro a questa storia di un tragico tramonto, mi sembra che ci sia, comunque,
una forte componente comica.
Assolutamente. Il mio desiderio è
proprio quello di fare uno spettacolo travolgentemente comico.
Spero di riuscirci anche come attore, perché il comico è qualcosa che
ha a che fare con delle qualità
molto intime, mentre io sono personalmente più disposto all’infelicità e al tragico. Ma quello che mi
conforta è poter lavorare con
un’attrice quale Mariangela
Melato, che possiede la rarissima
virtù di poter eccellere sia nel
comico, sia nel tragico. Credo che
Mariangela sia un’attrice particolarmente adatta a fare questo ruolo,
perché è un’attrice dalla straordinaria presenza intuitiva: sa sempre
quello che il personaggio deve
essere. Lei è quello che si definisce
un fenomeno: cioè, un evento che
s’illumina e si definisce da se stesso,
Anche per questo, è molto bello ed
emozionante lavorare con lei.
Con quale emozione ti piacerebbe che
ritornassero a casa gli spettatori?
Innanzitutto senza essersi annoiati,
perché la noia si cancella se si ricevono delle emozioni. Il resto viene
dopo; perché solo dopo, quando
ormai il calare del sipario ha portato con sé l’accecamento dello
sguardo, si può meditare e (forse)
comprendere ciò che della vista
ora si è orbati. Anche se quasi nessuno lo sa più, il teatro è la cosa più
importante del mondo, il fondamento stesso del nostro sapere. Del
resto, non è un caso che il pensiero occidentale nasca proprio sotto
forma drammaturgica. Potrà finire
il cinema, potranno anche sparire
tutti i libri dalla faccia della terra,
ma il teatro non potrà mai morire.
versione italiana di Ettore Capriolo
socio sostenitore
Parlando del suo “secondo romanzo”,
George, il protagonista di Chi ha
paura di Virginia Woolf?, dice che «di
fatto è un’allegoria, probabilmente, ma
può essere letto come una normale e
piacevole storia...».Ti sembra che questa definizione s’addica anche all’intera commedia di Albee che stai mettendo in scena?
Virginia Woolf è un testo molto
complesso, nel suo genere un
capolavoro, che si presta a molteplici interpretazioni. Io ne ho visti
molti allestimenti, compreso quello
primo in Italia, con la regia di
Franco Zeffirelli, che proponeva
un salotto borghese americano,
dentro il quale, una notte, marito e
moglie fanno un terribile gioco al
massacro, si ubriacano e si picchiano anche, coinvolgendo in questo
loro gioco anche una giovane coppia di ospiti. Tutto molto bello,
forte e naturalistico; ma proprio il
genere di teatro che io non sono
capace di fare.
E allora, perché ritornare su questa
commedia che risale ormai a più di
quarant’anni fa?
Perché sono tornato a studiarla, e
mi sono accorto che qualcosa non
quadra in quella lettura naturalistica. Via via che andavo avanti nel
ripercorrere le battute e le situazioni di quella commedia così ben
scritta, mi domandavo sempre più:
«Ma di che cosa parla questo testo,
che cosa racconta, che cosa c’è
sotto le sue apparenze?». In fin dei
conti, è abbastanza strano che due
coniugi di una certa età, tornando
a casa da una festa, abbiano invitato nel cuore della notte una coppia
di giovani che hanno appena
conosciuta; più strano ancora che
costoro, giovani avvezzi alla vita
sociale, quando si trovano davanti a
un marito e moglie che non fanno
presso i botteghini del Teatro della Corte - Ivo Chiesa e del Teatro Duse, tel. 010.5342.200, presso le agenzie di viaggi convenzionate in Liguria
e sul sito: www.teatrostabilegenova.it.
prenotazioni telefoniche ore 15/19: dal lunedì al venerdì tel. 010.5342.400, sabato e festivi tel. 010.5342.200
Informazioni: tel.010.5342.300
partner della stagione
Un autore molto americano
Edward Albee nasce a
Washington il 12 marzo
1928 e viene adottato da
Frances e Reed Albee, figlio
di Edward Franklin Albee,
che era uno dei più potenti
produttori di Vaudeville
americano. Ha un’infanzia,
come lui stesso dice, da
«povero bambino ricco». A
quindici anni è espulso dall’Accademia militare di Valley Forge, a venti
abbandona la famiglia e si trasferisce al Greenwich Village di New York, dove
entra in contatto con gli ambienti intellettuali e campa facendo i lavori più
disparati: commesso in una discoteca, barman, telegrafista della Western
Union. Contemporaneamente, inizia a scrivere per il teatro sotto l’influenza
degli autori dell’assurdo e soprattutto di Samuel Beckett e Harold Pinter.
Ottiene i primi successi con gli atti unici The Zoo Story e The American Dream,
ma il vero trionfo verrà solo con Who’s Afraid of Virginia Woolf?. La sua opera
è stata letta soprattutto come un attacco alla società americana e l’amara
constatazione della solitudine dell’uomo contemporaneo. Albee ha scritto
la sceneggiatura di Nijinsky (1970) per la regia di Tony Richardson.
a cura di Aldo Viganò
Teatrografia
La storia dello zoo (The Zoo Story, 1958) - La morte di Bessie Smith (The
Death of Bessie Smith, 1959) - La sabbiera (The Sandbox, 1959) - Fam and
Jam (1959) - Il sogno americano (The American Dream, 1960) - Chi ha paura
di Virginia Woolf? (Who’s Afraid of Virginia Woolf?, 1961-62, Tony Award) La ballata del caffè triste (The Ballad of the Sad Cafè, 1963, adattamento da
Carson McCullers) - Piccola Alice (Tiny Alice, 1964) - Malcolm (1966, adattamento da James Purdy) - Un equilibrio delicato (A Delicate Balance, 1966,
Premio Pulitzer) - La colpa è del giardino (Everything in the Garden, 1967,
adattamento da Giles Cooper) - Box (1968) - Quotations from Chairman Mao
Tse-Tung (1968) - Tutto finito (All Over, 1971) - Marina (Seascape, 1974,
Premio Pulitzer) - Listening (1975) - Counting the Ways (1976) - The Lady
from Dubuque (1977-78) - Lolita (1980) di Vladimir Nabokov - Another Part
of the Zoo (1981) - The Man Who Had Three Arms (1981-82) - Finding the
Sun (1982-83) - Marriage Play (1987) - Tre donne alte (Three Tall Women,
1991, Premio Pulitzer) - Fragments (1993) - The Play About the Baby
(1997) - La capra (The Goat or Who is Sylvia?, 2000) - Occupant (2001).
Agnese Nano e Emiliano Iovine in una foto di prova dello spettacolo
gennaio | marzo 2005
TGE55404 Gior18-Opzione
5-01-2005
15:49
Pagina 4
Chi ha paura diVirginia Woolf?
4
DOPO IL TRIONFO SUL PALCOSCENICO DI BROADWAY, LA COMMEDIA DI EDWARD ALBEE HA FATTO BEN PRESTO IL GIRO DEL MONDO, OTTENENDO OVUNQUE UN GRANDE SUCCESSO DI CRITICA E
DI PUBBLICO. LE PRIME RAPPRESENTAZIONI NEI PAESI DI LINGUA INGLESE SONO STATE TUTTE FIRMATE DALLA REGIA DI ALAN SCHNEIDER, MA A STOCCOLMA IL TESTO INTERESSO’ SUBITO INGMAR BERGMAN, MENTRE IN ITALIA E IN FRANCIA TOCCO’ A FRANCO ZEFFIRELLI PORTARLO AL TRIONFO, MOLTO PRIMA DELL’INCORONAZIONE INTERNAZIONALE GARANTITA DAL FILM CON
ELIZABETH TAYLOR E RICHARD BURTON. DOPO QUELLE «PRIME VOLTE», CHI HA PAURA DI VIRGINIA WOOLF? È STATA MESSA IN SCENA NUMEROSE ALTRE VOLTE IN QUASI TUTTI I PAESI DEL MONDO.
Giro del mondo per «Virginia Woolf»
C R I T I C A E N T U S I A S TA DA B ROA DWAY
1)
2)
1) NEW YORK
L’esperienza è insostituibile.
Dopo solo quattro commedie
Edward Albee ha scoperto vero
in un atto, Albee può, senza
teatro tra le spente ceneri del
pericolo di esagerare, ottenere
naturalismo ed esplicato una
un posto di rilievo tra gli autori
tecnica di inestimabile potenza.
drammatici del mondo teatrale
Questa commedia è un evento
contemporaneo.
cruciale per la nascita del teatro
NEW YORK POST
americano contemporaneo.
Non è solo la migliore
VILLAGE VOICE
commedia attualmente in scena
Virginia Woolf ha lasciato critici e
in città; potrebbe rappresentare il
pubblico senza fiato per la sua
meglio della stagione.
crudele modernità.
THE NATION
SIPARIO
È una brillante e originale opera
A teatro, ultimamente, ci sono
d’arte, un’esperienza teatrale che
due tipi di drammi: il vivo e
ci tocca profondamente
il morto. Virginia Woolf
in un tumulto di autentici
appartiene in modo articolato
exploits di approfondimento
(George)
e sbalorditivo al “vivo”.
e fuoco drammatico.
Manuela Andrei (Honey)
Umberto Orsini (Nick)
TIME
NEWSWEEK
Billy Rose Theatre
14 ottobre 1962
Regia: Alan Schneider
Interpreti:
Uta Hagen (Martha)
Arthur Hill (George)
Melinda Dillon (Honey)
George Grizzard (Nick)
2) STOCCOLMA
3)
5)
Royal Dramatic Theatre
4 ottobre 1963
Regia: Ingmar Bergman
Interpreti:
Karin Kavli (Martha)
Georg Rydeberg (George)
Bibi Andersson (Honey)
Thommy Berggren (Nick)
3) VENEZIA
Teatro della Fenice
5 ottobre 1963
Regia: Franco Zeffirelli
Interpreti:
Sarah Ferrati (Martha)
Enrico Maria Salerno
4)
4) LONDRA
Piccadilly Theatre
6 febbraio 1964
Regia: Alan Schneider
Interpreti:
Uta Hagen (Martha)
Arthur Hill (George)
Beverlee McKinsey (Honey)
Richard Easton (Nick)
5) PARIGI
Théâtre de la Renaissance
1 dicembre 1965
Regia: Franco Zeffirelli
Interpreti:
Madeleine Robinson
(Martha)
Raymond Gerome (George)
Pascale Audret (Honey)
Claude Giraud (Nick)
6) TORONTO
6)
7)
Royal Alexandra
3 aprile 1965
Regia: Alan Schneider
Interpreti:
Vicki Cummings (Martha)
Kendall Clark (George)
Bryarly Lee (Honey)
Donald Briscoe (Nick)
7) HOLLYWOOD
prima rappresentazione
21 giugno 1966
Regia: Mike Nichols
Sceneggiatura: Ernest
Lehman
Scenografia: Richard Sylbert
Fotografia: Haskell Wexler
Musica: Alex North
Interpreti:
Elizabeth Taylor (Martha)
Richard Burton (George)
Dandy Dennis (Honey)
George Segal (Nick)
gennaio | marzo 2005
TGE55404 Gior18-Opzione
5-01-2005
15:49
Pagina 5
Galois
C ’è q u a l c o s a d a c o m p l e t a re
in questa dimostrazione.
N o n n e h o i l t e m p o.
( É VA R I S T E G A LO I S )
Ci vuole un grande coraggio per
s p re c a re c o s ì t a n to g e n i o. Éva r i s te G a l o i s q u e l c o r a g g i o l o h a
av u to, p u r t ro p p o. ( L U C A V I G A N Ò )
5
L a m a t e m a t i c a a t e a t ro
d e ve e m o z i o n a re , c o i n vo l g e re ,
f a r a r r a b b i a re , f a r d i s c u t e re ,
n o n “s p i e g a re”. ( M I C H E L E E M M E R )
Chi si è imbattuto nel racconto dell’ultima
notte di Galois non può non essere
rimasto avvinto dalla drammaticità e dal
mistero di quella scena. (MIMMO AREZZO)
Quando l’algebra è un’emozione
Évariste Galois e la scienza a teatro
Il teorema della Rivoluzione
(segue da pag.1)
Certo Évariste Galois, il matematico
che ottiene dei risultati scientifici
eccezionali nel corso dei pochissimi
anni della sua vita, che partecipa alle
rivoluzioni che scuotono la Francia,
che muore in duello per motivi che
non saranno mai del tutto chiariti, è
un personaggio eccezionale per raccontare una “storia”. Rivoluzionario, genio, ribelle, giovanissimo. Che
muore all’alba per un colpo di pistola. Per una donna, per la rivoluzione?
Rispetto a qualche anno fa si è aperto uno spazio importante per la diffusione della cultura matematica.
Anche a teatro. Ribadendo che non
si tratta di “divulgare” alcunché. Il
teatro, il cinema, la letteratura non
devono “divulgare”. Emozionare,
coinvolgere, far arrabbiare, far discutere, non “spiegare”. In questi ultimi
anni il pubblico associa sicuramente
l’immagine del matematico a quella
di Russell Crowe nel film A
Beautiful Mind. Mentre sino a qual-
Genio, rivoluzione,
amore e morte.
E matematica
che anno fa se si chiedeva a qualcuno il nome di un matematico, i più
si ricordavano di Archimede e Pitagora, oggi il nome di John Nash è
molto conosciuto. Certo nell’immaginario collettivo si associa il genio
del grande matematico a problemi
«mentali», il vecchio tema di genio e
sregolatezza. Bisogna dire che dai
molti film, spettacoli teatrali, libri
che hanno per protagonisti matematici, che siano personaggi reali o
inventati, emergono matematici che
hanno problemi nella loro genialità.
Matematici schizofrenici (come
John Nash), comunque malati di
mente come Kantor o Godel in una
parte della loro vita, o pieni di problemi e di angosce, che tentano di
uccidersi o che ci riescono come
Renato Caccioppoli (parte della cui
storia è raccontata nel film Morte di
un matematico napoletano). La grande
stagione dei matematici a teatro
comincia con Arcadia di Tom
Stoppard. Stoppard, premio Oscar
per la sceneggiatura del film Sha-
di Mimmo Arezzo
Flavio Parenti, Massimo Mesciulam e Matteo Alfonso nella prima scena dello spettacolo
kespeare in love, ha una vera passione
per la fisica e la matematica.
Ovviamente, afferma di non capire
nulla della matematica che utilizza
nei suoi lavori, di badare al fatto che
le cose funzionino dal punto di vista
teatrale o cinematografico. Non ci
sono dubbi comunque che Stoppard
si documenta. In Arcadia, Stoppard
immagina la storia di una matematica autodidatta, giovanissima. La protagonista di Arcadia è una ragazzina
di 13 anni, Thomasina Coverly, che
nel 1809 anticipa di molti anni la
scoperta di Mandelbrot dell’insieme
che porta il suo nome e dei frattali.
Ovviamente non solo di questo
parla il testo di Stoppard che ha una
capacità di scrittura, di inventiva, di
mischiare le carte, veramente notevole. Nella pièce si parla di matematica, di giardini, di nobili inglesi, di
duelli, di Byron evocato ma mai
presente e di equivoci, di come la
giovane matematica e lo storico che
ai giorni nostri cercano di capire dai
documenti che cosa successe all’epoca di Thomasina, ricostruiscano in
modo assurdo gli eventi passati.
L’unica che comprende il talento
matematico precoce di Thomasina è
la matematica dei giorni nostri.
La vera esplosione a teatro di storie
legate ai matematici si è avuta nel
2000 e nel 2001. Nel 2000 (forse
perché era l’anno mondiale della
matematica?) erano contemporaneamente in scena a New York, nei teatri a Broadway o off-Broadway
diversi spettacoli in cui i protagonisti
erano dei matematici. Il New York
Times del 2 giugno 2000 ha dedicato due intere pagine del supplemento spettacoli al tema “Science Fin-
Luca Giordana, Pietro Tammaro, Flavio Parenti, Massimo Mesciulam e Fabrizio Matteini
ding a Home on Stage” (La scienza
sta trovando casa sulla scena). L’autore
dell’articolo Bruce Webern formulava la previsione che uno degli spettacoli in scena off-Broadway, Proof,
fosse candidato a un grande successo.
La conoscenza scientifica
come ricerca della
bellezza e della verità
In effetti è stato proprio così.
Webern nel lungo articolo sul NYT
forniva anche una spiegazione della
grande produzione di spettacoli sulla
scienza: «In tutti questi lavori la
ricerca della conoscenza scientifica è
vista come una ricerca della bellezza
e della verità, che è esattamente
quello che fanno gli artisti.Al fondo
vi è la constatazione che la scienza,
come l’arte e l’amore, è una grande
impresa umana condannata all’incertezza... Inoltre tutti questi spettacoli, anche al di là delle loro diverse
riuscite artistiche portano acqua alla
lotta contro l’anti-intellettualismo di
certa cultura americana.Tutti questi
spettacoli mostrano come l’intelligenza non esiste in antitesi alla
coscienza, alle emozioni, al senso
comune; anzi, ne è grande parte».
Michele Emmer
Estratti dal saggio pubblicato nel volume, edito
da Il Melangolo, che accompagna lo spettacolo
spettacoli ospiti
Il mercante di Venezia
Lo zio (Der Onkel)
di Franco Branciaroli
Corte 1 / 6 marzo
Ex gerarca nazista vive sotto falso nome
in Argentina, facendosi credere lo zio del
proprio figlio per sfuggire alla caccia dei
servizi segreti israeliani. Dramma storicopsicologico dal ritmo incalzante, tinte
noir e risvolti gialli. Diretto e
interpretato da Franco Branciaroli,
con Ivana Monti e Debora Caprioglio.
Un intreccio romantico-cortese (l’amicizia
di Antonio per Bassanio e l’amore di
questo per Porzia) e uno tragico-satirico
(incentrato sulla possente figura
dell’ebreo Shylock) per uno spettacolo
sempre in bilico tra commedia musicale
e farsa nera, tra opera pop e circo.
Prodotto da Teatridithalia
e diretto da Elio De Capitani,
con Ferdinando Bruni e Ida Marinelli.
Quando si è Qualcuno
di Luigi Pirandello
Corte 9 / 20 marzo
Maturo e celebre scrittore spedisce
sotto falso nome poesie d’amore
a una ragazza di cui si è innamorato.
Solitudine della vecchiaia e struggente
malinconia della giovinezza, per un
Estratto dal saggio pubblicato nel volume, edito da Il Melangolo, che accompagna lo spettacolo
dal 1° marzo al 6 aprile
Alcesti
Padre, figlio e nuora in fuga dalla morte:
due soli possono salvarsi, chi è disposto
a sacrificarsi? Dramma lirico sotteso
da una forte tensione etica, scritto in
versi da Giovanni Raboni.
Prodotto dal Teatro Stabile di Brescia
e diretto da Cesare Lievi.
di Giovanni Raboni
Duse 15 / 20 marzo
L’ultimo cliente
La tragedia di Euripide trasferita
in epoca contemporanea.
di Mario Bagnara
Duse 21 / 25 marzo
intellettuale prigioniero della celebrità.
Un Pirandello quasi autobiografico, con
Giorgio Albertazzi e la regia di Massimo
Castri. Coprodotto dal Teatro di Roma e
dal Biondo Stabile di Palermo.
di William Shakespeare
Duse 8 / 13 marzo
Non ho tempo! Non ho tempo! Chiunque si sia imbattuto nel racconto della
notte precedente il duello trascorsa da Galois a scrivere freneticamente le cose
che aveva scoperto, non può non essere rimasto avvinto dalla drammaticità e
dal mistero di quella scena. Aveva vent’anni, il povero Évariste, eppure aveva
almeno due “strane” certezze. La prima, che ha dato a coloro che in seguito si
sono occupati di lui più di un sospetto, era quella che l’indomani sarebbe
morto. È strano, perché per quanto grande fosse la fama di abilità del contendente, un duello alla pistola non poteva dare
tanta sicurezza sull’esito. La seconda era la grande fiducia nell’importanza dei risultati delle sue
ricerche. Eppure, essi erano stati accolti dal
mondo accademico con una freddezza esasperante: manoscritti mai accettati per la pubblicazione,
forse neppure letti e addirittura perduti …
Non basta l’affermazione, sicuramente verosimile
e molto probabilmente vera, che Galois avesse un
cattivo carattere; né quella che le sue idee politiche abbiano indotto intellettuali ormai perfettamente inseriti nel sistema ad emarginarlo. Per
Due francobolli, dalla Francia
quanto più vile, la verità potrebbe essere stata
e dal Giappone dedicati a
un’altra: Galois potrebbe aver percorso i territori
Évariste Galois
di quella che oggi viene chiamata Algebra
moderna con una profondità a cui i pur grandi contemporanei non erano preparati. Erano territori nuovi, di cui qualcuno aveva percorso qualche tratto di
sentiero, ma nei quali Galois aveva costruito strade consolari, portando metodi e ragionamenti per i quali è probabile che persino i suoi grandi contemporanei abbiano incontrato difficoltà a seguirlo. Inoltre la sua giovane età
(quando spedì a Cauchy il suo primo manoscritto aveva solo 17 anni) lo rendeva poco autorevole agli occhi di persone forse un po’ troppo affermate e che
pure erano le sole alle quali potesse rivolgersi con qualche speranza di essere
compreso e apprezzato. E insieme a queste cose, c’era sicuramente anche la
sua fama di persona irrequieta, presuntuosa, arrogante.
Ci sono voluti alcuni decenni, dopo la sua morte, per comprendere che tanta
presunzione, causa di quell’irrequietezza e di quell’arroganza era giustificata
dall’oro che aveva per le mani e che l’incomprensione e l’indifferenza delle
poche persone che potevano comprenderle e apprezzarle comprimevano nel
buio. La storia, iniziata non molti anni prima di quella travagliatissima notte,
ha anche una pagina tenera e ricorrente per gli insegnanti ai quali capita, ogni
tanto, di vedere negli occhi di un alunno un lampo che fa loro sospettare di trovarsi di fronte a un talento di prim’ordine, di quelli che incutono perfino soggezione. Ebbene, in una vita piena, nella sua brevità, di travagli di tutti i tipi,
segnata anche dal suicidio del padre, sindaco del suo paese e ingiustamente
diffamato da avversari politici, anche per Galois successe quello che era già
successo per Gauss e molti altri: un professore di Matematica, Louis Richard,
riconobbe tutta la sua genialità e lo incoraggiò in ogni modo, fornendogli i
testi con i quali attingere direttamente alle idee dei grandi matematici del suo
tempo. La passione per la Matematica aveva allontanato il giovane Galois
dalle altre discipline, e di questo il suo curriculum scolastico aveva molto sofferto. La stima e l’incoraggiamento del prof. Richard sono stati certamente un
conforto importante per la sua fragile personalità di fanciullo, anche se possono avere incoraggiato la sua insofferenza per un mondo accademico che
mostrava di non riconoscere le sue grandi capacità. (…)
Un ricco mercante offre protezione e
sicurezza economica all’ex prostituta
Maddalena, purché abbandoni la sua
fede nel Cristo morto. Il difficile rapporto
tra spiritualità e tentazione terrena. Un
dramma dialettico sotteso da una forte
vocazione etica. Con questo testo,
Bagnara ha vinto per la seconda volta il
premio “Enrico Maria Salerno”.
Amleto
in farsa tragedia
di Ugo Chiti
Duse 29 marzo / 6 aprile
Un classico del teatro di tutti i tempi
rivisitato con uno sguardo che affonda
le radici nella tradizione del teatro
popolare toscano. Dalla tragedia
consumata in una famiglia di re a un
fatto di cronaca nera di provincia.
Uno spettacolo ricco di ironia e gusto
per i rovesciamenti di prospettiva.
Virtuosismo e risate.
Produzione Arca Azzurra Teatro.
gennaio | marzo 2005
TGE55404 Gior18-Opzione
5-01-2005
15:49
Pagina 6
Galois
6
R I VOL U Z I O N E
E SOGNI REPUBBLICANI DELLA
FRANCIA
AI TEMPI DI
É VA R I S T E G A L O I S
Matematica sulle barricate
Francia 1830.Alle elezioni di luglio,
l’opposizione liberale al governo di
Carlo X di Borbone aumenta la sua
rappresentanza da 221 a 274 deputati, nonostante il re avesse cercato il
diversivo coloniale della conquista
dell’Algeria. In accordo con il suo
primo ministro Jules-Armand de
Polignac, allora Carlo X emana il
25 luglio le cinque Ordonnances,
con le quali la Camera viene sciolta e si indicono nuove elezioni su
base strettamente censitaria (riduzione del 75% dell’elettorato),
mentre viene proibita qualsiasi
pubblicazione non autorizzata dal
governo. È il colpo di Stato. Il 27
luglio, i politici e i giornalisti liberali reagiscono facendo uscire regolarmente i giornali senza sottoporli
preventivamente alla censura e convocano una manifestazione di protesta per le strade di Parigi. Il giorno dopo, ai dimostranti si aggiungono anche gruppi di repubblicani
guidati da François-Vincent
Raspail e da Godefroy Cavaignac, i
quali organizzano gli studenti e gli
operai per alzare le barricate, giungendo subito a impadronirsi
dell’Hôtel de Ville. Évariste Galois
era a Parigi in quei giorni, ma non
partecipò alla rivoluzione di
Luglio. In quelle Tre Giornate
Gloriose, mentre gli studenti del
Polytechnique erano sulle barricate al fianco della borghesia e di un
avamposto della classe operaia, egli
era con i suoi compagni dell’École
Préparatoire segregato dentro l’edi-
gennaio | marzo 2005
La presa dell’Hôtel de Ville durante la Rivoluzione di Luglio 1830, in un dipinto d’epoca
ficio per ordine del direttore
Joseph-Daniel Guigniault, che non
esitò a chiamare la gendarmeria per
ristabilire l’ordine nella scuola.
Galois non glielo perdonò mai, e
nella violenta polemica seguita ai
fatti, giunse ben presto a farsi espellere dalla scuola che proprio in
quei giorni aveva ripreso l’antico
nome napoleonico di École
Normale. Il 30 luglio gli insorti
controllavano ormai tutta la città:
Carlo X abdica a favore del nipote
duca di Bordeaux, la parte più
moderata della rivoluzione eleva al
trono Luigi Filippo d’Orléans, che
accetta la bandiera tricolore. La
grande borghesia ha vinto, ma i
repubblicani sono insoddisfatti,
perché avrebbero voluto affidare la
presidenza del nuovo Stato al settantaquattrenne Lafayette, molto
amato dalla Guardia Nazionale.
Espulso dalla scuola, Galois aderisce alla Società degli Amici del Popolo con la quale Raspail - scien-
ziato di buona reputazione nel
campo medico e chimico - vuole
portare avanti le sue idee repubblicane e socialiste, che vengono però
fortemente combattute dal nuovo
governo monarchico. Il 15 dicembre 1830 si apre il processo ai ministri di Carlo X in un clima molto
teso politicamente. Luigi Filippo
cerca di calmare gli animi dei
repubblicani concentrando dapprima l’attenzione dei parigini sui
funerali del liberale Benjamin
Constant e poi trovando la collaborazione degli allievi del Polytechnique per frenare l’agitazione
degli operai. All’opposizione
repubblicana resta solo la Guardia
Nazionale, ma anche questa viene
ben presto disarmata, con la conseguenza che il 31 dicembre può
essere disciolta e Lafayette destituito. La Società degli Amici del Popolo si trova così di fatto emarginata e i suoi iscritti assimilati ai terroristi: «Poeta maledetto delle matematiche, Galois diventa un paria
della politica», scrive il suo biografo Alexandre Astruc. Intanto gli
ideali della rivoluzione di Luglio si
internazionalizzano, favorendo
l’indipendenza del Belgio e moti
insurrezionali in Polonia e in Italia.
All’interno, il malcontento cresce e
si diffonde anche in provincia, sfociando nel novembre 1831 nell’insurrezione operaia di Lione.
Nell’aprile 1831, Godefroy Cavaignac e altri diciotto membri
della Guardia Nazionale che avevano rifiutato di deporre le armi vengono processati, ma assolti «perché
non si può giudicare una colpa a
dicembre ciò che è stato apprezzato come un atto glorioso a luglio».
Galois, che pur ha conservato la sua
uniforme e le armi, non è tra gli
imputati; ma nel giugno viene a
sua volta portato in tribunale per
una frase contro il re pronunciata il
mese precedente nel corso di un
banchetto degli Amici del Popolo.
Assolto anche grazie alla testimo-
nianza a suo favore di Raspail, il 14
luglio seguente Galois viene arrestato insieme all’amico Vincent
Duchâtelet sul Pont-Neuf, entrambi vestiti con l’uniforme della
Guardia Nazionale, nel corso di
una manifestazione non autorizzata per la ricorrenza della presa della
Bastiglia. Nel carcere di SaintPélagie, Galois e Vincent tornano a
incontrare Raspail, ivi rinchiuso a
causa della pubblicazione di un
articolo sul saccheggio della chiesa
di Saint-Germain-l’Auxerrois.
Galois verrà rilasciato sulla parola il
16 marzo 1832, poche settimane
prima del tragico duello del 30
maggio. Negli anni seguenti,
Raspail continua con coerenza
nella sua attività di rivoluzionario.
Arrestato più volte per la sua attività politica e giornalistica, nel 1848
sarà di nuovo protagonista della
rivoluzione sulle barricate e si presenterà candidato per il partito
socialista alle elezioni presidenziali.
Sconfitto, viene nuovamente arrestato nel maggio 1849 ed è condannato a sei mesi di prigione. Per
tutto il periodo di governo di
Napoleone III, si auto esilia in
Belgio. Ritorna a Parigi nel 1869
come deputato e prende parte agli
avvenimenti che portano alla
Comune, proseguendo poi nella
lotta contro la politica reazionaria
del seguente governo repubblicano
francese. Raspail muore nel 1878,
dopo numerose altre traversie giudiziarie.
TGE55404 Gior18-Opzione
5-01-2005
15:50
Pagina 7
Galois
7
Évariste, un adolescente che non ha tempo
Conversazione con Marco Sciaccaluga, regista dello spettacolo in scena al Duse
eroe visitato da un delirio di onnipotenza, che lo fa essere alquanto
sconveniente; anche se, sappiamo,
con ottime giustificazioni almeno
in ambito matematico. Si osservi ad
esempio il suo rapporto con Poisson: se un giovane si presenta a un
esame, per quanto banale e stupida
sia la domanda che gli viene fatta,
ha il dovere di rispondere; è la regola della prova che ha scelto di
affrontare. Ma Galois non lo fa, non
lo sa fare. Per questo si trova nel
corso di tutta la sua vita a scontrarsi con l’autorità intransigente o con
l’impotente bonarietà affettiva, che
– con motivi completamente diversi – riescono solo a produrre in lui
la stessa sensazione di dolore e di
solitudine. E questo fa di Galois una
forte tragedia generazionale. Mi
pare, infatti, di poter dire che ancor
più dei suoi fallimenti amorosi,
delle sue delusioni politiche, delle
sue momentanee sconfitte matematiche, il testo di Viganò ci parla proprio di questa tragedia. Da una
parte, la febbrile fiamma dell’adolescenza; e, dall’altra, la violenza, la
prudenza o la rassegnazione della
classe dirigente e degli adulti.
I giovani intorno a Galois sono personaggi molto ben scritti, tanto è
vero che nelle scene in cui sono
presenti si respira sempre un autentico clima di gioventù e, ovviamente nella stilizzazione del teatro, si ha
davvero la sensazione di essere nel
corridoio di un liceo o in un luogo
di ritrovo generazionale. C’è Auguste, l’amico fedele, forse un po’ stupido, ma anche il più coraggioso di
tutti, che resta vicino a Galois sino
all’ultimo; c’è il suo migliore amico
e suo malgrado rivale,Vincent; e poi
c’è l’arroganza un po’ sciovinista di
Lebas. Quello che emerge con chiarezza è che questi compagni d’avventura sono tante facce dell’adolescenza, ma insieme anche personaggi che hanno una forte indipendenza drammatica. Non è stato difficile
farli vivere sul palcoscenico in carne
Ministero Beni e Attività Culturali
soci fondatori
COMUNE DI GENOVA
PROVINCIA DI GENOVA
REGIONE LIGURIA
DIREZIONE CARLO REPETTI E MARCO SCIACCALUGA
socio sostenitore
N O V I T À
storia di un matematico
Galois è un adolescente. Vive cioè
l’età più dolorosa dell’esistenza
umana, nei cui confronti il mondo
adulto corre sempre il rischio di
essere sordo e cieco. L’arroganza,
l’antipatia e la presunzione, che
sono certo dati caratteristici del
personaggio Galois, sono in realtà
raccontati come sue segrete grida
di dolore, continue richieste di
essere compreso. Il sistema con cui
Galois si confronta, o che a lui si
oppone, è di fatto un sistema fortemente autoritario. Un sistema che
non considera la scintilla dell’adole-
Gli amici e l’amore
Flavio Parenti e Giulia Ragni
mente scollegato dall’azione. Dal
punto di vista sociale, egli rappresenta comunque il proletariato di fronte
a un mondo in cui anche la rivoluzione è ancora borghese:per estrazione sociale dei suoi componenti come
per i privilegi di cui continuano a
godere anche in carcere. Ma poi
quello che lo rende,secondo me,particolarmente interessante sta soprattutto in ciò che dice. Nelle sue parole c’è, infatti, la sintesi dell’essenza
stessa del testo di Viganò. L’orologio,
la misura del tempo, la ristrettezza
dello spazio contengono la forte idea
di una vita che sta per finire.Viganò
lo scrive da poeta: l’acqua che arriverà come un diluvio universale. Nel
personaggio, a me piace soprattutto
l’ossessione della finitezza: «Ahhh! Fino a che punto, Dio? Fino a che
punto?!». L’illusione dell’infinito della
nostra vita finisce in quel punto:
ancora la matematica come misura
del tutto. Mi sembra molto bello che
proprio questo carcerato, lui e non
altri, ci ricordi che siamo confinati
dentro a una prigione più o meno
grande e che abbiamo tutti davanti a
noi la domanda: «Fino a che punto».
E con una bella costruzione drammaturgica, Viganò offre a Galois la
stessa battuta nella scena XXIII, in
apertura del suo breve monologo per
le strade di Parigi. Verrà poi il suo
«Non ho tempo» a dirci in fin dei
conti la stessa cosa.
▲
Flavio Parenti, Fabrizio Matteini, Luca Giordana
scenza come una possibilità per il
mondo, ma l’avverte solo come una
irragionevolezza da addomesticare.
E ciò con numerose varianti: se
Poisson fa appello essenzialmente solo al principio di autorità, Guigniault cerca o finge almeno una
qualche forma di dialogo; mentre
Richard, che è privo di ogni potere
effettivo, impersona la figura del
“professore innamorato”, che non
può fare a meno di far appello al
buon senso paterno. Ora, la tragedia
scaturisce dal fatto che, pur a modo
loro, tutti questi professori hanno
delle buone ragioni. Galois è un
U N
Tre passioni
Non si può raccontare la storia di Évariste Galois prescindendo dalle sue tre
passioni: la Matematica, la Politica,
l’Amore. Si può, questo sì, scegliere di
privilegiare una delle sue passioni, e
raccontarne la storia da questo punto
di vista, come ad esempio nel film di
Ansano Giannarelli Non ho tempo (cosceneggiatore Edoardo Sanguineti),
dove Galois assurge a eroe politico, che
cerca di cambiare il mondo sia con la
sua matematica, sia con la rivoluzione.
Nello scrivere il mio testo, ho fatto convivere contemporaneamente in Galois
tutte le sue passioni. Il mio Évariste
Galois è un ragazzo coinvolto, in parte
suo malgrado, in tre “avventure” più
grandi di lui e che, sentendosi respinto
da tutti e tre i suoi amori, sentendo di
aver fallito in ognuna delle sue tre vite,
sceglie di morire pur di liberarsi da
questi fardelli insopportabili: quello
della Matematica, quello della Storia e
Flavio Parenti
Massimo Mesciulam
Luca Giordana
Giulia Ragni
Pietro Tammaro
Fabrizio Matteini
Matteo Alfonso
Custodi dell’École Préparatoire, guardie e detenuti del carcere di Saint-Pélagie
regia
musiche
luci
Marco Sciaccaluga
Andrea Nicolini
Sandro Sussi
direttore di palcoscenico
macchinista
capo elettricista
fonico
sarta
ufficio stampa
G.B.Garbuggino
Alessandro Piccardo
Danilo Deiana
Fabrizio Imparato
Irene Barillari
Rosanna Figliomeni
Mirella Ciferri
Martina Petrella
Loud Music – Genova
Laboratorio di Scenografia
del Teatro Stabile di Genova
Angelo Palladino
Bino Costa
Bepi Caroli
amministratore di compagnia
musiche registrate presso
scena realizzata dal
costruttori
fotografie di scena
Teatro Duse
L U N E D Ì
1 0
G E N N A I O
A
S A B A T O
5
F E B B R A I O
2 0 0 5
ORARI
ore 11.00
lunedì 10, martedì 11 e mercoledi 12 gennaio
ore 20.30
giovedì 13, venerdi 14 e sabato 15 gennaio
ore 16.00
domenica 16 gennaio
ore 11.00
martedì 18, mercoledì 19 e giovedì 20 gennaio
ore 20.30
venerdi 21 e sabato 22 gennaio
ore 11.00
lunedì 24, martedì 25, mercoledì 26 e giovedì 27 gennaio
ore 20.30
venerdi 28 e sabato 29 gennaio
ore 11.00
lunedì 31 gennaio
ore 20.30
martedì 1, mercoledì 2, giovedì 3, venerdi 4 e sabato 5 febbraio
riposi
lunedì 17 gennaio, domenica 23 gennaio e domenica 30 gennaio
PREZZI
poltrona primo settore € 23,50 - poltrona secondo settore € 16,00
PRENOTAZIONI E VENDITE
presso i botteghini del Teatro della Corte- Ivo Chiesa e del Teatro Duse, tel. 010.5342.200, le agenzie di viaggi convenzionate in Liguria, sul sito: www.teatrostabilegenova.it
prenotazioni telefoniche ore 15/19: dal lunedì al venerdì tel. 010.5342.400, sabato e festivi tel. 010.5342.200 - Informazioni: tel.010.5342.300
Il personale di sala indossa abiti di RITA SOLARI - Corso Buenos Aires 110/r
partner della stagione
Tutti gli attori della Compagnia nell’ultima scena dello spettacolo Galois
e ossa. Stéphanie partecipa con i suoi
coetanei al dolore di chi vuole un
mondo più giusto, ma allo stesso
tempo porta in sé il grido di dolore
della natura che chiede con forza la
continuità della specie. Stéphanie
vuole avere dei figli e sa che per questo bisogna innamorarsi. Lo dice
chiaramente a Galois che fraintende
e per questo provoca le condizioni
per il duello finale.
CALENDARIO DELLE RAPPRESENTAZIONI
Galois e i giovani d’oggi
«Fino a che punto?»
Mi farebbe molto piacere che i giovani corressero numerosi a vedere il
nostro spettacolo. Penso che nella
breve esistenza di Évariste Galois
possano trovare molti elementi per
ragionare sulla loro vita. È un personaggio molto simile a loro che
potrebbe essere seduto nel banco
accanto, nella loro stessa classe. Se i
giovani d’oggi vedranno in Galois
un eroe del loro tempo, io ne sarò
molto felice.
Il Detenuto è una bella bizzarria
drammaturgica.Anche se ci serve per
entrare in carcere, resta poi completa-
estratti dalla conversazione
a cura di Aldo Viganò
pubblicata nel volume edito da “Il Melangolo”
T R AG I C O
Una storia affascinante, quella di
Galois. Ma come farla rivivere in teatro?
Come coniugare la biografia e la leggenda? Facendosi guidare dalla Storia,
certo. E dall’Algebra. Ma raccontandole
concedendosi la più totale libertà, per
portare in primo piano la tragedia di un
uomo, un ragazzo, che a vent’anni ha
già vissuto tre vite: quella del matematico, quella del rivoluzionario, quella
dell’innamorato. E che, bruciato dalla
passione, stanco e sicuro di aver fallito
in ognuna di loro, non sa più avere
tempo di viverle ancora.
Évariste Galois
Siméon-Denis Poisson, professore del Polytechnique
Joseph Daniel Guigniault, direttore dell’École Préparatoire
Louis-Paul-Emile Richard, insegnante di matematica del collegio Le-Grand
François-Vincent Raspail, Presidente della Società degli Amici del Popolo
Vincent Duchâtelet, studente amico di Galois
Stéphanie Faultrier, fidanzata di Duchâtelet
Auguste Chevalier, amico di Galois
Georges Lebas, membro della Società degli Amici del Popolo
Un detenuto
D A
Il Teatro e la Storia
Quando leggo un testo teatrale i cui
protagonisti sono personaggi storici –
penso a Galois, ma il discorso vale
anche per La morte di Danton – mi
colpisce sempre la prospettiva fortemente soggettiva con cui questi vengono rappresentati. Questo fa sì che,
nella concretezza del lavoro di palcoscenico, io non mi preoccupo affatto
di evocare la Storia con strumenti
esterni alla specificità dell’azione
drammatica: non uso proiezioni, né
didascalie o altri artifici “piscatoriani”
per documentare il periodo in cui la
vicenda si svolge. Mi sembra sia più
interessante che la suggestione storica
resti legata al qui e ora. Battuta per
battuta, scena dopo scena. Anche chi
non sa nulla delle “Trois Glorieuses”o
I T A L I A N A
PERSONAGGI E INTERPRETI
Galois
Una tragedia generazionale
dei moti rivoluzionari degli anni
Trenta può benissimo godere lo spettacolo. Alla fine, avrà partecipato del
furore e della febbre di quel periodo
e, se gli verrà la curiosità di saperne di
più,tanto meglio.Per la stessa ragione,
penso che tutti possono assistere con
straordinario interesse a La morte di
Danton anche senza avere la più pallida idea di che cosa sia stata la
Rivoluzione francese. Sulla scena, ciò
che importa è vedere come la Storia
diventa un’emozione.
Genova • art: Bruna Arena • 586/04 • stampa Ortolan Opera (MI)
Al centro di Galois sta un personaggio che è la quintessenza dell’adolescenzialità. Évariste Galois vive
un’esistenza in cui si accumulano
fatti, parole e azioni, sempre molto
concrete, che esistono soltanto in
quel momento, nella loro specificità.
Le sue tre grandi passioni (matematica, rivoluzione, primo amore, ndr)
s’intrecciano, si contraddicono e si
feriscono a vicenda, impedendo
l’un l’altra la possibilità di svilupparsi. Come sottolineano le ultime
parole da lui scritte in quella storica
notte di fine maggio 1832, Galois
«non ha tempo». E il fatto che ciò
accada per un ragazzo di vent’anni
mi sembra un’idea molto forte.
Luca Viganò
«Non ho tempo»
E RO E
della Politica, e quello del Primo Amore.
Matematica
La matematica si trasforma da passione
in fardello per il mio Galois a causa dell’incapacità da parte della stragrande
maggioranza dei suoi contemporanei
di comprendere ciò che egli aveva già
compreso, e, anzi, con lo smacco di
vedere parte dei propri risultati attribuiti solamente al defunto Abel, che a
questi risultati era arrivato contemporaneamente e indipendentemente.
Storia e politica
E un peso insopportabile sono anche la
Storia e la Politica, con le molteplici insurrezioni che ebbero luogo a Parigi
negli ultimi anni di vita di Galois, alle
quali egli partecipò o comunque cercò
di partecipare, quali, in particolare, le
Mattina
Lunedì
10
Martedì 11
Mercoledì 12
Martedì 18
Mercoledì 19
Giovedì 20
Lunedì
24
Martedì 25
Mercoledì 26
Giovedì 27
Lunedì
31
Pomeriggio
Domenica 16
al Teatro Duse dal 10 gennaio al 5 febbraio
ore 11.00
Sera
gennaio
Giovedì 13
“
Venerdì 14
“
Sabato
15
“
Venerdì 21
“
Sabato
22
“
Venerdì 28
“
Sabato
29
“
Martedì
1
“
Mercoledì 2
“
Giovedì
3
“
Venerdì
4
ore 16.00
Sabato
5
gennaio
ore 20.30
gennaio
“
“
“
“
“
“
febbraio
“
“
“
“
RO M A N T I C O
Tre Giornate Gloriose della fine del Luglio
del 1830. Come raccontare allora la
Matematica e la Storia senza trivializzarle? Come raccontare questi due fardelli
così immensi senza renderli futili o
incomprensibili, o, ancor peggio dal
punto di vista drammaturgico, meramente didascalici? Integrandoli pienamente nello sviluppo del personaggio,
rendendo la Matematica e la Storia parte
fondamentale della storia di Galois, che
anzi non esisterebbe senza di esse. Ma
realizzando nel contempo questa integrazione senza la pretesa che le trame
politiche o, ancor più, l’algebra e i suoi
teoremi si comprendano appieno. Ciò
che importa davvero è che lo spettatore
sia in grado di percepire queste passioni:
non è necessario spiegarle a fondo, per-
ché qualunque spiegazione eccessiva
frenerebbe la tensione, e si rivelerebbe
pertanto controproducente dal punto di
vista drammaturgico. Mettere cioè in
grado lo spettatore di intuire e partecipare al conflitto, di condividere simpaticamente l’eccitazione e le pene di Galois
causate dalla Matematica e dalla Storia.
E se è certamente più semplice scandire
la vita di un personaggio al ritmo della
Storia, inserendolo nel contesto degli
eventi, e gli spettatori con lui, nel mio
testo io ho cercato di fare altrettanto con
la Matematica, rendendola elemento
narrativo, teatrale, di primo piano. Fallite
queste due prime passioni, infatti, non
resta che la terza.
Primo Amore
Quella, umanamente, forse, più impor-
tante. Quella che costituisce il peso
maggiore, quello del Primo Amore e
dei sensi di colpa causati da questo
amore. (E anche qui Galois fallisce).
“Smetti di piangere, ti prego, smetti! Io
ho bisogno di tutto il mio coraggio per
morire a vent’anni”, dice il mio Galois
all’amico Auguste nella penultima
scena, quando questi compie un estremo, vano, tentativo di convincerlo a
non presentarsi all’appuntamento per
il duello. Ci vuole davvero un grande
coraggio per sprecare così tanto genio,
per buttare via una vita in maniera così
assurda. Évariste Galois quel coraggio
lo ha avuto, purtroppo.
Luca Viganò
estratto dall’introduzione pubblicata nel volume
edito da Il Melangolo
gennaio | marzo 2005
TGE55404 Gior18-Opzione
5-01-2005
15:50
Pagina 8
Foyer
8
P o e s i a ,
m u s i c a ,
i n c o n t r i ,
c o n f e r e n z e
e
l e z i o n i
u n i v e r s i t a r i e
n e l
f o y e r
d e l
Te a t r o
d e l l a
C o r t e
Hellzapoppin per un teatro aperto
Con il nuovo anno, anche le iniziative di Hellzapoppin - Arte e artisti nel foyer della Corte si intensificano e, mentre sono in preparazione
incontri e happening con il
Centro della Creatività e con
l’Accademia delle Belle Arti, tornano nella “piazza coperta” del
Teatro Stabile di Genova il Conservatorio musicale “Niccolò Paganini” e il Circolo Viaggiatori del
Tempo di Claudio Pozzani.
Proseguendo con la formula messa
a punto nella scorsa stagione, il
Conservatorio propone dalle ore
19.00 alcuni micro-concerti atti
ad accogliere gli spettatori dello
spettacolo serale in programma alla
Corte. Guidati dal maestro Zanardi saranno di scena tra gennaio
e febbraio i violoncellisti Simone
Bai e Jacopo Ristori. Da parte sua,
Pozzani ha approntato un nuovo
ABBONAMENTI IN LIBRERIA
Dal 2005, gli abbonamenti
dello Stabile di Genova sono
in vendita anche presso le
seguenti librerie universitarie: CLU - Cooperativa Libraria Universitaria (via
delle Fontane e Salita della
Noce), Libreria degli Studi
(via Balbi), Libreria Bozzi (via
Cairoli), Libreria Punto di
Vista (stradone Sant’ Agostino), Libreria Medica Frasconi (corso Gastaldi).
gennaio | marzo 2005
ciclo di poesia a 360°, dal titolo
Poesie vocali e consonanti. «Con questo titolo - spiega - si vuole mettere l’accento sulla priorità dell’aspetto orale nella poesia, nonché
della sua interazione con il suono,
sia esso rumore, musica o lingua.
Durante questi incontri, si potrà
ascoltare la voce originale di grandi poeti del Novecento, commentati da esperti, critici letterari e
docenti universitari, e ai quali artisti di diverse discipline faranno
omaggi reinterpretando poesie e
brani di prosa».Tra gli “invitati” di
questi pomeriggi che prendono il
via mercoledì 26 gennaio sono
annunciati James Joyce, Ted
Hughes, Antonin Artaud, Jacques
Prévert, Gottfried Benn, Jack
Kerouac, Jim Morrison e molti
altri. Proseguono intanto gli
incontri Teatro - Università ideati
e coordinati da Marco Salotti. Tra
gennaio e marzo sono in programma almeno tre appuntamenti: il 19 gennaio (ore 17.00), in
occasione della presenza sul palcoscenico del Duse di Galois di Luca
Viganò, il professore Michele
Marsonet (preside della Facoltà di
Lettere e Filosofia e docente di
Propedeutica filosofica) parlerà del
tema Scienza e vita comune; mentre
la professoressa Margherita Rubino (docente di Drammaturgia
teatrale antica) terrà il 9 marzo
(ore 17.00) una lezione sul Il passaggio di Dioniso nelle «Baccanti» e il
17 marzo (ore 17.00) discorrerà
PROGRAMMA
Giovedì 20 gennaio ore 17.00
introduce Marco Salotti
incontri Teatro e Università
Scienza e vita comune
relatore Michele Marsonet
Venerdì 21 gennaio ore 19.00
Musica nel Foyer
con Simone Bai e Jacopo Ristori
in collaborazione con il Conservatorio Musicale “Niccolò Paganini”
Mercoledì 26 gennaio ore 17.30
Poesie vocali e consonanti - 1
incontro con i grandi poeti del Novecento
in collaborazione con il Circolo Viaggiatori del Tempo
Mercoledì 2 febbraio ore 17.30
Incontro con Marco Paolini
protagonista dello spettacolo Il sergente
In collaborazione con Coop Liguria
Mercoledì 23 febbraio ore 17.30
Poesie vocali e consonanti - 2
incontro con i grandi poeti del Novecento
in collaborazione con il Circolo Viaggiatori del Tempo
Franco Vazzoler, durante un incontro di Teatro e Università nel foyer della Corte
con la scenografa Valeria Manari
sul tema Maschera e personaggio nel
teatro greco. Questi ultimi due
incontri sono stati pensati con
riferimento alla messa in scena da
parte dello Stabile di L’illusion comique di Corneille; e sempre intorno a questo spettacolo sono in
avanzata fase di preparazione
anche due altri incontri condotti
dal professore Pier Luigi Pinelli,
docente di Lingua e Letteratura
francese. Nato come spazio aperto
alle proposte e alle iniziative dei
giovani e delle associazioni culturali genovesi, Hellzapoppin presenta
un programma in continuo divenire, per cui altre iniziative e altri
incontri si aggiungeranno sicuramente in corso d’opera.Tra gli altri, anche quelli che l’Associazione
Amici del Teatro Stabile di Genova, presieduta da Eugenio Pallestrini, ha ormai in fase avanzata di
organizzazione (appena definite le
date ne sarà data tempestiva comunicazione) intorno agli spettacoli
Galois di Luca Viganò e L’ultimo
cliente di Mario Bagnara, al fine di
valorizzare la significativa presenza
di due drammaturghi genovesi nel
cartellone del Teatro Stabile.
Venerdì 25 febbraio ore 17.30
Musica nel Foyer
con Simone Bai e Jacopo Ristori
in collaborazione con il Conservatorio Musicale “Niccolò Paganini”
Mercoledì 9 marzo ore 17.00
introduce Marco Salotti
incontri Teatro e Università
Il passaggio di Dioniso nelle Baccanti
a cura di Margherita Rubino
Mercoledì 16 marzo ore 17.30
Poesie vocali e consonanti - 3
incontro con i grandi poeti del Novecento
in collaborazione con il Circolo Viaggiatori del Tempo
Giovedì 17 marzo ore 17.00
introduce Marco Salotti
incontri Teatro e Università
Maschera e personaggio nel teatro greco
con Margherita Rubino e Valeria Manari
TGE55404 Gior18-Opzione
5-01-2005
15:50
Pagina 9
Le Grandi Parole
9
Il 21 febbraio prende il via al Teatro della Corte - Ivo Chiesa il nuovo ciclo dedicato alle Grandi Parole dell’Umanità
Liberté, Egalité, Fraternité
C I N Q U E A P P U N TAM E N T I D E L LU N E D Ì S E R A P E R R ACCO N TA R E L A R I VO LU Z I O N E F R A N C E S E E L A S UA P R O B L E MAT I C A AT T UA L I TÀ
Il ciclo d’incontri dedicati alle Grandi Parole dell’Umanità concentra
quest’anno lo sguardo sulla Rivoluzione francese, intesa come
momento fondamentale della vicenda
storica, politica e culturale dell’Occidente. E lo fa secondo le sue collaudate modalità, particolarmente care al
pubblico genovese. Cinque prestigiosi
rappresentanti della cultura nazionale che, per altrettanti lunedì sera,
introducono la lettura, da parte di due
attori di primo piano della scena italiana, di un’antologia di brani opportunamente selezionati, tenendo conto
anche delle specifiche caratteristiche
della comunicazione teatrale.
Organizzata con la preziosa consulenza storica di Sergio Luzzatto, l’iniziativa prende il via alla Corte il
21 febbraio con la serata condotta da
Luciano Canfora e dedicata al tema
della Libertà, per proseguire poi il
28 febbraio parlando di Giustizia
(relatore da definire) e il 14 marzo
con Mario Capanna che riflette sul
Terrore, sino ad arrivare ad aprile,
quando Enzo Bianchi e Lucio
Villari, rispettivamente l’11 e il 18
del mese, condurranno il discorso sui
temi Fratellanza e Uguaglianza.
In primo piano, dunque, cinque grandi temi carichi di forte attualità, nello
svolgimento dei quali si seguirà
anche, pur con qualche licenza drammaturgica, il filo dello sviluppo cronologico dei fatti di un periodo quanto
mai intenso di conflittualità, sangue e
violenza, ma anche di sogni e di speranze in un mondo migliore: in una
parola, di teatralità.
Ad accompagnare il discorso dei conduttori, ci sarà come di consueto
un’ampia antologia di brani affidati
alla recitazione degli attori, i quali
leggeranno testi tratti da un repertorio
molto vasto e articolato che va dai
discorsi dei protagonisti, alle pagine di
celebri romanzieri (da Balzac a
Hugo), a poesie e canzoni, pagine
saggistiche e documenti d’epoca, quali
le terribili e commoventi ultime lettere dei condannati alla ghigliottina;
sino alla particolare attenzione riservata ai contributi della drammaturgia
moderna e contemporanea che della
Rivoluzione Francese si è più volte
occupata, e sovente con alti risultati:
basti ricordare le opere di Georg
Büchner o Victorien Sardou, Romain
Rolland o Federico Zardi, Peter
Weiss o Ariane Mnouchkine.
Il ciclo delle Grandi Parole è realizzato
anche quest’anno con il contributo
della Banca Carige.
Storia delle Grandi Parole
Il Teatro della Corte in una serata delle Grandi Parole dello scorso anno
La Rivoluzione Francese è uno
di quei cruciali periodi della Storia,
in cui passato e futuro si scontrano
nel drammatico ribollire di un presente dopo il quale nulla resta più
uguale, perché nasce per tutti - vincitori e vinti - un nuovo mondo. Il
moto di trasformazione investe
tutte le componenti della vita
umana: dall’affermazione dei grandi
valori etico-sociali (basti ricordare
Liberté, Egalité, Fraternité, pur così
tante volte trasgrediti e manipolati
anche nel corso degli anni a venire), a una nuova idea di Giustizia e
di Legalità; ma anche dalla radicale
trasformazione del costume, dal
modo di vestirsi (la fine della cipria
e delle parrucche) o di comportarsi in società, all’idea stessa dei rapporti interpersonali. C’è molto teatro nella Rivoluzione Francese e
nelle modalità del suo svolgimento:
passione, violenza, gioia, speranza,
paura. Anche il complesso intrecciarsi delle relazioni tra i personaggi che la Rivoluzione l’hanno fatta.
L’impaziente irruenza di una nuova
generazione decisa a cambiare il
mondo e i rapporti tra gli uomini:
Robespierre, Danton, Hébert,
Desmoulins hanno poco più di
trent’anni quando salgono sulla
ghigliottina, Saint Just non ne ha
ancora ventisette. Soprattutto, da
quegli anni terribili e meravigliosi è
giunto sino a noi il risuonare di
tante Grandi Parole, con le quali
tutte le generazioni future non
hanno potuto evitare di confrontarsi. Sono le Parole degli oratori che
si succedono alla tribuna
dell’Assemblea o della Convenzione, ma anche quelle infiammate
dei giornali che improvvisamente
riempirono le strade di Parigi e
della Francia. Sono le Parole cariche di fiducia nel futuro delle
Dichiarazioni dei diritti dell’uomo
e del cittadino e quelle delle tre
Costituzioni che furono scritte e
riscritte nell’arco di soli quattro
anni. Le Parole della vittoria e della
sconfitta; di quelli che infiammavano il popolo alla rivendicazione di
un mondo migliore e di coloro che
volevano invece salvaguardare valori e privilegi del passato. Sono
anche le Parole commosse e dolenti di chi si appresta a salire sul patibolo o ricorda anni dopo lo scampato pericolo; quelle fortemente
drammatizzate dei grandi romanzieri e dei memorialisti, dei drammaturghi e degli stessi grandi storici dell’Ottocento (da Jules
Michelet a Edgar Quinet); sino a
quelle dei poeti e di tutti coloro
che, pur con animo diverso, quel
fremente periodo storico sono tornati sovente a raccontare, con sempre rinnovata ed emozionante passione. Si dice che l’ormai anziano
Immanuel Kant, informato dei fatti
francesi del 1789, ruppe la ferrea
consuetudine della sua quotidiana
passeggiata, uscendo di casa anzitempo con grande sorpresa dei suoi
vicini. Si dice anche che, apprendendo la stessa notizia, il giovane
Hegel corse con gli amici Schelling
e Hölderlin a piantare l’albero della
libertà nel prato dell’università di
Tubinga. Poi, di fronte al proseguire della Storia, con tutte le sue inevitabili violenze e compromissioni,
quei grandi filosofi mitigarono
alquanto i loro entusiasmi, ma resta
il fatto che entrambi si accorsero
subito di quanto ormai il mondo
fosse cambiato.Verranno poi i secoli seguenti a testimoniarlo. Con la
Rivoluzione Francese, nasce l’età
contemporanea. Nel bene e nel
male: con i grandi valori di libertà e
uguaglianza, ma anche con le più
sanguinose guerre civili; con i diritti dell’Uomo e le garanzie costituzionali, ma anche con la ghigliottina e il Terrore. Con l’entusiasmo
per il progresso e con la violenza
rivoluzionaria, che troverà un tragico contraltare in quella della Restaurazione. Riflettere oggi sulla
Rivoluzione Francese non significa
solo fare opera di analisi storica, ma
porta anche con necessità ad
immergersi in un universo di problematiche ancora molto presenti,
capaci di parlare il linguaggio della
contemporaneità. Luogo deputato
a raccontare le storie degli uomini,
se il Teatro sceglie di far risuonare
dal suo palcoscenico la voce della
Rivoluzione lo fa innanzitutto per
meglio conoscere e per proporre
un’occasione di riflessione collettiva sulle parole della Storia.
Rivolgendosi a tutti, ovviamente;
ma riservando ancora una volta una
particolare attenzione al mondo dei
giovani e della scuola.
a.v.
I lunedì sera dedicati alle Grandi Parole hanno la loro prima fase al Teatro Stabile di Genova nella
stagione 1983/84 quando viene proposta la lettura integrale dei 34 canti dell’Inferno dantesco.
Lo straordinario successo dell’iniziativa, ideata da Carlo Repetti, porta nelle stagioni seguenti a
continuare con il Purgatorio e con il Paradiso. La formula è sempre la stessa e di assoluta semplicità: prima l’introduzione di un relatore, poi la lettura di attori di primo piano della scena italiana. Ogni sera quasi mille spettatori, con alcuni tutto esaurito. Vennero poi le serate dedicate
a Eugenio Montale e, quindi, nel 1996, prese il via la rassegna esplicitamente dedicata alle
Grandi Parole, proposte secondo una sempre nuova organizzazione tematica. I cicli delle Grandi
Parole sono stati più volte replicati anche al Teatro Quirino di Roma.
Questi i temi affrontati nelle ultime stagioni:
1996 - Le parole e i giorni; 1997 - Le parole e l’eternità; 1998 - L’identità del Novecento;
1999 - Pro & Contro; 2000 - Lo Stato e il Cittadino; 2001 - Voci del Mediterraneo; 2002
- Le ragioni del Mito; 2003 - Idea di Europa; 2004 - Viaggio e viaggiatori.
Interpreti dei cicli dedicati alle Grandi Parole sono stati: Elsa Albani, Giorgio Albertazzi, Omero
Antonutti, Gianpiero Bianchi, Giulio Bosetti, Franco Carli, Tino Carraro, Sergio Castellitto,
Orazio Costa Giovangigli, Maddalena Crippa, Riccardo Cucciolla, Massimo Dapporto, Renato
De Carmine, Ferruccio De Ceresa, Massimo De Francovich, Massimo De Rossi, Giancarlo
Dettori, Sergio Fantoni, Antonio Fattorini, Mario Feliciani, Stefania Felicioli, Gabriele Ferzetti,
Arnoldo Foà, Massimo Foschi, Vittorio Franceschi, Vittorio Gassman, Nando Gazzolo,
Massimo Ghini, Andrea Giordana, Paolo Giuranna, Roberto Herlitzka, Gabriele Lavia, Giulia
Lazzarini, Giuliana Lojodice, Paola Mannoni, Laura Marinoni, Glauco Mauri, Margaret
Mazzantini, Valeria Moriconi, Lucilla Morlacchi, Ugo Maria Morosi, Orietta Notari, Franca Nuti,
Umberto Orsini, Ugo Pagliai, Eros Pagni, Giuseppe Pambieri, Gianna Piaz, Paolo Poli,
Massimo Popolizio, Elisabetta Pozzi, Anna Proclemer, Claudio Puglisi, Mariano Rigillo, Sergio
Romano, Anna Teresa Rossini, Giancarlo Sbragia, Marco Sciaccaluga, Tullio Solenghi, Roberto
Sturno, Aroldo Tieri, Marzia Ubaldi, Massimo Venturiello, Pamela Villoresi.
Con il ruolo di relatori sono intervenuti: Lucia Annunziata, Giovanni Arpino, Maurizio Bettini,
Attilio Bertolucci, Massimo Cacciari, Giorgio Caproni, Franco Cardini, Giulietto Chiesa, Franco
Croce Bermondi, Guido Davico Bonino, Enrico Deaglio, Giovanni Filoramo, Anna Finocchiaro,
Domenico Fisichella, Ernesto Franco, Paola Giuranna, Margherita Hack, Lionello Lanciotti,
Gad Lerner, Claudio Lojacono, Mario Luzi, Miriam Mafai, Maurizio Maggiani, Igor Man,
Quinto Marini, Predrag Matvejevic, Gianni Mura, Giorgio Napolitano, Moni Ovadia, Mario
Piantelli, Mario Pomilio, Carlo Rognoni, Sergio Romano, Romolo Rossi, Edoardo Sanguineti,
Oscar Luigi Scalfaro, Enzo Siciliano, Card. Giuseppe Siri, Luigi Surdich, Younis Tawfik,
Massimo Teodori, Roberto Vacca, Gianni Vattimo, Stefano Verdino, Aldo Viganò, Luciano
Violante, Gustavo Zagrebelsky, Giovanna Zucconi.
Un intellettuale con la passione del Teatro
Insieme a tutta la cultura italiana,
anche il Teatro Stabile di Genova ha
perso un amico e una figura importante per la sua storia. Il 27 dicembre
scorso è scomparso, in circostanze
tragiche, Franco Croce Bermondi,
dal 1970 al 2002 ordinario di Storia
della Letteratura italiana alla facoltà
di Lettere dell’Università di Genova,
studioso di Dante, del Seicento e di
Franco Croce
Montale. Era stato componente del
Consiglio di Amministrazione e lo era tuttora dell’Assemblea
del Teatro Stabile di Genova, con il quale collaborò in numerose occasioni e, soprattutto, a diverse edizioni delle Grandi
Parole, a partire dalla lettura completa della Divina Commedia e del suo amatissimo Montale. Croce era nato a Genova
il 9 gennaio 1927 da una famiglia di origini aristocratiche
(sua madre era una Spinola). Nel capoluogo ligure si laureò
in Lettere nel 1947, lo stesso anno in cui Walter Binni, deputato socialista nell’Assemblea Costituente, ebbe la cattedra
di Letteratura italiana all’Università di Genova. Con Binni
collaborò alla rivista “La rassegna della letteratura italiana”,
per la quale seguì per anni la sezione dedicata al Seicento.
LA LIBERTÀ
LA GIUSTIZIA
IL TERRORE
LA FRATELLANZA
L’UGUAGLIANZA
Lunedì 21 febbraio
ore 20.30
Lunedì 28 febbraio
ore 20.30
Lunedì 14 marzo
ore 20.30
Lunedì 11 aprile
ore 20.30
Lunedì 18 aprile
ore 20.30
conduce
Luciano Canfora
È ordinario di Filologia greca e latina presso l’Università di Bari. I suoi interessi storici spaziano dall’antichità al mondo contemporaneo, con particolare attenzione alla
politica e alla cultura del XX secolo. Tra i
suoi numerosi libri, molti tradotti anche in
diverse lingue, si ricordano Una società premoderna (Dedalo, 1979), Ideologie del classicismo (Einaudi, 1980), Idee d’Europa (Dedalo,
1997), Critica della retorica democratica
(Laterza, 2002), Noi e gli antichi (Rizzoli,
2002), Storici e Storia (Aragno, 2003).
conduce
?
Mario Capanna
Laureato in filosofia, è stato il leader del
Sessantotto italiano. Segretario di Democrazia proletaria sino al 1987, è stato consigliere regionale della Lombardia, parlamentare europeo, consigliere comunale di
Milano, deputato alla Camera. Oggi si
occupa in prevalenza di pacifismo e di
ambientalismo, presiede il Consiglio dei
Diritti Genetici.Tra i suoi libri più recenti, si ricordano Il fiume della prepotenza
(Rizzoli, 2000) e Verrò da te. Il mondo presente e futuro (Baldini & Castoldi, 2003).
conduce
Enzo Bianchi
Fondatore e priore della Comunità monastica di Bose (Biella), è autore di numerosi
testi sulla spiritualità cristiana e sulla tradizione della Chiesa, nei quali manifesta
sempre una particolare attenzione alla
complessa realtà del mondo contemporaneo. È direttore della rivista Parola, Spirito e
Vita, e collabora con numerosi giornali tra i
quali La Stampa e Avvenire. Tra i suoi libri
più recenti si ricordano I Cristiani nella società (Rizzoli, 2003) e Lessico della vita interiore.
Le parole della spiritualità (Rizzoli, 2004).
conduce
Lucio Villari
È professore di Storia contemporanea presso l’Università di Roma Tre. Si è occupato
in prevalenza di storia delle idee, della cultura e della vita sociale in Europa e negli
Stati Uniti tra Settecento e Novecento.
Collabora con la pagina culturale di La
Repubblica. Tra le sue pubblicazioni più
recenti si ricordano Confini e deserti: storie
del nostro tempo. (Shakespeare & Co., 1987),
Settecento adieu (Bompiani, 1989), La Rivoluzione Francese raccontata (Laterza, 1997),
L’insonnia del Novecento (Mondadori, 2002).
gennaio | marzo 2005
TGE55404 Gior18-Opzione
5-01-2005
15:50
Pagina 10
Teatro Extraeuropeo
10
America Latina:esplorazioni teatrali
CON QUESTO NUMERO “PALCOSCENICO & FOYER”, DOPO UN ANNO DEDICATO A RACCONTARE LA VITA TEATRALE SUI MAGGIORI PALCOSCENICI D’EUROPA, INIZIA L’ESPLORAZIONE DI QUANTO STA ACCADENDO NEL MONDO TEATRALE EXTRAEUROPEO. IL VIAGGIO PRENDE IL VIA DALL’AMERICA LATINA E TROVERÀ UN PROPRIO COMPLETAMENTO A MAGGIO-GIUGNO SUL PALCOSCENICO DELLA CORTE NELLA RASSEGNA DI “MISES EN ESPACES” DEDICATA QUEST’ANNO ALLA DRAMMATURGIA LATINOAMERICANA (LA CHUNGA DI MARIO VARGAS LLOSA), AFRICANA (LA
DONNA E IL COLONNELLO DI EMMANUEL DONGALA) E AUSTRALIANA (HOLY DAY DI ANDREW BOVELL). PER SAPERE CHE COSA ACCADE SULLA SCENA DEL VASTO E VARIEGATO PANORAMA DELL’AMERICA DEL SUD ABBIAMO CHIESTO LA COLLABORAZIONE DI HALIMA TAHAN, DIRETTRICE DI UNA DELLA PIÙ PRESTIGIOSE RIVISTE TEATRALI DI BUENOS AIRES: «TEATRO AL SUR».
Fin dal suo affacciarsi alla vista del
mondo occidentale, l’America stimolò sempre, in un modo o nell’altro, l’immaginazione degli europei.
Il teatro non fu indenne dal fascino
che emanava il “mundus novus”:
Lope de Vega, Calderón de la Barca,
Shakespeare, hanno dato nella drammaturgia testimonianze dell’influenza americana. Un buon inizio - dal
punto di vista teatrale, ovviamente che avrà un seguito con molti altri
autori, alcuni dei quali certamente
sto breve viaggio attraverso i palcoscenici del Sud America con questa
proposta. Nel prossimo mese di
marzo debutterà, nell’emblematico
Teatro Oficina de San Pablo, la quarta parte di Os Sertöes, che sarà rappresentato in due atti di sei ore ciascuno. La commedia, che è una sorta
di “metafora dell’insurrezione popolare”, si basa su un episodio storico
della metà dell’Ottocento: la lotta
degli abitanti di Canudos guidati da
Antonio Conselheiro, leader cristia-
Gli scenari della memoria
In Cile si può mettere in evidenza,
in un certo senso in continuità con
quanto si è detto finora, il progetto
che sta preparando Rodrigo Pérez
sulla Historia de Chile ( “Storia del
Cile”), in tre parti: El cuerpo, La
madre y El padre (“Il corpo, La madre
e Il padre”), come riferisce il drammaturgo Marco Antonio de la Parra,
che a sua volta sta scrivendo un
Tratado Nacional del Cuerpo (“Trattato nazionale sul corpo”). Juan
ca che possono includere anche
forme di spettacolo-ndr), che spingono l’associazione “HIJOS” (“FIGLI”) - dei “desaparecidos” nella
guerra sporca - a smascherare i
responsabili di quei crimini, sono
una testimonianza, assieme al lavoro
di molti altri gruppi, della necessità
di essere coinvolti nei processi di
ricostruzione della memoria. In
Colombia, La Candelaria, gruppo
canonico del teatro latinoamericano,
ha debuttato con Nayra, uno spettacolo che va oltre la struttura teatrale
tradizionale partendo dall’immaginario della tradizione religiosopopolare. Malayerba, gruppo di fondamentale importanza nel teatro
ecuadoriano, ha messo in scena,
invece, Donde el viento hace buñuelos
(“Dove il vento fa mulinelli”), in cui
si tratta con finezza il tema della
memoria personale.
Il teatro che resiste
A Buenos Aires, la città del tango e
di Borges, le pagine degli spettacoli
dei giornali offrono settimanalmente circa trecento titoli, il che certamente evidenzia la prolifica attività
teatrale che si sviluppa a queste latitudini. Ma questo dimostra anche la
forza di una produzione che, sfidando i rigidi meccanismi dell’economia, non solo non entrò in crisi ma
anzi continuò a svolgere con vivacità il suo ruolo anche nel mezzo della
recente tempesta economica, politica e istituzionale. E questo è un
aspetto che, senza dubbio, merita di
essere sottolineato. La scena argentina si caratterizza per la sua varietà e
frammentazione, per la coesistenza
di forme teatrali diverse che vanno
dal grottesco creolo alle sperimentazioni più audaci, passando attraverso
numerose produzioni del teatro
commerciale. In questo panorama
Uno spettacolo del brasiliano Teatro da Vertigem
illustri come Marivaux e Carlo
Goldoni (impossibile non citarli in
questo caso). Si potrebbe continuare
a lungo su questo filone, evocando
miti, polemiche, rivolte, natura violenta, buoni e cattivi selvaggi, e lo
sfondo simbolico, infinitamente
poetico, dei Mari del Sud. Ma si tratta di tracciare un panorama d’insieme che permetta di accostarsi agli
scenari dell’America Latina, alla sua
cultura ricca di contrasti, alle sue discontinuità temporali, alle sue disuguaglianze costitutive, alla sua sorprendente eterogeneità, alle sue speranze e ai suoi affanni, alle sue differenze… e al modo in cui il teatro
rappresenta questo mondo e i suoi
originali protagonisti. Nella realtà di
oggi, nel più immediato presente.
Identità e insurrezioni
Il testo Os Sertöes (“Le terre del
Sertao”,una regione del Brasile-ndr)
del brasiliano José Celso Martínez
Correa, rappresenta un aspetto abbastanza singolare della produzione del
teatro latinoamericano, in relazione
al mondo del teatro e al teatro del
mondo. Per questo inizieremo que-
Apocalipsis 1,11
gennaio | marzo 2005
no e anti-repubblicano che diede
vita a un’esperienza sociale particolare, creando una comunità autonoma, con regole proprie; una scelta
assolutamente diversa dal contesto
che offriva a quei tempi la nazione.
In tre occasioni l’esercito fu mandato a punire i ribelli ma fu respinto in
blocco dagli abitanti di Canudos.
Alla fine la popolazione fu sconfitta
e sterminata, compresi i bambini e le
donne. José Celso Martínez Correa,
basandosi su Os Sertöes di Euclide da
Cunha - un classico della letteratura
brasiliana - ha trasformato quell’episodio in un’opera musicale, nella
quale ha coinvolto più di venti bambini di strada. Il progetto - spiega
con entusiasmo Aimar Labaki,
drammaturgo e figura autorevole del
teatro brasiliano - è quello di presentare l’opera completa di Celso
Correa nel luogo dove accaddero
quegli avvenimenti, nel nord est del
Brasile. L’altra proposta in gestazione, che sta suscitando molte aspettative, è BR3 del Teatro da Vertigem,
sempre a San Paolo, diretto da
Antonio Araújo,autore di una famosa trilogia teatrale composta da El
paraíso perdido (“Il paradiso perduto”), El libro de Job (“Il libro di
Giobbe”) e Apocalipsis 1.11 (“Apocalisse 1.11”). Il nuovo progetto di
Araújo esplora la realtà di tre centri
urbani: Brasilandia, una favela della
periferia di San Paolo, Brasilia, la
capitale del Paese, e Brasileia, che si
trova ai confini del Brasile - nella
regione di Acre - in Amazzonia. Che
cosa sono questi tre volti del Brasile
che entrano in gioco già a partire dai
loro nomi? Il tema della ricerca dell’identità, che ispira il lavoro, ha
come scenari, paradossalmente, luoghi senza identità o con identità problematiche, come la favela, la città
“posticcia” di Brasilia e la città di
frontiera di Brasileia.
Radrigán, invece, ha proposto un’opera che ha come protagonisti dei
disoccupati peruviani, cercando di
mettere in evidenza il razzismo dei
cileni verso questi immigrati. Il già
leggendario gruppo Yuyachkani del
Perù,dal canto suo,ha preparato uno
spettacolo Sin título, técnica mista
(“Senza titolo, tecnica mista”), che
all’inizio si presentò come uno spettacolo sulla storia della guerra contro
il Cile. L’attività di questo gruppo,
che ha una lunga storia, e che è sempre attento alla memoria civile e
culturale della sua comunità, ha echi
anche in altre proposte del teatro e
dell’arte latinoamericani.
In Argentina, ad esempio, negli
“escraches” (atti di denuncia pubbli-
Apocalipsis 1,11 messo in scena da Antonio Araújo
c’è un’opera che ha avuto singolare
rilievo: La estupidez ( “La stupidità”)
di Rafael Spregelburd. Opera smisurata, «grassa e barocca» secondo il
suo autore, che mette alla prova i
limiti del rappresentabile, sfruttando
al massimo gli attori con un’unica
struttura narrativa. In ciascuna delle
scene che costituiscono questa commedia “indefinibile”, Spregelburd si
ritrovò a ricostruire «lo specchio di
un’Argentina esotica e infinita».
Concludendo qui, per ora, questo
viaggio se pur incompleto, riprenderemo l’immagine dello “specchio
infinito”, perché così, inafferrabile e
suggestivo, appare il teatro latinoamericano di oggi. Ma una volta di
più si spera che l’immaginazione del
lettore completi, a suo modo, questo
breve schizzo.
Halima Tahan
(traduzione di Annamaria Coluccia)
Una scena dello spettacolo Juizo Ceral sui palcoscenici di San Paolo del Brasile
Ministero Beni e Attività Culturali
soci fondatori
COMUNE DI GENOVA
PROVINCIA DI GENOVA
REGIONE LIGURIA
socio sostenitore
La estupidez di Rafael Spregelburd, spettacolo evento a Buenos Aires
numero 18 • gennaio-marzo 2005
Edizioni Teatro Stabile di Genova
Piazza Borgo Pila, 42 • 16129 Genova
www. teatrostabilegenova.it
Presidente Avv. Giovanni Salvarezza
Direzione Carlo Repetti e Marco Sciaccaluga
Direttore responsabile Aldo Viganò
Collaborazione Annamaria Coluccia
Segretaria di redazione Monica Speziotto
Autorizzazione del Tribunale di Genova
n° 34 del 17/11/2000
partner della stagione
Progetto grafico:
www.firma.it
art: Bruna Arena, Genova (554/04)
Stampa: Ortolan, Opera (MI)
TGE55404 Gior18-Opzione
5-01-2005
15:50
Pagina 11
11
I mestieri del teatro: incontro con Rosaria Carta, caposarta, e con Bruna Calvaresi, truccatrice, dietro le quinte del Teatro Stabile di Genova
Forbice, pennello e tanta fantasia
Costumi e trucchi sono questa volta al centro del nostro viaggio attraverso i mestieri del teatro. Un viaggio che ci ha fatto incontrare Rosaria
Carta, caposarta allo Stabile di Genova, con il quale lavora da circa vent’anni, e Bruna Calvaresi,truccatrice teatrale che che da anni collabora con lo Stabile. Si tratta di due mestieri che in questi anni, almeno in Italia, hanno avuto un’evoluzione diversa, perché mentre la figura
del truccatore o della truccatrice, prima di fatto inesistente, si è andata via via affermando e qualificando, quella della sarta o del sarto
ha subìto, invece, - per esigenze di tempi, di costi e di organizzazione - un ridimensionamento nell’attività di confezione vera e propria
dei costumi, mantenendo comunque un ruolo fondamentale durante l’allestimento e , soprattutto, durante le repliche di uno spettacolo.
Ago, filo e abiti di scena
Trucco, maschere e parrucche
Custode dei costumi, esperta nell’arte del cucito (anche e soprattutto in situazioni di emergenza),
e anche un po’ mamma di attori e
attrici dei quali “segue” ansie e
vestizioni. Sono alcuni ruoli che
in una compagnia teatrale può
trovarsi a ricoprire la sarta, almeno
secondo l’esperienza di Rosaria
Carta, caposarta del Teatro Stabile
di Genova, per il quale ha iniziato
a lavorare nel 1984.
glie, tende. «Adesso costumi e
scene arrivano per la maggior
parte da fuori, già pronti», spiega
Rosaria Carta. Nella fase di allestimento di uno spettacolo, la
caposarta lavora comunque a
fianco del costumista e dello scenografo, soprattutto quando si
tratta di scegliere modelli, tessuti
o altri materiali per realizzare i
costumi e alcuni elementi scenografici. Poi, quando lo spettacolo
va in scena e iniziano le repliche,
il lavoro della sarta o delle sarte -
più gli attori sono grandi, meglio
è. Prima avevo lavorato per due
anni con Gassman, che era molto
timido ma anche molto severo:
ricordo che una volta, a Milano,
durante le prove di uno spettacolo ci tenne in teatro dalle quattro
del pomeriggio alle quattro del
mattino… Ma ci servì da lezione».
Fra gli altri attori di cui Rosaria
Carta si è occupata nella sua
lunga esperienza ci sono Raf
Vallone, Alberto Lionello («che
voleva sempre le caramelle in
camerino»), Eros Pagni e Ugo
Maria Morosi. «Con gli attori afferma - bisogna fare un po’ da
mamma e un po’ da consigliera».
Fra gli spettacoli che hanno
segnato la sua carriera ricorda
soprattutto Il lutto si addice ad
Elettra: «Bisognava stare sempre
in movimento», spiega. «Era uno
spettacolo molto impegnativo,
che mi ha lasciato il segno». Così
come è stata impegnativa La
Centaura, prodotta dallo Stabile
nell’autunno scorso, e per la quale ogni sera era necessaria la presenza in teatro della caposarta e
delle altre due sarte del teatro,
visti i tanti attori impegnati e la
complessità dei costumi.
L’estetica c’entra poco. L’arte del
trucco, in teatro, ha piuttosto a
che vedere con lo spazio, con i
volumi e con l’anima, quella
degli attori e quella dei personaggi che devono interpretare.
Ne è convinta Bruna Calvaresi,
che dal 1989 lavora come truccatrice per spettacoli prodotti dal
Teatro Stabile di Genova. Il suo
incontro con il mondo del teatro
avvenne un anno prima, nel
1988, dopo aver seguito una formazione essenzialmente artistica:
scuola d’arte, una scuola di grafica pubblicitaria e corsi universitari nell’ambito della facoltà di
Storia dell’Arte. «Ho lasciato il
lavoro di grafica pubblicitaria
quando ha iniziato ad affermarsi
l’uso del computer», racconta. «A
me il computer ha “tagliato le
gambe” dal punto di vista della
creatività e così ho mollato tutto
e ho iniziato a lavorare in un
laboratorio di effetti speciali, a
Roma. Lì il fatto di avere una
formazione artistica e non estetica mi ha aiutato molto, perché il
trucco teatrale è molto più pittorico. Attraverso questo laborato-
tore, perché i vecchi attori si
truccavano da soli», spiega Bruna
Calvaresi. «In altri Paesi europei
esistono, invece, anche dei corsi
di formazione di livello universitario per truccatori teatrali, mentre qui da noi è una figura che si
è andata affermando solo negli
ultimi anni. Da quando ho iniziato a lavorare è senz’altro molto
più diffusa e più qualificata.
Spesso, però, in Italia c’è ancora
divisione fra truccatore e parrucchiere, per esempio, mentre è
auspicabile che il truccatore si
occupi anche delle parrucche». E
non solo. «Il truccatore normalmente si deve occupare anche di
effetti particolari da ottenere
attraverso il trucco dei volti o del
corpo, o anche attraverso la
costruzione di protesi o maschere. Nella Centaura, per esempio,
bisognava realizzare una sosia di
Mariangela Melato, attraverso dei
calchi. Si lavora sempre a stretto
contatto con il costumista e si va
per tentativi, ma anche questo fa
parte delle prove. Bisogna osservare gli attori, vedere quali sono
le loro espressioni, come si muovono. L’obiettivo del truccatore
dev’essere quello di aiutare l’atto-
Massimo Castri, c’era un attore
che non voleva assolutamente
farsi truccare: a un certo punto in
una scena doveva buttarsi da una
certa altezza e quando lo fece,
durante una delle repliche, la parrucca cadde prima di lui. È una
cosa che può capitare a chiunque, ma per me fu una piccola
rivincita». Fra gli attori che
hanno resistito di più ad affidarsi
alle sue mani, Bruna Calvaresi
ricorda anche Eros Pagni.
«L’anno scorso, però, per
L’alchimista si è presentato spontaneamente per farsi truccare»,
racconta. «Anche Mariangela
Melato era abituata a fare tutto
da sola, ma a un certo punto è
stata lei a chiedermi di essere
truccata e, piano piano, si è
instaurato un rapporto di fiducia». Di solito il lavoro del truccatore o della truccatrice inizia
durante l’allestimento di uno
spettacolo e continua poi durante le repliche, anche in tournée.
Fra gli spettacoli che le hanno
Far sì che l’attore
si senta credibile
sulla scena
Rosaria Carta nel laboratorio di sartoria del Teatro Stabile di Genova
La sarta: un po’
«Mi chiamarono per due giorni,
per fare una sostituzione, e non
me ne sono più andata», racconta. Per lei, infatti, fu una sorta di
colpo di fulmine per un mondo
che già conosceva indirettamente, perché sia suo fratello che suo
marito lavoravano allo Stabile,
come falegname l’uno e macchinista l’altro. «Mi sono trovata
subito benissimo, sia per il lavoro
che per l’ambiente. Non c’è mai
tempo di annoiarsi qui, è un
lavoro molto bello, anche se faticoso, c’è sempre allegria, e il teatro diventa un po’ una seconda
famiglia. Io non ho mai lavorato
per altri teatri, quando ho iniziato allo Stabile ho avuto una
caposarta molto severa e i primi
tempi sono stati davvero duri per
me, ma ho imparato molto.
Adesso, invece, io non sono così
severa con le ragazze che lavorano con me: penso che se uno ha
voglia d’imparare e di lavorare lo
fa, e che se non ne ha voglia non
gliela si può imporre».
In questi venti anni il lavoro della
sarta in teatro è cambiato, però,
perché si è notevolmente ridotta
la parte di lavoro più artigianale
e creativa, cioè di confezione dei
costumi e anche di “pezzi” di
scenografia, come fondali, tova-
a seconda del numero di attori diventa particolarmente impegnativo. «Tutti i giorni - spiega
Rosaria Carta - bisogna lavare i
costumi, controllare che siano in
ordine, fare eventuali riparazioni,
e metterli a posto, oltre che seguire durante lo spettacolo i
cambi di abiti, se ce ne sono».
Alla fine dello spettacolo, infatti,
ogni sera, i costumi vengono raccolti e preparati per essere lavati
la mattina successiva.
Le operazioni di lavaggio, asciugatura e stiratura, quando occorre, durano spesso fino al primo
pomeriggio, e poi, due ore prima
dello spettacolo, la sarta deve
essere di nuovo in teatro per
seguire i preparativi ed essere
pronta a intervenire in caso di
imprevisti. «Io anche in tournée
mi porto dietro lavatrici e asciugatoio, oltre ai vasi per i fiori di
Mariangela Melato», spiega Rosaria Carta che, dal 1993, si occupa anche del camerino della
Melato in tutti gli spettacoli prodotti dallo Stabile. «Ormai siamo
quasi come due sorelle», racconta. «Ogni tanto ci scontriamo, ma
ci diciamo sempre tutto con
franchezza e io mi trovo benissimo. A volte devo incoraggiarla,
spronarla, quando ha paura. Ma
mamma e un po’
consigliera
Ma, durante le repliche di uno
spettacolo, il lavoro della sarta
non è fatto solo di routine, perché a volte bisogna far fronte a
imprevisti, come quelli, tutt’altro
che infrequenti, di un costume
che si scuce o che si strappa.
«Mi è capitato più di una volta»,
racconta Rosaria Carta. «Per
esempio con un paio di pantaloni che indossava Gabriele Lavia,
e un’altra volta anche con
Mariangela Melato, in Un tram
che si chiama desiderio. Ho dovuto
cercare le stoffe e rifare i costumi
in un giorno. Se un vestito si
strappa o si scuce in scena si
rimedia, fino alla fine dello spettacolo, con spille da balia o
scotch, a seconda dei casi, e poi si
cerca una soluzione per la sera
successiva. A volte - aggiunge
Rosaria Carta - durante le repliche può anche capitare che un
attore sia sostituito da un giorno
all’altro, e allora bisogna scucire e
ricucire il costume o i costumi
per adattarli alle misure del
nuovo arrivato, e si deve riuscire
a fare tutto questo in poche ore».
Bruna Calvaresi al trucco di Jurij Ferrini per Filottete
rio - spiega - sono venuta in contatto con compagnie teatrali e ho
iniziato a truccare i volti, a creare
maschere di lattice, sosia, manichini, e ho seguito altri corsi. Io
venivo da una famiglia di parrucchieri ma non avevo mai voluto
fare la parrucchiera e, invece, poi
mi sono ritrovata a fare anche
questo in teatro, ma in un modo
completamente diverso». Chi si
occupa del trucco per uno spettacolo teatrale lavora a stretto
contatto con il costumista soprattutto e anche con lo scenografo.
«In Italia non esiste una tradizione per quanto riguarda il trucca-
re, di far sì che diventi credibile e
si senta credibile sulla scena. Ci
vuole una sensibilità particolare,
perché si lavora sui corpi delle
persone e bisogna cercare di
entrare in contatto con loro. Di
solito - osserva - gli attori più
giovani sono più disponibili a
lasciarsi truccare, ma quando si
deve modificare molto l’aspetto
di una persona può essere difficile. Le difficoltà maggiori nascono
quando un attore deve accettare
un’immagine diversa di sé». E
qualche volta c’è chi non cede.
«Ricordo che in un allestimento
di La vita è sogno con la regia di
dato particolare soddisfazione
Bruna ricorda il Tito Andronico
diretto da Peter Stein, perché «era
un vulcano di idee e per me fu
molto formativo», e Hamlet con
la regia di Benno Besson: «Il
responsabile del trucco di quello
spettacolo, Kuno Schlegelmich,
rivoluzionò
completamente
quello che avevo imparato, allontanandomi dall’estetica e insegnandomi a concentrarmi, invece, sulla valorizzazione dei volumi, che è l’aspetto per me più
interessante». La carriera di
Bruna Calvaresi è stata segnata
anche da due rappresentazioni di
Filottete: la prima con la regia di
Cristina Pezzoli per uno spettacolo sperimentale prodotto dal
Teatro di Parma, la seconda nel
2003 con lo spettacolo di
Matthias Langhoff prodotto dallo
Stabile, con Valeria Manari come
costumista. «In entrambi i casi ho
lavorato con il lattice», spiega.
«Per il Filottete di Langhoff le
operazioni di trucco duravano
circa tre ore, nonostante fossimo
in due a truccare tre attori.
L’obiettivo era quello di aiutare,
anche attraverso il trucco, gli
attori ad astrarsi dalla realtà, ed è
stato un lavoro che mi ha dato
molta soddisfazione».
a cura di Annamaria Coluccia
gennaio | marzo 2005
TGE55404 Gior18-Opzione
5-01-2005
15:50
Pagina 12
12
Grande successo di pubblico e di critica per il Festival
organizzato nell’ambito di GeNova04
2004 Genova Capitale del Teatro Europeo
“La Centaura” e i tre spettacoli stranier i proposti alla Cor te dallo Stabile nella rassegna stampa nazionale
«Ogni momento di questa celebrazione
di Genova capitale della cultura – in
carattere con gli affreschi dei suoi palazzi, tanto spesso raffiguranti ninfe e satire impegnati in attività carnali – è
gustosissimo», ha scritto Masolino
d’Amico (“La Stampa”) in occasione dello spettacolo La Centaura,
che ha inaugurato nell’autunno
scorso il Festival Teatri d’Europa,
organizzato dallo Stabile di Genova
in collaborazione con il comitato
per Genova 2004. E uguale entusiasmo, tutta la critica genovese e
nazionale ha dimostrato, sia per
l’intera iniziativa, sia per i singoli
spettacoli proposti che sono stati,
oltre alla novità assoluta offerta da
La Centaura di Andreini con la
regia di Luca Ronconi e Mariangela Melato nel doppio ruolo
di donna e centaura, Il giardino dei
ciliegi nell’edizione dell’Odéon di
Parigi, l’allestimento cult di Pina
Bausch Kontakthof mit Damen und
Herren ab 65, e il vitalistico Hamletas di Eimuntas Nekrosius.
Un successo vero e autentico - sia
di critica, sia di pubblico - che ha
posto Genova al centro della vita
teatrale italiana, come ben testimonia una pur veloce scorsa della rassegna stampa.
Il Festival
«Ci sono scene indimenticabili in questo Giardino, primo spettacolo straniero presentato al Festival Teatri d’Europa. Lo spettacolo mescola le note del
cuore e quelle del mondo che cambia con
un dosaggio che incanta», scrive
Silvana Zanovello sul “Secolo
XIX” a proposito dello spettacolo
di Lavaudant. «Il Festival Teatri
d’Europa porta alla Corte - Ivo Chiesa Kontakthof, un incontro ravvicinato con un’opera di un’icona del 900.
Una grandiosa auto-rappresentazione,
dove l’emozione del rappresentarsi
coincide con l’emozione stessa di esistere», le fa eco Monica Corbellini di
“La Repubblica” che ha appena
visto lo spettacolo di Pina Bausch.
«Dopo La Centaura con la regia di
Ronconi, Il giardino dei ciliegi diretto da Lavaudant, l’emozione del teatro-danza di Pina Bausch, il Festival
Teatri d’Europa (ideato dal Teatro
le attese non sono andate certo
deluse, tra gli applausi sempre più
convinti del pubblico e l’unanime
entusiasmo della critica, che forse
mai più di questa volta si è prodigata in elogi sia allo spettacolo, sia
all’insieme della iniziativa in cui
questo era inserito.
La Centaura
La Centaura
Stabile in collaborazione con il
Comitato per Genova 2004) propone
un altro grande esempio di teatro internazionale con Hamletas di
Nekrosius», sottolinea Dario G.
Martini del “Corriere Mercantile”,
introducendo il discorso sull’ultimo spettacolo del Festival accolto
dai genovesi in modo trionfale: «La
musica è determinante nel propiziare il
clamoroso successo dello shakespiriano
Hamletas di Eimuntas Nekrosius che
ha avuto anche alla Corte di Genova
un’accoglienza entusiastica», chiosa
infatti il “Corriere Mercantile”;
«Hamletas messo in scena da
Eimuntas Nekrosius e presentato nell’ambito del Festival Teatri d’Europa
è uno spettacolo di barbarica e abbagliante bellezza», ribadisce “La
Repubblica”, trovando conferma
nella voce del “Secolo XIX”:
«L’Hamletas barbarico e stregato di
Eimuntas Nekrosius chiude in bellezza il Festival Teatri d’Europa alla
Corte di Genova».
Due mesi di grande teatro europeo
a Genova, pertanto. A testimonianza della sua radicata vocazione teatrale, che è stata premiata dalla
prima nazionale della Centaura,
sulla quale, come prevedibile, si è
concentrata soprattutto l’attenzione della critica. Erano in ballo,
infatti, molti motivi di grande inte-
resse. Innanzitutto, il ritorno dell’accoppiata Luca Ronconi e
Mariangela Melato in una sfida al
limite del fantastico; ma poi anche
la riscoperta della teatralità di un
testo fondamentale per la conoscenza della scena barocca italiana,
il contributo figurativo di grandi
collaboratori artistici alle scene e
ai costumi, la forte presenza di una
compagnia di oltre venti attori. E
Hamletas
«Mariangela Melato, non sazia di trasformazioni, interpreta superbamente e
con grande spasso sia la sorella umana
che la equina, prestando la propria voce
in playback alla controfigura quando le
due s’incontrano, per la gioia del regista
artifex maximus e l’entusiasmo del
pubblico», conclude Franco Quadri
su “La Repubblica”. E Magda Poli
del “Corriere della Sera” aggiunge:
«Un’opera che Ronconi porta in scena
magicamente con fresca e felice inventiva attraversando i generi uniti da un’ironica, sottile vena melodrammatica.
Nel doppio ruolo di Centaura e della
sorella senz’amore, c’è una straordinaria Mariangela Melato, beffarda e divertita nel percorrere i dolori della mal
amata, passionale e determinata quando è metà donna e metà cavalla, infissa
in un costume che l’attrice “governa”
con sapiente grazia. Uno spettacolo che
è una cornucopia di invenzioni sceniche
e recitative, di sottigliezze divertite.
Meritato successo». Sullo stesso tono,
si sono espressi anche tutti gli altri
maggiori critici italiani. Masolino
d’Amico (“La Stampa”): «La scenografia di Margherita Palli, innanzitutto, è un capolavoro, suggerendo con semplicità, sembra un paradosso, il fasto
della fantasia dell’Andreini, specie nel
bosco di cipressi in cui scorrazzano i
centauri – costumi di Gabriele Mayer –
e nelle colonne di marmo verde della
reggia. (…) Eccellente, poi il lavoro dei
numerosi attori, cui non viene chiesto di
dare spessore a marionette che non ne
hanno, ma di agire con energia ed umorismo». Maria Grazia Gregori
(L’Unità): «Non si è mai vista centaura più bella e scalpitante nel suo corpo
metà donna e metà cavalla, più determinata e regale perfino quando nitrisce,
di quella che Mariangela Melato incarna in La Centaura: affascinante, fluviale, barocco gioco di specchi di Giovan
Battista Andreini, attore e drammatur-
2005 lo Stabile in tournée
Con il nuovo anno, il Teatro Stabile di Genova va in tournée.
Due spettacoli della scorsa stagione – L’alchimista di Ben Jonson e Il tenente di Inishmore di
Martin McDonagh – e il nuovissimo allestimento di Chi ha
paura di Virginia Woolf? porteranno nel 2005 in giro per l’Italia il nome del Teatro Stabile di
Genova, facendo conoscere a
un pubblico sempre più vasto
gennaio | marzo 2005
l’alto livello qualitativo e spettacolare di un centro di produzione riconosciuto tra i migliori
della scena europea.
L’alchimista
La prima compagnia a partire
sarà quella dell’Alchimista che,
con qualche novità nella distribuzione rispetto alle repliche di
Genova, sarà a Vercelli (Teatro
Civico, 8 e 9 gennaio), per poi
proseguire per Merano (Teatro
Puccini, 11 e 12 gennaio), Bolzano (Nuovo Teatro Comunale,
dal 13 al 16 gennaio), Ferrara
(Teatro Comunale, dal 18 al 23
gennaio), Padova (Teatro Verdi,
dal 25 al 30 gennaio), Bologna
(Arena del Sole, dall’1 al 6 febbraio), Correggio (Teatro Asioli,
8 e 9 febbraio), Modena (Teatro
Storchi, dal 10 al 13 febbraio),
Prato (Teatro Metastasio, dal 15
al 20 febbraio), Roma (Teatro
Argentina, dall’1 al 13 marzo),
Perugia (Teatro Morlacchi, dal
15 al 18 marzo) e Terni (Teatro
Verdi, 19 e 20 marzo).
Il tenente di Inishmore
Più breve, ma geograficamente
più estesa, sarà la tournée di Il
tenente di Inishmore che, dopo
il debutto al Teatro Civico di
Tortona (6 febbraio), sarà infatti
a Milano (Teatro dell’Elfo, dall’8
al 20 febbraio) e a Brescia (Teatro Sociale, dal 22 al 27 febbraio), per prendere poi la via
della Sicilia, dove lo spettacolo
potrà essere visto a Catania
(Teatro Musco, dal 2 al 13
marzo) e a Palermo (Teatro Bellini, dal 15 al 23 marzo).
Chi ha paura di Virginia Woolf?
Coprodotto dallo Stabile di
Genova e dalla Compagnia Lavia, Chi ha paura di Virginia
Il Giardino dei ciliegi
go di punta del teatro seicentesco, che
Ronconi ha messo in scena al Teatro
della Corte ad apertura del Festival
dei Teatri d’Europa, inventando un
vero e proprio arsenale delle meraviglie
che lascia senza fiato. La Centaura
permette a Ronconi, che firma una
regia di rapinosa bellezza, di elevare
all’ennesima potenza il suo gusto per il
gioco teatrale: una dichiarazione d’amore per l’incantamento della scena, per
la sua macchina qui come non mai
usata con poetica leggerezza». Enrico
Groppali (“Il Giornale”): «Il regista
dà vita a un memorabile spettacolo da
godere in primis per lo sfrenato divertimento che procura a occhi e a orecchi e,
dulcis in fundo, per l’intelligenza che vi
è profusa a piena mani. Da vedere e
rivedere, da studiare e da ricordare».
Renato Palazzi (Il Sole - 24 Ore):
«A prevalere su tutto è il divertimento
delle macchinerie e delle meraviglie scenografiche ideate con estro fin troppo
esuberante da Margherita Palli, i
vascelli simili a quelli dell’Orlando
furioso che navigano immobili su una
piattaforma girevole, il mago che cala
nell’incantato bosco di cipressi su una
sorta di vetero-ascensore, e soprattutto
centaure e centaurini dotati, come si
conviene, di strepitose propaggini equine, con effetto davvero mozzafiato. C’è
da restarne persino lievemente saturati.
E occorre ancora dire della grande bravura di Mariangela Melato, che in
mezzo a una compagnia prevalentemente di giovani è qui impegnata in un
costante esercizio di equilibrismo autoironico». Gianfranco Capitta (Il
Manifesto): «Ronconi sigilla allo
Stabile genovese le celebrazioni per la
Capitale Europea della Cultura 2004
e mette insieme per l’occasione una
compagnia anch’essa “Centaura”, con
diverse origini e generazioni. Al suo
vertice, strepitosa e instancabile, sta
naturalmente, come nelle isole di
Andreini, Mariangela Melato». Domenico Rigotti (L’Avvenire): «Tre
ore di pura teatralità dove entrano tutti
gli stilemi. Avvolge Ronconi la vicenda
nei colori della fiaba, la spruzza di ricami da Commedia dell’Arte, la fa vivere come un mélo victorhughiano e via
dicendo. Libero è il gioco (e però controllatissimo) e nel gioco la Melato
entra da regina, scatenandosi con tutta
la sua verve, anche quando la metamorfosi ce la presenta centaura scalpitante».
Kontakthof mit Damen und Herren ab ‘65
Woolf?, che vede nel ruolo di
protagonista l’inedita coppia
Mariangela Melato e Gabriele
Lavia, dopo una prima settimana di repliche a Pisa (Teatro
Verdi, dall’1 al 6 febbraio), debutta a Genova (Teatro della
Corte, dall’8 al 27 febbraio) e
parte poi subito per una intensa tournée che ha al proprio
centro le lunghe permanenze a
Roma (Teatro Argentina, dal 29
marzo al 17 aprile) e a Milano,
dove rimarrà al Teatro Strehler
dal 3 al 29 maggio. Le altre tappe già fissate per lo spettacolo
sono Venezia (Teatro Malibran,
dall’1 al 6 marzo), Bergamo
(Teatro Palatenda, dall’8 al 13
marzo), Bologna (Arena del
Sole, dal 15 al 20 marzo),
Rimini (Teatro Novelli, dal 22 al
25 marzo), Cesena (Teatro
Bonci, dal 19 al 24 aprile) e Padova (Teatro Verdi, dal 26 aprile al primo maggio).