5-01-2005 15:49 Pagina 1 Tariffa R.O.C.: Poste Italiane S.p.A. -Spedizione in Abbonamento Postale D.L. 353/2003 (conv. in L. 27/02/2004 n°46) art.1 comma 1, DCB Genova TGE55404 Gior18-Opzione ANNO V | NUMERO 18 | GENNAIO | MARZO 2005 2|3 4 5|6 7 8 9 10 11 12 Virginia Woolf Virginia Woolf Galois Galois Hellzapoppin Le Grandi Parole Teatro Extraeuropeo I mestieri del Teatro Teatri d’Europa Articolo di Fasce Conversazione con Lavia Da New York a Hollywood le "prime volte" di Albee Articoli di Emmer e Arezzo La Francia di Évariste Intervista a Sciaccaluga Nota di Luca Viganò Incontri nel foyer Programma e progetti In scena la Rivoluzione La scena latinoamericana Articolo di Halima Tahan Sarta e truccatrice Intervista a Carta e Calvaresi Lo Stabile in tournée Ricordo di Croce Successo del Festival «Chi ha paura di Virginia Woolf?» e la novità italiana «Galois» prime produzioni dello Stabile nel 2005 Melato, Lavia e l’America ALLA CORTE DALL’8 FEBBRAIO LA COMMEDIA DI ALBEE CON LA REGIA DI GABRIELE LAVIA CARLO REPETTI La stagione teatrale 2004-2005 al Teatro Stabile di Genova non poteva incominciare in modo più positivo. Come viene testimoniato anche nell’ultima pagina di questo nostro giornale infatti, il Festival dei Teatri d’Europa ha accompagnato l’anno di Genova Capitale della Cultura nella maniera migliore. Tre spettacoli stranieri di tre grandi registi,Pina Bausch,Nekrosius e Lavaudant, molto seguiti e apprezzati dal pubblico della Corte, e una nostra produzione, La Centaura con la coppia Ronconi-Melato, lo spettacolo più lodato dalla critica in tutta la storia del Teatro Stabile di Genova.E quindi i lavori ospiti,fra i quali hanno avuto risalto, per gradimento del pubblico, La vedova scaltra, Zio Vanja e L’avaro. Ora, con l’inizio del 2005 il nostro cartellone prevede ben due nuovi spettacoli di produzione, uno al Duse a gennaio, l’altro alla Corte a febbraio. Con il primo, Galois, continuiamo il percorso di valorizzazione della drammaturgia italiana contemporanea, in questo caso il giovane genovese Luca Viganò; al tempo stesso si conferma il valore sperimentale delle Mises en espace, iniziativa da cui questo testo proviene. In scena, diretti da Marco Sciaccaluga, alcuni dei nostri giovani attori più promettenti, guidati da un maestro di recitazione di grande talento, Massimo Mesciulam. Alla Corte, dall’8 febbraio, proponiamo lo spettacolo forse più atteso dell’attuale stagione italiana, Chi ha paura di Virginia Woolf?, capolavoro di Edward Albee, testo cult della drammaturgia americana contemporanea, che vedrà insieme per la prima volta, grazie allo Stabile di Genova, due primi attori della scena italiana, Mariangela Melato e Gabriele Lavia. Accanto a loro i giovani Agnese Nano e Emiliano Iovine, anch’egli cresciuto alla nostra Scuola. Infine, con la primavera, torneranno anche i lunedì delle Grandi Parole, quest’anno dedicati a un tema, quello della Rivoluzione Francese, il cui motto “libertà, fraternità, uguaglianza” credo possa risuonare di assoluta attualità. Parlare delle Grandi Parole mi permette anche di ricordare con grande affetto, riconoscenza e rimpianto la figura di Franco Croce Bermondi, recentemente scomparso, amico e maestro del Teatro Stabile, assieme al quale iniziai, con la lettura di tutta la Divina Commedia, l’avventura di tanti felici lunedì.A tutti i nostri spettatori infine l’augurio di un sereno 2005 durante il quale Genova continui ad onorare il meritato titolo di Capitale della Cultura. M ariangela Melato nel ruolo di Martha e Gabriele Lavia in quello di George, per la prima volta insieme grazie al Teatro Stabile di Genova, sono i protagonisti del nuovissimo allestimento di Chi ha paura di Virginia Woolf?, la celebre commedia dell'americano Edward Albee che va in scena al Teatro della Corte - Ivo Chiesa dall’8 al 27 febbraio.Al loro fianco due giovani emergenti: Agnese Nano ed Emiliano Iovine. Quartetto ideale per raccontare una intensa storia di paura e di rabbia, di violenza e di fragilità esistenziale, che l’inventiva regia dello stesso Lavia spinge verso risonanze, ora tragiche e ora esplicitamente comiche, che hanno molto a che fare anche con lo stretto rapporto esistente tra la crisi del “sogno americano” e la realtà attuale dell'Occidente. Scritta nel 1962 e resa celeberrima dall'omonimo film interpretato da Elizabeth Taylor e Richard Burton diretto da Mike Nichols, Chi ha paura di Virginia Woolf? è una delle commedie più note di tutto il teatro statunitense. George e Martha sono due coniugi del New England. Lui insegna Storia nella locale università, lei è la figlia del potente preside dello stesso ateneo. Una sera ricevono a casa loro un’altra coppia, più giovane: Nick, docente di biologia, e sua moglie Honey. L’azione si svolge nel salotto, dove quella notte ha luogo un vero e proprio “jeu de massacre”. Alcool, atroci derisioni, giochi sadici, scherzi crudeli: la coppia americana esibisce il proprio disfacimento e l’“american dream” naufraga nella solitudine, nell’angoscia e nella nostalgia. La scenografia antinaturalistica dello spettacolo è firmata da Carmelo Giammello e gli eleganti costumi da Andrea Viotti; musiche originali di Andrea Nicolini e luci di Pietro Sperduti. «GALOIS» AL DUSE DAL 10 GENNAIO Storia di un matematico Flavio Parenti e Massimo Mesciulam in Galois (Foto Bepi Caroli) N ovità italiana prodotta dallo Stabile di Genova, Galois del giovane drammaturgo Luca Viganò s’inserisce con piena legittimità nel circolo ristretto dei testi affascinati dalle personalità e dal pensiero dei grandi matematici e scienziati.Vi si narrano infatti gli ultimi mesi della breve esistenza di Évariste Galois, padre dell’algebra moderna, che morì in duello a Parigi il 31 maggio 1832. Non aveva ancora ventun anni, Galois, ma aveva già troppo vissuto nell’ingorgo di tre grandi passioni: l’algebra, la politica e il suo primo amore. Con la regia di Marco Sciaccaluga, Galois è interpretato da Massimo Mesciulam, Matteo Alfonso Luca Giordana, Fabrizio Matteini, Flavio Parenti, Giulia Ragni e Pietro Tammaro. Musiche di Andrea Nicolini e luci di Sandro Sussi. Quando l’algebra è un’emozione «È semplice, semplicissimo. La matematica è semplice. È l’anima delle cose... le intuizioni,Auguste, le intuizioni.La matematica non sarebbe nulla senza le intuizioni... Il vero spirito della matematica sono le intuizioni». Così esclama Galois, nel carcere di Saint-Pélagie. O meglio queste sono le parole che Viganò mette in bocca al giovanissimo matematico. È importante che lo spettacolo di Viganò venga ripreso a breve distanza dal suo primo allestimento in forma di mise en espace. È il segnale che anche in Italia vi è una ripresa di interesse per le grandi storie, i grandi temi. E con Galois si tratta di genio, rivoluzione, amore e morte. E della matematica. Michele Emmer (continua a pag. 5) Mariangela Melato e Gabriele Lavia in una foto di prova di Chi ha paura di Virginia Woolf? (Foto Beppe Veruggio) U N CA P O L AVO RO D E L L A D R A M M AT U R G I A S TAT U N I T E N S E Umorismo ed emozioni forti Il successo di Chi ha paura di Virginia Woolf? si fonda su un malinteso. La prima rappresentazione ebbe luogo il 13 ottobre 1962 al Billy Rose Theatre di Broadway, e alla fine della stagione la commedia e il suo autore ottennero tutti i premi a disposizione: innanzitutto, cinque Tony Awards che premiarono la migliore commedia dell’anno, la migliore interpretazione femminile (Uta Hagen), il migliore attore (Arthur Hill), la migliore regia (Alan Schneider) e la migliore produzione (Richard Barr e Clinton Wilder). Si aggiunsero poi il premio dei critici di New York e l’Anta Award che incoronava, per la quinta volta dalla sua fondazione (1935) «un contributo fuori del comune al teatro contemporaneo». Un viaggio in Russia, un posto di consigliere drammatico e, poco dopo,l’elezione all’Accademia delle Arti e delle Lettere completano il trionfo di Albee. Un successo clamoroso, ma fondato su un malinteso, perché si volle vedere in Virginia Woolf soprattutto «l’ultima spiaggia del dramma familiare»,lo scontro di «quattro selvaggi» o un «gioco grondante sangue» e realista, mentre la commedia si discosta sia dal naturalismo, sia dalla psicanalisi per proporre una moderna leggenda sul bisogno dell’illusione e sulla ri- cerca della verità.A dispetto del suo titolo nato da un gioco di parole, Chi ha paura di Virginia Woolf? è una riflessione molto seria, che - come dice lo stesso George parlando del libro che vorrebbe scrivere - è una specie di allegoria, «ma può essere letto come una normale e piacevole satoria». Da qui, nascono le contrapposizioni: due coppie, due musiche - una sinfonia di Beethoven e un’aria da varietà -, due passioni in una, l’amore-odio; due toni, anche, l’umorismo americano e la forza emotiva di Strindberg. Questa instabile contaminazione non è certo fatta per tranquillizzare. da Albee di Liliane Kerjan (Ed.Seghers) Febbraio-aprile: tornano le Grandi Parole Parla la Rivoluzione Francese inque serate con altrettanti conC duttori, scelti tra i più prestigiosi rappresentati della cultura nazionale, e dieci attori invitati a dare voce e corpo ad una scelta antologia di brani capaci di mettere in movimento pensiero ed emozione. Il nuovo ciclo delle Grandi Parole dell'Umanità è quest'anno dedicato alla Rivoluzione francese e prende il via il 21 febbraio (ore 20.30) con la preziosa consulenza storica di Sergio Luzzato. Ogni serata sarò intitolata al suo tema centrale. S'inizia con La Libertà (conduttore Luciano Canfora) per proseguire poi con La Giustizia (28/2, da definire), Il Terrore (14/3, Mario Capanna), La Fraternità (11/4, Enzo Bianchi) e L'Uguaglianza (18/4, Lucio Villari). Al Teatro della Corte, le serate delle Grandi Parole sono a ingresso libero. TGE55404 Gior18-Opzione 5-01-2005 15:49 Pagina 2 Chi ha paura diVirginia Woolf? 2 VIRGINIA WOOLF Una sera, doveva essere nel 1953 o nel 1954, lessi sullo specchio di una toilette “Chi ha paura di Virginia Woolf?”, scarabocchiato con del sapone. (EDWARD ALBEE) Albee: fondamentale anello di congiunzione tra la generazione che va da Eugene O’Neill a Arthur Miller e quella di Sam Shepard e David Mamet. (HAROLD BLOOM) Che succede a un sogno differito Avvizzisce come un chicco d’uva al sole? O si corrompe come una piaga e suppura? (LANGSTON HUGHES) Se vogliamo realizzare il sogno americano, dobbiamo liberarci una volta per tutte dall’idea che vi siano razze superiori e razze inferiori (MARTIN LUTHER KING) C’ERA UNA VOLTA IL SOGNO AMERICANO Sullo sfondo della commedia di Albee la forza e le contraddizioni di un mito del Novecento Forse perché incarna il labirinto di specchi sospeso da secoli fra le due sponde dell’Atlantico, la frase “sogno americano” sembra perdersi nella notte dei tempi. E invece ha una storia abbastanza recente. Entra nel lessico statunitense trent’anni prima che il “sogno” finisca triturato negli interni, tormentati e nevrotici, del ceto medio bianco di Edward Albee. Se ne parla per la prima volta all’inizio degli anni Trenta, in An American Epic, cavalcata nostalgica destinata al grande pubblico, di James T. Adams, storico USA di antica famiglia anglosassone, da anni trasferitosi a Londra. Siamo in piena Depressione e il tono di Adams è quello di chi guarda con rimpian- Dai quartieri operai bianchi popolati di frigoriferi e TV, il “sogno” rimbalza con il piano Marshall nel resto dei paesi occidentali successo e grandezza: una promessa, lunga di secoli, in teoria aperta a tutti, ma in realtà, sembra dire Adams, riservata ai “pochi migliori” come lui, che nel passato potevano far valere appieno le loro doti. Sempre negli anni della Depressione, però, il “sogno” viene invocato sotto tutt’altre latitudini culturali ed esistenziali, sullo sfondo collettivo della segregazione che umilia i neri d’America. Per Langston Hughes - il grande poeta di colore che si chiede «Che succede a un sogno differito / Avvizzisce come un chicco d’uva al sole? / O si corrompe come una piaga / e suppura?» - il “sogno” è un orizzonte che si allontana senza mai essersi realizzato, ma lasciando, in chi ne è stato tenuto ai margini, una traccia indelebile di pulsioni al cambiamento. Su quella traccia si inserirà, trent’anni dopo, un altro afroamericano, Martin Luther King, per dire con forza che «se vogliamo realizzare il sogno americano, dobbiamo dunque liberarci una volta per tutte dall’idea che vi siano razze superiori e razze inferiori». Dall’altro lato, all’interno degli stessi Stati Uniti, il “sogno” è graffiato dalle denunce, sulle amarezze che lo affliggono, dell’Arthur Miller di Morte di un commesso viaggiatore, dagli umori acidi dei beats, dal privato familiare a brandelli dei drammi di Albee. Soprattutto è incalzato dal movimento nero per i diritti civili, che, però, paga amaramente le leggi che abbattono la segregazione e i primi programmi pubblici di aiuti ai poveri dei ghetti, con la vita di King, ucciso da un fanatico razzista, nel 1968. Poi la storia muove a rotta di collo verso la cronaca, fra Vietnam, Watergate, fine della guerra fredda e addirittura “fine della storia”, trionfo del modello occidentale e del “sogno” nella sua accezione più riduttiva ed esclusivista, di accumulo di ricchezza e potere individuali, che pare dominare la fine millennio. Finché l’11 settembre porta l’incubo del terrorismo in quel World Trade Center costruito per simboleggiare tale visione. Ne rimangono vittima in realtà i mille piccoli concretissimi sogni L’11 settembre porta l’incubo del terrorismo in quel World Trade Center costruito per simboleggiare il sogno americano Mariangela Melato e Gabriele Lavia in una foto di prova to ai pionieri e alle figure di punta, rigorosamente bianche e anglosassoni, che hanno reso grande la nazione americana, ma delle quali pare essersi perso lo stampo, sotto le spinte irrefrenabili della società di massa e della sua crisi. L’espressione “sogno americano” nasce così, a Novecento inoltrato, come nostalgia di uno yankee che neppure più vive negli Stati Uniti e rimpiange la sostanza individualista della “promessa americana” di Quando King dice questo, nello stesso 1961 de Il sogno americano di Albee, il “sogno” è diventato uno strano animale a due teste. Da un lato, vive concretamente negli Stati Uniti dei sobborghi di ceto medio e nei quartieri operai bianchi popolati di frigoriferi e TV e di qui rimbalza, nella propaganda del Piano Marshall, come promessa indirizzata al resto del mondo occidentale, all’insegna dell’ “anche voi potete essere prosperi”. Coriolano di Raffaele Viviani Corte 11 / 16 gennaio Tournée sospesa dalla Compagnia Nel 1962 gli Stati Uniti stavano godendo quello che oggi molti considerano un periodo d’innocenza. John F. Kennedy, il più giovane Presidente mai eletto, era al lavoro per rivitalizzare un paese che, quando egli assunse il potere nel 1961, molti osservatori consideravano passivo e compiacente. Una pace relativa regnava nella maggior parte del mondo, e negli Stati Uniti i valori tradizionali sembravano incrollabili. Quasi nessuno avrebbe potuto predire il grande tumulto che il paese stava per sopportare: la guerra del Vietnam, gli assassini del Presidente Kennedy, del Senatore Robert Kennedy, e del Reverendo Martin Luther King Jr, lo scandalo Watergate che costrinse il Presidente Richard M. Nixon a rassegnare le dimissioni nel 1974. Ciò nonostante, sotto la tranquilla superficie di quel 1962 vi era una considere- fondono per raccontare meglio i sentimenti umani. Diretto da Luca De Fusco, con Ugo Pagliai, Paola Gassman e Mascia Musy. di Marco Paolini, dedicato a Mario Rigoni Stern Corte 1 / 6 febbraio Il trionfo dell’amore di Marivaux Corte 25 / 30 gennaio vole agitazione. Nei primi anni Sessanta i rapporti tra America e Unione Sovietica sono stati spesso estremamente tesi, sfociando negli scontri su Berlino e Cuba. Negli Stati Uniti, i tentativi dei neri di porre fine alla discriminazione razziale erano spesso contraddetti dalla violenza dei bianchi. E un certo numero di scrittori influenti stava mettendo in discussione quei valori americani che sembravano così sicuri. Il 13 ottobre del 1962 debuttava a Broadway, New York City, una commedia che fu uno dei primi successi popolari a dare voce a queste forze nascoste di insoddisfazione e di disagio dell’America. Quella commedia, Chi ha paura di Virginia Woolf? di Edward Albee, analizzava criticamente istituzioni e valori che gli Americani avevano cari – la famiglia, il matrimonio e il successo per esempio – e suggeri- va che potevano forse essere stati creati anche per sfuggire alla realtà. Il testo di Albee scatenò un ciclone di polemica. Fu il caso raro di una commedia creata per il teatro commerciale che presentava un’analisi delle sacre tradizioni americane su ampia scala, e che lo fece in un linguaggio che scandalizzò e che molti giudicarono importuno. Tuttavia per ogni persona che considerava Chi ha paura di Virginia Woolf? “perversa” e “di idee oscene”, ci furono tante altre che definirono la commedia un capolavoro e dichiararono Albee come “uno dei più importanti drammaturghi del teatro mondiale contemporaneo”. Il dibattito si scatenò attorno alla commedia, e persino le persone che non avevano mai vista o letta Chi ha paura di Virginia Woolf? offrirono le loro opinioni. Ferdinando Fasce Il sergente Il contrasto tra Amore e Ragione intreccia le generazioni e le classi sociali in un sottofondo erotico gestito con grazia e sorretto da splendidi dialoghi. Un capolavoro del ‘700 francese. Un gioco raffinato, in cui il comico e il drammatico si gennaio | marzo 2005 Albee e la fine dell’innocenza spettacoli ospiti Napoli Hotel Excelsior Due atti unici: Via Partenope e Musica dei ciechi. Due splendidi esempi della capacità di sintesi del teatro di Raffaele Viviani, che con pochi tratti sa definire personaggi e disegnare un mondo umano e popolare. Un lussuoso spettacolo con musiche, amorevolmente messo in scena da Tato Russo, che ne è anche interprete di numerose macchiette al fianco di una compagnia composta da venti attori. comuni di chi nelle Torri Gemelle lavora, provenendo, come accade da secoli, dai quattro angoli della terra. Questa drammatica, inaudita replica della tensione fra il simbolo e la realtà del “sogno americano” ripropone l’urgenza di colmare la forbice fra le due dimensioni, scaricando l’una del peso di attese salvifiche di qualunque genere e sostanziando l’altra di destini collettivi fondati su un’autentica convivenza fra diversi. Una convivenza ispirata a quanto diceva un’immigrata del primo Novecento, che invitava ad “amare l’America a occhi aperti”, cogliendo le opportunità e combattendo le miserie che vi abitano, come in qualunque altro posto al mondo. Gabriele Lavia, Mariangela Melato, Emiliano Iovine e Agnese Nano in una foto di prova dello spettacolo Dedicata all’autore di Il sergente nella neve, la storia della ritirata da tutte le guerre. Testimone degli avvenimenti piccoli (gli Album) e grandi (da Vajont a Ustica) della storia d’Italia, Marco Paolini presta la sua arte di narratore alla cronaca di una tragedia della storia d’ogni tempo (dall’Anabasi di Senofonte a oggi). È la parola che si fa teatro, evocando spazi e personaggi solo in virtù della propria forza scenica. È il passato che si fa presente nella dal 10 gennaio al 6 marzo concreta realtà del palcoscenico. È, soprattutto, la forza comunicativa di un grande attore sempre capace di coniugare sensibilità umana e sdegno civile. Mercoledì 2 febbraio, ore 17.30, nel foyer del Teatro della Corte, incontro con Marco Paolini, promosso da COOP Liguria partner per le rappresentazioni genovesi di «Il sergente». Antigone di Sofocle di Bertolt Brecht Duse 8 / 13 febbraio La tragedia di Sofocle trasferita da Brecht nella Germania del 1945. Il lutto di Antigone per la morte del fratello si scontra con il rigore autoritario di Creonte, “signore della guerra”, con Tiresia nel ruolo di osservatore dei fatti. La tragedia dell’umanità alle prese con la violenza della Storia e del Potere. Un classico contemporaneo diretto da Federico Tiezzi, con Chiara Muti e Sandro Lombardi. Edoardo II di Christopher Marlowe Duse 15 / 20 febbraio La tragedia dello sventurato re plantageneto (salito al trono d’Inghilterra nel 1307), stritolato dall’inesorabile scontro tra le pulsioni alla libertà individuale e le responsabilità del suo ruolo pubblico. Un classico elisabettiano, prodotto dal Teatro Stabile dell’Umbria e messo in scena da Antonio Latella, con Danilo Nigrelli. Il comico e la spalla di Vincenzo Cerami Duse 22 febbraio / 6 marzo Dallo sceneggiatore di Roberto Benigni, l’arte e le gelosie di un’affiatata coppia di comici d’avanspettacolo, messa in crisi dall’arrivo di una ragazza che, figlia del “comico”, s’innamora della “spalla”. Tuccio Musumeci e Pippo Pattavina protagonisti di uno spettacolo prodotto dal Teatro Stabile di Catania. Regia di Jean-Claude Penchenat. TGE55404 Gior18-Opzione 5-01-2005 15:49 Pagina 3 Chi ha paura diVirginia Woolf? 3 CONVERSAZIONE CON GABRIELE LAVIA, REGISTA E INTERPRETE DELLO SPETTACOLO IN SCENA AL TEATRO DELLA CORTE Edward Albee Chi ha paura di Virginia Woolf? Nostalgia di un tragico Occidente Ministero Beni e Attività Culturali soci fondatori COMUNE DI GENOVA PROVINCIA DI GENOVA REGIONE LIGURIA Compagnia Lavia Gabriele Lavia in una foto di prova altro che litigare, insultarsi e aggredirsi, non siano capaci di trovare una scusa valida, magari anche educata, per andarsene. Perché?, continuavo a chiedermi. Sino a che l’ipotesi di una risposta mi è sembrato di intravederla in una battuta di George che pur non ha nulla a che fare con gli strani giochi di quella vicenda familiare. Quale? Giunge improvvisa e inaspettata verso la fine del secondo atto di Albee. George è solo, in una pausa di quel gioco al massacro; legge: «E il vecchio Occidente, incatenato da vecchie e zoppicanti alleanze e gravato della zavorra di vecchie e pesanti ideologie morali non riuscirà più ad adattarsi a un nuovo cambiamento della storia e finirà per crollare». Mettendo al centro dello spettacolo questa battuta, mi è sembrato che anche tutto il raffinato gioco teatrale possa funzionare molto meglio, consegnandoci un testo di straordinaria contemporaneità. È dell’Occidente, “la terra del tramonto”, che si sta qui parlando. Dello smarrimento che consegue al tramonto della sua cultura, quello che noi tutti stiamo vivendo con uno stato d’animo che non si può più definire né tragico, né comico. Quella battuta sul crollo di valori occidentali mi ha profondamente colpito e aperto una nuova prospettiva su tutta la commedia, che mi è sembrato di poter leggere come la narrazione della caduta affettiva che, nel corso di questi ultimi decenni, l’America (l’Occidente) ha subito nei nostri cuori: una grande delusione che si accompagna a una malinconica nostalgia. Di questo tramonto dell’Occidente, George è davvero consapevole? George è la Storia. Egli sa; ma il problema per lui come per noi è anche diventato qualcosa d’altro e di molto complesso: ora che non abbiamo più niente, come dobbiamo vivere questo essere circondati da nulla? Chi sa si è liberato dal “sogno”, non ha più illusioni; ma l’uomo può davvero vivere senza metafisica, che è parte essenziale del pensiero occidentale? Ottenebrati dall’incapacità di dare una risposta a questi interrogativi, Martha e George (e noi come loro?) si rinchiudono a vivere dentro a quel mondo di fiction, di apparenze e di illusioni, che pur hanno smascherato, diventando così due paradigmi, due metafore della contemporaneità. Di questa fiction dentro la quale vivono, Martha e George sono anche autori, oltre che attori? La vera grande fiction è rappresentata dall’insieme dei valori che ora sono caduti. Martha vive soprattutto nel mondo di fiction rappresentato da suo padre, che per lei è come Dio, mentre per George è solo un vecchio topaccio libidinoso. Quel padre è il valore svalutato dalla Storia, ma anche il vero depositario della grande fiction entro la quale tutti i personaggi della commedia di Albee vivono. Anche Nick e Honey? Nello spettacolo noi non capiremo mai se questi due ospiti sono persone vere o solo delle proiezioni di George e Martha, due fantasmi. E non credo che in questa interpretazione ci sia nulla di forzato. Anche in un altra commedia di Albee, Un equilibrio delicato, entrano in scena due ospiti esplicitamente fantasmatici; e in Chi ha paura di Virginia Woolf? ci sono molte e curiose battute che sembrano spingere verso l’intepretazione di Nick e Honey come il doppio di George e Martha, due loro replicanti. E non credo proprio che un autore attento e raffinato come Albee abbia scritto queste strane situazioni per caso. Costruito uno spazio scenico non naturalistico, quali sono la direzione e le tonalità in cui il regista e gli attori di Chi ha paura di Virginia Woolf? stanno lavorando per far vivere con autenticità le parole scritte da Albee? Mi piacerebbe che la nostra recitazione fosse molto semplice e utilizzasse le forme della tradizionale immediatezza del musical o del cabaret. Nulla di forzato comunque. Da una porta che non c’è e su uno sfondo colorato che rinvia esplicitamente al musical americano, entrano in scena una Barbie e un Ken alquanto invecchiati e vestiti come Fred Astaire e Ginger Rogers. Martha e George sono maldestri, perché quel meraviglioso universo di armonia e leggerezza è come precipitato in una disca- PERSONAGGI E INTERPRETI Martha George Honey Nick Mariangela Melato Gabriele Lavia Agnese Nano Emiliano Iovine regia scene costumi musiche luci Gabriele Lavia Carmelo Giammello Andrea Viotti Andrea Nicolini Pietro Sperduti assistenti alla regia Marco Avogadro Giovanni Morricone Moreno Marchiafava Giovanna Guida Chiara Macinai Micaela Tentarelli Fabrizio Montalto Luciano Cozzi Maurizio Taverna Fausto Perri Danilo Raia Riccardo Benassi Rosaria Carta Patrizia Gatta Props and Decors – Bosco Marengo GP11 - Roma Pompei-Roma Gianchi srl Loud Music- Genova Roberto Mazzola: violino Enrico Testa: armoniche Federico Bagnasco: contrabbasso Caterina Picasso: pianoforte Giampiero Lobello: trombe Claudio Capurro: sassofoni e clarinetti Giuseppe D’Angelo assistenti volontarie alla regia assistente alle scene direttore di scena capo macchinisti capo elettricista elettricista fonico capo sarta amministratore di compagnia scene realizzate da costumi realizzati da calzature service luci musiche registrate presso esecutori musiche registrate fotografie di scena Si ringrazia ERG per il materiale fornito ▲ IVO CHIESA D A M A R T E D Ì 8 A D O M E N I C A 2 7 F E B R A I O 2 0 0 5 ORARI tutte le sere ore 20.30 – domenica ore 16 – lunedì riposo PREZZI poltrona primo settore € 23,50 - poltrona secondo settore € 16,00 PRENOTAZIONI E VENDITE Genova • art: Bruna Arena • 596/04 • stampa Ortolan Opera (MI) Mariangela Melato in una foto di prova di Chi ha paura di Virginia Woolf? rica, tanto che la loro vicenda privata può in quello spazio disagiato coincidere anche con la sorte toccata a tutto l’Occidente. I due coniugi vengono da una grande festa, dalla festa di Dio-Padre, per cui George indossa il frac e Martha un clamoroso abito da sera. Gli stessi abiti che, quando arrivano, vestono anche Nick e Honey, come se per una sorte malvagia si fossero trovati a indossare gli stessi costumi di alta sartoria. Anche se Nick e Honey sono dei fantasmi replicanti, questo non impedisce però loro di possedere una piena autonomia in quanto personaggi che portano con sé, nelle loro parole e nei loro comportamenti, una possibile risposta al fondamentale interrogativo di che cosa possono essere diventate o diventare le nuove generazioni, dopo il tramonto dell’Occidente. E questo fa paura. Dentro a questa storia di un tragico tramonto, mi sembra che ci sia, comunque, una forte componente comica. Assolutamente. Il mio desiderio è proprio quello di fare uno spettacolo travolgentemente comico. Spero di riuscirci anche come attore, perché il comico è qualcosa che ha a che fare con delle qualità molto intime, mentre io sono personalmente più disposto all’infelicità e al tragico. Ma quello che mi conforta è poter lavorare con un’attrice quale Mariangela Melato, che possiede la rarissima virtù di poter eccellere sia nel comico, sia nel tragico. Credo che Mariangela sia un’attrice particolarmente adatta a fare questo ruolo, perché è un’attrice dalla straordinaria presenza intuitiva: sa sempre quello che il personaggio deve essere. Lei è quello che si definisce un fenomeno: cioè, un evento che s’illumina e si definisce da se stesso, Anche per questo, è molto bello ed emozionante lavorare con lei. Con quale emozione ti piacerebbe che ritornassero a casa gli spettatori? Innanzitutto senza essersi annoiati, perché la noia si cancella se si ricevono delle emozioni. Il resto viene dopo; perché solo dopo, quando ormai il calare del sipario ha portato con sé l’accecamento dello sguardo, si può meditare e (forse) comprendere ciò che della vista ora si è orbati. Anche se quasi nessuno lo sa più, il teatro è la cosa più importante del mondo, il fondamento stesso del nostro sapere. Del resto, non è un caso che il pensiero occidentale nasca proprio sotto forma drammaturgica. Potrà finire il cinema, potranno anche sparire tutti i libri dalla faccia della terra, ma il teatro non potrà mai morire. versione italiana di Ettore Capriolo socio sostenitore Parlando del suo “secondo romanzo”, George, il protagonista di Chi ha paura di Virginia Woolf?, dice che «di fatto è un’allegoria, probabilmente, ma può essere letto come una normale e piacevole storia...».Ti sembra che questa definizione s’addica anche all’intera commedia di Albee che stai mettendo in scena? Virginia Woolf è un testo molto complesso, nel suo genere un capolavoro, che si presta a molteplici interpretazioni. Io ne ho visti molti allestimenti, compreso quello primo in Italia, con la regia di Franco Zeffirelli, che proponeva un salotto borghese americano, dentro il quale, una notte, marito e moglie fanno un terribile gioco al massacro, si ubriacano e si picchiano anche, coinvolgendo in questo loro gioco anche una giovane coppia di ospiti. Tutto molto bello, forte e naturalistico; ma proprio il genere di teatro che io non sono capace di fare. E allora, perché ritornare su questa commedia che risale ormai a più di quarant’anni fa? Perché sono tornato a studiarla, e mi sono accorto che qualcosa non quadra in quella lettura naturalistica. Via via che andavo avanti nel ripercorrere le battute e le situazioni di quella commedia così ben scritta, mi domandavo sempre più: «Ma di che cosa parla questo testo, che cosa racconta, che cosa c’è sotto le sue apparenze?». In fin dei conti, è abbastanza strano che due coniugi di una certa età, tornando a casa da una festa, abbiano invitato nel cuore della notte una coppia di giovani che hanno appena conosciuta; più strano ancora che costoro, giovani avvezzi alla vita sociale, quando si trovano davanti a un marito e moglie che non fanno presso i botteghini del Teatro della Corte - Ivo Chiesa e del Teatro Duse, tel. 010.5342.200, presso le agenzie di viaggi convenzionate in Liguria e sul sito: www.teatrostabilegenova.it. prenotazioni telefoniche ore 15/19: dal lunedì al venerdì tel. 010.5342.400, sabato e festivi tel. 010.5342.200 Informazioni: tel.010.5342.300 partner della stagione Un autore molto americano Edward Albee nasce a Washington il 12 marzo 1928 e viene adottato da Frances e Reed Albee, figlio di Edward Franklin Albee, che era uno dei più potenti produttori di Vaudeville americano. Ha un’infanzia, come lui stesso dice, da «povero bambino ricco». A quindici anni è espulso dall’Accademia militare di Valley Forge, a venti abbandona la famiglia e si trasferisce al Greenwich Village di New York, dove entra in contatto con gli ambienti intellettuali e campa facendo i lavori più disparati: commesso in una discoteca, barman, telegrafista della Western Union. Contemporaneamente, inizia a scrivere per il teatro sotto l’influenza degli autori dell’assurdo e soprattutto di Samuel Beckett e Harold Pinter. Ottiene i primi successi con gli atti unici The Zoo Story e The American Dream, ma il vero trionfo verrà solo con Who’s Afraid of Virginia Woolf?. La sua opera è stata letta soprattutto come un attacco alla società americana e l’amara constatazione della solitudine dell’uomo contemporaneo. Albee ha scritto la sceneggiatura di Nijinsky (1970) per la regia di Tony Richardson. a cura di Aldo Viganò Teatrografia La storia dello zoo (The Zoo Story, 1958) - La morte di Bessie Smith (The Death of Bessie Smith, 1959) - La sabbiera (The Sandbox, 1959) - Fam and Jam (1959) - Il sogno americano (The American Dream, 1960) - Chi ha paura di Virginia Woolf? (Who’s Afraid of Virginia Woolf?, 1961-62, Tony Award) La ballata del caffè triste (The Ballad of the Sad Cafè, 1963, adattamento da Carson McCullers) - Piccola Alice (Tiny Alice, 1964) - Malcolm (1966, adattamento da James Purdy) - Un equilibrio delicato (A Delicate Balance, 1966, Premio Pulitzer) - La colpa è del giardino (Everything in the Garden, 1967, adattamento da Giles Cooper) - Box (1968) - Quotations from Chairman Mao Tse-Tung (1968) - Tutto finito (All Over, 1971) - Marina (Seascape, 1974, Premio Pulitzer) - Listening (1975) - Counting the Ways (1976) - The Lady from Dubuque (1977-78) - Lolita (1980) di Vladimir Nabokov - Another Part of the Zoo (1981) - The Man Who Had Three Arms (1981-82) - Finding the Sun (1982-83) - Marriage Play (1987) - Tre donne alte (Three Tall Women, 1991, Premio Pulitzer) - Fragments (1993) - The Play About the Baby (1997) - La capra (The Goat or Who is Sylvia?, 2000) - Occupant (2001). Agnese Nano e Emiliano Iovine in una foto di prova dello spettacolo gennaio | marzo 2005 TGE55404 Gior18-Opzione 5-01-2005 15:49 Pagina 4 Chi ha paura diVirginia Woolf? 4 DOPO IL TRIONFO SUL PALCOSCENICO DI BROADWAY, LA COMMEDIA DI EDWARD ALBEE HA FATTO BEN PRESTO IL GIRO DEL MONDO, OTTENENDO OVUNQUE UN GRANDE SUCCESSO DI CRITICA E DI PUBBLICO. LE PRIME RAPPRESENTAZIONI NEI PAESI DI LINGUA INGLESE SONO STATE TUTTE FIRMATE DALLA REGIA DI ALAN SCHNEIDER, MA A STOCCOLMA IL TESTO INTERESSO’ SUBITO INGMAR BERGMAN, MENTRE IN ITALIA E IN FRANCIA TOCCO’ A FRANCO ZEFFIRELLI PORTARLO AL TRIONFO, MOLTO PRIMA DELL’INCORONAZIONE INTERNAZIONALE GARANTITA DAL FILM CON ELIZABETH TAYLOR E RICHARD BURTON. DOPO QUELLE «PRIME VOLTE», CHI HA PAURA DI VIRGINIA WOOLF? È STATA MESSA IN SCENA NUMEROSE ALTRE VOLTE IN QUASI TUTTI I PAESI DEL MONDO. Giro del mondo per «Virginia Woolf» C R I T I C A E N T U S I A S TA DA B ROA DWAY 1) 2) 1) NEW YORK L’esperienza è insostituibile. Dopo solo quattro commedie Edward Albee ha scoperto vero in un atto, Albee può, senza teatro tra le spente ceneri del pericolo di esagerare, ottenere naturalismo ed esplicato una un posto di rilievo tra gli autori tecnica di inestimabile potenza. drammatici del mondo teatrale Questa commedia è un evento contemporaneo. cruciale per la nascita del teatro NEW YORK POST americano contemporaneo. Non è solo la migliore VILLAGE VOICE commedia attualmente in scena Virginia Woolf ha lasciato critici e in città; potrebbe rappresentare il pubblico senza fiato per la sua meglio della stagione. crudele modernità. THE NATION SIPARIO È una brillante e originale opera A teatro, ultimamente, ci sono d’arte, un’esperienza teatrale che due tipi di drammi: il vivo e ci tocca profondamente il morto. Virginia Woolf in un tumulto di autentici appartiene in modo articolato exploits di approfondimento (George) e sbalorditivo al “vivo”. e fuoco drammatico. Manuela Andrei (Honey) Umberto Orsini (Nick) TIME NEWSWEEK Billy Rose Theatre 14 ottobre 1962 Regia: Alan Schneider Interpreti: Uta Hagen (Martha) Arthur Hill (George) Melinda Dillon (Honey) George Grizzard (Nick) 2) STOCCOLMA 3) 5) Royal Dramatic Theatre 4 ottobre 1963 Regia: Ingmar Bergman Interpreti: Karin Kavli (Martha) Georg Rydeberg (George) Bibi Andersson (Honey) Thommy Berggren (Nick) 3) VENEZIA Teatro della Fenice 5 ottobre 1963 Regia: Franco Zeffirelli Interpreti: Sarah Ferrati (Martha) Enrico Maria Salerno 4) 4) LONDRA Piccadilly Theatre 6 febbraio 1964 Regia: Alan Schneider Interpreti: Uta Hagen (Martha) Arthur Hill (George) Beverlee McKinsey (Honey) Richard Easton (Nick) 5) PARIGI Théâtre de la Renaissance 1 dicembre 1965 Regia: Franco Zeffirelli Interpreti: Madeleine Robinson (Martha) Raymond Gerome (George) Pascale Audret (Honey) Claude Giraud (Nick) 6) TORONTO 6) 7) Royal Alexandra 3 aprile 1965 Regia: Alan Schneider Interpreti: Vicki Cummings (Martha) Kendall Clark (George) Bryarly Lee (Honey) Donald Briscoe (Nick) 7) HOLLYWOOD prima rappresentazione 21 giugno 1966 Regia: Mike Nichols Sceneggiatura: Ernest Lehman Scenografia: Richard Sylbert Fotografia: Haskell Wexler Musica: Alex North Interpreti: Elizabeth Taylor (Martha) Richard Burton (George) Dandy Dennis (Honey) George Segal (Nick) gennaio | marzo 2005 TGE55404 Gior18-Opzione 5-01-2005 15:49 Pagina 5 Galois C ’è q u a l c o s a d a c o m p l e t a re in questa dimostrazione. N o n n e h o i l t e m p o. ( É VA R I S T E G A LO I S ) Ci vuole un grande coraggio per s p re c a re c o s ì t a n to g e n i o. Éva r i s te G a l o i s q u e l c o r a g g i o l o h a av u to, p u r t ro p p o. ( L U C A V I G A N Ò ) 5 L a m a t e m a t i c a a t e a t ro d e ve e m o z i o n a re , c o i n vo l g e re , f a r a r r a b b i a re , f a r d i s c u t e re , n o n “s p i e g a re”. ( M I C H E L E E M M E R ) Chi si è imbattuto nel racconto dell’ultima notte di Galois non può non essere rimasto avvinto dalla drammaticità e dal mistero di quella scena. (MIMMO AREZZO) Quando l’algebra è un’emozione Évariste Galois e la scienza a teatro Il teorema della Rivoluzione (segue da pag.1) Certo Évariste Galois, il matematico che ottiene dei risultati scientifici eccezionali nel corso dei pochissimi anni della sua vita, che partecipa alle rivoluzioni che scuotono la Francia, che muore in duello per motivi che non saranno mai del tutto chiariti, è un personaggio eccezionale per raccontare una “storia”. Rivoluzionario, genio, ribelle, giovanissimo. Che muore all’alba per un colpo di pistola. Per una donna, per la rivoluzione? Rispetto a qualche anno fa si è aperto uno spazio importante per la diffusione della cultura matematica. Anche a teatro. Ribadendo che non si tratta di “divulgare” alcunché. Il teatro, il cinema, la letteratura non devono “divulgare”. Emozionare, coinvolgere, far arrabbiare, far discutere, non “spiegare”. In questi ultimi anni il pubblico associa sicuramente l’immagine del matematico a quella di Russell Crowe nel film A Beautiful Mind. Mentre sino a qual- Genio, rivoluzione, amore e morte. E matematica che anno fa se si chiedeva a qualcuno il nome di un matematico, i più si ricordavano di Archimede e Pitagora, oggi il nome di John Nash è molto conosciuto. Certo nell’immaginario collettivo si associa il genio del grande matematico a problemi «mentali», il vecchio tema di genio e sregolatezza. Bisogna dire che dai molti film, spettacoli teatrali, libri che hanno per protagonisti matematici, che siano personaggi reali o inventati, emergono matematici che hanno problemi nella loro genialità. Matematici schizofrenici (come John Nash), comunque malati di mente come Kantor o Godel in una parte della loro vita, o pieni di problemi e di angosce, che tentano di uccidersi o che ci riescono come Renato Caccioppoli (parte della cui storia è raccontata nel film Morte di un matematico napoletano). La grande stagione dei matematici a teatro comincia con Arcadia di Tom Stoppard. Stoppard, premio Oscar per la sceneggiatura del film Sha- di Mimmo Arezzo Flavio Parenti, Massimo Mesciulam e Matteo Alfonso nella prima scena dello spettacolo kespeare in love, ha una vera passione per la fisica e la matematica. Ovviamente, afferma di non capire nulla della matematica che utilizza nei suoi lavori, di badare al fatto che le cose funzionino dal punto di vista teatrale o cinematografico. Non ci sono dubbi comunque che Stoppard si documenta. In Arcadia, Stoppard immagina la storia di una matematica autodidatta, giovanissima. La protagonista di Arcadia è una ragazzina di 13 anni, Thomasina Coverly, che nel 1809 anticipa di molti anni la scoperta di Mandelbrot dell’insieme che porta il suo nome e dei frattali. Ovviamente non solo di questo parla il testo di Stoppard che ha una capacità di scrittura, di inventiva, di mischiare le carte, veramente notevole. Nella pièce si parla di matematica, di giardini, di nobili inglesi, di duelli, di Byron evocato ma mai presente e di equivoci, di come la giovane matematica e lo storico che ai giorni nostri cercano di capire dai documenti che cosa successe all’epoca di Thomasina, ricostruiscano in modo assurdo gli eventi passati. L’unica che comprende il talento matematico precoce di Thomasina è la matematica dei giorni nostri. La vera esplosione a teatro di storie legate ai matematici si è avuta nel 2000 e nel 2001. Nel 2000 (forse perché era l’anno mondiale della matematica?) erano contemporaneamente in scena a New York, nei teatri a Broadway o off-Broadway diversi spettacoli in cui i protagonisti erano dei matematici. Il New York Times del 2 giugno 2000 ha dedicato due intere pagine del supplemento spettacoli al tema “Science Fin- Luca Giordana, Pietro Tammaro, Flavio Parenti, Massimo Mesciulam e Fabrizio Matteini ding a Home on Stage” (La scienza sta trovando casa sulla scena). L’autore dell’articolo Bruce Webern formulava la previsione che uno degli spettacoli in scena off-Broadway, Proof, fosse candidato a un grande successo. La conoscenza scientifica come ricerca della bellezza e della verità In effetti è stato proprio così. Webern nel lungo articolo sul NYT forniva anche una spiegazione della grande produzione di spettacoli sulla scienza: «In tutti questi lavori la ricerca della conoscenza scientifica è vista come una ricerca della bellezza e della verità, che è esattamente quello che fanno gli artisti.Al fondo vi è la constatazione che la scienza, come l’arte e l’amore, è una grande impresa umana condannata all’incertezza... Inoltre tutti questi spettacoli, anche al di là delle loro diverse riuscite artistiche portano acqua alla lotta contro l’anti-intellettualismo di certa cultura americana.Tutti questi spettacoli mostrano come l’intelligenza non esiste in antitesi alla coscienza, alle emozioni, al senso comune; anzi, ne è grande parte». Michele Emmer Estratti dal saggio pubblicato nel volume, edito da Il Melangolo, che accompagna lo spettacolo spettacoli ospiti Il mercante di Venezia Lo zio (Der Onkel) di Franco Branciaroli Corte 1 / 6 marzo Ex gerarca nazista vive sotto falso nome in Argentina, facendosi credere lo zio del proprio figlio per sfuggire alla caccia dei servizi segreti israeliani. Dramma storicopsicologico dal ritmo incalzante, tinte noir e risvolti gialli. Diretto e interpretato da Franco Branciaroli, con Ivana Monti e Debora Caprioglio. Un intreccio romantico-cortese (l’amicizia di Antonio per Bassanio e l’amore di questo per Porzia) e uno tragico-satirico (incentrato sulla possente figura dell’ebreo Shylock) per uno spettacolo sempre in bilico tra commedia musicale e farsa nera, tra opera pop e circo. Prodotto da Teatridithalia e diretto da Elio De Capitani, con Ferdinando Bruni e Ida Marinelli. Quando si è Qualcuno di Luigi Pirandello Corte 9 / 20 marzo Maturo e celebre scrittore spedisce sotto falso nome poesie d’amore a una ragazza di cui si è innamorato. Solitudine della vecchiaia e struggente malinconia della giovinezza, per un Estratto dal saggio pubblicato nel volume, edito da Il Melangolo, che accompagna lo spettacolo dal 1° marzo al 6 aprile Alcesti Padre, figlio e nuora in fuga dalla morte: due soli possono salvarsi, chi è disposto a sacrificarsi? Dramma lirico sotteso da una forte tensione etica, scritto in versi da Giovanni Raboni. Prodotto dal Teatro Stabile di Brescia e diretto da Cesare Lievi. di Giovanni Raboni Duse 15 / 20 marzo L’ultimo cliente La tragedia di Euripide trasferita in epoca contemporanea. di Mario Bagnara Duse 21 / 25 marzo intellettuale prigioniero della celebrità. Un Pirandello quasi autobiografico, con Giorgio Albertazzi e la regia di Massimo Castri. Coprodotto dal Teatro di Roma e dal Biondo Stabile di Palermo. di William Shakespeare Duse 8 / 13 marzo Non ho tempo! Non ho tempo! Chiunque si sia imbattuto nel racconto della notte precedente il duello trascorsa da Galois a scrivere freneticamente le cose che aveva scoperto, non può non essere rimasto avvinto dalla drammaticità e dal mistero di quella scena. Aveva vent’anni, il povero Évariste, eppure aveva almeno due “strane” certezze. La prima, che ha dato a coloro che in seguito si sono occupati di lui più di un sospetto, era quella che l’indomani sarebbe morto. È strano, perché per quanto grande fosse la fama di abilità del contendente, un duello alla pistola non poteva dare tanta sicurezza sull’esito. La seconda era la grande fiducia nell’importanza dei risultati delle sue ricerche. Eppure, essi erano stati accolti dal mondo accademico con una freddezza esasperante: manoscritti mai accettati per la pubblicazione, forse neppure letti e addirittura perduti … Non basta l’affermazione, sicuramente verosimile e molto probabilmente vera, che Galois avesse un cattivo carattere; né quella che le sue idee politiche abbiano indotto intellettuali ormai perfettamente inseriti nel sistema ad emarginarlo. Per Due francobolli, dalla Francia quanto più vile, la verità potrebbe essere stata e dal Giappone dedicati a un’altra: Galois potrebbe aver percorso i territori Évariste Galois di quella che oggi viene chiamata Algebra moderna con una profondità a cui i pur grandi contemporanei non erano preparati. Erano territori nuovi, di cui qualcuno aveva percorso qualche tratto di sentiero, ma nei quali Galois aveva costruito strade consolari, portando metodi e ragionamenti per i quali è probabile che persino i suoi grandi contemporanei abbiano incontrato difficoltà a seguirlo. Inoltre la sua giovane età (quando spedì a Cauchy il suo primo manoscritto aveva solo 17 anni) lo rendeva poco autorevole agli occhi di persone forse un po’ troppo affermate e che pure erano le sole alle quali potesse rivolgersi con qualche speranza di essere compreso e apprezzato. E insieme a queste cose, c’era sicuramente anche la sua fama di persona irrequieta, presuntuosa, arrogante. Ci sono voluti alcuni decenni, dopo la sua morte, per comprendere che tanta presunzione, causa di quell’irrequietezza e di quell’arroganza era giustificata dall’oro che aveva per le mani e che l’incomprensione e l’indifferenza delle poche persone che potevano comprenderle e apprezzarle comprimevano nel buio. La storia, iniziata non molti anni prima di quella travagliatissima notte, ha anche una pagina tenera e ricorrente per gli insegnanti ai quali capita, ogni tanto, di vedere negli occhi di un alunno un lampo che fa loro sospettare di trovarsi di fronte a un talento di prim’ordine, di quelli che incutono perfino soggezione. Ebbene, in una vita piena, nella sua brevità, di travagli di tutti i tipi, segnata anche dal suicidio del padre, sindaco del suo paese e ingiustamente diffamato da avversari politici, anche per Galois successe quello che era già successo per Gauss e molti altri: un professore di Matematica, Louis Richard, riconobbe tutta la sua genialità e lo incoraggiò in ogni modo, fornendogli i testi con i quali attingere direttamente alle idee dei grandi matematici del suo tempo. La passione per la Matematica aveva allontanato il giovane Galois dalle altre discipline, e di questo il suo curriculum scolastico aveva molto sofferto. La stima e l’incoraggiamento del prof. Richard sono stati certamente un conforto importante per la sua fragile personalità di fanciullo, anche se possono avere incoraggiato la sua insofferenza per un mondo accademico che mostrava di non riconoscere le sue grandi capacità. (…) Un ricco mercante offre protezione e sicurezza economica all’ex prostituta Maddalena, purché abbandoni la sua fede nel Cristo morto. Il difficile rapporto tra spiritualità e tentazione terrena. Un dramma dialettico sotteso da una forte vocazione etica. Con questo testo, Bagnara ha vinto per la seconda volta il premio “Enrico Maria Salerno”. Amleto in farsa tragedia di Ugo Chiti Duse 29 marzo / 6 aprile Un classico del teatro di tutti i tempi rivisitato con uno sguardo che affonda le radici nella tradizione del teatro popolare toscano. Dalla tragedia consumata in una famiglia di re a un fatto di cronaca nera di provincia. Uno spettacolo ricco di ironia e gusto per i rovesciamenti di prospettiva. Virtuosismo e risate. Produzione Arca Azzurra Teatro. gennaio | marzo 2005 TGE55404 Gior18-Opzione 5-01-2005 15:49 Pagina 6 Galois 6 R I VOL U Z I O N E E SOGNI REPUBBLICANI DELLA FRANCIA AI TEMPI DI É VA R I S T E G A L O I S Matematica sulle barricate Francia 1830.Alle elezioni di luglio, l’opposizione liberale al governo di Carlo X di Borbone aumenta la sua rappresentanza da 221 a 274 deputati, nonostante il re avesse cercato il diversivo coloniale della conquista dell’Algeria. In accordo con il suo primo ministro Jules-Armand de Polignac, allora Carlo X emana il 25 luglio le cinque Ordonnances, con le quali la Camera viene sciolta e si indicono nuove elezioni su base strettamente censitaria (riduzione del 75% dell’elettorato), mentre viene proibita qualsiasi pubblicazione non autorizzata dal governo. È il colpo di Stato. Il 27 luglio, i politici e i giornalisti liberali reagiscono facendo uscire regolarmente i giornali senza sottoporli preventivamente alla censura e convocano una manifestazione di protesta per le strade di Parigi. Il giorno dopo, ai dimostranti si aggiungono anche gruppi di repubblicani guidati da François-Vincent Raspail e da Godefroy Cavaignac, i quali organizzano gli studenti e gli operai per alzare le barricate, giungendo subito a impadronirsi dell’Hôtel de Ville. Évariste Galois era a Parigi in quei giorni, ma non partecipò alla rivoluzione di Luglio. In quelle Tre Giornate Gloriose, mentre gli studenti del Polytechnique erano sulle barricate al fianco della borghesia e di un avamposto della classe operaia, egli era con i suoi compagni dell’École Préparatoire segregato dentro l’edi- gennaio | marzo 2005 La presa dell’Hôtel de Ville durante la Rivoluzione di Luglio 1830, in un dipinto d’epoca ficio per ordine del direttore Joseph-Daniel Guigniault, che non esitò a chiamare la gendarmeria per ristabilire l’ordine nella scuola. Galois non glielo perdonò mai, e nella violenta polemica seguita ai fatti, giunse ben presto a farsi espellere dalla scuola che proprio in quei giorni aveva ripreso l’antico nome napoleonico di École Normale. Il 30 luglio gli insorti controllavano ormai tutta la città: Carlo X abdica a favore del nipote duca di Bordeaux, la parte più moderata della rivoluzione eleva al trono Luigi Filippo d’Orléans, che accetta la bandiera tricolore. La grande borghesia ha vinto, ma i repubblicani sono insoddisfatti, perché avrebbero voluto affidare la presidenza del nuovo Stato al settantaquattrenne Lafayette, molto amato dalla Guardia Nazionale. Espulso dalla scuola, Galois aderisce alla Società degli Amici del Popolo con la quale Raspail - scien- ziato di buona reputazione nel campo medico e chimico - vuole portare avanti le sue idee repubblicane e socialiste, che vengono però fortemente combattute dal nuovo governo monarchico. Il 15 dicembre 1830 si apre il processo ai ministri di Carlo X in un clima molto teso politicamente. Luigi Filippo cerca di calmare gli animi dei repubblicani concentrando dapprima l’attenzione dei parigini sui funerali del liberale Benjamin Constant e poi trovando la collaborazione degli allievi del Polytechnique per frenare l’agitazione degli operai. All’opposizione repubblicana resta solo la Guardia Nazionale, ma anche questa viene ben presto disarmata, con la conseguenza che il 31 dicembre può essere disciolta e Lafayette destituito. La Società degli Amici del Popolo si trova così di fatto emarginata e i suoi iscritti assimilati ai terroristi: «Poeta maledetto delle matematiche, Galois diventa un paria della politica», scrive il suo biografo Alexandre Astruc. Intanto gli ideali della rivoluzione di Luglio si internazionalizzano, favorendo l’indipendenza del Belgio e moti insurrezionali in Polonia e in Italia. All’interno, il malcontento cresce e si diffonde anche in provincia, sfociando nel novembre 1831 nell’insurrezione operaia di Lione. Nell’aprile 1831, Godefroy Cavaignac e altri diciotto membri della Guardia Nazionale che avevano rifiutato di deporre le armi vengono processati, ma assolti «perché non si può giudicare una colpa a dicembre ciò che è stato apprezzato come un atto glorioso a luglio». Galois, che pur ha conservato la sua uniforme e le armi, non è tra gli imputati; ma nel giugno viene a sua volta portato in tribunale per una frase contro il re pronunciata il mese precedente nel corso di un banchetto degli Amici del Popolo. Assolto anche grazie alla testimo- nianza a suo favore di Raspail, il 14 luglio seguente Galois viene arrestato insieme all’amico Vincent Duchâtelet sul Pont-Neuf, entrambi vestiti con l’uniforme della Guardia Nazionale, nel corso di una manifestazione non autorizzata per la ricorrenza della presa della Bastiglia. Nel carcere di SaintPélagie, Galois e Vincent tornano a incontrare Raspail, ivi rinchiuso a causa della pubblicazione di un articolo sul saccheggio della chiesa di Saint-Germain-l’Auxerrois. Galois verrà rilasciato sulla parola il 16 marzo 1832, poche settimane prima del tragico duello del 30 maggio. Negli anni seguenti, Raspail continua con coerenza nella sua attività di rivoluzionario. Arrestato più volte per la sua attività politica e giornalistica, nel 1848 sarà di nuovo protagonista della rivoluzione sulle barricate e si presenterà candidato per il partito socialista alle elezioni presidenziali. Sconfitto, viene nuovamente arrestato nel maggio 1849 ed è condannato a sei mesi di prigione. Per tutto il periodo di governo di Napoleone III, si auto esilia in Belgio. Ritorna a Parigi nel 1869 come deputato e prende parte agli avvenimenti che portano alla Comune, proseguendo poi nella lotta contro la politica reazionaria del seguente governo repubblicano francese. Raspail muore nel 1878, dopo numerose altre traversie giudiziarie. TGE55404 Gior18-Opzione 5-01-2005 15:50 Pagina 7 Galois 7 Évariste, un adolescente che non ha tempo Conversazione con Marco Sciaccaluga, regista dello spettacolo in scena al Duse eroe visitato da un delirio di onnipotenza, che lo fa essere alquanto sconveniente; anche se, sappiamo, con ottime giustificazioni almeno in ambito matematico. Si osservi ad esempio il suo rapporto con Poisson: se un giovane si presenta a un esame, per quanto banale e stupida sia la domanda che gli viene fatta, ha il dovere di rispondere; è la regola della prova che ha scelto di affrontare. Ma Galois non lo fa, non lo sa fare. Per questo si trova nel corso di tutta la sua vita a scontrarsi con l’autorità intransigente o con l’impotente bonarietà affettiva, che – con motivi completamente diversi – riescono solo a produrre in lui la stessa sensazione di dolore e di solitudine. E questo fa di Galois una forte tragedia generazionale. Mi pare, infatti, di poter dire che ancor più dei suoi fallimenti amorosi, delle sue delusioni politiche, delle sue momentanee sconfitte matematiche, il testo di Viganò ci parla proprio di questa tragedia. Da una parte, la febbrile fiamma dell’adolescenza; e, dall’altra, la violenza, la prudenza o la rassegnazione della classe dirigente e degli adulti. I giovani intorno a Galois sono personaggi molto ben scritti, tanto è vero che nelle scene in cui sono presenti si respira sempre un autentico clima di gioventù e, ovviamente nella stilizzazione del teatro, si ha davvero la sensazione di essere nel corridoio di un liceo o in un luogo di ritrovo generazionale. C’è Auguste, l’amico fedele, forse un po’ stupido, ma anche il più coraggioso di tutti, che resta vicino a Galois sino all’ultimo; c’è il suo migliore amico e suo malgrado rivale,Vincent; e poi c’è l’arroganza un po’ sciovinista di Lebas. Quello che emerge con chiarezza è che questi compagni d’avventura sono tante facce dell’adolescenza, ma insieme anche personaggi che hanno una forte indipendenza drammatica. Non è stato difficile farli vivere sul palcoscenico in carne Ministero Beni e Attività Culturali soci fondatori COMUNE DI GENOVA PROVINCIA DI GENOVA REGIONE LIGURIA DIREZIONE CARLO REPETTI E MARCO SCIACCALUGA socio sostenitore N O V I T À storia di un matematico Galois è un adolescente. Vive cioè l’età più dolorosa dell’esistenza umana, nei cui confronti il mondo adulto corre sempre il rischio di essere sordo e cieco. L’arroganza, l’antipatia e la presunzione, che sono certo dati caratteristici del personaggio Galois, sono in realtà raccontati come sue segrete grida di dolore, continue richieste di essere compreso. Il sistema con cui Galois si confronta, o che a lui si oppone, è di fatto un sistema fortemente autoritario. Un sistema che non considera la scintilla dell’adole- Gli amici e l’amore Flavio Parenti e Giulia Ragni mente scollegato dall’azione. Dal punto di vista sociale, egli rappresenta comunque il proletariato di fronte a un mondo in cui anche la rivoluzione è ancora borghese:per estrazione sociale dei suoi componenti come per i privilegi di cui continuano a godere anche in carcere. Ma poi quello che lo rende,secondo me,particolarmente interessante sta soprattutto in ciò che dice. Nelle sue parole c’è, infatti, la sintesi dell’essenza stessa del testo di Viganò. L’orologio, la misura del tempo, la ristrettezza dello spazio contengono la forte idea di una vita che sta per finire.Viganò lo scrive da poeta: l’acqua che arriverà come un diluvio universale. Nel personaggio, a me piace soprattutto l’ossessione della finitezza: «Ahhh! Fino a che punto, Dio? Fino a che punto?!». L’illusione dell’infinito della nostra vita finisce in quel punto: ancora la matematica come misura del tutto. Mi sembra molto bello che proprio questo carcerato, lui e non altri, ci ricordi che siamo confinati dentro a una prigione più o meno grande e che abbiamo tutti davanti a noi la domanda: «Fino a che punto». E con una bella costruzione drammaturgica, Viganò offre a Galois la stessa battuta nella scena XXIII, in apertura del suo breve monologo per le strade di Parigi. Verrà poi il suo «Non ho tempo» a dirci in fin dei conti la stessa cosa. ▲ Flavio Parenti, Fabrizio Matteini, Luca Giordana scenza come una possibilità per il mondo, ma l’avverte solo come una irragionevolezza da addomesticare. E ciò con numerose varianti: se Poisson fa appello essenzialmente solo al principio di autorità, Guigniault cerca o finge almeno una qualche forma di dialogo; mentre Richard, che è privo di ogni potere effettivo, impersona la figura del “professore innamorato”, che non può fare a meno di far appello al buon senso paterno. Ora, la tragedia scaturisce dal fatto che, pur a modo loro, tutti questi professori hanno delle buone ragioni. Galois è un U N Tre passioni Non si può raccontare la storia di Évariste Galois prescindendo dalle sue tre passioni: la Matematica, la Politica, l’Amore. Si può, questo sì, scegliere di privilegiare una delle sue passioni, e raccontarne la storia da questo punto di vista, come ad esempio nel film di Ansano Giannarelli Non ho tempo (cosceneggiatore Edoardo Sanguineti), dove Galois assurge a eroe politico, che cerca di cambiare il mondo sia con la sua matematica, sia con la rivoluzione. Nello scrivere il mio testo, ho fatto convivere contemporaneamente in Galois tutte le sue passioni. Il mio Évariste Galois è un ragazzo coinvolto, in parte suo malgrado, in tre “avventure” più grandi di lui e che, sentendosi respinto da tutti e tre i suoi amori, sentendo di aver fallito in ognuna delle sue tre vite, sceglie di morire pur di liberarsi da questi fardelli insopportabili: quello della Matematica, quello della Storia e Flavio Parenti Massimo Mesciulam Luca Giordana Giulia Ragni Pietro Tammaro Fabrizio Matteini Matteo Alfonso Custodi dell’École Préparatoire, guardie e detenuti del carcere di Saint-Pélagie regia musiche luci Marco Sciaccaluga Andrea Nicolini Sandro Sussi direttore di palcoscenico macchinista capo elettricista fonico sarta ufficio stampa G.B.Garbuggino Alessandro Piccardo Danilo Deiana Fabrizio Imparato Irene Barillari Rosanna Figliomeni Mirella Ciferri Martina Petrella Loud Music – Genova Laboratorio di Scenografia del Teatro Stabile di Genova Angelo Palladino Bino Costa Bepi Caroli amministratore di compagnia musiche registrate presso scena realizzata dal costruttori fotografie di scena Teatro Duse L U N E D Ì 1 0 G E N N A I O A S A B A T O 5 F E B B R A I O 2 0 0 5 ORARI ore 11.00 lunedì 10, martedì 11 e mercoledi 12 gennaio ore 20.30 giovedì 13, venerdi 14 e sabato 15 gennaio ore 16.00 domenica 16 gennaio ore 11.00 martedì 18, mercoledì 19 e giovedì 20 gennaio ore 20.30 venerdi 21 e sabato 22 gennaio ore 11.00 lunedì 24, martedì 25, mercoledì 26 e giovedì 27 gennaio ore 20.30 venerdi 28 e sabato 29 gennaio ore 11.00 lunedì 31 gennaio ore 20.30 martedì 1, mercoledì 2, giovedì 3, venerdi 4 e sabato 5 febbraio riposi lunedì 17 gennaio, domenica 23 gennaio e domenica 30 gennaio PREZZI poltrona primo settore € 23,50 - poltrona secondo settore € 16,00 PRENOTAZIONI E VENDITE presso i botteghini del Teatro della Corte- Ivo Chiesa e del Teatro Duse, tel. 010.5342.200, le agenzie di viaggi convenzionate in Liguria, sul sito: www.teatrostabilegenova.it prenotazioni telefoniche ore 15/19: dal lunedì al venerdì tel. 010.5342.400, sabato e festivi tel. 010.5342.200 - Informazioni: tel.010.5342.300 Il personale di sala indossa abiti di RITA SOLARI - Corso Buenos Aires 110/r partner della stagione Tutti gli attori della Compagnia nell’ultima scena dello spettacolo Galois e ossa. Stéphanie partecipa con i suoi coetanei al dolore di chi vuole un mondo più giusto, ma allo stesso tempo porta in sé il grido di dolore della natura che chiede con forza la continuità della specie. Stéphanie vuole avere dei figli e sa che per questo bisogna innamorarsi. Lo dice chiaramente a Galois che fraintende e per questo provoca le condizioni per il duello finale. CALENDARIO DELLE RAPPRESENTAZIONI Galois e i giovani d’oggi «Fino a che punto?» Mi farebbe molto piacere che i giovani corressero numerosi a vedere il nostro spettacolo. Penso che nella breve esistenza di Évariste Galois possano trovare molti elementi per ragionare sulla loro vita. È un personaggio molto simile a loro che potrebbe essere seduto nel banco accanto, nella loro stessa classe. Se i giovani d’oggi vedranno in Galois un eroe del loro tempo, io ne sarò molto felice. Il Detenuto è una bella bizzarria drammaturgica.Anche se ci serve per entrare in carcere, resta poi completa- estratti dalla conversazione a cura di Aldo Viganò pubblicata nel volume edito da “Il Melangolo” T R AG I C O Una storia affascinante, quella di Galois. Ma come farla rivivere in teatro? Come coniugare la biografia e la leggenda? Facendosi guidare dalla Storia, certo. E dall’Algebra. Ma raccontandole concedendosi la più totale libertà, per portare in primo piano la tragedia di un uomo, un ragazzo, che a vent’anni ha già vissuto tre vite: quella del matematico, quella del rivoluzionario, quella dell’innamorato. E che, bruciato dalla passione, stanco e sicuro di aver fallito in ognuna di loro, non sa più avere tempo di viverle ancora. Évariste Galois Siméon-Denis Poisson, professore del Polytechnique Joseph Daniel Guigniault, direttore dell’École Préparatoire Louis-Paul-Emile Richard, insegnante di matematica del collegio Le-Grand François-Vincent Raspail, Presidente della Società degli Amici del Popolo Vincent Duchâtelet, studente amico di Galois Stéphanie Faultrier, fidanzata di Duchâtelet Auguste Chevalier, amico di Galois Georges Lebas, membro della Società degli Amici del Popolo Un detenuto D A Il Teatro e la Storia Quando leggo un testo teatrale i cui protagonisti sono personaggi storici – penso a Galois, ma il discorso vale anche per La morte di Danton – mi colpisce sempre la prospettiva fortemente soggettiva con cui questi vengono rappresentati. Questo fa sì che, nella concretezza del lavoro di palcoscenico, io non mi preoccupo affatto di evocare la Storia con strumenti esterni alla specificità dell’azione drammatica: non uso proiezioni, né didascalie o altri artifici “piscatoriani” per documentare il periodo in cui la vicenda si svolge. Mi sembra sia più interessante che la suggestione storica resti legata al qui e ora. Battuta per battuta, scena dopo scena. Anche chi non sa nulla delle “Trois Glorieuses”o I T A L I A N A PERSONAGGI E INTERPRETI Galois Una tragedia generazionale dei moti rivoluzionari degli anni Trenta può benissimo godere lo spettacolo. Alla fine, avrà partecipato del furore e della febbre di quel periodo e, se gli verrà la curiosità di saperne di più,tanto meglio.Per la stessa ragione, penso che tutti possono assistere con straordinario interesse a La morte di Danton anche senza avere la più pallida idea di che cosa sia stata la Rivoluzione francese. Sulla scena, ciò che importa è vedere come la Storia diventa un’emozione. Genova • art: Bruna Arena • 586/04 • stampa Ortolan Opera (MI) Al centro di Galois sta un personaggio che è la quintessenza dell’adolescenzialità. Évariste Galois vive un’esistenza in cui si accumulano fatti, parole e azioni, sempre molto concrete, che esistono soltanto in quel momento, nella loro specificità. Le sue tre grandi passioni (matematica, rivoluzione, primo amore, ndr) s’intrecciano, si contraddicono e si feriscono a vicenda, impedendo l’un l’altra la possibilità di svilupparsi. Come sottolineano le ultime parole da lui scritte in quella storica notte di fine maggio 1832, Galois «non ha tempo». E il fatto che ciò accada per un ragazzo di vent’anni mi sembra un’idea molto forte. Luca Viganò «Non ho tempo» E RO E della Politica, e quello del Primo Amore. Matematica La matematica si trasforma da passione in fardello per il mio Galois a causa dell’incapacità da parte della stragrande maggioranza dei suoi contemporanei di comprendere ciò che egli aveva già compreso, e, anzi, con lo smacco di vedere parte dei propri risultati attribuiti solamente al defunto Abel, che a questi risultati era arrivato contemporaneamente e indipendentemente. Storia e politica E un peso insopportabile sono anche la Storia e la Politica, con le molteplici insurrezioni che ebbero luogo a Parigi negli ultimi anni di vita di Galois, alle quali egli partecipò o comunque cercò di partecipare, quali, in particolare, le Mattina Lunedì 10 Martedì 11 Mercoledì 12 Martedì 18 Mercoledì 19 Giovedì 20 Lunedì 24 Martedì 25 Mercoledì 26 Giovedì 27 Lunedì 31 Pomeriggio Domenica 16 al Teatro Duse dal 10 gennaio al 5 febbraio ore 11.00 Sera gennaio Giovedì 13 “ Venerdì 14 “ Sabato 15 “ Venerdì 21 “ Sabato 22 “ Venerdì 28 “ Sabato 29 “ Martedì 1 “ Mercoledì 2 “ Giovedì 3 “ Venerdì 4 ore 16.00 Sabato 5 gennaio ore 20.30 gennaio “ “ “ “ “ “ febbraio “ “ “ “ RO M A N T I C O Tre Giornate Gloriose della fine del Luglio del 1830. Come raccontare allora la Matematica e la Storia senza trivializzarle? Come raccontare questi due fardelli così immensi senza renderli futili o incomprensibili, o, ancor peggio dal punto di vista drammaturgico, meramente didascalici? Integrandoli pienamente nello sviluppo del personaggio, rendendo la Matematica e la Storia parte fondamentale della storia di Galois, che anzi non esisterebbe senza di esse. Ma realizzando nel contempo questa integrazione senza la pretesa che le trame politiche o, ancor più, l’algebra e i suoi teoremi si comprendano appieno. Ciò che importa davvero è che lo spettatore sia in grado di percepire queste passioni: non è necessario spiegarle a fondo, per- ché qualunque spiegazione eccessiva frenerebbe la tensione, e si rivelerebbe pertanto controproducente dal punto di vista drammaturgico. Mettere cioè in grado lo spettatore di intuire e partecipare al conflitto, di condividere simpaticamente l’eccitazione e le pene di Galois causate dalla Matematica e dalla Storia. E se è certamente più semplice scandire la vita di un personaggio al ritmo della Storia, inserendolo nel contesto degli eventi, e gli spettatori con lui, nel mio testo io ho cercato di fare altrettanto con la Matematica, rendendola elemento narrativo, teatrale, di primo piano. Fallite queste due prime passioni, infatti, non resta che la terza. Primo Amore Quella, umanamente, forse, più impor- tante. Quella che costituisce il peso maggiore, quello del Primo Amore e dei sensi di colpa causati da questo amore. (E anche qui Galois fallisce). “Smetti di piangere, ti prego, smetti! Io ho bisogno di tutto il mio coraggio per morire a vent’anni”, dice il mio Galois all’amico Auguste nella penultima scena, quando questi compie un estremo, vano, tentativo di convincerlo a non presentarsi all’appuntamento per il duello. Ci vuole davvero un grande coraggio per sprecare così tanto genio, per buttare via una vita in maniera così assurda. Évariste Galois quel coraggio lo ha avuto, purtroppo. Luca Viganò estratto dall’introduzione pubblicata nel volume edito da Il Melangolo gennaio | marzo 2005 TGE55404 Gior18-Opzione 5-01-2005 15:50 Pagina 8 Foyer 8 P o e s i a , m u s i c a , i n c o n t r i , c o n f e r e n z e e l e z i o n i u n i v e r s i t a r i e n e l f o y e r d e l Te a t r o d e l l a C o r t e Hellzapoppin per un teatro aperto Con il nuovo anno, anche le iniziative di Hellzapoppin - Arte e artisti nel foyer della Corte si intensificano e, mentre sono in preparazione incontri e happening con il Centro della Creatività e con l’Accademia delle Belle Arti, tornano nella “piazza coperta” del Teatro Stabile di Genova il Conservatorio musicale “Niccolò Paganini” e il Circolo Viaggiatori del Tempo di Claudio Pozzani. Proseguendo con la formula messa a punto nella scorsa stagione, il Conservatorio propone dalle ore 19.00 alcuni micro-concerti atti ad accogliere gli spettatori dello spettacolo serale in programma alla Corte. Guidati dal maestro Zanardi saranno di scena tra gennaio e febbraio i violoncellisti Simone Bai e Jacopo Ristori. Da parte sua, Pozzani ha approntato un nuovo ABBONAMENTI IN LIBRERIA Dal 2005, gli abbonamenti dello Stabile di Genova sono in vendita anche presso le seguenti librerie universitarie: CLU - Cooperativa Libraria Universitaria (via delle Fontane e Salita della Noce), Libreria degli Studi (via Balbi), Libreria Bozzi (via Cairoli), Libreria Punto di Vista (stradone Sant’ Agostino), Libreria Medica Frasconi (corso Gastaldi). gennaio | marzo 2005 ciclo di poesia a 360°, dal titolo Poesie vocali e consonanti. «Con questo titolo - spiega - si vuole mettere l’accento sulla priorità dell’aspetto orale nella poesia, nonché della sua interazione con il suono, sia esso rumore, musica o lingua. Durante questi incontri, si potrà ascoltare la voce originale di grandi poeti del Novecento, commentati da esperti, critici letterari e docenti universitari, e ai quali artisti di diverse discipline faranno omaggi reinterpretando poesie e brani di prosa».Tra gli “invitati” di questi pomeriggi che prendono il via mercoledì 26 gennaio sono annunciati James Joyce, Ted Hughes, Antonin Artaud, Jacques Prévert, Gottfried Benn, Jack Kerouac, Jim Morrison e molti altri. Proseguono intanto gli incontri Teatro - Università ideati e coordinati da Marco Salotti. Tra gennaio e marzo sono in programma almeno tre appuntamenti: il 19 gennaio (ore 17.00), in occasione della presenza sul palcoscenico del Duse di Galois di Luca Viganò, il professore Michele Marsonet (preside della Facoltà di Lettere e Filosofia e docente di Propedeutica filosofica) parlerà del tema Scienza e vita comune; mentre la professoressa Margherita Rubino (docente di Drammaturgia teatrale antica) terrà il 9 marzo (ore 17.00) una lezione sul Il passaggio di Dioniso nelle «Baccanti» e il 17 marzo (ore 17.00) discorrerà PROGRAMMA Giovedì 20 gennaio ore 17.00 introduce Marco Salotti incontri Teatro e Università Scienza e vita comune relatore Michele Marsonet Venerdì 21 gennaio ore 19.00 Musica nel Foyer con Simone Bai e Jacopo Ristori in collaborazione con il Conservatorio Musicale “Niccolò Paganini” Mercoledì 26 gennaio ore 17.30 Poesie vocali e consonanti - 1 incontro con i grandi poeti del Novecento in collaborazione con il Circolo Viaggiatori del Tempo Mercoledì 2 febbraio ore 17.30 Incontro con Marco Paolini protagonista dello spettacolo Il sergente In collaborazione con Coop Liguria Mercoledì 23 febbraio ore 17.30 Poesie vocali e consonanti - 2 incontro con i grandi poeti del Novecento in collaborazione con il Circolo Viaggiatori del Tempo Franco Vazzoler, durante un incontro di Teatro e Università nel foyer della Corte con la scenografa Valeria Manari sul tema Maschera e personaggio nel teatro greco. Questi ultimi due incontri sono stati pensati con riferimento alla messa in scena da parte dello Stabile di L’illusion comique di Corneille; e sempre intorno a questo spettacolo sono in avanzata fase di preparazione anche due altri incontri condotti dal professore Pier Luigi Pinelli, docente di Lingua e Letteratura francese. Nato come spazio aperto alle proposte e alle iniziative dei giovani e delle associazioni culturali genovesi, Hellzapoppin presenta un programma in continuo divenire, per cui altre iniziative e altri incontri si aggiungeranno sicuramente in corso d’opera.Tra gli altri, anche quelli che l’Associazione Amici del Teatro Stabile di Genova, presieduta da Eugenio Pallestrini, ha ormai in fase avanzata di organizzazione (appena definite le date ne sarà data tempestiva comunicazione) intorno agli spettacoli Galois di Luca Viganò e L’ultimo cliente di Mario Bagnara, al fine di valorizzare la significativa presenza di due drammaturghi genovesi nel cartellone del Teatro Stabile. Venerdì 25 febbraio ore 17.30 Musica nel Foyer con Simone Bai e Jacopo Ristori in collaborazione con il Conservatorio Musicale “Niccolò Paganini” Mercoledì 9 marzo ore 17.00 introduce Marco Salotti incontri Teatro e Università Il passaggio di Dioniso nelle Baccanti a cura di Margherita Rubino Mercoledì 16 marzo ore 17.30 Poesie vocali e consonanti - 3 incontro con i grandi poeti del Novecento in collaborazione con il Circolo Viaggiatori del Tempo Giovedì 17 marzo ore 17.00 introduce Marco Salotti incontri Teatro e Università Maschera e personaggio nel teatro greco con Margherita Rubino e Valeria Manari TGE55404 Gior18-Opzione 5-01-2005 15:50 Pagina 9 Le Grandi Parole 9 Il 21 febbraio prende il via al Teatro della Corte - Ivo Chiesa il nuovo ciclo dedicato alle Grandi Parole dell’Umanità Liberté, Egalité, Fraternité C I N Q U E A P P U N TAM E N T I D E L LU N E D Ì S E R A P E R R ACCO N TA R E L A R I VO LU Z I O N E F R A N C E S E E L A S UA P R O B L E MAT I C A AT T UA L I TÀ Il ciclo d’incontri dedicati alle Grandi Parole dell’Umanità concentra quest’anno lo sguardo sulla Rivoluzione francese, intesa come momento fondamentale della vicenda storica, politica e culturale dell’Occidente. E lo fa secondo le sue collaudate modalità, particolarmente care al pubblico genovese. Cinque prestigiosi rappresentanti della cultura nazionale che, per altrettanti lunedì sera, introducono la lettura, da parte di due attori di primo piano della scena italiana, di un’antologia di brani opportunamente selezionati, tenendo conto anche delle specifiche caratteristiche della comunicazione teatrale. Organizzata con la preziosa consulenza storica di Sergio Luzzatto, l’iniziativa prende il via alla Corte il 21 febbraio con la serata condotta da Luciano Canfora e dedicata al tema della Libertà, per proseguire poi il 28 febbraio parlando di Giustizia (relatore da definire) e il 14 marzo con Mario Capanna che riflette sul Terrore, sino ad arrivare ad aprile, quando Enzo Bianchi e Lucio Villari, rispettivamente l’11 e il 18 del mese, condurranno il discorso sui temi Fratellanza e Uguaglianza. In primo piano, dunque, cinque grandi temi carichi di forte attualità, nello svolgimento dei quali si seguirà anche, pur con qualche licenza drammaturgica, il filo dello sviluppo cronologico dei fatti di un periodo quanto mai intenso di conflittualità, sangue e violenza, ma anche di sogni e di speranze in un mondo migliore: in una parola, di teatralità. Ad accompagnare il discorso dei conduttori, ci sarà come di consueto un’ampia antologia di brani affidati alla recitazione degli attori, i quali leggeranno testi tratti da un repertorio molto vasto e articolato che va dai discorsi dei protagonisti, alle pagine di celebri romanzieri (da Balzac a Hugo), a poesie e canzoni, pagine saggistiche e documenti d’epoca, quali le terribili e commoventi ultime lettere dei condannati alla ghigliottina; sino alla particolare attenzione riservata ai contributi della drammaturgia moderna e contemporanea che della Rivoluzione Francese si è più volte occupata, e sovente con alti risultati: basti ricordare le opere di Georg Büchner o Victorien Sardou, Romain Rolland o Federico Zardi, Peter Weiss o Ariane Mnouchkine. Il ciclo delle Grandi Parole è realizzato anche quest’anno con il contributo della Banca Carige. Storia delle Grandi Parole Il Teatro della Corte in una serata delle Grandi Parole dello scorso anno La Rivoluzione Francese è uno di quei cruciali periodi della Storia, in cui passato e futuro si scontrano nel drammatico ribollire di un presente dopo il quale nulla resta più uguale, perché nasce per tutti - vincitori e vinti - un nuovo mondo. Il moto di trasformazione investe tutte le componenti della vita umana: dall’affermazione dei grandi valori etico-sociali (basti ricordare Liberté, Egalité, Fraternité, pur così tante volte trasgrediti e manipolati anche nel corso degli anni a venire), a una nuova idea di Giustizia e di Legalità; ma anche dalla radicale trasformazione del costume, dal modo di vestirsi (la fine della cipria e delle parrucche) o di comportarsi in società, all’idea stessa dei rapporti interpersonali. C’è molto teatro nella Rivoluzione Francese e nelle modalità del suo svolgimento: passione, violenza, gioia, speranza, paura. Anche il complesso intrecciarsi delle relazioni tra i personaggi che la Rivoluzione l’hanno fatta. L’impaziente irruenza di una nuova generazione decisa a cambiare il mondo e i rapporti tra gli uomini: Robespierre, Danton, Hébert, Desmoulins hanno poco più di trent’anni quando salgono sulla ghigliottina, Saint Just non ne ha ancora ventisette. Soprattutto, da quegli anni terribili e meravigliosi è giunto sino a noi il risuonare di tante Grandi Parole, con le quali tutte le generazioni future non hanno potuto evitare di confrontarsi. Sono le Parole degli oratori che si succedono alla tribuna dell’Assemblea o della Convenzione, ma anche quelle infiammate dei giornali che improvvisamente riempirono le strade di Parigi e della Francia. Sono le Parole cariche di fiducia nel futuro delle Dichiarazioni dei diritti dell’uomo e del cittadino e quelle delle tre Costituzioni che furono scritte e riscritte nell’arco di soli quattro anni. Le Parole della vittoria e della sconfitta; di quelli che infiammavano il popolo alla rivendicazione di un mondo migliore e di coloro che volevano invece salvaguardare valori e privilegi del passato. Sono anche le Parole commosse e dolenti di chi si appresta a salire sul patibolo o ricorda anni dopo lo scampato pericolo; quelle fortemente drammatizzate dei grandi romanzieri e dei memorialisti, dei drammaturghi e degli stessi grandi storici dell’Ottocento (da Jules Michelet a Edgar Quinet); sino a quelle dei poeti e di tutti coloro che, pur con animo diverso, quel fremente periodo storico sono tornati sovente a raccontare, con sempre rinnovata ed emozionante passione. Si dice che l’ormai anziano Immanuel Kant, informato dei fatti francesi del 1789, ruppe la ferrea consuetudine della sua quotidiana passeggiata, uscendo di casa anzitempo con grande sorpresa dei suoi vicini. Si dice anche che, apprendendo la stessa notizia, il giovane Hegel corse con gli amici Schelling e Hölderlin a piantare l’albero della libertà nel prato dell’università di Tubinga. Poi, di fronte al proseguire della Storia, con tutte le sue inevitabili violenze e compromissioni, quei grandi filosofi mitigarono alquanto i loro entusiasmi, ma resta il fatto che entrambi si accorsero subito di quanto ormai il mondo fosse cambiato.Verranno poi i secoli seguenti a testimoniarlo. Con la Rivoluzione Francese, nasce l’età contemporanea. Nel bene e nel male: con i grandi valori di libertà e uguaglianza, ma anche con le più sanguinose guerre civili; con i diritti dell’Uomo e le garanzie costituzionali, ma anche con la ghigliottina e il Terrore. Con l’entusiasmo per il progresso e con la violenza rivoluzionaria, che troverà un tragico contraltare in quella della Restaurazione. Riflettere oggi sulla Rivoluzione Francese non significa solo fare opera di analisi storica, ma porta anche con necessità ad immergersi in un universo di problematiche ancora molto presenti, capaci di parlare il linguaggio della contemporaneità. Luogo deputato a raccontare le storie degli uomini, se il Teatro sceglie di far risuonare dal suo palcoscenico la voce della Rivoluzione lo fa innanzitutto per meglio conoscere e per proporre un’occasione di riflessione collettiva sulle parole della Storia. Rivolgendosi a tutti, ovviamente; ma riservando ancora una volta una particolare attenzione al mondo dei giovani e della scuola. a.v. I lunedì sera dedicati alle Grandi Parole hanno la loro prima fase al Teatro Stabile di Genova nella stagione 1983/84 quando viene proposta la lettura integrale dei 34 canti dell’Inferno dantesco. Lo straordinario successo dell’iniziativa, ideata da Carlo Repetti, porta nelle stagioni seguenti a continuare con il Purgatorio e con il Paradiso. La formula è sempre la stessa e di assoluta semplicità: prima l’introduzione di un relatore, poi la lettura di attori di primo piano della scena italiana. Ogni sera quasi mille spettatori, con alcuni tutto esaurito. Vennero poi le serate dedicate a Eugenio Montale e, quindi, nel 1996, prese il via la rassegna esplicitamente dedicata alle Grandi Parole, proposte secondo una sempre nuova organizzazione tematica. I cicli delle Grandi Parole sono stati più volte replicati anche al Teatro Quirino di Roma. Questi i temi affrontati nelle ultime stagioni: 1996 - Le parole e i giorni; 1997 - Le parole e l’eternità; 1998 - L’identità del Novecento; 1999 - Pro & Contro; 2000 - Lo Stato e il Cittadino; 2001 - Voci del Mediterraneo; 2002 - Le ragioni del Mito; 2003 - Idea di Europa; 2004 - Viaggio e viaggiatori. Interpreti dei cicli dedicati alle Grandi Parole sono stati: Elsa Albani, Giorgio Albertazzi, Omero Antonutti, Gianpiero Bianchi, Giulio Bosetti, Franco Carli, Tino Carraro, Sergio Castellitto, Orazio Costa Giovangigli, Maddalena Crippa, Riccardo Cucciolla, Massimo Dapporto, Renato De Carmine, Ferruccio De Ceresa, Massimo De Francovich, Massimo De Rossi, Giancarlo Dettori, Sergio Fantoni, Antonio Fattorini, Mario Feliciani, Stefania Felicioli, Gabriele Ferzetti, Arnoldo Foà, Massimo Foschi, Vittorio Franceschi, Vittorio Gassman, Nando Gazzolo, Massimo Ghini, Andrea Giordana, Paolo Giuranna, Roberto Herlitzka, Gabriele Lavia, Giulia Lazzarini, Giuliana Lojodice, Paola Mannoni, Laura Marinoni, Glauco Mauri, Margaret Mazzantini, Valeria Moriconi, Lucilla Morlacchi, Ugo Maria Morosi, Orietta Notari, Franca Nuti, Umberto Orsini, Ugo Pagliai, Eros Pagni, Giuseppe Pambieri, Gianna Piaz, Paolo Poli, Massimo Popolizio, Elisabetta Pozzi, Anna Proclemer, Claudio Puglisi, Mariano Rigillo, Sergio Romano, Anna Teresa Rossini, Giancarlo Sbragia, Marco Sciaccaluga, Tullio Solenghi, Roberto Sturno, Aroldo Tieri, Marzia Ubaldi, Massimo Venturiello, Pamela Villoresi. Con il ruolo di relatori sono intervenuti: Lucia Annunziata, Giovanni Arpino, Maurizio Bettini, Attilio Bertolucci, Massimo Cacciari, Giorgio Caproni, Franco Cardini, Giulietto Chiesa, Franco Croce Bermondi, Guido Davico Bonino, Enrico Deaglio, Giovanni Filoramo, Anna Finocchiaro, Domenico Fisichella, Ernesto Franco, Paola Giuranna, Margherita Hack, Lionello Lanciotti, Gad Lerner, Claudio Lojacono, Mario Luzi, Miriam Mafai, Maurizio Maggiani, Igor Man, Quinto Marini, Predrag Matvejevic, Gianni Mura, Giorgio Napolitano, Moni Ovadia, Mario Piantelli, Mario Pomilio, Carlo Rognoni, Sergio Romano, Romolo Rossi, Edoardo Sanguineti, Oscar Luigi Scalfaro, Enzo Siciliano, Card. Giuseppe Siri, Luigi Surdich, Younis Tawfik, Massimo Teodori, Roberto Vacca, Gianni Vattimo, Stefano Verdino, Aldo Viganò, Luciano Violante, Gustavo Zagrebelsky, Giovanna Zucconi. Un intellettuale con la passione del Teatro Insieme a tutta la cultura italiana, anche il Teatro Stabile di Genova ha perso un amico e una figura importante per la sua storia. Il 27 dicembre scorso è scomparso, in circostanze tragiche, Franco Croce Bermondi, dal 1970 al 2002 ordinario di Storia della Letteratura italiana alla facoltà di Lettere dell’Università di Genova, studioso di Dante, del Seicento e di Franco Croce Montale. Era stato componente del Consiglio di Amministrazione e lo era tuttora dell’Assemblea del Teatro Stabile di Genova, con il quale collaborò in numerose occasioni e, soprattutto, a diverse edizioni delle Grandi Parole, a partire dalla lettura completa della Divina Commedia e del suo amatissimo Montale. Croce era nato a Genova il 9 gennaio 1927 da una famiglia di origini aristocratiche (sua madre era una Spinola). Nel capoluogo ligure si laureò in Lettere nel 1947, lo stesso anno in cui Walter Binni, deputato socialista nell’Assemblea Costituente, ebbe la cattedra di Letteratura italiana all’Università di Genova. Con Binni collaborò alla rivista “La rassegna della letteratura italiana”, per la quale seguì per anni la sezione dedicata al Seicento. LA LIBERTÀ LA GIUSTIZIA IL TERRORE LA FRATELLANZA L’UGUAGLIANZA Lunedì 21 febbraio ore 20.30 Lunedì 28 febbraio ore 20.30 Lunedì 14 marzo ore 20.30 Lunedì 11 aprile ore 20.30 Lunedì 18 aprile ore 20.30 conduce Luciano Canfora È ordinario di Filologia greca e latina presso l’Università di Bari. I suoi interessi storici spaziano dall’antichità al mondo contemporaneo, con particolare attenzione alla politica e alla cultura del XX secolo. Tra i suoi numerosi libri, molti tradotti anche in diverse lingue, si ricordano Una società premoderna (Dedalo, 1979), Ideologie del classicismo (Einaudi, 1980), Idee d’Europa (Dedalo, 1997), Critica della retorica democratica (Laterza, 2002), Noi e gli antichi (Rizzoli, 2002), Storici e Storia (Aragno, 2003). conduce ? Mario Capanna Laureato in filosofia, è stato il leader del Sessantotto italiano. Segretario di Democrazia proletaria sino al 1987, è stato consigliere regionale della Lombardia, parlamentare europeo, consigliere comunale di Milano, deputato alla Camera. Oggi si occupa in prevalenza di pacifismo e di ambientalismo, presiede il Consiglio dei Diritti Genetici.Tra i suoi libri più recenti, si ricordano Il fiume della prepotenza (Rizzoli, 2000) e Verrò da te. Il mondo presente e futuro (Baldini & Castoldi, 2003). conduce Enzo Bianchi Fondatore e priore della Comunità monastica di Bose (Biella), è autore di numerosi testi sulla spiritualità cristiana e sulla tradizione della Chiesa, nei quali manifesta sempre una particolare attenzione alla complessa realtà del mondo contemporaneo. È direttore della rivista Parola, Spirito e Vita, e collabora con numerosi giornali tra i quali La Stampa e Avvenire. Tra i suoi libri più recenti si ricordano I Cristiani nella società (Rizzoli, 2003) e Lessico della vita interiore. Le parole della spiritualità (Rizzoli, 2004). conduce Lucio Villari È professore di Storia contemporanea presso l’Università di Roma Tre. Si è occupato in prevalenza di storia delle idee, della cultura e della vita sociale in Europa e negli Stati Uniti tra Settecento e Novecento. Collabora con la pagina culturale di La Repubblica. Tra le sue pubblicazioni più recenti si ricordano Confini e deserti: storie del nostro tempo. (Shakespeare & Co., 1987), Settecento adieu (Bompiani, 1989), La Rivoluzione Francese raccontata (Laterza, 1997), L’insonnia del Novecento (Mondadori, 2002). gennaio | marzo 2005 TGE55404 Gior18-Opzione 5-01-2005 15:50 Pagina 10 Teatro Extraeuropeo 10 America Latina:esplorazioni teatrali CON QUESTO NUMERO “PALCOSCENICO & FOYER”, DOPO UN ANNO DEDICATO A RACCONTARE LA VITA TEATRALE SUI MAGGIORI PALCOSCENICI D’EUROPA, INIZIA L’ESPLORAZIONE DI QUANTO STA ACCADENDO NEL MONDO TEATRALE EXTRAEUROPEO. IL VIAGGIO PRENDE IL VIA DALL’AMERICA LATINA E TROVERÀ UN PROPRIO COMPLETAMENTO A MAGGIO-GIUGNO SUL PALCOSCENICO DELLA CORTE NELLA RASSEGNA DI “MISES EN ESPACES” DEDICATA QUEST’ANNO ALLA DRAMMATURGIA LATINOAMERICANA (LA CHUNGA DI MARIO VARGAS LLOSA), AFRICANA (LA DONNA E IL COLONNELLO DI EMMANUEL DONGALA) E AUSTRALIANA (HOLY DAY DI ANDREW BOVELL). PER SAPERE CHE COSA ACCADE SULLA SCENA DEL VASTO E VARIEGATO PANORAMA DELL’AMERICA DEL SUD ABBIAMO CHIESTO LA COLLABORAZIONE DI HALIMA TAHAN, DIRETTRICE DI UNA DELLA PIÙ PRESTIGIOSE RIVISTE TEATRALI DI BUENOS AIRES: «TEATRO AL SUR». Fin dal suo affacciarsi alla vista del mondo occidentale, l’America stimolò sempre, in un modo o nell’altro, l’immaginazione degli europei. Il teatro non fu indenne dal fascino che emanava il “mundus novus”: Lope de Vega, Calderón de la Barca, Shakespeare, hanno dato nella drammaturgia testimonianze dell’influenza americana. Un buon inizio - dal punto di vista teatrale, ovviamente che avrà un seguito con molti altri autori, alcuni dei quali certamente sto breve viaggio attraverso i palcoscenici del Sud America con questa proposta. Nel prossimo mese di marzo debutterà, nell’emblematico Teatro Oficina de San Pablo, la quarta parte di Os Sertöes, che sarà rappresentato in due atti di sei ore ciascuno. La commedia, che è una sorta di “metafora dell’insurrezione popolare”, si basa su un episodio storico della metà dell’Ottocento: la lotta degli abitanti di Canudos guidati da Antonio Conselheiro, leader cristia- Gli scenari della memoria In Cile si può mettere in evidenza, in un certo senso in continuità con quanto si è detto finora, il progetto che sta preparando Rodrigo Pérez sulla Historia de Chile ( “Storia del Cile”), in tre parti: El cuerpo, La madre y El padre (“Il corpo, La madre e Il padre”), come riferisce il drammaturgo Marco Antonio de la Parra, che a sua volta sta scrivendo un Tratado Nacional del Cuerpo (“Trattato nazionale sul corpo”). Juan ca che possono includere anche forme di spettacolo-ndr), che spingono l’associazione “HIJOS” (“FIGLI”) - dei “desaparecidos” nella guerra sporca - a smascherare i responsabili di quei crimini, sono una testimonianza, assieme al lavoro di molti altri gruppi, della necessità di essere coinvolti nei processi di ricostruzione della memoria. In Colombia, La Candelaria, gruppo canonico del teatro latinoamericano, ha debuttato con Nayra, uno spettacolo che va oltre la struttura teatrale tradizionale partendo dall’immaginario della tradizione religiosopopolare. Malayerba, gruppo di fondamentale importanza nel teatro ecuadoriano, ha messo in scena, invece, Donde el viento hace buñuelos (“Dove il vento fa mulinelli”), in cui si tratta con finezza il tema della memoria personale. Il teatro che resiste A Buenos Aires, la città del tango e di Borges, le pagine degli spettacoli dei giornali offrono settimanalmente circa trecento titoli, il che certamente evidenzia la prolifica attività teatrale che si sviluppa a queste latitudini. Ma questo dimostra anche la forza di una produzione che, sfidando i rigidi meccanismi dell’economia, non solo non entrò in crisi ma anzi continuò a svolgere con vivacità il suo ruolo anche nel mezzo della recente tempesta economica, politica e istituzionale. E questo è un aspetto che, senza dubbio, merita di essere sottolineato. La scena argentina si caratterizza per la sua varietà e frammentazione, per la coesistenza di forme teatrali diverse che vanno dal grottesco creolo alle sperimentazioni più audaci, passando attraverso numerose produzioni del teatro commerciale. In questo panorama Uno spettacolo del brasiliano Teatro da Vertigem illustri come Marivaux e Carlo Goldoni (impossibile non citarli in questo caso). Si potrebbe continuare a lungo su questo filone, evocando miti, polemiche, rivolte, natura violenta, buoni e cattivi selvaggi, e lo sfondo simbolico, infinitamente poetico, dei Mari del Sud. Ma si tratta di tracciare un panorama d’insieme che permetta di accostarsi agli scenari dell’America Latina, alla sua cultura ricca di contrasti, alle sue discontinuità temporali, alle sue disuguaglianze costitutive, alla sua sorprendente eterogeneità, alle sue speranze e ai suoi affanni, alle sue differenze… e al modo in cui il teatro rappresenta questo mondo e i suoi originali protagonisti. Nella realtà di oggi, nel più immediato presente. Identità e insurrezioni Il testo Os Sertöes (“Le terre del Sertao”,una regione del Brasile-ndr) del brasiliano José Celso Martínez Correa, rappresenta un aspetto abbastanza singolare della produzione del teatro latinoamericano, in relazione al mondo del teatro e al teatro del mondo. Per questo inizieremo que- Apocalipsis 1,11 gennaio | marzo 2005 no e anti-repubblicano che diede vita a un’esperienza sociale particolare, creando una comunità autonoma, con regole proprie; una scelta assolutamente diversa dal contesto che offriva a quei tempi la nazione. In tre occasioni l’esercito fu mandato a punire i ribelli ma fu respinto in blocco dagli abitanti di Canudos. Alla fine la popolazione fu sconfitta e sterminata, compresi i bambini e le donne. José Celso Martínez Correa, basandosi su Os Sertöes di Euclide da Cunha - un classico della letteratura brasiliana - ha trasformato quell’episodio in un’opera musicale, nella quale ha coinvolto più di venti bambini di strada. Il progetto - spiega con entusiasmo Aimar Labaki, drammaturgo e figura autorevole del teatro brasiliano - è quello di presentare l’opera completa di Celso Correa nel luogo dove accaddero quegli avvenimenti, nel nord est del Brasile. L’altra proposta in gestazione, che sta suscitando molte aspettative, è BR3 del Teatro da Vertigem, sempre a San Paolo, diretto da Antonio Araújo,autore di una famosa trilogia teatrale composta da El paraíso perdido (“Il paradiso perduto”), El libro de Job (“Il libro di Giobbe”) e Apocalipsis 1.11 (“Apocalisse 1.11”). Il nuovo progetto di Araújo esplora la realtà di tre centri urbani: Brasilandia, una favela della periferia di San Paolo, Brasilia, la capitale del Paese, e Brasileia, che si trova ai confini del Brasile - nella regione di Acre - in Amazzonia. Che cosa sono questi tre volti del Brasile che entrano in gioco già a partire dai loro nomi? Il tema della ricerca dell’identità, che ispira il lavoro, ha come scenari, paradossalmente, luoghi senza identità o con identità problematiche, come la favela, la città “posticcia” di Brasilia e la città di frontiera di Brasileia. Radrigán, invece, ha proposto un’opera che ha come protagonisti dei disoccupati peruviani, cercando di mettere in evidenza il razzismo dei cileni verso questi immigrati. Il già leggendario gruppo Yuyachkani del Perù,dal canto suo,ha preparato uno spettacolo Sin título, técnica mista (“Senza titolo, tecnica mista”), che all’inizio si presentò come uno spettacolo sulla storia della guerra contro il Cile. L’attività di questo gruppo, che ha una lunga storia, e che è sempre attento alla memoria civile e culturale della sua comunità, ha echi anche in altre proposte del teatro e dell’arte latinoamericani. In Argentina, ad esempio, negli “escraches” (atti di denuncia pubbli- Apocalipsis 1,11 messo in scena da Antonio Araújo c’è un’opera che ha avuto singolare rilievo: La estupidez ( “La stupidità”) di Rafael Spregelburd. Opera smisurata, «grassa e barocca» secondo il suo autore, che mette alla prova i limiti del rappresentabile, sfruttando al massimo gli attori con un’unica struttura narrativa. In ciascuna delle scene che costituiscono questa commedia “indefinibile”, Spregelburd si ritrovò a ricostruire «lo specchio di un’Argentina esotica e infinita». Concludendo qui, per ora, questo viaggio se pur incompleto, riprenderemo l’immagine dello “specchio infinito”, perché così, inafferrabile e suggestivo, appare il teatro latinoamericano di oggi. Ma una volta di più si spera che l’immaginazione del lettore completi, a suo modo, questo breve schizzo. Halima Tahan (traduzione di Annamaria Coluccia) Una scena dello spettacolo Juizo Ceral sui palcoscenici di San Paolo del Brasile Ministero Beni e Attività Culturali soci fondatori COMUNE DI GENOVA PROVINCIA DI GENOVA REGIONE LIGURIA socio sostenitore La estupidez di Rafael Spregelburd, spettacolo evento a Buenos Aires numero 18 • gennaio-marzo 2005 Edizioni Teatro Stabile di Genova Piazza Borgo Pila, 42 • 16129 Genova www. teatrostabilegenova.it Presidente Avv. Giovanni Salvarezza Direzione Carlo Repetti e Marco Sciaccaluga Direttore responsabile Aldo Viganò Collaborazione Annamaria Coluccia Segretaria di redazione Monica Speziotto Autorizzazione del Tribunale di Genova n° 34 del 17/11/2000 partner della stagione Progetto grafico: www.firma.it art: Bruna Arena, Genova (554/04) Stampa: Ortolan, Opera (MI) TGE55404 Gior18-Opzione 5-01-2005 15:50 Pagina 11 11 I mestieri del teatro: incontro con Rosaria Carta, caposarta, e con Bruna Calvaresi, truccatrice, dietro le quinte del Teatro Stabile di Genova Forbice, pennello e tanta fantasia Costumi e trucchi sono questa volta al centro del nostro viaggio attraverso i mestieri del teatro. Un viaggio che ci ha fatto incontrare Rosaria Carta, caposarta allo Stabile di Genova, con il quale lavora da circa vent’anni, e Bruna Calvaresi,truccatrice teatrale che che da anni collabora con lo Stabile. Si tratta di due mestieri che in questi anni, almeno in Italia, hanno avuto un’evoluzione diversa, perché mentre la figura del truccatore o della truccatrice, prima di fatto inesistente, si è andata via via affermando e qualificando, quella della sarta o del sarto ha subìto, invece, - per esigenze di tempi, di costi e di organizzazione - un ridimensionamento nell’attività di confezione vera e propria dei costumi, mantenendo comunque un ruolo fondamentale durante l’allestimento e , soprattutto, durante le repliche di uno spettacolo. Ago, filo e abiti di scena Trucco, maschere e parrucche Custode dei costumi, esperta nell’arte del cucito (anche e soprattutto in situazioni di emergenza), e anche un po’ mamma di attori e attrici dei quali “segue” ansie e vestizioni. Sono alcuni ruoli che in una compagnia teatrale può trovarsi a ricoprire la sarta, almeno secondo l’esperienza di Rosaria Carta, caposarta del Teatro Stabile di Genova, per il quale ha iniziato a lavorare nel 1984. glie, tende. «Adesso costumi e scene arrivano per la maggior parte da fuori, già pronti», spiega Rosaria Carta. Nella fase di allestimento di uno spettacolo, la caposarta lavora comunque a fianco del costumista e dello scenografo, soprattutto quando si tratta di scegliere modelli, tessuti o altri materiali per realizzare i costumi e alcuni elementi scenografici. Poi, quando lo spettacolo va in scena e iniziano le repliche, il lavoro della sarta o delle sarte - più gli attori sono grandi, meglio è. Prima avevo lavorato per due anni con Gassman, che era molto timido ma anche molto severo: ricordo che una volta, a Milano, durante le prove di uno spettacolo ci tenne in teatro dalle quattro del pomeriggio alle quattro del mattino… Ma ci servì da lezione». Fra gli altri attori di cui Rosaria Carta si è occupata nella sua lunga esperienza ci sono Raf Vallone, Alberto Lionello («che voleva sempre le caramelle in camerino»), Eros Pagni e Ugo Maria Morosi. «Con gli attori afferma - bisogna fare un po’ da mamma e un po’ da consigliera». Fra gli spettacoli che hanno segnato la sua carriera ricorda soprattutto Il lutto si addice ad Elettra: «Bisognava stare sempre in movimento», spiega. «Era uno spettacolo molto impegnativo, che mi ha lasciato il segno». Così come è stata impegnativa La Centaura, prodotta dallo Stabile nell’autunno scorso, e per la quale ogni sera era necessaria la presenza in teatro della caposarta e delle altre due sarte del teatro, visti i tanti attori impegnati e la complessità dei costumi. L’estetica c’entra poco. L’arte del trucco, in teatro, ha piuttosto a che vedere con lo spazio, con i volumi e con l’anima, quella degli attori e quella dei personaggi che devono interpretare. Ne è convinta Bruna Calvaresi, che dal 1989 lavora come truccatrice per spettacoli prodotti dal Teatro Stabile di Genova. Il suo incontro con il mondo del teatro avvenne un anno prima, nel 1988, dopo aver seguito una formazione essenzialmente artistica: scuola d’arte, una scuola di grafica pubblicitaria e corsi universitari nell’ambito della facoltà di Storia dell’Arte. «Ho lasciato il lavoro di grafica pubblicitaria quando ha iniziato ad affermarsi l’uso del computer», racconta. «A me il computer ha “tagliato le gambe” dal punto di vista della creatività e così ho mollato tutto e ho iniziato a lavorare in un laboratorio di effetti speciali, a Roma. Lì il fatto di avere una formazione artistica e non estetica mi ha aiutato molto, perché il trucco teatrale è molto più pittorico. Attraverso questo laborato- tore, perché i vecchi attori si truccavano da soli», spiega Bruna Calvaresi. «In altri Paesi europei esistono, invece, anche dei corsi di formazione di livello universitario per truccatori teatrali, mentre qui da noi è una figura che si è andata affermando solo negli ultimi anni. Da quando ho iniziato a lavorare è senz’altro molto più diffusa e più qualificata. Spesso, però, in Italia c’è ancora divisione fra truccatore e parrucchiere, per esempio, mentre è auspicabile che il truccatore si occupi anche delle parrucche». E non solo. «Il truccatore normalmente si deve occupare anche di effetti particolari da ottenere attraverso il trucco dei volti o del corpo, o anche attraverso la costruzione di protesi o maschere. Nella Centaura, per esempio, bisognava realizzare una sosia di Mariangela Melato, attraverso dei calchi. Si lavora sempre a stretto contatto con il costumista e si va per tentativi, ma anche questo fa parte delle prove. Bisogna osservare gli attori, vedere quali sono le loro espressioni, come si muovono. L’obiettivo del truccatore dev’essere quello di aiutare l’atto- Massimo Castri, c’era un attore che non voleva assolutamente farsi truccare: a un certo punto in una scena doveva buttarsi da una certa altezza e quando lo fece, durante una delle repliche, la parrucca cadde prima di lui. È una cosa che può capitare a chiunque, ma per me fu una piccola rivincita». Fra gli attori che hanno resistito di più ad affidarsi alle sue mani, Bruna Calvaresi ricorda anche Eros Pagni. «L’anno scorso, però, per L’alchimista si è presentato spontaneamente per farsi truccare», racconta. «Anche Mariangela Melato era abituata a fare tutto da sola, ma a un certo punto è stata lei a chiedermi di essere truccata e, piano piano, si è instaurato un rapporto di fiducia». Di solito il lavoro del truccatore o della truccatrice inizia durante l’allestimento di uno spettacolo e continua poi durante le repliche, anche in tournée. Fra gli spettacoli che le hanno Far sì che l’attore si senta credibile sulla scena Rosaria Carta nel laboratorio di sartoria del Teatro Stabile di Genova La sarta: un po’ «Mi chiamarono per due giorni, per fare una sostituzione, e non me ne sono più andata», racconta. Per lei, infatti, fu una sorta di colpo di fulmine per un mondo che già conosceva indirettamente, perché sia suo fratello che suo marito lavoravano allo Stabile, come falegname l’uno e macchinista l’altro. «Mi sono trovata subito benissimo, sia per il lavoro che per l’ambiente. Non c’è mai tempo di annoiarsi qui, è un lavoro molto bello, anche se faticoso, c’è sempre allegria, e il teatro diventa un po’ una seconda famiglia. Io non ho mai lavorato per altri teatri, quando ho iniziato allo Stabile ho avuto una caposarta molto severa e i primi tempi sono stati davvero duri per me, ma ho imparato molto. Adesso, invece, io non sono così severa con le ragazze che lavorano con me: penso che se uno ha voglia d’imparare e di lavorare lo fa, e che se non ne ha voglia non gliela si può imporre». In questi venti anni il lavoro della sarta in teatro è cambiato, però, perché si è notevolmente ridotta la parte di lavoro più artigianale e creativa, cioè di confezione dei costumi e anche di “pezzi” di scenografia, come fondali, tova- a seconda del numero di attori diventa particolarmente impegnativo. «Tutti i giorni - spiega Rosaria Carta - bisogna lavare i costumi, controllare che siano in ordine, fare eventuali riparazioni, e metterli a posto, oltre che seguire durante lo spettacolo i cambi di abiti, se ce ne sono». Alla fine dello spettacolo, infatti, ogni sera, i costumi vengono raccolti e preparati per essere lavati la mattina successiva. Le operazioni di lavaggio, asciugatura e stiratura, quando occorre, durano spesso fino al primo pomeriggio, e poi, due ore prima dello spettacolo, la sarta deve essere di nuovo in teatro per seguire i preparativi ed essere pronta a intervenire in caso di imprevisti. «Io anche in tournée mi porto dietro lavatrici e asciugatoio, oltre ai vasi per i fiori di Mariangela Melato», spiega Rosaria Carta che, dal 1993, si occupa anche del camerino della Melato in tutti gli spettacoli prodotti dallo Stabile. «Ormai siamo quasi come due sorelle», racconta. «Ogni tanto ci scontriamo, ma ci diciamo sempre tutto con franchezza e io mi trovo benissimo. A volte devo incoraggiarla, spronarla, quando ha paura. Ma mamma e un po’ consigliera Ma, durante le repliche di uno spettacolo, il lavoro della sarta non è fatto solo di routine, perché a volte bisogna far fronte a imprevisti, come quelli, tutt’altro che infrequenti, di un costume che si scuce o che si strappa. «Mi è capitato più di una volta», racconta Rosaria Carta. «Per esempio con un paio di pantaloni che indossava Gabriele Lavia, e un’altra volta anche con Mariangela Melato, in Un tram che si chiama desiderio. Ho dovuto cercare le stoffe e rifare i costumi in un giorno. Se un vestito si strappa o si scuce in scena si rimedia, fino alla fine dello spettacolo, con spille da balia o scotch, a seconda dei casi, e poi si cerca una soluzione per la sera successiva. A volte - aggiunge Rosaria Carta - durante le repliche può anche capitare che un attore sia sostituito da un giorno all’altro, e allora bisogna scucire e ricucire il costume o i costumi per adattarli alle misure del nuovo arrivato, e si deve riuscire a fare tutto questo in poche ore». Bruna Calvaresi al trucco di Jurij Ferrini per Filottete rio - spiega - sono venuta in contatto con compagnie teatrali e ho iniziato a truccare i volti, a creare maschere di lattice, sosia, manichini, e ho seguito altri corsi. Io venivo da una famiglia di parrucchieri ma non avevo mai voluto fare la parrucchiera e, invece, poi mi sono ritrovata a fare anche questo in teatro, ma in un modo completamente diverso». Chi si occupa del trucco per uno spettacolo teatrale lavora a stretto contatto con il costumista soprattutto e anche con lo scenografo. «In Italia non esiste una tradizione per quanto riguarda il trucca- re, di far sì che diventi credibile e si senta credibile sulla scena. Ci vuole una sensibilità particolare, perché si lavora sui corpi delle persone e bisogna cercare di entrare in contatto con loro. Di solito - osserva - gli attori più giovani sono più disponibili a lasciarsi truccare, ma quando si deve modificare molto l’aspetto di una persona può essere difficile. Le difficoltà maggiori nascono quando un attore deve accettare un’immagine diversa di sé». E qualche volta c’è chi non cede. «Ricordo che in un allestimento di La vita è sogno con la regia di dato particolare soddisfazione Bruna ricorda il Tito Andronico diretto da Peter Stein, perché «era un vulcano di idee e per me fu molto formativo», e Hamlet con la regia di Benno Besson: «Il responsabile del trucco di quello spettacolo, Kuno Schlegelmich, rivoluzionò completamente quello che avevo imparato, allontanandomi dall’estetica e insegnandomi a concentrarmi, invece, sulla valorizzazione dei volumi, che è l’aspetto per me più interessante». La carriera di Bruna Calvaresi è stata segnata anche da due rappresentazioni di Filottete: la prima con la regia di Cristina Pezzoli per uno spettacolo sperimentale prodotto dal Teatro di Parma, la seconda nel 2003 con lo spettacolo di Matthias Langhoff prodotto dallo Stabile, con Valeria Manari come costumista. «In entrambi i casi ho lavorato con il lattice», spiega. «Per il Filottete di Langhoff le operazioni di trucco duravano circa tre ore, nonostante fossimo in due a truccare tre attori. L’obiettivo era quello di aiutare, anche attraverso il trucco, gli attori ad astrarsi dalla realtà, ed è stato un lavoro che mi ha dato molta soddisfazione». a cura di Annamaria Coluccia gennaio | marzo 2005 TGE55404 Gior18-Opzione 5-01-2005 15:50 Pagina 12 12 Grande successo di pubblico e di critica per il Festival organizzato nell’ambito di GeNova04 2004 Genova Capitale del Teatro Europeo “La Centaura” e i tre spettacoli stranier i proposti alla Cor te dallo Stabile nella rassegna stampa nazionale «Ogni momento di questa celebrazione di Genova capitale della cultura – in carattere con gli affreschi dei suoi palazzi, tanto spesso raffiguranti ninfe e satire impegnati in attività carnali – è gustosissimo», ha scritto Masolino d’Amico (“La Stampa”) in occasione dello spettacolo La Centaura, che ha inaugurato nell’autunno scorso il Festival Teatri d’Europa, organizzato dallo Stabile di Genova in collaborazione con il comitato per Genova 2004. E uguale entusiasmo, tutta la critica genovese e nazionale ha dimostrato, sia per l’intera iniziativa, sia per i singoli spettacoli proposti che sono stati, oltre alla novità assoluta offerta da La Centaura di Andreini con la regia di Luca Ronconi e Mariangela Melato nel doppio ruolo di donna e centaura, Il giardino dei ciliegi nell’edizione dell’Odéon di Parigi, l’allestimento cult di Pina Bausch Kontakthof mit Damen und Herren ab 65, e il vitalistico Hamletas di Eimuntas Nekrosius. Un successo vero e autentico - sia di critica, sia di pubblico - che ha posto Genova al centro della vita teatrale italiana, come ben testimonia una pur veloce scorsa della rassegna stampa. Il Festival «Ci sono scene indimenticabili in questo Giardino, primo spettacolo straniero presentato al Festival Teatri d’Europa. Lo spettacolo mescola le note del cuore e quelle del mondo che cambia con un dosaggio che incanta», scrive Silvana Zanovello sul “Secolo XIX” a proposito dello spettacolo di Lavaudant. «Il Festival Teatri d’Europa porta alla Corte - Ivo Chiesa Kontakthof, un incontro ravvicinato con un’opera di un’icona del 900. Una grandiosa auto-rappresentazione, dove l’emozione del rappresentarsi coincide con l’emozione stessa di esistere», le fa eco Monica Corbellini di “La Repubblica” che ha appena visto lo spettacolo di Pina Bausch. «Dopo La Centaura con la regia di Ronconi, Il giardino dei ciliegi diretto da Lavaudant, l’emozione del teatro-danza di Pina Bausch, il Festival Teatri d’Europa (ideato dal Teatro le attese non sono andate certo deluse, tra gli applausi sempre più convinti del pubblico e l’unanime entusiasmo della critica, che forse mai più di questa volta si è prodigata in elogi sia allo spettacolo, sia all’insieme della iniziativa in cui questo era inserito. La Centaura La Centaura Stabile in collaborazione con il Comitato per Genova 2004) propone un altro grande esempio di teatro internazionale con Hamletas di Nekrosius», sottolinea Dario G. Martini del “Corriere Mercantile”, introducendo il discorso sull’ultimo spettacolo del Festival accolto dai genovesi in modo trionfale: «La musica è determinante nel propiziare il clamoroso successo dello shakespiriano Hamletas di Eimuntas Nekrosius che ha avuto anche alla Corte di Genova un’accoglienza entusiastica», chiosa infatti il “Corriere Mercantile”; «Hamletas messo in scena da Eimuntas Nekrosius e presentato nell’ambito del Festival Teatri d’Europa è uno spettacolo di barbarica e abbagliante bellezza», ribadisce “La Repubblica”, trovando conferma nella voce del “Secolo XIX”: «L’Hamletas barbarico e stregato di Eimuntas Nekrosius chiude in bellezza il Festival Teatri d’Europa alla Corte di Genova». Due mesi di grande teatro europeo a Genova, pertanto. A testimonianza della sua radicata vocazione teatrale, che è stata premiata dalla prima nazionale della Centaura, sulla quale, come prevedibile, si è concentrata soprattutto l’attenzione della critica. Erano in ballo, infatti, molti motivi di grande inte- resse. Innanzitutto, il ritorno dell’accoppiata Luca Ronconi e Mariangela Melato in una sfida al limite del fantastico; ma poi anche la riscoperta della teatralità di un testo fondamentale per la conoscenza della scena barocca italiana, il contributo figurativo di grandi collaboratori artistici alle scene e ai costumi, la forte presenza di una compagnia di oltre venti attori. E Hamletas «Mariangela Melato, non sazia di trasformazioni, interpreta superbamente e con grande spasso sia la sorella umana che la equina, prestando la propria voce in playback alla controfigura quando le due s’incontrano, per la gioia del regista artifex maximus e l’entusiasmo del pubblico», conclude Franco Quadri su “La Repubblica”. E Magda Poli del “Corriere della Sera” aggiunge: «Un’opera che Ronconi porta in scena magicamente con fresca e felice inventiva attraversando i generi uniti da un’ironica, sottile vena melodrammatica. Nel doppio ruolo di Centaura e della sorella senz’amore, c’è una straordinaria Mariangela Melato, beffarda e divertita nel percorrere i dolori della mal amata, passionale e determinata quando è metà donna e metà cavalla, infissa in un costume che l’attrice “governa” con sapiente grazia. Uno spettacolo che è una cornucopia di invenzioni sceniche e recitative, di sottigliezze divertite. Meritato successo». Sullo stesso tono, si sono espressi anche tutti gli altri maggiori critici italiani. Masolino d’Amico (“La Stampa”): «La scenografia di Margherita Palli, innanzitutto, è un capolavoro, suggerendo con semplicità, sembra un paradosso, il fasto della fantasia dell’Andreini, specie nel bosco di cipressi in cui scorrazzano i centauri – costumi di Gabriele Mayer – e nelle colonne di marmo verde della reggia. (…) Eccellente, poi il lavoro dei numerosi attori, cui non viene chiesto di dare spessore a marionette che non ne hanno, ma di agire con energia ed umorismo». Maria Grazia Gregori (L’Unità): «Non si è mai vista centaura più bella e scalpitante nel suo corpo metà donna e metà cavalla, più determinata e regale perfino quando nitrisce, di quella che Mariangela Melato incarna in La Centaura: affascinante, fluviale, barocco gioco di specchi di Giovan Battista Andreini, attore e drammatur- 2005 lo Stabile in tournée Con il nuovo anno, il Teatro Stabile di Genova va in tournée. Due spettacoli della scorsa stagione – L’alchimista di Ben Jonson e Il tenente di Inishmore di Martin McDonagh – e il nuovissimo allestimento di Chi ha paura di Virginia Woolf? porteranno nel 2005 in giro per l’Italia il nome del Teatro Stabile di Genova, facendo conoscere a un pubblico sempre più vasto gennaio | marzo 2005 l’alto livello qualitativo e spettacolare di un centro di produzione riconosciuto tra i migliori della scena europea. L’alchimista La prima compagnia a partire sarà quella dell’Alchimista che, con qualche novità nella distribuzione rispetto alle repliche di Genova, sarà a Vercelli (Teatro Civico, 8 e 9 gennaio), per poi proseguire per Merano (Teatro Puccini, 11 e 12 gennaio), Bolzano (Nuovo Teatro Comunale, dal 13 al 16 gennaio), Ferrara (Teatro Comunale, dal 18 al 23 gennaio), Padova (Teatro Verdi, dal 25 al 30 gennaio), Bologna (Arena del Sole, dall’1 al 6 febbraio), Correggio (Teatro Asioli, 8 e 9 febbraio), Modena (Teatro Storchi, dal 10 al 13 febbraio), Prato (Teatro Metastasio, dal 15 al 20 febbraio), Roma (Teatro Argentina, dall’1 al 13 marzo), Perugia (Teatro Morlacchi, dal 15 al 18 marzo) e Terni (Teatro Verdi, 19 e 20 marzo). Il tenente di Inishmore Più breve, ma geograficamente più estesa, sarà la tournée di Il tenente di Inishmore che, dopo il debutto al Teatro Civico di Tortona (6 febbraio), sarà infatti a Milano (Teatro dell’Elfo, dall’8 al 20 febbraio) e a Brescia (Teatro Sociale, dal 22 al 27 febbraio), per prendere poi la via della Sicilia, dove lo spettacolo potrà essere visto a Catania (Teatro Musco, dal 2 al 13 marzo) e a Palermo (Teatro Bellini, dal 15 al 23 marzo). Chi ha paura di Virginia Woolf? Coprodotto dallo Stabile di Genova e dalla Compagnia Lavia, Chi ha paura di Virginia Il Giardino dei ciliegi go di punta del teatro seicentesco, che Ronconi ha messo in scena al Teatro della Corte ad apertura del Festival dei Teatri d’Europa, inventando un vero e proprio arsenale delle meraviglie che lascia senza fiato. La Centaura permette a Ronconi, che firma una regia di rapinosa bellezza, di elevare all’ennesima potenza il suo gusto per il gioco teatrale: una dichiarazione d’amore per l’incantamento della scena, per la sua macchina qui come non mai usata con poetica leggerezza». Enrico Groppali (“Il Giornale”): «Il regista dà vita a un memorabile spettacolo da godere in primis per lo sfrenato divertimento che procura a occhi e a orecchi e, dulcis in fundo, per l’intelligenza che vi è profusa a piena mani. Da vedere e rivedere, da studiare e da ricordare». Renato Palazzi (Il Sole - 24 Ore): «A prevalere su tutto è il divertimento delle macchinerie e delle meraviglie scenografiche ideate con estro fin troppo esuberante da Margherita Palli, i vascelli simili a quelli dell’Orlando furioso che navigano immobili su una piattaforma girevole, il mago che cala nell’incantato bosco di cipressi su una sorta di vetero-ascensore, e soprattutto centaure e centaurini dotati, come si conviene, di strepitose propaggini equine, con effetto davvero mozzafiato. C’è da restarne persino lievemente saturati. E occorre ancora dire della grande bravura di Mariangela Melato, che in mezzo a una compagnia prevalentemente di giovani è qui impegnata in un costante esercizio di equilibrismo autoironico». Gianfranco Capitta (Il Manifesto): «Ronconi sigilla allo Stabile genovese le celebrazioni per la Capitale Europea della Cultura 2004 e mette insieme per l’occasione una compagnia anch’essa “Centaura”, con diverse origini e generazioni. Al suo vertice, strepitosa e instancabile, sta naturalmente, come nelle isole di Andreini, Mariangela Melato». Domenico Rigotti (L’Avvenire): «Tre ore di pura teatralità dove entrano tutti gli stilemi. Avvolge Ronconi la vicenda nei colori della fiaba, la spruzza di ricami da Commedia dell’Arte, la fa vivere come un mélo victorhughiano e via dicendo. Libero è il gioco (e però controllatissimo) e nel gioco la Melato entra da regina, scatenandosi con tutta la sua verve, anche quando la metamorfosi ce la presenta centaura scalpitante». Kontakthof mit Damen und Herren ab ‘65 Woolf?, che vede nel ruolo di protagonista l’inedita coppia Mariangela Melato e Gabriele Lavia, dopo una prima settimana di repliche a Pisa (Teatro Verdi, dall’1 al 6 febbraio), debutta a Genova (Teatro della Corte, dall’8 al 27 febbraio) e parte poi subito per una intensa tournée che ha al proprio centro le lunghe permanenze a Roma (Teatro Argentina, dal 29 marzo al 17 aprile) e a Milano, dove rimarrà al Teatro Strehler dal 3 al 29 maggio. Le altre tappe già fissate per lo spettacolo sono Venezia (Teatro Malibran, dall’1 al 6 marzo), Bergamo (Teatro Palatenda, dall’8 al 13 marzo), Bologna (Arena del Sole, dal 15 al 20 marzo), Rimini (Teatro Novelli, dal 22 al 25 marzo), Cesena (Teatro Bonci, dal 19 al 24 aprile) e Padova (Teatro Verdi, dal 26 aprile al primo maggio).