Alla scuola di Gesù Maestro nella sua Comunità

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“Affinché Cristo sia formato in voi” - Formazione diocesana 2012-2013
II Tappa: COME CHIESA NEL MONDO - Alla scuola di Gesù Maestro nella sua Comunità
1. Siamo Chiesa: evento di comunione manifestato nella storia.
2. Siamo il Popolo di Dio “nel mondo”: testimoni di una vita nuova.
3. Il Terzo millennio cristiano: ripartiamo dall’evangelizzazione.
4. Una comunità che si forma ed educa nella fraternità e nella corresponsabilità.
Don Marcello Paradiso, diocesi di Termoli-Larino ([email protected] )
Lanciano, 2 novembre 2012
Alla scuola di Cristo, maestro e pedagogo
(Orientamenti CEI 2010-2020: “Educare alla vita buona del Vangelo”. Introduzione, nn. 1-6. Cap. 2, nn. 16-24)
La guida di Dio, in tutta la sua forza e tenerezza, si è fatta pienamente e definitivamente visibile
in Gesù̀ di Nazaret; è Lui il maestro e il redentore dell’umanità, il pastore le cui orme guidano al cielo.
Gesù̀ è per noi non “un” maestro, ma “il” Maestro. La sua autorità, grazie alla presenza dinamica dello
Spirito, raggiunge il cuore e ci forma interiormente, aiutandoci a gestire, nei modi e nelle forme più
idonee, anche i problemi educativi.
La prima azione di Gesù è l’insegnamento: «si mise a insegnare loro molte cose». Egli rivela il
mondo nuovo voluto da Dio e chiama a esserne parte, sollecitando ciascuno a cooperare alla sua
edificazione nella pace. Il popolo che egli pasce è invitato ad ascoltare la sua parola, che conduce e fa
riposare su pascoli erbosi (cfr. Sal 23,2). Gesù non smetterà di insegnare, parlando al cuore, neppure di
fronte all’incomprensione della folla e dei suoi stessi discepoli.
La Chiesa discepola, madre e maestra (“Educare…” Cap. 4, nn. 35. 39-44)
La Chiesa è luogo e segno della permanenza di Gesù Cristo nella storia…. in tutto ciò che essa è e
opera, attinge da Cristo e ne diventa discepola, seguendone le orme, grazie al dono dello Spirito santo.
Gli Atti degli Apostoli descrivono in forma tipica la vita della Chiesa appena nata e la sua crescita nella
fede: «Erano perseveranti nell’insegnamento degli apostoli e nella comunione, nello spezzare il pane e
nelle preghiere. Tutti i credenti stavano insieme e avevano ogni cosa in comune; vendevano le loro
proprietà e sostanze e le dividevano con tutti, secondo il bisogno di ciascuno. Ogni giorno erano
perseveranti insieme nel tempio e, spezzando il pane nelle case, prendevano cibo con letizia e semplicità
di cuore, lodando Dio e godendo il favore di tutto il popolo» (At 2,42-47).
Ascolto assiduo della parola di Dio, celebrazione liturgica e comunione nella carità sono, dunque,
le dimensioni costitutive della vita ecclesiale; mediante il loro continuo esercizio il credente è
progressivamente conformato a Cristo. Mentre testimonia la fede in letizia e semplicità, la comunità
diviene capace di condividere i beni materiali e spirituali.
La Chiesa educa in quanto madre, grembo accogliente, comunità di credenti in cui si è generati
come figli di Dio e si fa l’esperienza del suo amore.
Avendo il compito di servire la ricerca della verità, la Chiesa è anche maestra. Essa «per obbedire
al divino mandato: ‘Istruite tutte le genti’ (Mt 28,19), è tenuta ad operare instancabilmente ‘affinché la
parola di Dio corra e sia glorificata’ (2Ts 3,1)... Per volontà di Cristo la Chiesa cattolica è maestra di verità
e sua missione è di annunziare e di insegnare autenticamente la verità che è Cristo, e nello stesso tempo
di dichiarare e di confermare autoritativamente i principi dell'ordine morale che scaturiscono dalla stessa
natura umana».
LG 1. -Dall’Incarnazione del Verbo alla Comunità dei discepoli. Gesù ha voluto la Chiesa. (Cristo sì
– Chiesa no?) Cristo è il Sacramento primordiale e la Chiesa il prolungamento del Sacramento che è
Cristo. Realtà teandrica, umano-divina. Mistero – Sacramento.
- Sacramento di comunione. Koinonìa. (Vita comune e non solo condivisione di un compito).
Comunione di Cristo col Padre, comunione dei discepoli con Cristo. La Comunione è il mistero stesso
della Chiesa, contenuto centrale del mistero.
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La «comunione» ecclesiale
«La concezione della Chiesa come “comunità di carità” era stata l’idea maestra della teologia dei
primi dieci secoli». Essa è una preziosa indicazione circa la chiesa; la nozione teologica che la esprime
meglio e che le è più vicino è quella di «comunione», è il cuore della ecclesiologia conciliare. Non sono
mancate altre presentazioni della chiesa.
Come ogni categoria teologica, anche quella di comunione nasce da una esperienza e da una
interpretazione della vita. Sullo sfondo della comunicazione interpersonale, la «comunione» esprime il
rapporto di due persone che si accettano e si integrano in quanto «altre»; risultato di una volontà di
amore, la comunione é una realtà vitale, esistenziale e dinamica più che razionale: per questo é
difficilmente verbalizzabile. Il suo dinamismo tende spontaneamente a tradursi in gesti che la
manifestano e la accrescono: la comunicazione delle convinzioni e la cooperazione nella vita ne sono le
forme principali.
In ambito teologico, la comunione risale agli eventi di salvezza, all’amore del Padre per l’umanità,
all’invio del Figlio e dello Spirito. La radice trinitaria della comunione fa della chiesa, come insegna il
concilio, «il popolo radunato nell’unità del Padre, del Figlio e dello Spirito santo». Icona della Trinità,
riflesso, immagine della Comunione Trinitaria, dell’Amore delle Tre Persone. Essa vive dell’agape divina,
la chiesa è da esso sospinta sulle strade della storia; in questo modo, la chiesa incontra le persone nelle
loro ricchezze e nei loro bisogni ed è, con loro e per loro, «segno e strumento dell’intima unione con Dio
e dell’unità di tutto il genere umano» LG 1.
Ad interessarci fino in fondo non è però la teologia della comunione in quanto tale ma il far
conoscere ed il far vivere a tutti «la “nuova” comunione che nel Figlio di Dio fatto uomo é entrata nella
storia del mondo». Ad interessarci, insomma, è la comunione come vita secondo lo Spirito, come radice
di spiritualità e di vita evangelica; a tracciarne il contenuto è un bel testo di Novo millennio ineunte 43:
«Spiritualità della comunione significa innanzitutto sguardo del cuore portato sul mistero della
Trinità che abita in noi, e la cui luce va colta anche sul volto dei fratelli che ci stanno accanto. Spiritualità
della comunione significa inoltre capacità di sentire il fratello di fede nell’unità profonda del Corpo
Mistico, dunque come «uno che mi appartiene», per saper condividere le sue gioie e le sue sofferenze,
per intuire i suoi desideri e prendersi cura dei suoi bisogni, per offrirgli una vera e profonda amicizia.
Spiritualità della comunione è pure capacità di vedere innanzitutto ciò che di positivo c’è nell’altro, per
accoglierlo e valorizzarlo come dono di Dio: un «dono per me», oltre che per il fratello che lo ha
direttamente ricevuto. Spiritualità della comunione è infine saper «fare spazio» al fratello, portando «i
pesi gli uni degli altri» (Gal 6,2) e respingendo le tentazioni egoistiche che continuamente ci insidiano e
generano competizione, carrierismo, diffidenza, gelosie».
In una parola, la comunione parte dalla contemplazione, si traduce in fraternità e genera
impegno, servizio; va da sé che qui, in questo contesto, il servizio non è solo esecuzione puntigliosa di
una prestazione ma è dinamica spirituale, è conformazione a Cristo servo.
Queste indicazioni permettono di intuire il carattere particolare, originale, della “comunione
ecclesiale”; non solo non è traducibile in verticismo o democraticismo ma non è nemmeno traducibile in
semplice partecipazione.
Coloro che sono in comunione con le persone divine e tra loro fanno l’esperienza di una
reciproca partecipazione delle gioie e dei dolori vicendevoli: sono gli uni a servizio degli altri. La
comunione ecclesiale ha così la sua sorprendente legge nello scambio di doni tra comunità e singoli: il
mettere in comune quanto si ha, il dare ognuno della propria ricchezza o della propria povertà è la vera
legge dei rapporti intraecclesiali.
Per una comunione fraterna: lo scambio dei doni
Resa spiritualità e vita, la comunione ecclesiale si traduce in un cammino di maturità che, per
essere maturità di carità, esige che ciascuno vi partecipi con i suoi doni e con i suoi carismi. La
comunione ecclesiale vive di una pluralità di doni, vissuti secondo quella logica di cattolicità che è
accoglimento nella vita umana di quella universalità e di quella totalità che è propria di Dio. In questa
logica, la qualità del tutto è una cosa sola con il singolo gesto che la esprime che, per questo, assume
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una forte valenza simbolica. Lo scambio dei doni diventa allora, probabilmente, l’espressione più vera e
più alta della comunione.
Là dove la comunione ha in Cristo la sua origine ed il suo criterio, si dovrà tener ben presente che
questa «non nasce al termine di uno sforzo comune, come suo prodotto, ma si trova all’origine».
Dalla comunione la missione
La comunione genera la missione, genera una chiesa che – lungi dal chiudersi su se stessa – si
apre a tutto il mondo. La missione è la comunione. Dalla Comunione alla Missione, l’una è per l’altra; la
comunione più è vera, più è autentica, più genera missione. Una missione continua, efficace, intelligente,
animata dalla carità di Cristo e dallo zelo apostolico, genera comunione ecclesiale: è un circolo virtuoso
che alimenta se stesso incessantemente. L’implantatio ecclesiae è il frutto della missione. Gli uffici e i
servizi pastorali sono finalizzati alla costruzione della Communio per mezzo delle iniziative e dei progetti
che ruotano attorno alla missione. La missione è il mandato che Gesù ha affidato agli Apostoli e alla
Chiesa di ogni tempo. Ogni servizio pastorale deve avere come scopo la Communio ecclesiae che diventa
il criterio di legittimità e di efficacia del servizio stesso. Un progetto di missione che divide, che confligge,
che crea dissapori, che inquina la Communio va rivisto, se necessario sostituito con altri o modificato
radicalmente nella sua struttura. Tutti i battezzati che sono coinvolti e invitati a prendere parte a
cammini di evangelizzazione o di formazione devono essere accompagnati a prendere coscienza che il
fine ultimo è la costruzione della Communio, e il compito missionario, che appartiene a tutti, è quello di
trasformare la società intera secondo l’immagine della Communio nell’amore fraterno.
“Sposa di Cristo”
La chiesa è la sposa di Cristo e solo in quanto tale è soggetto, espressione più mistica, ma anche
più metaforica, di «sposa di Cristo», perché questa è l’unica atta a garantire la consistenza di un unico
soggetto, mentre le altre la ridurrebbero a somma di singoli soggetti credenti.
La metafora sponsale ha il merito di mettere in evidenza il carattere impegnativo e profondo del
rapporto religioso tra Dio ed il suo popolo e, come immagine, esprime meravigliosamente tale realtà.
Ma è la categoria privilegiata della realtà della chiesa? Dal momento che la sua “sponsalità” è tutta
collegata alla categoria dell’alleanza vetero e neo-testamentaria, proprio l’alleanza esige, per
definizione, la presenza simultanea di due soggetti: il Soggetto che è Dio e il soggetto che è il suo
popolo, da Lui convocato e infine radunato dal Cristo crocifisso e Risorto.
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