Divorzio breve di coppie italiane all'estero: i contorni del fenomeno Articolo 24.09.2013 (Nicola Gammarrota) Un fenomeno interessante e molto attuale è certamente quello della tendenza dei coniugi italiani a ricorrere al fenomeno del forum shopping al fine di poter giungere, in tempi brevi, ad una sentenza di divorzio, senza le lunghe attese imposte della normativa italiana. Tale fenomenologia diventa ancor più rilevante alla luce dei recentissimi tentativi di apportare delle modifiche alla normativa sul divorzio - segnatamente all’art. 3 della Legge 898/1970 - avvenuti tramite proposte referendarie e di legge. Le normative comunitarie, oggetto della presente disamina, offrono un percorso facile a quelle coppie italiane - ed a tutte le coppie con cittadinanza di un paese dell’Unione europea - che non ritengano di poter attendere le tempistiche della legislazione nazionale e che desiderino una rapida risoluzione del vincolo coniugale. Ormai, già dal 2003, è possibile percorrere questa nuova strada, e il progressivo allargamento del numero dei paesi membri dell’unione europea, con apertura anche all’est europeo, ha creato prospettive interessanti, soprattutto dal punto di vista dei costi da sopportare per intraprendere tale percorso. Il presupposto necessario è rappresentato dalla consensualità della rottura del vincolo che, contestualmente alle veloci procedure di alcuni paesi esteri, può permettere la dissoluzione del vincolo matrimoniale in pochissimi mesi, aggirando il passaggio obbligato dalla separazione imposto dalla normativa italiana. La fase successiva consiste nella trascrizione del provvedimento di divorzio nei registri di stato civile, in virtù del riconoscimento automatico della sentenza da parte dello Stato italiano, reso possibile dalla normativa de quo.(1) L’analisi di questo fenomeno, che in questa sede non ha ambizioni di esaustività, porta ad interessanti riflessioni sulla normativa comunitaria di riferimento, sui suoi elementi di criticità ed in particolare sul tracciamento dei confini tra il forum shopping, la frode alla competenza e alla legge ed all’abuso di diritto. I primi passi devono necessariamente essere mossi avendo come basilare riferimento normativo il regolamento (CE) n. 2201 del 27 novembre 2003 (c.d. regolamento “Bruxelles II bis”), che disciplina la competenza, il riconoscimento, l’esecuzione delle decisioni in materia matrimoniale ed in materia di responsabilità genitoriale, il quale è andato a sostituire, abrogandolo, il precedente regolamento (CE) 1347/2000 (c.d. regolamento “Bruxelles II”). In particolare, la presente disamina avrà ovviamente ad oggetto le norme riguardanti lo scioglimento del matrimonio ed il suo successivo riconoscimento da parte dell’ordinamento italiano. Punto di partenza non può non essere l’art. 3, par. 1, lett. a) del citato Regolamento Comunitario, il quale va ad elencare tutta una serie di criteri, tra loro alternativi, di competenza giurisdizionale tra i quali vi sono: • • • lo stato di residenza abituale dei coniugi, o In caso di domanda congiunta, la residenza abituale di uno dei due coniugi o la residenza abituale dell’attore se questi vi ha risieduto almeno per un anno immediatamente prima della domanda. Dalla lettura dei criteri suddetti, risultano palesi le opportunità che si possono prospettare alle coppie italiane riguardo la possibilità di addivenire rapidamente ad un divorzio sfruttando il fenomeno del forum shopping, ossia una normativa nazionale più vantaggiosa per il perseguimento dei propri interessi. Nel caso de quo, il vantaggio consisterebbe nella possibilità di stabilire una residenza in un paese la cui legislazione permetta in modo facile, veloce ed economico l’ottenimento di un provvedimento definitivo di divorzio, per poi provvedere all’aggiornamento delle iscrizioni dei registri dello stato civile, in virtù dell’automatico riconoscimento del provvedimento stesso, garantito dall’art. 21, par. 2, del regolamento “Bruxelles II bis”.(2) Questo spiraglio, sfruttato da molti operatori del settore, permette di giungere alla sentenza di divorzio, semplicemente prendendo la residenza in uno stato ben individuato - molto spesso la Romania per questioni di rapidità ed economicità - grazie alla semplice stipulazione di un contratto di locazione per poi, dopo poco tempo, introdurre la domanda giudiziale. Il giudice investito della controversia non dovrà fare altro che applicare direttamente il diritto interno per giungere al provvedimento richiesto dalle parti. Oggi ciò è reso ancora più facile dall’entrata in vigore del regolamento n. 1259/2010, relativo alla cooperazione rafforzata nel settore della legge applicabile a divorzi e separazioni (c.d. regolamento “Roma III”) applicabile dal 21 giugno 2012 in tutti i paesi aderenti, il quale sancisce l’applicazione del diritto del foro interno o per scelta ai sensi dell’art. 4 oppure per l’operare del criterio di residenza abituale dei coniugi, ai sensi dell’art. 8. La sentenza così ottenuta sarà automaticamente riconosciuta in Italia, senza la necessità di alcuna procedura interna, e si potrà iscrivere nei registri dello stato civile, ma solo una volta che la stessa sia divenuta definitiva, ossia non più soggetta ad impugnazione nell’ordinamento di origine. Pare interessante segnalare che, secondo il Massimario del Ministero dell’interno ed. 2011, la trascrizione della sentenza straniera, così come consentita dal D.P.R. 396/2000, agli articoli 63, lett. g) e 69 lett. d) , si può fare con la semplice presentazione del certificato rilasciato dall’autorità che ha emesso la decisione, ai sensi dell’art. 39 del regolamento, senza la necessaria produzione della sentenza. Vi è da aggiungere, altresì, che nei casi in cui non si tratti di sentenze contumaciali, ai sensi dell’art. 22 lett. c) e d) del regolamento Bruxelles II bis, sarà necessaria solamente la produzione di una dichiarazione sostitutiva dell’atto di notorietà che escluda l’esistenza di una incompatibilità del provvedimento medesimo con altri resi nello stato richiesto o ivi riconosciuto.(3) Il concetto di residenza abituale Risulta decisivo ricordare in questa sede che, questa possibilità di forum shopping è volutamente facilitata in quanto il regolamento comunitario contiene degli elementi di incertezza riguardo il modo in cui determinare il concetto di residenza abituale. Alla poca chiarezza della fonte normativa si deve aggiungere, inoltre, la mancanza di chiarimenti da parte della giurisprudenza comunitaria, la quale non ha fornito un apprezzabile contributo né circa la qualificazione del concetto di residenza abituale, né in relazione alla individuazione di criteri che potessero renderne agevole il riconoscimento(4). Invero, il legislatore comunitario nel regolamento 2201/2003 ha considerato come centrale il concetto di residenza abituale (come criterio di collegamento) per rendere operativo il sistema giurisdizionale comunitario in materia familiare. Tuttavia, il regolamento stesso non riesce a fornire una definizione di residenza abituale, e questo non può essere considerata una omissione involontaria del legislatore comunitario, bensì un atto volontario di politica legislativa.(5) Tale volontà è dettata sia dalla scelta di creare un concetto di residenza abituale che non sia legato in alcun modo alle definizioni fornite dai legislatori nazionali, sia dalla necessità di delinearne uno nuovo, autonomo ed interno al diritto comunitario.(6) Certamente, le norme che tale regolamento ha posto in tema di giurisdizione nell’ambito matrimoniale sono volte a favorire lo scioglimento del matrimonio, concedendo ai coniugi (o al coniuge) la possibilità di adire il giudice di uno stato membro dell’unione con modalità facilitate e rapide.(7) Proprio questo favor divortii ha dato luogo ad un sistema di ripartizione della giurisdizione fondato su ben sette fori, tutti alternativi. L’obiettivo di incoraggiare lo scioglimento del matrimonio porta a pensare che il concetto di residenza abituale debba essere interpretato in modo estensivo affinché sia più efficace ed allargata l’operatività dei provvedimenti giudiziari comunitari. Tale modello interpretativo dovrebbe, dunque, condurre ad una valorizzazione dell’aspetto soggettivo della residenza abituale.(8) Si prenda come esempio il caso in cui ci siano due coniugi, uno di nazionalità tedesca ed l’altro di nazionalità spagnola, i quali abbiano vissuto la maggior parte della loro vita matrimoniale in Francia, che per motivi di lavoro si trasferiscano in Grecia e che, dopo cinque mesi dal trasferimento, entrano in crisi e decidono di divorziare. Certamente, dal punto di vista materiale, non si può dire che questa coppia abbia acquisito la dimora abituale in territorio greco, dato l’esiguo periodo di permanenza in questo paese (cinque mesi). Nondimeno, dal punto di vista soggettivo, si potrebbe sostenere che i coniugi abbiano voluto fissare in Grecia il centro dei propri interessi, nonostante la brevità della permanenza in quel paese. Dunque si può sostenere che costoro abbiano acquisito la residenza abituale e per l’effetto siano nella possibilità di adire i giudici greci per addivenire allo scioglimento del matrimonio. In caso contrario, i suddetti coniugi sarebbero costretti ad adire i giudici francesi - perché giudici della residenza della coppia prima del trasferimento - non essendoci alcun criterio che possa radicare la giurisdizione in Grecia.(9) Ad una prudente analisi, comunque, va sottolineato che l’utilizzo dell’aspetto soggettivo della residenza abituale si dovrebbe circoscrivere ai soli casi in cui il titolo giurisdizionale possa essere interpretato in modo conforme alla ratio del regolamento, ossia quando l’elemento oggettivo (materiale) sia molto debole, come nel caso appena prospettato, oppure nell’ipotesi in cui ci sia un conflitto tra una residenza comunitaria ed una extra comunitaria. Quando, di contro, l’elemento materiale – cioè il periodo di permanenza fisica in un dato territorio – ha forza sufficiente, l’elemento soggettivo dovrebbe essere relegato a semplice elemento di conferma mentre, in senso inverso, si potrebbe configurare una interpretazione contraria alla ratio del regolamento. Tale valorizzazione dell’elemento soggettivo la possiamo rinvenire nella sentenza Swaddling(10) della Corte di Giustizia, la quale ha evidenziato la centralità dell’elemento soggettivo nel concetto di residenza abituale, e cioè “la volontà del soggetto di fissare in dato territorio il centro stabile o abituale dei propri interessi”. Comunque, a prescindere da tale sentenza, pare fondamentale interpretare la nozione di residenza abituale in ossequio dello spirito del regolamento comunitario e dunque tenendo in dedito conto l’accezione oggettiva dello stesso. Invero gli ultimi due trattini dell’art. 3 del reg. 2201/2003 contengono la previsione che il coniuge possa rivolgersi al giudice della propria residenza abituale, qualora abbia risieduto in tale luogo almeno un anno prima della domanda giudiziale o addirittura solo sei mesi se è anche cittadino di quello stato.(11) Dunque, il prevedere un limite temporale minimo per l’acquisto della residenza abituale diventa importante in relazione allo spirito del regolamento de quo. Tuttavia, quando il coniuge non abbia risieduto in un paese per un periodi di sei mesi oppure un anno, ed abbia la volontà di utilizzare uno dei due fori in questione, al fine di provare di aver ottenuto la residenza abituale dovrebbe concentrare la prova proprio sull’elemento soggettivo. Per quanto precede, quindi, risulta che il concetto di residenza abituale può essere interpretato utilizzando molte chiavi di lettura e tale nozione può cambiare anche nel medesimo strumento normativo, come avviene nel regolamento oggetto della presente disamina. Invero nel regolamento n.2201/2003, in ambito matrimoniale, il favor divortii conduce ad utilizzare una interpretazione estensiva della residenza abituale con predilezione dell’elemento soggettivo, altresì, in ambito di responsabilità genitoriale, si ha un cambiamento di approccio che suggerisce di abbandonare sia l’elemento soggettivo che oggettivo, per affidarsi ad una visione più flessibile, con una interpretazione del concetto di residenza abituale variabile a seconda dell’interesse del minore, che può essere più estensivo, ora più restrittivo, sempre ed esclusivamente in relazione alle esigenze del minore. Anzi, l’approccio ermeneutico potrebbe mutare anche nello stesso settore normativo. In materia matrimoniale, ad esempio, l’elemento soggettivo è valorizzato nei limiti in cui l’elemento materiale è debole mentre, quando la permanenza fisica in uno Stato diventa prolungata o all’interno dei paletti fissati dal regolamento comunitario, l’elemento oggettivo torna ad assumere una rilevanza primaria. In altri termini, si può affermare l’esistenza di una pluralità di definizioni di residenza abituale, tanti quanti sono i contesti giuridici in cui si fa utilizzo della stessa.(12) La medesima Corte di Giustizia pare aver accolto questa impostazione nella sentenza del 2 aprile 2009(13) nella quale si è ben guardata dal dare una definizione giuridica della medesima. Del resto il concetto di residenza abituale ha connotati universali proprio per fungere da criterio di collegamento territoriale (internazionale) sciolto da interpretazioni e costrutti nazionali a livello definitorio, motivo per cui di essa non è mai stata fornita una univoca definizione. Stante, in conclusione, l’assenza di parametri certi, il giudice nazionale adito, che debba determinare la sua competenza nel decidere, non può fare altro che autodeterminare i criteri di collegamento, anche in modo abbastanza superficiale, e considerare sussistente il requisito della residenza abituale finanche in base alla semplice titolarità di un contratto di locazione di un immobile posto nell’ambito territoriale del giudicante, senza poi tenere conto del fatto che i ricorrenti, in realtà, hanno il centro principale dei loro interessi altrove. Effettività della residenza abituale e riconoscimento del provvedimento giudiziario estero Alcuni interrogativi potrebbero venir in essere proprio sulla connotazione effettiva della residenza abituale, in particolare in quelle ipotesi in cui emergesse in modo chiaro il carattere apparente di questo criterio di collegamento e di conseguenza il forte rischio che possa essere negata la residenza abituale ex art. art. 17 Reg. CE 2201/2003, con declinazione della competenza giurisdizionale del giudice nazionale adito. Invero, l’attuale Regolamento si discosta dall’anteriore Regolamento 44/2001 (c.d. Bruxelles I) proprio per l’impossibilità, sia che assuma pregio una potenziale accettazione tacita da parte del convenuto costituito il quale si rifiuti di eccepire un difetto di giurisdizione, sia di porre in essere un accordo di proroga della competenza. Da ciò pare evidente rilevare che, in virtù dell’art. 17 Reg. CE 2201/2003, si sia voluto rafforzare l’obbligo di rispetto dei criteri di competenza giurisdizionale e per l’effetto si sia operato un potenziamento, in tal senso, del ruolo del giudice nell’accertamento e nel controllo dei suddetti criteri. E’ interessante notare come l’accertamento della residenza abituale reale (non apparente) sia determinante nelle domande promosse da una parte e quindi non congiunte, in cui il criterio di determinazione della giurisdizione è dato dalla residenza abituale dell’attore, il quale deve aver risieduto nello stato del foro per almeno un anno prima della domanda (art. 3, par. 1, lett. a) quinto trattino). Questa norma prevista dal reg. n.2201/2003 è evidentemente protesa ad evitare che il convenuto venga sottratto al giudice competente, impedendo così manovre evasive in sede di individuazione della corretta giurisdizione del giudicante.(14) Una volta ottenuto un pronunciamento del giudice nazionale, risulta manifestamente difficoltoso un riesame del giudicato da parte del giudicante ad quem in sede di riconoscimento della sentenza negli altri stati membri della UE, non solo in virtù della fiducia reciproca degli stati europei membri, ma anche in relazione alle norme del regolamento comunitario n.2201/2003 de quo, il quale, con palmare evidenza all’art. 24 chiarisce che : “non si può procedere al riesame della competenza giurisdizionale del giudice dello Stato membro d’origine. Il criterio dell’ordine pubblico di cui agli articoli 22, lettera a), e 23, lettera a), non può essere applicato alle norme sulla competenza di cui agli articoli da 3 a 14.” L’articolo che precede esclude palesemente un accertamento della correttezza della determinazione della competenza, perfino invocando il criterio dell’ordine pubblico; ebbene, la sentenza così pronunciata dal giudice a quo - anche se erronea dal punto di vista della competenza giurisdizionale può circolare liberamente in qualunque stato membro dell’unione senza nessuna possibilità di sindacato da parte dello Stato ricevente richiesto del riconoscimento. Altri motivi che potrebbero frapporsi al riconoscimento automatico della decisione, nelle ipotesi sopra descritte, potrebbero essere quelli dell’art. 22 del citato regolamento, sebbene siano da considerare di facile risoluzione e non comportanti, perciò, soverchie difficoltà. Per quanto riguarda, infatti, la lettera b) del suddetto articolo, si precisa che il riconoscimento automatico delle sentenze di divorzio, separazione personale o annullamento del matrimonio, lo si può negare quando tale pronuncia “…è resa in contumacia, ovvero la domanda giudiziale o atto equivalente non è stato notificato o comunicato al convenuto contumace in tempo utile e in modo tale da poter presentare le proprie difese, salvo che sia stato accertato che il convenuto ha accettato inequivocabilmente le decisione.” In questa ipotesi basterebbe la collaborazione di entrambi i coniugi per poter scongiurare qualsivoglia pericolo di diniego. Per quanto attiene, poi, alle ipotesi c) e d) dell’art. 22, c’è da considerare che le due lettere si riferiscono all’ipotesi di precedenti sentenze incompatibili con altre decisioni rese tra le medesime parti. Pare si possano escludere, in tale ambito, decisioni incompatibili e non potrà essere considerata tale una precedente sentenza di separazione pronunciata tra i due coniugi.(15) Piuttosto, può assumere un interesse particolare la lettera a) dell’art. 22 del reg. n.2201/2003, il quale individua nella contrarietà all’ordine pubblico un ulteriore limite al riconoscimento di una sentenza di divorzio, separazione personale o annullamento. Nell’attuale giurisprudenza italiana è considerato pacifico ormai che l’aver ottenuto all’estero un divorzio senza aver lasciato trascorrere un anteriore periodo di separazione, non è contrario all’ordine pubblico, purché risulti accertata la disgregazione effettiva della comunione di vita fra i coniugi.(16) Tale principio, inoltre, è supportato anche dall’art. 25 del regolamento il quale sancisce che “il riconoscimento di una decisione non può essere negato perché la legge dello Stato membro richiesto non prevede per i medesimi fatti il divorzio, la separazione personale o l’annullamento del matrimonio.” Certamente, in tale contesto, può rappresentare un problema di difficile risoluzione, comprendere come l’ordine pubblico possa essere utilizzato per andare a colpire e sanzionare la condotta fraudolenta di quei coniugi che, scientemente, mutano la residenza al fine di poter aggirare la normativa italiana, nonostante non abbiamo mai, né spostato il loro centro di interessi, né abbiamo fattualmente smesso di risiedere in Italia. Una possibile soluzione a questa condotta in frode alla legge ed al diritto internazionale privato in ambito europeo, potrebbe essere la proposizione di un ricorso in via pregiudiziale alla Corte di Giustizia. Ma ad una riflessione più attenta e realista ci si rende facilmente conto come sia molto improbabile che si giunga ad una fase contenziosa, in sede di riconoscimento di un provvedimento straniero, che possa permettere al giudice richiesto del riconoscimento di proporre tale ricorso. Ci si potrebbe altresì chiedere, oltre che sul piano sostanziale, se sia ipotizzabile anche una frode processuale, la quale, tuttavia, sarebbe perpetrata nei confronti del giudice a quo e non nei confronti della controparte.(17) Alcuna dottrina ha ipotizzato, anche, ulteriori problematiche che potrebbero rendere difficile il riconoscimento, a prescindere dal limite dell’ordine pubblico.(18) Nello specifico si è teorizzata la possibilità di applicazione, nei casi de quibus, della giurisprudenza della Corte di Giustizia riguardo la tematica della utilizzazione abusiva o fraudolenta delle situazioni giuridiche di origine comunitaria. In ogni caso, anche nell’ipotesi in cui la residenza all’estero sia fittizia oppure temporanea, al fine di addivenire all’applicazione di una normativa più favorevole, fermo restando l’obbligo di accertamento dell’esistenza della residenza abituale da parte del giudice adito, non si rilevano dubbi sul fatto che il giudice dello Stato del riconoscimento non possa avere alcun potere di sindacato in relazione ai profili che precedono della frode alla legge o dell’abuso di diritto. Il regolamento Ue n.1259/2010 In questo contesto, pare rilevante segnalare come, potenzialmente, altri meccanismi “elusivi” siano possibili in applicazione del più recente Regolamento UE 1259/2010, il quale permette la scelta dell’applicazione della legge di un determinato Stato dell’Unione, solamente attraverso il mutamento della residenza abituale per il tempo necessario. Quest’ultimo meccanismo è reso possibile dall’art. 5 del suddetto regolamento il quale recita: 1)I coniugi possono designare di comune accordo la legge applicabile al divorzio ed alla separazione personale purché si tratti di una delle seguenti leggi: a. la legge dello Stato della residenza abituale dei coniugi al momento della conclusione dell’accordo; o b. la legge dello Stato dell’ultima residenza abituale dei coniugi se uno di essi vi risiede ancora al momento della conclusione dell’accordo; o c. la legge dello Stato di cui uno dei coniugi ha la cittadinanza al momento della conclusione dell’accordo; o d. la legge del foro. 2) Fatto salvo il paragrafo 3, l’accordo che designa la legge applicabile può essere concluso e modificato in qualsiasi momento, ma al più tardi nel momento in cui è adita l’autorità giurisdizionale. 3) Ove previsto dalla legge del foro, i coniugi possono del pari designare la legge applicabile nel corso del procedimento dinanzi all’autorità giurisdizionale. In tal caso, quest’ultima mette agli atti tale designazione in conformità della legge del foro. Il Reg. UE 1259/2010 si pone all’interno di un orientamento già tracciato da altri strumenti dell’Unione Europea in tema di conflitto di leggi, conferendo importanza fondamentale al concetto di volontà delle parti. In precedenza tale impostazione era stata adottata in tema di obbligazioni extracontrattuale e contrattuali non destando particolare meraviglia in dottrina, ma certamente la decisione di inserire questo elemento di libertà anche in materia di divorzio e separazione ha avuto forti connotati di innovazione.(19) Tuttavia, le legislazioni nazionali di gran parte degli Stati che partecipano a questa cooperazione rafforzata, non prevedono in alcun modo la rilevanza della volontà delle parti e si limitano ad enucleare solamente criteri oggettivi per individuare la legge applicabile.(20) Una eccezione è rappresentata dall’art. 17 dell’EGBGB tedesco, che individua la legge applicabile al divorzio con quella che regola i rapporti personali tra coniugi, la quale può essere oggetto di scelta da parte dei coniugi al venir in essere di determinate circostanze (anche se limitatamente alla legge nazionale di uno di essi). Deve essere, altresì, segnalato anche l’art. 52 del codice belga di diritto internazionale privato del 2004, il quale ha recentemente permesso un’autonomia limitata dei coniugi nella scelta della legge applicabile al divorzio ed alla separazione. In questo caso l’effetto consisterà in un restringimento della possibilità di scelta alla legge nazionale comune dei coniugi ovvero alla lex fori. All’interno del Regolamento UE 1259/2010, la scelta legislativa di lasciare ai coniugi la determinazione della legge applicabile al caso concreto, si radica, in ossequio al 15° considerando, nell’esigenza di rafforzare la flessibilità e la maggior certezza del diritto nell’ottica di un incremento della mobilità dei cittadini dell’unione europea. Risulta chiaro come, partendo da queste premesse, le istituzioni europee abbiano voluto introdurre l’elemento della libera scelta per mantenere vivo ed operativo il principio del favor divortii e creare, dunque un continuum con il precedente regolamento CE 2201/2003 in tema di competenza, riconoscimento ed esecuzione delle decisioni in materia matrimoniale e di responsabilità genitoriale ( Bruxelles II bis).(21) Perciò, l’utilizzo della optio iuris, per le istituzioni europee, rappresenta una risposta alla esigenza di permettere, da un lato, una maggior prevedibilità della legge applicabile, escludendo i complicati accertamenti che l’uso dei criteri oggettivi potrebbe provocare, soprattutto da punto di vista fattuale e, dall’altro, tenere in considerazione le aspettative e le volontà dei coniugi in relazione al divorzio o alla separazione personale.(22) A tale proposito, tuttavia, diviene rilevante segnalare, come si farà in seguito, che le statuizioni dell’art. 5 non siano idonee alla realizzazione degli obiettivi appena enucleati, anche se l’analisi delle stesse diviene fondamentale per operare un’interpretazione della norma in questione. Dunque, nel regolamento de quo, assurge a connotato fondante, sia da parte dei redattori che delle istituzioni europee, la volontà delle parti, la quale viene concepita come l’asse portante di tutto il diritto internazionale privato europeo. A sostegno di tale argomentazione, certamente, può essere menzionata la rilevanza estensiva della optio iuris in materie comprese o connesse al diritto di famiglia, come per esempio il reg. CE n. 4/2009 del 18 dicembre 2008 in tema di competenza, legge applicabile, riconoscimento, esecuzione delle decisioni e alla cooperazione in materia di obbligazioni alimentari, e come la commissione ha recentemente prospettato, fra l’altro, in tema di rapporti patrimoniali tra coniugi.(23) Tuttavia, se, da un lato, tale tendenza può permettere ai coniugi la libera ed autonoma scelta della legge applicabile al divorzio (o alla separazione) e alle questioni accessorie(24) , dall’altra si può supporre, con un buon grado di precisione, che solamente un numero esiguo di coppie potrà avvalersi di questa opzione. In ogni caso, in tale contesto, risulterebbe esclusa una fondamentale questione accessoria al divorzio ed alla separazione, ossia la responsabilità genitoriale. Invero, in questo ambito, per la determinazione della legge applicabile per i 22 Stati membri dell’Unione europea(25) (tra i quali non è compresa l’Italia), si applica la convenzione dell’Aja del 1996 (sulla competenza giurisdizionale, la legge applicabile, il riconoscimento e l’esecuzione delle decisioni, nonché la cooperazione in materia di potestà dei genitori e di misure per la tutela dei minori), che richiama, in via principale, la legge dello Stato di residenza abituale del minore e non ammette la scelta della legge. A questo c’è da aggiungere che la forza dell’autonomia della volontà all’interno del diritto internazionale privato dell’Unione europea, si è molto indebolita in quanto le possibilità di scelta della legge applicabile, all’interno dei vari strumenti, è molto diversificata. Senza dubbio l’autonomia prevista nell’art. 5 del regolamento in commento ha una valenza ed una forza completamente diversa per intensità, per esempio, rispetto al reg. CE n. 864/2007 dell’11 luglio 2007 sulla legge applicabile alle obbligazioni extra-contrattuali (Roma II)(26) e nel reg. CE n. 593/2008 del 17 giugno 2008 sulla legge applicabile alle obbligazioni contrattuali (Roma I).(27) Innanzitutto, in realtà i coniugi nel regolamento UE 1259/2010 posso esercitare concretamente un potere di scelta vincolato, dacché si può espletare esclusivamente in relazione ad alcune leggi nazionali con le quali sia esistente un legame di prossimità, ivi compresa la lex fori. Questa impostazione è seguita anche dal reg. CE n. 593/2008 ma esclusivamente in alcune ipotesi di contratti per particolari esigenze di protezione(28), permettendo nelle altre ipotesi (art. 3 reg. CE 593/2008 e art. 14 reg CE 864/2007) una scelta della legge applicabile meno restrittiva rispetto al reg. UE 1259/2010 in commento, come la legge di qualunque Stato, anche non connesso alla fattispecie.(29) Inoltre i coniugi, nel reg. 1259/2010, in tema di divorzio e separazione, posso effettuare la scelta della legge applicabile solamente in forma espressa, non avendo spazio alcuno le manifestazioni tacite o presunte dei coniugi. Questa previsione ha evidentemente l’intento, da un lato, di conferire certezza alla scelta operata dai coniugi, dall’altro sottende ad una finalità protettiva. Tale circostanza si riscontra facilmente nella portata che il regolamento attribuisce alla scelta informata dei coniugi, i quali devono avere coscienza delle implicazioni giuridiche e sociali che possono derivare dalla indicazione di una determinata legge, anche per evitare possibili abusi e prevaricazione della parte più forte.(30) Altra differenziazione, che indurrà certamente difficolta applicative, del regolamento in commento rispetto al reg. CE n. 864/2007 ed al reg. CE 593/2008, la si può individuare nell’assenza di parallelismo tra la libertà di scelta della legge applicabile ed una libertà di proroga della giurisdizione. In relazione a questa tematica, lo stesso reg. CE 2201/2003(31), nonostante fornisca tutta una serie di fori alternativi, non concede ai coniugi la facoltà di nominare, di comune accordo, il giudice munito di giurisdizione.(32) Dunque, da quanto precede, pare evidente come nel regolamento UE 1259/2010, sebbene sia prevista per i coniugi la possibilità di scegliere in autonomia la legge applicabile, manchi quasi del tutto quell’impostazione liberale che considera lo scioglimento del matrimonio un inevitabile effetto della crisi coniugale, che pure è fortemente presente nella cultura degli Stati membri dell’Unione europea.(33) Sembra, in altre parole, che il legislatore comunitario abbia voluto contemperare il dato innovativo, per molti Stati dell’Unione, consistente nella scelta della legge in materia matrimoniale, con valutazioni radicate nel principio di prossimità e tutela della parità tra i coniugi. Anche nel contesto generale dell’art. 5 del reg. UE 1259/2010 ci si può interrogare entro quali limiti il giudice di altro stato membro, adito per una domanda di separazione o divorzio, possa invocare il limite dell’ordine pubblico (art. 12 reg.) per non dare applicazione alla legge scelta dalle parti, nei casi in cui si palesi l’intento elusivo degli stessi della normativa nazionale interna. Ulteriori e conclusive considerazioni Una ulteriore riflessione si impone in questo contesto. In particolare tale considerazione prende le mosse dalla giurisprudenza della Corte di giustizia, la quale sostiene che qualsiasi attività statale che voglia contrapporsi e contrastare queste pratiche di forum shopping, con “elusione” delle normative nazionale, deve sempre effettuare delle valutazioni di meritevolezza circa il sotteso interesse dallo Stato.(34) Tali esigenze, nondimeno, si riproporrebbero inevitabilmente anche nell’invocazione del limite dell’ordine pubblico. Ad ogni buon conto, sembra molto inverosimile che lo Stato italiano, per motivare attività di contrasto ai fenomeni elusivi di cui sopra, consideri meritevole di tutela la cieca ed ostinata difesa della disciplina interna in tema di divorzio, per italiani residenti in Italia. Tali previsioni sono, tra l’altro, confortate dal fatto che, al momento, non risultano dei dinieghi di riconoscimento di sentenze di questo tipo. Di contro, è rilevante segnalare che il Ministero, con una recente circolare, la n. 40 del 18 luglio 2007, ha stabilito come siano irriconoscibili i divorzi olandesi costituiti da una trasformazione per volontà della parti del vincolo matrimoniale in convivenza registrata, con successivo scioglimento tramite mera dichiarazione di volontà resa all’ufficiale di stato civile.(35) Orbene, il fenomeno del c.d. divorzio europeo sopra descritto, alla luce della presente disamina, certamente rivestirà un ruolo importante in quel processo spontaneo di armonizzazione della normativa italiana a quella di altri paesi più avanzati dal punto di vista legislativo e sociale. E’ evidente che tale armonizzazione indiretta è tesa a scongiurare discriminazioni al contrario ed è, tra l’altro, una pratica già molto conosciuta in altri settori nei quali ha lasciato una profonda impronta la normativa dell’Unione. Altro fenomeno interessante, infine, sul quale vale la pena soffermare la nostra attenzione, in tema di divorzi rapidi, è certamente quello del divorzio notarile. Addirittura in Portogallo è ammesso il divorzio on-line (c.d. cyber divorzio) nel caso in cui ci sia il consenso dei coniugi; l’unico requisito è il possesso della carta d’identità elettronica.(36) Al momento, può sembrare bassa la fattibilità del riconoscimento in Italia di tale fenomenologia ma, in realtà, esistono enormi potenzialità di questa concreta alternativa. L’applicazione concreta potrebbe derivare dall’art. 46 del reg. n.2201/2003, il quale stabilisce che “gli atti pubblici formati e aventi efficacia esecutiva in uno Stato membro nonché gli accordi tra le parti aventi efficacia esecutiva nello Stato membro di origine sono riconosciuti ed eseguiti alle stesse condizioni previste per le decisioni “. Invero la Cassazione, anche se nel dissimile ambito delle obbligazioni civili soggette all’applicazione del reg. 44/2001, ha avuto modo di affermare la valenza di titolo esecutivo di un atto notarile, in particolare in relazione ad una dichiarazione di debito di somma determinata ricevuta da notaio, giacché costituiva titolo esecutivo nell’ordinamento di origine, in quel caso la Germania.(37) Come per il riconoscimento delle decisioni, ci si può chiedere se esista un contrasto con il principio dell’ordine pubblico basato sul dubbio se tale materia possa essere affidata esclusivamente ad un organo giurisdizionale. Problematica, tra l’altro, già postasi nell’ambito della Legge 218/1995 in tema di divorzi notarili cubani e brasiliani. Ebbene, in relazione a queste particolari tipologie di divorzio, proprio il Ministero dell’Interno ha operato delle aperture al riconoscimento de quo. Nell’ipotesi di un divorzio consensuale pronunciato all’estero da un’autorità non giurisdizionale, sempre in conformità alle leggi vigenti in quel paese, è possibile eseguire la trascrizione, se risulti accertata la conformità ai principi di cui all’art. 64 della Legge n. 218/95,(38) analogamente a quanto già è previsto per le sentenze straniere di divorzio. Altresì, deve aggiungersi che i medesimi effetti della sentenza di divorzio si riconoscono finanche al divorzio consensuale ottenuto presso il “cartorio” brasiliano (ufficio notarile deputato alla gestione dello stato civile).(39) In conclusione, alla luce di ciò, tenuto conto dell’orientamento del Ministero in tema di divorzio cubani o brasiliani, si può plausibilmente sostenere che questa posizione possa essere anche mantenuta in relazione ai divorzi notarili resi in paesi dell’Unione europea, applicando il sopracitato art. 46 del regolamento n. 2201/2003 e valutando sempre la conformità alle condizioni per la circolazione delle decisioni. La successiva e conclusiva domanda da porsi è con quali criteri si possa stabilire la competenza del notaio. Pare ragionevole sostenere che, anche in questa particolare ipotesi, la competenza del notaio la si determini in base ai criteri di giurisdizione specificati nel regolamento. Si segnala: • • Processo di seprazione e divorzio, a cura di G. De Marzo, Altalex Editore, 2012; Master in Diritto di Famiglia, Altalex Formazione. (Altalex, 24 settembre 2013. Articolo di Nicola Gammarrota) _______________ (1) Berloco, Le sentenze di divorzio pronunciate in Brasile, in Lo Stato Civile Italiano, maggio 2013. (2) In merito si veda, Cafari Panico, Divorzi stranieri tra riconoscimento e trascrizione, in Riv. Dir. Int. Priv. Proc. , 2002 e Nicola Gammarrota, Divorzio europeo, in www.divorzioin6mesi.it. (3) Olivia Lopes Pegna, Nuove frontiere del forum shopping: effetti in Italia dei divorzi facili ottenuti all’estero, in http://aldricus.com/ ; Cafari Panico, Il riconoscimento e l’esecuzione delle decisioni in materia matrimoniale nel nuovo regolamento Bruxelles II, in Lo scioglimento del matrimonio nei regolamenti europei: da Bruxelles II a Roma III, a cura di Bariatti e Ricci, Padova, 2007. (4) Mellone, La nozione di residenza abituale e la sua interpretazione nelle norme di conflitto comunitarie, in Rivista di Diritto Internazionale Privato e Processuale, 2010. (5) Infatti l’articolo 2 fornisce 11 definizioni riguardanti concetti che potrebbero essere utilizzati nel regolamento tra i quali non figura la nozione più importante. (6) Questa volontà si può enucleare anche dalla relazione accompagnatoria della convenzione di Bruxelles del 1998. (7) Tali normative hanno la finalità di facilitare la libera circolazione delle persone nel territorio dell’Unione. Invero un cittadino potrebbe essere dissuaso a trasferirsi in un altro paese o ritrasferirsi nel proprio dopo la crisi coniugale se per risposarsi dovesse affrontare tempi e oneri eccessivi. Nell’ottica del favor divortii la scelta legislativa è stata quella di far liberamente circolare le sentenze dichiaranti lo scioglimento dell’unione e non quelle che hanno respinto la domanda sulla validità ed efficacia del matrimonio. In questa ipotesi, infatti, si dovrebbe ricorrere alla ordinaria procedura di delibazione della sentenza straniera. (8) Il concetto di residenza abituale può essere scomposto in oggettivo o soggettivo. L’elemento oggettivo è quello che permette di identificare il legame fisico tra un soggetto ed un dato territorio. Questo elemento è costituito da due sotto-elementi: l’elemento quantitativo, cioè la durata temporale del soggiorno di un individuo in uno Stato e l’elemento qualitativo, cioè la natura e le caratteristiche di una determinata permanenza in un paese. Il secondo sotto-elemento ha la funzione di correggere il primo in quanto si può escludere che un soggiorno sia considerato residenza abituale se, pur essendo prolungato nel tempo, non identifichi un legame genuino tra l’individuo e lo Stato. Invece, l’elemento soggettivo del concetto di residenza abituale consiste nell’intenzione dell’individuo di fissare la propria residenza, con un cosciente carattere di stabilità in un dato territorio ( Mellone, La nozione di residenza abituale e la sua interpretazione nelle norme di conflitto comunitarie, cit.). (9) In aggiunta alla residenza abituale dei coniugi al momento della domanda di scioglimento del matrimonio, gli altri fori specificati dall’art. 3 del regolamento n. 2201/2003 si fondano sulla residenza abituale di almeno uno dei coniugi ovvero sulla cittadinanza comune degli stessi. (10) Sent. 25 febbraio 1999, in causa C-90/97, Swaddling c. Adjudication officer. (11) Entrambi i parametri esprimono il favor divortii a cui è ispirato il regolamento 2201/2003; comunque va precisato che la volontà legislativa comunitaria è protesa alla tutela dalla esigenza di tenere in considerazione le situazioni di quei coniugi in crisi che lasciano il paese in cui si trovava il centro della loro vita familiare, per fare ritorno nel loro paese d’origine oppure in un paese terzo. (12) Evidenzia la rischiosità della univocità di definizione del concetto di residenza abituale, Richez— Ponz, La notion de “residence”. (13) Sent. 2 aprile 2009, in causa C-523/07, in cui i giudici comunitari hanno si sono pronunciati sul concetto di residenza abituale nel diritto internazionale privato comunitario ancorché limitatamente al solo ambito della responsabilità genitoriale. Nel caso di specie, tre minori svedesi si erano recati con la madre ed il patrigno in Finlandia per una vacanza di alcuni mesi al termine della quale i minori erano rimasti in Finlandia mentre i genitori erano rientrati in Svezia. Allo stato, le autorità finlandesi avendoli dichiarati abbandonati, li aveva affidati ad un istituto di accoglienza. La Corte fu chiamata a pronunciarsi se tale periodo di permanenza potesse assurgere alla qualità di residenza abituale e dunque radicasse la competenza giurisdizionale in capo al giudicante finlandese. Ebbene la stessa Corte evitò di fornire una definizione giuridica di residenza abituale, fornendo solamente ai giudici di merito alcuni elementi fondamentali da prendere in considerazione. Invero la stessa Corte chiarì che il concetto di residenza abituale che la giurisprudenza comunitaria ha fornito per alcuni settori, non può essere utilizzata nel caso in esame e che tale concetto deve essere inevitabilmente letto alla luce dello specifico settore in cui ha diretta applicazione. (14) Olivia Lopes Pegna, Nuove frontiere del forum shopping, cit. . (15) Olivia Lopes Pegna, Nuove frontiere del forum shopping, cit. . (16) Corte d’Appello di Perugia, sent. 10 marzo 2011: “ In caso di litispendenza tra una causa di divorzio intentata in Spagna ed una causa di separazione personale intentata in Italia ai sensi dell’art. 19 del regolamento (CE) n. 2201/2003 del 27 novembre 2003, non sussiste la giurisdizione italiana bensì quella spagnola allorchè il giudice di tale Stato abbia ammesso la relativa domanda con sentenza interlocutoria, a prescindere dalla successiva notifica, in un momento anteriore a quello del deposito del ricorso in Italia. Non contrasta con l’ordine pubblico ai sensi dell’art. 22 del regolamento (CE) n. 2201/2003, una sentenza spagnola di divorzio pronunciata senza un previo periodo di separazione personale. Non è riconoscibile, in quanto contraria all’ordine pubblico processuale di cui all’art. 22 lett. a del regolamento n. 2201/2003, una sentenza spagnola di divorzio nel cui processo la notifica della domanda al convenuto sia stata effettuata con le formalità relative alle persone irreperibili malgrado l’attore fosse a conoscenza della residenza in Italia di questi; né può costituire accettazione della decisione straniera ex art. 22 lett. b la mancata impugnazione da parte del convenuto della sentenza stessa. In virtù della non riconoscibilità di una sentenza spagnola di divorzio tra gli stessi coniugi, sussiste la giurisdizione italiana in una causa di separazione personale qualora, ai sensi dell’art. 3 del regolamento (CE) n. 2201/2003, l’ultima residenza abituale dei coniugi sia in Italia e uno di essi vi risieda ancora.” (17) Olivia Lopes Pegna, Nuove frontiere del forum shopping, cit. . (18) Gestri, Abuso del diritto e frode alla legge nel diritto comunitario, Milano, 2003. (19) E’ il carattere profondamente innovativo che ha prodotto il debole consenso di questo regolamento, generando una cooperazione rafforzata. Per la posizione del Regno Unito sulla originaria proposta della commissione, v. il rapporto del Select Commitee on European Union (Session 2005/2006) alla House of Lords, all’indirizzo web: http://www.publications.paliament.uk. (20) Limitando l’esame agli Stati membri partecipanti, nel senso di non permettere alcuna scelta di legge e di utilizzare solo criteri oggettivi di collegamento sono orientati, oltre l’art. 31 della L n.218/95, l’art. 107 del còdigo civil spagnolo, gli articoli 52 e 55 del còdigo civil portoghese , l’art. 37 della Zakon o medunarodnem zasebnem pravu in postkopu slovena, gli articoli 14 e 16 del codice civile greco, l’art. 310 del code civil francese; gli artt. 18 e 20 dell’IPRG austriaca; l’art. 305 del code civil lussemburghese; artt. 20 e 22 della legge romena 105/1992; l’art. 82 del codice bulgaro di diritto internazionale privato. Il ricorso generalizzato alla lex fori è previsto nel solo ordinamento lettone, anche se la maggior parte delle disposizioni sopra menzionate ammettono l’applicazione di tale legge, in mancanza di altri criteri di collegamento o quando le legge straniera richiamata non ammette il divorzio o la separazione personale. Sulle ragioni di tale atteggiamento prudente v. Pocar, Osservazioni a margine della proposta di regolamento sulla giurisdizione e la legge applicabile al divorzio, in La famiglia nel diritto internazionale privato comunitario, a cura di Bariatti, Milano, 2007. (21) In G.U.U.E. n. L 338 del 23 dicembre 2003. La libertà di sciogliere il vincolo matrimoniale è uno dei cardini ispiratori del reg. “Bruxelles II bis” : cfr Baratta, Il diritto internazionale privato della famiglia, in Diritto internazionale privato e diritto comunitario, a cura di Picone, Padova, 2004, il quale sostiene sia eccessivo il numero dei titoli di giurisdizione previsti, specialmente in relazione alla mancata armonizzazione delle norma di conflitto (ora parzialmente superata). (22) In questo senso, già Bonomi, Il diritto applicabile alla separazione e al divorzio nella recente proposta di regolamento comunitario, cit. . (23) Cfr la proposta di regolamento del Consiglio relativo alla competenza, alla legge applicabile, al riconoscimento e alla esecuzione delle decisioni in materia di regimi patrimoniali tra coniugi, presentata dalla Commissione il 16 marzo 2011, COM (2011) 126 def. (24) In tal senso, Bonomi, Il diritto applicabile alla separazione ed al divorzio, cit. ; Franzina, L’autonomia della volontà nel regolamento sui conflitti di leggi in materia di separazione e divorzio, in Riv. Dir. Internaz., 2011. (25) Nell’ipotesi in cui si adottasse una misura dell’Unione europea in tale contesto, certamente prevarrebbe sulla Convezione dell’Aja nei rapporti tra gli Stati membri dell’Unione, secondo la clausola c.d. di disconnessione prevista dall’art. 52 , paragrafi 2 e 4, della convenzione stessa. Sulla convenzione v. Picone, La nuova convenzione dell’Aja sulla protezione dei minori, in Riv. Dir. Internaz. Priv. E proc. , 1996. (26) In G.U.U.E. n. L 199 del 31 luglio 2007. (27) In G.U.U.E. n. L 177 del 4 luglio 2008. (28) cfr il 32° considerando del reg. CE n. 593/2008: << in ragione del carattere particolare dei contratti di trasporto e dei contratti di assicurazione, disposizioni specifiche dovrebbero garantire un adeguato livello di tutela dei passeggeri e dei titolari di polizza>>. In tema di contratti di trasporto, si rinvia a Biagioni, Art. 5, in Regolamento CE n. 593/2008 del Parlamento europeo e del Consiglio del 17 giugno 2008 sulla legge applicabile alle obbligazioni contrattuali (<<Roma I>>) , Commentario, a cura di Salerno e Franzina; in materia di contratti di assicurazione, v. Pizzolante, Art. 8 in Regolamento CE n. 593/2008 cit. , nonché Piroddi, I contratti di assicurazione tra mercato interno e diritto internazionale privato, in La nuova disciplina comunitaria della legge applicabile ai contratti (Roma I), a cura di Boschiero, Torino, 2009. (29) Sulla scelta di legge nel regolamento <<Roma I>>, Bertoli, Choice of law by the parties in the Rome II Regulation, in Riv. Dir. Internaz., 2009. (30) Cfr. Il 18° considerando del regolamento: << La scelta informata di entrambi i coniugi è un principio essenziale del presente regolamento. Ciascun coniuge dovrebbe sapere esattamente quali sono le conseguenze giuridiche e sociali della scelta della legge applicabile. La possibilità di scegliere di comune accordo la legge applicabile dovrebbe far salvi i diritti e le pari opportunità per i due coniugi. A tal fine i giudici negli Stati membri partecipanti dovrebbero essere consapevoli dell’importanza di una scelta informata per entrambi i coniugi riguardo alle conseguenze giuridiche dell’accordo raggiunto>>. La parità tra i coniugi, pur non espressamente richiamata dalla Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea, costituisce evidentemente un corollario del divieto di discriminazione in base al sesso contenuto nel art. 21 della Carta. (31) A tal proposito è degno di nota segnalare come la proposta originaria della Commissione di regolamento del Consiglio che doveva modificare il reg. n. 2201/2003 esclusivamente in punto di competenza giurisdizionale, che riguardava l’introduzione di norme sulla legge applicabile in materia matrimoniale, COM (2006) 399 def., avesse previsto l’inserimento di un art. 3 bis nel regolamento 2201 che avrebbe conferito ai coniugi una limitata possibilità di proroga della giurisdizione. (32) Conferma del fatto che nel reg. CE n. 2201/2003 sia concesso pochissimo spazio alla volontà delle parti, deriva dal fatto che non è prevista neanche una proroga tacita della giurisdizione, in conseguenza della mancata eccezione sul punto da parte convenuta, come ritiene anche Salerno, I criteri di giurisdizione comunitari in materia matrimoniale, in Lo scioglimento del matrimonio nei regolamenti europei, a cura di Bariatti e Ricci. (33) Si veda in Famiglia e diritto, con commento di Schlesinger, Matrimonio tra individui dello stesso sesso contratto all’estero e Bonini Baraldi, Il matrimonio fra cittadini italiani dello stesso sesso contratto all’estero e non trascrivibile: inesistente, invalido o contrario all’ordine pubblico?. (34) V. sul punto Bonomi, Il diritto applicabile alla separazione e al divorzio, cit. (35) Cfr. Adinolfi, La nozione di abuso di diritto nell’unione europea, Riv. Dir. Internaz., 2012. (36) Olivia Lopes Pegna, Nuove frontiere del forum shopping, cit. . (37) Cass., 14 giugno 2011 n. 12963, in Rivista di diritto internazionale privato e processuale, 2012. (38) V. nota del Ministero della Giustizia del 19 ottobre del 1998 prot. n.54 – FG – 18 in relazione al divorzio cubano. (39) Olivia Lopes Pegna, Nuove frontiere del forum shopping, cit. ; cfr. circolare n. 18 del 12 luglio 2011; cfr. anche Corte d’Appello di Ancona, 7 marzo 2009. / divorzio / divorzio breve / estero / forum shopping / Nicola Gammarrota / ( da www.altalex.it )