Divorzio breve di coppie italiane all`estero: i contorni del fenomeno

Divorzio breve di coppie italiane all'estero: i contorni del fenomeno
Articolo 24.09.2013 (Nicola Gammarrota)
Un fenomeno interessante e molto attuale è certamente quello della
tendenza dei coniugi italiani a ricorrere al fenomeno del forum shopping al fine di poter giungere, in
tempi brevi, ad una sentenza di divorzio, senza le lunghe attese imposte della normativa italiana.
Tale fenomenologia diventa ancor più rilevante alla luce dei recentissimi tentativi di apportare delle
modifiche alla normativa sul divorzio - segnatamente all’art. 3 della Legge 898/1970 - avvenuti tramite
proposte referendarie e di legge. Le normative comunitarie, oggetto della presente disamina, offrono
un percorso facile a quelle coppie italiane - ed a tutte le coppie con cittadinanza di un paese dell’Unione
europea - che non ritengano di poter attendere le tempistiche della legislazione nazionale e che
desiderino una rapida risoluzione del vincolo coniugale. Ormai, già dal 2003, è possibile percorrere
questa nuova strada, e il progressivo allargamento del numero dei paesi membri dell’unione europea, con
apertura anche all’est europeo, ha creato prospettive interessanti, soprattutto dal punto di vista dei
costi da sopportare per intraprendere tale percorso. Il presupposto necessario è rappresentato dalla
consensualità della rottura del vincolo che, contestualmente alle veloci procedure di alcuni paesi esteri,
può permettere la dissoluzione del vincolo matrimoniale in pochissimi mesi, aggirando il passaggio
obbligato dalla separazione imposto dalla normativa italiana. La fase successiva consiste nella
trascrizione del provvedimento di divorzio nei registri di stato civile, in virtù del riconoscimento
automatico della sentenza da parte dello Stato italiano, reso possibile dalla normativa de quo.(1)
L’analisi di questo fenomeno, che in questa sede non ha ambizioni di esaustività, porta ad interessanti
riflessioni sulla normativa comunitaria di riferimento, sui suoi elementi di criticità ed in particolare sul
tracciamento dei confini tra il forum shopping, la frode alla competenza e alla legge ed all’abuso di
diritto.
I primi passi devono necessariamente essere mossi avendo come basilare riferimento normativo il
regolamento (CE) n. 2201 del 27 novembre 2003 (c.d. regolamento “Bruxelles II bis”), che disciplina la
competenza, il riconoscimento, l’esecuzione delle decisioni in materia matrimoniale ed in materia di
responsabilità genitoriale, il quale è andato a sostituire, abrogandolo, il precedente regolamento (CE)
1347/2000 (c.d. regolamento “Bruxelles II”).
In particolare, la presente disamina avrà ovviamente ad oggetto le norme riguardanti lo scioglimento
del matrimonio ed il suo successivo riconoscimento da parte dell’ordinamento italiano.
Punto di partenza non può non essere l’art. 3, par. 1, lett. a) del citato Regolamento Comunitario, il
quale va ad elencare tutta una serie di criteri, tra loro alternativi, di competenza giurisdizionale tra i
quali vi sono:
•
•
•
lo stato di residenza abituale dei coniugi, o
In caso di domanda congiunta, la residenza abituale di uno dei due coniugi o
la residenza abituale dell’attore se questi vi ha risieduto almeno per un anno immediatamente
prima della domanda.
Dalla lettura dei criteri suddetti, risultano palesi le opportunità che si possono prospettare alle coppie
italiane riguardo la possibilità di addivenire rapidamente ad un divorzio sfruttando il fenomeno del
forum shopping, ossia una normativa nazionale più vantaggiosa per il perseguimento dei propri interessi.
Nel caso de quo, il vantaggio consisterebbe nella possibilità di stabilire una residenza in un paese la cui
legislazione permetta in modo facile, veloce ed economico l’ottenimento di un provvedimento definitivo
di divorzio, per poi provvedere all’aggiornamento delle iscrizioni dei registri dello stato civile, in virtù
dell’automatico riconoscimento del provvedimento stesso, garantito dall’art. 21, par. 2, del regolamento
“Bruxelles II bis”.(2) Questo spiraglio, sfruttato da molti operatori del settore, permette di giungere
alla sentenza di divorzio, semplicemente prendendo la residenza in uno stato ben individuato - molto
spesso la Romania per questioni di rapidità ed economicità - grazie alla semplice stipulazione di un
contratto di locazione per poi, dopo poco tempo, introdurre la domanda giudiziale. Il giudice investito
della controversia non dovrà fare altro che applicare direttamente il diritto interno per giungere al
provvedimento richiesto dalle parti.
Oggi ciò è reso ancora più facile dall’entrata in vigore del regolamento n. 1259/2010, relativo alla
cooperazione rafforzata nel settore della legge applicabile a divorzi e separazioni (c.d. regolamento
“Roma III”) applicabile dal 21 giugno 2012 in tutti i paesi aderenti, il quale sancisce l’applicazione del
diritto del foro interno o per scelta ai sensi dell’art. 4 oppure per l’operare del criterio di residenza
abituale dei coniugi, ai sensi dell’art. 8.
La sentenza così ottenuta sarà automaticamente riconosciuta in Italia, senza la necessità di alcuna
procedura interna, e si potrà iscrivere nei registri dello stato civile, ma solo una volta che la stessa sia
divenuta definitiva, ossia non più soggetta ad impugnazione nell’ordinamento di origine.
Pare interessante segnalare che, secondo il Massimario del Ministero dell’interno ed. 2011, la
trascrizione della sentenza straniera, così come consentita dal D.P.R. 396/2000, agli articoli 63, lett. g)
e 69 lett. d) , si può fare con la semplice presentazione del certificato rilasciato dall’autorità che ha
emesso la decisione, ai sensi dell’art. 39 del regolamento, senza la necessaria produzione della sentenza.
Vi è da aggiungere, altresì, che nei casi in cui non si tratti di sentenze contumaciali, ai sensi dell’art. 22
lett. c) e d) del regolamento Bruxelles II bis, sarà necessaria solamente la produzione di una
dichiarazione sostitutiva dell’atto di notorietà che escluda l’esistenza di una incompatibilità del
provvedimento medesimo con altri resi nello stato richiesto o ivi riconosciuto.(3)
Il concetto di residenza abituale
Risulta decisivo ricordare in questa sede che, questa possibilità di forum shopping è volutamente
facilitata in quanto il regolamento comunitario contiene degli elementi di incertezza riguardo il modo in
cui determinare il concetto di residenza abituale.
Alla poca chiarezza della fonte normativa si deve aggiungere, inoltre, la mancanza di chiarimenti da
parte della giurisprudenza comunitaria, la quale non ha fornito un apprezzabile contributo né circa la
qualificazione del concetto di residenza abituale, né in relazione alla individuazione di criteri che
potessero renderne agevole il riconoscimento(4).
Invero, il legislatore comunitario nel regolamento 2201/2003 ha considerato come centrale il concetto
di residenza abituale (come criterio di collegamento) per rendere operativo il sistema giurisdizionale
comunitario in materia familiare. Tuttavia, il regolamento stesso non riesce a fornire una definizione di
residenza abituale, e questo non può essere considerata una omissione involontaria del legislatore
comunitario, bensì un atto volontario di politica legislativa.(5) Tale volontà è dettata sia dalla scelta di
creare un concetto di residenza abituale che non sia legato in alcun modo alle definizioni fornite dai
legislatori nazionali, sia dalla necessità di delinearne uno nuovo, autonomo ed interno al diritto
comunitario.(6) Certamente, le norme che tale regolamento ha posto in tema di giurisdizione nell’ambito
matrimoniale sono volte a favorire lo scioglimento del matrimonio, concedendo ai coniugi (o al coniuge) la
possibilità di adire il giudice di uno stato membro dell’unione con modalità facilitate e rapide.(7) Proprio
questo favor divortii ha dato luogo ad un sistema di ripartizione della giurisdizione fondato su ben
sette fori, tutti alternativi.
L’obiettivo di incoraggiare lo scioglimento del matrimonio porta a pensare che il concetto di residenza
abituale debba essere interpretato in modo estensivo affinché sia più efficace ed allargata
l’operatività dei provvedimenti giudiziari comunitari. Tale modello interpretativo dovrebbe, dunque,
condurre ad una valorizzazione dell’aspetto soggettivo della residenza abituale.(8) Si prenda come
esempio il caso in cui ci siano due coniugi, uno di nazionalità tedesca ed l’altro di nazionalità spagnola, i
quali abbiano vissuto la maggior parte della loro vita matrimoniale in Francia, che per motivi di lavoro si
trasferiscano in Grecia e che, dopo cinque mesi dal trasferimento, entrano in crisi e decidono di
divorziare. Certamente, dal punto di vista materiale, non si può dire che questa coppia abbia acquisito la
dimora abituale in territorio greco, dato l’esiguo periodo di permanenza in questo paese (cinque mesi).
Nondimeno, dal punto di vista soggettivo, si potrebbe sostenere che i coniugi abbiano voluto fissare in
Grecia il centro dei propri interessi, nonostante la brevità della permanenza in quel paese. Dunque si
può sostenere che costoro abbiano acquisito la residenza abituale e per l’effetto siano nella possibilità
di adire i giudici greci per addivenire allo scioglimento del matrimonio. In caso contrario, i suddetti
coniugi sarebbero costretti ad adire i giudici francesi - perché giudici della residenza della coppia
prima del trasferimento - non essendoci alcun criterio che possa radicare la giurisdizione in Grecia.(9)
Ad una prudente analisi, comunque, va sottolineato che l’utilizzo dell’aspetto soggettivo della residenza
abituale si dovrebbe circoscrivere ai soli casi in cui il titolo giurisdizionale possa essere interpretato in
modo conforme alla ratio del regolamento, ossia quando l’elemento oggettivo (materiale) sia molto
debole, come nel caso appena prospettato, oppure nell’ipotesi in cui ci sia un conflitto tra una residenza
comunitaria ed una extra comunitaria. Quando, di contro, l’elemento materiale – cioè il periodo di
permanenza fisica in un dato territorio – ha forza sufficiente, l’elemento soggettivo dovrebbe essere
relegato a semplice elemento di conferma mentre, in senso inverso, si potrebbe configurare una
interpretazione contraria alla ratio del regolamento.
Tale valorizzazione dell’elemento soggettivo la possiamo rinvenire nella sentenza Swaddling(10) della
Corte di Giustizia, la quale ha evidenziato la centralità dell’elemento soggettivo nel concetto di
residenza abituale, e cioè “la volontà del soggetto di fissare in dato territorio il centro stabile o
abituale dei propri interessi”. Comunque, a prescindere da tale sentenza, pare fondamentale
interpretare la nozione di residenza abituale in ossequio dello spirito del regolamento comunitario e
dunque tenendo in dedito conto l’accezione oggettiva dello stesso. Invero gli ultimi due trattini dell’art.
3 del reg. 2201/2003 contengono la previsione che il coniuge possa rivolgersi al giudice della propria
residenza abituale, qualora abbia risieduto in tale luogo almeno un anno prima della domanda giudiziale o
addirittura solo sei mesi se è anche cittadino di quello stato.(11)
Dunque, il prevedere un limite temporale minimo per l’acquisto della residenza abituale diventa
importante in relazione allo spirito del regolamento de quo. Tuttavia, quando il coniuge non abbia
risieduto in un paese per un periodi di sei mesi oppure un anno, ed abbia la volontà di utilizzare uno dei
due fori in questione, al fine di provare di aver ottenuto la residenza abituale dovrebbe concentrare la
prova proprio sull’elemento soggettivo.
Per quanto precede, quindi, risulta che il concetto di residenza abituale può essere interpretato
utilizzando molte chiavi di lettura e tale nozione può cambiare anche nel medesimo strumento
normativo, come avviene nel regolamento oggetto della presente disamina. Invero nel regolamento
n.2201/2003, in ambito matrimoniale, il favor divortii conduce ad utilizzare una interpretazione
estensiva della residenza abituale con predilezione dell’elemento soggettivo, altresì, in ambito di
responsabilità genitoriale, si ha un cambiamento di approccio che suggerisce di abbandonare sia
l’elemento soggettivo che oggettivo, per affidarsi ad una visione più flessibile, con una interpretazione
del concetto di residenza abituale variabile a seconda dell’interesse del minore, che può essere più
estensivo, ora più restrittivo, sempre ed esclusivamente in relazione alle esigenze del minore.
Anzi, l’approccio ermeneutico potrebbe mutare anche nello stesso settore normativo. In materia
matrimoniale, ad esempio, l’elemento soggettivo è valorizzato nei limiti in cui l’elemento materiale è
debole mentre, quando la permanenza fisica in uno Stato diventa prolungata o all’interno dei paletti
fissati dal regolamento comunitario, l’elemento oggettivo torna ad assumere una rilevanza primaria.
In altri termini, si può affermare l’esistenza di una pluralità di definizioni di residenza abituale, tanti
quanti sono i contesti giuridici in cui si fa utilizzo della stessa.(12) La medesima Corte di Giustizia pare
aver accolto questa impostazione nella sentenza del 2 aprile 2009(13) nella quale si è ben guardata dal
dare una definizione giuridica della medesima. Del resto il concetto di residenza abituale ha connotati
universali proprio per fungere da criterio di collegamento territoriale (internazionale) sciolto da
interpretazioni e costrutti nazionali a livello definitorio, motivo per cui di essa non è mai stata fornita
una univoca definizione.
Stante, in conclusione, l’assenza di parametri certi, il giudice nazionale adito, che debba determinare la
sua competenza nel decidere, non può fare altro che autodeterminare i criteri di collegamento, anche in
modo abbastanza superficiale, e considerare sussistente il requisito della residenza abituale finanche
in base alla semplice titolarità di un contratto di locazione di un immobile posto nell’ambito territoriale
del giudicante, senza poi tenere conto del fatto che i ricorrenti, in realtà, hanno il centro principale dei
loro interessi altrove.
Effettività della residenza abituale e riconoscimento del provvedimento giudiziario estero
Alcuni interrogativi potrebbero venir in essere proprio sulla connotazione effettiva della residenza
abituale, in particolare in quelle ipotesi in cui emergesse in modo chiaro il carattere apparente di
questo criterio di collegamento e di conseguenza il forte rischio che possa essere negata la residenza
abituale ex art. art. 17 Reg. CE 2201/2003, con declinazione della competenza giurisdizionale del
giudice nazionale adito.
Invero, l’attuale Regolamento si discosta dall’anteriore Regolamento 44/2001 (c.d. Bruxelles I) proprio
per l’impossibilità, sia che assuma pregio una potenziale accettazione tacita da parte del convenuto
costituito il quale si rifiuti di eccepire un difetto di giurisdizione, sia di porre in essere un accordo di
proroga della competenza. Da ciò pare evidente rilevare che, in virtù dell’art. 17 Reg. CE 2201/2003, si
sia voluto rafforzare l’obbligo di rispetto dei criteri di competenza giurisdizionale e per l’effetto si sia
operato un potenziamento, in tal senso, del ruolo del giudice nell’accertamento e nel controllo dei
suddetti criteri. E’ interessante notare come l’accertamento della residenza abituale reale (non
apparente) sia determinante nelle domande promosse da una parte e quindi non congiunte, in cui il
criterio di determinazione della giurisdizione è dato dalla residenza abituale dell’attore, il quale deve
aver risieduto nello stato del foro per almeno un anno prima della domanda (art. 3, par. 1, lett. a) quinto
trattino). Questa norma prevista dal reg. n.2201/2003 è evidentemente protesa ad evitare che il
convenuto venga sottratto al giudice competente, impedendo così manovre evasive in sede di
individuazione della corretta giurisdizione del giudicante.(14)
Una volta ottenuto un pronunciamento del giudice nazionale, risulta manifestamente difficoltoso un
riesame del giudicato da parte del giudicante ad quem in sede di riconoscimento della sentenza negli
altri stati membri della UE, non solo in virtù della fiducia reciproca degli stati europei membri, ma
anche in relazione alle norme del regolamento comunitario n.2201/2003 de quo, il quale, con palmare
evidenza all’art. 24 chiarisce che : “non si può procedere al riesame della competenza giurisdizionale del
giudice dello Stato membro d’origine. Il criterio dell’ordine pubblico di cui agli articoli 22, lettera a), e
23, lettera a), non può essere applicato alle norme sulla competenza di cui agli articoli da 3 a 14.”
L’articolo che precede esclude palesemente un accertamento della correttezza della determinazione
della competenza, perfino invocando il criterio dell’ordine pubblico; ebbene, la sentenza così
pronunciata dal giudice a quo - anche se erronea dal punto di vista della competenza giurisdizionale può circolare liberamente in qualunque stato membro dell’unione senza nessuna possibilità di sindacato
da parte dello Stato ricevente richiesto del riconoscimento.
Altri motivi che potrebbero frapporsi al riconoscimento automatico della decisione, nelle ipotesi sopra
descritte, potrebbero essere quelli dell’art. 22 del citato regolamento, sebbene siano da considerare di
facile risoluzione e non comportanti, perciò, soverchie difficoltà.
Per quanto riguarda, infatti, la lettera b) del suddetto articolo, si precisa che il riconoscimento
automatico delle sentenze di divorzio, separazione personale o annullamento del matrimonio, lo si può
negare quando tale pronuncia “…è resa in contumacia, ovvero la domanda giudiziale o atto equivalente
non è stato notificato o comunicato al convenuto contumace in tempo utile e in modo tale da poter
presentare le proprie difese, salvo che sia stato accertato che il convenuto ha accettato
inequivocabilmente le decisione.” In questa ipotesi basterebbe la collaborazione di entrambi i coniugi
per poter scongiurare qualsivoglia pericolo di diniego. Per quanto attiene, poi, alle ipotesi c) e d) dell’art.
22, c’è da considerare che le due lettere si riferiscono all’ipotesi di precedenti sentenze incompatibili
con altre decisioni rese tra le medesime parti. Pare si possano escludere, in tale ambito, decisioni
incompatibili e non potrà essere considerata tale una precedente sentenza di separazione pronunciata
tra i due coniugi.(15)
Piuttosto, può assumere un interesse particolare la lettera a) dell’art. 22 del reg. n.2201/2003, il quale
individua nella contrarietà all’ordine pubblico un ulteriore limite al riconoscimento di una sentenza di
divorzio, separazione personale o annullamento. Nell’attuale giurisprudenza italiana è considerato
pacifico ormai che l’aver ottenuto all’estero un divorzio senza aver lasciato trascorrere un anteriore
periodo di separazione, non è contrario all’ordine pubblico, purché risulti accertata la disgregazione
effettiva della comunione di vita fra i coniugi.(16) Tale principio, inoltre, è supportato anche dall’art.
25 del regolamento il quale sancisce che “il riconoscimento di una decisione non può essere negato
perché la legge dello Stato membro richiesto non prevede per i medesimi fatti il divorzio, la
separazione personale o l’annullamento del matrimonio.”
Certamente, in tale contesto, può rappresentare un problema di difficile risoluzione, comprendere come
l’ordine pubblico possa essere utilizzato per andare a colpire e sanzionare la condotta fraudolenta di
quei coniugi che, scientemente, mutano la residenza al fine di poter aggirare la normativa italiana,
nonostante non abbiamo mai, né spostato il loro centro di interessi, né abbiamo fattualmente smesso di
risiedere in Italia. Una possibile soluzione a questa condotta in frode alla legge ed al diritto
internazionale privato in ambito europeo, potrebbe essere la proposizione di un ricorso in via
pregiudiziale alla Corte di Giustizia. Ma ad una riflessione più attenta e realista ci si rende facilmente
conto come sia molto improbabile che si giunga ad una fase contenziosa, in sede di riconoscimento di un
provvedimento straniero, che possa permettere al giudice richiesto del riconoscimento di proporre tale
ricorso. Ci si potrebbe altresì chiedere, oltre che sul piano sostanziale, se sia ipotizzabile anche una
frode processuale, la quale, tuttavia, sarebbe perpetrata nei confronti del giudice a quo e non nei
confronti della controparte.(17) Alcuna dottrina ha ipotizzato, anche, ulteriori problematiche che
potrebbero rendere difficile il riconoscimento, a prescindere dal limite dell’ordine pubblico.(18) Nello
specifico si è teorizzata la possibilità di applicazione, nei casi de quibus, della giurisprudenza della
Corte di Giustizia riguardo la tematica della utilizzazione abusiva o fraudolenta delle situazioni
giuridiche di origine comunitaria.
In ogni caso, anche nell’ipotesi in cui la residenza all’estero sia fittizia oppure temporanea, al fine di
addivenire all’applicazione di una normativa più favorevole, fermo restando l’obbligo di accertamento
dell’esistenza della residenza abituale da parte del giudice adito, non si rilevano dubbi sul fatto che il
giudice dello Stato del riconoscimento non possa avere alcun potere di sindacato in relazione ai profili
che precedono della frode alla legge o dell’abuso di diritto.
Il regolamento Ue n.1259/2010
In questo contesto, pare rilevante segnalare come, potenzialmente, altri meccanismi “elusivi” siano
possibili in applicazione del più recente Regolamento UE 1259/2010, il quale permette la scelta
dell’applicazione della legge di un determinato Stato dell’Unione, solamente attraverso il mutamento
della residenza abituale per il tempo necessario. Quest’ultimo meccanismo è reso possibile dall’art. 5
del suddetto regolamento il quale recita:
1)I coniugi possono designare di comune accordo la legge applicabile al divorzio ed alla separazione
personale purché si tratti di una delle seguenti leggi:
a.
la legge dello Stato della residenza abituale dei coniugi al momento della conclusione
dell’accordo; o
b. la legge dello Stato dell’ultima residenza abituale dei coniugi se uno di essi vi risiede ancora al
momento della conclusione dell’accordo; o
c. la legge dello Stato di cui uno dei coniugi ha la cittadinanza al momento della conclusione
dell’accordo; o
d. la legge del foro.
2) Fatto salvo il paragrafo 3, l’accordo che designa la legge applicabile può essere concluso e modificato
in qualsiasi momento, ma al più tardi nel momento in cui è adita l’autorità giurisdizionale.
3) Ove previsto dalla legge del foro, i coniugi possono del pari designare la legge applicabile nel corso
del procedimento dinanzi all’autorità giurisdizionale. In tal caso, quest’ultima mette agli atti tale
designazione in conformità della legge del foro.
Il Reg. UE 1259/2010 si pone all’interno di un orientamento già tracciato da altri strumenti dell’Unione
Europea in tema di conflitto di leggi, conferendo importanza fondamentale al concetto di volontà delle
parti. In precedenza tale impostazione era stata adottata in tema di obbligazioni extracontrattuale e
contrattuali non destando particolare meraviglia in dottrina, ma certamente la decisione di inserire
questo elemento di libertà anche in materia di divorzio e separazione ha avuto forti connotati di
innovazione.(19)
Tuttavia, le legislazioni nazionali di gran parte degli Stati che partecipano a questa cooperazione
rafforzata, non prevedono in alcun modo la rilevanza della volontà delle parti e si limitano ad enucleare
solamente criteri oggettivi per individuare la legge applicabile.(20) Una eccezione è rappresentata
dall’art. 17 dell’EGBGB tedesco, che individua la legge applicabile al divorzio con quella che regola i
rapporti personali tra coniugi, la quale può essere oggetto di scelta da parte dei coniugi al venir in
essere di determinate circostanze (anche se limitatamente alla legge nazionale di uno di essi). Deve
essere, altresì, segnalato anche l’art. 52 del codice belga di diritto internazionale privato del 2004, il
quale ha recentemente permesso un’autonomia limitata dei coniugi nella scelta della legge applicabile al
divorzio ed alla separazione. In questo caso l’effetto consisterà in un restringimento della possibilità di
scelta alla legge nazionale comune dei coniugi ovvero alla lex fori.
All’interno del Regolamento UE 1259/2010, la scelta legislativa di lasciare ai coniugi la determinazione
della legge applicabile al caso concreto, si radica, in ossequio al 15° considerando, nell’esigenza di
rafforzare la flessibilità e la maggior certezza del diritto nell’ottica di un incremento della mobilità dei
cittadini dell’unione europea. Risulta chiaro come, partendo da queste premesse, le istituzioni europee
abbiano voluto introdurre l’elemento della libera scelta per mantenere vivo ed operativo il principio del
favor divortii e creare, dunque un continuum con il precedente regolamento CE 2201/2003 in tema di
competenza, riconoscimento ed esecuzione delle decisioni in materia matrimoniale e di responsabilità
genitoriale ( Bruxelles II bis).(21)
Perciò, l’utilizzo della optio iuris, per le istituzioni europee, rappresenta una risposta alla esigenza di
permettere, da un lato, una maggior prevedibilità della legge applicabile, escludendo i complicati
accertamenti che l’uso dei criteri oggettivi potrebbe provocare, soprattutto da punto di vista fattuale
e, dall’altro, tenere in considerazione le aspettative e le volontà dei coniugi in relazione al divorzio o alla
separazione personale.(22)
A tale proposito, tuttavia, diviene rilevante segnalare, come si farà in seguito, che le statuizioni
dell’art. 5 non siano idonee alla realizzazione degli obiettivi appena enucleati, anche se l’analisi delle
stesse diviene fondamentale per operare un’interpretazione della norma in questione.
Dunque, nel regolamento de quo, assurge a connotato fondante, sia da parte dei redattori che delle
istituzioni europee, la volontà delle parti, la quale viene concepita come l’asse portante di tutto il diritto
internazionale privato europeo. A sostegno di tale argomentazione, certamente, può essere menzionata
la rilevanza estensiva della optio iuris in materie comprese o connesse al diritto di famiglia, come per
esempio il reg. CE n. 4/2009 del 18 dicembre 2008 in tema di competenza, legge applicabile,
riconoscimento, esecuzione delle decisioni e alla cooperazione in materia di obbligazioni alimentari, e
come la commissione ha recentemente prospettato, fra l’altro, in tema di rapporti patrimoniali tra
coniugi.(23) Tuttavia, se, da un lato, tale tendenza può permettere ai coniugi la libera ed autonoma
scelta della legge applicabile al divorzio (o alla separazione) e alle questioni accessorie(24) , dall’altra si
può supporre, con un buon grado di precisione, che solamente un numero esiguo di coppie potrà avvalersi
di questa opzione.
In ogni caso, in tale contesto, risulterebbe esclusa una fondamentale questione accessoria al divorzio
ed alla separazione, ossia la responsabilità genitoriale. Invero, in questo ambito, per la determinazione
della legge applicabile per i 22 Stati membri dell’Unione europea(25) (tra i quali non è compresa
l’Italia), si applica la convenzione dell’Aja del 1996 (sulla competenza giurisdizionale, la legge
applicabile, il riconoscimento e l’esecuzione delle decisioni, nonché la cooperazione in materia di potestà
dei genitori e di misure per la tutela dei minori), che richiama, in via principale, la legge dello Stato di
residenza abituale del minore e non ammette la scelta della legge.
A questo c’è da aggiungere che la forza dell’autonomia della volontà all’interno del diritto internazionale
privato dell’Unione europea, si è molto indebolita in quanto le possibilità di scelta della legge applicabile,
all’interno dei vari strumenti, è molto diversificata. Senza dubbio l’autonomia prevista nell’art. 5 del
regolamento in commento ha una valenza ed una forza completamente diversa per intensità, per
esempio, rispetto al reg. CE n. 864/2007 dell’11 luglio 2007 sulla legge applicabile alle obbligazioni
extra-contrattuali (Roma II)(26) e nel reg. CE n. 593/2008 del 17 giugno 2008 sulla legge applicabile
alle obbligazioni contrattuali (Roma I).(27) Innanzitutto, in realtà i coniugi nel regolamento UE
1259/2010 posso esercitare concretamente un potere di scelta vincolato, dacché si può espletare
esclusivamente in relazione ad alcune leggi nazionali con le quali sia esistente un legame di prossimità,
ivi compresa la lex fori. Questa impostazione è seguita anche dal reg. CE n. 593/2008 ma
esclusivamente in alcune ipotesi di contratti per particolari esigenze di protezione(28), permettendo
nelle altre ipotesi (art. 3 reg. CE 593/2008 e art. 14 reg CE 864/2007) una scelta della legge
applicabile meno restrittiva rispetto al reg. UE 1259/2010 in commento, come la legge di qualunque
Stato, anche non connesso alla fattispecie.(29)
Inoltre i coniugi, nel reg. 1259/2010, in tema di divorzio e separazione, posso effettuare la scelta della
legge applicabile solamente in forma espressa, non avendo spazio alcuno le manifestazioni tacite o
presunte dei coniugi. Questa previsione ha evidentemente l’intento, da un lato, di conferire certezza
alla scelta operata dai coniugi, dall’altro sottende ad una finalità protettiva. Tale circostanza si
riscontra facilmente nella portata che il regolamento attribuisce alla scelta informata dei coniugi, i
quali devono avere coscienza delle implicazioni giuridiche e sociali che possono derivare dalla
indicazione di una determinata legge, anche per evitare possibili abusi e prevaricazione della parte più
forte.(30)
Altra differenziazione, che indurrà certamente difficolta applicative, del regolamento in commento
rispetto al reg. CE n. 864/2007 ed al reg. CE 593/2008, la si può individuare nell’assenza di
parallelismo tra la libertà di scelta della legge applicabile ed una libertà di proroga della giurisdizione.
In relazione a questa tematica, lo stesso reg. CE 2201/2003(31), nonostante fornisca tutta una serie di
fori alternativi, non concede ai coniugi la facoltà di nominare, di comune accordo, il giudice munito di
giurisdizione.(32)
Dunque, da quanto precede, pare evidente come nel regolamento UE 1259/2010, sebbene sia prevista
per i coniugi la possibilità di scegliere in autonomia la legge applicabile, manchi quasi del tutto
quell’impostazione liberale che considera lo scioglimento del matrimonio un inevitabile effetto della
crisi coniugale, che pure è fortemente presente nella cultura degli Stati membri dell’Unione
europea.(33) Sembra, in altre parole, che il legislatore comunitario abbia voluto contemperare il dato
innovativo, per molti Stati dell’Unione, consistente nella scelta della legge in materia matrimoniale, con
valutazioni radicate nel principio di prossimità e tutela della parità tra i coniugi.
Anche nel contesto generale dell’art. 5 del reg. UE 1259/2010 ci si può interrogare entro quali limiti il
giudice di altro stato membro, adito per una domanda di separazione o divorzio, possa invocare il limite
dell’ordine pubblico (art. 12 reg.) per non dare applicazione alla legge scelta dalle parti, nei casi in cui si
palesi l’intento elusivo degli stessi della normativa nazionale interna.
Ulteriori e conclusive considerazioni
Una ulteriore riflessione si impone in questo contesto. In particolare tale considerazione prende le
mosse dalla giurisprudenza della Corte di giustizia, la quale sostiene che qualsiasi attività statale che
voglia contrapporsi e contrastare queste pratiche di forum shopping, con “elusione” delle normative
nazionale, deve sempre effettuare delle valutazioni di meritevolezza circa il sotteso interesse dallo
Stato.(34) Tali esigenze, nondimeno, si riproporrebbero inevitabilmente anche nell’invocazione del
limite dell’ordine pubblico. Ad ogni buon conto, sembra molto inverosimile che lo Stato italiano, per
motivare attività di contrasto ai fenomeni elusivi di cui sopra, consideri meritevole di tutela la cieca ed
ostinata difesa della disciplina interna in tema di divorzio, per italiani residenti in Italia. Tali previsioni
sono, tra l’altro, confortate dal fatto che, al momento, non risultano dei dinieghi di riconoscimento di
sentenze di questo tipo.
Di contro, è rilevante segnalare che il Ministero, con una recente circolare, la n. 40 del 18 luglio 2007,
ha stabilito come siano irriconoscibili i divorzi olandesi costituiti da una trasformazione per volontà
della parti del vincolo matrimoniale in convivenza registrata, con successivo scioglimento tramite mera
dichiarazione di volontà resa all’ufficiale di stato civile.(35)
Orbene, il fenomeno del c.d. divorzio europeo sopra descritto, alla luce della presente disamina,
certamente rivestirà un ruolo importante in quel processo spontaneo di armonizzazione della normativa
italiana a quella di altri paesi più avanzati dal punto di vista legislativo e sociale. E’ evidente che tale
armonizzazione indiretta è tesa a scongiurare discriminazioni al contrario ed è, tra l’altro, una pratica
già molto conosciuta in altri settori nei quali ha lasciato una profonda impronta la normativa dell’Unione.
Altro fenomeno interessante, infine, sul quale vale la pena soffermare la nostra attenzione, in tema di
divorzi rapidi, è certamente quello del divorzio notarile. Addirittura in Portogallo è ammesso il divorzio
on-line (c.d. cyber divorzio) nel caso in cui ci sia il consenso dei coniugi; l’unico requisito è il possesso
della carta d’identità elettronica.(36)
Al momento, può sembrare bassa la fattibilità del riconoscimento in Italia di tale fenomenologia ma, in
realtà, esistono enormi potenzialità di questa concreta alternativa. L’applicazione concreta potrebbe
derivare dall’art. 46 del reg. n.2201/2003, il quale stabilisce che “gli atti pubblici formati e aventi
efficacia esecutiva in uno Stato membro nonché gli accordi tra le parti aventi efficacia esecutiva nello
Stato membro di origine sono riconosciuti ed eseguiti alle stesse condizioni previste per le decisioni “.
Invero la Cassazione, anche se nel dissimile ambito delle obbligazioni civili soggette all’applicazione del
reg. 44/2001, ha avuto modo di affermare la valenza di titolo esecutivo di un atto notarile, in
particolare in relazione ad una dichiarazione di debito di somma determinata ricevuta da notaio,
giacché costituiva titolo esecutivo nell’ordinamento di origine, in quel caso la Germania.(37) Come per il
riconoscimento delle decisioni, ci si può chiedere se esista un contrasto con il principio dell’ordine
pubblico basato sul dubbio se tale materia possa essere affidata esclusivamente ad un organo
giurisdizionale. Problematica, tra l’altro, già postasi nell’ambito della Legge 218/1995 in tema di divorzi
notarili cubani e brasiliani. Ebbene, in relazione a queste particolari tipologie di divorzio, proprio il
Ministero dell’Interno ha operato delle aperture al riconoscimento de quo. Nell’ipotesi di un divorzio
consensuale pronunciato all’estero da un’autorità non giurisdizionale, sempre in conformità alle leggi
vigenti in quel paese, è possibile eseguire la trascrizione, se risulti accertata la conformità ai principi di
cui all’art. 64 della Legge n. 218/95,(38) analogamente a quanto già è previsto per le sentenze
straniere di divorzio. Altresì, deve aggiungersi che i medesimi effetti della sentenza di divorzio si
riconoscono finanche al divorzio consensuale ottenuto presso il “cartorio” brasiliano (ufficio notarile
deputato alla gestione dello stato civile).(39)
In conclusione, alla luce di ciò, tenuto conto dell’orientamento del Ministero in tema di divorzio cubani o
brasiliani, si può plausibilmente sostenere che questa posizione possa essere anche mantenuta in
relazione ai divorzi notarili resi in paesi dell’Unione europea, applicando il sopracitato art. 46 del
regolamento n. 2201/2003 e valutando sempre la conformità alle condizioni per la circolazione delle
decisioni. La successiva e conclusiva domanda da porsi è con quali criteri si possa stabilire la
competenza del notaio. Pare ragionevole sostenere che, anche in questa particolare ipotesi, la
competenza del notaio la si determini in base ai criteri di giurisdizione specificati nel regolamento.
Si segnala:
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•
Processo di seprazione e divorzio, a cura di G. De Marzo, Altalex Editore, 2012;
Master in Diritto di Famiglia, Altalex Formazione.
(Altalex, 24 settembre 2013. Articolo di Nicola Gammarrota)
_______________
(1) Berloco, Le sentenze di divorzio pronunciate in Brasile, in Lo Stato Civile Italiano, maggio 2013.
(2) In merito si veda, Cafari Panico, Divorzi stranieri tra riconoscimento e trascrizione, in Riv. Dir. Int.
Priv. Proc. , 2002 e Nicola Gammarrota, Divorzio europeo, in www.divorzioin6mesi.it.
(3) Olivia Lopes Pegna, Nuove frontiere del forum shopping: effetti in Italia dei divorzi facili ottenuti
all’estero, in http://aldricus.com/ ; Cafari Panico, Il riconoscimento e l’esecuzione delle decisioni in
materia matrimoniale nel nuovo regolamento Bruxelles II, in Lo scioglimento del matrimonio nei
regolamenti europei: da Bruxelles II a Roma III, a cura di Bariatti e Ricci, Padova, 2007.
(4) Mellone, La nozione di residenza abituale e la sua interpretazione nelle norme di conflitto
comunitarie, in Rivista di Diritto Internazionale Privato e Processuale, 2010.
(5) Infatti l’articolo 2 fornisce 11 definizioni riguardanti concetti che potrebbero essere utilizzati nel
regolamento tra i quali non figura la nozione più importante.
(6) Questa volontà si può enucleare anche dalla relazione accompagnatoria della convenzione di
Bruxelles del 1998.
(7) Tali normative hanno la finalità di facilitare la libera circolazione delle persone nel territorio
dell’Unione. Invero un cittadino potrebbe essere dissuaso a trasferirsi in un altro paese o ritrasferirsi
nel proprio dopo la crisi coniugale se per risposarsi dovesse affrontare tempi e oneri eccessivi.
Nell’ottica del favor divortii la scelta legislativa è stata quella di far liberamente circolare le sentenze
dichiaranti lo scioglimento dell’unione e non quelle che hanno respinto la domanda sulla validità ed
efficacia del matrimonio. In questa ipotesi, infatti, si dovrebbe ricorrere alla ordinaria procedura di
delibazione della sentenza straniera.
(8) Il concetto di residenza abituale può essere scomposto in oggettivo o soggettivo. L’elemento
oggettivo è quello che permette di identificare il legame fisico tra un soggetto ed un dato territorio.
Questo elemento è costituito da due sotto-elementi: l’elemento quantitativo, cioè la durata temporale
del soggiorno di un individuo in uno Stato e l’elemento qualitativo, cioè la natura e le caratteristiche di
una determinata permanenza in un paese. Il secondo sotto-elemento ha la funzione di correggere il
primo in quanto si può escludere che un soggiorno sia considerato residenza abituale se, pur essendo
prolungato nel tempo, non identifichi un legame genuino tra l’individuo e lo Stato. Invece, l’elemento
soggettivo del concetto di residenza abituale consiste nell’intenzione dell’individuo di fissare la propria
residenza, con un cosciente carattere di stabilità in un dato territorio ( Mellone, La nozione di
residenza abituale e la sua interpretazione nelle norme di conflitto comunitarie, cit.).
(9) In aggiunta alla residenza abituale dei coniugi al momento della domanda di scioglimento del
matrimonio, gli altri fori specificati dall’art. 3 del regolamento n. 2201/2003 si fondano sulla residenza
abituale di almeno uno dei coniugi ovvero sulla cittadinanza comune degli stessi.
(10) Sent. 25 febbraio 1999, in causa C-90/97, Swaddling c. Adjudication officer.
(11) Entrambi i parametri esprimono il favor divortii a cui è ispirato il regolamento 2201/2003;
comunque va precisato che la volontà legislativa comunitaria è protesa alla tutela dalla esigenza di
tenere in considerazione le situazioni di quei coniugi in crisi che lasciano il paese in cui si trovava il
centro della loro vita familiare, per fare ritorno nel loro paese d’origine oppure in un paese terzo.
(12) Evidenzia la rischiosità della univocità di definizione del concetto di residenza abituale, Richez—
Ponz, La notion de “residence”.
(13) Sent. 2 aprile 2009, in causa C-523/07, in cui i giudici comunitari hanno si sono pronunciati sul
concetto di residenza abituale nel diritto internazionale privato comunitario ancorché limitatamente al
solo ambito della responsabilità genitoriale. Nel caso di specie, tre minori svedesi si erano recati con la
madre ed il patrigno in Finlandia per una vacanza di alcuni mesi al termine della quale i minori erano
rimasti in Finlandia mentre i genitori erano rientrati in Svezia. Allo stato, le autorità finlandesi
avendoli dichiarati abbandonati, li aveva affidati ad un istituto di accoglienza. La Corte fu chiamata a
pronunciarsi se tale periodo di permanenza potesse assurgere alla qualità di residenza abituale e
dunque radicasse la competenza giurisdizionale in capo al giudicante finlandese. Ebbene la stessa Corte
evitò di fornire una definizione giuridica di residenza abituale, fornendo solamente ai giudici di merito
alcuni elementi fondamentali da prendere in considerazione. Invero la stessa Corte chiarì che il
concetto di residenza abituale che la giurisprudenza comunitaria ha fornito per alcuni settori, non può
essere utilizzata nel caso in esame e che tale concetto deve essere inevitabilmente letto alla luce dello
specifico settore in cui ha diretta applicazione.
(14) Olivia Lopes Pegna, Nuove frontiere del forum shopping, cit. .
(15) Olivia Lopes Pegna, Nuove frontiere del forum shopping, cit. .
(16) Corte d’Appello di Perugia, sent. 10 marzo 2011: “ In caso di litispendenza tra una causa di divorzio
intentata in Spagna ed una causa di separazione personale intentata in Italia ai sensi dell’art. 19 del
regolamento (CE) n. 2201/2003 del 27 novembre 2003, non sussiste la giurisdizione italiana bensì quella
spagnola allorchè il giudice di tale Stato abbia ammesso la relativa domanda con sentenza
interlocutoria, a prescindere dalla successiva notifica, in un momento anteriore a quello del deposito del
ricorso in Italia. Non contrasta con l’ordine pubblico ai sensi dell’art. 22 del regolamento (CE) n.
2201/2003, una sentenza spagnola di divorzio pronunciata senza un previo periodo di separazione
personale. Non è riconoscibile, in quanto contraria all’ordine pubblico processuale di cui all’art. 22 lett. a
del regolamento n. 2201/2003, una sentenza spagnola di divorzio nel cui processo la notifica della
domanda al convenuto sia stata effettuata con le formalità relative alle persone irreperibili malgrado
l’attore fosse a conoscenza della residenza in Italia di questi; né può costituire accettazione della
decisione straniera ex art. 22 lett. b la mancata impugnazione da parte del convenuto della sentenza
stessa. In virtù della non riconoscibilità di una sentenza spagnola di divorzio tra gli stessi coniugi,
sussiste la giurisdizione italiana in una causa di separazione personale qualora, ai sensi dell’art. 3 del
regolamento (CE) n. 2201/2003, l’ultima residenza abituale dei coniugi sia in Italia e uno di essi vi
risieda ancora.”
(17) Olivia Lopes Pegna, Nuove frontiere del forum shopping, cit. .
(18) Gestri, Abuso del diritto e frode alla legge nel diritto comunitario, Milano, 2003.
(19) E’ il carattere profondamente innovativo che ha prodotto il debole consenso di questo regolamento,
generando una cooperazione rafforzata. Per la posizione del Regno Unito sulla originaria proposta della
commissione, v. il rapporto del Select Commitee on European Union (Session 2005/2006) alla House of
Lords, all’indirizzo web: http://www.publications.paliament.uk.
(20) Limitando l’esame agli Stati membri partecipanti, nel senso di non permettere alcuna scelta di
legge e di utilizzare solo criteri oggettivi di collegamento sono orientati, oltre l’art. 31 della L
n.218/95, l’art. 107 del còdigo civil spagnolo, gli articoli 52 e 55 del còdigo civil portoghese , l’art. 37
della Zakon o medunarodnem zasebnem pravu in postkopu slovena, gli articoli 14 e 16 del codice civile
greco, l’art. 310 del code civil francese; gli artt. 18 e 20 dell’IPRG austriaca; l’art. 305 del code civil
lussemburghese; artt. 20 e 22 della legge romena 105/1992; l’art. 82 del codice bulgaro di diritto
internazionale privato. Il ricorso generalizzato alla lex fori è previsto nel solo ordinamento lettone,
anche se la maggior parte delle disposizioni sopra menzionate ammettono l’applicazione di tale legge, in
mancanza di altri criteri di collegamento o quando le legge straniera richiamata non ammette il divorzio
o la separazione personale. Sulle ragioni di tale atteggiamento prudente v. Pocar, Osservazioni a
margine della proposta di regolamento sulla giurisdizione e la legge applicabile al divorzio, in La famiglia
nel diritto internazionale privato comunitario, a cura di Bariatti, Milano, 2007.
(21) In G.U.U.E. n. L 338 del 23 dicembre 2003. La libertà di sciogliere il vincolo matrimoniale è uno dei
cardini ispiratori del reg. “Bruxelles II bis” : cfr Baratta, Il diritto internazionale privato della
famiglia, in Diritto internazionale privato e diritto comunitario, a cura di Picone, Padova, 2004, il quale
sostiene sia eccessivo il numero dei titoli di giurisdizione previsti, specialmente in relazione alla
mancata armonizzazione delle norma di conflitto (ora parzialmente superata).
(22) In questo senso, già Bonomi, Il diritto applicabile alla separazione e al divorzio nella recente
proposta di regolamento comunitario, cit. .
(23) Cfr la proposta di regolamento del Consiglio relativo alla competenza, alla legge applicabile, al
riconoscimento e alla esecuzione delle decisioni in materia di regimi patrimoniali tra coniugi, presentata
dalla Commissione il 16 marzo 2011, COM (2011) 126 def.
(24) In tal senso, Bonomi, Il diritto applicabile alla separazione ed al divorzio, cit. ; Franzina,
L’autonomia della volontà nel regolamento sui conflitti di leggi in materia di separazione e divorzio, in
Riv. Dir. Internaz., 2011.
(25) Nell’ipotesi in cui si adottasse una misura dell’Unione europea in tale contesto, certamente
prevarrebbe sulla Convezione dell’Aja nei rapporti tra gli Stati membri dell’Unione, secondo la clausola
c.d. di disconnessione prevista dall’art. 52 , paragrafi 2 e 4, della convenzione stessa. Sulla convenzione
v. Picone, La nuova convenzione dell’Aja sulla protezione dei minori, in Riv. Dir. Internaz. Priv. E proc. ,
1996.
(26) In G.U.U.E. n. L 199 del 31 luglio 2007.
(27) In G.U.U.E. n. L 177 del 4 luglio 2008.
(28) cfr il 32° considerando del reg. CE n. 593/2008: << in ragione del carattere particolare dei
contratti di trasporto e dei contratti di assicurazione, disposizioni specifiche dovrebbero garantire un
adeguato livello di tutela dei passeggeri e dei titolari di polizza>>. In tema di contratti di trasporto, si
rinvia a Biagioni, Art. 5, in Regolamento CE n. 593/2008 del Parlamento europeo e del Consiglio del 17
giugno 2008 sulla legge applicabile alle obbligazioni contrattuali (<<Roma I>>) , Commentario, a cura di
Salerno e Franzina; in materia di contratti di assicurazione, v. Pizzolante, Art. 8 in Regolamento CE n.
593/2008 cit. , nonché Piroddi, I contratti di assicurazione tra mercato interno e diritto
internazionale privato, in La nuova disciplina comunitaria della legge applicabile ai contratti (Roma I), a
cura di Boschiero, Torino, 2009.
(29) Sulla scelta di legge nel regolamento <<Roma I>>, Bertoli, Choice of law by the parties in the Rome
II Regulation, in Riv. Dir. Internaz., 2009.
(30) Cfr. Il 18° considerando del regolamento: << La scelta informata di entrambi i coniugi è un principio
essenziale del presente regolamento. Ciascun coniuge dovrebbe sapere esattamente quali sono le
conseguenze giuridiche e sociali della scelta della legge applicabile. La possibilità di scegliere di comune
accordo la legge applicabile dovrebbe far salvi i diritti e le pari opportunità per i due coniugi. A tal fine
i giudici negli Stati membri partecipanti dovrebbero essere consapevoli dell’importanza di una scelta
informata per entrambi i coniugi riguardo alle conseguenze giuridiche dell’accordo raggiunto>>. La parità
tra i coniugi, pur non espressamente richiamata dalla Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea,
costituisce evidentemente un corollario del divieto di discriminazione in base al sesso contenuto nel art.
21 della Carta.
(31) A tal proposito è degno di nota segnalare come la proposta originaria della Commissione di
regolamento del Consiglio che doveva modificare il reg. n. 2201/2003 esclusivamente in punto di
competenza giurisdizionale, che riguardava l’introduzione di norme sulla legge applicabile in materia
matrimoniale, COM (2006) 399 def., avesse previsto l’inserimento di un art. 3 bis nel regolamento 2201
che avrebbe conferito ai coniugi una limitata possibilità di proroga della giurisdizione.
(32) Conferma del fatto che nel reg. CE n. 2201/2003 sia concesso pochissimo spazio alla volontà delle
parti, deriva dal fatto che non è prevista neanche una proroga tacita della giurisdizione, in conseguenza
della mancata eccezione sul punto da parte convenuta, come ritiene anche Salerno, I criteri di
giurisdizione comunitari in materia matrimoniale, in Lo scioglimento del matrimonio nei regolamenti
europei, a cura di Bariatti e Ricci.
(33) Si veda in Famiglia e diritto, con commento di Schlesinger, Matrimonio tra individui dello stesso
sesso contratto all’estero e Bonini Baraldi, Il matrimonio fra cittadini italiani dello stesso sesso
contratto all’estero e non trascrivibile: inesistente, invalido o contrario all’ordine pubblico?.
(34) V. sul punto Bonomi, Il diritto applicabile alla separazione e al divorzio, cit.
(35) Cfr. Adinolfi, La nozione di abuso di diritto nell’unione europea, Riv. Dir. Internaz., 2012.
(36) Olivia Lopes Pegna, Nuove frontiere del forum shopping, cit. .
(37) Cass., 14 giugno 2011 n. 12963, in Rivista di diritto internazionale privato e processuale, 2012.
(38) V. nota del Ministero della Giustizia del 19 ottobre del 1998 prot. n.54 – FG – 18 in relazione al
divorzio cubano.
(39) Olivia Lopes Pegna, Nuove frontiere del forum shopping, cit. ; cfr. circolare n. 18 del 12 luglio 2011;
cfr. anche Corte d’Appello di Ancona, 7 marzo 2009.
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