SETTIMANA n. 4/03

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SETTIMANA 20-2011:Layout 1 23/05/2011 16.29 Pagina 15
libri
CENCINI A., Formazione permanente: ci
crediamo davvero?, coll. “Psicologia e formazione”, EDB, Bologna 2011, pp. 137, Ä
12,00.
In che cosa consiste la formazione permanente? La sentiamo indispensabile? Ci
crediamo davvero? La riteniamo possibile nelle attuali circostanze? È possibile
crescere per tutta la vita? Questi interrogativi ricorrenti sono all’origine del libro,
il cui autore è il noto religioso canossiano, docente di pastorale vocazionale e formazione al discernimento all’Università
Salesiana. Il testo non li affronta tutti e
tanto meno presume di risolverli, ma intende provocare dubbi e risposte, non tralasciando di fornire qualche decisa risoluzione. L’autore è drastico: o formazione permanente o frustrazione permanente. La formazione permanente è un “serio dovere morale”; in essa si gioca la fedeltà alla vocazione per ciascuno. (MP)
WEINGREEN J., Grammatica di Ebraico Biblico. Traduzione di Marcello Fidanzio. Sotto la direzione di Giorgio Paximadi. Presentazione di Massimo Pazzini
(Manualia Luganensia 2), EUPRESS
FTL-Edizioni Glossa, Lugano-Milano
2011 (or. ingl. 1959), pp. 266, Ä 39,00.
La traduzione di quest’opera classica
si aggiunge alle numerose grammatiche in
italiano uscite dopo il 1990 (alle sette riportate a pp. IX-X va ora aggiunta quella poderosa in 2 voll. di Carlo Rusconi
per le EDB, Bologna 2010). Il volume di
Weingreen (1907-1995), archeologo e docente di ebraico biblico a Dublino dal 1939
al 1979 (!), consta di 83 lezioni corredate
da vocabolario ed esercizi progressivi che
fanno facilmente assimilare allo studente
la lingua originale di gran parte degli scritti dell’AT. Gli esercizi e i brani proposti
per la traduzione sono sempre riferiti ai
testi biblici, favorendo nello studente l’interesse e la scoperta di realtà intraducibili nella lingua di arrivo. Varie tabelle di
nomi (stato, costrutto e suffissi) e di verbi (flessioni nelle varie coniugazioni), insieme ad uno stringato vocabolario ebraico-italiano, corredano questa grammatica, fortemente voluta in traduzione italiana dalla Facoltà di teologia di Lugano
e dalle edizioni Glossa di Milano. Opera
benemerita. (RM)
AIOSA C. - GIORGIO G., Credo la santa Chiesa cattolica, la comunione dei santi, coll. “Biblioteca di ricerche teologiche”,
EDB, Bologna 2011, pp. 255, Ä 19,50.
La fatica riflessiva della Sirt, impegnata da tempo nel “ridire” il Simbolo apostolico, continua di anno in anno. Quasi
alla fine della riflessione sugli articoli di
fede, il volume raccoglie le giornate di studio attorno al 9° articolo del Credo apostolico, che si sono svolte nella splendida
cornice delle Dolomiti, presso il santuario di Maria Weissenstein a Nova Ponente (BZ), dal 26 al 30 luglio 2007. In queste pagine si presentano le questioni teologiche legate alle diverse concezioni di
Chiesa presenti tra i cristiani dopo le divisioni che la storia conosce. Da queste
pagine emerge anche la fatica a fronteggiare la vorticosa frammentazione della
società attuale in cui si stenta a costruire
esperienze umane comunitarie e solidali
e a rendere “ecclesiali” le trame dei vissuti dei credenti, sempre più soggetti a
spinte individualistiche che portano all’irrilevanza nella società secolare. (MP)
SCAIOLA D., I Dodici Profeti: perché
“Minori?”. Esegesi e teologia (Coll. Biblica s.n.), EDB, Bologna 2011, pp. 296, Ä
27,50.
Laica e coniugata, l’esegeta milanese
docente all’Urbaniana è la studiosa italiana di punta nel campo del libro dei Dodici Profeti. Da tempo li si va considerando come un libro da leggersi in modo
unitario (la cui redazione finale con ogni
probabilità costituiva un unico rotolo),
perché i collegamenti intertestuali, di nasettimana /22 maggio 2011/n. 20
tura letteraria e teologica, ne fanno un
corpus che può essere visto come una critica del profeta alla storia di Israele, simile a quella dei Re e del Cronista. Con
linguaggio polisemico e con alcuni temi
teologici ricorrenti (alleanza, fedeltà-infedeltà, castigo-perdono, regno di Dio ecc.)
essi si pongono come un commentario all’Esodo, presentano temi nuovi come il
dono dello Spirito e il giorno del Signore, sono appassionati e travolgenti per il
tema dell’alleanza reinterpretata con la cifra simbolica del matrimonio, guardano
lontano perché intravedono la salvezza
anche per le genti fuori di Israele. I Dodici Profeti gridano con coraggio per la
giustizia, annunciano la pace e la signoria
di Dio, fino a sconfinare nell’apocalittica.
La Scaiola fornisce un’introduzione generale ai Dodici, esamina a livello esegetico un brano per ogni profeta (inquadrato nell’insieme della persona del singolo profeta e del Libro come unità per
poi delineare la teologia del Libro dei Dodici Profeti. L’ampia bibliografia e preziosi indici completano questo ottimo volume, dal taglio tecnico ma ben leggibile,
che costituisce di fatto la prima opera italiana di introduzione ai Dodici Profeti, per
niente “minori”! (RM)
COMITATO PROGETTO CULTURALE CEI, Dio oggi: con lui o senza di lui
cambia tutto, ed. Cantagalli, Siena 2011,
pp. 254, Ä 14,00.
Il testo raccoglie i dibattiti affrontati
nel corso delle tavole rotonde che hanno
animato le giornate del convegno internazionale Dio oggi. Con lui o senza di lui
cambia tutto, tenutosi nei giorni 10-12 dicembre 2009 a Roma e promosso dal Comitato per il Progetto culturale della Cei.
Vi si affronta la questione di Dio da un
punto di vista più quotidiano e familiare:
si va dal problema di Dio nel cinema, nella televisione, nella letteratura, nella poesia, nella musica di ieri e di oggi e del rapporto di Dio con la vita umana, con la
violenza e con la scienza. Questi temi vengono affrontati con spunti interessanti e
originali, che richiamano l’uomo di oggi
ad una più profonda riflessione su se stesso: la sua ragione, il suo cuore, la sua anima, la sua esistenza, con un apertura al
trascendente che risolve in sé ogni umana contraddizione e aspirazione. (MP)
BROVELLI F., Abramo uomo dell’alleanza. Meditazioni (Le Àncore s.n.), Àncora, Milano 2011, pp. 112, Ä 12,50.
Incaricato dell’accompagnamento spirituale dei sacerdoti ambrosiani e per anni vicario episcopale per la formazione
permanente del clero, il settantenne sacerdote varesino propone sette meditazioni sulla figura di Abramo padre della
fede e uomo dell’alleanza, come via privilegiata per accedere alla fede in Cristo.
Il suo scrutare l’invisibile, il suo essere
amico di Dio e impavido intercessore
presso Dio a favore degli uomini ne fanno un “padre” per ogni cristiano, chiamato
a uscire dal proprio guscio protettivo e
portare con credibilità nel corpo il segno
dell’alleanza radicalmente rinnovata da
Dio nel sangue del suo Figlio. Il linguaggio mantiene il tono parlato delle conversazioni originali. (RM)
GRONDIN J., Introduzione alla filosofia
della religione, Queriniana, Brescia 2011,
pp. 165, Ä 14,00.
La religione propone le risposte più
forti, più antiche e più credute alla questione del senso della vita. A questo titolo essa non può non interessare la filosofia nella sua specifica ricerca della saggezza. Il volume offre quello che è propriamente il compito di una filosofia della religione: meditare sul senso della risposta sul “perché si vive” e sul posto che
essa può avere nell’esistenza umana, sia
individuale che collettiva. Una riflessione
sull’essenza “dimenticata” della religione
e delle sue ragioni (o non-ragioni) dentro
il pensiero contemporaneo. (MP)
P.L. Cabri: “Sulla difficile arte di amare”
«Gli altri non sono per noi altro che paesaggio»: è del poeta Fernando Pessoa una tale espressione che ci restituisce la difficoltà che oggi abbiamo di una vera, umana, relazione con l’altro, con il prossimo.
Addirittura di morte del prossimo, quale cifra dell’epoca che ci è dato
di vivere, ha parlato con grande forza Luigi Zoja. Se l’Ottocento, argomenta lo psicanalista milanese, ha dovuto prendere atto della morte di
Dio, uno sguardo attento all’eredità che il Novecento lascia non può non
condurci che alla registrazione della morte del prossimo.
E non è, in verità, un dato di fatto l’eccesso di narcisismo e di individualismo che segna la nostra vita postmoderna? Non è sotto gli occhi di
tutti la fatica che si prova sia nella gestione dei rapporti familiari sia nei
rapporti con l’altro in un senso più ampio, dallo straniero che abita nelle nostre città sino all’avversario politico? E cosa dire della questione della relazione tra il Nord ricco del mondo e il Sud sempre più affamato e
privato di opportunità che prepotente ora si affaccia sulla scena dell’attualità?
In effetti, è davvero difficile la relazione con l’altro, una relazione che
sia all’altezza della verità dell’uno e dell’altro, capace di salvaguardare la
singolarità di ognuno e che, nello stesso tempo, sia pure autentico incontro, scambio, gesto di reciprocità, gesto di pace. Ed è ancora forse più difficile un pensiero in grado di descrivere, di registrare lo spessore, la ricchezza e anche il pericolo che ogni incontro con l’altro porta con sé. Paradossalmente, si potrebbe dire che, se è senz’altro vero che non possiamo vivere senza l’altro, è altrettanto vero che, molto spesso, ci riduciamo
a vivere contro l’altro.
Il pensatore del Novecento che più di ogni altro ha provato a “pensare” questo nodo incisivo della vicenda umana è Emmanuel Lévinas, che
già nella sua stessa vicenda personale reca traccia di molti incroci, di molteplici appartenenze, e di una lunga (anche dolorosa) esperienza di confronto con l’altro. Il suo pensiero, tuttavia, risulta più citato che conosciuto in profondità, più ammirato che studiato, più evocato che effettivamente messo a frutto. E se è vero che non si può, certo, negare la difficoltà di scrittura e di stile che segna l’opera di questo pensatore, risulta valida l’impressione che la sua eredità sia ancora tutta da cogliere, soprattutto nel campo della riflessione teologica.
Ci prova ora, con un volume di notevole pregnanza teoretica, Pier Luigi Cabri – sacerdote dehoniano, laureato in filosofia, con studi di teologia a Reggio Emilia e a Bologna, dove ha conseguito il dottorato presso
la Facoltà teologica dell’Emilia-Romagna – che da più di due decenni lavora su Lévinas. La sua fatica recente reca il bel titolo di Sulla difficile
arte di amare. Con Lévinas e oltre Lévinas.1
L’articolazione dell’opera è particolarmente felice, in quanto non solo
offre un accesso generale al pensiero di Lévinas (in particolare i primi
due capitoli, rispettivamente dedicati a tracciare la gestazione del suo pensiero, il primo, e a metterne in rilievo, il secondo, la punta di diamante:
la metafisica del volto), ma riesce pure a far dialogare, nel terzo capitolo,
il pensiero di Lévinas con altri autori del Novecento (Buber, Ricoeur,
Derrida, Marion, Bauman, Sibony) che si sono lasciati mettere in discussione dalla questione dell’altro, realizzando, nell’ultimo capitolo, lo sforzo di un ulteriore cammino di pensiero sulle tracce del grande filosofo lituano (con particolare riferimento alla questione del “terzo”, “terzo” che
si fa spazio nell’analisi della struttura fondamentale della relazione, e quindi alla questione della giustizia della relazione).
La traiettoria generale che guida la saggia ed esperta lettura di Cabri
dell’opera di Lévinas è affidata al tema dell’amore, un tema che, stando
all’uso esplicito di questa parola nell’opera di Lévinas e ai suoi pronunciamenti, parrebbe non essere così centrale. In realtà – mostra Cabri – è
proprio l’intento di sottrarre tale parola, la parola dell’amore, ai suoi tanti possibili fraintendimenti e abusi che è all’origine del pudore con cui
Lévinas vi si accosta.
Cabri non opera certo violenza ai testi lévinassiani, ma riesce assai bene a far scorgere come, dietro ogni espressione di precauzione che il grande filosofo lituano utilizza, dietro ai suoi imperativi al negativo (“Tu non
ucciderai”), dietro alle numerose peripezie che egli fa compiere al pensiero e al linguaggio pur di rispettare la complessità e la profondità abissale propria di ogni apparire dell’altro si trovi un anelito positivo, un bagliore, che vengono così in modo pertinente definiti: «La pace come senso di ogni ontologia, aperta alla responsabilità verso gli altri, l’umano come consistenza di Tutto. Altrove, Lévinas afferma che l’amore dell’altro
si chiama “pace”. È la meta più alta. È l’essenza con qualcuno. Ciò che,
in altro modo, si dice amore».
È proprio sulla base e al termine di un tale lavoro di paziente lettura,
di interrogazione e di ripensamento dei temi centrali della ricerca filosofica di Lévinas che Cabri può affermare la pertinenza teologica di questo pensiero che più di altri ha indagato la fecondità fragile di ogni incontro tra gli umani, pur sempre esposto al rischio della violenza e del
collasso. È dunque difficile l’arte di amare, perché non è affatto semplice “restare umani”.
Armando Matteo
1 Cabri P.L., Sulla difficile arte di amare. Con Lévinas e oltre Lévinas, EDB, Bologna 2011, pp. 360, Ä 30,00.
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