SUL CONCETTO DI SIMULTANEITA’ La teoria della relatività ristretta di Einstein nasce quando egli mette in discussione il concetto di simultaneità di due eventi e soprattutto come si fa a stabilire in modo univoco se due o più eventi sono simultanei (cioè avvengono nello stesso istante). Ma questo implica inevitabilmente una domanda ancora più fondamentale: cosa sono lo spazio e il tempo? In una fase molto primitiva del suo sviluppo, la mente umana formò determinate nozioni di spazio e tempo per costruire il ‘’palcoscenico’’ all’interno del quale avvenivano i vari fenomeni. Queste nozioni si sono tramandate di generazione in generazione e con la nascita della Fisica sono state incorporate nella descrizione matematica dell’Universo. Scriveva Newton nei suoi Principia: ‘’ Lo spazio assoluto, quanto alla sua natura, senza relazioni con alcun che di esterno, rimane esternamente identico a se stesso e immobile’’; e ancora: ‘’ il tempo assoluto, vero e matematico, di per se stesso, e quanto alla sua natura propria, scorre in maniera uniforme senza relazione alcuna con oggetti esterni’’. Era così forte la fiducia nella correttezza assoluta di queste idee che i filosofi le consideravano come nozioni assegnate a priori. Mai nessuno scienziato, prima di Einstein, pensò alla possibilità che si dovesse dubitare di esse. Nel campo della meccanica classica viene introdotto il principio di relatività di Galilei: se si compiono esperimenti di meccanica all’interno di uno stesso sistema inerziale non è possibile mettere in evidenza lo stato di quiete o di moto dello stesso osservatore. Un altro modo, del tutto equivalente, di esprimere lo stesso principio è: le leggi della meccanica restano invariate in forma per il passaggio da un sistema di riferimento inerziale ad un altro. Le leggi di trasformazione che lasciano invariate in forma le leggi della meccanica, nel passaggio da un riferimento inerziale ad un altro, sono le famose trasformazioni di G Galilei: r’= r - ut t’ = t (1) che si ottengono considerando la relazione vettoriale che lega il vettore posizione r relativo all’osservatore O e il vettore r’ individuato da O’: Autore: prof. Schillaci Angelo Supponiamo che O’ si allontani da O nel verso positivo delle X con una velocità costante u. Da questo segue che se un corpo che in O si muove con velocità v, la velocità v’ con cui O’ vede muovere lo stesso corpo è: v’=v-u basta derivare la 1 rispetto al tempo. Autore: prof. Schillaci Angelo Se adesso consideriamo fenomeni di elettromagnetismo, sappiamo che essi si compendiano nelle equazioni di Maxwell. Il problema è che le equazioni di Maxwell non sono invarianti per trasformazioni di Galilei. Supponiamo di voler studiare il moto di una particella carica in un campo elettromagnetico. Sappiamo che essa si muove sotto l’azione di una forza (forza di Lorentz), quindi potremmo scrivere le equazioni di Newton che descrivono il suo moto. Il problema è che non sappiamo quali sono le trasformazioni che lasciano invariate in forma queste equazioni. Infatti abbiamo da una parte le equazioni di Newton che sono invarianti in forma per trasformazioni di Galilei, dall’altra abbiamo la forza di Lorentz che deriva dalle equazioni di Maxwell che non sono invarianti per trasformazioni di Galilei. Se ammettiamo che le trasformazioni di Galilei sono corrette allora dovrà esistere un sistema di riferimento ‘’privilegiato’’ in cui le equazioni di Maxwell hanno la forma scritta nei libri e in un altro riferimento in generale la loro forma sarà diversa. In questo modo sarebbe possibile distinguere un riferimento inerziale da un altro semplicemente per il fatto che la forma delle equazioni di Maxwell è diversa in due sistemi di riferimento inerziali. D’altra parte i fisici fino all’inizio del Novecento supponevano l’esistenza di un mezzo chiamato etere attraverso il quale si propagavano le onde elettromagnetiche. Esso era un mezzo perfettamente trasparente, elastico e a densità nulla. Se consideriamo un sistema di riferimento inerziale solidale con l’etere allora le equazioni di Maxwell hanno la forma che conosciamo (questo è il sistema privilegiato di cui parlavamo prima). Ma questo significa che dovrebbe essere possibile effettuare degli esperimenti che mettono in evidenza il moto di un osservatore rispetto a questo mezzo. Questi esperimenti furono fatti da Michelson e Morley e diedero risultati negativi. Se adesso ammattiamo che siano corrette le equazioni di Maxwell(finora abbiamo ammesso che siano corrette le trasformazioni di Galilei) e vogliamo cercare le trasformazioni che lasciano invariate in forma le equazioni di Maxwell per il passaggio da un riferimento inerziale ad unaltro anch’esso inerziale, allora ci accorgiamo subito che le trasformazioni di Galilei non sono corrette perché se lo fosero le equazioni di Maxwell cambierebbero forma. Queste trasformazioni in realtà si conoscevano già ed erano state ricavate da Lorentz. Esse si possono ricavare ammettendo che queste trasformazioni siano trasformazioni lineari e che la velocità della luce sia la stessa in tutti i sistemi di riferimento inerziali. Per arrivare a queste trasformazioni facciamo un’analisi delle trasformazioni di Galilei, in particolare consideriamo la condizione t=t’. Per fare questo analizzeremo la nozione Autore: prof. Schillaci Angelo di simultaneità degli eventi. Supponiamo di avere due eventi che avvengono nello stesso posto. Allora come facciamo a dire che questi due eventi siano simultanei o no. Un qualunque osservatore si può porre in un certo punto con lo stesso orologio e segna l’istante in cui avviene ciascuno dei due eventi. Se l’istante in cui avvengono i due eventi è lo stesso istante segnato dall’orologio allora l’osservatore potrà dire che i due eventi sono simultanei. Le stesse operazioni le può fare un qualunque altro osservatore. Quindi possiamo concludere che la nozione di simultaneità fra due eventi che avvengono nello stesso posto non dipende dal sistema di riferimento. Vediamo ora come si fa a definire la nozione di simultaneità fra due eventi che avvengono in posti diversi. Consideriamo due punti A e B e supponiamo che nell’istante in cui in A e B avvengono gli eventi che stiamo considerando parta un segnale che si muove con la stessa velocità in tutte le direzioni dello spazio. Autore: prof. Schillaci Angelo Se consideriamo un osservatore O posto nel punto di mezzo fra A e B questo osservatore potrà dire che i due eventi sono simultanei se i segnali che sono partiti da A e B gli arrivano allo stesso istante. Così facendo abbiamo riportato la nozione di simultaneità fra eventi che avvengono in luoghi diversi alla nozione si simultaneità fra eventi che avvengono nello stesso posto, che come detto in precedenza è indipendente dal sistema di riferimento. Adesso supponiamo di avere un altro osservatore O’ che si muove rispetto a O di moto rettilineo uniforme verso B. Si ripete il discorso di prima pure per O’. Però, nel tempo che questi segnali impiegano per arrivare in O, O’ si sarà avvicinato a B Quindi il segnale che parte da esso arriva prima in O’. Allora i due eventi che per O erano simultanei non lo sono per O’. Solo in un caso i due eventi potrebbero essere simultanei anche per O’, quando il segnale che parte dai punti a e B si propaga con velocità infinita. In questo caso il tempo per raggiungere O sarebbe infinitesimo e quindi O’ praticamente non si è nemmeno mosso. In conclusione la condizione t=t’ è corretta nei limiti in cui si considerano segnali che si propagano con velocità infinita. Ma di segnali simili non Autore: prof. Schillaci Angelo se ne conoscono. Quindi la nozione di simultaneità fra eventi distanti è una nozione che dipende dal sistema di riferimento. Adesso supponiamo di voler misurare la lunghezza di un regolo. Consideriamo un osservatore O rispetto al quale il regolo sia in quiete. In questo caso O misura la lunghezza del regolo confrontandola direttamente con un’apposita unità di misura. Chiediamoci adesso come deve effettuare la stessa misurazione un osservatore O’ in moto rettilineo e uniforme rispetto ad esso e di conseguenza a O. L’osservatore O’ dovrà prendere come lunghezza del regolo la distanza fra i suoi estremi ma allo stesso istante. Quindi la misura di una lunghezza coinvolge la nozione di simultaneità fra eventi distanti. Per cui anche la misurazione delle lunghezze dipende dal sistema di riferimento. Concludendo possiamo dire che non solo le misure di durata di un evento e quelle di lunghezze dipendono dal sistema di riferimento, ma esse sono intimamente connesse fra di esse poiché la misurazione della lunghezza di un regolo da parte di un osservatore in moto fa intervenire quasi naturalmente la nozione di simultaneità fra eventi distanti. Quindi queste due misurazioni sono INTERDIPENDENTI. Allora dati due osservatori O e O’ ,e i rispettivi sistemi di riferimento ad essi associati, che si muovono di moto rettilineo e uniforme d’ora in poi imporremo la condizione che essi siano equivalenti ed interscambiabili, cioè tutto ciò che O dice di O’ le stesse cose deve dire O’ di O. Autore: prof. Schillaci Angelo