CONSERVATORIO DI MUSICA «L. PEROSI»CAMPOBASSO
Anno Accademico 2001/2002
Triennio sperimentale «Repertori vocali da camera
nell’Ottocento»
Elaborato in:
Storia della musica dell’Ottocento
Critica del testo musicale
Analisi musicale
HUGO WOLF
Docenti:
Barbara Lazotti
Piero Niro
Luigi Pecchia
Allieva: Silvia Cattabiani
ESTRATTO
HUGO WOLF (1860-1903)
Brevi cenni biografici
Avviato alla musica dal padre Philip, pianista e violinista dilettante,
nel 1875 Hugo si iscrive al conservatorio di Vienna dal quale esce
dopo soli due anni in seguito a contrasti con il direttore. A
quell’epoca, la musica e la personalità di Wagner producono nel
giovane musicista un’impressione indimenticabile, ed è proprio in
questo periodo che ebbe il suo unico incontro con Wagner, come
lui stesso racconta in uno dei suoi articoli nel «Wiener Salonblatt»:
«Da ragazzino fui tanto ingenuo da mostrare al grande Richard
Wagner alcuni pezzi per pianoforte che avevo scritto, per sentire
dalle sue labbra se avevo o meno talento per la musica. Il Maestro
ebbe la gentilezza di sfogliare il manoscritto e, mentre lo faceva,
non potei trattenermi dall’osservare che la musica era tenuta ancora
troppo in stile mozartiano; al che il Maestro, a mia grande
consolazione, rispose in tono semi serio e semi scherzoso: «Gia,
già!...Non si può essere subito originali; neanche io lo sono
stato!»1.
Stimolato da questo giudizio, Wolf cerca di comporre in maniera
più originale e quindi più degna di essere presentata al suo
Maestro, ma sfortunatamente non avrà più modo di incontrarlo.
1
Erik Werba, Hugo Wolf e i suoi Lieder, Firenze, La Nuova editrice, 1988, p. 36.
Dopo il conservatorio convince il padre a lasciarlo andare a vivere
da solo a Vienna per potersi costruire una carriera come musicista e
come compositore, accettando all’inizio anche un piccolo aiuto
finanziario. Sono quelli anni disordinati in cui spesso si trova in
gravissime condizioni economiche; unica fonte di guadagno sono
gli aiuti degli amici e qualche lezione privata di musica che riesce a
mantenere nonostante la sua poca che mostrava pazienza con gli
allievi meno dotati e la sua eccessiva severità. È in questo periodo
che viene afflitto da una malattia venera che in seguito lo porterà al
decadimento fisico e psichico. Tutto ciò comunque non gli
impedisce di dedicarsi con tutte le sue forze allo studio della
musica e della letteratura, specialmente della poesia, alla quale si
applicava quasi in egual misura.
Nel 1881 riesce ad ottenere un posto come vicemaestro di cappella
a Salisburgo, ma anche lì resiste poco, appena due mesi. Nella
primavera del 1883, grazie al suo amico compositore Adalbert von
Glodschmidt, ha l’opportunità di incontrare Liszt, al quale aveva
mandato alcune sue composizioni, che lo incoraggia a perseverare
nel suo lavoro. Già alcuni dei primi Lieder e i Cori a cappella del
1881 su versi di Eichendorff, indicavano che il compositore aveva
del talento, mentre nel Quartetto in re min. (iniziato nel 1878) e nel
poema sinfonico Penthesilea (iniziato nel 1883 dopo l’incontro con
Liszt) la sua vocazione artistica si manifesta interamente. Nel 1884
diviene critico musicale di una rivista mondana, il «Wiener
Salonblatt», collaborazione che durerà fino al 1887. Con questi
articoli inizia a farsi conoscere, ma non come aveva sperato. La sua
devozione per Wagner e l’aspro disprezzo per Brahms, che
giudicava poco originale e privo di vera forza, le critiche severe nei
confronti del pubblico e verso le interpretazioni scadenti, gli creano
inevitabilmente dei nemici. I suoi articoli, animati più da un
raffinato gusto soggettivo che da una vera critica oggettiva, sono
però acuti e originali. In essi esalta Hector Berlioz (1803-1869) e si
batte generosamente per Joseph Anton Bruckner (1824-1896), le
cui sinfonie gli sembrano le più importanti dopo quelle di Ludwig
van
Beethoven (1770-1827); considera la Carmen di Georges
Bizet (1838-1875) un capolavoro, ma ritiene un sacrilegio il
Mefistofele di Arrigo Boito (1842-1918). Nonostante sia mosso da
pregiudizi di ogni genere, riesce a scrivere molte critiche divertenti
e, in diversi casi, sicuramente calzanti. Ma nel contempo, questa
sua schiettezza nei giudizi non faceva che danneggiarlo poiché
spesso
le
sue
frecciate
colpivano
personaggi
importanti.
L’autentico valore di questi scritti risiede, più che altro, nell’effetto
che essi ebbero sulla sua educazione mentale in vista delle
realizzazioni future. La Cantata Christnacht per soli, coro e
orchestra, iniziata nel 1886, infatti, rivela concezioni e prospettive
nuove; alcuni Lieder e l’Intermezzo in mi bem. per quartetto
d’archi, del medesimo anno, mostrano una raggiunta padronanza
della tecnica compositiva. Ma è con il movimento in sol maggiore
del quartetto, iniziato nel 1887, noto come Italienische Serenade,
che Wolf si rivela per la prima volta come un impareggiabile
compositore di musica sia lirica che drammatica. I risultati
raggiunti gli danno nuova fiducia, mentre le dimissioni come
critico musicale, probabilmente spinte da un nuovo impulso
creativo, gli restituiscono l’indipendenza. Poco tempo dopo muore
il padre a cui Hugo era molto affezionato. Molti anni dopo, nel
1892, in una lettera alla sorella Käthe si legge:
«E ora egli [il padre] giace nel quieto cimitero e nessuno dei miei Lieder
penetra fino a lui. A che scopo continuo a comporli, se egli non lì può
sentire? Egli che è vissuto solo di musica, che ha respirato solo musica, e
che non ha mai udito la mia musica, a cui il mio Lied non ha mai
parlato!!!».2
È proprio nel dolore di questa perdita che Wolf raggiunge un più
alto grado di maturità artistica. Grazie all’interessamento
dell’amico Eckstein, era riuscito a pubblicare una dozzina di
Lieder. Intanto sente crescere in sé un fortissimo desiderio di
comporre nuovi Lieder, ma per comporre aveva bisogno di
tranquillità e, all’inizio del 1888, gli se ne presenta l’occasione. La
casa di campagna del suo amico Werner a Perchtoldsdorf, è
temporaneamente libera; Wolf vi si reca portando con sé un
volume di poesie del suo autore preferito, il poeta svevo Eduard
Mörike (1804-1875), i cui componimenti avevano già ispirato
musicisti come Schumann e Brahms. Qui, in questo luogo di pace,
Wolf inizia a comporre con un fervore creativo mai raggiunto
prima. Accingendosi a quest’opera non immaginava che il Lied
sarebbe stato la sua vocazione principale. Nei successivi nove anni,
i Lieder più belli sono composti dietro impulsi creativi
intermittenti, in periodi che duravano complessivamente meno di
diciotto mesi, a cui si intercalavano lunghi periodi di silenzio. Alla
metà del maggio 1888, dopo che aveva già composto in tre mesi 43
brani su testi Mörike, attraversa un periodo in cui l’ispirazione si
affievolisce. Nel settembre di quell’anno, ritrovata la tranquillità a
casa di un amico, musica altri testi di Mörike, arrivando così a 53
2
Erik Werba, Id., pag. 182.
Lieder, e di Joseph Eichendorff (1788-1857). Il mese seguente,
tornato a Vienna, inizia una nuova raccolta di Lieder su testi di
Johann Wolfgang Goethe (1749-1832), e in appena cinque mesi
musica 51 poesie. Di questo anno così fertile di ispirazione lo
stesso Wolf scrive in una lettera alla madre:
«È stato l’anno più fertile e perciò anche il più felice della mia vita.
Fino ad oggi ho composto quest’anno non meno di 92 Lieder e
ballate, e nemmeno uno di questi 92 Lieder è riuscito male. Penso
che posso essere contento di ciò[...]»3.
Nel maggio 1889 Wolf inizia a pensare di comporre un’opera
teatrale, cosa che gli riuscirà sono nel 1895. I due Lieder tratti da
Midsummer Night’s Dream di Shakespeare, di cui uno per coro ed
orchestra sono di questo periodo. Ma in ottobre la produzione di
Lieder per voce e pianoforte ritorna copiosa; ne nasce lo
Spanisches Liederbuch, 44 poesie spagnole tradotte in tedesco da
Paul Heyse (1830-1914) e Emanuel Geibel(1815-1884), terminato
nel 1890. Intanto le sue liriche cominciano ad essere conosciute dal
pubblico viennese, in particolare grazie al cantante Ferdinand Jäger
e al pianista Joseph Schalk, direttore artistico del Wagner-Verein.
Al canto patriottico su testo di Robert Reinick e ai sei adattamenti
musicali di poesie di Gottfried
Keller (1819-1890), segue un
periodo di pausa. Il genio creativo di Wolf, in appena due anni si
era dimostrato molto fecondo: 171 Lieder composti in soli
centoquaranta giorni di lavoro intensissimo. Come era facile
immaginarsi, il ritmo creativo inizia lentamente a diminuire: 100
Lieder nel 1888, circa 50 nel 1889, 30 nel 1890, 15 nel 1891,
nessuno negli anni successivi. In nessun Lieder si può riscontrare
3
Erik Werba, Id., pag. 137
comunque una flessione qualitativa, basti pensare che molte
composizioni dell’Italienisches Liederbuch (si tratta di 22 Lieder
su liriche italiane di anonimi tradotte da Paul Heyse), considerate
fra i capolavori di Wolf, furono scritte alla fine del 1890 e del
1891.
Nell’autunno del 1890, Wolf si accinge a comporre, con molta
difficoltà,
la
musica
di
scena
commissionatagli
per
la
rappresentazione di un dramma di Ibsen a Vienna (Il festino a
Solhaug, 1856, opera storica in cui Ibsen rivisse con spirito
romantico le vicende della sua terra). Accetta questo lavoro solo
nella speranza che gli possa portare un discreto onorario, ma in
realità non è molto entusiasta, tanto che in una lettera a Grohe, un
suo amico si legge:
«Il lavoro di Ibsen mi piace ogni giorno di meno. È proprio
pasticciato e manca maledettamente di poesia. Non so davvero
dove prendere il mastice per incollare questo lavoro di
falegnameria casereccia, l’intera faccenda mi disgusta, eppure mi ci
devo mettere».4
Comunque, malgrado il suo temperamento si riveli inadatto a un
lavoro spezzettato di tal genere, non rimane del tutto insoddisfatto
del risultato, anzi ne riceve un impulso per tentare di scrivere
un’opera, ma i tempi non erano ancora maturi. Nell’aprile del 1891,
si reca a Mannheim per assistere all’esecuzione della cantata
Christnacht, diretta da Weingartner. Poi, all’inizio del 1892, a
causa dell’eccessivo sforzo creativo, ed essendo il suo male ormai
in fase avanzata, cade vittima di uno stato depressivo che gli
impedisce di scrivere una sola nota. In quel periodo scrive a Grohe:
4
Erik Werba, Id, pag. 145
«Purtroppo mi sento terribilmente prostrato sia di corpo che di spirito.
Soprattutto di come si fa a comporre non ho più la minima idea. Dio sa
5
come andrà a finire. Preghi per la mia povera anima» (8 maggio)
e alcuni giorni dopo:
«Di comporre non se ne parla assolutamente più. Credo che non scriverò
più una nota [...] Sento anche un profondo disprezzo per me» (12
6
giugno) .
In questo triste periodo riesce solo ad orchestrare alcuni dei suoi
Lieder, ma gli è impossibile di realizzare delle nuove opere. Per più
di tre anni si dove accontentare del fatto che tutte le sue raccolte di
Lieder vengono pubblicate ed ottengono consensi sia in Austria che
in Germania. Il 2 dicembre del 1894, alla Società dei Concerti di
Vienna, i due Lieder l’ElfenLied e il Feuerreiter sono lungamente
applauditi anche da Brahms. Nonostante i Lieder gli portino un
modesto compenso materiale, di contro gli procurano una certa
fama e una cerchia di amici e sostenitori, tanto che anche il famoso
critico musicale Eduard Hanslick, finalmente riconosce il suo
valore.
È questo un periodo propizio per Wolf che si protrae fino all’anno
successivo. Quell’anno riprende in considerazione un libretto
d’opera, Der Corregidor, basato sulla novella di Pedro Antonio de
Alarcón y Ariza (1833-1891) Il cappello a tre punte (1874), che gli
era stato suggerito cinque anni prima da una conoscente, Rosa
Mayreder, e che aveva rifiutato sdegnosamente. Lasciata Vienna, fa
5
6
Erik Werba, Id., pag. 199
Erik Werba, Id., pag. 199
ritorno in campagna dove finalmente può ritrovare la tranquillità e
l’ispirazione di un tempo. Ricomincia a lavorare ininterrottamente
dall’alba al tramonto, nello stesso stato di esaltata ispirazione e,
dopo tre mesi di sforzo senza sosta, la stesura vocale dei 4 atti era
completata. Il lavoro di revisione e di orchestrazione assorbe il
resto dell’anno; l’ispirazione era talmente forte che, nonostante i
crescenti problemi di salute, è in grado, la primavera seguente, di
completare l’Italienisches Liederbuch con 24 nuove composizioni.
Grazie alla generosità dei suoi amici, Wolf ottiene una rendita
piccola ma regolare e, per la prima volta in vita sua, anche una
casa. I Lieder su testi di Reinick e di George Gordon Byron (17881824), verso la fine del 1896, e soprattutto i 3 Lieder del marzo
1897 su liriche tradotte di Michelangelo Buonarroti (1475-1564),
testimoniano dell’intensità del suo impulso creativo. In settembre si
dedica ad una seconda opera, Manuel Venegas, anche questa su
argomento spagnolo. Aveva già scritto una cinquantina di pagine
del primo atto, nella stesura vocale, quando l’aggravarsi del male
provoca un crollo improvviso delle sue facoltà intellettive,
accompagnato da un grave deperimento fisico. Il primo avviso
della malattia si era manifestato quando aveva annunciato di essere
stato nominato sovrintendente dell’Opera di Vienna, (posto che, in
realtà, era stato appena assegnato al suo amico Gustav Mahler).
Nell’ottobre del 1898 viene nuovamente colpito dalla pazzia tanto
da tentare il suicidio gettandosi in un lago. In seguito a questo fatto,
è internato in un manicomio. Passano altri cinque e mezzo anni di
terribili sofferenze per lui e per i suoi amici, prima del 12 febbraio,
quando dopo forti crampi, tra le braccia del suo infermiere, Hugo
Wolf chiude definitivamente gli occhi.
Wolf liederista.
La vita creativa di Wolf è una tra le più brevi e intense dell’intera
storia della musica. Raggiunta la padronanza della tecnica
compositiva soltanto a 28 anni, nei nove anni che seguirono, in cui
poté esercitare le sue facoltà musicali, produce una grande quantità
di Lieder, con un ritmo irregolare, alla media di uno, due e perfino
tre Lieder al giorno, seguito poi da periodi di silenzio. Le
fluttuazioni delle fasi creative e del loro ripetersi improvviso, fanno
pensare che in realtà Wolf non fosse in grado di avviare il processo
compositivo con la sola volontà, infatti quando iniziava a
comporre, spesso si meravigliava lui stesso della ricchezza della
sua ispirazione. Ma nonostante questa discontinuità il livello delle
sue composizioni resterà sempre molto alto e costante, mostrandosi
come lo specchio della più intima e originale essenza wolfiana.
I suoi Lieder sono sempre condotti su testi di notevole valore
letterario, principalmente appartenenti ad autori della tradizione
poetica del passato da lui sempre amati. Spesso si trova ad
intrattenere i suoi amici non solo con l’esecuzione delle sue nuove
composizioni, in cui si cimentava a cantare oltre che a suonare i
suoi Lieder, ma anche con la lettura ad alta voce di poesie o di
passi di letteratura in cui sembrava pervaso da una sorta di febbre
estatica. Wolf, infatti possedeva una straordinaria facoltà di
immedesimazione in un’opera poetica fin nella sua più intima
essenza. Questa sua sensibilità poetica traspare anche nell’atto
creativo, dove l’attenzione pende sempre dalla parte del testo.
Come quando nel mettere in musica serie intere di componimenti
di un solo autore, nei titoli delle sue raccolte, Wolf suole indicare il
nome del poeta sopra quello del compositore.
Ciò che più colpisce nell’opera di Wolf è constatare come ciascuno
dei vari cicli liederistici porti un’impronta stilistica assai
differenziata. Così ciò che caratterizza i Lieder su testi di Mörike è
la grande facoltà inventiva del musicista che sostiene l’ispirazione
del poeta con un discorso melodico di alta qualità, sempre aderente
al testo. Con le poesie di Eichendorff, sembra essersi voluto
rilassare rispetto al precedente ciclo, presentandoci questo come un
libro di illustrazioni di tipi e caratteri. Nella raccolta goethiana le
scelte poetiche di Wolf sono concettualmente più alte, ma si ha la
sensazione di un atteggiamento più freddo e distaccato con un
prevalere
del recitativo,
e
una
maggiore
attenzione
alla
caratterizzazione dei processi interiori, rivelando così la sua
preferenza, in queste composizioni, per l’introspezione psicologica.
Visioni mistiche e lirica amorosa di grande profondità, insieme a
quadretti di una impietosa ironia, sono, invece, le caratteristiche
dello Spanisches Liederbuch. Per la prima volta, qui, sceglie versi
dove la forma poetica prevale sul contenuto. Le poesie sono
raramente profonde, sia sentimentalmente che concettualmente, e
trattano per lo più di fatti e gesta in cui occasionalmente compaiono
accenti di colore locale, e dove l’elemento ritmico è predominante
sull’idea poetica. I Lieder su poesie di Keller, anche se
poeticamente superiori, sono trattati allo stesso modo. Con lo
Italienisches Liederbuch ritorna sostanzialmente allo stile dei
Mörike-Lieder ma più rarefatto e arricchito di nuove raffinatezze
tecniche, spesso ottenute con una economia di mezzi. La forza
emotiva dello stile dei Mörike è qui unita alla concisa perfezione
formale dello stile dei Lieder spagnoli. Infine le tre composizioni
su testo di Michelangelo, il suo canto del cigno, sono una lirica
lapidaria, implacabile e inconsolabile, ottenuta con una semplicità
nel ritmo e nell’armonia.
Quindi il Lieder di Wolf, in generale sono l’equivalente musicale
dello stato d’animo dominante, o anche di uno o più stati d’animo
se i sentimenti all’interno del testo cambiano. Su questo sfondo
lirico grande importanza hanno le singole parole o le stesse frasi
che sono messe in evidenza, quasi isolate dalle altre con speciali
accorgimenti, come un allungamento del valore della nota su cui
poggia la parola, o creando un’attesa facendole precedere da una
pausa, derivandone così un effetto di varietà pur nell’unicità
dell’ispirazione. Nei Mörike-Lieder, ed esempio, una forte idea o
immagine poetica che domina su tutto il testo, viene tradotta
musicalmente con una rigida logica, mentre un testo più diffuso, sia
dal punto di vista narrativo che concettuale, porta ad una
composizione dallo schema formale più flessibile e quindi
sviluppata. La struttura della composizione, pertanto, riflette quasi
fedelmente quella della poesia, in una correlazione musica-testo in
cui la parte musicale cerca di aderire il più possibile all’intima
essenza dell’idea poetica. All’interno di questa corrispondenza
generale, però, si introduce una sottile rielaborazione del materiale
tematico per quanto riguarda il ritmo, la melodia e l’armonia,
rielaborazione che permette a Wolf di ricreare tutti i particolari più
profondi e reconditi del testo. Il ritmo, in particolare, assume una
posizione centrale e fondamentale, costituendo un fattore comune
alla musica e alla poesia, grazie al quale entrambi si fondono in un
tutt’uno. Infatti, oltre a conferire un modello formale e a dare una
continuità, il ritmo può accentuare l’intimo significato di una lirica.
Talvolta può avere una funzione illustrativa come quello vivo e
festoso di un Lied che raffigura l’allegria di una passeggiata
mattutina, oppure quello lento e vibrante di una canzone che
descrive il battito di un cuore, oppure ancora un’ostinata
figurazione ritmica usata per evocare l’idea di una preoccupazione
ossessiva. Le possibilità sono infinite e Wolf le sfrutta senza mai
ripetersi, in modo che ogni Lied possa creare e sostenere
ritmicamente ogni suo stato d’animo. Per ottenere questa varietà
espressiva egli scinde l’unità metrica originaria, ovvero il verso, in
ben definite isole musicali, fino ad arrivare in alcuni Lieder a
distruggere ogni senso strofico in una totale aritmia fraseologica.
Ma senza giungere a casi così limite, Wolf comunque distingue in
ogni sua composizione le zone principali da quelle accessorie della
poesia e adotta mezzi vocali di volta in volta variabili per
raffigurare musicalmente situazioni distinte, e così invece di
scegliere un unico ritmo, egli ricorre a momenti propriamente lirici
che affida a larghe melodie, oppure connessioni narrative su cui si
può sorvolare con frettolosi recitativi, o ancora accensioni
drammatiche che lo portano quasi alle soglie del grido o sezioni
dialogiche che gli permettono un incomparabile tono di
conversazione. Perfino nei Lieder strofici la melodia non segue
necessariamente modelli prestabiliti di ripetizione, ma si sviluppa
in modo da accordarsi con uno stato d’animo mutevole . Nel
frattempo, la parte pianistica, a seconda dei casi, può passare da un
tradizionalissimo accompagnamento (ad accordi ribattuti, ad
accordi arpeggiati, a movimenti continui, a esili disegni
contrappuntistici), ad elementi musicali di prim’ordine equivalenti
alla parte vocale, affinché nella sua raggiunta compiutezza
musicale possa adeguatamente esprimersi il particolare stato
d’animo contenuto nella poesia, fino ad arrivare, a volte, ad
un’assoluta egemonia del pianoforte, tanto che in alcuni manoscritti
si legge: für Klavier und Stimme (per pianoforte e voce). Ma più
spesso voce e pianoforte si contrappongono, creando una sorta di
discordia-concordia, in cui è evidente un’originale indipendenza
che comunque non compromette l’unità della concezione del Lied.
Il discorso vocale e l’atmosfera strumentale non si limitano a
commentarsi vicendevolmente, ma si continuano, si integrano l’un
l’altro. Tutto ciò è visibile anche a livello armonico, dove i vari
elementi sono impiegati per seguire le emozioni che il testo
suggerisce: ad esempio alcune composizioni hanno una, o più
d’una tonalità ben definita, che si modifica nei momenti di
maggiore tensione o intensità emotiva; in altre, invece, che
possiedono una tonalità fluttuante che rispecchia uno stato d’animo
poetico di impeto o di tensione, la tonalità si fissa definitivamente
soltanto quando la carica emotiva si esaurisce. Anche l’uso del
cromatismo è strettamente funzionale ad una maggiore descrizione
del testo, senza però arrivare a mettere in crisi, come con Wagner,
il linguaggio tonale.
Tutti gli aspetti fin qui evidenziati della produzione liederistica di
Hugo Wolf si possono riassumere quindi in una immediata
reazione della musica allo stimolo poetico. Per meglio spiegare
alcuni dei concetti sopra esposti si sono scelti due tra i suoi Lieder
più noti ed eseguiti: Verborgenheit tratto dai Mörike-Lieder e In
dem Schatten meiner Locken tratto dallo Spanisches Liederbuch.