L’ANALISI STRATIGRAFICA NEL PERCORSO DI CONOSCENZA DELLA STORIA INTEGRALE DEL MANUFATTO ARCHITETTONICO Arch. Laura Masciangelo Arch. Fabiola Zeka Lorenzi Un progetto di restauro che sia il più “corretto” possibile, sia a livello di intenzioni che di interventi operativi, richiede una approfondita conoscenza dell’oggetto architettonico. Conoscenza che è da intendersi come “globale”, ossia di tutte le “storie”, riferite a materia, comportamento meccanico, funzioni ed uso, che concorrono a definire la “storia integrale” del manufatto. Questa va ricercata attraverso un percorso che coniughi “caratteri” e “bisogni” dell’oggetto architettonico con le “attese” di restauro e d’uso di committenza e progettista. Definire i caratteri e i bisogni del manufatto è indispensabile per adeguare le risorse economiche e temporali a disposizione, sia alle necessità dell’edificio che alle attese del restauratore. In questo modo si potranno approntare, sia a livello qualitativo che quantitativo, le indagini indispensabili evitando dispendi di energie. Accade spesso, infatti, di approfondire in misura eccessiva un campo di indagine rispetto ad altri, creando uno sbilanciamento non funzionale alla progettazione. Il percorso di conoscenza sarà così funzionale al progetto di restauro, avvalendosi delle discipline adeguate al caso in esame. Tra queste si colloca la stratigrafia degli elevati, disciplina in grado di ‘conoscere’ in maniera dettagliata ed accurata la materia di cui il manufatto architettonico è composto, proprio perché "rappresenta lo strumento di passaggio da uno studio delle murature per grandi masse murarie e incentrato sull'analisi dei nodi, o di alcuni punti più rilevanti, ad un'analisi dettagliata delle caratteristiche di cultura materiale delle strutture murarie, e ad un'approccio metodologico (...) che si basa su una raccolta, il più possibile oggettiva, delle informazioni relative ai caratteri materiali della muratura, eseguita in modo da renderli comparabili tra loro e da consentire l'analisi e l'elaborazione di un insieme di dati molto vasti"1 Mutuata dal metodo di Harris utilizzato nell’archeologia di scavo, la stratigrafia, da una quindicina d'anni, è stata applicata con successo anche all'analisi degli elevati nel campo del restauro architettonico, all'interno del quale tale disciplina è andata affinandosi, anche in merito al dibattito tra le diverse scuole (Parenti e Manacorda; Doglioni e Brogiolo). La sua trasposizione dall’archeologia di scavo al campo architettonico ha inevitabilmente imposto alcuni adattamenti, proprio per la peculiarità dei diversi ambiti di applicazione. Infatti, mentre nel caso di stratificazioni sepolte il metodo di Harris permette di formulare ipotesi abbastanza oggettive sui rapporti di uguaglianza o analogia e di anteriorità/posteriorità tra unità stratigrafiche, negli elevati, dove esistono problemi logistici di lettura, il 1S. Azzini, F. Scaramuzza: La scheda di Unità Stratigrafica Muraria utilizzata per lo studio del 'Palazzo in Tufo' a Corte del Duca in: Ambienti di dimore medievali a Verona, cit principio di uguaglianza si traduce in un principio di analogia ‘stilistica’. Pertanto, è necessario seguire due percorsi logici paralleli, così come proposto dal prof. Brogiolo2e sintetizzato dal seguente schema: 2G. P. Brogiolo: Lezione del 20/12/1993 Corso di Archeologia Medioevale-Università di Padova A.A. 1993/94 STRATIGRAFIA DEGLI ELEVATI ANALISI STRATIGRAFICA ANALISI (Metodo di Harris) ARCHITETTONICO-FORMALE identificazione di identificazione di UNITA' STRATIGRAFICA ELEMENTO ARCHITETTONICO MURARIA RAPPORTI STRATIGRAFICI RAPPORTI ANALOGICI (anteriorità/posteriorità) (contemp./ant./post.) SEQUENZA PERIODIZZATA In questo modo, l’analisi architettonico-formale consentirà di acquisire quelle informazioni che non sono deducibili da un rapporto diretto, cioè di contatto fisico, tra unità stratigrafiche; una volta identificati gli Elementi Architettonici del manufatto, i quali si distinguono per particolari caratteristiche stilistiche e/o formali e/o tipologiche e/o strutturali, si è in grado di stabilire dei rapporti analogici che, a differenza di quelli strettamente stratigrafici di anteriorità e posteriorità, possono anche essere di contemporaneità. Gli Elementi Architettonici, in molti casi, fungono da ‘indicatori cronologici’: sono cioè elementi datanti, espressione di un preciso momento storico in un altrettanto preciso ambito geografico. Un caso esemplare di ‘indicatore cronologico’ può essere rappresentato da un capitello decorato di una colonna: il suo aspetto formale quasi sempre permette la sua datazione precisa. In questo modo gli E.A. si rivelano preziosi nella definizione di una cronologia non più solo relativa ma anche assoluta delle parti che costituiscono il manufatto architettonico. APPLICAZIONE DEL METODO L’applicazione metodologica della lettura stratigrafica degli elevati si articola in un primo momento di raccolta dati ed in un secondo di elaborazione degli stessi, secondo il percorso che è sintetizzato nello schema seguente e che poi punto per punto verrà illustrato: APPLICAZIONE METODOLOGICA 1) REGISTRAZIONE DATO MATERIALE (DIRETTO) a) DISTINZIONE AMBITI DI LETTURA b) INDIVIDUAZIONE U.S.M. ED E.A. E LORO LOCALIZZAZIONE SU SUPPORTO GRAFICO E/O GRAFICO c) REDAZIONE SCHEDE 2) INTERPRETAZIONE DATI DIRETTI E INDIRETTI d) DIAGRAMMA PERIODIZZATO e) RICOSTRUZIONE FASI DI TRASFORMAZIONE 1) Il primo momento consiste nell’indagine diretta sul dato materiale e sulla registrazione ordinata di tutte le informazioni acquisite. a) Come prima operazione, si distinguono gli ambiti di lettura ossia le parti secondo cui articolare la lettura stratigrafica, in cui viene suddiviso virtualmente il manufatto architettonico. Si provvede poi ad assegnare a ciascun ambito una numerazione di riferimento. La suddivisione in ambiti deve essere riferita volta per volta al caso di studio e al grado di approfondimento analitico che ci si prefigge di raggiungere. Nel caso in cui l’oggetto non sia un unico edificio ma un complesso architettonico, l’ambito di riferimento più generale per la lettura stratigrafica potrà essere uno dei corpi di fabbrica in cui il complesso architettonico è articolato; si deciderà poi se limitare l’analisi ad un’indagine generale o se dividere ulteriormente in ambiti più ristretti (ad esempio prospetti generali, unità funzionali, pareti verticali, strutture di orizzontamento, ecc.)3. b) Successivamente, ambito per ambito, si individuano le unità stratigrafiche come aree omogenee caratterizzate dalla medesima intenzionalità costruttiva, distinguendole, in base all’azione antropica che le denota, in unità stratigrafica muraria (azione di apporto di materia), interfacce di unità stratigrafica negativa (azione di asporto di materia) e interfacce di taglio (azione di asporto di materia). Si identificano inoltre gli elementi architettonici (aperture di porte e finestre, architravi, cornici, capitelli, colonne ecc.) per la loro caratterizzazione stilistica, decorativa, formale, tipologica, funzionale e/o strutturale. 3per i criteri di suddivisione e definizione degli ambiti di lettura stratigrafica, si rimanda a: G.P. Brogiolo La documentazione archeologica delle stratificazioni edilizie in: Archeologia dell’edilizia storica. Documenti e metodi. Como, 1988 Non sempre però è possibile individuare con sufficiente chiarezza le interfacce delle unità, definirne i limiti e comprenderne i rapporti stratigrafici al bordo: ad esempio la lettura può essere disturbata e resa difficoltosa anche dall’azione del degrado sui materiali di cui le unità sono costituite. E’ importante accettare questo limite e non pretendere di voler dare risposte esaustive ad ogni costo: dubbi e incertezze, opportunamente dichiarati e segnalati, non inficiano certo il metodo stratigrafico e la sua validità analitica. Le unità stratigrafiche riconosciute in sito vengono poi localizzate, mediante delimitazioni e numerazioni opportunamente distinte a seconda della natura delle unità stratigrafiche, sul supporto fotografico o grafico di cui preventivamente ci si è dotati. Il supporto fotografico o grafico è sempre da rapportare al caso di studio e al grado di analiticità da raggiungere: la qualità di restituzione dei supporti sarà proporzionale a questo, spaziando da schizzi di studio, mappe in scala 1: 2000, fino a rilievi fotogrammetrici di assoluta precisione. Sul supporto, oltre alla delimitazione e numerazione, viene anche riportata la natura del rapporto letto al bordo tra le unità in contatto, secondo una opportuna simbologia codificata da legenda. c)Le informazioni ricavate dall’osservazione diretta del dato materiale vengono raccolte in maniera ordinata nelle schede di unità stratigrafica. Non esiste una scheda ‘universale’; esistono piuttosto diversi ‘modelli di scheda’a cui di volta in volta riferirsi a seconda del caso di studio (intero centro storico, complesso architettonico, edificio, parte di edificio, ecc..) e del grado di approfondimento richiesto dall’indagine (schede di archiviazione veloce, schede specifiche di unità stratigrafica, ecc.). In scheda vengono riportate per ogni U.S. le descrizioni, i cui parametri vengono riferiti al materiale di cui sono composte. Ad esempio, per la muratura vengono fornite, in primo luogo, informazioni relative a composizione, apparecchiatura, tessitura; quindi, vengono individuate le caratteristiche dei componenti: tipo di mattone, dimensioni, colore, lavorazione, natura; tipo di legante, spessore dei giunti e dei letti, consistenza, colore, finitura. Nel caso di intonaci, vengono rilevati dati relativi al numero degli strati, spessore, composizione, consistenza, colore, aderenza o meno tra strati e al substrato, ed eventuali strati di tinteggiatura.4 In scheda si registrano inoltre i rapporti tra le unità, sia quelli strettamente stratigrafici (anteriorità e posteriorità) che quelli analogici (contemporaneità). I rapporti di anteriorità specificano che l’unità subisce una qualche azione, mentre quelli di posteriorità indicano un’azione che l’unità stratigrafica compie nei confronti delle altre. 2)Terminata la fase di raccolta e registrazione dei dati esperiti dall’osservazione diretta del manufatto, si passa alla fase interpretativa in cui tali informazioni vengono elaborate unitamente ai dati acquisiti con l’analisi sulle fonti indirette (documentazione d’archivio, iconografica o analogie con edifici datati). d) Il diagramma stratigrafico è lo strumento in cui vengono riportate tutte le relazioni in precedenza rilevate tra le unità stratigrafiche, che qui trovano la loro collocazione temporale. Il diagramma, o matrice di Harris, si presenta come un elaborato grafico in cui, per ogni ambito di lettura, lungo le ascisse si dispongono le unità stratigrafiche e lungo le ordinate si colloca il parametro temporale. Disposte tutte le unità, sarà possibile ottenere una sequenza cronologica e riconoscerne come fasi le tappe evolutive che una serie significativa di ‘azioni’ hanno di volta in volta determinato. Ognuna di queste tappe, se supportata da una adeguata indagine sulle fonti indirette, può essere riferibile ad un preciso periodo storico; 4NORMAL 23/87, Terminologia tecnica: definizione e descrizione delle malte. Gruppo M. in questo modo sarà possibile giungere ad una sequenza cronologica non solo relativa ma anche assoluta delle parti che costituiscono il manufatto architettonico e riconoscere quindi le diverse fasi di trasformazione dell’edificio. e) Dalla visione globale e simultanea di tutte le fasi di trasformazione relative agli ambiti di analisi dell’edificio, fornita dal diagramma stratigrafico, si passa poi alla restituzione grafica di ciascuna singola fase, visualizzando esclusivamente gli elementi che ne hanno permesso la determinazione, in quella che viene definita la Ricostruzione per fasi. L’immagine che così si ottiene non vuole essere una ricostruzione ipotetica dal carattere compiuto: non si vuole cioè proporre una visione ‘fantasiosa’ del manufatto in un determinato periodo, ma semplicemente esplicitare i dati di cui si ha l’oggettivo riscontro fisico sul manufatto; tutt’al più si possono riportare, con la dovuta cautela, i dati ricavati da attendibili fonti documentarie pur in mancanza di precisi riscontri sulla materia. POTENZIALITÀ METODOLOGICHE DELLA STRATIGRAFIA PER IL PROGETTO DI RESTAURO L’analisi stratigrafica può essere proposta come disciplina analitica adatta a fornire metodologia e di conseguenza strumentazioni applicabili anche ad altri ambiti di indagine. Ad esempio, la ricostruzione delle fasi di trasformazione dell’edificio può essere utilizzata in maniera molto efficace come base per lo studio e la verifica delle modificazioni del comportamento meccanico della costruzione, studio che permetterà al progettista la corretta impostazione dell’intervento di restauro5. Si potrà così ricostruire la storia strutturale dell’edificio, argomento di pertinenza non stratigrafica in quanto la stratigrafia studia la materia di cui è costituito l’edificio, ma non il comportamento intrinseco della costruzione. La conoscenza a cui porta l’analisi stratigrafica si rivela una valida base anche per lo studio del degrado dei materiali di cui l’edificio è costituito. Infatti, la restituzione grafica con le fasi di trasformazione fornita dalla stratigrafia si dimostra un supporto utile allo studio degli effetti del degrado: questa lettura sovrapposta può fornire indicazioni importanti al fine delle scelte puntuali di intervento di restauro sui materiali. Ad esempio, rilevare la coincidenza di bordo tra una unità stratigrafica e una unità di degrado è indice di una situazione particolare delle caratteristiche del materiale di cui l’unità stessa è costituita; si può allora opportunamente predisporre un intervento mirato su di essa. Gli elaborati prodotti nel corso dell’analisi stratigrafica possono poi trovare efficace impiego anche nella fase di progetto. Ad esempio, i supporti grafici o fotografici sui quali si sono individuate le unità stratigrafiche riconosciute in sito, con sovrapposta l’analisi del degrado dei materiali, possono essere utilmente impiegati per indicare puntualmente, unità per unità, le operazioni specifiche di restauro. Analogamente, anche il diagramma stratigrafico può trovare una validità operativa nella fase progettuale: aggiungendo alla sequenza cronologica come ultima fase quella di intervento, la matrice può essere impiegata come strumento di controllo e valutazione preventiva della ‘correttezza’ delle scelte del progettista e successivamente, in fase di cantiere, di registrazione delle modifiche indotte dal progetto. 5A riprova dell’effettiva utilità dei risultati dell’indagine stratigrafica per la lettura strutturale, in un rapporto di reciproca verifica dei dati, si rimanda anche a quanto riferito dall’ing. Faccio nella sua comunicazione. Tale controllo è però possibile solo in termini di materia ma non di costruzione: lo strumento stratigrafico si rivela infatti idoneo a valutare l’alterazione, la perdita o l’eventuale aggiunta alla materia di cui l’edificio è composto, ma non le modificazioni del funzionamento meccanico della costruzione che il progetto di restauro potrebbe comportare. Riuscire a mettere a punto uno strumento di controllo della struttura, analogo per impostazione logica e linguaggio a quello fornito dal metodo stratigrafico, sarebbe di indubbia utilità per una completa gestione del progetto di restauro; questo è attuabile nell’ottica di un collegamento interdisciplinare ed è ciò su cui attualmente si sta lavorando. RIFERIMENTI BIBLIOGRAFICI GP Brogiolo ARCHEOLOGIA DELL’EDILIZIA STORICA Como, 1988 Francesco Doglioni AMBIENTI DI DIMORE MEDIOEVALI A VERONA Corso di restauro architettonico "A" D.S.T.R.-I.U.A.V. Venezia Museo di Castelvecchio, Catalogo della mostra CLUVA, Venezia 1987 LA RICERCA SULLE STRUTTURE EDILIZIE TRA ARCHEOLOGIA STRATIGRAFICA E RESTAURO ARCHITETTONICO in : " Archeologia e restauro dei monumenti " a cura di Riccardo Francovich - Roberto Parenti Firenze 1988 C. H. Harris PRINCIPI DI STRATIGRAFIA ARCHEOLOGICA Trad. italiana, Roma 1983 Tiziano Mannoni METODI DI DATAZIONE DELL'EDILIZIA STORICA in: "Archeologia Medievale", XI, 1984 Roberto Parenti LA LETTURA STRATIGRAFICA DELLE MURATURE IN CONTESTI ARCHEOLOGICI E DI RESTAURO ARCHITETTONICO in: Restauro e Città, n°2, pp.62-64 Venezia, 1985 LE STRUTTURE MURARIE : PROBLEMI DI METODO E PROSPETTIVE DI RICERCA Il progetto Montarrenti ( SI). Relazione preliminare, 1982 in: "Archeologia Medievale", X , 1983 Roberto Parenti LE TECNICHE DI DOCUMENTAZIONE PER UNA LETTURA STRATIGRAFICA DELL'ELEVATO in: " Archeologia e restauro dei monumenti " a cura di Riccardo Francovich - Roberto Parenti Firenze 1988 SULLE POSSIBILITA' DI DATAZIONE E DI CLASSIFICAZIONE DELLE MURATURE in: "Archeologia e restauro dei monumenti " a cura di Riccardo Francovich - Roberto Parenti Firenze 1988 AA.VV. ARCHEOLOGIA DELL’ARCHITETTURA I/96 Supplemento ad "Archeologia medievale XXI" Firenze, All’insegna del giglio ed. AA.VV. DAL SITO ARCHEOLOGICO ALL’ARCHEOLOGIA DEL COSTRUITO Conoscenza, Progetto e Conservazione Atti del Convegno di Studi di Bressanone, luglio 1996 Arcadia Ricerche Editore, Padova I termini del problema STRATIGRAFIA e DISSESTO DAL CANTIERE AL METODO: STRATIGRAFIA E DISSESTO arch. giovanni cagnoni Introduzione L'identità di un edificio è rappresentata da consapevoli fasi costruttive e dagli interventi che si sono evoluti nel tempo, e da variazioni strutturali o dello stato di degrado che, per la loro natura, spesso richiedono e giustificano l'intervento di restauro. La costruzione di una casa, l'apertura di una nuova finestra, una ulteriore suddivisione di spazi interni possono essere definiti come una serie di azioni, appartenenti ad un ambito tecnico, ma riferite ad un preciso quadro storico culturale. Un cedimento del terreno ed il relativo dissesto , la mancanza di manutenzione dell'edificio ed i fenomeni di marcescenza delle parti lignee, i gas di scarico delle automobili combinati con altri fenomeni di inquinamento e la formazione della crosta nera, sono avvenimenti che fanno parte della storia di un edificio, ma non sono il frutto di una specifica volontà; essi rappresentano una serie di azioni, che spesso si sovrappongono, ma traggono la loro origine da ambiti diversi tra di loro; possiamo considerare questi ultimi processi come elementi che trasformano, modificano lo stato della costruzione senza un intervento consapevole. Questo quadro di riferimento, noto nell'ambito operativo e metodologico della materia del restauro, può essere arricchito dalla scienza dell'archeologia. Palazzo Montorsi Un caso interessante da questo punto di vista è rappresentato dagli studi effettuati su Palazzo Montorsi, a Padova. Il restauro di Palazzo Montursi ci ha offerto l'occasione di verificare alcuni metodi di rilievo e di porli a confronto con il lavoro precedente, volto solo al rilievo metrico dell'edificio, Il secondo rilievo fu eseguito a cantiere aperto; la diversa situazione presenta alcuni interessanti aspetti di novità: le demolizioni controllate di intonaci, pavimenti e controsoffitti rivelano la natura più intima della costruzione, permettendo una conoscenza più completa da un punto di vista storico, strutturale e del degrado; Scomposto l’edficio nelle sue componenti, attraverso i metodi della stratigrafia degli elevati, e lo si è riaggregato nei suoi aspetti storici, descrittivi, funzionali, statici e del degrado. L’osservazione di una particolare tecnica costruttiva, i “barbacani”, hanno rappresentato lo spunto per alcune osservazioni riguardanti il rapporto tra l’uso del rilievo stratigrafico ed il quadro di dissesto della struttura: il comportamento statico differenziato dei diversi elementi che compongono il barbacane non poteva essere registrato solo come una semplice sequenza di fasi da mettere in rapporto cronologico (1). Già da alcuni anni il rapporto tra le materie dell’architettura e dell’archeologia ha dato notevoli risultati (2); in questa sede mi soffermerò sull'analisi del concetto di trasformazione della materia in un deposito archeologico, proposto in particolare dal lavoro di Giovanni Leonardi (3), principale rappresentante della "Scuola di Padova" (4), per produrre un'ipotesi di applicazione operativa all'interno di un settore del tutto particolare, l'archeologia dell'architettura, il fine di applicazione dell'ipotesi riguarda sia la conoscenza del manufatto, sia il progetto di restauro. Consideriamo le leggi fisiche, spesso studiate da altre aree scientifiche, quando assumono un ruolo centrale nei processi di stratificazione (5). I comportamenti derivati da queste leggi sono applicabili anche all'archeologia. La Scuola di Padova trova nella geologia, soprattutto nell'ambito della sedimentologia, il principale riferimento; nel presente contributo, le leggi naturali di riferimento sono la fisica statica e la chimica. Le leggi naturali sono in profonda relazione alle leggi culturali: l'uomo organizza la materia, la trasforma, ne impone la propria, riconoscibile, geometria (6). Nell'ambito dell'edilizia, ad esempio, ciò è fortemente percepibile attraverso l'analisi formale, strumento dalla storia dell'architettura. Quando si analizza un deposito, si opera in un determinato differenziale di tempo, sapendo che esso è frutto di una serie di processi, antropici e naturali che, a partire dall'inizio della sua vita, lo hanno nel tempo variamente influenzato e spesso trasformato; per comprenderlo è necessario integrare le varie conoscenze di differenti ambiti disciplinari. In archeologia, le sequenze di vita delle varie fasi del deposito, e dei processi ad esso legati, sono studiate, registrate e periodizzate attraverso l'analisi stratigrafica (7). Questi processi non solo concorrono a formare un'unità di fase, ma possono anche trasformare parte di quest'unità; i processi di trasformazione dell'unità sono assoggettati ad alcune leggi fisiche e chimiche (8); ad esempio, in un muro l'umidità di risalita può provocare all'esterno la perdita del materiale che forma il paramento laterizio e all'interno il rigonfiamento, il distacco e la caduta di parte dell'intonaco. Il mezzo attraverso il quale si possono segnalare questi avvenimenti è rappresentato dal diagramma stratigrafico, il quale registra e razionalizza i risultati dell’analisi stratigrafica, tra i quali troviamo l’analisi dei processi post - deposizionali. I processi post - deposizionali Normalmente si intende con il termine "post deposizionale" un processo che interviene su una fase del deposito già precedentemente definita. Tra le varie azioni che il processo compie sullo strato, interessa isolare ed analizzare quelle che lo trasformano (9). La prima divisione riguarda il processo post deposizionale "attivo", considerato come azione di apporto o di asporto della materia, e processo post - deposizionale "passivo", inteso come azione di disturbo "trasformativa". All'interno della prima categoria, le azioni di asporto sono assommate ad azioni di disturbo (sottrazione di informazione), mentre le azioni di apporto sono assommate 2 ad azioni conservative (aggiunta e copertura di informazione). La seconda categoria, il processo post deposizionale "passivo" (10), è definito trasformativo, quindi conseguenza di una causa riconducibile nell'ambito fisico chimico: la compressione prodotta dal calpestio su di un piano pavimentale, ed i possibili modifiche degli strati sottostanti, il cambio di stato della materia dovuto all'azione del fuoco sono azioni di questo tipo. Gli effetti di questi processi post - deposizionali passivi possono essere considerati delle "sovrimpressioni" che modificano, che nascondono parzialmente la stratificazione già deposta, benché abbiano in sé una notevole carica informativa, storica, strutturale e del degrado, di tutto rispetto. Il risultato finale del lavoro di Giovanni Leonardi, congiunto all'apporto di Claudio Balista, geo archeologo, si concretizza nell'introduzione di alcune nuove unità, che hanno il vantaggio non trascurabile di associarsi senza traumi alla sequenza stratigrafica già costruita e di definire nuove informazioni sulle fasi di formazione, naturali e soprattutto antropiche, dei suoli. L'apporto della Scuola di Padova rappresenta una base metodologica ricca di spunti anche per l'ambito dell'archeologia degli elevati. L'archeologia degli elevati, o più in generale il rapporto tra archeologia ed architettura, ha vissuto momenti di intenso dibattito soprattutto nella seconda metà degli anni Ottanta, attraverso i contributi, tra gli altri, di Gian Pietro Brogiolo, Francesco Doglioni e Roberto Parenti. L'utilità del diagramma stratigrafico in relazione al progetto di restauro ha rappresentato nel dibattito un problema rilevante. Il ruolo della storia dell'architettura, intesa come analisi formale può essere integrato con il diagramma stratigrafico, considerando quest'ultimo come ambito di riferimento; entrambi concorrono a formare un diagramma periodizzato, che rappresenta una delle basi operative del diagramma progettuale, elaborato sia in ambito teorico sia metodologico da Gian Pietro Brogiolo (11). Il diagramma progettuale nasce dall'esigenza di una corretta gestione dei dati provenienti dalla fase conoscitiva, in cui si riconosce il ruolo centrale dell'analisi stratigrafica, e le necessità operative del progetto di restauro: ogni fase costruttiva dell'edificio, individuata e periodizzata attraverso l'analisi stratigrafica, diventa anche l'oggetto della proposta di intervento, fornendo un supporto di rilievo e documentazione direttamente gestibile dal direttore dei lavori o dal responsabile dei calcoli statici; a loro volta le informazioni ottenute dal diagramma stratigrafico arricchiscono ulteriormente la conoscenza storica dell'edificio. L'altra categoria, già individuata, può essere oggetto di ulteriore approfondimento: la trasformazione, intesa come somma delle azioni di degrado e di dissesto statico, che spesso giustificano ed impongono l'intervento di restauro. Francesco Doglioni ben individua l'inevitabile contaminazione tra stratigrafia e interpretazione storica (12). Contaminazione che ora si vuole allargare alle azioni di trasformazione, così come enunciate più sopra. Queste azioni possono essere definite UNITA' DI TRASFORMAZIONE (UTR), che si ricollegano al concetto del processo post deposizionale "passivo", anche se metodologicamente si devono legare allo specifico della materia dell'archeologia degli elevati. Stratigrafia e dissesto L’Unità di Trasformazione. La prima grande divisione è rappresentata da UTR relative al dissesto statico e relative al degrado; il luogo di entrambe le azioni è l'edificio; le cause del degrado e del dissesto, pur avendo origine diversa, possono riferirsi ad ambiti comuni, che genericamente possono essere definiti come: naturali, antropico - naturali, antropici e antropico urbani. Premettendo che nella realtà questi ambiti sono spesso mischiati tra di loro, cerchiamo di elencarli singolarmente e per sommi capi. Ambito naturale. Può essere rappresentato da un cedimento fondale, da un assestamento del peso proprio dell'edificio, da alcune condizioni atmosferiche stagionali quali l'alternanza di caldo e freddo, la pioggia, l'umidità. Ambito naturale - antropico. Può essere rappresentato dalla buona o cattiva resistenza delle strutture preposte al contrasto dei carichi accidentali quali neve, vento forte, ecc. Ambito antropico. Può riguardare una cattiva progettazione, l'imperizia di interventi successivi all'assetto originario, la mancanza di manutenzione o l'abbandono, che possono amplificare le cause naturali. Ambito antropico - urbano. Riguarda un ambito in cui le sollecitazioni sono proprie di un ambiente fortemente urbanizzato, quali le micro- vibrazioni continuate che derivano dal passaggio dei tram, all'effetto dei gas di scarico o del riscaldamento, ecc. Proposta di una metodologia operativa. Problemi strutturali e degrado costituiscono due serie di azioni molto diverse tra di loro; per quanto riguarda il degrado, il riferimento principale è rappresentato dal lavoro di Francesco Doglioni; per lo studio sulle unità di degrado, e la correlazione tra queste, il diagramma stratigrafico ed il progetto di restauro, rimando agli altri contributi presenti. Riguardo l'ambito strutturale, rimando all’intervento allegato all’inquadramento del problema statico dell'ing. Paolo Faccio, che in collaborazione con l'Università di Firenze, sta svolgendo ricerche che possono avere notevoli contiguità con le nostre problematiche. Il nesso centrale è nel rapporto tra le unità di trasformazione, siano esse di degrado o legate al dissesto strutturale, e la sequenza stratigrafica. La sequenza stratigrafica lega e periodizza in un diagramma le unità omogenee che compongono un edificio. La contaminazione tra le discipline dell'archeologia e dell'architettura in questo caso porta a considerare il diagramma stratigrafico anche come il luogo in cui sono identificate le unità omogenee. Si possono quindi considerare una o più azioni trasformative, precedentemente definite come Unità di Trasformazione, come un flusso che attraversa l'edificio. Pensiamo ad esempio ad una serie di lesioni dovute ad un cedimento fondale, che possono attraversare diverse unità stratigrafiche murarie, così come i danni provocati dall'umidità di risalita. E' quindi importante isolare le unità interessate per definire sia il tempo sia il luogo in cui si sono manifestate. Ciò è basilare per la storia dell'edificio, ma anche per progettare un eventuale intervento di restauro in modo corretto. L'unità di trasformazione (o UTR), identificata con un numero appartenente ad una serie progressiva, sarà direttamente associata alle unità del diagramma stratigrafico 3 Stratigrafia e dissesto attraversate; ne verranno identificati gli estremi di estensione, che potranno appartenere ad USM diverse, i punti di passaggio relativi a tutte le USM attraversate; si potrà quindi, con una sola lettura del diagramma stratigrafico, controllare l'informazione relativa anche alle unità di trasformazione. Poste queste premesse metodologiche, propongo ora un'ipotesi operativa atta ad integrare il diagramma con le UTR di trasformazione. L'ipotesi si fonda su 5 punti in sequenza; per maggior chiarezza, ho scelto di considerare un quadro fessurativo formato da una serie di più lesioni provocate da un'unica causa, non una generica UTR. Proposta di una sequenza operativa. 1- Individuazione e rilievo delle lesioni, assegnando ad ogni lesione, o ad ogni altra deformazione di tipo strutturale, un numero progressivo di UTR, correlabile con il diagramma stratigrafico. Pur non potendo il rilievo essere sincronico, deve essere comunque molto collegato, dato che, a seconda dei casi, l'informazione sulle trasformazione può integrare la lettura stratigrafica e viceversa. 2- Ordinamento delle lesioni per gerarchia di importanza, creando per ogni famiglia un flusso, un ordine interno che definisca i reciproci rapporti. In questa fase è prevista già una diretta gestione nell'ambito progettuale; infatti il rilievo del quadro fessurativo rappresenta già di per sé una serie di informazioni già complete e gestibili da parte del progettista. 3- Correlazione di ogni singola lesione con il diagramma stratigrafico (USM di appartenenza). 4- Correlazione dell'intero quadro lesivo con gruppi omogenei di unità stratigrafica. 5- Lettura sincronica sia del luogo fisico delle lesioni, sia della periodizzazione delle lesioni stesse, attraverso un flusso di attraversamento dell'informazione sia da un punto di vista cronologico sia come correlazione di entità fisiche rappresentate dalle USM. Un qualsiasi edificio è più complesso del semplice schema allegato; inoltre, la ricerca sui rapporti tra analisi stratigrafica e degrado, condotta in alcune tesi di laurea presentate da Francesco Doglioni, rappresentano già un punto di riferimento nel dibattito. Conclusione Il presente contributo, ben lontano da fornire soluzioni definitive, si propone più semplicemente di contribuire al dialogo sul piano metodologico tra le discipline dell'archeologia e dell'architettura; ad esempio i temi appena accennati nelle note - schede allegate possono rappresentare due diversi e stimolanti terreni di confronto, in un ulteriore approfondimento. E' chiara comunque la consapevolezza che in questo ambito interdisciplinare, oltre alla ricerca di un metodo, è altrettanto centrale un lavoro di costruzione di un lessico che tenga conto di analogie e differenze tra le varie materie. NOTE (1) CAGNONI, G.,”Palazzo Montorsi a Padova: analisi stratigrafica e progetto”, in “Galileo”, n.55, maggio 1994 (2) - FRANCOVICH R., PARENTI R. (a cura di), 1988, Archeologia e Restauro dei Monumenti, Firenze; BROGIOLO, G. P., 1988, Archeologia dell'Edilizia Storica, Como; DOGLIONI, F., 1987 (a cura di), Ambienti di Dimore Medievali, Verona. (3) - LEONARDI G.(a cura di) Processi formativi della stratificazione archeologica, Atti del seminario internazionale: Formation processes and excavation methods in Archaeology: perspectives; Padova, 1992. In ambito internazionale, il riferimento dell'opera di Giovanni Leonardi riguarda il lavoro degli archeologi americani C. Schiffer e L. Binford. (4) - La "Scuola di Padova" ha contribuito all'approfondimento dei processi formativi del "record" archeologico sepolto e di superficie ed alla formulazione di proposizioni teoretiche generali dell'ambito archeologico. Gli esponenti di spicco della "Scuola di Padova", oltre al Leonardi, sono il Dott. Armando de Guio, dell'Università di Padova, ed il Dott. Claudio Balista, geoarcheologo. (5) - LEONARDI Op. cit., 1992, pag. 95: "Le leggi fisiche che governano i modi della deposizione sono note in base a conoscenze che sono di ordine più generale della specifica disciplina archeologica. E' utile ricordare però che sul piano deposizionale anche qualsiasi processo culturale, e naturale a questo connesso, sottostà a queste leggi. Una serie di comportamenti dipendenti da tali leggi, mediati dalla Fisica, (...) sono ampiamente applicabili anche all'archeologia. Proprio perché corrispondono a comportamenti fisici costanti, in base a variabilità controllabile, sono più facilmente codificabili e servono ad operare selettivamente una restrizione di campo all'interno della massa di variabili assunte(...)" (6) - LEONARDI, cit., 1992, pag. 97: "Un muro, una massicciata, una stesura di argilla sottostanno solo alle leggi fisiche riguardo alla statica, mentre le tracce di organizzazione della materia dipendono esclusivamente dalla "geometria" imposta dall'uomo, dipendono cioè da "leggi" culturali. Questi depositi si possono definire unità manufattuali." (7) - Tra i testi di riferimento storici sull'analisi stratigrafica ricordiamo soprattutto HARRIS, E. C., 1983, Principi di stratigrafia archeologica, Roma, traduzione italiana con prefazione di Daniele Manacorda. (8) - LEONARDI, Op. cit., 1992, pagg. "Solo la conoscenza dei processi che stanno all'origine (genesi) delle deposizione archeologica permette la decodificazione di una stratificazione e ne rende quindi possibile la sua comprensione (...). Intendiamo cioè porre l'accento sull'aspetto genetico, tentando di integrare le conoscenze proprie della geologia sedimentaria (dell'ambito degli studi strutturali applicati all'edilizia) rispetto a quelle specifiche delle attività antropiche, cioè l'aspetto culturale, tenendo conto delle possibili trasformazioni che il deposito (l'edificio) subisce nel tempo. Si intende quindi privilegiare la comprensione dell'aspetto dinamico, processuale della formazione del deposito, rispetto alla registrazione formale della materia, nella sua dimensione statica, nel momento in cui noi siamo costretti a intaccare o a distruggere una stratificazione per comprenderla." (9) - LEONARDI, Op. cit., 1992, pagg. 75 - 99 4 Stratigrafia e dissesto (10) - LEONARDI, Op. cit., 1992, pagg. 75 - 99 STRATIGRAFIA E DISSESTO ing. Paolo Faccio dott. Monica Nord I complessi edilizi sono costituiti da elementi costruttivi connessi e dimensionati in modo da assolvere i compiti statici loro affidati. Ma la vetustà, le variazioni tecniche ed igrometriche, l’opera degli agenti atmosferici, i sovraccarichi, ecc..., sono tutte cause capaci di inficiare la solidità della costruzione, alterandone il regime di equilibrio. Si tratta di alterazioni che, superati certi limiti, determinano dei dissesti statici nella massa muraria. In un complesso costruttivo lesionato, da ricondurre in condizioni di stabilità, diventa perciò indispensabile, per un corretto ed efficacie intervento di conservazione strutturale, conoscere il comportamento meccanico dell’edificio stesso attraverso una corretta lettura ed una giusta interpretazione di quei segnali che ne evidenziano appunto la funzionalità strutturale, e cioè le possibili fessurazioni, gli spanciamenti o i fuori piombo. E’ però necessario definire un modello esplicativo che dia la possibilità di leggere e verificare l’edificio in esame nel suo complesso, svincolandolo da analisi locali del tipo causa-effetto efficaci solo in casi circoscritti, ma inadeguate per una comprensione globale. Per giungere a questo modello occorre raccogliere informazioni archivistiche e documentali, integrandole con il rilievo stratigrafico del manufatto capace di evidenziare le qualità tecnologiche, le discontinuità, le omogeneità e, quindi, la cronologia delle fasi edilizie. Punto di partenza di questa metodologia è l’osservazione e la sperimentazione del manufatto in oggetto, e cioè il rilievo in ogni suo aspetto proprio perchè gli elaborati grafici che se ne determinano sono alla base di ogni indagine diagnostica eseguita sul manufatto stesso. Quindi il rilievo geometrico, utile per approntare il modello, il rilievo stratigrafico, per conoscere, oltre alla geometria, proprio la materia di cui si costituisce l’edificio, non per ottenere una semplice riproduzione fotografica, ma una lettura critico-descrittiva dell’edificio per capire appunto i motivi per cui sono stati utilizzati determinati materiali invece di altri e come sono stati utilizzati, così poi da sfruttarne al massimo le loro caratteristiche meccaniche, e quindi le diverse fasi che caratterizzano la costruzione. Infatti, come dice Giuffrè: “il rilevatore deve conoscere le tecniche costruttive in uso all’epoca della costruzione che va ad esaminare, così come abitualmente conosce gli stili dell’architettura che lo guidano al rilievo di cornici e modanature. Con tale base di conoscenza l’osservazione è indirizzata verso i punti nodali dell’opera, anche se non appaiono in superficie.” Sono proprio questo tipo di informazioni che ci aiutano a delineare il funzionamento strutturale della costruzione. A titolo puramente esemplificativo, proprio per capire cosa s'intende per comportamento meccanico, diamo un esempio di procedure di lettura strutturale, cioè dei canali statici che caratterizzano il manufatto evidenziando come questo scarica le forze al suolo. In tal senso consideriamo due edifici di età repubblicana: il Santuario della Fortuna Primigenia a Palestrina del II sec a C e il Santuario di Ercole Vincitore a Tivoli del I sec a C. In entrambi i casi si tratta di costruzioni monumentali, interessanti dal punto di vista strutturale per le soluzioni adottate nella loro realizzazione. Il Santuario di Palestrina è definito da un articolato sistema di volumi che costituiscono un “unicum strutturale”, essendo ciascun livello, contemporaneamente, edificio e sostruzione di quello superiore. Il concetto di fondo sta quindi nel dare alle enormi masse murarie una reazione conveniente così che sulle strutture gravi la minor sollecitazione unitaria possibile. Quindi è costante la ricerca di stabilità, e cioè di un terreno solido (o meglio dello strato roccioso che caratterizza geologicamente il colle), da parte delle fondazioni di tutti gli elementi portanti del complesso, siano muri o pilastri. Tale soluzione adottata anche per gli edifici realizzati sulle terrazze fa si che sia ridotta al minimo la spinta sulle murature di sostegno. Questo spiega perchè l’orditura geometrica degli elementi non apparenti, intendendo con essi tutto l’apparato di sostruzione (concamerazioni) e fondazione, varia continuamente andando di volta in volta ad aderire alla diversa natura del terreno, a differenza i quelli apparenti regolati da principi e regole architettoniche. Esemplificativa, a tal merito, può essere l’analisi del livello immediatamente superiore alle rampe, quello cosiddetto degli emicicli. Questo presenta un’orditura strutturale organizzata in fornici capace di risolvere i problemi legati all’uso dei caementa e di rispondere alle spinte orizzontali del terreno retrostante considerata l’elevata stabilità che la caratterizza. I fornici nascono infatti dalla necessità di sezionare i getti e dalla plasmabilità del nuovo materiale, si tratta di una nuova cellula costruttiva costituita da ambienti rettangolari di forma allungata coperti a botte, che hanno la duplice caratteristica di creare uno spazio fruibile all’interno del muro stesso o di porsi a cavallo di un percorso riducendo l’impiego di area pubblica, e di consentire il controllo di fenomeni di ritiro tramite la diminuzione dell’entità messa in opera e l’interposizione, tra piedritto e imposta di volta, di un corso in pietra che funziona da piano di sezionamento e, in alcuni casi, da giunto. Il fornix diviene la cellula base di ogni sistema di terrazzamento, proprio perchè, come dicevamo, è caratterizzata da un'elevata stabilità visto che, se realizzata in serie, crea il vantaggio di elidere le spinte orizzontali. Nel caso del Santuario, la sequenza disposta simmetricamente rispetto alla scalinata centrale, è contraffortata alle due estremità da una parte da un muro di considerevole spessore e dall’altra da un’ulteriore sequenza di fornici disposta ortogonalmente alla prima e che sostiene proprio la grande scalinata centrale. Ad aumentare la stabilità d’insieme, collabora anche l’articolazione del muro retrostante organizzato in concamerazioni che corrispondono alla scansione del soprastante ordine dei fornici a semicolonne, andando così a realizzare con esso un unico complesso strutturale, ciò ha anche lo scopo di ridurre al minimo la spinta sul muro stesso. Il secondo esempio, il Santuario di Ercole Vincitore a Tivoli è, invece, una costruzione realizzata su una sostruzione a ridosso della scoscesa valle dell’Aniene, sostruzione articolata secondo la direttrice della via Tiburtina che 5 attraversa il Santuario con una galleria a volta ribassata, la via Tecta. Quello che ci interessa in quest'ambito è proprio l’articolato sistema di spinte e controspinte che caratterizza l’interno della sostruzione, imponente per altezza e dimensioni, tale sistema è infatti pensato dal costruttore romano per limitare al massimo il verificarsi di stati tensionali pericolosi per la stabilità della struttura stessa. Tali stati tensionali sono dovuti alla spinta orizzontale della volta ribassata che andrebbe a gravare proprio sugli elementi verticali di sostruzione che raggiungono i 30 m di altezza. La volta viene perciò contraffortata dagli ambienti laterali anch’essi coperti con volte, ma nervate da arconi lapidei così che la struttura risulti notevolmente rigida e il loro funzionamento sia quello di volte corte disposte in serie in cui ai caementa è affidato il compito di irrigidimento. Questi ambienti sono a loro volta contraffortati da vani secondari in modo da formare un tutto staticamente unitario. Quindi, per semplificare al massimo il funzionamento meccanico delle sostruzioni, gli elementi verticali dei vari livelli sono perfettamente sovrapposti a quelli degli ordini inferiori, così da evitare tensioni pericolose dovute all’eccentricità del carico. Il medesimo concetto caratterizza anche la costruzione dell’edificio soprastante, come dimostrano le volte a padiglione, utilizzate per coprire i vani quadrati perchè consentono di scaricare il peso su tutte e quattro le strutture in parti uguali, non a caso poste sugli ambienti immediatamente a ridosso degli elementi verticali di sostruzione. Ma come dicevamo per chiarire il comportamento meccanico di una costruzione è utile la corretta lettura dei segnali che ne caratterizzano la funzionalità strutturale, e cioè possiamo ora indagare quello che è il ruolo del quadro fessurativo, “essendo”, come dice Chiarugi ”il quadro fessurativo una fondamentale manifestazione del comportamento strutturale della costruzione che , se fatta ‘parlare’, molto ha da ‘dire’ in merito al funzionamento attuale ed all’evoluzione strutturale della costruzione stessa.” Quindi diventa necessario stabilire le caratteristiche quantitative delle fessurazioni che il manufatto in oggetto presenta, e cioè la loro lunghezza, profondità, ampiezza, come si inseriscono in un contesto di fessurazioni più ampio e se vi si inseriscono. Non da ultimo, al fine di una corretta diagnosi può essere utile stabilire il loro decorso nel tempo e quindi la cronologia dei plessi fessurativi allo scopo di capire come intervenire e soprattutto se intervenire. Infatti vecchie fessurazioni, ormai arrestatesi indicano che la costruzione ha trovato un nuovo assetto di equilibrio e che quindi dal punto di vista della conservazione strutturale un intervento non avrebbe senso, anzi potrebbe pregiudicare la nuova stabilità. Per conoscere le cause perturbatrici che possono aver determinato un tale quadro di dissesti, è utile integrare tali informazioni con quelle desunte dall’analisi stratigrafica e dalla documentazione storica. In questo senso può essere letta la scheda strutturata in tre sezioni, che viene riportata di seguito. Per inciso, è comunque da puntualizzare che questa è solo indicativa dovendo la logica e la coscienza di chi studia il manufatto su cui si interviene guidare nella scelta delle informazioni da raccogliere per capire come operare. Va compilata una scheda per ogni fessurazione indicando l’unità di dissesto a cui ci si riferisce mediante un numero o una lettera e quindi tutte le annotazioni che la riguardano. In una prima sezione la fessurazione viene individuata planimetricamente e attraverso un quadro di riferimento. Quest’ultimo è a sua volta strutturato in più voci, riporta cioè l’ambito di riferimento (pianta, sezione e prospetto interessati) e l’identificazione del o dei componenti su cui si Stratigrafia e dissesto verifica il fenomeno (riempimento, muratura portante, cornice, ecc..) individuati tramite una descrizione sintetica dell’unità stratigrafica, il numero e la fase di appartenenza. Nella seconda sono riportati tutti i dati quantitativi e qualitativi relativi alla lesione considerata e le relazioni esistenti tra questa e il paramento murario e, ancora, tra questa e il contesto di fessurazioni in cui è inserita. La terza sezione, anche questa suddivisa in tre parti, è relativa a valutazioni che forniscono indicazioni utili alla formulazione di un giudizio relativo all’effetto riscontrato. Nella prima parte viene rilevata l’eventuale coincidenza tra bordi di unità di dissesto e unità stratigrafica. Il riconoscimento di tale coincidenza è un indicatore della qualità sia dei materiali impiegati che delle tecniche costruttive adottate nella fase di trasformazione, alla quale appartiene l’unità stratigrafica considerata. Nella seconda parte vengono riportate la gravità del danno e la possibilità che l’effetto inneschi cinematismi di dissesto, in modo da relazionarlo agli altri effetti. Nella terza parte si registrano le probabili cause che hanno prodotto l’effetto osservato. Quindi, l’insieme di tutti i dati raccolti attraverso il rilievo geometrico, l’analisi stratigrafica, la documentazione storica e il quadro fessurativo, può essere sintetizzato in quel modello esplicativo di cui si è detto all’inizio, un modello descrittivo della costruzione oggetto dell’indagine, punto di partenza per una modellazione matematica utile per ottenere conferme ed ulteriori indicazioni sulla risposta delle strutture a cause perturbatrici, e cioè per ricostruire un’ipotetica evoluzione meccanica della costruzione, per verificare l’efficacia di eventuali interventi di conservazione strutturale dell’opera e, quindi, per fornire ipotesi di progetto. 6 Stratigrafia e dissesto Riferimenti bibiografici 1. Baldelli Corrado - Nart Monica, 1993-1994, Uno studio sul rapporto edificio suolo nell’architettura romana, Tesi di Laurea presso l’Istituto Universitario di Architettura di Venezia, relatore Prof. E. Siviero 2. Barbieri Alessandra - Cescon Marina, 19941995, Il ponte di accesso al Castello del Catajo: studio per un recupero, Tesi di Laurea presso l’Istituto Universitario di Architettura di Venezia, relatore Prof. E. Siviero 3. Chiarugi A. - Foraboschi P., 1994, Monitoraggio ed identificazione strutturale, Il monitoraggio delle costruzioni civili, a cura di P. G. Malerba, Collana Ingegneria Strutturale, CISM, Udine 4. Giuffrè A., 1995, L’intervento strutturale quale atto conclusivo di un approccio multidisciplinare, Seminario internazionale sul restauro architettonico, Il consolidamento strutturale dell’edilizia storica, Vicenza 3-6 maggio 5. Masciangelo Laura - Zeka Lorenzi Fabiola, 1993-1994, Il progetto di conservazione e restauro della casa canonicale di Francesco Petrarca a Padova, Tesi di Laurea presso l’Istituto Universitario di Architettura di Venezia, relatore Prof. F. Doglioni