L`ANALISI STRATIGRAFICA NEL PERCORSO DI CONOSCENZA

L’ANALISI STRATIGRAFICA NEL PERCORSO DI CONOSCENZA DELLA STORIA
INTEGRALE DEL MANUFATTO ARCHITETTONICO
Arch. Laura Masciangelo
Arch. Fabiola Zeka Lorenzi
Un progetto di restauro che sia il più “corretto” possibile, sia a livello di intenzioni che di interventi operativi,
richiede una approfondita conoscenza dell’oggetto architettonico. Conoscenza che è da intendersi come “globale”,
ossia di tutte le “storie”, riferite a materia, comportamento meccanico, funzioni ed uso, che concorrono a definire la
“storia integrale” del manufatto. Questa va ricercata attraverso un percorso che coniughi “caratteri” e “bisogni”
dell’oggetto architettonico con le “attese” di restauro e d’uso di committenza e progettista.
Definire i caratteri e i bisogni del manufatto è indispensabile per adeguare le risorse economiche e temporali a
disposizione, sia alle necessità dell’edificio che alle attese del restauratore. In questo modo si potranno approntare,
sia a livello qualitativo che quantitativo, le indagini indispensabili evitando dispendi di energie. Accade spesso,
infatti, di approfondire in misura eccessiva un campo di indagine rispetto ad altri, creando uno sbilanciamento non
funzionale alla progettazione. Il percorso di conoscenza sarà così funzionale al progetto di restauro, avvalendosi
delle discipline adeguate al caso in esame.
Tra queste si colloca la stratigrafia degli elevati, disciplina in grado di ‘conoscere’ in maniera dettagliata ed accurata
la materia di cui il manufatto architettonico è composto, proprio perché "rappresenta lo strumento di passaggio da
uno studio delle murature per grandi masse murarie e incentrato sull'analisi dei nodi, o di alcuni punti più rilevanti,
ad un'analisi dettagliata delle caratteristiche di cultura materiale delle strutture murarie, e ad un'approccio
metodologico (...) che si basa su una raccolta, il più possibile oggettiva, delle informazioni relative ai caratteri
materiali della muratura, eseguita in modo da renderli comparabili tra loro e da consentire l'analisi e l'elaborazione
di un insieme di dati molto vasti"1
Mutuata dal metodo di Harris utilizzato nell’archeologia di scavo, la stratigrafia, da una quindicina d'anni, è stata
applicata con successo anche all'analisi degli elevati nel campo del restauro architettonico, all'interno del quale tale
disciplina è andata affinandosi, anche in merito al dibattito tra le diverse scuole (Parenti e Manacorda; Doglioni e
Brogiolo).
La sua trasposizione dall’archeologia di scavo al campo architettonico ha inevitabilmente imposto alcuni
adattamenti, proprio per la peculiarità dei diversi ambiti di applicazione. Infatti, mentre nel caso di stratificazioni
sepolte il metodo di Harris permette di formulare ipotesi abbastanza oggettive sui rapporti di uguaglianza o analogia
e di anteriorità/posteriorità tra unità stratigrafiche, negli elevati, dove esistono problemi logistici di lettura, il
1S. Azzini, F. Scaramuzza: La scheda di Unità Stratigrafica Muraria
utilizzata per lo studio del 'Palazzo in Tufo' a Corte del Duca
in: Ambienti di dimore medievali a Verona, cit
principio di uguaglianza si traduce in un principio di analogia ‘stilistica’. Pertanto, è necessario seguire due percorsi
logici paralleli, così come proposto dal prof. Brogiolo2e sintetizzato dal seguente schema:
2G. P. Brogiolo: Lezione del 20/12/1993
Corso di Archeologia Medioevale-Università di Padova A.A. 1993/94
STRATIGRAFIA DEGLI ELEVATI
ANALISI STRATIGRAFICA
ANALISI
(Metodo di Harris)
ARCHITETTONICO-FORMALE
identificazione di
identificazione di
UNITA' STRATIGRAFICA
ELEMENTO ARCHITETTONICO
MURARIA
RAPPORTI STRATIGRAFICI
RAPPORTI ANALOGICI
(anteriorità/posteriorità)
(contemp./ant./post.)
SEQUENZA PERIODIZZATA
In questo modo, l’analisi architettonico-formale consentirà di acquisire quelle informazioni che non sono deducibili
da un rapporto diretto, cioè di contatto fisico, tra unità stratigrafiche; una volta identificati gli Elementi
Architettonici del manufatto, i quali si distinguono per particolari caratteristiche stilistiche e/o formali e/o
tipologiche e/o strutturali, si è in grado di stabilire dei rapporti analogici che, a differenza di quelli strettamente
stratigrafici di anteriorità e posteriorità, possono anche essere di contemporaneità.
Gli Elementi Architettonici, in molti casi, fungono da ‘indicatori cronologici’: sono cioè elementi datanti,
espressione di un preciso momento storico in un altrettanto preciso ambito geografico. Un caso esemplare di
‘indicatore cronologico’ può essere rappresentato da un capitello decorato di una colonna: il suo aspetto formale
quasi sempre permette la sua datazione precisa. In questo modo gli E.A. si rivelano preziosi nella definizione di una
cronologia non più solo relativa ma anche assoluta delle parti che costituiscono il manufatto architettonico.
APPLICAZIONE DEL METODO
L’applicazione metodologica della lettura stratigrafica degli elevati si articola in un primo momento di raccolta dati
ed in un secondo di elaborazione degli stessi, secondo il percorso che è sintetizzato nello schema seguente e che poi
punto per punto verrà illustrato:
APPLICAZIONE METODOLOGICA
1) REGISTRAZIONE DATO MATERIALE (DIRETTO)
a)
DISTINZIONE AMBITI DI LETTURA
b)
INDIVIDUAZIONE U.S.M. ED E.A. E LORO
LOCALIZZAZIONE SU SUPPORTO GRAFICO E/O
GRAFICO
c)
REDAZIONE SCHEDE
2) INTERPRETAZIONE DATI DIRETTI E INDIRETTI
d)
DIAGRAMMA PERIODIZZATO
e)
RICOSTRUZIONE FASI DI TRASFORMAZIONE
1) Il primo momento consiste nell’indagine diretta sul dato materiale e sulla registrazione ordinata di tutte le
informazioni acquisite.
a) Come prima operazione, si distinguono gli ambiti di lettura ossia le parti secondo cui articolare la lettura
stratigrafica, in cui viene suddiviso virtualmente il manufatto architettonico. Si provvede poi ad assegnare a
ciascun ambito una numerazione di riferimento.
La suddivisione in ambiti deve essere riferita volta per volta al caso di studio e al grado di approfondimento
analitico che ci si prefigge di raggiungere. Nel caso in cui l’oggetto non sia un unico edificio ma un
complesso
architettonico, l’ambito di riferimento
più generale per la lettura stratigrafica potrà essere uno dei corpi di
fabbrica
in
cui
il
complesso
architettonico è articolato; si deciderà poi se limitare l’analisi ad un’indagine generale o se dividere ulteriormente in
ambiti più ristretti (ad esempio prospetti generali, unità funzionali,
pareti
verticali,
strutture
di
orizzontamento, ecc.)3.
b) Successivamente, ambito per ambito, si individuano le unità stratigrafiche come aree omogenee
caratterizzate dalla medesima intenzionalità costruttiva, distinguendole, in base all’azione antropica che le
denota, in unità stratigrafica muraria (azione di apporto di materia), interfacce di unità stratigrafica
negativa
(azione di asporto di materia) e
interfacce di taglio (azione di asporto di materia). Si identificano inoltre gli elementi architettonici (aperture di
porte e finestre, architravi, cornici, capitelli, colonne ecc.) per la loro
caratterizzazione stilistica, decorativa,
formale, tipologica, funzionale e/o strutturale.
3per i criteri di suddivisione e definizione degli ambiti di lettura stratigrafica, si rimanda a:
G.P. Brogiolo La documentazione archeologica delle stratificazioni edilizie
in: Archeologia dell’edilizia storica. Documenti e metodi. Como, 1988
Non sempre però è possibile individuare con sufficiente chiarezza le interfacce delle unità, definirne i limiti e
comprenderne i rapporti stratigrafici al bordo: ad esempio la lettura può essere disturbata e resa difficoltosa
anche dall’azione del degrado sui materiali di cui le unità sono costituite. E’ importante accettare questo
limite e non pretendere
di voler dare risposte esaustive ad ogni costo: dubbi e incertezze, opportunamente
dichiarati
e segnalati, non inficiano certo il
metodo stratigrafico e la sua validità analitica.
Le unità stratigrafiche riconosciute in sito vengono poi localizzate, mediante delimitazioni e numerazioni
opportunamente distinte a seconda della natura delle unità stratigrafiche, sul supporto fotografico o grafico di
cui preventivamente ci si è dotati. Il supporto fotografico o grafico è sempre da rapportare al caso di studio e
al grado di analiticità da raggiungere: la qualità di restituzione dei supporti sarà proporzionale a questo,
spaziando da schizzi di studio, mappe in scala 1: 2000, fino a rilievi fotogrammetrici di assoluta precisione.
Sul supporto, oltre alla delimitazione e numerazione, viene anche riportata la natura del rapporto letto al
bordo tra le unità in contatto, secondo una opportuna simbologia codificata da legenda.
c)Le informazioni ricavate dall’osservazione diretta del dato materiale vengono raccolte in maniera ordinata
nelle schede di unità stratigrafica. Non esiste una scheda ‘universale’; esistono piuttosto diversi ‘modelli di
scheda’a cui di volta in volta riferirsi a seconda del caso di studio (intero centro storico, complesso
architettonico, edificio, parte di edificio, ecc..) e del grado di approfondimento richiesto dall’indagine
(schede
di
archiviazione
veloce,
schede
specifiche di unità stratigrafica, ecc.).
In scheda vengono riportate per ogni U.S. le descrizioni, i cui parametri vengono riferiti al materiale di cui
sono composte. Ad esempio, per la muratura vengono fornite, in primo luogo, informazioni relative a
composizione, apparecchiatura, tessitura; quindi, vengono individuate le caratteristiche dei componenti: tipo
di
mattone, dimensioni, colore, lavorazione, natura; tipo di legante, spessore dei giunti e dei letti, consistenza,
colore, finitura. Nel caso di intonaci, vengono rilevati dati relativi al numero degli strati, spessore,
composizione, consistenza, colore, aderenza o meno tra strati e al substrato, ed eventuali strati di
tinteggiatura.4
In scheda si registrano inoltre i rapporti tra le unità, sia quelli strettamente stratigrafici (anteriorità e
posteriorità) che quelli analogici (contemporaneità). I rapporti di anteriorità specificano che l’unità subisce
una
qualche azione, mentre quelli di posteriorità indicano un’azione che l’unità stratigrafica compie nei confronti
delle altre.
2)Terminata la fase di raccolta e registrazione dei dati esperiti dall’osservazione diretta del manufatto, si passa alla
fase interpretativa in cui tali informazioni vengono elaborate unitamente ai dati acquisiti con l’analisi sulle fonti
indirette (documentazione d’archivio, iconografica o analogie con edifici datati).
d) Il diagramma stratigrafico è lo strumento in cui vengono riportate tutte le relazioni in precedenza rilevate
tra le unità stratigrafiche, che qui trovano la loro collocazione temporale.
Il diagramma, o matrice di Harris, si presenta come un elaborato grafico in cui, per ogni ambito di lettura,
lungo le ascisse si dispongono le unità stratigrafiche e lungo le ordinate si colloca il parametro temporale.
Disposte tutte le unità, sarà possibile ottenere una sequenza cronologica e riconoscerne come fasi le tappe
evolutive che una serie significativa di ‘azioni’ hanno di volta in volta determinato. Ognuna di queste tappe,
se
supportata da una adeguata indagine sulle fonti indirette, può essere riferibile ad un preciso periodo storico;
4NORMAL 23/87, Terminologia tecnica: definizione e descrizione delle malte. Gruppo M.
in
questo modo sarà possibile giungere ad una sequenza cronologica non solo relativa ma anche assoluta delle
parti che costituiscono il manufatto architettonico e riconoscere quindi le diverse fasi di trasformazione
dell’edificio.
e) Dalla visione globale e simultanea di tutte le fasi di trasformazione relative agli ambiti di analisi
dell’edificio,
fornita dal diagramma stratigrafico, si
passa poi alla restituzione grafica di ciascuna singola fase, visualizzando
esclusivamente gli elementi che ne
hanno permesso la determinazione, in quella che viene definita la
Ricostruzione per fasi.
L’immagine che così si ottiene non vuole essere una ricostruzione ipotetica dal carattere compiuto: non si
vuole cioè proporre una visione ‘fantasiosa’ del manufatto in un determinato periodo, ma semplicemente
esplicitare i dati di cui si ha l’oggettivo riscontro fisico sul manufatto; tutt’al più si possono riportare, con la
dovuta cautela, i dati ricavati da attendibili fonti documentarie pur in mancanza di precisi riscontri sulla
materia.
POTENZIALITÀ METODOLOGICHE DELLA STRATIGRAFIA PER IL PROGETTO DI RESTAURO
L’analisi stratigrafica può essere proposta come disciplina analitica adatta a fornire metodologia e di conseguenza
strumentazioni applicabili anche ad altri ambiti di indagine.
Ad esempio, la ricostruzione delle fasi di trasformazione dell’edificio può essere utilizzata in maniera molto efficace
come base per lo studio e la verifica delle modificazioni del comportamento meccanico della costruzione, studio che
permetterà al progettista la corretta impostazione dell’intervento di restauro5. Si potrà così ricostruire la storia
strutturale dell’edificio, argomento di pertinenza non stratigrafica in quanto la stratigrafia studia la materia di cui è
costituito l’edificio, ma non il comportamento intrinseco della costruzione.
La conoscenza a cui porta l’analisi stratigrafica si rivela una valida base anche per lo studio del degrado dei
materiali di cui l’edificio è costituito. Infatti, la restituzione grafica con le fasi di trasformazione fornita dalla
stratigrafia si dimostra un supporto utile allo studio degli effetti del degrado: questa lettura sovrapposta può fornire
indicazioni importanti al fine delle scelte puntuali di intervento di restauro sui materiali. Ad esempio, rilevare la
coincidenza di bordo tra una unità stratigrafica e una unità di degrado è indice di una situazione particolare delle
caratteristiche del materiale di cui l’unità stessa è costituita; si può allora opportunamente predisporre un intervento
mirato su di essa.
Gli elaborati prodotti nel corso dell’analisi stratigrafica possono poi trovare efficace impiego anche nella fase di
progetto.
Ad esempio, i supporti grafici o fotografici sui quali si sono individuate le unità stratigrafiche
riconosciute in sito, con sovrapposta l’analisi del degrado dei materiali, possono essere utilmente impiegati per
indicare puntualmente, unità per unità, le operazioni specifiche di restauro.
Analogamente, anche il diagramma stratigrafico può trovare una validità operativa nella fase progettuale:
aggiungendo alla sequenza cronologica come ultima fase quella di intervento, la matrice può essere impiegata come
strumento di controllo e valutazione preventiva della ‘correttezza’ delle scelte del progettista e successivamente, in
fase di cantiere, di registrazione delle modifiche indotte dal progetto.
5A riprova dell’effettiva utilità dei risultati dell’indagine stratigrafica per la lettura strutturale, in un rapporto di reciproca verifica dei
dati, si rimanda anche a quanto riferito dall’ing. Faccio nella sua comunicazione.
Tale controllo è però possibile solo in termini di materia ma non di costruzione: lo strumento stratigrafico si rivela
infatti idoneo a valutare l’alterazione, la perdita o l’eventuale aggiunta alla materia di cui l’edificio è composto, ma
non le modificazioni del funzionamento meccanico della costruzione che il progetto di restauro potrebbe
comportare.
Riuscire a mettere a punto uno strumento di controllo della struttura, analogo per impostazione logica e linguaggio
a quello fornito dal metodo stratigrafico, sarebbe di indubbia utilità per una completa gestione del progetto di
restauro; questo è attuabile nell’ottica di un collegamento interdisciplinare ed è ciò su cui attualmente si sta
lavorando.
RIFERIMENTI BIBLIOGRAFICI
GP Brogiolo
ARCHEOLOGIA DELL’EDILIZIA STORICA
Como, 1988
Francesco Doglioni
AMBIENTI DI DIMORE MEDIOEVALI A VERONA
Corso di restauro architettonico "A"
D.S.T.R.-I.U.A.V. Venezia Museo di Castelvecchio, Catalogo della mostra
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STRATIGRAFICA E RESTAURO ARCHITETTONICO
in : " Archeologia e restauro dei monumenti "
a cura di Riccardo Francovich - Roberto Parenti
Firenze 1988
C. H. Harris
PRINCIPI DI STRATIGRAFIA ARCHEOLOGICA
Trad. italiana, Roma 1983
Tiziano Mannoni
METODI DI DATAZIONE DELL'EDILIZIA STORICA
in: "Archeologia Medievale", XI, 1984
Roberto Parenti
LA LETTURA STRATIGRAFICA DELLE MURATURE IN CONTESTI
ARCHEOLOGICI E DI RESTAURO ARCHITETTONICO
in: Restauro e Città, n°2, pp.62-64
Venezia, 1985
LE STRUTTURE MURARIE : PROBLEMI DI METODO E
PROSPETTIVE DI RICERCA
Il progetto Montarrenti ( SI). Relazione preliminare, 1982
in: "Archeologia Medievale", X , 1983
Roberto Parenti
LE TECNICHE DI DOCUMENTAZIONE PER UNA LETTURA
STRATIGRAFICA DELL'ELEVATO
in: " Archeologia e restauro dei monumenti "
a cura di Riccardo Francovich - Roberto Parenti
Firenze 1988
SULLE POSSIBILITA' DI DATAZIONE E DI CLASSIFICAZIONE
DELLE MURATURE
in: "Archeologia e restauro dei monumenti "
a cura di Riccardo Francovich - Roberto Parenti
Firenze 1988
AA.VV.
ARCHEOLOGIA DELL’ARCHITETTURA I/96
Supplemento ad "Archeologia medievale XXI"
Firenze, All’insegna del giglio ed.
AA.VV.
DAL SITO ARCHEOLOGICO ALL’ARCHEOLOGIA DEL
COSTRUITO
Conoscenza, Progetto e Conservazione
Atti del Convegno di Studi di Bressanone, luglio 1996
Arcadia Ricerche Editore, Padova
I termini del problema
STRATIGRAFIA e
DISSESTO
DAL CANTIERE AL METODO:
STRATIGRAFIA E DISSESTO
arch. giovanni cagnoni
Introduzione
L'identità di un edificio è rappresentata da
consapevoli fasi costruttive e dagli interventi che si sono
evoluti nel tempo, e da variazioni strutturali o dello stato di
degrado che, per la loro natura, spesso richiedono e
giustificano l'intervento di restauro.
La costruzione di una casa, l'apertura di una nuova
finestra, una ulteriore suddivisione di spazi interni possono
essere definiti come una serie di azioni, appartenenti ad un
ambito tecnico, ma riferite ad un preciso quadro storico culturale.
Un cedimento del terreno ed il relativo dissesto , la
mancanza di manutenzione dell'edificio ed i fenomeni di
marcescenza delle parti lignee, i gas di scarico delle
automobili combinati con altri fenomeni di inquinamento e la
formazione della crosta nera, sono avvenimenti che fanno
parte della storia di un edificio, ma non sono il frutto di una
specifica volontà; essi rappresentano una serie di azioni, che
spesso si sovrappongono, ma traggono la loro origine da
ambiti diversi tra di loro; possiamo considerare questi ultimi
processi come elementi che trasformano, modificano lo stato
della costruzione senza un intervento consapevole.
Questo quadro di riferimento, noto nell'ambito
operativo e metodologico della materia del restauro, può
essere arricchito dalla scienza dell'archeologia.
Palazzo Montorsi
Un caso interessante da questo punto di vista è
rappresentato dagli studi effettuati su Palazzo Montorsi, a
Padova.
Il restauro di Palazzo Montursi ci ha offerto l'occasione di
verificare alcuni metodi di rilievo e di porli a confronto con
il lavoro precedente, volto solo al rilievo metrico
dell'edificio, Il secondo rilievo fu eseguito a cantiere aperto;
la diversa situazione presenta alcuni interessanti aspetti di
novità: le demolizioni controllate di intonaci, pavimenti e
controsoffitti rivelano la natura più intima della costruzione,
permettendo una conoscenza più completa da un punto di
vista storico, strutturale e del degrado;
Scomposto l’edficio nelle sue componenti, attraverso i
metodi della stratigrafia degli elevati, e lo si è riaggregato
nei suoi aspetti storici, descrittivi, funzionali, statici e del
degrado.
L’osservazione di una particolare tecnica
costruttiva, i “barbacani”, hanno rappresentato lo spunto per
alcune osservazioni riguardanti il rapporto tra l’uso del
rilievo stratigrafico ed il quadro di dissesto della struttura: il
comportamento statico differenziato dei diversi elementi che
compongono il barbacane non poteva essere registrato solo
come una semplice sequenza di fasi da mettere in rapporto
cronologico (1).
Già da alcuni anni il rapporto tra le materie
dell’architettura e dell’archeologia ha dato notevoli risultati
(2); in questa sede mi soffermerò sull'analisi del concetto di
trasformazione della materia in un deposito archeologico,
proposto in particolare dal lavoro di Giovanni Leonardi (3),
principale rappresentante della "Scuola di Padova" (4), per
produrre un'ipotesi di applicazione operativa all'interno di un
settore del tutto particolare, l'archeologia dell'architettura, il
fine di applicazione dell'ipotesi riguarda sia la conoscenza
del manufatto, sia il progetto di restauro.
Consideriamo le leggi fisiche, spesso studiate da
altre aree scientifiche, quando assumono un ruolo centrale
nei processi di stratificazione (5). I comportamenti derivati
da queste leggi sono applicabili anche all'archeologia. La
Scuola di Padova trova nella geologia, soprattutto
nell'ambito della sedimentologia, il principale riferimento;
nel presente contributo, le leggi naturali di riferimento sono
la fisica statica e la chimica.
Le leggi naturali sono in profonda relazione alle
leggi culturali: l'uomo organizza la materia, la trasforma, ne
impone la propria, riconoscibile, geometria (6). Nell'ambito
dell'edilizia, ad esempio, ciò è fortemente percepibile
attraverso l'analisi formale, strumento dalla storia
dell'architettura.
Quando si analizza un deposito, si opera in un
determinato differenziale di tempo, sapendo che esso è frutto
di una serie di processi, antropici e naturali che, a partire
dall'inizio della sua vita, lo hanno nel tempo variamente
influenzato e spesso trasformato; per comprenderlo è
necessario integrare le varie conoscenze di differenti ambiti
disciplinari.
In archeologia, le sequenze di vita delle varie fasi
del deposito, e dei processi ad esso legati, sono studiate,
registrate e periodizzate attraverso l'analisi stratigrafica (7).
Questi processi non solo concorrono a formare
un'unità di fase, ma possono anche trasformare parte di
quest'unità; i processi di trasformazione dell'unità sono
assoggettati ad alcune leggi fisiche e chimiche (8); ad
esempio, in un muro l'umidità di risalita può provocare
all'esterno la perdita del materiale che forma il paramento
laterizio e all'interno il rigonfiamento, il distacco e la caduta
di parte dell'intonaco.
Il mezzo attraverso il quale si possono segnalare
questi avvenimenti è rappresentato dal diagramma
stratigrafico, il quale registra e razionalizza i risultati
dell’analisi stratigrafica, tra i quali troviamo l’analisi dei
processi post - deposizionali.
I processi post - deposizionali
Normalmente si intende con il termine "post deposizionale" un processo che interviene su una fase del
deposito già precedentemente definita. Tra le varie azioni
che il processo compie sullo strato, interessa isolare ed
analizzare quelle che lo trasformano (9).
La prima divisione riguarda il processo post deposizionale "attivo", considerato come azione di apporto o
di asporto della materia, e processo post - deposizionale
"passivo", inteso come azione di disturbo "trasformativa".
All'interno della prima categoria, le azioni di
asporto sono assommate ad azioni di disturbo (sottrazione di
informazione), mentre le azioni di apporto sono assommate
2
ad azioni conservative (aggiunta e copertura di
informazione).
La seconda categoria, il processo post
deposizionale "passivo" (10), è definito trasformativo, quindi
conseguenza di una causa riconducibile nell'ambito fisico chimico: la compressione prodotta dal calpestio su di un
piano pavimentale, ed i possibili modifiche degli strati
sottostanti, il cambio di stato della materia dovuto all'azione
del fuoco sono azioni di questo tipo.
Gli effetti di questi processi post - deposizionali
passivi possono essere considerati delle "sovrimpressioni"
che modificano, che nascondono parzialmente la
stratificazione già deposta, benché abbiano in sé una
notevole carica informativa, storica, strutturale e del
degrado, di tutto rispetto.
Il risultato finale del lavoro di Giovanni Leonardi,
congiunto all'apporto di Claudio Balista, geo archeologo, si
concretizza nell'introduzione di alcune nuove unità, che
hanno il vantaggio non trascurabile di associarsi senza traumi
alla sequenza stratigrafica già costruita e di definire nuove
informazioni sulle fasi di formazione, naturali e soprattutto
antropiche, dei suoli.
L'apporto della Scuola di Padova rappresenta una
base metodologica ricca di spunti anche per l'ambito
dell'archeologia degli elevati.
L'archeologia degli elevati, o più in generale il
rapporto tra archeologia ed architettura, ha vissuto momenti
di intenso dibattito soprattutto nella seconda metà degli anni
Ottanta, attraverso i contributi, tra gli altri, di Gian Pietro
Brogiolo, Francesco Doglioni e Roberto Parenti.
L'utilità del diagramma stratigrafico in relazione al
progetto di restauro ha rappresentato nel dibattito un
problema rilevante. Il ruolo della storia dell'architettura,
intesa come analisi formale può essere integrato con il
diagramma stratigrafico, considerando quest'ultimo come
ambito di riferimento; entrambi concorrono a formare un
diagramma periodizzato, che rappresenta una delle basi
operative del diagramma progettuale, elaborato sia in ambito
teorico sia metodologico da Gian Pietro Brogiolo (11). Il
diagramma progettuale nasce dall'esigenza di una corretta
gestione dei dati provenienti dalla fase conoscitiva, in cui si
riconosce il ruolo centrale dell'analisi stratigrafica, e le
necessità operative del progetto di restauro: ogni fase
costruttiva dell'edificio, individuata e periodizzata attraverso
l'analisi stratigrafica, diventa anche l'oggetto della proposta
di intervento, fornendo un supporto di rilievo e
documentazione direttamente gestibile dal direttore dei
lavori o dal responsabile dei calcoli statici; a loro volta le
informazioni ottenute dal diagramma stratigrafico
arricchiscono ulteriormente la conoscenza storica
dell'edificio.
L'altra categoria, già individuata, può essere
oggetto di ulteriore approfondimento: la trasformazione,
intesa come somma delle azioni di degrado e di dissesto
statico, che spesso giustificano ed impongono l'intervento di
restauro. Francesco Doglioni ben individua l'inevitabile
contaminazione tra stratigrafia e interpretazione storica (12).
Contaminazione che ora si vuole allargare alle azioni di
trasformazione, così come enunciate più sopra. Queste azioni
possono essere definite UNITA' DI TRASFORMAZIONE
(UTR), che si ricollegano al concetto del processo post deposizionale "passivo", anche se metodologicamente si
devono legare allo specifico della materia dell'archeologia
degli elevati.
Stratigrafia e dissesto
L’Unità di Trasformazione.
La prima grande divisione è rappresentata da UTR
relative al dissesto statico e relative al degrado; il luogo di
entrambe le azioni è l'edificio; le cause del degrado e del
dissesto, pur avendo origine diversa, possono riferirsi ad
ambiti comuni, che genericamente possono essere definiti
come: naturali, antropico - naturali, antropici e antropico urbani.
Premettendo che nella realtà questi ambiti sono
spesso mischiati tra di loro, cerchiamo di elencarli
singolarmente e per sommi capi.
Ambito naturale. Può essere rappresentato da un
cedimento fondale, da un assestamento del peso proprio
dell'edificio, da alcune condizioni atmosferiche stagionali
quali l'alternanza di caldo e freddo, la pioggia, l'umidità.
Ambito naturale - antropico. Può essere
rappresentato dalla buona o cattiva resistenza delle strutture
preposte al contrasto dei carichi accidentali quali neve, vento
forte, ecc.
Ambito antropico. Può riguardare una cattiva
progettazione, l'imperizia di interventi successivi all'assetto
originario, la mancanza di manutenzione o l'abbandono, che
possono amplificare le cause naturali.
Ambito antropico - urbano. Riguarda un ambito
in cui le sollecitazioni sono proprie di un ambiente
fortemente urbanizzato, quali le micro- vibrazioni continuate
che derivano dal passaggio dei tram, all'effetto dei gas di
scarico o del riscaldamento, ecc.
Proposta di una metodologia operativa.
Problemi strutturali e degrado costituiscono due
serie di azioni molto diverse tra di loro; per quanto riguarda
il degrado, il riferimento principale è rappresentato dal
lavoro di Francesco Doglioni; per lo studio sulle unità di
degrado, e la correlazione tra queste, il diagramma
stratigrafico ed il progetto di restauro, rimando agli altri
contributi presenti.
Riguardo
l'ambito
strutturale,
rimando
all’intervento allegato all’inquadramento del problema
statico dell'ing. Paolo Faccio, che in collaborazione con
l'Università di Firenze, sta svolgendo ricerche che possono
avere notevoli contiguità con le nostre problematiche.
Il nesso centrale è nel rapporto tra le unità di
trasformazione, siano esse di degrado o legate al dissesto
strutturale, e la sequenza stratigrafica.
La sequenza stratigrafica lega e periodizza in un
diagramma le unità omogenee che compongono un edificio.
La contaminazione tra le discipline dell'archeologia e
dell'architettura in questo caso porta a considerare il
diagramma stratigrafico anche come il luogo in cui sono
identificate le unità omogenee. Si possono quindi considerare
una o più azioni trasformative, precedentemente definite
come Unità di Trasformazione, come un flusso che attraversa
l'edificio. Pensiamo ad esempio ad una serie di lesioni
dovute ad un cedimento fondale, che possono attraversare
diverse unità stratigrafiche murarie, così come i danni
provocati dall'umidità di risalita. E' quindi importante isolare
le unità interessate per definire sia il tempo sia il luogo in cui
si sono manifestate. Ciò è basilare per la storia dell'edificio,
ma anche per progettare un eventuale intervento di restauro
in modo corretto.
L'unità di trasformazione (o UTR), identificata con
un numero appartenente ad una serie progressiva, sarà
direttamente associata alle unità del diagramma stratigrafico
3
Stratigrafia e dissesto
attraversate; ne verranno identificati gli estremi di
estensione, che potranno appartenere ad USM diverse, i
punti di passaggio relativi a tutte le USM attraversate; si
potrà quindi, con una sola lettura del diagramma
stratigrafico, controllare l'informazione relativa anche alle
unità di trasformazione.
Poste queste premesse metodologiche, propongo
ora un'ipotesi operativa atta ad integrare il diagramma con le
UTR di trasformazione. L'ipotesi si fonda su 5 punti in
sequenza; per maggior chiarezza, ho scelto di considerare un
quadro fessurativo formato da una serie di più lesioni
provocate da un'unica causa, non una generica UTR.
Proposta di una sequenza operativa.
1- Individuazione e rilievo delle lesioni,
assegnando ad ogni lesione, o ad ogni altra deformazione di
tipo strutturale, un numero progressivo di UTR, correlabile
con il diagramma stratigrafico. Pur non potendo il rilievo
essere sincronico, deve essere comunque molto collegato,
dato che, a seconda dei casi, l'informazione sulle
trasformazione può integrare la lettura stratigrafica e
viceversa.
2- Ordinamento delle lesioni per gerarchia di
importanza, creando per ogni famiglia un flusso, un ordine
interno che definisca i reciproci rapporti. In questa fase è
prevista già una diretta gestione nell'ambito progettuale;
infatti il rilievo del quadro fessurativo rappresenta già di per
sé una serie di informazioni già complete e gestibili da parte
del progettista.
3- Correlazione di ogni singola lesione con il
diagramma stratigrafico (USM di appartenenza).
4- Correlazione dell'intero quadro lesivo con
gruppi omogenei di unità stratigrafica.
5- Lettura sincronica sia del luogo fisico delle
lesioni, sia della periodizzazione delle lesioni stesse,
attraverso un flusso di attraversamento dell'informazione sia
da un punto di vista cronologico sia come correlazione di
entità fisiche rappresentate dalle USM.
Un qualsiasi edificio è più complesso del semplice
schema allegato; inoltre, la ricerca sui rapporti tra analisi
stratigrafica e degrado, condotta in alcune tesi di laurea
presentate da Francesco Doglioni, rappresentano già un
punto di riferimento nel dibattito.
Conclusione
Il presente contributo, ben lontano da fornire
soluzioni definitive, si propone più semplicemente di
contribuire al dialogo sul piano metodologico tra le
discipline dell'archeologia e dell'architettura; ad esempio i
temi appena accennati nelle note - schede allegate possono
rappresentare due diversi e stimolanti terreni di confronto, in
un ulteriore approfondimento.
E' chiara comunque la consapevolezza che in
questo ambito interdisciplinare, oltre alla ricerca di un
metodo, è altrettanto centrale un lavoro di costruzione di un
lessico che tenga conto di analogie e differenze tra le varie
materie.
NOTE
(1) CAGNONI, G.,”Palazzo Montorsi a Padova:
analisi stratigrafica e progetto”, in “Galileo”, n.55, maggio
1994
(2) - FRANCOVICH R., PARENTI R. (a cura di),
1988, Archeologia e Restauro dei Monumenti, Firenze;
BROGIOLO, G. P., 1988, Archeologia dell'Edilizia Storica,
Como; DOGLIONI, F., 1987 (a cura di), Ambienti di Dimore
Medievali, Verona.
(3) - LEONARDI G.(a cura di) Processi formativi
della stratificazione archeologica, Atti del seminario
internazionale: Formation processes and excavation methods
in Archaeology: perspectives; Padova, 1992. In ambito
internazionale, il riferimento dell'opera di Giovanni Leonardi
riguarda il lavoro degli archeologi americani C. Schiffer e L.
Binford.
(4) - La "Scuola di Padova" ha contribuito
all'approfondimento dei processi formativi del "record"
archeologico sepolto e di superficie ed alla formulazione di
proposizioni teoretiche generali dell'ambito archeologico. Gli
esponenti di spicco della "Scuola di Padova", oltre al
Leonardi, sono il Dott. Armando de Guio, dell'Università di
Padova, ed il Dott. Claudio Balista, geoarcheologo.
(5) - LEONARDI Op. cit., 1992, pag. 95: "Le leggi
fisiche che governano i modi della deposizione sono note in
base a conoscenze che sono di ordine più generale della
specifica disciplina archeologica. E' utile ricordare però che
sul piano deposizionale anche qualsiasi processo culturale, e
naturale a questo connesso, sottostà a queste leggi. Una serie
di comportamenti dipendenti da tali leggi, mediati dalla
Fisica, (...) sono ampiamente applicabili anche
all'archeologia.
Proprio
perché
corrispondono
a
comportamenti fisici costanti, in base a variabilità
controllabile, sono più facilmente codificabili e servono ad
operare selettivamente una restrizione di campo all'interno
della massa di variabili assunte(...)"
(6) - LEONARDI, cit., 1992, pag. 97: "Un muro,
una massicciata, una stesura di argilla sottostanno solo alle
leggi fisiche riguardo alla statica, mentre le tracce di
organizzazione della materia dipendono esclusivamente dalla
"geometria" imposta dall'uomo, dipendono cioè da "leggi"
culturali. Questi depositi si possono definire unità
manufattuali."
(7) - Tra i testi di riferimento storici sull'analisi
stratigrafica ricordiamo soprattutto HARRIS, E. C., 1983,
Principi di stratigrafia archeologica, Roma, traduzione
italiana con prefazione di Daniele Manacorda.
(8) - LEONARDI, Op. cit., 1992, pagg. "Solo la
conoscenza dei processi che stanno all'origine (genesi) delle
deposizione archeologica permette la decodificazione di una
stratificazione e ne rende quindi possibile la sua
comprensione (...). Intendiamo cioè porre l'accento
sull'aspetto genetico, tentando di integrare le conoscenze
proprie della geologia sedimentaria (dell'ambito degli studi
strutturali applicati all'edilizia) rispetto a quelle specifiche
delle attività antropiche, cioè l'aspetto culturale, tenendo
conto delle possibili trasformazioni che il deposito
(l'edificio) subisce nel tempo.
Si intende quindi privilegiare la comprensione
dell'aspetto dinamico, processuale della formazione del
deposito, rispetto alla registrazione formale della materia,
nella sua dimensione statica, nel momento in cui noi siamo
costretti a intaccare o a distruggere una stratificazione per
comprenderla."
(9) - LEONARDI, Op. cit., 1992, pagg. 75 - 99
4
Stratigrafia e dissesto
(10) - LEONARDI, Op. cit., 1992, pagg. 75 - 99
STRATIGRAFIA E DISSESTO
ing. Paolo Faccio
dott. Monica Nord
I complessi edilizi sono costituiti da elementi costruttivi
connessi e dimensionati in modo da assolvere i compiti
statici loro affidati. Ma la vetustà, le variazioni tecniche ed
igrometriche, l’opera degli agenti atmosferici, i
sovraccarichi, ecc..., sono tutte cause capaci di inficiare la
solidità della costruzione, alterandone il regime di equilibrio.
Si tratta di alterazioni che, superati certi limiti, determinano
dei dissesti statici nella massa muraria.
In un complesso costruttivo lesionato, da ricondurre in
condizioni di stabilità, diventa perciò indispensabile, per un
corretto ed efficacie intervento di conservazione strutturale,
conoscere il comportamento meccanico dell’edificio stesso
attraverso una corretta lettura ed una giusta interpretazione di
quei segnali che ne evidenziano appunto la funzionalità
strutturale, e cioè le possibili fessurazioni, gli spanciamenti o
i fuori piombo. E’ però necessario definire un modello
esplicativo che dia la possibilità di leggere e verificare
l’edificio in esame nel suo complesso, svincolandolo da
analisi locali del tipo causa-effetto efficaci solo in casi
circoscritti, ma inadeguate per una comprensione globale.
Per giungere a questo modello occorre raccogliere
informazioni archivistiche e documentali, integrandole con il
rilievo stratigrafico del manufatto capace di evidenziare le
qualità tecnologiche, le discontinuità, le omogeneità e,
quindi, la cronologia delle fasi edilizie.
Punto di partenza di questa metodologia è l’osservazione e la
sperimentazione del manufatto in oggetto, e cioè il rilievo in
ogni suo aspetto proprio perchè gli elaborati grafici che se ne
determinano sono alla base di ogni indagine diagnostica
eseguita sul manufatto stesso. Quindi il rilievo geometrico,
utile per approntare il modello, il rilievo stratigrafico, per
conoscere, oltre alla geometria, proprio la materia di cui si
costituisce l’edificio, non per ottenere una semplice
riproduzione fotografica, ma una lettura critico-descrittiva
dell’edificio per capire appunto i motivi per cui sono stati
utilizzati determinati materiali invece di altri e come sono
stati utilizzati, così poi da sfruttarne al massimo le loro
caratteristiche meccaniche, e quindi le diverse fasi che
caratterizzano la costruzione. Infatti, come dice Giuffrè: “il
rilevatore deve conoscere le tecniche costruttive in uso
all’epoca della costruzione che va ad esaminare, così come
abitualmente conosce gli stili dell’architettura che lo guidano
al rilievo di cornici e modanature. Con tale base di
conoscenza l’osservazione è indirizzata verso i punti nodali
dell’opera, anche se non appaiono in superficie.” Sono
proprio questo tipo di informazioni che ci aiutano a delineare
il funzionamento strutturale della costruzione.
A titolo puramente esemplificativo, proprio per capire cosa
s'intende per comportamento meccanico, diamo un esempio
di procedure di lettura strutturale, cioè dei canali statici che
caratterizzano il manufatto evidenziando come questo
scarica le forze al suolo.
In tal senso consideriamo due edifici di età repubblicana: il
Santuario della Fortuna Primigenia a Palestrina del II sec a C
e il Santuario di Ercole Vincitore a Tivoli del I sec a C. In
entrambi i casi si tratta di costruzioni monumentali,
interessanti dal punto di vista strutturale per le soluzioni
adottate nella loro realizzazione.
Il Santuario di Palestrina è definito da un articolato sistema
di volumi che costituiscono un “unicum strutturale”, essendo
ciascun livello, contemporaneamente, edificio e sostruzione
di quello superiore.
Il concetto di fondo sta quindi nel dare alle enormi masse
murarie una reazione conveniente così che sulle strutture
gravi la minor sollecitazione unitaria possibile. Quindi è
costante la ricerca di stabilità, e cioè di un terreno solido (o
meglio dello strato roccioso che caratterizza geologicamente
il colle), da parte delle fondazioni di tutti gli elementi
portanti del complesso, siano muri o pilastri. Tale soluzione
adottata anche per gli edifici realizzati sulle terrazze fa si che
sia ridotta al minimo la spinta sulle murature di sostegno.
Questo spiega perchè l’orditura geometrica degli elementi
non apparenti, intendendo con essi tutto l’apparato di
sostruzione (concamerazioni) e fondazione, varia
continuamente andando di volta in volta ad aderire alla
diversa natura del terreno, a differenza i quelli apparenti
regolati da principi e regole architettoniche.
Esemplificativa, a tal merito, può essere l’analisi del livello
immediatamente superiore alle rampe, quello cosiddetto
degli emicicli. Questo presenta un’orditura strutturale
organizzata in fornici capace di risolvere i problemi legati
all’uso dei caementa e di rispondere alle spinte orizzontali
del terreno retrostante considerata l’elevata stabilità che la
caratterizza. I fornici nascono infatti dalla necessità di
sezionare i getti e dalla plasmabilità del nuovo materiale, si
tratta di una nuova cellula costruttiva costituita da ambienti
rettangolari di forma allungata coperti a botte, che hanno la
duplice caratteristica di creare uno spazio fruibile all’interno
del muro stesso o di porsi a cavallo di un percorso riducendo
l’impiego di area pubblica, e di consentire il controllo di
fenomeni di ritiro tramite la diminuzione dell’entità messa in
opera e l’interposizione, tra piedritto e imposta di volta, di un
corso in pietra che funziona da piano di sezionamento e, in
alcuni casi, da giunto.
Il fornix diviene la cellula base di ogni sistema di
terrazzamento, proprio perchè, come dicevamo, è
caratterizzata da un'elevata stabilità visto che, se realizzata in
serie, crea il vantaggio di elidere le spinte orizzontali. Nel
caso del Santuario, la sequenza disposta simmetricamente
rispetto alla scalinata centrale, è contraffortata alle due
estremità da una parte da un muro di considerevole spessore
e dall’altra da un’ulteriore sequenza di fornici disposta
ortogonalmente alla prima e che sostiene proprio la grande
scalinata centrale. Ad aumentare la stabilità d’insieme,
collabora anche l’articolazione del muro retrostante
organizzato in concamerazioni che corrispondono alla
scansione del soprastante ordine dei fornici a semicolonne,
andando così a realizzare con esso un unico complesso
strutturale, ciò ha anche lo scopo di ridurre al minimo la
spinta sul muro stesso.
Il secondo esempio, il Santuario di Ercole Vincitore a Tivoli
è, invece, una costruzione realizzata su una sostruzione a
ridosso della scoscesa valle dell’Aniene, sostruzione
articolata secondo la direttrice della via Tiburtina che
5
attraversa il Santuario con una galleria a volta ribassata, la
via Tecta.
Quello che ci interessa in quest'ambito è proprio l’articolato
sistema di spinte e controspinte che caratterizza l’interno
della sostruzione, imponente per altezza e dimensioni, tale
sistema è infatti pensato dal costruttore romano per limitare
al massimo il verificarsi di stati tensionali pericolosi per la
stabilità della struttura stessa.
Tali stati tensionali sono
dovuti alla spinta orizzontale della volta ribassata che
andrebbe a gravare proprio sugli elementi verticali di
sostruzione che raggiungono i 30 m di altezza. La volta viene
perciò contraffortata dagli ambienti laterali anch’essi coperti
con volte, ma nervate da arconi lapidei così che la struttura
risulti notevolmente rigida e il loro funzionamento sia quello
di volte corte disposte in serie in cui ai caementa è affidato il
compito di irrigidimento. Questi ambienti sono a loro volta
contraffortati da vani secondari in modo da formare un tutto
staticamente unitario. Quindi, per semplificare al massimo il
funzionamento meccanico delle sostruzioni, gli elementi
verticali dei vari livelli sono perfettamente sovrapposti a
quelli degli ordini inferiori, così da evitare tensioni
pericolose dovute all’eccentricità del carico. Il medesimo
concetto caratterizza anche la costruzione dell’edificio
soprastante, come dimostrano le volte a padiglione, utilizzate
per coprire i vani quadrati perchè consentono di scaricare il
peso su tutte e quattro le strutture in parti uguali, non a caso
poste sugli ambienti immediatamente a ridosso degli
elementi verticali di sostruzione.
Ma come dicevamo per chiarire il comportamento meccanico
di una costruzione è utile la corretta lettura dei segnali che ne
caratterizzano la funzionalità strutturale, e cioè possiamo ora
indagare quello che è il ruolo del quadro fessurativo,
“essendo”, come dice Chiarugi ”il quadro fessurativo una
fondamentale manifestazione del comportamento strutturale
della costruzione che , se fatta ‘parlare’, molto ha da ‘dire’ in
merito al funzionamento attuale ed all’evoluzione strutturale
della costruzione stessa.”
Quindi diventa necessario stabilire le caratteristiche
quantitative delle fessurazioni che il manufatto in oggetto
presenta, e cioè la loro lunghezza, profondità, ampiezza,
come si inseriscono in un contesto di fessurazioni più ampio
e se vi si inseriscono. Non da ultimo, al fine di una corretta
diagnosi può essere utile stabilire il loro decorso nel tempo e
quindi la cronologia dei plessi fessurativi allo scopo di capire
come intervenire e soprattutto se intervenire. Infatti vecchie
fessurazioni, ormai arrestatesi indicano che la costruzione ha
trovato un nuovo assetto di equilibrio e che quindi dal punto
di vista della conservazione strutturale un intervento non
avrebbe senso, anzi potrebbe pregiudicare la nuova stabilità.
Per conoscere le cause perturbatrici che possono aver
determinato un tale quadro di dissesti, è utile integrare tali
informazioni con quelle desunte dall’analisi stratigrafica e
dalla documentazione storica.
In questo senso può essere letta la scheda strutturata in tre
sezioni, che viene riportata di seguito. Per inciso, è
comunque da puntualizzare che questa è solo indicativa
dovendo la logica e la coscienza di chi studia il manufatto su
cui si interviene guidare nella scelta delle informazioni da
raccogliere per capire come operare.
Va compilata una scheda per ogni fessurazione indicando
l’unità di dissesto a cui ci si riferisce mediante un numero o
una lettera e quindi tutte le annotazioni che la riguardano.
In una prima sezione la fessurazione viene individuata
planimetricamente e attraverso un quadro di riferimento.
Quest’ultimo è a sua volta strutturato in più voci, riporta cioè
l’ambito di riferimento (pianta, sezione e prospetto
interessati) e l’identificazione del o dei componenti su cui si
Stratigrafia e dissesto
verifica il fenomeno (riempimento, muratura portante,
cornice, ecc..) individuati tramite una descrizione sintetica
dell’unità stratigrafica, il numero e la fase di appartenenza.
Nella seconda sono riportati tutti i dati quantitativi e
qualitativi relativi alla lesione considerata e le relazioni
esistenti tra questa e il paramento murario e, ancora, tra
questa e il contesto di fessurazioni in cui è inserita.
La terza sezione, anche questa suddivisa in tre parti, è
relativa a valutazioni che forniscono indicazioni utili alla
formulazione di un giudizio relativo all’effetto riscontrato.
Nella prima parte viene rilevata l’eventuale coincidenza tra
bordi di unità di dissesto e unità stratigrafica. Il
riconoscimento di tale coincidenza è un indicatore della
qualità sia dei materiali impiegati che delle tecniche
costruttive adottate nella fase di trasformazione, alla quale
appartiene l’unità stratigrafica considerata.
Nella seconda parte vengono riportate la gravità del danno e
la possibilità che l’effetto inneschi cinematismi di dissesto,
in modo da relazionarlo agli altri effetti.
Nella terza parte si registrano le probabili cause che hanno
prodotto l’effetto osservato.
Quindi, l’insieme di tutti i dati raccolti attraverso il rilievo
geometrico, l’analisi stratigrafica, la documentazione storica
e il quadro fessurativo, può essere sintetizzato in quel
modello esplicativo di cui si è detto all’inizio, un modello
descrittivo della costruzione oggetto dell’indagine, punto di
partenza per una modellazione matematica utile per ottenere
conferme ed ulteriori indicazioni sulla risposta delle strutture
a cause perturbatrici, e cioè per ricostruire un’ipotetica
evoluzione meccanica della costruzione, per verificare
l’efficacia di eventuali interventi di conservazione strutturale
dell’opera e, quindi, per fornire ipotesi di progetto.
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Stratigrafia e dissesto
Riferimenti bibiografici
1. Baldelli Corrado - Nart Monica, 1993-1994,
Uno studio sul rapporto edificio suolo
nell’architettura romana, Tesi di Laurea presso
l’Istituto Universitario di Architettura di
Venezia, relatore Prof. E. Siviero
2. Barbieri Alessandra - Cescon Marina, 19941995, Il ponte di accesso al Castello del Catajo:
studio per un recupero, Tesi di Laurea presso
l’Istituto Universitario di Architettura di
Venezia, relatore Prof. E. Siviero
3. Chiarugi A. - Foraboschi P., 1994,
Monitoraggio ed identificazione strutturale, Il
monitoraggio delle costruzioni civili, a cura di
P. G. Malerba, Collana Ingegneria Strutturale,
CISM, Udine
4. Giuffrè A., 1995, L’intervento strutturale quale
atto
conclusivo
di
un
approccio
multidisciplinare, Seminario internazionale sul
restauro architettonico, Il consolidamento
strutturale dell’edilizia storica, Vicenza 3-6
maggio
5. Masciangelo Laura - Zeka Lorenzi Fabiola,
1993-1994, Il progetto di conservazione e
restauro della casa canonicale di Francesco
Petrarca a Padova, Tesi di Laurea presso
l’Istituto Universitario di Architettura di
Venezia, relatore Prof. F. Doglioni