Omero - Istituto Comprensivo “Paolo Ruffini”

ISTITUTO COMPRENSIVO STATALE
“Paolo Ruffini”
Plesso Scolastico di Ischia di Castro
CLASSE V B
OMERO TRA STORIA E LEGGENDA
Alunni
Cavallo Davide
Ferranti Filippo
Ciucci Francesco
Gallinelli Andrea
Una figura “moltiplicata”: Omero, uno o tanti?
I Greci antichi consideravano l’Iliade e l’Odissea come testi nei quali erano
contenute la memoria e la storia del loro popolo e non avevano dubbi sul fatto che esse
fossero state composte dal loro più grande poeta delle origini: Omero.
Omero
è
veramente
esistito? E’ veramente
esistita
una
città
di
Troia?
E
si
è
combattuta
veramente
una “guerra di Troia”?
Omero è vero e unico
autore dei due poemi
che gli sono attribuiti?
Non
ci
sono
riscontri storici a tutte le
informazioni
che
ci
sono pervenute su Omero. Alcuni sostenevano che fosse figlio di una ninfa, lo dicevano
discendente di Orfeo, il mitico poeta della Tracia. Altri lo descrivevano come un cantore
cieco. Altri scrissero una biografia di Omero sulla base di un’altra etimoligia del suo nome,
che significherebbe “ostaggio”. La tradizione lo riteneva nativo della Ionia, la regione
dell’Asia Minore che si affaccia sul mare Egeo, forse di Smirne, di Calofone o Chio, ma
anche altre città della Grecia continentale come Pilo, Argo, Atene vantavano di avergli
dato i natali.
Le notizie biografiche non concordano neppure sul tempo nel quale il poeta sarebbe
vissuto; alcuni lo collocavano in un’epoca posteriore di pochi decenni o secoli rispetto alla
guerra di Troia, mentre altri lo consideravano contemporaneo. La contraddittorietà delle
notizie su Omero non incrinò nei Greci antichi la convinzione che il poeta fosse esistito,
contribuì a farne una figura mitica, il poeta per eccellenza. A lui fu attribuita una
produzione tanto vasta da indurre dubbi già negli eruditi dell’Età Alessandrina. Furono
infatti alcuni grammatici della biblioteca di Alessandria d’Egitto ad avanzare ipotesi
sull’attribuzione al divino cantore di entrambi i poemi.
La “questione omerica”
La tesi dei cosìdetti separatisti fu invece non condivisa dal più grande filologo
dell’antichità, Aristarco di Samatracia, che, come gli unitari, sostenne l’attribuzione ad
Omero di entrambi i poemi. Differenze tematiche e stilistiche non poterono però essere
negate,
e
la
contraddizione si
risolse,
considerando
l’Iliade
dell’età
poema
giovanile
e l’Odissea opera
della maturità del
poeta. Nei secoli
la “questione” si
esplicitò
in
un
lungo
dibattito
che, nel corso del Novecento, ha raggiunto anche considerevoli risultati di ricerca. E’ stata
definitivamente superata l’idea di dover studiare l’Iliade e l’Odissea come testi nati con il
supporto della scrittura, per riconsiderarli alla luce della natura orale e del linguaggio
formulare.
Oggi, dunque, quando parliamo di Omero, non ci riferiamo ad un determinato
individuo, né ad uno specifico momento storico, ma al lungo processo di composizione e
trasmissione orale dei poemi, fino alla fine del Medioevo Ellenico (XI-VII sec a.C.).
Testimonianze antiche, collocano nell’Atene del VI secolo a.C. una serie di iniziative
il cui esito fu la “standardizzazione” del testo omerico, nella prima redazione scritta ad
opera del tiranno Pisistrato.
Il laboratorio dell’Aedo
Il contesto di cultura orale ha determinato lo sviluppo di una particolare abilità
tecnica da parte dell’aedo . Con il supporto della memoria egli ha usato il verso, la lingua,
le tecniche formulari e i contenuti per comporre oralmente il testo del poema durante la
performance, l’occasione in cui egli “pubblicava” il suo lavoro. I poemi omerici, messi per
iscritto a partire dal VI secolo a.C. costituirono perciò il terreno di indagine per verificare
strumenti e modalità della composizione orale. A ciò si deve aggiungere l’analisi di tutte
quelle forme della narrazione, divenute tipiche nella successiva cultura della scrittura:
tempo, spazio, intreccio, ritmo.
Iliade e Odissea sono state definite “enciclopedia tribale”, danno infatti voce ad una
comunità che, non facendo uso della scrittura, conferisce all’aedo il ruolo di depositario del
patrimonio di norme e conoscenze comuni. A distanza di due millenni si rintracciano nei
poemi aspetti della società del tempo: divino, religione, codice di comportamento eroico,
caratteri della società aristocratica, ruolo della donna e delle altre componenti sociali.
La guerra di Troia: storia e leggenda
La saga troiana è il racconto della guerra voluta da Zeus per questioni di eccessivo
popolamento della Terra. Scatenata da un’occasione creata dagli dèi. L’antefatto mitico è
da ricercarsi quindi nella contesa tra Era, Atena e
Afrodite per la mela d’oro, lanciata in mezzo al banchetto
da Eris, la Discordia, non invitata alle nozze di Peleo e
Teti, i genotori di Achille. Il pomo recava scritto sopra
“Alla più bella”. Ma chi tra le tre dee? Zeus propone
allora di affidare il giudizio ad un bellissimo pastore,
Alessandro Paride, figlio di Priamo, re di Toia. Le dee
offrono al ragazzo ciascuna un dono: Era la potenza ed il
dominio sull’Asia; Atena l’invincibilità in guerra ed infine
Afrodite l’amore della donna più bella del mondo: Elena.
Paride assegna ad Afrodite la vittoria e scatena così l’ira di Atena ed Era, che divengono
acerrime nemiche di Trioa. Paride, recatosi in ambasceria a Sparta, ospite del re Menelao,
con l’aiuto di Afrodite fa innamorare di sé Elena, la moglie del re, la rapisce e la conduce a
Troia. Menelao e suo fratello Agamennone, re di Micene, per vendicare l’offesa
organizzano una spedizione contro Toia alla quale aderiscono tutti i principi achei con i
loro eserciti. Si scatena così una guerra tremenda e sanguinosa, che durerà per ben dieci
anni. Il racconto omerico prende le mosse da un episodio del decimo ed ultimo anno di
guerra. Il poema narra infatti gli eventi di circa cinquanta giorni di questo ultimo anno.
Essa è seguita poi dal ritorno in patria degli eroi. Questa leggenda può essersi
sviluppata attorno ad un nucleo storico: uno dei numerosi attacchi greci a zone strategiche
(soprattutto lo stretto dei Dardanelli che controllava le rotte verso il Mar Nero, nella zona
che i Greci chiamavano “Ellesponto”) per il saccheggio delle
popolazioni locali o lo scambio di prodotti.
L’individuazione di un’antica città da parte di Heinrich
Schilemann (seconda metà XIX secolo) nella regione che
corrisponde alle indicazioni del testo omerico, ha confermato la
possibilità storica del conflitto: l’archeologia tuttavia può dare
indicazioni sulla cronologia e sulle modalità di eventuali
distruzioni, ma non sui motivi e sullo svolgimento di attacchi
nemici né sull’identità di tali nemici.
L’Iliade
L’Iliade narra, in ventiquattro libri, un episodio accaduto alla fine del nono anno della
guerra contro Troia: l’ira scatenata in Achille dal comportamento di Agamennone e le sue
conseguenze. Essa prende le mosse da un fatto: la richiesta( rifiutata) di restituzione di
una prigioniera di guerra e si chiude con la richiesta (accolta) da parte di Priamo del corpo
del figlio morto, Ettore.
L’accampamento Acheo, il campo di battaglia, le vittorie di Troia e la sede degli dei,
l’Olimpo sono gli spazi in cui i protagonisti della narrazione – eroi e divinità si muovono.
L’Odissea
L’Odissea, anch’essa in ventiquattro libri, narra l’ultima fase di viaggio di ritorno di
Odisseo ad Itaca e il ristabilimento
della situazione in patria, con il
concorso determinante degli dèi,
della volontà dell’eroe e della sua
capacità di affrontare le situazioni
più diverse.
La
vicende
linearità
è
di
queste
complicata
dall’inserimento nel racconto delle
avventure capitate ad Odisseo nei dieci anni successivi alla partenza da Troia.
Gli eventi si svolgono a Itaca, nelle città in cui Telemaco va in cerca del padre (libri I
– IV), nei luoghi delle peregrinazioni di Odisseo (libri V – XII) e, infine, nuovamente a Itaca,
tra i campi ed il palazzo.