RELATIVITA’ GENERALE La teoria della relatività finora esaminata, è nota come teoria speciale della relatività. Essa fornisce uno schema che vale sia per i fenomeni associati ai corpi in moto, quanto di quelli associati all’elettricità e al magnetismo. Gli elementi caratterizzanti questo schema sono la relatività dello spazio e del tempo e la loro unificazione in uno spazio-tempo quadridimensionale. Si parla di teoria generale della relatività quando lo schema della teoria speciale viene esteso fino a includere la gravità. Ma perché Einstein volle includere la gravità nella sua teoria ?Alla gravità giunse quando si pose la seguente domanda: “Perché il principio di relatività dello spazio-tempo doveva essere limitato soltanto ad osservatori che si muovono di moto rettilineo uniforme e quindi non sottoposti ad alcuna accelerazione?” In altri termini egli si chiede se è possibile che il principio di relatività valga anche per sistemi di riferimento che siano accelerati uno rispetto all’altro. Nell’affrontare questa domanda, Einstein focalizzò la sua attenzione sulla situazione più semplice immaginabile, quella cioè in cui l’accelerazione relativa è costante. Immaginiamo che un oggetto sia a riposo rispetto ad un osservatore inerziale. Come apparirebbe questa situazione rispetto a un osservatore che si stesse muovendo con un accelerazione costante rispetto al primo nella direzione che quest’ultimo chiama “su”? Per il secondo osservatore il corpo si troverebbe in moto, con la medesima accelerazione costante, nella direzione “giù”. Ma questo è il ben noto comportamento di masse che cadono sotto l’azione di una forza di gravità costante. Pertanto un osservatore in un ascensore, privo di finestre, non è in grado di capire se è soggetto agli effetti prodotti da un campo gravitazionale oppure a un’accelerazione. Einstein allora enunciò il seguente principio: Pincipio di equivalenza (indistinguibilità) fisica tra campo gravitazionale e la corrispondete accelerazione del sistema di riferimento: “E’ impossibile distinguere per mezzo di un qualsivoglia esperienza fisica – fra un campo gravitazionale uniforme e un’accelerazione uniforme” In particolare se siamo nelle condizioni di “caduta libera”, come avviene per gli astronauti della Stazione Spaziale in orbita attorno alla Terra o quando cadiamo dall’attrazione “Space Vertigo” di Gardaland, tutti gli effetti fisici di un campo gravitazionale scompaiono, e valgono le leggi della relatività ristretta. In questo particolare sistema accelerato valgono le legge della dinamica, infatti, ad esempio, se ad un oggetto viene data una spinta esso si muoverà in linea retta. Anche un raggio di luce viaggerà in linea retta. Tuttavia, gli effetti relativistici saranno maggiori dove la gravità è più forte. Quindi, se due astronavi orbitano attorno alla Terra a distanze diverse la nave spaziale che si trova vicino più ad essa, muovendosi più velocemente nel campo gravitazionale, che è più forte, avrà un maggior rallentamento dei suoi orologi cioè il suo spazio-tempo sarà più deformato. Ecco allora che l’effetto della gravità è quello di curvare lo spazio-tempo. Poiché la gravità è generata dalle masse dei corpi si conclude che: “Quello che noi chiamiamo massa è curvatura dello Spazio-Tempo” La materia, quindi, deforma lo spazio-tempo, e i corpi "sentono" questa deformazione. Poiché la materia è legata all’energia dalla relazione E= mc2, la curvatura dello spazio-tempo è proporzionale alla somma di massa più energia CURVATURA DELLO SPAZIO-TEMPO. Mentre è facile immaginare una superficie bidimensionale piana che venga curvata – pensiamo ad un pezzo di stoffa inizialmente teso sul quale appoggiamo un oggetto sufficientemente pesante - diventa estermamente difficile visualizzare uno spazio tridimensionale deformato e tanto meno uno spazio quadridimensionale. Quindi, per semplicità, quando parleremo di spazio-tempo deformato pensiamo alla deformazione di una superficie piana curvata. Ogni superficie curva, ed in particolare la superficie di una sfera è uno spazio dove non valgono le leggi della geometria a noi familiare, quella Euclidea. Infatti, vediamo come su una sfera non è verificato una delle proprietà dello spazio euclideo quella che la somma degli angoli interni di un triangolo eguaglia un angolo piatto (180°). Consideriamo il triangolo formato sulla superficie sferica da un punto in movimento che parte dal polo nord A (immaginiamo che questa superficie rappresenti la superficie terrestre), arriva all'equatore in B , poi lo segue per un quarto della sua lunghezza fino a C ed infine ritorna al polo nord : si tratta di un triangolo con tre angoli retti !!! e questo contraddice la regola euclidea della somma degli angoli interni di un triangolo. La deformazione dello spazio-tempo è tanto più accentuata quanto maggiore è la massa. La figura sopra mostra la deformazione di una membrana elastica su cui sono appoggiate delle biglie. Nello spazio-tempo curvo le traiettorie dei corpi e dei raggi di luce seguono i percorso più breve tra due punti. Tali traiettorie sono dette geodetiche. La luce che “cade”. Nel vuoto, le onde elettromagnetiche e quindi la luce si propaga alla velocità costante c, e in linea retta. Ma quando la luce si avvicina ad un corpo celeste, cioè ad una sorgente di campo gravitazionale, si muoverà ancora così ? No, perché seguirà le geodetiche che sono linee che in prossimità di un corpo celeste sono curve. E’ come se la luce venga attratta dal corpo celeste nello stesso modo in cui cadono gli altri corpi, con la sola particolarità di possedere un’elevata velocità, c. Per dimostrare questa ipotesi devo utilizzare un campo gravitazionale il più inteso possibile, ad esempio quello generato dal Sole che è 28 volte più forte dell’accelerazione di gravità sulla Terra. Non possiamo, ovviamente, metterci sulla superficie del Sole ed osservare un fascio di luce che cada su esso. Utilizziamo allora un raggio di luce, proveniente da una stella, che si trovi a sfiorare il bordo del Sole. Se questo raggio risente dell’effetto dell’attrazione del Sole, il suo cammino verrà deviato e la stella sarà vista in una posizione leggermente diversa da quella usuale. Quando le stelle che si trovano nella zona di cielo vicino al Sole sono visibili? Durante le eclissi di Sole! Pertanto se si confronta la fotografia fatta durante l’eclissi con una fotografia della stessa regione del cielo, fatta di notte, si troverà che le stelle più vicine al bordo del Sole durante l’eclissi appaiono leggermente spostate. Queste osservazioni sono state compiute, con successo per ogni eclisse di Sole a partire dal 1919. (*) Per Newton la luce aveva natura copruscolare, non ondulatoria. Essa doveva essere fatta di corpuscoli luminiferi dotati di massa. Era quindi ovvio che questi corpuscoli dovevano essere soggetti alla stessa forza di attrazione gravitazionale che fa cadere le pietre. Oggi sappiamo che la luce ha una natura doppia (detta“duale”) nel senso che essa è simultaneamente dotata di proprietà ondulatorie e corpuscolari. Quando la luce è particella la si chiama “fotone”. Come vedremo fu Einstein a scoprire la natura particellare della luce, ricevendo per questa sua scoperta il Premio Nobel (non per la Relatività, come crede il grande pubblico)