SERIE Tiroide e gravidanza Thyroid diseases and pregnancy Marco Grandi1 *, Giovanni Scanelli2, Massimo Gallerani2, Benedetta Boari2, Carla Sacchetti1, Stefano Pederzoli1, Cinzia Torri1, Ilaria Sgarbi1 1 2 UOC Medicina Interna, Nuovo Ospedale Civile di Sassuolo, AUSL di Modena UOC Medicina Interna Ospedaliera, AOU “Arcispedale Sant’Anna”, Ferrara KEY WORDS Pregnancy Thyroid diseases Summary BACKGROUND Thyroid diseases and diabetes mellitus are the most common endocrine diseases during pregnancy. Internal Medicine doctors could be involved in the management of pregnant women affected by thyroid diseases, in particular if an Endocrine Unit lacks in the hospital; it is mandatory that they have the skills to cope with these diseases. METHODS In this work authors describe the most common thyroid abnormalities that can occur during pregnancy: hypothyroidism (clinical and subclinical), hyperthyroidism (clinical and sub-clinical), autoimmune thyroiditis (in particular the so called post-partum thyroiditis), nodular diseases and cancer. They discuss moreover the peculiar pathophysiologic mechanisms by which these diseases appear, the diagnostic tools and the therapies, according to their own experience and the more recent international guidelines. RESULTS AND CONCLUSIONS It is important to evaluate thyroid function tests before and during pregnancy, at 16th and 28th gestational week; it is mandatory to cure also the “sub-clinical” hypothyroidism during pregnancy, when TSH level are higher than 5 µIU/mL; the optimal dose of levo-thyroxine during pregnancy is, average, 30-50% higher than that used before pregnancy; it is not correct to treat mild or sub-clinical hyperthyroidism; propylthyouracil is the best drug to treat hyperthyroidism during pregnancy; the post-partum thyroiditis is generally transient, so that a careful monitoring of thyroid function is advisable, in particular after 9-12 months of therapy; thyroid cancer, if discovered during pregnancy, generally has no negative effects on the outcome of the pregnancy; it would be better to treat surgically thyroid cancer during the last trimester of the pregnancy. Introduzione Fisiologia tiroidea in gravidanza Le malattie tiroidee sono, assieme al diabete mellito, le endocrinopatie di più frequente riscontro in gravidanza e dopo il parto. Si stima che lo 0,5% di tutte le gravidanze sia accompagnato da una tireopatia clinicamente rilevante e che una quota variabile dal 5 al 10% delle gravide possa presentare una disfunzione tiroidea dopo il parto [1]. L’internista, laddove non esista una struttura di Endocrinologia, può doversi confrontare con tale problematica ed è necessario, quindi, che possieda le nozioni di base per poterlo fare. Affronteremo l’argomento accennando in estrema sintesi alla fisiologia tiroidea in gravidanza e analizzando i principali quadri patologici tiroidei preesistenti o indotti dalla gravidanza. Nella Fig. 1 [2] sono riportate le principali modificazioni che ormoni e proteine vettrici subiscono in relazione allo stato gravidico. È bene tenerne conto nella valutazione laboratoristica della funzione tiroidea durante la gravidanza. Buona parte di tali modificazioni è imputabile all’affinità strutturale esistente fra l’ormone ipofisario tireostimolante (TSH) e la gonadotropina corionica (HCG). Quest’ultima, infatti, può legarsi al recettore del TSH mimandone l’effetto di stimolo [3]. Normalmente tale interazione non induce risultati clinicamente evidenti, anche se nella classica nosografia dell’ipertiroidismo (Tab. 1) viene segnalata la possibilità, seppur rara, di un’iperfunzione tiroidea da HCG. Gli estrogeni sono in grado da un lato di aumentare la sintesi e dall’altro di diminuire il catabolismo della principale proteina vettrice gli ormoni tiroidei (Thyroxine Binding Protein, TBG). Questa modificazione non ha sostanziali effetti funzionali: determina esclusivamente un “falso” aumento delle quote totali di tiroxina (TT4) e triiodiotironina * Corrispondenza: Marco Grandi, UOC Medicina Interna, Nuovo Ospedale Civile di Sassuolo, AUSL di Modena, via F. Ruini 2, 41049 Sassuolo (MO), e-mail: [email protected] Italian Journal of Medicine 2008;2(3):16-22 © 2008 Elsevier Srl Tiroide e gravidanza 17 TBG TT4 HCG TSH FT4 0 10 20 30 40 Settimane di gestazione Fonte: Glinoer D, et al. J Clin Endocrinol Metab 1990; 71(2):276-87. Figura 1 Rappresentazione schematica delle modificazioni indotte dalla gravidanza sugli ormoni dell’asse ipofiso-tiroide e sulla Thyroxine Binding Protein (TBG) in relazione all’andamento della gonadotropina corionica (HCG) (TT3) senza interferire sulle quote “libere” (F), quelle cioè metabolicamente attive [4]. Occorre ricordare, inoltre, che la presenza del feto rende ragione dell’aumentato fabbisogno iodico determinato anche dalle modificazioni della clearance renale dell’oligoelemento, indotte dall’incremento del flusso e della velocità di filtrazione glomerulare intrinseche alla gravidanza. Nelle aree di carenza iodica, quali quelle italiane, l’apporto dello iodio può essere insufficiente a coprire l’aumentata richiesta; ciò può tradursi in una desaturazione della TBG e in una secrezione preferenziale di T3 che, ricordiamo, possiede un atomo in meno della T4. Ipotiroidismo in gravidanza La prevalenza dell’ipofunzione tiroidea in gravidanza è del tutto simile a quella riscontrabile nelle donne di pari età non gravide: 2-3% per l’ipotiroidismo “lieve” o subclinico; 0,3-0,5% per l’ipotiroidismo manifesto. La principale causa è rappresentata dalle tiroiditi autoimmuni, che possono interessare dal 5 al 15% della popolazione femminile in età fertile [5,6]. Occorre infatti tenere conto che la gravidanza, per il fisiologico aumento di richieste tireofunzionali, può accelerare la comparsa di ipofunzione ghiandolare in donne affette da tiroidite autoimmune ancora asintomatiche [7]. L’ipotiroidismo, anche quello “lieve” o subclinico, può costituire uno dei motivi di complicanze ostetriche precoci e tardive, nonché di situazioni a rischio per il feto, tutte correlate alla gravità e alla durata dell’ipofunzione. In proposito, possiamo ricordare l’aumentata abortività, l’anemia, l’ipertensione gravidica, il distacco della placenta, il parto prematuro, le emorragie post-partum e anche la sindrome da distress respiratorio del neonato [7]. Un prolungato periodo di ipotiroidismo materno, specialmente nei primi periodi della gravidanza, può avere conseguenze anche molto gravi sullo sviluppo neuropsichico del feto e quindi del neonato [8]. Ne deriva il consiglio che, sin dalla visita ginecologica d’apertura, tutte le donne con familiarità per tireopatia e, soprattutto, le gravide con accertata presenza di positività autoanticorpale tiroidea o di ipotiroidismo siano in possesso di un dosaggio di TSH, FT3 e FT4 su cui modulare l’inizio o la modificazione della terapia sostitutiva. Sebbene le più recenti linee guida non raccomandino lo screening “a tappeto” della funzione tiroidea nelle donne che stanno programmando la gravidanza o che hanno una diagnosi di gravidanza nelle prime settimane, alcuni autori sostengono che dosare gli ormoni tiroidei e il TSH solo nelle donne “a rischio” di distiroidismo durante la gestazione non evidenzia circa un terzo dei casi di ipotiroidismo subclinico e/o manifesto [9]. Segnaliamo che, seppur raramente, è possibile il riscontro della cosiddetta “ipotiroxinemia isolata” (riduzione della sola FT4 in assenza di alterazioni di TSH e FT3), sulla cui influenza e gestione non vi è alcuna certezza [10]; recenti evidenze, comunque, non hanno documentato che tale condizione determini danni al nascituro [11]. Tabella 1 Classificazione degli stati ipertiroidei Associati a iperfunzione tiroidea Non associati a iperfunzione tiroidea • ↑ Produzione di ormone ipofisario tireostimolante (TSH) • Da aumentata liberazione: (ipertiroidismo secondario): tiroidite subacuta di De Quervain adenoma ipofisario TSH-secernente tiroidite silente e/o post-partum resistenza agli ormoni tiroidei (?) da amiodarone • ↑ Produzione di gonadotropina corionica (HCG) da terapia radometabolica (ipertiroidismo secondario): • Da assunzione esterna di ormoni: tumore secernente HCG tireotossicosi fattizia tireotossicosi gestazionale tossicosi da hamburger • ↑ Produzione di stimolatori anomali (ipertiroidismo primitivo): malattia di Basedow • Autonomia intrinseca della tiroide (ipertiroidismo primitivo): adenoma e gozzo multinodulare tossico • Ipertiroidismo da iodio (ipertiroidismo primitivo) 18 Nella pratica quotidiana è esperienza comune che in gravidanza la posologia della tiroxina debba essere aumentata del 30-50% circa rispetto a quella preconcepimento. In ogni caso, in accordo con altri e ben più prestigiosi autori [12], ci sentiamo di proporre (Tab. 2) uno schema di modificazione della precedente terapia sostitutiva, basato sul riscontro dei livelli di TSH in gravidanza. Segnaliamo ancora che, sin dall’accertamento della gravidanza, sia nelle donne eutiroidee sia, a maggior ragione, in quelle ipotiroidee, è buona norma supplementare la dieta con 150-200 µg/die di iodio (integratori venduti in tutte le farmacie). È sufficiente l’assunzione di 1 capsula/die, che garantisce l’apporto medio di 150-175 µg/die di iodio. La somministrazione di ormone tiroideo sintetico va effettuata lontano da quella di ferro, calcio, inibitori di pompa protonica e soia, al fine di evitare interferenze con l’assorbimento intestinale del principio attivo [13]. Diversamente dall’usuale, vi è indicazione a iniziare il trattamento anche per quegli ipotiroidismi “lievi” o subclinici che si esprimono con livelli di TSH < 10 µUI/mL e, se l’ipotiroidismo viene diagnosticato durante la gravidanza, è bene raggiungere rapidamente i livelli target di TSH, che per generale consenso non devono essere > 2,5 µUI/mL. È buona pratica clinica che le gravide con ipotiroidismo di nuova diagnosi effettuino mensilmente la determinazione del TSH fino al raggiungimento del target terapeutico. Per quelle con preesistente ipotiroidismo il controllo del TSH, dopo quello della visita d’apertura, deve essere programmato fra la 16ª e la 20ª settimana e alla 28ª settimana di gestazione [14]. Nel post-partum è bene consentire l’allattamento al seno, continuando l’integrazione iodica; la posologia dell’ormone tiroideo sintetico deve essere riportata a quella antecedente la gravidanza entro 30 giorni, aumentata però di un 20-30% in caso di allattamento; il controllo di TSH, FT3 e FT4 va eseguito dopo 3 e 9 mesi dal parto. Gli stessi controlli devono essere effettuti ogni 6 settimane in presenza di instabilità dei livelli ormonali o di variazione posologica [13]. Ipertiroidismo in gravidanza L’ipertiroidismo complica la gravidanza nello 0,1-0,4% dei casi e nell’85% di questi è presente morbo di Basedow [15,16]. A differenza dell’ipotiroidismo, l’iperfunzione “lieve” o subclinica non è correlata a particolari problemi gravidici [17]. L’ipertiroidismo manifesto, invece, oltre a poter determinare prematurità e alterazioni dello sviluppo fetale [18], può innescare problemi cardiovascolari nella madre, quali la preeclampsia e lo scompenso di cuore [19]. Il passaggio transplacentare degli anticorpi stimolanti o bloccanti la funzione tiroidea, tipicamente presenti in un’elevata percentuale di queste pazienti, può essere causa di tireotossicosi o di ipotiroidismo fetale [20], che può essere indotto anche dal passaggio dei farmaci antitiroidei [21]. M. Grandi et al. Tabella 2 Modificazioni da attuare nel trattamento tiroxinico in relazione ai livelli di ormone ipofisario tireostimolante (TSH) della gravida TSH plasmatico (mUI/L) Incremento della tiroxina (µg/die) 5-10 10-20 > 20 25-50 50-75 100 Fonte: Pop VJ, et al. Clin Endocrinol (Oxf) 2003;59(3):282-8. La diagnosi di ipertiroidismo, oltre a fondarsi sulla “classica” sintomatologia, si avvale delle indagini laboratoristiche comunemente utilizzate per questa patologia (TSH, FT4, FT3, anticorpi anti-perossidasi tiroidea, anticorpi antirecettore del TSH). È prudenziale, seppur non tassativamente controindicato [22], non eseguire la scintigrafia tiroidea con 99Tc e sostituirla con un’ecografia, associata allo studio della vascolarizzazione con metodica power doppler. L’approccio terapeutico non è dissimile da quello abitualmente utilizzato al di fuori della gravidanza, prevedendo come prima linea di comportamento il trattamento medico, anche se sono necessarie alcune precisazioni: • per evitare i danni fetali potenzialmente inducibili dall’insorgenza di un ipotiroidismo iatrogeno, è buona regola cercare di mantenere una condizione di ipertiroidismo “lieve” o subclinico, caratterizzata dalla normalità delle quote degli ormoni tiroidei e da livelli “soppressi” di TSH; • sulla scorta di ormai datate e non più confermate segnalazioni di gravi alterazioni cutanee e di teratogenicità indotte dal metimazolo (MMI) [23,24], è consuetudine preferire il propiltiouracile (PTU) quale tireostatico della gravidanza con una posologia, modulata sulla gravità dell’iperfunzione, variabile da 50 a 150 mg per os ogni 8 ore; • durante l’allattamento al seno è bene somministrare il farmaco al termine di ogni poppata, escamotage che consente di ridurre al minimo la già esigua presenza del tireostatico nel latte della poppata successiva; • l’utilizzo dei β-bloccanti, propranololo in primis, è consentito per un limitato periodo di tempo, onde evitare l’aumentata mortalità fetale connessa con il loro impiego prolungato [25]; • la presenza di thyroid storm può prevedere l’uso per non più di 10-14 giorni di 3 gocce di SSKI (soluzione satura di lugol) ogni 8 ore, capace di indurre un rapido decremento della sintesi e liberazione degli ormoni tiroidei [25], associato ovviamente al tireostatico e al β-bloccante; • il trattamento radiometabolico è controindicato. La consultazione di alcuni lavori [21,25] può essere utile per un maggior approfondimento del problema terapeutico. L’indicazione chirurgica è raramente proponibile e può rendersi necessaria solo qualora l’iperfunzione ghiandolare sia difficile da controllare nonostante dosi elevate di tireostatici (> 450 mg/die per PTU; > 30 mg/die per MMI), nel caso di intolleranza a questi farmaci o se l’aumentato volume del gozzo determina sintomi compressivi gravi sulle Tiroide e gravidanza 19 strutture adiacenti. Ove possibile, la tiroidectomia dovrebbe essere programmata tra la fine del secondo trimestre e l’inizio del terzo, per limitare il rischio di abortività indotto dall’intervento [26]. Tiroiditi autoimmuni in gravidanza Nella Tab. 3 è riportata una classificazione delle tiroiditi, con focalizzazione sulla cosiddetta “tiroidite post-partum” (TPP), che rientra a tutti gli effetti fra quelle a origine autoimmune. Le conseguenze di tali patologie nella donna gravida differiscono, a seconda che siano preesistenti al concepimento o svelate dalla gravidanza. Nell’ambito della prima situazione vanno considerati i possibili riflessi negativi correlati alla presenza dell’attivazione autoanticorpale di per sé e quelli associati alla coesistenza di un deficit funzionale tiroideo. Per quanto riguarda la TPP, sono importanti i correlati clinici che possono sfuggire se non conosciuti. Sono note da tempo l’aumentata frequenza di abortività nelle gravide ancora eutiroidee ma con positività autoanticorpale antitiroidea [27,28] e la possibilità che tale presenza condizioni anche altre complicanze ostetriche, peraltro riducibili, così come l’abortività, dal trattamento con Ltiroxina (Tab. 4) [8,29] o dalla somministrazione di immunoglobuline per via endovenosa, qualora coesista la positività anche per gli anticorpi anticardiolipina [30]. Ciò nonostante, però, le più recenti linee guida [31] sostengono il proposito: «Although a positive association exists between the presence of thyroid antibodies and pregnancy loss, universal screening for antithyroid antibodies, and possible treatment, cannot be recommended at this time. As of this date, only one adequately designed intervention trial has demonstrated a decrease in the miscarriage rate in thyroid antibody-positive euthyroid women. The USPSTF recommendation level is C». In caso di presenza o di comparsa di ipofunzione ghiandolare, valgono ovviamente le stesse raccomandazioni riportate nel paragrafo relativo all’ipotiroidismo in gravidanza. La prevalenza della cosiddetta TPP è molto variabile a seconda del tenore iodico della zona di nascita della gravida. Può presentarsi dall’1,1% dei casi (in alcuni Paesi asiatici) fino al 21% (gravide canadesi), con una media stimabile attorno al 10%, essendo anche influenzata da fattori genetici, dalla preesistente positività autoanticorpale antitiroide e dall’abitudine tabagica (Tab. 3) [32,33]. È particolarmente elevata nelle gravide con diabete di tipo 1, oltre un quarto delle quali può esserne interessata [34]. Clinicamente la TPP può manifestarsi con diverse fasi funzionali, distinte per epoca di comparsa e incidenza: l’ipertiroidismo, sia manifesto sia subclinico, possibile in circa un terzo delle TPP [35], compare tra il primo e il sesto mese (generalmente attorno al terzo); l’ipotiroidismo, possibile fino al 45% dei casi [36], si evidenzia fra il terzo e l’ottavo mese (generalmente attorno al sesto) ed è stato messo in relazione con la depressione postgravidica [37]. L’esistenza preconcepimento della positività autoanticorpale tiroidea, che secondo alcuni condiziona lo sviluppo di Tabella 3 Nosografia delle tiroiditi con sintesi dei dati epidemiologici e clinici relativi alla cosiddetta tiroidite post-partum Tiroiditi Tiroidite post-partum • Tiroiditi su base infettiva: tiroidite acuta suppurativa tiroidite subacuta • Tiroiditi autoimmuni: tiroidite cronica autoimmune (malattia di Hashimoto) malattia di Graves tiroidite post-partum, silente, linfocitica • Tiroiditi iatrogene • Frequente: si verifica nel 10% delle gravidanze • Colpisce il 50% delle donne con titolo positivo di anticorpi anti-perossidasi tiroidea che affrontano una gravidanza • Può avere differenti fasi funzionali a comparsa cronologicamente diversa • Ipertiroidismo intorno al terzo mese, ipotiroidismo intorno al sesto mese • Elevata probabilità di risoluzione spontanea • Elevata probabilità di recidiva (70%) in successive gravidanze • Associazione con quadri di depressione Tabella 4 Complicanze gravidiche correlabili alla presenza di per sé di positività della ricerca di autoimmunità tiroidea e loro riduzione con il trattamento tiroxinico Complicanze della gravidanza Ipertensione Preeclampsia Rottura di placenta Aborto Parto pretermine Gruppo A TPOAb+ LT4 (N = 57) (%) Gruppo B TPOAb+ (N = 58) (%) Gruppo C TPOAb– (N = 869) (%) 8,8 3,5 0,0 3,5 7,0 12,0 5,2 1,7 13,8 22,4 7,2 3,7 0,5 2,4 8,2 Legenda: TPOAb+ LT4 = pazienti con positività degli anticorpi anti-perossidasi tiroidea in trattamento con L-tiroxina; TPOAb+ = pazienti con positività degli anticorpi anti-perossidasi tiroidea; TPOAb– = pazienti senza positività degli anticorpi anti-perossidasi tiroidea. Fonte: Negro R, et al. J Clin Endocrinol Metab 2006;91(7):2587-91. 20 M. Grandi et al. TPP nel 90% circa delle gravide, è il principale predittore della possibile insorgenza della TPP, oltre al già citato diabete mellito di tipo 1 e a una precedente TPP. Quest’ultimo dato, tuttavia, può risentire sensibilmente dell’etnia e, quindi, della particolare genetica delle donne studiate [38]. Il trattamento della fase ipertiroidea non richiede l’uso dei tireostatici. Possono essere necessari i β-bloccanti, propranololo in primis, quando i sintomi dell’attivazione adrenergica, correlati all’immissione in circolo di elevate quote di ormoni tiroidei, siano evidenti e soggettivamente rilevanti. Di solito questa terapia non ha durata superiore a 2 mesi, periodo normalmente sufficiente per il ripristino dell’eutiroidismo. Se e con quale posologia di tiroxina trattare la fase ipotiroidea è una decisione che dipende dalla gravità dell’ipofunzione: in assenza di sintomi, il trattamento non deve essere prescritto per valori di TSH inferiori a 8-10 µU/mL. Per valori superiori o se coesistono evidenti sintomi ipofunzionali, la tiroxina deve essere somministrata. In più del 50-60% dei casi il trattamento è necessario per un periodo limitato, di norma mai superiore all’anno. Ne consegue che, nelle pazienti per le quali si è deciso a favore dell’opoterapia, è indicato interromperla dopo 9-12 mesi, con rivalutazione di TSH e FT4 dopo 30-60 giorni dalla sospensione, al fine di stabilire se vi sia o no la necessità di proseguirla [39,40]. Patologia nodulare e cancro della tiroide in gravidanza È noto che la gravidanza può determinare la comparsa, in oltre il 15% delle gravide, o l’accrescimento di preesistenti noduli della tiroide [41,42]. La diagnostica e il management della patologia nodulare tiroidea non sono dissimili, ovviamente, da quelli utilizzati nelle donne non gravide e si basano sostanzialmente sui dati ecografici e sul risultato della citologia ricavata dall’agoaspirato con ago sottile (FNA). Dall’esame dei dati della letteratura si può affermare che l’incidenza delle neoplasie tiroidee in gravidanza non differisce, o è solo non significativamente più elevata, di quella riscontrata nella popolazione generale [43-45]. Tuttavia, due elementi depongono per una maggiore “aggressività” sul piano diagnostico: da un lato, la “naturale” paura che tale patologia possa rappresentare un pericolo per la gravidanza; dall’altro, l’oggettiva necessità di organizzare bene il work-up di tale situazione relativamente ai tempi della chirurgia e dell’eventuale siderazione radiometabolica, in vista di un futuro allattamento. Qualora la patologia neoplastica sia diagnosticata in gravidanza, il timing della chirurgia sarà diverso a seconda del momento della diagnosi: se effettuata nel primo o secondo trimestre, la tiroidectomia sarà da programmare nel terzo trimestre, quando i rischi anestesiologici per il feto sono ridotti; a parto espletato se, invece, le procedure diagnostiche sono avvenute nel terzo trimestre [46,47]. In questo caso vi è indicazione per un trattamento TSH-soppressivo fino alla realizzazione dell’atto chirurgico [43]. La presenza di neoplasia tiroidea non costituisce, tuttavia, un elemento negativo per gli outcome materni e fetali (Tab. 5) né per la sopravvivenza della gravida (Fig. 2) [48]. Per le donne precedentemente trattate per una neoplasia tiroidea, la gravidanza non costituisce un particolare problema: non vi è segnalazione di un aumento della rate di recidive, devono proseguire l’usuale iter di controllo (tireoglobulina ed ecografia del collo) e la terapia TSH soppressiva deve essere continuata [47]. Conclusioni Tutto quanto sopra ricordato ci consente di trarre le conclusioni operative riportate qui di seguito. • L’adeguata valutazione della funzione tiroidea, per le donne che stanno programmando una gravidanza o si trovano nelle prime fasi della medesima, è indicata nelle condizioni specificate in Tab. 6. Tabella 5 Nessuna differenza negli outcome materni e fetali in gravide con e senza neoplasia tiroidea Con neoplasia tiroidea (129) Senza neoplasia tiroidea (4.846.010) Madre N. (%) N. (%) Ipertensione complicante la gravidanza Emorragia preparto Parto prematuro Parto cesareo Emorragia post-partum 4 1 10 36 2 3,0 0,8 8,0 28,0 2,0 121.221 83.648 263.742 1.046.170 113.058 3,0 2,0 5,0 22,0 2,0 10 1 1 0 8,0 0,8 0,8 0,0 279.879 17.785 23.699 10.622 6,0 0,4 0,5 Odds ratio (IC al 95%) 1,1 0,4 1,5 1,3 0,7 p (0,4-3,1) (0,1-2,9) (0,8-2,9) (0,9-1,9) (0,2-2,7) 0,785 0,346 0,221 0,216 0,553 1,4 (0,7-2,7) 2,3 (0,3-16,8) 1,6 (0,2-11,7) 0,289 0,389 0,617 Feto/neonato Basso peso alla nascita Mortalità neonatale Mortalità fetale Mortalità infantile Legenda: IC = intervallo di confidenza. Fonte: Yasmeen S, et al. Int J Gynaecol Obstet 2005;91(1):15-20. Distribuzione della sopravvivenza Tiroide e gravidanza 21 1,00 Tabella 6 Indicazioni per la valutazione funzionale tiroidea all’inizio o in previsione di una gravidanza 0,99 Donne con • • • • • • • • 0,98 0,97 0,96 0,95 0 1.000 2.000 3.000 4.000 Giorni dalla data della diagnosi Fonte: Yasmeen S, et al. Int J Gynaecol Obstet 2005;91(1):15-20. Precedenti tireopatie Familiarità per tireopatie Positività autoanticorpale antitiroidea Sintomatologia evocativa di disfunzione tiroidea Diabete mellito di tipo 1 Patologie autoimmuni Pregresse irradiazioni del collo Pregressi aborti 5.000 Gravida Non gravida Figura 2 Nessuna differenza di mortalità nelle gravide con neoplasia tiroidea rispetto a pari età non gravide • Il trattamento dell’ipotiroidismo “lieve” o subclinico in gravidanza, diversamente dall’usuale, è tassativo per qualsiasi valore di TSH > 5 µUI/mL. • Di norma, la posologia dell’opoterapia tiroidea in gravidanza richiede un aumento del 30-50% rispetto a quella abituale. Il target di TSH ottimale non deve essere > 2,5 µUI/mL. • I controlli di TSH e FT4 devono essere programmati in funzione della visita ginecologica d’apertura e dopo 16 e 28 settimane di gravidanza. • L’ipertiroidismo “lieve” o subclinico non richiede, di norma, alcun trattamento. • Il tireostatico da preferire per la terapia dell’ipertiroidismo gravidico è il PTU, ma può essere utilizzato anche il MMI. Il β-bloccante deve essere somministrato per un breve periodo. • Durante l’allattamento è bene somministrare il tireostatico al termine della poppata, per ridurre ulteriormente il già limitato passaggio del farmaco nel latte materno. • La presenza di positività autoanticorpale antitiroidea può indurre outcome gravidici negativi. Nonostante la documentazione di effetti benefici del trattamento tiroxinico, le più recenti linee guida non lo consigliano. • La TPP è di solito transitoria e, quindi, richiede un attento monitoraggio, specie in quelle puerpere che abbiano iniziato il trattamento tiroxinico. • La scoperta di una neoplasia tiroidea in gravidanza non si riflette negativamente sulla medesima né comporta un’aumentata mortalità rispetto al periodo non gravidico. • Ove necessario, l’intervento chirurgico deve essere posticipato al terzo trimestre; nel frattempo, deve essere iniziata una terapia TSH-soppressiva. Bibliografia [1] Seely EW, Ecker J. Medical complications in pregnancy: thyroid disease. ACP Medicine Online. © 2002 WebMD Inc. [2] Glinoer D, de Nayer P, Bourdoux P, et al. Regulation of maternal thyroid during pregnancy. J Clin Endocrinol Metab 1990;71(2):276-87. [3] Yoshimura M, Hershman JM. Thyrotropic action of human chorionic gonadotropin. Thyroid 1995;5(5):425-34. [4] Burrow GN. 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