TIROIDE E SALUTE RIPRODUTTIVA La salute riproduttiva è governata, fra le altre cose, da una schiera di ormoni sia nell’uomo sia nella donna. In caso di infertilità vengono sempre dosati i “classici” ormoni sessuali come gli androgeni o gli estrogeni, ma a volte si trascura il ruolo giocato dagli ormoni tiroidei. Una disfunzione tiroidea può ridurre la fertilità sia maschile che femminile, e addirittura compromettere il buon esito di una gravidanza già iniziata, visto che gli ormoni tiroidei sono regolatori importanti dello sviluppo fetale. NELLA DONNA una ridotta funzione tiroidea non diagnosticata (“ipotiroidismo”) ha pericolose ripercussioni anche sulla salute del nascituro, alterando la maturazione del sistema nervoso fetale con deficit neurologici permanenti. La diagnosi è relativamente semplice se l’ipotiroidismo è conclamato, cioè in presenza di TSH elevato e di frazioni libere tiroidee (FT3 e FT4) ridotte; a questo si aggiunge un quadro clinico evidente caratterizzato da aumento di peso, astenia, sintomi depressivi, ecc. Più insidioso è il quadro del cosiddetto ipotiroidismo “subclinico” in cui solo il TSH è alterato, mentre FT3 e FT4 sono nella norma. In tale caso i sintomi sono molto sfumati, e possono passare inosservati. Dati recenti affermano che anche l’ipotiroidismo subclinico non riconosciuto provoca un aumento di aborti spontanei e di parti prematuri. Meno noto è che l’ipotiroidismo in tutte le sue forme provoca una riduzione della fertilità, cioè della probabilità di concepire un figlio dopo rapporti sessuali non protetti. Alcune linee guida hanno così stabilito i livelli ottimali di TSH sia per il concepimento che per il proseguimento ottimale della gravidanza. I valori dell’ormone devono essere inferiori a 2,5 microU/ml per aumentare la chance di concepimento e durante il primo trimestre di gravidanza, e inferiori a 3 microU/ml dal II trimestre in poi. Si noti come i valori di “normalità” sopra esposti siano più stringenti di quelli consigliati per la popolazione generale. Il TSH andrebbe controllato in tutte le donne infertili, e in tutte le gravide almeno nel II trimestre di gravidanza. In caso di ipotiroidismo di qualunque genere andrà iniziata una terapia sostitutiva con L-tiroxina. L’iperfunzione tiroidea (“ipertiroidismo”) è anch’essa associata a un maggior rischio di parto prematuro e preeclampsia, ma generalmente è riconosciuta più facilmente per la presenza di sintomi caratteristici che difficilmente passano inosservati (dimagrimento, tremori fini delle mani, tachicardia, ecc.). In questo caso la terapia si basa sull’uso di farmaci tireostatici. Più insidioso sul piano della fertilità è il riscontro di elevate concentrazioni di autoanticorpi antitiroidei (ATPO) in donne con funzionalità tiroidea peraltro normale. Un aumento degli ATPO si ritrova in donne infertili in percentuali vicine al 30%. Non è ancora chiaro con quale meccanismo questi anticorpi provochino una riduzione della fertilità. Un’ipotesi è che gli anticorpi siano la spia di una micro-alterazione della concentrazione di ormoni tiroidei in circolo, non rilevabile con i comuni metodi di laboratorio. Secondo un’altra ipotesi gli ATPO sarebbero rivelatori di una predisposizione all’autoimmunità (quella, per capirci, alla base di malattie come l’artrite reumatoide, la cirrosi biliare primitiva ecc.) sfavorevole al concepimento e alla prosecuzione della gravidanza. NELL’UOMO sia l’ipo- che l’ipertiroidismo provocano un peggioramento della qualità dello sperma (rilevabile di solito come astenospermia o ridotto volume dell’eiaculato). I sintomi generali sono gli stessi sopra descritti per la donna. La buona notizia è che queste alterazioni sono rapidamente reversibili una volta iniziata la terapia specifica tradizionale (L-tiroxina o tireostatici secondo i casi). Riassumendo: in caso di infertilità sia maschile che femminile, o in caso di abortività ripetuta, è buona norma controllare la funzione tiroidea, visto che può essere facilmente ripristinata…purché ci si pensi! Dott. Maurizio Sudano