Le nuove armi per affrontare la battaglia

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Corriere del Mezzogiorno Lunedì 14 Aprile 2014
NA
L’allarme I dati sono particolarmente preoccupanti nelle province di Napoli e di Caserta. Diagnosi precoce per difendersi
Tumore colon-retto Il nemico
Raffaele Addeo
Raffaele Addeo si è
laureato in Medicina e
Chirurgia alla Seconda
Università di Napoli
con lode nel 1993 e ha
conseguito la
specializzazione alla
stessa Università con
lode in Oncologia nel
1998, il titolo di
Dottore di Ricerca in Oncologia ed Ematologia
Pediatrica nel 2001. Addeo è dirigente
medico nella Divisione di Oncologia
dell'Ospedale di Frattamaggiore dal 2001. E'
libero docente di Oncologia alla Sun e ha
partecipato come sperimentatore principale a
diversi studi nazionali ed internazionali, è
revisore per prestigiose riviste internazionali
di oncologia come Annals of Oncology,
European Journal of Cancer. È autore di oltre
100 pubblicazioni su riviste internazionali,
numerosi capitoli di libri. È inoltre socio Asco,
Aacr, componente del Working Group
Nnazionale Aiom "Sito ed informatizzazione in
oncologia". La sua attività clinica è
attualmente focalizzata nel trattamento
medico di patologie neoplastiche quali il
carcinoma del colon, il carcinoma della
mammella, tumori cerebrali primitivi e
secondari, l'epatocarcinoma.
Michele Caraglia
Michele Caraglia,
laureato in Medicina e
Chirurgia alla Federico II
con lode nel 1990, ha
conseguito la
specializzazione alla
stessa università con
lode in Oncologia nel
1994 e il titolo di
dottore di ricerca in
Biochimica cellulare nel 2001. Caraglia è stato
dirigente medico, prima nella divisione di
Oncologia dell’Ospedale di Frattamaggiore, poi
presso la Uioc di Farmacologia sperimentale del
Pascale. Dal 2008 ha ricoperto i ruoli di
ricercatore e poi di professore associato in
Biochimica nella facoltà di Medicina e Chirurgia
della Seconda Università di Napoli. È inoltre
segretario e tesoriere dell’Associazione italiana
colture cellulari (Aicc) e Adjunct associate
professor presso la Sbarro Institute for Cancer
Research and Molecular Medicine, Center of
Biotecnology Temple University Philadelphia. È
revisore per 35 riviste internazionali, membro
di editorial board di 25 riviste internazionali e
autore di circa 280 pubblicazioni su riviste
internazionali, numerosi capitoli di libri e
brevetti. La sua attività di ricerca è attualmente
focalizzata nel campo dei farmaci a bersaglio
specifici contro il cancro e delle nanotecnologie.
È il carcinoma più diffuso in Italia
In Campania la mortalità è più elevata
di RAFFAELE ADDEO
e SALVATORE DEL PRETE
I
l carcinoma del colon-retto è in assoluto il tumore a
maggiore insorgenza nella
popolazione italiana. Il rischio di avere una diagnosi di
tumore del colon retto nel corso della vita (fra 0 e 74 anni) è
del 50 per cento fra i maschi (1
caso ogni 20 uomini) e di 31,3
per cento fra le donne (1 caso
ogni 32 donne), mentre il rischio di morire è del 17,3 per
cento per i maschi e 10 per cento fra le donne. E purtroppo in
Campania si muore di cancro
molto di più che in altre regioni d’Italia: soprattutto a Napoli
e Caserta, le due province dove
si è registrato l’incremento più
alto dei tumori negli ultimi 20
anni. Non sono più sospetti o
timori, adesso ci sono dati ufficiali. Il confronto viene realizzato attraverso il tasso standardizzato che è il rapporto tra tumori e popolazione. Dall’analisi emerge che negli anni
1988-1990 il tasso di mortalità
in Italia per tutti i tumori nei
maschi era di 316.1, nelle donne 210.9. In quel periodo si attestava a Napoli e provincia a
235.1 e 136.2; per Caserta e provincia 225.7 e 116.7.
Per capire la variazione rispetto al dato nazionale, basti
considerare il periodo
2003-2008. I tasso in Italia è di
328 per gli uomini, 231.5 per le
donne, mentre in provincia di
Napoli si raggiunge 345.9 negli
uomini e 191.1 nelle donne, a
Caserta e provincia 289.8 e
154.9, rispettivamente. Il tumore del colon-retto, in provincia
di Napoli (negli uomini) ha un
tasso del 17.1 nel triennio che
va dal 1988 al 1990 e del 31.3
nel periodo che va dal 2003 al
2008; mentre per le donne è
del 16.3 e 23.3 negli stessi anni
di riferimento; a Caserta i tassi
sono del 19.3 e 30.9 per i maschi e del 16.4 e 23.8 per le donne. Questo significa che si contano 1.200 morti l’anno per il
solo tumore del colon-retto tra
Napoli e Caserta. A livello provinciale sono stati osservati
dei livelli di mortalità che vanno in direzioni opposte in province contigue.
Una spiegazione a tale osservazione è riconducibile a una
diversa distribuzione dei fattori di rischio legati ad abitudini
di vita individuali, ai diversi livelli di urbanizzazione e industrializzazione delle varie province del Sud, ma soprattutto
al disastro ambientale che hanno subito queste province.
L’assenza di un efficace piano provinciale per lo smaltimento dei rifiuti solidi urbani,
lo sversamento nelle discariche di rifiuti tossici industriali,
ha per anni violentato questi
territori compromettendo probabilmente anche l’integrità
delle falde acquifere Nel 2007
il tumore al colon-retto in Campania, reputato tumore «sentinella» per tastare il polso all'incremento del tasso di incidenza tumori correlati all’inquinamento ambientale, ha raggiunto quota 3.500 casi annui (10
nuovi casi al giorno).
Per tale motivo oggi è sempre più stringente e sentito il
bisogno di una prevenzione
primaria che si basa sulla correzione dei fattori di rischio eliminabili. Seguire una dieta bilanciata ricca di verdure e frutta fresca, limitata nella carne,
povera di grassi, sale e conservanti contenenti nitrati rimane
un’esigenza primaria unita a
esercizio fisico costante. Il consumo eccessivo di carni rosse,
patatine fritte, cereali raffinati,
dolciumi e alcolici sembra dunque avere un impatto negativo
sulla probabilità di sviluppare
una recidiva di tumore. Al contrario, la dieta mediterranea,
basata su un consumo prevalente di verdura e frutta, carni
bianche e grassi insaturi, ha
una dimostrata efficacia preventiva sia nei confronti del rischio di sviluppare una recidiva di tumore localizzata all’intestino
La prevenzione di maggior
impatto è però quella secondaria che passa attraverso la rimozione delle lesioni precancerose (polipi) che possono precedere di anni lo sviluppo del tumore. La diagnosi precoce, ovvero l’identificazione di queste
lesioni, o almeno la diagnosi
precoce di cancro guaribile,
possono avvenire in pazienti
asintomatici (screening) attraverso diverse modalità.
In Italia sono attivi programmi regionali di screening di popolazione che si basano sulla ricerca di sangue occulto nelle feci, ogni due anni, nei soggetti
di età superiore a 50 anni. Attenzione particolare allo screening per il cancro colorettale
dovrebbero avere i soggetti
che hanno familiarità (parenti
di primo grado) per questo tipo di tumore. Le linee-guida internazionali vigenti raccomandano che queste persone anticipino a 40 anni l’esecuzione della prima colonscopia.
Approcci farmacologici e chirurgici L’intervento di asportazione del tumore rimane il trattamento di elezione
Salvatore Del Prete
Salvatore Del Prete
si è laureato in
Medicina e Chirurgia
nel 1977 presso
la prima facoltà
di Medicina e
Chirurgia
dell’Università
degli studi di Napoli e
ha successivamente
conseguito le specializzazioni in
Gastroenterologia e in Endoscopia digestiva,
nel 1982, e in Oncologia, nel 2000.
Del Prete è direttore della divisione di
Oncologia dell’ospedale di Frattamaggiore,
della Asl Napoli 2 Nord, dal 2005 e ha
partecipato come sperimentatore principale
a diversi studi nazionali e internazionali.
Del Prete è autore di numerose pubblicazioni
su riviste internazionali e nazionali. È anche
socio dell’Aiom (Associazione italiana di
oncologia medica), membro del consiglio
nazionale del Goim.
Del Prete ha inoltre organizzato numerosi
congressi nazionali e internazionali di
Oncologia.
La sua attività di clinica è attualmente
focalizzata nel trattamento medico di
patologie neoplastiche quali il carcinoma del
colon, il carcinoma della mammella,
l'epatocarcinoma.
Le nuove armi per affrontare la battaglia
La scelta della terapia più efficace dipende dall’analisi genetica del paziente
di MICHELE CARAGLIA
e SALVATORE DEL PRETE
L
e recenti scoperte scientifiche hanno evidenziato un’eterogeneità genetica alla base del tumore al colon-retto, che può determinare una progressione e una risposta alle
terapie diversa da un paziente all’altro. L'asportazione della massa tumorale rimane, comunque, il trattamento di elezione e dipende dalla
gravità della condizione. In caso di piccoli tumori al colon, in fase molto precoce si ricorre
alla colonscopia operativa o alla laparoscopia;
la colectomia (rimozione di una parte del colon) è riservata ai malati di cancro al colon in
stadio avanzato. Nel caso di polipi di grandi dimensioni situati nella parte terminale del retto
e-o di piccoli tumori in stadio iniziale e non
asportabili con la tecnica endoscopica, può essere effettuata anche l’asportazione transanale
con tecnica endoscopica microchirurgica
(Tem) che consente la rimozione di queste neoformazioni con un elevato indice di sicurezza.
L’ultima frontiera della chirurgia mini-invasiva
è rappresentata dall’uso della tecnologia robotica, già utilizzata in varie discipline, la cui applicazione risulta promettente per il trattamento
dei tumori del retto. In molti casi di tumore in
stadio avanzato, si possono eseguire dei cicli di
chemioterapia (terapia neoadiuvante) prima
dell’intervento chirurgico volti a ridurre le dimensioni del tumore in modo da semplificarne
l’asportazione chirurgica.
Quando malattia non è più localizzata al solo
colon ma sono presenti lesioni secondarie in altri organi, la principale arma terapeutica è rappresentata dalla chemioterapia.
Il farmaco di base per il carcinoma del colon-retto è il fluoruracile somministrato per
via endovenosa. Il fluoruracile è discretamente
tollerato con una buona percentuale di pazienti
che non accusano disturbi di rilievo dopo la
somministrazione. Analoghi del fluoruracile
somministrati per via orale sono: Capecitabina
e Tegafur-Uracile. L’Irinotecano e l'Oxaliplatino
hanno dimostrato di poter aumentare l’efficacia della chemioterapia in combinazione con
fluoruracile o con l’analogo orale.
La complessità del tumore del colon-retto richiede un approccio multidisciplinare e si avvale di tutti i trattamenti oggi a disposizione, affiancando a chemioterapia, radioterapia e chirurgia anche farmaci sperimentali di nuova generazione che vanno ad agire contro bersagli
specifici presenti nel tumore. Il bevacizumab è
un anticorpo monoclonale umanizzato che si le-
ga al fattore di crescita dell’endotelio vascolare
Vegf. Il Vegf stimola la crescita di nuovi vasi
sanguigni (angiogenesi). Il bevacizumab legandosi a Vegf inibisce l’angiogenesi e la crescita
del tumore. Altri anticorpi monoclonali diretti
contro il recettore del fattore di crescita epidermico (Egfr), come il cetuximab e il panitumumab, si sono dimostrati efficaci nel trattamento di tumori con mutazione di Egfr e sono oggi
adottati nel trattamento della maggior parte
dei casi di tumore del colon-retto.
La presenza di mutazioni nel gene Kras induce una resistenza alla terapia con anticorpi monoclonali: in questa sottopopolazione di pazienti regorafenib, un inibitore multi-chinasico, ha
dimostrato la sua efficacia. Il farmaco ha dimostrato di essere efficace anche in tumori metastatici del colon-retto con gene Kras non mutato ed è una valida opzione terapeutica per i più
rari tumori gastrointestinali stromali che non
rispondono alle terapie standard.
In conclusione, la scelta dei farmaci che possono risultare più efficaci in un paziente dipende dall’analisi genetica. Le nuove opzioni terapeutiche aprono nuove possibilità per il controllo e la cura di questa patologia attraverso
l’implementazione della ricerca oncologica sia
di base che clinica.
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