Il nazismo in Germania
La situazione della Germania
dopo la Prima Guerra Mondiale
era disastrosa: i danni e le
distruzioni del conflitto, le perdita
dell’Alsazia e della Lorena tornate
alla Francia, i risarcimenti
economici per i paesi vincitori,
l’aumento della disoccupazione,
la svalutazione della moneta
tedesca e l’inflazione galoppante.
Nel 1919 la Germania era diventata una repubblica
federale, la Repubblica di Weimar dal nome della città
tedesca dove si riunì l’assemblea costituente. Nacquero
però gruppi di estrema sinistra e di destra che misero in
difficoltà la giovane democrazia tedesca: il secondo
gruppo in particolare criticava il Trattato di Versailles,
aveva l’appoggio degli imprenditori e della borghesia
spaventati dalle idee socialiste, e teorizzavano uno stato
forte. Così nacque il Partito Nazionalsocialista, o nazista.
Tra il 1925 e il 1929 la Germania superò le principali
difficoltà economiche ma il paese tornò in crisi con la
Grande Depressione del 1929. Gli Stati Uniti limitarono gli
aiuti alla paese, dove aumentò la disoccupazione e
l’incertezza politica. Questo favorì l’ascensa del Partito
nazista che voleva ristabilire stabilità e ordine; alle
elezioni del 1930 il nazionalsocialisti divennero il secondo
partito più votato dietro ai socialdemocratici.
Capo dei nazisti era Adolf Hitler che
criticava
l’incapacità
della
Repubblica di Weimar, l’umiliazione
dei trattati di pace e i principi di
democrazia e di uguaglianza.
Credeva che un solo uomo, dotato
di capacità di comando poteva
usare la forza per farsi obbedire.
Nel 1924 scrisse il libro Mein Kampf
(La mia battaglia) all’interno del
quale c’era il suo progetto: la
creazione di un impero dominato
da una razza dominatrice.
Hitler sosteneva la persecuzione contro gli ebrei, accusati
di essere responsabili dei peggiori mali, come la
gravissima crisi economica tedesca. La persecuzione
interessò anche altre minoranze etniche che
contaminavano la purezza della razza ariana, quella
tedesca considerata superiore. Inoltre Hitler teorizzava lo
spazio vitale, il diritto per i tedeschi di creare uno stato
abitato solo da popolazioni di lingua tedesca,
espandendosi verso l’Est.
Alle elezioni del 1933 i nazisti vinsero le elezioni e Hitler
venne nominato cancelliere formando un governo di
coalizione; ma subito dopo sciolse il parlamento per
nuove elezioni. Durante la campagna elettorale ci furono
forti tensioni e i partiti democratici subivano violenze
dalle squadre armate naziste e dalla stessa polizia; inoltre
il Reichstag, sede del parlamento, fu incendiato e la colpa
fu data ai comunisti quando fu opera nei nazisti per
aumentare la tensione. Alla fine fu una vittoria per Hitler.
Hitler si fece assegnare pieni poteri
dal parlamento e iniziò a imporre la
sua dittatura personale basata su
un unico partito; tutti gli altri
furono sciolti, aboliti i sindacati e la
libertà di stampa. Nel 1934 Hitler
divenne anche Capo dello Stato e
ricevette il giuramento di fedeltà
dall’esercito: nacque così il Terzo
Reich. Grazie alla SS, l’esercito
personale di Hitler, e alla Gestapo,
la polizia segreta, il nazismo istaurò
un regime di terrore con la
deportazione nei lager dei dissidenti
politici e i portatori di handicap
Nel 1935 furono varate di Leggi di Norimberga, che
privarono gli ebrei della cittadinanza tedesca, con
limitazioni e proibizione; inoltre avevano l’obbligo di
riconoscimento con l’applicazione di una stella di Davide.
Nel 1938 ci furono atti di violenza contro gli ebrei
tedeschi: l’obiettivo di Hitler era la soluzione finale, lo
sterminio. I nazisti operarono una massiccia opera di
propaganda, grazia al controllo dei giornali, della radio e
del cinema, attuata dal ministro Joseph Goebbels.
La scuola in Germania fu posta sotto un rigido controllo e
i giovani vennero inquadrati nell’Hitlerjugend, mentre
nelle biblioteche e nei musei venivano eliminate le opere
di autori ebrei. Molti intellettuali tedeschi ebrei
lasciarono la Germania: lo scienziato Albert Einstein, lo
scrittore Thomas Mann, il drammaturgo Bertolt Brecht, lo
psicologo Sigmund Freud.
La politica economica di Hitler
aveva come obiettivo la lotta alla
disoccupazione: diede impulso così
ai lavori pubblici in sintonia dei
gruppi finanziari e industriali. Fu
avviata una politica di riarmo,
iniziata clandestinamente nel 1934.
Fu raddoppiata la produzione
industriale
e
abbattuta
la
disoccupazione ma aumentato il
deficit. Fu applicata una rigida
disciplina ai lavoratori, ma il diffuso
benessere permise al regime di
avere un diffuso consenso tra la
popolazione.
Hitler voleva annullare il Trattato di Pace di Versailles e
aumentare le spese militari per una politica estera di
aggressione e di conquiste per impadronirsi delle
ricchezze naturali di nuovi paesi conquistati. Nel 1933
uscì dalla Società delle Nazioni e nel 1936 Hitler rioccupò
militarmente la Renania. Nel 1938 Hitler ottenne
l’annessione dell’Austria e della regione dei Sudeti, zona
ricca della Cecoslovacchia, dopo la conferenza di Monaco
con Francia, Inghilterra e Italia.