PRIMO PIANO A cura di Antonella Sasso * Ali per volare non per precipitare l suicidio è la forma più eclatante di aggressività verso se stessi, è un atto che comunica disperazione, incapacità di valutare obiettiva­ mente una o più situazioni, con­ vinzione profonda che nulla abbia più senso e che nulla possa più essere risolto. Il suicidio è un atto che annulla listinto di sopravvivenza intrinseco allessere umano: chi decide di farlo non pensa più ad altro, ha spesso uno stato di coscienza alterato e può pro­ grammare nei dettagli latto suicidario senza mai tradire il minimo indizio. Molti giovani suicidi non condividono con nessuno il loro malessere emotivo, perchè ritengono che quel malessere non sia una fe­ rita curabile. Essi avvertono sol­ tanto una profonda sensazione di sof­ ferenza, di vuoto, di pugliasalute solitudine, pensano che non ci siano alternative e che solo quel gesto potrà liberarli da tanto dolore: se solo questi giovani potessero in quel momento osservare con consapevolezza e presenza mentale tutto il percorso che li ha portati allidea suicidaria, molto raramente deciderebbero di proseguire! La frequenza del suicidio giovanile, purtroppo, è molto elevata: le stime mondiali parlano di un milione di morti per suicidio allanno, corrispondenti a 16 casi su 100.000 abitanti. Negli ultimi anni poi, lincidenza è aumentata del ben 60%, diventando la terza causa di morte per gli adolescenti ed i giovani adulti! I fattori di rischio vanno dal disturbo psichico (depressione, disturbi del comportamento), alluso di sostanze stupefacenti, al calo del profitto scolastico, ad un evento traumatico legato allessere stato vittima di abusi sessuali, abbandoni affettivi, violenze fisiche. Ma allora, se questo è un così grave problema, perché è tanto evitato dallopinione pubblica ed è affrontato solo in corrispondenza di eventi tragici, tanto - ventiquattro - ottobre 2008 tragici che non si può fare a meno di menzionare? Perché, soprattutto noi adulti, evitiamo facilmente e volutamente questo pro­ blema? Ipotizzando una risposta banale quanto consolatoria per la nostra povera co­ scienza, viene da pensare che limmagine con cui nor­ malmente si identifica la­ dolescenza è quella della spensieratezza, del diverti­ mento, dello slancio di vi­ vere, per dirla col Leopardi: Godi, fanciullo mio; stato soave, stagione lieta è co­ desta Eppure noi adulti sap­ piamo bene che non è così, sappiamo bene che, invece, questa è una fase che porta con sé spinte contrastanti, riguardanti la conoscenza del sé e lequilibrio esistenziale in genere, sappiamo bene quanto importante e quanto determinante sia la nostra opera e quanti benefici potrebbero essere i nostri corretti compor­ tamenti! Purtroppo ancora oggi, nella nostra così evoluta società, dove già parlare della morte è difficile, parlare del suicidio resta un Tabù! E come tutti i tabù cade vittima di generalizzazioni e giudizi che oggi più che mai ci allontanano dalla prevenzione del problema. LOrganizzazione Mondiale della Sanità il 10 Settembre, ha celebrato la giornata mondiale della prevenzione del suicidio ed in quella occasione ha invitato il mondo intero a sfatare alcuni miti riguardanti questo problema, purtroppo molto diffusi in tutte le culture del mondo; - non è vero che chi minaccia di uccidersi poi di solito non lo fa; - non è vero che parlare di suicidio può indurre una persona a farlo, anzi, una corretta informazione contribuisce ad alleviare le emozioni negative e può ridurre il senso di solitudine, creando una positiva alleanza. Come, dunque, noi adulti, oltre al riconoscimento dei fattori di rischio, come per esempio le frasi non sono importante per nessuno, vorrei addormentarmi e non svegliarmi mai più e tutta una miriade di altri segnali, possiamo prevenire i suddetti fattori di rischio? Sicuramente attraverso una corretta informazione da parte di medici, educatori, esperti, operatori sociali, ecc attraverso interventi di psicoeducazione mirati al riconosci­ mento ad alla gestione dei momenti di crisi, ma soprattutto attuando, con convinzione, lAscolto attivo! Qualunque sia il nostro ruolo nella società, ascoltiamo i nostri ragazzi, prestiamo loro attenzione, osserviamoli con scrupolo, amiamoli nel profondo così come sono, comprendiamo il loro disagio, dedichiamo loro più tempo. Il suicidio è un atto drammatico che per essere arginato richiede formazione professionale specifica, informazione, apertura, ma soprattutto richiede tanto amore e tanta voglia di donarsi. Non abbandoniamo i nostri ragazzi a se stessi, capiamo quanto è importante la nostra attenzione a questo problema, svestiamo i panni di adulti inquirenti, o impegnati .e forse qualcosa potrebbe cominciare a cambiare! * Dottore in Pedagogia, Operatore socio-psico-pedagogico, Counselor, Cromoterapeuta - Taranto pugliasalute - venticinque - ottobre 2008