Oltre la voce Riflessioni su linguaggio e afasia Tesina per il corso di Cibernetica II Marco Piersanti A.a. 2010-2011 It speaks, and yet says nothing. William Shakespeare, Romeo and Juliet Indice Indice 3 1 Precursori 4 2 Il linguaggio 2.1 I pionieri del linguaggio . 2.2 Il linguaggio è universale 2.3 “Language instinct” . . . 2.4 Una questione evolutiva . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 7 9 11 13 16 3 Senza parole 3.1 L’afasia di Broca . . . . . . . . . . . . . . . . . 3.2 L’afasia di Wernicke . . . . . . . . . . . . . . . 3.3 L’afasia di conduzione . . . . . . . . . . . . . . 3.4 Le afasie transcorticali . . . . . . . . . . . . . . 3.5 Altre aree cerebrali coinvolte nel linguaggio . . 3.6 L’emisfero destro e l’espressività del linguaggio . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 19 22 24 25 25 26 27 . . . . . . . . . . . . Riferimenti bibliografici . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 30 3 1 Precursori È stato un animale feroce, oggi è cattivo.1 Per centinaia di migliaia di anni si è nutrito di erbe, bacche e frutti, poi ha scoperto i vantaggi nutrizionali di una dieta a base di carne e ha cominciato a contendere ai piccoli carnivori le carogne avanzate dai grandi mammiferi vertebrati. Non ha denti robusti, né artigli. Ci vede. Ma non bene. Non possiede una visione notturna. Ci sente poco. Non ha un odorato sviluppato. Non ha neanche una muscolatura adatta alla caccia. Non ha capacità di corsa. Con l’urina lasciava segnali che nessun’altra specie animale prendeva sul serio. Viveva in piccoli gruppi. Soffriva e soffre il freddo e il caldo eccessivi. Ha bisogno di un ricovero notturno. Non conosciamo ancora le modalità evolutive di questo animale a ominide, ma possiamo arguire che si verificarono due trasformazioni importanti nella struttura della sua vita di gruppo. Da una parte, l’acquisizione del cibo diventò progressivamente un compito collettivo, dall’altra, questa acquisizione cominciò a essere differenziata sulla base del sesso. La prima affermazione è una conseguenza della condizione di inferiorità in cui si trovava l’individuo isolato che non aveva le capacità di performance dei predatori. 1 Il contenuto del presente capitolo è stato in gran parte estratto dal discorso di GianniEmilio Simonetti pronunciato alla commemorazione dell’anniversario della morte di Demetrio Stratos al Teatro della Tosse a Genova, nell’ottobre 2009, e contenuto nel libro Oltre la voce, ed. Feltrinelli. 4 Qui, va da sé, non si tratta solo di strategie per migliorare la predazione, perché la caccia collettiva comporta, per cominciare, un sistema di comunicazione gestuale e orale che sia in grado di coordinare l’azione. In sub ordine, il rispetto di una gerarchia e l’obbedienza a un leader, fatto che possiamo considerare naturale presso i primati. Infine, c’è da apprezzare il formarsi di una distinzione tra il bisogno e la sua soddisfazione. Vale a dire di un catalogo di tattiche di caccia in relazione alle scelte che si operano, ma tutte fondate essenzialmente sulla voce e il pollice contrapposto, che consente alla mano di diventare assassina. La differenziazione sessuale legata alla caccia è piú controversa. Certamente, sul piano funzionale, la disparità dei ruoli è piú recente e, per certi versi, è una perversione sociale attraverso la quale si strutturano il comando e le forme di potere. Discende essenzialmente dall’infanzia protratta del cucciolo degli ominidi che obbliga la madre ad accudirlo per tempi molto lunghi avendo, la postura eretta, ridotto il passaggio pelvico, obbligandola a un parto prematuro. Possiamo anche osservare che la caccia richiede, oltre all’attenzione, la vigilanza e la pazienza nel corso degli appostamenti. Soprattutto richiede, ed è una condizione essenziale, l’elaborazione di codici vocali che devono essere condivisi, pena la compromissione del risultato. Da qui discende anche un altro aspetto dell’evoluzione umana, l’organizzazione vocale degli scambi tra i gruppi perché il controllo del territorio, la savana, pericolosa quanto ricca di risorse, presupponeva delle azioni coordinate. Diciamo, in estrema sintesi, che un buon controllo del territorio presupponeva per questo ominide una comunicazione sistematica che solo la voce gli consentiva. La voce, e solo essa, ha consentito un salto di qualità nella connessione delle menti e ha aperto il lungo cammino verso lo sviluppo del linguaggio verbale. Il linguaggio, infatti, come frutto della voce, compare al termine di un processo evolutivo importante, l’abbassamento della laringe – che i nostri cugini scimpanzé e il resto della famiglia hanno ancora posizionato in alto nella gola – per dare spazio alla faringe. La faringe – questa cassa di risonanza che consente una produzione di suoni ampia e diversificata – appare già progredita in resti fossili risalenti a circa un milione e mezzo di anni fa nell’Homo erectus e risulta completata circa quattrocentomila anni fa con l’Homo sapiens arcaico. Un evento che si è rivelato come l’ultima specialità della specie umana superstite. Tutto parte dalla coscienza della voce. È questa coscienza che, per due milioni di anni, alcune specie umane – vincendo ostacoli anatomici importanti – hanno privilegiato fino a istituire, con essa, una comunicazione che ha superato restrizioni e lentezze degli apparati comunicativi ereditati dal primitivo stadio evolutivo. 5 Con la voce si è installato un congegno che concentra e distribuisce un ampio spettro di contenuti operativi. Congegno che all’inizio non poteva che essere una convenzione, un accordo condiviso dagli sviluppi allora imprevedibili. La coscienza della voce, poi, diede vita e si portò dietro anche alcuni nessi fondamentali per lo sviluppo della condizione umana. I nessi tra i contenuti mentali, privati e isolabili, e le peculiari materializzazioni del registro sonoro, che sono percepibili e pubbliche e che si generano, qui sta il miracolo dell’ominizzazione, attraverso l’esercizio coordinato di un organo del corpo umano. 6 2 Il linguaggio Un approccio neuroscientifico Probabilmente l’ultima frontiera della scienza, la sua sfida finale, consiste nella comprensione delle basi biologiche su cui si posano lo stato di coscienza ed i processi mentali attraverso cui percepiamo, agiamo, parliamo, apprendiamo e ricordiamo. Negli ultimi due decenni, è stato possibile raggiungere un considerevole grado di unificazione tra le ricerche sul comportamento, vale a dire gli studi sui processi mentali, e quelle che riguardano le neuroscienze, e cioè i meccanismi del funzionamento cerebrale. Il principio informatore di questo processo di unificazione è la consapevolezza che ogni comportamento rappresenta il risultato di una funzione cerebrale. Ciò che noi chiamiamo “mente” altro non è che una serie di operazioni eseguite dal cervello. È compito delle neuroscienze quello di spiegare il comportamento in termini di attività cerebrali; di spiegare cioè in che modo milioni di singole cellule nervose operino nel cervello per determinare la comparsa di comportamenti e in che modo queste cellule possano venire a loro volta influenzate dalle condizioni dell’ambiente che le circonda, ivi compreso il comportamento di altre persone. Un primo sforzo per riunire in una visione unitaria concetti biologici e psicologici nello studio del comportamento fu tentato verso la fine del diciottesimo secolo. Franz Joseph Gall, medico e neuroanatomico tedesco, avanzò infatti due idee radicalmente innovative. Anzitutto egli affermò che ogni comportamento emana dal cervello. Sostenne poi che singole regioni della corteccia cerebrale sono in grado di controllare funzioni specifiche. 7 Questi studi vennero in seguito perfezionati dal neurologo tedesco Karl Wernicke, dal fisiologo inglese Charles Sherrington e dal medico spagnolo Santiago Ramón y Cajal, che formularono una nuova ipotesi delle funzioni cerebrali detta connessionismo cellulare. Secondo questa teoria, i singoli neuroni sono le unità responsabili dei messaggi del sistema nervoso; essi si trovano in generale raggruppati in unità funzionali e sono connessi l’un l’altro in maniera precisa. Le ricerche di Wernicke, in particolare, dimostrarono che manifestazioni diverse del comportamento sono mediate da regioni cerebrali diverse, interconnesse da vie cerebrali specifiche. LOBO PA R E IETALE AL NT O FR O B LO ALE LOBO OCCIPITALE POR EM OT LOB Figura 1: I quattro lobi della corteccia cerebrale. Fonte: Wikipedia. Le operazioni cerebrali necessarie per esplicare le nostre capacità cognitive hanno luogo essenzialmente nella corteccia cerebrale, che è la sostanza grigia irregolarmente solcata che ricopre gli emisferi cerebrali. In ciascuno dei due emisferi cerebrali la sovrastante corteccia è suddivisa in quattro lobi anatomicamente distinti: frontale, parietale, temporale e occipitale (Figura 1), che presero originariamente il nome delle ossa del cranio che li racchiudono. Ciascuno di questi lobi possiede funzioni specializzate. Il lobo frontale è deputato, in gran parte, alla programmazione delle azioni e al controllo del movimento; il lobo parietale è connesso con le sensazioni somatiche; il lobo occipitale con la visione; il lobo temporale infine è in rapporto con l’udito e, tramite alcune sue strutture profonde come l’ippocampo e il nucleo dell’amigdala, con certi aspetti dell’apprendimento, della memoria e del comportamento emotivo. Ciascun lobo possiede una serie di circonvoluzioni e di caratteristici ripiegamenti profondi che costituiscono il meccanismo evolutivo di scelta che consente di racchiudere un gran numero di neuroni 8 in uno spazio ristretto. Le parti sporgenti di queste circonvoluzioni sono chiamate giri mentre gli avvallamenti che le separano sono detti scissure. L’organizzazione della corteccia cerebrale è caratterizzata da due importanti peculiarità. In primo luogo, ciascun emisfero è in rapporto con i processi sensitivi e motori della parte opposta o contralaterale del corpo. In secondo luogo, gli emisferi cerebrali, sebbene appaiano simili, non hanno tuttavia una struttura del tutto simmetrica né sono interamente equivalenti dal punto di vista funzionale. § 2.1 I pionieri del linguaggio – La maggior parte delle nostre conoscenze relative alla localizzazione delle strutture deputate al linguaggio deriva dallo studio delle afasie, o disturbi del linguaggio, che insorgono spesso in pazienti che hanno sofferto di un ictus cerebrale. Le scoperte piú importanti, nel campo delle afasie, hanno avuto luogo, in rapida successione, nell’ultima metà del diciannovesimo secolo. Nel 1861 il neurologo francese Pierre Paul Broca descrisse il caso di un paziente, un certo Leborgne, che era in grado di capire il senso del linguaggio ma aveva perso la capacità di parlare. Il paziente non presentava i classici deficit motori a carico della lingua, della bocca o delle corde vocali, che avrebbero potuto compromettere l’articolazione delle parole. L’esame autoptico del cervello di questo paziente mise in evidenza una lesione nella parte posteriore del lobo frontale (regione che porta oggi il nome di area di Broca). Broca poté osservare otto casi analoghi, ciascuno dei quali presentava una lesione in quest’area. In tutti i pazienti la lesione era presente nell’emisfero cerebrale sinistro. Questa scoperta condusse Broca a formulare, nel 1864, uno degli assiomi piú famosi relativi alle funzioni cerebrali: “Nous parlons avec l’émisphère gauche!” (“Noi parliamo con l’emisfero sinistro!”). Il passo successivo fu fatto da Karl Wernicke nel 1876. All’età di 26 anni, Wernicke pubblicò un lavoro, ora divenuto classico, intitolato: “La sindrome dell’afasia: studio psicologico su base anatomica”. In questo lavoro veniva descritto un nuovo tipo di afasia caratterizzato da disturbi della comprensione del linguaggio piú che dell’espressione verbale. Mentre i pazienti di Broca capivano il senso del discorso ma non riuscivano a parlare, il paziente osservato da Wernicke parlava ma non riusciva a capire il senso delle parole. Inoltre la localizzazione di questo nuovo tipo di afasia era diversa da quella descritta da Broca: la lesione cerebrale critica era localizzata nella parte posteriore del lobo temporale, là dove questo si unisce al lobo parietale e a quello occipitale. Wernicke propose che soltanto le funzioni mentali piú elementari, in rapporto con attività percettive e motrici semplici, fossero localizzate in aree corticali circoscritte, mentre le interconnessioni esistenti fra diverse aree specializzate rendevano possibile lo svolgimento delle funzioni intellettuali piú complesse. Wernicke postulò che l’espressione del linguaggio comporti l’intervento 9 that information processing requires many individual cortical areas that are appropriately interconnected—each of them responding to, and therefore coding for, only some aspects of specific sensory stimuli or motor movement, and not for others. Studies of aphasia afford unusual insight into how the brain is organized for language. One of the most impressive insights comes from a study of deaf people who lost their ability to speak American Sign Language after suffering cerebral damage. Unlike spoken language, American signing is accomplished with hand gestures rather than by sound and is perceived by visual rather than auditory pathways. Nonetheless, signing, which has the same structural complexities characteristic of spoken languages, is also localized to the left hemisphere. Thus, deaf people can become aphasic for sign language as a result of lesions in the left hemisphere. Lesions in the right hemisphere do not produce these defects. Moreover, damage to the left hemisphere can have quite specific consequences, affecting either sign comprehension (following damage in Wernicke's area) or grammar (following damage in Broca's area) or signing fluency. These observations illustrate three points. First, the cognitive processing for language occurs in the left hemisphere and is independent of pathways that process the sensory or motor modalities used in language. Second, speech and hearing are not necessary conditions for the emergence of language capabilities in the left hemisphere. Third, spoken language represents only one of a family of cognitive skills mediated by the left hemisphere. Figure 1-6 Specific regions of the cortex involved in the recognition of a spoken or written word can be identified with PET scanning. Each of the four images of the human brain shown here (from the left side of the cortex) actually represents the averaged brain activity of several normal subjects. (In Figura 2: L’esplorazione cerebrale mediante pet è in grado di mettere in evidenza le di- these PET images white represents the areas of highest activity, red and yellow quite high activity, and blue and gray the areas of minimal activity.) The “input” verse regioni corticali interessate al riconoscimento delle parole ascoltate o scritte. Ciascuna component of language (reading or hearing a word) activates the regions of the brain shown in A and B. The motor “output” component of language (speech or delle quattro immagini umano rappresentate thought) activates the regions shown in Cdel andcervello D. (Courtesy of Cathy Price.) in figura (veduta laterale dell’emisfero sinistro) rappresenta l’attività cerebrale media ottenuta da numerosi soggetti normali. (In queste immagini pet A. The reading of a single word produces a response both inthe primary visual cortex and in the visual association cortex (see Figure 1-5). il bianco rappresenta le aree che hanno l’attività massima, il rosso e il giallo quelle dove l’attività è molto e il blu e il grigio le set aree di minima attività). Le at componenti “ingresso” del linguaggio (la for irrelevant B. Hearing elevata a word activates an entirely different of areas in the temporal cortex and the junction ofdithe temporalparietal cortex. (To control differences,lettura the sameolist of words was used parola) in both theattivano reading and A and B showin that brain several discrete pathways l’ascolto di una le listening regionitests.) rappresentate A the e B. Leuses componenti motorie di for processing language and does not(il transform for processing theregioni auditory rappresentate pathway. “uscita” parlarevisual o il signals pensare) attivanoin le in C e D. (A) La lettura di una parola determina sia nella corteccia che nelle visive associative. C. Subjectsisolata were asked to repeat auna word risposta presented either through earphonesvisiva or on a primaria screen. Speaking a word cortecce activates the supplementary motor area of the (B)cortex. L’ascolto una parola attiva di aree completamente diverso nella corteccia temporale e a on Broca's medial frontal Broca'sdi area is activated whetherun thegruppo word is presented orally or visually. Thus both visual and auditory pathways converge area, the common for giunzione the motor articulation of speech. livello site della temporo-parietale della corteccia. A e B dimostrano che nell’analisi del linguaggio sistema nervoso centrale diverse vie distinte non trasforma segnali analizzarli D. Subjectsilwere asked to respond to the wordimpiega “brain” with an appropriate verb (foreexample, “to think”). iThis type of visivi thinkingper activates the frontal cortex as lungo via acustica. (C) areas Ai soggetti veniva chiesto di ripetere una parola sentita attraverso well as Broca's and la Wernicke's areas. These play a roleesaminati in all cognition and abstract representation. una cuffia o vista su uno schermo. La pronuncia di una parola attiva l’area motoria supplementare della corteccia frontale mediale. L’area di Broca si attiva sia che la parola sia presentata oralmente P.14 che visivamente. Perciò sia vie visive che uditive convergono sull’area di Broca che rappresenta il luogo comune dell’articolazione motoria del linguaggio. (D) Ai soggetti esaminati veniva chiesto di rispondere alla parola “cervello” con un verbo di significato corrispondente (per esempio “pensare”). Questo tipo di attività mentale attiva sia la corteccia frontale che le aree di Broca e Wernicke. Queste aree partecipano all’analisi di tutte le rappresentazioni cognitive ed astratte. [Kandel et al., 2000]. di due distinti programmi, uno sensitivo e uno motorio, sotto il controllo di aree cerebrali diverse. Egli formulò l’ipotesi che il programma motorio, che 10 coordina i movimenti della bocca necessari per l’emissione corretta delle parole, sia localizzato nell’area di Broca, che è particolarmente ben situata per questa funzione in quanto è posta immediatamente davanti all’area motoria che controlla la bocca, la lingua, il palato e le corde vocali. Il programma sensitivo, che controlla la percezione delle parole, veniva invece localizzato nell’area del lobo temporale da lui scoperta (e che ora è chiamata area di Wernicke). Anche quest’area è localizzata in modo opportuno, in quanto è circondata dalla corteccia uditiva e da altre aree corticali (dette cortecce associative) che integrano informazioni acustiche, visive e somatiche in percezioni complesse. L’area di Wernicke si attiva quando le parole vengono ascoltate, ma non quando le parole vengono viste (ma non ascoltate o pronunciate). L’informazione visiva, proveniente dalla corteccia occipitale, sembra venir trasferita direttamente all’area di Broca senza essere stata prima trasformata in rappresentazione acustica nella corteccia temporale posteriore. Perciò, non solo le parole lette ed ascoltate vengono analizzate mediante processi distinti, ma quando un soggetto riflette semplicemente sul significato di una parola (in assenza di stimoli sensoriali) viene attivata un’area ancora diversa, localizzata nella corteccia frontale sinistra (Figura 2). Perciò l’elaborazione del linguaggio avviene sia in serie che in parallelo e, come vedremo nel Capitolo 3, comporta meccanismi assai piú complessi di quanto Wernicke avesse pensato. § 2.2 Il linguaggio è universale – Il linguaggio è quello straordinario sistema che consente agli individui di comunicare una combinazione infinita di idee usando un flusso altamente strutturato di suoni. Una serie di intense ricerche scientifiche sviluppate da linguisti in questi ultimi quarant’anni ha dimostrato che tutti i linguaggi si basano su principi generali particolarmente simili e che il linguaggio si sviluppa spontaneamente in tutti i bambini normali a qualsiasi società essi appartengano. La parola linguaggio viene usata in molti sensi, e nell’intraprenderne una trattazione scientifica è utile distinguere, anzitutto, la facoltà di parlare come tale da altre capacità che vengono spesso confuse insieme. In primo luogo, si dice spesso che il linguaggio non si può separare dal pensiero, ma in effetti è assolutamente necessario tener distinte le due cose. Il pensare costituisce la capacità di avere idee e di inferire nuove idee dalle vecchie; il linguaggio è la capacità di codificare le idee in segnali per comunicarle a qualcun altro. La gente non pensa soltanto con parole e frasi del proprio linguaggio naturale; i bambini nei primi anni di vita, i soggetti afasici e i soggetti adulti normali pensano anche usando immagini visive, concetti e proposizioni astratte. In secondo luogo, il linguaggio deve essere distinto dalla lettura e dalla scrittura. Nella storia dell’uomo il linguaggio scritto è un’acquisizione recente e deve essere formalmente insegnato, peraltro con risultati incostanti. 11 Lo studio scientifico del linguaggio è descrittivo e non predittivo. Esso si occupa di come parla la gente e non di come dovrebbe parlare. Tutte le culture umane possiedono un linguaggio e dappertutto la gente lo usa in modo creativo per comunicare nuove idee. In che modo ciò accade? La struttura del linguaggio si basa su due componenti: le parole e la grammatica. Una parola è un’associazione arbitraria fra un suono ed un significato. All’età di 6 anni un bambino capisce all’incirca 13.000 parole e coloro che hanno superato un esame di maturità ne sanno usare almeno 60.000. Ciò sta ad indicare che i bambini stabiliscono un nesso tra un nuovo suono e un significato approssimativamente ogni 90 minuti di veglia. La grammatica è il sistema che specifica il modo con cui le singole unità del vocabolario possono venir combinate in parole, in frasi e in periodi, e in che modo è possibile capire il significato di una combinazione da quello delle singole unità che la compongono e dal modo in cui esse sono disposte. La grammatica comprende tre elementi principali: la morfologia, la sintassi e la fonologia. La morfologia si riferisce alle regole necessarie per combinare parole e suffissi in nuove parole, come nel caso di radio + grafia o di pelliccia + i. In molti linguaggi la morfologia è di estrema importanza per stabilire chi ha fatto cosa a chi. La sintassi è il complesso delle regole necessarie per combinare le parole in frasi e periodi e per determinare le relazioni che intercorrono fra le diverse parole. In prima approssimazione si può affermare che la sintassi obbedisce a tre principi. In primo luogo, sequenze di parole vengono raggruppate in frasi, che a loro volta vengono riunite in frasi piú lunghe e cosí via, in modo da formare una struttura ad albero delle frasi. In secondo luogo, il verbo determina il modo in cui i significati delle parole di una frase devono venir integrati in una proposizione unica. Il terzo principio della sintassi è che due frasi di un periodo sono talvolta legate e si riferiscono alla stessa entità del mondo esterno, processo detto anche anafora. Per esempio, nella frase Anna si è lavata, la parola Anna e la particella si vengono intese come riferite alla stessa persona. Il terzo sottosistema della grammatica, o fonologia, consiste in una serie di regole in grado di combinare i diversi suoni nella struttura stabile del linguaggio. Per esempio, noi possiamo supporre che la parola blicco possa essere una parola italiana, mentre ngagat non lo è. A differenza della sintassi e della morfologia, la fonologia non assegna alcun significato agli elementi che pone in combinazione. (Non vi è nulla nell’ordine delle lettere d, o, g che possa far presagire che il significato di dog [cane] sia diverso da quello di god [dio]). Le regole della fonologia, quindi, rappresentano solo un modo per costruire, da un piccolo numero di suoni articolati, un enorme gruppo di parole possibili, ciascuna delle quali possiede un significato arbitrario da memorizzare. La fonologia comprende anche la prosodia, cioè l’insieme delle intonazioni, delle sottolineature e delle pause con cui vengono pronunciate 12 le frasi e i periodi. La prosodia, in generale, permette di distinguere le domande dalle affermazioni, conferisce enfasi, indica sarcasmo ed esprime emozioni. L’uso della grammatica e del vocabolario non consentono, da soli, la formulazione o la comprensione di una frase. La grammatica e il vocabolario costituiscono semplicemente dei codici che stabiliscono relazioni tra segnali e significati di un determinato linguaggio. Per formulare una frase è necessario scegliere le parole e usare le regole della grammatica per codificare un’idea o un’intenzione (cioè, per inviare un messaggio) e poi generare una serie di comandi diretti al sistema motorio per l’emissione di suoni articolati. Per capire una frase è necessario coordinare le informazioni che entrano attraverso il sistema uditivo (o il sistema visivo nel linguaggio dei segni e nella scrittura) con le nozioni della grammatica e con le conoscenze lessicali e inviare informazioni circa la relativa interpretazione (del messaggio) ai sistemi che stanno alla base della memoria e del pensiero. L’uso del linguaggio, pertanto, richiede un flusso di informazioni complesse che interessano gran parte del cervello. § 2.3 “Language instinct” – Secondo Darwin, «l’uomo ha una tendenza istintiva a parlare, come vediamo nel balbettio dei nostri piccoli; mentre nessun bambino ha una tendenza istintiva a fare la birra, a cuocere il pane o a scrivere»2 . Nel primo anno di vita i bambini si esercitano con i suoni. Essi cominciano ad emettere suoni che assomigliano a parole verso i 5-7 mesi, balbettano mediante sillabe già ben formate verso i 7-8 mesi ed emettono un flusso di suoni articolati simile a delle vere frasi all’età di un anno (la cosiddetta fase di lallazione). Nei primi mesi di vita essi sono in grado di distinguere i suoni caratteristici del linguaggio, compresi alcuni suoni che non vengono usati nel linguaggio dei genitori e che i genitori stessi non sono normalmente in grado di distinguere (per esempio, i bebè cinesi sono in grado di distinguere la r dalla l ). All’età di 10 mesi la capacità di distinguere i diversi fonemi è all’incirca uguale a quella dei genitori. La sintonizzazione della percezione del linguaggio con quello che viene parlato nell’ambiente specifico che circonda l’infante precede l’emissione delle prime parole; essa deve pertanto basarsi su una serie di complicate analisi acustiche sviluppate dall’infante stesso piuttosto che sulla correlazione fra i suoni delle parole ed il loro significato. Le prime parole vengono pronunciate all’incirca in corrispondenza del primo compleanno del bambino e la velocità di apprendimento di nuove parole aumenta in modo improvviso attorno ai 18 mesi, che è anche l’età alla quale i bambini cominciano a collegare le parole in combinazioni. All’età di 2 anni i bambini parlano già con frasi di struttura complessa e sono abbastanza padroni del vocabolario grammaticale della propria lingua (articoli, preposizioni, ecc.). All’età di 3 anni, in generale, i bambini usano già i voca2 Charles Darwin, L’origine dell’uomo e la selezione sessuale, 1871, parte I, cap. 3. 13 boli e le forme grammaticali in modo corretto, usano la maggior parte delle costruzioni del linguaggio parlato in maniera adeguata e, per lo piú, conversano in maniera fluente ed espressiva. Anche se i bambini commettono ancora molti errori, questi riguardano solo una minoranza di parole e sono sempre gli stessi. In realtà, ciò non è che la conferma di ciò che potremmo già aver desunto dal fatto che i bambini sono spesso cosí eloquenti e creativi: i bambini non stanno semplicemente imitando i genitori, ma si impegnano in complicate analisi grammaticali del linguaggio che sentono parlare. Un’intrigante spiegazione della funzione della fase di lallazione ci viene offerta dallo scienziato italiano Valentino Braitenberg, il quale sostiene che essa rappresenti un prerequisito fondamentale per la futura abilità del bambino nel ripetere parole e quindi, per l’acquisizione del linguaggio. Seguendo [Braitenberg, 2001], analizziamo dal punto di vista neuronale un atto apparentemente semplice come la ripetizione di una parola. Il segnale acustico – la madre del bambino che pronuncia la parola latte – attiva un pattern spazio-temporale ben definito nella zona della corteccia cerebrale del bimbo dedicata all’udito. Per riprodurre questo suono, il bambino deve generare un altro pattern di attività neurale specifico in un’altra parte della corteccia, quella che comanda l’attività motoria dei muscoli coinvolti nella fonazione. Si noti che la corrispondenza tra i due pattern è estremamente complessa: il pattern corrispondente a una certa parola nell’area acustica della corteccia non ha niente in comune con quello che genera la contrazione dei muscoli della lingua, delle labbra, della laringe, del torace, ecc. necessari alla pronuncia della stessa parola, eccetto, approssimativamente, la sua durata. Come può un bambino configurare il proprio apparato muscolare nella maniera adeguata per produrre il suono della l, e successivamente modificare tale configurazione per pronunciare la a, la t e la e? La risposta semplice è che il bimbo lo impara associando il pattern acustico a quello motorio, creando quindi nuove connessioni tra gli insiemi di neuroni della corteccia coinvolti. L’associazione dei pattern motori nell’apparato fonatorio con i corrispondenti pattern acustici avviene nella prima, irreversibile, fase di acquisizione della corteccia, ed è ben definita prima che l’apprendimento della lingua madre abbia inizio. A questo punto sorge una difficoltà. Per poter associare il pattern motorio corrispondente alla parola latte al suo pattern acustico, entrambi i pattern di attività neurale devono essere contemporaneamente presenti nella corteccia. Ma come è possibile, se il bambino non ha mai pronunciato la parola latte finché non l’ha udita per la prima volta dalla madre? La soluzione di questo problema è proprio il ben noto fenomeno della lallazione. Verso la fine del primo anno di vita, il bambino emette spontaneamente sequenze di sillabe ripetute, spesso variando i suoni che compongono le sillabe stesse, altre volte alternando diverse sillabe nella stessa sequen14 za. In questo modo, lasciando i neuroni che controllano la fonazione liberi di sperimentare tutto il repertorio dei possibili pattern motori, la corteccia percepisce allo stesso tempo il suono che ciascun pattern produce, stabilendo una corrispondenza tra i pattern motori e acustici. Poiché tale associazione vale in entrambe le direzioni, il bambino è in grado di riprodurre i suoni che ascolta. Il linguaggio, come altre capacità cognitive non può essere considerato interamente innato o interamente appreso. È ovvio che l’apprendimento abbia un ruolo fondamentale: ogni bambino finirà con l’acquisire il linguaggio al quale verrà esposto. Analogamente, i cosiddetti “bambini selvaggi”, che sono stati abbandonati dai genitori e sono riusciti a sopravvivere nella foresta, o quelli che sono stati allevati in ambiente silente da genitori handicappati sono sempre muti. Ma l’apprendimento non può avere luogo senza che ci sia un meccanismo innato sul quale esso possa operare, e d’altra parte, gli animali delle altre specie, esposti agli stessi stimoli di un bambino, non imparano mai a parlare. Nel 1959 Chomsky propose l’ipotesi, allora considerata rivoluzionaria, che i bambini posseggano una serie di circuiti nervosi innati dedicati in maniera specifica all’acquisizione del linguaggio. A sostegno dell’ipotesi di Chomsky sono state addotte diverse prove. In primo luogo, esistono elementi fondamentali che possono essere desunti dalla distribuzione del linguaggio nelle diverse razze umane. Sia gli individui appartenenti a culture primitive che bambini di tre anni abbandonati o adulti appartenenti al nostro tipo di cultura, ma con un basso livello di istruzione, riescono a padroneggiare con disinvoltura strutture grammaticali complesse non appena acquisiscono un linguaggio. In realtà, se i bambini appartenenti ad un certo ambiente sociale non vengono esposti ad un linguaggio corrente, se ne creano uno di loro invenzione; è cosí che sono nati i linguaggi a segni dei non udenti. Inoltre, in diversi tipi di condizioni patologiche il linguaggio e l’intelligenza, generalmente intesa, possono essere completamente dissociati. I bambini affetti da una sindrome ereditaria detta alterazione specifica del linguaggio sono generalmente intelligenti, hanno un udito perfetto e possono stabilire interazioni sociali normali, ma presentano una persistente difficoltà nel parlare e nel comprendere cose che vengono loro esposte seguendo le regole grammaticali del loro stesso linguaggio. Al contrario, bambini con un certo grado di ritardo mentale sono in grado di esprimere le loro idee puerili ed incoerenti in maniera fluente e con una grammatica impeccabile. Questi bambini inoltre, riescono a ottenere valutazioni normali nei test di comprensione di frasi complesse. Riassumendo, i bambini acquisiscono il linguaggio facendo uso di capacità che sono piú specifiche di quelle dell’intelligenza generalmente intesa. Che cosa c’è allora di innato? Presumibilmente si tratta di qualche sistema neurale che analizza i segnali di comunicazione che provengono dalle 15 altre persone, non come sequenze arbitrarie di suoni o di comportamenti ma secondo la struttura del linguaggio. Seguendo questo schema il bambino impara un lessico composto da un accoppiamento bidirezionale ed arbitrario di suoni e significati e da diversi tipi di regole grammaticali. Una di queste regole riunisce gli elementi fonologici in parole; altre regole riuniscono le parole in frasi e periodi di dimensioni maggiori seguendo i principi della struttura delle frasi, le categorie e le subcategorie grammaticali, i casi e le concordanze, l’anafora, le dipendenze a distanza e i movimenti di trasformazione. Con ogni probabilità tutte queste capacità hanno preso origine da adattamenti del cervello umano nati nel corso dell’evoluzione. § 2.4 Una questione evolutiva – Si potrebbe pensare che, se il linguaggio si è evoluto gradualmente seguendo una selezione naturale di tipo darwiniano, esso debba aver avuto un precursore negli altri animali. Tuttavia, i sistemi naturali di comunicazione delle specie animali non umane sono nettamente diversi dal linguaggio dell’uomo. Esiste in primo luogo una differenza tecnica. In uno studio comparativo svolto su numerosi primati, Thomas Geissmann nel 1994 scoprí che essi emettono suoni sia in fase di inspirazione che di espirazione. Al contrario, il linguaggio umano si basa esclusivamente sull’azione espiratoria dei polmoni. Se qualcosa negli uomini è stato ereditato dalle vocalizzazioni dei nostri antenati subumani, sono i suoni che accompagnano il riso e il pianto, che sono effettivamente simili tra loro ed emessi in entrambe le fasi polmonari. Inoltre, la comunicazione animale si basa su uno di questi tre schemi: un numero finito di richiami (per esempio, un richiamo per gettare l’allarme per la presenza di un predatore o un avvertimento di supremazia su un certo territorio), un segnale analogico continuativo che registra l’entità di una certa condizione (per esempio, la danza delle api che segnala la distanza di una certa sorgente di cibo) o, ancora, sequenze di risposte replicate piú volte in successione casuale che servono come variazioni di un tema fisso (come il canto degli uccelli). Non vi è alcuna somiglianza con il sistema combinatorio, praticamente illimitato, di elementi distinti, ciascuno dei quali ha un senso compiuto, che si può osservare nel linguaggio umano. In situazioni artificiali è possibile allenare alcune specie animali ad imitare alcuni aspetti del linguaggio umano. In numerosi esperimenti, tanto famosi quanto controversi, è stato possibile insegnare a scimpanzé e gorilla ad usare segnali manuali tratti dal Linguaggio Americano dei Segni (mai però le sue regole grammaticali), a manipolare interruttori o segnali colorati e ad eseguire alcuni comandi semplici impartiti a voce. Ai pappagalli e ai delfini è anche possibile insegnare ad emettere altri tipi di segnali. Queste ricerche sono state di grande utilità in quanto ci hanno insegnato molto sulle categorie cognitive di diverse specie non umane, ma l’importanza di questi comportamenti animali in rapporto al linguaggio umano è assai discutibile. Il problema scientifico, e il solo problema che abbia importanza per sa16 pere se questi sistemi appresi artificialmente possano servire come modelli animali del linguaggio, è se queste capacità sono omologhe al linguaggio umano, cioè se i due sistemi cognitivi hanno la stessa organizzazione di fondo in quanto sono derivati da un unico sistema presente in un antenato comune. Sebbene i sistemi artificiali di segnalazione che possono venir insegnati agli animali abbiano qualche analogia con il linguaggio dell’uomo, sembra assai improbabile che essi possano esserne omologhi. Per acquisire qualche capacità rudimentale gli scimpanzé necessitano di allenamenti prolungati, svolti secondo protocolli escogitati da un’altra specie (l’uomo); le capacità acquisite si limitano per lo piú all’esecuzione di un certo numero di segni disposti in sequenze ripetitive che vengono usate per chiedere cibo o per risvegliare simpatia. La struttura di fondo del linguaggio umano, e in particolare la formazione delle parole, delle frasi e dei periodi secondo un unico disegno che sta alla base sia della loro emissione che della loro comprensione, non emerge affatto mentre i diversi animali interagiscono fra loro e, per quanto ne sappiamo finora, non può venir loro insegnata. Ciò è in netto contrasto con quello che osserviamo nei bambini che imparano spontaneamente migliaia di parole; le combinano in frasi nuove nelle quali ogni parola ricopre un ruolo; rispettano la corretta successione delle parole, i casi e le concordanze usati nel linguaggio dalle persone adulte; usano il linguaggio per una quantità di ragioni non meramente utilitarie, come esprimere un giudizio su cose interessanti, e interpretano in modo creativo la complessità delle regole grammaticali che apprendono. Tale mancanza di omologia non è tale, tuttavia, da mettere in dubbio la natura darwiniana e graduale dell’evoluzione del linguaggio. L’uomo non si è evoluto direttamente dagli scimpanzé. Entrambe le specie animali si sono evolute a partire da un antenato comune, probabilmente circa 6-8 milioni di anni fa. In questo lasso di tempo si sono succedute circa 300.000 generazioni nel corso delle quali il linguaggio ha potuto evolversi gradualmente nelle diverse specie che hanno condotto all’uomo, dopo la separazione dalle specie che hanno condotto allo scimpanzé. Con ogni probabilità il linguaggio si è evoluto nella progenie umana per via di due adattamenti correlati tra loro che hanno avuto luogo noi nostri progenitori. Anzitutto essi svilupparono una serie di tecnologie per meglio sfruttare le risorse dell’ambiente e, in secondo luogo, intrattenevano intense relazioni di cooperazione con gli altri individui della specie. Queste caratteristiche del tipo di vita degli ominidi dovettero essere preesistenti al linguaggio e potrebbero essere stati i fattori che gli hanno dato origine. Infatti, il linguaggio avrebbe avuto un effetto benefico sull’evoluzione degli ominidi in quanto avrebbe loro permesso di far partecipi gli altri uomini del proprio ceppo delle nuove conoscenze acquisite a duro prezzo e di scambiare informazioni con gli individui dei ceppi vicini. In ogni caso, le origini specifiche del linguaggio sono oscure. Nei crani dell’Homo abilis, che visse fra 2,5 e 2 milioni di anni fa, sono impresse leggere impronte della disposizione dei giri cerebrali e sono visibili ed hanno dimen17 sioni maggiori nell’emisfero sinistro alcune aree che nell’uomo moderno sono dedicate al linguaggio (l’area di Broca e i giri sopramarginale e angolare). Ovviamente, non possiamo essere certi che queste aree fossero adibite al linguaggio in quanto esistono aree omologhe anche nelle scimmie, anche se tali aree non svolgono alcuna funzione nei sistemi di comunicazione vocale di questi animali. L’Homo erectus, che partendo dall’Africa si espanse nella maggior parte del Vecchio Mondo fra 1,5 milioni e 500.000 anni fa, sapeva accendere il fuoco e usava un tipo stereotipato di ascia a mano. Non è difficile pensare che il linguaggio possa aver dato un grande impulso a queste scoperte. Si ritiene che il primo Homo Sapiens sia comparso circa 200.000 anni fa e che si sia mosso dall’Africa circa 100.000 anni fa. Il suo cranio è simile al nostro ed egli sapeva usare una serie di strumenti, molto ben costruiti e complessi, che sono alquanto diversi a seconda delle regioni dove sono stati rinvenuti. Quasi certamente l’Homo sapiens possedeva un linguaggio, dato che la sua anatomia fa pensare che fosse biologicamente molto simile all’uomo moderno e dato che tutti gli uomini moderni posseggono un linguaggio. 18 3 Senza parole Afasia e neuroscienze La mancanza di facoltà omologhe nelle altre specie animali ha impedito la costruzione di modelli animali del linguaggio; pertanto, le nostre conoscenze sulle basi nervose del linguaggio hanno dovuto basarsi su fonti diverse. La sorgente di gran lunga piú importante è stata lo studio delle alterazioni del linguaggio, note anche come afasie, determinate da lesioni cerebrali circoscritte, consecutive, per lo piú, a incidenti vascolari cerebrali o a traumi del capo. Le prime ricerche sulle afasie hanno aperto una strada che ha condotto a numerose importanti scoperte sulle basi nervose dell’elaborazione del linguaggio. In primo luogo, esse hanno messo in evidenza che nella maggioranza degli individui il linguaggio dipende in maniera critica dall’emisfero sinistro. In totale, circa il 96% degli uomini dipende dall’emisfero sinistro per quello che attiene l’elaborazione del linguaggio rispetto alla grammatica, al lessico, alla capacità di raggruppare fonemi diversi e all’emissione della parola. In secondo luogo, i primi studi sulle afasie misero in evidenza che le lesioni che interessano le due principali aree corticali connesse con il linguaggio, la prima localizzata nella regione frontale laterale e la seconda nel lobo temporale posteriore superiore, determinavano la comparsa delle afasie clinicamente piú diffuse e che tali afasie colpivano il linguaggio in modo del tutto diverso. Queste due aree corticali sono rispettivamente l’area di Broca e l’area di Wernicke (Figura 3(a)). Tali osservazioni permisero ai neurologi di mettere a punto un modello di linguaggio che è oggi noto come modello di Wernicke-Geschwind. La ver- 19 Figure 59-1 Language-related areas in the human brain. (a) A. A highly simplified view of the primary language areas of the brain are indicated in this (b) area (B) is adjacent to the region of the motor cortex (pre-central gyrus) that controls the Wernicke's area (W) lies in the posterior superior temporal lobe near the primary auditory Figura 3: are joined by a bidirectional pathway, the arcuate fasciculus (brown arrow). These regio Aree del cervello dell’uomo in rapporto con il linguaggio. (a) In questa veduta normal language processing. laterale della superficie esterna dell’emisfero cerebrale sinistro è illustrato uno schema altamente semModern(B) and è more elaboratealla viewregione of the language areas in a lateral view of the left hem plificato delle aree primarie del linguaggio. L’area diB.Broca adiacente della corteccia the implementation the mediational system, motrice (area precentrale) che controlla i movimenti systems: dell’espressione facciale, system, dell’articolazione delle pa- and the conceptual system made up of several regions located around the left sylvian fissure. It includes the classical role e della fonazione. L’area di Wernicke (W) è localizzata nel lobo temporale posteriore superiore adjoining supramarginal gyrus (Sm), angular gyrus (AG), auditory cortex (A), motor corte vicino all’area uditiva primaria (giro temporale superiore). Le aree di Broca e Wernicke sono interconcomponents of the implementation system, respectively Wernicke's area and Broca's area nesse da un fascio bidirezionale di fibre detto fascicolo arcuato (freccia). Queste regioni fanno parte di system surrounds the implementation system like a belt (blue areas). The regions identif una complessa rete di aree che danno tutte un contributo all’elaborazione normale del linguaggio. (b) inferotemporal cortex (It), and left prefrontal cortex (Pf). The left basal ganglia complex ( Ipotesi moderna e piú elaborata delle aree del linguaggio una veduta laterale dell’emisfero sinistro. system. in (Courtesy of H. Damasio.) Queste aree contengono tre sistemi funzionali dedicati al linguaggio: il sistema di implementazione, il sistema di mediazione e il sistema concettuale. Due di questi sistemi sono illustrati nella figura. Il sistema di implementazione è composto regioni attorno scissura dihabilis, Silviowhich di lived about 2.5 to 2 millio Figure 59-1 Language-related areas in the human brain. da numerose The specificlocalizzate origins of language arealla obscure. Homo served (B as home bases butchering of skills required to make the to sinistra. Esso comprende le aree classiche del linguaggio = area diorBroca; W stations. = areaThe di sharing Wernicke) A. A highly simplified view of the primary language areas of the brain are indicated in this lateral view of the exterior surface of the left hemisphere. Broca's haveangolare made it necessary H. habilis touditiva put simple language to use, though this is specula e il contiguo giro sopramarginale sinistro (Sm), il giro (AG), for la corteccia (A), la corarea (B) is adjacent to the region of the motor cortex (pre-central gyrus) that controls the movements of facial expression, articulation, and phonation. of their brains, and some of the areas involved indel language in modern humans (Broca's are teccia motrice (M) e la corteccia somatosensitiva (Ss). I componenti posteriori e anteriori sistema Wernicke's area (W) lies in the posterior superior temporal lobe near the primary auditory cortex (superior temporal gyrus). Wernicke's and Broca's areas larger in the left hemisphere. We cannot be sure, of course, that these areas were used fo dibidirectional implementazione, rappresentati rispettivamente dalle aree di Wernicke di Broca, sonoofconnessi are joined by a pathway, the arcuate fasciculus (brown arrow). These regions are part of ae complex network areas thattra all contribute to homologs play no role in the monkeys' vocal communication. Homo erectus, which spread loro dal fascicolo arcuato. Il sistema di mediazione circonda quello di implementazione a mo’ di cintura normal language processing. 500,000 years ago, controlled fire and used a stereotyped kind of stone hand ax. It is easy (aree in blu). Le regioni che sono state identificate finora sono tuttebelocalizzate nel polo temporale we cannot B. Modern and more elaborate view of the language areas in a lateral view ofthough the leftagain hemisphere. These sure. languages area contain three functional language sinistro (TP), nella corteccia inferotemporale sinistra (It) e nella corteccia prefrontale sinistra (Pf ). systems: the implementation system, the mediational system, and the conceptual system. Two of these are illustrated here. The implementation system is The first Homo sapiens,fa thought have appeared about 200,000 Il complesso dei nuclei della base di sinistra (non illustrato in figura) partetointegrale del sistema di years ago and to have m made up of several regions located around the left sylvian fissure. It includes the classical language areas (B = Broca's area; W = Wernicke's area) and the and much more elegant and complex tools showing considerable regional variation. They a implementazione [Kandel et al., 2000]. adjoining supramarginal gyrus (Sm), angular gyrus (AG), auditory cortex (A), motor cortex (M), and somatosensory cortex (Ss). The posterior and anterior they were biologically very similar to modern humans and that all modern humans have la components of the implementation system, respectively Wernicke's area and Broca's area, are interconnected by the arcuate fasciculus. The mediational years ago, which puts a late boundary on the emergence of language, because all modern system surrounds the implementation system like a belt (blue areas). The regions identified so far are located in the left temporal pole (TP), left inferotemporal cortex (It), and left prefrontal cortex (Pf). The left basal ganglia complex (not pictured) is an integral part of the language implementation system. (Courtesy of H. Damasio.) The Study of Aphasia LedIntoprimo the Discovery of Critical B sione iniziale di questo modello comprendeva i seguenti elementi. The lack of a homolog to language in other species precludes the attempt to model langua luogo, si ipotizzava che le aree cerebrali di Wernicke e di Broca svolgessero language must be pieced together from other sources. By far the most important source h The specific origins of language are obscure. Homo habilis, which lived about 2.5 to 2 million years ago, left behind caches of stone il compito, rispettivamente, di analizzare le immagini acustiche delle paroletools that may have are caused by focal brain lesions that result, most frequently, from stroke or head injury. served as home bases or butchering stations. The sharing of skills required to make the tools, and the social coordination required to share the caches, may e di articolarle foneticamente. In secondo luogo, siTheriteneva che il fascicolo have made it necessary for H. habilis to put simple language to use, though this speculation. of H. habilis gyral patterns Theisearly study of the skulls aphasias paved thebear wayfaint for aimprints numberof ofthe important discoveries on th arcuato fosse unainvia unidirezionale che trasportava le informazioni dall’area of their brains, and some of the areas involved language in modern humans (Broca's area and the supramarginal and angular gyri) are visible and are majority larger in the left hemisphere. We cannot be sure, of course, that these areas were used for language, since they have homologs even in monkeys, but the di Wernicke a quella di Broca. P.1175 homologs play no role in the monkeys' vocal communication. Homo erectus, which spread from Africa across much of the Old World from 1.5 million to Questo modello generale costituito laeasy base di un’utile classificazione 500,000 years ago, controlled fire and used a stereotyped kind ofha stone hand of ax.individuals It is to imagine some form of language such successes, language depends principally on leftcontributing hemispheretorather than on right hemisp though again we cannot be sure. cerebral dominance for language, and so do most left-handed individuals. All told, about 96 processing related to grammar, the lexicon, phonemic assembly, and phonetic production. The first Homo sapiens, thought to have appeared about 200,000 years ago and to have moved out of Africa 100,000 years ago, had skulls similar to ours visuomotor signs rather than auditory speech signs, depend primarily on the left hemisphe and much more elegant and complex tools showing considerable regional variation. They almost certainly had language, given that their anatomy suggests each of two cortical areas, one in the lateral frontal region, the other in the posterior super they were biologically very similar to modern humans and that all modern humans have language. The major human races probably diverged about 50,000 different profile of language impairment. The two cortical areas are Broca's area and Wern years ago, which puts a late boundary on the emergence of language, because all modern races have indistinguishable language abilities. 20 The Study of Aphasia Led to the Discovery of Critical Brain Areas Related to Language The lack of a homolog to language in other species precludes the attempt to model language in animals, and our understanding of the neural basis of language must be pieced together from other sources. By far the most important source has been the study of language disorders, known as aphasias, which are caused by focal brain lesions that result, most frequently, from stroke or head injury. Tipo di afasia Linguaggio Comprensione Capacità di ripe- Localizzazione delle letizione sioni Di Broca Non fluente, emesso con difficoltà In gran parte conservata per le singole parole e il significato di frasi semplici Alterata Corteccia frontale posteriore sinistra e strutture sottostanti Di Wernicke Fluente, eccessivo, ben articolato e melodico Alterata Alterata Cortecce temporali posteriore, superiore e mediale sinistre Di conduzione Fluente con qualche difetto di articolazione Inalterata o largamente preservata Alterata Giri temporale superiore e sopramarginale di sinistra Transcorticale motoria Non fluente, esplosivo Inalterata o largamente preservata Inalterata o largamente preservata Lesione delle zone anteriori o superiori all’area di Broca Transcorticale sensoriale Fluente, ma scarso Alterata Inalterata o largamente preservata Lesione delle zone posteriori o inferiori all’area di Wernicke Tabella 1: Diagnosi differenziale delle principali forme di afasia. delle afasie (Tabella 1) ed ha rappresentato lo schema di fondo dal quale sono partite tutte le successive ricerche sulle basi neurali del linguaggio. Tuttavia, in questi ultimi decenni nuovi studi sugli effetti delle lesioni e ricerche di neuropsicologia sperimentale hanno dimostrato che questo modello generale presenta notevoli limitazioni. In particolare, sono stati fatti molti progressi nella definizione delle aree importanti per l’esecuzione di compiti linguistici dopo l’avvento di nuove tecnologie, fra le quali la tomografia ad emissione di positroni (pet), la risonanza magnetica funzionale (fmri) e la registrazione diretta di potenziali elettrici dalla superficie cerebrale esposta di pazienti sottoposti ad interventi chirurgici per la terapia di forme intrattabili di epilessia. Dai risultati di queste ricerche è apparso chiaro che il ruolo delle aree di Wernicke e di Broca non è cosí netto come sembrava ad un primo esame. Analogamente, sappiamo oggi che il fascicolo arcuato è un sistema bidirezionale che mette in comunicazione estese parti delle cortecce sensitive con le cortecce prefrontale e premotoria. Infine, si è osservato che anche diverse altre regioni dell’emisfero cerebrale sinistro, sia corticali che sottocorticali, hanno un’importanza critica nell’elaborazione del linguaggio. Lo schema moderno che emerge da queste ricerche suggerisce che vi siano tre vasti sistemi che interagiscono strettamente nella percezione e nell’emissione del linguaggio. Uno di questi sistemi è formato dalle aree del linguaggio di Broca e Wernicke, da regioni circoscritte della corteccia dell’insula e dai nuclei della base. Prese nel loro insieme, tali regioni costituiscono il sistema 21 di implementazione del linguaggio. Il sistema di implementazione analizza i segnali uditivi afferenti in modo da attivare la loro conoscenza concettuale e provvede altresí alla costruzione dei fonemi, delle forme grammaticali nonché al controllo dell’articolazione delle parole. Il sistema di implementazione è circondato da un secondo sistema, il sistema di mediazione, composto da numerose regioni distinte localizzate nelle cortecce associative dei lobi temporale, parietale e frontale (Figura 3(b)). Le regioni del sistema di mediazione agiscono come una specie di “agente per conto terzi” fra il sistema di implementazione e un sistema concettuale, rappresentato da un gruppo di regioni distribuite nella parte restante delle cortecce associative d’ordine superiore, che sono di supporto alla conoscenza concettuale. § 3.1 L’afasia di Broca – L’afasia di Broca non costituisce un’unica entità clinica. La vera afasia cronica di Broca è una sindrome che consegue ad una lesione dell’area di Broca (giro frontale inferiore sinistro, che comprende le aree 44 e 45 di Brodmann), dei campi frontali circostanti (superficie esterna dell’area 6 e aree 8, 9, 10 e 46 di Brodmann), della sostanza bianca sottostante, dell’insula e dei nuclei della base (Figura 4). Il linguaggio del paziente è difficoltoso e lento, l’articolazione delle parole è alterata e le normali inflessioni del discorso mancano del tutto. Nonostante ciò, i pazienti riescono a comunicare verbalmente con un certo successo in quanto, anche se le parole che pronunciano si capiscono con difficoltà, la scelta delle parole, specialmente dei sostantivi, è spesso esatta. Un altro sintomo importante dell’afasia di Broca è l’incapacità di ripetere frasi complesse pronunciate dall’esaminatore. Figure 59-2 Broca aphasia. Left: A three-dimensional magnetic resonance imaging (MRI) reconstruction of a lesion (an infarction in the left frontal operculum, dark gray area) in a patient with Broca aphasia. Right: Coronal section of the same brain taken along the plane defined by the Figura 4: Afasia di Broca. A sinistra: Ricostruzione tridimensionale con la visualizzazione mediante blue slab. The brain is viewed from the front, with the left hemisphere on the right half of the image. The infarct is visible in black. risonanza magnetica (rmi) di una lesione (un infarto) dell’opercolo frontale sinistro (area in grigio scuro) in un paziente di afasia di Broca. A destra: Sezione coronale dello stesso cervello presa lungo il restricted to Broca's or to its subjacent white a condition now knownsinistro as Broca area aphasia, the patient develops a piano definitoWhen dal damage pianois di sezione in area blu.alone, Il cervello è visto dalmatter, davanti e l’emisfero occupa milder and transient aphasia rather than true Broca aphasia. la parte destra dell’immagine. L’infarto è evidenziato in nero [Kandel et al., 2000]. People With Broca Aphasia Have Trouble Understanding Grammatically Complex Sentences Broca aphasia was initially thought to be a deficit of production only, because most patients give the impression of understanding casual speech. Modern Recenti ricerche hanno dimostrato che i pazienti affetti psycholinguistic studies di havepsicolinguistica shown that people who have Broca aphasia comprehend sentences whose meaning can be pieced together from the individual meanings of content words and prior knowledge of how the world works. For example, these patients can understand The apple that the boy is eating is red. da afasia di Broca riescono a capire le frasi il cui significato si può desumere Boys eat apples, but apples do not eat boys; apples are red, but boys are not. But they cannot comprehend sentences in which meaning depends on complex grammar. They cannot understand The boy that the girl is chasing is tall. Aphasic patients can understand the first sentence, as well as much casual conversation in general, based on vocabulary and general knowledge, without exercising grammatical abilities. But they have difficulty with the second sentence because either boys or girls can be tall and either one can chase the other. 22 The only way to understand the second sentence is to recover its phrase structure, look up the lexical entry of chase to find the positions of the chaser and the person being chased, and link the gap after chasing to the boy. People with Broca aphasia are tripped up by this demand, showing that their aphasia is not just a disorder of speech output but embraces deficits in syntactic processing. Is Broca aphasia, then, a deficit of grammar, implying that Broca's area is the center for grammar? Not really. First, the speech of patients with Broca aphasia is not altogether devoid of grammatical structure. Their speech retains the phrase order of their particular language (eg, subject-verb-object in English, subject-object-verb in Turkish). Moreover, although grammatical suffixes such as -ed, -ing, and -s are often omitted in the speech of English-speaking aphasic patients, suffixes may be preserved in the speech of aphasic patients speaking other languages in which suffixes are obligatory to conform with the phonological structure of words. Second, people with Broca aphasia often can make surprisingly fine grammatical judgments, discriminating the grammatical and ungrammatical versions of sentences such as the following: dal contenuto delle singole parole e dalla conoscenza pregressa del mondo che ci circonda. Questi pazienti non riescono a capire, tuttavia, frasi il cui significato dipende da una regola grammaticale. Non capiscono, per esempio, una frase come: Il bambino che la bambina sta inseguendo è grande. I pazienti di afasia di Broca sono indotti in inganno da questa frase, il che dimostra che la loro afasia non è un semplice difetto di emissione del linguaggio ma comprende anche un deficit dell’analisi sintattica. È lecito quindi pensare che l’area di Broca sia il centro della grammatica? In realtà, no. Intanto i discorsi dei pazienti di afasia di Broca non sono del tutto privi di strutture grammaticali. I loro discorsi conservano l’ordine della frase caratteristica della loro lingua. In secondo luogo, le persone affette da afasia di Broca sono talvolta in grado di compiere analisi grammaticali sottili e di distinguere frasi grammaticalmente corrette da altre che non lo sono, come nelle frasi seguenti: John fu infine baciato da Luisa John fu infine baciato Luisa Perché una frase sia grammaticalmente corretta, sono necessari alcuni morfemi funzionali, che sono le componenti piú piccole di una parola che hanno un senso compiuto. La capacità dei pazienti di riconoscere che una frase necessita l’impiego di questi morfemi, insieme alla loro incapacità di analizzare i morfemi stessi per la comprensione di frasi complesse, è stata chiamata paradosso della “syntax-there-but-not-there”. Una soluzione possibile di questo problema risiede nel fatto che una delle principali difficoltà sintattiche cui vanno incontro i pazienti affetti da afasia di Broca è quella di legare insieme elementi localizzati in parti diverse della frase e che debbono venir riferiti alla stessa entità (anafora e riempimento di un vuoto sintattico). Non riescono cioè a stabilire che una frase è sgrammaticata se l’errore di grammatica proviene da un legame scorretto fra due elementi staccati di una frase. La capacità di legare insieme due elementi del discorso richiede che il primo dei due elementi possa essere mantenuto nella memoria operativa finché non si incontra il secondo elemento e i due elementi possano venir collegati. Ciò fa ritenere che l’area di Broca e le regioni ad essa associate prendano parte alla memoria verbale a breve termine necessaria per la comprensione della frase. Studi recenti di visualizzazione funzionale in vivo eseguiti con la tecnica della pet dimostrano che il livello di attivazione tende ad aumentare in certe zone circoscritte dell’area di Broca quando un soggetto cerca di capire una frase in mezzo alla quale esiste un grande vuoto sintattico. L’ipotesi che l’area di Broca abbia a che fare con la memoria operativa a breve termine è in buon accordo con altre osservazioni. Si ritiene che la memoria operativa possegga un circuito fonologico, rappresentato da un magazzino fugace di memoria relativa alle informazioni fonologiche, ed un 23 Wernicke “Ah, yes, it's, ah… several things. It's a girl… uncurl… “Well, I jus' lost a lot a time” on a boat. A dog…'S is another dog… uh-oh… long's… on a boat. The lady, it's a young lady. An' a man a They were eatin'. ‘S be place there. This… a tree! A boat. No, this is a… It's a house. Over in here… a cake. An' it's, it's a lot of water. Ah, all right. I think I mentioned about that boat. I noticed a boat being there. I did mention that before.… Several things down, processo di ripasso mediante il quale la memoria viene continuamente rinfrescata e dal quale vengono inviati, ma non eseguiti, comandi ai muscoli dell’apparato vocale. L’area di Broca potrebbe prender parte al circuito different things down… a bat… a cake… you have a…” di ripasso, il che appare in buon accordo con la ben documentata funzione (Elapsed time: 1 min 20 s) Conduction “Kay. I see a guy readin' a book. See a women / ka… “T: see if I can't talk straight, where I can have… not dell’area di Broca nell’articolazione delle parole. he… /pourin' drink or somethin'. An' they're sittin' havin'trouble to say words an' sentences.” under a tree. An' there's a… car behind that an' then there's a house behind th' car. An' on the other side, the guy's flyn' a / fait… fait /(kite). See a dog there an' a guy down on the bank. See a flag blowin' in the wind. Bunch of/hi… a…/trees in behind. An a sailboat on th' river, river… lake. 'N guess that's about all… ‘Basket there.” (Elapsed time: 1 min 5 s) (Grunt) (Gesturing) § 3.2 L’afasia di Wernicke – L’afasia di Wernicke, in generale, consegue a lesioni del settore posteriore della corteccia uditiva associativa sinistra (area 22 di Brodmann), anche se nelle forme piú gravi le lesioni interessano anche Global il giro temporale medio e la sostanza bianca sottostante (Figura 5). “/I/… no… In a fog.” “The baker was… What was that last word?” (“Let me repeat it: The pastry cook was elated.”)“The baker-er was/vaskerin/… uh…” (No response) Figure 59-3 Wernicke aphasia. Left:A three-dimensional magnetic resonance imaging (MRI) reconstruction of a lesion in a patient with Wernicke aphasia. The infarction affected a large area of temporal lobe cortex as well as underlying white matter. Large, deep lesions are typically seen in severe cases. Right: Afasia di Wernicke. A sinistra: Ricostruzione tridimensionale con la visualizzazione Coronal section of the same brain taken along the plane defined by the blue slab. The brain is viewed from the front, with the left hemisphere on the right mediante risonanza magnetica (rmi) della lesione di un paziente di afasia di Wernicke. L’infarto ha half of the image. The infarct is visible in black. interessato una vasta zona della corteccia del lobo temporale e della sottostante sostanza bianca. Le vaste lesioni profonde sono tipiche dei casi gravi. A destra: Sezione coronale dello stesso cervello presa lungo il piano definito The dalwoman piano di sezione in blu. Il cervello è visto dal davanti e l’emisfero sinistro is outside, isn't she? occupa la parte destra dell’immagine. L’infarto è evidenziato in nero [Kandel et al., 2000]. Figura 5: The woman is outside, isn't it? The girl fixed herself a sandwich. fixed themselves a sandwich. parlano senza sforzo, con inflessione e I pazientiThedigirlafasia di Wernicke velocità normali ed il loro modo di parlare è pertanto del tutto diverso da Linking two elements (filler to gap, or antecedent to pronoun) requires keeping the first element in one's working memory (Chapters 19 and 62) until the quellosecond dei ispazienti dall’afasia di suggests Broca. contenuto dei loro discorsi, encounteredaffetti and the two can be joined. This thatIl Broca's area and associated regions may participate in the verbal short-term memory required for sentence comprehension. Recent functional brain imaging studies using PET show that the level of activation in a subregion of Broca's area tuttavia, è spesso inintellegibile per via dei frequenti errori nella scelta delle increases when a subject has to understand a sentence in which there is a long gap in the middle compared with the level when the subject must understand parolesimilar e dei fonemi. Invertono spesso l’ordine dei singoli suoni e dei loro sentences with shorter gaps in the middle raggruppamenti e liareaaggiungono o li working sottraggono singole in modo The idea that Broca's is related to short-term memory fits alle with other findings.parole Working memory is thought to have a phonological loop consisting of a transient memory store for phonological information and a rehearsal process—a covert articulatory process in which commands are sent to the che lovocal schema corretto dei fonemi ne risulta totalmente sconvolto (questi tract muscles but not carried out—which repeatedly refreshes the memory. Broca's area may participate in the rehearsal component of the loop, that accords the well-documented role of Broca's Anche area in articulation. errori something vengono dettiwith parafasie fonemiche). nei casi in cui i singoli The structures usually damaged in true Broca aphasia and in Broca area aphasia mayi bepazienti part of a neural involved in both the assembly of phonemes suoni delle parole vengano formulati in modo corretto dinetwork afasia into words and the assembly of words into sentences. This network is thought to be concerned with relational aspects of language, which include the di Wernicke difficoltà nella scelta delle vocabulary parole and cheverbs. esprimano nella grammaticalprovano structure of sentences and the proper use of grammatical The other cortical components of the network are located in external areas of theilleft frontal cortex (Brodmann's areas 47, 46, and 9), dire the left (parafasia parietal cortex (areas 40, and 39), and sensorimotor areas above the maniera migliore significato di quanto vogliono semantica sylvian fissure between Broca's and Wernicke's areas (the lower sector of areas 3, 1, 2, and 4) and the insula. o verbale). Questi pazienti capiscono inoltre difficoltà i discorsi degli altri. AnWernicke Aphasia Results Fromcon Damage to Left Temporal Lobe Structures che seWernicke questo sintomo è ben previsto dal modello di Wernicke-Geschwind, aphasia is usually caused by damage to the posterior sector of the left auditory association cortex (Brodmann's area 22), although in severe and cases there non is involvement the middle temporal gyrus come and deep il white matter (Figure The speech of patients with Wernicke aphasia is l’area persisting di Wernicke vieneof piú considerata centro della59-3). compreneffortless, melodic, and produced at a normal rate and is thus quite unlike that of patients with true Broca aphasia. The content, however, is often sione unintelligible delle cose udite. Secondo la choice concezione recente l’area diunits Wernicke because of frequent errors in the of words andpiú phonemes, the individual sound that make up morphemes (Table 59-2). Patients with Wernicke aphasia often shift the order of individual sounds and sound clusters and add or subtract them to a word in a manner that distorts the intended phonemic plan. These errors are called phonemic paraphasias (paraphasia refers to any substitution of an erroneous phoneme or entire word for the intended, correct 24 P.1180 one). When phoneme shifts occur frequently and close together, words become unintelligible and constitute neologisms. Even when words are put together with the proper individual sounds, patients with Wernicke aphasia have great difficulty selecting words that accurately represent their intended meaning (known as a verbal or semantic paraphasia). For example, a patient may say headman for president. These patients also have difficulty comprehending sentences uttered by others. Although this deficit is suggested by the Wernicke-Geschwind model, viene considerata come un elaboratore di suoni in grado di associare suoni e concetti. Questa elaborazione si estende, oltre all’area di Wernicke vera e propria, a molte altre aree cerebrali che sono in relazione con la grammatica, l’attenzione, i rapporti di convivenza sociale ed i concetti che corrispondono ai significati che le singole parole assumono nelle frasi. § 3.3 L’afasia di conduzione – I pazienti affetti da afasia di conduzione sono in grado di capire frasi semplici e di parlare in modo intellegibile ma, analogamente ai pazienti di afasia di Broca e Wernicke, non sanno ripetere a voce le frasi che sentono, non riescono a riunire in modo efficace i diversi fonemi delle parole e non sono capaci di denominare agevolmente ciò che appare in un disegno o gli oggetti reali che vengono loro mostrati. La forma cronica dell’afasia di conduzione è determinata dalla lesione del giro temporale superiore e del lobo parietale inferiore (aree 39 e 40 di Brodmann). Tali lesioni danneggiano certamente le proiezioni a feed-back e a feed-forward che pongono in connessione le cortecce temporale, parietale, insulare e frontale. Queste vie di connessione sembrano appartenere a un sistema necessario per accomunare fonemi diversi in parole e per coordinare l’articolazione del discorso. § 3.4 Le afasie transcorticali – Il modello di Wernicke-Geschwind predice che le afasie possano insorgere non solo in seguito alla lesione di singoli componenti del sistema del linguaggio ma anche a quella di aree e vie che connettono quei componenti alla restante massa cerebrale. I pazienti di afasia motoria transcorticale parlano in maniera impacciata ma sono in grado di ripetere frasi anche molto lunghe. Secondo il modello di WernickeGeschwind, questa afasia viene determinata dalla perdita delle connessioni fra le aree del linguaggio e quelle che danno inizio e controllano il linguaggio spontaneo; la facoltà di ripetere è conservata in quanto le connessioni con l’area di Wernicke restano intatte. Questo tipo di afasia è stato messo in relazione con lesioni che interessano l’area frontale dorsolaterale, che costituisce un lembo di corteccia associativa situata anteriormente e superiormente all’area di Broca. Si ritiene che la corteccia frontale dorsolaterale abbia importanza per indirizzare l’attenzione e per il mantenimento di talune facoltà esecutive di carattere superiore, ivi compresa la migliore scelta delle parole. L’afasia transcorticale può anche insorgere in seguito a lesioni dell’area motoria supplementare sinistra, che è localizzata nella parte alta del lobo frontale. La stimolazione elettrica di quest’area, nel corso di operazioni chirurgiche su pazienti non afasici, determina la comparsa di vocalizzazioni involontarie o l’incapacità di parlare. Sembra perciò che l’area motrice supplementare possa contribuire all’inizio del discorso, mentre le regioni frontali dorsolaterali contribuiscono al suo continuo controllo, particolarmente quando il compito diviene difficile. 25 I pazienti di afasia transcorticale sensitiva parlano in modo fluente ma hanno una ridotta comprensione del significato del discorso e incontrano non poche difficoltà nel denominare gli oggetti. Quest’afasia differisce da quella di Wernicke allo stesso modo con cui l’afasia transcorticale motoria differisce da quella di Broca: la ripetizione delle parole è conservata. In effetti, i pazienti di afasia transcorticale sensitiva possono anche suggerire correzioni grammaticali di frasi che in realtà non capiscono e perfino ripetere parole straniere. Quest’afasia sembra perciò un deficit del ripasso semantico, mentre le capacità sintattiche e fonologiche appaiono relativamente conservate. L’afasia transcorticale sensitiva è, in generale, dovuta a lesioni circoscritte dell’area di giunzione fra i lobi temporale, parietale e occipitale, che connette le aree perisilviane del linguaggio con le regioni corticali che presiedono alla comprensione del significato delle parole. § 3.5 Altre aree cerebrali coinvolte nel linguaggio – I correlati anatomici delle forme classiche di afasia interessano soltanto una zona limitata di aree cerebrali in rapporto con il linguaggio. In questi ultimi dieci anni, tuttavia, le ricerche sulle afasie hanno messo in evidenza la presenza di numerose altre strutture corticali e sottocorticali correlate con il linguaggio e localizzate, per lo piú, nella regione temporale sinistra. Ricerche recenti hanno messo in luce che lesioni della corteccia temporale sinistra (aree 21, 20 e 38 di Brodmann) determinano una notevole alterazione del linguaggio, che consiste nell’incapacità di ricordare i nomi e che non si accompagna ad altre difficoltà grammaticali, fonemiche o fonetiche. Se le lesioni sono limitate al polo temporale sinistro (area 38 di Brodmann), il paziente prova difficoltà nel ricordare i nomi propri di determinati luoghi e persone, ma non nel ricordare quelli delle cose comuni. Quando le lesioni interessano invece il settore mediotemporale sinistro (aree 21 e 20), i pazienti hanno difficoltà a ricordare sia i nomi propri che quelli comuni. Infine, una lesione localizzata al settore inferotemporale posteriore sinistro determina un deficit nel ricordo dei nomi di particolari tipi di oggetti, di certi strumenti o utensili, ma non dei nomi delle cose naturali o di particolari entità. Il ricordo dei vocaboli relativi ad azioni o a relazioni spaziali non viene compromesso. Queste osservazioni fanno ritenere che nelle cortecce del lobo temporale sinistro abbiano sede sistemi neurali che consentono l’accesso alle parole che specificano diverse categorie di oggetti ma non a quelle che specificano le azioni relative a quegli oggetti o il rapporto fra un certo oggetto ed altre entità. Un’altra area non compresa nel modello classico delle afasie è una regione circoscritta dell’insula, che è un lembo di corteccia nascosto in profondità, all’interno degli emisferi cerebrali. Osservazioni recenti suggeriscono che quest’area abbia un ruolo importante nella pianificazione e nella coordinazione dei movimenti articolatori necessari per l’emissione delle parole. I 26 maze-learning task used by Lashley is unsuited to the study of local cortical function because the task involves so many of one sensory capability (such as vision), a rat can still learn to run a maze using another (by following tactile or olfacto mental functions are handled by more than one region or neuronal pathway, and a single lesion may not eliminate them In addition, the evidence for the localization of function soon became overwhelming. Beginning in the late 1930s, Edgar Philip Bard in the United States discovered that applying a tactile stimulus to different parts of a cat's body elicits electri subregions of the cortex, allowing for the establishment of a precise map of the body surface in specific areas of the cer These studies established that cytoarchitectonic areas of cortex can be defined unambiguously according to several inde layering, connections, and—most important—physiological function. As we shall see in later chapters, local functional sp principle of cortical organization, extending even to individual columns of cells within a functional area. Indeed, the brain regions than even Brodmann envisaged! Figure 1-5 In the early part of the twentieth century Korbinian Brodmann divided the human cerebral corte Figura 6: Nei primi decenni delstructures ventesimo Korbinian Brodmann suddivise la of distinctive nerve cell andsecolo characteristic arrangements of cell layers. Brodmann's scheme of the c corteccia cerebrale dell’uomo distinte in is base alla struttura delle a unique number. Seve continually updated. in In 52 this aree drawing each area represented by its owncaratteristica symbol and is assigned cellule nervosebeen e alla loro disposizione in strati. Lo schema della area corteccia Brodmann found to control specific brain functions. For instance, 4, thedi motor cortex, è is ancora responsible for voluntary movem ampiamente usato oggi somatosensory e viene continuamente aggiornato. Nel disegno in figura ogni primary cortex, which receives information on illustrato bodily sensation. Area 17 area is theèprimary visual cortex, wh indicata con un relays proprio simbolo edareas è contrassegnata da un numero Abbiamo le prove them to other for further deciphering. Areasparticolare. 41 and 42 comprise theoggi primary auditory cortex. Areas not vis che parecchie delle areeshown classificate Brodmann controllano funzioni cerebrali specifiche. Per esempio are not in this da drawing. l’area 4 è la corteccia motrice ed è responsabile del movimento volontario. Le aree 1, 2 e 3 formano la corteccia somatosensitiva primaria che riceve le informazioni relative alle sensazioni somatiche. L’area 17 è la cortecciaMore visiva primaria che riceve informazioni dagli occhi e lemore inviaabout alle cortecce visive refined methods have made it possible to learn even the function of superiori different brain regions involved in per ulteriori analisi. Leand areemore 41 erecently 42 sonoGeorge la sede della corteccia uditiva primaria. Le aree visibili Penfield, Ojemann used small electrodes to stimulate thenon cortex of awake patients during bra sulla superficie local esterna della corteccia non sono rappresentate in questa figura. [Kandel et al., 2000]. anesthesia), in search of areas that produce language. Patients were asked to name objects or use language in oth cortex were stimulated. If the area of the cortex was critical for language, application of the electrical stimulus blocked t this way Penfield and Ojemann were able to confirm—in the living conscious brain—the language areas of the cortex des pazientiaddition, portatori di una lesioneother di quest’area provano difficoltà a pronunciaOjemann discovered sites essential for language, indicating P.13 nel loro giusto ordine; questi soggetti emettono combinazioni di re i fonemi suoni abbastanza simili mafor non identici parole che delineated vogliono by pronunciare. that the neural networks language arealle larger than those Broca and Wernicke. I pazienti di queste forme non hanno difficoltà nella percezione dei suoni del Our understanding of the neural basis of language has also advanced through brain localization studies that combine lin linguaggio o nel ricordare le parole ma soltanto nella loro pronuncia. approaches. From these studies we have learned that a brain area dedicated to even a specific component of language, Anche la parte della corteccia frontale localizzata sulla superficie comprehension, is further subdivided functionally. These modular subdivisions mesiale of what had previously appeared to be fa dell’emisfero sinistro, e che comprende sia l’areaand motrice supplementare discovered in the mid 1970s by Alfonso Caramazza Edgar Zurif. They found thatche different lesions within Wernicke's comprehend. Lesions of the frontal-temporal region of Wernicke's area result in failures la regione anteriore del cingolo (area 24 di Brodmann), svolge un’importante in lexical processing, an inability contrast, lesions in the parietal-temporal region of Wernicke's area result in failures in syntactical processing, the ability funzione nell’inizio e nello sviluppo del discorso. Queste stesse aree hanno the words of a sentence. (Thus syntactical knowledge allows one to appreciate that the sentence “Jim is in love with Har anche un’importante funzione nell’attenzione e nelle emozioni e sono in gra“Harriet is in love with Jim.”) do, pertanto, di influenzare molte facoltà mentali superiori. La lesione di almost everything we knew about the anatomical organization of language came from studies of patients queste Until areerecently, non determina la comparsa di un’afasia vera e propria ma renemission tomography (PET) and functional magnetic resonance imaging (MRI) have extended this approach to normal p de difficile l’inizio del discorso (acinesia) e può determinare anche l’assenza imaging technique for visualizing the local changes in cerebral blood flow and metabolism that accompany mental activit completa della o mutismo. thinking. Inparola 1988, using this new imaging form, Michael Posner, Marcus Raichle, and their colleagues made an interestin § 3.6 L’emisfero destro e l’espressività del linguaggio – In quasi tutti i soggetti destrimani e in una leggera maggioranza dei soggetti mancini le 27 capacità linguistiche, la fonologia, il lessico e la grammatica sono localizzate nell’emisfero sinistro. Nei soggetti cui sia stato sezionato il corpo calloso, che è il principale fascio di connessione tra i due emisferi cerebrali, come mezzo terapeutico di forme gravi di epilessia si può osservare che in qualche caso l’emisfero destro possiede una rudimentale facoltà di capire o di leggere parole, ma le capacità sintattiche sono modeste e in molti casi l’emisfero destro si rivela privo del tutto di capacità lessicali o grammaticali. Nonostante ciò, l’emisfero cerebrale destro ricopre una sua funzione nel linguaggio. In particolare, esso riveste importanza negli aspetti di prosodia della comunicazione e delle emozioni (sottolineature, pause e intonazione del discorso). L’organizzazione anatomica degli elementi affettivi del linguaggio è l’immagine speculare di quella che riguarda l’organizzazione dei contenuti razionali del linguaggio, localizzati nell’emisfero sinistro. Una lesione dell’area temporale destra, omologa a quella di Wernicke dell’emisfero sinistro, determina disturbi della comprensione delle componenti emotive del linguaggio impedendo, per esempio, di valutare dall’intonazione del discorso se una persona sta parlando di argomenti tristi o allegri. Al contrario, una lesione dell’area frontale destra, omologa a quella di Broca, determina un’alterazione della capacità di espressione delle componenti emotive del linguaggio. L’integrità dell’emisfero destro è indispensabile per apprezzare certe sottigliezze del linguaggio come l’ironia, la metafora e l’umorismo. I soggetti adulti cui sia stata praticata l’ablazione totale dell’emisfero sinistro vanno incontro a una perdita completa del linguaggio con gravissime conseguenze. Al contrario, se tale operazione viene eseguita durante l’infanzia, i bambini imparano a parlare in maniera soddisfacente. Gli adulti non presentano questo tipo di plasticità funzionale, e vi sono prove che esiste un periodo critico dell’infanzia che è fondamentale per lo sviluppo del linguaggio. I bambini riescono ad imparare perfettamente parecchie lingue straniere, mentre la maggior parte delle persone adulte che imparano una nuova lingua continuano ad avere una cattiva pronuncia e a commettere errori di grammatica. Nonostante la notevole capacità dell’emisfero destro di assumersi la responsabilità del linguaggio nei giovani, esso sembra, in ogni caso, meno adatto a questo scopo dell’emisfero sinistro. Una ricerca condotta su un numero limitato di bambini che avevano subito l’ablazione di uno dei due emisferi cerebrali ha messo in evidenza che i bambini cui era rimasto soltanto l’emisfero destro presentavano una seria difficoltà del linguaggio (e di altri aspetti delle facoltà intellettive), rispetto ai bambini che avevano conservato il solo emisfero sinistro (che avevano, nel complesso, deficit molto minori). Analogamente ai pazienti di afasia di Broca, i bambini che possedevano soltanto l’emisfero destro erano in grado di capire la maggior parte delle frasi di una conversazione, ma avevano difficoltà a capire costruzioni sintattiche piú complesse, come, per esempio, le frasi rette da verbi passivi. I bambini che 28 avevano conservato il solo emisfero sinistro, al contrario, non presentavano difetti di comprensione anche per le frasi piú complesse. 29 Riferimenti bibliografici Braitenberg, V. (2001), «Thoughts on the neuronal hardware of language», Cognitive Processing, vol. 2 (3), p. 263–278. Kandel, E. R., Schwartz, J. H. e Jessel, T. M. (2000), Principles of Neural Science, McGraw Hill, New York, 4 ed. Sabah, G. (2001), «Language and human-machine communication», Cognitive Processing, vol. 2 (3), p. 279–308. Stemmer, B. e Whitaker, H. A., curatori (2008), Handbook of the Neuroscience of Language, Elsevier, Amsterdam. 30