Roberto Weitnauer 14 giugno 2005 (2 pagine) www.kalidoxa.com

Roberto Weitnauer
14 giugno 2005
(2 pagine)
www.kalidoxa.com
Diritti riservati
Il linguaggio matematico del cervello
Le facoltà matematiche dell’essere umano sono connesse a livello cerebrale con quelle
linguistiche, a loro volta dipendenti da specifici moduli della corteccia. Esistono però anche
delle aree dedicate agli specifici concetti numerici. È presumibile che i due comparti
lavorino congiuntamente in funzione delle esperienze maturate nell’ambiente
dall’individuo.
Non di rado gli scienziati di una generazione minano le conquiste di quella precedente.
Per la matematica è diverso. La bellezza di un teorema è eterna. La matematica affascina
persino chi non vi è portato, poiché riflette verità cristalline, un po’ come sosteneva
Platone. Viene spontaneo chiedersi a cosa dobbiamo questo formidabile senso interiore di
ordine e giustezza.
La risposta rimanda all’evoluzione della corteccia, la parte più esterna e recente del
cervello. Qui hanno luogo i processi responsabili della rappresentazione del mondo e del
ragionamento. La nostra specie si è mantenuta grazie a un elevato scambio informativo.
Da 200.000 anni a questa parte lo sviluppo dei lobi frontali ha comportato un riassetto
neurale, promuovendo la costruzione di circuiti complessi per il governo coerente della
comunicazione.
Su tale questione permangono molti lati neurofisiologici oscuri, ma ci è noto che la
corteccia risulta pianificata secondo aree funzionali e che anche il linguaggio presenta
schemi modulari. Sappiamo inoltre che l’immaginazione, l’astrazione e la logica sono tratti
distintivi della nostra specie parlante.
Nella seconda metà del XIX secolo, il neurologo francese Paul Broca e quello tedesco
Karl Wernicke scoprirono due aree corticali deputate alla comprensione e alla produzione
del linguaggio. Indicativa nelle ricerche fu la presenza di anomalie specifiche. Ad esempio,
Broca localizzò il suo modulo, riscontrando un danno preciso al lobo frontale sinistro di un
paziente defunto che aveva saputo pronunciare solo: “tan”.
I concetti universali del linguaggio naturale e la logica della sintassi inducono a ritenere
che il pensiero matematico non possa prescindere da quello verbale. I numeri sono
dopotutto parole e le equazioni frasi compresse. La matematica codificata nella cultura è
inoltre un fatto dell’ultimo minuto rispetto al ritmo evolutivo del cervello; appare sensato
supporre ch’essa derivi dall’astrazione implicata dall’avvento del linguaggio.
D’altronde, secondo vari studi la corteccia dispone di moduli numerici ad hoc. Le
tecniche di brain imaging mostrano che durante i calcoli con gli interi si accendono
porzioni definite del lobo parietale sinistro. L’argomentazione logica è invece appannaggio
del lobo frontale. Esistono persone con danni alle aree frontali che non parlano, ma non
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hanno difficoltà aritmetiche. Viceversa, soggetti con abilità numeriche compromesse
possono discutere fluentemente.
C’è dunque un salto neurale dalle elaborazioni delle quantità, che - non lo si direbbe anche bambini di qualche mese e taluni animali sanno in parte eseguire, alla matematica a
tutto tondo. I moduli numerici sostengono uno sviluppo cognitivo associato alla
maturazione delle aree logico-verbali. Contano qui gli stimoli dati da azioni e manipolazioni
di oggetti che poi sono trasformazioni coordinate nel tempo e nello spazio, ossia
operazioni, funzioni. Impariamo così a immaginare e fare modelli.
Più che uno studio precoce sui libri, l’intelligenza matematica richiede un’interazione col
mondo fisico. Un teorema è pur sempre una verità sul nostro universo circostante.
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