Programma nazionale per le linee guida DOCUMENTO D ’ INDIRIZZO DOCUMENTO 3 maggio 2002 ISTITUTO SUPERIORE DI SANITÀ L’uso del vaccino anti epatite A in Italia Sicurezza, efficacia, indicazioni d’impiego nei gruppi a rischio e in caso di epidemia Nota per gli utilizzatori I documenti di indirizzo del Programma nazionale linee guida (PNLG) contengono sintesi critiche delle prove di efficacia, sicurezza e impatto degli interventi sanitari. Lo scopo è di mettere in grado amministratori e operatori sanitari di compiere scelte appropriate su presidi preventivi, terapie farmacologiche, procedure diagnostiche, cliniche e organizzative. I documenti di indirizzo si differenziano dalle linee guida in quanto non contengono raccomandazioni graduate sulla forza delle prove, ma suggerimenti per l’attuazione di interventi che devono essere valutati nel contesto decisionale locale. Questi documenti vengono prodotti in alternativa alle linee guida nei casi in cui si verifichino una o più delle seguenti condizioni: • le prove disponibili sono scarse; • le prove disponibili sono di qualità variabile; • vi è notevole incertezza sui criteri applicativi degli interventi; • la realtà sanitaria analizzata presenta caratteristiche epidemiologiche, geografiche o socioeconomiche fortemente eterogenee. Progetto finanziato nell’ambito del programma «Percorsi diagnostico-terapeutici» dell’Istituto superiore di sanità. 3 PNLG L’uso del vaccino anti epatite A in Italia DOCUMENTO D ’ INDIRIZZO Data di pubblicazione: maggio 2002 Data di aggiornamento: maggio 2004 Redazione Chiara Cecchi, Zadig, Milano Progetto grafico Chiara Gatelli Impaginazione Giovanna Smiriglia Stampa Arti Grafiche Passoni srl, Milano PNLG – L’uso del vaccino anti epatite A in Italia Presentazione Questo documento nasce come aggiornamento di una conferenza di consenso sell’epatite A e sull’uso del vaccino tenuta all’Istituto superiore di sanità nel 1995. I quesiti a cui intende rispondere prendono spunto da dati epidemiologici nazionali e rapporti degli organi preposti al controllo dell’infezione, e riguardano i possibili gruppi a rischio, i focolai epidemici, l’uso della profilassi nella postesposizione. L’attuale versione si è arricchita di una revisione sistematica sull’efficacia e sicurezza del vaccino e di una analisi economica che configura diversi scenari nel contesto italiano. L’elaborazione del documento, secondo una metodologia ormai consolidata, ha visto la collaborazione di un gruppo di esperti e il coinvolgimento attivo di rappresentanti delle società scientifiche rappresentative dei temi affrontati. Esso è rivolto principalmente a clinici e operatori di sanità pubblica che si tovano nella condizione di dover decidere una strategia di intervento in caso di epidemia, oppure di suggerire l’uso del vaccino a persone che per motivi diversi potrebbero essere potenzialmente a rischio di contrarre l’infezione. Inoltre, una versione per i cittadini-utenti sarà a disposizione degli interessati sul sito Internet del PNLG. Presentazione 3 PNLG – L’uso del vaccino anti epatite A in Italia AUTORI Brunella Adamo, epidemiologa, ASL Napoli 1 Piero Luigi Almasio, epatologo, Università di Palermo Pietro Amoroso, infettivologo, AO Cotugno, Napoli Emanuela Carniglia, economista, ASL 20 Alessandria Rosalia Cirrincione, sociologa, Istituto superiore di sanità Rosa Cristina Coppola, igienista, Università di Cagliari Paolo D’Argenio, epidemiologo, Istituto superiore di sanità Vittorio Demicheli, epidemiologo, ASL 20 Alessandria Elisabetta Franco, igienista, Università di Roma «Tor Vergata» Stefania Fucci, economista, ASL 20 Alessandria Giovan Battista Gaeta, infettivologo, Università di Napoli Giovanni Gallo, igienista, Regione Veneto Cristina Giambi, igienista, Università di Roma «Tor Vergata» Rita Ialacci, igienista, Università di Roma «Tor Vergata» Alfonso Mele, epidemiologo, Istituto superiore di sanità Gloria Taliani, infettivologa, Università di Firenze Alessandro Zanetti, virologo, igienista, Università di Milano COMITATO DI REDAZIONE T.O. Jefferson, A. Mele, R. Cirrincione, E. Bianco, L. Sagliocca, V. Wenzel, Istituto superiore di sanità, Progetto «Percorsi diagnostico-terapeutici» REFEREE S. Corrao, epidemiologo, AO Civico e Benefratelli, Palermo C.M. Maffei, igienista, AO Umberto I, Ancona T. Stroffolini, epatologo, Istituto superiore di sanità COLLABORATORI/ESPERTI A. Tozzi, pediatra, epidemiologo, Istituto superiore di sanità M.G. Pompa, igienista, Ministero della salute M. Rapicetta, virologa, Istituto superiore di sanità G. Gentili, immunologo, Istituto superiore di sanità SOCIETA’ SCIENTIFICHE RAPPRESENTATE N. Caporaso, Società italiana di gastroenterologia e Ass. italiana per lo studio del fegato A. Moiraghi, Società italiana di igiene R. Piazzolla, Federazione italiana medicina pediatrica F. Piccinino, Società italiana di malattie infettive e tropicali A. Rossi, Società italiana di medicina generale F. Tancredi, Società italiana di pediatria 4 PNLG – L’uso del vaccino anti epatite A in Italia Indice Riassunto Introduzione Metodi Epidemiologia dell’infezione da virus dell’epatite A in Italia Efficacia e sicurezza del vaccino Modello economico-decisionale Possibili gruppi a rischio • Viaggiatori • Militari • Personale sanitario • Addetti allo smaltimento rifiuti • Alimentaristi • Personale asili nido • Soggetti istituzionalizzati con handicap mentali • Politrasfusi • Emofiliaci • Tossicodipendenti • Omosessuali • Detenuti • Soggetti HIV sieropositivi • Epatopatici cronici Interventi in corso di epidemia in base a 3 diversi scenari epidemiologici Profilassi postesposizione Indicatori di monitoraggio e verifica Notifica di casi di epatite A Avvertenza Glossario Appendice. Valutazione economica della vaccinazione anti epatite A Sintesi delle principali prove disponibili Bibliografie pag » » » » » » » » » » » » » » » » » » » » 7 9 9 10 11 12 13 13 14 14 14 14 15 15 15 15 16 16 16 16 17 » » » » » » 17 18 19 19 19 20 » » » 21 35 75 Indice 5 PNLG – L’uso del vaccino anti epatite A in Italia Riassunto L’epatite A è una malattia infettiva acuta causata dall’infezione del virus HAV. Una volta contratto il virus, la persona infettata non presenta subito i sintomi della malattia, che ha un tempo di latenza mediamente di 28 giorni. Quando è sintomatica, l’epatite A si manifesta in modo aspecifico, con sintomi di malessere generale, fatica, dolori articolari, febbre, e una fase conclamata di ittero. Il virus HAV si contrae in seguito a ingestione di cibo contaminato, viaggi in aree ad alta endemia e contatti con soggetti itterici. La diagnosi consiste nella determinazione degli anticorpi anti-HAV della classe IgM. Il presente documento d’indirizzo è stato elaborato in seguito alle tematiche discusse durante la conferenza di consenso tenutasi nel 1995 presso l’Istituto superiore di sanità sull’utilità della vaccinazione anti-HAV di massa o dei gruppi ritenuti a rischio di infezione. Il documento discute l’epidemiologia, l’efficacia e la sicurezza del vaccino, il suo utilizzo nel controllo delle epidemie, e la valutazione economica del suo impiego nella vaccinazione di massa e nella profilassi postesposizione. Scopo del presente documento è fornire raccomandazioni e suggerimenti su come evitare il contagio da HAV, su come comportarsi nei confronti della vaccinazione preventiva, e su come procedere in caso di contrazione del virus. Si tratta di raccomandazioni comportamentali, stabilite sulla base di un processo di revisione sistematica della letteratura e di pareri da parte di esperti nel settore. • Epidemiologia: si registra una riduzione dei casi e dell’incidenza da 10 casi (1985) a 3 casi per 100.000. • Efficacia del vaccino: per prevenire l’epatite A, il vaccino mostra un’efficacia protettiva pari all’86%. • Strategia vaccinali a confronto: alla luce di una valutazione di tipo economico, il documento suggerisce la vaccinazione di massa solo in presenza di situazioni epidemiche, mentre conferma l’utilizzo di routine della vaccinazione dei contatti. • Possibili gruppi a rischio: dall’analisi di 14 potenziali gruppi più esposti il documento suggerisce di vaccinare i viaggiatori (solo se si recano in paesi ad alta endemia), così come i militari, gli addetti allo smaltimento rifiuti, gli emofiliaci, i soggetti istituzionalizzati con handicap mentali (a seconda dei contesti), i tossicodipendenti, i detenuti, gli epatopatici cronici. • Terapia dell’epatite A: per quanto riguarda la terapia in caso di infezione, o profilassi postesposizione, due sono i presidi a disposizione: immunoglobuline e vaccino. Il documento ne analizza i rispettivi vantaggi e raccomanda la somministrazione di immunoglobuline entro 14 giorni dall’inizio dei sintomi del caso indice, e intervento con vaccino entro 8 giorni dall’esposizione. Con una preferenza per il vaccino. Riassunto 7 PNLG – L’uso del vaccino anti epatite A in Italia Introduzione Argomento, scopi e destinatari Con questo documento l’Istituto superiore di sanità intende fornire suggerimenti sull’uso del vaccino epatite A (HAV) in Italia in corso di epidemie e in contesti specifici di prevenzione primaria. Dopo aver analizzato l’epidemiologia dell’epatite A in Italia e i dati relativi a efficacia e sicurezza del vaccino, il documento confronta costi e benefici di due diverse strategie vaccinali (di massa e dei contatti). Si passa quindi all’analisi dei possibili gruppi a rischio per suggerire, per ciascuno di questi, l’opportunità di un eventuale intervento di prevenzione primaria e di vaccinazione immediata in caso di epidemia. Al documento di indirizzo seguono: ➜ un’appendice di approfondimento sulla valutazione economica comparata delle due diverse strategie vaccinali; ➜ la sintesi delle principali prove disponibili; ➜ le bibliografie. Il documento è rivolto rivolto a tutti gli operatori coinvolti nell’uso del vaccino (operatori dei servizi di sanità pubblica e in particolare dei dipartimenti di prevenzione, medici di medicina generale e pediatri di libera scelta, direzioni delle aziende sanitarie e opinione pubblica). E’ prevista una versione divulgativa per i cittadini finalizzata ad aumentare le conoscenze e l’autonomia nella decisione d’uso del vaccino. Metodi Secondo la metodologia seguita dal Programma nazionale per le linee guida (PNLG), il documento viene elaborato attraverso i seguenti passaggi: ➜ individuazione di un gruppo multidisciplinare di esperti che comprenda tutte le competenze e le esperienze utili alla elaborazione del documento. Attraverso la consultazione con gli esperti si individuano i quesiti specifici clinici e organizzativi ai quali è chiesto di dare risposta; ➜ elaborazione di una strategia di ricerca che permetta di reperire le prove scientifiche disponibili in letteratura; ➜ valutazione delle prove scientifiche che seguono alla revisione rapida; ➜ sintesi dei dati derivanti dagli studi presi in esame; ➜ trasformazione di tali prove in suggerimenti (si ricorda che il documento di indirizzo non dà raccomandazioni ma offre suggerimenti e consigli); ➜ redazione del documento secondo i criteri già esposti nel Manuale metodologico; ➜ aggiornamento periodico del documento. Introduzione 9 PNLG – L’uso del vaccino anti epatite A in Italia Nel 1995 si è tenuta presso l’Istituto superiore di sanità una conferenza di consenso sul possibile utilizzo del vaccino anti-HAV con l’obiettivo di definire l’utilità di una strategia di vaccinazione di massa o di gruppi ritenuti a rischio di infezione. L’elaborazione del presente documento riprende i temi della consensus conference e la completa, con l’attiva collaborazione dei rappresentati delle società scientifiche, trattando la questione dell’efficacia e sicurezza del vaccino, l’uso del vaccino per il controllo delle epidemie e la valutazione economica del suo impiego in due diversi scenari quali quelli della vaccinazione di massa e della profilassi post esposizione. La ricerca delle prove relative ai quesiti clinico-organizzativi sull’efficacia degli interventi nei diversi contesti è stata effettuata ricercando i trial clinici disponibili su varie banche dati. Per il vaccino sono stati consultati i seguenti database: The Cochrane Controlled Trial Register (Issue 4-2001); Medline (1966-Dic 2001 inclusi); Embase (1974-2001 inclusi); SciSearch (Science Citation Index 1974-2001 inclusi); PubScience (1974-2001 inclusi) con la seguente combinazione di termini: (HEPATITIS-A-VACCINES or HEPATITIS-A or hepatitis A) and (VACCINES-ATTENUATED or VACCINES-INACTIVATED or explode VACCINES or VACCINATION or explode IMMUNIZATION or vaccin* or immuni* or inoculat*). E’ stata altresì condotta una ricerca bibliografica sulle stesse banche dati di prove di efficacia delle immunoglobuline. Sono inoltre stati contattati tutti i produttori del vaccino per individuare eventuali altri trial non pubblicati. I metodi utilizzati per il modello economico seguono quelli indicati dalla check-list del British Medical Journal,1 che propone una struttura per la conduzione e il reporting delle valutazioni economiche. La check-list è stata validata in contesti economici e metodologici differenti e rappresenta l’unico strumento del suo genere al mondo. Per la valutazione della vaccinazione delle categorie a rischio, in assenza di trial, sono stati utilizzati tutti gli studi non randomizzati disponibili per verificare l’utilità dell’intervento. Epidemiologia dell’infezione da virus dell’epatite A in Italia L’epatite A è una malattia infettiva virale acuta caratterizzata, quando sintomatica, da un periodo prodromico con sintomi aspecifici (malessere generale, fatica, dolori articolari, febbre ecc.) e una fase conclamata itterica. La diagnosi eziologica viene posta attraverso la determinazione degli anticorpi anti-HAV della classe IgM. Nelle ultime decadi, l’epidemiologia dell’epatite A, in Italia, come de10 Epidemiologia PNLG – L’uso del vaccino anti epatite A in Italia sumibile dal sistema di sorveglianza SEIEVA, è mutata: assieme a una riduzione dei casi e dell’incidenza, passata dai 10 casi per 100.000 nel 1985 ai 3 casi per 100.000 nel 1999, è stata osservata una riduzione di soggetti naturalmente immuni, con uno spostamento dell’età di massima incidenza della malattia sintomatica dall’infanzia all’età giovane adulta. Tale riduzione non è stata uniforme sul territorio nazionale né costante nel tempo: in alcune aree, la circolazione del virus è oggi scarsa mentre da alcune regioni si segnalano ogni anno alcune centinaia di casi, e si riportano epidemie estese, la più importante delle quali in Puglia negli anni 1996-1997.2 I fattori di rischio più frequenti in Italia sono il consumo di frutti di mare, i viaggi in aree ad alta endemia e i contatti con soggetto itterico. Quest’ultimo fattore è riportato da circa il 15% dei casi notificati.3 Lo spostamento della suscettibilità all’infezione verso un’età più adulta comporta un aumento di incidenza tra i giovani e gli adulti nei quali la malattia ha un’espressione clinica più grave. Inoltre le epidemie da virus dell’epatite A, talvolta di grandi dimensioni, determinano un notevole impatto sia sociale sia economico. Esistono tuttavia incertezze relativamente all’impiego del vaccino in interventi di prevenzione primaria e in corso di epidemie. Efficacia e sicurezza del vaccino La revisione sistematica sull’efficacia e sicurezza del vaccino anti epatite A ha consentito di identificare complessivamente 7 studi. Per quanto riguarda l’efficacia nella prevenzione dei casi di epatite A (con conferma di laboratorio) sono stati identificati 3 studi riguardanti il vaccino inattivato (1 in cui il vaccino è confrontato con placebo e 2 con vaccino ricombinante anti epatite B come controllo). E’ stata analizzata una popolazione complessiva di 41.417 bambini. L’efficacia protettiva del vaccino è risultata pari all’86% (95% IC 63-95%). In nessuno dei trial riportati in altri studi sulla sicurezza del vaccino inattivato sono state segnalate reazioni avverse gravi.4-9 L’impiego su più ampia scala del vaccino fornirà maggiore informazione sulla frequenza e gravità di reazioni avverse. In uno degli studi identificati viene utilizzato il vaccino inattivato per la prevenzione dei casi secondari (definiti come casi confermati in contatti familiari a oltre due settimane dal caso primario), ed è stata analizzata una popolazione complessiva di 404 soggetti giovani e adulti. L’efficacia protettiva del vaccino è risultata pari all’82% (95% IC 23-96%).10 Efficacia 11 PNLG – L’uso del vaccino anti epatite A in Italia Modello economico-decisionale I benefici prevedibili della vaccinazione sono stati considerati in due diversi scenari, la vaccinazione di massa e la vaccinazione dei contatti (vedi anche Appendice pag. 21). Il primo scenario ha a sua volta due alternative: a) vaccinazione di tutti i nuovi nati entro 15 mesi (il vaccino è somministrato in contemporanea al vaccino trivalente) e vaccinazione di tutti i dodicenni con un vaccino combinato «epatite A+epatite B»; b) vaccinazione dei soli dodicenni con un vaccino combinato «epatite A+epatite B» e vaccinazione dei contatti dei casi acuti. Sono state utilizzate le stime di efficacia ottenute dalla revisione sistematica;11,12 in particolare, per quanto riguarda l’efficacia nella prevenzione dei casi di epatite A (con conferma di laboratorio), l’efficacia protettiva del vaccino è stata assunta pari all’86% (95% IC 63-95%). Il vaccino inattivato per la prevenzione dei casi secondari, definiti come casi confermati in contatti familiari a oltre 2 settimane dal caso primario, ha efficacia protettiva assunta pari all’82% (95% IC 23-96%).10 Strategia 1 Vaccinazione della popolazione di riferimento ➜ Vaccinazione di tutti i nuovi nati entro 15 mesi in contemporanea al vaccino trivalente, e di tutti i dodicenni con un vaccino combinato «epatite A+epatite B»; ➜ vaccinazione dei soli dodicenni con un vaccino combinato «epatite A+epatite B»; ➜ si ipotizza una durata protettiva del vaccino compresa fra i 24 e i 47 anni; ➜ efficacia del vaccino dell’86% (95% IC 63-95%) e riduzione annua dell’incidenza del 5% a partire dal settimo anno. Conclusioni ➜ I valori di costo per caso evitato e di costo netto per caso evitato sono risultati sempre molto elevati; ➜ il modello appare sensibile ai valori di incidenza e, in minima misura, ai valori del costo per caso evitato; ➜ nell’analisi di sensitività i costi si riducono solo utilizzando i valori di incidenza rilevati durante l’epidemia pugliese e i costi netti diventano molto bassi nel caso si scelga di vaccinare sia i nuovi nati sia i dodicenni, e addirittura negativi nel caso si scelga di vaccinare soltanto i dodicenni. Dal punto di vista economico la vaccinazione di massa appare raccomandabile solo in situazioni epidemiche. 12 Modello economico-decisionale PNLG – L’uso del vaccino anti epatite A in Italia Strategia 2 Vaccinazione dei contatti ➜ Si vaccinano i contatti dei casi segnalati di HAV; ➜ si considera un arco temporale di un anno cercando di valutare i costi evitabili derivanti da questa strategia di vaccinazione; ➜ efficacia del vaccino dell’82% (95% IC 23–96%); ➜ numero di contatti per caso 2,77; ➜ percentuale di casi evitabili 4,78. Conclusioni ➜ I valori di costo per caso evitato appaiono decisamente contenuti; ➜ il modello è costruito secondo parametri derivati da un singolo studio, che sono insensibili ai valori di incidenza presenti nella popolazione e che quindi potrebbe rivelare problemi di generalizzazione; ➜ l’analisi di sensitività condotta secondo 2 scenari estremi non mostra variazioni rilevanti del costo per caso evitato. I costi netti per caso evitato sono sempre negativi mostrando, quindi, la presenza potenziale di un beneficio assoluto. Dal punto di vista economico la vaccinazione dei contatti è senz’altro utilizzabile come provvedimento di routine. Possibili gruppi a rischio Viaggiatori Due rassegne di studi relativi all’incidenza o alla prevalenza di pregressa infezione di epatite A tra i viaggiatori13,14 mettono in evidenza il rischio di questa malattia tra coloro che, provenendo da aree a bassa endemia, si recano in aree a elevata circolazione di questo virus. Uno studio italiano caso-controllo condotto sui dati della sorveglianza dell’epatite virale acuta (SEIEVA) conferma questo rischio e mostra un suo gradiente in relazione al livello di endemicità dell’area di destinazione dei viaggiatori.15 La mappa delle aree secondo il livello di endemia, sviluppata dall’Organizzazione mondiale della sanità, è accessibile sul sito: http://www.who.int/emc-documents/hepatitis/whocdscsredc20007c.html. La vaccinazione è suggerita per i viaggiatori che si recano in aree caratterizzate da elevata endemia. Gruppi a rischio 13 PNLG – L’uso del vaccino anti epatite A in Italia Militari Sebbene siano state descritte epidemie di epatite A durante le due guerre mondiali tra i militari impegnati in operazioni belliche,16 non esistono prove che la vita militare di per sé sia un fattore di rischio per questa infezione.17 La vaccinazione è suggerita per i militari che si recano in servizio in aree a elevata endemia. Personale sanitario Studi di sieroprevalenza non dimostrano che il personale sanitario sia a maggior rischio di infezione rispetto alla popolazione generale.18,19 Epidemie di epatite A segnalate in ambito ospedaliero sono causate dalla mancata osservanza delle comuni norme igieniche. Interventi di informazione/educazione all’osservanza delle misure di prevenzione non immunitarie hanno il vantaggio di essere aspecifici ed efficaci sulla trasmissione di tutte le malattie a trasmissione oro-fecale. La vaccinazione non è suggerita. Addetti allo smaltimento dei rifiuti La segnalazione di focolai epidemici tra gli addetti allo smaltimento di rifiuti20-22 e il riscontro di prevalenza più elevata rispetto a gruppi di riferimento in tale categoria di soggetti,23-29 suggeriscono un maggior rischio di infezione. La vaccinazione è suggerita. Alimentaristi Sebbene siano stati segnalati numerosi focolai epidemici di epatite A causati da cibo contaminato, non esistono dati a supporto di un rischio maggiore di infezione per gli addetti alla preparazione e distribuzione di alimenti.30,31 La trasmissione di infezione a opera di un alimentarista infetto è evitabile mediante l’osservanza delle comuni norme igieniche (vedi anche personale sanitario). La vaccinazione non è suggerita. 14 Gruppi a rischio PNLG – L’uso del vaccino anti epatite A in Italia Personale di asili nido Sono stati descritti diversi focolai epidemici che hanno origine da asili nido e che hanno coinvolto anche il personale addetto.32-36 Non esistono comunque studi osservazionali o di sieroepidemiologia condotti con metodologia appropriata che mostrino complessivamente un rischio maggiore di contrarre l’epatite A da parte del personale che lavora negli asili nido rispetto a gruppi di confronto. La vaccinazione non è suggerita. Soggetti istituzionalizzati con handicap mentali Esistono tre studi37-39 di sieroprevalenza di scarsa qualità che riportano un rischio di epatite A più alto nei soggetti istituzionalizzati. Questo argomento è poco studiato. L’indicazione alla vaccinazione può essere data a livello locale ed è legata alla valutazione della capacità della struttura di mantenere adeguati standard di norme igieniche. Politrasfusi Gli studi non documentano un eccesso di rischio di epatite A associato a trasfusioni.40,41 La vaccinazione non è suggerita. Emofiliaci E’ stata documentata la trasmissione di epatite A in seguito a somministrazione di fattori della coagulazione (VIII/IX) che includono nel ciclo di produzione un solo trattamento di inattivazione virale basato sul metodo solvente/detergente.42 Tale metodo è inefficace per l’inattivazione di virus sprovvisti di envelope. Gli attuali metodi di produzione prevedono l’applicazione di trattamenti aggiuntivi, quali trattamento al calore e filtrazione. Non sono stati descritti ulteriori casi di trasmissione di HAV. Tuttavia l’inattivazione/rimozione di virus sprovvisti di envelope rimane un argomento di studio. I fattori della coagulazione prodotti con metodologie di ricombinazione genica sono esenti da rischio di trasmissione di HAV. Si suggerisce la vaccinazione per tutti i casi in cui non sia possibile garantire ai pazienti trattamenti basati sull’esclusiva applicazione di prodotti derivati da ricombinazione genica. Gruppi a rischio 15 PNLG – L’uso del vaccino anti epatite A in Italia Tossicodipendenti Descrizione di focolai epidemici, studi di sieroprevalenza e studi caso-controllo43-45 documentano un eccesso di rischio di epatite A per soggetti che fanno uso di sostanze stupefacenti. Vi è la prova che i tossicodipendenti presentano un rischio di contrarre l’epatite A modicamente superiore rispetto alla popolazione generale dovuto a fattori socioeconomici e alla promiscuità sessuale, oltre che allo scambio di siringhe e alla contaminazione degli strumenti utilizzati per l’assunzione delle droghe. La vaccinazione è suggerita contestualmente alla vaccinazione per l’epatite B. Omosessuali Sono stati segnalati focolai epidemici tra omosessuali.46 Il rischio di contrarre l’infezione è legato soprattutto alla promiscuità sessuale e alla frequentazione di dark rooms. Studi di sieroprevalenza non documentano però che gli omosessuali siano a rischio maggiore di epatite A rispetto a gruppi di confronto.47 La vaccinazione non è suggerita. Detenuti Le carceri sono un ambiente in cui confluiscono diversi fattori di rischio quali la promiscuità sessuale, l’uso di droghe e lo scarso livello igienico.48 La vaccinazione è suggerita. Soggetti HIV sieropositivi Non è provato che i pazienti HIV sieropositivi costituiscano una categoria a rischio; infatti la possibilità dei soggetti affetti da AIDS di contrarre l’epatite virale A non nasce dalla loro condizione di immunodeficienza, bensì è legata all’appartenenza a categorie di persone di cui è discusso il maggior rischio di esposizione all’HAV, cioè gli omosessuali, i tossicodipendenti, i politrasfusi e gli emofilici. La vaccinazione non è suggerita. 16 Gruppi a rischio PNLG – L’uso del vaccino anti epatite A in Italia Epatopatici cronici I soggetti con epatopatia cronica e cirrosi hanno mostrato un maggior rischio di complicanze anche se gli studi sono spesso di qualità modesta, di piccole dimensioni campionarie ed eterogenee nei risultati.49-54 La vaccinazione è comunque suggerita per i soggetti con malattia cronica allo stadio avanzato e cirrotici previo screening sierologico. Interventi in corso di epidemia in base a tre diversi scenari epidemiologici In base alle esperienze descritte in letteratura in Italia e in paesi dalle caratteristiche simili, si sono ipotizzati alcuni scenari in cui è prevedibile che epidemie di epatite A si possano sviluppare.55-58 Comunità chiusa Comunità chiuse, come scuole materne e asili nido, in cui gran parte degli individui sono suscettibili, il contatto tra le persone è frequente e intimo, le infrastrutture sono spesso di comune utilizzo ed è quindi alto il rischio di trasmissione da persona a persona. Si suggerisce la vaccinazione di familiari conviventi, compagni di classe, insegnanti e personale direttamente a contatto dopo segnalazione del primo caso. Per i ragazzi più grandi, a partire dalla scuola media inferiore (età superiore a 11 anni), in cui l’infezione è più spesso sintomatica ed è minore la probabilità di contatti a rischio la vaccinazione è suggerita quando vi è prova di trasmissione secondaria all’interno della comunità: deve verificarsi almeno un nuovo caso secondario dopo 15 giorni dall’inizio dei sintomi del caso indice. Comunità aperta Per quanto riguarda le comunità aperte bisogna distinguere comunità di ridotte dimensioni (orientativamente al di sotto dei 5.000 abitanti), in cui è possibile raggiungere in breve tempo elevate coperture vaccinali dei suscettibili o potenzialmente tali (orientativamente l’80%), da comunità di grandi dimensioni in cui questo obiettivo non è realistico. Interventi 17 PNLG – L’uso del vaccino anti epatite A in Italia Piccole comunità aperte Sono comunità aperte di piccole dimensioni, per esempio, comuni di limitata ampiezza demografica (minori di 5.000 abitanti), in cui si verificano più casi collegati di HAV, in distinti nuclei familiari. Si suggerisce la vaccinazione a coorti di età che sono maggiormente suscettibili, soprattutto a bambini e adolescenti. E’ stato osservato che questo intervento si dimostra efficace solo se si raggiungono coperture superiori all’80% della popolazione. Grandi comunità aperte Vi è poi il caso di grandi comunità aperte in cui si verificano periodiche riaccensioni epidemiche a distanza di anni, mentre nei periodi interepidemici continuano a verificarsi casi come quelli nella regione Puglia. L’offerta attiva della vaccinazione a coorti di suscettibili non è praticabile per la difficoltà di raggiungere coperture elevate in tempi brevi. La strategia alternativa praticabile è la vaccinazione di conviventi dei casi acuti combinata alle misure di controllo non immunitarie.59-61 Questi suggerimenti si riferiscono all’intervento in caso di epidemia e non entrano nel merito delle strategie che sono state proposte o adottate per prevenire le epidemie di epatite A in aree endemico-iperendemiche. Profilassi postesposizione Due sono i presidi a disposizione per la profilassi postesposizione: immunoglobuline e vaccino. Non sono stati individuati studi che ne confrontino direttamente l’efficacia. Si raccomanda come profilassi standard post esposizione dell’epatite da HAV la somministrazione di 0,02 ml/kg di immunoglobuline (Ig) entro 14 giorni dall’inizio dei sintomi del caso indice. L’efficacia stimata negli studi individuati (Ig vs placebo)62-64 mostrano un’efficacia di circa l’80% nei riceventi. Tuttavia emergono differenze nell’efficacia profilattica di lotti diversi di Ig:62 sono stati dimostrati titoli anticorpali più bassi in lotti di produzione recente65 che rendono meno efficace o di efficacia variabile la profilassi passiva con preparati standard di Ig di cui si ignora il titolo in anti-HAV.66 E’ disponibile un unico trial recente a supporto dell’efficacia post esposizione del vaccino: la sua protezione, se somministrato entro 8 giorni dall’inizio dei sintomi del caso indice, è dell’82% e ha limiti di confidenza piuttosto ampi (IC 23-96%) per le ridotte dimensioni campionarie. 18 Profilassi PNLG – L’uso del vaccino anti epatite A in Italia Considerata la breve durata della protezione, la variabilità e la tendenza alla diminuzione del titolo anticorpale nelle immunoglobuline, l’intervento con vaccino entro 8 giorni dall’esposizione67 è da considerare preferibile all’impiego delle gammaglobuline. Indicatori di monitoraggio e verifica L’uso di indicatori è di ausilio nella sorveglianza dell’epatite A nonché nella valutazione dell’efficacia degli interventi suggeriti in questo documento. Vengono di seguito proposti indicatori di possibile utilizzo: ➜ rilevazione attraverso questionari o interviste della modalità di impiego del vaccino da parte delle aziende sanitarie; ➜ copertura vaccinale e appropriatezza d’uso del vaccino attraverso indagini ad hoc; ➜ incidenza nel tempo dei casi notificati e descrizione dei fattori di rischio riportati utilizzando il SEIEVA (Sorveglianza epidemiologica integrata delle epatiti virali acute); ➜ indagini sieroepidemiologiche; ➜ registrazione di focolai epidemici. Notifica di casi di epatite A Il medico deve notificare tempestivamente un caso di epatite A come a norma di legge (decreto ministeriale del 15 dicembre 1990 pubblicato sulla Gazzetta ufficiale serie generale numero 6 dell’8 gennaio 1991, circolare ministeriale del 17 dicembre 1990). La scheda di notifica delle malattie infettive di classe II è reperibile in formato PDF nel sito dell’Istituto superiore di sanità all’indirizzo: http://www.simi.iss.it/files/sch2.PDF; mentre la scheda di riepilogo mensile è reperibile all’indirizzo: http://www.simi.iss.it/files/mod16.PDF. Avvertenza Si ricorda che l’osservanza delle norme igieniche è premessa essenziale per evitare la trasmissione dell’epatite A. Indicatori 19 PNLG – L’uso del vaccino anti epatite A in Italia Glossario Allerta epidemica: caso di epatite A in una comunità chiusa in cui la maggior parte delle persone è verosimilmente suscettibile all’infezione. Analisi economica: valutazione analitica dei costi e delle conseguenze di interventi sanitari alternativi. Caso di epatite A: diagnosi eziologica attraverso la determinazione degli anticorpi antiHAV della classe IgM. Caso secondario: soggetto che manifesta l’esordio clinico dopo almeno 14 giorni dall’inizio dei sintomi nel caso indice e non oltre 6 settimane. Comunità aperta: gruppo di persone che vive nella stessa regione, provincia o città, ma non condivide la stessa abitazione, luogo di lavoro, svago eccetera. Comunità chiusa: gruppo di persone che condivide la stessa abitazione, luogo di lavoro, svago. Esempi di comunità chiuse sono, oltre alle abitazioni, ospedali, asili, scuole, residenze per anziani. Contatto: individuo che è o è stato in contatto con il caso. Endemia: livello di presenza superiore alla norma di una caratteristica o di una malattia. Epatopatia cronica: malattia del fegato di durata superiore a 6 mesi. Epidemia: incremento non casuale, rispetto a quanto atteso, dell’incidenza di epatite A. Focolaio epidemico: epidemia limitata a un incremento localizzato nell’incidenza di una malattia. HAV: epatite da virus A. Ipertransaminasemia: aumento dei valori normali delle transaminasi. Ittero: comparsa di colore giallo alle sclere o sul corpo. Modello economico-decisionale: rappresentazione sintetica delle alternative decisionali basata sull’analisi economica. Revisione sistematica (Cochrane): individuazione, raccolta, valutazione e sintesi delle evidenze disponibili sull’efficacia e sicurezza di un intervento sanitario. 20 Glossario Appendice: valutazione economica della vaccinazione anti epatite A PNLG – L’uso del vaccino anti epatite A in Italia Si sono ipotizzate e messe a confronto due strategie: • prima strategia: vaccinazione di massa • seconda strategia: vaccinazione dei contatti Vittorio Demicheli, Emanuela Carniglia, Stefania Fucci PRIMA STRATEGIA Si considerano due possibilità: • vaccinazione di tutti i nuovi nati entro 15 mesi in contemporanea al vaccino trivalente e vaccinazione di tutti i dodicenni con un vaccino combinato «epatite A+epatite B»; • vaccinazione dei soli dodicenni con un vaccino combinato «epatite A+epatite B». Si ipotizza un periodo di vaccinazione di 12 anni che permetta di arrivare a una copertura totale per i soggetti fino a 24 anni. In questo modo si riesce a coprire il periodo di massima incidenza della malattia. Si ipotizza una durata protettiva del vaccino compresa fra i 24 e i 47 anni.1 A partire dal terzo anno viene abolita la vaccinazione combinata per i dodicenni. Questo provoca un cambiamento nei costi di vaccinazione: • il costo di vaccinazione dei dodicenni nel primo e secondo anno equivale alla differenza tra il costo del vaccino combinato e il costo del vaccino dell’epatite B; • il costo di vaccinazione dei dodicenni dopo il secondo anno equivale al costo del vaccino dell’epatite A ricaricato del 15%: questo rappresenta la stima minima dei costi di somministrazione derivata da una revisione dei costi della vaccinazione antiepatite B.2 A partire dal settimo anno l’incidenza della malattia diminuisce di una quota pari al 5% ogni 2 anni, per approssimare l’effetto della scomparsa dei casi di origine inter-umana. Le fonti e i valori dei parametri utilizzati nell’analisi sono presentati nella tabella che segue: PARAMETRI FONTE VALORE ANALISI DI SENSITIVITA’ CAMPIONE Assunto 100.000 (15 mesi+12 anni) 50.000 (solo dodicenni) - TASSO DI SCONTO Arbitrario 3% 0-5% COSTO DEL VACCINO Prezzi di vendita • 15 mesi: 12,91 euro • 12 anni: 10,33 euro per i primi 2 anni; 14,72 euro dal terzo anno in poi. - EFFICACIA DEL VACCINO RCT3 86% 63-95% INCIDENZA SEIEVA Dati a livello nazionale per fasce d’età 0-14 e 15-24 Dati: • Nord • Sud • Puglia COSTO MEDIO PER CASO Studio Lucioni4 Costi espressi per fasce d’età • Costi diretti+costi indiretti • Costi diretti decurtati del 75%+costi indiretti 22 Appendice: valutazione economica della vaccinazione anti epatite A PNLG – L’uso del vaccino anti epatite A in Italia Per ciascun anno di vaccinazione sono stati calcolati i costi per caso evitato e i corrispondenti costi netti, accumulando i casi evitati fino a quel momento e attualizzando opportunamente i costi di vaccinazione e dei casi evitati. ∑ Costi totali vaccinazione Costi per caso evitato (anno X) = x ∑ Casi evitati x ∑ Costi totali vaccinazione – ∑ Costi casi di epatite evitati Costi netti per caso evitato (anno X) = x x ∑ Casi evitati x dove i casi evitati derivano dalla somma di quelli nelle fasce d’età considerate nei diversi anni. A conclusione della strategia in questione sono proposte le seguenti tabelle (vedi pp. 24-31): • 2 tabelle con i costi per caso evitato e i costi netti per caso evitato nella situazione di vaccinazione sia dei nuovi nati a 15 mesi sia dei dodicenni, ipotizzando valori di incidenza crescenti rispetto ai valori nazionali, definiti «di base», a quelli dell’Italia del Sud e a quelli riscontrati durante l’epidemia del 1996 in Puglia; • 2 tabelle con i costi per caso evitato e i costi netti per caso evitato nella situazione di vaccinazione solo dei dodicenni, ipotizzando valori di incidenza crescenti rispetto ai valori nazionali, definiti «di base», a quelli dell’Italia del Sud e a quelli riscontrati durante l’epidemia del 1996 in Puglia; • 2 tabelle con i costi per caso evitato e i costi netti per caso evitato nella situazione di vaccinazione sia dei nuovi nati a 15 mesi sia dei dodicenni, ipotizzando differenti livelli di efficacia del vaccino; • 2 tabelle con i costi per caso evitato e i costi netti per caso evitato nella situazione di vaccinazione solo dei dodicenni, ipotizzando differenti livelli di efficacia del vaccino. Appendice: valutazione economica della vaccinazione anti epatite A 23 PNLG – L’uso del vaccino anti epatite A in Italia VALUTAZIONE PER INCIDENZA Vaccinazione nuovi nati + dodicenni COSTI TOTALI PER CASO EVITATO (EURO) Anno dall’inizio della campagna vaccinale Incidenza basale Incidenza Sud Incidenza Puglia 128.685,27 84.503,33 66.482,86 53.992,28 45.114,50 38.543,26 33.564,18 29.650,42 26.518,95 23.947,41 21.810,29 20.000,20 41.575,00 27.301,00 21.479,00 17.443,00 14.575,00 12.452,00 10.843,00 9.579,00 8.567,00 7.736,00 7.046,00 6.461,00 4.851,69 3.185,94 2.506,54 2.035,62 1.700,91 1.453,16 1.265,44 1.117,88 999,82 902,86 822,29 754,05 1 2 3 4 5 6 7 8 9 10 11 12 Tabella 1. Costi per caso evitato nei primi 12 anni di campagna vaccinale e per 3 livelli crescenti di incidenza dell’epatite A. Costi di vaccinazione attualizzati a un tasso di sconto del 3%. L’incidenza di base è pari a quella media italiana derivata dai casi notificati di epatite A. Costo per caso evitato 140.000,00 Incidenza di base 120.000,00 Incidenza Italia meridionale Costi 100.000,00 Incidenza Puglia 80.000,00 60.000,00 40.000,00 20.000,00 0 1 2 3 4 5 6 7 8 9 10 11 12 Anni Figura 1. Andamento dei costi per caso evitato nei primi 12 anni di vaccinazione contro l’epatite A. 24 Appendice: valutazione economica della vaccinazione anti epatite A PNLG – L’uso del vaccino anti epatite A in Italia COSTI NETTI PER CASO EVITATO (EURO) Anno dall’inizio della campagna vaccinale Incidenza basale Incidenza Sud Incidenza Puglia 127.352,00 83.627,81 65.836,02 53.482,49 44.695,96 38.189,78 33.261,24 29.386,00 26.286,14 23.739,80 21.624,19 19.831,80 40.252,99 26.432,81 20.837,60 16.938,10 14.160,38 12.101,89 10.543,39 9.317,13 8.336,77 7.530,97 6.861,84 6.294,60 3.529,37 2.317,62 1.865,02 1.530,02 1.285,80 1.102,58 964,99 855,63 768,92 696,97 637,72 587,03 1 2 3 4 5 6 7 8 9 10 11 12 Tabella 2. Costi netti per caso evitato nei primi 12 anni di campagna vaccinale e per 3 livelli crescenti di incidenza dell’epatite A. Costi di vaccinazione e costi dei casi evitati attualizzati a un tasso di sconto del 3%. L’incidenza di base è pari a quella media italiana derivata dai casi notificati di epatite A. Costo netto per caso evitato 140.000,00 Incidenza di base 120.000,00 Incidenza Italia meridionale Costi 100.000,00 Incidenza Puglia 80.000,00 60.000,00 40.000,00 20.000,00 0 1 2 3 4 5 6 7 8 9 10 11 12 Anni Figura 2. Andamento dei costi netti per caso evitato nei primi 12 anni di vaccinazione anti epatite A. Appendice: valutazione economica della vaccinazione anti epatite A 25 PNLG – L’uso del vaccino anti epatite A in Italia Vaccinazione dodicenni COSTI TOTALI PER CASO EVITATO (EURO) Anno dall’inizio della campagna vaccinale Incidenza basale Incidenza Sud Incidenza Puglia 85.790,18 56.335,55 47.697,91 39.985,29 34.007,22 29.383,62 25.788,74 22.912,76 20.583,00 18.651,54 17.034,68 15.657,08 14.298,00 9.389,00 7.949,00 6.664,00 5.667,00 4.897,00 4.298,00 3.818,00 3.430,00 3.108,00 2.839,00 2.609,00 1.668,14 1.095,41 927,46 777,49 661,25 571,35 501,45 445,53 400,22 362,67 331,23 304,44 1 2 3 4 5 6 7 8 9 10 11 12 Tabella 3. Costi per caso evitato nei primi 12 anni di campagna vaccinale e per 3 livelli crescenti di incidenza dell’epatite A. Costi di vaccinazione attualizzati a un tasso di sconto del 3%. L’incidenza di base è pari a quella media italiana derivata dai casi notificati di epatite A. Costo per caso evitato 100.000,00 Incidenza di base 90.000,00 Incidenza Italia meridionale 80.000,00 Costi 70.000,00 Incidenza Puglia 60.000,00 50.000,00 40.000,00 30.000,00 20.000,00 10.000,00 0 1 2 3 4 5 6 7 8 9 10 11 12 Anni Figura 3. Andamento dei costi per caso evitato nei primi 12 anni di vaccinazione contro l’epatite A. 26 Appendice: valutazione economica della vaccinazione anti epatite A PNLG – L’uso del vaccino anti epatite A in Italia COSTI NETTI PER CASO EVITATO (EURO) Anno dall’inizio della campagna vaccinale Incidenza basale Incidenza Sud Incidenza Puglia 84.277,29 54.837,79 46.215,05 38.517,10 32.553,49 27.944,14 24.363,45 21.501,50 19.185,70 17.268,04 15.664,91 14.300,88 12.785,47 7.891,49 6.466,79 5.196,03 4.214,14 3.457,79 2.872,83 2.407,54 2.033,20 1.725,10 1.469,34 1.253,31 155,25 -402,35 -555,41 -690,69 -792,47 -868,13 -923,84 -965,73 -997,07 -1.020,82 -1.038,54 -1.051,76 1 2 3 4 5 6 7 8 9 10 11 12 Tabella 4. Costi netti per caso evitato nei primi 12 anni di campagna vaccinale e per 3 livelli crescenti di incidenza dell’epatite A. Costi di vaccinazione e costi dei casi evitati attualizzati a un tasso di sconto del 3%. L’incidenza di base è pari a quella media italiana derivata dai casi notificati di epatite A. Costo netto per caso evitato 90.000,00 Incidenza di base 80.000,00 Incidenza Italia meridionale 70.000,00 Costi 60.000,00 Incidenza Puglia 50.000,00 40.000,00 30.000,00 20.000,00 10.000,00 0 -10.000,00 1 2 3 4 5 6 7 8 9 10 11 12 Anni Figura 4. Andamento dei costi netti per caso evitato nei primi 12 anni di vaccinazione anti epatite A. Appendice: valutazione economica della vaccinazione anti epatite A 27 PNLG – L’uso del vaccino anti epatite A in Italia VALUTAZIONE PER EFFICACIA Vaccinazione nuovi nati + dodicenni COSTI NETTI PER CASO EVITATO (EURO) Anno dall’inizio della campagna vaccinale 1 2 3 4 5 6 7 8 9 10 11 12 86% (caso base) 63% 95% 128.685,27 84.503,33 66.482,86 53.992,28 45.114,50 38.543,26 33.564,18 29.650,42 26.518,95 23.947,41 21.810,29 20.000,20 175.665,61 115.353,75 90.754,39 73.703,74 61.584,88 52.614,61 45.817,77 40.475,18 36.200,47 32.690,11 29.772,78 27.301,87 116.494,04 76.497,75 60.184,49 48.877,22 40.840,50 34.891,80 30.384,41 26.841,44 24.066,63 21.678,70 19.744,05 18.105,45 Tabella 5. Costi per caso evitato nei primi 12 anni di campagna vaccinale e per 3 diversi livelli di efficacia del vaccino contro l’epatite A. Costi di vaccinazione e costi dei casi evitati attualizzati a un tasso di sconto del 3%. Costo per caso evitato 200.000,00 Efficacia 63% 180.000,00 Efficacia 86% 160.000,00 Efficacia 95% Costi 140.000,00 120.000,00 100.000,00 80.000,00 60.000,00 40.000,00 20.000,00 0,00 1 2 3 4 5 6 7 Anni 8 9 10 11 12 Figura 5. Andamento dei costi per caso evitato nei primi 12 anni di vaccinazione per differenti livelli di efficacia del vaccino contro l’epatite A. 28 Appendice: valutazione economica della vaccinazione anti epatite A PNLG – L’uso del vaccino anti epatite A in Italia COSTI NETTI PER CASO EVITATO (EURO) Anno dall’inizio della campagna vaccinale 1 2 3 4 5 6 7 8 9 10 11 12 86% (caso base) 63% 95% 127.352,00 83.627,81 65.836,02 53.482,49 44.695,96 38.189,78 33.261,24 29.386,00 26.286,14 23.739,80 21.624,19 19.831,80 174.332,34 114.478,23 90.107,55 73.193,95 61.166,33 52.261,13 45.514,83 40.210,76 35.967,66 32.482,51 29.586,67 27.133,47 115.160,76 75.622,23 59.537,65 48.367,43 40.421,95 34.538,31 30.081,48 26.577,01 23.773,81 21.471,10 19.557,95 17.937,05 Tabella 6. Costi netti per caso evitato nei primi 12 anni di campagna vaccinale e per 3 differenti livelli di efficacia del vaccino contro l’epatite A. Costi di vaccinazione e costi dei casi evitati attualizzati a un tasso di sconto del 3%. Costo netto per caso evitato 200.000,00 Efficacia 63% 180.000,00 Efficacia 86% 160.000,00 Efficacia 95% Costi 140.000,00 120.000,00 100.000,00 80.000,00 60.000,00 40.000,00 20.000,00 0,00 1 2 3 4 5 6 7 Anni 8 9 10 11 12 Figura 6. Andamento dei costi netti per caso evitato nei primi 12 anni di vaccinazione per 3 differenti livelli di efficacia del vaccino contro l’epatite A. Appendice: valutazione economica della vaccinazione anti epatite A 29 PNLG – L’uso del vaccino anti epatite A in Italia Vaccinazione dodicenni COSTI PER CASO EVITATO (EURO) Anno dall’inizio della campagna vaccinale 86% (caso base) 63% 95% 85.790,18 56.335,55 47.697,91 39.985,29 34.007,22 29.383,62 25.788,74 22.912,76 20.583,00 18.651,54 17.034,68 15.657,08 117.110,41 76.902,50 65.111,43 54.583,09 46.422,55 40.110,97 35.203,68 31.277,74 28.097,43 25.460,83 23.253,69 21.373,16 77.662,69 50.998,50 43.179,16 36.197,21 30.785,48 26.599,91 23.345,60 20.742,08 18.633,03 16.884,55 15.420,87 14.173,78 1 2 3 4 5 6 7 8 9 10 11 12 Tabella 7. Costi per caso evitato nei primi 12 anni di campagna vaccinale e per 3 diversi livelli di efficacia del vaccino contro l’epatite A. Costi di vaccinazione e costi dei casi evitati attualizzati a un tasso di sconto del 3%. Costi Costo per caso evitato 140.000,00 Efficacia 63% 120.000,00 Efficacia 86% 100.000,00 Efficacia 95% 80.000,00 60.000,00 40.000,00 20.000,00 0 1 2 3 4 5 6 7 Anni 8 9 10 11 12 Figura 7. Andamento dei costi per caso evitato nei primi 12 anni di vaccinazione per differenti livelli di efficacia del vaccino contro l’epatite A. 30 Appendice: valutazione economica della vaccinazione anti epatite A PNLG – L’uso del vaccino anti epatite A in Italia COSTI NETTI PER CASO EVITATO (EURO) Anno dall’inizio della campagna vaccinale 86% (caso base) 63% 95% 84.277,29 54.837,79 46.215,05 38.517,10 32.553,49 27.944,14 24.363,45 21.501,50 19.185,70 17.268,04 15.664,91 14.300,88 115.597,51 75.404,73 63.628,57 53.114,90 44.968,83 38.671,49 33.778,39 29.866,48 26.700,13 24.077,34 21.883,92 20.016,96 76.149,80 49.500,73 41.696,30 34.729,02 29.331,76 25.160,43 21.920,31 19.330,82 17.235,73 15.501,06 14.051,10 12.817,58 1 2 3 4 5 6 7 8 9 10 11 12 Tabella 8. Costi netti per caso evitato nei primi 12 anni di campagna vaccinale e per 3 differenti livelli di efficacia del vaccino contro l’epatite A. Costi di vaccinazione e costi dei casi evitati attualizzati a un tasso di sconto del 3%. Costi Costo netto per caso evitato 140.000,00 Efficacia 63% 120.000,00 Efficacia 86% 100.000,00 Efficacia 95% 80.000,00 60.000,00 40.000,00 20.000,00 0 1 2 3 4 5 6 7 8 9 10 11 12 Anni Figura 8. Andamento dei costi netti per caso evitato nei primi 12 anni di vaccinazione per 3 differenti livelli di efficacia del vaccino contro l’epatite A. Appendice: valutazione economica della vaccinazione anti epatite A 31 PNLG – L’uso del vaccino anti epatite A in Italia SECONDA STRATEGIA Si vaccinano i contatti dei casi segnalati di epatite A. Si considera un arco temporale di un anno cercando di valutare i costi evitabili derivanti da questa strategia di vaccinazione. I parametri fondamentali di stima derivano dallo studio Sagliocca L, Amoroso P, Stroffolini T, Adamo B, Tosti ME, Lettieri G, Esposito C, Buonocore S, Pierri P, Mele A. Efficacy of hepatitis A vaccine in prevention of secondary hepatitis A infection: a randomised trial. Lancet 1999; 353: 1136-39, che da ora in poi chiameremo semplicemente TRIAL. Le fonti e i valori dei parametri utilizzati nell’analisi sono presentati nella seguente tabella: PARAMETRI FONTE VALORE ANALISI DI SENSITIVITA’ CAMPIONE Assunto 1.000.000 - COSTO DEL VACCINO Prezzo di vendita Euro 15,49 - EFFICACIA DEL VACCINO TRIAL 82% 23-96% INCIDENZA SEIEVA Dati Nord e Sud - NUMERO DI CONTATTI PER CASO TRIAL 2,77 2,4-3,2 PERCENTUALE DEI CASI EVITABILI TRIAL 5,8 - Numero soggetti da vaccinare = incidenza malattia x numero contatti per caso Numero casi evitabili = numero soggetti da vaccinare x % casi evitabili Costo per caso evitato = Costi netti per caso evitato = Costi totali della vaccinazione Numero casi evitati Costi totali della vaccinazione – Costi casi di epatite evitati Casi evitati Vengono proposti i risultati dei valori di base e di due scenari: • in quello pessimista è massimo il numero dei contatti da vaccinare, è minima l’efficacia del vaccino e, di conseguenza, è minimo anche il numero dei casi evitati; • in quello ottimista il numero dei contatti da vaccinare è minimo, l’efficacia del vaccino è massima così come il numero di casi evitati. 32 Appendice: valutazione economica della vaccinazione anti epatite A PNLG – L’uso del vaccino anti epatite A in Italia BASALE CAMPIONE SCENARIO PESSIMISTA SCENARIO OTTIMISTA 1.000.000 1.000.000 1.000.000 EFFICACIA DEL VACCINO 0,82 0,23 0,96 INCIDENZA DELLA MALATTIA 160 160 160 CONTATTI PER CASO 2,77 3,2 2,4 NUMERO SOGGETTI DA VACCINARE 443 512 384 COSTO DEL VACCINO (euro) 15,49 15,49 15,49 6.862,07 7.930,88 5.948,16 INDICE CASI EVITABILI 0,04756 0,01334 0,05568 NUMERO CASI EVITABILI 21,06908 6,83008 21,38112 COSTO TOTALE DEI CASI EVITATI (euro) 38.084,45 12.346,05 38.648,49 325,00 1.161,17 278,20 -1.481,91 -646,43 -1.529,40 COSTO DELLA VACCINAZIONE (euro) COSTI PER CASO EVITATO (euro) COSTI NETTI PER CASO EVITATO (euro) CONCLUSIONI E RACCOMANDAZIONI Strategia 1 I valori di costo per caso evitato e di costo netto per caso evitato sono risultati sempre molto elevati. Il modello appare sensibile ai valori di incidenza e, in minima misura, ai valori del costo per caso evitato. Nell’analisi di sensitività i costi si riducono solo utilizzando i valori di incidenza rilevati durante l’epidemia pugliese e i costi netti diventano molto bassi nel caso si scelga di vaccinare sia i nuovi nati sia i dodicenni, e addirittura negativi nel caso si scelga di vaccinare soltanto i dodicenni. Dal punto di vista economico la vaccinazione di massa appare raccomandabile solo in situazioni epidemiche o comunque a incidenza elevatissima. Strategia 2 I valori di costo per caso evitato appaiono decisamente contenuti. Il modello è costruito secondo parametri derivati da un singolo studio, che sono insensibili ai valori di incidenza presenti nella popolazione e potrebbe rivelare problemi di generalizzazione. L’analisi di sensitività condotta secondo due scenari estremi non mostra variazioni rilevanti del costo per caso evitato. I costi netti per caso evitato sono sempre negativi mostrando, quindi, la presenza potenziale di un beneficio assoluto. Dal punto di vista economico la vaccinazione dei contatti è senz’altro da raccomandare come provvedimento di routine. Appendice: valutazione economica della vaccinazione anti epatite A 33 Sintesi delle principali prove disponibili PNLG – L’uso del vaccino anti epatite A in Italia ? E’ stata riscontrata tra i viaggiatori una maggior incidenza, diffusione, gravità dell’infezione da virus dell’epatite A? I viaggiatori costituiscono un gruppo a rischio? Rosa Cristina Coppola, Elisabetta Franco, Alessandro Zanetti INTRODUZIONE Una review del 19931 raccoglie dati sull’incidenza e sulla prevalenza dell’epatite A nella popolazione, pubblicati dal 1978 al 1991, evidenziando il rischio di infezione da HAV per i viaggiatori che si recano da paesi a bassa endemia verso zone a endemia più elevata. Una review del 1994,2 che racchiude gli studi pubblicati su Index Medicus e Medline risalenti al periodo compreso tra il 1973 e 1993 e i dati provenienti dai Centers for Diseases Control and Prevention, conclude che i viaggiatori sono a rischio di infezione da HAV e raccomanda il vaccino a tutti coloro che non sono immuni e si recano in paesi in via di sviluppo. Il tasso di incidenza per i viaggiatori non protetti (inclusi i soggiornanti in hotel di lusso), è stimato essere 3/1000 viaggiatori/1 mese di villeggiatura in paesi in via di sviluppo e raggiunge 20/1000 viaggiatori/1 mese per campeggiatori o altre persone che consumano cibi o bevande in scarse condizioni igieniche. Questi dati sono stati ribaditi per i paesi europei in un ulteriore studio3 e in seguito sono stati presi nuovamente in considerazione per gli americani.4 Vari autori di numerosi paesi hanno emesso raccomandazioni per la vaccinazione dei viaggiatori5-10 e anche la consensus conference pubblicata dall’Istituto superiore di sanità nel 19952 la raccomanda. OBIETTIVO Stabilire se esistono prove per poter considerare i viaggiatori un gruppo a rischio di contrarre l’infezione da HAV e quindi per giustificare la proposta di vaccinazione in questa categoria. METODO Banche dati consultate: Medline ed Embase, limitatamente agli ultimi 10 anni. Parole chiave utilizzate sia come termini controllati che come parole libere: Hepatitis A (MESH), Hepatitis A virus human (MESH), HAV.mp, Travel (MESH), Travel, Risk, Risk factor, Risk group. Sono stati trovati 46 articoli considerati pertinenti, di cui 15 irreperibili nelle biblioteche italiane. Quattro articoli sono risultati non pertinenti alla lettura del testo completo. E’ stato inoltre considerato il documento finale dellaconsensus conference organizzata dall’Istituto superiore di sanità nel 1995.11 RISULTATI Sono stati esaminati 15 articoli5-10,12 che riportano raccomandazioni e linee guida emesse in vari paesi dal 1995 al 2001, e che sottolineano l’importanza della profilassi nei viaggiatori, insistendo perché essa venga praticata. Le indicazioni pubblicate su «The medical letter on drugs and therapeutics» sono state tradotte anche in italiano.13 Un articolo14 pubblicato nel 2000 raccomanda ai medici di medicina generale di vaccinare i viaggiatori verso aree endemiche prima della partenza. C’è un accordo generale sulla necessità di insistere affinché aumenti la percentuale di viaggiatori che si sottopongono a vaccinazione. Da uno studio francese15 pubblicato nel 1998, che ha preso in considerazione 9.156 soggetti reclutati all’aeroporto di Parigi prima della partenza verso 12 destinazioni tropicali, è emerso che solo il 18% dei francesi (7.955), il 32% degli europei del Nord (908) e l’8,5% degli europei del Sud (293) presentavano una copertura vaccinale. Sono state analizzate 3 ampie review2-4 che raccomandano il vaccino per i viaggiatori non immuni diretti verso aree endemiche, prese in considerazione nell’introduzione. Le prove sul rischio per i viaggiatori sono derivate essenzialmente da studi condotti prima del 1990; alcuni studi successivi, comunque, continuano a segnalare lo stesso rischio. 36 Sintesi delle principali prove disponibili PNLG – L’uso del vaccino anti epatite A in Italia I due studi seguenti2-3 sono già stati citati nella review di Steffen.2 Il primo17 valuta la percentuale di casi di epatite A associati a viaggiatori rispetto al totale di casi di epatite A in Svezia, dove l’incidenza dell’infezione risulta molto bassa. Lo studio rileva che, nonostante il calo dell’incidenza dell’epatite A nella popolazione generale dal 7,3 al 3/100.000 tra il 1985 e il 1990, la quota attribuita ai viaggi è rimasta costante, con un rischio più elevato in Africa e in Asia (1/300 e 1/100 rispettivamente). Il secondo articolo16 valuta il rischio di epatite A nei missionari americani in Africa, segnalando una sieroprevalenza del 16% prima della partenza e del 42% al ritorno dalla missione, con una sieroprevalenza maggiore del 90% per soggetti con più di 20 anni di servizio. Gli autori hanno anche riscontrato un tasso di incidenza maggiore nei primi 2 anni di servizio (pari al 28%) e minore nei successivi 10 anni (5,4%). I missionari americani vengono presi in considerazione anche in un altro lavoro18 che, a fronte di una sieroprevalenza iniziale di 50,9%, rileva un tasso d’incidenza di 0,8/100 persone/anno di servizio. Uno studio condotto in Nepal19 ha mostrato che l’epatite A è la più frequente infezione a trasmissione orofecale che determina l’ospedalizzazione dei turisti, mentre l’ epatite E è la forma predominante tra i residenti, che raggiungono l’immunità per l’HAV già all’età di 5 anni. Sono stati, infine, valutati 4 studi di prevalenza,20-23 visualizzati in tabella 1, che non evidenziano i viaggi verso aree endemiche come significativi fattori di rischio per inglesi e svizzeri. Nei marinai scandinavi il rischio legato a viaggi internazionali compare solo per soggetti con età superiore a 40 anni. Uno studio italiano caso-controllo,24 che confronta 1.102 casi di epatite A con 3.671 casi di epatite B, rileva un’associazione tra epatite A e viaggi statisticamente significativa per soggetti con età superiore a 14 anni che vivono nel Nord Italia; i viaggi verso paesi del Mediterraneo, Europa dell’Est, Africa, Asia, America centrale e del Sud sono considerati a maggior rischio. LACUNE CONOSCITIVE Gli studi che mostrano prove sul rischio di epatite A per i viaggiatori sono datati. COMMENTO Le prove sul rischio dei viaggiatori risalgono a studi degli anni ottanta e dei primi anni novanta. Comunque tuttora, nonostante il miglioramento del livello socioeconomico, il viaggio è segnalato come fattore di rischio di acquisire l’epatite A, con una gradazione dipendente dal livello di endemia dell’area visitata e dalle precauzioni igieniche osservate. Rimane, perciò, un accordo generale sulla raccomandazione della vaccinazione in questa categoria di soggetti. Sintesi delle principali prove disponibili 37 PNLG – L’uso del vaccino anti epatite A in Italia Art n. Luogo Anno 22 Paesi scandinavi 20 Inghilterra TABELLA 1: STUDI DI PREVALENZA NEI VIAGGIATORI Popolazione studiata Controlli Risultato apriledicembre 1993 515 marinai /// La prevalenza degli anticorpi anti-HAV corrisponde a 0,3% in soggetti di età inferiore a 40 anni, mentre aumenta sopra i 40 anni. La prevalenza risulta maggiore in marinai implicati nel commercio internazionale marzo 1988ottobre 1989 /// 104 soggetti distinti in 3 gruppi in base all’esposizione al rischio: • 52 senza fattori di rischio; • 27 con fattori di rischio maggiori (essere nati o aver vissuto in area endemica, storia di ittero); • 25 con fattori di rischio minori (viaggi in aree ad alto rischio, abuso di droghe, contatti con persone infette). Età media: 30 anni Sieroprevalenza anticorpi anti-HAV: • popolazione generale: • gruppo n.1: • gruppo n.2: • gruppo n.3: 42%(44/104) 9,6% (5/52) 100% (27/27) 48% (12/25) 21 Svizzera luglio-agosto 1990 1.091 turisti reclutati presso il Centro vaccinazioni dell’Università di Zurigo: Età media: 34,7 anni. • maschi: 49% • femmine: 51% Popolazioni di studi precedenti, condotti principalmente tra donatori di sangue svizzeri La prevalenza risulta minore rispetto alla popolazione di riferimento, eccetto per i nati prima del 1.940. Da ciò segue che non è necessario testare i viaggiatori a meno che non siano nati prima del 1940, e non abbiano storia di ittero e di viaggi in zone endemiche. Sieroprevalenza anticorpi anti-HAV (%): Paese nativo Residenza Svizzera 14,9 16,2 Nord America 0 0 Sud Europa 34,8 15,4 zone tropicali/ subtropicali 48,8 71,4 Viaggi in aree tropicali: 11,4% • mai • 1-30 giorni 17,1% • un mese-un anno 15,3% 35 % • più di un anno 23 Inghilterra 1987-1988 1.111 viaggiatori inglesi /// La sieroprevalenza anticorpi anti-HAV risulta associata con l’età e la storia di ittero, mentre non risulta alcuna associazione con la destinazione e la durata del viaggio 38 Sintesi delle principali prove disponibili PNLG – L’uso del vaccino anti epatite A in Italia ? E’ stata riscontrata tra i militari una maggior incidenza, diffusione, gravità dell’infezione da virus dell’epatite A? Questa categoria costituisce un gruppo a rischio? Rosa Cristina Coppola, Elisabetta Franco, Alessandro Zanetti INTRODUZIONE Un lavoro del 19921 descrive numerose epidemie di epatite infettiva che hanno colpito il personale militare durante le guerre mondiali. Si tratta di epidemie che hanno coinvolto un così alto numero di persone da devastare interi eserciti e influenzare le strategie militari. Gran parte degli articoli che riportano epidemie di epatite A nelle truppe è stata pubblicata precedentemente al 1990. Quasi tutti gli studi raccolti dopo tale anno vertono sull’efficacia del vaccino e propongono vari trial di vaccinazione per i militari, dando ormai per scontato che essi costituiscono un gruppo a rischio in cui è necessaria la profilassi. Un articolo2 esamina due diversi trial di vaccinazione in militari norvegesi e ne dimostra l’efficacia e l’importanza, soprattutto in una zona, come la Norvegia, in cui il rischio di contrarre l’epatite A è alto poiché si tratta di un’area geografica a bassissima endemia. Prima il rischio di acquisire l’epatite A veniva considerato legato alle scarse condizioni igienico-sanitarie in cui si trovavano a vivere i militari; attualmente, con il miglioramento del livello socioeconomico, il rischio è attribuito principalmente a viaggi in aree ad alta endemia in analogia con i viaggiatori. La consensus conference 3 pubblicata dall’Istituto superiore di sanità nel 1995 propone la vaccinazione delle truppe destinate a operazioni in zone ad alta endemia senza screening vaccinale, ma non dei militari di leva al momento dell’arruolamento. OBIETTIVO Stabilire se esistono prove per poter considerare i militari un gruppo a rischio di contrarre l’infezione da HAV e quindi per giustificare la proposta di vaccinazione in questa categoria. METODO Sono state consultate 2 banche dati, Medline ed Embase, limitatamente agli ultimi 10 anni. La strategia di ricerca ha utilizzato termini con vocabolario controllato e parole libere: hepatitis A (MESH), hepatitis A virus human (MESH), HAV.mp, Army.mp, soldier.mp, military personnel (MESH), risk (MESH), risk factors (MESH), risk group.mp. Sono stati trovati 36 articoli considerati pertinenti di cui: 9 irreperibili nelle biblioteche italiane; 3 sono stati scartati perché utilizzati come punto di partenza per un ulteriore articolo; altri 6 sono stati esclusi perché risultati assolutamente non pertinenti dopo la lettura del testo per esteso. E’ stato quindi raggiunto un totale di 18 articoli. E’ stato inoltre considerato il documento finale della consensus conference organizzata dall’Istituto superiore di sanità nel 1995.3 RISULTATI Nella maggior parte degli articoli4-11 i militari vengono considerati soltanto in quanto campione della popolazione generale, di cui viene studiata la prevalenza. Da questi lavori e da un ulteriore studio7 risulta un calo della sieroprevalenza in tutta la popolazione se confrontata con gli anni precedenti. Uno studio effettuato nella Repubblica ceca12 confronta la prevalenza di anticorpi nei militari e quella nella popolazione generale e riscontra valori paragonabili. Sono pochi gli studi che esaminano l’associazione tra epatite A e vita militare. Uno studio norvegese13 correla l’infezione al sovraffollamento e al consumo di cibo e acqua contaminati e rileva una riduzione dei giorni di astensione dal servizio e dei decessi per epatite A in seguito all’introduzione di profilassi passiva con immunoglobuline. Un lavoro14 ha ricercato i marker sierologici per l’epatite in indigeni africani e in militari francesi stabilitisi nel Djibouti con le loro famiglie, al fine di individuare l’eziologia virale di un’epidemia di epatite lì osservata nel 1993 associata alla contaminazione dell’acqua. I risultati ottenuti identificano sia l’HAV che l’HEV Sintesi delle principali prove disponibili 39 PNLG – L’uso del vaccino anti epatite A in Italia come responsabili, con una diversa distribuzione nella popolazione studiata: infatti, mentre le infezioni da epatite A erano osservate principalmente in soggetti francesi, le infezioni da HEV coinvolgevano quasi esclusivamente gli indigeni. Da uno studio pubblicato nel 1992,15 che valuta la prevalenza di epatite A in 2.072 soldati americani, emerge una maggiore prevalenza nei militari che avevano prestato servizio per più di un anno nei Caraibi, a testimoniare che l’infezione è associata con viaggi in zone a endemia medio-alta. Un ulteriore studio italiano condotto nel 199016 riscontra un tasso di incidenza di epatite A nei militari notevolmente alto, pari a 1,3/100 persone/anno. La popolazione oggetto del lavoro è però composta da 1.268 militari osservati durante un periodo di 8 mesi in Campania, regione ad alta endemia; perciò questi dati non sono rappresentativi della situazione dei militari italiani. Infatti un articolo recente17 riporta un tasso d’incidenza di epatite A nei militari sovrapponibile a quello della popolazione generale. Infine, uno studio francese18 identifica un solo caso di epatite A su 4.500 militari che avevano prestato servizio nella ex Jugoslavia in un periodo in cui il virus circolava nella popolazione. Questa bassa incidenza risulta legata sia all’efficacia della somministrazione di immunoglobuline che all’imposizione di severe misure igieniche. LACUNE CONOSCITIVE La maggior parte degli articoli valutati si riferisce a studi di prevalenza in cui i militari sono presi in considerazione come campione della popolazione generale e le infezioni vengono correlate ai comuni fattori di rischio. COMMENTO In passato le epidemie di epatite A tra i militari erano principalmente correlate al sovraffollamento e alle scarse condizioni igieniche. Attualmente il fattore di rischio maggiore per i militari è il soggiorno in aree endemiche ed è quindi una condizione sovrapponibile a quella dei viaggiatori. I lavori esaminati hanno uno scarso significato per quanto riguarda l’identificazione del gruppo a rischio, poiché è ormai dato per scontato che per i militari è raccomandabile la profilassi, specialmente se sono destinati a paesi a endemia elevata. 40 Sintesi delle principali prove disponibili PNLG – L’uso del vaccino anti epatite A in Italia ? E’ stata riscontrata tra gli operatori sanitari una maggior incidenza, diffusione, gravità dell’infezione da virus dell’epatite A? Gli operatori sanitari costituiscono un gruppo a rischio? Rosa Cristina Coppola, Elisabetta Franco, Alessandro Zanetti INTRODUZIONE Una review del 1996,1 che si riferisce a tutti gli articoli in lingua inglese pubblicati tra il 1983 e il 1996, riporta 6 focolai epidemici in ambiente ospedaliero, 4 dei quali pubblicati precedentemente al 1990, che hanno coinvolto essenzialmente le infermiere dei reparti pediatrici. Un ulteriore articolo2 riporta altre 4 epidemie, precedenti al 1990, di cui 2 coincidono con quelle descritte nella pubblicazione già citata.1 Il principale fattore di rischio riconosciuto è stato il consumo di cibo e bevande nei reparti ospedalieri. E’ opportuno, infine, ricordare che la consensus conference organizzata dall’Istituto superiore di sanità nel 19953 non riteneva necessario raccomandare alla categoria degli operatori sanitari la vaccinazione contro l’epatite A. OBIETTIVO Stabilire se vi sono prove per poter considerare gli operatori sanitari un gruppo a rischio di contrarre l’infezione da HAV e quindi per giustificare la proposta di vaccinazione in questa categoria. METODO Banche dati consultate: Medline, limitatamente agli ultimi 10 anni. La strategia di ricerca ha utilizzato termini MESH e parole libere: Hepatitis A (MESH); Hepatitis A virus, human (MESH), Health Personnel (MESH), nursing staff (MESH), personnel hospital (MESH), physicians (MESH), Occupational Health, Risk factors (MESH), Health Workers. Sono stati individuati 20 articoli, incluso il documento finale della consensus conference organizzata dall’Istituto superiore di sanità nel 1995;3 due erano irreperibili nelle biblioteche italiane. RISULTATI Sono stati valutati 5 studi4-8 che riferiscono di epidemie insorte tra gli operatori sanitari, le cui caratteristiche sono riportate nella tabella 1. Sono stati riportati 7 studi di prevalenza,2,9-14 i cui risultati sono visualizzati nella tabella 2. Tre articoli prendono in considerazione un diverso aspetto della questione. Uno studio,15 che confronta la sieroprevalenza degli anticorpi anti-HAV in addetti alla lavanderia dell’ospedale (54,5%) con quella di aiuto infermieri (13,5%), conclude che i primi sono esposti a maggior rischio occupazionale e ipotizzano come fattore di rischio il contatto con tessuti contaminati. Un altro lavoro16 non rileva alcuna differenza nella sieroprevalenza di anticorpi anti-HAV tra infermieri pediatrici e controlli impiegati in un reparto chirurgico, non evidenziando, quindi, un’associazione tra contatto con i bambini e rischio di infezione da HAV. Un altro studio17 riporta la prevalenza di anticorpi antiHAV in 1.051 soggetti operanti in ambito sanitario, suddivisi in 4 gruppi in base all’esposizione a diverso rischio biologico, e non riscontra tra di essi un differente rischio di contrarre l’epatite A. E’ stata analizzata un’ampia review,1 menzionata nell’introduzione. E’ stato, infine, esaminato un ulteriore articolo18 che estende l’inquadratura dell’HAV, includendo il problema della vaccinazione e sottolineando che molti autori, sebbene consapevoli dell’assenza di una sieroprevalenza di anticorpi anti-HAV elevata tra gli operatori sanitari, continuano a proporre la vaccinazione in questa categoria, considerandola comunque esposta a un rischio di contrarre l’infezione maggiore rispetto alla popolazione generale. LACUNE CONOSCITIVE Gli studi di prevalenza sono studi di qualità non elevata. Sintesi delle principali prove disponibili 41 PNLG – L’uso del vaccino anti epatite A in Italia COMMENTO Dallo studio degli articoli raccolti è assolutamente evidente la possibilità di insorgenza di focolai epidemici tra gli operatori sanitari ed è indubbio che l’esiguo numero di epidemie descritte si é verificato per la mancata osservazione delle basilari norme igieniche e comportamentali in ambiente ospedaliero. Infatti gli unici fattori di rischio riscontrati sono il consumo di cibi e bevande nei reparti ospedalieri, il mancato uso dei guanti e l’inadeguata pulizia delle mani. Gli studi di prevalenza analizzati, sebbene non risultino essere di elevata qualità, mostrano una sieroprevalenza degli anticorpi anti-HAV tra gli operatori sanitari sovrapponibile a quella delle popolazioni di controllo; tuttavia molti autori preferiscono raccomandare la vaccinazione di questa categoria.18 La possibilità di attuare le universali misure precauzionali e la mancanza di una prova di una maggiore sieroprevalenza anticorpale in questa categoria lavorativa rispetto alla popolazione generale, ci consentono di affermare che gli operatori sanitari non costituiscono un particolare gruppo a rischio di contrarre l’HAV. TABELLA 1: DESCRIZIONE DI FOCOLAI EPIDEMICI TRA OPERATORI SANITARI Art n. Luogo Anno Caso indice Diffusione operatori sanitari Diffusione altre persone Fattori di rischio 4 USA novembre 1988 2 neonati ricoverati • 22 infermieri (24%) nell’Unità di terapia • 8 altri membri dello intensiva neonatale staff ospedaliero sottoposti a trasfusione hanno ricevuto sangue infetto da donatore nella fase prodromica di HAV • 13 neonati • 4 contatti familiari • Consumare cibi e bevande nel reparto • non usare guanti • fumare in reparto • turni di notte • avere unghie lunghe 5 USA gennaio-marzo 1990 Uomo di 32 anni e suo figlio di 8 mesi, ricoverati in un centro ustioni 11 operatori sanitari (su 154 esposti) 1 paziente • Consumare cibi e bevande nel reparto • inadeguata pulizia delle mani 6 USA luglio-ottobre 1991 Bambina di 14 mesi ricoverata in Clinica pediatrica per diarrea profusa 19 operatori sanitari (su 151 esposti) 1 paziente Inadeguata pulizia delle mani 7 Norvegia aprile-giugno 1996 Senzatetto alcolista di 25 infermieri 56 anni ricoverato per polmonite in un reparto di medicina interna • 5 pazienti • 2 contatti familiari • Inadeguata pulizia delle mani • consumare cibi e bevande nel reparto USA 1989 Bambino trasfuso con plasma fresco congelato • 1 bambino • 1 contatto familiare (madre) Inadeguata pulizia delle mani 8 42 Sintesi delle principali prove disponibili 9 infermiere PNLG – L’uso del vaccino anti epatite A in Italia TABELLA 2: STUDI DI PREVALENZA Art n. Luogo Anno Popolazione studiata Popolazione di riferimento Risultati 9 Germania 1990 2.293 operatori sanitari Popolazione generale La prevalenza degli anticorpi anti-HAV (caratteristiche non negli operatori sanitari è sovrapponibile a specificate) quella riscontrata nella popolazione generale. Non risulta alcuna differenza tra le diverse categorie lavorative sanitarie (medici, infermieri, eccetera) 2 Francia 1992 406 infermieri 132 impiegati in ospedale con altre mansioni (tecnici, impiegati amministrativi, eccetera) La prevalenza degli anticorpi anti-HAV nella popolazione studiata è del 57,1%; mentre nella popolazione di riferimento è del 36,4%. La prevalenza negli operatori sanitari è significativamente maggiore nelle classi d’età oltre i 30 anni 10 Francia dicembre 1992-aprile 1993 325 operatori sanitari in diretto contatto con i pazienti (medici, infermieri, eccetera) 115 impiegati in ospedale con altre mansioni (tecnici, farmacisti, impiegati amministrativi, eccetera) La sieroprevalenza aumenta con l’età. Non c’è nessuna differenza tra la popolazione studiata (51,2%) e quella di riferimento (54,3%). Non c’è differenza tra le 2 categorie di operatori 11 Francia febbraiomaggio 1994 525 operatori sanitari Popolazione generale Non è stata riscontrata alcuna differenza tra di un altro studio la popolazione studiata e la popolazione (controllo storico) generale 12 Belgio 1986-1987 5.064 impiegati in 22 diversi ospedali 13 Francia 1999 926 operatori (anno di sanitari, di cui 45,4% pubblicazione) infermieri e 42% assistenti infermieri • 322 impiegati in ospedale con mansioni d’ufficio • 268 cuochi o addetti alla cucina Gli operatori sanitari non hanno un rischio maggiore di contrarre l’infezione rispetto agli impiegati (sieroprevalenza= 53,8%). Tra gli operatori sanitari, la sieroprevalenza è maggiore negli assistenti degli infermieri che negli infermieri. La sieroprevalenza negli addetti alla cucina è del 53,4% 14 Israele 2001 115 soggetti (anno di impiegati in ambito pubblicazione) dentistico, di cui • 82 dentisti • 21 assistenti • 8 igienisti • 4 tecnici di laboratorio /// Sieroprevalenza anticorpi anti-HAV: • globale 51,3% • dentisti 50,0% • non dentisti 54,4% E’ stata riscontrata una sieroprevalenza maggiore, ma non statisticamente significativa, nei soggetti che avevano lavorato in ospedale e in quelli che avevano lavorato con bambini. E’ invece risultata statisticamente significativa l’associazione tra il rischio di contrarre l’HAV e il numero di anni di servizio Popolazione generale La prevalenza è significativamente inferiore (caratteristiche nel gruppo di operatori sanitari nelle classi non specificate) di età compresa tra i 25 e i 54 anni Sintesi delle principali prove disponibili 43 PNLG – L’uso del vaccino anti epatite A in Italia ? E’ stata riscontrata tra gli addetti allo smaltimento delle acque reflue e dei liquami una maggior incidenza, diffusione o gravità dell’infezione dell’epatite A? Questi lavoratori costituiscono un gruppo a rischio? Rosa Cristina Coppola, Elisabetta Franco, Alessandro Zanetti INTRODUZIONE La consensus conference1 organizzata dall’Istituto superiore di sanità nel 1995 raccomandava, oltre a una valida formazione, la vaccinazione selettiva del personale addetto al trattamento e smaltimento delle acque reflue e dei liquami, preceduta dallo screening per la ricerca degli anticorpi anti-HAV. Effettivamente esiste una plausibilità biologica di rischio di contrarre l’epatite A in questa categoria, per lo sviluppo di aerosol e per il contatto diretto con materiali potenzialmente contaminati, come confermato anche dalla descrizione di un’epidemia.2 OBIETTIVO Stabilire se vi sono prove per poter considerare gli addetti al trattamento e allo smaltimento delle acque reflue un gruppo a rischio di contrarre l’infezione da HAV e quindi per giustificare la proposta di vaccinazione in questa categoria. METODO Sono state consultate 2 banche dati, Medline ed Embase, limitatamente agli ultimi 10 anni. La strategia di ricerca ha utilizzato termini MESH e parole libere: Hepatitis A (MESH), hepatitis viral, human (MESH), HAV.mp, Sewage (MESH), waste management (MESH), water purification (MESH), sewage.mp, occupational diseases (MESH). Sono stati selezionati 18 articoli considerati pertinenti, di cui 2 irreperibili nelle biblioteche italiane. Un articolo è stato scartato a causa della lingua (danese), considerando che possediamo altri articoli che trattano lo stesso aspetto dell’argomento in lingue più accessibili. Un altro è stato spostato dopo la lettura del testo completo in un altro gruppo. E’ stato raggiunto un totale di 14 articoli pertinenti. E’ stato inoltre considerato il documento finale della consensus conference organizzata dall’Istituto superiore di sanità nel 1995.1 RISULTATI Sono stati esaminati 9 studi di prevalenza,3-11 sette dei quali concordano su un rischio per questa categoria (tabella 1). Un lavoro12 consiste in una lettera di commento allo studio riportato nell’articolo 3. Un ulteriore lavoro,13 ambientato in Israele, non riscontra una maggiore prevalenza degli anticorpi anti-HAV in questa categoria, come confermato anche dall’articolo 10. Vi sono 3 studi,2,14,15 risalenti ad alcuni anni fa, che riferiscono di focolai epidemici che hanno coinvolto alcuni membri del personale addetto allo smaltimento dei liquami. COMMENTO Nella maggior parte degli studi si riscontra una più alta sieroprevalenza in questa categoria che è esposta a rischio di infettarsi nel caso di un’epidemia nella comunità, specialmente in zone a bassa endemia, dove è alta la frequenza di adulti suscettibili. Infatti, in paesi ad alta endemia, dove la circolazione del virus è maggiore, gran parte degli adulti sono naturalmente immuni. Uno studio condotto in Israele8 non riporta differenze significative con una popolazione di controllo, ma la popolazione a 20 anni ha una sieroprevalenza superiore all’80%. Alcuni studi6,7,10 in cui non si riscontrano differenze significative nella sieroprevalenza fra gli addetti agli impianti di depurazione e le popolazioni di riferimento, mostrano evidenza di un rischio, anche se limitato, associato all’esposizione a liquami. Sebbene siano descritti focolai epidemici che hanno coinvolto personale addetto allo smaltimento dei liquami, nessuno riporta epidemie in cui essi rappresentino la sorgente di infezione. In conclusione, vi è la prova che, pur con l’osservanza di misure igieniche adeguate, questa categoria è esposta a un maggior rischio correlato con la professione. 44 Sintesi delle principali prove disponibili PNLG – L’uso del vaccino anti epatite A in Italia TABELLA 1: STUDI DI PREVALENZA IN ADDETTI ALLO SMALTIMENTO DEI LIQUAMI Art n. Luogo Anno Popolazione di riferimento Risultati 3 Inghilterra 40 addetti allo 1993 smaltimento dei liquami (anno di pubblicazione) Età media: 42,2 anni. 53 tutori di persone con difficoltà d’apprendimento. Età media: 41,3 anni 18 addetti alla lavorazione dell’asfalto: età media: 38,7 anni. 20 lavoratori in ufficio: età media: 41 anni La prevalenza degli anticorpi anti-HAV negli addetti allo smaltimento dei liquami è maggiore di quella riscontrata nella popolazione di riferimento. Fattori di rischio: • aerosol; • abbigliamento ed equipaggiamento contaminati; • consumo di cibo sul posto di lavoro; • abitudine al fumo sul posto di lavoro 4 Singapore novembre 1992gennaio 1993 453 adulti sani che facevano test clinici di routine Sieroprevalenza degli anticorpi anti-HAV: • popolazione studiata: 72,7% (436/600); • controlli 50% (230/453). La prevalenza negli addetti allo smaltimento dei liquami è 2,2 volte maggiore di quella riscontrata nei controlli nelle classi d’età oltre i 30 anni 5 Canada 1995 76 addetti (anno di allo smaltimento pubblicazione) dei liquami. Età media 41 anni Anni di lavoro: 10 2 controlli presi dalla popolazione generale della stessa età e sesso per ogni caso Sieroprevalenza degli anticorpi anti-HAV (%): <40 >40 • popolazione studiata: 54 81 • controlli: 49 65 La differenza non è significativa, diventa significativa dopo i 40 anni 6 Francia novembredicembre 1993 155 impiegati in un impianto di depurazione dell’acqua esposti al contatto con i liquami 70 lavoratori nello stesso impianto non esposti al contatto con i liquami Sieroprevalenza degli anticorpi anti-HAV: • popolazione studiata: 60% (93/155); • popolazione di riferimento: 47,1% (33/70). La differenza non è significativa, ma correggendo i fattori di confondimento, emerge che l’esposizione ai liquami rappresenta un rischio, seppur modesto 7 Inghilterra giugno 1995febbraio 1996 228 impiegati in un impianto di depurazione /// Sieroprevalenza degli anticorpi anti-HAV: • 34,6% (79/228) • <40 anni 19% (22/79) • >40 anni 50% (57/79) Associazione tra prevalenza e esposizione ai liquami, ma non ai liquami trattati Popolazione studiata 600 addetti allo smaltimento dei liquami continua Sintesi delle principali prove disponibili 45 PNLG – L’uso del vaccino anti epatite A in Italia Art n. Luogo 8 TABELLA 1: STUDI DI PREVALENZA IN ADDETTI ALLO SMALTIMENTO DEI LIQUAMI Anno Popolazione studiata Popolazione di riferimento Risultati Israele novembre 1996-aprile 1997 100 addetti allo smaltimento dei liquami Età: 22-27 anni Esposizione ai liquami da 0,5 a 3,5 anni 100 impiegati con mansione d’ufficio Sieroprevalenza degli anticorpi anti-HAV: • popolazione studiata 82% • controlli 91% Non ci sono differenze significative tra popolazione studiata e popolazione di controllo. Si tratta di una zona ad alta endemia e basso livello socioeconomico, con alta sieroprevalenza anche nella popolazione generale 9 USA 1998-1999 163 addetti allo smaltimento dei liquami. Età media 46 anni 139 elettricisti e addetti alla ristorazione Sieroprevalenza degli anticorpi anti-HAV: • popolazione studiata: 26% (42/163) • popolazione controllo: 12% (17/139) L’impiego allo smaltimento dei liquami non risulta, dopo il controllo dei fattori di confondimento, significativamente associato a un aumento di prevalenza 10 USA 1996-1997 359 addetti allo smaltimento dei liquami. Età media 41,3 anni 89 lavoratori in acquedotti. Età media 41,2 anni Sieroprevalenza degli anticorpi anti-HAV: • popolazione studiata: 28,4% (102/359) • popolazione controllo: 23,6% (21/89) La differenza della prevalenza nei 2 gruppi non è significativa, ma dopo controllo dei fattori di confondimento, risulta esserci associazione tra HAV ed esposizione ai liquami. Fattori di rischio: • consumo di cibo sul posto di lavoro; • più di 8 anni di servizio; • non indossare la maschera di protezione; • contatto con liquame almeno 1 volta al giorno 11 Italia 2001 65 addetti allo (anno di smaltimento pubblicazione) dei liquami • uomini 94% • donne 6% laurea universitaria 2% 160 altri lavoratori nella stessa area della popolazione di riferimento: • uomini 69% • donne 31% laurea universitaria 11% Sieroprevalenza degli anticorpi anti-HAV: • popolazione studiata: 50,7% (33/65) • popolazione controllo: 45,7% (70/160) La differenza della prevalenza nei 2 gruppi non è significativa, neanche dopo aggiustamento. Associazione con basso titolo di studio, nascita nel Sud Italia 46 Sintesi delle principali prove disponibili PNLG – L’uso del vaccino anti epatite A in Italia ? E’ stata riscontrata tra gli alimentaristi una maggiore incidenza, diffusione, gravità dell’infezione da virus dell’epatite A? Questi lavoratori costituiscono un gruppo a rischio? Rosa Cristina Coppola, Elisabetta Franco, Alessandro Zanetti INTRODUZIONE Gli alimentaristi svolgono un duplice ruolo nella catena di trasmissione dell’HAV; essi possono: • contrarre l’infezione, mediante la manipolazione di alimenti contaminati; • rappresentare, una volta infettati, la sorgente d’infezione attraverso la contaminazione del cibo durante le fasi di preparazione. Pur essendo descritte1 numerose epidemie di HAV legate all’ingestione di cibo contaminato (soprattutto molluschi e frutti di mare crudi), sono poche le segnalazioni di focolai in cui sono coinvolti gli alimentaristi come portatori ed escretori del virus e, in questi casi, la trasmissione risulta legata a una scarsa osservanza delle universali norme igieniche. In caso di alimentaristi che contraggono l’infezione, non c’è dimostrazione di contagio come conseguenza diretta dell’attività lavorativa. E’ opportuno, infine, ricordare che la consensus conference organizzata dall’Istituto superiore di sanità nel 19952 non riteneva necessario raccomandare alla categoria degli alimentaristi la vaccinazione contro l’epatite A, sottolineando, invece, l’importanza di una valida formazione del personale e di un’efficace vigilanza sulle strutture. OBIETTIVO Stabilire se esistono prove per considerare gli alimentaristi un gruppo a rischio di contrarre o essere sorgenti di infezione da HAV e quindi per giustificare la proposta di vaccinazione in questa categoria. METODO Banche dati consultate: Medline ed Embase, limitatamente agli ultimi 10 anni, inserendo termini controllati e parole libere: hepatitis A (MESH), hepatitis A virus, human (MESH), HAV.pm, Food Handling (MESH), Occupational Diseases (MESH), Risk Factor (MESH), risk, risk group.mp. Sono stati selezionati 10 articoli considerati pertinenti, 1 dei quali è risultato non pertinente dopo la lettura del testo completo. E’ stato aggiunto a questo gruppo un ulteriore lavoro,1 menzionato nell’introduzione, ma non indicizzato su Medline, inerente alla correlazione tra HAV, alimenti e relative misure di prevenzione, raggiungendo un totale di 9 articoli pertinenti. E’ stato inoltre considerato il documento finale della consensus conference organizzata dall’Istituto superiore di sanità nel 1995.2 RISULTATI Uno studio di prevalenza,3 di qualità non elevata, ricerca la sieroprevalenza di anticorpi anti-HAV in varie categorie lavorative tra cui alimentaristi e operatori sanitari con differenti mansioni in ambiente ospedaliero e rileva un lievissimo aumento di prevalenza (10%) negli alimentaristi di età inferiore a 30 anni, rispetto alla popolazione generale (4,4%). Un altro studio del 19904 riscontra una sieroprevalenza di anticorpi anti-HAV maggiore nel personale addetto alla cucina che nel personale medico, senza però considerare i fattori di tipo socioeconomico. Un dato interessante, che emerge da un lavoro italiano del 1996,5 è l’eventuale seppur modesto rischio di contrarre l’infezione in seguito a manipolazione di alimenti crudi. Un altro lavoro italiano6 riscontra un’associazione significativa tra sieropositività e anzianità lavorativa degli alimentaristi. Cinque articoli4,7-10 descrivono focolai epidemici potenzialmente associati ad alimentaristi infetti (tabella 1); in 1 di essi, l’assenza di IgM anti-HAV nel siero degli alimentaristi ha escluso il loro possibile ruolo quale sorgente d’infezione. Sintesi delle principali prove disponibili 47 PNLG – L’uso del vaccino anti epatite A in Italia COMMENTO Dalla revisione della letteratura dal 1990 non emerge alcuna prova di rischio per l’epatite A tra gli alimentaristi. L’evenienza di una contaminazione alimentare da parte di alimentaristi portatori del virus o di un’infezione degli stessi attraverso la manipolazione di cibi infetti è facilmente evitabile mediante l’osservanza delle più comuni e basilari norme igieniche. Pertanto non ci sono motivazioni valide per considerarli un gruppo a rischio e consigliare la vaccinazione di tutti gli alimentaristi. Art n. Luogo 7 TABELLA 1: DESCRIZIONE DI FOCOLAI EPIDEMICI CAUSATI DA ALIMENTARISTI Anno Caso indice Persone coinvolte Fattori di rischio USA maggiodicembre 1996 /// 170 soggetti L’assenza di IgM anti-HAV nel siero di 730 alimentaristi impiegati nelle mense dove si servivano i soggetti infettati ha escluso il possibile ruolo degli stessi quale sorgente d’infezione 4 Germania 1990 (anno di pubblicazione) 1 cuoco 7 persone, di cui • 4 infermieri • 1 donna delle pulizie • 1 medico • 1 paziente Cibo contaminato dal caso indice 8 USA luglio-agosto 1988 1 alimentarista tossicodipente 68 persone Manipolazione di hamburger dopo la cottura 9 USA aprile-maggio 1994 1 fornaio 79 persone, di cui • 9 impiegate nel club rifornito dal fornaio • 55 clienti del club • 2 casi secondari Manipolazione di prodotti dolciari 10 USA ottobre 1994 1 alimentarista impiegato in un’impresa di catering 91 persone Manipolazione di alimenti crudi 48 Sintesi delle principali prove disponibili PNLG – L’uso del vaccino anti epatite A in Italia ? E’ stata riscontrata tra il personale degli asili nido e delle scuole materne una maggior incidenza, diffusione, gravità dell’infezione da epatite A? Questo personale costituisce un gruppo a rischio? Rosa Cristina Coppola, Elisabetta Franco, Alessandro Zanetti INTRODUZIONE Il riconoscimento dell’asilo quale sorgente di trasmissione di HAV risale alla metà degli anni settanta, come descritto in una review del 19941 che riporta diversi studi focalizzati sulla segnalazione di focolai epidemici in asili. Negli asili il virus dell’epatite A è trasmesso attraverso cibo infetto, giocattoli e fonti contaminati, e mediante il contatto interpersonale. Sono perciò a rischio, oltre ai bambini, tra cui è più facile e comprensibile la trasmissione dell’infezione, anche i familiari e i membri del personale, tra cui il contagio è subordinato all’inosservanza delle basilari norme igieniche. E’ opportuno, infine, ricordare che la consensus conference organizzata dall’Istituto superiore di sanità nel 19952 non riteneva necessario raccomandare alla categoria degli assistenti all’infanzia la vaccinazione contro l’epatite A, migliorando invece, per superare il problema, la formazione del personale. OBIETTIVO Stabilire se esiste la prova per poter considerare il personale dell’asilo nido un gruppo a rischio di contrarre l’infezione da HAV e quindi per giustificare la proposta di vaccinazione in questa categoria. METODO Sono state consultate 2 banche dati, Medline ed Embase, limitatamente agli ultimi 10 anni. La strategia di ricerca ha utilizzato termini di vocabolario controllato (MESH) e parole libere. I termini impiegati sono stati: hepatitis A (MESH), hepatitis A virus, human (MESH), HAV.pm, Day Care Centre. Sono stati trovati 18 articoli considerati pertinenti, di cui 9 irreperibili nelle biblioteche italiane. E’ stato inoltre considerato il documento finale della consensus conference organizzata dall’Istituto superiore di sanità nel 1995.2 RISULTATI Quattro degli studi valutati3-6 riferiscono diverse epidemie, le cui caratteristiche sono riportate nella tabella 1, che vedono l’asilo nido quale sorgente dell’infezione. Uno di questi articoli6 evidenzia come spesso l’infezione decorra in maniera asintomatica nei bambini, che possono quindi rappresentare una fonte di contagio silente. Epidemie precedenti al 1990 sono riportate in una review del 1994,1 menzionata nell’introduzione. Sono stati esaminati 2 studi di prevalenza,7,8 i cui risultati sono visualizzati nella tabella 2. Il primo di questi due articoli2 ricerca la sieroprevalenza di anticorpi anti-HAV nel personale di un asilo nido belga e sebbene si tratti di 2 popolazioni numericamente sproporzionate (413 vs 24), i risultati indicano un aumento della prevalenza nei membri esposti a maggior rischio perché a diretto contatto con i bambini, rispetto a quelli meno esposti perché impiegati in mansioni d’ufficio. E’ stata anche riscontrata nel personale di età compresa tra i 35 e i 44 anni una prevalenza maggiore rispetto ai controlli, scelti tra i donatori di sangue. Il secondo studio8 rileva una sieroprevalenza del 13% tra impiegati in un asilo nido statunitense e non trova alcuna associazione tra sieropositività e altri parametri, quali anzianità di servizio nell’asilo nido, frequenza del cambio di pannolini, consumo di cibo sul luogo di lavoro, uso dei guanti, etnia, età. Un ulteriore articolo testimonia che, anche in realtà a elevata endemia e alta sieroprevalenza anticorpale, quale il Brasile, il rischio di contrarre l’HAV è proporzionale al tempo di permanenza nell’asilo.9 Un lavoro sul tasso di incidenza annuale di epatite A in diverse categorie professionali conclude che il personale che lavora con i bambini non presenta un rischio significativamente maggiore rispetto alla popolazione generale.10 Sintesi delle principali prove disponibili 49 PNLG – L’uso del vaccino anti epatite A in Italia LACUNE CONOSCITIVE I dati sul ruolo del personale nelle epidemie originatesi in asili nido sono limitati e non univoci. Non ci sono documenti a riguardo dal 1996. COMMENTO Dall’analisi degli studi raccolti è assolutamente evidente la possibilità di insorgenza di focolai epidemici di HAV nell’ambito di asili nido tra i bambini, ma non c’è alcuna prova che il personale di assistenza sia a rischio. Dalla lettura degli articoli che descrivono l’insorgenza e diffusione di epidemie in asili nido emerge che il rischio di contrarre l’infezione è maggiore nei familiari che nel personale; nei primi il rischio è legato allo stretto contatto con i bambini, nel secondo è facilmente evitabile attraverso un’adeguata osservanza delle universali norme igieniche. Esigui e non univoci sono i lavori che studiano la sieroprevalenza anticorpale nei membri dello staff. Pertanto non ci sono motivazioni valide per considerare il personale un gruppo a rischio e suggerirne la vaccinazione. Art n. Luogo 3 TABELLA 1: DESCRIZIONE DI FOCOLAI EPIDEMICI ORIGINATI IN ASILI NIDI Anno Caso indice Casi secondari Fattori di rischio USA 1988-1989 /// 311 casi di epatite A: 111 casi, su 302 di cui si hanno informazioni, hanno avuto contatti con l’asilo nido: • 33 bambini • 4 impiegati • 74 contatti familiari Asili nidi sovraffollati 4 Francia marzo-luglio 1994 1 compagno di classe di un fratello maggiore di un bambino dell’asilo 17 persone coinvolte: • 11 bambini (2-3 anni) • 2 membri del personale (su 19) • 3 genitori • 1 genitore educatore Giochi dei bambini nella stessa piscina 5 Israele luglio 1997febbraio 1998 Probabilmente casi asintomatici in un asilo nido 23 persone coinvolte, di cui 17 avevano contatti con l’asilo nido: • 14 con figlio all’asilo nido • 3 contatti delle 14 persone sopra riportate Uso dello stesso lavandino per la preparazione dei pasti e il cambio dei pannolini 6 Italia maggiosettembre 1994 2 bambini asintomatici, in una comunità per bambini orfani provenienti dal Ruanda 6 persone coinvolte, di cui 5 facenti parte del personale volontario di questa comunità e 1 figlia di uno dei volontari Contatto con bambini asintomatici 50 Sintesi delle principali prove disponibili PNLG – L’uso del vaccino anti epatite A in Italia TABELLA 2: STUDI DI PREVALENZA NEL PERSONALE DI ASILI NIDO Art n. Luogo Anno Popolazione studiata Popolazione riferimento Risultati 7 Belgio 1991 560 impiegate in 40 asili nido: • 413 esposti a > rischio (contatto con i bambini) • 24 esposti a < rischio (lavoro d’ufficio) • 123 con mansioni non specificate 560 donatrici di sangue Sieroprevalenza anticorpi anti-HAV: • popolazione studiata: 48,4% • popolazione di riferimento: 42,9%. Nell’ambito della popolazione studiata, la prevalenza nelle 413 impiegate esposte a maggior rischio è 3 volte maggiore di quella nelle 24 esposte a minor rischio. Nelle classi di età 35-39 e 40-44 anni la sieroprevalenza tra i casi supera del 26 e 34% rispettivamente quella registrata tra i controlli 8 USA maggioagosto 1994 360 impiegati in asili nido /// Sieroprevalenza anticorpi anti-HAV: 13% (48/360) La sieropositività è fortemente associata al non essere nati in USA; ma non è associata ad altre variabili (sesso, livello d’istruzione, anzianità di servizio nell’asilo, frequenza del cambio pannolini, uso dei guanti, consumo di cibo sul luogo di lavoro) Sintesi delle principali prove disponibili 51 PNLG – L’uso del vaccino anti epatite A in Italia ? Sono state riscontrate una maggior incidenza, diffusione e gravità dell’infezione da virus dell’epatite A tra i soggetti con handicap istituzionalizzati o tra i membri del personale di tali istituzioni? Questi soggetti costituiscono un gruppo a rischio? Rosa Cristina Coppola, Elisabetta Franco, Alessandro Zanetti INTRODUZIONE I soggetti con handicap fisici e, soprattutto, mentali istituzionalizzati possono più facilmente contrarre l’HAV attraverso la trasmissione oro-fecale a causa della maggiore difficoltà nel rispettare le comuni norme igieniche. Nonostante il declino dell’incidenza dell’epatite A in seguito a notevoli miglioramenti in campo igienico e sanitario, focolai epidemici sono stati riportati nell’ambito di comunità dal 1970.1 La consensus conference organizzata dall’Istituto superiore di sanità nel 1995 non menziona questi soggetti tra i potenziali gruppi a rischio di acquisire l’HAV.2 OBIETTIVO Stabilire se esistono prove per poter considerare i soggetti istituzionalizzati o il personale di tali istituzioni un gruppo a rischio di contrarre l’infezione da HAV e quindi per giustificare la proposta di vaccinazione in questa categoria. METODO Banche dati consultate: Medline ed Embase; limitatamente agli ultimi 10 anni. Parole chiave, sia in vocabolario controllato che in termini liberi: Hepatitis A; Hepatitis A virus, human; Institutionalization; Residential Facilities; Community Mental Health Center, Hospice, Nursing Home, Residential Home, Health Care Facility. Sono stati individuati 7 articoli considerati pertinenti, di cui 3 irreperibili nelle biblioteche italiane, raggiungendo un totale di 4 articoli pertinenti. E’ stato inoltre considerato il documento finale della consensus conference organizzata dall’Istituto superiore di sanità nel 1995.3 RISULTATI Sono stati valutati 4 studi di prevalenza1,2,4,5 i cui risultati sono visualizzati in tabella 1. I primi due lavori,1,4 di qualità non elevata, sono stati effettuati in concomitanza con l’insorgenza di focolai epidemici in due comunità per soggetti con handicap mentali. Il terzo articolo,5 di qualità migliore, evidenzia una prevalenza superiore nella popolazione studiata. Il quarto lavoro3 non presenta una popolazione di confronto, ma non riscontra un’associazione tra la durata del ricovero e la prevalenza di Ig anti-HAV né tra i bambini istituzionalizzati né tra il personale di 13 istituti in Francia. LACUNE CONOSCITIVE I lavori che studiano il rischio di soggetti istituzionalizzati di contrarre HAV sono pochi; oltretutto, 2 dei 4 studi di prevalenza raccolti sono di qualità non elevata. COMMENTO Il problema del rischio di focolai epidemici tra soggetti con handicap mentali o fisici residenti in questi centri sta emergendo, in quanto il miglioramento delle condizioni igienico-sanitarie ha determinato un declino della sieroprevalenza di anticorpi anti-HAV nella popolazione generale, con conseguente incremento della suscettibilità all’infezione. Gli articoli, sebbene 2 di essi siano di qualità non elevata, vanno tutti nella stessa direzione, mostrando una maggiore prevalenza anticorpale nei soggetti istituzionalizzati. Perciò, tenendo presente la scarsità 52 Sintesi delle principali prove disponibili PNLG – L’uso del vaccino anti epatite A in Italia numerica di dati disponibili, sembra che ci sia per i pazienti una modesta prova di rischio nell’ambito delle istituzioni. Nessuno degli articoli raccolti menziona il rischio di contrarre l’ HAV per il personale delle comunità, che, rispettando le basilari norme igieniche, può facilmente tutelarsi dall’esposizione al virus. Il lavoro, che considera il rischio di contrarre l’ HAV per il personale delle comunità,3 non trova un’associazione con la durata dell’attività negli istituti; infatti il personale, rispettando le basilari norme igieniche, può facilmente tutelarsi dall’esposizione al virus. TABELLA 1: STUDI DI PREVALENZA IN SOGGETTI ISTITUZIONALIZZATI Art n. Luogo Anno Popolazione studiata Popolazione riferimento Risultati 4 Australia febbraio 1993 270 soggetti con difficoltà di sviluppo, istituzionalizzati permanentemente. La popolazione è stata studiata in seguito a un’epidemia che ha coinvolto: • 11 residenti permanenti del centro • 2 residenti temporanei • 1 membro del personale /// In 128 dei 270 soggetti istituzionalizzati sono stati riscontrati segni sierologici di infezione recente o passata: 117 sono risultati positivi alla ricerca delle Ig totali anti-HAV, ma negativi alle IgM, 11 sono risultati positivi alla ricerca delle IgM. Fattori di rischio: • età dei residenti • tempo di permanenza nel centro Circa la metà dei residenti del centro (52,6%) sono suscettibili all’HAV: è proposta la vaccinazione 1 Francia ottobre 1992febbraio 1993 280 soggetti con difficoltà di apprendimento istituzionalizzati. Età media 31,1 anni: • uomini: 133 • donne: 147 La popolazione è stata studiata in seguito all’identificazione di 3 casi nella comunità Popolazione generale francese (le caratteristiche non sono specificate) Sieroprevalenza degli anticorpi anti-HAV: globale 49,8%, di cui: • uomini 39,1% (52/133) • donne 59,6% (87/147) Il rischio di contrarre l’HAV è maggiore per i soggetti ricoverati che per la popolazione generale 5 Spagna giugno 1996gennaio 1997 157 pazienti con ritardo mentale. Età media 24,4±3 anni. Durata istituzionalizzazione: 9,7±5 anni 157 pazienti non ritardati (con cecità). Età media 19,2±5 anni. Durata istituzionalizzazione: 4,6±3 anni Sieroprevalenza degli anticorpi anti-HAV: • popolazione studiata: 54% • controlli: 22% I soggetti mentalmente ritardati hanno rischio di contrarre HAV maggiore dei non ritardati 2 Francia 1989-1991 811 bambini istituzionalizzati. Età media 12,6 anni. Durata media istituzionalizzazione: 3,2 anni /// Sieroprevalenza degli anticorpi anti-HAV nella popolazione studiata: 20%. Gli unici fattori associati al rischio d’infezione da HAV sono l’origine geografica e l’età Sintesi delle principali prove disponibili 53 PNLG – L’uso del vaccino anti epatite A in Italia ? E’ stata riscontrata tra i politrasfusi una maggiore incidenza, diffusione o gravità dell’infezione da epatite A? I politrasfusi costituiscono un gruppo a rischio ? Rosa Cristina Coppola, Elisabetta Franco, Alessandro Zanetti INTRODUZIONE Data la breve durata del periodo di viremia nell’epatite A, l’infezione da HAV non è una complicanza significativa delle trasfusioni di sangue; tuttavia, sebbene rari, alcuni casi di trasmissione sono stati riportati in seguito a trasfusione di sacche di sangue da donatori nella fase d’incubazione e tra tossicodipendenti per via endovenosa.1 Una review del 19942 riferisce che nessuno degli studi prospettici condotti negli anni settanta e ottanta per stabilire l’incidenza di epatite A post trasfusionale ha identificato casi di infezione da HAV trasmessa per via parenterale. I primi dati in letteratura a favore di una trasmissione attraverso il sangue risalgono al 1981 quando un’epidemia di epatite A si è verificata in una clinica pediatrica in Svezia, causata da una bambina che aveva ricevuto sangue infetto alla nascita. Simili episodi risalenti al 1984 sono riportati nella stessa review. Attualmente in Francia viene raccomandata la vaccinazione ai politrasfusi.3 La consensus conference organizzata dall’Istituto superiore di sanità nel 1995 affrontava l’argomento dei politrasfusi occupandosi solo del problema degli emofiliaci, da noi esaminato in una categoria separata.4 OBIETTIVO Stabilire se esistono evidenze per poter considerare i politrasfusi un gruppo a rischio di contrarre l’infezione da HAV e quindi per giustificare la proposta di vaccinazione in questa categoria. METODO Sono state consultate 2 banche dati, Medline ed Embase, limitatamente agli ultimi 10 anni. La strategia di ricerca ha utilizzato termini con vocabolario controllato e termini liberi: Hepatitis A (MESH), Hepatitis A virus, human (MESH) Vaccination, Transfusion, Risk, Risk Factor, Risk group, con l’esclusione degli articoli riguardanti l’HIV e l’emofilia; sono stati individuati 21 articoli considerati pertinenti, di cui 9 irreperibili nelle biblioteche italiane. Non sono stati reperiti 2 articoli redatti in lingua cinese e giapponese. Dei 10 articoli esaminati, 4 sono risultati non pertinenti. E’ stato inoltre considerato il documento finale della consensus conference, organizzata dall’Istituto superiore di sanità nel 1995.4 RISULTATI Sono stati valutati 2 articoli5,6 dei primi anni novanta che descrivono 2 focolai epidemici negli USA, in cui il caso indice era rappresentato da bambini trasfusi con plasma o sangue infetto. Uno studio condotto in Sicilia nel 1997,7 che ricerca i marcatori sierologici per l’epatite A in 75 pazienti talassemici politrasfusi, mostra una bassa prevalenza degli anticorpi anti-HAV (2,7% nella fascia d’età tra 0 e 19 anni e 11,4% nella fascia tra i 20 e i 39 anni). Sono stati infine esaminati 3 lavori1-3 già menzionati nell’introduzione. LACUNE CONOSCITIVE E’ presente un solo studio di prevalenza nel gruppo dei politrasfusi. COMMENTO Dalla revisione della letteratura dal 1990 è assolutamente evidente, sebbene rara, la possibilità di trasmissione del virus dell’epatite A per via parenterale. Infatti gli articoli esaminati riportano diversi episodi di trasmissione dell’HAV post trasfusionale nei bambini. Non ci sono però dati di prevalenza a sostegno dell’ipotesi di un rischio aumentato; l’unico studio disponibile è un articolo italiano che mostra una sieroprevalenza degli anticorpi anti-HAV molto bassa in soggetti talassemici politrasfusi, probabilmente legata a una minor esposizione ai generici fattori di rischio. Pertanto non ci sono prove che ci consentono di considerare i politrasfusi un gruppo a rischio. 54 Sintesi delle principali prove disponibili PNLG – L’uso del vaccino anti epatite A in Italia ? E’ stata riscontrata tra gli emofiliaci una maggior incidenza, diffusione o gravità dell’infezione da virus dell’epatite A? Gli emofiliaci costituiscono un gruppo a rischio? Rosa Cristina Coppola, Elisabetta Franco, Alessandro Zanetti INTRODUZIONE I concentrati dei fattori della coagulazione prodotti da pool di donazioni possono essere contaminati da virus dell’epatite A, presente anche in un singolo donatore fortemente viremico. I metodi di inattivazione con solvente/detergente non sono attivi contro il virus dell’epatite A. E’ stato dimostrato che emofiliaci trattati con tali prodotti sono a rischio di contrarre l’infezione. La consensus conference del 1995 dell’Istituto superiore di sanità1 raccomandava la vaccinazione per gli emofiliaci. OBIETTIVO Stabilire se esistono prove per poter considerare i soggetti emofiliaci un gruppo a rischio per l’infezione da HAV e quindi per giustificare la proposta di vaccinazione in questa categoria. METODO Banche dati consultate: Medline (1966-2000) ed Embase (1988-2000), limitatamente agli ultimi 10 anni. E’ stata seguita una strategia di ricerca attraverso termini di vocabolario controllato (MESH) e parole libere: Hepatitis A (MESH), hepatitis A virus, human (MESH), hepatovirus (MESH), hemophilia (MESH), risk (MESH), risk group.mp, risk factor.mp. Sono stati trovati 39 articoli considerati pertinenti, di cui 14 irreperibili nelle biblioteche italiane. Dei 25 articoli pervenuti, alla lettura del testo completo 1 è risultato non inerente: in totale sono pertanto 24 gli articoli pertinenti. E’ stato inoltre considerato il documento finale della consensus conference, organizzata dall’Istituto superiore di sanità nel 1995.1 RISULTATI Dal 1989 al 1997 sono stati pubblicati vari studi che riferiscono di numerosi focolai epidemici di epatite A in soggetti emofiliaci trattati con fattore VIII e IX della coagulazione precedentemente inattivati col metodo solvente/detergente.2,3,4C-10 I risultati, riportati nella tabella 1, vengono raccolti e analizzati in 2 recenti review.11,12 Gli studi di prevalenza e caso controllo effettuati,13-23 riportati in tabella 2, e un lavoro del 19924A non riscontrano una maggior evidenza di infezione da epatite A nei pazienti emofiliaci. Una lettera del 19924B riferisce che è stato costituito un gruppo di studio internazionale per definire la situazione. Un lavoro del 199324 raccomanda la sterilizzazione terminale del sangue con calore secco a 100° C per distruggere anche i virus privi di involucro lipidico. Da uno studio retrospettivo del 199625 emerge la possibilità di trasmissione dell’HAV, seppur rara, e viene trovato l’HAV-RNA mediante PCR nel fattore IX trattato con solvente/detergente. COMMENTO Una recente review12 riporta numerosi casi di epatite A in emofiliaci, trattati con concentrati di fattore VIII e IX inattivati con solvente/detergente, verificatisi tra il 19872,3 e il 1997.10 Il principale fattore di rischio era da ricondurre all’inefficacia del trattamento con solvente/detergente nell’inattivare il virus dell’epatite A. Inoltre la diminuita incidenza dell’infezione da virus dell’epatite A nei paesi industrializzati è responsabile della presenza di un maggior numero di giovani e di adulti suscettibili all’infezione anche fra gli emofiliaci. E’ anche aumentata la probabilità che un donatore possa presentare un’epatite A in fase di incubazione e che vi sia una ridotta quantità di anticorpi specifici nei pool di donazioni. Attualmente non vi sono più segnalazioni di epatite A negli emofiliaci, in quanto il sistema di inattivazione è stato completato con un trattamento al calore capace di neutralizzare il virus dell’epatite A ed è sempre maggiore l’uso di prodotti ottenuti con tecniche di ricombinazione genetica. Dall’esame della letteratura appare evidente che, utilizzando concentrati privi di HAV o trattati con metodi capaci di inattivare il virus, gli emofiliaci non presentano un rischio di contrarre l’epatite A superiore a quello della popolazione generale. Sintesi delle principali prove disponibili 55 PNLG – L’uso del vaccino anti epatite A in Italia Art n. Luogo Anno 2 Italia 3 TABELLA 1: DESCRIZIONE DI FOCOLAI EPIDEMICI TRA EMOFILIACI Numero dei casi Fattori di rischio/ conclusioni 1989-1992 41 casi inpazienti con emofilia A in 10 centri italiani C’è una maggiore incidenza nei pazienti con emofilia A grave Germania 1988-1992 13 casi di infezione su 46 pazienti trattati con FVIII S/D E’ stato trovato HAV-RNA in un lotto di sangue sospetto 4c Irlanda maggio-agosto 1992 17 casi di infezione su 343 pazienti trattati con FVIII S/D Vi è una notevole coincidenza tra trasfusione di FVIII S/D e casi di epatite A 5 Belgio 1992 6 emofiliaci trattati con FVIII S/D su 250 emofiliaci studiati In Belgio un simile cluster di epatite A è insolito 6 Sud Africa giugno 1993febbraio 1994 7 pazienti con emofilia A trattati con FVIII S/D 1 paziente con malattia di Von Willebrand In 3 dei pazienti studiati erano presenti sequenze di HAV cDNA identiche al 100% in un lotto di sangue 7 8 USA settembrenovembre 1995 3 casi in pazienti affetti da emofilia A 1 caso in pazienti affetti da emofilia B I fattori della coagulazione S/D sono riconosciuti come fattore di rischio 9 USA 1995 4 casi in emofiliaci A 2 casi in emofiliaci B L’HAV è stato identificato nei FVIII e FIX trasfusi 10 Germania gennaio 1997 5 casi in pazienti con emofilia A 1 caso in pazienti con malattia di von Villebrand L’epatite A può essere trasmessa tramite FVIII S/D TABELLA 2: STUDI DI PREVALENZA E CASO-CONTROLLO Art n. Luogo Anno Popolazione studiata Popolazione riferimento Risultati 13 Italia 1992 53 pazienti con emofilia A 9 pazienti con malattia di Von Villebrand 67 parenti in buono stato di salute Prevalenza anticorpi anti HAV: • popolazione studiata: 63% (39/62) • popolazione riferimento: 72% (48/67) Nessuna differenza significativa tra i 2 gruppi 14 Germania 1993 58 pazienti con emofilia A 37 pazienti con malattia di Von Villebrand trattati con concentrati di FVIII pastorizzato Età media: 8 anni 61 bambini ricoverati nel reparto di chirurgia e bambini con difetti della coagulazione ma senza necessità di terapia sostitutiva Prevalenza anticorpi anti HAV: • popolazione studiata: 3,16% • popolazione riferimento: 4,82% La pastorizzazione risulta un metodo sicuro per prevenire la trasmissione di HAV 15 USA 1993 339 soggetti trattati dal 1985 al 1990 con preparati di fattori della coagulazione, inclusi quelli trattati con S/D. Di questi 130 erano anti-HAV negativi all’entrata /// Sieroconversione in 11/130 emofiliaci (8,5%). Sembra che la sieroconversione sia avvenuta per trasferimento passivo di anticorpi continua 56 Sintesi delle principali prove disponibili PNLG – L’uso del vaccino anti epatite A in Italia TABELLA 2: STUDI DI PREVALENZA E CASO-CONTROLLO Art n. Luogo Anno Popolazione studiata Popolazione riferimento Risultati 16 Norvegia 1992 202 emofiliaci Donatori di sangue stratificati per età 28/202 emofiliaci erano IgG-antiHAV positivi. Nessuna differenza significativa rispetto al gruppo di controllo 17 USA 1993 41 emofiliaci /// I pazienti con emofilia, principalmente quelli HIV positivi, hanno una maggior prevalenza di anticorpi anti-HBV (75,6%) e anti-HCV (90,2%) che di anti-HAV (24,4%) 18 Svezia 1994 50 emofiliaci Caratteristiche non specificate Sieroprevalenza anticorpi anti-HAV: • popolazione studiata: 20% (10/50) • popolazione riferimento: 5% La maggior parte delle sieroconversioni nella popolazione studiata risale a prima del 1983. Non c’è stata una recente conversione 19 Italia 1994 29 pazienti emofiliaci con epatite e ittero Età media: 22 anni 71 pazienti emofiliaci senza segni di infezione Età media: 22 anni La trasfusione di FVIII è ritenuta un fattore di rischio. L’identificazione di sequenze di HAV-RNA in 5 dei 12 lotti testati indica che la contaminazione virale dei preparati di FVIII S/D avviene abbastanza frequentemente 20 Francia 1995 69 bambini con emofilia A 10 bambini con emofilia B Età media: 7,5 anni Origine: • 73 Nord Europa • 6 Africa 1.061 bambini francesi non emofiliaci Età: range 6-15 anni Sieroprevalenza di anticorpi anti-HAV: • popolazione studiata: 7,6% (6/79) 1/6 europeo (1,4%) 5/6 africani (83,3%) • popolazione riferimento: 9% L’infezione è associata a fattori ambientali e geografici piuttosto che all’uso do concentrati antiemofilici 21 Irlanda 1993 29 emofiliaci residenti in Irlanda con epatite A acuta Età media: 16 anni 78 emofiliaci residenti in Irlanda anti-HAV negativi Età media: 22 anni L’incidenza di epatite A acuta tra gli emofiliaci eccede quella nella popolazione generale. L’associazione dell’infezione con FVIII risulta il più importante fattore di rischio. E’ stato dimostrato un effetto dose-risposta 22 USA 1995 1) STUDIO DI PREVALENZA /// 46 bambini emofiliaci trattati con concentrati di FVIII, inattivato con varie metodiche tra cui melATE (S/D) 2) STUDIO CASO-CONTROLLO 37 emofiliaci trattati con 37 emofiliaci non melATE trattati con melATE 1) 1 bambino su 46 risulta positivo. 292 emofiliaci A 42 emofiliaci B 7 pazienti affetti da malattia di Von Villebrand suddivisi per età Prevalenza: • casi: 17% (58/341) • controlli: 41% (8047/19746) La prevalenza nei pazienti emofiliaci è minore di quella dei donatori 23 Olanda 19931994 19.746 donatori di sangue suddivisi per età 2) Prevalenza IgG anti-HAV: • casi: 41% (15/37) • controlli: 43% (16/37) Non c’è maggior prevalenza di infezione in pazienti che hanno usato melATE Sintesi delle principali prove disponibili 57 PNLG – L’uso del vaccino anti epatite A in Italia ? Sono state riscontrate una maggior incidenza, diffusione e gravità dell’ infezione da epatite A tra i tossicodipendenti? Questi soggetti costituiscono un gruppo a rischio? Rosa Cristina Coppola, Elisabetta Franco, Alessandro Zanetti INTRODUZIONE La questione dell’epatite A nei tossicodipendenti1 è strettamente correlata con la variazione della prevalenza nella popolazione generale. Infatti, i primi paesi in cui si è riscontrato un aumento dei casi di epatite A in tossicodipendenti sono quelli scandinavi, in cui la prevalenza nella popolazione è bassa.2 Con l’aumento del fenomeno della tossicodipendenza, nei paesi a bassa incidenza di epatite A si è assistito, durante la prima metà degli anni ottanta, a una crescita parallela della prevalenza di epatite A in tossicodipendenti in cui l’immunità naturale era ridotta.3 In Italia la consensus conference organizzata dall’ Istituto superiore di sanità nel 1995 consigliava la vaccinazione di individui tossicodipendenti.4 OBIETTIVO Stabilire se esistono prove per considerare i tossicodipendenti un gruppo a rischio di contrarre l’infezione da HAV e quindi per giustificare la proposta di vaccinazione in questi soggetti. METODO Banche dati consultate: Medline (1966-2001) ed Embase (1988-2001). E’ stata utilizzata una strategia di ricerca con termini di vocabolario controllato (MESH) e parole libere. Substance abuse, intravenous (MESH), drug abuse.mp, drug dependance.mp, drug addiction.mp, drug user.mp, risk factors (MESH), risk (MESH), risk group.mp, hepatitis A (MESH), hepatitis A virus, human (MESH), hepatovirus (MESH). Sono stati considerati pertinenti, e inseriti in bibliografia, 16 articoli. E’ stato inoltre considerato il documento finale della consensus conference organizzata dall’Istituto superiore di sanità nel 1995.4 RISULTATI Sono stati analizzati 8 studi di prevalenza,5-12 la maggior parte dei quali concordano su una prevalenza di anticorpi anti-HAV lievemente superiore nei tossicodipendenti rispetto ai gruppi di controllo (tabella 1). Uno studio, che descrive 5 epidemie verificatesi in Australia, riporta la scarsa igiene personale come il più probabile fattore di rischio.13 Altri articoli identificano come fattori di rischio lo scambio di siringhe12,14 e l’assunzione orale di droghe potenzialmente contaminate.14 Alcuni studi riferiscono l’insorgenza di epidemie tra tossicodipendenti e omosessuali, che diventano importanti fonti di epatite A.2,6,15 È stato esaminato un ulteriore articolo già menzionato nell’introduzione.3 COMMENTO Tutti i dati in nostro possesso concordano su una prevalenza di epatite A lievemente superiore nei tossicodipendenti rispetto a varie popolazioni di riferimento, anche se i reali fattori di rischio non sono altrettanto chiari. La trasmissione è legata a fattori di tipo socioeconomico, alla promiscuità sessuale, allo scambio di siringhe e alla contaminazione degli strumenti per utilizzare la droga, ma non c’è accordo nello stabilire quali siano i principali. Non si riscontrano inoltre lavori in cui i tossicodipendenti siano causa di epidemia. 58 Sintesi delle principali prove disponibili PNLG – L’uso del vaccino anti epatite A in Italia TABELLA 1: STUDI DI PREVALENZA IN TOSSICODIPENDENTI Art n. Luogo Anno 5 Polonia gennaio 1998marzo 1999 Popolazione studiata Popolazione riferimento Risultati 100 tossicodipendenti ev • 74 uomini • 26 donne Età media: 23,7 anni 120 donatori di sangue* di uguale sesso ed età Sieroprevalenza di anticorpi anti-HAV: • popolazione studiata: 65% • popolazione riferimento: 55% La differenza non è significativa. Però la Polonia è una zona ad alta endemia, scarso livello socioeconomico generale e alta sieroprevalenza nella popolazione *prima dello screening 6 Svezia 1990 171 tossicodipendenti Popolazione svedese generale (la Scandinavia è un’area a bassissima endemia) La prevalenza degli anticorpi anti-HAV nei tossicodipendenti (52%) è 10 volte maggiore rispetto a quella riscontrata nella popolazione generale. Associazione con durata di tossicodipendenza, numero di partner tossicodipendenti negli ultimi 3 anni 7 Italia 1990-1991 645 tossicodipendenti ev Popolazione generale, da uno studio dello stesso autore del 1987 La prevalenza degli anticorpi anti-HAV nei tossicodipendenti (50,9%) è sovrapponibile a quella riscontrata nella popolazione generale 8 Francia 174 omosessuali 122 tossicodipendenti ev 76 membri del personale ospedaliero Sieroprevalenza di anticorpi anti-HAV: <35 anni >35 anni • omosessuali: 41,3% 80% • tossicodipendenti ev: 65,5% 79% • controlli: 33% 83% La prevalenza nei tossicodipendenti è maggiore che nei controlli, nella fascia di età <35 anni 9 USA 1993-1994 292 tossicodipendenti 294 omosessuali 300 donatori di sangue Sieroprevalenza anticorpi anti-HAV: • omosessuali 32,3% (95/294) • tossicodipendenti 66,4% (194/292) • controlli 13,7% (41/300) Nei tossicodipendenti il rischio è correlato alle scarse condizioni igieniche piuttosto che all’abuso di droga 10 Australia 1990-1992 2.175 detenuti; 293 tossicodipendenti 2.983 donatori di sangue Sieroprevalenza anticorpi anti-HAV (%): globale • tossicodipendenti 51,2 19,6 39,2 • detenuti 44,6 • controlli 30,1 27 33 11 Svizzera 1997 175 tossicodipendenti: • 70% uomini • 30% donne Età media: 30,6 /// Sieroprevalenza anticorpi anti-HAV: 63,6% (110/175). Non c’è correlazione tra durata della storia di tossicodipendenza e HAV 12 Canada marzo-agosto 1998 235 tossicodipendenti 51 omosessuali 111 giovani di strada E’ stata riscontrata una prevalenza di anticorpi anti-HAV significativamente più elevata nei tossicodipendenti che nella popolazione di controllo Sintesi delle principali prove disponibili 59 PNLG – L’uso del vaccino anti epatite A in Italia ? E’ stata riscontrata tra gli omosessuali una maggior incidenza, diffusione, gravità dell’infezione da virus dell’epatite A? Gli omosessuali costituiscono un gruppo a rischio? Rosa Cristina Coppola, Elisabetta Franco, Alessandro Zanetti INTRODUZIONE L’ipotesi di considerare gli omosessuali come un potenziale gruppo a rischio di contrarre l’HAV risale ai primi anni novanta. Sebbene i risultati dei primi studi siano contrastanti, il sospetto nasce dalla dimostrazione di una frequenza elevata di epatite A nei soggetti di età compresa tra i 20 e i 40 anni di sesso maschile rispetto ai soggetti di sesso femminile, in un contesto di netto decremento dell’infezione, legato al miglioramento delle condizioni socioeconomiche nei paesi industrializzati. La plausibilità del rischio è correlata a rapporti oro-anali. La consensus conference organizzata dall’Istituto superiore di sanità nel 1995 non menzionava gli omosessuali tra i potenziali gruppi a rischio e prima di tale anno era riportato solo un esiguo numero di documenti. Si tratta per lo più di descrizioni di focolai epidemici tra gli omosessuali; uno studio prospettico del 1994 non rivela alcuna differenza nella sieroprevalenza di anticorpi anti-HAV tra omosessuali ed eterosessuali. OBIETTIVO Stabilire se esistono prove per considerare gli omosessuali un gruppo a rischio di contrarre l’infezione da HAV e quindi per giustificare la proposta di vaccinazione in questi soggetti. METODO Sono state consultate 2 banche dati, Medline ed Embase, limitatamente agli ultimi 10 anni. Nella strategia di ricerca sono stati utilizzati termini controllati (MESH) e parole libere: Hepatitis A (MESH), hepatitis A virus, human (MESH), Homosexual.mp homosexuality, MSM.mp, risk (MESH), risk factors (MESH), risk group.mp. Sono stati trovati 34 articoli considerati pertinenti, di cui 8 irreperibili nelle biblioteche italiane. E’ stato raggiunto quindi un totale di 26 articoli pertinenti. RISULTATI Sono stati valutati 12 studi1-12 che riferiscono di focolai epidemici insorti tra gli omosessuali (tabella 1). Alcuni di questi articoli sono commentati in un ulteriore lavoro.13 Tre studi caso-controllo,14-16 condotti nell’ambito di epidemie insorte tra soggetti omosessuali, identificano come principali fattori di rischio la promiscuità sessuale, la frequenza di dark rooms e i rapporti oro-anali (tabella 2). Gli studi che indagano la prevalenza di anticorpi anti-HAV in omo/bisessuali17-23 non riscontrano differenze significative rispetto alle popolazioni scelte come controllo (popolazione generale/tossicodipendenti) come emerge dalla tabella 3. Un lavoro è un commento pubblicato su BMJ 24 che si esprime criticamente sull’ipotesi della vaccinazione anti epatite A per gli omosessuali. COMMENTO Numerosi studi, a partire dal 1991 e intensificatisi nel corso degli anni successivi, descrivono l’insorgenza di focolai epidemici tra gli omosessuali. Dall’analisi di diversi lavori, che studiano l’associazione di tali epidemie con potenziali fattori di rischio, emerge che il rischio di contrarre l’HAV è legato non all’omosessualità in sé quanto alle pratiche oro-anali e alla promiscuità sessuale, come anche confermato da una review del 1998.25 Tra gli omosessuali, infatti, i soggetti a maggior rischio presentano una storia di frequenti rapporti casuali, numerosi partner e frequentazione di dark rooms. Nonostante ciò, gli studi di prevalenza esaminati non rivelano importanti differenze della prevalenza di anticorpi anti-HAV tra omosessuali e gruppi di controllo. Questo dato è segnalato anche in una review del 1998,26 che conclude che vi è prova di trasmissione dell’epatite A solo in un modesto numero di omosessuali che abbiano un comportamento sessuale a rischio, mentre la maggioranza non sembra presentare un rischio aumentato. Pertanto è evidente che ci sono dei comportamenti a rischio più frequenti tra gli omosessuali che tra gli eterosessuali, ma non tali da determinare un significativo incremento di prevalenza nei primi. 60 Sintesi delle principali prove disponibili PNLG – L’uso del vaccino anti epatite A in Italia Art n. Luogo TABELLA 1: DESCRIZIONE DI FOCOLAI EPIDEMICI TRA OMOSESSUALI Anno Numero dei casi Risultati 1 Inghilterra 1989-1990 • 2.913 casi nel 1989, di cui 1 tra omosessuali • 4.087 casi nel 1990, di cui 17 tra omosessuali Rapporti oro-anali 2,3 USA 1991 Denver: 24 casi tra omosessuali. New York: 632 casi, di cui 254 a Brooklyn e 253 a Manhattan. Tra questi ultimi 221 (87%) si sono verificati tra uomini, 115 (45%) dei quali risedevano in zone tipiche di omosessuali. San Francisco: 350 casi. 293 (84%) tra uomini, 186 (78%) dei quali erano omo/bisessuali (su 237 intervistati). Nel 1990 254 casi: 189 (74%) tra uomini, di cui 64 (68%) omo/bisessuali (su 94). Toronto: 274 casi. 235 (85%) tra uomini, di cui 94 (56%) omo/bisessuali (su 169 intervistati). Nel 1990 68 casi. Montreal: 389 casi. 234 (60%) tra uomini, di cui 45 (42%) omosessuali (su 107 intervistati). Sidney: 134 casi. 102 (76%) tra uomini, di cui 35 (34%) omosessuali. Nel 1990 41 casi • elevato numero di partner • rapporti oro-anali • scarsa conoscenza delle modalità di STD Canada Australia 4 Inghilterra 1989-1992 65 casi tra il 1989-1992 con aumento di prevalenza negli omosessuali • Rapporti oro-anali • promiscuità sessuale 5 Canada novembre 1994dicembre 1995 261 casi, di cui il 78,5% tra uomini: il numero di casi tra omosessuali è aumentato nel 1995 /// 6 Inghilterra 1994-1996 Incremento del numero di casi di HAV da 270 a 481. Tra omosessuali l’aumento è del 346%: da 13 casi nel 1994 a 58 casi nel 1995 Rapporti oro-anali 7 Inghilterra 1995-1996 48 casi di cui 41 tra uomini; dei 33 uomini adulti il 40% è omosessuale e del 60% non si conoscono le abitudini sessuali Rapporti oro-anali 8 Australia 1991-1992 570 casi di cui 33 tra omo/bisessuali /// 9 USA gennaio-settembre 1996 222 casi, di cui il 75% tra omosessuali /// 10 Australia gennaio 1991-agosto 1992 settembre-agosto 1992 settembre 1994-giugno 1995 luglio 1995-dicembre 1996 561 casi di cui 323 tra omosessuali 98 casi di cui 36 tra omosessuali 126 di cui 42 tra omosessuali 330 di cui 186 tra omosessuali /// 11 Canada agosto 1996 376 casi tra omosessuali /// 12 Inghilterra gennaio 1996dicembre 1997 175 casi di cui 161 tra uomini. Di questi 100 erano omosessuali, 3 eterosessuali e in 53 casi l’orientamento sessuale non era determinato /// Sintesi delle principali prove disponibili 61 PNLG – L’uso del vaccino anti epatite A in Italia Art n. Luogo Anno 14 Olanda 15 16 TABELLA 2: STUDI CASO-CONTROLLO Popolazione studiata Popolazione di riferimento Fattori di rischio dicembre 1991marzo 1993 37 omo/bisessuali con HAV. Età media: 30 anni 68 omo/bisessuali sieronegativi per anticorpi anti-HAV. Età media: 36 anni Frequentazione di dark rooms, saune, bar, discoteche USA 1991 25 omo/bisessuali con HAV 42 omo/bisessuali sieronegativi per anticorpi anti-HAV • Rapporti sessuali casuali; • rapporti oro-anali Olanda gennaio-maggio 1998 19 omo/bisessuali con HAV. Età media: 33 anni 46 omo/bisessuali frequentanti club gay, con esclusione di quelli con storia di ittero o vaccinati per HAV. Età media: 35 anni • Rapporti sessuali casuali • frequentazione di dark rooms TABELLA 3: STUDI DI PREVALENZA Art n. Luogo Anno Popolazione studiata Popolazione di riferimento Risultati 17 Inghilterra 1993 185 omosessuali ricoverati in una clinica di Londra. Età media: 32,6 anni 70 eterosessuali ricoverati in una clinica di Londra. Età media: 32,2 anni Sieroprevalenza anticorpi anti-HAV: • omosessuali 32,4% (60/185) • eterosessuali 30,0% (21/70) • soggetti (115/185) praticanti rapporti oro-anali 33% • soggetti (70/185) non praticanti rapporti oro-anali 31,4%. Non ci sono evidenti differenze nella sieroprevalenza tra omosessuali ed eterosessuali; non c’è associazione tra aumento della prevalenza e rapporti oro-anali 18 Spagna marzo-giugno 1994 74 omosessuali ricoverati in una clinica per STD a Madrid. Età media: 28±5 anni 74 eterosessuali ricoverati in una clinica per STD a Madrid. Età media: 29±5 anni Sieroprevalenza anticorpi anti-HAV: • omosessuali, di cui il 48% pratica rapporti oro-anali: 47% (35/74) • eterosessuali, di cui l’8% pratica rapporti oro-anali: 43% (32/74) In aree a endemia intermedia, gli omosessuali non sono esposti a maggior rischio di contrarre HAV rispetto agli eterosessuali. La frequenza di rapporti oro-anali, maggiore tra gli omosessuali, non influenza la sieroprevalenza anticorpale continua 62 Sintesi delle principali prove disponibili PNLG – L’uso del vaccino anti epatite A in Italia TABELLA 3: STUDI DI PREVALENZA Art n. Luogo Anno Popolazione studiata Popolazione di riferimento Risultati 19 Francia 1996 (anno di pubblicazione) • 174 omosessuali; • 122 tossicodipendenti ev 76 infermieri in corsia pediatrica e impiegati nella mensa ospedaliera Sieroprevalenza anticorpi anti-HAV: • omosessuali età <35 anni: 41% >35 anni: 80,8% • tossicodipendenti età <35 anni: 65,5% >35 anni 79,2% • controlli età <35 anni: 33% >35 anni: 82,5% Tossicodipendenti ev di età <35 anni mostrano una sieroprevalenza superiore ai controlli. Non c’è differenza tra omosessuali e controlli. 20 USA 1993-1994 • 294 omosessuali; • 292 tossicodipendenti ev 300 donatori di sangue Sieroprevalenza anticorpi anti-HAV: • omosessuali 32,3% (95/294) • tossicodipendenti 66,4% (194/292) • controlli 13,7% (41/300) Associazione tra sieroprevalenza in omosessuali e numero di partner sessuali 21 USA luglio 1992 aprile 1993 411 omo/bisessuali 115: età 17-19 anni 296: età 20-22 anni /// Sieroprevalenza anticorpi anti-HAV: 28,0%. Presentano maggior prevalenza i gruppi di etnia latina, basso grado di istruzione, alto numero di partner sessuali, rapporti oro-anali, abuso di droga 22 Italia gennaiodicembre 1997 146 omosessuali, pazienti di una clinica per STD, a Roma 286 eterosessuali, pazienti di una clinica per STD, a Roma Sieroprevalenza anticorpi anti-HAV: • omosessuali 60,3% (88/146) • eterosessuali 62,2% (178/286) Non c’è differenza di sieroprevalenza tra le 2 popolazioni studiate 23 Canada marzo-agosto 1998 51 omosessuali 111 ragazzi di strada Sieroprevalenza anticorpi anti-HAV più elevata negli omosessuali, con differenza ai limiti della significatività Sintesi delle principali prove disponibili 63 PNLG – L’uso del vaccino anti epatite A in Italia ? E’ stata riscontrata tra i detenuti una maggior incidenza e diffusione dell’infezione da virus dell’epatite A? Questi soggetti costituiscono un gruppo a rischio? Rosa Cristina Coppola, Elisabetta Franco, Alessandro Zanetti INTRODUZIONE Le carceri sono considerate un ambiente a rischio per la trasmissione delle malattie infettive. La diminuita incidenza dell’infezione da HAV e, di conseguenza, l’aumento della popolazione suscettibile anche nelle classi socioeconomiche più disagiate sono alla base di un potenziale rischio di trasmissione dell’HAV all’interno degli istituti di detenzione. OBIETTIVO Stabilire se esistono prove per poter considerare i soggetti detenuti un gruppo a rischio di contrarre l’infezione da HAV e quindi per giustificare la proposta di vaccinazione in questa categoria. METODO Banche dati consultate: Medline ed Embase, limitatamente agli ultimi 10 anni. La strategia di ricerca ha utilizzato termini MESH e parole libere. Hepatitis A (MESH), Hepatitis A virus human (MESH), HAV.mp, Prisoners (MESH), prisoner.mp, prisons (MESH), risk (MESH), risk factors (MESH), risk group.mp. In totale gli articoli pertinenti sono 6, di cui 2 irreperibili nelle biblioteche italiane, raggiungendo un totale di 4 articoli utili. RISULTATI L’unica descrizione di epidemia in un carcere riferisce di persone che hanno sviluppato i sintomi della malattia subito dopo la reclusione, ma che avevano contratto il virus all’esterno.1 Da uno studio di prevalenza2 la sieropositività risulta maggiore in detenuti e ancor più in tossicodipendenti, molti dei quali con una storia di prigionia, rispetto a una popolazione di riferimento rappresentata da donatori di sangue. Un altro lavoro3 riporta l’associazione della sieropositività con scadenti condizioni socioeconomiche e abuso di droga. Mentre le scadenti condizioni socioeconomiche rendono la maggior parte dei detenuti già sieropositivi all’ingresso nell’istituto di detenzione, l’abuso di droga sembra essere il maggior fattore di rischio per gli individui sieronegativi. Un lavoro recente riscontra una bassa prevalenza di antiHAV nei detenuti4 e ne consiglia la vaccinazione. COMMENTO I dati in nostro possesso su un’eventuale maggior prevalenza dell’epatite A nei detenuti sono pochi, contrastanti e poco conclusivi. Le carceri possono essere considerate un ambiente in cui confluiscono svariati fattori di rischio per l’infezione da epatite A, come la promiscuità sessuale, l’abuso di droghe, lo scarso livello igienico-sanitario. 64 Sintesi delle principali prove disponibili PNLG – L’uso del vaccino anti epatite A in Italia ? E’ stata riscontrata tra gli HIV sieropositivi una maggior incidenza e diffusione dell’infezione da virus dell’epatite A? L’HAV si manifesta in forma clinica più grave nei soggetti con AIDS? Questi ultimi costituiscono un gruppo a rischio? Rosa Cristina Coppola, Elisabetta Franco, Alessandro Zanetti INTRODUZIONE Non è segnalato in letteratura un rischio maggiore di contrarre l’infezione da HAV nei soggetti HIV positivi. Questi ultimi vengono però presi in considerazione, essendo la loro condizione di immunodeficienza spesso legata a maggiore gravità del decorso clinico delle patologie. OBIETTIVO Stabilire se esistono prove per poter considerare i soggetti sieropositivi un gruppo a rischio di contrarre l’infezione da HAV e quindi per giustificare la proposta di vaccinazione in questa categoria. METODO Sono state consultate 2 banche dati, Medline ed Embase, attraverso una strategia di ricerca che ha utilizzato termini controllati (MESH) e parole libere: HIV (MESH), Hepatitis A (MESH), Hepatitis A virus human (MESH), HAV.mp, hiv infections (MESH). Sono stati trovati 12 articoli considerati pertinenti, di cui 7 irreperibili nelle biblioteche italiane. Dei 5 articoli pervenuti, 2 sono risultati non pertinenti alla lettura del testo completo, raggiungendo un totale di 3 articoli pertinenti. RISULTATI Dalla ricerca bibliografica effettuata non emergono lavori che descrivono una correlazione tra HAV e HIV. I tre articoli1-3 analizzati ci confermano l’assenza di prove convincenti di un’interazione tra le 2 infezioni, né di una più grave manifestazione clinica dell’HAV in soggetti sieropositivi. COMMENTO Manca la prova che i pazienti HIV sieropositivi costituiscano una categoria a rischio. Infatti la possibilità dei soggetti affetti da AIDS di contrarre l’epatite virale A non nasce dalla loro condizione di immunodeficienza, bensì è legata all’appartenenza a categorie di persone di cui è discusso il maggior rischio di esposizione all’HAV, cioè gli omosessuali, i tossicodipendenti, i politrasfusi e gli emofiliaci. Sintesi delle principali prove disponibili 65 PNLG – L’uso del vaccino anti epatite A in Italia ? E’ stata riscontrata tra gli epatopatici cronici una maggior incidenza, diffusione o gravità dell’infezione da virus dell’epatite A? Questi soggetti costituiscono un gruppo a rischio? Piero Luigi Almasio, Pietro Amoroso INTRODUZIONE L’infezione da virus dell’epatite A (HAV) presenta un decorso benigno e spesso asintomatico nella prima infanzia, mentre nei soggetti adulti è in grado di determinare frequentemente una malattia clinicamente rilevante, a volte anche con l’evoluzione fatale in epatite fulminante in una percentuale che oscilla tra lo 0,1 e lo 0,5% dei casi infetti. Tra i fattori che promuovono questo infausto decorso vanno indicati l’età avanzata dei pazienti e la coesistenza di una malattia cronica al fegato, o epatopatia. Se quest’ultima condizione può essere ragionevolmente considerata rilevante nell’influenzare il decorso dell’infezione da HAV, ne consegue che, nell’ambito di una valutazione costi/benefici, è necessario valutare l’opportunità di una copertura vaccinale dei soggetti con questa malattia cronica, al fine di evitare che una possibile esposizione al virus dell’epatite A possa indurre l’insorgenza di una forma di epatite fulminante. OBIETTIVO Gli scopi della presente revisione bibliografica sono stati i seguenti: • stima della percentuale suscettibile all’infezione da HAV nei pazienti con epatopatia cronica attraverso lo studio della prevalenza degli anticorpi anti-HAV; • analisi del decorso clinico dell’infezione da HAV in pazienti con epatopatia cronica per valutare la mortalità e i possibili fattori di rischio responsabili dell’insorgenza di un’epatite fulminante; • valutazione dell’immunogenicità e sicurezza del vaccino anti-HAV nei pazienti affetti da epatopatia cronica. METODO La ricerca bibliografica si è basata sull’uso di alcune parole chiave, sia come termini controllati (MESH) che parole libere (hepatitis A, hepatitis A vaccine, chronic liver disease, fulminant hepatitis, acute liver failure, mortality rates, epidemiology, anti-HAV, vaccine, vaccination) attraverso la revisione di 2 banche dati: Medline ed Embase. Questo ha prodotto l’identificazione di 7 pubblicazioni per il primo obiettivo,1-7 di 18 lavori per il secondo obiettivo8-25 e di 5 lavori per il terzo obiettivo.26-30 RISULTATI • La revisione della letteratura mostra come le percentuali di soggetti con epatopatia cronica già sieroconvertiti per anti-HAV siano estremamente alte; tuttavia se i pazienti vengono stratificati per età, la protezione scende notevolmente con tassi inferiori al 30%; • l’evoluzione in epatite fulminante e i tassi di mortalità in epatopatici cronici sono stati rivisti in 18 studi con diversa dimensione campionaria. La maggior parte di questi studi sono basati su piccole casistiche retrospettive e in essi la mortalità per epatite fulminante da HAV varia dallo 0 al 100%. Tre studi si differenziano per il numero dei soggetti studiati e uno, in particolare, per il disegno prospettico seguito. In questi lavori la mortalità secondaria all’infezione da HAV sembra essere diversa per i pazienti con infezione da HBV, rispetto a quelli con infezione da HCV, in cui il tasso di mortalità è più alto e raggiunge il 35,3%. • La vaccinazione anti epatite A è sicura e ugualmente immunogenica nei soggetti con epatopatie croniche lievi o moderate, raggiungendo livelli di protezione superiori al 95%, similmente a quanto avviene nella popolazione sana; l’efficacia invece nei soggetti con cirrosi scompensata e nei trapiantati potrebbe essere inferiore, dal momento che meno del 50% dei pazienti produce anticorpi. LACUNE CONOSCITIVE L’analisi della prevalenza della positività per anti-HAV è stata fatta in studi trasversali con una numerosità 66 Sintesi delle principali prove disponibili PNLG – L’uso del vaccino anti epatite A in Italia del campione non sempre adeguata allo scopo. Sembra emergere comunque una nuova coorte di epatopazienti che hanno una copertura naturale contro l’HAV sempre più bassa come conseguenza della ridotta circolazione del virus. La valutazione della gravità del decorso clinico dell’infezione da HAV è stata fatta spesso su casistiche molto piccole e con dati retrospettivi, e con un’imprecisa caratterizzazione del tipo di danno epatico preesistente dei soggetti con sovrainfezione da HAV. Questo spiega la notevole eterogeneità dei dati raccolti, che mostrano tassi oscillanti tra lo 0 e il 100%. A riguardo della sicurezza e dell’immunogenicità del vaccino, gli studi rinvenibili in letteratura, sono poco numerosi e riguardano casistiche molto spesso esigue e assai eterogenee. COMMENTO L’infezione da HAV ha un decorso più sfavorevole nei soggetti con epatopatia cronica, come dimostrato dal numero dei decessi osservati in seguito a epatite virale acuta. Tuttavia non tutte le casistiche concordano su questo punto, dal momento che diversi epatopazienti sviluppano un’infezione acuta da HAV senza alcun deterioramento della malattia al fegato. Il dato epidemiologico più rilevante appare comunque quello di una progressiva riduzione della protezione naturale contro l’HAV man mano che l’età dei pazienti con epatopatia cronica va diminuendo. Ciò determinerà nel giro di pochi anni una nuova coorte di soggetti più suscettibile all’infezione da HAV di quanto succedeva nel passato quando la sovrainfezione da HAV in epatopazienti, specie nelle regioni meridionali italiane, era un evento del tutto eccezionale. Il vaccino negli epatopazienti appare egualmente sicuro che nella popolazione generale. Nelle epatopatie non avanzate le modalità vaccinali possono rimanere le stesse raccomandate per la popolazione generale, giacché l’immunogenicità del vaccino risulta sostanzialmente sovrapponibile nelle 2 popolazioni. Per le epatopatie scompensate invece, in cui secondo alcuni studi la produzione di anticorpi si verifica in meno del 50% dei vaccinati, vanno verosimilmente valutate differenti modalità. PROPOSTE DI RACCOMANDAZIONI Sulla base dell’analisi dei dati in letteratura, sembra opportuno proporre una vaccinazione anti-HAV in soggetti con malattia epatica cronica di età inferiore ai 40 anni, previo screening sierologico, data l’alta circolazione che comunque il virus ha tuttora nel nostro paese. Nelle epatopatie non avanzate non si raccomanda la verifica dell’avvenuta protezione post vaccinale, dato che l’immunogenicità del vaccino in questi soggetti è elevata, come nella popolazione generale. Sintesi delle principali prove disponibili 67 PNLG – L’uso del vaccino anti epatite A in Italia ? Qual è l’efficacia del vaccino anti epatite A nel controllo di focolai epidemici in comunità chiuse o aperte, rispetto ad altri interventi o a nessun intervento? Paolo D’Argenio, Brunella Adamo, Giovanni Gallo INTRODUZIONE Nelle ultime decadi, l’epidemiologia dell’epatite da virus A in Italia, è mutata: assieme a una riduzione dei casi e dell’incidenza, passata dai 10 ai 3 casi per 100.000 dal 1985 al 1999, è stata osservata una riduzione della prevalenza di adulti immuni e lo spostamento dell’età di massima incidenza della malattia sintomatica e delle notifiche, dall’infanzia all’età giovane adulta. Ma tale riduzione non è stata uniforme sul territorio nazionale, né costante nel tempo: in alcune aree, la circolazione del virus è oggi scarsa mentre da alcune regioni sono segnalati ogni anno alcune centinaia di casi, e sono state riportate epidemie estese: la più importante in Puglia negli anni 1996-1997. I dati della sorveglianza mostrano che, negli anni novanta, l’esposizione al virus è stata legata al consumo dei frutti di mare e ai viaggi in aree a elevata endemia, mentre un minore impatto è stato attribuito alla convivenza con bambini che frequentano l’asilo. D’altra parte, studi di epidemie in comunità aperte sottolineano il ruolo svolto dai bambini che frequentano gli asili, più spesso soggetti a infezioni asintomatiche, e tra i quali sono frequenti i contatti molto stretti. Nelle aree a scarsa circolazione del virus, molti sono i suscettibili nelle prime età della vita e tra i giovani adulti. Nelle aree endemiche, la frequenza di suscettibili è minore ma il rischio di esposizione al virus è più elevato. Nel primo caso epidemie possono verificarsi a seguito dell’introduzione del virus, nel secondo le epidemie si verificano periodicamente quando, tra i soggetti in più giovane età, si è accumulato un consistente pool di suscettibili. Nel controllo dei focolai, accanto alle misure igieniche, possono essere utilizzate le immunoglobuline e il vaccino, ma non esistono indicazioni univoche. Pertanto è stato deciso di effettuare una revisione della letteratura per giungere a raccomandazioni adatte alla realtà italiana attuale. OBIETTIVO • Tenendo conto dell’epidemiologia dell’epatite A in Italia negli ultimi anni, descrivere i tipi di epidemie e focolai epidemici possibili, considerando un orizzonte temporale di 1-5 anni; • valutare le misure di prevenzione alla luce delle prove di efficacia, di sicurezza e accettabilità e gli aspetti organizzativi connessi alla loro attuazione; • sviluppare raccomandazioni per l’uso del vaccino durante focolai epidemici in Italia. METODO La strategia per la ricerca bibliografica è stata mirata a: • identificare studi che documentino epidemie e focolai epidemici di epatite A in Italia nel periodo 1990–2000; • identificare studi che documentino l’attuazione di misure di controllo durante epidemie, focolai epidemici e allerta epidemici senza delimitazioni geografiche. Banche dati consultate: Medline (1966-2001) ed Embase (1988-2001), limitatamente agli ultimi 10 anni. vista la mutata epidemiologia dell’epatite A in Italia. E’ stata seguita una strategia di ricerca attraverso termini di vocabolario controllato (MESH) e parole libere: epidemic, disease outbreaks, virus transmission, disease transmission, hepatitis A, viral hepatitis vaccines. Inoltre sono stati consultati: rapporti elaborati dal Ministero della sanità nel periodo 1990-2000; rapporti elaborati dall’Istituto superiore di sanità nel periodo 1990-2000; rapporti elaborati dalle strutture regionali deputate al controllo delle malattie infettive nel periodo 1990-2000. Il risultato della ricerca bibliografica consta di 2 parti distinte: • studi di tipo descrittivo che hanno permesso di delineare scenari e condizioni per lo sviluppo di focolai epidemici, nel breve e medio periodo in Italia; 68 Sintesi delle principali prove disponibili PNLG – L’uso del vaccino anti epatite A in Italia • studi comparativi che documentano l’attuazione di misure di controllo in corso di epidemie e focolai epidemici, in comunità aperte e chiuse. Criteri di inclusione/esclusione degli studi per l’obiettivo 1 Sono stati esclusi: • lavori che non trattavano di epidemie, rapporti di sorveglianza, studi di laboratorio; • articoli del tipo di rassegne e commenti; • articoli su epidemie in gruppi a rischio; • articoli su aspetti particolari di epidemie come costi, analisi economiche, eccetera. Criteri di inclusione/esclusione degli studi per l’obiettivo 2 • correttezza del disegno dello studio: il valore delle conclusioni dello studio dipende dalla assenza di sostanziali distorsioni presenti nel disegno; • dimensioni campionarie: il valore dipende dalla potenza statistica dello studio; • capacità del sistema di sorveglianza di rilevare una variazione di incidenza a seguito dell’attuazione di misure di controllo; • accuratezza della definizione di caso; • presenza di potenziale confondimento; • presenza di potenziali modificatori d’effetto. Risultati della ricerca bibliografica finalizzata all’obiettivo 1 Sono stati selezionati su Medline 200 articoli; di questi 154 sono stati esclusi perché riguardavano paesi troppo diversi dall’Italia,a o perché non erano pertinenti.b Sette erano articoli ripetitivi e 2 non sono risultati reperibili. Sono stati selezionati su Embase 154 articoli e 150 sono stati esclusi perché erano già presenti nel precedente elenco oppure perché non erano pertinenti. Successivamente è stata effettuata un’ulteriore ricerca per aggiornare i dati a maggio 2001. Sono stati rintracciati 37 nuovi articoli su Medline e 3 sono stati inclusi. Degli 8 articoli trovati su Embase nessuno è stato selezionato. In Italia, nel periodo 1997-1999 sono stati notificati al Ministero della sanità 80 focolai epidemici, per un totale di 319 casi. In virtù della definizione adottata, un focolaio è individuato dalla presenza di 2 o più casi collegati. A fronte di questa numerosità, i rapporti sui focolai pubblicati sulla letteratura medica e ritenuti appropriati per la costruzione di scenari realistici in Italia sono stati 28. Tra questi 6 riguardano focolai epidemici verificatisi in altri paesi sviluppati simili all’Italia: • epidemie di origine alimentare, in cui la fonte è stata individuata in frutti di mare contaminati,1-4 frutta (lamponi, fragole congelate),5-8 insalata,9 cipolline.10 In alcuni casi di epidemie da fonte comune alimentare è stato provato che un alimentarista infetto aveva contaminato cibi quali insalata,11 panini,12 bevande;13,14 • 4 focolai erano risultati associati all’acqua da bere proveniente da pozzi inquinati,15,16 e di piscina;17,18 • casi in cui l’epidemia si era diffusa da persona a persona in piccole comunità chiuse: 1. scuole materne o elementari,19-30 in cui a volte, il virus era introdotto in gruppi di suscettibili da bambini o adulti infettatisi durante un viaggio in area a elevata circolazione;31-33 2. reparti ospedalieri;34-38 3. accoglienza per i rifugiati;39 • epidemie in comunità aperte di medio-grandi dimensioni;17,40-45 • epidemie in villaggi di ridotta ampiezza demografica.46-49 a. Paesi diversi dai 23 definiti «high income economies», gruppo OECD dalla World Bank. b. Riguardavano epidemie in potenziali gruppi a rischio (omosessuali, tossicodipendenti, persone che ricevono sangue o derivati), non descrivevano epidemie di epatite A, non erano studi originali bensì rassegne, editoriali, commenti, descrivevano epidemie avvenute negli anni ottanta. Sintesi delle principali prove disponibili 69 PNLG – L’uso del vaccino anti epatite A in Italia Risultati della ricerca bibliografica finalizzata all’obiettivo 2 Sono stati selezionati su Medline 77 citazioni di articoli pubblicati. Settanta di questi sono stati esclusi perché non riguardavano interventi vaccinali in corso di epidemie. Sono stati selezionati su Embase 126 citazioni, e 123 non sono state prese in considerazione perché erano già presenti nel precedente elenco oppure perché non erano pertinenti.20,24,41,46-52 Gli studi descrivono epidemie o focolai in cui è stata impiegata la vaccinazione come misura di controllo. Essi documentano una riduzione dell’incidenza di epatite A tra i vaccinati, rispetto ai non vaccinati, nonché una riduzione dell’incidenza dopo la vaccinazione, ma nessuno di essi è in grado di documentare l’efficacia della vaccinazione nell’interrompere una epidemia di epatite A, mediante un confronto con l’uso di immunoglobuline o placebo. Il disegno e la qualità degli studi non consentono di rispondere al quesito specifico. Un trial clinico non controllato e non randomizzato sull’uso del vaccino per interrompere una larga epidemia in diversi villaggi rurali dell’Alaska, ha mostrato l’interruzione in un’area dove circa l’80% dei bambini e giovani adulti suscettibili avevano ricevuto una dose di vaccino, ma è continuata nelle aree dove meno del 50% della popolazione bersaglio era stata vaccinata.48 Altri studi descrittivi del tipo pre/post intervento, sia in comunità aperte che chiuse (scuole, day centres eccetera) sembrano accelerare il declino delle epidemie studiate ma il contributo dell’uso del vaccino rispetto al decorso naturale dell’epidemia non è quantificabile. In mancanza di una documentazione sperimentale, la base razionale per le scelte è costituita dalle seguenti considerazioni:40,53,54 • efficacia del vaccino nella profilassi pre esposizione: la vaccinazione dovrebbe essere in grado di proteggere i suscettibili che non sono ancora stati esposti al contagio; • efficacia del vaccino nella profilassi post esposizione: la vaccinazione dovrebbe essere in grado di proteggere gli individui che sono già stati esposti al contagio; • sono stati descritti fallimenti dell’uso di immunoglobuline per interrompere epidemie, fallimenti attribuibili soprattutto alla durata limitata della protezione rispetto alla durata dell’epidemia, che a sua volta dipende dal lungo periodo di incubazione dell’epatite A. LACUNE CONOSCITIVE • molti focolai in Italia non sono stati descritti e questo limita l’affidabilità della costruzione di scenari dei possibili focolai epidemici; • non sono stati effettuati studi sperimentali sull’efficacia del vaccino per interrompere le epidemie; • mancano studi che confrontano la durata delle epidemie in base alle coperture vaccinali raggiunte. COMMENTO Scenari tipo: E’ possibile individuare gli scenari tipo in cui esiste un potenziale epidemico, in Italia: • comunità chiusa: in cui la gran parte degli individui sono suscettibili e il contatto tra le persone è frequente e intimo ed è quindi verosimile la trasmissione persona-persona. a) alto rischio a priori: tipica situazione potrebbe essere quella di una scuola materna in un’area non endemica in cui si verifica un caso; b) alto rischio a posteriori: evidenza di trasmissione persona-persona nella comunità, un caso indice e almeno un caso secondario. • comunità aperta del tipo di comuni di limitata ampiezza demografica, si verificano più casi collegati di epatite A in distinti nuclei familiari; • quando, in comunità aperte si verificano periodiche riaccensioni epidemiche, a trasmissione persona-persona, e a distanza di anni e nei periodi interepidemici continuano a verificarsi casi associati a consumo di alimenti contaminati. La situazione tipo potrebbe essere quella della regione Puglia. 1. Immunoglobuline In questi casi la profilassi con immunoglobuline (IgG), efficace nel prevenire casi secondari, ha mostrato efficacia limitata. Gli elementi che spiegano il fallimento della strategia con IgG per il controllo di epidemie in comunità aperte sono: 70 Sintesi delle principali prove disponibili PNLG – L’uso del vaccino anti epatite A in Italia • le IgG possono essere somministrate con ritardo: i contatti spesso ignorano il momento dell’esposizione, oppure i casi di epatite sono notificati troppo tardi per una tempestiva profilassi post esposizione; • i soggetti trattati con IgG, possono avere infezioni subcliniche; • la durata dell’immunità passiva è troppo breve, considerato che i focolai di epatite A durano a lungo (8-18 mesi in comunità aperte); • si può verificare una bassa accettazione delle IgG, perché derivate dal sangue. 2. Vaccinazione anti epatite A per interrompere focolai epidemici Il fatto che sia stato dimostrato che il vaccino è efficace nel prevenire la malattia nella profilassi post esposizione e anche nella profilassi pre esposizione (livello di prova di tipo I), costituisce la base razionale per il suo impiego nei focolai epidemici, in quanto il vaccino potrebbe ridurre i casi clinicamente evidenti e ridurre le infezioni subcliniche, il cui ruolo è importante nel mantenere l’epidemia. Nonostante queste considerazioni siano a sostegno dell’impiego del vaccino, le prove che esso accorci i tempi dell’epidemia in comunità aperte, anche quando si raggiungono elevate coperture vaccinali, sono di tipo osservazionale e deboli. • nelle comunità chiuse la vaccinazione dei membri della comunità è raccomandata quando c’è prova di trasmissione secondaria all’interno della comunità: almeno un secondo caso sospetto dopo 15 giorni dell’inizio sintomi del caso indice; • in focolai che si verificano in comunità aperte a ridotta ampiezza demografica, in aree non endemiche, quando il focolaio è mantenuto dalla trasmissione persona-persona, è raccomandata la vaccinazione; • nelle comunità aperte incluse in aree endemiche in cui periodicamente si verificano riaccensioni epidemiche bisognerebbe considerare la possibilità di impiego della vaccinazione sistematica nelle età infantili, se è possibile raggiungere elevate coperture vaccinali. SCENARIO PROVE DI EFFETTO O CRITERIO UTILIZZATO PER LE RACCOMANDAZIONI PROPOSTA DI RACCOMANDAZIONE Comunità chiuse: alto rischio a priori di trasmissione personapersona (per esempio comunità prima infanzia) Nessuna prova sperimentale, base razionale Vaccinazione raccomandata ai contatti del primo caso (per esempio la stessa classe o bambini che usano gli stessi bagni e loro personale di assistenza) Comunità chiuse: con evidenza di trasmissione persona-persona (per esempio caso indice e un caso secondario in una scuola elementare) Nessuna prova sperimentale, base razionale Vaccinazione raccomandata ai contatti (per esempio la stessa classe o bambini che usano gli stessi bagni e loro personale di assistenza) Comuni di limitata ampiezza demografica, in cui si verificano più casi collegati di epatite A in distinti nuclei familiari Nessuna prova sperimentale, base razionale Raccomandata a coorti di età suscettibili se prevedibili elevate coperture. Premettere indagine. Verifica esistenza focolaio non limitato a gruppi a rischio, né da fonte comune Grandi comunità aperte in aree endemiche in cui periodicamente si verificano riaccensioni epidemiche Nessuna prova sperimentale, base razionale Non raccomandata offerta attiva della vaccinazione per interrompere l’epidemia Sintesi delle principali prove disponibili 71 PNLG – L’uso del vaccino anti epatite A in Italia DEFINIZIONI ADOTTATE epidemia: incremento non casuale, rispetto a quanto atteso, dell’incidenza di epatite A; focolaio epidemico: epidemia limitata a un incremento localizzato nell’incidenza di una malattia; comunità chiusa: gruppo di persone che condivide la stessa abitazione, luogo di lavoro, svago. Esempi di comunità chiuse sono, oltre le abitazioni, ospedali, asili, scuole, residenze per anziani; comunità aperta: gruppo di persone che vive nella stessa regione, provincia o città, ma non condivide la stessa abitazione, luogo di lavoro, svago eccetera; allerta epidemica: caso di epatite A in una comunità chiusa in cui la maggior parte delle persone è verosimilmente suscettibile all’infezione. 72 Sintesi delle principali prove disponibili PNLG – L’uso del vaccino anti epatite A in Italia ? Qual è l’efficacia del vaccino e delle immunoglobuline nella prevenzione postesposizione dell’epatite da HAV? Gloria Taliani, Giovanni Battista Gaeta INTRODUZIONE L’epatite da virus A (HAV) si trasmette per via fecale e orale e nel 15-20% dei casi acuti il fattore di rischio è rappresentato dal recente contatto personale con un malato.1 In epoca pre vaccinale, la somministrazione di immunoglobuline standard (Ig) per via intramuscolare al dosaggio di 0,02 ml/kg rappresentava la procedura raccomandata per prevenire la malattia negli esposti.2 Tuttavia, le Ig standard derivano da ampi pool di donatori e la modificazione del profilo epidemiologico dell’infezione da HAV nei paesi industrializzati rende dubitabile che il titolo degli anticorpi anti-HAV nei preparati standard raggiunga livelli compatibili con un’efficace protezione.3 Inoltre, la recente introduzione del vaccino anti-HAV ha aperto nuove prospettive di prevenzione, e la sua dimostrata capacità di indurre una pronta risposta immune lo rende adatto all’impiego nella profilassi post esposizione.4 OBIETTIVO Ricerca bibliografica delle prove disponibili in letteratura per identificare la migliore procedura di prevenzione post esposizione dei casi di epatite acuta da HAV tra la somministrazione di immunoglobuline standard per via intramuscolare e la somministrazione di vaccino inattivato. METODO Sono state consultate 2 banche dati Medline (1966-2000) ed Embase (1988-2000). Sono stati utilizzati i seguenti termini sia come termini MESH che come parole libere: prophilaxis.pm, post-exposure.mp, serum globulins (MESH), Immunoglobulin (MESH), IMMUNOGLOBULIN.mp, HAV.mp, hepatitis a (MESH), hepatitis a virus (MESH). Sono stati presi in considerazione solo lavori in lingua inglese. RISULTATI La prima dimostrazione di efficacia delle Ig nella prevenzione post esposizione dell’epatite da HAV deriva da uno studio controllato eseguito negli anni quaranta, che dimostrava una riduzione di incidenza di epatite acuta A dell’87% nei trattati rispetto ai controlli.5 Studi successivi confermavano che la somministrazione di Ig, al dosaggio di 0,3-0,01 ml/kg, entro le 2 settimane dal contatto, proteggeva dalla malattia nelle 2-24 settimane successive con efficacia del 79-91%,6-10 sebbene l’evenienza di epatite grave sia stata descritta dopo profilassi con Ig.11 Nel 1968 un trial clinico randomizzato ha mostrato che possono esservi variazioni di efficacia tra diversi lotti di Ig.12 Negli anni successivi è stato dimostrato che i livelli di Ig nei preparati commerciali potevano variare da un titolo minimo di 200 a un massimo di 40.00013-15 e che la concentrazione di anti-HAV nelle preparazioni più recenti è verosimilmente inferiore rispetto a quelle precedenti.3 In seguito, studi non controllati sull’impiego di Ig per limitare focolai epidemici di epatite A dimostravano la ricomparsa di eventi acuti dopo 316 o 4 mesi17 dalla somministrazione della profilassi. Ciò indicava che la copertura passiva si era accorciata rispetto alle descrizioni precedenti, forse per effetto della riduzione del titolo anticorpale nei preparati immunoglobulinici. Alla stessa conclusione giungeva uno studio che misurava i titoli anticorpali ottenuti dopo immunizzazione attiva e passiva.3 La somministrazione post esposizione di vaccino HAV previene la malattia nella marmosa, anche se il virus è dimostrabile nel fegato.18,19 Nell’uomo, la vaccinazione post esposizione sembra permettere l’escrezione del virus nelle feci, pur prevenendo la malattia.20 La somministrazione di vaccino nel corso di epidemie è seguita dalla cessazione della comparsa di nuovi casi nei vaccinati nelle 2-3 settimane successive alla vaccinazione.21-23 Un unico trial clinico randomizzato disegnato per stimare l’efficacia protettiva del vaccino somministrato entro 8 giorni dall’esposizione ha dimostrato un’efficacia del 79% (IC 7-95%) nei confronti dell’infezione e la capacità di prevenire la malattia in tutti i soggetti vaccinati.24 Sintesi delle principali prove disponibili 73 PNLG – L’uso del vaccino anti epatite A in Italia LACUNE CONOSCITIVE Mancano studi di valutazione del contenuto di Ig anti-HAV nelle preparazioni standard di immunoglobuline attualmente in commercio. Non sembrano esservi studi randomizzati disegnati per la valutazione comparata dell’efficacia protettiva della somministrazione di Ig verso la somministrazione di vaccino. Non ci sono dati sull’efficacia della somministrazione combinata Ig+vaccino nella prevenzione post esposizione. Non ci risulta indagata la possibilità di potenziare la dose di vaccino nella post esposizione. COMMENTO Le prove riguardanti l’efficacia delle Ig nella profilassi post esposizione dell’epatite da HAV sembrano derivare da studi condotti anni fa i quali avevano come obiettivo finale la riduzione del numero di epatiti acute sintomatiche. In tali studi si dimostrava l’efficacia della profilassi passiva: i casi di epatite acuta A erano infatti significativamente inferiori nei riceventi Ig rispetto ai non trattati.5-10 La somministrazione di Ig ai contatti da un lato sembra essere efficace nel prevenire la malattia o ridurne l’espressività clinica, ma dall’altro sembra essere permissiva verso l’infezione, non arrestando del tutto la circolazione e la trasmissione del virus.25 Uno studio ha dimostrato che l’intervallo massimo per la somministrazione di Ig dopo l’esposizione è di 2 settimane, mentre se la somministrazione avviene tra le 2 e le 3 settimane dopo il contatto, non è più in grado di prevenire le manifestazioni cliniche della malattia.26 In seguito si è ipotizzato che l’efficacia dei singoli preparati immunoglobulinici poteva non essere costante nel tempo. Uno studio comparativo tra vari lotti di Ig ha mostrato una variazione di efficacia nella profilassi post esposizione del 40% tra 2 lotti diversi.12 Trattandosi di uno studio sul campo mancavano test sierologici che dimostrassero titoli diversi di anti-HAV nei preparati immunoglobulinici impiegati, ma gli autori ritenevano responsabile della diversa efficacia proprio la differenza di titolo anticorpale specifico. E in effetti è stata riscontrata una notevole variabilità nei preparati immunoglobulinici standard13-15, 27 e la concentrazione di anti-HAV nelle preparazioni più recenti indica la tendenza verso valori più bassi rispetto a quelli degli anni quaranta, legata alla mutata situazione epidemiologica tra i donatori di plasma.3 Un’ulteriore prova indiretta della riduzione del titolo di anti-HAV nei preparati immunoglobulinici deriva dall’osservazione che l’uso di Ig in occasione di recenti focolai epidemici ha permesso un controllo di breve durata del focolaio.16,17 Tutte queste osservazioni sottolineano l’inaffidabilità delle dosi di Ig precedentemente raccomandate in letteratura per l’uso a scopo profilattico.3 La somministrazione nella marmosa di vaccino a dosaggio pieno in post esposizione si è rivelata capace di prevenire la malattia e l’escrezione virale, pur consentendo la replica del virus nel fegato.18,19 Nell’uomo, la vaccinazione induce una sieroconversione nel 54-88% dei casi entro 2 settimane, nel 90% dopo 24 giorni e nel 99% dopo 4 settimane,28-30 il che rende ipotizzabile un’efficace profilassi post esposizione nella maggioranza dei casi esposti al contagio entro le 2 settimane precedenti la vaccinazione.31-34 Ciò è possibile in quanto il virus dell’epatite A è caratterizzato da un periodo relativamente lungo di incubazione rispetto ad altri agenti virali, che va da 10 a 50 giorni, con una media di 28 giorni. Questa previsione è stata confermata sia dal trial clinico randomizzato disegnato con l’obiettivo di valutare l’efficacia post esposizione del vaccino,24 sia dagli studi realizzati nel corso di epidemie.21-23,35 In questi la diffusione dell’epatite è risultata controllabile vaccinando gli esposti, specialmente nei setting pediatrici dove la vaccinazione interrompe efficacemente la trasmissione dell’infezione, prevenendo il 100% dei casi secondari entro 21 giorni dalla somministrazione.21 Inoltre, in un recente studio il vaccino è risultato più efficace rispetto alle Ig nel controllare un’epidemia di HAV,36 a ulteriore conferma che la concentrazione di Ig specifiche nei preparati immunoglobulinici attuali può essere insufficiente ad assicurare un’adeguata protezione passiva. D’altra parte va riportata una segnalazione secondo cui la vaccinazione post esposizione permette la replica e l’escrezione virale nel ricevente e in definitiva la trasmissione dell’infezione ai contatti.20 A tale proposito non sono noti dati circa l’utilità di potenziare la dose di vaccino nella profilassi post esposizione. Tuttavia, considerando che esiste un’eccellente correlazione tra il titolo di anti-HAV e il grado di protezione,4 potrebbe risultare utile colmare questa lacuna conoscitiva. In tutti i casi la precocità del trattamento degli esposti è considerata critica, sebbene non sia noto l’intervallo massimo accettabile tra esposizione e profilassi attiva. 74 Sintesi delle principali prove disponibili Bibliografie PNLG – L’uso del vaccino anti epatite A in Italia Bibliografia del documento d’indirizzo 1. Drummond MF, Jefferson TO. Guidelines for authors and peer reviewers of economic submissions to the BMJ. The BMJ Economic Evaluation Working Party. BMJ 1996 Aug 3; 313 (7052): 275-83. 2. Lucioni C, Cipriani V, Mazzi S, Panunzio M. Cost of an outbreak of hepatitis A in Puglia, Italy. Pharmacoeconomics 1998 Feb; 13 (2): 257-66. 3. Mele A, Stroffolini T, Palumbo F, Gallo G, Ragni P, Balocchini E, Tosti ME, Corona R, Marzolini A, Moiraghi A and the SEIEVA Collaborating Group. Incidence of and risk factors for hepatitis A in Italy; public health indications from 10-year surveillance. J Hepatol 1997; 26: 743-47. 4. Innis BL, Snitbhan R, Kunasol P, Laorakpongse T, Poopatanakool W, Kozik CA, Suntayakorn S, Suknuntapong T, Safary A, Tang DB, et al. Protection against hepatitis A by an inactivated vaccine. JAMA 1994; 271: 1328-34. 5. Riedemann S, Reinhardt G, Frosner GG, Ibarra H, Moraleda L, Hering V, Siegel F, Toledo C, Leon J, Gonzalez JL, et al. Placebo-controlled efficacy study of hepatitis A vaccine in Valdivia, Chile. Vaccine 1992; 10 (suppl 1): S152-55. 6. Werzberger A, Mensch B, Kuter B, Brown L, Lewis J, Sitrin R, Miller W, Shouval D, Wiens B, Calandra G, et al. A controlled trial of a formalin-inactivated hepatitis A vaccine in healthy children. N Engl J Med 1992; 327: 453-57. 7. Ellerbeck EF, Lewis JA, Nalin D, Gershman K, Miller WJ, Armstrong ME, Davide JP, Rhoad AE, McGuire B, Calandra G, et al. Safety profile and immunogenicity of an inactivated vaccine derived from an attenuated strain of hepatitis A. Vaccine 1992; 10: 668-70. 8. Leentvaar-Kuijpers A, Coutinho RA, Brulein V, Safary A. Simultaneous passive and active immunization against hepatitis A. Vaccine 1992; 10 (suppl 1): S138-41. 9. Walter EB, Hornick RB, Poland GA, Tucker R, Bland CL, Clements DA, Rhamstine CC, Jacobson RM, Brown L, Gress JO, Harris KE, Wiens BL, Nalin DR. Concurrent administration of inactivated hepatitis A vaccine with immune globulin in healthy adults. Vaccine 1999; 17: 1468-73. 10. Sagliocca L, Amoroso P, Stroffolini T, Adamo B, Tosti ME, Lettieri G, Esposito C, Buonocore S, Pierri P, Mele A. Efficacy of hepatitis A vaccine in prevention of secondary hepatitis A infection: a randomised trial. Lancet 1999; 353: 1136-39. 11. Wiedermann G, Kundi M, Ambrosch, et al. Inactivited hepatitis A vaccine: Long term antibody persistence. Vaccine 1997; 15: 612-15. 12. Jefferson T, Demicheli V. Is vaccination against hepatitis B efficient? A review of world literature. Health Econ 1994 Jan-Feb; 3 (1): 25-37. 13. Hall AJ. Hepatitis in travellers: epidemiology and prevention. Br Med Bull 1993; 49 (2): 382-93. 14. Steffen R, Kane A, Shapiro CN, et al. Epidemiology and prevention of hepatitis A in travellers. JAMA 1994; 272 (11): 885-89. 15. Mele A, Sagliocca L, Palombo F, et al. Travel-associated hepatitis: effect of place of residence and country visited. J Pub Health Med 1991; 13 (4): 256-59. 16. Hoke CH, Binn LN, Egan JE, et al. Hepatitis A in the US Army: epidemiology and vaccine development. Vaccine 1992; 10 (suppl 1): S75-79. 17. D’Amelio R, Molica C, Biselli R, Stroffolini T. Surveillance of infectious diseases in the Italian militars as pre-requisite for tailored vaccination programme. Vaccine 2001; 19: 2006-11. 76 Bibliografie PNLG – L’uso del vaccino anti epatite A in Italia 18. Poole CJM, Shakespeare AT. Immunity to hepatitis A in paediatric and nursery nurses. Occup Med 1996; 46 (5): 361-63. 19. Trevisan A, Stocco E, Fanelli G, et al. Seroprevalence of hepatitis A markers in subjects exposed to biological risk. Int Arch Occup Environ Health 1999; 72: 125-27. 20. De Serres G, Laliberté D. Hepatitis A among workers from a waste water treatment plant during a small community outbreak. Occup Environ Med 1997; 54: 60-62. 21. Vonstille WT, Stille III WT, Shaker RC. Hepatitis A epidemico from utilità sewage in Ocoee, Florida. Arch Environ Health 1993; 48 (2): 120-24. 22. Warlen AA, Hoff GL. Hepatitis A in waste water treatment plant workers: is vaccination necessary? JOEM 1998; 40 (6): 515-17. 23. Heng BH, Goh KT, Doraisingham S, et al. Prevalence of hepatitis A virus infection among sewage workers in Singapore. Epidemiol Infect 1994; 113: 121-28. 24. De Serres G, Lavesque B, Higgins R, et al. Need for vaccination of sewer workers against leptospirosis and hepatitis A. Occup Environ Med 1995; 52: 505-07. 25. Cadilhac P, Roudot-thoraval F. Seroprevalence of hepatitis A virus infection among sewage workers in the Parisian area, France. Eur J Epidemiol 1996; 12: 237-40. 26. Brugha R, Heptonstall J, Farrington P, et al. Risk of hepatitis a infection in sewage workers. Occup Environ Med 1998; 55: 567-69. 27. Weldon M, VanEgdom MJ, Handricks K, et al. Prevalence of antibody to hepatitis A virus in drinking water workers and wastewater workers in Texas from 1996 to 1997. JOEM 2000; 42 (8): 821-26. 28. Trout D, Mueller C, Venczel L, et al. Evaluation of occupational transmission of hepatitis A virus among wastewater workers. JOEM 2000; 42 (1): 83-87. 29. Bonanni P, Comodo N, Pasqui R, et al. Prevalence of Hepatitis A virus infection in sewage plant workers of central Italy: is indication for vaccination justified? Vaccine 2001; 19: 844-49. 30. Staes CJ, Schlenker TL, Risk I, et al. Sources of infection among persons with acute hepatitis A and no identified risk factors during a sustained community-wide outbreak. Pediatrics 2000; 106 (4): e54. 31. Weltman AC, Bennett NM, Ackman DA, Misage JH, Campana JJ, Fine LS, Doniger AS, Balzano GJ, Birkehead GS. An outbreak of hepatitis A associated with a bakery, New York, 1994: the 1968 «West Branch, Michigan» outbreak repeated. Epidemiol & Infect 1996; 117: 333-41. 32. Castelli F, Mattelli A, Signorini L, Scalvini C, Romano L, Tanzi E, Brunori A, Cadeo GP, Zanetti AR. Pediatric migration and hepatitis A risk in host population. J Travel Med 1999; 6 (3): 204-06. 33. Desenclos JCA, MacLafferty L. Community wide outbreak of hepatitis A linked to children in day care centres with increased transmission in young adult men in Florida 1988-9. Journal of Epidemiology and Community Health 1993; 47: 269-73. 34. Venczel LV, Desai MM, Vertz PD, et al. The role of child care in a community-wide outbreak of hepatitis A. Pediatrics 2001; 108 (5): E78. 35. Severo CA, Abensur P, Buisson Y, et al. An outbreak of hepatitis A in a French day care center and efforts to combat it. Eur J Epidemiol 1997; 13: 139-44. 36. Sadetzki S, Rostmi N, Modan B. Hepatitis A outbreak originating in a day care center: a community case report. Eur J Epidemiol 1999; 15: 549-51. 37. Bell JC, Crewe EB, Capon AG. Seroprevalence of hepatitis A antibodies among residents of a centre for people with developmental disabilities. Aust NZ Med 1994; 24: 365-67. 38. Gil A, GonzalezA, Dal-Ré R, et al. Prevalence of hepatitis A in an institution for the menBibliografie 77 PNLG – L’uso del vaccino anti epatite A in Italia tally retarded in an intermediate endemicity area: influence of age length of institutionalization. J infection 1999; 38: 120-23. 39. Sepetjan N, Garrigue JL, Chossegros P, et al. Prévalence des infections à VHA et VHB dans les collectivités d’enfants de la région Lyonnaise. Med Hyg 1994; 52: 344-53. 40. Tegtmeier GE. Infectious diseases transmitted by transfusion: a miscellanea. Vox Sang 1994; 67 (suppl 3): 179-81. 41. Mangiagli A. Prevalenza degli anticorpi antiepatite A nei pazienti talassemici politrasfusi. Ped Med Chir 1997; 19: 437-38. 42. Mannucci PM, Gdovin S, Gringeri A, et al. Transmission of hepatitis A to patients with haemophilia by factor VIII concentrates treated with organic solvent and detergent to inactivate viruses. Ann Int Med 1994; 120: 1-7. 43. Sagliocca L, Mele A, Ferrigno L, Palumbo F, Converti F, Tosti ME, Amoroso P, Manzillo G. Case control study of risk factors for hepatitis A: Naples 1990-1991. Hepatitis Collaborating Group. It J Gastroenterol 1995; 27: 181-14. 44. Patti AM, Santi AL, Pompa MG, Giustini C, Vescia N, Mastroeni I, Fara GM. Viral hepatitis and drugs: a continuing problem. Int J Epidemiol 1993; 22 (1): 135-39. 45. Hutin YJ, Sabin KM, Hutwagner LC, Schaben L, Shipp GM, Lord DM, Conner JS et al. Multiple modes of hepatitis A virus transmission among methamphetamine users. Am J Epidemiol 2000; 152: 186-92. 46. Brook MG. Sexual transmission and prevention of the hepatitis viruses A-E and G. Sex Transm Inf 1998; 74: 395-98. 47. Corona R, Stroffolini T, Giglio A, et al. Lack of evidence for increased risk of hepatitis A infection in homosexual men. Epidemiol Infect 1999; 123: 89-93. 48. Whiteman D, McCall B, Falconer A. Prevalence and determinants of hepatitis A virus exposure among prison entrants in Queensland, Australia: implications for public health control. J Viral Hepatitis 1998; 5: 277-83. 49. Lopez Serrano A, Anton Conejero MD, Alcaraz Soriano MJ, Garcia del Castillo G, Gomez Pajares F, Moreno-Osset E. Prevalence of hepatitis A virus antibodies in patients with chronic liver diseases. Rev Esp Enferm Dig 2000 Aug; 92 (8): 508-17. 50. Yang CY, Chu CM, Liaw YF, Au C, Sheen IS, Lin DY, Chang-Chien CS, Chen PC, Wu CS. Fulminant hepatitis A in chronic HBV carrier. Dig Dis Scie 1986; 31: 109-11. 51. Mele A, Tosti ME, Stroffolini T. Hepatitis associated with hepatitis A superinfection in patients with chronic hepatitis C. N Engl J Med 1998; 338: 1771. 52. Pramoolsinsap C, Poovorawan Y, Hirsch P, Busagom N, Attamasirikul K. Acute, hepatitis A super-infection in HBV carriers, or chronic liver disease related to HBV or HCV. Ann Trop Med Parasitol 1999 Oct; 93 (7): 745-51. 53. Lefilliatre P, Villeneuve JP. Fulminant hepatitis A in patients with chronic liver disease. Can J Public Health 2000 May-Jun; 91 (3): 168-70. 54. Keffr EB et al. Safety and immunogenicity of Hepatitis A vaccine in patients with chronic liver disease. Hepatology 1998 27; 88: 1-6. 55. Lopalco PL, Malfait P, Salmaso S, Germinario C, Quarto M, Barbuti S, and the field working group. A persisting outbreak of hepatitis A in Puglia, Italy, 1996: epidemiological follow up. Eurosurveillance 1996; 1 (5): 33-35. 56. Bonanni P, Colombai R, Franchi G, Lo Nostro A, Comodo N, Tiscione E. Experience of hepatitis A vaccination during an outbreak in a nursery school of Tuscany, Italy. Epidemiol & Infec78 Bibliografie PNLG – L’uso del vaccino anti epatite A in Italia tion 1998; 121: 377-80. 57. Jensenius M, Ringertz SH, Berild D, Bell H, Espionoza R, Grinde B. Prolonged nosocomial outbreak of hepatitis A arising from an alcoholic with penumonia. Scandinavian J Infect Dis 1998; 30: 119-23. 58. Severo CA, Abensur P, Buisson Y, Lafuma A, Detournay B, Pechevis M. An outbreak of hepatitis A in a French day care center and efforts to combat it. Eur J Epidemiol 1997; 13: 139-44. 59. Irwin DJ, Millership S. Control of a community hepatitis A outbreak using hepatitis A vaccine. Comm Dis & Pub Health 1999 Sep; 2 (3): 184-87. 60. McMahon BJ, Beller M, Williams J, Schloss M, Tanttila H, Bulkov L. A program to control an outbreak of hepatitis A in Alaska by using an inactivated hepatitis A vaccine. Arch Ped & Adolescent Med 1996; 150: 733-39. 61. Hockin J, Isaacs S, Kittle D, Brimmer G, Bailey N, Tamblyin S. Hepatitis A outbreak in a socially contained religious community in rural southern Ontario. CCDR 1997; 23: 161-66. 62. Mosley JW, Reisler DM, Brachott D, Roth D, Weiser J. Comparison of two lots of immune serum globulin for prophylaxis of infectious hepatitis. Am J Epidemiol 1968; 87: 539-50. 63. Stokes J, Neefe JR. The prevention and attenuation of infectious hepatitis by gamma globulin: preliminary note. JAMA 1945; 127: 144-45. 64. Kluge T. Gamma globulin in the prevention of viral hepatitis: a study on the effect of medium size doses. Acta Med Scand 1963; 174: 469-77. 65. Lemon SM. Immunologic approaches to assessing the response to inactivated hepatitis A vaccine. J Hepatol 1993; 18 (suppl 2): S15-19. 66. Zaaijer HL, Leentvaar-Kuijpers A, Rotman H, Lelie PN. Hepatitis A antibody titres after infection and immunization: implications for passive and active immunization. J Med Virol 1993; 40: 22-27. 67. Sagliocca L, Amoroso P, Stroffolini T, Adamo B, Tosti ME, Lettieri G, Esposito C, Buonocore S, Pierri P, Mele A. Efficacy of hepatitis A vaccine in prevention of secondary hepatitis A infection: a randomised trial. Lancet 1999; 353 (9159): 1136-39. Bibliografia Appendice 1. Wiedermann G, Kundi M, Ambrosch F, et al. Inactivited hepatitis A vaccine: Long term antibody persistence. Vaccine 1997; 15: 612-15. 2. Jefferson T, Demicheli V. Is vaccination against hepatitis B efficient? A review of world literature. Health Econ 1994 Jan-Feb; 3 (1): 25-37. 3. Innis BL, Snitbhan R, Kunasol P, Laorakpongse T, Poopatanakool W, Kozik CA, Suntayakorn S, Suknuntapong T, Safary A, Tang DB, et al. Protection against hepatitis A by an inactivated vaccine. JAMA 1994 May 4; 271 (17): 1328-34. 4. Lucioni C, Cipriani V, Mazzi S, Panunzio M. Cost of an outbreak of hepatitis A in Puglia, Italy. Pharmacoeconomics 1998 Feb; 13 (2): 257-66. Bibliografia Sintesi delle principali prove disponibili Bibliografia viaggiatori 1. Hall AJ. Hepatitis in travellers: epidemiology and prevention. Br Med Bull 1993; 49 (2): 382-93. 2. Steffen R, Kane A, Shapiro CN, et al. Epidemiology and prevention of hepatitis A in travellers. JAMA 1994; 272 (11): 885-89. Bibliografie 79 PNLG – L’uso del vaccino anti epatite A in Italia 3. Steffen R. Hepatitis A in travellers: the European experience. J Infect Dis 1995 171 (suppl 1): S24-28. 4. Wolfe MS. Hepatitis A and the American traveller. J Infect Dis 1995; 171 (suppl 1): S29-31. 5. Licensure of inactivated hepatitis A vaccine and recommendations for international travellers’ use. JAMA 1995; 274 (8): 603. 6. Licensure of inactivated hepatitis A vaccine and recommendations for use among international travellers. MMWR 1995; 44 (29): 559-60. 7. Advice for travellers. The medical letter on drugs and therapeutics 1996; 38 (969): 17-20. 8. Prevention of hepatitis A infections: guidelines for use of hepatitis A vaccine and immune globulin. Pediatrics 1996; 98 (6): 1207-15. 9. Webster G, Barnes E, Dusheiko G. Protecting travellers from hepatitis A. BMJ 2001; 322: 1194-95. 10. Piazza M, Picciotto L, Abrescia N, Tosone G. La vaccinazione anti-epatite A: razionale di impiego nel viaggiatore internazionale. Giornale di malattie infettive e parassitarie 1993; 45 (12): 1170-75. 11. Mele A. Anti-hepatitis A virus (HAV) vaccination: Guidelines for an immunization strategy in Italy. Workshop Consensus Conference–Rome, May 2-3, 1995. Italian J Gastroenterol 1996; 28: 181-86. 12. Dick Lew. Travel medicine: helping patients prepare for trips abroad. Am Fam Physician 1998. 13. Avvertenze per chi viaggia. The Medical Letter on Drugs and Therapeutics 1998; 13 (1025): 67-70. 14. Thomas R. Preparing patients to travel abroad safely. Can Fam Physician 2000; 46: 646-56. 15. Prazuck T, Semaille C, Defayolle M, et al. Resp-informations. Rev Epidem et Santé Publ 1998; 46: 64-72. 16. Lange WR, Frame JD. High incidence of viral hepatitis among American missionaries in Africa. Am J Trop Med Hygiene 1990; 43 (5): 527-33. 17. Nordenfelt E. Hepatitis A in Swedish travellers. Vaccine 1992; 10 (suppl 1): S73-74. 18. Smalligan RD, Lange WR, Frame JD, et al. The risk of viral hepatitis A, B C and E among North America missionaries. Am J Trop Med Hygiene 1995; 53 (3): 233-36. 19. Clayson ET, Innis BL, Myint KSA, et al. Short report: relative risk of hepatitis A and E among foreigners in Nepal. Am J Trop Med Hygiene1995; 52 (6): 506-07. 20. Moore P, Oakeshott P, Logan J, et al. Prophylaxis against hepatitis A for travel. BMJ 1990; 300: 723-24. 21. Studer S., Joller-Jemela H.I., Steffen R., et al. Prevalence of hepatitis A antibodies in Swiss travellers. Eur J Epidemiol 1993; 9 (1): 50-54. 22. Hanse HL, Andersen PL, Brandt L, et al. Antibodies against hepatitis viruses in merchant seamen. Scand J Infect Dis 1995; 27: 191-94. 23. Masterton RG, Strike PW, Tettmar RE. Hepatitis A immunity and travel history. J Infect 1991; 23: 321-26. 24. Mele A, Sagliocca L, Palombo F, et al. Travel-associated hepatitis: effect of place of residence and country visited. J Pub Health Med 1991; 13 (4): 256-59. Sono stati utilizzati anche i seguenti articoli: Louis FJ, Morillon M, Martet G. Quels vaccins pour quels voyageurs? Méd Trop 1997; 57 (1): 27-30. 80 Bibliografie PNLG – L’uso del vaccino anti epatite A in Italia Larouze B, Bouchaud O, Dazza MC, et al. Prévention des hépatites virales chez les voyageurs et les expatriés en milieu tropical et subtropical. Rev Epidem et Santé Publ 1998; 46: 56-62. Marchou B, Picot N, Massip P. Vaccinations du voyageur. Ann Méd Interne 1998; 149 (6): 332-39. Mitka M. Travellers need hepatitis and other immunizations. JAMA 2000; 283 (17): 2226-27. Craig PG, Bryan JP, Miller RE, et al. The prevalence of hepatitis A, B and C infection among different ethnic groups in Belize. Am J Trop Med Hyg 1993; 49 (4): 430-44. Bibliografia militari 1. Hoke CH, Binn LN, Egan JE, et al. Hepatitis A in the US Army: epidemiology and vaccine development. Vaccine 1992; 10 (suppl 1): S75-79. 2. Aarhaug P. Field evaluation of hepatitis A vaccine in a Norwegian contingent to the United Nations Interim Force in Lebanon. Vaccine 1992; 10 (suppl 1): S156-58. 3. Mele A. Anti-hepatitis A virus (HAV) vaccination: Guidelines for an immunization strategy in Italy. Workshop Consensus Conference-Rome, May 2-3, 1995. Italian J Gastroenterol 1996; 28: 181-86. 4. Green SM, Tsur S, Slepon R. Sociodemographic factors and the declining prevalence of anti-hepatitis A antibodies in young adult in Israel: implications for the new hepatitis A vaccines. Int J Epidemiol 1992; 21 (1): 136-41. 5. Joussemet M, Bourin P, Lebot O, et al. Evolution of hepatitis A antibodies prevalence in young French military recruits. Eur J Epidemiol 1992; 8 (2): 289-91. 6. Stroffolini T, D’Amelio R, Matricardi PM, et al. The changing epidemiology of hepatitis A in Italy. Ital J Gastroenterol 1993; 25: 372-74. 7. Lagarde E, Joussement M, Lataillade JJ & Fabre G. Risk factors for hepatitis A infection in France: drinking tap water may be of importance. Eur J Epidemiol 1995; 11: 145-48. 8. Beran J, Douda P, Prymula R, et al. Hepatitis A vaccination by Havrix in the Czech U.N. troops according to data of seroprevalence in 1991-5.. Central European J Public Health 1996; 4: 87-90. 9. Dulat C, Defrance JP, Ille H. Statut immunologique des militaires d’origine antillaise visà-vis du virus de l’hépatite A: incidence sur la prophylaxie. Méd Trop 1996; 56: 255-58. 10. Gdalevic M, Grotto I, Mandel Y, et al. Hepatitis antibody prevalence among young adults in Israel-the decline continues. Epidemiol Infect 1998; 121: 477-79. 11. Joussement M, Depaquit J, Nicand E, et al. Effondrement de la séroprévalence de l’hépatite virale A chez les jeunes Français. Gastroenterol Clin Biol 1999; 23: 447-52. 12. Beran J, Douda P, Rychly R. Seroprevalnce of viral hepatitis A in the Czech Republic. Eur J Epidemiol 1999; 805-08. 13. Hesla PE. Hepatitis A in Norwegian troops. Vaccine 1992; 10 (suppl 1): S80-81. 14. Coursaget P, Buisson Y, Enogat N, et al. Outbreak of enterically-transmitted hepatitis due to hepatitis A and hepatitis E viruses. J Hepatol 1998; 28: 745-50. 15. Hawkins RE, Malone JD, Cloninger La, et al. Risk of viral hepatitis among military personnel assigned to US Navy Ships. JID 1992; 165: 716-19. 16. Matricardi PM, D’Amelio R, Biselli R, et al. Incidence of hepatitis A virus infection among an Italian Military population. Infection 1994; 22 (1): 51-55. 17. D’Amelio R, Molica C, Biselli R, Stroffolini T. Surveillance of infectious diseases in the Italian militare as pre-requisite for tailored vaccination programme. Vaccine 2001; 19: 2006-11. 18. Samson T, Buisson Y. Hépatites virales chez les militaires Français de la Forpronu. Rev Epidem Santé Publ 1996; 44: 465-69. Bibliografie 81 PNLG – L’uso del vaccino anti epatite A in Italia Bibliografia operatori sanitari 1. Sepkowitz KA. Occupationally acquired infections in health care workers. Ann of Internal Med 1996; 125: 917-28. 2. Germanaud J, Kausse X, Barthets JP. Prevalence of antibodies to hepatitis A virus in health care workers. Eur J Clin Microbiol Infect Dis 1993; 12: 572-73. 3. Mele A. Anti-hepatitis A virus (HAV) vaccination: Guidelines for an immunization strategy in Italy. Workshop Consensus Conference-Rome, May 2-3, 1995. Italian J Gastroenterol 1996; 28: 181-86. 4. Rosemblum LS, Villarino ME, Nainan OV, et al. Hepatitis A outbreak in a neonatal intensive care unit: risk factors for transmission and evidence of prolonged viral excretion among preterm infants. J Infect Dis 1991; 164: 476-82. 5. Doebbeling BN, Li N, Wenzel RP. An outbreak of hepatitis A among health care workers: risk factors for transmission. Am J Public Health 1993; 83: 1679-84. 6. Burkholder BT, Coronado VG, Brown J, et al. Nosocomial transmission of hepatitis A in a pediatric hospital traced to an anti-hepatitis A virus-negative patient with immunodeficiency. Pediatric Infect Dis J 1995; 14: 261-66. 7. Jensenius M, Ringertz SH, Berild D, et al. Prolonged nosocomial outbreak of hepatitis A arising from an alcoholic with Pneumonia. Scand J Infect Dis 1998; 30: 119-23. 8. Lee KK, Vargo LR, Le CT, et al. Transfusion-acquired hepatitis A outbreak from fresh frozen plasma in a neonatal intensive care unit. Pediatric Infect Dis J 1992; 11 (2): 122-23. 9. Hofmann F, Wehrle G, Berthold H, et al. Hepatitis A as an occupational hazard. Vaccine 1992; 10 (suppl 1): S82-84. 10. Djeriri K, Fontana L, Laurichesse H, et al. Séroprévalence des marqueurs des hépatites virales A, B et C, parmi le personnel hospitalier du centre hospitalo-universitaire de ClermontFerrand. La Presse Méd 1996; 25 (4): 145-50. 11. Nguyen-khac E, Delcenserie R, Capron D, et al. Séroprévalence de l’hépatite virale A au Chu s’Amiens. Gastroenterol Clin Biol 1996; 20: 36-41. 12. Vranckx R, Jacques P, Moens G. Prevalence of hepatitis A antibodies in a large sample of Belgian health care workers. Infection 1999; 27 (4–5): 256–58. 13. Trevisan A, Stocco E, Fanelli G, Bicciato F, Paruzzolo P. Seroprevalence of hepatitis A markers in subjects exposed to biological risk. Int Arch Occupational & Environ Health 1999; 72: 125-27. 14. Ashkenazi M, Chodik G, Littner M, et al. The presence of hepatitis A antibodies in dental workers. A seroepidemiologic study. JADA 2001; 132: 492-98. 15. Borg MA, Portelli A. Hospital laundry workers–an at-risk group for hepatitis A? Occup Med 1999; 49 (7): 448-50. 16. Poole CJM, Shakespeare AT. Immunity to hepatitis A in paediatric and nursery nurses. Occup Med 1996; 46 (5): 361-63. 17. Trevisan A, Stocco E, Fanelli G, et al. Seroprevalence of hepatitis A markers in subjects exposed to biological risk. Int Arch Occup Environ Health 1999; 72: 125-27. 18. Beekmann SE, Doebbeling BN. Frontiers of occupational health. Infect Dis Clin North Am 1997; 11 (2): 313-29. Bibliografia addetti allo smaltimento rifiuti 1. Mele A. Anti-hepatitis A virus (HAV) vaccination: Guidelines for an immunization strategy in Italy. Workshop Consensus Conference-Rome, May 2-3, 1995. Italian J Gastroenterol 1996; 28: 181-86. 82 Bibliografie PNLG – L’uso del vaccino anti epatite A in Italia 2. Vonstille WT, Stille III WT, Shaker RC. Hepatitis A epidemic from utilities sewage in Ocoee, Florida. Arch Environ Health 1993; 48 (2): 120-24. 3. Poole CJ, Shakespeare AT. Should sewage workers and carers for people with learning disabilities be vaccinated for hepatitis A? BMJ 1993; 306: 1102. 4. Heng BH, Goh KT, Doraisingham S, et al. Prevalence of hepatitis A virus infection among sewage workers in Singapore. Epidemiol Infect 1994; 113: 121-28. 5. De Serres G, Lavesque B, Higgins R, et al. Need for vaccination of sewer workers against leptospirosis and hepatitis A. Occup Environ Med 1995; 52: 505-07. 6. Cadilhac P, Roudot-thoraval F. Seroprevalence of hepatitis A virus infection among sewage workers in the Parisian area, France. Eur J Epidemiol 1996; 12: 237-40. 7. Brugha R, Heptonstall J, Farrington P, et al. Risk of hepatitis a infection in sewage workers. Occup Environ Med 1998; 55: 567-69. 8. Levin M, Froom P, Trajber I, et al. Risk of hepatitis A virus infection among sewage workers in Israel. Arch Environ Health 2000; 55 (1): 7-10. 9. Trout D, Mueller C, Venczel L, et al. Evaluation of occupational transmission of hepatitis A virus among wastewater workers. JOEM 2000; 42 (1): 83-87. 10. Weldon M, VanEgdom MJ, Handricks K, et al. Prevalence of antibody to hepatitis A virus in drinking water workers and wastewater workers in Texas from 1996 to 1997. JOEM 2000; 42 (8): 821-26. 11. Bonanni P, Comodo N, Pasqui R, et al. Prevalence of Hepatitis A virus infection in sewage plant workers of central Italy: is indication for vaccination justified? Vaccine 2001; 19: 844-49. 12. Maguire E. Hepatitis A infection. Risk to sewage workers unproved. BMJ 1993; 307: 561. 13. Lerman Y, ChodiK G, Aloni H, et al. Occupations at increased risk of hepatitis A: a 2-year nationwide historical prospective study. Am J Epidemiol 1999; 150 (3): 312-20. 14. De Serres G, Laliberté D. Hepatitis A among workers from a waste water treatment plant during a small community outbreak. Occup Environ Med 1997; 54: 60-62. 15. Warlen AA, Hoff GL. Hepatitis A in waste water treatment plant workers: is vaccination necessary? JOEM 1998; 40 (6): 515-17. Bibliografia alimentaristi 1. Bianco E, Calabrese RM, Ferrara PA, Franco E. Infezione da virus dell’epatite A ed alimenti: correlazioni epidemiologiche e misure di prevenzione. NPT 1998; 2: 21-24. 2. Mele A. Anti-hepatitis A virus (HAV) vaccination: Guidelines for an immunization strategy in Italy. Workshop Consensus Conference-Rome, May 2-3, 1995. Italian J Gastroenterol 1996; 28: 181-86. 3. Hofmann F, Wehrle G, berthold H, et al. Hepatitis A as an occupational hazard. Vaccine 1992; 10 (suppl 1): S82-84 4. Koster D, Hofmann F, Berthold H. Hepatitis A immunity in food-handling occupations. Eur J Clin Microbiol Infect Dis 1990; 9: 304-05. 5. Romano F, Bassani T, Capuani MA, et al. Prevalenza di anticorpi anti-HAV in alimentaristi. Ann Ig 1996; 8: 419-23. 6. Angelillo IF, Nobile CGA, Talarico F, Pavia M. Prevalence of hepatitis A antibodies in food handlers in Italy. Infection 1996; 24: 147-50. 7. Staes CJ, Schlenker TL, Risk I, et al. Sources of infection among persons with acute hepatitis A and no identified risk factors during a sustained community-wide outbreak. Pediatrics 2000; 106 (4): e54. Bibliografie 83 PNLG – L’uso del vaccino anti epatite A in Italia 8. Mishu B, Hadler SC, Boats VA, et al. Foodborne hepatitis A: evidente that microwaving reduces risk? J Infect Dis 1990; 162: 655-58. 9. Weltman AC, Bennett NM, Ackman DA, Misage JH, Campana JJ, Fine LS, Doniger AS, Balzano GJ, Birke S. An outbreak of hepatitis A associated with a bakery, New York, 1994: the 1968 “West Branch, Michigan” outbreak repeated. Epidemiol & Infect 1996; 117: 333-41. 10. Massoudi MS, Bell BP, Paredes V, Insko J, Evans K, Shapiro CN. An outbreak of hepatitis A associated with an infected foodhandler. Public Health Reports 1999; 114: 157-64. Bibliografia personale asili nido e scuole materne 1. Hurwitz ES, Deseda CC, Shapiro CN, et al. Hepatitis infections in day care setting. Pediatrics 1994; 6 pt 2: 1023-24. 2. Mele A. Anti-hepatitis A virus (HAV) vaccination: Guidelines for an immunization strategy in Italy. Workshop Consensus Conference-Rome, May 2-3, 1995. Italian J Gastroenterol 1996; 28: 181-86. 3. Desenclos JCA, MacLafferty L. Community wide outbreak of hepatitis A linked to children in day care centres with increased transmission in young adult men in Florida 1988-9. J Epidemiol & Com Health 1993; 47: 269-73. 4. Severo CA, Abensur P, Buisson Y, et al. An outbreak of hepatitis A in a French day care center and efforts to combat it. Eur J Epidemiol 1997; 13: 139-44. 5. Sadetzki S, Rostmi N, Modan B. Hepatitis A outbreak originating in a day care center: a community case report. Eur J Epidemiol 1999; 15: 549-51. 6. Castelli F, Mattelli A, Signorini L, Scalvini C, Romano L, Tanzi E, Brunori A, Cadeo GP, Zanetti AR. Pediatric migration and hepatitis A risk in host population. J Travel Med 1999; 6 (3): 204-06. 7. Jacques P, Moens G, Van Damme P, Goubau P, et al. Increased risk for hepatitis A among female day nursery workers in Belgium. Occup Med 1994; 44: 259-61. 8. Jackson LA, Stuart WLK, Solomon SL, et al. Risk of infection with hepatitis A, B or C, cytomegalovirus, varicella or measles among child care providers. Pediatr Infect Dis J 1996; 15: 584-89. 9. Queiroz DAO, Cardoso DDP, Martelli CMT, et al. Risk factors and prevalence of antibodies against hepatitis A virus (HAV) in children from day care centers, in Goiania, Brazil. Rev Inst Med Trop Sao Paulo 1995; 37 (5): 427-33. 10. Lerman Y, Chodik G, Aloni H, Ribak J Ashkenazi S. Occupations at increased risk of hepatitis A: a 2-year nationwide historical prospective study. Am J Epidemiol 1999; 150: 312-20. Bibliografia soggetti istituzionalizzati con handicap mentali 1. Laurichesse H, Henquelle C, Gourdon F, et al. Hepatitis A and B in person with learning disabilities living in institutions: the need for vaccination. Infection 1998; 26 (2): 133-34. 2. Sepetjan N, Garrigue JL, Chossegros P, et al. Prévalence des infections à VHA et VHB dans les collectivités d’enfants de la région Lyonnaise. Méd et hyg 1994; 52: 344-53. 3. Mele A. Anti-hepatitis A virus (HAV) vaccination: Guidelines for an immunization strategy in Italy. Workshop Consensus Conference-Rome, May 2-3, 1995. Italian J Gastroenterol 1996; 28: 181-86. 4. Bell JC, Crewe EB, Capon AG. Seroprevalence of hepatitis A antibodies among residents of a centre for people with developmental disabilities. Australian & New Zealand J Med 1994; 24: 365-67. 84 Bibliografie PNLG – L’uso del vaccino anti epatite A in Italia 5. Gil A, Gonzalez A, Dal-Re R, et al. Prevalence of hepatitis A in an institution for the mentally retarded in an intermediate endemicity area: influence of age length of institutionalization. J Infection 1999; 38: 120-23. Bibliografia politrasfusi 1. Bianco C. Hepatitis testing. Immunol Invest 1995; 24 (1-2): 155-61. 2. Tegtmeier GE. Infectious diseases transmitted by transfusion: a miscellanea. Vox Sang 1994; 67 (suppl 3): 179-81. 3. Lagarder B. Vaccination contre l’hépatite A. Arch Pediatr 1998; 5: 321-25. 4. Mele A. Anti-hepatitis A virus (HAV) vaccination: Guidelines for an immunization strategy in Italy. Workshop Consensus Conference–Rome, May 2-3, 1995. Italian J Gastroenterol 1996; 28: 181-186. 5. Rosemblum LS, Villarino ME, Nainan OV, et al. Hepatitis A outbreak in a neonatal intensive care unit: risk factors for transmission and evidence of prolonged viral excretion among preterm infants. J Infect Dis 1991; 164: 476–82. 6. Lee KK, Vargo LR, Le CT, et al. Transfusion-acquired hepatitis A outbreak from fresh frozen plasma in a neonatal intensive care unit. Pediatric Infect Dis J 1992; 11 (2): 122-23. 7. Mangiagli A. Prevalenza degli anticorpi antiepatite A nei pazienti talassemici politrasfusi. Ped Med Chir 1997; 19: 437-38. Bibliografia emofiliaci 1. Mele A. Anti-hepatitis A virus (HAV) vaccination: Guidelines for an immunization strategy in Italy. Workshop Consensus Conference–Rome, May 2-3, 1995. Italian J Gastroenterol 1996; 28: 181-86. 2. Mannucci PM. Outbreak of hepatitis A among italian patients with Haemophilia. Lancet 1992; 339: 819. 3. Gerritzen A, Schneweis KE, Brackman HH, et al. Acute hepatitis A in haemophiliacs. Lancet 1992; 340: 1231-32. 4. (A) Robinson SM, Schwin H, Smith A. Clotting factors and hepatitis A. Lancet 1992; 340: 1465. (B) Shouval D, Gerlich WH. Clotting factors and hepatitis A. Lancet 1992; 340: 1465-66. (C) Temperley IJ, Cotter KP, Walsh TJ, Power J, Hillary IB. Clotting factors and hepatitis A. Lancet 1992; 340: 1466. 5. Peerlinck K, Vermylen J. Acute hepatitis A in patients with haemophilia A. Lancet 1993; 341: 179. 6. Kedda MA, Kew MC, Cohn RJ, et al. An outbreak of hepatitis A among south african patients with hemophilia: evidence implicating contaminated factor VIII concentrate as the source. Hepatology 1995; 22 (5): 1363-67. 7. Hepatitis A among person with haemophilia who received clotting factor concentrateUnited States, September-December 1995. JAMA 1996; 275 (6): 427-28. 8. Hepatitis A among person with haemophilia who received clotting factor concentrateUnited States, September-December 1995. MMWR 1996; 45 (2): 29-32. 9. Soucie JM, Robertson BH, Bell PB, et al. Hepatitis A virus infections associated with clotting factor concentrate in the United States. Transfusion 1998; 38: 573-79. 10. Chudy M, Budek I, Keller-Stanislawski B, et al. A new cluster of hepatitis A infection in hemophiliacs traced to a contaminated plasma pool. J Med Virol 1999; 57: 91-99. Bibliografie 85 PNLG – L’uso del vaccino anti epatite A in Italia 11. Robertson BH, Alter MJ, Bell BP, et al. Hepatitis a virus sequences detected in clotting factor concentrates associated with diseases transmission. Biologicals 1998; 26: 95-99. 12. Richardson LC, Evatt BL. Risk of hepatitis A virus infection in persons with hemophilia receiving plasma-derived products. Transf Med Rev 2000; 44 (1): 64-73. 13. Scaraggi FA, Perricci A, Petronelli M. Prevalence of serum IgG antibodies to hepatitis A virus in italian haemophiliacs. Lancet 1992; 339: 1486-87. 14. Kreutz W, Klarman D, Auerswald G, et al. Absence of hepatitis A after treatment with pasteurised factor VIII concentrates in children with haemophilia A and von Villebrand diseases. Lancet 1993; 341: 446. 15. Nowicki MJ, Mosley JW, Koerper MA, et al. Passive antibody to hepatitis A virus in US haemophiliacs. Lancet 1993; 341: 562. 16. Evensen SA, Rollag H. Solvent/detergent-treated clotting factors and hepatitis a virus seroconversion. Lancet 1993; 341: 971-72. 17. Kumar A, Kulkarmi R, Murray DL, et al. Serologic markers of viral hepatitis A, B, C and D in patients with haemophilia. J Med Virol 1993; 41: 205-09. 18. Berntorp E. Viral safety issues: plasma-derived factor VIII. Ann Hematol 1994; 68: S35-36. 19. Mannucci PM, Gdovin S, Gringeri A, et al. Transmission of hepatitis A to patients with haemophilia by factor VIII concentrates treated with organic solvent and detergent to inactivate viruses. Ann Int Med 1994; 120: 1-7. 20. Rothschild C, Pol S, Matlinger b, et al. Vaccination against hepatitis A virus in french haemophilic children. Vox Sang 1995; 69: 80-81. 21. Johnson Z, Thornton L, Tobin A, et al. An outbreak of hepatitis A among Irish haemophiliacs. Int J Epidemiol 1995; 24 (4): 821-28. 22. Koblin BA, Hilgartner M, Lipton R, et al. A study of hepatitis A virus infection among haemophilia patients in New York City. Transfusion 1995; 35 (4): 362-63. 23. Mauser-Bunschoten EP, Zaaijer HL, VanDreimmelen AAJ, et al. Risk of hepatitis A in dutch haemophilia patients. Thromb Haemost 1995; 74 (2): 616-18. 24. Guilaume TA. Outbreaks of hepatitis A and emergence of new AIDS-associated agents: the need to add terminal 100° C dry-heat sterilization to factor VIII and factor IX concentrates. Vox Sang 1993; 65: 158. 25. Lawlor E, Graham S, Davidson F, et al. Hepatitis A transmission by factor IX concentrates. Vox Sang 1996; 71: 126-28. Bibliografia tossicodipendenti 1. Sagliocca L, Mele A, Ferrigno L, Palumbo F, Converti F, Tosti ME, Amoroso P, Manzillo G. Case control study of risk factors for hepatitis A: Naples 1990-1991. Hepatitis Collaborating Group. It J Gastroenterol 1995; 27: 181-84. 2. Naef MR, Bucher HC, Erb P, et al. Reduced infection with HIV and hepatitis A during a Swiss intravenous opiate maintenance program. J AIDS 1999; 21 (4): 349-50. 3. Shapiro N, Coleman PJ, McQuillan GM, et al. Epidemiology of hepatitis A: seroepidemiology and risk groups in the USA. Vaccine 1992; 10 (suppl 1): S59-62. 4. Mele A. Anti-hepatitis A virus (HAV) vaccination: Guidelines for an immunization strategy in Italy. Workshop Consensus Conference-Rome, May 2-3, 1995. Italian J Gastroenterol 1996; 28: 181-86. 5. Laskus T, Radkwoski M, Lupa E, et al. Prevalence of hepatotropic viruses among drug addicts in Warsaw, Poland. J Hepatol 1992; 15: 114-17. 86 Bibliografie PNLG – L’uso del vaccino anti epatite A in Italia 6. Struve J, Kall K, Stendahl P, et al. Prevalence of Hepatitis B virus markers among intravenous drug abusers in Stockholm: impact of heterosexual transmission. Scand J Infect Dis 1993; 25: 8-13. 7. Patti AM, Santi AL, Pompa MG, Giustini C, Vescia N, Mastroeni I, Fara GM. Viral hepatitis and drugs: a continuing problem. Int J Epidemiol 1993; 22 (1): 135-39. 8. Lucht F, Berthelot P, Job P, et al. Séroprévalence de l’hépatite virale A en France métropolitaine chez les homosexuels et les toxicomanes intraveineux. La Presse Méd, 1996; 25 (25): 1141-43. 9. Villano SA, Nelson KE, Vlahov D, et al. Hepatitis A among homosexual men and injection drug users: more evidence for vaccination. Clin Infect Dis 1997; 25: 726-28. 10. Croft N, Cooper G, Stewart T, et al. Exposure to hepatitis A virus among blood donors, injecting users and prison entrants in Victoria. J Viral Hepatitis 1997; 4: 333-38. 11. Shaw DD, Whiteman DC, Merritt AD, et al. Hepatitis A outbreaks among illicit drug users and their contacts in Queensland, 1997. MJA 1999; 170: 584-87. 12. Ochnio JJ, Patrick D, Ho M, Talling DN, Dobson SR. Past infection with hepatitis A virus among Vancouver street youth, injection drug users and men who have sex with men: implications for vaccination programs. CMAJ 2001; 165: 293-97. 13. Iwarson S. New target groups for vaccination against hepatitis A: homosexual men, injecting drug users and patients with chronic hepatitis. Scand J Infect Dis 1998; 30 (3): 316-18. 14. Hutin YJ, Sabin KM, Hutwagner LC, Schaben L, Shipp GM, Lord DM, Conner JS et al. Multiple modes of hepatitis A virus transmission among methamphetamine users. Am J Epidemiol 2000; 152: 186-92. 15. Ferson MJ, Young LC, Stokes ML. Changing epidemiology of hepatitis A in the 1990s in Sydney, Australia. Epidemiol & Infect 1998; 121: 631-36. Sono stati utilizzati anche i seguenti articoli: Grinde B, Stene-Johansen K, Sharma B, et al. Characterization of an epidemic of hepatitis A virus involving intravenous drug abusers-Infection by needle sharing? J Med Virol 1997; 53: 69-75. Delpech VC, Thackway SV, Young L, Pontivivo G, Smedley E, Morgan K, Ferson MJ. Hepatitis A in south eastern Sydney 1997-1999: continuing concerns for gay men and an outbreak among illicit drug users. Comm Dis Intelligence 2000; 24: 203-06. Bibliografia omosessuali 1. Kani J, Gilson RJC, Nandwani R et al. Hepatitis A virus infection among homosexual men. BMJ 1991; 302: 1399. 2. Anonymous. Hepatitis A among homosexual men–United States, Canada and Australia. JAMA 1992; 267 (12): 1587-88. 3. Schomer K, Douglas JM, Cohn DL. Hepatitis A among homosexual men–United States, Canada and Australia. MMWR 1992; 41 (19): 155, 161-64. 4. Atkins M, Zambon M, Watkins P. Should susceptible homosexual men be offered immunization? BMJ 1993; 307: 562. 5. Valiquette L, Dion R, Bedard L. Relevée des maladies transmissibles au Canada. CCDR 1996; 22 (16): 133-35. 6. Walsh B, Sundkvist T, Maguire H, et al. Rise in hepatitis A among gay men in the Thames regions 1995 and 1996. Genitourin Med 1996; 72 (6): 449-50. Bibliografie 87 PNLG – L’uso del vaccino anti epatite A in Italia 7. Sundkvist T, Aitken C, Duckworth G, et al. Outbreak of acute hepatitis A among homosexual men in east London. Scand J Infect Dis 1997; 29: 211-12. 8. Stokes ML, Ferson MJ, Young LC. Outbreak of hepatitis A among homosexual men in Sydney. Am J Public Health 1997; 87 (12): 2039-41. 9. Hepatitis A vaccination of men who have sex with men-Atlanta, Georgia, 1996-1997. MMWR 1998; 47 (34): 708-11. 10. Ferson MJ, Young LC, Stokes LM. Changing epidemiology of hepatitis A in the 1990s in Sydney, Australia. Epidemiol Infect 1998; 121: 631-36. 11. Allard R, Beuchemin J, Bedard L, et al. Hepatitis A vaccination during an outbreak among gay men in Montreal, Canada, 1995-1997. J Epidemiol Community Health 2001; 55: 251-56. 12. Newell A, Asboe D, Azadian B. Outbreak of hepatitis A in homosexual men un Riverside. Sex Transm Inf 1998; 74 (4): 304-05. 13. Iwarson S. New target groups for vaccination against hepatitis A: homosexual men, injecting drug users and patients with chronic hepatitis. Scand J Infect Dis 1998; 30 (3): 316-18. 14. Leentvaar-Kuijpers A, Kool JL, Veugelers PL, et al. An outbreak of hepatitis A among homosexual men in Amsterdam, 1991-1993. Int J Epidemiol 1995; 24 (1): 218-22. 15. Henning KJ, Bell E, Braun J, et al. A community-wide outbreak of hepatitis A: risk factors for infection among homosexual and bisexual men. Am J Med 1995; 29: 132-36. 16. Reintjes R, Bosman A, de Zwart O, Stevens M, et al. Outbreak of hepatitis A in Rotterdam associated with visit to ‘darkrooms’ in gay bars. Comm Dis & Public Health 1999; 2 (1): 43-46. 17. Nandawani R, Caswell S, Boag F, et al. Hepatitis A seroprevalence in homosexual and heterosexual men. Genitourin Med 1994; 70: 325-28. 18. Ballesteros J, Dal-Ré R, Gonzales A, et al. Are homosexuals males a risk group for hepatitis A infection in intermediate endemicity areas? Epidemiol Infect 1996; 117: 145-48. 19. Lucht F, Berthelot P, Job P, et al. Séroprevalence de l’hépatite virale A en France métropolitaine chez les homosexuels et les toxicomanes intraveineux. La Presse Méd 1996; 25 (25): 1141-43. 20. Villano SA, Nelson KE, Vlahov D, et al. Hepatitis A among homosexual men and injection drug users: more evidence for vaccination. Clin Infect Dis 1997; 25: 726-28. 21. Katz MH, Hsu L, Wong E, et al. Seroprevalence of and risk factors for hepatitis A infection among young homosexual and bisexual men. J Infect Dis 1997; 175: 1225-29. 22. Corona R, Stroffolini T, Giglio A, et al. Lack of evidence for increase risk of hepatitis A infection in homosexual men. Epidemiol Infect 1999; 123: 89-93. 23. Ochnio JJ, Patrick D, Ho M, Talling DN, Dobson SR. Past infection with hepatitis A virus among Vancouver street youth, injection drug users and men who have sex with men: implications for vaccination programs. CMAJ 2001; 165: 293-97. 24. Brook G. Sexual health of homosexual men and women. Universal vaccination against hepatitis A cannot be firmly recommended for homosexual men. BMJ 1999; 319: 575. 25. Edwards S, Carne C. Oral sex and the transmission of viral STIs. Sex Transm Inf 1998; 74: 6-10. 26. Brook MG. Sexual transmission and prevention of the hepatitis viruses A-E and G. Sex Transm Inf 1998; 74: 395-98. Bibliografia detenuti 1. Levy IG, Gemill I, Ellis EC. Hepatitis A among men in a Canadian correctional facility. Can Commun Dis Rep 1993; 19 (3): 17-21. 88 Bibliografie PNLG – L’uso del vaccino anti epatite A in Italia 2. Crofts N, Cooper G, Stewart, et al. Exposure to hepatitis A virus among blood donors, injecting drug users and prison entrants in Victoria. J Viral Hepatitis 1997; 4: 333-38. 3. Whiteman D, McCall B, Falconer A. Prevalence and determinants of hepatitis A virus exposure among prison entrants in Queensland, Australia: implications for public health control. J Viral Hepatitis 1998; 5: 277-83. 4. Skidmore S, Parry JV, Nottage P. An investigation of the potential risk of an HAV outbreak in a prison population following the introduction of cases from a community outbreak. Comm Dis & Public Health 2001; 4: 133-35. Bibliografia HIV sieropositivi 1. Nguyen C, Lebel F. Acute retroviral syndrome complicated by cytomegalovirus and hepatitis A coinfection. JID 1991; 164: 219-20. 2. McNair ANB, Main J, Thomas HC. Semin Liver Dis 1992; 12 (2): 188-96. 3. Fonquernie L, Meynard L, Charrois A, et al. Occurrence of acute hepatitis A in patients infected with human immunodeficiency virus. CID 2001; 32: 97-99. Bibliografia epatopatici cronici 1. Lindberg J, Frosner G, Hansson BG, Hermodsson S, Iwarson S. Serologic markers of hepatitis A and B in chronic active hepatitis. Scand J Gastroenterol 1978; 13 (5): 525-27. 2. Diago M, Lujan M, Garcia V, Cors R, Carbonell P, Tuset C, Gimeno J. Prevalence of antihepatitis A in patients with chronic liver disease. Gastroenterol Hepatol 1998 Aug-Sep; 21 (7): 324-26. 3. Pramoolsinsap C, Attamasirul K, Busagom N, Maneerat Y, Nuchprayoon C, Tanprasert S, Srivatanaku1 P, Theamboonlers A, Hirsch P, Poovorawan Y. Susceptibility to hepatitis A virus infection among chronic liver disease patients and healthy blood donors in Thailand. Southeast Asian J Trop Med Public Health 1999 Mar; 30 (1): 91-95. 4. Lopez Serrano A, Anton Conejero MD, Alcaraz Soriano MJ, Garcia del Castillo G, Gomez Pajares F, Moreno-Osset E. Prevalence of hepatitis A virus antibodies in patients with chronic liver diseases. Rev Esp Enferm Dig 2000 Aug; 92 (8): 508-17. 5. Olive G, Buti M, Ignacio Esteban J, Cotrina M, Esteban R, Guardia J. Prevalence and incidence of hepatitis A in patients with hepatitis B and C. Med Clin (Barc) 2000 Sep 9; 115 (7): 254-55. 6. Siddiqui F, Mutchnick M, Kinzie J, Peleman R, Nay1or P, Ehrinpreis M. Prevalence of hepatitis A virus and hepatitis B virus immunity in patients with polymerase chain reaction confirmed hepatitis C: implications for vaccination strategy. Am J Gastroenterol 2001 March; 96 (3): 858-63. 7. Stroffolini T, Almasio PL, Di Stefano R, Andreone P, Di Gaetano G, Fattovich G, Gaeta GB, Morisco F, Smedile A, Tripi S, Zignego L, Ferraro D, Mele A, Craxì A. Anti-HAV Seroprevalence And Seroconversion In A Cohort Of Patients With Chronic Viral Hepatitis. Dig Liv Dis?? 8. Viola LA, Barrison IG, Coleman JC, Murray-Lyon IM. The clinical course of acute type A hepatitis in chronic HBsAg carriers-a report of 3 cases. Postgrad Med J 1982 Feb; 58 (676): 80-81. 9. Conteas C, Kao H, Rakela J, Weliky B. Acute type A hepatitis in three patients with chronic HBV infection. Dig Dis Sci 1983 Aug; 28 (8): 684-86. 10. Zachoval R, Roggendorf M, Deinhardt F. Hepatitis A infection in chronic carriers of hepatitis B virus. Hepatology 1983 Jul-Aug; 3 (4): 528-31. 11. Yang CY, Chu CM, Liaw YF, Au C, Sheen IS, Lin DY, Chang-Chien CS, Chen PC, Wu CS. Fulminant hepatitis A in chronic HBV carrier. Dig Dis Scie 1986; 31: 109-111. Bibliografie 89 PNLG – L’uso del vaccino anti epatite A in Italia 12. Davis GL, Hoofnagle JH, Waggoner JG. Acute type A hepatitis during chronic hepatitis B virus infection: association of depressed hepatitis B virus replication with appearance of endogenous alpha interferon. J Med Virol 1984; 14 (2): 141. 13. Tassopoulos N, Papaevangelou G, Roumeliotou-Karayannis A, Kalafatas P, Engle R, Gerin J, Purcell RH. Double infections with hepatitis A and B viruses. Liver 1985 Dec; 5 (6): 34853. 14. Akriviadis EA, Redeker AG. Fulminant hepatitis A in intravenous drug users with chronic liver disease. Ann Intern Med 1989 May 15; 110 (10): 838-39. 15. Laskin KJ, Black M. Fulminant hepatitis A in intravenous-drug users. Ann Intern Med 1989 May 15; 110 (10): 845-46. 16. Fukumoto Y, Okita K, Konishi T, Takemoto T. Hepatitis A infection in chronic carriers of hepatitis B virus. «In: Sung J-L, Chen D-S, eds. ViraI Hepatitis and Hepatocellular Carcinoma. Amsterdam: Excerpta Medica 1990; 43-48. 17. Yao G. Clinical spectrum and natural history of viral hepatitis A in a 1988 Shanghai epidemic. In: Hollinger FB, Lemon SM, Margolis H, eds. ViraI Hepatitis and Liver Disease. Baltimore: Williams & Wilkins, 1991; 76-78. 18. Hadler SC. Global impact of hepatitis A virus infection: changing patterns. In: Hollinger FB, Lemon SM, Margolis H, eds. ViraI Hepatitis and Liver Disease. Baltimore: Williams & Wilkins, 1991; 14-20. 19. Grinde B, Stene-Johansen K, Sharma B, Hoel T, Jensenius M, Skaug K. Characterisation of an epidemic of hepatitis A virus involving intravenous drug abusers—infection by needle sharing? J Med Virol 1997 Sep; 53 (1): 69-75. 20. Vento S, Garofano T, Renzini C, Cainelli F, Casali F, Ghironzi G, Ferraro T, Concia E. Fulminant hepatitis associated with hepatitis A virus superinfection in patients with chronic hepatitis C. N Engl J Med 1998 Jan 29; 338 (5): 286-90. 21. Papachristou AA, Dumas AS, Katsouyannopoulos VC. Dissociation of alanine aminotransferase values in acute hepatitis A patients. Epidemiol Infect 1991 Apr; 106 (2): 397-402. 22. Mele A, Tosti ME, Stroffolini T. Hepatitis associated with hepatitis A superinfection in patients with chronic hepatitis C. N Engl J Med 1998; 338: 1771. 23. Helbling B, Renner EL, Kammerlander R. Acute hepatitis A in patients with chronic hepatitis C. Ann Intern Med 1999 Aug 17; 131 (4): 314. 24. Pramoolsinsap C, Poovorawan Y, Hirsch P, Busagom N, Attamasirikul K. Acute, hepatitis A super-infection in HBV carriers, or chronic liver disease related to HBV or HCV. Ann Trop Med Parasitol 1999 Oct; 93 (7): 745-51. 25. Lefilliatre P, Villeneuve JP. Fulminant hepatitis A in patients with chronic liver disease. Can J Public Health 2000 May-Jun; 91 (3): 168-70. 26. Keffr EB et al. Safety and immunogenicity of Hepatitis A vaccine in patients with chronic liver disease Hepatology 1998 27; 88: 1-6. 27. Lee SD et al. Safety and immuogenicity of Hepatitis A vaccine in patients with chronic liver disease J Med Virol 1997; 52: 215-23. 28. Tsang SW. Inactived A vaccine in Chinese patients with chronic HBV infection Aliment Pharmacol Ther 1999; 13: 1445-49. 29. Dumond JA et al. Immunogenicity of Hepatitis A vaccine in decompensated liver disease Am J Gastroenterol 1999; 94: 1601-04. 30. Stark K et al. Immunogenicity and safety of Hepatitis A vaccine in liver and renal transplant recipients J Infect Dis 199; 180: 2014-17. 90 Bibliografie PNLG – L’uso del vaccino anti epatite A in Italia Bibliografia focolai epidemici 1. Germinario C, Lopalco PL, Chicanna M, Da Villa G. From hepatitis B to hepatitis A and B prevention: the Puglia (Italy) experience. Vaccine 2000; 18 (suppl 1): S83-85. 2. Conaty S, Bird P, Bell G, Kraa E, Grohmann G, McAnulty JM. Hepatitis A in New South Wales, Australia from consumption of oysters: the first reported outbreak. Epidemiol & Infect 2000; 124: 121-30. 3. Mele A, Catalano R, Cialdea L, Piscanc AM, Mladen AS, Kresevic L. Outbreak of hepatitis A in Trieste, Italy. J Public Health Med 1994; 2: 242-43. 4. Anonymous. Illness associated with eating oysters. CDR Weekly 1992; 2: 1. 5. Hutin YJ, Pool V, Cramer EH, Nainan OV, Weth J, Williams IT, Goldstein ST, Gensheimer KF, Bell BP, Shapiro CN, Alter MJ, Margolis HS. A multistate, foodborne outbreak of hepatitis A. National Hepatitis A Investigation Team. NEJM 1999; 340: 595-602. 6. Anonymous. From the Centers for Disease Control and Prevention. Hepatitis A associated with consumption of frozen strawberries-Michigan, March 1997. JAMA 1997; 277: 1271. 7. Anonymous. Hepatitis A associated with consumption of frozen strawberries-Michigan, March 1997. MMWR 1997; 46: 288-95. 8. Niu MT, Polish LB, Robertson BH, Khanna BK, Woodruff BA, Shapiro CN, Miller MA, Smith JD, Gedrose JK, Alter MJ, Margolis HS. Multistate outbreak of hepatitis A associated with frozen strawberries. J Infect Dis 1992; 166: 518-24. 9. Pebody RG, Leino T, Ruutu P, Kinnunen L, Davidkin I, Nohynek H, Leinikki P. Foodborne outbreaks of hepatitis A in a low endemic country: an emerging problem? Epidemiol & Infect 1998; 120: 55-59. 10. Dentinger CM, Bower WA, Nainan OV, Cotter SM, Myers G, Dubusky LM, Fowler S, Salehi ED, Bell BP. An outbreak of hepatitis A associated with green onions. J Infect Dis 2001; 183: 1273-76. 11. Massoudi MS, Bell BP, Paredes V, Insko J, Evans K, Shapiro CN. An outbreak of hepatitis A associated with an infected foodhandler. Public Health Reports 1999; 114: 157-64. 12. Fortin A, Milord F. Hepatitis A in restaurant clientele and staff-Quebec. CCDR 1998; 24: 53-59. 13. Sundkvist T, Hamilton GR, Hourihan BM, Hart IJ. Outbreak of hepatitis A spread by contaminated drinking glasses in a public house. Comm Dis & Public Health 2000; 3: 60-6. 14. Beller M. Hepatitis A outbreak in Anchorage, Alaska, traced to ice slush beverages. West J Med 1992; 156: 624-27. 15. De Serres G, Cromeans TL, Levesque B, Brassard N, Barthe C, Dionne M, Prudhomme H, Paradis D, Shapiro CN, Nainan OV, Margolis HS. Molecular confirmation of hepatitis A virus from well water: epidemiology and public health implication. J Infect Dis 1999; 179: 37-43. 16. Vonstille WT, Stille WT, Sharer RC. Hepatitis A epidemics from utility sewage in Ocoee, Florida. Arch Environ Health 1993; 48: 120-24. 17. Anonymous. Hepatitis A outbreak in New South Wales. Comm Dis Intelligence 1997; 21: 46. 18. Mahony FJ, Farley TA, Kelso KY, Wilson SA, Horan JM, McFarland LM. An outbreak of hepatitis A associated with swimming in a public pool. J Infect Dis 1992; 165: 613-18. 19. Ang LH. Outbreak of hepatitis A in a special need school in Kent. Comm Dis & Public Health 2000; 3: 139-40. 20. Bonanni P, Colombai R, Franchi G, Lo Nostro A, Comodo N, Tiscione E. Experience of hepatitis A vaccination during an outbreak in a nursery school of Tuscany, Italy. Epidemiol & Infection 1998; 121: 377-80. Bibliografie 91 PNLG – L’uso del vaccino anti epatite A in Italia 21. Desenclos JCA, MacLafferty L. Community wide outbreak of hepatitis A linked to children in day care centres and with increased transmission in young adult men in Florida 19889. J Epidemiol & Comm Med 1993; 47: 269-73. 22. Divizia M. Gnesivo C, Bonapasta RA, Morace G, Pisani G, Pana A. Virus isolation and identification by PCR in an outbreak of hepatitis A: epidemiological investigation. Wat Sci Tech 1993; 27: 199-205. 23. Hatazawa T, Abo W, Sakai Y, Seki K, Doi T, Tachibana N, Chiba S. An outbreak of hepatitis A in a day-care center. Immunoprophylaxis with human immunoglobulin. Acta Pediatrica Japonica 1998; 40: 244-46. 24. Irwin DJ, Millership S. Control of a community hepatitis A outbreak using hepatitis A vaccine. Comm Dis & Pub Health 1999: 184-87. 25. Leoni E, Bevini C, Degli Esposti S, Graziano A. An outbreak of intrafamiliar hepatitis A associated with clam consumption: epidemic transmission to a school community. Eur J Epidemiol 1998; 14: 187-92. 26. Panella H, Bayas JM, Maldonado R, Cayala JA, Vilella A, Sala C, Carbo JM, Bruguera M. Epidemic outbreak of hepatitis A related to a day care center. Gastroenterologia Y Hepatologia 1998; 21: 319-23. 27. Rajaratnam G, Patel M, Parry JV, Perry KR, Palmer SR. An outbreak of hepatitis A: school toilets as a source of transmission. J Public Health Med 1992; 14: 72-77. 28. Sayers G, Condon M, La Harpe D, Connell J, Dooley S. Hepatitis A outbreak in an institution. Irish Med J 1999; 92: 396-98. 29. Severo CA, Abensur P, Buisson Y, Lafuma A, Detournay B, Pechevis M. An outbreak of hepatitis A in a French day care center and efforts to combat it. Eur J Epidemiol 1997; 13: 139-44. 30. Stuart JM, Majeed FA, Cartwright KA, Room R, Parry JV, Perry KR, Begg NT. Salivary antibody testing in a school outbreak of hepatitis A. Epidemiol & Infect 1992; 109: 161-6. 31. Conzelmann-Auer C. Ackermann-Liebrich U, Herzog C, Bachlin A. Hepatitis A outbreak in a kindergarten. Schweizerische Medizinische Wochenschrift. J Suisse Méd 1992; 122: 1559-66. 32. Hoebe CJ. Hepatitis A epidemic in Heerlen in late 1996, importance of immunization in immigrant children. Nederlands Tijdschrift voor Geneeskunde 1998; 142: 521-25. 33. van Gorkom J, Leentvaar-Kuijpers A, Kool JL, Coutinho RA. Annual epidemics of hepatitis A in four large cities related to holiday travel among immigrant children. Nederlands Tijdschrift voor Geneeskunde 1998; 142: 1919-23. 34. Burkholder BT, Coronado VG, Brown J, Hutto JH, Shapiro CN, Robertson B, Wooddruff BA. Nosocomial transmission of hepatitis A in a pediatric hospital traced to an anti-hepatitis A virus negative patient with immunodeficiency. Ped Infect Dis J 1995; 14: 261-66. 35. Doebbeling BN, Li N, Wenzel RP. An outbreak of hepatitis A among health care workers: risk factors for transmission. Am J Public Health 1993; 83: 1679-84. 36. Hanna JN, Loewenthal MR, Negel P, Wenck DJ. An outbreak of hepatitis A in an intensive care unit. Anaesthesia & Intensive Care 1996; 24: 440-44. 37. Jensenius M, Ringertz SH, Berild D, Bell H, Espionoza R, Grinde B. Prolonged nosocomial outbreak of hepatitis A arising from an alcoholic with penumonia. Scand J Infect Dis 1998; 30: 119-23. 38. Watson JC, Fleming DW, Borella AJ, Olcott ES, Conrad RE, Baron RC. Vertical transmission of hepatitis A resulting in an outbreak in a neonatal intensive care unit. J Infect Dis 1993; 167: 567-71. 92 Bibliografie PNLG – L’uso del vaccino anti epatite A in Italia 39. Castelli F, Mattelli A, Signorini L, Scalvini L, Romano L, Tanzi E, Brunori A, Cadeo GP, Zanetti AR. Pediatric migration and hepatitis A risk in host population. J Travel Med 1999; 6: 204-06. 40. Ashkenasy OM. A community outbreak of hepatitis A in a religious community in Indiana: failure of immune serum globulin to prevent the spread of infection. Epidemiol & Infect 2000; 124: 309-13. 41. Craig AS, Sockwell DC, Schaffner W, Moore WL, Skinner JT, Williams IT, Shaw FE, Shapiro CN, Bell BP. Use of hepatitis A vaccine in a community wide outbreak of hepatitis A. Clin Infect Dis 1998; 27: 531-35. 42. Lopalco PL, Malfait P, Salmaso S, Germinario C, Quarto M, Barbuti S, and the field working group. A persisting outbreak of hepatitis A in Puglia, Italy, 1996: epidemiological follow up. Eurosurveillance 1996; 1 (5): 33-35. 43. Majeed FA, Stuart JM, Cartwright KA, Room R, Gilkes JR, Smith MC, Watson BE. An outbreak of hepatitis A in Gloucester, UK. Epidemiol & Infect 1992; 109; 167-73. 44. Staes CJ, Schlenker TL, Risk I, Cannon KG, Harris H, Pavia At, Shapiro CN, Bell BP. Sources of infection among persons with acute hepatitis A and not identified risk factors during a sustained community wide outbreak. Pediatrics 2000; 106: E54. 45. Stone S, Erickson B, Alexander M, Dunning R, Israel E, Qwyer DM. Characteristics of epidemic hepatitis A in Baltimore City: implications for control measures. Maryland Med J 1993; 41: 995-1000. 46. Deshaies D, Dion R, Valiquette L, Auger N. Immunization against hepatitis A during an outbreak in a Jewish orthodox community Quebec 1997-1998. CCDR 1998; 24: 154-51. 47. Hockin J, Isaacs S, Kittle D, Brimmer G, Bailey N, Tamblyin S. Hepatitis A outbreak in a socially contained religious community in rural southern Ontario. CCDR 1997; 23: 161-66. 48. McMahon BJ, Beller M, Williams J, Schloss M, Tanttila H, Bulkov L. A program to control an outbreak of hepatitis A in Alaska by using an inactivated hepatitis A vaccine. Arch Ped & Adolescent Med 1996; 150: 733-39. 49. Smith PF, Grabau JC, Werzberger A, Gunn RA, Rolka HR, Kondracki SF. The role of young children in a community wide outbreak of hepatitis A. Epidemiol Infect 1997; 118: 243-52. 50. Poovorawan Y, Tieamboonlers A, Chumdermpadetsuk S, Gluck R, Cryz SJ. Control of a hepatitis A outbreak by active immunization of high-risk susceptible subjects. J Infect Dis 1994; 169: 228-29. 51. Prikazsky V, Olear V, Cernoch A, Safary A, Andre FE. Interruption of an outbreak of hepatitis A in two villages by vaccination. J Med Virol 1994; 44: 457-59. 52. Zamir C, Rishpon S, Zamir D, Leventhal A, Rimon N, Ben-Porath E. Control of a community wide outbreak of hepatitis A by mass vaccination with inactivated hepatitis A vaccine. Eur J Clin Microbiol & Infect Dis 2001; 20: 185-87. 53. Pavia AT. A community-wide outbreak of hepatitis A in a religious community: impact of mass administration of immunoglobulin. Am J Epidemiol 1990; 131: 1085-93. 54. Shaw FE. A community-wide epidemic of hepatitis A in Ohio. Am J Epidemiol 1986; 123: 1057-65. Bibliografia postesposizione 1. Mele A. Stroffolini T. Palumbo F. Gallo G. Ragni P. Balocchini E. Tosti ME. Corona R. Marzolini A. Moiraghi A. Incidence of and risk factors for hepatitis A in Italy: public health indications from a 10-year surveillance. SEIEVA Collaborating Group. J Hepatol 1997; 26: 743-47. Bibliografie 93 PNLG – L’uso del vaccino anti epatite A in Italia 2. Stapleton JT. Passive immunization against hepatitis A. Vaccine 1992; 10: (suppl 1): S45-47. 3. Zaaijer, H L; Leentvaar-Kuijpers, A; Rotman, H; Lelie, PN. Hepatitis A antibody titres after infection and immunization: implications for passive and active immunization. J Med Virol 1993; 40: 22-27. 4. Purcell RH. Control of hepatitis A by inactivated vaccines: unanswered questions and unresolved issues. J Hepatol 1993; 18 (suppl 2): S61-64. 5. Stokies J, Neefe JR. The prevention and attenuation of infectious hepatitis by gamma globulin. J Am Med Assoc 1945; 127: 144-45. 6. Krugman S, Ward R, Giles JP, Jacobs AM. Infectious hepatitis. Studies on the effect of gamma globulin and on the incidence of inapparent infection. J Am Med Assoc 1960; 174: 823-30. 7. Kluge T. Gamma-globulin in the prevention of viral hepatitis: a study on the effect of medium-size doses. Acta Med Scand 1963; 174: 469-77. 8. Fowinkle EW, Guthrie N. Comparison of two doses of gamma globulin in prevention of infectious hepatitis. Public Health Rep 1964; 79: 634-37. 9. Weiland O, Niklasson B, Berg R, Lundbergh P, Tidestrom L. Clinical and subclinical hepatitis A occurring after immunoglobulin prophylaxis. Scand J Gastroenterol 1981; 16: 967-72. 10. Krugman S. Effect of human immune serum globulin on infectivity of hepatitis A virus:. J Infect Dis 1976; 134 (1): 70-74. 11. Behrens RH, Daherty JF. Severe hepatitis after passive immunization. Lancet 1993; 341: 972. 12. Mosley JW, Reisler DM, Brachott D, Roth D, Weiser J. Comparison of two lots of immune serum globulin for prophylaxis of infectious hepatitis. Am J Epidemiol 1968; 87: 539-45. 13. Brachott D, Lifschitz I, Mosley JW, Kendrick MA, Sgouris Jt. Potency of fragmented IgG: two studies of postexposure prophylaxis in type A hepatitis. J Lab Clin Med 1975; 85: 281-86. 14. Frosner GG, Haas H, Hotz G. Hepatitis-A-Antibody in commercial lots of immune serum globulin. Lancet 1977; 1 (8008): 432-33. 15. Smallwood LA, Tabor E, Finlayson JS, Gerety RJ. Antibodies to hepatitis A virus in immune serum globulin. J Med Virol 1981; 7: 21-27. 16. Pavia AT. Nielsen L. Armington L. Thurman DJ. Tierney E. Nichols CR. A community-wide outbreak of hepatitis A in a religious community: Impact of mass administration of immune globulin. Am J Epidemiol 1990; 131: 1085-93. 17. Winokur PL, Stapleton TJ. Immunoglobulin prophylaxis for hepatitis A. Clinical Infect Dis 1992; 14: 580-86. 18. Robertson BH, D’Hondt EH, Spelbring J, Tian H, Krawczynski K, Margolis HS. Effect of postexposure vaccination in a chimpanzee model of hepatitis A virus infection. J Med Virol 1994; 43 (3): 249-51. 19. D’Hondt E, Purcell RH, Emerson SU, Wong DC, Shapiro M, Govindarajan S. Efficacy of an inactivated hepatitis A vaccine in pre- and post exposure conditions in marmosets. J Infect Dis 1995; 171 (suppl 1): S40-43. 20. Flehmig B, Normann A, Bohnen D. Transmission of hepatitis A virus infection despite vaccination. NEJM 2000; 343: 301-02. 21. Werzberger A, Mensch B, Kuter B, et al. A controlled trial of a formalin-inactivated hepatitis A vaccine in healthy children. N Engl J Med 1992; 327: 453–57. 22. McMahon BJ, Beller M, Williams J, Schloss M, Households T, Bulkow L. A program to control an outbreak of hepatitis A in Alaska by using an inactivated hepatitis A vaccine. Arch Pediatr Adolesc Med 1996; 150: 733–39. 94 Bibliografie PNLG – L’uso del vaccino anti epatite A in Italia 23. Irwin DJ, Millership S. Control of a community hepatitis outbreak using hepatitis A vaccine. Com Dis & Pub Health 1999; 2: 184-87. 24. Sagliocca L, Amoroso P, Stroffolini T, Adamo B, Tosti ME, Lettieri G, Esposito C, Buonocore S, Pierri P, Mele A. Efficacy of hepatitis A vaccine in prevention of secondary hepatitis A infection: a randomised trial. Lancet 1999; 353 (9159): 1136-39. 25. Pierce, PF; Cappello, M; Bernard, K W. Subclinical infection with hepatitis A in Peace Corps volunteers following immune globulin prophylaxis. Am J Tropical Med & Hyg 1990; 42: 465-69. 26. Green M, Dotan K Efficacy of serum globulin in an outbreak of hepatitis A virus infection in adults. J Infection 1988; 17: 265-70. 27. Gerety RJ, Smallwood LA, Finlayson JS, Tabor E. Standardization of the antibody to hepatitis A virus (anti-HAV) content of immunoglobulin. Am J Gastroenterol 1982; 77: 431-35. 28. Clemens R, Safary A, Hepburn A, Roche C, Stanbury WJ, Andre FE. Clinical experience with an inactivated hepatitis A vaccine. J Infect Dis 1995; 171 (suppl 1): S44-49. 29. Ashur Y, Adler R, Rowe M, Shouval D, Biesert L. Comparison of immunogenicity of two hepatitis A vaccines-VAQTA and HAVRIX-in young adults. Vaccine 1999; 17: 2290-96. 30. Irwin DJ, Millership S. Antibody response to hepatitis A vaccine in healthy adults. Com Dis & Pub Health 2001; 4: 139-40. 31. Adler R, Shouval D. Hepatitis A prophylaxis: vaccine or immunoglobulin? Clinic Immunother 1996; 6: 261-72. 32. Anonymous. Hepatitis A vaccine: evidence of efficacy after exposure. CDC Report CDR Weekly 1999 Apr 16; 9 (16): 139-42. 33. Anonymous. Prevention of hepatitis A infections: guidelines for use of hepatitis A vaccine and immune globulin. Am Acad of Ped Comm on Infect Dis Ped 1996; 98: 1207-15. 34. Anonymous. Prevention of Hepatitis A through active or passive immunization: Recommendations of the Advisory Committee on Immunization Practices (ACIP). MMWR 1996; 45: 1-30. 35. Craig AS, Socwell DC, Schaffner W, Moore WL, Skinner JT, Williams IT, Shaw FE, Shapiro CN, Bell BP. Use of hepatitis A vaccine in a community-wide outbreak of hepatitis A. Clin Infect Dis 1998; 27: 531-35. 36. Prikazsky V, Olear V, Cernoch A, Safary A, Andrè FE. Interruption of an outbreak of hepatitis A in two villages by vaccination. J Med Virol 1994; 44:: 457–59. Sono stati utilizzati anche i seguenti articoli: Anonymous. An outbreak of hepatitis A associated with a spa pool. Commun Dis Intell 1997; 21: 353-54. Bibliografie 95 Finito di stampare nel mese di maggio 2002 presso Arti grafiche Passoni srl – Milano Qualsiasi commento, osservazione, richiesta di chiarimento può essere inoltrata a: Segreteria Programma nazionale per le linee guida (PNLG), Istituto superiore di sanità (ISS), viale Regina Elena 299, 00161 Roma. Oppure a: [email protected] Tutti i documenti prodotti dal programma sono consultabili nel sito internet http://www.pnlg.it. In esso sono anche consultabili le versioni semplificate delle linee guida per la cittadinanza. Coordinatori del PNLG • Istituto superiore di sanità (ISS), viale Regina Elena 299, 00161 Roma; tel: +39 06 49901; fax: +39 06 49387118 • Agenzia per i servizi sanitari regionali (ASSR), piazza Marconi 25, 00144 Roma; tel: +39 06 54951411; fax: +39 06 54951488 Unità operative • Centro per la valutazione dell’efficacia dell’assistenza sanitaria (CeVEAS), viale Muratori 201, 41100 Modena; tel: +39 059 435200; fax: +39 059 435222 • Zadig, Agenzia di comunicazione scientifica, via Calzecchi 10, 20133 Milano; tel: +39 02 7526131; fax: +39 02 76113040 • Health Reviews Ltd Ufficio scientifico: via Adige 28a, 00061 Anguillara Sabazia (Roma); tel: +39 06 99900989 Il Programma nazionale per le linee guida (PNLG) In Italia, l’elaborazione di linee guida e di altri strumenti di indirizzo finalizzati al miglioramento della qualità dell’assistenza avviene all’interno del Programma nazionale per le linee guida (PNLG). La legislazione vigente propone l’adozione di linee guida come richiamo all’utilizzo efficiente ed efficace delle risorse disponibili e come miglioramento dell’appropriatezza delle prescrizioni. Con queste finalità prende il via quindi il Programma nazionale per le linee guida, coordinato dall’Istituto superiore di sanità (ISS) e dall’Agenzia per i servizi sanitari regionali (ASSR) con i compiti specifici di: • produrre informazioni utili a indirizzare le decisioni degli operatori, clinici e non, verso una maggiore efficacia e appropriatezza, oltre che verso una maggiore efficienza nell’uso delle risorse; • renderle facilmente accessibili; • seguirne l’adozione esaminando le condizioni ottimali per la loro introduzione nella pratica; • valutarne l’impatto organizzativo e di risultato. Gli strumenti utilizzati per perseguire questi fini sono appunto linee guida clinico-organizzative, documenti di indirizzo all’implementazione e documenti di indirizzo alla valutazione dei servizi.