Workshop ECML Università Cattolica del Sacro Cuore, 31 ottobre 2005 Convergenza multimediale: possibili scenari di Angela Maria Zocchi A partire dalla seconda metà degli anni Novanta, nella letteratura sui media si è affermata una nuova parola chiave: convergenza. Un’espressione di per sé non nuova se si considerano alcuni lavori degli anni Sessanta come L’industrialismo e l’uomo dell’industria (Kerr et al. 1960, tr. it. 1969) e La società industriale (Aron 1962, tr. it. 1972). In questi lavori, però, la parola convergenza si legava al processo di industrializzazione. L’idea era che tale processo, oltre a modificare i modi di vivere della gente (si pensi agli effetti dell’urbanizzazione), avrebbe anche uniformato l’organizzazione economica, i sistemi politici, le credenze e le ideologie. Tuttavia, nonostante le significative somiglianze tra società industrializzate, all’industrializzazione, i fatti peraltro non smentiscono riconducibili solo l’onnipervasività della convergenza. Negli anni Novanta questo scenario è ormai decisamente superato; l’attenzione si sposta dalle somiglianze alle differenze e c’è chi parla di fratture, di natura sia materiale sia simbolico-relazionale, sottolineando le implicazioni della nozione di frattura anche per una teoria del mutamento sociale (Barbano 1999a: 13). In questi stessi anni, una nuova tecnologia inizia ad attirare l’attenzione dei sociologi. Si tratta del digitale, necessaria 1 premessa di una nuova convergenza: una convergenza tecnologica tra telecomunicazioni, comunicazioni di dati e comunicazioni di massa rappresentate rispettivamente dal telefono, dal computer e dai media tradizionali (Van Dijk 1999, tr. it. 2002: 49). Mentre negli anni Ottanta e nei primi anni Novanta multimedialità significava essenzialmente accumulazione di media e uso integrato di questi (Giovannini 1990: 124 e 133), con l’avvento del digitale multimedialità diventa sinonimo di convergenza (Celata 2000: 37). Oggi, quindi, educare ai media significa comprendere innanzitutto questo processo di progressiva compenetrazione, integrazione, interconnessione tra sfere tradizionalmente distinte e separate, riflettendo sulle implicazioni di tale processo. Alcuni esempi possono servire per delineare possibili scenari futuri. Iniziamo con una trasmissione che ha avuto un grande successo di pubblico: il Grande Fratello. Un programma realizzato per essere diffuso in «maniera multimediale, ovvero dalla televisione via etere, dalla pay-tv, da un portale internet, nonché dalla telefonia mobile» (Sanguanini 2002: 15). A mio avviso, come ho spiegato in un mio recente saggio (Zocchi 2005), questo programma costituisce un esempio di convergenza senza contenuti, espressione di una “intenzionalità commerciale” che affonda le sue radici nella cosiddetta mentalità Auditel. Il che, comunque, non significa affermare, come alcuni hanno fatto, che questa trasmissione non ha nulla a che fare con la cultura; semmai si potrebbe parlare di deterioramento dei gusti del pubblico (ibi: 70-74). 2 Nello stesso tempo, però, la convergenza tecnologica potrebbe anche alimentare una logica “emancipativa”, capace di dare una risposta efficace al pericolo di una sostanziale omogeneità dell’informazione. Si pensi, ad esempio, al fenomeno delle televisioni di strada (ibi: 84-86), ma anche a trasmissioni radiofoniche che, ricomponendo frammenti di informazioni presenti sulla Rete, hanno arricchito l’analisi di temi delicati come il conflitto nel Kosovo del 19991. In altri termini, la convergenza tra mediasfera e blogosfera potrebbe costituire un valore aggiunto dell’informazione. Da un lato uno spazio che è anche – sottolineo anche2 – una nuova sfera pubblica (Granieri 2005) alimentata dal dialogo on line e soprattutto dai cosiddetti filtri3; dall’altro la tradizionale “sfera pubblica mediata” (Thompson 1998) connessa ed interagente con la prima. Da un lato nuove fonti di informazione: diari on line e notebook attraverso i quali si esprimono verità soggettive, che possono costituire testimonianze uniche e preziose, anche in situazioni di emergenza4. Dall’altro, un’organizzazione come quella giornalistica che dovrebbe non solo raccogliere le diverse fonti disponibili ma anche verificarne l’attendibilità, per poi comporle in un quadro unitario. Un 1 Mi riferisco, in particolare, a Golem, rubrica del Gr1. Per approfondimenti sulla convergenza tra radio e Internet si rinvia a Zocchi 2001. 2 I blog, infatti, possono non avere nulla a che fare con la cosa pubblica ed essere unicamente luogo di esibizione del privato, paradiso per voyeur. Si pensi al fortunato blog di Stephanie Klein (www.stephanieklein.blogs.com), una sorta di reality show in Rete capace di competere con veri e propri successi mediatici quali il serial tv “Sex and the City”. 3 Schematizzando, i blog si possono distinguere tra blog puri (diari on line in forma breve), notebook (più lunghi dei primi e dal contenuto specifico) e filtri, ovvero raccolte commentate di link, come ad esempio il blog www.wittgenstein.it (Roversi 2004: 219-232). 4 Si pensi, ad esempio, al ruolo svolto dai blog in occasione dello Tsunami del 2004 e dell’attentato di Londra del luglio 2005. 3 circolo virtuoso che potrebbe costituire la vera linfa vitale del pluralismo dell’informazione che non è una logica conseguenza della pluralità: Leggere due quotidiani è meglio che leggerne uno solo; non è detto che leggerne tre, quattro o più migliori proporzionalmente le chances del pluralismo. Due canali tv sono meglio di uno solo: tre canali nelle mani di un solo proprietario non danno più pluralismo di quando quel proprietario ne aveva uno solo (Barbano 1999b: 13). Educare ai media e con i media credo significhi soprattutto promuovere il valore del pluralismo. Riferimenti bibliografici Aron R., La società industriale (1962), Comunità, Milano, 1972. Barbano F., Sociologia della Prima Repubblica. Eventi, fratture, referenti, Utet Libreria, Torino, 1999a. Barbano F., Pluralismo. Un lessico per la democrazia, Boringhieri, Torino, 1999b. Carboni C. (a cura di), Onda su onda. Navigando con la radio nell’era digitale, Ediesse, Roma, 2001. Celata G., I media e la new economy. La sfida del digitale, Guerini e Associati, Milano, 2000. Cesareo V. (a cura di), La cultura dell’Italia contemporanea, Fondazione Giovanni Agnelli, Torino, 1990. Giovannini G., Multimedialità e integrazione sociale, in Cesareo V. (a cura di), 1990, pp. 115-141. Granieri G., Blog generation, Laterza, Roma-Bari, 2005. Kerr C., Dunlop J. T., Harbison F. H., Myers C. A., L’industrialismo e l’uomo dell’industria. I problemi del lavoro e della direzione aziendale nello sviluppo economico (1960), F. Angeli, Milano, 1969. Roversi A., Introduzione alla comunicazione mediata dal computer, il Mulino, Bologna, 2004. Thompson J. B., Mezzi di comunicazione e modernità. Una teoria sociale dei media (1995), il Mulino, Bologna, 1998. 4 Van Dijk J., Sociologia dei nuovi media (1999), il Mulino, Bologna, 2002. Zocchi A. M., La radio trova una nuova forma, in Carboni C. (a cura di), 2001, pp. 1929. Zocchi A. M., Convergenza multimediale e analisi sociologica, Il Segnalibro, Torino, 2005. 5