PROVINCIA DI FORLÌ-CESENA SERVIZIO AGRICOLTURA E SPAZIO RURALE NOTE DIVULGATIVE PER LA PREPARAZIONE ALL’ESAME DI IDONEITÀ ALLA RACCOLTA DEI TARTUFI LEGGE 16 DICEMBRE 1985 N. 752 LEGGE REGIONALE 2 SETTEMBRE 1991 N. 24 ·1· La presente pubblicazione è stata curata da: Giovanni Fabbri, Funzionario della Provincia di Forlì-Cesena, Servizio Agricoltura e Spazio Rurale Si ringraziano per la collaborazione: Dott. Riccardo Fiorini, Funzionario della Provincia di Forlì-Cesena, Servizio Agricoltura e Spazio Rurale Dott. Massimo Magnani Le incisioni sono tratte da: Lodovico Piccioli - Selvicoltura - 1915 U.T.E.T. Michele Lessona - Atlante di Storia Naturale - F. Vallardi Editore Foto tratte da: “Conoscere i tartufi” - 1989, Regione Emilia Romagna “Il Tartufo nelle Marche” - supplemento n. 5/2000 della rivista Regione Marche Agricoltura - 2000 Regione Marche ·2· NOTE DIVULGATIVE PER LA PREPARAZIONE ALL’ESAME DI IDONEITÀ ALLA RACCOLTA DEI TARTUFI (Legge 16 dicembre 1985 n. 752 - L.R. 2 settembre 1991 n. 24) ·3· ·4· Presentazione Il tartufo rappresenta una delicatezza della nostra gastronomia. Anche i media sono pieni di immagini e gustosi piatti che catturano l’attenzione e la sensibilità del vasto pubblico. Da un punto di vista del territorio, però il valore non risiede solo nell’uso del prodotto finale ma principalmente nel processo, cioè nella capacità di avvicinare il cittadino, che deve essere sempre più esperto, al territorio. Infatti, a prescindere dal valore gastronomico, il quale rappresenta certamente la caratteristica più rilevante, vi sono molti altri motivi che rendono il tartufo una risorsa importante: • contribuisce al mantenimento delle popolazioni residenti in aree spesso svantaggiate, incrementando positivamente le possibili attività di “integrazione al reddito” con la ricerca, coltivazione e commercializzazione del prodotto; • rappresenta un importante polo di attrazione turistico del territorio e di traino dei prodotti locali; • può avviare positivi percorsi volti alla manutenzione del territorio (regimazione idraulica, difesa del suolo, conservazione dei soprassuoli, ecc.); • concorre all’efficienza trofica dei popolamenti forestali in stazioni difficili, favorendo il mantenimento della biodiversità. Questi motivi di forte rilevanza territoriale, richiedono come detto un pubblico non solo amante del tartufo ma soprattutto esperto. Con questa pubblicazione si intende pertanto fornire una prima informazione sulle norme e procedure relative alla raccolta e commercializzazione di questo prodotto a chi intende sostenere l’esame di abilitazione alla ricerca e raccolta dei tartufi. Gianluca Bagnara Assessore alle Politiche Agro-Alimentari ·5· Introduzione Con la pubblicazione di queste note si intende perseguire fondamentalmente due obbiettivi: il primo è quello di contribuire alla conoscenza di base delle norme e delle nozioni essenziali finalizzate al conseguimento della abilitazione alla raccolta dei tartufi; il secondo è la tutela della risorsa, anche in considerazione dell’elevato numero di cercatori attivi in ambito provinciale. È infatti importante che i raccoglitori di tartufi siano consapevoli dei danni che un comportamento scorretto può arrecare all’ambiente ed alla biologia di questo pregiato prodotto del nostro territorio. Il testo è rivolto essenzialmente a chi si appresta a sostenere l’esame di abilitazione alla raccolta e non può quindi avere carattere esaustivo in una materia per molti versi complessa, considerata la necessità di sintetizzare in maniera accessibile una notevole mole di argomenti. Può comunque essere uno stimolo per allargare lo sguardo verso altri aspetti (le piante e i principali aspetti legati alla gestione del bosco) strettamente legati alla biologia del tartufo ed alla sua coltivazione. Massimiliano Strocchi Dirigente del Servizio Agricoltura e Spazio Rurale ·6· NOZIONI DI ECOLOGIA L’ecologia è la scienza che studia le relazioni tra gli organismi viventi e l’ambiente fisico circostante. E’ una materia relativamente recente, in quanto è stata disciplinata - secondo moderni criteri soltanto verso la fine del XIX secolo; in realtà concetti e termini riconducibili all’ecologia sono reperibili in tante diverse discipline, quali la biologia vegetale e animale, l’agronomia, la chimica, la fisica. Il concetto fondamentale risiede nell’ecosistema, costituito da una comunità che comprende tutti gli organismi viventi (componente biotica) e dall’ambiente fisico circostante (componente inerte, abiotica), tra i quali si vengono a creare delle interazioni in funzione del flusso di energia solare. Nell’ecosistema ogni organismo vivente svolge un determinato ruolo ed è collegato a tutti gli altri mediante una serie di complicati rapporti. In questa rete di interazioni i vegetali svolgono una funzione indispensabile grazie alla clorofilla, che rende possibile la fotosintesi, con cui le piante verdi sono in grado di formare sostanze organiche complesse a partire da acqua, sali minerali, anidride carbonica e rilasciando nel contempo ossigeno. Le sostanze organiche complesse e l’ossigeno sono indispensabili per la vita degli animali e dell’uomo, che dipendono pertanto dal regno vegetale in quanto non sono in grado di sintetizzare tutte le sostanze necessarie alla loro vita e sono detti per questo motivo organismi eterotrofi, mentre le piante verdi - che producono da sé le sostanze organiche necessarie - sono dette autotrofe. In questi scambi si inseriscono poi gli organismi demolitori (come ·7· funghi e batteri) che sono in grado di decomporre le sostanze organiche derivate da resti animali e vegetali e di ridurli in elementi semplici riutilizzabili dalle piante. Questi scambi avvengono in gran parte nell’humus, che è la parte organica del terreno derivante soprattutto dalla attività di batteri e di funghi a carico delle sostanze di origine animale e vegetale (legno e foglie secche, spoglie di animali, deiezioni, ecc.). L’humus Effetto dell’internarsi e del collegarsi delle radicisopra un terreno roccioso e inclinato ·8· costituisce un fattore essenziale della fertilità del suolo poiché ne modifica le proprietà chimico-fisiche migliorandone la struttura, favorisce la solubilizzazione degli elementi minerali che vengono così resi nuovamente disponibili per le piante, ostacola l’azione dilavante delle acque di pioggia, rende il suolo più poroso e stimola l’attività della microflora. Tutti questi complicati processi vengono influenzati da una numerosa serie di fattori che possono incidere in modo più o meno significativo. Tali fattori ecologici si distinguono in: • Fattori abiotici: luce, temperatura, acqua, ossigeno, sali minerali, precipitazioni, clima, caratteri pedologici (tipo di terreno) e geologici, vento, altitudine, esposizione, ecc. • Fattori biotici: caratteri dei singoli organismi, delle popolazioni, delle comunità e loro interazioni. Particolare importanza in ecologia assumono il concetto di habitat e di nicchia ecologica. L’habitat di un organismo è l’ambiente naturale in cui esso normalmente vive, mentre la nicchia ecologica indica il ruolo che esso riveste e comprende tutte le condizioni fisiche, chimiche e biologiche di cui la specie necessita per vivere e riprodursi (luce, anidride carbonica, ossigeno acqua e sostanze nutritive, temperatura, tipo di cibo, predatori, specie che competono per le stesse risorse). In funzione della nicchia ecologica occupata, si distinguono specie generaliste e altre dette specialiste. Le prime sono gli organismi che hanno nicchie ampie e grande capacità di adattamento, come le mosche, gli scarafaggi, i ratti. Le seconde hanno nicchie limitate, possono vivere in un solo tipo di habitat, si nutrono solo di una ·9· piccola varietà di nutrienti, allacciano relazioni solo con un numero limitato di altre specie e sono molto sensibili alle variazioni dei fattori ambientali e climatici. Alcuni tartufi possono rientrare in questo gruppo. FOTOSINTESI Nutrimento e Respirazione Sostanze inorganiche (CO2, H2O, sali minerali) Rifiuti Vegetali e Animali Batteri, Funghi, Organismi detritivori · 10 · I TARTUFI Classificazione I tartufi appartengono al Regno dei Funghi, che comprende un numero infinito di organismi (dai lieviti alle muffe, fino ai classici funghi commestibili) caratterizzati dal fatto di non possedere clorofilla e quindi incapaci di utilizzare l’energia solare per sintetizzare sostanze organiche: sono pertanto organismi eterotrofi e necessitano per vivere di elementi organici già costituiti. A seconda delle relazioni che possono costruire con gli altri organismi, si distinguono: • Funghi saprofiti quando vivono su sostanze organiche morte (come l’Armillaria mellea, il cosiddetto “chiodino” o “famigliola buona”); • Funghi parassiti quando vivono a carico di organismi viventi (come la Peronospora della vite); • Funghi simbionti quando si costituiscono reciproci vantaggi con gli organismi ospiti: tra questi rientrano i tartufi, i quali si legano - tramite le micorrize - alle radici delle piante ospiti, ricevendo da essa parte del nutrimento, e forniscono - in maggior abbondanza di quanto possa fare la pianta da sola - acqua, sali minerali ed altre sostanze presenti nel terreno, facilitandone l’assorbimento. Dal punto di vista della classificazione sistematica, i tartufi sono funghi ascomiceti ipogei (sotterranei) appartenenti alla classe dei Discomiceti. · 11 · Anatomia Il tartufo è costituito da due parti ben distinte: l’apparato riproduttivo e l’apparato vegetativo. Comunemente con il termine “tartufo” si intende solamente l’apparato riproduttivo, il corpo fruttifero - detto carpoforo - caratterizzato da una forma più o meno globosa, tuberiforme. Le dimensioni variano dalla grossezza di una nocciola a quella di una grossa patata. Nel carpoforo si distinguono il peridio e la gleba: • Il peridio è lo strato esterno costituito da un rivestimento che può essere bianco, giallo, rossastro, bruno o nero. La sua superficie è liscia (Tartufo bianco pregiato, Tartufo nero liscio) o più o meno verrucosa (Tartufo nero pregiato, Scorzone). • La gleba è la parte interna che ha un caratteristico peridio aspetto marmorizzato dovuto a venature chiare che racchiudono aree più scure: le prime sono la parte sterile, gleba mentre le seconde sono le parti fertili. All’interno delle zone scure della gleba si Carpoforo, comunemente detto tartufo trovano gli aschi, strutture microscopiche di forma globosa, dove si formano le spore, più propriamente chiamate ascospore, che sono gli organi deputati alla riproduzione. · 12 · L’apparato vegetativo del tartufo è invece dato dal micelio, costituito da cellule filamentose dette ife: le ife che avviluppano i peli radicali formano la micoclena, mentre le ife secondarie - che hanno uno spessore di pochi micrometri ma possono arrivare ad una lunghezza anche di cento metri - si irraggiano nella ricerca di acqua, sali minerali e nuove radici da colonizzare. La forma e il colore del peridio e della gleba, oltre al profumo e al sapore, sono caratteri importanti per il riconoscimento della specie; però in caso di dubbio o contestazione gli unici elementi diagnostici certi sono le caratteristiche delle spore, da effettuarsi mediante analisi microscopica (art. 2 Legge 752/85). Ciclo biologico Durante il ciclo biologico del tartufo si possono distinguere tre fasi principali: • fase vegetativa; • fase simbiontica; • fase di fruttificazione. la fase vegetativa comincia con la liberazione delle ascospore nel terreno, che avviene o per decomposizione del carpoforo - dovuta a fenomeni naturali di marcescenza - o ad opera di animali che si cibano di esso. In entrambi i casi, dopo un periodo variabile di quiescenza, germinano formando un corpo vegetativo (micelio) costituito da filamenti. Tali filamenti raggiungono gli apici delle radici delle · 13 · piante ospiti e li avvolgono, dando origine alla micorriza. Una volta formatesi le micorrize si mantengono nel tempo e attraverso alcune ife possono colonizzare altri apici radicali della stessa pianta o di altre piante vicine. La fase di fruttificazione, nella quale le ife si addensano a formare il “tartufo” (più propriamente detto carpoforo), avviene quando nel terreno si è formata una sufficiente quantità di micorrize, la pianta ha raggiunto la sua maturità fisiologica e si verificano le condizioni ecologiche idonee. Dispersione delle spore veicolate tramite animali Fase di fruttificazione Formazione del carpoforo contenente le spore Fase Vegetativa Germinazione delle spore e formazione del micelio Fase simbiontica Costituzione delle micorrize · 14 · Le micorrize Con il termine micorriza si intende la struttura complessa costituita dalla stretta convivenza tra le radici di una pianta superiore e il micelio di un fungo, le cui ife si sostituiscono ai peli radicali nella funzione di assorbimento dell’acqua e dei sali dal terreno. A seconda della posizione delle ife, rispetto alle cellule o ai tessuti della radice ospite, si distinguono micorrize endotrofiche - quando penetrano i primi strati della radice - ed ectotrofiche, quando restano esterne. Sono strutture molto fragili, che possono subire gravi danni a causa della apertura delle buche di raccolta dei tartufi Micorriza endotrofica di Calluna vulgaris eseguite in modo sconsiderato. Al fine di limitare i danni è ne- cessario usare la massima precauzione durante lo scavo, e provvedere il più presto possibile a ricolmare la buca con lo stesso terreno. Le conoscenze maggiori relative alle micorrize riguardano le piante forestali e le orchidee: è noto che i semi della maggior parte delle orchidee germinano soltanto se le loro radici contengono un fungo simbionte specifico, così come è accertato che semenzali micorizzati danno origine a piante più vigorose e rigogliose (a parità di condizioni ambientali) e che facilitano la propagazione per ta· 15 · lea o tramite polloni radicali di molte specie (pioppi, salici, tigli). Le micorrize non sono una prerogativa dei tartufi: tantissimi altri funghi possono legarsi a piante ospiti, tanto che proprio la concorrenza tra le diverse specie appare essere un fattore limitante alla coltivazione del Micorriza endotrofica del gattice: a, radice con micorriza; b, sezione trasversale di una porzione della radice dove il micelio è arrivato nelle cellule esterne Ingr. 480 : 1 tartufo. Le micorrize che i tartufi stabiliscono con le radichette delle piante ospiti sono del tipo ectotrofico, interessando con l’infezione fungina ad opera delle ife solo lo strato esterno del tessuto radicale. Le ectomicorrize formate con i Basidiomiceti, Ascomiceti e Ficomiceti caratterizzano soltanto il 5% circa delle piante vascolari di tutto il mondo. Queste tuttavia includono piante di alto interesse economico quali la maggior parte delle essenze arboree che compongono i nostri boschi. Le micorrize rivestono un ruolo importante nella nutrizione della pianta ospite, che attraverso l’assorbimento di acqua e sali minerali da parte delle ife fungine, per mezzo della fotosintesi clorofilliana delle foglie, vengono trasformati in carboidrati, i quali sono determinanti sia per lo sviluppo dell’albero che per il fungo simbionte. Tale rapporto tra fungo e apparato radicale della pianta ospite prende il nome di simbiosi micorrizica. · 16 · a, tubercoli radicali di ontano b, micorriza ectotrofica del faggio; c, micorriza ectotrofica ed endotrofica del pino cembro · 17 · Populus tremula L. 1. rametto con due gemme fogliari e con un amento maschile in fiore. - 2. un fiore maschile, ingrandito. - 3. lo stesso visto di fianco. - 4. amento femminile. - 5. un fiore femminile. 6. lo stesso visto di lato. - 7. frutto maturo ancora chiuso. - 8. un pezzo di amento fruttifero. 9. frutto aperto. - 10. un seme singolo con mantello di peli. - 11. rametto con foglie. · 18 · L’AMBIENTE DEL TARTUFO: LE PIANTE ED IL BOSCO Le piante superiori - cenni di anatomia vegetale I tartufi per vivere e riprodursi necessitano delle piante superiori: queste comprendono gli alberi, gli arbusti e le specie erbacee, caratterizzate da un apparato vegetativo chiaramente differenziato - cosa che non avviene nei muschi e nelle alghe - costituito da fusto, radici e foglie; inoltre producono semi e portano fiori. Tutti questi elementi sono fondamentali per definire la specie di appartenenza. • Il fiore è il principale elemento di riconoscimento delle piante superiori, che vengono sistematicamente divise in Gimnosperme (le conifere) e Angiosperme (le latifoglie): i fiori delle Gimnosperme (chiamati, spesso, anche “coni”, “strobili” o “pigne”) sono sempre unisessuali (cioè con stami e squame ovulari separati) e sono più primitivi di quelli delle Angiosperme. Fanno parte delle Gimnosperme gli abeti, i pini, i ginepri e il tasso. Si tratta di piante legnose, resinose, con foglie semplici di regola persistenti, spesso aghiformi, in cui il trasporto del polline è affidato passivamente al vento (impollinazione anemofila). Nelle Angiosperme l’impollinazione è in genere affidata agli insetti (impollinazione entomofila) e ne fanno parte gli arbusti e gli alberi più comuni, moltissime specie erbacee e organismi vegetali altamente specializzati come le piante grasse (succulente), le epifite, le piante carnivore e le piante acquatiche. · 19 · • Il fusto è la parte aerea - ma esistono anche fusti sotterranei, come i rizomi - della pianta che porta le foglie e i fiori. Assolve ad una duplice funzione: meccanica, poiché costituisce l’asse scheletrico della pianta, e fisiologica in quanto è l’organo di collegamento tra le radici e le foglie, la via attraverso cui l’acqua e le sostanze saline assorbite dal terreno pervengono alle foglie. Si sviluppa tramite le gemme le quali sono a loro volta un utile elemento di riconoscimento. Può avere consistenza legnosa (alberi, arbusti) o erbacea. • La radice è la parte inferiore della pianta che, normalmente, si sviluppa nel terreno per assolvere alla duplice funzione di sostegno e di assorbimento in quanto tiene fissata saldamente la pianta al suolo e assorbe l’acqua insieme con i sali nutritivi in essa disciolti. Il micelio del tartufo penetra nella pianta a livello radicale, fra le cellule corticali delle piccole radici laterali, i cosiddetti “peli radicali”. Si distinguono: radici a fittone, quando si sviluppano su di un’asse principale di forma conica sulla continuazione del fusto e dal quale si diramano le radici secondarie, che a loro volta generano · 20 · Esempio di radice a fittone: Ceppaia di Quercus ilex radichette più sottili; radici fascicolate o espanse, quando manca il fittone e al suo posto si sviluppa una serie di elementi più o meno dello stesso diametro e lunghezza che si affondano in tutte le direzioni. • La foglia è la parte deputata a svolgere la funzione fotosintetica. Si possono distinguere tre parti: la superficie fogliare, detta lamina, di forma variabilissima a seconda lamina della specie (aghiforme nelle conifere, più o meno espansa nelle latifoglie) presenta due pagine, la supe- picciolo riore rivolta al sole di un verde più carico, la inferiore più chiara e molto spesso coperta da una fine peluria. Spesso un elemento di riconoscimento è costituito dalla nervatura della foglia. L’organo di sostegno e di attacco al ramo è detto picciolo: se manca la foglia si dice sessile. La guaina (quando è presente) è la estremità inferiore del picciolo, con la quale esso si unisce al fusto. • Il frutto deriva dalla trasformazione del fiore che avviene in conseguenza della fecondazione. Serve a proteggere e nutrire il semi e sono distinti in due grosse categorie: frutti secchi e frutti carnosi. I primi sono distinti in deiscenti (capsula, legume o baccello, follicolo, siliqua) e non deiscenti (achenio, sàmara, cariòsside, noce). I secondi sono distinti in frutti veri (bacca, drupa, esperi- dio) e frutti falsi (pomo, fragola, siconio, sorosio). · 21 · Esempio di radice espansa: Sistema radicale pollonifero del populus tremula · 22 · Le piante simbionti dei tartufi Le specie in cui è stata accertata la simbiosi micorrizica con i tartufi pregiati sono relativamente poche, individuate nella tabella seguente. Vi sono poi altre piante, quali la Sanguinella, il Prugnolo, il Biancospino e la Ginestra che pur non legandosi con il tartufo sono quasi sempre presenti nelle aree di produzione naturale. Queste piante, soprannominate “comari” sembra favoriscano la produzione di tartufo, mantenendo un giusto grado di ombreggiamento del terreno. Specie di Tuber Nocciolo magnatum melanosporum brumale • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • Faggio Cerro Farnia Roverella Rovere Pioppo bianco Pioppo nero Carpino nero Salice bianco Salicone Tiglio cordato Tiglio comune Tiglio ibrido Carpino bianco Cedri Pino nero Pino marittimo Pino domestico Pino silvestre aestivum uncinatum albidum • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • macrosporum mesentericum • • • • • • • · 23 · Il bosco Le specie arboree, arbustive ed erbacee assumono un ruolo chiave nel processo della sintesi micorrizica: tutte le operazioni eseguite a carico del soprassuolo forestale (tagli di utilizzazione, diradamenti, decespugliamenti, potature, ecc.) incidono sul grado di ombreggiamento del terreno, sulla sua composizione floristica e quindi, indirettamente, anche sulle potenzialità produttive del tartufo, il quale necessita di un contorno vegetazionale appropriato. Anche se è possibile rinvenire certe specie di tartufo in ambienti fortemente antropizzati, come i parchi urbani, alberature stradali o alberi isolati, l’ambiente di elezione l’habitat - del tartufo è il bosco. È quindi importante conoscere non solo le specie forestali simbionti, ma anche le diverse tipologie di bosco. Le norme di gestione del bosco - tagli di utilizzazione e/o di Corylus avellana L. manutenzione, ripristi- (Nocciolo). Amenti e frutti con cupola fogliacea · 24 · no della viabilità di servizio, pascolo, ecc. - sono contenute essenzialmente nelle “Prescrizioni di Massima e Polizia Forestale”, approvate dalla Regione Emilia-Romagna con Deliberazione n. 182 del 31/05/1995: esse stabiliscono modalità d’uso compatibili con la salvaguardia, al fine di prevenire dissesti, erosione del suolo e degrado dei soprassuoli ed a esse bisogna attenersi nelle operazioni di manutenzione e utilizzazione boschiva. A seconda di come vengono curati (forma di governo e trattamento del bosco) e della loro origine si possono distinguere: • boschi cedui: rappresentano la maggior estensione dei boschi provinciali. Sono soprassuoli che vengono periodicamente (ogni 8/28 anni, a seconda delle specie) tagliati a raso, sfruttando la capacità pollonifera delle piante presenti per la ricostituzione del soprassuolo, mentre la rinnovazione da seme è garantita dal rilascio di un numero variabile di piante non soggette al taglio, chiamate “matricine”. In questi boschi il taglio comporta notevoli alterazioni sia a carico delle piante ceduate, che subiscono un grave squilibrio tra parte epigea e parte radicale, sia a carico della stazione nel suo complesso, a causa della maggiore quantità di calore e luce che arriva al terreno (alterazioni alla vegetazione arbustiva ed erbacea, al substrato pedologico, ecc.). Quando il bosco ceduo non viene tagliato per un periodo superiore ad una volta e mezzo il turno fissato vi è il rischio di perdita della capacità di ricaccio dei polloni, per cui · 25 · deve essere favorita la conversione all’alto fusto. • boschi d’alto fusto: sono soprassuoli dove la rinnovazione del bosco è garantita essenzialmente dalla disseminazione delle piante presenti e la rinnovazione naturale viene favorita - con interventi appropriati - per andare a sostituire le piante mature al taglio. L’alto fusto può esprimere le condizioni del bosco più vicine alla natura: è anche la forma di governo più efficace dal punto di vista della protezione del suolo. La conversione dei boschi d’alto fusto in bosco ceduo è vietata. Vi sono diverse tipologie di altofusto: - di origine naturale, quando le piante sono nate da seme caduto naturalmente sul terreno. Occupano una superficie estremamente limitata; - di origine artificiale (rimboschimenti) quando i semi sono stati raccolti altrove e sparsi appositamente dall’uomo o se le piantine provengono da vivai. Sono la maggioranza dei boschi ad alto fusto attuali. • Discorso a parte meritano i boschi di neo-formazione: si tratta di terreni un tempo coltivati o destinati a pascolo, poi abbandonati alla libera evoluzione ed all’ingresso delle specie arboree e arbustive: spesso tali situazioni si prestano all’insediarsi di alcuni tartufi. Sono superfici dove la componente arbustiva spesso è ancora prevalente su quella arborea, in netta espansione nel territorio provinciale, localizzati soprattutto nella media ed alta collina. · 26 · La fauna Gli animali selvatici che ricercano e si nutrono di tartufi sono fattori ecologici estremamente importanti, in quanto contribuiscono attivamente alla diffusione delle spore e quindi alla riproduzione e diffusione dei tartufi. Inoltre gli animali che scavano gallerie nel terreno contribuiscono a creare lo spazio e le condizioni ottimali per lo sviluppo dei corpi frutRiccio (Erinaceus europeus) tiferi. Tra i mammiferi che possono cibarsi più o meno saltuariamente di tartufi vi sono il cinghiale, il tasso, l’istrice, tutti i topi e le arvicole. Tra gli uccelli vanno segnalati quelli con attitudi- Grillotalpa (Gryllotalpa vulgaris) ne a razzolare ed a ruspare il terreno, come le pernici ed il pollame. Tra gli insetti si segnalano le cicale allo stato larvale, la mantide religiosa e il grillo, oltre ad un particolare tipo di mosca (Helomyza tuberiperda) che depone le uova nei tartufi in superficie, determinandone l’infradiciamento. Anche le Larva di cicala lumache e le chiocciole possono cibarsi di tartufi. · 27 · Carpinus betulus L. Carpino bianco · 28 · LA RACCOLTA DEL TARTUFO La modalità di raccolta Per praticare la ricerca e la raccolta del tartufo è necessario essere muniti dell’apposito tesserino rilasciato dalla Amministrazione Provinciale e della ricevuta di versamento della tassa annuale, con l’eccezione dei raccoglitori di tartufi sui fondi di proprietà, i quali sono esentati dal possedere il tesserino e dal pagare la tassa di concessione regionale. Il tesserino di idoneità può essere rilasciato a chi ha compiuto i quattordici anni di età; esso ha valore sull’intero territorio nazionale, ha validità sei anni e può essere rinnovato su richiesta del titolare. L’autorizzazione alla ricerca ed alla raccolta può essere revocata per gravi infrazioni: qualora revocata, in tal caso non può essere rilasciata prima di cinque anni e deve essere proceduta da un nuovo esame. La raccolta dei tartufi è libera nei boschi e nei terreni non coltivati; rimane comunque vietata nelle tartufaie coltivate o controllate riconosciute con atto dall’amministrazione competente e delimitate con apposita tabellazione e nelle aree rimboschite - tabellate - per un periodo di quindici anni dalla messa a dimora delle piantine. La ricerca e la raccolta è in ogni caso vietata nelle aziende faunistico venatorie ed agri-turistico-venatorie nei giorni di apertura della caccia. Inoltre è vietata dal 1° aprile al 30 giugno per le zone di pianura e, dal 1° febbraio al 30 giu· 29 · gno nelle zone di collina e nelle oasi di protezione della fauna selvatica, nelle zone di rifugio, nelle zone di ripopolamento e cattura, nelle aziende faunistico venatorio e nelle aziende agri-turistico-venatorie, istituite ai sensi della L.R. 15 febbraio 1994 n. 8. La ricerca e la raccolta deve essere effettuata con l’ausilio di non più di due cani, limitato ad uno solo nelle oasi di protezione della fauna selvatica, nelle zone di rifugio, nelle zone di ripopolamento e cattura, nelle aziende faunistico-venatorie e nelle aziende agri-turistico-venatorie; negli ultimi due casi è anche necessario segnalare la presenza del cercatore, depositando gli estremi del tesserino in contenitori predisposti dalle aziende. Lo scavo per l’estrazione del tartufo deve essere eseguito possibilmente a mano oppure con il vanghetto, il quale deve avere una larghezza non superiore a cm 6. Lo scavo va limitato al punto segnalato dal cane e dopo la raccolta bisogna provvedere alla riempitura di ogni buca aperta, utilizzando il terriccio smosso. Inoltre è vietata la lavorazione andante del terreno, la ricerca e raccolta nelle ore notturne e la raccolta dei tartufi immaturi e dei fioroni. Il tartufo “fiorone”, in particolare quello del bianco pregiato non deve essere raccolto, in quanto contiene un’infinità di spore utili per la riproduzione della specie. Inoltre questo tartufo precoce è molto scadente dal punto di vista alimentare, poco profumato e spesso pieno di larve. Il quantitativo massimo giornaliero è fissato in un chilogrammo, ad eccezione della raccolta di un solo esemplare · 30 · di peso superiore, nel qual caso il limite massimo è elevato al peso dello stesso. Per ogni specie di tartufo è fissato un calendario di raccolta valido a livello regionale, che può comunque essere modificato dall’ente delegato, in relazione a motivate esigenze. Salix fragilis L. - 1, ramo con fiori pistilliferi; 2, ramo con fiori staminiferi · 31 · Il cane da tartufo Il cane da tartufo, oltre ad essere il primo e unico ausilio riconosciuto dalla vigente normativa per procedere alla ricerca e raccolta del tartufo, va curato e rispettato. La Legge Regionale n. 27 del 2000 “Nuove norme per la tutela ed il controllo della popolazione canina e felina” promuove e disciplina la tutela dei cani e condanna i maltrattamenti ed il loro abbandono: prevede infatti l’obbligo di iscrizione all’anagrafe canina e ne vieta l’abbandono. Il proprietario può rinunciare a tenerli con sé, ma in questo caso deve informare il Comune di residenza che provvede a trasferirli nei canili municipali. I proprietari di cani, gli allevatori ed i detentori di cani a scopo di commercio sono tenuti all’iscrizione all’anagrafe canina entro trenta giorni dalla nascita dell’animale o da quando ne vengano, a qualsiasi titolo, in possesso: iscrivere il proprio cane all’anagrafe canina ed inserire il microchip di riconoscimento non è solo un obbligo di legge, ma è una tutela per lo stesso animale, in quanto può risolvere in breve tempo casi di smarrimento, rapimento o incidenti. Per l’iscrizione è necessario rivolgersi agli uffici dell´anagrafe canina del Comune di residenza, dove con l’iscrizione dell’animale viene consegnato un microchip, una piccola capsula sterile non irritante per la cute dell’animale che contiene un numero. Il microchip è inserito da un medico veterinario con una speciale siringa sotto la pelle del cane. Le caratteristiche di un buon cane da tartufo fanno per· 32 · no su due punti fermi: la naturale attitudine alla ricerca ed il tipo di addestramento ricevuto. • la naturale attitudine alla ricerca: l’odorato è una delle caratteristiche fondamentali che possono decidere la sorte di un cane da tartufi, ma non è l’unica: un buon soggetto deve possedere anche una notevole intelligenza, buona resistenza e non lasciarsi “distrarre” dai selvatici. In genere la maggioranza dei cercatori utilizza incroci, ma non è da escludere che razze pure possano dare risultati positivi. Discorso a parte merita il “Lagotto romagnolo”, una razza appositamente selezionata per la ricerca del tartufo riconosciuto dall’ENCI (Ente Nazionale Cinofilia Italiana) nel 1991: è un cane di taglia medio piccola, con caratteristico pelo ricciuto, di temperamento docile e affettuoso, non viene distratto dalla selvaggina ed è un accanito tastatore del terreno, che annusa con continuità. Le caratteristiche fisiche da ricercarsi sono: - un torace ampio, ben sviluppato in altezza, larghezza e profondità, presupposto di una buona capacità polmonare e resistenza alla fatica; - manto con pelo fitto, duro e forte, che protegga l’animale dagli spini e dai rovi; - corporatura media per superare con facilità gli ostacoli del sottobosco. • Il tipo di addestramento; la ricerca del tartufo non è un istinto naturale del cane, per cui tale insegnamento, che deve essere impartito in una fase molto delicata della · 33 · vita dell’animale (a partire dal quinto mese di vita), va effettuata da persona competente, preparata e paziente. Le modalità possono essere anche molto diverse a seconda della perizia dell’addestratore: va però detto che un animale affamato o stressato non potrà mai garantire l’efficienza e la concentrazione necessaria per ottenere dei buoni risultati. Deve essere pertanto cura e dovere del proprietario garantire il rispetto di condizioni idonee di vita secondo le esigenze naturali dell’animale. Dovranno pertanto essere rispettate queste semplici regole: - Fornire sempre cibo e acqua pulita a sufficienza e secondo le ragionevoli esigenze alimentari ed igeniche del cane; - Assicurare il decoro e la pulizia del ricovero: in particolare per i cani custoditi all’aperto, all’interno di box o recinti dovranno essere assicurati spazi sufficientemente ampi, possibilità di muoversi e protezione dalle intemperie; - Fornire un’adeguata assistenza medico veterinaria: se ammalato o ferito l’animale deve essere sottoposto alle cure di un veterinario. - Dopo ogni uscita va fatta una accurata ispezione dell’animale, alla ricerca di parassiti o ferite. · 34 · Alcuni fattori condizionanti la produzione del tartufo Il tartufo per vivere necessita di un insieme di fattori ecologici particolari i quali, una volta alterati, possono incidere negativamente sulla sua capacità produttiva. Alcune cause di alterazione di questi fattori sono riconducibili a varie attività umane e possono essere così sintetizzati: • Le concimazioni artificiali e i diserbanti chimici, provocando considerevoli mutamenti nello strato superficiale del terreno soprattutto a carico della sostanza organica e dello strato umifero, sconvolgono l’intero sistema micologico naturale. • Le lavorazioni profonde del terreno, i conseguenti trattamenti chimici eseguiti su larga scala e la costipazione del terreno dovuta al peso delle macchine sono alcune conseguenze negative della moderna meccanizzazione agricola, che ostacolano gravemente la costituzione del micelio. • L’inquinamento dell’aria e delle falde idriche - modificando le quantità dell’anidride carbonica, dei nitrati e dei solfati - può incidere sia sulla composizione specifica dei soprassuoli (ci sono piante più o meno resistenti o capaci di utilizzare le maggiori quantità di sali minerali presenti nell’ambiente) che sulla flora microbica e micologica del terreno. • L’utilizzo nei rimboschimenti di specie non autoctone determina modifiche alla composizione specifica dei soprassuoli e di conseguenza alle specie micologiche sim· 35 · bionti. • Il progressivo ridursi delle aree boscate e naturaliformi soprattutto nelle zone di pianura e collina - che servono potenzialmente da area di riserva e di propagazione del tartufo; • l’eccessivo carico antropico esercitato da un numero sempre crescente di raccoglitori, i quali spesso effettuano la raccolta in modo scorretto, danneggiando irrimediabilmente il micelio. Quecus peduncolata Willd. (farnia) Ramoscello su cui si vedono in alto fiori pistelliferi ed in basso fiori staminiferi · 36 · Tartufaie controllate e coltivate Su espressa richiesta del proprietario/conduttore l’Amministrazione Provinciale può riconoscere il diritto di proprietà esclusivo dei tartufi prodotti nelle tartufaie controllate e coltivate, purchè siano apposte tabelle delimitanti le tartufaie stesse e siano rispettate le regole dettate per la gestione del soprassuolo. Tali regole vanno a sostituire le Prescrizioni di Massima e Polizia Forestale per la gestione del soprassuolo all’interno della tartufaia riconosciuta. Le “tartufaie controllate” sono individuate in quei soprassuoli dove i tartufi crescono allo stato naturale, sottoposti a miglioramenti colturali e incrementati con la messa a dimora di un congruo numero di idonee piantine micorizzate. Le operazioni da eseguire all’interno della tartufaia controllata devono essere finalizzate esclusivamente ad incrementare la produzione del tartufo. Le “tartufaie coltivate” sono impiantate ex-novo: gli accorgimenti da seguire sono pertanto gli stessi utilizzati nella esecuzione dei rimboschimenti, con la differenza che si devono utilizzare piantine micorizzate. Prima è necessario valutare la idoneità della stazione alle esigenze del tartufo: vanno quindi verificate - mediante analisi di campioni - le caratteristiche chimico-fisiche del terreno. Quelli più vocati presentano un PH con valori intorno a 7 o 8 (debolmente alcalini), ricchi di calcare, poveri di sostanza organica e a tessitura sciolta. Verificata la idoneità della stazione, i passi successivi · 37 · riguardano la scelta delle specie da utilizzare, la definizione del sesto di impianto, la preparazione del terreno, le modalità ed il periodo da utilizzare nella messa a dimora. Inoltre assumono grande importanza - per la riuscita dell’impianto - le cure colturali da eseguirsi nei prime quattro/cinque anni, che consistono indicativamente nei risarcimenti delle piantine fallite, nella gestione del terreno, nel controllo delle infestanti e nelle eventuali irrigazioni di soccorso. Commercializzazione I tartufi freschi posti in vendita devono essere distinti per specie e varietà, maturi, sani e liberi da corpi estranei e impurità. I tartufi interi vanno tenuti separati dai “tartufi spezzati” (pezzi con dimensioni superiori a 0,5 cm di diametro) e dal “tritume” (dimensioni inferiori a 0,50 cm di diametro). Per ogni tipologia posta in vendita deve essere indicato il nome latino e italiano della specie. La attuale normativa (Legge n. 752/85) prevede che la lavorazione del tartufo, per la conservazione e la successiva vendita, possa essere effettuata: • dalle ditte iscritte alla Camera di Commercio, Industria, Artigianato e Agricoltura nel settore delle industrie produttrici di conserve alimentari; • dai consorzi volontari per la difesa del tartufo, costituiti (ai sensi dell’art. 4 della Legge 752/85) da titolari di aziende agricole e forestali e da coloro che le conducono; · 38 · • da cooperative di conservazione e commercializzazione del tartufo. Va detto che il tartufo può essere considerato un prodotto della selvicoltura, e come tale la sua coltivazione rientra nelle possibili attività dell’imprenditore agricolo così come concepito dal Decreto Legislativo 18 maggio 2001, n. 228 “Orientamento e modernizzazione del settore agricolo, a norma dell’articolo 7 della legge 5 marzo 2001, n. 57". Il tartufo può pertanto essere oggetto di attività di vendita Foglie (1 - 3) e gemme (4) di Populus alba (gattice) · 39 · ai sensi dell’articolo 4 del citato Decreto, il quale al comma 5 prevede la “vendita di prodotti derivati, ottenuti a seguito di attivita’ di manipolazione o trasformazione dei prodotti agricoli e zootecnici, finalizzate al completo sfruttamento del ciclo produttivo dell’impresa.” Per quanto riguarda il regime IVA, va ricordato che i tartufi sono esclusi dalla tabella A (parte I voce n. 15) di cui all’art. 34 del DPR 26/10/72 n. 633, il quale disciplina il “regime speciale” per i produttori agricoli. Le fiere locali dedicate al tartufo sono un’occasione particolare di commercializzazione del prodotto, in quanto hanno una forte capacità di attrazione turistica/gastronomica e possono diventare inoltre un importante momento di presentazione del territorio e degli altri prodotti locali. Nell’ambito provinciale si segnalano le seguenti sagre/fiere: 1. PORTICO DI ROMAGNA: Sagra dei frutti del sottobo- sco e dell’artigianato tipico. Secondo fine settimana di ottobre 2. DOVADOLA: Fiera e Sagra del Tartufo. Terza e quarta domenica di ottobre. 3. CUSERCOLI: Sagra del Tartufo del Bidente. Indicativa- mente seconda e terza domenica di novembre. · 40 · NORME DI LEGGE E REGOLAMENTI La coltivazione e la raccolta dei tartufi è attualmente regolamentata dalle seguenti disposizioni: • Legge 16 dicembre 1985 n. 752 “Normativa quadro in materia di raccolta, coltivazione e commercio dei tartufi freschi o conservati destinati al consumo”. • Legge 17 maggio 1991 n. 162 “Modifiche alla legge 16 dicembre 1985, n. 752, recante normativa quadro in materia di raccolta, coltivazione e commercio dei tartufi freschi o conservati destinati al consumo.” • Legge Regionale 4 settembre 1981 n. 30 “Incentivi per lo sviluppo e la valorizzazione delle risorse forestali, con particolare riferimento al territorio montano”. • Legge Regionale 2 settembre 1991 n. 24 “Disciplina della raccolta, coltivazione e commercio dei tartufi nel territorio regionale, in attuazione della legge 16 dicembre 1985 n. 752”. • Legge Regionale 25 giugno 1996 n. 20 “Modifica della L.R. 2 settembre 1991, n. 24 «Disciplina della raccolta, coltivazione e commercio dei tartufi nel territorio regionale, in attuazione della legge 16 dicembre 1985, n. 752»”. • Legge Regionale 24 gennaio 1977 n. 2 “Provvedimenti per la salvaguardia della flora regionale - Istituzione di un fondo regionale per la conservazione della natura Disciplina della raccolta dei prodotti del sottobosco”. Articolo 10, 12, 13. · 41 · • Deliberazione di Giunta Regionale n. 952 del 24 marzo 1992 “Direttiva regionale inerente l’applicazione della raccolta coltivazione e commercio dei tartufi nel territorio regionale, in attuazione della legge 16 dicembre 1985”. • Deliberazione di Giunta Regionale n. 182 del 31 maggio 1995 “Prescrizioni di Massima e Polizia Forestale”. Articolo 28. calendario per la ricerca e raccolta dei tartufi - Zone di Collina specie Genn. T. Magnatum Feb. Marzo Apri. Mag. Giu. Lug. Ago. fino al 20 Set. Ott. Nov. Dic. Nov. Dic. dal 20 T. Melanosporum T. aestivum T. uncinatum dal 20 T. brumale T. albidum T. macrosporum fino al 20 dal 20 calendario per la ricerca e raccolta dei tartufi - Zone di Pianura specie T. Magnatum Genn. Feb. Marzo Apri. Mag. Giu. Lug. Ago. Set. fino al 20 T. Melanosporum T. aestivum T. uncinatum dal 20 T. brumale T. albidum T. macrosporum · 42 · fino al 20 Ott. Caratteristiche delle specie commerciabili · 43 · · 44 · Tuber magnatum Pico Detto volgarmente tartufo bianco (o anche tartufo bianco del Piemonte, di Alba o tartufo bianco di Acqualagna). Ha peridio o scorza non verrucosa ma liscia, di colore giallo chiaro o verdicchio, e gleba o polpa dal marrone al nocciola più o meno tenue, talvolta sfumata di rosso vivo, con venature chiare fini e numerose che scompaiono con la cottura. Ha spore ellittiche o arrotondate, largamente reticolate o alveolate, riunite fino a quattro negli aschi. Emana un forte profumo gradevole. Matura da ottobre a fine dicembre. Talvolta anche in luglio, in agosto o gennaio è possibile trovare i cosiddetti fioroni, ossia carpofori molli, verminati e maleodoranti: in questo caso bisogna astenersi dalla raccolta e la buca va chiusa accuratamente, in quanto, come già detto, contengono numerosissime spore utili per la riproduzione della specie · 45 · Tuber melanosporum Vitt. Detto volgarmente tartufo nero pregiato (o anche tartufo nero di Norcia o di Spoleto). Ha peridio o scorza nera rugosa con verruche minute, poligonali, e gleba o polpa neroviolacea a maturazione, con venature bianche fini che divengono un po’ rosseggianti all’aria e nere con la cottura. Ha spore ovali bruno scure opache a maturità, aculeate non alveolate, riunite in aschi nel numero di 4-6 e talvolta anche solo di 2-3. Emana un delicato profumo molto gradevole. Matura da metà novembre a metà marzo. Questo tartufo ha la particolarità di formare attorno alla pianta simbionte un’area priva di vegetazione: questa zona, detta “cava”, “pianello” o “bruciata” sembra essere determinata da un principio fitotossico prodotto dal tartufo, che inibisce la germinazione dei semi delle piante erbacee. Molto raro in Emilia-Romagna, è stato segnalato in provincia di Forlì-Cesena; è invece comune nell’Italia centrale (Marche e Umbria) e nel Piemonte. In Francia, dove‘è considerato il tartufo di migliore qualità, viene coltivato con successo. · 46 · Tuber brumale Vitt. Detto volgarmente tartufo nero d’inverno o trifola nera. Ha peridio o scorza rosso scuro che diviene nera a maturazione, con verruche piramidate e gleba o polpa grigio-nerastra debolmente violacea, con venature bianche ben marcate che scompaiono con la cottura assumendo tutta la polpa un colore cioccolata più o meno scuro. Ha spore ovali brune, traslucide a maturità, aculeate non alveolate, riunite in aschi nel numero di 4-6 e talvolta anche meno, più piccole di quelle del Tuber melanosporum e meno scure. Emana poco profumo. Matura da gennaio a tutto marzo. · 47 · Tuber brumale var. moschatum De Ferry Detto volgarmente tartufo moscato. Ha peridio o scorza nera con piccole verruche molto basse e gleba o polpa scura con larghe vene bianche; è di grossezza mai superiore ad un uovo. Ha spore aculeate non alveolate spesso in numero di cinque per asco. Emana un forte profumo e ha sapore piccante. Matura da febbraio a marzo. È simile al Tuber brumale, con il quale condivide le stesse piante simbionti e gli stessi ambienti - dal quale differisce per il colore più chiaro della gleba e per il forte odore di muschio · 48 · Tuber aestivum Vitt. Detto volgarmente tartufo d’estate o scorzone. Ha peridio o scorza grossolanamente verrucosa di colore nero, con verruche grandi piramidate, e gleba o polpa dal giallastro al bronzeo, con venature chiare e numerose, arborescenti, che scompaiono nella cottura. Ha spore ellittiche, irregolarmente alveolate, scure, riunite in 1-2 per asco presso a poco sferico. Emana debole profumo che ricorda il fungo porcino. Matura da giugno a novembre. Anch’esso forma i “pianelli”, seppure in maniera meno evidente rispetto al nero pregiato. · 49 · Tuber uncinatum Chatin Detto volgarmente tartufo uncinato o tartufo nero di Fragno. Ha peridio o scorza verrucosa di colore nero, con verruche poco sviluppate, e gleba o polpa di colore nocciola scuro al cioccolato, con numerose venature ramificate chiare. Ha spore ellittiche, con reticolo ben pronunciato, ampiamente alveolate riunite in asco in numero fino a cinque, che presentano papille lunghe e ricurve ad uncino. Emana un profumo gradevole. Matura da settembre a novembre. È molto simile al T.aestivum, da cui differisce per alcune caratteristiche morfologiche macro e microscopiche, e per il valore organolettico superiore. Anche se alcuni studiosi considerano questi due tartufi come due varietà di una medesima specie, essi sono considerati dalle leggi italiana come due specie distinte. La Legge 752/85 in un primo tempo aveva individuato un T.aestivum var. uncinatum, successivamente una modifica alla Legge (L. 162/91) lo ha rinominato T.uncinatum Chatin. · 50 · Tuber Borchii Vitt. o Tuber albidum Pico Detto volgarmente bianchetto o marzuolo. Ha peridio o scorza liscia di colore biancastro tendente al fulvo e gleba o polpa chiara tendente al fulvo fino al violaceo-bruno con venature numerose e ramose. Ha spore leggermente ellittiche regolarmente alveolate o reticolate a piccole maglie riunite in aschi fino a 4. Emana un profumo tendente un po’ all’odore dell’aglio. Matura da metà gennaio a metà aprile. È molto comune, in ambienti anche piuttosto diversi tra loro: è infatti uno dei tartufi meno esigenti, preferisce terreni sabbiosi ma si adatta anche in suoli franchi o argillosi e sopporta terreni a reazione neutra o sub-acida. · 51 · Tuber macrosporum Vitt. Detto volgarmente tartufo nero liscio. Ha peridio o scorza quasi liscia con verruche depresse, di colore bruno rossastro e gleba bruna tendente al porpureo con venature larghe numerose e chiare brunescenti all’aria. Ha spore ellittiche, irregolarmente reticolate e alveolate riunite in aschi peduncolati in numero di 1-3. Emana un gradevole profumo agliaceo piuttosto forte. Matura da agosto ad ottobre. · 52 · Tuber mesentericum Vitt. Detto volgarmente tartufo nero ordinario (o anche tartufo nero di Bagnoli). Ha peridio o scorza nera con verruche più piccole del tartufo d’estate, gleba o polpa di colore giallastro o grigio-bruno con vene chiare laberintiformi che scompaiono con la cottura. Ha spore ellittiche grosse imperfettamente alveolate riunite in 1-3 per asco. Emana un debole profumo. Matura da settembre ai primi di maggio. · 53 · TARTUFI NON COMMERCIALIZZABILI È possibile incontrare numerose altre specie di funghi ipogei, che però non possono essere commercializzati; molti di questi possono risultare più o meno tossici e dare disturbi gastrointestinali. Alcuni possono prestarsi a frodi alimentari, se commercializzati mischiati ai tartufi pregiati. In ogni caso, se durante la cerca ci si imbatte in questi tartufi, è buona pratica non asportarli né tantomeno distruggerli, al fine di preservare l’equilibrio ambientale. · 54 · GLOSSARIO Asco: organo caratteristico dei funghi ascomiceti, a forma di sacco, contenente le spore. Si trova all’interno delle zone scure della gleba. Ascospore: spore contenute all’interno dell’asco. Autotrofo: organismo capace di vivere utilizzando per la nutrizione acqua ed elementi inorganici. le piante provviste di clorofilla vivono in modo autotrofo. Carpoforo: corpo fruttifero di molti funghi superiori. E’ il termine scientifico che indica ciò che comunemente viene detto tartufo. Clorofilla: pigmento di colore verde, presente nelle foglie e nelle porzioni giovani del fusto delle piante, indispensabile per realizzare la fotosintesi clorofilliana. Comunità: è l’insieme degli organismi (piante e animali) che condividono lo stesso ambiente fisico. Deiscente: Si definiscono deiscenti i frutti che a maturità si aprono spontaneamente per far fuoriuscire i semi (per esempio i frutti del castagno). Ecosistema: sistema che include tutti gli organismi che vivono insieme (comunità biotica) in una data area, interagenti con l’ambiente fisico, in modo che tale flusso di energia porta ad una ben definita struttura biotica e ad una ciclizzazione dei materiali tra viventi e non viventi, all’interno del sistema (Eugele P. Odum). Eterotrofi: gli organismi che necessitano per la propria nutrizione di sostanza organica già formata. Fiorone: tartufo precoce o tardivo, molto scadente dal punto di vista alimentare, molle, poco profumato e spesso pieno di larve. Fotosintesi: processo di formazione attivato dall’energia solare da parte delle piante verdi di composti organici a partire da sostanze elementari semplici come l’acqua (H2O) i sali minerali e l’anidride carbonica (CO2) e con liberazione di ossigeno. Gleba: a parte interna del carpoforo, dal caratteristico aspetto marmorizzato. Le venature chiare sono sterili, mentre quelle scure contengono gli aschi. Habitat: il tipo di ambiente (complesso dei fattori fisici e chimici) nel quale vive un determinata specie. Ifa: filamento microscopico del fungo che si accresce nel substrato (terreno, legno, ecc.). Un intreccio di varie ife costituisce il micelio. Micelio: indica il corpo vegetativo dei funghi. Micoclena: manicotto fungino costituito da ife che avvolgono il rizoderma, · 55 · che conferisce un aspetto ingrossato e rigonfio alla radice. Nicchia ecologica: indica il ruolo di una specie in un ecosistema, ossia il suo modo di vivere e tutte le condizioni fisiche, chimiche e biologiche che ne permettono l’esistenza in quel particolare ambiente. Parassita: organismo animale o vegetale che vive a spese di un altro di diversa specie. Peridio: è lo strato esterno del carpoforo. Piante vascolari o superiori: piante dotate di tessuti ben differenziati (fusto, radice, foglie). Pollone: porzione epigea di una pianta che prende origine dalla ceppaia, direttamente dal tronco o più raramente dalle radici. La capacità pollonifera può essere nulla o molto marcata a seconda della specie. Popolazione: organismi di una determinata specie che abitano una porzione delimitata di spazio; Rizoma: fusto sotterraneo avente in genere la funzione di organo di riserva delle sostanze alimentari e la capacità di emettere continuamente radici e fusti avventizi. Rizoderma: epidermide della radice il quale può essere infettato dal micelio dei funghi nella costituzione della micorriza. Saprofita: organismo eterotrofo che vive spese di organismi morti o di sostanza organica in decomposizione contribuendo alla loro degradazione enzimatica. Sesto di impianto: indica la distanza tra le piante nei rimboschimenti artificiali. Simbiosi: stretta relazione tra individui di specie diverse per trarne beneficio reciproco. Spore: entità riproduttive indispensabili alla riproduzione dei funghi. Sono l’elemento indispensabile per procedere alla certa identificazione. · 56 · PRONTUARIO delle infrazioni alle leggi sul tartufo N. d'ordine DISPOSTO DI LEGGE TRASGRESSIONE 1 VIOLAZIONI RELATIVE ALLA DOCUMENTAZIONE 1.1 Raccolta di tartufi senza essere in possesso del tesserino prescritto perchè non conseguito Nota: 1.2 Articolo Legge SANZIONI PREVISTE Somma da versare per l'oblazione Oggetti passibili di confisca L. n°752 del 16/12/85 Euro 516 Tartufo L.R. 2/9/91 n° 24 L.R. 25/6/96 n° 20 L.R. 28/1/91 n° 3 Per tale infrazione copia del processo verbale deve essere trasmessa al Presidente della Giunta Regionale ai sensi dell'art. 7 della Legge Regionale n° 26/79. Raccolta di tartufi con tesserino sprovvisto del versamento comprovante l'avvenuto pagamento della tassa di concessione Regionale. 5/3° 8/3° 8/1°/E 3/1° 3/1° L. R. 28/1/91 n° 3 -------- Tartufo 10/1° 8/1°/E L.R. 2/9/91 n° 24 L.R. 25/6/96 n° 20 Euro 516 Tartufo Nota : si veda la nota riportata in calce al precedente punto 1.1. 1.3 Raccolta di tartufi con tesserino scaduto 2 VIOLAZIONI RELATIVE ALL'OGGETTO 2.1 RaccoLta di tartufi immaturi 12/2°/B 8/1°/I L.R. 2/9/91 n° 24 L.R. 25/6/96 n° 20 Euro 154 Tartufo 2.2 Raccolta di tartufo, nelle zone di libera raccolta, in quantità superiore a quella consentita 5/2° 8/1°/H L.R. 25/6/96 n° 20 Euro 154 Tartufo 2.3 Commercio di tartufi freschi fuori dal periodo di raccolta 6/5° 8/1°/P L. 16/12/85 n° 752 L.R. 25/6/96 n° 20 Euro 516 Tartufo 2.4 Commercio di tartufi freschi senza il rispetto delle modalità 7 8/1°/P L. 16/12/85 n° 752 L.R. 25/6/96 n° 20 Euro 516 Tartufo 2.5 Lavorazione e commercio dei tartufi conservati da parte di soggetti non autorizzati 8 8/1°/Q L. 16/12/85 n° 752 L.R. 25/6/96 n° 20 Euro 516 Tartufo 2.6 Commercio di tartufi conservati senza il rispetto 9 - 10 - 11 delle modalità prescritte dagli artt. 9-10-11-12- 12 - 13 13 e 14 della legge n° 752/85, salvo che il fat14 to non costituisca reato, a norma degli artt. 515 8/1°/R e 516 del C.P. L. 16/12/85 n° 752 Euro 516 Tartufo L.R. 25/6/96 n° 20 · 57 · N. d'ordine DISPOSTO DI LEGGE TRASGRESSIONE SANZIONI PREVISTE Articolo Legge Somma da versare per l'oblazione Oggetti passibili di confisca 12/1° 8/1°/B L.R. 2/9/91 n° 24 L.R. 25/6/96 n° 20 Euro 516 Euro 516 Tartufo Tartufo 5/2° 8/1°/L L.R. 25/6/96 n° 20 Euro 516 Tartufo 13/1° 6/1° e 2° 8/1°/G L.R. 2/9/91 n° 24 L.R. 25/6/96 n° 20 Euro 516 Tartufo 3 VIOLAZIONI RELATIVE AI MEZZI 3.1 Scavo con attrezzi diversi da quelli consentiti 4 VIOLAZIONI RELATIVE AI TEMPI 4.1 Ricerca e raccolta di tartufi durante le ore notturne e negli orari di divieto 4.2 Raccolta di tartufi in periodo di divieto 5 VIOLAZIONI RELATIVE AI LUOGHI 5.1 Apertura di buche al di fuori dei punti in cui il cane abbia iniziato lo scavo 12/1° 8/1°/D L.R. 2/9/91 n° 24 L.R. 25/6/96 n° 20 Euro 172 Tartufo 5.2 Raccolta di tartufi nelle zone di rifugio, nelle oasi di protezione della fauna selvatica, nelle zone di ripopolamento e cattura in violazione dei divieti 7/1° o 7/4°/B 8/1°/N L.R. 25/6/96 n° 20 Euro 516 Tartufo 5.3 Idem coma sopra per le aziende faunistiche venatorie (A.F.V.) e Agri turistico venatorie (A.T.V.) 7/3/° o 7/4°/B 8/1°/N L.R. 25/6/96 n° 20 Euro 516 Tartufo 5.4 Raccolta di tartufo nelle aree rimboschite, purchè adeguatamente tabellate, per un periodo di anni 15 dalla data di messa a dimora 18/2°/C 8/1°/F L. 16/12/85 n° 752 L.R. 25/6/96 n° 20 Euro 516 Tartufo 5.5 Raccolta di tartufi entro le zone tabellate quali tartufaie controllate o coltivate anche consorziali 3/2° 8/1°/M L. 16/12/85 n° 752 L.R. 25/6/96 n° 20 Euro 516 Tartufo 6 VIOLAZIONI RELATIVE AI MODI DI RACCOLTA 6.1 Raccolta di tartufi effettuata con l'ausilio di più di due cani per cercatore 12/1° 8/1°/A L.R. 2/9/91 n° 24 L.R. 25/6/96 n° 20 Euro 516 Tartufo 6.2 Raccolta dei tartufi nelle zone di rifugio, nelle oasi di protezione della fauna selvatica, nelle zone di ripopolamento e cattura, nelle A.F.V. e nelle A.T.V. con l'ausilio di più di un cane 7/1° 8/1°/A L.R. 25/6/96 n° 20 Euro 516 Tartufo 6.3 Apertura di buche in soprannumero o non riempite a regola d'arte nel limite di cinque buche o frazione di cinque aperte 18/2°/B 8/1°/D L.16/12/85 n° 752 L.R. 25/6/96 n° 20 Euro 172 Tartufo · 58 · N. d'ordine DISPOSTO DI LEGGE TRASGRESSIONE SANZIONI PREVISTE Articolo Legge Somma da versare per l'oblazione Oggetti passibili di confisca 7 VIOLAZIONI VARIE 7.1 Raccolta di tartufi senza l'ausilio del cane addestrato 8/1°/A L.R. 25/6/96 n° 20 Euro 516 Tartufo 7.2 Lavorazione andante del terreno tartufigeno nel periodo di raccolta dei tartufi per ogni mille metri quadrati 12/2°/A 8/1°/C L.R. 2/9/91 n° 24 L.R. 25/6/96 n° 20 Euro 516 Tartufo 7.3 Mancata riempitura di ogni buca aperta 12/3° 8/1°/D L.R. 2/9/91 n° 24 L.R. 25/6/96 n° 20 Euro 172 Tartufo 7.4 Apposizione o mantenimento di tabelle di riserva nelle tartufaie non riconosciute come coltivate o controllate 3/3° 8/1°/O L.16/12/85 n° 752 L.R. 25/6/96 n° 20 Euro 516 Note: 7.5 Se il trasgressore non rimuove le tabelle abusive, l'ente delegato provvede d'ufficio, previa diffida, ponendo la relativa spesa a carico del trasgressore Mancata segnalazione della presenza del cercatore nelle A.F.V. e nelle A.T.V. Note: 7/3° 8/1°/S L.R. 25/6/96 n° 20 Euro 102 Tartufo La sanzione non si applica in assenza degli appositi contenitori · 59 · · 60 · INDICE Presentazione ......................................................................... pag. ........... 5 Introduzione .......................................................................... pag. ........... 6 Nozioni di ecologia ................................................................ pag. ........... 7 I tartufi ................................................................................... pag. ......... 11 Classificazione ..................................................................... pag. ......... 11 Anatomia ............................................................................. pag. ......... 12 Ciclo biologico .................................................................... pag. ......... 13 Le micorrize ......................................................................... pag. ......... 15 L’ambiente del tartufo: le piante ed il bosco .......................... pag. ......... 19 Le piante superiori - cenni di anatomia vegetale ................. pag. ......... 19 Le specie simbionti dei tartufi. ............................................. pag. ......... 23 Il bosco ................................................................................ pag. ......... 24 La fauna ............................................................................... pag. ......... 27 La raccolta del tartufo ............................................................ pag. ......... 29 Modalità di raccolta ............................................................. pag. ......... 29 Il cane da tartufo .................................................................. pag. ......... 32 Alcuni fattori limitanti la produzione del tartufo ................. pag. ......... 35 Tartufaie controllate e coltivate ............................................ pag. ......... 37 Commercializzazione .......................................................... pag. ......... 38 Norme di legge e Regolamenti ............................................... pag. ......... 41 Caratteristiche delle specie commerciabili ............................ pag. ......... 43 Tuber magnatum Pico .......................................................... pag. ......... 45 Tuber melanosporum Vitt ..................................................... pag. ......... 46 Tuber brumale Vitt ............................................................... pag. ......... 47 Tuber brumale var. moschatum De Ferry, ............................ pag. ......... 48 Tuber aestivum Vitt .............................................................. pag. ......... 49 Tuber uncinatum Chatin, ..................................................... pag. ......... 50 Tuber Borchii Vitt. o Tuber albidum Pico ............................. pag. ......... 51 Tuber macrosporum Vitt ....................................................... pag. ......... 52 Tuber mesentericum Vitt ...................................................... pag. ......... 53 Tartufi non commercializzabili ............................................ pag. ......... 54 Glossario ................................................................................ pag. ......... 55 Prontuario delle infrazioni alle leggi sul tartufo ..................... pag. ......... 57 · 61 · BIBLIOGRAFIA: • • • • • • • • • • • • • • A. Bernicchia, F. Padovan “I funghi dell’Emilia-Romagna” 1999, Regione Emilia-Romagna, AA.VV - Il tartufo raccolta e coltivazione - “Il Divulgatore” anno XVIII n. 7 - 1995, Provincia di Bologna AA.VV - Sulle strade del tartufo - “Il Divulgatore” anno XXIII n. 1 - 2000, Provincia di Bologna AA.VV - Il campo e la Siepe - 1995, Provincia di Forlì-Cesena AA.VV. - Conoscere i tartufi - 1989, Regione Emilia Romagna AA.VV. - Difesa della Flora e della Fauna - manuale per il corso di guardie giurate volontarie - 1981, Provincia di Forlì-Cesena AA.VV. - Funghi epigei ed ipogei - 1988 Provincia di Pesaro e Urbino AA.VV. - Il Tartufo nelle Marche - supplemento n. 5/2000 delle rivista Regione Marche Agricoltura - 2000 Regione Marche AA.VV. - Il Tartufo piccola guida alle norme, alle procedure, ai servizi - 2002, Regione Toscana AA.VV. - Tartufi e Funghi - 1997 Provincia di Pesaro e Urbino E. Odum - Basi di Ecologia - 1973, Piccin Editore Elena Tibiletti Alessandra Zambonelli - I tartufi della Provincia di Forlì-Cesena - 1999, Provincia di Forlì-Cesena Rino Rossi Gabriella Graziani “I tartufi pregiati - ecologia e moderni metodi di coltivazione” CCIIA di Forlì Gregori e Gregorini “Tartufi” Provincia di Rimini · 62 · per informazioni: Provincia di Forlì-Cesena Servizio Agricoltura e Spazio Rurale Piazza G.B. Morgagni, 2 47100 Forlì Ufficio Tartufi Responsabile: Riccardo Fiorini 0543 714551 Rilascio e rinnovo tesserino: Barbara Tomasini 0543 714534 Riconoscimento tartufaie controllate/coltivate: Giovanni Fabbri 0543 714504 · 63 · Impaginazione grafica a cura del Centro Stampa Provincia di Forlì-Cesena Finito di stampare nel mese di dicembre 2006 Filograf - Forlì · 64 ·