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PROVINCIA DI FORLÌ-CESENA
SERVIZIO
AGRICOLTURA E SPAZIO RURALE
NOTE DIVULGATIVE PER LA
PREPARAZIONE ALL’ESAME DI IDONEITÀ
ALLA RACCOLTA DEI TARTUFI
LEGGE 16 DICEMBRE 1985 N. 752
LEGGE REGIONALE 2 SETTEMBRE 1991 N. 24
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La presente pubblicazione è stata curata da:
Giovanni Fabbri, Funzionario della Provincia di Forlì-Cesena,
Servizio Agricoltura e Spazio Rurale
Si ringraziano per la collaborazione:
Dott. Riccardo Fiorini, Funzionario della Provincia di Forlì-Cesena,
Servizio Agricoltura e Spazio Rurale
Dott. Massimo Magnani
Le incisioni sono tratte da:
Lodovico Piccioli - Selvicoltura - 1915 U.T.E.T.
Michele Lessona - Atlante di Storia Naturale - F. Vallardi Editore
Foto tratte da:
“Conoscere i tartufi” - 1989, Regione Emilia Romagna
“Il Tartufo nelle Marche” - supplemento n. 5/2000 della rivista Regione Marche Agricoltura - 2000 Regione Marche
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NOTE DIVULGATIVE PER LA PREPARAZIONE
ALL’ESAME DI IDONEITÀ ALLA RACCOLTA DEI TARTUFI
(Legge 16 dicembre 1985 n. 752 - L.R. 2 settembre 1991 n. 24)
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Presentazione
Il tartufo rappresenta una delicatezza della nostra gastronomia.
Anche i media sono pieni di immagini e gustosi piatti che catturano
l’attenzione e la sensibilità del vasto pubblico.
Da un punto di vista del territorio, però il valore non risiede solo
nell’uso del prodotto finale ma principalmente nel processo, cioè
nella capacità di avvicinare il cittadino, che deve essere sempre
più esperto, al territorio.
Infatti, a prescindere dal valore gastronomico, il quale rappresenta certamente la caratteristica più rilevante, vi sono molti altri
motivi che rendono il tartufo una risorsa importante:
• contribuisce al mantenimento delle popolazioni residenti in aree
spesso svantaggiate, incrementando positivamente le possibili
attività di “integrazione al reddito” con la ricerca, coltivazione e
commercializzazione del prodotto;
• rappresenta un importante polo di attrazione turistico del territorio e di traino dei prodotti locali;
• può avviare positivi percorsi volti alla manutenzione del territorio (regimazione idraulica, difesa del suolo, conservazione dei
soprassuoli, ecc.);
• concorre all’efficienza trofica dei popolamenti forestali in stazioni difficili, favorendo il mantenimento della biodiversità.
Questi motivi di forte rilevanza territoriale, richiedono come detto
un pubblico non solo amante del tartufo ma soprattutto esperto.
Con questa pubblicazione si intende pertanto fornire una prima
informazione sulle norme e procedure relative alla raccolta e commercializzazione di questo prodotto a chi intende sostenere l’esame di abilitazione alla ricerca e raccolta dei tartufi.
Gianluca Bagnara
Assessore alle Politiche Agro-Alimentari
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Introduzione
Con la pubblicazione di queste note si intende perseguire fondamentalmente due obbiettivi: il primo è quello di contribuire alla
conoscenza di base delle norme e delle nozioni essenziali finalizzate al conseguimento della abilitazione alla raccolta dei tartufi; il
secondo è la tutela della risorsa, anche in considerazione dell’elevato numero di cercatori attivi in ambito provinciale. È infatti importante che i raccoglitori di tartufi siano consapevoli dei danni
che un comportamento scorretto può arrecare all’ambiente ed alla
biologia di questo pregiato prodotto del nostro territorio.
Il testo è rivolto essenzialmente a chi si appresta a sostenere l’esame di abilitazione alla raccolta e non può quindi avere carattere
esaustivo in una materia per molti versi complessa, considerata la
necessità di sintetizzare in maniera accessibile una notevole mole
di argomenti. Può comunque essere uno stimolo per allargare lo
sguardo verso altri aspetti (le piante e i principali aspetti legati alla
gestione del bosco) strettamente legati alla biologia del tartufo ed
alla sua coltivazione.
Massimiliano Strocchi
Dirigente del Servizio Agricoltura
e Spazio Rurale
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NOZIONI DI ECOLOGIA
L’ecologia è la scienza che studia le relazioni tra gli organismi
viventi e l’ambiente fisico circostante. E’ una materia relativamente
recente, in quanto è stata disciplinata - secondo moderni criteri soltanto verso la fine del XIX secolo; in realtà concetti e termini
riconducibili all’ecologia sono reperibili in tante diverse discipline,
quali la biologia vegetale e animale, l’agronomia, la chimica, la
fisica.
Il concetto fondamentale risiede nell’ecosistema, costituito da
una comunità che comprende tutti gli organismi viventi (componente biotica) e dall’ambiente fisico circostante (componente inerte, abiotica), tra i quali si vengono a creare delle interazioni in funzione del flusso di energia solare.
Nell’ecosistema ogni organismo vivente svolge un determinato
ruolo ed è collegato a tutti gli altri mediante una serie di complicati
rapporti. In questa rete di interazioni i vegetali svolgono una funzione indispensabile grazie alla clorofilla, che rende possibile la
fotosintesi, con cui le piante verdi sono in grado di formare sostanze organiche complesse a partire da acqua, sali minerali, anidride
carbonica e rilasciando nel contempo ossigeno.
Le sostanze organiche complesse e l’ossigeno sono indispensabili per la vita degli animali e dell’uomo, che dipendono pertanto
dal regno vegetale in quanto non sono in grado di sintetizzare tutte
le sostanze necessarie alla loro vita e sono detti per questo motivo
organismi eterotrofi, mentre le piante verdi - che producono da sé
le sostanze organiche necessarie - sono dette autotrofe.
In questi scambi si inseriscono poi gli organismi demolitori (come
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funghi e batteri) che sono in grado di decomporre le sostanze organiche derivate da resti animali e vegetali e di ridurli in elementi
semplici riutilizzabili dalle piante.
Questi scambi avvengono in gran parte nell’humus, che è la
parte organica del terreno derivante soprattutto dalla attività di batteri e di funghi a carico delle sostanze di origine animale e vegetale
(legno e foglie secche, spoglie di animali, deiezioni, ecc.). L’humus
Effetto dell’internarsi e del collegarsi delle radicisopra un terreno roccioso e inclinato
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costituisce un fattore essenziale della fertilità del suolo poiché ne
modifica le proprietà chimico-fisiche migliorandone la struttura, favorisce la solubilizzazione degli elementi minerali che vengono così
resi nuovamente disponibili per le piante, ostacola l’azione dilavante delle acque di pioggia, rende il suolo più poroso e stimola
l’attività della microflora.
Tutti questi complicati processi vengono influenzati da una numerosa serie di fattori che possono incidere in modo più o meno
significativo.
Tali fattori ecologici si distinguono in:
• Fattori abiotici: luce, temperatura, acqua, ossigeno, sali minerali, precipitazioni, clima, caratteri pedologici (tipo di terreno) e
geologici, vento, altitudine, esposizione, ecc.
• Fattori biotici: caratteri dei singoli organismi, delle popolazioni,
delle comunità e loro interazioni.
Particolare importanza in ecologia assumono il concetto di habitat e di nicchia ecologica.
L’habitat di un organismo è l’ambiente naturale in cui esso normalmente vive, mentre la nicchia ecologica indica il ruolo che esso
riveste e comprende tutte le condizioni fisiche, chimiche e biologiche di cui la specie necessita per vivere e riprodursi (luce, anidride
carbonica, ossigeno acqua e sostanze nutritive, temperatura, tipo
di cibo, predatori, specie che competono per le stesse risorse).
In funzione della nicchia ecologica occupata, si distinguono specie generaliste e altre dette specialiste. Le prime sono gli organismi
che hanno nicchie ampie e grande capacità di adattamento, come
le mosche, gli scarafaggi, i ratti. Le seconde hanno nicchie limitate,
possono vivere in un solo tipo di habitat, si nutrono solo di una
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piccola varietà di nutrienti, allacciano relazioni solo con un numero limitato di altre specie e sono molto sensibili alle variazioni dei
fattori ambientali e climatici. Alcuni tartufi possono rientrare in
questo gruppo.
FOTOSINTESI
Nutrimento
e Respirazione
Sostanze inorganiche
(CO2, H2O, sali minerali)
Rifiuti Vegetali e Animali
Batteri, Funghi, Organismi detritivori
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I TARTUFI
Classificazione
I tartufi appartengono al Regno dei Funghi, che comprende un numero infinito di organismi (dai lieviti alle
muffe, fino ai classici funghi commestibili) caratterizzati
dal fatto di non possedere clorofilla e quindi incapaci di
utilizzare l’energia solare per sintetizzare sostanze organiche: sono pertanto organismi eterotrofi e necessitano per
vivere di elementi organici già costituiti. A seconda delle
relazioni che possono costruire con gli altri organismi, si
distinguono:
• Funghi saprofiti quando vivono su sostanze organiche
morte (come l’Armillaria mellea, il cosiddetto “chiodino” o “famigliola buona”);
• Funghi parassiti quando vivono a carico di organismi
viventi (come la Peronospora della vite);
• Funghi simbionti quando si costituiscono reciproci vantaggi con gli organismi ospiti: tra questi rientrano i tartufi,
i quali si legano - tramite le micorrize - alle radici delle
piante ospiti, ricevendo da essa parte del nutrimento, e
forniscono - in maggior abbondanza di quanto possa fare
la pianta da sola - acqua, sali minerali ed altre sostanze
presenti nel terreno, facilitandone l’assorbimento.
Dal punto di vista della classificazione sistematica, i tartufi sono funghi ascomiceti ipogei (sotterranei) appartenenti
alla classe dei Discomiceti.
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Anatomia
Il tartufo è costituito da due parti ben distinte: l’apparato
riproduttivo e l’apparato vegetativo. Comunemente con il
termine “tartufo” si intende solamente l’apparato riproduttivo, il corpo fruttifero - detto carpoforo - caratterizzato da
una forma più o meno globosa, tuberiforme.
Le dimensioni variano dalla grossezza di una nocciola a
quella di una grossa patata.
Nel carpoforo si distinguono il peridio e la gleba:
• Il peridio è lo strato esterno costituito da un rivestimento che può essere bianco, giallo, rossastro, bruno o nero.
La sua superficie è liscia (Tartufo bianco pregiato, Tartufo nero liscio) o più o meno verrucosa (Tartufo nero pregiato, Scorzone).
• La gleba è la parte interna
che ha un caratteristico
peridio
aspetto marmorizzato dovuto a venature chiare che racchiudono aree più scure: le
prime sono la parte sterile,
gleba
mentre le seconde sono le
parti fertili. All’interno delle zone scure della gleba si
Carpoforo, comunemente detto tartufo
trovano gli aschi, strutture
microscopiche di forma globosa, dove si formano le spore, più propriamente chiamate ascospore, che sono gli
organi deputati alla riproduzione.
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L’apparato vegetativo del tartufo è invece dato dal micelio, costituito da cellule filamentose dette ife: le ife che
avviluppano i peli radicali formano la micoclena, mentre
le ife secondarie - che hanno uno spessore di pochi micrometri ma possono arrivare ad una lunghezza anche di cento metri - si irraggiano nella ricerca di acqua, sali minerali
e nuove radici da colonizzare.
La forma e il colore del peridio e della gleba, oltre al
profumo e al sapore, sono caratteri importanti per il riconoscimento della specie; però in caso di dubbio o contestazione gli unici elementi diagnostici certi sono le caratteristiche delle spore, da effettuarsi mediante analisi microscopica (art. 2 Legge 752/85).
Ciclo biologico
Durante il ciclo biologico del tartufo si possono distinguere tre fasi principali:
• fase vegetativa;
• fase simbiontica;
• fase di fruttificazione.
la fase vegetativa comincia con la liberazione delle ascospore nel terreno, che avviene o per decomposizione del
carpoforo - dovuta a fenomeni naturali di marcescenza - o
ad opera di animali che si cibano di esso. In entrambi i
casi, dopo un periodo variabile di quiescenza, germinano
formando un corpo vegetativo (micelio) costituito da filamenti. Tali filamenti raggiungono gli apici delle radici delle
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piante ospiti e li avvolgono, dando origine alla micorriza.
Una volta formatesi le micorrize si mantengono nel tempo
e attraverso alcune ife possono colonizzare altri apici radicali della stessa pianta o di altre piante vicine. La fase di
fruttificazione, nella quale le ife si addensano a formare il
“tartufo” (più propriamente detto carpoforo), avviene quando nel terreno si è formata una sufficiente quantità di micorrize, la pianta ha raggiunto la sua maturità fisiologica e
si verificano le condizioni ecologiche idonee.
Dispersione delle spore
veicolate tramite animali
Fase di fruttificazione
Formazione del carpoforo
contenente le spore
Fase Vegetativa
Germinazione delle spore
e formazione del micelio
Fase simbiontica
Costituzione
delle micorrize
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Le micorrize
Con il termine micorriza si intende la struttura complessa costituita dalla stretta convivenza tra le radici di una
pianta superiore e il micelio di un fungo, le cui ife si sostituiscono ai peli radicali nella funzione di assorbimento dell’acqua e dei sali dal terreno. A seconda della posizione
delle ife, rispetto alle cellule o ai tessuti della radice ospite, si distinguono micorrize endotrofiche - quando penetrano
i primi strati della radice - ed
ectotrofiche, quando restano
esterne. Sono strutture molto fragili, che possono subire gravi
danni a causa della apertura delle buche di raccolta dei tartufi
Micorriza endotrofica
di Calluna vulgaris
eseguite in modo sconsiderato.
Al fine di limitare i danni è ne-
cessario usare la massima precauzione durante lo scavo, e
provvedere il più presto possibile a ricolmare la buca con
lo stesso terreno.
Le conoscenze maggiori relative alle micorrize riguardano le piante forestali e le orchidee: è noto che i semi
della maggior parte delle orchidee germinano soltanto se
le loro radici contengono un fungo simbionte specifico,
così come è accertato che semenzali micorizzati danno
origine a piante più vigorose e rigogliose (a parità di condizioni ambientali) e che facilitano la propagazione per ta· 15 ·
lea o tramite polloni radicali
di molte specie (pioppi, salici, tigli).
Le micorrize non sono
una prerogativa dei tartufi:
tantissimi altri funghi possono legarsi a piante ospiti,
tanto che proprio la concorrenza tra le diverse specie
appare essere un fattore limitante alla coltivazione del
Micorriza endotrofica del gattice:
a, radice con micorriza; b, sezione trasversale
di una porzione della radice dove il micelio
è arrivato nelle cellule esterne
Ingr. 480 : 1
tartufo. Le micorrize che i
tartufi stabiliscono con le radichette delle piante ospiti sono
del tipo ectotrofico, interessando con l’infezione fungina
ad opera delle ife solo lo strato esterno del tessuto radicale.
Le ectomicorrize formate con i Basidiomiceti, Ascomiceti e Ficomiceti caratterizzano soltanto il 5% circa delle
piante vascolari di tutto il mondo. Queste tuttavia includono piante di alto interesse economico quali la maggior parte delle essenze arboree che compongono i nostri boschi.
Le micorrize rivestono un ruolo importante nella nutrizione della pianta ospite, che attraverso l’assorbimento di
acqua e sali minerali da parte delle ife fungine, per mezzo
della fotosintesi clorofilliana delle foglie, vengono trasformati in carboidrati, i quali sono determinanti sia per lo sviluppo dell’albero che per il fungo simbionte. Tale rapporto
tra fungo e apparato radicale della pianta ospite prende il
nome di simbiosi micorrizica.
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a, tubercoli radicali di ontano
b, micorriza ectotrofica del faggio;
c, micorriza ectotrofica ed endotrofica del pino cembro
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Populus tremula L.
1. rametto con due gemme fogliari e con un amento maschile in fiore. - 2. un fiore maschile,
ingrandito. - 3. lo stesso visto di fianco. - 4. amento femminile. - 5. un fiore femminile. 6. lo stesso visto di lato. - 7. frutto maturo ancora chiuso. - 8. un pezzo di amento fruttifero. 9. frutto aperto. - 10. un seme singolo con mantello di peli. - 11. rametto con foglie.
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L’AMBIENTE DEL TARTUFO: LE PIANTE ED IL BOSCO
Le piante superiori - cenni di anatomia vegetale
I tartufi per vivere e riprodursi necessitano delle piante
superiori: queste comprendono gli alberi, gli arbusti e le
specie erbacee, caratterizzate da un apparato vegetativo
chiaramente differenziato - cosa che non avviene nei muschi e nelle alghe - costituito da fusto, radici e foglie; inoltre producono semi e portano fiori. Tutti questi elementi
sono fondamentali per definire la specie di appartenenza.
• Il fiore è il principale elemento di riconoscimento delle
piante superiori, che vengono sistematicamente divise
in Gimnosperme (le conifere) e Angiosperme (le latifoglie): i fiori delle Gimnosperme (chiamati, spesso, anche “coni”, “strobili” o “pigne”) sono sempre unisessuali (cioè con stami e squame ovulari separati) e sono più
primitivi di quelli delle Angiosperme. Fanno parte delle
Gimnosperme gli abeti, i pini, i ginepri e il tasso. Si tratta di piante legnose, resinose, con foglie semplici di regola persistenti, spesso aghiformi, in cui il trasporto del
polline è affidato passivamente al vento (impollinazione anemofila). Nelle Angiosperme l’impollinazione è in
genere affidata agli insetti (impollinazione entomofila) e
ne fanno parte gli arbusti e gli alberi più comuni, moltissime specie erbacee e organismi vegetali altamente specializzati come le piante grasse (succulente), le epifite,
le piante carnivore e le piante acquatiche.
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• Il fusto è la parte aerea - ma esistono anche fusti sotterranei, come i rizomi - della pianta che porta le foglie e i
fiori. Assolve ad una duplice funzione: meccanica, poiché costituisce l’asse scheletrico della pianta, e fisiologica in quanto è l’organo di collegamento tra le radici e
le foglie, la via attraverso cui l’acqua e le sostanze saline assorbite dal terreno pervengono alle foglie. Si sviluppa tramite le gemme le quali sono a loro volta un
utile elemento di riconoscimento. Può avere consistenza legnosa (alberi, arbusti) o erbacea.
• La radice è la parte inferiore della pianta che, normalmente, si sviluppa nel terreno per
assolvere alla duplice funzione di
sostegno e di assorbimento in
quanto tiene fissata saldamente
la pianta al suolo e assorbe l’acqua insieme con i sali nutritivi in
essa disciolti. Il micelio del tartufo penetra nella pianta a livello radicale, fra le cellule corticali delle piccole radici laterali, i
cosiddetti “peli radicali”.
Si distinguono: radici a fittone,
quando si sviluppano su di un’asse principale di forma conica sulla continuazione del fusto e dal
quale si diramano le radici secondarie, che a loro volta generano
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Esempio di radice a fittone:
Ceppaia di Quercus ilex
radichette più sottili; radici fascicolate o espanse, quando manca il fittone e al suo posto si sviluppa una serie di
elementi più o meno dello stesso diametro e lunghezza
che si affondano in tutte le direzioni.
• La foglia è la parte deputata a svolgere la funzione fotosintetica. Si possono distinguere tre parti: la superficie
fogliare, detta lamina, di forma variabilissima a seconda
lamina
della specie (aghiforme nelle conifere, più o meno
espansa nelle latifoglie) presenta due pagine, la supe-
picciolo
riore rivolta al sole di un verde più carico, la inferiore
più chiara e molto spesso
coperta da una fine peluria.
Spesso un elemento di riconoscimento è costituito dalla
nervatura della foglia. L’organo di sostegno e di attacco
al ramo è detto picciolo: se manca la foglia si dice sessile. La guaina (quando è presente) è la estremità inferiore
del picciolo, con la quale esso si unisce al fusto.
• Il frutto deriva dalla trasformazione del fiore che avviene in conseguenza della fecondazione. Serve a proteggere e nutrire il semi e sono distinti in due grosse categorie: frutti secchi e frutti carnosi. I primi sono distinti in
deiscenti (capsula, legume o baccello, follicolo, siliqua)
e non deiscenti (achenio, sàmara, cariòsside, noce). I
secondi sono distinti in frutti veri (bacca, drupa, esperi-
dio) e frutti falsi (pomo, fragola, siconio, sorosio).
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Esempio di radice espansa:
Sistema radicale pollonifero del populus tremula
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Le piante simbionti dei tartufi
Le specie in cui è stata accertata la simbiosi micorrizica
con i tartufi pregiati sono relativamente poche, individuate
nella tabella seguente. Vi sono poi altre piante, quali la
Sanguinella, il Prugnolo, il Biancospino e la Ginestra che
pur non legandosi con il tartufo sono quasi sempre presenti nelle aree di produzione naturale. Queste piante, soprannominate “comari” sembra favoriscano la produzione di
tartufo, mantenendo un giusto grado di ombreggiamento
del terreno.
Specie di Tuber
Nocciolo
magnatum
melanosporum
brumale
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Faggio
Cerro
Farnia
Roverella
Rovere
Pioppo bianco
Pioppo nero
Carpino nero
Salice bianco
Salicone
Tiglio cordato
Tiglio comune
Tiglio ibrido
Carpino bianco
Cedri
Pino nero
Pino marittimo
Pino domestico
Pino silvestre
aestivum
uncinatum
albidum
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macrosporum mesentericum
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Il bosco
Le specie arboree, arbustive ed erbacee assumono
un ruolo chiave nel processo della sintesi micorrizica: tutte le operazioni eseguite a carico del soprassuolo forestale (tagli di utilizzazione, diradamenti, decespugliamenti, potature, ecc.) incidono sul grado di
ombreggiamento del terreno, sulla sua composizione floristica e quindi, indirettamente, anche sulle potenzialità produttive del tartufo, il quale necessita di
un contorno vegetazionale appropriato. Anche se è
possibile rinvenire certe specie di tartufo in ambienti
fortemente antropizzati, come i parchi urbani, alberature stradali o
alberi isolati, l’ambiente di elezione l’habitat - del tartufo è
il bosco. È quindi importante conoscere
non solo le specie forestali simbionti, ma
anche le diverse tipologie di bosco.
Le norme di gestione del bosco - tagli di
utilizzazione e/o di
Corylus avellana L.
manutenzione, ripristi-
(Nocciolo). Amenti e frutti con cupola fogliacea
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no della viabilità di servizio, pascolo, ecc. - sono contenute essenzialmente nelle “Prescrizioni di Massima e Polizia
Forestale”, approvate dalla Regione Emilia-Romagna con
Deliberazione n. 182 del 31/05/1995: esse stabiliscono modalità d’uso compatibili con la salvaguardia, al fine di prevenire dissesti, erosione del suolo e degrado dei soprassuoli ed a esse bisogna attenersi nelle operazioni di manutenzione e utilizzazione boschiva.
A seconda di come vengono curati (forma di governo e
trattamento del bosco) e della loro origine si possono distinguere:
• boschi cedui: rappresentano la maggior estensione dei
boschi provinciali. Sono soprassuoli che vengono periodicamente (ogni 8/28 anni, a seconda delle specie)
tagliati a raso, sfruttando la capacità pollonifera delle
piante presenti per la ricostituzione del soprassuolo, mentre la rinnovazione da seme è garantita dal rilascio di un
numero variabile di piante non soggette al taglio, chiamate “matricine”. In questi boschi il taglio comporta notevoli alterazioni sia a carico delle piante ceduate, che
subiscono un grave squilibrio tra parte epigea e parte
radicale, sia a carico della stazione nel suo complesso,
a causa della maggiore quantità di calore e luce che
arriva al terreno (alterazioni alla vegetazione arbustiva
ed erbacea, al substrato pedologico, ecc.). Quando il
bosco ceduo non viene tagliato per un periodo superiore ad una volta e mezzo il turno fissato vi è il rischio di
perdita della capacità di ricaccio dei polloni, per cui
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deve essere favorita la conversione all’alto fusto.
• boschi d’alto fusto: sono soprassuoli dove la rinnovazione del bosco è garantita essenzialmente dalla disseminazione delle piante presenti e la rinnovazione naturale viene favorita - con interventi appropriati - per andare a sostituire le piante mature al taglio. L’alto fusto
può esprimere le condizioni del bosco più vicine alla
natura: è anche la forma di governo più efficace dal punto
di vista della protezione del suolo. La conversione dei
boschi d’alto fusto in bosco ceduo è vietata. Vi sono diverse tipologie di altofusto:
- di origine naturale, quando le piante sono nate da
seme caduto naturalmente sul terreno. Occupano una
superficie estremamente limitata;
- di origine artificiale (rimboschimenti) quando i semi
sono stati raccolti altrove e sparsi appositamente dall’uomo o se le piantine provengono da vivai. Sono la
maggioranza dei boschi ad alto fusto attuali.
• Discorso a parte meritano i boschi di neo-formazione:
si tratta di terreni un tempo coltivati o destinati a pascolo, poi abbandonati alla libera evoluzione ed all’ingresso delle specie arboree e arbustive: spesso tali situazioni si prestano all’insediarsi di alcuni tartufi. Sono superfici dove la componente arbustiva spesso è ancora prevalente su quella arborea, in netta espansione nel territorio provinciale, localizzati soprattutto nella media ed
alta collina.
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La fauna
Gli animali selvatici che ricercano e si nutrono di tartufi
sono fattori ecologici estremamente importanti, in quanto
contribuiscono attivamente alla diffusione delle spore e
quindi alla riproduzione e diffusione
dei tartufi. Inoltre gli animali che scavano gallerie nel terreno contribuiscono a creare lo spazio e le condizioni
ottimali per lo sviluppo dei corpi frutRiccio (Erinaceus europeus)
tiferi.
Tra i mammiferi che possono cibarsi
più o meno saltuariamente di tartufi vi sono il cinghiale, il
tasso, l’istrice, tutti i topi e le arvicole. Tra gli uccelli vanno segnalati
quelli con attitudi-
Grillotalpa (Gryllotalpa vulgaris)
ne a razzolare ed
a ruspare il terreno, come le pernici ed il pollame. Tra gli
insetti si segnalano le cicale allo stato larvale, la mantide
religiosa e il grillo, oltre ad un particolare
tipo di mosca (Helomyza tuberiperda) che
depone le uova nei tartufi in superficie, determinandone l’infradiciamento. Anche le
Larva di cicala
lumache e le chiocciole possono cibarsi di
tartufi.
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Carpinus betulus L.
Carpino bianco
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LA RACCOLTA DEL TARTUFO
La modalità di raccolta
Per praticare la ricerca e la raccolta del tartufo è necessario essere muniti dell’apposito tesserino rilasciato dalla
Amministrazione Provinciale e della ricevuta di versamento della tassa annuale, con l’eccezione dei raccoglitori di
tartufi sui fondi di proprietà, i quali sono esentati dal possedere il tesserino e dal pagare la tassa di concessione regionale. Il tesserino di idoneità può essere rilasciato a chi
ha compiuto i quattordici anni di età; esso ha valore sull’intero territorio nazionale, ha validità sei anni e può essere rinnovato su richiesta del titolare. L’autorizzazione alla
ricerca ed alla raccolta può essere revocata per gravi infrazioni: qualora revocata, in tal caso non può essere rilasciata prima di cinque anni e deve essere proceduta da un nuovo
esame.
La raccolta dei tartufi è libera nei boschi e nei terreni
non coltivati; rimane comunque vietata nelle tartufaie coltivate o controllate riconosciute con atto dall’amministrazione competente e delimitate con apposita tabellazione e
nelle aree rimboschite - tabellate - per un periodo di quindici anni dalla messa a dimora delle piantine.
La ricerca e la raccolta è in ogni caso vietata nelle aziende
faunistico venatorie ed agri-turistico-venatorie nei giorni
di apertura della caccia. Inoltre è vietata dal 1° aprile al 30
giugno per le zone di pianura e, dal 1° febbraio al 30 giu· 29 ·
gno nelle zone di collina e nelle oasi di protezione della
fauna selvatica, nelle zone di rifugio, nelle zone di ripopolamento e cattura, nelle aziende faunistico venatorio e nelle aziende agri-turistico-venatorie, istituite ai sensi della L.R.
15 febbraio 1994 n. 8.
La ricerca e la raccolta deve essere effettuata con l’ausilio di non più di due cani, limitato ad uno solo nelle oasi di
protezione della fauna selvatica, nelle zone di rifugio, nelle zone di ripopolamento e cattura, nelle aziende faunistico-venatorie e nelle aziende agri-turistico-venatorie; negli
ultimi due casi è anche necessario segnalare la presenza
del cercatore, depositando gli estremi del tesserino in contenitori predisposti dalle aziende.
Lo scavo per l’estrazione del tartufo deve essere eseguito possibilmente a mano oppure con il vanghetto, il quale
deve avere una larghezza non superiore a cm 6. Lo scavo
va limitato al punto segnalato dal cane e dopo la raccolta
bisogna provvedere alla riempitura di ogni buca aperta,
utilizzando il terriccio smosso. Inoltre è vietata la lavorazione andante del terreno, la ricerca e raccolta nelle ore
notturne e la raccolta dei tartufi immaturi e dei fioroni. Il
tartufo “fiorone”, in particolare quello del bianco pregiato
non deve essere raccolto, in quanto contiene un’infinità di
spore utili per la riproduzione della specie. Inoltre questo
tartufo precoce è molto scadente dal punto di vista alimentare, poco profumato e spesso pieno di larve.
Il quantitativo massimo giornaliero è fissato in un chilogrammo, ad eccezione della raccolta di un solo esemplare
· 30 ·
di peso superiore, nel qual caso il limite massimo è elevato
al peso dello stesso.
Per ogni specie di tartufo è fissato un calendario di raccolta valido a livello regionale, che può comunque essere
modificato dall’ente delegato, in relazione a motivate esigenze.
Salix fragilis L. - 1, ramo con fiori pistilliferi; 2, ramo con fiori staminiferi
· 31 ·
Il cane da tartufo
Il cane da tartufo, oltre ad essere il primo e unico ausilio
riconosciuto dalla vigente normativa per procedere alla ricerca e raccolta del tartufo, va curato e rispettato. La Legge
Regionale n. 27 del 2000 “Nuove norme per la tutela ed il
controllo della popolazione canina e felina” promuove e
disciplina la tutela dei cani e condanna i maltrattamenti ed
il loro abbandono: prevede infatti l’obbligo di iscrizione
all’anagrafe canina e ne vieta l’abbandono. Il proprietario
può rinunciare a tenerli con sé, ma in questo caso deve
informare il Comune di residenza che provvede a trasferirli
nei canili municipali. I proprietari di cani, gli allevatori ed
i detentori di cani a scopo di commercio sono tenuti all’iscrizione all’anagrafe canina entro trenta giorni dalla
nascita dell’animale o da quando ne vengano, a qualsiasi
titolo, in possesso: iscrivere il proprio cane all’anagrafe canina ed inserire il microchip di riconoscimento non è solo
un obbligo di legge, ma è una tutela per lo stesso animale,
in quanto può risolvere in breve tempo casi di smarrimento, rapimento o incidenti. Per l’iscrizione è necessario rivolgersi agli uffici dell´anagrafe canina del Comune di residenza, dove con l’iscrizione dell’animale viene consegnato un microchip, una piccola capsula sterile non irritante per la cute dell’animale che contiene un numero. Il
microchip è inserito da un medico veterinario con una speciale siringa sotto la pelle del cane.
Le caratteristiche di un buon cane da tartufo fanno per· 32 ·
no su due punti fermi: la naturale attitudine alla ricerca ed
il tipo di addestramento ricevuto.
• la naturale attitudine alla ricerca: l’odorato è una delle
caratteristiche fondamentali che possono decidere la
sorte di un cane da tartufi, ma non è l’unica: un buon
soggetto deve possedere anche una notevole intelligenza, buona resistenza e non lasciarsi “distrarre” dai selvatici. In genere la maggioranza dei cercatori utilizza
incroci, ma non è da escludere che razze pure possano
dare risultati positivi. Discorso a parte merita il “Lagotto
romagnolo”, una razza appositamente selezionata per
la ricerca del tartufo riconosciuto dall’ENCI (Ente Nazionale Cinofilia Italiana) nel 1991: è un cane di taglia
medio piccola, con caratteristico pelo ricciuto, di temperamento docile e affettuoso, non viene distratto dalla
selvaggina ed è un accanito tastatore del terreno, che
annusa con continuità.
Le caratteristiche fisiche da ricercarsi sono:
- un torace ampio, ben sviluppato in altezza, larghezza e profondità, presupposto di una buona capacità
polmonare e resistenza alla fatica;
- manto con pelo fitto, duro e forte, che protegga l’animale dagli spini e dai rovi;
- corporatura media per superare con facilità gli ostacoli del sottobosco.
• Il tipo di addestramento; la ricerca del tartufo non è un
istinto naturale del cane, per cui tale insegnamento, che
deve essere impartito in una fase molto delicata della
· 33 ·
vita dell’animale (a partire dal quinto mese di vita), va
effettuata da persona competente, preparata e paziente.
Le modalità possono essere anche molto diverse a seconda della perizia dell’addestratore: va però detto che
un animale affamato o stressato non potrà mai garantire
l’efficienza e la concentrazione necessaria per ottenere
dei buoni risultati. Deve essere pertanto cura e dovere
del proprietario garantire il rispetto di condizioni idonee di vita secondo le esigenze naturali dell’animale.
Dovranno pertanto essere rispettate queste semplici regole:
- Fornire sempre cibo e acqua pulita a sufficienza e
secondo le ragionevoli esigenze alimentari ed igeniche del cane;
- Assicurare il decoro e la pulizia del ricovero: in particolare per i cani custoditi all’aperto, all’interno di box
o recinti dovranno essere assicurati spazi sufficientemente ampi, possibilità di muoversi e protezione dalle intemperie;
- Fornire un’adeguata assistenza medico veterinaria: se
ammalato o ferito l’animale deve essere sottoposto
alle cure di un veterinario.
- Dopo ogni uscita va fatta una accurata ispezione dell’animale, alla ricerca di parassiti o ferite.
· 34 ·
Alcuni fattori condizionanti la produzione del tartufo
Il tartufo per vivere necessita di un insieme di fattori ecologici particolari i quali, una volta alterati, possono incidere negativamente sulla sua capacità produttiva. Alcune cause di alterazione di questi fattori sono riconducibili a varie
attività umane e possono essere così sintetizzati:
• Le concimazioni artificiali e i diserbanti chimici, provocando considerevoli mutamenti nello strato superficiale
del terreno soprattutto a carico della sostanza organica
e dello strato umifero, sconvolgono l’intero sistema micologico naturale.
• Le lavorazioni profonde del terreno, i conseguenti trattamenti chimici eseguiti su larga scala e la costipazione
del terreno dovuta al peso delle macchine sono alcune
conseguenze negative della moderna meccanizzazione
agricola, che ostacolano gravemente la costituzione del
micelio.
• L’inquinamento dell’aria e delle falde idriche - modificando le quantità dell’anidride carbonica, dei nitrati e
dei solfati - può incidere sia sulla composizione specifica dei soprassuoli (ci sono piante più o meno resistenti
o capaci di utilizzare le maggiori quantità di sali minerali presenti nell’ambiente) che sulla flora microbica e
micologica del terreno.
• L’utilizzo nei rimboschimenti di specie non autoctone
determina modifiche alla composizione specifica dei soprassuoli e di conseguenza alle specie micologiche sim· 35 ·
bionti.
• Il progressivo ridursi delle aree boscate e naturaliformi soprattutto nelle zone di pianura e collina - che servono
potenzialmente da area di riserva e di propagazione del
tartufo;
• l’eccessivo carico antropico esercitato da un numero
sempre crescente di raccoglitori, i quali spesso effettuano la raccolta in modo scorretto, danneggiando irrimediabilmente il micelio.
Quecus peduncolata Willd. (farnia)
Ramoscello su cui si vedono in alto fiori pistelliferi
ed in basso fiori staminiferi
· 36 ·
Tartufaie controllate e coltivate
Su espressa richiesta del proprietario/conduttore l’Amministrazione Provinciale può riconoscere il diritto di proprietà esclusivo dei tartufi prodotti nelle tartufaie controllate e coltivate, purchè siano apposte tabelle delimitanti le
tartufaie stesse e siano rispettate le regole dettate per la
gestione del soprassuolo. Tali regole vanno a sostituire le
Prescrizioni di Massima e Polizia Forestale per la gestione
del soprassuolo all’interno della tartufaia riconosciuta.
Le “tartufaie controllate” sono individuate in quei soprassuoli dove i tartufi crescono allo stato naturale, sottoposti a miglioramenti colturali e incrementati con la messa
a dimora di un congruo numero di idonee piantine micorizzate. Le operazioni da eseguire all’interno della tartufaia controllata devono essere finalizzate esclusivamente ad
incrementare la produzione del tartufo.
Le “tartufaie coltivate” sono impiantate ex-novo: gli accorgimenti da seguire sono pertanto gli stessi utilizzati nella esecuzione dei rimboschimenti, con la differenza che si
devono utilizzare piantine micorizzate. Prima è necessario
valutare la idoneità della stazione alle esigenze del tartufo:
vanno quindi verificate - mediante analisi di campioni - le
caratteristiche chimico-fisiche del terreno. Quelli più vocati presentano un PH con valori intorno a 7 o 8 (debolmente alcalini), ricchi di calcare, poveri di sostanza organica e a tessitura sciolta.
Verificata la idoneità della stazione, i passi successivi
· 37 ·
riguardano la scelta delle specie da utilizzare, la definizione del sesto di impianto, la preparazione del terreno, le
modalità ed il periodo da utilizzare nella messa a dimora.
Inoltre assumono grande importanza - per la riuscita dell’impianto - le cure colturali da eseguirsi nei prime quattro/cinque anni, che consistono indicativamente nei risarcimenti delle piantine fallite, nella gestione del terreno,
nel controllo delle infestanti e nelle eventuali irrigazioni di
soccorso.
Commercializzazione
I tartufi freschi posti in vendita devono essere distinti
per specie e varietà, maturi, sani e liberi da corpi estranei e
impurità. I tartufi interi vanno tenuti separati dai “tartufi
spezzati” (pezzi con dimensioni superiori a 0,5 cm di diametro) e dal “tritume” (dimensioni inferiori a 0,50 cm di
diametro). Per ogni tipologia posta in vendita deve essere
indicato il nome latino e italiano della specie.
La attuale normativa (Legge n. 752/85) prevede che la
lavorazione del tartufo, per la conservazione e la successiva vendita, possa essere effettuata:
• dalle ditte iscritte alla Camera di Commercio, Industria,
Artigianato e Agricoltura nel settore delle industrie produttrici di conserve alimentari;
• dai consorzi volontari per la difesa del tartufo, costituiti
(ai sensi dell’art. 4 della Legge 752/85) da titolari di aziende agricole e forestali e da coloro che le conducono;
· 38 ·
• da cooperative di conservazione e commercializzazione del tartufo.
Va detto che il tartufo può essere considerato un prodotto della selvicoltura, e come tale la sua coltivazione rientra
nelle possibili attività dell’imprenditore agricolo così come
concepito dal Decreto Legislativo 18 maggio 2001, n. 228
“Orientamento e modernizzazione del settore agricolo, a
norma dell’articolo 7 della legge 5 marzo 2001, n. 57".
Il tartufo può pertanto essere oggetto di attività di vendita
Foglie (1 - 3) e gemme (4) di Populus alba (gattice)
· 39 ·
ai sensi dell’articolo 4 del citato Decreto, il quale al comma 5 prevede la “vendita di prodotti derivati, ottenuti a
seguito di attivita’ di manipolazione o trasformazione dei
prodotti agricoli e zootecnici, finalizzate al completo sfruttamento del ciclo produttivo dell’impresa.”
Per quanto riguarda il regime IVA, va ricordato che i
tartufi sono esclusi dalla tabella A (parte I voce n. 15) di cui
all’art. 34 del DPR 26/10/72 n. 633, il quale disciplina il
“regime speciale” per i produttori agricoli.
Le fiere locali dedicate al tartufo sono un’occasione particolare di commercializzazione del prodotto, in quanto
hanno una forte capacità di attrazione turistica/gastronomica e possono diventare inoltre un importante momento
di presentazione del territorio e degli altri prodotti locali.
Nell’ambito provinciale si segnalano le seguenti sagre/fiere:
1. PORTICO DI ROMAGNA: Sagra dei frutti del sottobo-
sco e dell’artigianato tipico. Secondo fine settimana di ottobre
2. DOVADOLA: Fiera e Sagra del Tartufo. Terza e quarta
domenica di ottobre.
3. CUSERCOLI: Sagra del Tartufo del Bidente. Indicativa-
mente seconda e terza domenica di novembre.
· 40 ·
NORME DI LEGGE E REGOLAMENTI
La coltivazione e la raccolta dei tartufi è attualmente
regolamentata dalle seguenti disposizioni:
• Legge 16 dicembre 1985 n. 752 “Normativa quadro in
materia di raccolta, coltivazione e commercio dei tartufi freschi o conservati destinati al consumo”.
• Legge 17 maggio 1991 n. 162 “Modifiche alla legge 16
dicembre 1985, n. 752, recante normativa quadro in materia di raccolta, coltivazione e commercio dei tartufi
freschi o conservati destinati al consumo.”
• Legge Regionale 4 settembre 1981 n. 30 “Incentivi per
lo sviluppo e la valorizzazione delle risorse forestali, con
particolare riferimento al territorio montano”.
• Legge Regionale 2 settembre 1991 n. 24 “Disciplina della
raccolta, coltivazione e commercio dei tartufi nel territorio regionale, in attuazione della legge 16 dicembre
1985 n. 752”.
• Legge Regionale 25 giugno 1996 n. 20 “Modifica della
L.R. 2 settembre 1991, n. 24 «Disciplina della raccolta,
coltivazione e commercio dei tartufi nel territorio regionale, in attuazione della legge 16 dicembre 1985, n.
752»”.
• Legge Regionale 24 gennaio 1977 n. 2 “Provvedimenti
per la salvaguardia della flora regionale - Istituzione di
un fondo regionale per la conservazione della natura Disciplina della raccolta dei prodotti del sottobosco”.
Articolo 10, 12, 13.
· 41 ·
• Deliberazione di Giunta Regionale n. 952 del 24 marzo
1992 “Direttiva regionale inerente l’applicazione della
raccolta coltivazione e commercio dei tartufi nel territorio regionale, in attuazione della legge 16 dicembre
1985”.
• Deliberazione di Giunta Regionale n. 182 del 31 maggio 1995 “Prescrizioni di Massima e Polizia Forestale”.
Articolo 28.
calendario per la ricerca e raccolta dei tartufi - Zone di Collina
specie
Genn.
T. Magnatum
Feb. Marzo Apri. Mag.
Giu. Lug.
Ago.
fino al 20
Set.
Ott.
Nov.
Dic.
Nov.
Dic.
dal 20
T. Melanosporum
T. aestivum
T. uncinatum
dal 20
T. brumale
T. albidum
T. macrosporum
fino al 20
dal 20
calendario per la ricerca e raccolta dei tartufi - Zone di Pianura
specie
T. Magnatum
Genn.
Feb. Marzo Apri. Mag.
Giu. Lug.
Ago.
Set.
fino al 20
T. Melanosporum
T. aestivum
T. uncinatum
dal 20
T. brumale
T. albidum
T. macrosporum
· 42 ·
fino al 20
Ott.
Caratteristiche delle specie commerciabili
· 43 ·
· 44 ·
Tuber magnatum Pico
Detto volgarmente tartufo bianco (o anche tartufo bianco del Piemonte, di Alba o tartufo bianco di Acqualagna).
Ha peridio o scorza non verrucosa ma liscia, di colore giallo
chiaro o verdicchio, e gleba o polpa dal marrone al nocciola più o meno tenue, talvolta sfumata di rosso vivo, con
venature chiare fini e numerose che scompaiono con la
cottura. Ha spore ellittiche o arrotondate, largamente reticolate o alveolate, riunite fino a quattro negli aschi. Emana
un forte profumo gradevole.
Matura da ottobre a fine dicembre. Talvolta anche in luglio, in agosto o gennaio è possibile trovare i cosiddetti
fioroni, ossia carpofori molli, verminati e maleodoranti: in
questo caso bisogna astenersi dalla raccolta e la buca va
chiusa accuratamente, in quanto, come già detto, contengono numerosissime spore utili per la riproduzione della
specie
· 45 ·
Tuber melanosporum Vitt.
Detto volgarmente tartufo nero pregiato (o anche tartufo
nero di Norcia o di Spoleto). Ha peridio o scorza nera rugosa con verruche minute, poligonali, e gleba o polpa neroviolacea a maturazione, con venature bianche fini che divengono un po’ rosseggianti all’aria e nere con la cottura.
Ha spore ovali bruno scure opache a maturità, aculeate
non alveolate, riunite in aschi nel numero di 4-6 e talvolta
anche solo di 2-3. Emana un delicato profumo molto gradevole. Matura da metà novembre a metà marzo.
Questo tartufo ha la particolarità di formare attorno alla
pianta simbionte un’area priva di vegetazione: questa zona,
detta “cava”, “pianello” o
“bruciata” sembra essere determinata da un principio fitotossico prodotto dal tartufo,
che inibisce la germinazione
dei semi delle piante erbacee.
Molto raro in Emilia-Romagna, è stato segnalato in provincia di Forlì-Cesena; è invece comune nell’Italia centrale (Marche e Umbria) e nel
Piemonte. In Francia, dove‘è
considerato il tartufo di migliore qualità, viene coltivato
con successo.
· 46 ·
Tuber brumale Vitt.
Detto volgarmente tartufo nero d’inverno o trifola nera.
Ha peridio o scorza rosso scuro che diviene nera a maturazione, con verruche piramidate e gleba o polpa grigio-nerastra debolmente violacea, con venature bianche ben marcate che scompaiono con la cottura assumendo tutta la
polpa un colore cioccolata più o meno scuro. Ha spore
ovali brune, traslucide a maturità, aculeate non alveolate,
riunite in aschi nel numero di 4-6 e talvolta anche meno,
più piccole di quelle del Tuber melanosporum e meno scure. Emana poco profumo. Matura da gennaio a tutto marzo.
· 47 ·
Tuber brumale var. moschatum De Ferry
Detto volgarmente tartufo moscato. Ha peridio o scorza
nera con piccole verruche molto basse e gleba o polpa
scura con larghe vene bianche; è di grossezza mai superiore ad un uovo. Ha spore aculeate non alveolate spesso in
numero di cinque per asco. Emana un forte profumo e ha
sapore piccante. Matura da febbraio a marzo.
È simile al Tuber brumale, con il quale condivide le stesse piante simbionti e gli stessi ambienti - dal quale differisce per il colore più chiaro della gleba e per il forte odore
di muschio
· 48 ·
Tuber aestivum Vitt.
Detto volgarmente tartufo d’estate o scorzone. Ha peridio o scorza grossolanamente verrucosa di colore nero, con
verruche grandi piramidate, e gleba o polpa dal giallastro
al bronzeo, con venature chiare e numerose, arborescenti,
che scompaiono nella cottura. Ha spore ellittiche, irregolarmente alveolate, scure, riunite in 1-2 per asco presso a
poco sferico. Emana debole profumo che ricorda il fungo
porcino. Matura da giugno a novembre.
Anch’esso forma i “pianelli”, seppure in maniera meno
evidente rispetto al nero pregiato.
· 49 ·
Tuber uncinatum Chatin
Detto volgarmente tartufo uncinato o tartufo nero di Fragno. Ha peridio o scorza verrucosa di colore nero, con
verruche poco sviluppate, e gleba o polpa di colore nocciola scuro al cioccolato, con numerose venature ramificate chiare. Ha spore ellittiche, con reticolo ben pronunciato, ampiamente alveolate riunite in asco in numero fino
a cinque, che presentano papille lunghe e ricurve ad uncino. Emana un profumo gradevole. Matura da settembre a
novembre.
È molto simile al T.aestivum, da cui differisce per alcune
caratteristiche morfologiche macro e microscopiche, e per
il valore organolettico superiore. Anche se alcuni studiosi
considerano questi due tartufi come due varietà di una medesima specie, essi sono considerati dalle leggi italiana
come due specie distinte. La Legge 752/85 in un primo
tempo aveva individuato un T.aestivum var. uncinatum, successivamente una modifica alla Legge (L. 162/91) lo ha rinominato
T.uncinatum
Chatin.
· 50 ·
Tuber Borchii Vitt. o Tuber albidum Pico
Detto volgarmente bianchetto o marzuolo. Ha peridio o
scorza liscia di colore biancastro tendente al fulvo e gleba
o polpa chiara tendente al fulvo fino al violaceo-bruno con
venature numerose e ramose. Ha spore leggermente ellittiche regolarmente alveolate o reticolate a piccole maglie
riunite in aschi fino a 4. Emana un profumo tendente un
po’ all’odore dell’aglio. Matura da metà gennaio a metà
aprile.
È molto comune, in ambienti anche piuttosto diversi tra
loro: è infatti uno dei tartufi meno esigenti, preferisce terreni sabbiosi ma si adatta anche in suoli franchi o argillosi e
sopporta terreni a reazione neutra o sub-acida.
· 51 ·
Tuber macrosporum Vitt.
Detto volgarmente tartufo nero liscio. Ha peridio o scorza quasi liscia con verruche depresse, di colore bruno rossastro e gleba bruna tendente al porpureo con venature
larghe numerose e chiare brunescenti all’aria. Ha spore ellittiche, irregolarmente reticolate e alveolate riunite in aschi
peduncolati in numero di 1-3. Emana un gradevole profumo agliaceo piuttosto forte. Matura da agosto ad ottobre.
· 52 ·
Tuber mesentericum Vitt.
Detto volgarmente tartufo nero ordinario (o anche tartufo nero di Bagnoli). Ha peridio o scorza nera con verruche
più piccole del tartufo d’estate, gleba o polpa di colore
giallastro o grigio-bruno con vene chiare laberintiformi che
scompaiono con la cottura. Ha spore ellittiche grosse imperfettamente alveolate riunite in 1-3 per asco. Emana un
debole profumo. Matura da settembre ai primi di maggio.
· 53 ·
TARTUFI NON COMMERCIALIZZABILI
È possibile incontrare numerose altre specie di funghi
ipogei, che però non possono essere commercializzati; molti
di questi possono risultare più o meno tossici e dare disturbi gastrointestinali. Alcuni possono prestarsi a frodi alimentari, se commercializzati mischiati ai tartufi pregiati. In ogni
caso, se durante la cerca ci si imbatte in questi tartufi, è
buona pratica non asportarli né tantomeno distruggerli, al
fine di preservare l’equilibrio ambientale.
· 54 ·
GLOSSARIO
Asco: organo caratteristico dei funghi ascomiceti, a forma di sacco, contenente le spore. Si trova all’interno delle zone scure della gleba.
Ascospore: spore contenute all’interno dell’asco.
Autotrofo: organismo capace di vivere utilizzando per la nutrizione acqua
ed elementi inorganici. le piante provviste di clorofilla vivono in modo autotrofo.
Carpoforo: corpo fruttifero di molti funghi superiori. E’ il termine scientifico
che indica ciò che comunemente viene detto tartufo.
Clorofilla: pigmento di colore verde, presente nelle foglie e nelle porzioni
giovani del fusto delle piante, indispensabile per realizzare la fotosintesi clorofilliana.
Comunità: è l’insieme degli organismi (piante e animali) che condividono lo
stesso ambiente fisico.
Deiscente: Si definiscono deiscenti i frutti che a maturità si aprono spontaneamente per far fuoriuscire i semi (per esempio i frutti del castagno).
Ecosistema: sistema che include tutti gli organismi che vivono insieme (comunità biotica) in una data area, interagenti con l’ambiente fisico, in modo
che tale flusso di energia porta ad una ben definita struttura biotica e ad una
ciclizzazione dei materiali tra viventi e non viventi, all’interno del sistema
(Eugele P. Odum).
Eterotrofi: gli organismi che necessitano per la propria nutrizione di sostanza organica già formata.
Fiorone: tartufo precoce o tardivo, molto scadente dal punto di vista alimentare, molle, poco profumato e spesso pieno di larve.
Fotosintesi: processo di formazione attivato dall’energia solare da parte delle
piante verdi di composti organici a partire da sostanze elementari semplici
come l’acqua (H2O) i sali minerali e l’anidride carbonica (CO2) e con liberazione di ossigeno.
Gleba: a parte interna del carpoforo, dal caratteristico aspetto marmorizzato.
Le venature chiare sono sterili, mentre quelle scure contengono gli aschi.
Habitat: il tipo di ambiente (complesso dei fattori fisici e chimici) nel quale
vive un determinata specie.
Ifa: filamento microscopico del fungo che si accresce nel substrato (terreno,
legno, ecc.). Un intreccio di varie ife costituisce il micelio.
Micelio: indica il corpo vegetativo dei funghi.
Micoclena: manicotto fungino costituito da ife che avvolgono il rizoderma,
· 55 ·
che conferisce un aspetto ingrossato e rigonfio alla radice.
Nicchia ecologica: indica il ruolo di una specie in un ecosistema, ossia il suo
modo di vivere e tutte le condizioni fisiche, chimiche e biologiche che ne
permettono l’esistenza in quel particolare ambiente.
Parassita: organismo animale o vegetale che vive a spese di un altro di diversa specie.
Peridio: è lo strato esterno del carpoforo.
Piante vascolari o superiori: piante dotate di tessuti ben differenziati (fusto,
radice, foglie).
Pollone: porzione epigea di una pianta che prende origine dalla ceppaia,
direttamente dal tronco o più raramente dalle radici. La capacità pollonifera
può essere nulla o molto marcata a seconda della specie.
Popolazione: organismi di una determinata specie che abitano una porzione
delimitata di spazio;
Rizoma: fusto sotterraneo avente in genere la funzione di organo di riserva
delle sostanze alimentari e la capacità di emettere continuamente radici e
fusti avventizi.
Rizoderma: epidermide della radice il quale può essere infettato dal micelio
dei funghi nella costituzione della micorriza.
Saprofita: organismo eterotrofo che vive spese di organismi morti o di sostanza organica in decomposizione contribuendo alla loro degradazione enzimatica.
Sesto di impianto: indica la distanza tra le piante nei rimboschimenti artificiali.
Simbiosi: stretta relazione tra individui di specie diverse per trarne beneficio
reciproco.
Spore: entità riproduttive indispensabili alla riproduzione dei funghi. Sono
l’elemento indispensabile per procedere alla certa identificazione.
· 56 ·
PRONTUARIO
delle infrazioni alle leggi sul tartufo
N.
d'ordine
DISPOSTO DI LEGGE
TRASGRESSIONE
1
VIOLAZIONI RELATIVE
ALLA DOCUMENTAZIONE
1.1
Raccolta di tartufi senza essere in possesso del
tesserino prescritto perchè non conseguito
Nota:
1.2
Articolo
Legge
SANZIONI PREVISTE
Somma da
versare per
l'oblazione
Oggetti
passibili
di confisca
L. n°752 del 16/12/85 Euro 516 Tartufo
L.R. 2/9/91 n° 24
L.R. 25/6/96 n° 20
L.R. 28/1/91 n° 3
Per tale infrazione copia del processo verbale deve essere trasmessa al Presidente della Giunta
Regionale ai sensi dell'art. 7 della Legge Regionale n° 26/79.
Raccolta di tartufi con tesserino sprovvisto del
versamento comprovante l'avvenuto pagamento della tassa di concessione Regionale.
5/3°
8/3°
8/1°/E
3/1°
3/1°
L. R. 28/1/91 n° 3
--------
Tartufo
10/1°
8/1°/E
L.R. 2/9/91 n° 24
L.R. 25/6/96 n° 20
Euro 516
Tartufo
Nota : si veda la nota riportata in calce al precedente punto 1.1.
1.3
Raccolta di tartufi con tesserino scaduto
2
VIOLAZIONI RELATIVE ALL'OGGETTO
2.1
RaccoLta di tartufi immaturi
12/2°/B
8/1°/I
L.R. 2/9/91 n° 24
L.R. 25/6/96 n° 20
Euro 154
Tartufo
2.2
Raccolta di tartufo, nelle zone di libera raccolta, in quantità superiore a quella consentita
5/2°
8/1°/H
L.R. 25/6/96 n° 20
Euro 154
Tartufo
2.3
Commercio di tartufi freschi fuori dal periodo
di raccolta
6/5°
8/1°/P
L. 16/12/85 n° 752
L.R. 25/6/96 n° 20
Euro 516
Tartufo
2.4
Commercio di tartufi freschi senza il rispetto
delle modalità
7
8/1°/P
L. 16/12/85 n° 752
L.R. 25/6/96 n° 20
Euro 516
Tartufo
2.5
Lavorazione e commercio dei tartufi conservati da parte di soggetti non autorizzati
8
8/1°/Q
L. 16/12/85 n° 752
L.R. 25/6/96 n° 20
Euro 516
Tartufo
2.6
Commercio di tartufi conservati senza il rispetto 9 - 10 - 11
delle modalità prescritte dagli artt. 9-10-11-12- 12 - 13
13 e 14 della legge n° 752/85, salvo che il fat14
to non costituisca reato, a norma degli artt. 515 8/1°/R
e 516 del C.P.
L. 16/12/85 n° 752
Euro 516
Tartufo
L.R. 25/6/96 n° 20
· 57 ·
N.
d'ordine
DISPOSTO DI LEGGE
TRASGRESSIONE
SANZIONI PREVISTE
Articolo
Legge
Somma da
versare per
l'oblazione
Oggetti
passibili
di confisca
12/1°
8/1°/B
L.R. 2/9/91 n° 24
L.R. 25/6/96 n° 20
Euro 516
Euro 516
Tartufo
Tartufo
5/2°
8/1°/L
L.R. 25/6/96 n° 20
Euro 516
Tartufo
13/1°
6/1° e 2°
8/1°/G
L.R. 2/9/91 n° 24
L.R. 25/6/96 n° 20
Euro 516
Tartufo
3
VIOLAZIONI RELATIVE AI MEZZI
3.1
Scavo con attrezzi diversi da quelli consentiti
4
VIOLAZIONI RELATIVE AI TEMPI
4.1
Ricerca e raccolta di tartufi durante le ore notturne e negli orari di divieto
4.2
Raccolta di tartufi in periodo di divieto
5
VIOLAZIONI RELATIVE AI LUOGHI
5.1
Apertura di buche al di fuori dei punti in cui il
cane abbia iniziato lo scavo
12/1°
8/1°/D
L.R. 2/9/91 n° 24
L.R. 25/6/96 n° 20
Euro 172
Tartufo
5.2
Raccolta di tartufi nelle zone di rifugio, nelle
oasi di protezione della fauna selvatica, nelle
zone di ripopolamento e cattura in violazione
dei divieti
7/1° o
7/4°/B
8/1°/N
L.R. 25/6/96 n° 20
Euro 516
Tartufo
5.3
Idem coma sopra per le aziende faunistiche
venatorie (A.F.V.) e Agri turistico venatorie
(A.T.V.)
7/3/° o
7/4°/B
8/1°/N
L.R. 25/6/96 n° 20
Euro 516
Tartufo
5.4
Raccolta di tartufo nelle aree rimboschite, purchè adeguatamente tabellate, per un periodo
di anni 15 dalla data di messa a dimora
18/2°/C
8/1°/F
L. 16/12/85 n° 752
L.R. 25/6/96 n° 20
Euro 516
Tartufo
5.5
Raccolta di tartufi entro le zone tabellate quali tartufaie controllate o coltivate anche consorziali
3/2°
8/1°/M
L. 16/12/85 n° 752
L.R. 25/6/96 n° 20
Euro 516
Tartufo
6
VIOLAZIONI RELATIVE AI MODI DI RACCOLTA
6.1
Raccolta di tartufi effettuata con l'ausilio di più
di due cani per cercatore
12/1°
8/1°/A
L.R. 2/9/91 n° 24
L.R. 25/6/96 n° 20
Euro 516
Tartufo
6.2
Raccolta dei tartufi nelle zone di rifugio, nelle
oasi di protezione della fauna selvatica, nelle
zone di ripopolamento e cattura, nelle A.F.V.
e nelle A.T.V. con l'ausilio di più di un cane
7/1°
8/1°/A
L.R. 25/6/96 n° 20
Euro 516
Tartufo
6.3
Apertura di buche in soprannumero o non
riempite a regola d'arte nel limite di cinque
buche o frazione di cinque aperte
18/2°/B
8/1°/D
L.16/12/85 n° 752
L.R. 25/6/96 n° 20
Euro 172
Tartufo
· 58 ·
N.
d'ordine
DISPOSTO DI LEGGE
TRASGRESSIONE
SANZIONI PREVISTE
Articolo
Legge
Somma da
versare per
l'oblazione
Oggetti
passibili
di confisca
7
VIOLAZIONI VARIE
7.1
Raccolta di tartufi senza l'ausilio del cane addestrato
8/1°/A
L.R. 25/6/96 n° 20
Euro 516
Tartufo
7.2
Lavorazione andante del terreno tartufigeno
nel periodo di raccolta dei tartufi per ogni
mille metri quadrati
12/2°/A
8/1°/C
L.R. 2/9/91 n° 24
L.R. 25/6/96 n° 20
Euro 516
Tartufo
7.3
Mancata riempitura di ogni buca aperta
12/3°
8/1°/D
L.R. 2/9/91 n° 24
L.R. 25/6/96 n° 20
Euro 172
Tartufo
7.4
Apposizione o mantenimento di tabelle di riserva nelle tartufaie non riconosciute come
coltivate o controllate
3/3°
8/1°/O
L.16/12/85 n° 752
L.R. 25/6/96 n° 20
Euro 516
Note:
7.5
Se il trasgressore non rimuove le tabelle abusive, l'ente delegato provvede d'ufficio, previa
diffida, ponendo la relativa spesa a carico del trasgressore
Mancata segnalazione della presenza del cercatore nelle A.F.V. e nelle A.T.V.
Note:
7/3°
8/1°/S
L.R. 25/6/96 n° 20
Euro 102
Tartufo
La sanzione non si applica in assenza degli appositi contenitori
· 59 ·
· 60 ·
INDICE
Presentazione ......................................................................... pag. ........... 5
Introduzione .......................................................................... pag. ........... 6
Nozioni di ecologia ................................................................ pag. ........... 7
I tartufi ................................................................................... pag. ......... 11
Classificazione ..................................................................... pag. ......... 11
Anatomia ............................................................................. pag. ......... 12
Ciclo biologico .................................................................... pag. ......... 13
Le micorrize ......................................................................... pag. ......... 15
L’ambiente del tartufo: le piante ed il bosco .......................... pag. ......... 19
Le piante superiori - cenni di anatomia vegetale ................. pag. ......... 19
Le specie simbionti dei tartufi. ............................................. pag. ......... 23
Il bosco ................................................................................ pag. ......... 24
La fauna ............................................................................... pag. ......... 27
La raccolta del tartufo ............................................................ pag. ......... 29
Modalità di raccolta ............................................................. pag. ......... 29
Il cane da tartufo .................................................................. pag. ......... 32
Alcuni fattori limitanti la produzione del tartufo ................. pag. ......... 35
Tartufaie controllate e coltivate ............................................ pag. ......... 37
Commercializzazione .......................................................... pag. ......... 38
Norme di legge e Regolamenti ............................................... pag. ......... 41
Caratteristiche delle specie commerciabili ............................ pag. ......... 43
Tuber magnatum Pico .......................................................... pag. ......... 45
Tuber melanosporum Vitt ..................................................... pag. ......... 46
Tuber brumale Vitt ............................................................... pag. ......... 47
Tuber brumale var. moschatum De Ferry, ............................ pag. ......... 48
Tuber aestivum Vitt .............................................................. pag. ......... 49
Tuber uncinatum Chatin, ..................................................... pag. ......... 50
Tuber Borchii Vitt. o Tuber albidum Pico ............................. pag. ......... 51
Tuber macrosporum Vitt ....................................................... pag. ......... 52
Tuber mesentericum Vitt ...................................................... pag. ......... 53
Tartufi non commercializzabili ............................................ pag. ......... 54
Glossario ................................................................................ pag. ......... 55
Prontuario delle infrazioni alle leggi sul tartufo ..................... pag. ......... 57
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BIBLIOGRAFIA:
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A. Bernicchia, F. Padovan “I funghi dell’Emilia-Romagna” 1999, Regione Emilia-Romagna,
AA.VV - Il tartufo raccolta e coltivazione - “Il Divulgatore” anno
XVIII n. 7 - 1995, Provincia di Bologna
AA.VV - Sulle strade del tartufo - “Il Divulgatore” anno XXIII n.
1 - 2000, Provincia di Bologna
AA.VV - Il campo e la Siepe - 1995, Provincia di Forlì-Cesena
AA.VV. - Conoscere i tartufi - 1989, Regione Emilia Romagna
AA.VV. - Difesa della Flora e della Fauna - manuale per il corso
di guardie giurate volontarie - 1981, Provincia di Forlì-Cesena
AA.VV. - Funghi epigei ed ipogei - 1988 Provincia di Pesaro e
Urbino
AA.VV. - Il Tartufo nelle Marche - supplemento n. 5/2000 delle
rivista Regione Marche Agricoltura - 2000 Regione Marche
AA.VV. - Il Tartufo piccola guida alle norme, alle procedure, ai
servizi - 2002, Regione Toscana
AA.VV. - Tartufi e Funghi - 1997 Provincia di Pesaro e Urbino
E. Odum - Basi di Ecologia - 1973, Piccin Editore
Elena Tibiletti Alessandra Zambonelli - I tartufi della Provincia di
Forlì-Cesena - 1999, Provincia di Forlì-Cesena
Rino Rossi Gabriella Graziani “I tartufi pregiati - ecologia e
moderni metodi di coltivazione” CCIIA di Forlì
Gregori e Gregorini “Tartufi” Provincia di Rimini
· 62 ·
per informazioni:
Provincia di Forlì-Cesena
Servizio Agricoltura e Spazio Rurale
Piazza G.B. Morgagni, 2
47100 Forlì
Ufficio Tartufi
Responsabile: Riccardo Fiorini 0543 714551
Rilascio e rinnovo tesserino: Barbara Tomasini 0543 714534
Riconoscimento tartufaie controllate/coltivate: Giovanni Fabbri 0543 714504
· 63 ·
Impaginazione grafica a cura del Centro Stampa Provincia di Forlì-Cesena
Finito di stampare nel mese di dicembre 2006
Filograf - Forlì
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