IL CONTENZIOSO CON I DIPENDENTI
di Arturo Bianco
Tutte le amministrazioni pubbliche, ivi compresi i comuni e gli altri enti locali, devono
necessariamente proporre ricorso contro le sentenze con cui sono condannate al
riconoscimento di miglioramenti economici e di progressioni di carriera ai propri dipendenti,
non possono estendere il giudicato della cause di lavoro oltre il caso specifico, neppure per
le sentenze passate in giudicato, devono segnalare alla Funzione Pubblica ed al Ministero
dell’Economia tutte le cause di lavoro da cui potrebbero risultare oneri rilevanti per il
complesso delle amministrazioni pubbliche ed hanno l’onere di informare l’Aran, affinchè
essa possa intervenire, dei contenziosi in materia di interpretazione dei contratti. Sono
questi i vincoli dettati dalla legislazione e dal Governo alle PA in materia di lavoro pubblico
per cercare di contenere i loro oneri sul personale. E’ evidente la preoccupazione del
legislatore e dell’esecutivo di rafforzare la posizione giudiziale delle amministrazioni
pubbliche, a difesa degli interessi collettivi, nei contenziosi di lavoro, posizione che molto
spesso è indebolita dalle scelte degli enti e dalla giurisprudenza del lavoro.
L’OBBLIGO A RICORRERE
La Direttiva del Presidente del Consiglio dei Ministri “Indirizzi operativi ai fini del
contenimento della spesa pubblica” pubblicata sulla Gazzetta Ufficiale dello scorso 23 luglio
detta un insieme di misure organizzative che le amministrazioni statali devono assumere
per dare concreta attuazione alla cd spending review, cioè al contenimento della spesa
pubblica. Si deve ritenere che questa indicazione costituisca un principio di carattere
generale che si applica a tutte le PA, ivi compresi i comuni e gli altri enti locali. Le finalità
sono indicate con molta chiarezza dalla stessa direttiva: si vuole “evitare che le sentenze di
primo grado che riconoscono miglioramenti economici, progressioni di carriera per
dipendenti pubblici passino in giudicato”. Gli enti pubblici sono quindi impegnati a
provvedere alla proposizione di giudizi in appello nel caso di contenziosi di lavoro che li
hanno visti soccombere, in modo da impedire che gli stessi passino in giudicato. Occorre
evidenziare che la disposizione è molto “secca”, nel senso che non introduce distinzioni tra
le sentenze di condanna in primo grado; a ciò non deve impedire alle singole
amministrazioni e, in primo luogo, per esse ai singoli dirigenti di operare delle distinzioni in
relazione ai prevedibili esiti. Occorre comunque essere molto attenti su questo punto perché
l’avere resistito in giudizio a pretese che hanno un esito negativo scontato per le
amministrazioni integra, per molti aspetti, gli estremi della “lite temeraria”, con le sue
possibili conseguenze in termini di maturazione di responsabilità amministrativa. Occorre al
riguardo aggiungere che non vi è un obbligo e non vi sono sanzioni per la mancata
costituzione in giudizio, ma che anche in questo caso occorre dimostrare per quali ragioni le
amministrazioni non hanno concluso prima una vertenza che esse giudicano così certa nei
suoi esiti che non ritengono necessario neppure difendersi.
Da sottolineare che questo vincolo si somma agli altri dettati nella stessa direttiva, quali la
revisione della spesa, la diminuzione delle posizioni dirigenziali, la razionalizzazione della
gestione, il ridimensionamento delle società etc.
IL DIVIETO DI ESTENSIONE DEL GIUDICATO
A tutte le amministrazioni pubbliche si applica il divieto “di adottare provvedimenti per
l'estensione di decisioni giurisdizionali aventi forza di giudicato, o comunque divenute
esecutive, in materia di personale delle amministrazioni pubbliche”. Cioè un’altra PA e
neppure lo stesso ente possono estendere il giudicato in materia di lavoro al di là del caso
che è stato oggetto di sentenza sfavorevole per il soggetto pubblico. Tale disposizione,
introdotta e prorogata per alcuni anni da leggi finanziarie degli anni 2000 è stata estesa a
tempo indeterminato sulla base delle previsioni contenute nell’articolo 41, comma 6, del DL
n. 207/2008. In tal modo si vincolano in maniera rigida le amministrazioni a non dare
applicazione a prescrizioni dettate per altri casi, anche se siamo in presenza di fattispecie
analoghe. La disposizione si applica anche alle sentenze passate in giudicato e non
conosce distinzioni e/o eccezioni per quelle emanate dalle magistrature superiori.
Nella sua concreta applicazione occorre comunque tenere conto del principio di carattere
generale per cui le amministrazioni pubbliche devono in ogni caso evitare di incorrere nella
censura della “lite temeraria”.
L’UFFICIO PER IL CONTENZIOSO
L’articolo 12 del DLgs n. 165/2001 stabilisce che in tutte le PA occorre dedicare una
particolare attenzione alla “gestione del contenzioso del lavoro, anche creando appositi
uffici, in modo da assicurare l'efficace svolgimento di tutte le attività stragiudiziali e
giudiziali inerenti alle controversie. Più amministrazioni omogenee o affini possono
istituire, mediante convenzione che ne regoli le modalità di costituzione e di
funzionamento, un unico ufficio per la gestione di tutto o parte del contenzioso comune”.
E’ evidente la volontà del legislatore di imporre alle amministrazioni pubbliche di prestare
una significativa attenzione alla gestione del contenzioso con il personale, così da
rafforzarne la posizione sia in modo preventivo che nel corso dei contenziosi. Da
sottolineare l’esplicito stimolo a che i piccoli comuni diano corso ad esperienze di gestione
associata. In questo ambito si deve assumere che la professionalizzazione del personale
determina significativi vantaggi, quanto meno in termini potenziali, per le amministrazioni.
LA POSIZIONE PROCESSUALE
L’articolo 61, comma 1 bis, DLgs 165, dispone l’obbligo per le PA di comunicare alla
Funzione Pubblica ed al Ministero dell’Economia e delle Finanze i “contenziosi sui rapporti
di lavoro dalla cui soccombenza potrebbero derivare oneri aggiuntivi significativamente
rilevanti per il numero dei soggetti direttamente o indirettamente interessati o comunque per
gli effetti sulla finanza pubblica”. La Funzione Pubblica ed il Ministero dell’Economia
possono disporre la costituzione in giudizio ex articolo 105 codice di procedura civile, in
modo da rafforzare la difesa dell’interesse pubblico.
L’articolo 63 bis dello stesso DLgs n. 165/2001 offre all’ARAN la possibilità di intervenire
nelle controversie relative ai rapporti di lavoro pubblico nei casi in cui siano in discussione
temi connessi alla interpretazione dei contratti collettivi nazionali di lavoro. Anche in questo
caso la disposizione vuole rafforzare la posizione processuale delle amministrazioni
pubbliche. Anche se non espressamente previsto dal legislatore, occorre che i singoli
soggetti informino l’Aran dell’esistenza di questi contenziosi in modo che essa possa
valutare l’opportunità dell’intervento in giudizio.