Rassegna Stampa - Ordine dei Farmacisti di Salerno

FEDERAZIONE ORDINI DEI
FARMACISTI
Rassegna Stampa del 09/06/2015
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INDICE
IN PRIMO PIANO
09/06/2015 Brand News Today
Le gare in corso e i nuovi incarichi
7
08/06/2015 NCF
Menarini Group pronto per le sfide del futuro
9
08/06/2015 NCF
La sanità da centro di costo a motore dello sviluppo
11
SANITÀ NAZIONALE
09/06/2015 Corriere della Sera - Nazionale
«L'antroposofia, così la medicina incontra arte e spiritualità»
13
09/06/2015 La Repubblica - Nazionale
Tutta la verità sul "cartello"
14
09/06/2015 La Repubblica - Nazionale
Rispettare le regole per un cuore sano
15
09/06/2015 La Repubblica - Nazionale
Aritmia/2
17
09/06/2015 La Repubblica - Nazionale
Strategie e cure contro i calcoli
18
09/06/2015 La Stampa - Nazionale
L'aria delle città è più pulita di 10 anni fa Ma le polveri sottili restano fuorilegge
20
09/06/2015 La Stampa - Nazionale
Corea del Sud Si allarga l'epidemia di Mers
21
09/06/2015 La Stampa - Nazionale
"L'Ue cerca medici a tempo determinato"
22
09/06/2015 Avvenire - Nazionale
Riabilitazione, disparità tra le regioni
23
09/06/2015 Il Mattino - Nazionale
Oculistica, l'Asl corre ai ripari: ecco il farmaco
24
09/06/2015 Libero - Nazionale
«Per salvare anoressici e bulimici l'unica cosa è il ricovero forzato»
25
09/06/2015 ItaliaOggi
Chi è l'ex segretario di sezione Pci che farà crollare la Regione Lazio
26
09/06/2015 ItaliaOggi
Eutanasia, diritto europeo, dice la Corte di Strasburgo
28
09/06/2015 Starbene
COSÌ SCONFIGGI LA CANDIDA
29
08/06/2015 Nove Mesi
LA VOSIRA PRIMA Vacanza insieme
30
08/06/2015 Tecnica Ospedaliera
Progetto It.DRG Molto più di un nuovo sistema di misurazione
33
08/06/2015 Tecnica Ospedaliera
Orizzonti energetici per l'ospedale
37
08/06/2015 Tecnica Ospedaliera
Reeingeneering dei sistemi di monitoraggio degli eventi sentinella
42
08/06/2015 Tecnica Ospedaliera
Un nuovo modo per gestire il contenzioso MedMal
45
VITA IN FARMACIA
09/06/2015 La Repubblica - Firenze
Ospedali, l'Oscar a Empoli e al Meyer
49
09/06/2015 La Repubblica - Palermo
Si rompe la tibia e muore in ospedale
50
09/06/2015 La Repubblica - Palermo
Da Valeria ad Andrea, otto casi tra dubbi e sospetti
52
09/06/2015 La Repubblica - Palermo
FECONDAZIONE,QUANTE SOFFERENZE PER LO STOP ALLA DIAGNOSI PREIMPIANTO
53
09/06/2015 La Repubblica - Napoli
"Vaccinazioni calo drastico e pericoloso"
54
09/06/2015 La Repubblica - Napoli
Disorganizzazione del Policlinico
55
09/06/2015 La Repubblica - Torino
Pool medico torinese sulla nave soccorso "In 4 giorni 650 salvi"
56
09/06/2015 La Stampa - Savona
Ospedali e sanità un appello a Toti
57
09/06/2015 Il Messaggero - Frosinone
Farmacie, protesta contro la chiusura
58
09/06/2015 Il Messaggero - Umbria
Inchiesta sanità, a caccia di carte nel tempio di corso Cavour
59
09/06/2015 QN - Il Resto del Carlino - Ancona
'Serrata' delle farmacie: lettera di protesta al sindaco
60
09/06/2015 QN - Il Resto del Carlino - Imola
La battaglia contro la zanzara tigredeve essere combattuta da tutti
61
09/06/2015 Il Gazzettino - Venezia
Rapina all'anziano, presi i banditi
62
09/06/2015 Libero - Milano
Patto Fi-Lega su sanità e reddito minimo
63
09/06/2015 QN - La Nazione - Grosseto
Bando contestatoper le assunzioniLo spiega il sindaco
64
09/06/2015 QN - La Nazione - Grosseto
«Sulle Farmacie l'ex presidente sbaglia bersaglio»
65
09/06/2015 QN - La Nazione - Umbria Terni
Ossigeno maggiorato, lo strano caso di Deruta
66
PROFESSIONI
09/06/2015 La Repubblica - Nazionale
Urologia Ho cambiato le pillole e non faccio più l'amore
68
09/06/2015 Starbene
L'EFFETTO PLACEBO È UNA VERA MEDICINA USALA COSÌ
69
08/06/2015 NCF
Perrigo, Mylan, Teva: che sarà poi?
71
08/06/2015 NCF
Analisi del rischio applicata al trasporto di differenti classi di farmaci in base alle
rotte distributive
72
08/06/2015 NCF
L'affascinante sfida della complessità e del cambiamento
73
08/06/2015 NCF
Guadagnar tanto con poco
74
08/06/2015 NCF
Farmaci di automedicazione. Fare cultura per dare salute
75
08/06/2015 NCF
Il ruolo dell'ufficio affari regolatori nella gestione degli stampati
76
08/06/2015 NCF
Modifiche stampati: gestione e criticità
77
08/06/2015 NCF
Non solo medicinali
78
08/06/2015 NCF
Maggiore attenzione alle interazioni tra i farmaci
81
08/06/2015 NCF
Omeopatia a colpi di sciabola
86
08/06/2015 NCF
Un valore per il SSN
90
08/06/2015 NCF
Sostenere l'eccellenza per competere
92
PERSONAGGI
Il capitolo non contiene articoli
IN PRIMO PIANO
3 articoli
09/06/2015
Pag. 1
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NEWBUSINESS
Le gare in corso e i nuovi incarichi
Alle pagg. 15 e 16 CLIENTE INCARICO AGENZIE Aim (Aziende Industriali Municipali Vicenza) creatività
progetti di comunicazione in definizione ALD Automotive creatività in definizione AMT Genova gestione degli
spazi pubblicitari in definizione Alto Adige Sudtirol creatività e media in definizione Alto Adige Marketing
consulenza strategica e creatività adv in definizione Betfair media europeo in definizione Campari creatività
Calendario 2016 in definizione Camera di Commercio di Caltanissetta campagna per promozione turistica in
definizione Città di Palermo campagna tv e web 2015 in definizione Coca Cola nuova campagna mondiale 10
agenzie Comune di Acireale servizi di pr per la promozione del 'Distretto del mare' in definizione Comune di
Trapani attività di promo/commercializzazione in definizione Coni Servizi comunicazione Italia Team
domande entro il 18 giugno Consorzio Bancomat creatività campagna informativa in definizione Coty media
globale in definizione Electronic Arts media paneuropeo in definizione Enel creatività Saatchi,Jwt, FCB, stv
DDB, Havas WW Milan Enel media planning Carat, Starcom, Omd, Mindshare Eni media planning e buying
Havas Media, MediaCom, Omd, Media Italia, Dentsu, ZenithOptimedia Eni creatività Tbwa, Y&R, McCann,
Leo B., Havas W. Milan Epson creatività europea in definizione Epson attività sui social media in definizione
Expo progettazione dei contenuti per gli e-walls in definizione Expo produzione e post produzione video per
valorizzare regioni italiane in definizione Etihad Airways media globale Starcom, Initiative, MediaCom,
Mindshare, OMG Etihad Airways direct marketing in definizione Federazione Ordini Farmacisti Italiani
comunicazione istituzionale e ufficio stampa in definizione Fiat adv per il restyling di 500 Leo B., A. Testa,
Kube Libre, Independent Ideas Fondazione Ronald McDonald comunicazione in Italia in definizione Gruppo
Bauli creatività per i marchi del gruppo McCann, Tbwa, Saatchi Gruppo Calzedonia creatività Intimissimi
McCann, Saatchi, GreyUnited, Y&R Ogilvy, OutThere, Droga5, Mensch Gruppo Sanpellegrino creatività di
Levissima Lowe Pirella, Publicis, Ogilvy Gal Peloritani 'Terre dei Miti e della bellezza' campagna adv in
definizione Gal Alto Casertano promozione turistica e marketing in definizione Heinz creatività europea in
definizione Johnson&Johnson media planning e buying in definizione Mediaset creatività adv Mediaset
Premium Havas Milan, stv DDB, Saatchi, Y&R, Leo B. Mercedes-Benz Italia comunicazione digitale Alkemy,
H2H, InTarget, Proximity BBDO, Roncaglia Ministero del lavoro servizi redazionali del portale ClicLavoro
domande entro il 15 giugno Mondelez International media globale Dentsu Aegis, Starcom MediaVest Parco
dei Monti Picentini attività pubblicitarie in definizione Parmalat creatività per Santal Saatchi&Saatchi e altre
sigle CLIENTE INCARICO AGENZIE Parmalat creatività per Zymil McCann e Saatchi Poste Italiane eventi in
definizione Qatar Airways media europeo in definizione Reckitt Benckiser creatività globale Nurofen in
definizione Regione Lombardia (Arca) comunicazione ed eventi in definizione Regione Marche
comunicazione PSR 2014/2020 domande entro il 30 giugno 2015 Regione Marche comunicazione FESR
2015/18 domande entro il 15 giugno 2015 Regione Sardegna pianificazione e acquisto spazi pubblicitari
domande entro il 10 luglio Regione Toscana ufficio stampa e digital pr per Expo 2015 in definizione Roma
Capitale marketing strategico turistico in definizione Roma Capitale ideazione prodotti editoriali turistici in
definizione SABMiller creatività per il lancio globale di una nuova birra in definizione SMG - Alto Adige
Marketing rp e consulenza in comunicazione in definizione Sony media globale in definizione Soprintendenza
per i Beni Archeologici comunicazione in definizione di Pompei, Ercolano e Stabia TUI Group creatività
paneuropea in definizione Ubi Banca creatività per IW Bank Private Investment Armando Testa, GreyUnited
Ubi Banca media per IW Bank Private Investment Starcom, GroupM, Dentsu Aegis, Havas Media, Omd,
InMediaTo Unilever media planning e buying globale in definizione Visa media globale in definizione
Volkswagen Group media globale in definizione Volvo digital in Europa tre agenzie CLIENTE INCARICO
AGENZIE Acqua Minerale San Benedetto creatività Agenzia Portatile Benetti Yachts comunicazione Dolci
IN PRIMO PIANO - Rassegna Stampa 09/06/2015
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09/06/2015
Pag. 1
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Advertising Ferrari Bk comunicazione Cooee Gruppo Piaggio comunicazione Aprilia in 6 mercati europei FAV
Latteria Montello rp Nonno Nanni Weagroup Menarini lancio di Fastum Emazero Leo Burnett Sanlorenzo
Yachts comunicazione Leagas Delaney Italia Telecom Italia adv per Young Junior KleinRusso UniCredit
format per la sponsorizzazione della Champions League M&C Saatchi Nuovi incarichi Le nuove gare
Variazioni in corso d'opera
IN PRIMO PIANO - Rassegna Stampa 09/06/2015
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08/06/2015
Pag. 122 N.5 - giugno 2015
NCF
tiratura:6500
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Abstract degli interventi
Menarini Group pronto per le sfide del futuro
Lucia Aleotti
Un profi lo del Gruppo Menarini Menarini ha circa 16.500 dipendenti nel mondo. Il fatturato consolidato
dell'anno 2014 è sostanzialmente allineato ai valori del 2013 attestandosi sui 3,3 MLD di Euro di cui il
fatturato Italia rappresenta il 29% del totale. Tale risultato è stato ottenuto nonostante la crisi politico/militare
di Russia e Ucraina che ha fortemente penalizzato i due paesi (dove Menarini è la seconda azienda del
mercato). Oltre a questo una forte svalutazione delle monete locali che hanno in uenzato negativamente le
economie nazionali e conseguentemente anche i mercati farmaceutici. I due paesi hanno registrato
diminuzioni di fatturato signifi cative per un importo complessivo di circa 150 milioni di euro incluso anche gli
effetti della svalutazione delle valute, quasi interamente compensate dalle buone performance degli altri paesi
europei e soprattutto dell'area Asia Pacifi c. Continua lo sviluppo nella regione Africa e Medio Oriente.
Visione del settore e del mercato sia a livello nazionale che globale (cambiamenti degli ultimi anni, situazione
attuale e prospettive per il futuro) Il valore dell'industria farmaceutica in Italia è evidente, ma sarebbe
sbagliato darlo per scontato. Come per tutti i comparti, anche per le imprese del farmaco lo scenario globale
sta cambiando profondamente. Cresce il peso dei paesi emergenti, cambia l'organizzazione del lavoro, si
modifi ca il profi lo delle aziende con effetti sulla struttura produttiva e di Ricerca. Quindi per continuare a
essere una potenza industriale, l'Italia deve continuare a convincere gli investitori, che stanno osservando il
nostro Paese con molta attenzione. È possibile creare un Sistema attrattivo, ma sono necessarie alcune
condizioni al contorno (ad esempio Risorse adeguate e stabilità del quadro normativo; Governance attenta al
valore industriale del settore; Rapido accesso e riconoscimento adeguato per l'innovazione; Effi cienza delle
procedure burocratiche e autorizzative). Pur dando atto al Governo di una maggiore attenzione al Settore
rispetto al passato, purtroppo le Regioni continuano a chiedere ulteriori tagli alla farmaceutica che pure è
l'unica voce della sanità con spesa inferiore agli altri paesi europei, in calo persino rispetto al 2001 ! Il
Mercato Farmaceutico Mondiale sta cambiando preparandosi ad affrontare le sfi de/direttrici dei prossimi
anni: La sfi da più grande che i paesi si troveranno ad affrontare è rappresentata dalla sostenibilità dei costi
relativi alla salute. Da una parte abbiamo i bilanci statali sempre più in sofferenza, dall'altra una richiesta di
cure in fi siologica crescita. Grazie anche alla sempre maggiore effi cacia della terapia Farmacologica, l'età
media della popolazione sta crescendo molto rapidamente (1 mese in più ogni 4 mesi), e di pari passo
(soprattutto in Europa, USA e Giappone) anche l'età "attiva/lavorativa", si spinge sempre più in avanti,
aumentando costantemente la richiesta di salute, di benessere e di qualità della vita, per un numero di
cittadini sempre più ampio. A questo si unisce la necessità di vincere, una volta per tutte, la battaglia su molte
patologie gravissime, che ad oggi non hanno una soluzione adeguata (e con costi di Ricerca altissimi, oggi
per portare in commercio un nuovo Farmaco, servono circa 2 Miliardi di dollari). Ma proprio il farmaco può
rappresentare la soluzione, investire sul farmaco e sulla prevenzione per riuscire a ridurre i costi delle cure
ospedaliere. Oggi con il costo di un giorno di ricovero in ospedale, si pagano circa 4 anni di assistenza
Farmacologica a un cittadino del nostro paese. Oggi il Farmaco in Italia rappresenta meno del 15% della
Spesa del SSN. Lo sviluppo Menarini in futuro a. Per quanto riguarda la Ricerca e Sviluppo, oltre alle aree
dove ha una più consolidata tradizione (Cadiovascolare, Respiratorio, Metabolismo, Area Antibatterici e
Antinfi ammatoria) Menarini sta investendo molto nell'area degli Antitumorali unendo ai progetti già portati
avanti dai propri Ricercatori, collaborazioni nate dall'estensione del proprio Network internazionale. Il più
importante è nato dalla collaborazione con l'Inglese Oxford Bio Therapeutics, e prevede lo sviluppo di 5
anticorpi monoclonali indirizzati alla cura dei tumori. Il primo è già in fase I. Altamente innovativo un altro fi
lone di ricerca rappresentato dall'ingresso nel Gruppo Menarini di Silycon BioSystems, una start-up di
Bologna che sta sviluppando dei sistemi avanzatissimi di studio delle cellule umane, con la possibilità di
aprire nuove frontiere anche nello studio delle patologie oggi irrisolte, grazie alla capacità di questa tecnologia
IN PRIMO PIANO - Rassegna Stampa 09/06/2015
9
08/06/2015
Pag. 122 N.5 - giugno 2015
NCF
tiratura:6500
IN PRIMO PIANO - Rassegna Stampa 09/06/2015
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La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato
di isolare singole cellule tumorali vive da un semplice prelievo del sangue, senza biopsia. b.
L'internazionalizzazione del Gruppo Menarini sta poi continuando senza sosta. A fi ne 2011 abbiamo
acquistato una importante azienda di Singapore, Invida, ora Menarini Asia Pacifi c, che ha fi liali su 13 paesi
dell'area Asia Pacifi c (tutti i principali), paesi nei quali stiamo procedendo con la registrazione di tutti i nostri
Farmaci. Questi paesi rivestono una importanza strategica assoluta perché, oltre ad avere un impetuoso
sviluppo economico, rappresentano circa il 50% della popolazione mondiale. Stiamo Valutando l'ingresso in
Brasile, e a medio termine negli Usa. Oggi siamo presenti in più di 100 paesi del Mondo e il nostro Fatturato è
per il 71% estero. L'Italia, rappresenta comunque il cuore del Nostro Gruppo. A Firenze risiede l'HQ del
Gruppo compresi gli HQ della Ricerca e Sviluppo, Produzione, Farmacovigilanza, Regulatory, strutture che
coordinano tutti i gruppi dislocati nei vari paesi. Gli Stabilimenti Produttivi (14) sono concentrati in Europa,
soprattutto Italia e Germania, ove sono effettuate le produzioni dei prodotti principali e presenti Worldwide,
con l'affi ancamento di stabilimenti più votati alle produzioni locali e/o della Regione di riferimento (Kaluga in
Russia, Istanbul - Turchia, Città del Guatemala, Indonesia). Caratteristica peculiare di tutti i nostri stabilimenti,
è una eccellenza assoluta negli standard qualitativi. c. Un terzo fi lone di sviluppo è quello dei farmaci OTC e
degli integratori. In un mondo che dovrà sostenere le spese per nuove cure, molto tecnologiche e costose, è
inevitabile che le patologie minori vengano prima o poi messe a carico del paziente, che è anche sempre più
consapevole. Allo stesso modo, per l'attenzione riservata da tutto il mondo al "benessere" oltreché alla "cura",
ci stiamo dedicando anche a questo settore con, però, un'attenzione maniacale alla validità scientifi ca e
qualitativa dei nostri prodotti.
SESSIONE PLENARIA Una nuova visione del mondo farmaceutico: tendenze e strategie A
completamento della Sessione Plenaria sono previsti gli interventi di: • Gian Mario Baccalini - Presidente
Aschimfarma - Federchimica • Enrique Häusermann - Presidente Assogenerici • Agnès Regnault - Presidente
Assosalute - Federchimica • Alessandro Sidoli - Presidente Assobiotec - Federchimica La Sessione Plenaria,
aperta dal presidente AFI Alessandro Rigamonti , sarà moderata da Gian Pietro Leoni (AFI). Parteciperanno
al dibattito: • Lucia Aleotti - Presidente Menarini Group • Eugenio Aringhieri - Chief Executive Offi cer Dompé
Farmaceutici • Andrea Mandelli - Senatore della Repubblica Italiana e Presidente FOFI • Federico Nazzari Coordinatore gruppo tematico Sanità della Confi ndustria • Luca Pani - Direttore Generale Aifa (in attesa di
conferma) • Guido Rasi - Consigliere Principale EMA (in attesa di conferma) • Renato Ridella - Partner A.T.
Kearney Italia • Alexander Zehnder - Presidente e Amministratore Delegato Sanofi
08/06/2015
Pag. 125 N.5 - giugno 2015
NCF
tiratura:6500
Andrea Mandelli
Da anni le statistiche internazionali, anche quelle prodotte dalle istituzioni più votate al rigore, confermano la
diminuzione costante della spesa sanitaria italiana. Le stime preliminari dell'OCSE suggeriscono che queste
riduzioni della spesa sono continuate a un tasso pari al 3 % in meno in termini reali nel 2013. E se per l'anno
2012 l'OCSE dava la spesa sanitaria italiana al 9,2%, cioè non lontana dalla media europea del 9,3%, si
consideri però che questo dato comprende anche la spesa sanitaria privata che in Italia è andata
aumentando. La spesa pubblica è ancorata al 7% di un PIL in costante diminuzione. Dal 2009 la spesa
farmaceutica è diminuita ogni anno, con un calo di oltre il 6% in termini reali nel 2012 e del 14% tra il 2008 e il
2012. Una discesa che è il frutto sia delle restrizioni operate dalle Regioni ma anche dai molti interventi
normativi a livello nazionale sui margini dei distributori e delle farmacie. Ancora recentemente, nel Rapporto
Crea dell'Università di Roma - Tor Vergata, si faceva presente che "la spesa sanitaria italiana è già di oltre il
25% inferiore a quella dell'Europa "originaria", e che le Regioni considerate più ineffi cienti spendono in verità
meno di quelle virtuose, arrivando a un gap con l'Europa di oltre il 33%". È evidente dunque che l'assistenza
sanitaria italiana ha già dato un importante contributo alla riduzione della spesa pubblica. Tuttavia il
proseguire in questa tendenza è nel medio termine un freno alla ripresa economica: il settore farmaceutico, in
particolare, da sempre costituisce un settore trainante dell'economia italiana, in particolare grazie
all'esportazione, ma non soltanto. A oggi, invece, il comparto sanitario viene considerato un centro di costo,
senza considerare che a ogni prestazione e bene erogati corrisponde un'attività economica che contribuisce,
signifi cativamente, al PIL italiano. Non si tratta soltanto di non comprimere ulteriormente la spesa pubblica,
ma anche di dare certezza e stabilità al quadro normativo, di consentire agli attori del comparto di fare
programmazione a medio-lungo termine, come premessa di uno sviluppo sostenibile delle molte eccellenze
italiane. Altre sono le vie per il risanamento dei bilanci: l'appropriatezza, l'impulso alle politiche di prevenzione
e la lotta alla corruzione e agli sprechi. - Senatore della Repubblica - Presidente Federazione Ordine
Farmacisti Italiani
IN PRIMO PIANO - Rassegna Stampa 09/06/2015
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La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato
La sanità da centro di costo a motore dello sviluppo
SANITÀ NAZIONALE
19 articoli
09/06/2015
Pag. 27
diffusione:619980
tiratura:779916
«L'antroposofia, così la medicina incontra arte e spiritualità»
A. Rib.
MILANO Un approccio naturale e integrato per la prevenzione e la cura di disturbi che, però, consideri l'uomo
non solo come manifestazione di processi fisico-chimici e psicologici, ma nella sua totalità. È l'approccio della
medicina antroposofica che fonde la razionalità scientifica all'intuizione mistico-artistica. Questa disciplina che
oggi è diffusa in 77 Paesi si basa sulle concezioni dell'austriaco Rudolf Steiner, filosofo e scienziato, vissuto
fra l'Ottocento e i primi del Novecento. «In Italia è arrivata negli anni Cinquanta - ha spiegato ieri a Villa
Necchi Campiglio Giancarlo Buccheri, già presidente della Società italiana di medicina antroposofica - e oggi
siamo 170 medici a praticarla. Va ricordato che questo tipo di medicina non è alternativa a quella
convenzionale ma un'integrazione». Integrazione che si basa su principi. «Psiche corpo e spirito formano prosegue Buccheri - un'unità inscindibile che va integrata e tenuta in equilibrio, così come occorre fare con le
componenti funzionali della fisiologia umana individuate da Steiner: quella neurofunzionale, quella del
ricambio e delle membra e il polo ritmico, che s'inserisce tra i primi due». «Questa scoperta - riprende Elio
D'Annunzio, direttore di Casa Raphael a Roncegno, in provincia Trento - ha aperto enormi possibilità
diagnostiche e terapeutiche e ha creato un ponte tra corporeità vivente e anima, o psiche, anticipando la
psicosomatica di decenni». L'antroposofica prevede terapie artistiche come la pittura e la musica. «Mi curo da
decenni con la medicina antroposofica - racconta Giulia Maria Mozzoni Crespi, presidente onorario del Fondo
ambiente italiano - e scelgo prodotti biodinamici, un'agricoltura che deriva anch'essa dalle ricerche di Steiner,
e credo all'uso di terapie mediche e artistiche e alla dieta biodinamica». «Anche io curandomi le tonsille con
questo tipo di medicina - ha chiuso l'attore Claudio Bisio - ho scoperto la cultura biodinamica». ©
RIPRODUZIONE RISERVATA
SANITÀ NAZIONALE - Rassegna Stampa 09/06/2015
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Il convegno
09/06/2015
Pag. 39
diffusione:556325
tiratura:710716
Tutta la verità sul "cartello"
GUGLIELMO PEPE
UN FARMACO venduto a cifre esorbitanti quando ce n'è uno uguale che costa quaranta volte di meno. Un
comportamento molto discutibile delle istituzioni sanitarie. Una possibile truffa. È il caso Avastin-Lucentis, due
farmaci equivalenti che curano la maculopatia, una grave malattia della retina.
Le aziende Roche e Novartis fecero «cartello», imponendo il prodotto più costoso. Così furono multate dall'
Antitrust per 180 milioni di euro. Anche il ministero della Salute chiese i danni: per 1,2 miliardi. Ma nonostante
tutto ciò, l'Agenzia del farmaco (Aifa) e il ministro non imposero alle strutture sanitarie pubbliche di utilizzare il
prodotto meno caro. Perché? Ora vogliono saperlo la Società Oftamologica Italiana, che si è rivolta alla
Procura, e Sel, che ha presentato un'interrogazione in Parlamento. Siamo all'opposto della lotta agli sprechi?
Sì. E forse di fronte ad uno scandalo di proporzioni enormi. Nel qual caso c'è chi dovrà risponderne.
guglielmpepe@gmail. com
SANITÀ NAZIONALE - Rassegna Stampa 09/06/2015
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NOI & VOI/R Salute
09/06/2015
Pag. 42
diffusione:556325
tiratura:710716
Rispettare le regole per un cuore sano
L'allarme dell'Anmco: nuova rete ospedaliera, saranno dimezzate le strutture di Cardiologia
ALESSANDRA MARGRETH
LA SALUTE del cuore passa anche dalla tavola. Ma non sempre le buone regole vengono rispettate, e gli
italiani sono ancora esposti al rischio di malattie cardiovascolari. L'allerta viene dal Primo Atlante sulla Salute
Cardiovascolare degli Italiani in lingua inglese. La ricerca è stata presentata all'Expo di Milano, al termine del
congresso nazionale Anmco, l'Associazione dei Medici Cardiologi Ospedalieri. All'iniziativa ha preso parte
anche l'Istituto Superiore di Sanità.
Quattro anni (2008-2012) passati sotto la lente d'ingrandimento per verificare se si sono rispettate le
raccomandazioni su alimenti e porzioni indicate dai Larn (Livelli di Assunzione di Riferimento di Nutrienti ed
energia). Risultato, solo un terzo degli italiani dai 35 ai 74 anni consuma una quantità di verdura e di pesce
adeguati. Meglio i consumi di frutta e formaggi. Ma questo è un Paese di golosi: solo il 14 % degli uomini e
15% donne mangia dolci nella giusta misura. Da notare alcune differenze di genere: l'11% degli uomini e ben
il 24% delle donne segue un comportamento alimentare considerato sano.
Un capitolo a parte ha fatto luce sulle abitudini degli anziani dai 75 ai 79 anni: la grande maggioranza di loro
non consuma quantità adeguate di verdure e di pesce, mentre pure in questi "anni d'argento" si gustano
troppi dolci. Anche l'alcol andrebbe limitato. La dieta mediterranea cui si ispira un regime alimentare corretto
non è ancora abbastanza seguita.
Cura, diagnosi e sorveglianza in tempo reale. Un altro tema dibattuto al congresso è l'importanza della
telemedicina nella gestione dello scompenso cardiaco. Spiega Furio Colivicchi, vicepresidente nazionale
Anmco: «La tecnologia è un prezioso aiuto nel monitoraggio dei pazienti cronici. Oggi è possibile, grazie alle
tecnologie bluetooth/wireless, seguire questi malati a distanza e ottenere informazioni utili a modificare la
terapia. La telemedicina potrebbe ormai deospedalizzare i pazienti più complessi. Si sta imparando sempre
meglio a individuare il paziente ideale cui proporre il monitoraggio a casa e quali parametri siano quelli da
tenere sotto controllo. Fondamentale l'integrazione tra ospedale e territorio.
La gestione del paziente con scompenso cardiaco con la telemedicina riduce del 30-35% la mortalitàe del
15% le ospedalizzazioni. In futuro, anche a causa di risorse sempre più scarse, la telemedicina si affiancherà
a cardiologo, infermiere dell'ambulatorio e medico di base».
Anche sulle leggi c'è molto da dire.
L'Anmco ha presentato il Libro Bianco su "Cardiologia e nuovi standard": il volume dimostra gli effetti negativi
dell'applicazione del Regolamento, già in Gazzetta Ufficiale, che determinerà profonde variazioni nell'assetto
della rete ospedaliera. A essere penalizzata sarà soprattutto l'area cardiovascolare. Ad esempio, gli attuali
8.534 posti letto in cardiologia verranno ridotti del 43%, e delle 823 strutture di Cardiologia, 581 saranno
cancellate.
Avverte Michele Massimo Gulizia, presidente Anmco: «Le strutture cardiologiche italiane si ridurranno di 2/3,
cancellando di fatto il network assistenziale che ha consentito alla nostra cardiologia di essere tra le migliori
del mondo per qualità e tempestività di intervento. Le cardiologie spariscono soprattutto dagli ospedali con
pronto soccorso. La desertificazione delle strutture pregiudica di fatto i livelli essenziali di assistenza,
cancellando per di più la competenza cardiologica nel 61% degli ospedali.
L'Anmco ritiene indispensabile una riflessione sugli assetti determinati dai nuovi provvedimenti e propone
una serie di modifiche». Conclude il presidente: «Il Regolamento inoltre non fa riferimenti alla riabilitazione
cardiovascolare, attività strategica per le reti ospedaliere, dimenticando l'importanza della Rete per lo
Scompenso Cardiaco, le Aritmie, la Prevenzione e la Riabilitazione.
SANITÀ NAZIONALE - Rassegna Stampa 09/06/2015
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Lo studio.R SALUTE/LA MEDICINA Al congresso dei medici cardiologi ospedalieri presentato l'Atlante sulla
Salute degli italiani. Solo un terzo consuma verdure e pesce nelle dosi suggerite, meglio per frutta e formaggi.
Molti eccessi con i dolci
09/06/2015
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SANITÀ NAZIONALE - Rassegna Stampa 09/06/2015
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Ignorati anche il Dipartimento Cardiovascolare, fondamentale per una corretta governance in area
cardiovascolare, e le risorse umane e tecnologiche, fondamentali per il successo di qualunque Sistema
sanitario.
L'arretramento dell'offerta di assistenza cardiovascolare è un rischio che non possiamo permetterci».
L'adesione L'indagine Anmco conferma che l'adesione ad uno stile di vita corretto aumenta con il livello degli
studi raggiunto.
PER SAPERNE DI PIÙ www.anmco.it www.iss.it
Foto: 33 per cento degli italiani dai 35 ai 74 anni consuma una quantità di verdura e di pesce adeguata
Foto: LARN La sigla indica, in pratica, le quantità giuste dei vari alimenti da assumere nella settimana
Foto: 11 per cento Gli uomini che seguono abitudini alimentari sane. Le donne sono oltre il doppio (24%)
Foto: 14 per cento degli uomini e 15 per cento delle donne non eccede nel consumo di dolci
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Aritmia/2
Oltre 1.000 cardiologi, medici di medicina generale, internisti e geriatri in aula per aggiornarsi sulla gestione
dei pazienti con Fibrillazione Atriale, l'aritmia cardiaca più diffusa a livello mondiale. Sono i corsi della prima
"Scuola di Formazione in Fibrillazione Atriale, Tromboembolismo e Nuovi Anticoagulanti Orali" inaugurata di
recente, promossa dall'Università degli Studi Sapienza e dall'Università Cattolica Sacro Cuore di Roma, con il
supporto dell'Alliance Pfizer-Bristol-Myers Squibb. Obiettivo principale del corso è migliorare la conoscenza e
l'appropriatezza delle strategie terapeutiche, che da circa due anni si sono evolute grazie all'avvento dei
Nuovi Anticoagulanti Orali, NAO, caratterizzati da un profilo migliore in termini di sicurezza, maneggevolezza
ed efficacia rispetto ai vecchi dicumarolici nella prevenzione dell'ictus causato dalla fibrillazione atriale.
SANITÀ NAZIONALE - Rassegna Stampa 09/06/2015
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FLASH/R SALUTE/LA MEDICINA
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Strategie e cure contro i calcoli
Più rari, ma ugualmente fastidiosi, quelli alle ghiandole salivari
ELVIRA NASELLI
COLPISCONO tra il 9 e il 18% della popolazione, le donne due volte più degli uomini. I calcoli alla colecisti, o
cistifellea, però, sono nella maggior parte dei casi asintomatici e vengono scoperti durante un esame
diagnostico eseguito per altri motivi. «La maggior parte delle persone non sa di averli - spiega Pier Alberto
Testoni, primario di Gastroenterologia ed Endoscopia digestiva all'ospedale San Raffaele Irccs di Milano - e
solo una quota modesta ha sintomi. Il segnale classico è la colica biliare, un forte dolore che dura ore, con
altie bassi, che compare in genere dopo i pasti ed è localizzato alla bocca dello stomaco, irradiandosi poi
verso la scapola destra. Quasi sempre si associa un'alterazione degli enzimi del fegato, transaminasi e
gamma Gt». Non sono invece sintomi dei calcoli alla colecisti dispepsia, stitichezza, cefalea, alterazioni
funzionali dell'intestino.
I calcoli non sono tutti uguali. «Nella colecisti possiamo trovare bile densa, fango o sabbia biliare - continua
Testoni - e poi calcoli veri e propri, aggregazioni di cristalli di colesterolo, presenti già nella sabbia e nel fango
ma non ancora precipitati e dunque non aggregati. I calcoli di colesterolo non hanno alcun tipo di legame con
il colesterolo circolante. Il problema è piuttosto legato al rapporto alterato tra il colesterolo nella bile e i sali
biliari che lo sciolgono. Quando, per motivi vari, si abbassa la concentrazione di sali biliari, il colesterolo non è
smaltito correttamente e si accumula tendendo a precipitare e a formare i calcoli. Questo può accadere per
cause congenite, oppure per difetti di assorbimento intestinale, infatti chi ha una malattia infiammatoria
intestinale è più soggetto. Ma i calcoli vengono anche a chi è predisposto geneticamente». Altri fattori di
rischio: una dieta molto stretta, la nutrizione parenterale, l'obesità, la gravidanza in cui si è più soggette agli
estrogeni, la dieta ricca in grassi ed elevati livelli di trigliceridi.
Per quanto riguarda la terapia, «in passato si ricorreva molto all'acido ursodesossicolico - conclude Testoni che serve per sciogliere il colesterolo. Però non riusciva a sciogliere tutti i calcoli e inoltre alla sospensione
del farmaco, i calcoli ritornavano. Oggi si privilegia l'asportazione della cistifellea in laparoscopia anche per
chi non ha fastidi per prevenire complicanze: si tornaa casa unoo due giorni dopo. Per quanto riguarda la
dieta per i pazienti con calcoli, bisogna evitare tutti gli alimenti grassi che stimolando la colecisti, possono
innescare una colica».
Più rari - ma ugualmente dolorosi - anche i calcoli alle ghiandole salivari. «La saliva è prodotta da tante
strutture - precisa Domenico Cuda, direttore dell'unità di Otorinolaringoiatria dell'ospedale da Saliceto di
Piacenza- ma, in gran parte, dalle ghiandole maggiori, parotidi e sottomascellari.
Le più soggette a calcolosi sono queste ultime perché - essendo situate sotto l'arco della mandibola con il
dotto escretore nel pavimento della bocca - sono più facili fenomeni d'infiammazione da residui di cibo.
Inoltre la saliva prodotta da queste ghiandole è più mucosa, con una densità maggiore ed è più soggetta a
ristagno. I calcoli salivari sono essenzialmente di carbonato di calcio». I sintomi sono legati alla dimensione
del calcolo, la prima avvisaglia è la colica salivare. «Se c'è un calcolo - continua Cuda - quando aumenta la
salivazione perché si sta per mangiare o si sente un profumo di cibo, la gran quantità di saliva prodotta in
pochissimo tempo non defluisce e dilata il condotto provocando contratture e dolori violenti al pavimento della
bocca o sulla guancia sotto l'orecchio. Può anche seguire un forte gonfiore della ghiandola interessata. Se le
coliche sono ricorrenti si può infiammare la ghiandola».
I fattori di rischio sono disordini del calcio, cattiva igiene orale (tartaro, residui alimentari), disidratazione della
bocca, anomalie dei dotti congenite o acquisite (soprattutto in chi ha il bruxismo). Come si interviene? «Non
c'è un protocollo ideale - conclude Cuda - innanzitutto una buona visita. Se serve, una Rx endorale o una
ecografia. In mani esperte la scialoendoscopia consente di entrare con ottiche molto sottili nei dotti, sia per
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Colecisti.R SALUTE/LA PREVENZIONE Colpiscono soprattutto chi ha una malattia infiammatoria intestinale
ma anche chi è predisposto geneticamente. La dieta corretta: evitare tutti gli alimenti grassi
09/06/2015
Pag. 44
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SANITÀ NAZIONALE - Rassegna Stampa 09/06/2015
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individuare i calcoli fino a 6 mm, che per rimuoverli. Se le dimensioni sono maggiori si prova con la litotrissia
a ridurne le dimensioni e facilitarne l'espulsione. Oppure con il laser ad olmio per via endoscopica. Per i
grossi calcoli l'approccio è chirurgico endoguidato attraverso il cavo orale. Raramente è necessario rimuovere
la ghiandola salivare attraverso un'incisione nel collo».
09/06/2015
Pag. 13
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L'aria delle città è più pulita di 10 anni fa Ma le polveri sottili restano
fuorilegge
I dati delle Agenzie regionali per l'ambiente: Padova e Milano sono le maglie nere Autunno e inverno sono le
stagioni più critiche a causa dei sistemi di riscaldamento
STEFANO RIZZATO MILANO
Non sarà più l'epoca delle targhe alterne o delle lenzuola bianche alla finestra, né degli allarmi sullo smog ai
telegiornali. Eppure l'inquinamento delle nostre città è tutt'altro che un problema risolto. Si respira meglio,
nettamente meglio, rispetto a 10 anni fa o anche meno, con i principali indicatori in calo. Ma le polveri sottili
sospese nell'aria - il particolato indicato nei rapporti come pm2.5 o pm10 - continuano ad essere troppe:
spesso oltre i limiti fissati dalle norme europee e dalle leggi italiane. Luoghi avvelenati La legge impone
trasparenza totale in materia e i siti delle Arpa - le agenzie regionali per la protezione ambientale - offrono un
flusso costante di dati sulle polveri sottili. Basta confrontare quelli tra gennaio e marzo per avere la classifica
dello smog nelle 30 città più popolose d'Italia. In vetta ci sono Padova e Milano, che hanno superato 41 volte
su 90 il limite giornaliero di 50 microgrammi di pm10 per metro cubo d'aria. È la soglia indicata come critica
dalle leggi e non si potrebbe superare più di 35 volte in tutto l'anno. A Padova e Milano sono bastati tre mesi
per sfondare il tetto, e così a Reggio Emilia, che ha accumulato 40 sforamenti. Poco meglio è andata a
Torino, oltre i limiti 33 volte su 90 giorni e quindi avviata a finire l'anno «fuori legge». Verso un passo indietro
Per via del riscaldamento, autunno e inverno sono le stagioni più critiche per le polveri sottili. E infatti dal 1°
aprile Padova non ha più sforato un giorno e Milano solo cinque volte in due mesi. Mettere i dati in
prospettiva storica offre un po' di ottimismo. Nel 2008 le pm10 a Torino erano andate oltre i limiti 124 volte in
un anno, contro le 75 del 2014. A Milano si è passati da 111 nel 2008 a 61 lo scorso anno. A Roma da 81 a
43 giorni di sforamento. Quest'anno, in proiezione, potremmo vedere una frenata sulla strada del
miglioramento. «Il limite zero» Solo pochi giorni fa, il ministero della Salute aveva riportato d'attualità il tema.
Mostrando come lo smog uccida 34.500 italiani ogni anno, soprattutto al Nord, e accorci la vita di ogni
cittadino di 10 mesi. Rispettare i limiti salverebbe 11 mila vite l'anno. «Nel 2013, pm10 e pm2.5 sono state
indicate come cancerogeni accertati per l'uomo e inserite in classe 1», avverte Loredana Musmeci dell'Istituto
Superiore di Sanità. «In termini solo scientifici il limite andrebbe messo a zero, sotto la soglia di rilevabilità.
Ma tecnicamente non è possibile, con le attività umane e i fattori meteo-climatici». Le targhe alterne? Inutili
Proprio il clima influisce parecchio sullo smog, tanto che la situazione più critica riguarda la Pianura Padana.
Non solo Milano e Padova, ma anche tutta l'Emilia-Romagna e il resto di Lombardia e Veneto. Dove l'aria
ristagna è dura liberarsi delle polveri sottili sospese. «E a poco servono le targhe alterne e le domeniche
senz'auto - prosegue Musmeci -. Negli anni i veri progressi sono stati fatti limitando la combustione, con gli
impianti di riscaldamento convertiti a metano. E con le auto più ecologiche, ormai arrivate fino alla categoria
Euro 6».
I numeri dell'Arpa
50 microgrammi di pm10 per metro cubo d'aria è il limite giornaliero fissato dalle norme Padova e Milano, lo
hanno superato 41 volte su 90
34 mila italiani uccisi dallo smog ogni anno, soprattutto al Nord: le polveri sottili accorciano la vita di ogni
cittadino di 10 mesi. Rispettare i limiti salverebbe 11 mila vite l'anno
1979 l'anno della convenzione di Ginevra che ha preso i primi provvedimenti transfrontalieri contro
l'inquinamento atmosferico. I limiti delle emissioni in Europa sono stati fissati dal Protocollo di Göteborg
Foto: Una cappa di smog avvolge Milano
SANITÀ NAZIONALE - Rassegna Stampa 09/06/2015
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L'ÌNQUINAMENTO IN ITALIA
09/06/2015
Pag. 16
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tiratura:418328
Corea del Sud Si allarga l'epidemia di Mers
ILARIA MARIA SALA HONG KONG
L'epidemia della «Middle East Respiratory Syndrome », o Mers, un coronavirus simile alla Sars per il quale
non esiste cura o vaccino, da due settimane scuote la Corea del Sud: 2300 persone in quarantena (fra cui
tutti e 105 gli abitanti di un villaggio a sud di Seul), 1800 scuole chiuse, 6 morti, 87 i casi confermati e 24
ospedali di Seul al centro dell'infezione. La malattia, che interessa le vie respiratorie è ha una mortalità
superiore al 35%, è meno contagiosa dell'Ebola o della Sars e richiede un contatto più ravvicinato per
trasmettersi, ma diventa particolarmente virulenta nella fase acuta, facendo sì che siano proprio il personale
medico o i pazienti ospedalieri a trovarsi maggiormente a rischio. In media, i decessi dovuti alla Mers sono 3
o 4 ogni 10 casi, ma la comunità medica spiega che il virus è ancora troppo poco noto per poter stabilire
pratiche terapeutiche che sicure, o prevedere quanto tempo ci vorrà per mettere a punto un vaccino. Il
paziente «zero» Il virus è comparso solo nel 2012, in Arabia Saudita, e da allora ha colpito 1208 persone,
444 delle quali sono morte. La Corea del Sud si trova ad affrontare la prima crisi di grosse dimensioni fuori
dal Medio Oriente (dopo che un uomo d'affari è tornato infetto da un viaggio) e molti dei Paesi vicini, che
hanno acquisito molta esperienza nel corso della Sars nell'inverno 2003-2004, stanno criticando la
segretezza con cui le autorità coreane hanno affrontato l'epidemia finora. Il nome degli ospedali in cui sono
confermati dei casi è infatti stato rivelato solo domenica, dopo una forte pressione da parte della Cina e di
Hong Kong, in allarme dopo il transito di un uomo affetto dal virus, attualmente ricoverato in isolamento in un
ospedale a sud di Shanghai. Seul si è mossa con lentezza e sta cercando di recuperare terreno: le persone
venute in contatto con casi conclamati sono in isolamento a casa loro, sorvegliate tramite i cellulari e
monitorati a distanza, molte scuole sono state chiuse e le misure preventive vengono ora pubblicizzate con
insistenza: lavarsi le mani di frequente con sapone liquido, indossare una mascherina chirurgica se si è affetti
da tosse o raffreddore, limitare le visite in ospedale e i luoghi affollati, e prendersi cura del proprio sistema
immunitario tramite dieta e esercizio fisico. I casi confermati, però, continuano ad aumentare.
Foto: Visite nelle scuole di Seul
SANITÀ NAZIONALE - Rassegna Stampa 09/06/2015
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GIÀ 87 I CASI, 6 VITTIME
09/06/2015
Pag. 17
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tiratura:418328
"L'Ue cerca medici a tempo determinato"
[M. ZAT.]
BRUXELLES L'Europa vuole il vostro stetoscopio. Sulla gazzetta ufficiale comunitaria è apparso l'annuncio di
un concorso solo apparentemente insolito: la Commissione Ue «cerca dottori da assumere a tempo
indeterminato». Si richiede al candidato il completamento di almeno quattro anni di studi universitari, una
specializzazione medica conseguita dopo il diploma di laurea, e almeno 12 anni di attività professionale
accumulata alla fine del cursus honorum. L'offerta è pertanto per medici formati, più vicini ai quaranta che ai
trenta, per forza di cose. I quali potrebbe decidere di giocarsi la carta a dodici stelle per amore della causa
dell'integrazione, ma non solo: chi verrà selezionato potrà contare su uno stipendio iniziale di 9.197,87 euro
per 40 ore al mese, il che fa 229 euro l'ora. L'impegno è quello ordinario in una comunità dimigliaia di
persone, visite e consultazioni, promozione di campagne per la salute, collegamento con medici esterni
all'istituzione, gestione del personale e amministrazione. Queste le condizioni necessarie: l'essere europei
parlare una lingua ufficiale, oltre che conoscerne una fra inglese, francese, e tedesco. Le domande devono
arrivare entro il 7 luglio. Facile previsione: ci sarà coda.
SANITÀ NAZIONALE - Rassegna Stampa 09/06/2015
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A BRUXELLES
09/06/2015
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tiratura:151233
Riabilitazione, disparità tra le regioni
Molti pazienti, mesi dopo la malattia, interrompono le cure convinti di essere guariti. Altri però sono assistiti
male
( G.C.S. )
Roma . La sopravvivenza dopo un evento cardiovascolare improvviso e debilitante come l'infarto dovrebbe
convincere i pazienti a mantenere per sempre un sano stile di vita, ma non è così. Molti di loro dimenticano
questo campanello d'allarme e non seguono le raccomandazioni dei cardiologi. Ogni anno in Italia i ricoverati
per infarto al miocardio sono più di 120mila. Grazie a una rete di interventi tempestivi sono diminuite le morti
in ospedale ma sono aumentate quelle ad un anno dalla dimissione per un secondo infarto, perché numerosi
pazienti interrompono la terapia convinti di essere guariti o perché non ne sopportano gli effetti collaterali, ma
anche come conseguenza della crisi economica. Ci sono Asl che hanno drasticamente limitato la
rimborsabilità di alcuni farmaci a favore di altri meno costosi e non sempre efficaci. Inoltre, è stato ridotto
l'accesso a visite specialistiche e a controlli diagnostici, creando così un'assistenza diversa da regione a
regione. Un recente studio internazionale (Improve-lt) ha dimostrato che nei post-infartuati con sindrome
coronarica acuta, il colesterolo Ldt (quello cattivo per intenderci) non va ridotto ma abbattuto sotto la soglia di
sicurezza (70 mg/dL) con corrette abitudini alimentari e farmaci adeguati. Una raccomandazione rivolta ai
pazienti, ma anche ai medici curanti.
SANITÀ NAZIONALE - Rassegna Stampa 09/06/2015
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Infarto.
09/06/2015
Pag. 36
diffusione:79573
tiratura:108314
Oculistica, l'Asl corre ai ripari: ecco il farmaco
Marisa La Penna
Due gare disertate. E una terza già programmata. Il direttore generale della Asl Napoli 1 Centro spiega i
motivi della carenza del farmaco che ha fatto allungare a mille giorni di attesa le liste al Pellegrini per quei
trenta pazienti afflitti da cheratocono - una patologia rara che colpisce l'occhio - che aspettano di essere
sottoposti a un intervento. E precisa che, nel frattempo, ha dato disposizione di acquistare, in attesa della
gara, dieci confezioni di farmaco per cominciare ad "alleggerire" la lista di attesa.
«Negli ultimi due anni - spiega il dg Ernesto Esposito - la Asl ha indetto ben due gare per l'acquisto del
farmaco. Gare che sono andate inspiegabilmente deserte. Presto ce ne sarà una terza».
La criticità, come detto, riguarda trenta pazienti che, è bene sottolinearlo subito, volendo possono scegliere
un'altra struttura per sottoporsi ad intervento. Nell'ospedale cittadino Monaldi - che dipende dall'Azienda dei
Colli - il dottore Alfredo Venosa, responsabile dell'unità operativa di laserterapia e patologia refrattiva del
dipartimento di oculistica, effettua regolarmente questo tipo di intervento con un'attesa media di cinque mesi.
«Eseguiamo mediamente cento interventi all'anno su pazienti affetti da cheratocono. A tal proposito voglio
dare subito la nostra disponibilità ad accogliere quei pazienti del Pellegrini che non intendono aspettare mille
giorni» dice il dottor Venosa, aprendo così le porte del proprio reparto ai quei trenta in lista di attesa
nell'ospedale della Pignasecca. E aggiunge, non senza una punta di orgoglio: «Siamo stati i primi in
Campania ad eseguire il "cross-linking corneale". La tecnica era stata appena importata quando, nel 2007,
acquistammo due macchinari per eseguire l'intervento sui pazienti affetti da cheratocono. Da noi il farmaco
per eseguire l'intervento non è mai mancato. Lo paghiamo duecento euro all'unica ditta che lo produce».
Ma non c'è solo il Monaldi. Anche altre quattro strutture in Campania effettuano questo tipo di operazione.
E ritorniamo al Vecchio Pellegrini. Riprende il direttore generale Esposito: «L'ultima missiva inviata dal
primario del reparto di Oculistica dell'ospedale Pellegrini a gennaio ha raggiunto purtroppo un altro ufficio. Per
questo non è arrivata risposta. Ma, come detto, per tamponare l'emergenza ho dato mandato di acquistare
dieci fiale per poter effettuare altrettanto interventi in breve tempo. Poi, con la gara, si approvvigionerà la
farmacia dell'ospedale e si potrà procedere con le altre operazioni».
Il reparto del Pellegrini, primario Achille Tortori, è un eccellenza nel mondo dell'oculistica. Vengono effettuati
duemilacinquecento interventi all'anno.
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SANITÀ NAZIONALE - Rassegna Stampa 09/06/2015
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Vecchio Pellegrini Le maxi-liste di attesa
09/06/2015
Pag. 16
diffusione:125215
tiratura:224026
«Per salvare anoressici e bulimici l'unica cosa è il ricovero forzato»
Il presidente dei familiari dei malati: «Io ho deciso per mia figlia, non fosse stata minore avrebbe rifiutato le
cure». Di qui l'appoggio alla proposta di legge che amplia il ricorso al Tso
ANTONELLA LUPPOLI
«Un trattamento sanitario obbligatorio ad hoc per anoressici e bulimici può essere l'unica via per salvargli la
vita». Ne è convinto Stefano Bertomoro, presidente del Coordinamento Nazionale delle associazioni di
familiari malati di disturbi del comportamento alimentare. L'anoressia Bertomoro l'ha conosciuta da vicino:
sua figlia per anni ne è stata malata. «Oggi è tornata a una vita normale, trascorre le giornate con amici e
fidanzato. Ma io non voglio che nessuno viva più nell'angoscia in cui ho vissuto io. Mia figlia si è salvata solo
grazie al Tso. Aveva 16 anni, e io e mia moglie abbiamo potuto decidere per lei: sono certo che, se non fosse
stata minorenne, avrebbe rifiutato le cure». Perché nel momento in cui l'anoressia o la bulimia s'impossessa
del corpo e della mente di una persona, questa ne diventa schiava. In virtù di questa dipendenza dalla
malattia, il Coordinamento Nazionale sostiene Sara Moretto, parlamentare piddina che lo scorso 19 maggio
ha presentato un disegno di legge che mira a una normativa più incisiva in materia. In sostanza, punta a
regolamentare in maniera più precisa il Tso che già si pratica in casi gravi di malattie psichiche, quali appunto
anoressia e bulimia, e però con un ricovero di massimo 7 giorni eventualmente rinnovabili: con la nuova
legge il limite potrebbe essere superato. Contestualmente, la norma tende ad allargare il raggio d'azione del
Tso anche ai maggiorenni e spinge le Regioni - attualmente l'unica a farlo è il Veneto - a mettere a
disposizione strutture specifiche in cui possano trovar posto coloro che soffrono di disturbi alimentari: posti
letto già esistenti, e per questo a costo zero, per garantire cure ed assistenza. In queste strutture al malato
può essere salvata la vita durante la fase acuta, e anche impostare il cammino verso la guarigione definitiva,
grazie a equipe mediche - psicologi, psichiatri e nutrizionisti - in grado di valutare il problema in maniera
completa. Il dottor Pierandrea Salvo, coordinatore del centro di riferimento per la cura e la riabilitazione dei
disturbi del comportamento alimentare di Portogruaro, precisa: «La proposta di legge della Moretto non parla
assolutamente di alimentazione forzata (ossia quella con il sondino, ndr ), piuttosto di trattamenti salvavita.
Se un paziente arriva in evidente stato di disidratazione e rifiuta di assumere liquidi è lì che dovrebbe
intervenire la legge e obbligare a farlo. Se il livello di potassio è risicato a causa del continuo vomito, bisogna
intervenire con delle flebo. Sembrano cavolate, ma per queste cose si può morire. Potrebbero essere solo
misure momentanee, palliative. Intanto però gli salviamo la vita, poi pensiamo a metterlo nelle mani di esperti
che possano guarirlo completamente». Tra coloro che soffrono di disturbi alimentari (meno dell'1% della
popolazione) l'8-10% muore. Si tratta di malattie diffusissime, specie tra i giovani ma non solo. Secondo
recenti ricerche sono quasi 200mila le donne di età compresa tra i 12 e i 25 anni ad esserne colpite, ma
anche gli uomini non sono esenti. Tornando alla proposta di legge, c'è però chi ha dei dubbi. In un
comunicato stampa l'Aba - Associazione Bulimia e Anoressia - sostiene che imporre il Tso sia «una
cretinata», poiché il braccio di ferro col paziente sarebbe quasi controproducente. In questa misura sanitaria
si vedrebbe infatti una sorta di «idea punitiva della psichiatria priva di pensiero clinico e di specificità per il
soggetto. Inutile e potenzialmente rischiosa». In sostanza, non è sfidando la volontà delle persone che le si
aiuta a uscirne. Può essere utile invece metterle di fronte alla vita.
SANITÀ NAZIONALE - Rassegna Stampa 09/06/2015
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Patologie in aumento esponenziale
09/06/2015
Pag. 1
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EDOARDO NARDUZZI
L'inchiesta della Procura di Roma farà cadere la giunta della Regione Lazio: i magistrati sono già arrivati alla
fonte dei quattrini e ora devono solo organizzare le carte. L'uomo chiave è Guido Magrini, uno che Salvatore
Buzzi definiva come il «Padreterno» alla Regione Lazio. Magrini è il segretario della sezione del Pci di Campo
dei Fiori. Arriva in Regione nel 1995, quando diventa assessore al bilancio un altro Pci storico di Roma,
Angiolo Marroni. Magrini resiste al comando dei cordoni della borsa della Regione Lazio con ogni
maggioranza politica: Badaloni, Storace, Marrazzo, Polverini e Zingaretti. Narduzzi a pag. 7 L'insegnamento
dei giornalisti investigativi americani del caso Watergate serve come un faro per orientarsi nei meandri di
Mafia Capitale. «Puntate all'origine dei soldi per scoprire la verità», consigliarono qualche anno dopo che
avevano realizzato l'unico impeachment nei confronti di un presidente americano nella storia. E l'origine dei
soldi, di quelli pubblici purtroppo, anche nel caso di Mafia Capitale inizia a farsi chiara. L'ultima ondata di
arresti, ben 44, quindi una vera retata che umilia la capitale di un paese del G7 agli occhi del mondo, ha
coinvolto anche Guido Magrini, uno che lo stesso Salvatore Buzzi defi niva come il « Padreterno» alla
Regione Lazio. Ma chi è questo Magrini e perché ricostruire la sua storia politica e professionale è così
importante per capire la trasversalità e la corruzione bipartisan che ha infettato Roma negli ultimi lustri? Il
giovane Magrini è il segretario della sezione del Pci di Campo dei Fiori. Siamo nella prima repubblica ma
quella è una sezione storica dei comunisti romani. Viene poi assunto come funzionario alla Lega delle
cooperative. Arriva in Regione Lazio nel 1995, quando diventa assessore al bilancio un altro Pci storico di
Roma, Angiolo Marroni, lo stesso che è stato immortalato nella celebre foto della tavolata che festeggia il
contratto della cooperativa di Buzzi con il Comune di Roma e alla quale parteciparono anche il sindaco
Alemanno ed il ministro del welfare Poletti. Sono i tempi della giunta Badaloni ed ovviamente Magrini entra in
Regione per chiamata diretta. Dopo un anno, diventa direttore dell'area Bilancio, nel 1999 passa alla
direzione del dipartimento Economia e fi nanza e dal 2001 è scelto come direttore della direzione Bilancio.
Nel 2005 arriva al top: oltre al Bilancio, gli vengono attribuite le funzioni vicarie del Dipartimento economico.
Sulla prima poltrona resta seduto fi no a settembre 2010, quando al suo posto subentra Marco Marafi ni,
«attraverso un concorso interno al quale, da esterno, non avrebbe potuto partecipare», precisa Roberta
Bernardeschi del sindacato dei dirigenti della Regione Lazio. La seconda poltrona, Magrini la lascia nel 2013,
sempre a benefi cio del giovane Marafi ni, perché nell'aprile dello stesso anno, il presidente neoeletto Nicola
Zingaretti lo nomina, con un compenso annuo a carico dei contribuenti di 211 mila euro lordi, direttore della
direzione regionale delle politiche sociali.I n s o m m a Magrini resiste al comando dei cordoni della borsa
della Regione Lazio con ogni maggioranza politica: Badaloni, Storace, Marrazzo, Polverini e Zingaretti. Non
può stupire, quindi, che Buzzi, parlando con la propria compagna, rivendica come un asset fondamentale il
suo rapporto stretto con Guido Magrini, «è amico mio mio mio...», e sfogliando la delibera regionale
aggiunge: «È potentissimo lui... Guido ha fatto questa cosa per noi!». Il 19 novembre 2013 Buzzi annuncia
trionfante: «Magrini ha trovato 16 milioni di euro». Dopo un mese, la giunta di Zingaretti approva la delibera
470 che stanzia 16,5 milioni di euro per l'emergenza abitativa in Regione Lazio. Come si legge all'inizio della
delibera, il soggetto proponente è la Direzione regionale per le politiche sociali, la struttura guidata da Guido
Magrini. Quando la situazione si fa diffi cile, Zingaretti, che si era già visto arrestare, per fatti diversi, dalla
magistratura romana altri due dirigenti apicali regionali, quali Raniero De Filippis e Luca Fegatelli, corre ai
ripari e nomina Magrini in una posizione dirigenziale individuale di studio e ricerca per 155mila euro annui di
retribuzione più un premio annuo di risultato pari al 30% del lordo base: neppure in Banca d'Italia un
ricercatore di qualità internazionale percepisce tanto. All'inizio del 2006 lo incontrai personalmente. Il
disavanzo della sanità laziale viaggiava nell'intorno di 1,5 miliardi annui ed il debito accumulato era il più
importante d'Italia. Volevo capire con quali strumenti tecnologici gestiva e controllava una spesa sanitaria di
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Chi è l'ex segretario di sezione Pci che farà crollare la Regione Lazio
09/06/2015
Pag. 1
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SANITÀ NAZIONALE - Rassegna Stampa 09/06/2015
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10 miliardi annui. La conversazione che si produsse durante quell'incontro nella sua stanza di dirigente della
Regione Lazio è una delle più surreali della mia intera storia professionale. Una piéce degna del teatro
dell'assurdo di Ionesco. Gli chiedo di farmi capire quale strumento di reportistica e di analisi degli indicatori di
spesa utilizzi. Lui prende dalla tasca interna della sua giacca il portafoglio, ne estrae un foglietto di carta
ripiegato almeno quattro volte e pieno zeppo di annotazioni a matita. «Le diverse fonti di spesa della sanità
sono tutte qui, le porto sempre con me», mi rispose. Pensavo fosse un scherzoe gli precisai la mia domanda:
«Vorrei capire come tiene sotto controllo l'andamento della spesa farmaceutica o quella di una singola Asl
per capire che tra budget e avanzamento della spesa corrente non ci sia alcuno scollamento che non viene
colto e che si trasforma in disavanzo ad anno chiuso quando nessuna politica correttiva è più possibile?».
«Allora la spesa per i laboratori di analisi vale circa 700 milioni annui e la paghiamo tramite il San
Giovanni....», iniziò a leggere gli appunti a matita per darmi evidenza che a lui della tecnologia non gliene
poteva importare nulla e che tutto era controllato con carta e matita in pieno ventunesimo secolo. Ora, dopo
le migliaia di pagine dell'inchiesta Mafia Capitale, tutto diventa terribilmente chiaro. I conti tenuti da questo
mega dirigente politicizzato, vestito come un venditore di piadine alla Festa dell'Unità tanto anonimo e
dismesso doveva apparire, dovevano essere tenuti con la matita: volatili, indirizzabili, modificabili se e
quando la politica lo avesse richiesto. La politica passata nelle mani degli ex fascisti e degli ex comunisti
romani, quelli che negli anni Settanta e Ottanta se le davano di spranga in piazza, e che diventate forze di
governo hanno deciso di inciuciare senza soluzione di continuità elettorale. Ecco spiegato perché l'inchiesta
della Procura di Roma farà cadere la giunta della Regione Lazio: i magistrati sono già arrivati alla fonte dei
quattrini ed ora devono solo organizzare le carte, poi sarà un vero ed originale tsunami politico. ©
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09/06/2015
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Eutanasia, diritto europeo, dice la Corte di Strasburgo
I parlamenti Ue devono recepire queste indicazioni
CARLO VALENTINI
Il mancato coordinamento in sede europea delle politiche nazionali in campo economico e fiscale è alla base
dei prodromi della crisi economica che stiamo attraversando. Ma su altre materie, l'Europa detta delle
lineeguida che i singoli paesi dovranno poi adottare. Le decisioni, su molteplici questioni, non si prendono più
nei parlamenti nazionali ma a Bruxelles o Strasburgo. Così è avvenuto sulla morte dolce, cioè sull'eutanasia.
La Corte europea ha deciso che è un diritto del cittadino (e dei suoi familiari) staccare la spina. E ora i
parlamenti nazionali dovranno recepire questa indicazione e se non lo faranno chi è interessato potrà
rivolgersi alla Corte europea per fare rispettare quello che è stato codificato come un diritto. La sentenza è
stata emessa qualche giorno fa e riguarda la vicenda di un cittadino francese, Vincent Lambert, 39 anni, che
a causa di un incidente d'auto ha subìto danni irreparabili al cervello e si trova in quello che viene defi nito
uno stato di coscienza minima, giudicato irreversibile da diverse perizie mediche. La Corte europea dei diritti
dell'uomo ha autorizzato la sospensione del trattamento medico che lo tiene in vita. La vicenda richiama
quella, italiana, di Eluana Englaro. Anche se nel caso francese si è registrata una divisione tra i familiari: una
parte (tra cui la moglie) a favore dell'esecuzione della sentenza, un'altra (tra cui i genitori) contraria. La Corte
europea ha sancito il diritto a non subire accanimento terapeutico quando le condizioni sono irreversibili. C'è
un diritto alla vita ma anche un diritto alla morte. Certo, ci potrà essere chi lascia scritto diversamente, magari
per motivazioni religiose, e si tratta di una volontà da rispettare e assecondare. Ma quanto ha sancito la Corte
europea ha giurisdizione su tutta l'Ue e quindi i parlamenti debbono recepire questa decisione, se non lo
faranno fi occheranno le sentenze. In pratica i giudici suppliscono, anche in questo caso, all'arlecchinesca
giurisprudenza europea, coi Paesi che continuano a fingere di non dovere armonizzare le rispettive
legislazioni. Forse per troppo tempo gli italiani hanno sottovalutato il ruolo del parlamento europeo e degli altri
organismi comunitari, a cominciare dalla Corte europea, finendo per subire passivamente ogni loro decisione.
SANITÀ NAZIONALE - Rassegna Stampa 09/06/2015
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L'ANALISI
09/06/2015
Pag. 73 N.25 - 15 giugno 2015
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tiratura:349050
COSÌ SCONFIGGI LA CANDIDA
Con la microimmunoterapia metti in riga le difese del tuo corpo e dai scacco matto all'infezione
Ida Macchi
La candida è solo uno dei tanti microrganismi che vivono normalmente sulle mucose. «D'estate, però, può
prendere il sopravvento, approfittando delle tipiche abitudini vacanziere: poche ore di sonno,
un'alimentazione troppo ricca di zuccheri e cibi spazzatura», spiega il dottor Salvatore Bardaro, docente di
medicina integrata all'Università di Pavia e di Siena. «Con la loro complicità, le difese immunitarie si
abbassano e la candida ha modo di crescere indisturbata. Risultato: può mandare in tilt l'intestino gonfiandoti
la pancia, o aggredire la vagina, lasciandoti in preda a prurito e arrossamenti intimi. E può anche proliferare
all'interno della bocca, formando antipatiche chiazzettine bianche». La soluzione per tornare a star bene però
esiste: è la microimmunoterapia, o MIT. una cura all'avanguardia «La branca più avanzata dell'omeopatia
sfrutta apposite formulazioni che contengono interleuchine specifiche (interleuchina 12 o interferon-gamma).
Sono proteine identiche a quelle prodotte dal sistema immunitario per reagire alla candida, ma in
concentrazioni bassissime», spiega il nostro esperto. «La loro diluizione (4 o 5 CH) è nell'ordine di pico e
fento-grammi ed è ideale per fornire uno stimolo biologico che riporta al top le difese». le dosi ok Le
formulazioni della MIT possono essere utilizzate a scopo preventivo, se rimani spesso vittima della candida,
oppure alle prime avvisaglie dell'infezione. «Nel primo caso, ne devi assumere 10 gocce ogni mattina, per
tutto il mese precedente la vacanza», spiega il dottor Bardaro. «Nel pieno dell'attacco, invece, le dosi ideali
sono 15 gocce 2-3 volte al giorno: vanno fatte assorbire sotto la lingua, prima di deglutirle. I primi
miglioramenti si registrano già dopo 24 ore, ma le cure vanno proseguite per almeno un mese. I preparati MIT
sono in vendita in farmacia, non è necessaria la prescrizione per acquistarli, ma è sempre meglio assumerli
dopo la valutazione di un medico esperto in omeopatia». Corbis
bisogna rinforzare anche la flora Se sei vittima della candida, devi ripristinare anche la flora batterica
intestinale: è una barriera che impedisce al fungo di proliferare. Inoltre il suo equilibrio dà una marcia in più al
sistema immunitario. Per raggiungere l'obiettivo devi utilizzare i probiotici. «Quelli ideali contengono almeno 3
ceppi protettivi (lactobacillus acidophilus, salivarius e bifidumbacterium bifidum), sono vivi e vitali, liofilizzati a
freddo, di origine umana, gastroresistenti e presenti in ogni capsula in una quantità pari, almeno, a 2,5
miliardi per ogni ceppo», sottolinea il nostro esperto. «Le dosi consigliate: 1 capsula durante i due pasti
principali, momento in cui l'acidità gastrica si abbassa e i probiotici hanno modo di attecchire più facilmente
nell'intestino. Le cure vanno proseguite per un mese».
Foto: CONSULTA GRATIS IL NOSTRO ESPERTO
Foto: dott. Salvatore Bardaro docente di medicina integrata all'Università di Pavia e Siena. Tel. 02-70300159
15 giugno ore 11-12
SANITÀ NAZIONALE - Rassegna Stampa 09/06/2015
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LA SALUTE di starbene / OMEOPATIA
08/06/2015
Pag. 64 N.125 - giugno 2015
diffusione:75740
tiratura:125940
LA VOSIRA PRIMA Vacanza insieme
La scelta del luogo di villeggiatura, il mezzo di trasporto ed altri consigli per fare in modo che la tua vacanza
con il neonato sia piacevole e sicura!
L•estate si avvicina e se si -^decide che si andrà in vacanza, è tempo di I scegliere la meta. Per i I
neogenitori, si sa, la scelta è un po' più ardua, perché bisogna pensare in primis alle esigenze del neonato e
a quale tipologia di vacanza sia più adatta per lui. La SIN, Società Italiana di Neonatologia, ci fornisce
qualche utile consiglio per scegliere al meglio e dare al neonato le cure migliori, anche in vacanza! La scelta
della meta Non c'è differenza sulla tipologia del luogo, va bene sia il mare che la montagna o la campagna
per trascorrere le vacanze con un neonato di poche settimane. Nel caso si scelga una località balneare,
occorre tenere a mente che il neonato risulta particolarmente vulnerabile in caso di temperature troppo
elevate e fortemente a rischio di disidratazione, rilevabile attraverso una scarsa emissione di urine (pannolino
spesso asciutto), secchezza delle mucose, avvallamento della fontanella anteriore, irritabilità o sopore,
talvolta alterazioni della temperatura corporea. È bene ricordare che una corretta dieta lattea, soprattutto se
attuata con latte materno, soddisfa tutti i bisogni non solo calorici, ma anche di liquidi necessari a mantenere
un adeguato equilibrio idroelettrolitico del neonato. Non occorre quindi somministrare altri liquidi, compresa
l'acqua. Trasferirsi per le vacanze estive in una località di mare con un neonato vuoi dire garantirgli le
condizioni climatiche più adatte, che implicano l'uscire nelle ore più fresche, l'essere posto in ambienti
temperati e arieggiati, non essere esposto direttamente ai raggi solari, soprattutto nelle ore centrali della
giornata. È ovvio che è preferibile evitare luoghi troppo isolati (o troppo affollati) e scarsamente sicuri per il
bebé, ove il bisogno di una consultazione pediatrica diventi difficile o impossibile. L'ideale è scegliere spiagge
"a misura di barn bino": niente rocce o lembi di sabbia quasi irraggiungibili, ma stabilimenti ben attrezzati per
la tranquillità dei genitori e la salvaguardia dei piccoli. Stesso discorso vale per la scelta di una località
montana: si può fare, ma sempre con le dovute precauzioni. Considerando che le temperature in montagna in
estate sono generalmente più miti che in città, sono assolutamente idonee ad una vacanza con un piccolo di
poche settimane. È preferìbile però che non si tratti di brevi periodi, in modo da consentire gli adattamenti
fisiologici richiesti dal cambio di altitudine e di pressione atmosferica. Si sconsigliano comunque altezze
troppo elevate (superiori ai 2.000 metri). È sconsigliabile effettuare gite con bambini di poche settimane,
piuttosto, non troppo lunghe ed impegnative passeggiate. Ricordare che il neonato non ha una struttura
ossea e muscolare adatta ad essere trasportato "a spalla", cosa invece stimolante per i bambini più
grandicelli. La campagna infine è la destinazione ideale: il bambino, che dorme ancora per la maggior parte
del tempo, ha bisogno di un ritmo regolare e la campagna offre un clima temperato e tutta la calma che si
possa desiderare, evitando però aree nelle quali vi sia una concentrazione eccessiva di insetti. Cosa mettere
in valigia Al mare, in particolare, indumenti chiari e leggeri, di fibre naturali, che lascino scoperti gli arti, un
cappellino chiaro a falda ampia per proteggere il piccolo da eventuali congiuntiviti da esposizione solare
(ancora più intensa in montagna) ed un maglioncino in filo per tutelarlo dall'umidità delle ore serali: questo il
bagaglio minimo indispensabile per l'abbigliamento del bebé. E ancora salviette imbevute, una riserva di
pannolini ed una copertina per proteggere il piccolo dall'aria condizionata e dei bavaglini (quelli usa e getta
sono sicuramente più pratici). Per prevenire le scottature, anche se è vero che la miglior prevenzione è una
scarsa e mai diretta esposizione solare del neonato, da portare con sé e da utilizzare di tanto in tanto per le
zone esposte, creme con filtro fisico, ovvero contenenti minerali quali ossido di zinco o titanio che riflettono i
raggi solari impedendone la penetrazione, ad alto potere filtrante e non troppo untuose, per evitare
l'occlusione dei pori. Per quanto riguarda i tarmaci, avere una piccola scorta con sé non fa mai male (anche
perché non sempre la farmacia è a portata di mano). Aldilà però di soluzione fisiologica per le narici e pomate
contro gli arrossamenti della pelle, si può portare con sé un antipiretico (paracetamolo in gocce), ma mai
prendere iniziative: solo il neonatologo/ pediatra è in grado di prescrivere farmaci ad un bambino di poche
SANITÀ NAZIONALE - Rassegna Stampa 09/06/2015
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in vacanza / Benvenuto Bebé!
08/06/2015
Pag. 64 N.125 - giugno 2015
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SANITÀ NAZIONALE - Rassegna Stampa 09/06/2015
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settimane e va pertanto sempre consultato nel caso si sospetti che il piccolo abbia un disturbo e si ritenga
abbia bisogno di medicine. Può essere utile confrontarsi con lui anche prima della partenza. Contro le
punture d'insetto infine la più corretta prevenzione, specie nelle ore serali, è quella fatta con metodi di
barriera, quali zanzariere poste su culle, carrozzine e possibilmente anche alle finestre. Sconsigliati i
fornelletti emanatori di sostanze potenzialmente tossiche e da evitare i prodotti repellenti da spruzzare sulla
cute. In linea di massima comunque è preferibile evitare le zone in cui sono presenti molti insetti, come
località lacustri o tropicali. // mezzo di trasporto I neonati, contrariamente a ciò che si pensa, possono
affrontare ogni tipo di viaggio, purché si presentino le condizioni necessarie al suo comfort. Possono
tranquillamente viaggiare in auto, se condizioni climatiche favorevoli sono garantite all'interno dell'abitacolo. È
meglio quindi viaggiare nelle ore più temperate della giornata e posizionare l'auto all'ombra. Vanno
assolutamente rispettate le regole del Codice della Strada - Art. 172, riguardo al trasporto dei bambini, pena
sanzioni economiche, ma soprattutto gravi rischi per l'incolumità del piccolo! Il neonato deve essere alloggiato
nel suo "ovetto" o "navicella", opportunamente fissati al sedile. Fino ai 9 chili di peso del bambino, il
seggiolino deve essere installato obbligatoriamente in senso contrario a quello di marcia. Ciò perché, in caso
di urto, la struttura scheletrica e muscolare ancora poco sviluppata del bambino rischia di subire danni
maggiori da parte della cintura di sicurezza, piuttosto che contro lo schienale della navicella. È vietato
posizionarli sul sedile anteriore per gli effetti potenzialmente lesivi dell'airbag; II posto più sicuro per il
bambino è il sedile centrale posteriore, più riparato in caso di urto sia frontale che laterale. Accertarsi sempre
di acquistare un ovetto regolare, ovvero conforme alla normativa europea, che riporti un'etichetta con gli
estremi dell'omologazione. I dispositivi più recenti sono contrassegnati dalla sigla ECE R44-03 e per legge,
sono gli unici che possono essere venduti nei negozi. È consigliabile prevedere una sosta ogni due ore circa
e ogni volta che deve essere alimentato; non lasciarlo mai solo, poiché, ad esempio, la temperatura interna
dell'auto potrebbe raggiungere livelli elevati e il piccolo potrebbe disidratarsi con facilità. Non abusare con
l'aria condizionata, ma posizionarla a temperature non molto inferiori a quelle esterne e comunque non
inferiori a 22-23 °C. Se necessario il neonato può anche prendere l'aereo, ma in questo caso potrebbe essere
sottoposto ad uno stress causato da possibili disturbi causati dal cambiamento di pressione all'interno della
cabina, problema da ovviare stimolando frequentemente la suzione del piccolo, in particolare durante le fasi
di decollo ed atterraggio, riducendo in questo modo la possibilità che la ridotta comunicazione tra faringe e
orecchio medio crei depressione atmosferica in quest'ultimo e dunque dolore per stiramento del timpano.
Inoltre, specie in periodi epidemici per malattie respiratorie, la possibilità di contrarre infezioni respiratorie è
sicuramente maggiore. In ogni caso è preferibile prima del viaggio consultare la compagnia aerea ed in volo
osservare le norme che vengono indicate dagli assistenti di cabina. La scelta migliore potrebbe essere, se
possibile, quella di rimandare il viaggio in aereo ad età successive. Per il viaggio in treno il discorso è più
semplice, poiché, anche se il neonato non occupa un posto a sedere e quindi dovrà viaggiare in braccio alla
mamma, c'è sicuramente più spazio per muoversi, per passeggiare e per collocare il passeggino in caso di
necessità. In questi casi un marsupio, da utilizzare per tempi limitati, può essere pratico. Arrivati nel luogo
prescelto è bene accertarsi che tutto ciò che ci circonda sia attrezzato e a misura di bambino. A cominciare
dall'ambiente in cui viviamo col neonato, che non deve essere né troppo caldo, né troppo freddo. A tal
proposito dobbiamo ricordarci che nell'uso domestico, il condizionatore/ climatizzatore non è controindicato,
ma è importante adottare alcune precauzioni: la temperatura ambiente dovrebbe essere mantenuta solo di 35 °C inferiore a quella esterna; è importante non dirigere le bocchette dell'aria direttamente sul bambino, ma
indirizzarle verso l'alto e di notte la ventola dovrebbe essere regolata al minimo. Il condizionatore inoltre non
solo rinfresca, ma deumidifica l'aria riducendone il contenuto di vapore acqueo. Attenzione a non ridurre
eccessivamente l'umidità, cosa che potrebbe comportare una secchezza eccessiva delle mucose. Anche i
locali climatizzati vanno arieggiati più volte al giorno, specie dove soggiornano i neonati e bambini, per evitare
l'accumulo di sostanze inquinanti. È inoltre importante informarsi per tempo circa pediatri, farmacie, guardia
medica e tutto quello di cui potremmo avere improvvisamente bisogno per dei piccoli inconvenienti che
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Pag. 64 N.125 - giugno 2015
diffusione:75740
tiratura:125940
SANITÀ NAZIONALE - Rassegna Stampa 09/06/2015
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possano presentarsi durante il soggiorno. Ultimo consiglio nella programmazione del periodo di vacanze, è di
valutare bene i tempi per le vaccinazioni obbligatorie, evitando così di ritardare di troppo le date indicate e
rispettare le relative scadenze. Una volto a destinazione
I neonati, contrariamente a ciò che si pensa, possono affrontare ogni tipo di viaggio, purché si
presentino le condizioni necessarie al suo comfort
II bambino, che dorme ancora per la maggior parte del tempo, ha bisogno di un ritmo regolare e la
campagna offre un clima temperato e tutta la calma che si possa desiderare
Arrivati nel luogo prescelto è bene accertarsi che tutto ciò che ci circonda sia attrezzato e a misura di
bambino
Foto: A cura della Società Italiana di Neonatologia (SIN)
08/06/2015
Pag. 20 N.6 - giugno 2015
Tecnica Ospedaliera
diffusione:4349
tiratura:4535
Progetto It.DRG Molto più di un nuovo sistema di misurazione
Coordinato dalla Direzione Generale della Programmazione Sanitaria del Ministero della Salute e dalla
Regione Emilia-Romagna, come Regione capofila, il "Progetto di un nuovo sistema di misurazione e
valorizzazione dei prodotti delle strutture ospedaliere" consentirà di avere finalmente un sistema made in
Italy.
PIERLUIGI ALTEA
Il "Progetto di un nuovo sistema di misurazione e valorizzazione dei prodotti delle strutture ospedaliere Progetto It.DRG", disponibile sul sito del Ministero della Salute consta di quattro linee di attività: il sistema di
classificazione e codifica delle diagnosi (Lucilla Frattura, Regione Friuli Venezia Giulia); il sistema di
classificazione e codifica delle procedure e degli interventi (Aldo Bellini, Regione Lombardia, con il contributo
di AgeNaS); le nuove classi di ricoveri (Cristiano Visser, Regione Emilia Romagna); costi e pesi relativi (Laura
Arcangeli, Direzione Generale Programmazione Sanitaria, Ministero della Salute). Abbiamo incontrato due
dei quattro referenti del progetto per approfondire la questione: un fatto per certi versi solo tecnico, dirà
qualcuno, ma anche strategico se si pensa che avere un "dizionario" aggiornato sulle pratiche mediche e
sulla loro classificazione, non solo consente una migliore programmazione e rendicontazione delle attività
ospedaliere svolte, ma anche la possibilità di confrontarle con quelle di altri Paesi, in un'ottica di
appropriatezza e ottimizzazione delle risorse. Le origini del progetto Il "Progetto It.DRG" si avvale della
collaborazione di specialisti clinici e del supporto di alcuni ospedali pilota, uno dei quali, per importanza,
qualifica e alto rango, è l'Azienda Ospedaliera Universitaria di Bologna - Policlinico Sant'Orsola diretta da
Mario Cavalli, dove opera, all'interno della Direzione Sanitaria, Cristiano Visser, responsabile della Linea 3
del Progetto. «Il Progetto di un nuovo sistema di misurazione e valorizzazione dei prodotti delle strutture
ospedaliere nasce dall'esperienza del "Progetto Mattoni del Ssn" che tra le sue attività», ricorda Visser,
«contemplava anche l'aggiornamento dei sistemi di classificazione ospedalieri. In questi anni, ne sono stati
effettuati due di aggiornamenti, utilizzando i sistemi di classificazione statunitensi. Tuttavia, nel 2008, negli
Usa furono introdotti gli "MS-DRG", la cui importazione è diventata complessa, senza considerare che il
sistema statunitense è comunque tarato su una realtà ben diversa da quella italiana. Per questa ragione, il
Ministero della Salute, in collaborazione con la Regione EmiliaRomagna, che aveva già avuto il
coordinamento della linea 3 "Evoluzione del sistema Drg nazionale" del Progetto Mattoni del Ssn, con il
supporto anche di altre Regioni e dell'Università, si è attivato per scrivere un nuovo sistema di classificazione
che si distaccasse dall'esperienza americana e andasse a fotografare nel modo corretto la realtà ospedaliera
italiana». La ratio del nuovo sistema Sono diversi i motivi che giustificano la ricerca di una più puntuale
descrizione dei profili assistenziali ospedalieri. «Innanzitutto», spiega Cristiano Visser, «poter cogliere tutto il
progresso scientifico e le tecniche in uso nei percorsi assistenziali medici e chirurgici che oggi non sono
fotografati e quindi avere l'opportunità di possedere nuovi codici di diagnosi, ma anche di intervento e
procedura. Il secondo movente è quello della valutazione e della miglior misurazione dei costi ospedalieri per
poter riferire queste tecniche ai loro reali costi, per essere poi meglio remunerate». Visser ricorda poi come i
nostri sistemi di classificazione siano "isorisorse", per cui i ricoveri sono classificati secondo due
caratteristiche: la specificità clinica e un consumo medio di risorse. «L'obiettivo del Progetto è passare dal
sistema di codifica ICD-9-CM al sistema ICD-10-IT», spiega Visser, «ovvero a un sistema di classificazione
delle diagnosi più specifico che dia la possibilità di rappresentare con precisione la parte diagnostica. Il
secondo punto riguarda l'acquisizione di nuovi codici che descrivano procedure cliniche, interventi chirurgici
innovativi, l'impiego e l'impianto di devices specialistici. L'ambizione del progetto è anche quella di avere la
descrizione dell'uso di farmaci di alto costo». Tutti elementi che insieme concorreranno a determinare "costi e
pesi relativi", la quarta linea di attività prevista dal Progetto It.DRG. «Per delineare il modello a cui ci
ispiriamo», racconta Visser, «dal 2009 abbiamo fatto tesoro, attraverso l'Ocse, delle esperienze condotte
all'estero dai Paesi che hanno sistemi sanitari avanzati: le abbiamo studiate a fondo prima di partire. Poi,
SANITÀ NAZIONALE - Rassegna Stampa 09/06/2015
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INCHIESTA
08/06/2015
Pag. 20 N.6 - giugno 2015
Tecnica Ospedaliera
diffusione:4349
tiratura:4535
SANITÀ NAZIONALE - Rassegna Stampa 09/06/2015
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abbiamo avuto il supporto di altri attori del sistema, come per esempio le Università con cui abbiamo valutato
tutti i ricoveri di un quadriennio, per andare a cogliere le eventuali criticità. Chiediamo e chiederemo agli
ospedali pilota, nonché ai clinici di queste strutture, ma anche a quelli appartenenti alle società scientifiche, di
intervenire come protagonisti di questo processo». Nuove classi di ricovero Per individuare le nuove classi di
ricovero, il gruppo di lavoro guidato da Cristiano Visser si è avvalso della collaborazione delle Università di
Roma e Bologna per un'analisi della banca dati SDO nazionale dei ricoveri dal 2009 al 2013. «Abbiamo
individuato le classi di ricovero e le MDC apparse più critiche dal punto di vista dell'omogeneità delle degenze
che lo compongono, dopodiché», spiega Visser, «abbiamo valutato le aree da revisionare, come per esempio
quelle della cardiologia e cardiochirurgia, dell'ortopedia, dell'otorinolaringoiatria, della neurologia e della
neurochirurgia. È nostra intenzione cambiare il modello della classificazione Drg, affinché non ci siano più
pre-attribuzioni e le classi dei ricoveri siano riconducibili ad una logica diversa». Entro il 2016 i lavori dei
quattro gruppi saranno ultimati. «Dopodiché, completato il progetto», afferma Visser, «sarà fondamentale
avere una struttura nazionale dedicata all'aggiornamento e alla manutenzione dei sistemi di classificazione
che consentirà un approccio sempre molto specifico e interpretativo e permetterà a tutti gli attori del sistema
sanitario di intervenire con la loro professionalità per avere un sistema che sia sempre aggiornato e ottimo
interprete di ciò che avviene nelle unità operative. Inoltre, il nuovo sistema di classificazione, insieme ai
sistemi di controllo peraltro già attivi, consentirà anche in una certa misura di disincentivare le pratiche
opportunistiche, oggi generate anche da un sistema poco adeguato alla realtà clinica».
COME CAMBIERÀ LA CLASSIFICAZIONE DEGLI INTERVENTI Prendiamo come esempio l'ambito della
cardiochirurgia: nella sostituzione della valvola aortica cardiaca, attualmente il sistema di classificazione
consente di valorizzare una sola tecnica di sostituzione valvolare, quella a cuore aperto, con cui si delineano i
Drg 104 o 105. «Tuttavia», spiega Claudio Visser, della direzione sanitaria dell'Azienda Ospedaliera
Universitaria di Bologna - Policlinico Sant'Orsola, nonché responsabile della Linea 3 del Progetto "It. DRG",
«sappiamo che oggi vengono praticate le tecniche endovascolari che, quando indicate, danno un grande
beneficio al paziente, perché sono microinvasive e percutanee; attualmente, per queste tecniche ci si rifà
sempre ai Drg 104 o 105 perché non ne esistono altri più specifici: noi ipotizziamo di crearne uno nuovo che
vada a fotografare questo tipo di interventistica già attuata nelle nostre strutture. Si tratta di un intervento di
grande impatto sui nostri pazienti in termini di minor degenza, che spesso non prevede un passaggio in
terapia intensiva e che potrebbe comportare convalescenze più rapide. Una volta compiuta la revisione della
MDC 5 "Apparato Cardiocircolatorio", potremo associare a questo particolare intervento un nuovo ITDRG,
con un costo adeguato anche nell'ottica del risparmio».
UN LAVORO GIÀ IN CORSO D'OPERA Lucilla Frattura, referente del gruppo di lavoro I sui sistemi di
classificazione e codifica delle diagnosi per il Progetto It.DRG, nonché responsabile del Centro
Collaborazione dell'Oms per la Famiglia delle classificazioni internazionali, che ha sede presso la Regione
Friuli Venezia Giulia, spiega i termini del Progetto It.DRG e quali saranno le ricadute (positive) per il nostro
Ssn. Dottoressa Frattura, di cosa dovrà occuparsi il gruppo di lavoro deputato al sistema di classificazione e
codifica delle diagnosi? Di portare l'Italia, dalla classificazione attuale che è la traduzione italiana di una
versione americana dell'ICD-9, un sistema di classificazione superato nell'impostazione e nella struttura, alla
versione attuale che l'Oms ha sviluppato e aggiorna annualmente. Un lavoro di traduzione ma anche di
aggiornamento.... Sì, perché le classificazioni si aggiornano al variare dei termini utilizzati in medicina. La IX
revisione della classificazione delle malattie è antica di almeno quarant'anni (è stata approvata
dall'Assemblea Mondiale della Sanità nel 1975), anche la X revisione è vetusta (risale al 1994), ma viene
aggiornata annualmente ed è quella attualmente utilizzata dall'Organizzazione Mondiale della Sanità, quindi
noi andiamo ad aggiornarci in modo tale da utilizzare una terminologia che sia più al passo con i tempi.
Anche la modifica clinica americana viene aggiornata, ma, da un lato l'Italia si è fermata all'aggiornamento del
2007 e dall'altro gli Stati Uniti, avendo sviluppato la revisione clinica di ICD-10, non aggiornano più ICD9CM.
Il Progetto It.DRG può contare sul lavoro in parte già svolto dal Centro di Collaborazione dell'Oms per la
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Famiglia delle classificazioni internazionali? Certo, la Regione Friuli Venezia Giulia, in accordo con il
Ministero della Salute, prima dell'avvio formale del Progetto It.DRG, attraverso il nostro Centro aveva
sviluppato l'ambiente di manutenzione delle classificazioni sanitarie nell'ambito del Portale italiano delle
classificazioni sanitarie. Questo è stato un vantaggio per il Progetto It.DRG che ha potuto contare su una
base di partenza: in pratica, avevamo già una versione elettronica di ICD-10, realizzata da noi, e una
traduzione degli aggiornamenti fino al 2009 che abbiamo confrontato con l'Istat, che ha il compito di
codificare le cause di morte usando già ICD-10. A partire da quella base, abbiamo lavorato per arrivare ad
una versione 2014. L'Oms, attraverso la stipula di un contratto, ci ha dato il compito di tradurre e diffondere a
livello nazionale le versioni a stampa ed elettroniche di ICD-10 aggiornata. Cosa cambierà, in pratica?
Tecnicamente la classificazione è un'organizzazione logica di concetti gerarchici, una sorta di scatola cinese
per cui i concetti più fini sono nella scatola più piccola che appartiene alla scatola più grande e così di
seguito. Le diverse scatole sono i capitoli, a loro volta divisi in blocchi, a loro volta comprendenti i concetti con
cui si denominano le malattie e i motivi di ricorso ai servizi sanitari. I capitoli possono riferirsi agli apparati del
corpo (per esempio: neurologico) o alle cause di malattia (per esempio: infettive), come già si verificava nelle
versioni precedenti. Di fatto non cambierà molto la struttura. È il sistema di codifica che sarà diverso, non più
numerico, ma alfanumerico, e verranno riconcettualizzate alcune malattie: per esempio, c'è stato un lungo
lavoro dell'Oms sulla riclassificazione dei tumori, tenendo il passo con le evoluzioni della medicina. Il lavoro
riguarderà anche le malattie rare.... Man mano che il processo di aggiornamento ICD-10 internazionale
procede e una proposta di aggiornamento di una malattia rara viene accolta da tutto il processo di
aggiornamento, questa entra nella classificazione internazionale. La cosa interessante è che l'Oms sta già
preparando una nuova versione, l'XI revisione, che è ancora diversa dalla X. Questo vuol dire che la
riclassificazione sarà già superata ancora prima di nascere? No, proprio per evitare questo problema, dato
che l'Italia era rimasta un po' indietro e noi conosciamo il processo in atto, abbiamo pensato di avvantaggiarci
tenendo conto del lavoro dell'Oms e di altri Paesi che da anni aggiornano la classificazione delle malattie. Il
Progetto It.DRG è ambizioso perché non vuole solo usare il sistema ICD-10 aggiornato
al 2014, ma vuole arrivare ad una modifica clinica, arricchendosi di termini più specifici o più usati in un paese
alla classificazione madre, con alcune regole, come il divieto di modifica della gerarchia dei termini, il lavoro
sul dettaglio tecnico dal quarto carattere in avanti (cioè si possono aggiungere dei dettagli che nell'ambito
dell'albero classificatore si chiamano foglie) e così via. Si prevede di definire una versione modificata che
tenga conto innanzitutto dell'ICD-11, per cui se ci sono termini più specifici che ICD-11 ha già usato e si
ritiene che possano essere utili nella revisione clinica italiana, noi li potremo incorporare; inoltre se ci sono dei
termini più specifici che altre modifiche cliniche di ICD-10, per esempio l'australiana, la canadese o la
tedesca, hanno usato, li potremo utilizzare in modo da non inventare nuovi termini. Poi, qualora dovessimo
concepire noi per primi nuovi termini, li potremo proporre all'Organizzazione Mondiale della Sanità perché
potrebbero risultare interessanti anche per la comunità internazionale. Abbiamo quasi completato il lavoro
sull'ICD-10 base aggiornato: è pressoché pronta la versione elettronica, che tra l'altro è possibile manutenere
nel tempo, mentre c'è ancora da fare sulla produzione della modifica clinica. Che ricadute avrà il
ProgettoIt.DRG per l'Italia? Il progetto vuole unire un insieme di classificazioni. Di per sé la classificazione
delle diagnosi aggiornata è vantaggiosa perché si producono dati confrontabili con il resto del mondo; tra
l'altro noi abbiamo messo a punto dei software di transcodifica automatica, da ICD-9CM a ICD-10 e già
potremmo produrre dei dati italiani in ICD10 per la confrontabilità internazionale del dato, e questo è un
vantaggio che l'Italia può avere anche ora che sta usando un'altra versione della classificazione. Inoltre i Drg
italiani saranno tarati con i pesi definiti dal gruppo di lavoro che fa capo al Ministero della Salute, che saranno
italiani e non più americani. L'altra novità riguarderà la manutenzione, perché mentre adesso siamo legati a
software house esterne, con il Progetto It.DRG l'Italia svolgerà un ruolo attivo e prenderà in mano le redini:
forse è questa la vera rivoluzione.
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Orizzonti energetici per l'ospedale
Auna maggiore sensibilità e attenzione all'impiantistica per la produzione e trasformazione di energia deve
corrispondere altrettanta attenzione all'efficientamento dell'involucro e alla gestione della struttura, per poter
garantire un reale miglioramento del bilancio energetico.
MADDALENA BUFFOLI, STEFANO CAPOLONGO, CHRISTIAN LONGHIN archite
Il termine austerity è entrato prepotentemente nel nostro linguaggio comune, soprattutto grazie alla sua
ricorrenza nei comunicati e nelle interviste a esponenti, più o meno noti, dei governi e dell'economia mondiale
e nostrana. Oggi questa parola è in grado di evocare lo spettro della finanza più temuta, in realtà essa giunge
dal nostro recente passato, memoria - sopita - di una profonda crisi energetica che si ebbe a cavallo tra il
1973 e il 1974. Per una serie di eventi simultanei, buona parte del mondo occidentale di allora si ritrovò a
pagare il prezzo di una forse eccessiva dipendenza dal petrolio: le luci affievolite, le attività serrate, le insegne
spente, divennero il simbolo di una nuova forma di "coprifuoco". Le strade non videro più il dominio
incontrastato delle automobili. Le città divennero spettrali lande, un deserto traversato dagli (ex) automobilisti
ora appiedati, tra cui facevano capolino, di tanto in tanto, variopinti personaggi sui pattini o novelli cavalieri.
Fu, insomma, un evento tale da cambiare per sempre le abitudini popolari. Presto, però, le recenti tecniche di
estrazione petrolifera e la scoperta di nuovi giacimenti, restituirono fiducia ai consumi: i cittadini tornarono a
essere più assorbiti dalla staffetta Andreotti-Rumor al timone del Paese, dall'epidemia di colera sul suolo
natio e dalle preoccupazioni per le bombe degli estremismi rossi o neri. In breve, ci si dimenticò del rigore dei
tempi da poco trascorsi e, con essi, delle nuove correnti di pensiero sulle energie alternative, sulla
razionalizzazione e sul risparmio delle risorse, sugli impatti ambientali e sulla sostenibilità delle attività
umane. Idee avanzate, purtroppo emerse in un contesto non poi tanto maturo. Sono trascorse oltre quattro
decadi da quei giorni, eppure ora è possibile affermare fosse solo un inizio. La spregiudicata deregulation
reaganiana, acclamata negli anni '80 dello scorso secolo come il trionfo del liberismo economico, ha portato
all'impoverimento progressivo delle nazioni, ha acutizzato le sempre latenti tensioni sociali e ha lasciato conti
salati da saldare, a carico delle future generazioni. È ovvio che non si può paragonare il mondo dell'austerity
petrolifera con quello odierno - e non è dato sapere se questo sia un bene oppure un male -, certo però
l'attuale corsa all'abbattimento dei consumi fa eco agli accadimenti degli anni '70 del XX secolo. Non cambia
nemmeno la motivazione che spinge alla ricerca di una soluzione, imputabile più ai bilanci asfittici delle
aziende ospedaliere che non a una rinnovata coscienza ecologica. Il cambiamento climatico, è evidente, sarà
uno dei grandi temi del XXI secolo; tuttavia, nonostante sia un argomento tra i più dibattuti a livello mondiale,
si conosce relativamente poco dei reali meccanismi del riscaldamento globale e le effettive ricadute
ambientali sul medio-lungo periodo non vanno al di là delle ipotesi. Le argomentazioni naturalistiche non
paiono sufficientemente forti per incidere sugli interessi dominanti, come il meno prosaico incremento della
spesa pubblica destinata alla sanità, motivo di seria preoccupazione nell'ambito dei sistemi economici,
continentali e non. Proiezioni ufficiali (10) mettono in guardia sull'aumento dei costi prospettati, che
potrebbero raggiungere l'8,5% del Pil europeo, considerando il solo invecchiamento della popolazione (nel
2010 è stato del 7,2% complessivo). Molto spesso del tutto ignorati sono invece gli alti costi indiretti, correlati
all'uso dei carburanti fossili per la produzione energetica: per ogni Terawatt/ora prodotto dal carbone nelle
centrali, in Europa muoiono 24,5 persone; collateralmente, altre 255 contraggono gravi malattie, alcune tali
da comportare anche il ricovero, e ben 13.288 presentano una casistica di minore entità (8). Non è difficile
immaginare come tagli di budget a scapito delle fonti energetiche rinnovabili, potrebbero impattare in un
modo più subdolo, ma comunque devastante, sui bilanci delle strutture. Nuova medicina, nuova tecnologia La
crisi finanziaria, ancora viva e attuale, mal si concilia con una sanità in fase di transizione, rapida ed epocale,
verso una nuova dimensione della cura e dell'approccio al paziente. La misura dell'importanza di un ospedale
si è prepotentemente spostata dal numero dei posti letto disponibili alla qualità della prestazione e della
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PROGETTAZIONE
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ricerca da esso garantite. Non si parla più di meri contenitori di funzioni, serviti da percorsi e impianti, bensì di
organismi in costante ridefinizione, in termini di spazio, di mezzi e di tutto ciò che possa essere concepito per
rispondere a esigenze sempre più sentite di qualità e comfort. Le strutture di cura offrono un sempre
maggiore ventaglio di servizi, di possibilità, e incorporano divisioni un tempo nemmeno immaginate
(informatica, comunicazioni, controllo ambientale, apparati di trasporto e sollevamento automatizzati ecc.).
All'evoluzione e all'esigenza tecnica fa eco un aumento delle richieste di energia, parallela a una necessità di
ridondanza per poter affrontare anche le condizioni di emergenza. Tale situazione fa sì che le energie
alternative vengano erroneamente considerate discontinue e dunque poco applicabili al settore sanitario dove
attrezzature di grado avanzato esigono un'alimentazione elettrica continua e ininterrotta. In realtà, a esigere il
più alto contributo in termini di alimentazione non sono le apparecchiature all'avanguardia, bensì gli specifici
assetti prestazionali, di illuminazione e di climatizzazione in primis, richiesti per mantenere elevati gli standard
sanitari: il solo condizionamento dell'aria estivo e invernale impegna, infatti, dal 50% al 70% del bilancio
energetico (6). Risulta quindi evidente che a una maggiore sensibilità e attenzione all'impiantistica per la
produzione e trasformazione di energia debba corrispondere altrettanta attenzione all'efficientamento
dell'involucro e alla gestione della struttura, per poter garantire un reale miglioramento del bilancio energetico.
I problemi sono, più spesso, di ordine pratico, su fattori quali l'effettiva disponibilità di risorse naturali o
ecocompatibili, le politiche nazionali o comunitarie in materia di energia ed efficienza, la fattibilità e la
sostenibilità economica degli interventi, la differenza di potenziale tra ospedali insediati anche sul medesimo
territorio, il grado di maturità della filiera tecnica responsabile per l'installazione, la manutenzione o
l'erogazione (9). Le strade nuove sono sempre le più faticose da percorre e i dubbi è senz'altro lecito
sorgano. Tuttavia, le difficoltà non devono costituire un deterrente o, peggio, un alibi per non cominciare a
orientarsi verso nuovi orizzonti. Le possibilità e le opportunità offerte oggi dalle energie alternative e
dall'efficientamento energetico sono tanto sconfinate quanto più articolati ed esigenti divengono i progetti,
specie nel caso di un ospedale: edificio altamente complesso e tradizionalmente energivoro. In questi casi un
edificio capace di autosostentarsi a livello energetico diviene una sfida ambiziosa e importante. Verso energie
efficienti e rinnovabili In sanità gli Usa sono stati i fautori delle prime iniziative finalizzate all'incentivazione
delle energie rinnovabili. Nel 2003 l'American Society for Healthcare Engineering pubblicò le prime linee
guida "verdi" per gli ospedali, "The Green Guide for Health Care", costantemente aggiornate grazie alle
numerose sperimentazioni ancora attive sul suolo americano. Non di meno, diversi enti stanno
autonomamente aderendo al programma Leed (Leadership in Energy and Environmental Design), un sistema
di valutazione dell'impronta ecologica e dei consumi energetici sviluppato dallo U.S. Green Building Council.
Questo avanzato strumento di valutazione ha una specifica applicazione rivolta al settore sanitarioospedaliero, accolto e implementato non solo entro il contesto nazionale "di nascita". Tale strumento, il Leed
Healthcare vede un momento di grande diffusione e molti istituti ospedalieri di livello, soprattutto europei, si
sottopongono volontariamente al rigoroso iter di certificazione, per dimostrare tramite uno dei livelli
conseguibili (certified, silver, gold e il prestigioso platinum), l'alto livello di eccellenza e qualità della struttura.
In questo contesto, al momento, spicca la pressoché totale assenza di enti ospedalieri italiani certificati; la
divisione "Green Building Council" Italia non annovera infatti alcun ospedale tra gli edifici certificati. Anche
l'Europa ha voluto introdurre politiche e misure volte al contenimento dei consumi di energia. Nel 2001, l'Ue
ha avviato il progetto "EU Hospitals", orientato allo sviluppo di progetti di sfruttamento delle energie
rinnovabili e al contenimento dei consumi energetici nei centri di cura. Capitolo a parte riguarda invece il
Regno Unito, da tempo sulla breccia dell'efficienza energetica, anche in sanità, come dimostrato dalle più
recenti realizzazioni ospedaliere e dall'obbligatorietà della certificazione Breeam Healthcare (BRE
Environmental Assessment Method, dove l'acronimo iniziale sta a indicare uno dei membri fondatori dello UK
Green Building Council). È utile, a questo punto, fornire qualche dato sulla condizione delle strutture destinate
alla cura in Europa. Sono circa quindicimila gli ospedali, supportati da un numero indefinito di cliniche o altri
luoghi della salute; da soli, i grandi poli sono responsabili di circa il 5% delle emissioni di CO2 euro-asiatica.
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Di tutti questi centri, alcune realizzazioni sono relativamente recenti ma, soprattutto in realtà come quella
italiana, il parco ospedaliero appare inesorabilmente vetusto, dal punto di vista concettuale, strutturale e
tecnologico. Per la stragrande maggioranza urge infatti, se non una progettazione ex novo dell'organismo
architettonico, per lo meno di un radicale intervento di conversione o sostituzione degli impianti di produzione
energetica. Risulta inoltre importante evidenziare che, oltre a cambiare e rinnovare, si devono orientare le
scelte tecnologiche e progettuali verso una reale innovazione, sostenibilità e essibilità perché talvolta - vuoi
per una conclamata resistenza alla novità vuoi per vincoli endogeni - sono stati comunque ripresi schemi e
impianti già obsoleti, privi di essibilità o non adeguati alle esigenze future. A proposito dell'ultimo punto,
l'agenda strategica "Europa 2020", nella parte circa le misure a contrasto al climatic change, stabilisce una
riduzione del 20%, rispetto ai valori del 1990, delle emissioni dei gas serra, un 20% dell'energia prodotta
nell'Ue proveniente da fonti rinnovabili e un equivalente aumento dell'efficienza energetica (9). Con una tale
premessa, viene da chiedersi quale dotazione odierna sarebbe in grado di rispondere efficacemente, già
oggi, agli scenari ipotizzati per l'anno 2020? Un'incognita non di poco conto. E non l'unica. Entrando
maggiormente nel merito del panorama giuridico, nel 2004 il Parlamento Europeo ha approvato la Direttiva
2002/91/CE sul rendimento energetico, a rinnovo dell'impegno assunto, sin dagli anni '90 del secolo XX, sul
fronte dell'efficienza energetica, con esiti a dire il vero non esaltanti; recepito dagli ordinamenti dei Paesi
membri, inclusa l'Italia con il D.lgs. 192/2005 e sue successive modifiche, questo regolamento ha dato vita
alla procedura di certificazione energetica degli edifici. Il decreto prevede, in caso di nuova edificazione o
sostanziali modifiche al costruito, di compravendita o di locazione, l'emissione di un Attestato di Prestazione
Energetica (APE, ex ACE), redatta in funzione di una procedura istruita a livello regionale, qualora esistente,
oppure nazionale conforme a norme UNI; il procedimento valuta anche l'ammontare di energia prodotta da
fonte rinnovabile, in parte scorporandola dall'energia primaria, in parte dandole evidenza specifica, come
l'energia ottenuta da impianto fotovoltaico. In alcune Regioni, come la Lombardia, richiedono espressamente
per tutti gli edifici pubblici o a uso pubblico superiori a 1000 mq il rilascio della c.d. "targa energetica", una
placca metallica su cui è riportata la classe energetica (indicatore della prestazione) d'appartenenza
dell'edificio. Anche le strutture sanitarie avrebbero dovuto conformarsi ai disposti di legge e pertanto essere
certificate nel breve termine; tuttavia vi sono difficoltà di applicazione, per via della complessità delle tecniche
di valutazione, non studiate e calibrate nell'ambito socio-sanitario. Il più recente D.lgs. n. 28 del 3 marzo
2011, in attuazione della Direttiva 2009/28/CE, mira alla promozione dell'uso di energia proveniente da fonti
rinnovabili, con l'obiettivo di raggiungere per il 2020 (anno senza dubbio giudicato cruciale, per la politica
energetica comunitaria) una copertura nazionale sul consumo lordo finale pari al 17%. L'art. 2 del D.lgs. n.
28/2011 esplicita come sole fonti rinnovabili la solare, l'eolica, l'idraulica, l'aero-termica, la geotermica,
l'idrotermica e ancora derivanti dallo sfruttamento del moto ondoso, della biomassa, del biogas, dei gas di
discarica e residuali dei processi di depurazione. All'art. 11, la norma impone l'integrazione di fonti
energetiche alternative negli edifici di nuova costruzione e in quelli esistenti sottoposti a ristrutturazioni
rilevanti. Sempre riguardo alle fonti rinnovabili, dal 31 maggio 2012 sono richieste coperture pari al 50% del
fabbisogno di energia termica per la produzione di acqua calda sanitaria (ACS) e, contemporaneamente,
oscillante tra il 20% e il 50% per il riscaldamento e il raffrescamento, a seconda dell'anno di presentazione del
Permesso di Costruire; è prescritta, infine, l'installazione di impianti elettrici alimentati da fonti rinnovabili di
potenza (P) proporzionata alla superficie in pianta dell'edificio (S), mediante la relazione P = S/K, con K
variabile sempre in relazione alla documentazione concessoria. Per tutti gli edifici pubblici, ivi includendo gli
ospedali, i valori devono essere incrementati del 10% (7). Pur essendo chiare le motivazioni di quanto
disposto dal legislatore, la pratica è ancora ben lontana dal vedere un'effettiva rispondenza. In effetti, è
oggettivamente difficile trovare edifici pubblici con apposta la c.d. "targa energetica", come perentoriamente
stabilito per legge; men che meno fanno eccezione i più grandi progetti della collettività, gli ospedali, già
costruiti ma anche in fase di gara, in una sostanziale deroga che li priva di una "trascinante" valenza di
esempio e guida. La strada del successo Esistono, indubbiamente, aspetti ancora da migliorare per quanto
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riguarda l'ambito nazionale per lo meno; su tutti, la mancanza di una specifica modalità di valutazione delle
strutture sanitarie, basata sulle reali esigenze dell'organismo architettonico e dell'apparto organizzativo di una
moderna struttura sanitaria. La strada intrapresa, però, lascia intendere come la sostenibilità e l'efficienza
energetica siano traguardi alla nostra portata, purché vi sia la lungimirante orchestrazione di abili politiche
incentivanti e una cultura del progetto e della gestione orientata al dare risposte concrete e valide nei
confronti di una sanità in rapida evoluzione, di un quadro socio-economico coinvolto in una crisi sistematica e
di un equilibrio naturale sull'orlo dell'irreversibilità delle conseguenze. Dei risultati inaspettati ai quali può
condurre una "etichettatura" della virtuosità di un ospedale dà dimostrazione il Bund-label "Energy Saving
Hospital" (B für Umwelt und Naturschutz Deutschland), premio creato nel 2001 e destinato alle strutture
sanitarie in grado di dimostrare un'inappuntabile condotta a favore della sostenibilità. L'Associazione
Internazionale Amici della Terra (di cui il Bund è la ramificazione tedesca) ha stimato come, attraverso il
contenimento dei consumi energetici e l'uso di fonti eco-sostenibili, gli ospedali insediati in Germania
potrebbero globalmente tagliare le proprie emissioni fino a 6 milioni di tonnellate annue di CO2. Da questo
assunto - insieme alla visione degli istituti di cura, nella loro veste di architetture sociali, pubbliche, come
modelli da imitare - trae origine il Bund-Label, valido per 5 anni dalla data di emissione, concesso unicamente
agli ospedali con esperienza operativa in materia di contenimento energetico, che abbiano raggiunto per lo
meno due dei seguenti obiettivi: • riduzione delle emissioni di anidride carbonica di oltre il 25%; • riduzione del
consumo energetico rispetto ai valori medi del VDI 3807 (Direttiva sui consumi energetici varata dal Verein
Deutscher Ingenieure, l'associazione degli ingegneri tedeschi); • ottimizzazione del consumo di energia sul
lungo periodo per edifici di nuova realizzazione; • attuazione della gestione energetica. Per rinnovare e
mantenere la certificazione per i successivi 5 anni, l'ente sanitario dovrà dare prova del circolo virtuoso,
riducendo almeno del 5% i propri consumi entro la fine di questo arco temporale. Tutti i partecipanti possono
comunque disporre di una piattaforma di apprendimento, una comunità virtuale al cui interno scambiarsi
consigli, informazioni ed esperienze significative. A oggi sono 42 gli ospedali che si sono visti attribuire il
prestigioso riconoscimento, strutture nelle quali sono state introdotte diverse misure: dalle più blande migliorie
di isolamento e controllo ambientale, alla sostituzione dei vecchi impianti di riscaldamento (funzione che, da
sola, pesa per circa il 70-80% sul bilancio energia degli ospedali teutonici) con moderni sistemi di
cogenerazione; dall'incremento dell'illuminazione naturale all'installazione di pannelli fotovoltaici (l'elettricità,
responsabile di solo 1/5 del consumo energetico, incide sui costi per il 50%). Attualmente l'insieme delle
strutture sanitarie con riconoscimento Bund, ha complessivamente ridotto le spese di quasi 9 milioni di euro e
tagliato le emissioni di CO 55.000 tonnellate. La pianificazione sul lungo periodo, soluzione spesso del tutto
trascurata, può portare notevoli risultati anche in caso di estrema obsolescenza delle architetture per la salute
- un fenomeno più che conosciuto nel nostro Paese -, come testimoniato dal trust (una forma giuridica
anglosassone di affido degli immobili, derivante dalla equity) per pazienti acuti della Nottingham University,
chiamato NHS, tra i più grandi del Regno Unito. Il fondo si trova ad affrontare sfide particolarmente difficili,
connesse all'aumento dei costi energetici, alla tassazione in vigore sulle emissioni di gas serra (obiettivo del
governo britannico è la riduzione delle emissioni rispetto al 1990 del 34% per il 2020 e del 80% per il 2050) e,
ovviamente, alla essibilità richiesta alle strutture da una sanità lanciata verso nuovi orizzonti scientifici.
Quest'ultimo è decisamente il punto con maggiori criticità, in quanto il trust assoggetta un cospicuo numero di
edifici vecchi e inefficienti, con l'ulteriore complicazione del valore storico posseduto da alcuni di essi. Per
esempio: il principale sito nel centro di Nottingham è costituito da 167 edifici di differenti epoche costruttive,
con un impianto primario di produzione calore a carbone ormai al termine della sua vita utile e un esorbitante
conto energetico di 4 milioni di euro. Come prima ipotesi di conversione della centrale termica è stato
consigliato un sistema combinato calore-energia a biomasse ma, nonostante la plausibile riduzione di
emissioni e una significativa riduzione dei costi, è apparso subito chiaro non sarebbero stati raggiunti
soddisfacenti standard di adattabilità sul lungo termine. L'organo decisionale del trust ha allora optato per una
procedura, per ottenere una soluzione energetica integrata a ultra-basse emissioni di anidride carbonica
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nonché "affidabile, di facile manutenzione, sufficientemente essibile per soddisfare le esigenze variabili dei
servizi sanitari nei prossimi 20 anni"; l'incarico ha visto il coinvolgimento della Rete Europea per gli appalti
pubblici ed è stata basato sulla presentazione delle soluzioni da parte della stessa filiera produttiva, in
risposta a un bisogno classificato come "non soddisfatto". Dopo la pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale
dell'Ue, ben 65 pareri sono pervenuti, da uno stuolo di operatori altamente specializzati: le risposte sono
andate ben oltre l'offerta di collaudate alternative all'impianto centralizzato - nell'occasione confermatosi
inadatto - ma hanno saputo restituire precise informazioni circa il mercato esistente e, soprattutto, un quadro
esaustivo delle possibilità di finanziamento delle opere. La lettura di una soluzione non è mai univoca e va
interpretata secondo i tempi, le condizioni e il contesto. Cosa scegliere, allora, quando arriva il momento di
decidere tra una nuova costruzione e il recupero di una vecchia struttura? Non esiste una "ricetta" da seguire,
in verità, nonostante certi dati risultino talmente eclatanti da divenire fattori potenzialmente risolutivi: potrebbe
sorprendere sapere come un anno di gestione di un ospedale di non recente realizzazione abbia costi per la
collettività del tutto paragonabili alla realizzazione di un edificio completamente nuovo (11), senza contare i
ridotti consumi conseguenti. In conclusione, sebbene innegabilmente sia da privilegiare l'edificazione ex novo
nella probabile eventualità in cui l'edificio fosse energivoro e non essibile - magari, contestualmente, portando
subito a termine l'alienazione, la rifunzionalizzazione o la loro demolizione - non è detto che tale soluzione sia
da adottare sempre ogni occasione: è quindi importante valutare attentamente tutte le esigenze e le
specificità del caso, individuando la più opportuna maniera di agire.
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environmental in hospital: evaluation of consumptions and impacts of Health Facilities in Region Lombardia .
Ann Ig. 2010 Nov-Dec; 22(6):563-73. Italian 3) Buffoli M, Nachiero D, Capolongo S. Flexible healthcare
structures: analysis and evaluation of possible strategies and technologies . Ann Ig. 2012 Nov-Dec;
24(6):543-552 4) Buffoli M, Capolongo S, Bottero M, Cavagliato E, Speranza S, Volpatti L. Sustainable
Healthcare: how to assess and improve healthcare structures' sustainability . Ann Ig. 2013 Sep-Oct;
25(5):411-8 5) Buffoli M, Gola M, Rostagno M, Capolongo S, Nachiero D. Making hospitals healthier: how to
improve sustainability in healthcare facilities . Ann Ig. 2014 Sep-Oct; 26(5):418-25 6) Buffoli M. Energie
Rinnovabili: cosa dice la legge . Tecnica Ospedaliera n. 6, giugno 2012, pagg. 26-28 7) Capolongo S.,
Edilizia ospedaliera, approcci metodologici e progettuali , Hoepli, Milano, 2006 8) Evidenza scientifica degli
effetti sulla salute derivanti dall'utilizzo del carbone nella produzione di energia , Health Care Without Harm,
Università di Chicago (Usa), 2012 9) Guida all'energia rinnovabile per gli ospedali europei - Verso ospedali a
zero emissioni di CO2 con sistemi di energia rinnovabile , RES Hospitals - Intelligent Energy Europe
Programme of the European Tour 10) Rapporto 2012 sull'invecchiamento - Proiezioni economiche e di
bilancio per i 27 Stati Membri dell'Ue (20102060) , E.U.C., 2012 11) Ricerca del cluster in Design of Health
Facilities , Politecnico di Milano
Foto: Istituto Europeo di Oncologia: ambiente diagnostico tecnologico
Foto: Istituto Gustave Russeau, Parigi: realizzazione della nuova piastra diagnostica a supporto dell'obsoleto
ed energivoro monoblocco
Foto: A sinistra dell's Children Medical Center (Usa): primo ospedale certificato Leed platinum A destra
Nuovo Ospedale dei Bambini di Parma: esempio di edificio di nuova realizzazione energeticamente efficiente
Foto: Ospedale della Versilia: uno dei pochi ospedali in Italia con Certificazione Energetica
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Reeingeneering dei sistemi di monitoraggio degli eventi sentinella
L'obiettivo è migliorare l'assistenza e diffondere una cultura di percezione del rischio del personale
dipendente dell'Azienda Ospedaliera Ospedali dei Colli di Napoli.
La sicurezza del paziente è uno dei fattori determinanti per la qualità delle cure, pertanto è uno degli obiettivi
prioritari del Ssn. Lo sviluppo di interventi effi caci è strettamente correlato alla capacità di valutare le criticità
dell'organizzazione e dei limiti individuali, richiedendo una cultura diffusa che consenta di superare le barriere
per l'attuazione di misure organizzative e di comportamenti volti a promuovere l'analisi degli eventi avversi e a
raccogliere gli insegnamenti che da questi possono derivare. La sicurezza del paziente si colloca quindi nella
prospettiva di un complessivo miglioramento della qualità e, dipendendo dall'interazione delle molteplici
componenti che agiscono nel sistema, deve essere affrontata attraverso l'adozione di pratiche di governo
clinico che consente di porre al centro della programmazione della gestione dei servizi sanitari i bisogni del
cittadino, valorizzando al contempo il ruolo e la responsabilità di tutte le fi gure professionali che operano in
sanità. Per molti anni si è tentato di trasferire in sanità le procedure di sicurezza progettate per altri settori
(aviazioni, centrali nucleari ecc.) ma, al contrario di essi (caratterizzati da un'impronta in prevalenza
"meccanicistica"), nel settore sanitario prevale il fattore umano, nel contempo risorsa e criticità. Infatti, se da
una parte l'adattabilità dei comportamenti, la dinamicità e la complessità delle relazioni interpersonali sono
prerogative fondamentali delle risorse umane all'interno del sistema, esse costituiscono allo stesso tempo un
fattore critico, perché le dinamiche di lavoro sono complesse, la "performance" individuale variabile e,
soprattutto, i risultati dei processi non sempre sono prevedibili e riproducibili. Il progetto ha l'obiettivo di
adottare all'interno dell'Azienda un sistema di Programmazione, Controllo e Valutazione delle Performance
centrato sull'integrazione tra pratiche di buon governo clinico e governo economico, in una logica di
responsabilizzazione sui risultati di tutti gli operatori coinvolti. Il contesto di riferimento Il rischio clinico esiste e
occupa regolarmente le prime pagine dei quotidiani in occasione di denunce per errori nelle cure. Parlare di
rischi derivanti dalle cure è sempre un tema delicato per molte categorie di persone. È argomento delicato
per i pazienti, che si affidano alle cure mediche essendo più o meno consci del fatto che le cure comportano
alcuni pericoli, cognizione che spesso viene messa a tacere perché in conitto con il concetto comune che le
cure servono a guarire dalle malattie e non già a determinare nuovi possibili problemi di salute. È un tema
delicato per i medici, sempre più angosciati dalla possibilità di commettere errori, creare danni ed essere
coinvolti in contenziosi giudiziari. In tutti i casi l'errore umano viene grandemente favorito, se non addirittura
direttamente determinato, da una serie di condizioni organizzative (in genere poco o per nulla controllabili da
chi materialmente commette l'errore) che nascono a due livelli: quello della cosiddetta "prima linea" e quello
"dei piani alti" dell'organizzazione. A livello della "prima linea" (interfaccia uomo sistema o paziente-medico) le
condizioni di lavoro più a rischio sono: • gli ambienti fortemente dinamici, • le troppe e diverse fonti di
informazioni, • il cambiamento frequente di obiettivi, • la scarsa chiarezza degli obiettivi, • l'uso di informazioni
indirette o riferite, • il passaggio rapido da situazioni di stress elevato a situazioni routinarie, • l'uso di
tecnologie avanzate e complesse, • la coesistenza di priorità differenti, • la presenza di più leader in
competizione tra loro. A livello "dei piani alti" le condizioni che agiscono negativamente sulla "prima linea"
sono: • interazioni non ben regolate tra gruppi professionali diversi, • scarsa chiarezza del sistema delle
regole, • compresenza di norme conittuali, • cattiva progettazione dell'organizzazione, • scarsa o nulla
attenzione alle politiche della sicurezza, • disinteresse per la qualità. L'obiettivo L'obiettivo è verifi care l'effi
cacia delle azioni di monitoraggio dei fattori di rischio, verifi care la capacità predittiva degli strumenti di
valutazione del rischio scelti dalla Direzione Sanitaria Aziendale e abbattere l'incidenza del fenomeno
nell'ambito. Le attività vede coinvolto il personale del comparto così suddiviso: area amministrativa, area
tecnica, area professionale, area sanitaria. Team di coordinamento Il progetto ha coinvolto tutto il personale
suindicato coordinato da un team di lavoro costituito da: direttore sanitario, direttore medico di presidio,
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SICUREZZA
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direttore amministrativo, direttori/dirigenti responsabili delle Uo di servizio direttamente coinvolti nel progetto
(Controllo di Gestione, Nucleo di valutazione, Risk Management, Sistema informativo statistico
epidemiologico, Servizio infermieristico, Servizio tecnico ecc.). Il progetto Il progetto ha previsto lo sviluppo di
due linee d'azione: la sicurezza in sala operatoria, la prevenzione delle cadute in ospedale. La sicurezza in
sala operatoria La sicurezza in sala operatoria si contraddistingue per la complessità intrinseca
caratterizzante tutte le procedure chirurgiche, anche quelle più semplici, per tali motivi il Ministero della
Salute, nell'ambito delle attività per promuovere la qualità e la sicurezza delle cure, ha pubblicato un manuale
che comprende specifiche linee guida e check list, elaborate dall'Oms nel programma "Safe Surgery Saves
Lives", adattate al contesto nazionale. La Regione Campania, nell'ambito delle azioni messe in atto per la
gestione del rischio clinico, con nota n. 0615862 del 8/8/2011 e nota n. 003454560 del 17/01/2012 ha chiesto
alle Aziende Sanitarie l'adozione del Manuale di Sicurezza per le sale operatorie. In ordine a quanto richiesto
dalle citate note regionali e in coerenza con quanto indicato dal Ministero della Salute questa Ao ha
provveduto a realizzare il Manuale della Sicurezza di sala operatoria. Il Manuale rappresenta uno strumento
costruito nella logica del miglioramento della sicurezza e della qualità e, pertanto, ha rappresentato il primo
strumento operativo attraverso il quale si è poi determinata l'elaborazione del progetto pilota sperimentale
costruito su specifiche e diverse fasi, precisamente: a) l'analisi, della durata di 4 mesi, che ha riguardato
quale unità pilota l'area di Cardiochirurgia attraverso la quale si sono identificati i punti di forza e di debolezza
dell'organizzazione per attivare un piano di azioni conseguente e parametri di valutazione. Pertanto nella
prima fase sono stati individuati gli obiettivi di miglioramento necessari per ottenere un ampio consenso e una
piena contestualizzazione delle raccomandazioni (verifica analisi e condivisione); b) la progettazione e
relativa attuazione, della durata di 8 mesi: attraverso la condivisione del manuale si è uniformata
l'organizzazione delle diverse articolazioni aziendali (Uo); c) la valutazione finale rispetto ai risultati raggiunti e
definizione di un piano di monitoraggio continuo, propedeutico all'adozione di un sistema di buone pratiche
specifiche. Durante tutta l'attività si sono rafforzati il coinvolgimento e la cooperazione tra tutti i soggetti
interessati: obiettivo a latere è mettere in atto un processo continuo di miglioramento che renda automatica la
periodica revisione e implementazione dell'organizzazione aziendale. La prevenzione delle cadute in
ospedale Il progetto consente di descrivere e monitorare nell'intero periodo: • i fattori di rischio correlabili
all'evento caduta, • i soggetti a rischio di caduta, • l'incidenza delle cadute. Epidemiologia delle cadute Le
cadute sono un problema di significativa importanza nell'ambito del ricovero in ospedale dei pazienti,
soprattutto anziani. A seguito dell'evento caduta, oltre ai danni fisici, l'anziano sviluppa un forte senso di
insicurezza che lo induce a limitare l'attività fisica compromettendo la propria autonomia e la qualità di vita. Si
stima che circa il 14% delle cadute in ospedale sia classificabile come accidentale, l'8% come fisiologico
imprevedibile, mentre il restante 78% rientrerebbe tra le cadute fisiologiche prevedibili. Gli esiti correlati
all'evento caduta rappresentano per le strutture ospedaliere e residenziali una causa di maggiorazione dei
costi dovuti al prolungarsi della degenza e alle procedure diagnostiche e terapeutiche necessarie (SmartiK,
2004; Morse, 1989). In Gran Bretagna un terzo della popolazione sopra i 65 anni cade e metà di questi
soggetti cade almeno due volte (Swift, 2001). Per l'anno 1997 la stessa fonte riferisce che il 67% delle morti
accidentali nelle donne sopra i 65 anni è dovuta a cadute. Metodologia adottata A ogni attività è stato
associato un rischio specifi co. Il fatto che durante la conduzione dell'attività si manifesti un evento
indesiderato è in relazione a due componenti: • rischio intrinseco connesso all'attività, • rischio estrinseco
connesso alla capacità organizzativa e di gestione. Questa fase del progetto sarà elaborata secondo la
metodologia HMFEA. Ciascun errore sarà contraddistinto da uno specifi co colore: • rosso, riferibile agli
aspetti tecnico strutturali; • verde, riferibile ad aspetti organizzativi; • azzurro, riferibile ai comportamenti
individuali. A ciascun errore è stato assegnato un punteggio riferito alla gravità degli esiti determinati
dall'errore, alla probabilità che l'errore si verifi chi, alla possibilità oggettiva di rilevare l'errore stesso. Sulla
base dei valori assegnati a ciascuna delle tre voci è stato calcolato l'indice di priorità di rischio. Per ciascun
errore sono stati infi ne individuati i possibili correttivi. I dati sono stati ricavati anche dalle valutazioni
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effettuate per l'elaborazione del documento di valutazione dei rischi aziendali da parte del Servizio di
Prevenzione e Protezione. Per ogni singolo percorso di colore sono stati interessati i diversi operatori delle
aree interessate per ridurre le aree di pericolosità. È stato previsto quindi un modello di valutazione dei rischi
a tutela dei pazienti, degli ospiti (familiari e fornitori/partners) e degli operatori con conseguente analisi di
fattibilità di processi e azioni che vadano a ridurre il contenzioso e le malattie. Gli strumenti usati Strumenti
utilizzati per le attività previste dal progetto sono stati: • procedure operative di sicurezza, • schede di
segnalazione evento, • specifi ci modelli di segnalazione guasti, • schede gestione del contenzioso, • cartella
infermieristica. Scenario e analisi fi nanziaria Il progetto è stato articolato nel corso dell'anno 2013 in quanto
l'Azienda dei Colli, nata dalla fusione degli ospedali Monaldi e Cotugno e dal presidio CTO, è da tempo
impegnata nel processo di reengineering aziendale sui temi della gestione del rischio nei confronti degli
stakeholders del sistema. Infatti già nell'Ospedale Cotugno, e maggiormente nell'azienda dei Colli, le azioni
progettuali sono state molteplici in quanto hanno rappresentato, e rappresentano, linea strategica
fondamentale dell'alta direzione. La stessa partecipazione al forum di Arezzo, dedicato alle tematiche in
premessa, che ci ha visti protagonisti dal 2011 a tutt'oggi con stand e "prodotti dedicati" è elemento di
distinzione aziendale. Si è pertanto ritenuto prioritario coinvolgere tutti gli operatori sulla percezione del
rischio (diretto e indiretto) promuovendo azioni e legando le stesse a una premialità diffusa che se dal punto
di vista economico non ha rappresentato per il singolo un riconoscimento particolarmente soddisfacente ha
invece garantito che la cultura aziendale della percezione del rischio permeasse e si stratifi casse in ogni
singola articolazione/ funzione aziendale. Il progetto ha trovato conclusione a fi ne anno 2013, ma la
Direzione continua a implementare azioni tese al total quality management riconoscendo al sistema un valore
aggiunto importante per la gestione sia delle attività di assistenza e cura che per quelle più tipicamente di
governance fi nanziaria. ANTONELLA TROPIANO direttore amministrativo, AO Ospedale dei Colli, Napoli
ANTONIO GIORDANO direttore generale, AO Ospedale dei Colli, Napoli MARIANO FUCCI tecnologo, AO
Ospedale dei Colli, Napoli
Personale del comparto individuato per il progetto Area di riferimento Compito Struttura amministrativa
Supporto alle attività di gestione: del contenzioso verifica e monitoraggio dati Ospedale Monaldi Ospedale
Cotugno Ospedale CTO Supporto alle attività: tecniche manutentive verifica e monitoraggio
strumentazioni/impianti verifica e monitoraggio ambienti Ospedale Monaldi Ospedale Cotugno Ospedale CTO
professionale Supporto alle attività: coordinamento interno Uo Ospedale Monaldi Ospedale Cotugno
Ospedale CTO Supporto alle attività: elaborazione dati verifica e monitoraggio Ospedale Monaldi Ospedale
Cotugno Ospedale CTO
FINALITÀ Migliorare la sicurezza del paziente e l'immagine dell'Azienda Organizzare il lavoro in modo più
congruente alle esigenze di operatori e clienti. La buona gestione della relazione con pazienti e familiari a
seguito di incidente, anche per attenuare il contenzioso.
Foto: Si stima che circa il 14% delle cadute in ospedale sia classificabile come accidentale, l'8% come
fisiologico imprevedibile, mentre il 78% rientrerebbe tra le cadute fisiologiche prevedibili
Foto: Gli esiti correlati all'evento caduta rappresentano per le strutture ospedaliere e residenziali una causa di
maggiorazione dei costi dovuti al prolungarsi della degenza e alle procedure diagnostiche e terapeutiche
necessarie
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Un nuovo modo per gestire il contenzioso MedMal
Nato dall'incontro tra la Fondazione Poliambulanza di Brescia e l'azienda Equipe, TaleteWeb verse
articolazioni della Fondazione e limitando al massimo il rischio di errore.
STEFANIA SOMARÉ
Uno degli aspetti che richiedono di essere innovati in ambito sanitario è la gestione del contenzioso MedMal,
un ambito che sempre più pesa sulle finanze delle aziende sanitarie a causa dell'aumentata abitudine a
"denunciare" da parte del paziente stesso o dei suoi parenti. Se quello dell'aumentato numero di denunce è
un problema, ce n'è un altro altrettanto importante da prendere in considerazione e riguarda la crescita
esponenziale dei premi richiesti dalle assicurazioni e della franchigia, ovvero la quota di danno che resta a
carico dell'assicurato. Ne sa qualcosa Tania Aida Caputo, dell'ufficio Affari Societari e Legali della
Fondazione Poliambulanza di Brescia, che conferma: «nel 2009 la franchigia per ogni sinistro a carico di
Poliambulanza era di 15.000 euro; da gennaio 2010, a seguito della disdetta della Compagnia e della ricerca
di una nuova copertura, la franchigia è salita a 200.000 euro per sinistro, aumentando ulteriormente di anno
in anno, arrivando agli attuali 1.250.000 euro. E ciò è successo non solo alla nostra Fondazione, ma a molte
altre strutture sanitarie. Probabilmente le assicurazioni avranno pensato che tutte le aziende sanitarie
avrebbero semplicemente pagato, senza cercare soluzioni alternative. Ma, almeno per quanto ci riguarda,
sbagliavano: senza preavviso e in modo repentino abbiamo deciso di lanciarci in un mondo "nuovo" per la
Fondazione, un po' meno per me che provengo dal settore industriale: la gestione dei sinistri in house invece
che in outsourcing». Tecnicamente si parla di Self Insurance Retention (S.I.R.). Ma di cosa si tratta? «In
sostanza», spiega Caputo, «è un cambio culturale nel quale è la stessa struttura sanitaria a istruire e a
gestire il sinistro, almeno sotto un determinato tetto di valore, concordato con la Compagnia. L'assicurazione
interviene solo per i sinistri che superano tale tetto. È chiaro che questo passaggio comporta dei cambiamenti
organizzativi all'interno della struttura sanitaria, partendo dalla necessità di accantonare fondi in bilancio per il
pagamento dei sinistri. Al tempo stesso, l'aver acquisito in house la responsabilità dei sinistri comporta
notevoli vantaggi, uno tra tutti quello di avere tutte le informazioni necessarie e gestire il sinistro. Infatti chi
meglio dell'azienda conosce i medici, i pazienti e le proprie procedure? Inoltre, con la S.I.R è possibile
raccogliere informazioni che consentono di migliorare l'azione del Risk Management e quindi di migliorare
continuamente l'azienda, l'operato dei medici, le procedure e la sicurezza dei pazienti in un'ottica di crescita
continua. Certo, ci sono voluti anni per riuscire a trasmettere il passaggio culturale, ma oggi i nostri medici, in
caso di contenzioso, riesaminano attentamente il proprio operato cercando di evidenziare al meglio e con
trasparenza i propri errori, il tutto con raccolta di letteratura - il che li fa crescere molto dal punto di vista
professionale - e coinvolgendo un medico legale esterno». Certo, un passaggio culturale di questo genere
richiede anche un'evoluzione organizzativa in cui i ussi delle informazioni possano viaggiare velocemente e in
modo sicuro, limitando al massimo le possibilità di errore. In particolare, «all'ospedale serviva che i dati
fossero immodificabili e tracciabili», ricorda Caputo. Ed è qui che è entrata in gioco la società Equipe Srl,
proprietaria di una piattaforma informatica funzionante con interfaccia web e produttrice di applicazioni
software rivolte alla governace di strutture sanitarie pubbliche e private, che ha potuto facilmente
comprendere quali fossero le necessità tecnico-informatiche di un ospedale che, come Fondazione
Poliambulanza, ha avviato un percorso di Self Insurance Retention, divenendo di fatto una sorta di
"liquidatore" interno alla struttura. Vediamo a cosa ha portato questo incontro. Da TaleteWeb una specifica
web-app per la Fondazione «Uno degli aspetti che più di tutti dovevamo sistemare», riprende Caputo, «era il
nostro database. Quello che avevamo era stato prodotto con Access e non era abbastanza essibile e
gestibile congiuntamente da più interlocutori, di fatto era un mero strumento di archiviazione interna. Era ben
strutturato, con un'ottima qualità di dati ma con scarsa attitudine a divenire uno strumento di lavoro condiviso
e tracciato». Ed ecco arrivare la società Equipe con la sua innovativa soluzione tecnologica TaleteWeb «nata
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RICERCA APPLICATA
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e sviluppata negli anni con l'intento di apportare un innovativo e incisivo contributo metodologico e
tecnologico al cliente», racconta l'ing. Gregorio Paccone, amministratore unico dell'azienda. «Si è quindi
pensato», interviene Caputo, «di sfruttare la piattaforma informatica esistente, che possedeva tutti i requisiti
di base per rispondere alle nostre criticità, quali tracciabilità delle registrazioni, utilizzo contemporaneo di più
utenti, facilità di alimentazione, dialogo con gli altri sistemi presenti in Poliambulanza, per costruire uno
strumento più evoluto, agile e completo tale da consentire una gestione quotidiana di tutte le informazioni e i
file necessari per il corretto espletamento delle pratiche di contenzioso, garantendo nel contempo la facilità di
estrazione e presentazione dei dati nelle diverse occasioni per i quali tali dati sono richiesti». In sostanza, «il
nostro è stato un intervento di personalizzazione che si è concretizzato in un progetto più ampio, finalizzato a
inserire le tecnologie informatiche negli ospedali. Quando si pensa a grandi strutture organizzative, come
sono gli ospedali, una delle principali problematiche è la comunicazione tra le diverse articolazioni, attori
indipendenti della loro organizzazione interna e che devono trovare il modo di parlare tra loro. La nostra
piattaforma punta a facilitare questa comunicazione e condivisione dei dati: una comunicazione che risulta
invece complessa anche se si usano sistemi gestionali tipo Access, che generano documenti che devono
essere poi inviati mezzo mail, con ussi che portano via molto tempo. Invece con TaleteWeb uno degli uffici
genera un dato, può essere visto direttamente anche dagli altri uffici. In sostanza si tratta di una piattaforma
che riunisce una serie di applicazioni gestionali e non solo. In questo modo tutti i processi di comunicazione si
velocizzano, la qualità delle informazioni passate aumenta molto e si riducono quasi a zero gli errori: a trarne
vantaggio sono senza dubbio gli attori coinvolti, ma anche l'utente finale, che nel caso della sanità è il
paziente. Inoltre, la piattaforma è costruita per facilitare il lavoro delle diverse articolazioni organizzative,
perché sono per esempio in grado di generare Alert che permettono di verificare i tempi e le scadenze dei
processi. Nello specifico, ogni ufficio ha un suo cruscotto che permette di monitorare i tempi di esecuzione dei
processi e anche il raggiungimento degli obiettivi di performance. Tutta la sanità si sta muovendo verso
l'azienda digitale». Certo, la cooperazione tra l'Ufficio Legale della Fondazione ed Equipe è stata ricca di
sfide, prima tra tutte trovare dei punti in comune tra il linguaggio legale e quello informatico. Alla fine sono
stati trovati dei capisaldi che hanno orientato il lavoro, assicurandone il successo in circa tre mesi. Eccoli: «la
necessità di illustrare il corretto funzionamento della gestione del contenzioso sinistri, la essibilità di adattare il
metodo gestionale in essere con le esigenze del nuovo sistema informativo (e viceversa), il desiderio di
costruire congiuntamente uno strumento in grado di rispondere alle esigenze di una struttura ospedaliera dal
knowhow consolidato», elenca Caputo. «Alla fine, il nostro rapporto è andato oltre il classico rapporto
fornitore-cliente, consentendo di sviluppare un prodotto adatto a Poliambulanza ma ampiamente collocabile
presso altre strutture che hanno intrapreso o pensano di intraprendere il nostro stesso percorso: "Talete
Contenzioso e Sinistri"». Scopriamone i vantaggi. Ed ecco i vantaggi portati dalla nuova piattaforma
gestionale in Fondazione Poliambulanza. A descriverli è ancora una volta la Tania Aida Caputo. «Il primo
vantaggio è il dialogo tra Talete e i software clinici e amministrativi già presenti in struttura, come Galileo per il
recupero delle informazioni sui pazienti o Zucchetti per la gestione organizzativa e del personale coinvolto nel
sinistro. Tale dialogo ha consentito una maggiore rapidità di inserimento dell'informazione e una omogeneità
del dato tra i diversi sistemi informatici. Un secondo aspetto da considerare è la creazione di modelli standard
di comunicazione con il danneggiato e con il personale, come per esempio la generazione automatica del
modulo privacy per il paziente, del modulo di invito a visita medico-legale, del modulo di dichiarazione della
presenza di polizze personali nei confronti dei medici. Questo aspetto ha consentito di ottimizzare le
tempistiche amministrative e burocratiche relative all'istruzione del sinistro, evitando di produrre documenti
word esterni al sistema. Importante anche l'archiviazione di documenti specifici legati al sinistro, che ha
consentito di gestire nella sezione del diario del sinistro e in altre specifiche sezioni, la possibilità di accedere
direttamente al file collegato al post inserito, riducendo i tempi di risposta verso gli interlocutori che Tutti i
vantaggi richiedono aggiornamento sul sinistro. Inoltre, "Talete Contenzioso e Sinistri" ha un sistema di
reportistica strutturata in modo da consentire estrazioni multiple sulla base di singoli campi della web-app:
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l'attività di reporting è vitale per la gestione dei sinistri perché consente ai diversi interlocutori che devono
intervenire di poter usufruire di informazioni adeguate all'attività da svolgere. Il report che viene messo a
disposizione del Comitato Valutazione Sinistri per la decisione dei singoli casi ha contenuti diversi rispetto a
quello messo a disposizione per il Cda che procede invece alla valutazione delle riserve. Allo stesso modo, il
report prodotto per la gestione quotidiana del sinistro è diverso dal report trimestrale che viene prodotto per la
compagnia di assicurazione o in fase di rinnovo delle polizze» Ma non finisce qui. Il prodotto ideato per la
Fondazione consente anche di correlare il paziente con altri episodi avvenuti in struttura, come un evento
avverso, un'infezione ospedaliera, una caduta accidentale, una segnalazione Urp. «Ciò ha consentito di
recuperare rapidamente informazioni utili per la gestione del sinistro o per la conoscenza della storia
pregressa del paziente», riprende Caputo. «Un ultimo aspetto importante è l'alimentazione delle anagrafiche
e delle voci delle tendine dei campi, possibilità che ha consentito di effettuare modifiche, integrazioni o
cancellazioni di voci, senza intervenire sulla struttura del database, trasformando l'attività da informatica ad
amministrativa. Con il precedente database, invece, ogni modifica delle anagrafiche avveniva intervenendo
sulla struttura informatica. Per concludere, grazie a questo strumento potremo ulteriormente accrescere la
nostra efficienza operativa e come sempre, puntare a un miglioramento nella gestione dei rapporti con i nostri
pazienti, specie quando con questi pazienti è in corso un contenzioso. Dimostrare conoscenza dello stato
della pratica, piena comprensione di tutti i passaggi e delle tempistiche necessarie e certezza sui futuri
sviluppi, consente di riacquistare gradualmente la fiducia del paziente che spesso si perda con l'avvio di un
contenzioso». E per il futuro? «Non so come evolverà il nostro percorso», conclude Caputo. «Al momento,
per esempio, non sappiamo se ci serviranno campi aggiuntivi nella piattaforma. Tutto dipende dai bisogni che
si manifesteranno di volta in volta e che saranno basati sull'esperienza acquisita».
Foto: Gregorio Paccone
Foto: Tania Aida Caputo
VITA IN FARMACIA
17 articoli
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Pag. 5 Ed. Firenze
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Ospedali, l'Oscar a Empoli e al Meyer
Lalistadeibuoni edeicattivi dopolaverifica delMesdiPisa LA CLASSIFICA
(mi.bo)
CONTINUA ad avere problemi Livorno, ma anche Pistoia non va bene, le migliori sono invece Grosseto,
Arezzo e Empoli. Careggi resta l'azienda ospedaliera con le performance peggiori, in testa ci sono Siena e il
Meyer.
Il laboratorio sul Management in sanità (Mes) del Sant'Anna di Pisa, diretto da Sabrina Nuti, pubblica il suo
lavoro di verifica della sanità toscana. Lo fa, tatticamente, quando sono passate le elezioni, per evitare
polemiche politiche. I dati infatti erano già pronti da settimane, tanto che sono stati presentati ai direttori
generali e ai vertici della Regione già da tempo.
Come sempre si prendono una serie di indicatori, una cinquantina, a loro volta costituiti da più voci, e si
assegna un punteggio da 0 a 5 a seconda di come l'azienda si è comportata. Si va dalla copertura degli
screening oncologici al gradimento dei pazienti e dei dipendenti, dai dati sul ricovero e sull'assistenza
chirurgica a quelli della salute mentale, dal valore della spesa farmaceutica ai tempi di attesa. Gli indicatori
individuati per valutare le aziende ospedaliere sono meno di quelle usati per le sanitarie, che hanno anche
tutta l'attività territoriale. Le varie voci non sono omogenee, e per questo non possono avere tutte lo stesso
valore, anche se graficamente vengono inserite insieme in una sorta di bersaglio per dare l'idea di quali si
avvicinino al centro, quindi al massimo. Fino a un paio di anni fa il Mes faceva la media del punteggio
raggiunto dalle varie aziende e stilava una classifica. La cosa ha provocato varie polemiche da parte delle
direzioni generali a cui scocciava finire tra i "buoni" e soprattutto i "cattivi" e si è deciso di non fare più quel
calcolo, che anche se fondato come detto su numeri eterogenei aveva comunque il pregio della sintesi. Del
resto la grande quantità di indicatori permette comunque di dare una valutazione al lavoro delle Asl. E infine,
quando si tratta di altri contesti, e soprattutto quando la sua sanità ne esce bene, la Regione Toscana è la
prima a stilare classifiche. E' successo nei mesi scorsi per i risultati del Piano nazionale esiti (che valuta come
funzionano le cure ospedaliere) ed è successo soprattutto per i livelli essenziali di assistenza, che hanno
visto tornare proprio quest'anno la Toscana al vertice nazionale. Risultato celebrato con tanto di conferenza
stampa. Se però si guarda in casa, la voglia di mettere in riga le Asl non è più tanto forte, anche se si
continua a ritenere il sistema di valutazione del Mes molto valido, tanto da usarlo per disegnare le linee
politiche della sanità regionale.
Facendo la media degli indicatori, quindi, Livorno e Pistoia hanno una media inferiore a 2,5. Poi ci sono
Prato e Firenze (2,56), Siena (2,71), Massa Carrara (2,74 ), Viareggio (2,75), Pisa (2,78), Lucca (2,9)
Grosseto (3), Arezzo (3,01), Empoli (3,05). Per quanto riguarda le aziende ospedaliere, si conferma il primato
del Meyer (3,01), ospedale pediatrico e quindi con una quantità di indicatori ridotta rispetto agli altri. Seguono
nell'ordine Siena (2,74), Pisa (2,56) e Careggi (2,55). Al di là delle singole voci, il quadro generale racconta di
cambiamenti ridotti al minimo. Ci vuole molto tempo a risollevare una azienda in difficoltà, e quindi le varie
posizioni sono più o meno simili di anno in anno. www.meslab.sssup.it PER SAPERNE DI PIÙ
Foto: L'ANALISI Sotto, il direttore generale di Careggi, Monica Calamai e l'assessore Luigi Marroni
VITA IN FARMACIA - Rassegna Stampa 09/06/2015
49
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La sanità
09/06/2015
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Si rompe la tibia e muore in ospedale
Maria Rita La Mantia, 42 anni, uccisa da un'infezione dopo essere stata operata per la riduzione della frattura
I familiari denunciano: "Gravi carenze nel reparto". Il Policlinico: "Siamo i primi a voler fare piena luce" La
donna era caduta accidentalmente per la strada il 1° giugno in via dell'Orsa Minore La notte del 6 giugno il
decesso dopo il trasferimento in Rianimazione al Civico
GIUSI SPICA
Entra in ospedale per una frattura al piede e muore una settimana dopo stroncata da una setticemia. È la
tragica storia di Maria Rita La Mantia, 42 anni, che il primo giugno, è inciampata per strada nel quartiere dove
era tornata ad abitare insieme con i genitori dopo il divorzio dal marito. Una banale caduta dal marciapiede le
è costata la vita. Dopo essere stata operata nel reparto di Ortopedia del Policlinico di Palermo, è morta
nell'unità di Rianimazione dell'ospedale Civico dove era stata trasferita ormai in coma. I genitori e la sorella
hanno sporto denuncia: «Non riusciamo a capire - si disperano - come per una banale frattura si possa
perdere la vita e a maggior ragione durante un ricovero ospedaliero, sotto il costante controllo di medici ed
infermieri che non sono riusciti a tutelarla».
Maria Rita era una delle anime del volontariato della chiesa Santa Maria di Gesù di Belmonte Chiavelli. Un
matrimonio turbolento, niente figli. Dopo il divorzio, aveva affrontato un periodo difficile che l'aveva riportata a
vivere in casa dei genitori. Soffriva di una insufficienza renale e aveva la malattia di Crohn, un problema
infiammatorio dell'intestino. Ma le sue condizioni di salute - raccontano i familiari - erano buone e i disturbi
sotto controllo. Il suo calvario inizia la mattina del primo giugno. Di fronte al bar di via Orsa Minore, Maria Rita
inciampa e cade. I passanti chiamano l'ambulanza del 118 che la porta al pronto soccorso del Policlinico.
Dopo gli esami, viene ricoverata in Ortopedia, operata per ridurre la frattura alla tibia e alla fibula e ingessata.
L'operazione sembra riuscita.
Ma Maria Rita non si riprende.
E alterna la veglia al coma. «Le sue condizioni - dicono i genitori - peggioravano misteriosamente e le
giornate di ricovero sono trascorse tra atroci sofferenze e stati comatosi». Finché il 6 giugno viene trasferita
nel reparto di Rianimazione I dell'ospedale Civico. Ma ormai è troppo tardi. L'infezione ha già fatto il suo
corso. Nel cuore della notte la donna ha un arresto cardiorespiratorio. Nel certificato di morte il medico legale
scrive che era affetta da "shock settico" e "insufficienza renale acuta". I parenti puntano il dito sulle carenze
strutturali e organizzative che avrebbero causato l'infezione. «Sotto il profilo logico e giuridico - dice
l'avvocato Salvatore Romeo, che difende la famiglia La Mantia - le motivazioni sono misteriose e inspiegabili.
È appena il caso di ricordare i numerosi casi di malasanità che affliggono il nostro sistema e le tante vittime
che piangono ingiustamente i loro cari». Ieri la famiglia ha presentato un esposto in procura e ha riportato a
casa la salma. I funerali sono pro+grammati mercoledì nella parrocchia dove Maria Rita faceva volontariato.
Ma già stamane il corpo potrebbe essere posto sotto sequestro dalla procura per consentire l'autopsia. Un
atto dovuto dopo una denuncia per omicidio colposo.
Dal Policlinico sono pronti ad avviare una inchiesta interna: «Finora - spiegano dall'azienda - non abbiamo
avuto comunicazione ma quando accadrà, attiveremo l'iter di controllo del rischio clinico. Una procedura
d'ufficio che, oltre a capire se ci sono state responsabilità da parte dei sanitari, serve anche a tutelare la
tranquillità degli operatori». La storia di Maria Rita accende i riflettori su una delle piaghe più difficili da
estirpare negli ospedali: le infezioni batteriche ospedaliere, temibili nemiche dei pazienti ricoverati, soprattutto
di chi ha un apparato immunitario non proprio al top.
La percentuale di pazienti che le contraggono varia dal 5 all'8 per cento. E i più a rischio sono proprio i
reparti di Ortopedia e Traumatologia, con una incidenza del 29,5 per cento sul totale delle infezioni
ospedaliere registrate. Le più comuni sono quelle urinarie, seguite da infezioni della ferita chirurgica,
polmoniti e sepsi. Di queste, si stima che circa il 30 per cento siano potenzialmente prevenibili e che in un
paziente su cento portino alla morte. Da anni gli ospedali siciliani si stanno attrezzando per dare battaglia alle
VITA IN FARMACIA - Rassegna Stampa 09/06/2015
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La storia
09/06/2015
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VITA IN FARMACIA - Rassegna Stampa 09/06/2015
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infezioni ospedaliere, le più dure da estirpare perché resistenti agli antibiotici in commercio. Una piaga dovuta
all'abuso dei farmaci. L'assessorato alla Salute ha imposto alle strutture specifici protocolli da seguire. Nel
caso di Maria Rita la direzione aziendale del Policlinico dovrà accertare se sono stati rispettati.
policlinico.pa.it palermo.repubblica.it PER SAPERNE DI PIÙ 1° GIUGNO Maria Rita La Mantia cade per
strada si rompe la tibia e viene ricoverata LE TAPPE 6 GIUGNO Dopo l'intervento al Policlinico la donna sta
male e viene trasferita al Civico
09/06/2015
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Da Valeria ad Andrea, otto casi tra dubbi e sospetti
ROMINA MARCECA
L'ultimo caso di sospetta malasanità riaccende i riflettori sul Policlinico, travolto negli ultimi anni da diverse
denunce presentate dai familiari di pazienti curati nei reparti.
Appena ieri la storia di Rita La Mantia, arrivata al Policlinico con una frattura alla tibia è morta dopo sei giorni.
Dal 2010 sono stati otto i casi più eclatanti denunciati e finiti agli onori della cronaca.
Per alcuni ci sono ancora processi in corso, con decine di camici bianchi finiti sul banco degli imputati. Fa
ancora discutere la morte di Valeria Lembo, mamma di un bimbo di sette mesi, uccisa da una dose killer di
chemioterapico. Una morte che ha costretto l'assessorato alla Salute, nel 2012, a chiudere per quasi un
mese il reparto di Oncologia medica dell'ospedale. Il primario neopromosso, Sergio Palmeri, si è dimesso
dopo la tragedia. Valeria Lembo era affetta da un tumore di Hodgkin che nell'80 per cento dei casi si risolve
senza conseguenze mortali. Invece, a Valeria, nonostante la paziente avesse mostrato qualche perplessità, il
7 dicembre del 2011 le vennero somministrati 90 milligrammi di vinblastina al posto di 9. Uno sbaglio che
nella letteratura scientifica mondiale non si era mai registrato. Un record negativo che portò su tutte le prime
pagine dei giornali la storia della mamma morta a 34 anni per una catena di errori. Per quella svista alla
sbarra sono finiti in sei, tra medici e infermieri. Da Valeria ad Andrea, un bambino di quattro anni che aspetta
giustizia. Quando è nato, nel reparto di Maternità, invece che ossigeno ha inalato gas anestetico. Forse non
riuscirà mai a camminare né a parlare.
Dopo un anno e dieci mesi di udienze con due sole utili, il nuovo giudice ha dato un'accelerazione al
processo. Il reato, lesioni colpose, contro chi lo avrebbe danneggiato, però, si prescrive in sette anni e mezzo
e rischia di essere cancellato. Il bambino è nato il 28 ottobre del 2010 al Policlinico, aveva un colorito
bluastro. I medici del reparto materno-infantile decisero di somministragli ossigeno. Senza sapere che nel
tubo dell'impianto scorreva invece protossido di azoto, un gas anestetizzante che il neonato respirò per 68
secondi. Tutto accadde per uno scambio durante i lavori all'impianto del reparto.
Nel 2012 qualche mese prima che scoppiasse il caso Lembo, il Policlinico era finito nella bufera per un'altra
morte sospetta, quella di Giuseppe Tribuna, un uomo di 42 anni, impiegato della Soprintendenza dei Beni
culturali della Regione. Venne stroncato da una pancreatite acuta una settimana dopo il ricovero. Per la sua
fine a essere coinvolto nelle indagini fu addirittura un intero reparto. In 47, medici e personale del reparto di
Chirurgia generale e d'urgenza dell'ospedale, vennero iscritti nel registro degli indagati dalla procura. Un
anno prima a morire era stato, invece, Pietro Romano, autotrasportatore. Per un intervento di ernia al disco si
era affidato ad un luminare di Varese che lo aveva rassicurato, ma è morto 15 ore dopo l'intervento nel
reparto di Neurochirurgia. Tra i reparti travolti dalle inchieste c'è anche quello di Urologia. Pietro Rizzo si era
rivolto ai medici per togliere un calcolo renale, ma è deceduto dopo sette ore. La famiglia denunciò che non
era stato fatto nulla in tutte quelle ore.
E poi c'è la vicenda di una paziente di 75 anni che si era rivolta all'ospedale per una endoscopia, ma è
entrata in coma subito dopo l'anestesia. La paziente è morta dopo quasi un mese di agonia. Si chiamava Vita
Manzo ed era originaria di Mazara del Vallo. I familiari dell'anziana, malata di cancro, avevano presentato una
denuncia ai carabinieri subito dopo il ricovero in rianimazione.
L'ultimo caso, in ordine di tempo, per il quale le indagini sono ancora in corso è quello che riguarda un
vecchietto di 90 anni. Per quindici ore dopo un intervento al femore, secondo la versione dei familiari,
Salvatore Campanella, non avrebbe ricevuto alcuna assistenza. Una versione, come spesso accade, che si
contrappone a quella dei medici.
Foto: ULTIMO CASO Maria Rita La Mantia, 42 anni, la donna morta per un'infezione dopo essere stata
operata
VITA IN FARMACIA - Rassegna Stampa 09/06/2015
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UNA LUNGA SERIE DI VITTIME NELLA STRUTTURA SANITARIA PALERMITANA. ALCUNE DI QUESTE
VICENDE SONO AL CENTRO DI PROCESSI ANCORA IN CORSO
09/06/2015
Pag. 11 Ed. Palermo
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VINCENZO BORRUSO
ASSOCIAZIONI di genitori e magistratura hanno rappresentato per la legge 40/2004 sulla fecondazione
assistita una specie di sisma ripetuto che, a intervalli, demolisce i ruderi lasciati dal primo rovinoso terremoto.
E ancora una volta la scrollata viene da genitori penalizzati da una norma della legge 40 che ha impedito la
diagnosi pre-impianto per le coppie fertili portatrici di patologie genetiche. La Corte costituzionale, il 14
maggio scorso, ha dichiarato illegittima la norma. Nel nostro Paese, afflitto da una serie di malattie
trasmissibili geneticamente, c'era bisogno di una tale sentenza, visto che i progressi della medicina ci
avevano messo, per la prima volta, nelle condizioni di prevenirle.
Tra i pochi bilanci che ci è costata la legge 40, sul piano umano e su quello socio-economico, vale la pena
ricordare quanto scritto da Aurelio Maggio, direttore di Ematologia II all'ospedale palermitano Cervello, nel
2005, alla vigilia di un referendum abrogativo finito con un flop, Parliamo di un ematologo-embriologo che ha
contribuito in modo efficace alla diminuzione dei casi di talassemia in Sicilia e che, alla promulgazione della
legge 40, ha dovuto chiudere il suo laboratorio di genetica molecolare. Dal 1983 alla fine del 2004, il Centro
regionale per la prevenzione, da lui diretto, ha eseguito 3.575 diagnosi prenatali individuando 833 casi di
talassemia maior.
Questo ha significato altrettante famiglie che hanno potuto scegliere consapevolmente se far nascere un
figlio gravemente malato o meno. Ha significato anche la spinta a creare in Sicilia altre 21 strutture che hanno
coperto l'intera regione realizzando un'efficace prevenzione della talassemia: tra il 2001 e il 2003 sono state
esaminate 84.334 coppie con l'individuazione di 893 a rischio. E mentre per i primi anni il Centro regionale si
era attrezzato per eseguire la diagnosi prenatale sulle cellule cordonali e poi su cellule dei villi coriali, cui
seguiva l'aborto terapeutico in caso di positività della patologia, prima che intervisse la legge 40 si era
attrezzato per la diagnosi embrionale con un notevole risparmio di ulteriori manovre e sofferenze materne.
Come è stato possibile non vedere le differenze sul piano dei costi umani? Come abbiamo potuto consentire
che coppie a rischio facessero ricorso all'aborto vietando una diagnosi pre-impianto? Come abbiamo potuto
abbandonare una via che aveva rappresentato l'orgoglio della ricerca medica siciliana? La speranza è che i
medici, presenti in questo campo così delicato, riprendano la voglia e l'orgoglio di battere le strade della
ricerca e delle applicazioni mediche che hanno rappresentato l'orgoglio dei colleghi medici e la felicità di tante
coppie desiderose di fare famiglia con figli sani.
VITA IN FARMACIA - Rassegna Stampa 09/06/2015
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FECONDAZIONE,QUANTE SOFFERENZE PER LO STOP ALLA DIAGNOSI
PRE-IMPIANTO
09/06/2015
Pag. 7 Ed. Napoli
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"Vaccinazioni calo drastico e pericoloso"
La specialista Maria Triassi "Gravi danni dall'influenza: s'è cautelato solo il 50 per cento dei soggetti a rischio"
(g. d. b.)
POCHI vaccinati. Scarsa informazione sui rischi della mancata profilassi, timori infondati sulle reazioni
avverse. È il cocktail micidiale che ha fatto pagare alla Campania lo scotto più alto in termini di ammalati e di
vittime. Alla base di una campagna vaccinale che ha fatto registrare una pericolosa inversione di tendenza, la
divulgazione di alcuni decessi, presumibilmente causati proprio dal vaccino, ma poi smentiti dalle verifiche.
Maria Triassi, direttore del Dipartimento di Salute pubblica della Federico II, rivela numeri e conseguenze di
una realtà che, alla luce delle indagini successive, è risultata meno drammatica del previsto.
«Nella nostra regione - dice la docente - si sono verificati molte gravi complicanze legate all'influenza che
hanno richiesto cure intensive e, purtroppo, hanno causato alcuni decessi».
Il picco epidemico rilevato dall'Istituto superiore di Sanità e dall'osservatorio nazionale è stato tra i più elevati
degli ultimi anni.
«E la responsabilità - denuncia la Triassi - è da attribuire proprio al drastico calo di vaccinazioni. La copertura
ha di poco superato il 50 per cento, una percentuale vicina a quella della stagione 2012-2013 in cui si è
arrivati solo al 54,2 per cento e ben lontani dalle soglie di protezione raggiunte nella stagione 2005-2006,
quando si era vaccinato il 68 per cento dei soggetti a rischio». E ancora una volta sono i numeri a
testimoniare la validità della profilassi, numeri che fotografano la stagione 2005-2006 quando i contagiati dal
virus influenzale sono stati pochissimi, grazie alle vaccinazioni preventive. Al contrario di quest'anno, causa
l'allarme vaccini di fine di aprile. In più, l'epidemia del 2014 ha avuto code di contagi dovuti al virus B e
registrati nelle ultime settimane.
Dalla rete Influnet veniamo a sapere che in Italia i virus A e B hanno inciso in misura diversa anche se in
contemporanea: il primo (A) pari a 84 per cento e il B pari a 16 per cento. L'analisi dei dati della prevalenza e
dell'incidenza inducono gli esperti a preoccuparsi del futuro e a giocare d'anticipo. «Se quest'anno si è
assistito alla prevalente circolazione del virus Yagamata, la prossima stagione, alla luce delle continue
mutazioni del virus, potrebbe essere caratterizzata dalla presenza di altri ceppi in alternativa o insieme a
quello attualmente circolante - conclude la Triassi - Per questo è necessario ribadire l'importanza della
vaccinazione, soprattutto per le categorie a rischio indicate nella circolare ministeriale».
www.ospedalecardarelli.it www.ail.it PER SAPERNE DI PIÙ
VITA IN FARMACIA - Rassegna Stampa 09/06/2015
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L'ALLARME
09/06/2015
Pag. 15 Ed. Napoli
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Disorganizzazione del Policlinico
Gabriele Mazzacca emerito di Gastroenterologia della Federico II Tornare al Policlinico di Cappella dei
Cangiani, dove ho lavorato dal 1972, anno in cui iniziò l'attivazione, è per me un accadimento sempre
doloroso. Perché su questo pachiderma ospedaliero, che è sede della scuola di medicina della Federico II e
di parte di quella della Sun, grava da sempre una complessiva disorganizzazione funzionale che in alcuni
degli edifici si appalesa ora clamorosamente con la chiusura in non pochi di essi di interi piani. D'altro canto
come sorprendersi di ciò se dopo ben 40 anni ancora non si sono ultimati i lavori di edificazione del policlinico
di Caserta dove la scuola medica della Sun, ora smembrata in strutture diverse, dovrebbe avere collocazione
definitiva ? Tutto ciò nella quasi totale indifferenza degli ambienti accademici e di quelli politici regionali. E a
quattro passi c'è l'ospedale Cardarelli dove non sono pochi i pazienti che vengono sistemati sulle barelle, per
carenza di veri e propri posti letto. Adesso si è disposto ( finalmente ) che una certa quota dei posti letto del
Policlinico siano riservati a ospedalizzazione decisa nel dipartimento dell'emergenza del Cardarelli. Bassolino
era diventato sindaco da pochi mesi quando gli esposi la situazione qui descritta e la urgenza di definire una
convenzione Cardarelli -Policlinico nella quale si stabilisse che il riferimento della ospedalizzazione dei
soggetti valutati alla emergenza del Cardarelli fosse anche il Policlinico. Va sottolineato che i policlinici
napoletani e i loro operatoti hanno una atavica "allergia" per il pronto soccorso, con la sola eccezione di
quello ostetrico, ambito specialistico per il quale la possibilità di ospedalizzazioni di urgenza, quali possono
effettuarsi tramite il pronto soccorso, è quanto mai coerente con le "esigenze " professionali (non da ultimo
quelle correlate all'attività "privata" ) degli specialisti del settore. Bassolino si dimostrò quantomai disponibile a
intervenire sulla situazione oggettivamente deplorevole nel colloquio che ebbi con lui. Invece non si fece
nulla, verosimilmente per le pressioni che su lui esercitarono alcuni docenti esponenti di quella lobby
accademica che nella scuola medica napoletana di allora aveva un peso decisionale di fatto contrastato solo
dalle argomentazioni di chi scrive. Tant'è che per rendere chi scrive "inoffensivo" lo si indicò quasi
"ufficialmente" come la coscienza critica della facoltà. Quanto alla sensibilità della Regione a questa
situazione gravemente limitante la efficienza funzionale ospedaliera del Policlinico basterà accennare alla
scelta fatta dall'ex-presidente della Regione Caldoro di porre a capo dell'Azienda ospedaliera di quel
policlinico un chirurgo in pensione come docente e con qualche interesse familiare nell'ambito del personale
medico nel policlinico operante. Chi governerà la Regione è tutt'altro che chiaro, considerate le ombre
giudiziarie che incombono su De Luca. C'è da augurarsi che chiunque sia il neo-governatore, egli tenga ben
presente la situazione qui illustrata. Una situazione che, tra l'altro, opaca l'impegno delle non poco pregevoli
competenze.
VITA IN FARMACIA - Rassegna Stampa 09/06/2015
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Le opinioni
09/06/2015
Pag. 3 Ed. Torino
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Pool medico torinese sulla nave soccorso "In 4 giorni 650 salvi"
CARLOTTA ROCCI
NEGLI ULTIMI quattro giorni sono più o meno 650 i migranti messi in salvo nel Mediterraneo della Burbon
Argos, la prima nave allestita da Medici Senza Frontiere per il recupero dei migranti. Il progetto è coordinato
dal centro operativo di Bruxelles che ha affidato a Claudio Bertoldo, coordinatore dei volontari del gruppo di
Torino, la gestione logistica dell'operazione partita a inizio maggio. Torinese, 63 anni, in pensione dal 2009,
Bertoldo si è occupato di tutto: dai medicinali da portare a bordo all'accoglienza per i bambini. Alla sua sesta
missione per Medici senza Frontiere è la prima volta che si occupa di migranti: "Un'esperienza che lascia il
segno". Come è fatta la Burbon Argos? «Per i non addetti ai lavori si potrebbe chiamare un camion di mare
perché di fatto la nave è un supply vassels, di quelli usati per rifornire le piattaforme marine. A bordo abbiamo
fatto installare cinque container che costituiscono un ospedale mobile: c'è una sala degenza con un paio di
posti letto, macchinari di prima necessità, un magazzino per il materiale, servizi igienici, docce e una cella
frigorifera nel caso fosse necessario trasportare dei cadaveri». E l'equipaggio? «A bordo ci sono 14 marinai e
12 persone del team medico.
Con questo staff possiamo occuparci di circa 350 persone».
Chi vi dice dove andare a recuperare i migranti? «Esiste un centro di coordinamento nazionale a Roma a cui
fanno capo tutti quelli che occupano di attività simili alla nostra. La nave fa base ad Augusta ma spesso si
trova già in mare a perlustrare la zona al confine con le acque libiche. Se intercettiamo noi delle imbarcazioni,
interveniamo. Altrimenti veniamo indirizzati dal coordinamento dove serve".
E una volta che i migranti sono a bordo che accade? «Abbiamo cercato di dotare la nave di tutto quello che
può servire loro nelle circa 24 ore che restano a bordo. Abbiamo cibo specifico e curativo, abbiamo abiti, e
anche due mediatori culturali. Il nostro obiettivo è controllare che siano in salute ma anche cercare di
diminuire lo stress del viaggio che hanno intrapreso». Se ci sono bambini a bordo, avete accortezze
particolari? «Certo. Nel primo sbarco a cui ho assistito ce n'erano circa una decina. Per loro abbiamo
comprato giocattoli, carta, pennarelli e palloncini. Forse non sono generi utili alla sopravvivenza ma alleviano
l'angoscia di quello che hanno passato. La prima volta che li ho visti sbarcare con i nostri palloncini in mano
mi si è aperto il cuore».
Oltre ad intervenire in caso di emergenza, controllate anche lo stato di salute dei vostri passeggeri? «A
bordo viene fatto un triage per valutare le loro condizioni. Facciamo in modo che al momento dello sbarco la
situazione clinica sia chiara. Ora il problema più comune è la scabbia.
Ed è per questo che ci siamo procurati i medicinali per trattarla». Altre notizie e immagini su
torino.repubblica.it PER SAPERNE DI PIÙ
Sulnostroospedale galleggiantefacciamo unprimotriageper chiarirelecondizioni dituttiallosbarco
CLAUDIO BERTOLDO COORDINATORE DEI MEDICI
VITA IN FARMACIA - Rassegna Stampa 09/06/2015
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L'intervista/ Il coordinatore Bertoldo
09/06/2015
Pag. 55 Ed. Savona
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tiratura:418328
Ospedali e sanità un appello a Toti
daniele strizioli
Il tema della sanità ritorna di forte attualità nel Ponente e si accende nuovamente la discussione sulle sorti
dell'ospedale Santa Maria di Misericordia di Albenga e del Santa Corona di Pietra Ligure. A scendere in
campo questa volta è stato il «Centro Pannunzio». Il ribaltone in Regione, che ha visto il centrodestra di
Giovanni Toti succedere al centrosinistra dell'ex governatore Claudio Burlando, non ha placato gli animi. E il
«Pannunzio» ha subito colto la palla al balzo per incalzare il neo governatore della Liguria sulla spinosa
questione.
Ha dichiarato il direttore generale del Centro culturale, Pier Franco Quaglieni: «La situazione della sanità è
tragica e alla vigilia dell'estate non c'è più tempo per attendere. Il Pannunzio lancia un appello al neo
presidente della Regione Toti perché intervenga sull'ospedale di Albenga e su quello di Pietra Ligure. Il
pronto soccorso di Pietra sarà, ed è già da tempo, intasato e il traffico autostradale estivo potrà costare vite
umane durante il trasporto. Il Punto di primo soccorso ingauno è inadeguato a fronteggiare le emergenze per
un territorio esteso: il Santa Maria di Misericordia sembra un nosocomio in fase di
smantellamento». Quaglieni, quindi, ha affrontato anche la questione inerente i malati terminali di Alassio, la
cui assistenza, a detta del direttore generale del Pannunzio e di alcuni famigliari, «risulta assolutamente
inadeguata e umanamente indifferente alla sofferenza». Ha concluso Quaglieni: «Ci preme segnalare la
situazione di Alassio, che è inad eguata a fronteggiare il fine vita dei malati terminali, dando loro l'appoggio
medico indispensabile per lenire il loro dolore. Mentre a Genova e nel Levante la situazione è migliore, nel
Ponente è assai meno rassicurante, a detta di parenti che hanno dovuto affrontare con fatica e sofferenza la
tragedia di un loro caro in condizione di solitudine. Basti pensare che, in qualche caso, le farmacie di Alassio
si sono trovate sprovviste di morfina e si è dovuto far ricorso alle farmacie di Albenga».
VITA IN FARMACIA - Rassegna Stampa 09/06/2015
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si riapre la discussione sulle strutture di albenga e pietra
09/06/2015
Pag. 47 Ed. Frosinone
diffusione:210842
tiratura:295190
POMEZIA
Farmacie comunali chiuse dalle 11 alle 13 ieri a Pomezia e Torvaianica e dipendenti in piazza per conoscere
il proprio futuro. «Il timore è che l'amministrazione "grillina" voglia vendere le sei farmacie ai privati, senza
garantire i livelli occupazionali - spiegavano ieri i rappresentanti sindacali - non sappiamo quali siano le
intenzioni poiché nonostante la tante richieste di incontro, il sindaco Fucci si rifiuta di riceverci, mentre il
presidente della Pomezia Servizi (la municipalizzata che gestisce le farmacie, ndr), Luca Ciarlini, non si
sbilancia. Ci era stato prospettato un sedicente piano industriale in cui si ipotizzavano solo dai 6 agli 8
esuberi. Il personale a dispozione è già all'osso (circa una quarantina di dipendenti) e non riesce a garantire i
servizi esenziali per i cittadini, come invece dovrebbero fare le farmacie comunali».
La misurazione gratuita della pressione è un ricordo, così come il centro unico di prenotazione per le visite
specialistiche alla Asl. Durante la manifestazione i lavoratori hanno bloccato il presidente del consiglio
comunale, Renzo Mercanti, che si è limitato a spiegare di «non essere a conoscenza del problema». Il
sindaco Fucci «come era prevedibile non ci ha ricevuti - dice Domenico Fortunato delegato Cub - rinviandoci
a un fantomatico incontro con Ciarlini venerdì prossimo. Il presidente Ciarlini che ha avocato a sé anche
l'incarico di direttore della Pomezia Servizi, aumentandosi lo stipendio di tremila euro l'anno. Non una grossa
cifra, ma eticamente improponibile se poi sui vogliono licenziare i lavoratori».
Moira Di Mario
© RIPRODUZIONE RISERVATA
VITA IN FARMACIA - Rassegna Stampa 09/06/2015
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Farmacie , protesta contro la chiusura
09/06/2015
Pag. 41 Ed. Umbria
diffusione:210842
tiratura:295190
segue dalla prima pagina
La sede dei nuovi accertamenti è quella del Grande Oriente di corso Cavour, frequentata da uno dei cinque
indagati per motivi istituzionali. Antonio Perelli, finito nel registro degli indagati per associazione a delinquere
finalizzata alla truffa e all'abuso d'ufficio, infatti è anche il gran maestro delle logge umbre e gli uffici di corso
Cavour sono la sede dell'istituzione. Coordinati dal pubblico ministero Mario Formisano, i carabinieri del Nas
cercavano materiale relativo ai fascicoli di cui si occupava Perelli in Regione prima di andare in pensione. Ma
delle autorizzazioni per la cessione di medicinali da parte della farmacie e per i macchinari da piazzare
all'interno degli studi medici, leit motiv dell'indagine giudiziaria, nessuna traccia. Un dettaglio che esclude in
maniera categorica il coinvolgimento della massoneria umbra in questo fascicolo e in tutta l'operazione.
Secondo quanto segnalato negli esposti arrivati in Procura, al centro della vicenda e punto di partenza
dell'indagine, c'è in particolare l'uso di farmaci contenenti sostanze oppiacee (ovviamente di natura
terapeutica) cedute da parte di una farmacia di Gubbio (Ceccarelli) e di Perugia (Cortonese). Secondo
indiscrezioni, i farmacisti potrebbero non aver atteso il via libera della Regione per la cessione di questi
farmaci particolari. Ma ci sarebbe anche un'altra ipotesi: l'autorizzazione sarebbe arrivata, ma non in via
ufficiale proprio da parte di Perelli e dei suoi collaboratori in Regione. Ovvio: l'inchiesta è solo all'inizio e gli
accertamenti, obbligatori in caso di esposti non anonimi, potrebbe portare a un nulla di fatto. Assistito dagli
avvocati Alessandro Vesi e Aldo De Bellis, Perelli si dichiara tranquillo e fiducioso del lavoro degli
investigatori. L'ex funzionario regionale che si era sempre segnalato per la sua precisione, spiega di avere
compiuto con correttezza il proprio dovere. L'inchiesta intanto prosegue: nei prossimi giorni non è escluso che
verranno sentiti dagli investigatori sia Perelli che i suoi collaboratori in Regione (a cui si contesta il concorso
in abuso), quanto i due farmacisti indagati per avere (forse) contravvenuto all'articolo 73 del testo unico sulle
sostanze stupefacenti, la cessione senza la necessaria autorizzazione di farmaci contenenti oppiacei.
Luca Benedetti
Egle Priolo
VITA IN FARMACIA - Rassegna Stampa 09/06/2015
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Inchiesta sanità , a caccia di carte nel tempio di corso Cavour
09/06/2015
Pag. 20 Ed. Ancona
diffusione:165207
tiratura:206221
'Serrata' delle farmacie : lettera di protesta al sindaco
- NUMANA SPIAGGE prese d'assalto, lungomare pieno ma nessuna farmacia aperta nel giro di chilometri.
Ha dell'assurdo il livello di disservizio raggiunto domenica lungo la Riviera del Conero. Una splendida
giornata di sole da far invidia ai più caldi pomeriggi di agosto, con centinaia di residenti e turisti e ovviamente
tantissimi bambini in spiaggia e nessuna farmacia di turno. Non solo a Numana e Marcelli, ma neanche a
Sirolo o a Camerano. La protesta è subito esplosa domenica su Facebook, sollevata da tanti, compresa una
mamma a caccia del farmaco per il figlio. Chi aveva un'urgenza ha dovuto macinare chilometri su chilometri
per trovare una farmacia aperta, a Osimo o Castelfidardo. La rabbia è tanta perché non è neanche la prima
volta che accade. La colpa è stata subito riversata sulle varie amministrazioni comunali, ma sui titolari delle
farmacie che dovevano essere di turno e che inspiegabilmente hanno tenuto le serrande abbassate. Alcuni si
stanno organizzando per inviare un reclamo scritto al sindaco.
VITA IN FARMACIA - Rassegna Stampa 09/06/2015
60
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NUMANA DOMENICA ERANO TUTTE CHIUSE
09/06/2015
Pag. 14 Ed. Imola
diffusione:165207
tiratura:206221
CONTRO la zanzara tigre facciamoci in 4. Un appello che, con i primi caldi, diventa importantissimo. Le
parole d'ordine sono evitare i ristagni d'acqua; utilizzare con la dovuta periodicità i prodotti larvicidi laddove
non si possono eliminare. In questo senso un'importante adesione alla Campagna per la lotta alla Zanzara
Tigre viene anche quest'anno da tutte le farmacie, pubbliche e private, del Circondario Imolese, che hanno
aderito alla proposta del Dipartimento di Sanità Pubblica e del Servizio Farmaceutico dell'Ausl di vendere a
prezzo calmierato prodotti larvicidi da utilizzare per limitare al massimo la proliferazione del temibile insetto.
Ricordiamo che solo la lotta antilarvale consente di eliminare in breve tempo un grande numero di potenziali
zanzare adulte, agendo in aree limitate e impiegando quantità modeste di specifici prodotti, con un impatto
ambientale minore rispetto a quello che accompagna la lotta contro gli insetti adulti. E se i Comuni fanno la
propria parte disinfestando dalle larve gli spazi pubblici, ricordiamoci che sono i cittadini i proprietari dell'80%
del territorio e quindi dell' 80% dei luoghi in cui può proliferare la zanzara. Una responsabilità da non
dimenticare! «Per eseguire una corretta disinfestazione antilarvale spiega Massimo Gaiani, tecnico della
prevenzione del Dipartimento di Sanità Pubblica dell'Ausl è necessario esaminare con attenzione l'area
oggetto dell'intervento, registrando la presenza di tutti i luoghi di ristagno dell'acqua, ovvero i potenziali focolai
di sviluppo larvale sui quali procedere alla distribuzione dei prodotti». L'Ausl in accordo con la Regione ha
proposto l'uso di differenti prodotti. Le Associazioni delle Farmacie (Federfarma, Afm, e Sfera srl) e l'Ausl
imolese hanno concordato dei prezzi agevolati per favorire al massimo la disinfestazione larvale. Due le
categorie di prodotti proposti. Il primo, a 4,80 euro, ha una bassissima tossicità e un minor impatto
ambientale, in quanto contiene formulati microbiologici a base di Bacillus thuringiensis. Va utilizzato ogni 7
giorni e comunque dopo ogni pioggia, in tutti i tombini e nei luoghi di raccolta di acqua stagnante. Altri tre
prodotti, con costi concordati tra i 4,5 euro per 10 compresse e i 13,50 per 100 compresse, sono insetticidi a
base chimica contenenti Diflubenzuron e hanno un maggior impatto ambientale. Vanno quindi utilizzati con
maggiori cautele e seguendo le istruzioni, ma garantiscono una persistenza dell'azione insetticida antilarvale
più lunga, di circa 25/30 giorni, e sono indicati per trattamenti di numeri elevati di tombinature (in aree
artigianali e industriali per le quali è complesso garantire una cadenza settimanale del trattamento o, per i
privati, prima di lunghi periodi di assenza (ad esempio prima di andare in ferie). Tutti i prodotti sono irritanti
per l'uomo e vanno usati solo da adulti e con le attenzioni descritte nelle confezioni. L'Ausl da parte sua, sta
avviando i controlli partendo da alcune attività già ispezionate in passato. Tra questi i gestori di pneumatici
usati, gli orto florovivaisti e i cantieri edili. Il mancato rispetto delle ordinanze comunali, prevede dopo la diffida
una sanzione amministrativa.
VITA IN FARMACIA - Rassegna Stampa 09/06/2015
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La battaglia contro la zanzara tigredeve essere combattuta da tutti
09/06/2015
Pag. 54 Ed. Venezia
diffusione:86966
tiratura:114104
Rapina all'anziano, presi i banditi
Lo avevano visto in farmacia pagare alcune medicine con una banconota da cinquecento euro. Così lo hanno
pedinato fino a casa per derubarlo. Ora i due banditi sono finiti in manette. A chiudere il cerchio su una
violenta rapina in centro città, sono stati i carabinieri del Nucleo operativo radiomobile di Portogruaro che
attraverso le immagini di video-sorveglianza del Comune e di una farmacia sono riusciti ad incastrare Adriano
Ferrari, 46 anni, e Stefano Borriello, 29, entrambi residenti in città. Per loro il giudice Piera Binotto del
Tribunale di Pordenone ha disposto la custodia cautelare in carcere, come aveva richiesto il pubblico
ministero Marco Brusegan.
I fatti risalgono al 28 aprile scorso quando C.L., pensionato 86enne di Portogruaro, era stato aggredito da
due persone, travisate in volto, sull'uscio di casa, un'abitazione sotto i portici di via Garibaldi. I rapinatori,
dopo aver citofonato dicendo alla vittima che dovevano mettere della posta in cassetta, erano riusciti a farsi
aprire il portone. Poi lo hanno scaraventato a terra e hanno iniziato a frugargli addosso cercando il denaro
che secondo loro C.L. teneva con sè. Sfortunatamente per i rapinatori, la reazione imprevista della moglie e
di una amica aveva impedito loro di continuare. Tuttavia i due sono riusciti a sottrargli il portafoglio con pochi
euro, mentre il grosso della somma (circa 400 euro), era in una tasca dei pantaloni rimasta inesplorata. Gli
investigatori dell'Arma da subito si sono convinti che l'azione non poteva essere occasionale, ma ben
preparata, forse anche con un pedinamento della vittima. Le indagini dei carabinieri, coordinate dal capitano
Michele Laghi, sono partite con la visione di diversi filmati delle videocamere installate in negozi, banche ed
altre abitazioni private vicino a quella dell'86enne, riuscendo ad identificare alcuni tossicodipendenti già
conosciuti dagli investigatori che si aggiravano in zona all'ora della rapina. Ma è dalle immagini di una
farmacia in corso Martiri che hanno scoperto che C.L. pochi minuti prima dell'aggressione era uscito con dei
medicinali dopo aver pagato con una banconota da 500 euro proprio di fronte ad alcuni clienti molto
interessati al pagamento: guarda caso proprio alcuni dei tossicodipendenti visti nelle immagini registrate.
Dagli altri video è poi emerso che Borriello e Ferrari hanno pedinato il pensionato fin sotto casa. Adriano
Ferrari, con numerosi precedenti per reati contro il patrimonio ed in materia di stupefacenti, scarcerato da
meno di un mese per analoghi reati e Stefano Borriello, anche lui con precedenti per furti e stupefacenti, sono
ora entrambi in carcere a Pordenone. (((corazzam)))
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VITA IN FARMACIA - Rassegna Stampa 09/06/2015
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PORTOGRUARO Avevano visto l'86enne pagare con una banconota da 500 euro e lo avevano pedinato
09/06/2015
Pag. 35 Ed. Milano
diffusione:125215
tiratura:224026
Patto Fi-Lega su sanità e reddito minimo
Vertice con il governatore al Pirellone. Gli azzurri: nessun rimpasto, intesa vicina su ospedali e sussidi alle
fasce deboli
FEDERICA VENNI
Un'accelerata sulla riforma della sanità e una prima bozza di reddito di cittadinanza, condite da una
rassicurazione: niente rimpasto di giunta. Questo, in sintesi, quanto emerso da un faccia a faccia tenutosi ieri
al Pirellone tra Forza Italia e Roberto Maroni, dopo le polemiche delle scorse settimane. Maroni, che aveva
ventilato un "riequilibrio" delle forze politiche in base ai risultati delle Regionali, ha invece assicurato: si va
avanti con questa maggioranza. Anche perché i temi sul piatto sono diversi ed eventuali scossoni politici
avrebbero ritardato provvedimenti in dirittura d'arrivo. Come la Riforma della sanità che, dopo un iter piuttosto
lungo, dovrebbe approdare in aula il 14 luglio: «Proprio in questo momento - ha spiegato il capogruppo
azzurro Claudio Pedrazzini, che ha incontrato il governatore insieme alla coordinatrice regionale Mariastella
Gelmini e ad alcuni assessori - sono in corso gli affinamenti necessari per concordare gli ultimi
emendamenti». La quadra, ha assicurato, si troverà. Un primo accordo si è trovato anche su una delle
questioni ad oggi più spinose: il reddito di cittadinanza, o reddito minimo, lanciato, tra le polemiche, sempre
da Maroni. Pedrazzini, che preferisce parlare di «reddito di emergenza», ha specificato che già da luglio ci
sarebbe la possibilità di utilizzare i finanziamenti del Fondo sociale europeo per la "Dote Unica Persona", uno
strumento che aiuti «chi ha bisogno» purché «si renda disponibile a seguire un percorso di attivazione sociale
e di inserimento lavorativo e non rifiuti nessuna occasione di lavoro». Della proposta di legge vera e propria,
invece, si occuperà un tavolo dedicato, del quale si discuterà già lunedì prossimo ad un vertice di
maggioranza. La proposta, al momento, viaggia su un binario parallelo rispetto al progetto di legge depositato
dai grillini e che inizierà il suo iter in commissione già giovedì prossimo. Non è detto, però, visto anche il
feeling tra Maroni e i Cinque Stelle sul tema, che i due binari prima o poi non si incrocino, magari licenziando
due o più testi abbinati (c'è anche una proposta del Pd), sulla scia di quanto già fatto sul Referendum per
l'autonomia. «L'importante è predisporre uno strumento non di finanziamento a pioggia, ma su misura per chi
ne ha veramente bisogno», ha specificato il leghista Angelo Ciocca che, proprio ieri, era ad un convegno con
Sel e il M5S. Soddisfatta del confronto Lega-FI anche Mariastella Gelmini: «Andiamo avanti con altre nostre
battaglie chiave come l'abolizione dei ticket sanitari e la libertà di scelta dei cittadini su dove farsi curare,
l'emergenza casa in particolare a Milano, il lavoro e l'impresa».
ACCORDO FACCIA A FACCIA Forza Italia e Lega hanno raggiunto un'intesa ieri nel corso di un faccia a
faccia che si è svolto al Pirellore. Accelerare sulla riforma della sanità e lavorare ad una bozza di reddito di
cittadinanza senza alcun rimpasto di giunta sarebbe l'accordo raggiunto tra i due partiti SETTIMANA
PROSSIMA Lunedì prossimo è in programma un primo vertice di maggioranza dedicato alla questione del
reddito di cittadinanza, che gli azzurri vorrebbero chiamare «reddito di emergenza»
Foto: L'azzurro Claudio Pedrazzini [Ftg]
VITA IN FARMACIA - Rassegna Stampa 09/06/2015
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Dopo la lite in maggioranza
09/06/2015
Pag. 7 Ed. Grosseto
diffusione:136993
tiratura:176177
Bando contestatoper le assunzioniLo spiega il sindaco
LA SPINOSA questione del bando per l'assunzione di cinque persone (che scade domani) alle Farmacie
Comunali sembra arrivata alla puntata finale. Stamani alle 10.30 è in programma una conferenza stampa
nella quale verrà illustrato il percorso finalizzato all'assunzione di nuovo personale della società Farmacie
comunali riunite Spa. Interverranno infatti il sindaco, Emilio Bonifazi e Alessandro Bocchi, presidente del Cda
Farmacie comunali riunite. E' stata proprio gran parte dell'opposizione a chiamare in causa il primo cittadino
della città di Grosseto dopo aver detto che il bando, secondo l'opposizione, prevedeva alcuni criteri di
selezione che lasciavano perplessità. Per poter sperare di essere assunti, secondo quello che c'è scritto nel
bando, bisogna aver lavorarato almeno un mese in una farmacia che abbia però la maggioranza pubblica
delle sue quote. Chi ha lavorato in una farmacia privata anche per decenni, quindi, non può partecipare.
VITA IN FARMACIA - Rassegna Stampa 09/06/2015
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INTERVENTO
09/06/2015
Pag. 7 Ed. Grosseto
diffusione:136993
tiratura:176177
Cerboni «bacchetta» Giomi CONSIGLIO «Abbiamo lo stesso parere Casomai dovrebbe chiedere spiegazioni
al suo partito»
CONTINUA il botta e risposta tra parte dell'opposizione e l'amministrazione comunale sul bando per
l'assunzione di 5 persone nelle farmacie comunali. E secca anche la replica di Giacomo Cerboni, capogruppo
del Nuovo Centro Destra, a Mauro Giomi, ex presidente di Farmacie Comunali. «E' curioso - dice Cerboni che a fronte di una precisa presa di posizione dell'opposizione sul bando per l'assunzione di 5 farmacisti, che
interpella il sindaco, il presidente di Fcr Spa ed il presidente dell'Ordine dei farmacisti, senta l'esigenza di
intervenire l'ex presidente delle Farmacie comunali, peraltro su un aspetto marginale della vicenda. O l'ex
presidente Giomi non ha saputo leggere nel modo giusto le mie dichiarazioni o, da uomo del Pd, vuole
distogliere l'attenzione dal silenzio assordante dei vertici comunali e di Fcr Spa sulla questione del bando di
assunzione, rilasciando dichiarazioni su risvolti secondari della vicenda». Cerboni prosegue: «Il Pd ha
sempre negato che in passato Fcr Spa facesse utili o, quantomeno, utili adeguati al mantenimento della
partecipazione. E questa è stata la principale motivazione con cui il Pd ha sostenuto l'esigenza di vendere le
farmacie. Da parte mia, al contrario, ho sempre sostenuto che gli utili, sebbene non significativi, dovessero
essere letti alla luce della funzione sociale che Fcr Spa poteva svolgere e che, comunque, un'azienda che
non produce perdite ma utili non dovesse essere venduta; per questo ho sempre osteggiato la vendita delle
farmacie. Quindi, a quanto pare, non soltanto Giomi non ha mai ascoltato o capito le mie dichiarazioni del
passato, ma nemmeno quelle attuali. Non perché fosse tenuto a conoscere il mio pensiero, ma perché gli
sarebbe stato davvero utile se proprio voleva replicare alle mie dichiarazioni». «Considerato che
l'Amministrazione e Farmacie comunali riunite sostengono che gli utili aziendali sarebbero arrivati, di fatto,
dopo la sostituzione di Giomi con l'attuale presidente Bocchi - chiude Cerboni -, mi permetto di consigliare a
Giomi di leggere meglio le mie dichiarazioni e, se proprio sente l'esigenza di prendersela con qualcuno, di
farlo con il suo Pd. Del resto, Giomi si sarebbe reso conto che diciamo le stesse cose. Continuo a credere,
infatti, che l'azienda abbia sempre prodotto utili, in passato come adesso. Ma che, nel recente passato, e
proprio durante la presidenza di Giomi, al Pd servisse dire pretestuosamente che le cose non andavano bene
per giustificare la volontà, del tutto politica ed interna alla maggioranza di governo, di vendere le farmacie.
Non a caso, dopo che la maggioranza ha deciso di non vendere più le farmacie, da qualche settimana
azienda e Comune enfatizzano i buoni risultati raggiunti con il cambio del presidente».
Foto: POLEMICA Giacomo Cerboni (sotto) non condivide alcuni criteri per le assunzioni
VITA IN FARMACIA - Rassegna Stampa 09/06/2015
65
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«Sulle Farmacie l'ex presidente sbaglia bersaglio»
09/06/2015
Pag. 4 Ed. Umbria Terni
diffusione:136993
tiratura:176177
Ossigeno maggiorato, lo strano caso di Deruta
PERUGIA UNA METICOLOSA ricostruzione societaria ancora in corso e l'ipotesi che fosse il dottor Antonio
Perelli, già al vertice di un ufficio strategico del Broletto (quello che si occupa di farmaci) , il titolare «di fatto»
della farmacia Perelli sas di Deruta. A lui infatti la procura contesta anche l'accusa di truffa per aver
presentato «per il relativo rimborso fatture con un importo maggiorato rispetto ai valori indicati nell'accordo
regionale per la fornitura di ossigeno terapeutico» inducendo così «in errore il Servizio sanitario regionale» e
procurandosi l'ingiusto profitto di 91mila euro tra giugno 2010 e luglio 2013. Maggiorazione già contestata
dall'Usl Umbria 1 al quale i 91mila euro vengono restituiti in rate da 2.500 euro l'una. SOCIO
ACCOMANDATARIO della farmacia hanno ricostruito i carabinieri del Nas è l'anziana madre di Perelli,
invalida al 100per cento, subentrata gestione di parafarmacia nel 2013. Ma anche sul precedente
organigramma societario gli investigatori ipotizzano la presenza di Perelli. Di lì un capitolo dell'informativa
interamente dedicato al «conflitto di interessi» su cui sono in corso ulteriori accertamenti per scoprire se è
fondata l'ipotesi che mentre svolgeva il ruolo di funzionario regionale gestisse, attraverso due fiduciarie la
parafarmacia. ALLO STATO però gli inquirenti contestano appunto la truffa ritenendo inverosimile che una
farmacia con il fatturato della Perelli non si fosse accorta che la Regione (addirittura dando battaglia al Tar
alle aziende farmaceutiche) avesse fissato il prezzo dell'ossigeno in 7,75 a metro cubo per il gassoso e 3,62
per quello liquido. Eri.P.
VITA IN FARMACIA - Rassegna Stampa 09/06/2015
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La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato
L'INCHIESTA INVESTIGATORI AL LAVORO SUL CONFLITTO DI INTERESSI PER PERELLI
PROFESSIONI
14 articoli
09/06/2015
Pag. 49
diffusione:556325
tiratura:710716
Urologia Ho cambiato le pillole e non faccio più l'amore
lettera firmata e-mail Ho 73 anni e per aiutarmi a fare l'amore con mia moglie uso le pillolette gialle (lei non lo
sa). Le cose andavano benino e avevo quasi sempre una buona erezione.
Da circa un mese uso il generico da 100 delle famose pillole blu ma le cose non vanno affatto bene. Soffro di
ipertensione (2 pillole al giorno)e prendo pillole per dormire (Stilnoxo Xanax).È meglio tornare alla pilloletta
gialla? PROF. ALDO FRANCO DE ROSE Urologo e Andrologo, ospedale univ. San Martino, Genova
Cambiare una terapia che assicura ottima efficacia rischia spesso di condurre ad insuccessi e, molte volte,
anche ad effetti collaterali. Se poi si utilizzano farmaci generici bisogna considerare che possono contenere
una quantità inferiore di principio attivo fino al 20%, e quindi, in alcune situazioni, risultare inefficaci. Nel caso
segnalato dal lettore esistono però altri motivi che possono giustificare l'insuccesso del rapporto sessuale: 1)
sostituzione del Cialis 20 mg con il Sildenafil 100 mg (generico del Viagra); 2) presenza di fattori di rischio
importanti per il deficit erettile, come l'ipertensione e la stessa terapia antipertensiva, causa anche del
disturbo sessuale. A questo, quasi sempre, si associa ansia, paura per il rapporto, depressione non solo per il
maschio ma anche per la partner. È consigliabile dunque ritornare alla terapia precedente e, se si vuole
sapere qualcosa di più, verificare lo stato delle arterie mediante l'ecodoppler del pene ed eseguire il dosaggio
del testosterone libero in quanto, se carente, potrebbe essere anche questo alla base del deficit erettile e
responsabile dell'inefficacia degli inibitori delle fosfodiesterasi 5 (Viagra, Cialis, Levitra e ultimo in ordine di
arrivo, Spedra).
PROFESSIONI - Rassegna Stampa 09/06/2015
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Il medico risponde/A CURA DI ELVIRA NASELLI/LETTERE & RUBRICHE
09/06/2015
Pag. 65 N.25 - 15 giugno 2015
diffusione:284517
tiratura:349050
L'EFFETTO PLACEBO È UNA VERA MEDICINA USALA COSÌ
La convinzione di prendere qualcosa che ci fa bene attiva l'autoguarigione. Scopri come funziona e in che
modo sfruttarla
Rossella Briganti
Dopo il Genoma, ecco spuntare il Placeboma, il progetto di ricerca inaugurato da un team di scienziati dell'
Harvard Medical School. Obiettivo? Indagare sull'impronta genetica dell'"effetto placebo". The Placebome
Project si prefigge di scoprire quali sono i geni implicati nel successo o insuccesso di una stessa terapia,
individuando chi è più sensibile all'effetto placebo e chi non lo è affatto. Tutti gli studi clinici dimostrano, infatti,
che nel 30% dei casi il placebo, somministrato a pazienti che credono di assumere un medicinale, funziona.
Suggestioni mentali? Basi genetiche dei cosiddetti "responder", cioè di coloro che rispondono al "finto
farmaco", privo di qualsiasi azione curativa? Per capirne di più, abbiamo intervistato il professor Marco Pistis,
farmacologo del Dipartimento di Scienze Biomediche, Divisione Neuroscienze dell'Università di Cagliari. 1che
cosa innesca l'effetto placebo? Sono tante le dinamiche psicologiche che determinano il successo di una
terapia, sia farmacologica sia fisica come una manipolazione osteopatica. Possiamo riassumerle in tre punti:
la motivazione, cioè quanto sei convinta a seguire una terapia, le aspettative (cioè i benefici, in termini di
salute, che ti aspetti di ottenere) e le esperienze pregresse. Se soffri di mal di testa cronico, per esempio,
tutto quello che hai sperimentato prima, nel bene o nel male, crea una traccia nella mente che ti predispone
ad accettare o meno, nel tuo intimo, una nuova terapia. È diverso accostarsi a un farmaco come "ultima
spiaggia", nella disillusa convinzione che anche questo funzionerà poco, o pieni di entusiasmo perché i
massmedia, i social network, il giro di amici, il medico o il farmacista di fiducia hanno creato un clima di attesa
positivo. È l'approccio mentale, in questo caso, che fa la differenza. 2l'atteggiamento psicologico può
decretare da solo il successo di una cura? In un certo senso sì. Ma attenzione a non sminuire il valore
intrinseco dell'atteggiamento psicologico. Dire "è solo una questione di psiche" è molto riduttivo perché
presuppone una separazione tra mente e corpo che in realtà non esiste, essendo un tutt'uno. Quello che
accade nella mente, a livello di aspettative, ricordi e desideri, ha degli immediati riflessi sul nostro organismo.
E il Placebome Project si propone proprio di esplorare i sentieri biologici tracciati dal nostro atteggiamento
mentale. Una pubblicità di questi tempi dice: "L'attesa del piacere è essa stessa piacere". E in effetti, a livello
biochimico, è realmente così. L'attesa di qualcosa che siamo convinti ci farà bene, ci fa stare meglio di per sé
perché attiva i mediatori chimici del benessere. 3quali sono i fattori esterni che influenzano l'efficacia di una
terapia? Molto influente è la comunicazione verbale. Il paziente dev'essere informato di tutto ciò cui va
incontro perché è proprio la sua consapevolezza la chiave di volta del successo. Uno studio dell'Università
della California, pubblicato su Nature , dimostra che un'iniezione di soluzione fisiologica, eseguita
comunicando al paziente che si tratta di morfina, ha lo stesso effetto analgesico di 8 mg di morfina.
Viceversa, questa dose si rivela insufficiente, e il paziente continua a lamentarsi e a chiedere antidolorifici, se
gli viene somministrata di nascosto, senza preventiva comunicazione da parte di medici e infermieri. Un'altra
ricerca italiana, pubblicata sulla rivista Pain nel 2001, conferma che la somministrazione "nascosta" di un
antidolorifico è molto meno efficace della somministrazione "aperta", preceduta da una comunicazione
trasparente. Questo perché all'azione terapeutica dell'antidolorifico si somma l'effetto placebo. E i benefici si
moltiplicano. Il consiglio? Diffida dei medici di base o degli specialisti che ti prescrivono la terapia senza dirti
nulla, limitandosi a scarabocchiare nome, dose e posologia. Se il tuo medico ti liquida in pochi minuti,
cambialo a favore di un altro che dica in modo chiaro e comprensibile che cos'è, come agisce, in quanto
tempo e quali sono i pro e i contro della cura prescritta. 4quanto conta l'affezione a un farmaco? Tantissimo,
perché il nostro passato plasma le aspettative attuali. Ci sono donne che si affezionano alla propria pillola
anticoncezionale e non la cambierebbero con 5esiste un placebo in negativo? Certo. La faccia opposta e
speculare è l'effetto nocebo, che si verifica quando ci convinciamo che quella terapia non fa al caso nostro.
PROFESSIONI - Rassegna Stampa 09/06/2015
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LA SALUTE di starbene / SCOPRIRE
09/06/2015
Pag. 65 N.25 - 15 giugno 2015
diffusione:284517
tiratura:349050
PROFESSIONI - Rassegna Stampa 09/06/2015
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Come le aspettative "buone" generano una cascata di neurotrasmettitori positivi, così un atteggiamento
negativo e sfiduciato in partenza attiva il rilascio di neurotrasmettitori che acuiscono la percezione del dolore.
È stato ampiamente dimostrato che se un paziente è mentalmente maldisposto vengono inibiti gli
endocannabinoidi e stimolate la bradichinina e le colecistochinine , che accentuano il malessere. Pensiamo a
quanto ci facciamo suggestionare dal foglietto illustrativo dei farmaci o dai forum su Internet: leggiamo gli
effetti collaterali e ce li sentiamo tutti addosso! Quindi, se non vuoi incorrere nell'effetto nocebo, evita di
fasciarti la testa prima del tempo, leggendo tutti i contro, e consulta solo i siti autorevoli. nessun'altra, benché
il ginecologo tenti di indirizzarle verso nuove formulazioni, più leggere e altrettanto efficaci. Così come ci sono
persone che si affezionano al brand del proprio antinfiammatorio, antiacido o ansiolitico: lo prendono da anni,
si trovano bene e non lo sostituirebbero con nessun farmaco generico, benché il loro medico e il farmacista li
assicuri che contenga non solo la stessa dose di principi attivi ma anche gli stessi eccipienti. Preferiscono
pagare di più, ma sentirsi rassicurati dal farmaco "di marca", con quel blister, quell'etichetta, quella
confezione che li accompagna da anni. Se lasciassero la strada vecchia per quella nuova, sicuramente il
farmaco funzionerebbe di meno perché verrebbe a mancare l'ala protettiva del placebo. Quella che i medici
chiamano compliance: l'adesione alla terapia, che ha sempre un risvolto emotivo. Quindi, se ti trovi bene con
un farmaco non lasciarti dissuadere dagli altri a sperimentare nuove marche o molecole. Continua con la tua
pillola, consapevole che se per te è il massimo è anche merito dell'effetto-placebo. Gallery Stock
quando funziona di più? L'effetto placebo è maggiore nelle malattie in cui la componente psicosomatica è
forte. In particolare: > lievi depressioni Uno studio congiunto dell'Università di Tubingen (Germania) e di
Baltimora (Usa), pubblicato due mesi fa su Lancet Psychiatry , rivela che anche in chi soffre di forme di
depressione lievi il placebo somministrato al "gruppo di controllo" funziona nel 40% dei casi. Perché entrano
in gioco l'emotività, l'attesa, la forte determinazione a uscire dal tunnel nero della depressione; > colon
irritabile Uno studio di Harvard pubblicato nel 2005 sulla rivista scientifica Neurogastroenterology & Motility
dimostra che nel colon irritabile la media dei soggetti che rispondono al placebo è superiore al 30%, arrivando
al 40% con punte del 70% in pazienti molto suggestionabili. Fatto che conferma la teoria dell'intestino come
"secondo cervello".
cosa succede nel nostro corpo La profonda convinzione che una cura funzioni attiva i cosiddetti "oppioidi
endogeni", un insieme di molecole rilasciate dal sistema nervoso centrale che non solo migliorano il nostro
benessere, ma attutiscono le sensazioni dolorose dovute a un mal di denti, di schiena o di pancia. > Tra
questi analgesici naturali, i più efficaci sono due: le endorfine e le encefaline. Oltre a ridurre la sensibilità al
dolore, alzano il tono dell'umore. > Un ruolo-chiave è giocato anche dalla dopamina, il neurotrasmettitore del
piacere che viene "evocato" soltanto dall'idea di prendere qualcosa che ci farà stare meglio. > Altrettanto
importanti sono gli endocannabinoidi scoperti nel '92 da un'équipe di farmacologi dell'Università di
Gerusalemme. Si tratta di antidolorifici molto potenti, rilasciati dal sistema nervoso e responsabili di gran
parte dell'effetto placebo.
Foto: CONSULTA GRATIS IL NOSTRO ESPERTO
Foto: Prof. Marco Pistis, Divisione di Neuroscienze, Università di Cagliari. Tel. 02-70300159 11 giugno, ore
14-16
Foto: Vuoi saperne di più? lescienze.it/news2015/geni effetto placebo
08/06/2015
Pag. 10 N.5 - giugno 2015
NCF
tiratura:6500
Perrigo, Mylan, Teva: che sarà poi?
Giuliano Zirulia
Accenniamo a una situazione di forze farmaceutiche che si stanno fronteggiando, in un'atmosfera di assoluta
incertezza di previsioni, tanto da far temere che, quando questa pagina sarà sotto l'occhio del lettore, o nulla
di nuovo sarà successo oppure tutto sarà già accaduto, magari in modo completamente diverso dalle
previsioni. Al centro della scena c'è Perrigo, azienda con sede in Irlanda, fabbricante di farmaceutici da banco
(OTC). Negli ultimi tempi questa ditta ha respinto per tre volte le richieste di acquisizione avanzate da un
gigante dei farmaci generici, l'americana Mylan. Ma si dice anche che Perrigo abbia tentato al contempo di
legarsi a un altro gigante dei generici, che, guarda caso, è anche corteggiatore proprio di Mylan: parliamo
dell'israeliana Teva. I contatti sarebbero avvenuti nell'estate 2014 attraverso banche ingaggiate allo scopo da
Perrigo. Teva non avrebbe però tenuto in alcun conto le proposte ricevute, anche perché Perrigo opera negli
OTC, un settore nel quale Teva non ha esperienza. Intanto, mentre fioccano commenti e ipotesi, non sembra
mutata la posizione di Teva rispetto a Perrigo: la ditta israeliana ha tentato di convincere i suoi azionisti che
l'affare è un obiettivo più adatto a Mylan. Questa ditta, a sua volta, potrebbe essere veramente interessata ad
arraffare tutto. Il suo Chairman, Robert Coury, nel maggio appena trascorso ha detto agli investitori che
Mylan vorrebbe mirare addirittura all'acquisto di Teva, anche dopo che la stessa Teva avrà acquisito Perrigo.
Ma, a parte questo, Coury ha anche dichiarato che la sua Mylan potrebbe costituire un attraente obiettivo per
Pfizer oppure divenire alleato di Sandoz, che appartiene a Novartis. Insomma, un guazzabuglio senza
risposte. Tutti sono però convinti che fra le soluzioni possibili dell'attuale situazione di stallo, ne possa anche
sortire una che, secondo recenti parole di Teva ai suoi azionisti, "trasformi il campo mondiale dei generici".
PROFESSIONI - Rassegna Stampa 09/06/2015
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Farmazoom
08/06/2015
Pag. 117 N.5 - giugno 2015
NCF
tiratura:6500
Raffaella Lamanna
Linea guida dell'intervento sarà l'analisi del rischio applicata al trasporto del farmaco. Verranno, dunque,
considerati i vari aspetti concernenti il trasporto di farmaci suddivisi sia in base alle differenti classi
farmacologiche che a seconda delle proprie caratteristiche chimico-fisiche e dunque in base alle condizioni di
trasporto (temperatura). A rendere ancor più attuale l'argomento, saranno diversi Case Studies (trasporto di
narcotici, farmaci facili da contraffare, farmaci a temperatura controllata, farmaci appetibili). Il Risk
Assessment sarà dunque lo strumento attraverso cui si potrà individuare il miglior modo per ridurre il rischio
di contraffazione del farmaco e di conseguenza il rischio di lenire la salute del paziente, nonché ridurre la
possibilità di furto del farmaco cosiddetto "appetibile" individuando le rotte di trasporto più "adatte". Si parlerà
dunque di prodotti "sensibili" anche in termini di security applicata al trasporto. La teorica applicazione
dell'analisi del rischio verrà però contestualizzata nella realtà italiana considerando le peculiarità che il nostro
paese riserva alla distribuzione del prodotto farmaceutico. - Gruppo di Studio Distribuzione, AFI - Silvano
Chiapparoli Logistica, Milano
PROFESSIONI - Rassegna Stampa 09/06/2015
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Analisi del rischio applicata al trasporto di differenti classi di farmaci in
base alle rotte distributive
08/06/2015
Pag. 128 N.5 - giugno 2015
NCF
tiratura:6500
Renato Ridella
I driver di cambiamento sono numerosi - medicina personalizzata, riduzione della produttività della R&S,
patent cliff, biosimilari, consumerizzazione della salute, digitale, invecchiamento della popolazione, crisi dei
sistemi sanitari, mercati emergenti... ma possono essere ricondotti a quattro aree: Ricerca e Sviluppo - Il
modello di R&S è diverso e più rischioso: la competenza vale più della scala, così "big pharma" si affi da
sempre di più a "micro-pharma" e all'università per la drug discovery; l'innovazione cambia, concentrandosi
nelle specialty e concretizzandosi spesso in target therapy che sovente frammentano il portafoglio dei player
specialistici incrinandone l'altissima redditività, e richiedono sofi sticate competenze di pricing; nuovi farmaci
biologici pongono sfi de di valore e prezzo in aree nuove al biotech come respiratorio e cardio metabolico.
Payor - Stretti tra vincoli di bilancio e economie stagnanti, e domanda di salute crescente, i sistemi occidentali
intervengono sulla spesa farmaceutica limitando l'accesso dell'innovazione (es. rimborsabilità condizionata
all'effi cacia "real world", crescente ricorso all'HTA), riducendone il reward (pricing legato all'outcome,
riduzione del valore dell'unità di tempo di Overall Survival addizionale) fi no a minimizzarlo alla scadenza
brevettuale tramite farmaci generici e biosimilari. L'industria reagisce anche sviluppando l'offerta di servizi per
differenziare il prodotto e/o aumentarne l'effi cacia in "real world", a supporto o addirittura a integrazione del
suo "price per pill"; la vera discontinuità sarà però il passaggio al "price per population", con eventuali servizi
a riduzione del rischio di outcome in capo all'azienda. Paziente - Abilitato dalla tecnologia, il paziente è
informato, critico e attivo, e con le sue preferenze può risultare molto importante nella scelta del farmaco. Nel
contempo, rimane poco aderente alla terapia e spesso mantiene stili di vita poco sani. Per questo, su di lui
convergono diverse industrie - telecomunicazioni, tecnologia/digitale, media, alimentare... in concorrenza o
partnership. La stessa industria farmaceutica si chiede se la prevenzione (intervento sugli stili di vita e sul
mantenimento del benessere) debba far parte del suo business, e come competere. Mercati emergenti - I
player farmaceutici vi cercano la crescita, e vi trovano talvolta anche la redditività grazie a una
segmentazione spinta del mercato. A fronte di questi fenomeni, le dimensioni e il portafoglio prodotti guidano
l'azienda farmaceutica verso business model diversi e in evoluzione: Drug discovery (opportunità per micropharma); Innovazione (sempre più appannaggio di Big Pharma); Orphan drug (accessibile anche alle aziende
medio-piccole); Brand maturi (cantiere aperto, richiede account management innovativo sugli account e sul
canale tramite gestione sinergica del portafoglio e nuove competenze come pricing e contracting, nonché
gestione del paziente/consumatore); Consumer healthcare (possibile sbocco per le aziende medio-piccole
con portafogli maturi). Questi modelli possono convivere nella stessa azienda, con rischi ma senza ostacoli
insormontabili al loro successo, che è essenziale, pena lo scivolamento nel sesto modello: quello della
concorrenza di costo, i generici. - Partner A.T. Kearney
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L'affascinante sfida della complessità e del cambiamento
08/06/2015
Pag. 12 N.5 - giugno 2015
NCF
tiratura:6500
Guadagnar tanto con poco
Abbiamo parlato, nel Farmazoom di NCF di maggio, delle ditte farmaceutiche con i maggiori fatturati nel 2014
e dei prodotti più venduti nello stesso anno. Vediamo ora la classifi ca delle aziende più redditizie, quelle che
hanno ottenuto le più alte percentuali di utile sul fatturato. L'elenco è stato stilato dall'agenzia americana di
investimento Motley Fool e si riferisce al vasto settore della "cura della salute", comprendendo così anche
ospedali e produttori di Medical Device, di software e di servizi vari. Diverse delle prime 10 aziende hanno
caratteristiche comuni: 7 sono biotech, le altre 3 (Amag, Pozen, Taro) ditte farmaceutiche tradizionali.
Trattandosi di profi tti percentuali, il piccolo può diventare grande: 7 delle 10 ditte hanno capitali di mercato
sotto i 3 miliardi di dollari. Ecco i nomi delle prime 5 aziende con le rispettive percentuali di profi tto e alcuni
cenni alle cause del rilevante successo: Amag Ph. 109,19% (antianemico Feraheme e un vantaggio fi scale
una tantum); PDL BioPharma 66,11% (royalties su licenze concesse specialmente a Genentech/Roche);
Enanta Ph. 65,80% (royalties sull' antiepatite C Viekira Pak di AbbVie); Pozen 60,74%; New Link Genetics
Corp. 59,60%. Nel successivo quintetto sono comprese anche due grandi aziende con capitali di mercato
molto maggiori: Shire PLC 56,55% e Gilead Sciences 48,62% (nuovi farmaci biotech antiepatite C e farmaci
anti HIV). Completano il quadro l'israeliana Taro Ph. 52,31% (farmaci generici, specialmente creme, unguenti
e gel) e le americane ANI Ph. 51,36% e Vanda Ph. 40,25%.
PROFESSIONI - Rassegna Stampa 09/06/2015
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Farmazoom
08/06/2015
Pag. 130 N.5 - giugno 2015
NCF
tiratura:6500
Agnes Regnault
Il mercato dei farmaci senza obbligo di ricetta, di automedicazione, evidenzia ormai da anni un andamento
sostanzialmente stabile. Non essendo un settore che può essere "stimolato" in quanto strettamente connesso
all'insorgere degli specifi ci disturbi/ sintomi. A fronte di ciò, tuttavia assistiamo a fenomeni in grande
espansione. Da un lato vi è una sempre maggiore attenzione dei cittadini alla propria salute, al benessere e
al trattamento dei disturbi/patologie, e dall'altro aumenta in proporzione anche la richiesta di autonomia
decisionale e di responsabilità nelle proprie scelte. Tutto questo avviene in un quadro di costante pressione
sulle risorse disponibili per la farmaceutica, che impongono scelte di razionalizzazione e, parallelamente,
richiedono un sempre maggiore coinvolgimento e partecipazione di cittadini/pazienti. La sfi da è quindi quella
di riuscire a dare risposte reali ed effi caci a quest'ampliamento della "sensibilità" dei cittadini alla propria
salute, e in un quadro di risorse limitate. E ciò non può che essere fatto attraverso prodotti di comprovata
sicurezza, effi cacia e qualità (e dunque farmaci) liberando parimenti spazi all'autonomia e autoresponsabilità
dei soggetti. Il comparto dei farmaci senza ricetta, di automedicazione, rappresenta a questo proposito, senza
dubbio, una risorsa a disposizione del Sistema Sanitario, e dei soggetti che in esso operano. E se cresce e si
evolve in meglio la cultura della salute (più conoscenza e più responsabilità) diventa sempre più necessario
interrogarsi e analizzare anche le opportunità di allargamento dell'offerta di automedicazione. È un dato di
fatto che oggi sono disponibili per l'automedicazione farmaci che sino a dieci anni fa erano saldamente in
mano al medico. Questo è segno che la cultura e la competenza sanitaria si evolvono, si sviluppano, aprendo
così spazi di opportunità importanti. Infatti, un appropriato ampliamento di ciò che può essere affrontato con i
farmaci di automedicazione signifi cherebbe, per esempio, che le Autorità avrebbero a disposizione prodotti
più evoluti e migliori per il trattamento dei più comuni disturbi di salute, con ricadute positive sia in termini di
minore ricorso al medico, sia come maggiore attenzione alle patologie più gravi. Parimenti, le Categorie
professionali (medici e farmacisti) vedrebbero ampliati gli strumenti a loro disposizione per la loro pratica
quotidiana a sostegno e sviluppo della salute dei cittadini. E non da ultimo, le stesse aziende avrebbero a
disposizione strumenti per allungare il ciclo di vita dei prodotti e occasioni di introdurre innovazioni
competitive. In questo scenario Assosalute è fortemente impegnata per favorire un corretto e appropriato
sviluppo della Cultura dell'automedicazione. Abbiamo aperto il portale www.semplicementesalute.it col quale
ci poniamo l'obiettivo di diventare una presenza di riferimento per quanto attiene l'utilizzo di Internet sui temi
della salute, benessere, cure; abbiamo sviluppato collaborazioni con le Associazione dei Consumatori
(Unione Nazionale Consumatori e Cittadinanzattiva) per promuovere iniziative di formazione e informazione
ai cittadini sulla corretta automedicazione; abbiamo progettualità di coinvolgimento continuativo di medici e
farmacisti, perché il loro contributo professionale e la loro costante presenza "sul campo" sono indispensabili
per la promozione e lo sviluppo di una cultura della salute realmente matura e responsabile. - Presidente
Assosalute - Federchimica
PROFESSIONI - Rassegna Stampa 09/06/2015
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Farmaci di automedicazione . Fare cultura per dare salute
08/06/2015
Pag. 140 N.5 - giugno 2015
NCF
tiratura:6500
Alessandra Molin Zan
La gestione degli stampati rappresenta un tema di grande rilevanza con cui sia le aziende sia le agenzie
regolatorie sono chiamate a confrontarsi quotidianamente. In particolare, le modifi che degli stampati portano
con sé numerosi aspetti critici per i titolari delle autorizzazioni all'immissione in commercio, riguardanti
prevalentemente le implicazioni che tali variazioni hanno a livello produttivo e distributivo. Il gruppo
regolatorio AFI ha svolto un'indagine allo scopo di defi nire all'interno delle diverse realtà aziendali come l'uffi
cio affari regolatori sia impegnato nella gestione delle modifi che stampati e di come si interfacci con gli altri
dipartimenti aziendali (logistica, farmacovigilanza). Sono state identifi cate alcune tipologie organizzative nelle
quali comunque il ruolo del regolatorio è sempre quello di interfaccia con le autorità regolatorie. La modifi ca
di un riassunto delle caratteristiche del prodotto e/o di un foglio illustrativo può conseguire a interventi sotto i
diversi profi li: qualitativo, clinico e farmacovigilanza, sia per esigenze dell'azienda stessa sia per richieste
provenienti dalle autorità regolatorie locali (AIFA, MHRA) o centrali (EMA). In tutti i casi l'uffi cio affari
regolatori risulta coinvolto e gioca un ruolo chiave nel coordinare l'intero processo. Infatti una volta che la
modifi ca è autorizzata la stessa deve essere implementata, tanto che l'uffi cio affari regolatori si interfaccia
con la funzione logistica, approvvigionamenti e produzione per l'implementazione secondo le corrette
modalità e nei tempi concessi dall'autorizzazione degli stampati modifi cati. La prima importante novità in
tema di modifi che stampati è stata introdotta con l'estensione nel 2011 della procedura del silenzioassenso
ad alcune tipologie di modifi che stampati ed è stato un passo importante verso lo snellimento delle
procedure sia per le aziende sia per l'Agenzia del Farmaco. Nel 2014 è stata poi introdotta un'altra importante
novità con la pubblicazione in Gazzetta di una Determina secondo la quale i farmaci interessati da una modifi
ca del foglio illustrativo possono continuare a essere venduti fi no a esaurimento delle scorte. Se la modifi ca
riguarda aspetti di sicurezza d'impiego del farmaco coinvolto le farmacie dovranno dispensare il medicinale
con una copia del foglietto modifi cato che sarà messo a disposizione dalle aziende. La relazione ha lo scopo
di fornire spunti di ri essione e confronto per i diversi attori coinvolti nel processo. - Gruppo Regolatorio, AFI Sanofi , Milano
PROFESSIONI - Rassegna Stampa 09/06/2015
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Il ruolo dell'ufficio affari regolatori nella gestione degli stampati
08/06/2015
Pag. 140 N.5 - giugno 2015
NCF
tiratura:6500
Anna Rosa Marra
Gli stampati accompagnano un medicinale dalla sua prima autorizzazione e sono considerati documenti
fondamentali, in continuo aggiornamento, per questo soggetti ad approvazione da parte dell'autorità
competente. Nel 2014 sono state presentate circa 3880 modifi che di stampati relative alle informazioni di
sicurezza del medicinale cui ne vanno aggiunte tante altre relative all'effi cacia e alla qualità dei farmaci.
L'aumento del numero di variazioni presentate in quest'ultimo anno deriva in parte dall'entrata in vigore della
nuova normativa di farmacovigilanza la quale, dando maggiore risalto a tutte le attività di vigilanza, ha
determinato un incremento del numero di modifi che stampati richieste da parte dell'Europa. Pertanto, la
maggior parte di queste modifi che deriva da: • Raccomandazioni del PRAC • Referral art. 31 Questo tipo di
modifi che inoltre, secondo la nuova classifi cazione delle variazioni, si confi gurano tutte come C.I.z o C.I.1 di
Tipo IB per le quali non è possibile applicare la procedura di silenzio/assenso. Analoga problematica riguarda
le variazioni presentate su richiesta dell'Uffi cio di Farmacovigilanza che, secondo la nuova classifi cazione, si
confi gurano nella tipologia C.I.z. per cui è necessaria una valutazione da parte di AIFA. Per tale ragione,
nella maggior parte dei casi, le note dell'Uffi cio di Farmacovigilanza, prima della loro pubblicazione, sono
concordate con l'Uffi cio Valutazione & Autorizzazione per stabilire la corretta tipologia e la possibilità di
applicare il silenzio /assenso. L'elevato numero di variazioni di sicurezza, sempre più in continuo aumento,
comporta inevitabilmente un aggravio di lavoro per l'AIFA anche in funzione dell'aggiornamento continuo
degli stampati e della Banca Dati Farmaci accessibile a tutti gli utenti attraverso il portale istituzionale
dell'Agenzia. Le maggiori criticità si evidenziano in particolar modo nel caso dei grouping di più medicinali e/o
worksharing per i quali ci si può trovare a gestire in una sola variazione fi no a 32 medicinali. Si riscontra infi
ne, che ad aumentare ulteriormente il numero di variazioni stampati è anche la prossima scadenza, al primo
luglio 2015, per la presentazione dei risultati del test di leggibilità da condurre sui fogli illustrativi dei medicinali
autorizzati secondo la procedura nazionale. - AIFA
PROFESSIONI - Rassegna Stampa 09/06/2015
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Modifiche stampati: gestione e criticità
08/06/2015
Pag. 174 N.5 - giugno 2015
NCF
tiratura:6500
Non solo medicinali
Assinde allarga la sua attività ai prodotti extrafarmaco venduti in farmacia
Caterina Lucchini
L'Italia è il primo Paese europeo a disporre di un sistema di ritiro e smaltimento dei resi farmaceutici integrale
e gestito direttamente dagli operatori del settore. A occuparsene è Assinde, una società costituita fra le
associazioni di categoria delle industrie farmaceutiche (Farmindustria), delle farmacie private e pubbliche
(Federfarma e Assofarm) e dei distributori intermedi (ADF e Federfarma Servizi). Compito dell'azienda è
curare la raccolta, la certificazione e l'avvio alla distruzione di rifiuti speciali non pericolosi e pericolosi
rientranti nel ciclo produttivo e distributivo dei medicinali a uso umano e veterinario, dei dispositivi medici, dei
prodotti e kit diagnostici e degli altri prodotti a uso umano e veterinario vendibili in farmacia. Nata per
l'esclusivo indennizzo dei resi medicinali, Assinde sta assumendo man mano un ruolo centrale nella raccolta
dei medicinali e degli altri prodotti farmaceutici scaduti o invenduti nonché nella gestione delle problematiche
ecologiche dell'intero settore farmaceutico (vedi box "L'attenzione all'ambiente"). Infatti, la società sta
gradualmente ampliando il proprio campo di attività anche a rifiuti diversi da quelli dei medicinali
indennizzabili, pur sempre di natura farmaceutica . Questa apertura , varata dalle Associazioni di categoria
che la governano, corrisponde a una proposta del presidente Giorgio Rende a seguito di una analisi del
mercato. Spiega Rende, infatti, che: «Anche il settore farmaceutico, come l'industria manifatturiera in
generale, si sta ponendo l'obiettivo di una economia su tutti i costi dei servizi primari e accessori. È chiaro che
anche Assinde deve dare un contributo a questo processo. Da qui l'esame approfondito su come fare senza
intaccare i livelli di qualità e di sicurezza fino a oggi acquisiti». La proposta sta appunto nell'allargamento
della gamma dei prodotti da trattare in funzione della creazione di un'economia di scala da rendere usufruibile
agli attuali come ai futuri utenti del servizio offerto. «È da ricordare - continua Rende - che Assinde nasce
come strumento commerciale e che poi con la complessa normativa introdotta sui trasporti, sulla gestione
fiscale e infine di carattere ecologico è diventata una soluzione collettiva a costi compatibili. Questo valore
che la società produce con l'economia che realizza con i suoi servizi unificati sono di grande potenziale
attrattiva da parte di tutti gli imprenditori e in particolare quelli che lavorano sullo stesso segmento della
farmacia» . Una proposta che ha trovato la spinta per partire anche in seguito alla determina Aifa sui foglietti
illustrativi in vigore dal giugno scorso. I resi per modifiche al bugiardino si sono ridotti nel tempo e
continueranno a scendere anche quest'anno, permettendo ad Assinde di gestire nuovi volumi, ovvero i
prodotti, sempre commercializzati in farmacia, ma diversi dai farmaci (cosmetici, integratori, dispositivi medici,
Otc ecc . ). In questi ultimi undici anni Assinde ha gestito circa 100 milioni di confezioni medicinali, pari a circa
6.000 tonnellate di rifiuti medicinali, per un valore complessivo di indennizzi erogati per conto delle aziende
farmaceutiche di oltre 600 milioni di euro. Con la determina AIFA sul foglietto illustrativo la società conta di
vedere ridotto il numero di resi di quasi il 50% e per questo può attualmente occuparsi dei prodotti
extrafarmaco garantendo la stessa qualità e competenza offerta negli anni per la gestione dei medicinali.
«L'iter di gestione del reso seguirà lo stesso processo ormai validato negli anni che Assinde ha messo in
piedi per i medicinali» spiega Rende. Saranno tuttavia possibili delle differenziazioni e delle personalizzazioni
secondo le esigenze delle singole aziende, come ad esempio la possibilità della liquidazione straordinaria
(vedi oltre). Inoltre, mentre nel caso dei farmaci etici i criteri di determinazione dell'indennizzo sono i
medesimi per tutte le aziende, nel caso dei prodotti non medicinali sarà invece la singola azienda a decidere
la quota di rimborsabilità. La deducibilità fiscale La gestione dei resi è attuata da Assinde sulla base
dell'Accordo interassociativo per l'indennizzo e lo smaltimento delle specialità medicinali, da ultimo rinnovato
il 18 novembre 2014 per il triennio 2015-2017. Grazie all'accordo appena stipulato, è stata prevista la
possibilità di integrare nel sistema anche le aziende extrafarmaco, fino a ora non contemplate. Negli anni
passati la società si è già trovata a recuperare da tutte le farmacie un prodotto non medicinale: «si trattava di
PROFESSIONI - Rassegna Stampa 09/06/2015
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Intervista all'azienda Gestione dei rifiuti farmaceutici
08/06/2015
Pag. 174 N.5 - giugno 2015
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La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato
un noto integratore che però era prodotto da una casa farmaceutica», ci ricorda Rende. «In quel caso, quindi,
l'azienda che si è rivolta ad Assinde ha potuto usufruire del trattamento fiscale spettante alle aziende
farmaceutiche che si avvalgono del nostro servizio». Le aziende del settore, infatti, possono dedurre i costi
sia della certificazione e dello smaltimento sia dell'indenizzo del farmaco (anche se non più loro, perché già
acquistato dalla farmacia o dal grossista), poiché, aderendo ad Assinde accettano formalmente l'accordo
interassociativo. «Si viene a creare quindi un collegamento fra il contratto di acquisto del medicinale e una
sorta di assicurazione che è data dall'accordo interassociativo», aggiunge Rende. Ora, il nuovo accordo
firmato a novembre, prevede invece questa possibilità anche per le industrie extrafarmaco ed è per questo
che da tale data la società si sta proponendo per tutto il mercato dei prodotti a uso umano venduti in
farmacia. La gestione operativa di Assinde La gestione operativa si basa su due tranche semestrali: le
farmacie e i distributori inviano ogni sei mesi i prodotti farmaceutici scaduti o comunque invendibili. Ogni
singola confezione, dal momento in cui diviene rifiuto e fino a quando viene distrutta ed eventualmente
indennizzata, segue sempre un preciso percorso, ben documentato, che può essere costantemente
controllato, in ognuna delle sue fasi, da tutti gli operatori del settore. Per ciascuna confezione viene rilevato il
codice AIC, il numero di lotto, la data di scadenza e sono acquisite due immagini, l'una relativa alla parte
della confezione riportante il numero di lotto e la data di scadenza e l'altra il bollino di sicurezza. Tutti questi
dati vengono conservati da Assinde per almeno cinque anni. I prodotti conferiti, in base alle condizioni dettate
dall'Accordo interassociativo vigente ovvero da specifici ulteriori accordi conclusi con le singole aziende
produttrici, possono risultare indennizzabili o non indennizzabili. I dati dopo essere stati elaborati e imputati
alle aziende competenti, vengono pubblicati sul portale di Assinde a disposizione delle industrie produttrici,
delle farmacie e delle aziende distributrici per tutto ciò che è di loro competenza. Le industrie, consultando il
portale, tramite la propria ID e password, possono estrapolare i dati delle singole confezioni di loro
competenza e quindi il numero di confezioni da indennizzare, i nominativi e le singole quantità per farmacia o
grossista, la data di pubblicazione dei relativi dati sul sito nonché a margine di ciascuna confezione
l'eventuale data di avvio a smaltimento e gli estremi del relativo F.I.R. Le confezioni che non risultano
indennizzabili seguono lo stesso percorso ecologico di quelle indennizzabili e sul sito web sono riportati
anche i dati relativi alle confezioni non indennizzabili. A conclusione del percorso amministrativo ed ecologico
le aziende produttrici ricevono la documentazione contenete in dettaglio i prodotti oggetto di indennizzo
nonché un prospetto riassuntivo degli acconti versati e dei saldi. Alle farmacie e ai distributori vengono inviati,
invece, la nota di indennizzo con l'elenco analitico dei prodotti indennizzabili e non indennizzabili e
l'ammontare dell'importo loro liquidato. Parallelamente le farmacie e i distributori ricevono anche la fattura
relativa alla certificazione e smaltimento dei prodotti non indennizzabili, il cui importo viene detratto dalla nota
di indennizzo. n
L'ATTENZIONE ALL'AMBIENTE Assinde ha preso una fisionomia, a partire dal Decreto Ronchi, di vero e
proprio centro ecologico su un segmento fondamentale del mercato farmaceutico. Questa funzione oltre che
essere stata riconosciuta dalle Istituzioni competenti è comunemente utilizzata dalle forze di polizia
giudiziaria, dai Carabinieri della sanità dalla Guardia di Finanza e dal Corpo Forestale in tutti i casi si
verifichino esigenze di informazioni sui ussi generali o specifici. Anche la stessa legislazione in materia ha
sottolineato come il modello gestito da Assinde sia da privilegiare e sostenere. Il presidente Rende a tale
proposito ha ricordato la grande iniziativa, in corso di revisione e ulteriore rilancio, dell'Accordo di programma
fra Assinde e i Ministeri dello Sviluppo Economico e quello dell'Ambiente. «Con l'Accordo di programma si è
sempre perseguito l'obiettivo di far corrispondere al grande impegno di certificazione e documentale reso
dalla struttura centrale di Assinde, una semplificazione dei processi periferici presso le farmacie e i distributori
che si avvalgono del servizio. Anche questo nella direzione della razionalizzazione e del contenimento dei
costi nella massimo rispetto delle normative e degli alti livelli di qualità ambientale, economica, sanitaria ed
ecologica». L'Accordo ha infatti previsto una serie di semplificazioni per gli operatori che si avvalgono di
Assinde volte a ottimizzare la gestione dei rifiuti farmaceutici. Dal canto suo Assinde si è impegnata a ridurre i
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Pag. 174 N.5 - giugno 2015
NCF
tiratura:6500
PROFESSIONI - Rassegna Stampa 09/06/2015
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La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato
quantitativi di rifiuti derivanti dagli imballaggi, a sensibilizzare gli operatori del ciclo produttivo e distributivo del
farmaco sulla corretta gestione dei rifiuti da essi prodotti o detenuti e a mettere a disposizione del Ministero
dell'Ambiente le rilevazioni statistiche ritenute utili dal Comitato di Vigilanza e di Controllo previsto
dall'Accordo medesimo. Questo Accordo dimostra la concreta attenzione delle Autorità di controllo in campo
ecologico al lavoro svolto in questi anni da Assinde.
GESTIONE DEI RESI SEMPLIFICATA. I VANTAGGI ggi Assinde offre ai suoi utenti alcuni servizi
centralizzati fondamentali per risolvere degli adempimenti a costi compatibili. Dal punto di vista del farmacista
e del distributore la garanzia di semplificazione della gestione dei resi, attraverso un unico pacco in cui
inserire tutti i rifiuti da inviare ad Assinde accompagnato da un unico documento di trasporto ecologico. Unica
operazione dunque con un costo di trasporto contenuto e ottimizzato. Anche per l'industria farmaceutica il
servizio è vantaggioso. Il prodotto viene amministrato da Assinde che su rendicontazione riceve l'importo da
parte delle industrie per pagare gli indennizzabili. All'operazione di provvista fondi corrisponde il pagamento di
tutte le farmacie e i distributori da parte di Assinde. Di fatto nel rapporto industria, farmacia/distributore e
Assinde si realizza: - un solo pacco di rifiuti farmaceutici dalla farmacia/distributore ad Assinde; - una sola
rendicontazione all'industria da Assinde su tutte le farmacie/ distributori che hanno conferito prodotti di
quell'industria; - un solo pagamento dall'industria ad Assinde per le spese di gestione e per gli indennizzi
eventuali; - un solo pagamento da Assinde alle farmacie/distributori per tutti i prodotti conferiti e
indennizzabili. Su questo modello di semplificazione si basa la nuova iniziativa di Assinde: «su questi
inconfutabili risultati conseguiti dal 1989 a oggi si basa la proposta che ha ricevuto il pieno consenso delle
associazioni di categoria di allargare questo servizio alle altre tipologie di prodotti vendibili in farmacia nel
vantaggio di tutti sul piano economico che sociale».
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Maggiore attenzione alle interazioni tra i farmaci
Il futuro potrebbe vedere una rimodulazione delle linee guida di trattamento, oggi per lo più basate su
monoterapie, per giungere a una migliore appropriatezza prescrittiva che tenga conto anche delle numerose
e potenzialmente dannose interazioni tra farmaci che possono presentarsi nei regimi di politerapia
Giuliana Miglierini
«Fino ad oggi è mancata una visione olistica di ogni agente farmacologico, che guardi non solo target
malattia-specifico per ogni farmaco: ogni sostanza va infatti a disturbare un intero sistema, soprattutto in una
persona così complessa come può essere l'anziano. Come fare questi trial clinici è tutto un altro discorso,
estremamente complicato», commenta Alessandra Marengoni , ricercatrice presso il Dipartimento di Scienze
Cliniche e Sperimentali dell'Università di Brescia e membro del Geriatric Working Group (GWG) di Aifa.
L'Agenzia nel 2013 ha pubblicato uno studio 1 sull'appropriatezza prescrittiva nel paziente anziano, lavoro in
cui un ruolo centrale ha avuto la valutazione delle possibili interazioni tra farmaci diversi e che ha portato alla
selezione di diversi tipi di indicatori (tabella 1). Lo studio ha rappresentato un caso praticamente unico a
livello internazionale per ampiezza della popolazione considerata: tutta la popolazione italiana over 65, oltre
12 milioni di persone, e si è basato sui dati dei farmaci rimborsati dal Servizio sanitario nazionale estratti dalla
banca dati OsMed (box "Lo studio Aifa sull'appropriatezza prescrittiva negli anziani" e tabella 2 a pag. 54). I
risultati hanno evidenziato come più della metà di questa popolazione (7,5 milioni di persone) assuma più di 5
farmaci al giorno, l'11% (1 , 4 milioni di persone) ne assume più di 10 . L'inadeguatezza delle linee guida e
dei trial clinici a monte I dati evidenziati dallo studio del GWG possono applicarsi alla gestione non solo degli
anziani, ma anche di tutti quei pazienti che , per la complessità del loro quadro patologico , richiedano il
ricorso a regimi di polifarmacia altrettanto complessi e stratificati, soprattutto in presenza di patologie croniche
che necessitano trattamenti a lungo termine. «Il problema fondamentale è che tutte le linee guida per le
malattie croniche sviluppate negli ultimi anni sono malattia-specifiche. Molto raramente considerano che il
paziente possa presentare altre condizioni comorbide, croniche anch'esse , e che riceva altri trattamenti in
concomitanza - spiega Alessandra Marengoni . - Si tratta di linee guida sviluppate in base a dati ottenuti da
trial clinici che non hanno incluso i pazienti anziani multimorbidi che noi vediamo tutti i giorni nella pratica
clinica quotidiana». I trial clinici sono tradizionalmente impostati su popolazioni selezionate di pazienti, in
genere adulti o anziani "robusti" che presentano solo la patologia oggetto dello studio. Se ciò permette di
evidenziare in modo ottimale l'efficacia terapeutica del drug candidate , obiettivo dell'intero iter di sviluppo, e
gli eventuali effetti avversi causati dal farmaco di per sé, altrettanto non si può dire delle variazioni sia di
efficacia che di comparsa di effetti indesiderati che possono conseguire da interazioni del farmaco con altre
sostanze somministrate in contemporanea o con i meccanismi stessi di eventuali patologie comorbide. Questi
effetti, negli schemi di sviluppo farmaceutico attualmente in uso, possono palesarsi solo durante la fase di
sorveglianza post-marketing, quando il farmaco viene usato sull'intera popolazione reale e quindi diventa
esposto a situazioni più complesse. Marengoni, insieme a Graziano Onder dell'Università Cattolica di Roma,
ha firmato il recente editoriale del British Medical Journal 2 che introduce i risultati di uno studio sistematico 3
condotto da ricercatori britannici su tre linee guida emesse dal National Institute of Health and Care
Excellence (Nice) e mirato a evidenziare le interazioni farmaco-malattia e farmaco-farmaco (Box "Tre linee
guida NICE sotto la lente" e tabella 3 a pag. 56). «Il risultato dell'applicazione contemporanea di queste linee
guida porta allo sviluppo di numerose interazioni tra farmaci e tra i farmaci e le malattie da cui il paziente è
affetto. Vorrei sottolineare che nel paziente anziano complesso il target non è più malattia-specifico, come ad
esempio il controllo del valore di colesterolo , di glicemia o di pressione arteriosa entro i limiti indicati dalle
linee guida. Bisogna tenere conto delle moltissime altre condizioni concomitanti che fanno prevalere il target
pazientespecifico, cioè in pratica la sua migliore qualità della vita - sottolinea Alessandra Marengoni. Vediamo pazienti con demenza in fase terminale che ancora prendono statine, senza considerare la
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Attualità Politerapie
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prognosi, l'aspettativa di vita e il bilancio dei rischi e dei benefici che si possono avere prescrivendo una
terapia. Non ci dimentichiamo, poi, che il paziente non è ancora sufficientemente coinvolto nelle decisioni
terapeutiche che lo riguardano, soprattutto se è anziano. Infine, se il paziente ha un problema cognitivo e
funzionale, bisogna considerare la presenza di un'assistenza a livello familiare o di caregiver ». Quale futuro
per i trial? A vederla da fuori, per tenere conto di includere anche questo tipo di evidenza all'interno dello
sviluppo clinico, si potrebbe ipotizzare che l'iter che le aziende farmaceutiche sono tenute a seguire possa in
futuro includere anche studi clinici su popolazioni di pazienti anziani e comorbidi. Questo tipo di soluzione
potrebbe seguire quanto già introdotto per un altro tipo di popolazione con caratteristiche nettamente diverse
da quella degli studi principali di registrazione, la popolazione pediatrica. Dal gennaio 2007 il Piano
d'investigazione pediatrica (PIP) deve obbligatoriamente accompagnare la domanda di autorizzazione degli
studi clinici di fase 2 dei nuovi candidati medicinali, e deve essere presentato anche in caso di richiesta di
nuove indicazioni di medicinali già esistenti (Regolamento EU n. 1901/2006). «Da qualche parte dobbiamo
partire per arrivare a un trial "pragmatico", che possa dare dei risultati applicabili anche nella vita di tutti i
giorni. Qualcosa si sta muovendo , ma siamo ancora in una fase molto precoce: è un dinosauro che si
muove, 2030 anni di medicina basata sull'evidenza e ora ci troviamo in una situazione per cui questo tipo di
approccio non è più considerato affidabile - commenta Marengoni . - Già nel 2012 partecipai a un workshop
dell'EMA che riuniva i vari stakeholder per cercare di capire come poter passare a trial clinici che possano,
anche a scapito di una minore validità interna, avere una maggiore validità esterna. Presentai un'idea per
valutare quale poteva essere l'effetto combinato di più trattamenti in specifici cluster di patologie. Che questi
cluster siano i più frequenti, i più difficili da trattare o i più costosi questo è ancora da definire. C'è stato
interesse sia da parte delle agenzie regolatorie che delle industrie. Attualmente, i programmi della
Commissione Europea , all'interno sia di Horizon 2020 che di Joint Action, stanno dando molto spazio ai
nuovi modelli di cura e di trattamento di pazienti con multimorbidità. In questo momento c'è una ricaduta in
termini di finanziamento per la ricerca in questo campo, a cui partecipano anche le industrie» Un netto
cambio di mentalità Modificare l'intera visione dello sviluppo del farmaco e del suo utilizzo nei pazienti "reali"
potrebbe sembrare un'impresa difficilmente ipotizzabile, per non dire realizzabile nel concreto. Il cambio di
mentalità da parte di tutti gli attori della filiera, dal ricercatore al medico prescrittore finale, dovrebbe essere
profondo e potrebbe richiedere il rimettersi in gioco su conoscenze considerate acquisite. «Il fattore critico è
riuscire a diffondere e a comunicare in modo efficace con i diversi soggetti coinvolti nel trattamento degli
anziani con multimorbidità che un trattamento basato su linee guida malattia-specifiche non è più accettabile
e può anche portare a effetti negativi sulla salute e sulla qualità della vita di queste persone», commenta
Marengoni. I nuovi modelli di cura sono necessari per gestire al meglio la massa crescente di persone con
più di 70 anni, la nuova soglia dell'età geriatrica introdotta da quest'anno dall'Organizzazione Mondiale della
Sanità. «Ho un feedback diretto a livello degli specialisti, cardiologi, neurologi, rianimatori e chirurghi del mio
ospedale , che ci contattano come geriatri per capire insieme come affrontare il paziente anziano
multimorbido che ormai è in tutti questi reparti. È un feedback positivo, noto un'apertura notevole da parte dei
colleghi specialisti e una richiesta di collaborazione che ritengo molto positiva anche dal punto di vista della
mentalità. Anche il fatto che giornali e riviste scientifiche come il BMJ spingano molto in questa direzione
ritengo sia un passo molto importante per diffondere e migliorare questo tipo di comunicazione coi vari
stakeholder», aggiunge la rappresentante del GWG di Aifa . I medici di famiglia sono spesso il primo punto di
contatto degli anziani, e un approccio diverso alla gestione del paziente complesso potrebbe anche facilitare
la loro operatività, che oggi vede tempi di visita molto ristretti (15-20 minuti a paziente). «Si dovrebbe
considerare sempre anche la situazione cognitiva, funzionale, sociale ed economica del paziente. Quello che
possiamo fare è partire dalla formazione. Poi i medici di medicina generale hanno bisogno di strumenti
informatici innovativi. Oggi ci sono strumenti uno diverso dall'altro, non connessi tra loro. Sarebbe molto
positivo poter connettere il database del medico di medicina generale con quello dei farmacisti territoriali, in
modo da avere anche un doppio controllo, e poter utilizzare software che diano dei warning sulle interazioni
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farmacologiche maggiori o controindicate, sui farmaci duplicati, sulle cascate prescrittive, sui farmaci
inappropriati prescritti , in modo molto semplice, rapido e di facile consultazione. Tutto questo per arrivare a
quella che si chiama personalised medicine », ipotizza Marengoni. Database per l'appropriatezza della
prescrizione La messa a punto di nuovi database adattativi elettronici che consentano di condurre una
valutazione multidimensionale del paziente e una ricerca iterattiva per diverse condizioni è l'obiettivo concreto
più vicino da raggiungere. Accessibili anche da tablet o smartphone e aggiornati in tempo reale, questi
strumenti potrebbero rappresentare un "pezzo importante per il futuro della pratica clinica e della professione
medica", come riporta un recente editoriale dell'Agenzia Italiana del Farmaco. Diversi sono gli esempi già in
atto in tal senso. In Italia, ad esempio, l'Istituto Mario Negri offre consulenza telefonica a medici, operatori
sanitari e cittadini tramite il Centro di Informazione sul Farmaco e la Salute (Cifs) e informazioni di dettaglio
sulle interazioni tra farmaci tramite la banca dati INTERCheck (box "INTERCheck, il database dell'Istituto
Mario Negri"). «Nel mio reparto utilizzo questo strumento informatico per il controllo delle terapie. Il Mario
Negri è un istituto estremamente collaborativo da questo punto di vista. Dal 2008 collaboriamo insieme al
progetto Reposi, il Registro delle Politerapie della Società italiana medicina interna. Credo che un accordo tra
le società scientifiche e le associazioni, in particolare l'associazione dei medici di medicina generale e quella
delle farmacie a livello nazionale, possa essere un passo importate perché loro stessi richiedano che ci sia
questa uniformità», sottolinea Alessandra Marengoni (ndr: Si veda anche l'intervista al professor Garattini a
pag.62). Un altro esempio di questo tipo di approccio è il progetto non-profit norvegese Magic (
www.magicproject.org ) che punta alla creazione e distribuzione di linee guida dinamiche e sempre
aggiornate, oltre a supporti decisionali e riassunti delle evidenze. Il progetto ha già prodotto MAGICapp, una
piattaforma collaborativa web-based per la scrittura e pubblicazione delle linee guida, che non richiede
installazione di software e permette la pubblicazione su tutti i tipi di dispositivi. «Da solo questo non basta sottolinea Marengon . - C'è sempre il nostro paziente davanti, contestualizzare i risultati in ciascun individuo
tenendo in considerazione i fattori detti prima rimane comunque importantissimo». Italia parte attiva L'Italia - e
AIFA in particolare - è molto attiva nell'approfondire questo delicato argomento, come dimostrato dallo studio
del 2013 sull'appropriatezza prescrittiva. La ricerca sta proseguendo con l'analisi dei dati OsMed circa
l'aderenza alle principali categorie di farmaci, come spiega la rappresentante del gruppo di lavoro di Aifa:
«Stiamo facendo un grosso lavoro per capire come migliorare la casella SI-SI della tabella 4 x 4
appropriatezza-aderenza: quello che dico sempre è che non posso chiedere al mio paziente di essere
aderente se io non sono appropriato». Lo stesso gruppo GWG dell'Agenzia sta anche lavorando su due fronti
a livello internazionale, il modello di cura e l'appropriatezza prescrittiva da una parte e l'aderenza alla terapia
dall'altra. «Ho sempre rappresentato Il GWG nelle riunioni del programma European Innovation Partnership
on Active and Healthy Ageing per quanto riguarda il gruppo aderenza alle terapie. Graziano Onder, invece, è
direttamente coinvolto e dirige uno dei work package della Joint Action sulle malattie croniche e la
multimorbilità, un programma europeo per lo sviluppo di modelli di cura per pazienti affetti da più patologie.
L'Italia sta partecipando attivamente in questo tentativo di cambiamento di mentalità e di evoluzione del
processo di cura di questi pazienti. Ritengo che l'Italia sia assolutamente in grado e possa portare delle
soluzioni, dei suggerimenti in Europa a riguardo», conclude Alessandra Marengoni. n
Tabella 1 - Gli indicatori di qualità della prescrizione identificati dallo studio AIFA Indicatori di politerapia
Dispensazione concomitante di: • 5-9 farmaci • 10 farmaci Aderenza al trattamento • Bassa aderenza ai
farmaci antidepressivi (<40% giorni coperti su 6 mesi) • Bassa aderenza ai farmaci anti-ipertensivi (<40%
giorni coperti su 1 anno) • Bassa aderenza ai farmaci antidiabetici (<40% giorni coperti su 1 anno) • Bassa
aderenza ai farmaci anti-ospteoposi (<40% giorni coperti su 1 anno) Cascata prescrittiva Uso di farmaci antiParkinson e antipsicotici Sotto trattamento Sotto utilizzo di statine nei pazienti diabetici Interazione
farmacologica • Uso concomitante di farmaci che aumentano il rischio di sanguinamento (warfarina in
combinazione con inibitori tradizionali FANS/COX-2 o di aspirina a basso dosaggio/altri antiaggreganti
piastrinici) • Uso concomitante di farmaci che aumentano il rischio di insufficienza renale e/o iperkaliemia
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(ACE-inibitori/ARB e antagonisti dell'aldosterone e inibitori tradizionali FANS/COX-2 • Uso concomitante di
più di 2 farmaci che allungano l'intervallo QT ( 2 farmaci che possono indurre torsioni di punta - Torsades de
Pointes) Farmaci da evitare (Fonte: AIFA) • Uso di farmaci anti-ipertensivi con profilo di rischio-beneficio
sfavorevole (doxazosina, clonidina o metildopa in monoterapia o un qualsiasi farmaco calcio-antagonista di
breve durata d'azione) • Uso di dosaggi elevati di digossina (> 0,125 mg/die) • Uso di agenti ipoglicemizzanti
orali associati a una alto rischio di ipoglicemia (clorpropanamide o glibenclamide)
LO STUDIO AIFA SULL'APPROPRIATEZZA PRESCRITTIVA NEGLI ANZIANI Lo studio pubblicato dallo
Geriatric Steering Group di AIFA nel 2013 è stato il primo del suo genere in Italia, poiché ha riguardato più di
12 milioni di persone over 65, di cui 7,3 milioni di donne e 5,2 milioni di uomini. Il progetto è stato condotto in
collaborazione con il Ministero dell'Economia, che gestisce i dati della Tessera Sanitaria; un protocollo
d'intesa con AIFA attivo dal 2006 ha permesso lo scambio dei dati circa le prescrizioni farmaceutiche nelle
persone anziane. I dati dell'Osservatorio OsMed hanno permesso di evidenziare come oltre il 60 percento
delle farmaci a carico del SSN sia utilizzato da pazienti anziani. Il 55% della popolazione anziana assume da
5 a 9 farmaci al giorno, l'11% (1,4 milioni di persone anziane) ne assume più di 10. Il livello di aderenza al
trattamento è risultato essere basso, fatto che ne mina alla base l'efficacia. Sebbene la percentuale di
pazienti che fa uso concomitante di farmaci che possono provocare interazioni dannose (come un maggior
rischio di sanguinamento, di aritmie o di insufficienza renale) sia risultata relativamente bassa in termini
assoluti, l'ampiezza della popolazione interessata porta a numeri piuttosto elevati di persone potenzialmente
a rischio di eventi avversi legati a regimi di polifarmacia (tabella 2). Inoltre solo 3 tra le interazioni più
pericolose per la salute sono state analizzate in questa casistica, ma il fenomeno è sicuramente più ampio.
Tabella 2 - Prevalenza % degli indicatori di qualità nella popolazione italiana anziana 1 INDICATORE DI
QUALITÀ 1,5 0,8 0,2 Polifarmacia • 5/9 farmaci • 10 farmaci 1,1 0,6 0,1 Bassa aderenza vs. antidepressivi
2,0 1,1 0,2 Bassa aderenza vs. anti-ipertensivi 1,4 0,7 0,1 Bassa aderenza vs. ipoglicemici 7,5 53,4 Bassa
aderenza vs. anti-osteporotici 6,8 48,3 Uso di farmaci anti-Parkinson e anti-psicotici 8,2 54,4 Sottoutilizzo di
statine in pazienti diabetici come % popolazione anziana in trattamento ipoglicemico 8,0 73,1 49,0 % 11,3 %
Uso concomitante farmaci che aumentano il rischio di sanguinamento: • warfarina + FANS/COX-2 tradizionali
• warfarina + aspirina/antipiatrinici • warfarina + FANS/COX-2 tradizionali + aspirina/antipiastrinici 43,6 % 8,6
% Uso concomitante di farmaci che aumentano rischio di insufficenza renale o iperkalemia (ACE inibitori/ARB
+ antagonisti aldosterone + FANS/COX-2 inibitori) 55,0 % 14,1 % Uso concomitante di 2 farmaci che
prolungano il QT 0,3 0,2 0,4 0,4 Uso di anti-ipertensivi con profilo sfavorevole rischio-beneficio (doxazosina,
clonidina, metildopa, calcio antagonisti a breve) • come % popolazione anziana in trattamento anti-ipertensivo
1,6 2,5 1,4 2,3 1,8 2,5 1,8 2,8 Uso di digossina ad alte dosi ( 0,125 mg/die) 0,4 0,3 0,5 1,3 Uso di ipoglicemici
orali associati ad alto rischio ipoglicemia (clorpropamide, glibenclamide) • come % popolazione anziana in
trattamento ipoglicemico 0,7 5,1 0,6 4,1 0,8 5,6 0,9 7,8 52,6 % 13,8 % 65-74 ANNI (6.154.421 PERSONE)
75-84 ANNI (4.474.887 PERSONE) 85 ANNI (1.672.229 PERSONE) (Fonte: adattato da TUTTI 65 ANNI
(12.301.537 PERSONE) J Gerontol A Biol Sci Med Sci (2014) 69 (4): 430-437) 0,2 0,2 0,2 0,3 0,7 0,5 0,9 1,0
63,9 % 62,6 63,0 69,6 46,4 43,2 47,2 56,1 63,0 63,0 64,7 70,1 52,4 48,7 53,4 64,0
TRE LINEE GUIDA NICE SOTTO LA LENTE È molto recente lo studio pubblicato su BMJ che ha preso in
considerazione tre diverse linee guida di trattamento, per il diabete di tipo 2, l'insufficienza cardiaca e la
depressione, pubblicate dall'inglese NICE (National Ististute of Health anda Care Excellence) con l'intento di
indentificare in modo sistematico, quantificare e classificare tutte le possibili interazioni gravi farmaco-malattia
e farmaco-farmaco. Le indicazioni di trattamento di prima e seconda linea sono state intrecciate con quelle
per altre 11 malattie. Le interazioni farmacomalattia sono risultate essere relativamente rare: la condizione
che può dar luogo al maggior numero di interazioni potenzialmente gravi (32) è risultata essere il diabete di
tipo 2, seguita dall'insufficienza cardiaca (10) e la depressione (6). Tra queste, un'importanza significativa è
assunta dall'interazione tra il farmaco consigliato e l'insufficienza renale cronica, presente in tutti i casi
d'interazione facenti capo alle linee guida per la depressione e l'insufficienza cardiaca e nel'84% dei casi
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La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato
riconducibili al trattamento del diabete di tipo 2.Molto più numerose e comuni sono risultate essere le possibili
interazioni tra i farmaci consigliati per le tre patologie croniche e quelli per le altre malattie considerate dallo
studio. Più in particolare, 133 interazioni farmaco-farmaco possono aver luogo incrociando la linea guida per
il diabete di tipo 2 con le altre (il 19% delle quali relative a trattamenti con farmaci di prima linea), 111 per la
linea guida dell'insufficienza cardiaca (il 19% delle quali su farmaci di prima linea) e 89 per la depressione (21
% delle quali su terapie di prima linea). I ricercatori inglesi, sulla base dei risultati ottenuti, consigliano che lo
sviluppo delle linee guida si basi in futuro su un processo in grado di meglio identificare ed evidenziare le
potenziali indicazioni tra il trattamento e altre condizioni comorbide o altri farmaci assunti dal paziente.
L'articolo sottolinea l'importanza che venga mantenuto un giusto bilanciamento tra la necessità di produrre
indicazioni di trattamento chiare e concise senza sorvolare eccessivamente sulla complessità del mondo
reale.3 BMJ 2015; 350: h949. doi: 10.1136/bmj.h949)
Tabella 3 - Percentuale di pazienti che presentano comorbidità di diverse condizioni *i dati relativi al "dolore"
sono realtivi ad almeno quattro o più prescrizioni di analgesici OTC nei 12 mesi precedenti. (Fonte: Diabete 2
18 7 11 14 7 9 23 1 2 61 Depressione 7 2 4 4 2 7 27 1 3 23 Insufficienza cardiaca 20 17 36 23 25 18 23 1 1
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INTERCheck, IL DATABASE DELL'ISTITUTO MARIO NEGRI INTERCheck (https://clinicalweb.
marionegri.it/intercheckweb) è uno strumento di valutazione delle terapie pensato per migliorare
l'appropriatezza prescrittiva nel paziente anziano attraverso una valutazione che tiene in considerazione
diversi aspetti della farmacologia geriatrica: Interazioni tra farmaci (secondo il database delle interazioni
realizzato e aggiornato dall'IRCCS - Istituto di Ricerche Farmacologiche Mario Negri). Farmaci inappropriati
secondo differenti criteri della letteratura (Beers, START/STOPP). Valutazione del carico anticolinergico
(secondo l'Anticholinergic Cognitive Burden scale). Dosaggio dei farmaci in soggetti con alterata funzionalità
renale. GerontoNet ADR Risk Score, per l'identificazione dei pazienti maggior rischio di effetti indesiderati da
farmaco. Modalità per una corretta sospensione dei farmaci che necessitano una riduzione graduale dei
dosaggi (fonte: Istituto Mario Negri)
Riferimenti bibliografici 1) G. Onder et al., High prevalence of poor quality drug prescribing in older
individuals: a nationwide report from the Italian Medicines Agency (AIFA), J. Gerontol. A Biol. Sci. Med. Sci.
(2014) 69 (4): 430-437, doi: 10.1093/gerona/ glt118, first published online: August 2, 2013 2) A. Marengoni,
G. Onder, Guidelines, polypharmacy, and drug-drug interactions in patients with multimorbidity, BMJ 2015;
350: h 1059, doi: 10.1136/bmj.h1059 3) S. Dumbeck et al., Drug-disease and drugdrug interactions:
systematic examination of recommendations in 12 UK national clinical guidelines, BMJ 2015; 350: h949, doi:
10. 1136/ bmj.h949
Foto: Alessandra Marengoni , Università di Brescia e membro del Geriatric Working Group di Aifa
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Omeopatia a colpi di sciabola
Mentre l'Australia chiude progressivamente le porte all'omeopatia per lasciar più spazio alle grandi potenze
del farmaco, in Italia si conclude la questione delle tariffe per il rinnovo degli omeopatici. Ed è già polemica
Tiziana Azzani
"L'omeopatia non è efficace per trattare alcuna condizione clinica". È la drastica posizione del report
"Evidence on the effectiveness of homeopathy for treating health conditions" pubblicato nel mese di marzo
dal National Health and Medical Research Council (Nhmrc), il principale ente di ricerca medico australiano.
Le conclusioni non lasciano spazio a dubbi e anzi avvertono sulla pericolosità di affidarsi a tali rimedi. Una
posizione che è stata immediatamente ripresa e rimbalzata su tutti i giornali e fortemente contestata da
omeopati e associazioni di categoria non solo australiani ma anche italiani. Cerchiamo di comprendere i
motivi di tanto polverone e soprattutto interpretare i risultati del report australiano sull'omeopatia. Ennesimo
attacco per screditare l'omeopatia. Il punto di vista di chi lavora in Australia In realtà il report Nhmrc non
conclude che l'omeopatia non sia efficace, ma piuttosto che non esiste una sufficiente dimostrazione di
efficacia del trattamento omeopatico; in altre parole, gli studi clinici non fornirebbero prove abbastanza
attendibili (in inglese reliable ). Come sottolineato in una lettera inviata dall'Australian Homeopathic
Association a Warrick Anderson, CEO dell'Nhmrc, il misunderstanding deriverebbe dalla scelta
dell'espressione "absence of evidence of efficacy", forse di difficile comprensione per i non addetti ai lavori
quali i pazienti, e prontamente percepita e trasformata in "evidence of absence" e quindi assenza di prove di
efficacia. «È un attacco molto esplicito e diretto all'omeopatia in linea con gli importanti cambiamenti in atto
da qualche anno in Australia - spiega Elena Ballatore , naturopata italiana trasferitasi da qualche anno a
Sydney. - Fino a qualche anno fa per l'Australia, come per la Nuova Zelanda, la natura e tutto quello che vi
ruotava attorno, cure naturali comprese, erano molto importanti e degne di essere opportunamente protette.
Da qualche anno la situazione è drasticamente cambiata. L'Australia ha iniziato a staccarsi dalla Nuova
Zelanda, preferendo all'atteggiamento conservativo, quello di apertura delle frontiere ai grandi mercati e alle
grandi potenze, comprese quelle farmaceutiche. E così sono scomparsi i corsi di specializzazione in
omeopatia, dapprima solo nei college poi nella maggior parte delle scuole. Successivamente la Tga
(Therapeutics Good Administration, l'autorità australiana corrispondente alla Fda americana, ndr ) ha
progressivamente eliminato dalle liste alcuni rimedi omeopatici appellandosi al fatto che i principi attivi non
avevano ottenuto l'approvazione Aic in Australia. Si tratta di rimedi non particolari, ma molto diffusi anche in
Europa e che gli omeopati utilizzano quotidianamente in Italia. Il report dell'Nhmrc non è altro che l'ennesimo
attacco costruito per screditare volutamente l'omeopatia non solo a livello delle istituzioni, gli enti di rimborso,
ma anche dei pazienti. In questo caso hanno fatto leva sulla comunicazione mediatica. Le conclusioni del
report sono state infatti diffusamente comunicate via radio e via televisione non da omeopati o naturopati
esperti, ma da medici di medicina allopatica che attraverso interviste non solo hanno dichiarato l'inefficacia
dell'omeopatia, avvalendosi solo del report e non di altri studi scientifici, ma hanno anche sottolineato la
pericolosità dell'affidarsi a questi rimedi. Come può quindi ora un paziente sentirsi sicuro e scegliere in modo
consapevole l'alternativa terapeutica più efficace per la sua condizione clinica quando la parola omeopatia è
stata associata, anche se in modo inopportuno, a pericolo?», si domanda Elena Ballatore. Poca scientificità
nel report Fortemente discutibili sarebbero la metodologia di lavoro e i criteri di selezione degli studi scientifici
analizzati dall'Nhmrc. Sono state analizzate 225 ricerche pubblicate e 57 revisioni sistematiche, escludendo
molti trial clinici randomizzati e controllati singoli. «Questo metodo di lavoro presenta diversi limiti, primo fra
tutti il fatto che review e metanalisi raggruppano studi con un diverso disegno sperimentale e che
generalmente non utilizzano le stesse metodologie omeopatiche.Quindi un solo lavoro con risultati negativi
rischia di inficiare i risultati positivi degli altri lavori ottenuti con una diversa modalità di prescrizione
omeopatica, cosi come nel caso della diarrea infantile» chiarisce Elio Rossi , responsabile dell'ambulatorio di
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Attualità Il dibattito è aperto
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Omeopatia Asl2 di Lucca. È stato inoltre limitato l'accesso ad alcuni database con motivazioni diverse da
quelle di ordine scientifico; sono stati ignorati tutti gli studi di lingua non inglese e quindi tutte (e sono
numerose) le pubblicazioni in tedesco. Sono stati considerati solo gli studi realizzati negli ultimi 16 anni
escludendo tutti quelli antecedenti. Sono stati esclusi tutti i trial con meno di 150 pazienti, anche se non è
chiaro come sia stata stabilito il numero di pazienti minimo accettabile per considerare affidabile e
statisticamente significativo uno studio. «Nella medicina omeopatica non è possibile affidarsi solo ai grandi
numeri, perché le terapie sono individualizzate», spiega Simonetta Bernardini , responsabile dell'Ospedale
pubblico di Pigliano (primo centro di medicina integrata con l'omeopatia in corsia) e presidente della Società
Italiana di Omeopatia e Medicina Integrata (Siomi). Sono inoltre stati considerati inaffidabili e quindi esclusi
dall'analisi gli studi di buona qualità ripetuti più volte da uno stesso gruppo di ricerca, ma non replicati da
gruppi indipendenti. «Naturalmente nessuno accenna al fatto che anche nella medicina convenzionale esiste
il problema delle prove di efficacia dei suoi trattamenti. Un'analisi pubblicata sul BMJ Clinical Evidence ,
condotta su 3000 farmaci, ha dimostrato che per il 50% di essi non esistono prove di efficacia sufficienti a
giustificarne l'impiego secondo i criteri dell'evidence based medicine (Ebm), mentre l'inefficacia è stata
provata per l'8% dei farmaci e solo l'11% ha un'efficacia comprovata» sottolinea Rossi. Secondo Simonetta
Bernardini la scelta dei criteri utilizzati nel report sarebbero tutt'altro che guidati dalla scientificità ma piuttosto
dall'intenzione di eliminare proprio gli studi più significativi per l'omeopatia: «È da decenni che si
documentano le migliaia di studi positivi sui farmaci omeopatici nelle diverse patologie, tutti pubblicati su
riviste autorevoli e riconosciute a livello mondiale. Nel report non sono stati ad esempio inclusi alcuni degli gli
studi condotti da Paolo Bellavite dell'Università di Verona, o da Iris Bell negli Stati Uniti o anche di Claudia
Witt e di altri ricercatori in Germania. Sono tutte ricerche cliniche o di laboratorio con risultati a favore
dell'efficacia dell'omeopatia. Ma secondo gli esperti dell'Nhmrc, ovviamente nessun omeopata tra essi, gli
studi sarebbero stati selezionati secondo i principi dell'Ebm e quindi una metodologia costruita per il farmaco
chimico e non per un medicinale omeopatico che attraverso dosaggi infinitesimali o addirittura ultramolecolari
vuole ripristinare il potenziale di autoguarigione. Ecco dunque il bias e a questo si aggiunge il peggiore dei
bias, il pregiudizio». Il problema, secondo l'Aha, deriva dall'idea originaria del report di valutare
complessivamente una strategia terapeutica e pertanto per una stessa patologia sono stati considerati lavori
che avevano utilizzato trattamenti omeopatici diversi, con principi attivi diversi. Alcuni di questi sono risultati
efficaci e altri no, ma questi hanno inficiato, anche statisticamente, il risultato positivo dei precedenti e sono
stati utilizzati per trarre conclusioni negative sull'omeopatia in generale. "Nel caso ad esempio della diarrea
infantile", si legge nel comunicato stampa dell'Aha, "ci si è avvalsi di uno studio che aveva dimostrato la non
superiorità rispetto al placebo del medicinale composito Arsenicum, Calcarea carbonica, Chamomilla,
Podophyllum e Sulphur 30CH per dichiarare che l'omeopatia non è efficace nel trattamento di questa
patologia. È invece corretto affermare che questo composito non è efficace nella diarrea, mentre il
trattamento omeopatico individualizzato consente di ridurre in modo significativo la durata della
sintomatologia". Se questa strategia venisse applicata alla medicina convenzionale, per esempio per valutare
l'efficacia di un antibiotico in un'infezione batterica, in caso di risultato negativo si dovrebbe concludere che il
trattamento antibiotico è in generale inefficace nelle infezioni batteriche, il che è ovviamente falso. Solo
polvere dal report Nhmrc «Non ci aspettiamo grandi conseguenze in Italia dal polverone sollevato dal report
australiano. Lo studio ha preso in considerazione una piccolissima parte delle ricerche esistenti sui medicinali
omeopatici e alla luce di un approccio così poco scientifico è difficile sentirsi screditati» dichiara Fausto Panni
, presidente di Omeoimprese, l'associazione che rappresenta 19 aziende italiane ed estere, produttrici di
medicinali omeopatici e antroposofici. Dello stesso parare anche Simonetta Bernardini, «È l'ennesimo
tentativo di attacco a un settore che ha dalla sua parte i pazienti ed è destinato a cadere nel vuoto perché
nessuno può smontare quello che noi medici continuiamo a constatare ogni giorno. L'omeopatia non morirà
neanche questa volta». Cosa succede intanto in Italia? Con la determina 354/15 pubblicata lo scorso 31
marzo, è finalmente giunta al termine la questione delle tariffe per il rinnovo dell'AIC, sollevata dal Decreto
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Balduzzi che aveva fissato cifre troppo elevate e tempi di scadenza per la presentazione dei dossier troppo
ristretti. C ome stabilito nella Legge 23 dicembre 2014 n.190 ("Disposizioni per la formazione del bilancio
annuale e pluriennale dello Stato" - legge di stabilità 2015), le aziende titolari dovranno presentare le
domande di rinnovo entro il 30 giugno 2017, e non più entro il 2015, unitamente al versamento di 800 euro
per i medicinali unitari, indipendentemente dalle diluizioni e dalla forma farmaceutica, e 1200 euro per i
medicinali complessi, indipendentemente dal numero dei componenti e dalla forma farmaceutica. «È un
traguardo molto importante per l'industria omeopatica in Italia ed è stato possibile raggiungerlo grazie al
costante lavoro dei parlamentari che hanno seguito con molta competenza l'intera vicenda, al sostegno di
Ferderfarma e al dialogo continuo con Ministero e Aifa», si dimostra soddisfatto Fausto Panni. «Eravamo in
situazione di stallo perché dopo la sentenza del TAR mancavano le nuove tariffe, inoltre con le nuove
scadenze le aziende e Aifa, possono programmare in un ordine temporale definito gli investimenti necessari
per la definitiva autorizzazione dei medicinali sul mercato. Alcune aziende, in particolare quelle estere, che
hanno già affrontato nei loro Paesi l'iter autorizzativo, hanno in realtà i dossier pronti da tempo. Per le altre
aziende, tenendo conto anche che parte della documentazione verrà presentata mediante autocertificazione,
i tempi previsti dovrebbero consentire di completare il lavoro già iniziato». Un traguardo importante, ma con
problemi ancora irrisolti... Il primo problema riguarda le materie prime; secondo Omeoimprese, Aifa interpreta
le norme europee in modo differente da Francia e Germania richiedendo documentazione che i fornitori di
materia prime normalmente non consegnano. Questo determinerebbe, soprattutto per le aziende italiane un
problema di approvigionamento. Il secondo problema riguarda la produzione di medicinali a bassa rotazione,
per i quali il costo della preparazione del dossier e della tariffa di rinnovo pesa in modo considerevole. «In
Germania - precisa Panni - questi medicinali sono rimasti allo stato di notificati, come tutti i nostri attuali
italiani. I medicinali che vengono prodotti in piccole quantità sono strumenti terapeutici importanti per i medici
che li utilizzano per cure specifiche e particolari». Anche per Simonetta Bernardini l'obbligatorietà della
registrazione dei medicinali omeopatici per rimanere sul mercato è un traguardo raggiunto con purtroppo
anche un risvolto della medaglia per medici e pazienti: «Il costo delle tariffe ha indotto le aziende a fare delle
scelte su cosa produrre e cosa dismettere, rendendo a poco a poco più difficile reperire alcuni medicinali
utilizzati nell'omeopatia unicista. Il pericolo è che per sopperire a queste carenze si attivino canali di acquisto
parallelo, non protetti o pochi sicuri. Ma il problema non riguarda solo la contraffazione del medicinale, con
l'assenza o alterazione del principio attivo, ma anche il mancato rispetto delle procedure di preparazione e di
estrazione dei principi attivi» ha sottolineato Simonetta Bernardini. Una possibilità per farmacisti? Per
sopperire alla carenza dei farmaci, oltre all'andare Oltralpe, si fa largo la possibilità di coinvolgere i farmacisti
territoriali e ospedalieri nelle preparazioni galeniche magistrali, a patto però che siano adeguatamente
formati. «È per questo che la SIOMI ha pensato di organizzare insieme alla SIFAP un corso sulla galenica
omeopatica per farmacisti» spiega la Bernardini. Sulla scelta di coinvolgere i farmacisti si dimostra invece
scettico Elio Rossi, che ribadisce quanto siano importanti dell'efficacia di un farmaco non solo la procedura di
dinamizzazione, ma anche l'attenzione estrema al rischio di contaminazione del prodotto (quindi sale bianche
ecc.) e la scelta rigorosa delle fonti dei principi attivi: «Il farmaco omeopatico per sua natura è molto poco
controllabile e per la qualità non basta seguire solamente le Buone Pratiche di Preparazione. Bisogna
disporre di una tecnologia di alto livello». Il punto di vista di Aifa Abbiamo cercato di comprendere il punto di
vista di Aifa, che purtroppo però, pur sollecitata, non è riuscita a intervenire in tempi utili alla pubblicazione di
questo articolo. Qualora dovessero arrivare in redazione i commenti dell'Agenzia Italiana del Farmaco, li
pubblicheremo sul sit o www.notiziariochimicofarmaceutico.it n
OMEOPATIA IN AUSTRALIA «In Australia è sufficiente un corso di 3 anni post-diploma superiore per
diventare omeopati. Non è quindi necessario essere medici. Sicuramente questo contribuisce a creare
ancora frattura ancora più profonda tra l'omeopatia e la medicina ufficiale. Diversa la situazione invece della
naturopatia (che si avvale di rimedi erboristici e dei supplementi di minerali) che più facilmente rientra nella
Evidence Based Medicine e utilizza gli stessi criteri di ricerca scientifica della medicina classica», spiega
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Elena Ballatore naturopata italiana che ora vive a Sydney
I NUMERI IN ITALIA Sono circa 8 milioni gli italiani che negli ultimi 3 anni avrebbero utilizzato i farmaci
omeopatici prescritti da 20mila medici secondo l'indagine "Non concentional Therapies in Italy" pubblicata da
Istat nel 2013. Secondo i dati pubblicati da Onda (Osservatorio nazionale sulla salute della donna), sono
soprattutto le donne a scegliere l'omeopatia per sé e per l'intera famiglia, soprattutto quando ci sono bambini.
Oltre il 70% di esse avrebbe infatti avuto un'esperienza positiva con l'omeopatia in particolare per la cura
delle malattie da raffreddamento, inuenza e per rinforzare le difese immunitarie.
LEGISLAZIONE ITALIANA Gli omeopatici sono regolamentati dalla legge sul farmaco (D. Lgs 219/2006) e
tutte le aziende devono seguire, le regole di buona fabbricazione del farmaco, come le aziende farmaceutiche
.
Bibliografia • Evidence on the effectiveness of homeopathy for treating health conditions
http://www.nhmrc.gov.au/_files_nhmrc/ publications/attachments/cam02a_ information_paper.pdf
Foto: Elena Ballatore , naturopata a Sidney Simonetta Bernardini , Siomi Elio Rossi , Asl2 Lucca
Foto: Fausto Panni , Omeoimprese
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Un valore per il SSN
In una logica di continuità rispetto all'azione del predecessore, Agnès Regnault - neoeletta presidente di
Assosalute - vuole che l'organizzazione che è stata chiamata a rappresentare diventi sempre più un punto di
riferimento credibile e riconoscibile per gli Otc
Roberto Carminati
Agnès Regnault - già managing director per Italia Spagna e Portogallo della divisione Consumer healthcare di
Pfizer - è stata eletta presidente di Assosalute, sigla che rappresenta le aziende del settore dei farmaci di
automedicazione. La manager francese, dal 2014 componente del comitato di presidenza dell'associazione,
succede a Gaetano Colabucci e ha dichiarato di voler operare in una logica di continuità assoluta rispetto
all'azione del predecessore. Alla sua organizzazione, cui aderiscono le 23 società che generano il 75% del
fatturato italiano degli Otc, chiede di divenire «sempre più un punto di riferimento credibile e riconoscibile»
per i farmaci da banco. Per questo intende promuovere «il dialogo diretto con i cittadini» e la «cultura del
prendersi cura di sé in modo autonomo e responsabile», cruciali per il buon andamento di un'industria che nel
2014 ha fatturato 2,4 miliardi di euro in Italia. E con 305 milioni di confezioni vendute vale il 16,4% del
mercato farmaceutico a volume; e il 13,9 per valori. Come ha accolto la sua nomina, presidente Regnault, e
quali prevede saranno i passaggi-chiave del suo mandato? Quali infine le affinità e divergenze con la
presidenza di Colabucci? Essere presidente di Assosalute è un grande onore ma al contempo una
responsabilità che intendo accogliere con impegno, passione e determinazione. L'Associazione ha un ruolo
prezioso nell'interpretare lo scenario in cui operano le nostre aziende e nel creare le condizioni favorevoli allo
sviluppo del business . Durante il mio mandato, che inizia in assoluta continuità con quanto fatto da Gaetano
Colabucci, intendo perseguire una strada costruita su un progetto strategico fondato sul dialogo diretto con il
cittadino e sull'apertura dell'Associazione a tutto ciò che riguarda i temi della salute e del benessere. I farmaci
da banco fanno parte della quotidianità di tutti noi e rappresentano strumenti terapeutici efficaci per risolvere
piccoli disturbi di salute: è la nostra forza. Per questo intendo lavorare per un'Associazione che si faccia
portavoce del valore dei farmaci senza obbligo di ricetta quali strumenti a sostegno della salute dei singoli e
del sistema. Quali sfide attendono adesso Assosalute, in un mercato del farmaco in costante mutamento? La
grande sfida per tutti gli attori del sistema salute è e sarà quella della sostenibilità. L'eccellenza del Servizio
sanitario va garantita e preservata ma perché l'assistenza sanitaria pubblica possa riuscire a gestire le
problematiche dell'invecchiamento della popolazione, della cronicità e dell'innovazione , sarà fondamentale
mettere in capo azioni volte ad affermare una cultura della salute a sostegno di scelte individuali di cura e
benessere consapevoli e appropriate anche per il sistema nel suo complesso. Il comparto dei farmaci senza
obbligo di prescrizione può giocare un ruolo importante nel supportare, a costo zero per lo Stato, il crescente
protagonismo in materia di farmaci e salute: educare il cittadino a distinguere una malattia da un lieve
disturbo e a rivolgersi al sistema pubblico quando è necessario significa gestire al meglio l' empowerment
sanitario, valorizzando gli ambiti di cura che possono ricadere sotto la responsabilità dei singoli. Ciò
libererebbe risorse per il sistema, favorendo il riconoscimento dei tratti distintivi del comparto , che vede nel
cittadino il suo interlocutore d'elezione. Come gestire al meglio le evoluzioni dell'industria, invece, dal cui
mondo lei proviene? Il mercato dei farmaci Otc in Italia, specie nel confronto con alcuni Paesi europei come
Germania o Regno Unito, pur se dinamico in termini di lancio di nuovi prodotti e confezioni, stenta a trovare
reali leve di crescita. Le vendite risentono della diversa propensione alla spesa privata, con ampie
differenziazioni regionali legate alle caratteristiche economiche e culturali presenti, soprattutto, nel confronto
tra Nord e Sud . E della concorrenza dei prodotti a connotazione farmaceutica, spesso erroneamente
assimilati ai farmaci da banco nel rispondere alla sua domanda di salute dei cittadini. Tali criticità si legano
inoltre a una minore propensione, per ragioni di carattere regolatorio e culturali, allo switch da etico a Otc.
Inglesi e tedeschi hanno a disposizione un'offerta terapeutica più ampia in automedicazione e la crescita del
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L'intervista Farmaci di automedicazione
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settore passa per un allargamento dell'offerta ad aree terapeutiche e principi attivi non ancora disponibili
senza obbligo di ricetta in Italia. Tale allargamento, unito a una semplificazione delle norme del comparto,
permetterebbe una maggiore crescita del settore sottolineando il valore dei farmaci da banco che , in quanto
farmaci e autorizzati alla vendita dal ministero per la Salute, seguono la regolamentazione farmaceutica. Ciò
dovrebbe essere un carattere distintivo importante , sinonimo di sicurezza ed efficacia terapeutica per le
Autorità e per il cittadino , anziché rappresentare un freno allo sviluppo del mercato. L'evoluzione culturale di
cui si è detto è sicuramente un mutamento importante che sosterrà lo sviluppo del business : oggi sono Otc
principi attivi che sarebbe stato impensabile offrire senza ricetta 20 anni fa. Quali saranno le linee guida di
quel dialogo con i medici e le farmacie che intende potenziare? Medici e farmacisti sono per noi partner
preziosi poiché rappresentano i primi interlocutori del cittadino sul territorio, punti di riferimento fondamentali
nell'indirizzare le scelte di salute delle persone. In tal senso, il confronto costruttivo dovrà continuare a
ispirarsi a principi di trasparenza e fattiva collaborazione. Aperti a costruire progettualità concrete per
rafforzare riconoscibilità e valore dei farmaci Otc, crediamo che dialogare con medici e farmacisti significhi
anche lavorare per potenziare le specificità delle professioni sanitarie nel rapporto privilegiato coi cittadini .
Nelle sue previsioni quali potrebbero essere il volto e le prerogative delle farmacie del futuro? I cambiamenti
che hanno interessato le farmacie hanno impattato sulla redditività in termini di diversificazione dell'offerta,
fidelizzazione della clientela, concorrenza tra farmacie . Ma pensando alla farmacia dei servizi hanno
sottolineato il ruolo di presidio di riferimento irrinunciabile per la salute pubblica della croce verde . È un luogo
di risposta a una domanda di salute che oltrepassa l'ambito farmaceutico e abbraccia a 360 gradi le
necessità di benessere. Il ruolo del farmacista va oltre la dispensazione del farmaco e diviene quello di un
consulente specializzato per la gestione degli ambiti di salute demandati alle scelte individuali. L'evoluzione
assegna un ruolo privilegiato all'automedicazione , in cui il consiglio del farmacista è essenziale per educare
al corretto utilizzo dei farmaci da banco e a una più consapevole cura di sé. Cosa chiede alle aziende di
Assosalute in vista di migliori servizi e un efficace sistema-salute? Sicuramente di fare squadra condividendo
azioni e progetti finalizzati a rispondere sempre meglio alle esigenze dei cittadini affermando il ruolo del
settore nel rendere l'ecosistema della salute più efficiente ed efficace nel vincere la sfida della sostenibilità.
Quali iniziative targate Assosalute possiamo attenderci per il medio-breve termine? Alcune tenderanno a
rendere sempre più visibili e riconoscibili i farmaci di automedicazione. La comunicazione ci rende unici e
rappresenta il nostro vantaggio competitivo. Continueremo a sviluppare il progetto Semplicemente Salute ,
sintesi di attività, strumenti e mezzi finalizzati al mettere al centro il cittadino e le sue esigenze di salute,
benessere e cura , in un quadro di promozione all'uso responsabile degli Otc. È uno spazio enorme perché
l'Associazione si faccia promotrice di contenuti in grado di fare emergere le qualità degli Otc coinvolgendo il
cittadino nel mondo virtuale - con il sito Semplicementesalute e la pagina Facebook Semplicemente Salute e con iniziative territoriali per portare alle persone temi e valori dell'automedicazione. Decisive poi le
partnership strategico-operative con gli attori del sistema salute: medici e farmacisti , Associazioni dei
consumatori, essenziali per gestire al meglio il crescente protagonismo sulla salute. Vogliamo confrontarci poi
con le istituzioni sulla semplificazione delle regole alla base del nostro comparto. n
Foto: Agnès Regnault , presidente di Assosalute
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Sostenere l'eccellenza per competere
La tavola rotonda in programma durante il 55° Simposio AFI dibatterà sulle nuove tendenze del mondo
farmaceutico e sulla necessità di provvedimenti atti a garantire la sostenibilità del quadro normativo e di
risorse adeguate per consentire una programmazione a medio-lungo termine, sostenere la competitività
internazionale e migliorare l'attrattiva del nostro Paese. Gianpietro Leoni, moderatore del dibattito, anticipa i
temi principali
Giuliana Miglierini
«In Italia non abbiamo le portaerei, abbiamo le feluche, molto più essibili e veloci quando viene il vento. Sono
speranzoso perché il nuovo modello di ricerca collaborativa che si è imposto nell'ultimo decennio nel mondo
farmaceutico è in linea con l'organizzazione parcellizzata e individualista tipica del tessuto industriale
italiano». Gianpietro Leoni , membro di AFI ed ex-presidente di Farmindustria, parte dalla peculiarità del
sistema Italia per presentare i temi della tavola rotonda di cui sarà moderatore nel corso del 55° Simposio AFI
di Rimini. È un fatto riconosciuto che la creatività italiana, unita a un'elevata cura e qualità della produzione, è
diffi cilmente superata: dalla moda al design ai prodotti alimentari fi no ad arrivare alle eccellenze nella ricerca
e produzione in campo farmaceutico, la storia del nostro paese è da sempre contraddistinta da indiscutibili
successi. Un successo che, per quanto riguarda il mondo del farmaco, ha visto nell'ultimo decennio un deciso
spostamento verso nuovi modelli di business basati sulla creazione di network relazionali di competenze
sinergiche tra centri di ricerca, piccole e medie aziende, startup e multinazionali per l'identifi cazione di nuovi
principi attivi da avviare verso lo sviluppo clinico e la commercializzazione. «Gli italiani sono intelligenti,
creativi, hanno capacità di sviluppare progetti importanti, come ad esempio quello realizzato da Telethon in
collaborazione con l'ospedale San Raffaele e Glaxo. Abbiamo molte eccellenze in alcune aree terapeutiche,
come l'oncologia, e credo che in questo modo potremmo avere ottimi successi», sottolinea Leoni. I nuovi
modelli di ricerca collaborativa I grandi centri di ricerca primaria, che hanno fatto la storia della ricerca
farmaceutica italiana fi no agli anni '90, sono entrati in crisi e sono stati quasi tutti dismessi col nuovo
millennio. Le grandi multinazionali hanno dovuto fronteggiare, in parallelo, varie sfi de tra loro complementari:
il calo drammatico della produttività della ricerca da un lato, affi ancato dal raddoppio delle spese di
produzione nel periodo 1995 - 2005 e dal forte calo del numero di molecole approvate a livello internazionale,
diminuite da una sessantina l'anno negli anni '80 a meno di trenta negli anni 2000. «Non si poteva più avere
l'effetto replacement , la sostituzione di vecchi prodotti genericizzati con prodotti nuovi. Le multinazionali
hanno cominciato a cercare nuovi modelli, ne è uscito il modello della ricerca relazionale o collaborativa racconta Gianpietro Leoni. - Le attività interne di ricerca primaria sono state ridotte in modo drastico e le
grandi aziende hanno cominciato a fare scouting per identificare soggetti più piccoli in grado di generare
progetti interessanti». Il vantaggio del modello relazionale è il focus posto dalle piccole realtà su aree
terapeutiche specifiche e limitate, che consente una dispersione dello sforzo molto minore anche in termini
economici. Le idee innovative così generate sono portate avanti fino a ottenere una proof-of-concept sulla
loro validità, di solito rappresentata dalla fine della preclinica e dall'avvio della sperimentazione clinica di fase
1. «Le multinazionale valutano e selezionano i progetti, li finanziano in prossimità dell'avvio della clinica con
l'obiettivo di giungere al risultato finale. Le attività di ricerca clinica, infatti, richiedono investimenti e
organizzazione a livello globale. Non ci sono più le spese di ricerca di base, che sono spese fisse perché
l'organizzazione è invariabile. Oggi si finanziano progetti specifici che abbiano buona probabilità di successo,
con controlli di avanzamento della ricerca e dei risultati, le milestones . Se, invece, l'idea non si dimostra
valida i fondi vengono shiftati su altri progetti. In questo modo le spese di ricerca diventano spese variabili e
le multinazionali riescono a essere più efficienti». Le big pharma hanno ormai centinaia di contratti di
collaborazione con società esterne, ogni giorno ne vengono annunciati di nuovi, e anche le realtà più piccole,
come ad esempio aziende italiane come Chiesi o Menarini, si stanno orientando verso questo modello di
ricerca e sviluppo. «Il prodotto di combinazione antiasmatico lanciato qualche anno fa da Chiesi, ad esempio,
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L'intervista Filiera del farmaco
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deriva da questo sistema. Si crea una collaborazione tra enti indipendenti che hanno interesse a unire gli
sforzi e le risorse per arrivare al risultato», commenta il moderatore della tavola rotonda. Una filiera da
valorizzare Il punto di forza del sistema industriale italiano nel settore farmaceutico non è limitato alle sole
aziende farmaceutiche e centri di ricerca: è tutta la filiera, comprensiva della galassia del farmindotto - che
spazia dai fornitori di principi attivi a quelli delle macchine per la produzione e il confezionamento, alle
aziende specializzate in sterilizzazione ai produttori di tecnologie biomedicali e ad altri campi ancora - che
genera il plusvalore a disposizione della multinazionale che decida di avvalersi dei servizi di aziende italiane.
«La qualità è un must : bisogna puntare all'eccellenza e alla competitività a livello internazionale come punto
di forza - sottolinea Leoni. - Il settore dispone di tecnologie, processi e prodotti di alta qualità, non soggetti a
dinamiche up-down di variabilità della produzione: le nostre aziende sono in grado di garantire un prodotto
finale sempre uguale per qualità e prestazioni. La competizione internazionale deve essere affrontata sui
piani dell'eccellenza, degli investimenti e delle alte tecnologie, dell'organizzazione e dei processi produttivi: da
questo punto di vista l'industria italiana è molto competitiva a livello internazionale». Il successo del settore
farmaceutico è testimoniato dai numeri, in decisa controtendenza rispetto alla situazione generale di crisi che
ha contraddistinto l'economia italiana degli ultimi anni. La produzione industriale è aumentata del 3% annuo,
caso unico tra settori che sono diminuiti anche del 20%. Nel 2014 è stato esportato il 74% della produzione
globale farmaceutica, che è più che raddoppiata in valore negli ultimi dieci anni da 9,5 a 19,5 miliardi di euro.
Le società del farmindotto presentano numeri ancora più elevati, con un mercato che fattura 12-13 miliardi di
euro e un export che arriva anche all'85-90%. «L'unica osservazione mossa dagli analisti esterni è che la
produzione italiana è centrata su molecole di sintesi chimica tradizionale, manca ancora la capacità di
produrre new chemical entities di nuova generazione, ad alta tecnologia, o prodotti biotecnologici. Mi pare
che avanzare dubbi di questo genere sia azzardato, sappiamo che le società stanno investendo in alta
tecnologia e si stanno attrezzando per la produzione di biotecnologici. Riteniamo che ci sia la capacità del
sistema nel suo complesso di continuare a crescere nel tempo, di allargare la sua capacità a livello
internazionale e continuare a esportare una quota significativa rispetto alla produzione. Sono riessioni
suffragate dall'osservazione di alcuni casi recenti d'investimenti importanti: Lilly, ad esempio, ha investito oltre
100 milioni nel centro di Firenze, Novartis negli ultimi cinque anni ha investito circa 300 milioni in Italia, Sanofi
sta investendo in nuove capacità produttive, Abiogen ha appena inaugurato a Pisa un nuovo reparto per la
produzione di prodotti di biotecnologie, Glaxo sta investendo nello stabilimento di Parma, che è un Regional
Strategic Center per tutta l'Europa che esporta in sessanta paesi, Janssen Cilag sta investendo oltre 100
milioni per la produzione del suo nuovo farmaco che cura l'epatite C». Gianpietro Leoni si dice fiducioso per il
futuro, sulla base della considerazione che il sistema industriale italiano non è fatto di singole aziende, ma
dalla filiera di valore creata dai vari componenti. Una caratteristica peculiare, che permette di fornire non solo
mera produzione del prodotto finito: la sinergia d'azione parte dalla produzione dei componenti fino
all'assemblaggio del prodotto finale, il tutto con garanzie elevate di produzione, qualità e capacità logistica,
come ad esempio quella di fornire i prodotti in tempi adeguati secondo i fabbisogni dei clienti. «Si viene a
creare una partnership, c'è più collaborazione che competizione. La multinazionale che ha scelto di investire
in Italia non ha interesse a smantellare un sistema funzionante se non si verificano grossi problemi, un
processo che duplicherebbe gli investimenti e richiederebbe tempi molto lunghi per trasferire la produzione e
ottenere le necessarie autorizzazioni. Quando viene fatto un investimento e il sistema risponde
adeguatamente alle esigenze del cliente finale, la situazione diventa consolidata e l'unico problema potrebbe
essere che i prodotti forniti calino drasticamente nel tempo». L'elevata qualità della produzione europea, e
italiana in particolare, è testimoniata anche dall'inversione della tendenza a cercare fornitori e siti produttivi
nei paesi asiatici come strategia per la riduzione dei costi. Questo sqcenario avweva dominato un decennio fa
il settore farmaceutico, quando molte multinazionali avevano perseguito la via della delocalizzazione. «In quel
momento, tutti avevano paura che il sistema italiano venisse penalizzato in modo sostanziale. È successo
l'inverso: la produzione è aumentata in dieci anni di quasi il 50% - racconta Leoni. - Oggi notiamo il ritorno
08/06/2015
Pag. 82 N.5 - giugno 2015
NCF
tiratura:6500
PROFESSIONI - Rassegna Stampa 09/06/2015
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La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato
delle produzioni verso i paesi europei e ad alta tecnologia, perché i risultati ottenuti nei paesi emergenti non
sono stati in linea con le aspettative. La multinazionale preferisce ritornare nei paesi affidabili piuttosto che
avere problemi di qualità. I problemi non devono essere sottaciuti né sottovalutati. È chiaro che bisogna
investire, produrre nuovi prodotti e applicare tecnologie di biotecnologia. Tuttavia, alla luce delle
considerazioni precedenti, penso che siamo ben posizionati per continuare a essere competitivi a livello
internazionale». L'importanza del sostegno della governance Investimenti e alta qualità della produzione,
però, non bastano a garantire il successo della filiera farmaceutica italiana senza che a essi si affianchi anche
un deciso sostegno governativo al settore, che permetta di superare le croniche difficoltà che spesso
bloccano gli investimenti stranieri nel Belpaese. È una richiesta da sempre avanzata dagli addetti ai lavori ai
vari Governi che si sono succeduti nel corso degli anni. Spiega Gianpietro Leoni: «Nei primi dieci anni del
nuovo millennio il settore è stato soggetto a provvedimenti di tipo economicistico molto penalizzanti. Nel
periodo 2003-2014 si sono persi circa 10 mila posti di lavoro: il settore vedeva la sua redditività calare, è
dovuto intervenire con la riduzione costi. La mia sensazione è che oggi il Governo, l'attuale Ministro della
Salute e la politica in generale si stiano rendendo conto del valore del settore farmaceutico e del suo indotto.
Un valore che non è mero costo, ma anche capacità di essere competitivi sull'agone internazionale,
esportazione e offerta di posti di lavoro qualificati. Circa il 70% dei dipendenti delle società farmaceutiche
sono laureati, il 90% sono diplomati o laureati. Il settore fa ricerca nella percentuale più elevata, a livello
nazionale, rispetto al valore del mercato. Negli ultimi due anni abbiamo visto Leggi di Stabilità senza misure
di contenimento che creassero impatti negativi nell'ambito del settore. Il presidente di Farmindustria,
Scaccabarozzi, ha incontrato il presidente del Consiglio. Il settore deve essere sostenuto con riferimento alle
attività di ricerca e sviluppo di nuovi prodotti e per l'introduzione d'investimenti per l'innovazione. Si parla di un
Tavolo per garantire la stabilità del sistema e la sua sostenibilità: un sistema attivo in Francia da parecchi
anni, il Comiteé Mise en Marché. Il Tavolo serve per stabilire la politica, per fare le scelte strategiche in tema
di salute e di finanza collegata alla spesa sanitaria. È importante che vi siedano anche i rappresentanti del
Ministero dell'Industria, che si valuti la situazione anche sotto l'aspetto economico, sociale e del lavoro: quali
sono le conseguenze di una decisione, non solo con riferimento alla spesa farmaceutica o sanitaria, ma
anche per quanto riguarda gli impatti indotti sull'attività industriale, sulla competitività, sugli investimenti, sui
posti di lavoro. Le scelte di stanziamento delle risorse devono essere prese in termini di medio-lungo periodo
per consentire programmi basati sulla stabilità, non su interventi reiterati nel corso dei pochi anni. Si auspica
che la sostenibilità della filiera del farmaco sia garantita nell'ambito della sostenibilità della spesa sanitaria nel
suo complesso. Parlare solo di spesa farmaceutica, che costituisce circa il 16% dell'intera spesa sanitaria, mi
parrebbe molto limitativo». Non resta che attendere il dibattito in programma durante il 55° Simposio AFI per
capire meglio come si potrebbe indirizzare in futuro la politica italiana a sostegno dell'intero settore
farmaceutico. n
Foto: Gianpietro Leoni , AFI