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Recensione di Leonhard Schaefer
Globalization and its Discontents
(La Globalizzazione ed il suo malcontento),
di Joseph Stiglitz, W.Norton & Company, New York, 2002
Dopo la nostra recensione al libro di Agnoletto (“Prima Persone”) questa volta
l’opera di un autore che crede fondamentalmente nei vantaggi della
globalizzazione - pur esprimendo forti critiche. abortion and cytotec
Joseph Stiglitz, economista di fama mondiale, Premio Nobel 2002, professore alla
Columbia University di New York, mostra in questo libro il processo di messa in
rete globale dell’economia, la concentrazione di colossi industriali, il movimento
globale del flusso del denaro, ma anche la distruzione e l’impoverimento di molte
economie nazionali.
Globalizzazione significa principalmente il crescere congiunto dell'economie
nazionali. La domanda principale però è come viene effettuato questo processo,
soprattutto dalle istituzioni come il Fondo Monetario Internazionale (FMI). Stiglitz
descrive quanto dominano l’ideologia dei liberi mercati e gli interessi dell’alta
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finanza e delle multinazionali, quanto poco è in grado la politica di pilotare questo
processo. L’opera di Stiglitz è sia un ‘arringa’ passionale per non abbandonare
l’economia mondiale al libero gioco delle forze, sia una dura analisi su come
falliscono provvedimenti istituzionali, soprattutto perché essi non sono applicabili
nei paesi in via di sviluppo.
Come esempi l’esperto della Banca Mondiale e consulente di Clinton sceglie
l’Europa dell’Est e la Russia. Tutti sostenevano ai tempi del passaggio tra
Gorbaciov ed Eltsin, che, una volta tolto il sistema economico inefficiente,
arrivasse il benessere. phone directory Successivamente il FMI ha gestito questo
processo e il benessere non è arrivato, anzi il PIL è sceso del 40%, i bambini
vivono in povertà, l’aspettativa di vita si è abbassata (anche se c’è qualche
successo dal punto di vista monetario). Quali sono le cause, quali sono le
conseguenze del processo della connessione economica mondiale?
La deregulation dei mercati finanziari internazionali è stata una causa principale
della crisi asiatica alla fine degli anni 90. Il Premio Nobel analizza la politica del WTO, il cui programma viene pilotato dal
Nord, mentre i paesi del Sud cadono sempre di più nella povertà. Porta ad
esempio il caso dell’Argentina e mostra la crisi economica profonda del paese,
che fu ritenuto - grazie alla sua grande flessibilità di lavoro e all'abbassamento dei
salari - lo scolaro modello dell’economia mondiale. Stiglitz ci spiega sia il funzionamento di istituzioni come la Banca Mondiale sia gli
affari operativi dei colossi industriali. Cerca di interpretare la protesta mondiale
contro il G8 analizzando le sue radici. Comprende la dura reazione contro la
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globalizzazione sottolineando i danni che causa una politica ‘miope’ delle
istituzioni mondiali ai paesi in via di sviluppo, ma anche le ingiustizie della WTO.
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Ci vogliono nuove regole - giuste e oneste - affinché i ricchi non diventino sempre
più ricchi e i poveri sempre più poveri (e arrabbiati), ma regole che comprendano
responsabilità etica e giustizia sociale.
La globalizzazione può essere una forza benefica che porta in sé il potenziale di
benessere per tutto il pianeta. Ma presuppone una distribuzione giusta della
crescita; tanti provvedimenti economici su cui sono stati obbligati i paesi in via di
sviluppo, devono essere modificati radicalmente.
Nelle istituzioni di Washington - soprattutto nella Banca Mondiale - si deve
costatare che c’è nello sviluppo della struttura politica della globalizzazione troppo
poca trasparenza. Il cittadino deve essere informato sulle attività delle istituzioni
mondiali affinché esso, che è destinatario dei loro provvedimenti, possa anche
influenzarle maggiormente. allergic to omnicef E’ una questione di quale ruolo
svolgono le informazioni nelle istituzioni politiche ed economiche mondiali.
Stiglitz rimane ottimista, riportando gli esempi positivi di sviluppo visti soprattutto
in Asia.
Potremmo dire che questo libro è un appello per una terza via tra laisser-faire e
socialismo. Lo scopo non deve essere la deregulation dei mercati, ma ci vuole la
costruzione di una cornice (framework) regolativa. 3/4
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L’autore spera che questo suo libro sia l’inizio di un dibattito trasparente.
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