STUDIO DI DUE PROTEINE DI MEMBRANA - Padis

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STUDIO
DI
MEMBRANA
DELLA
DUE
CLORO
LORO
PROTEINE
DI
DIPENDENTI
REGOLAZIONE
E
NEL
SISTEMA NERVOSO:CLIC1 E hNET
Gaia Novarino
Dipartimento di Biologia Cellulare e dello Sviluppo
Corso dottorato 2002-2005
1
INDICE
INTRODUZIONE…………………………………………………...3
I CANALI IONICI……………………………………………………….4
I CANALI DI CLORO……………………………………………….......8
LA FAMIGLIA CLIC E CLIC1…………………………………………10
IL MORBO DI ALZHEIMER………………………………………..…19
MICROGLIA E NEURODEGENERAZIONE……………………..…….26
MATERIALI E METODI………………………………………...33
RISULTATI………………………………………………………..45
DISCUSSIONE…………………………………………………….78
IL TRASPORTATORE DELLA NORADRENALINA………….82
RISULTATI ………………………………………………………...85
DISCUSSIONE……………………………………………………..94
2
BIBLIOGRAFIA………………………………………………………………96
PUBBLICAZIONI
3
PREFAZIONE
Durante il mio corso di dottorato ho avuto la possibilita’ di studiare due proteine di membrana
cloro-dipendenti espresse nel sistema nervoso: il “Chloride Intracellular Channel-1” (CLIC1)
e lo “human NorEpinephrine Transporter (hNET)
Il progetto di ricerca riguardante CLIC1 mirava a chiarire alcuni aspetti della sua regolazione
e del ruolo fisiopatologico in cellule microgliali.
Il progetto su hNET è stato invece incentrato sullo studio della cinetica e della regolazione del
trasportatore della noradrenalina umano .
Lo studio parallelo di queste due proteine e’ stato particolarmente interessante in quanto da
alcuni anni a questa parte si discute se canali ionici e trasportatori formino due classi
funzionalmente distinte (Accardi et al. 2004; Scheel et al. 2005; Picollo et al. 2005; Carvelli
et al. 2005 ). Come vedremo, benche’ coinvolti in processi diversi, anche per il canale ionico
di cloro intracellulare 1 e per il trasportatore della noradrenalina potrebbe essere valida
l’ipotesi che le due classi possano non essere sempre distinte.
4
INTRODUZIONE
I CANALI IONICI
Le membrane cellulari sono cruciali per la vita della cellula. La membrana plasmatica
racchiude la cellula, ne definisce i confini e mantiene le differenze essenziali fra citosol ed
ambiente extracellulare (ad esempio, i gradienti ionici). Le membrane intracellulari, invece,
mantengono le differenze fra il contenuto caratteristico di ciascun organello ed il citoplasma.
Gradienti ionici, attraverso doppi strati lipidici, possono essere usati per sintetizzare ATP, per
avviare il movimento di soluti selezionati o, nel caso delle cellule nervose e muscolari, per
produrre e trasmettere specifici segnali elettrici.
A causa della loro struttura e del conseguente interno idrofobico, i doppi strati lipidici sono
impermeabili a quasi tutte le molecole polari. Molecole piccole e non polari come O2 (32
Dalton) e CO2 (44 Dalton) diffondono piuttosto velocemente attraverso le membrane, mentre
molecole polari ma sufficientemente piccole come acqua (18 Dalton) etanolo (46 Dalton) e
urea (60 Dalton) sono anch´esse in grado di diffondere attraverso i doppi strati lipidici
benche´ piu´ lentamente.
I doppi strati lipidici sono invece impermeabili a molecole di dimensioni più grandi o
molecole cariche, per quanto queste piccole siano. La carica e l´alto grado d’idratazione,
infatti, non consentono agli ioni di entrare nella fase idrocarburica del doppio strato.
Per consentire uno scambio di soluti carichi, o di molecole estremamente grandi, nelle
membrane plasmatiche sono presenti proteine che ne consentono il trasporto in modo
altamente specifico. Queste proteine transmembrana sono rappresentate da proteine
trasportatrici e proteine canale.
Le proteine trasportatrici sono definite in generale come proteine di membrane che legano uno
specifico substrato e, subendo una serie di cambiamenti conformazionali, trasportano il
substrato nell´altro lato della membrana.
Le proteine canale invece non hanno bisogno di legare il substrato ma formano pori idrofilici
attraverso il doppio strato lipidico permettendo, quando sono aperti, a specifiche molecole di
passare.
Specifici ioni sono in grado di passare attraverso i pori, formati dalle proteine canale, quando
questi sono aperti. La direzione nella quale lo ione si muove, attraverso il canale, dipende dal
5
suo gradiente elettrochimico. La velocita´ di diffusione attraverso il canale stesso, invece,
dipende, oltre che dal gradiente elettrochimico, anche dalla specificita´ del canale per lo ione
che lo sta attraversando.
Il potenziale elettrochimico di uno ione consiste nella somma del potenziale elettrico e del
potenziale chimico dello ione considerato.
Il potenziale al quale il potenziale di gradiente chimico bilancia esattamente il potenziale
elettrico è detto potenziale di equilibrio ed è definito dall´equazione di Nernst
Ex = (RT/zF)ln (Xo/Xi)
(1)
Dove Ex e´ il potenziale di equilibrio di X (Volts), R è la costante dei gas (8,314 JK-1mol-1),
T è la temperatura assoluta (Kelvin), z è la valenza dello ione X, F è la costante di Faraday
(96.500 C mol-1) e Xo e Xi sono rispettivamente la concentrazione esterna ed interna dello
ione X.
Questa equazione è considerata la base per qualunque trasporto ionico attravero la membrana.
Il movimento di uno ione attraverso un canale ionico non dipende solo dal suo gradiente
elettrochimico, ma è funzione anche della permeabilità del canale per lo ione stesso. La
permeabilità e la selettività dei canali ionici sono state oggetto, soprattutto negli ultimi anni,
di numerosi studi.
Uno dei primi fattori da prendere in considerazione sono le dimensioni dello ione che deve
passare attraverso il poro, più semplicemente uno ione di grandi dimensioni non potrà passare
attraverso un piccolo poro. Nella maggior parte dei casi però i canali ionici non funzionano
come pori, attraverso i quali possono passare tutti gli anioni ed i cationi di adeguate
dimensioni. Essi hanno infatti la capacità di selezionare in modo specifico il flusso ionico,
questa proprietà è definita selettività.
I canali ionici selettivi per il sodio, per esempio, sono altamente più permeabili al sodio che al
potassio e viceversa i canali per il potassio sono circa 100 volte più permeabili al potassio che
al sodio benchè quest’ultimo abbia un raggio decisamente minore (K+ 1,33 Ǻ, Na+ 0,95 Ǻ).
Questa proprietà non può essere quindi attribuita alle sole dimensioni del poro e dello ione.
La selettività è determinata da una regione del canale detta filtro selettivo, gli amminoacidi
presenti in questa zona determinano la possibilità che uno ioni entri ed attraversi il poro.
Canali ionici selettivi per i cationi, ad esempio, contengono nella zona del filtro amminoacidi
carichi negativamente permettendo così di avere una forza repulsiva verso gli anioni e di
attrarre invece i cationi.
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Gli ultimi anni sono stati determinanti per la comprensione della selettività dei canali ionici.
Di particolare importanza sono stati gli studi svolti nel laboratorio del Professor Roderick
MacKinnon al quale nel 2003 è stato assegnato il premio Nobel per l´essenziale contributo
dato in questo campo.
Attraverso le ricerche sulla struttura di canali ionici per il potassio e per il cloro MacKinnon
ha dimostrato come un canale ionico possa essere selettivo per uno ione, pur non
compromettendo la capacità di diffusione dello ione stesso attraverso il canale (Dutzler et al.
2002; Dutzler et al.2003; Jiang et al 2002; Jiang et al. 2002; Jiang et al. 2003; Morais-Cabral
et al. 2001)
La struttura del filtro selettivo è ovviamente diversa per ogni canale ionico, benchè canali
ionici appartenenti alla stessa famiglia possiedano una struttura comune fra loro.
Come suindicato i canali ionici possono essere sia aperti che chiusi. La transizione fra lo stato
chiuso e quello aperto e viceversa è noto come gating. Le condizioni grazie alle quali si
verifica l´apertura, o gating, di un canale sono un´altra caratteristica che distingue un canale
ionico da un altro. Alcuni canali di potassio, che determinano il potenziale di riposo della
membrane plasmatica, per esempio, si aprono e chiudono in maniera casuale ad ogni
potenziale di membrana e sono pertanto detti voltaggio indipendenti. Altri canali sono invece
normalmente chiusi ma la loro probabilità di aperture aumenta a particolari potenziali di
membrane come per esempio nel caso della famiglia di canali di potassio Kv. E´ facile
immaginare quanto questa proprietà sia essenziale, per la corretta funzione del canale ionico,
che, per esempio in questo caso, ha il ruolo di ripolarizzare la membrane cellulare durante un
potenziale d´azione.
Un altro esempio è quello dei canali ionici che si aprono in seguito al legame con uno
specifico ligando. In questo caso si parla di canali ligando attivati. Il loro nome deriva in
generale dalla molecola a cui si deve l´apertura. Il sito di legame per il ligando puo´ essere sia
extracellulare, come nel caso dei recettori per l´acetilcolina e per la glicina, o intracellulare,
come nel caso dei canali ionici ATP attivati. Il legame del ligando al canale ionico comporta,
come nel caso dei canali voltaggio attivati, cambiamenti conformazionali che portano,
generalmente, all´apertura del canale ionico. Il distacco del ligando dal canale ionico porta
invece alla chiusura del poro.
Infine l´apertura dei canali ionici può essere modulata. I canali BK per esempio sono canali di
potassio voltaggio dipendenti. Sono responsabili delle iperpolarizzazioni di membrane e
contribuiscono alla ripolarizzazione durante potenziali d´azione. Benchè siano voltaggio
dipendenti la loro risposta é modulata dal calcio. Concentrazioni maggiori di calcio
7
intracellulare portano ad una sensibilità del canale a voltaggi più negativi che in assenza di
calcio.
Molti ormoni e neurotrasmettitori interagiscono con i canali ionci in modo indiretto attraverso
l´attivazione di secondi messaggeri. Questo metodo indiretto puo´ avere diversi significati che
vanno dalla capacità di rallentare l´attivazione o l´inattivazione di un canale, alla possibilità in
questo modo di amplificare un segnale o di permettere che una stessa molecola possa avere
effetto in modo specifico su diversi canali ionici.
Nello studio dei canali ionici si deve quindi tenere conto dell´insieme di queste caratteristiche
che danno modo di contraddistinguere una conduttanza ionica da un´altra.
Nel 1976 Neher e Sakmann misero a punto la tecnica del patch clamp che ci permette oggi di
studiare le caratteristiche biofisiche di un canale ionico in tempo reale ed in condizioni
fisiologiche.
Inoltre i progressi della biologia molecolare consentono, attraverso la manipolazione del
DNA, di creare mutazioni sito-specifiche. Cambiando la sequenza di particolari amminoacidi
o creando delle chimere è possibile ricercare tutte quelle sequenze che sono alla base della
selettività, della modulazione e del gating di un canale ionico.
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I CANALI DI CLORO
I canali anionici consentono il flusso di ioni carichi negativamente seguendo, come nel caso di
tutti i canali, il gradiente elettrochimico. Benchè questi pori siano in genere in grado di far
fluire diversi anioni (per esempio I- e NO3-), spesso anche meglio del cloro, questi canali sono
chiamati generalmente canali di cloro in quanto rappresenta l´anione permeante più
abbondante in condizioni fisiologiche.
L´apertura dei canali ionici di cloro può essere dovuta a diversi fattori, ci sono canali di cloro
voltaggio dipendenti, volume regolati, ligando attivati, pH o calcio attivati.
Come nel caso di tutti i canali ionici anche quelli di cloro possono avere un ruolo nella
membrane plasmatica o nelle membrane intracellulari. Canali di cloro sono, per esempio,
importanti nella regolazione dell´eccitabilità in nervi e muscoli (Koch MC et al. 1992). Il
flusso di cloro attraverso canali intracellulari è ritenuto invece spesso essenziale nel
controbilanciare le cariche positive che si accumolano durante i processi di acidificazione
vescicolare (Stobrawa et al. 2001). In altri casi i canali di cloro sono ritenuti essenziali nel
controllo del volume cellulare. Il cloro a differenza del calcio non sembra avere invece nessun
ruolo come messaggero intracellulare anche se negli ultimi anni si sta cercando di
approfondire questa possibilità. E´ stato, per esempio, proposto che il cloro possa funzionare
come fattore allosterico in alcuni compartimenti cellulari ( Davis-Kaplan et al. 1998).
Viste le difficoltà di dividere in famiglie i canali di cloro, in base alle loro proprietà biofisiche
e alla loro localizzazione, la classificazione è basata essenzialmente su correlazioni genetiche.
Ad oggi sono 4 le famiglie di canali ionici selettivi per il cloro riconosciute.
Nelle cellule di mammifero la famiglia dei canali di cloro CLC è costituita da nove membri.
Le proteine che appartengono a questa famiglia hanno diversi ruoli nella membrana
plasmatica o nelle membrane di compartimenti intracellulari. I canali appartenenti a questa
famiglia possiedono 10-12 domini trasmembrana. Nel 2002 la struttura tridimensionale del
canale di cloro batterico omologo di questa famiglia è stata risolta dal
laboratorio di
MacKinnon (Dutzler et al. 2002). Grazie a questa ricerca e a dati precedentemente ottenuti
tramite mutagenesi e analisi biofisiche si sa oggi che questi canali sono dimeri in cui ciascun
monomero possiede un poro (Figura 1).
9
Fig 1 a) Esempio di un canale di potassio tetramerico in cui ogni subunità contribuisce alla
formazione del poro centrale. b) Esempio di un canale anionico o cationico (come i recettori
dell´acetilcolina o del GABA), il poro centrale in questo caso è formato da 5 subunità
identiche o strutturalmente simili c) I canali di cloro della famiglia CLC sono dimeri in cui
ogni monomero possiede un poro indipendente. d) Le acquaporine sono canali tetramerici in
cui ogni subunità possiede un poro a se stante.
Alcuni membri di questa famiglia per funzionare hanno bisogno di una subunità β come
dimostrato per il canale CLC-K (Estevez et al. 2002).
Il canale CFTR (cystic fibrosis transmembrane conductance regulator) possiede 12 domini
transmembrana. La loro apertura è regolata dall´ATP intracellulare. Questa proteina è la sola
appartenente alla grande famiglia di trasportatori ABC che funziona come canale ionico.
Alcune mutazioni in questo canale sono alla base della fibrosi cistica.
Una grande famiglia di canali per il cloro è quella ligando attivata costituita dai ricettori
GABA e glicina. Questi canali sono costituiti da pentameri ed ogni subunità possiede 4
domini transmembrana.
La famiglia CLIC (chloride intracellular channel) è una famiglia di canali di cloro
relativamente recente le cui funzione e funzionamento sono ancora dibattuti. I membri di
questa famiglia come vedremo sono costituiti da piccole proteine con un solo putativo
dominio transmembrana.
10
LA FAMIGLIA CLIC E CLIC-1
La famiglia dei canali di cloro intracellulari (CLIC) è la più recente identificata. Le proteine
appartenenti a questa classe sono espresse in una gran varietà di tessuti e di organismi.
Sebbene alcune di queste proteine possano essere individuate nella membrana plasmatiche
molte di esse hanno una localizzazione prettamente intracellulare. Membri di questa famiglia
si trovano per esempio nelle membrane mitocondriali (Fernandez-Salas et al. 1999), nella
membrana nucleare (Valenzuela et al. 1999), nelle membrane di specifiche vescicole (Chuang
et al. 1999; Edwards et al. 1999; Redhead et al. 1997) o nel reticolo endoplasmatico (Duncan
et al.1997).
Il ruolo di queste proteine è ancora oggetto di ricerca benchè sia già stata proposta la loro
funzione in processi di acidificazione (Schlesinger et al. 1997), nel trasporto transepiteliale
del rene (Landry et al. 1989) e nella divisione cellulare (Valenzuela et al. 2000).
Fino ad oggi sono stati identificati sette membri della famiglia CLIC:
CLIC1, conosciuta inzialmente come NCC27,(Valenzuela et al. 1997), CLIC2 (Heiss et al.
1997); CLIC3 (Qian et al. 1999); CLIC4 (Duncan et al. 1997); CLIC5 (Berryman et al.
2000); p64 (Landry et al. 1993) e Parchorin (Nishizawa et al. 2000).
I primi 5 membri della famiglia consistono approssimativamente di 240 residui mentre p64 e
la parcorina possiedono un’estensione all´estremità ammino-terminale. Le sequenze proteiche
dei membri di questa famiglia sono altamente conservate e mostrano dal 47 al 74% di identità
fra loro.
Data la presenza dei membri di questa famiglia in compartimenti citoplasmatici e a volte non
associati alle membrane per diversi anni non è stato chiaro quale fosse il ruolo di queste
proteine e se esse stesse fossero in grado di formare un canale ionico o rapresentassero solo
un elemento del canale.
Come accennato sopra il CLIC 1 è stato identificato nel 1997 (Valenzuela et al. 1997). Il
gruppo di ricercatori che per primo ha clonato questo gene stava effettuando uno studio sui
geni attivati durante la stimolazione di monociti umani. La ricerca è stata effettuata sulla linea
cellulare U937. Queste cellule sono in grado di differenziare, in vitro, in monociti dopo
esposizione ad acido retinico o ad intereferone γ. Ιn seguito al differenziamento possono
essere attivate con phorbol 12-myristate 13-acetate (PMA) e rispondere come cellule
monocitarie umane. Lo screening di una libreria di sottrazione di cDNA di cellule attivate o
11
meno ha portato all´identificazione di un cDNA codificante una proteina di 241 aa chiamata
inizialmente NCC-27 (Nuclear Chloride Channel- 27 kDa).
In seguito è stato scoperto che questo cDNA era omologo al cDNA di p64 che come visto
appartiene alla famiglia di canali di cloro intracellulari CLIC.
CLIC1 è una proteina di 241 amminoacidi con due domini idrofobici e due motivi di
localizzazione nucleare.
Studi sulla localizzazione di CLIC1 sono stati inizialmente effettuati in cellule CHO (Chinese
Hamster Ovary) ed hanno mostrato che CLIC1 è localizzata in questa linea cellulare
principalmente nella membrana nucleare e nel nucleoplasma benchè frazioni di questa
proteina siano presenti anche nel citoplasma e nella membrana plasmatica.
Esperimenti di patch clamp sono stati in seguito utilizzati per investigare sulla possibilità che
questa proteina formasse un canale ionico e per analizzarne successivamente le sue proprietà
biofische.
Nella figura 2 è illustrata una tipica traccia di singolo canale ottenuta in cellule CHO
trasfettate con un vettore d’espressione per CLIC1. Circa
il 25% degli esperimenti di singolo canale in cellule CHO
trasfettate mostrano un canale cloro dipendente sulla
membrnaa plasmatica. La stessa attività in cellule non
trasfettate viene osservata solo nel 3% degli esperimenti.
Fig 2. Registrazione di singolo canale. Le tracce si
riferiscono a registrazioni di patch clamp in cellule CHO
trasfettate
Questa prima osservazione mostra l´esistenza di un’attività di canale ionico, strettamente
associata all´espressione della proteina CLIC1. Le caratteristiche biofisiche del canale ionico
associato a CLIC1 sono state determinate in cellule CHO transfettate (Tonini et al. 2000).
Come si vede dalla curva corrente-voltaggio riportata in figura 3, il canale ionico associato
all´espressione di CLIC1 mostra prevalentemente corrente uscente e superati i potenziali di
12
membrana di +40/+50 mV il canale mostra una relazione corrente-voltaggio
non più
rettilinea.
Fig 3. Relazione corrente-voltaggio di
CLIC1. La curva rappresentata si riferisce
a registrazioni ottenute in esperimenti di
cell-attacched in cellule CHO trasfettate
Esperimenti di singolo canale in presenza di diverse concentrazioni di cloro, figura 4,
mostrano che il canale associato all´espressione di CLIC1 nelle cellule CHO è cloro
dipendente. E´ stato anche dimostrato che le caratteristiche del canale sono le stesse sia nella
membrana nucleare sia in quella plasmatica, eccetto per la conduttanza, che varia in funzione
delle diverse concentrazioni di cloro a cui il canale é esposto nelle due membrane. (Tonini et
al. 2000)
13
Fig 4. Dipendenza di cloro di CLIC1. Registrazioni di singolo canale in configurazione di
cell-attacched (a) con bassa (a sinistra) e alta (a destra) concentrazione di cloro nella
soluzione della pipetta di registrazione. Relazioni corrente-voltaggio nelle due condizioni (b)
Grazie all´espressione di una versione marcata di CLIC1, è stato inoltre stabilito che la
proteina attraversa la membrana plasmatica ed espone il dominio N-terminale all´esterno ed il
C-terminale nel lato citoplasmatico (Figura 5)
Fig 5.
CLIC1 nella membrana plasmatica. Rappresentazione scehamtica della disposizione di
14
CLIC1 nella membrana, con il suo dominio N-terminale all´ esterno e quello C-terminale nel
lato interno.
Dall´analisi della sequenza si è identificato come putativo dominio transmembrana l´alfa elica
che si estende dalla Cisteina 24 alla Valina 46, un corto frammento di 23 amminoacidi che
avrebbe l´estensione e l´idrofobicità corretta per poter attraversare il doppio strato lipidico.
L´ipotesi è stata anche confermata da esperimenti di digestione con la proteina K dai quali si
osserva che i primi 50 amminoacidi, circa, sono protetti dalla digestione e pertanto
probabilmente inseriti in membrana.
Recentemente l´allineamento di sequenze mediante database scientifici ha mostrato un legame
fra i membri di questa famiglia e la famiglia delle glutatione-S-transferasi. (GST) (Dulhunty
et al. 2000). Benchè l´identità della sequenza amminoacidica sia solo del 15 % i membri di
queste due famiglie mostrano una struttura tridimensionale molto simile. Inoltre l´inibitore del
canale ionico formato dalla proteina CLIC1, l´indanyloxyacetic acid- 94 (IAA-94) e´ omologo
di un noto inibitore delle GST (Tulk et al. 2000; Harrop et al. 2001) (Figura 6)
La struttura di CLIC1 e´ stata risolta nel 2001 (Harrop et al. 2001) con la precisione di 1.4 Ǻ.
CLIC1 consiste di due domini a cui ci si riferisce come dominio N- terminale e dominio Cterminale.
Fig 6. Sovrapposizione della struttura di CLIC1 e delle GST. Le strutture tridimensionali di
CLIC1 (in verde) e delle proteine della famiglia Omega delle GST (in rosso) sono state
sovrapposte mostrando l´altissimo grado di somiglianza fra le due classi proteiche
Dalla struttura di CLIC1 risaltano solo due importanti eccezioni rispetto alle GST, consistenti
in un dominio carico negativamente fra l´elica 6 e 7 ( 7 residui acidi fra la prolina 147 e la
15
glutammica 164) e la posizione dell´elica C-terminale 9, probabilmente due caratteristiche
importanti per la possibilita´ di funzionare come canale ionico.
Il dominio C- terminale e quello N-terminale sono uniti fra loro da un´ansa ricca in prolina
(dalla Cys 89 al Asn 100). Fra questi residui sembra avere grande importanza la prolina 91
che, nella forma solubile della proteina, si trova in configurazione cis. La transizione di questo
amminoacido dalla configurazione cis a trans espone nuovi amminoacidi rendendo la proteina
più idrofobica.
Dall´analisi della struttura è emerso anche che CLIC1 come le GST mostra nel dominio Nterminale un sito d’interazione covalente per il GSH (glutatione in forma ridotta). CLIC1
sembrerebbe quindi avere un sito redox-attivato, glutatione dipendente, che potrebbe
rappresentare un meccanismo d’attivazione.
Studi successivi hanno portato a formulare un possibile modello di cambiamenti
conformazionali a cui CLIC1 può andare incontro e che potrebbero esere essenziali per la
formazione del canale ionico.
Questo modello vedrebbe, come evento essenziale per la transizione da forma solubile ad
integrale di membrana, la presenza di una agente ossidante (quale per esempio H2O2).
L´ossidazione porterebbe ad un cambiamento strutturale della proteina, che forma ponti disolfuro intramolecolari e che in questo modo porta all´esposizione di un nuovo dominio
idrofobico.
Questa nuova conformazione è però altamente instabile in soluzione a causa dell´esposizione
del dominio idrofobifco. In presenza di un doppio strato lipidico il monomero tenderà quindi a
legarsi alla membrana ed in sua assenza a formare un dimero. La via “scelta” dal monomero
potrebbe essere determinata dalla concentrazione della proteina e del doppio strato lipidico.
Una volta che il monomero interagisce con la membrana può andare incontro ad ulteriori
cambiamenti conformazionali che le permettono di inserirsi nel doppio strato lipidico.
Benchè questo modello spieghi come la proteina solubile possa andare incontro a
cambiamenti conformazionali, quali essi siano, e come possa trovarsi a “dover” interagire con
un doppio strato lipidico, il modello non è ancora in grado di spiegare come la proteina possa
formare un canale ionico.
Studi di biofisica in membrane artificiali hanno rivelato che la formazione del canale
osservato in cellule CHO dovrebbe passare attraverso almeno due stadi successivi.
Il primo stato consiste nella formazione di un canale di piccola conduttanza e cinetica lenta
(SCSK, small coductance slow kinetic) seguito dalla formazione di un canale ad alta
16
conduttanza e cinetica veloce (HCFK, high conductance fast kinetic) che corrisponde allo
stato del canale osservato nelle cellule CHO descritto in precedenza.
I due diversi stati sono facilmente osservabili nella figura 7 in cui sono rappresentate
registrazioni di correnti ottenute in esperimenti di Tip Dip (configurazione di cell attacched
con membrane artificiali).
.
Fig 7. Registrazioni di singolo canale in Tip Dip. Correnti di singolo canale associate alla
presenza di CLIC1 in membrane artificiali.
Si ritiene che la differenza fra i diversi stati sia dovuta all´assemblarsi del canale e che un
canale ad alta conduttanza e cinetica veloce si formi dall´unione di 4 subunità a cinetica lenta.
Se le subunità a cinetica lenta siano poi formate da una sola subunità proteica o da più non è
ancora stabilito.
Infine un´altra osservazione importante per poter approfondire l´aspetto della regolazione del
canale in condizioni fisiologiche riguarda la dipendenza dal pH in cui si trova la proteina.
Nella figura 8 sono mostrate tre diverse tracce di corrente ottenute in Tip Dip. La soluzione
contenente la proteina è stata però controllata in modo da ottenere tre diversi pH. I risultati
mostrano che pH più acidi facilitano l´inserimento o l´attivazione del canale probabilmente
per via di una maggior capacità di CLIC1 di interagire con il doppio strato lipidico in
condizioni acide.
17
Fig 8. Dipendenza di CLIC1 dal pH. Le registrazioni mostrano
come variazioni di pH influenzino il tempo che intercorre tra la
formazione di un sigillo e l´osservazione della corrente ionica.
In conclusione CLIC1 sembra essere più che un solo componente di un canale ionico
selettivo per il cloro. Modelli di regolazione di questo canale sono stati stabiliti in base alla
sua omologia di struttura con la famiglia Omega delle Glutatione-S-tranferasi.
Il numero di unità proteiche siano necessarie per formare il canale registrato nelle membrana
plasmatica di cellule CHO non è ancora chiaro ma è ormai piuttosto sicuro che il canale sia
formato da più di una singola subunità.
L´interesse di questo progetto di dottorato è stato quindi essenzialmente rivolto alla
comprensione del ruolo fisiologico di questa proteina, alla sua possibile regolazione e alla
definitiva dimostrazione che CLIC1 formi esso stesso un canale ionico.
18
IL MORBO DI ALZHEIMER
Nel 1906, lo psichiatra bavarese Alois Alzheimer presentò ad un congresso i dati
relativi ad un caso autoptico di particolare interesse. La donna, di 51 anni, aveva presentato in
vita un deterioramento progressivo della memoria e del linguaggio ed alterazioni delle
capacità cognitive e del comportamento, che avevano fatto porre la diagnosi di demenza
presenile. All’esame autoptico, lo studio istopatologico dell’encefalo aveva mostrato depositi
extracellulari ed intracellulari di materiale argirofilo. Tali lesioni (depositi amiloidei e
“neurofibrillary tangles”) sono oggi considerate patognomoniche della forma di demenza che
da quel momento ha preso il nome di morbo di Alzheimer (AD).
Da allora, milioni di casi di AD sono stati diagnosticati ed oggi questa malattia sta assumendo
le caratteristiche di una e vera e propria epidemia. Ad oggi piu´ di 12 milioni di persone sono
affetti dal morbo di Alzheimer ed il numero è più che raddoppiato dal 1980. Passati i 65 anni
d’età un individuo su 10 risulta essere malato di Alzheimer mentre passati gli 85 anni si arriva
a diagnosticare questa neuropatolgia a quasi la metà degli individui. L´impatto sociale di
questa malattia sta diventando sempre più importante soprattutto se si pensa che nelle ultime
fasi della patologia le capacità di condurre una vita autonoma dei pazienti sono
completamente compromesse ed è quindi indispensabile una costante assistenza.
.
Dal 1906, la malattia è stata oggetto di numerosissimi studi. Attraverso di essi è stata
fatta luce sulla natura degli “accumuli” identificati da Alzheimer. Le analisi biochimiche
hanno, infatti, rivelato che i depositi extracellulari sono costituiti in prevalenza da un peptide,
la β-amiloide (Αβ); i depositi intracellulari, che al microscopio elettronico appaiono
caratterizzati da una tipica periodicità (paired helical filaments), sono costituiti dalla proteina
tau iperfosforilata.
L’analisi sulla popolazione non è stata inizialmente particolarmente fruttuosa nella
comprensione di eventuali fattori genetici. Nel 1981 però Heston (Heston et al. 1981) mostrò
come nei familiari di soggetti con AD fosse riscontrabile un eccesso di forme di demenza,
compatibile con una trasmissione genetica della malattia. Inoltre, tra i familiari era anche
presente un eccesso di sindome di Down, rispetto ai gruppi di controlli. I malati di sindrome
di Down hanno una trisomia del cromosoma 21 e questo portò a considerare la presenza di un
possibile fattore genetico associato a questo cromosoma.
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Fig.1 Istopatologia della corteccia cerebrale di pazienti in corso di morbo di Alzheimer
(a)(adattato da Science vol 296, Taylor et al.) e sua rappresentazione schematica(b). Le
freccie indicano le placche di amiloidee e i “tangles” neuronali
Nel 1984, Glenner e Wong, che portavano avanti studi sulla Αβ, ipotizzarono la presenza del
gene per la proteina precursore dell´amiloide proprio su questo stesso cromosoma. Nel 1986
quattro gruppi diversi (Goldegaber et al 1987; Kang et al. 1987; Robakis et al.1987; Tanzi et
al. 1987) clonarono il gene per la Proteina Precursore dell´Amiloide (APP) che come predetto
due anni prima mappa sul cromosoma 21.
Contemporaneamente all´identificazione di questo gene furono riportati anche 4 casi di
Alzheimer familiari precoci. I malati di questa particolare forma di Alzheimer non
presentavano però alcuna mutazione nel gene per l´APP. Il locus associate a questa malattia si
identificò invece nel cromosoma 14.
Nel 1990 furono identificate le prime mutazioni sul gene per l´APP presenti in casi Alzheimer
ma negli anni successive si è dimostrato come queste mutazioni non fossero le uniche
coinvolte in questa malattia.
20
Negli anni successivi furono cosi identificati più loci genici, proteine e mutazioni ad esse
associate che si potevano considerare rilevanti nello sviluppo di questa neuropatologia
(Tabella 1).
Tab.1 Geni e meccanismi genetici associate alla patologia dell´Alzheimer
Ad oggi numerosi studi sono a supporto dell´ipotesi amiloidea, postulata per la prima volta da
Glenner (Genner and Wong 1984). Secondo questa ipotesi, che è la più accreditata, la Αβ
avrebbe un ruolo centrale nella patogenesi dell’AD. Lo sviluppo di questa neuropatologia
sarebbe in effetti causato da uno squilibrio tra generazione e degradazione della Αβ che
porterebbe così ad un accumulo del peptide. Ancora più nello specifico, la formazione delle
fibrille associate all´AD sarebbe dovuta alla presenza sempre maggiore nello spazio
extracellulare della forma 1-42 (42 amminoacidi) dell´amiloide rispetto alla forma meno
“nociva” del peptide 1-40.
L´Aβ è un peptide di 38-43 residui generato come detto dalla proteina precursore
dell´amiloide (APP) potenzialmente durante tutto il ciclo vitale e da tutti i tipi cellulari di
mammifero.
Nella fig 2 è rappresentato un diagramma schematico dell´APP e i suoi principali prodotti
proteolitici.
L´APP consiste di 770 amminoacidi. Fra le regioni di particolare interesse ci sono una
sequenza di 17 residui all´N-terminale che costituisce un peptide segnale ed un corto dominio
trasmembrana che si estende dall´aa 700 al 723.
L´Aβ è formato da 28 aa appena fuori il dominio trasmembrana più 12-14 residui che fanno
parte della sequenza inserita in membrane.
21
Come si è detto la patologia dell´Alzheimer è ormai chiaramente associabile ad una mancanza
dell´equilibrio tra le diverse forme di Aβ prodotte, a causa del quale ci sarebbe una
produzione eccessiva in particolare del peptide 1-42.
Nella figura sottostante è riportata la sequenza del peptide Aβ; le frecce indicano i siti di
taglio per gli enzimi coinvolti nel processamento del peptide.
Fig 2. Schema della proteina precursore dell´amiloide (APP) e dei sui principali derivati
proteolitici. La prima linea mostra l´APP con le regioni di maggiore interesse, in particolare
il frammento da cui origina il peptide dell´amiloide (Aβ) e la regione transmembrana (TM).
Nella linea successiva e´ indicata la sequenza del peptide piu´ la regione trasmembrana.
Sono inoltre indicate alcune regioni di interesse. In particolare con le frecce vengono indicati
i siti di taglio per la α, β e γ secretasi. In viola sono indicate alcune mutazioni identificate in
casi di Alzheimer familiari. Infine nelle due righe sottostanti vengono mostrate le possibili
modalita´ di taglio ed indicate i prodotti derivati
L´α-secretasi, uno degli enzimi coinvolti in questo taglio processa il peptide all´interno del
dominio dell´Aβ escludendo così la formazione del peptide Aβ 1-42.
Le forme β e γ- secretasi invece sono quelle tagliano la proteina precursore in posizioni che
determinano la produzione dei peptide 1-40 ed 1-42.
22
Il modello oggi più accreditato prevede che la proteina precursore dell´amiloide (APP),
inserita nella membrana plasmatica ed in alcune vescicole intracellulari, venga tagliata dalla β
secretasi e dal complesso presenilina-γ secretasi rilasciando il peptide Aβ. Tale peptide puo´
andare incoltro a fenomeni di aggregazione e generare polimeri insolubili che si depositano
come placche amiloidee. Questo evento è accompagnato dall´attivazione di chinasi che
portano ad una iperfosforilazione della proteina Tau, una proteina associata ai microtubuli,
che aggrega nel citoplasma neuronale come “neurofibrillary tangle”, altra lesione
caratteristica dell’ Alzheimer (Dennis J. Selkoe 2004).
Fig 3.Modello degli eventi chiave alla base della patologia dell´Alzheimer.
Benchè questo modello sia correntemente accettato dalla maggior parte dei ricercatori, non
sono ancora chiari tutti i particolari dei meccanismi che portano alle disfunzioni neuronali. Un
punto ancora particolarmente oscuro è rappresentato dal ruolo delle cellule gliali nella
23
patogenesi dell’Alzheimer. La placca amiloide è infatti caratteristicamente circondata da
astrociti e microglia attivati. E’ oggetto di discussione se tale attivazione porti ad una
neuroprotezione od invece se contribuisca al danno neurodegenerativo indotto della βA,
attraverso
la
produzione
di
fattori
potenzialmente
neurotossici,
come
citochine
proinfiammatorie ed ossido nitrico.
Inoltre negli ultimi anni sono state diverse le ricerche che hanno mostrato come altre forme di
aggregazione del peptide dell´amiloide possano essere coinvolte nello sviluppo della malattia.
Il peptide, infatti, può formare anche degli oligomeri e non solo fibrille. Questi tipo di
aggregazione, secondo recenti studi (McLean et al. 1999; Klein et al. 2001; Gong et al. 2003)
aumenterebbe di circa 70 volte nei pazienti affetti dal morbo di Alzheimer e mostrerebbero un
elevata neurotossicità in culture cellulari.
Per studiare più approfonditamente i processi coinvolti in questa malattia e grazie alle più
recenti tecnologie di manipolazione del DNA, molti gruppi negli ultimi anni hanno generato
modelli di topi trasgenici che mimano gli eventi che si susseguono nei casi spontanei di
Alzheimer (Donald L. Price et al. 1998).
Uno dei modelli oggi più usati è la linea Tg2576, nota anche come APPswe, che porta una
mutazione sulla proteina precursore dell´amiloide. I topi generati in questa condizione
mostrano elevati livelli di Aβ 1-40 ed 1-42 e depositi di amiloide in amigdala, ippocampo e
corteccia cerebrale (Hsiao et al. 1996). Analisi delle caratteristiche istologiche di cervelli di
questi animali mostrano evidenze di stress ossidativo ed una elevata espressione degli enzimi
legati ai processi di ossidazione (Pappolla et al. 1998; Smith et al. 1998). Inoltre questi topi
presentano problemi in diversi test di memoria e cognizione.
Non sono invece state osservate alterazioni a livello della regione CA1 dell´ippocampo o
riduzione dell´espressione di alcune proteine lagate all´attivita´ neuronale.
In ogni caso la linea Tg2576 rimane uno dei modelli animali più accettati e studiato per
cercare di chiarire alcuni aspetti della malattia.
Come si è scritto in precedenza la malattia sta facendo sempre più vittime. Ad oggi però
rimane ancora insoluta la possibilita´ di diagnosi della malattia.
Questa patologia, infatti, ha numerosi punti in comune con altre malattie neurodegenerative
rendendo così la diagnosi non ancora attendibile se non attraverso l’esame istologico
postmortem della corteccia cerebrale
La comprensione di qualsiasi processo coinvolto nello sviluppo dell´Alzheimer puo´
rappresentare quindi un passo importante verso la possibilità di diagnosi più precoci.
24
Inoltre, è importante sottolineare che non esistono al momento terapie efficaci per
l’Alzheimer. Negli ultimi anni sempre più studi hanno portato avanti l´idea di un possibile
vaccino. Nel 1999 Schenk et al. (Nature 1999) riportarono come in un modello animale per
l´Alzheimer, il progredire della malattia fosse ridotto in seguito ad immunizzazione con
aggregati sintetici di Αβ 1-42.
A seguito di questo ed altri studi sono state inziate anche le prime fasi di sperimentazione
sull’uomo.
Nel 2003 è stato pubblicato (Hock C. et al., Neuron 2003) uno studio che evidenziava come
gli individui che avevano generato anticorpi per il peptide dell´amiloide mostrassero un
rallentamento nel declino cognitivo. Purtroppo durante queste sperimentazioni sono stati
anche riportati forme di encefalite asettica, alcune delle quali purtroppo letali, in alcuni dei
pazienti trattati e questo ha portato ovviamente alla sospensione dei trials ed alla necessità di
una migliore comprensione dei processi associati al potenziale vaccino
25
LA MICROGLIA E LA NEURODEGENERAZIONE
Le cellule gliali sono composte da astrociti ed oligodendrociti, di origine neuroectodermica, e
dalle cellule microgliali, di origine mesodermica. Queste popolazioni hanno ruoli diversi nel
sistema nervoso centrale. Gli astrociti sono la base della barriera emo-cefalica, sono le cellule
responsabili del mantenimento di una corretta omeostasi ionica, sono capaci di produrre
fattori di crescita neuronali e di provvedere alla loro crescita e sopravvivenza; hanno inoltre
un ruolo fondamentale nella sinaptogenesi (Pfrieger et al. 1997). Gli oligodendrociti sono gli
omologhi delle cellule di Schwann del nervoso periferico e sono quindi deputate alla
deposizione della mleina. Le cellule microgliali invece sono le cellule responsabili nel CNS di
una corretta risposta nei processi infiammatori.
Pio del Rio Hortega coniò, nel 1920, il termine microglia. Benchè queste cellule furono già
descritte alla fine del 1800 da F. Nissl e da W. Ford Robertson, Rio Hortega viene considerato
il vero padre della microglia. Egli fu infatti il primo a farne un sistematico studio e molte delle
sue osservazioni (Rio-Hortega (1932) Microglia. Cytology & Cellular Pathology of the
Nervous System. Paul B. Hoeber, Inc., New York, pp 483-534) sono ritenute valide ancora
oggi.
Le cellule microgliali sono considerate oggi le cellule responsabili della “risposta
immunitaria” in seguito ad un´infezione o insulto a carico del sistema nervoso centrale
(CNS). Esse derivano da precursori mesenchimali che verso la fine dello sviluppo embrionale
e durante i primi stadi postnatali migrano nel cervello. Durante questi processi fagocitano
particelle costituite da cellule in apoptosi e partecipano al riassorbimento e rimodellamento di
tratti di fibre che caratterizzano il CNS durante lo sviluppo.
Una volta terminato il processo di migrazione durante i primi stadi dello sviluppo del CNS
queste cellule passano da uno stato ameboide e di attiva fagocitosi ad uno stato di “riposo”
assumendo una caratteristica forma ramificta.
Nel sistema nervoso adulto la popolazione microgliale può espandersi per divisione in
situ o per migrazione di monociti circolanti nel sangue.
.
Terminato lo sviluppo, la microglia costituisce fino al 20% delle cellule non neuronali del
sistema nervoso centrale, benchè la loro densità vari molto a secondo delle regioni del
cervello considerate. In particolare sono densamente presenti nella sostanza grigia.
La microglia costituisce la popolazione di cellule più piccole in dimensioni fra tutta la
neuroglia; esse possono facilmente essere identificate grazie a marcatori specifici. La
26
microglia esprime molti marcatori cellulari tipici dei monociti che però sono generalmente
silenti o poco espressi in condizioni non patogene.
Poichè le cellule microgliali sono le responsabili della difesa immunitaria nel sistema nervoso
centrale esse sono le cellule che per prime rispondono ad un trauma o alla presenza di
qualsiasi agente patogeno nel cervello. Queste cellule in seguito ad uno di questi eventi
rispondono migrando nel sito in cui si è verificato il trauma ed in questo sito cominciano a
proliferare. La migrazione e la proliferazione richiedono un cambiamento morfologico. Come
si è detto infatti in condizioni non patologiche la microglia si trova in uno stato di riposo che
morfologicamente corrisponde ad una forma piatta e ramificata.
Fig 1.Cellule microgliali in stato di
riposo a) o in stato attivato b) e c). Le
cellule in stato di riposo mostrano una
caratteristica forma ramificata. Al
contrario cellule attivate hanno una
forma ameboide (indicate in B e C con
una freccia)
Durante la migrazione e la prolifazione queste cellule assumono invece una forma ameboide
che facilmente permette di distinguerle da cellule non stimolate.
La microglia attivata nel sito dell´infiammazione comincia a regolare positivamente
l´espressione del complesso di istocompatibilità maggiore (MHC) e acquisisce tutte le
capacità di una cellula macrofagica.
27
Come tutti le cellule del sistema monocitico-macrofagico, anche la microglia è in grado di
rilasciare le citochine tipiche dei processi infiammatori che hanno tra gli altri il compito di
amplificare la risposta, di “richiamare” altre cellule nel sito dell´infiammazione e di
modularne l’attivazione. Dall´altro lato, anche in questo caso come nella risposta
infiammatoria in generale, alcuni dei fattori prodotti sono potenzialmente neurotossici, come,
ad esempio, il tumor necrosis factor (TNF) o i prodotti reattivi dell´ossigeno e dell’azoto, che
possono contribuire al danno del sistema nervoso.
E´ proprio quest´ultimo aspetto che ha richiamato l´attenzione sulla microglia in numerose
ricerche sulle malattie che colpiscono il sistema nervoso centrale come la degenerazione del
sistema nervosa associata al virus dell´HIV, la sclerosi multipla, il morbo di Parkinson o il
morbo di Alzheimer.
Alcuni esempi di attivazione microgliale in patologie del CNS
Circa il 20 % degli individui contagiati dal virus dell´HIV sviluppano danni al livello
del sistema nervoso con sintomi di tipo motorio, cognitivo ed in stadi avanzati coma.
Lo sviluppo di questa patologia è associata principalmente alla presenza del virus e
alla sua replicazione nel sistema nervoso centrale. A differenza di altri virus che
infettano il CNS il virus dell´HIV sembra non infettare (o forse solo a bassisimi livelli)
le cellule neuronali ma preferenzialmente le cellule microgliali. A seguito dell´
infezione le cellule microgliali cominciano a produrre diversi fattori neurotossici fra
cui
o Acido arachidonico, il quale potenzierebbe le correnti di calcio associate al
recettore NMDA nei neuroni, producendo cosi´ un accumulo di calcio
intracellulare ovviamente nocivo.
o Ossido nitrico (NO) la cui funzione è ampia e controversa ma sicuramente
implicato in diversi processi neurodegenerativi
o Acido quinolinico, che rappresenta forse uno dei fattori neurotossici più
importanti nella demenza associata all´AIDS. Esso agisce come agonista del
recettore NMDA inducendo così un maggiore flusso di calcio e di conseguenza
morte cellulare.
o Altri fattori fra cui TNF, IL-6, IL-1β
Nei pazienti malati di sclerosi multipla si verificano evidenti lesioni a livello
neuronale ed una marcata demielinizzazione. In questo processo è stato negli ultimi
28
anni dimostrato avere un ruolo centrale la microglia. Attraverso modelli animali si è
infatti osservato come la microglia venga attivata nelle prime fasi di questa malattia.
Producendo fattori citotossici induce apoptosi negli oligondendrociti e quindi potrebbe
velocizzare il processo di demielinizzazione associato a questa malattia.
La malattia di Parkinson (PD) è una malattia caratterizzata da tremore, lentezza nei
movimenti, rigidità e problemi di postura. Questa malattia è associata ad una
drammatica diminuizione dei neuroni dopaminergici nella substantia nigra. Nel nord
America si stimano circa 50000 nuovi casi di PD all´anno. Ad oggi il trattamento più
efficace per questi pazienti consiste nella somministrazione di L-dopa (il precursore
della dopamina) per riequilibrare i livelli di dopamina ed alleviare così i sintomi di
questa malattia. Nel Parkinson, come per altre malattie neurogenerative le cellule gliali
hanno un importantissimo ruolo nella protezione dei neuroni ma anche nella
produzione di fattori citotossici. Di particolare importanza è la scoperta che la perdita
di neuroni dopaminergici in cervelli parkinsoniani e´ associata ad una significativa
attività delle cellule gliali. In particolare sembrerebbe esserci un rapporto inverso fra
astrociti reattivi e neuroni dopaminergici degenerati. Sembrerebbe quindi che regioni
con una scarsa presenza di astrociti siano più sensibili alla perdita neuronale
suggerendo così un ruolo protettivo degli astrociti in questa malattia. Al contrario,
invece, le cellule microgliali risulterebbero avere un rapporto diretto con la perdita dei
neuroni contententi dopamina, indicato da una presenza significativa di cellule
microgliali, proprio nelle zone dove si e´ verificata una massiccia perdita neuronale.
Anche in questo caso il contributo alla neurodegenerazione delle cellule microgliali
sarebbe da attribuire alla produzione delle specie reattive dell´ossigeno e dell´azotoe e
delle citochine pro-infiammatorie. Nel caso del PD il fattore considerato forse
piu´importante è la produzione dell´ossido nitrico (NO). In effetti le cellule microgliali
in pazienti affetti da Parkinson mostrano livelli elevato degli enzimi coinvolti nella
produzione di NO (NOS).
Di particolare importanza è la cronicità che queste malattie condividono e che porterebbe ad
una continua stimolazione delle cellule microgliali e quindi ad un rilascio cronico dei fattori
neurotossici.
29
LA MICROGLIA ED IL MORBO DI ALZHEIMER
Come descritto precedentemente il morbo di Alzheimer è caratterizzato dalla presenza di
aggregati insolubili intracellulari e depositi di amiloide nella corteccia cerebrale.
Inizialmente la presenza di cellule microgliali attivate e di astrociti reattivi in corrispondenza
di questi depositi fu considerato un evento secondario; attualmente, la maggior parte dei
ricercatori concorda nell’attribuire loro un ruolo nella progressione della malattia.
Nel 1987 McGeer et al. identificarono la presenza di cellule microgliali attivate in cervelli AD
attraverso l´uso di un anticorpo specifico contro la proteina HLA-DR, componente della
classe di istocompatibilità maggiore II. Gli autori di questo studio dimostrarono come questa
proteina fosse abbondantemente espressa nelle cellule microgliali che si trovano associate alle
aree di neurodegenerazione nel tessuto cerebrale di pazienti AD. Al contrario l´uso dello
stesso anticorpo non mostra la presenza del marcatore in tessuti di individui non affetti da
questa patologia.
Successivamente (Kalaria and Perry 1993; Lue and Rogers 1992) questo dato è stato
confermato e più specificamente è stato scoperto che la microglia si organizza in clusters nei
pressi delle placche amiloidi. Oltre al marcatore precedentemente usato in questi studi è stato
utilizzato anche un anticorpo contro IL-1 anch´essa regolata positivamente durante il processo
di attivazione.
La scoperta della regolazione delle proteine del complesso di istocompatibilità ed in seguito
dei recettori immungoglobulinici (FcγR) (Masliah et al. 1991; Eikelenboom et al. 1994;
Peress et al. 1993, Akiyama et al. 1994) venne subito associata alla capacità macrofagica
delle cellule microgliali ed alla fagocitosi attivata dalla presenza delle placche di amiloide.
L´attivazione del recettore Fcγ indurrebbe nella microglia la produzione di diverse citochine,
in particolar modo dell´ IL-1, IL- 6 e del TNF-α, ognuno dei quali mostra livelli di
espressione maggiore nelle cellule nei pressi dei depositi di amiloide. Queste citochine hanno
il ruolo di coordinare l´insieme di processi infiammatori nei tessuti di pazienti affetti da AD.
Durante il processo d’attivazione le cellule microgliali mostrano anche positività
immunocitochimica per la fosfotirosina. La tirosina chinasi è infatti rapidamente indotta nel
processo di attivazione microgliale e la sua fosforilazione risulta essere un passaggio cruciale
nella via del segnale che porta a questa attivazione. Poichè questo cambiamento è un
passaggio estremamente rapido, la marcatura della fosfotirosina permette di identificare sottopopolazioni di microglia che sono altamente reattive in uno specifico momento.
30
La scoperta dell´attivazione microgliale nei pressi dei depositi di amiloide è stato
comunemente interpretato come un tentativo di queste cellule di fagocitare, per rimuovere le
placche di amiloide. E´ stato dimostrato che la microglia è capace di internalizzare le fibrille
di amiloide attraverso gli “scavanger receptor” ed in effetti cellule microgliali nei pressi delle
placche di amiloide in tessuti AD mostrano una elevata espressione di questi recettori
(Berthiaume et al. 1995; Paresce et al. 1996).
Negli individui affetti da morbo di Alzheimer la microglia attorno ai depositi di amiloide
rimane però costantemente attivata vista l´impossibilità di rimuovere completamente gli
aggregati del peptide. Inoltre lavori più recenti hanno dimostrato che, benchè la microglia
cerchi di fagocitare e degradare la Aβ , la velocità della degradazione è limitata, se paragonata
alla quantità di peptide prodotto nello stessa unità di tempo (Paresce et al. 1997).
Infine, benchè la microglia cerchi di rimuovere i depositi di amiloide, essa, come già descritto
in altre patologie, ha probabilmente anche un ruolo negativo, producendo una serie di fattori
neurotossici. Questi fattori comprendono enzimi proteolitici (Arde et al. 1996), citochine
(Wesselingh et al. 1997), le proteine del complemento (Korotzer et al. 1995), le specie
reattive dell´ossigeno (McDonald et al. 1997) e le specie reattive dell´azoto (Nuovo and
Alfieri 1996; Li et al. 1996).
Numerosi studi con cellule e tessuti in coltura hanno confermato questo dato, mostrando come
l´esposizione delle cellule microgliali al peptide Aβ non solo induca l´attivazione microgliale
ma anche la secrezione dei fattori citotossici menzionati (Giulian et al. 1996). Di conseguenza
l’attivazione di queste cellule potrebbe amplificare l´effetto degenerativo dovuto alla presenza
di Aβ.
Infine è stato anche dimostrato che la microglia è capace di sintetizzare e secernere Aβ
(Wisniewski et al. 1994) e che lo stimolo dovuto alla presenza del peptide indurrebbe la
produzione del peptide stesso (Bitting et al. 1996).
In questo caso la microglia concorrerebbe alla neurodegenerazione non solo indirettamente,
attraverso la produzione dei fattori citotossici, ma anche direttamente, attraverso la
produzione di Aβ.
Queste considerazioni suggeriscono che le cellule microgliali potrebbero essere un target per
potenziali interventi terapeutici.. Si può pensare per esempio alla possibilità di inibire la
produzione o secrezione dei fattori neurotossici o di bloccare l´effetto di questi fattori sui
neuroni o, infine, di bloccare il passaggio della microglia da stato quiescente a stato attivato
durante lo sviluppo del morbo di Alzheimer.
31
Poichè ad oggi non sono stati ancora individuati trattamenti che intervengano specificamente
in queste processi molti considerano la possibilità di usare generici agenti anti infiammatori
per cercare di diminuire l´effetto dell´attivazione microgliale.
32
MATERIALI E METODI
Colture cellulari
Cellule CHO transfettate stabilmente con CLIC1 (Cl4) (Tonini et al.2000), cellule della linea
murina microgliale BV-2 e cellule HEK-293 sono state cresciute in DMEM (Invitrogen,
Milano) con il supplemento di 10% FCS (fetal calf serum) (Sigma, Milano), 1% di
penicillina/streptomicina (Sigma, Milano) e 2 mM glutammina a 37 °C in 5 % CO2. Colture
primarie di microglia sono state ottenute da cortecce di ratti Wistar di 2-3 giorni come
descritto precedentemente (Bezzi et al. 1998). La purezza della cultura microgliale è stata
esaminata attraverso marcatura per l´isolectina B4 Griffonia simplicifolia (Vector
Laboratories Burlingame, CA) che marca sia la microglia in stato di riposo che quella attivata.
Neuroni corticali sono stati preparati da cortecce di ratti di 0-1 giorni. Le cortecce isolate e
separate dalle meningi sono state digerite in HIBERNATE-A (BrainBits, Springfield,IL), B27 (Invitrogen) e 0,5 mM glutamine (Sigma) per 20 minuti a 30 °C. Le cortecce sono state, in
seguito, trasferite in Neurobasal-A B27 (NBA/B27) (Invitrogen) dissociate meccanicamente e
piastrate in supporti con poli-L-lisina (0,001 mg/ml). I neuroni sono stati cresciuti per 5 giorni
ed in questa condizione la contaminazione di microglia é trascurabile (Brewer et al. 1995).
Colture miste di neuroni e microglia sono state ottenute dal trasferimento di 5 X 104 /cm2
cellule microgliali nella piastra di coltura neuronale.
Neuroni di ippocampo sono stati preparati da ratti nello stadio embrionale E18 (Goslin and
Bunker, 1990). Dopo la dissezione gli ippocampi sono stati incubati con 2,5 % tripsina e
dissociati meccanicamente. Le cellule sono state piastrate su coprioggetto trattati poli-L-lisina
in MEM (Invitrogen) contenente 10% di FCS. Dopo due ore dalla piastratura il terreno é stato
sostituito con NBA/B27. Dopo 8 ore dalla sostituzione del terreno, 5 mM di Arabinosilcitosina è stata aggiunta per prevenire la crescita di cellule gliali.
Le colture di cellule neuronali cosi´ ottenute hanno mostrato un contenuto di astrociti inferiore
all’1%, come dimostrato da marcatura con la proteina gliale fibrillare acida (GFAP) (dato non
mostrato).
Per le co-colture neuroni-microglia dopo 1 giorno di cultura i coprioggetto con i neuroni sono
stati trasferiti nelle piastre contenenti la microglia nelle quali erano stati preparati piedini di
paraffina. I coprioggetto sono stati quindi gentilmente appoggiate su i piedini con il lato con
le cellule verso il basso.
33
In questo modo i neuroni sono stati coltivati nello stesso terreno della microglia ma non in
diretto contatto con essa
Stimolazione cellulare
Cellule BV-2 e colture primarie di microglia sono state trattate con i peptidi Aβ 1-42, 25-35,
35-25 (Bachem, Bubendorf, Switzerland), con il basic Fibroblast Growth Factor (bFGF,
Sigma), con il lipolisaccaride di Escherichia coli (LPS; sierotipo 0127:B8; Sigma), con R(+)[(6,7-dichloro-2-cyclopentyl-2,3-dihydro-2-methyl-1-oxo-1H-inden-5yl)-oxy] acetic acid
(IAA-94) (Biomol, Plymouth Meeting, PA), e con niflumic acid (Sigma).
I peptidi Aβ 25-35 e 35-25 sono stati dissolti in acqua distillata sterile alla concentrazione
finale di 1 mM ed incubati per 72 ore a 37°C per permettere l´aggregazione. Il peptide Aβ 3525 (inattivo) è stato utilizzato come controllo. Il peptide Aβ 1-42 é stato dissolto in acqua
sterile alla concentrazione di 1mM e incubato a 37°C per 7 giorni.
Per gli esperimenti con co-colture l´Aβ 25-35 o il peptide inattivo sono stati aggiunti alle
culture microgliali e 6 ore piu´ tardi sono stati trasferiti i coprioggetto con i neuroni.
Come riportato in precedenza (Malchiodi-Albedi et al. 2001) questa procedura permette la
sedimentazione degli aggregati di Aβ sul fondo della piastra in modo da minimizzare
l´interazione fra neuroni e Aβ.
Per gli esperimenti di stress ossidativo sono stati utilizzati H2O2 alle concentrazioni di 0,01 ,
0,1 ed 1 mM e BTOOH (Tertbutil-idroperossido) ( Sigma), 500 µM. I reagenti sono stati
diluiti in terreno di cultura e le cellule incubate per i tempi indicati nei singoli esperimenti.
Trasfezione cellulare
Cellule HEK-293 o BV-2 sono state piastrate in Petri da 35 mm trattate con poli-L-lisina.
Dopo 12 ore circa dalla piastratura le cellule all´ 80 % circa di confluenza sono state
trasfettate mediante Superfect (Qiagen) in accordo con il protocollo fornito dalla casa di
produzione. Le cellule sono state utilizzate 36-48 ore dopo la trasfezione.
Curve di crescita
Cellule BV-2 o di microglia primaria sono state piastrate alla densita´ di 5000 cell/cm2 in
piastre Petri da 35 mm 12 ore prima dell´inizio dello stimolo. La stimolazione è stata
effettuata con 30 µM Aβ 25-35 o 100 ng/ml bFGF. IAA-94 alla concentrazione finale di 30
34
µM, laddove utilizzata, é stata aggiunta insieme al peptide Aβ o al bFGF. Dopo 24 e 48 ore
dall´inizio del trattamento le cellule sono state staccate dalla piastra con tripsina e contate
utilizzando una camera di Burker.
Western blot
SDS-PAGE e Western blotting sono stati eseguiti secondo i protocolli standard. In breve, le
cellule sono state lisate a 4 C in 50 mM Tris-HCl, pH 7.0, 0.5% NP-40, 2 mM AEBSF [4-(2aminomethyl)benzenesulfonylfluoride hydrochloride], 2 µM aprotinin, 40 µM leupeptin, 70
µM bestatin, 30 µM pepstatin A, and 30 µM E-64 [trans-epoxysuccinyl-l-leucylamido-(4guanidino)-butane]. I campioni sono stati, in seguito, centrifugati a 1000 X g per 5 minuti.
Quantita´ equivalenti di proteine (30 mg per CLIC-1 o 10 mg per hNET) sono state caricate
su gel al 12% di acrilammide e separate per elettroforesi. Infine le proteine sono state
trasferite su membrana di nitrocellulosa.
Le membrane sono state bloccate in PBS con 5% di latte in polvere o 3% BSA per 1 ora.
Dopo essere state bloccate le membrane sono state incubate overnight con anti-NCC27
(1:8000) (Valenzuela et al. 1997), con anti β-tubulina (1:7000; ICN Pharmaceuticals, Milano,
Italia) o con anti-hNET (1:5000) (Blakely Lab) in PBS 0.1% Tween 20 e 3% BSA. In seguito
a 4 lavaggi di 5 minuti in PBS con 0.1% Tween 20 le membrane sono state incubate con
anticorpi anti- o anti-topoconiugati con la perossidasi, diluiti (1:5000) in PBS 0.1% Tween 20
per 1 ora. Il legame con l’anticorpo secondario e´ stato evidenziato attrverso l´uso di una
reazione chemiluminescente (ECL Blotting System; Amersham Biosciences, Milan, Italy).
Biotinilizzazione delle proteine di superficie
1X106 cellule Cl4 o BV-2 sono state piastrate in piastre Petri da 60 mm pre-trattate con poliL-Lisina 12 ore prima del trattamento. Le cellule sono state stimolate con 30 µM Aβ 25-35 o
100 ng/ml bFGF. Dopo 48h di incubazione il terreno di cultura è stato rimosso e le cellule
lavate 3 volte con PBS, pH 7.3, con 1 mM MgCl2 e 0.1 mM CaCl2, (PBS/Ca2+/Mg2+) a 4 °C.
La biotinilizzazione delle proteine di superficie è stata eseguita come descritto
precedentemente (Apparsundaram et al. 1998). In breve, le cellule sono state incubate per 30
minuti a 4 °C con PBS/Ca2+/Mg2+ contenente 1,5 mg/ml di EZ-Link Sulfo NHS-Biotin
(Pierce, Rockford, IL). Tutti i trattamenti seguenti, in mancanza di altre specificazioni, sono
stati eseguiti a 4 °C. La biotina é stata quindi rimossa dopo 30 minuti e le cellule lavate con
35
PBS/Ca2+/Mg2+ + 100 mM glicina per 2 volte. Inseguito sono state incubate con la stessa
soluzione in presenza di PMSF 0,5 mM per 30 minuti e successivamente lavate con PBS.
Le cellule sono state lisate con 400 µl di soluzione di lisi in presenza di inibitori proteasici per
1h. Il lisato cellulare è stato centrifugato a 20000 X g per 30 minuti e la concentrazione
proteica determinata mediante saggio di Bradford (Sigma). Venti µg di proteine sono state
separate e conservate per la carica del lisato totale, 350 µg di proteine sono stati invece
incubati con avidina (Pierce), precedentemente lavata con la soluzione di lisi. La resina è
stata incubata, mescolando gentilmente, con il lisato per 1h a temperatura ambiente. Le
proteine non legate alla resina sono state separate mediante centrifugazione( 15000 X g per 3
minuti a RT) e 20 µg di proteine sono stato conservate per ogni campione per essere caricate
come componente intracellulare. La resina è stata quindi lavata 3 volte con il buffer di lisi ed
alla fine le proteine eluite mediante Laemmli loading buffer (componente di superficie). I
campioni sono quindi stati caricati in gel di poliacrilammide al 15% e la procedura del
western blot è stata applicata come descritto nel paragrafo precedente.
Per la biotinilizzazione delle cellule hNET-293 si è utilizzata la stessa procedura ed i tempi ed
i tipi di trattamenti sono indicati nelle figure.
Saggio di vitalitá cellulare
La vitalita´ delle cellule è stata determinata mediante uptake e idrolisi del diacetato di
fluoresceina (Brewer et al., 1993). In breve, le colture miste di neuroni corticali e microglia
sono state lavate con HBSS (Invitrogen) 2 volte e trattate in HBSS con diacetato di
fluoresceina (15 µg/ml; Sigma) e ioduro di propidio (4.6 µg/ml; Sigma). Se eccitate con luce
della lunghezza d´onda del blu, le cellule vive emettono in verde e cellule morte in rosso. Per
l´analisi statistica sono stati contati almeno 12 campi da 0.313 mm2 (20x) per ciascun
campione. L´esperimento é stato ripetuto 4 volte con risultati simili ma i dati non sono stati
combinati a causa della variabilita´ dovuta alla piastratura iniziale.
TUNEL
Neuroni in co-coltura con la microglia sono stati fissati con paraformaldeide (PFA) al 4 % in
PBS e saccarosio 0.2 M e trattati con la tecnica di marcatura in situ del DNA frammentato
(“terminal transferase-mediated dUTP-biotin nick end-labeling”, TUNEL) (DeadEnd
kit,Promega). Le cellule positive alla marcatura sono state contate al microscopio. Otto diversi
campi sono stati scelti a caso per un totale di almeno 300 cellule per ogni coprioggetto. Due
coprioggetto sono stati analizzati per ogni condizione. La percentuale di cellule apoptotiche é
36
stata calcolata (numero di cellule TUNEL-positive diviso il numero totale di cellule).
L´esperimento é stato ripetuto 3 volte usando 3 diverse preparazioni di microglia e neuroni.
Saggio per la determinazione di TNF-α e nitriti
Il rilascio nel mezzo di cultura di TNF- é stato determinato mediante la tecnica standard
ELISA in accordo con le istruzioni della casa produttrice (R & D Systems, Minneapolis, MN).
I nitriti (NO2-) sono stati invece determinati utilizzando il reagente di Griess (1 mM
sulfanilamide, 1 mM naphthylenediamine dihydrochloride, and 100 mM HCl) nei supranatanti
delle colture cellulari. L´assorbanza é stata misurata a 540 nm e la concentrazione di NO2determinata usando nitrato di sodio come standard.
Registrazioni di Patch Clamp
Nel 1976 Erwin Neher e Bert Sakmann svilupparono un nuovo metodo per mezzo del quale è
possibile registrare il flusso di corrente attraverso un singolo canale: il patch clamping, per cui
ottennero il premio Nobel.
Il metodo consiste nel fare aderire una micropipetta di vetro alla superficie di una cellula. Una
volta ottenuto il contatto con la membrana viene praticata una suzione che fa si che il vetro
aderisca strettamente al doppio strato lipidico formando una "saldatura" (seal) ad alta
resistenza (dell'ordine dei gigaohm).
La resistenza tra l'interno della pipetta e il liquido extracellulare è così elevata da permettere
la registrazione delle piccolissime variazioni di resistenza causate dall'apertura o chiusura di
un singolo canale. Inoltre, la saldatura tra vetro e membrana è meccanicamente molto forte e
questo permette di effettuare delle "manovre" che conducono ad ottenere diverse
37
configurazioni da cui si possono ottenere vari tipi di informazioni.
Le diverse configurazioni di patch clamp utilizzate durante il corso del dottorato sono
descritte di seguito.
Nella configurazione Cell-attached (Figura 1 A) consente registrazioni di singolo canale su
una cellula integra, eventualmente connessa ad altre cellule.
Applicando una trazione si puo´ ottenere la rottura del lembo di membrana attaccata alla
pipetta e la configurazione Inside-out patch. In questa configurazione l'interno della
membrana è esposto alla soluzione esterna che può essere modificata a piacimento.
Dalla configurazione Cell-attached applicando un'ulteriore suzione si ha la rottura della
membrana nel capillare ed alla configurazione Whole-cell recording (Figura 1B) La
configurazione whole-cell recording, generalmente provoca un danno minore rispetto alla
penetrazione di un normale microelettrodo e fornisce una via di accesso al citoplasma a bassa
resistenza, in tal modo viene ridotto il "noise" (rumore di fondo) inoltre, attraverso la pipetta,
si possono introdurre sostanze all'interno della cellula. La misura di correnti in configurazione
di whole cell si puo´ anche ottenere atraverso l´applicazione nella pipetta di registrazione di
antibiotici come l´anfotericina B che forma dei pori sulla membrana a contatto con l´elettrodo
attraverso i quali non sono peró diffusibili gli ioni monovalenti . In questo modo si possono
misurare le correnti che fluiscono attraverso il resto della cellula ma in modo meno invasivo
rispetto alla classica tecnica di whole cell.
Se dalla configurazione whole-cell si applica una trazione si avrà il distacco di un lembo di
membrana dalla cellula e la configurazione Outside-out patch. Questa configurazione è
l'opposto dell´ Inside-out, la faccia esterna della membrana è, infatti, esposta alla soluzione
esterna.
38
L'introduzione di questi metodi elettrofisiologici ha ampliato enormemente le possibilità di
studio non solo di singoli canali ma anche di piccole cellule o di vescicole lipidiche contenenti
canali purificati. Abbinando metodologie di biologia molecolare è possibile esprimere in
oociti di Xenopus laevis o in cellule transfettate, canali modificati e valutare quindi l'effetto di
mutazioni sulla funzionalità. Le applicazioni "classiche" sono su culture cellulari ma è
possibile effettuare misure su fettine di tessuto cerebrale che permettono lo studio delle
interazioni tra cellule e dei circuiti neuronali.
Negli esperimenti riportati in questa tesi le pipette di registrazione sono state preparate da
vetro di borosilicato con il Puller Brown-Flaming P-87 (Setter Instruments, Novato, CA). Le
pipette di registrazione sono state in seguito trattate con una resina, il Sylgard (Dow Corning)
e modellate mediante fire polish ad un diametro finale di 1-1,5 µm con una resistenza di circa
7-10 MΩ.
Si è applicata la procedura classica di patch clamp in cell attacched ottenendo una resistenza
di 20-50 GΩ nelle registrazioni di singolo canale.
Negli esperimenti di singolo canale la soluzione extracellulare presente nella piastra Petri con
le cellule è stata preparata per ottenere le seguenti concentrazioni finali (in mM) 140 NaCl, 5
KCl, 1 MgCl2, 2.5 CaCl2, 10 HEPES, and 10 glucose, pH 7.3. La soluzione nell´elettrodo di
registrazione sempre in mM 127.5 N-methyl-glucamine-Cl, 5 KCl, 2.5 CaCl2, 1 MgCl2, 10
HEPES, 10 glucose, 10 tetraethylammonium-Cl, 5 4-aminopyridine, and 0.03 margatoxin, pH
7.3.
Negli esperimenti per determinare la dipendenza da cloro della corrente associata a CLIC1 il
cloro è stato sosituito con N-methyl-glucamine per ottenere una concentrazione di cloro pari a
60 o 30 mM. Il potenziale di giunzione (JP) è stato calcolato utilizzando pClamp routine
(Axon Instruments, Foster City, CA). Per 149.5, 60, e 30 mM di cloro nella soluzione, il
potenziale di giunzione è stato calcolato di -5, -0.7, e +0.6, rispettivamente. I dati presentati
non sono pero´stati corretti di questi valori. Per gli esperimenti di outside-out la soluzione
della pipette di registrazione conteneva (in mM): 10 NaCl, 130 K-Asp, 2 MgCl2, 1.3 CaCl2, 10
HEPES, and 10 EGTA, pH 7.3.
Gli esperimenti in configurazione di patch perforato sono stati condotti con la stessa soluzione
extracellulare utilizzate negli esperimenti di singolo canale sia in pipetta sia nella piastra Petri.
Nella pipetta di registrazione è stata utilizzata l´Anfotericina B (Sigma, St Louis, MO, USA)
in accordo con la letteratura precedente (Rae et al., 1991) .
Le correnti di singolo canale e di whole cell sono state registrate con un amplificatore Axon
Instruments 200B e ed il programma Clampex 8 (pClamp 8; Axon Instruments). Le correnti
39
sono state filtrate a 1 kHz ed analizzate mediante il programma Fetchan (pClamp 6; Axon
Instruments) o clampex 9. Le transizioni di apertura e di chiusura negli esperimenti di singolo
canale sono state individuate utilizzando il 50% come criterio di soglia. La probabilita´di
apertura é stata calcolata come il tempo di aperture totale diviso il tempo totale di
registrazione. La distribuzione dei tempi d’apertura é stata calcolata secondo una curva
esponenziale.
Registrazioni di singolo canale da doppi strati lipidici artificiali sono state ottenute
applicando la trecnica del Tip Dip. In breve, le pipette da registrazione sono state preparate
come descritto sopra. La stessa soluzione é stata utilizzata sia nel bagnetto sia nella pipetta di
registrazione (140 mM KCl, 10 mM Hepes, pH 6). Nel bagnetto sono stati aggiunti in ogni
nuovo esperimento fosfolipidi (phosphatidylcholine, Avanti Polar Lipids, Inc., Birmingham,
AL)che tendono a formare uno strato con le code idrofobiche rivolte verso l´esterno. Si
muove quindi la pipetta verso la superficie e si ripette questo movimento fino a quando la
resistenza della pipetta di registrazione non diventa di circa 5 GOhm La proteina ricombinante
CLIC1 o suoi mutanti sono stati quindi aggiunti alla concentrazione finale di (2 µg/ml) nella
soluzione del bagnetto.
Per gli esperimenti con cellule HEK-hNET la soluzione extracellulare presentava le seguenti
concentrazioni (in mM): 130 NaCl, 34 glucosio, 1,5 CaCl2, 0,5 MgSO4, 1,3 KH2PO4 e 10
HEPES pH 7.35, 300 mOsm/l. La soluzione per la pipetta era composta come segue (in mM):
120 KCl, 30 glucosio, 0,1 CaCl2, 2 MgCl2, 1 EGTA e 10 HEPES pH 7.35, 270 mOsm/l.
Noradenalina e ASP+ sono state utilizzate alle concentrazioni 30 e 20 µM rispettivamente.Le
correnti sono state registrate mediante l´amplificatore Axon e il programma Clampex.
Small interfering RNA
I costrutti psiUb sono stati disegnati come descritto in letteratura ( Denti et al. 2004). In breve,
sequenze di 21 nucleotidi ripetute separate da 9 nucleotidi che li legano sono state inserite a
valle del promotore U1. Le sequenze sono state clonate separatamente con i siti di restrizione
BglII e XhoI nel vettore psiUx. L´RNA trascritta ha una struttura a forcina di 24 nucleotidi. Il
filamento senso del trascritto è omologo a una regione di 21 nucleotidi dell´mRNA di CLIC1
e contiente almeno 4 nucleotidi che non sono in comune con nessun altro gene murino, come
determinato attraverso la ricerca BLAST (basic local alignment search toll). La regione
riconosciuta dal trascritto di psiUb-CLIC1A si trova nel quinto esone (nucleotidi 862-882
nella sequenza BC004658). Il trascritto del costrutto psiUb-CLIC1B riconosce invece una
40
regione nell´esone 6 (nucleotidi 1068-1088). I trascritti dei vettori psiUb-CLIC1C e psiUbCLIC1D riconoscono infine le regioni dei nucleotidi 712-732 e 926-946 rispettivamente.
In figura sono rappresentate struttura e sequenze delle 4 diverse strutture a forcina utilizzate
negli esperimenti.
Cellule BV-2 al 90% della confluenza sono state trasfettate con 4 µg di palsmide in piastre
Petri da 35 mm con Lipofectamine 2000 (Invitrogen) in accordo con il manuale fornito dalla
casa produttrice.
Dopo 48 ore dalla trasfezione, con il vettore di controllo psiUx, psiUb-CLIC1A, psiUbCLIC1B, psiUb-CLIC1C, psiUb-CLIC1D le cellule sono state trattate per 24 ore con 30 µM
si Aβ25-35 ed il rilascio di TNF-α è stato determinato mediante saggio ELISA.
RT-PCR
Cellule BV-2 sono state piastrate in piastre Petri,100 mm, alla densita´ di 5000 cell/cm2 . 12
ore dopo la piastratura le cellule sono state trattate con Aβ 25-35, 30 µM. Dopo 4,8 o 12 ore
dall´inizio del trattamento il terreno di cultura è stato rimosso e le cellule lisate con il
TRIZOL (Invitrogen). L´mRNA è stato preparato dal lisato seguendo le istruzione del
manuale del reagente. L´mRNA estratto è stato quantificato mediante lettura della densitá
ottica. 2,5 µg di mRNA sono stati retrotrascritti in cDNA mediante la trascrittasi inversa M41
MLV (Moloney Murine Leucemia Virus) (Sigma) in accordo con il protocollo fornito con il
prodotto.
Specifici primers per CLIC1: CLIC-1 senso TGCCGTTCTTGCTCTATGG; CLIC-1
antisenso GTTGGACTCAGGGTTCAGG sono stati disegnati in accordo con le proprieta´
richieste per l´appaiamento e verificati mediante BLAST. La preparazione del mix di reazione
è stata eseguita in accordo con il protocollo fornito con Syber Green Supermix, con 250 nM
CLIC-1 senso e 250 nM CLIC-1 antisenso.
cDNA(50 ng) è stato mescolato il Syber Green Supermix (Biorad) con 100 nM di ciascun
primer in volume finale di 50 µl in accordo con il protocollo fornito con il prodotto. I dati
ottenuti sono stati seguito analizzati mediante il programma di routine del sistema Biorad
In tutti gli esperimenti l´HPRT è stato scelto come gene di riferimento per la normalizzazione
dei dati. I dati sono stati analizzati mediante il programma di routine fornito con il sistema
Biorad ed i primers utilizzati sono stati precedentemente utilizzati per migliorare l´efficienza
della reazione.
Microscopia in fluorescenza
Cellule BV-2, 100.000 cell/well, sono state piastrate su coprioggetto di vetro pretrattate con
poli-L-lisina in multiwell da 24 pozzetti. I vettori pEGFP-CLIC1 e pIRES-EGFP-CLIC1 sono
stati trasfettati 24 ore dopo la piastratura con Lipofectamine 2000 (Invitrogen) in accordo con
il protocollo fornito con il prodotto. 36 ore dopo la trasfezione cellule di controllo o cellule
trattate sono state fissate in 4% PFA per 15´ ed osservate al microscopio confocale (Leica).
Per le colocalizzazioni con la membrana plasmatica le cellule sono state lavate con HBSS ed
incubate con 1,1'-dioctadecyl-3,3,3',3'-tetramethylindodicarbocyanine-5,5'-disulfonic acid
(DiIC18(5)-DS), 1µg/µl, per 5 minuti a 37 °C. Al termine l´incubazione le cellule sono state
lavate con PBS a 4 C e fissate con PFA 4% per 15 minuti.
Cellule microgliali, 100.000 cell/well, sono state piastrate in multiwell da 24 su coprioggetto
trattati con poli-L-lisina. Dopo 12 ore dalla piastratura le cellule sono state trattate o meno con
i reagenti indicati ed in seguito fissate con 4 % PFA, permeabilizzate con Triton X-100 0,1%
in PBS per 10 minuti a RT e incubate per 1 ora con PBS e BSA al 10%. Le cellule sono state
quindi incubate con anti-CLIC1 (sheep) 1:200 in PBS e 2 % BSA, per 1 ora a temperatura
ambiente, lavate 3 volte con PBS ed incubate per 1 ora con anticorpo secondario in pecora
coniugato con fluoresceina (FITC), 1:100. Terminata l´incubazione le cellule sono state lavate
3 volte e le immagini acquisite al microscopio confocale.
42
Per gli esperimenti di preadsorbimento dell´anticorpo con la proteina ricombinante si è
misurata la concentrazione dell´anticorpo, pari a 40 µg/µl, ed incubato con una quantita´ di
proteina 5 volte maggiore per 24 ore a 4 °C.
Fagocitosi
Cellule microgliali, 300.000 cell/well, sono state piastrate su coprioggetto precedentemente
trattati con poli-L-lisina in multiwell da 24. 24 ore dopo la piastratura le cellule,
precedentemente incubate o meno con IAA-94, 30 µM per 30 minuti, sono state incubate con
Aβ 1-42, 1 µM per 1 ora a 37 °C. Al termine del trattamento le cellule sono state lavate 3
volte con PBS e fissate in PFA 4% per 15 minuti a 37 °C. I campioni sono stati quindi
incubati con PBS, Triton X-100, 0,1%, per 10 minuti ed in seguito con BSA 5% in PBS per 1
h. Le cellule fissate e permeabilizzate sono state incubate per 1 ora con anti-Aβ, 1:1000, in
BSA 2% in PBS, lavate 3 volte con PBS ed incubate con anticorpo secondario anti-topo
coniugato con tetrametilrodamina (TRITC), 1:100, in PBS. Le cellule sono state infine lavate
3 volte in PBS e le immagini acquisite al microscopio confocale.
Le immagini ottenute al microscopio confocale (Leica) sono state acquisite mediante il
programma in dotazione con lo strumento. Per una corretta analisi immagini di cellule di
controllo e cellule trattate sono state ottenute con le stesse impostazioni.
Per lo studio dell´intensita´ della fluorescenza si è utilizzato il programma microCCD.
Mediante questo programma è possibile selezionare aree delle immagini da analizzare e
calcolare automaticamente l´intensita´ della fluorescenza. L´intensita´ nelle immagini
presentate è indicata come numero di pixel.
Quantificazione del calcio intracellulare
Gli esperimenti per la quantificazione del calcio intracellulare sono stati condotti mediante un
sistema aumatizzato, FLEX STATION (Molecular Devices).
Cellule HEK-293 o hNET-HEK sono state piastrate in multiwell da 96 alla densita´ di 10000
cell/well. Le cellule sono state quindi caricate con una molecolare fluorescente sensibile al
calcio (Calcium Assay Kit, Molecular Devices) secondo il protocollo fornito con il prodotto.
La fluorescenza relativa (RFU) è stata quindi misurata automaticamente ogni dieci secondi.
43
Uptake della noradrenalina
Cellule HEK-hNET sono state piastrate ain multiwell da 24 cells (105 cellule /well) 3 giorni
prima l´epserimento. Il terreno è stato rimossoe le cellule preincubate per 10 minuti in KrebsRinger-Hepes (KRH (in mM): 130 NaCl, 1.3 KCl, 2.2 CaCl2, 1.2 MgSO4, 1.2 KH2PO4,
10 Hepes, and 1.8 g/liter glucosio, pH 7.4) in presenza o meno di desipramina, 10 µM. La
desipramina è uno specifico bloccante di hNET ed è stat utilizzata per stabilire l´attivita´
specifica di hNET. Pargyline (10µM) e ascorbic acid (10µM) sono stati posti in soluzione per
prevenire l´ossidazione della noradrenalina (NE). Terminati i tempi di incubazione specificati
negli esperimenti la soluzione è stata aspirata e le cellule lavate 3 volte con KRH a 4 °C e
l´accumolo di [3H]NE è stato misurato.
44
RISULTATI
Il progetto di ricerca sviluppato durante questi anni è stato volto allo studio del
coinvolgimento della proteina CLIC1 in processi infiammatori ed in particolare al suo ruolo in
cellule microgliali nella risposta a stimolazione con β-amiloide. Si è, inoltre, approfondito lo
studio delle caratteristiche biofisiche di questa proteina e di suoi mutanti in modo da
confermare il suo ruolo di canale ionico.
Il trattamento con β-amiloide di cellule microgliali aumenta l’espressione di CLIC1
L´analisi delle epressione di CLIC1, riportata in Figura 1, ha mostrato che la proteina
è espressa in cellule microgliali e nella linea cellulare di microglia murina, BV-2. Nell’
esperimento di western blot, Figura 1, cellule CHO trasfettate con un vettore d’espressione
per la proteina CLIC1 sono state utilizzate come controllo positivo (indicate come Clone 4).
li a
g
2
ro
4
c
i
Vl
M
B
C
CLIC1
Fig. 1 Espressione di CLIC1 in cellule microgliali. La banda specifica di CLIC1(27 kDa)
appare nelle cellule microgliali (line1), nelle BV-2 (line 2) e nelle cellule CHO transfettate
con CLIC1 (line 3) usate come controllo positivo
Considerati i risultati precedenti (Valenzuela et al.), che mostrano una regolazione dell’RNA
messaggero di CLIC1 in risposta alla stimolazione con PMA (phorbol ester) di macrofagi
umani, si é voluta esaminare l’espressione di CLIC1 durante l´attivazione microgliale.
Gli stimoli piú rappresentativi, in accordo con la letteratura, sono sembrati essere il
lipopolisaccaride,
che
attiva
la
fagocitosi,
la
β-amiloide,
descritta
in
dettaglio
45
nell’introduzione, ed il basic Fibroblast Growth Factor (bFGF), noto stimolo di proliferazione
cellulare.
Come si puo´ osservare nella Figura 2, l’espressione della proteina, in cellule microgliali, va
incontro ad un significativo incremento in risposta alla stimolazione con il frammento 25-35
della β-amiloide per 24 ore.
A
B
Fig.
2
La
stimolazione di
cellule
microgliali con
β–amiloide
aumenta
l’espressione di
CLIC1.
Espressione
di
CLIC1 in cellule
microgliali
di
ratto in coltura
(a) e in celule
BV-2
(b)
stimolate per 24
ore con 1µg/ml
LPS, 100 ng/ ml
bFGF o 30 µM βamiloide 25-35.
Per confermare che la β-amiloide fosse in grado di aumentare l’espressione di CLIC1 nelle
cellule microgliali, si é analizzata l’espressione della proteina in cellule stimolate per 24 e 48
ore con il peptide Aβ1-42, il peptide presente nelle placche osservate nei pazienti di Alzheimer.
In queste condizioni, come per il trattamento con Aβ25-35, l’espressione di CLIC1 aumenta
sensibilmente in seguito al trattamento (Figura 3).
46
Fig 3. Il trattamento con β-amiloide stimola l’espressione di CLIC1. Analisi dell’
espressione di CLIC1 durante trattamento con β-amiloide 25-35, 30 µM, per 24 o 48 ore o
dopo trattamento di 48 ore con amiloide 1-42, 20 µM.
L´analisi densitometrica dei western blots conferma un aumento di proteina, di 2-3 volte, in
seguito a trattamento delle cellule microgliali con β-amiloide per 24 o 48 ore rispettivamente.
Al contrario LPS e bFGF non sono in grado di aumentare la quantitá di proteina espressa.
Nell’analisi densitometrica la quantita’ di β-tubulina é stata utilizzata per normalizzare i
risultati.
La sostanziale concordanza fra i risultati degli esperimenti condotti con il peptide 1-42 o con
il frammento 25-35 dell´amiloide (Meda et al. 1995) ci ha permesso di eseguire la
maggioranza degli esperimenti successivi con il solo frammento 25-35, considerata la
maggiore facilita’ di preparazione di questo peptide.
La β-amiloide regola l´espressione dell´RNA messaggero di CLIC1.
Per studiare i livelli di mRNA di CLIC1 in cellule stimolate si è utilizzata la tecnica dell’ RTPCR (Real Time Polymerase Chain Reaction).
Si è assodato, mediante questa tecnica, che oltre ad i livelli d’espressione proteica anche i
livelli di RNA messaggero di CLIC1 aumentano, in cellule BV-2, in risposta alla stimolazione
con amiloide (Figura 4).
47
Fig 4. L’ RNA messaggero di CLIC1 aumenta in risposta alla stimolazione con Aβ25-35.
Cellule BV-2 sono state stimolate per 4, 8 e 12 ore con Aβ25-35, 30 µM (Ab) o incubate in
assenza di amiloide (NT). La quantita´ di RNA è stata analizzata mediante Real Time PCR.
Per ogni condizione sono stati preparati tre campioni indipendenti e l’esperimento é stato
ripetuto 3 volte con risultati simili. I dati sono stati normalizzati mediante analisi
dell´espressione del gene HPRT.
Mediante questi esperimenti si è concluso che l’RNA messaggero di CLIC1 viene regolato
positivamente gia´ dopo 4 ore di stimolazione con Aβ25-35, rispetto a cellule non trattate,
incremento ancor piu’ significativo dopo 8 ore di trattamento. La mancanza di una differenza
di espressione dell´RNA messaggero dopo 12 ore di stimolazione è stata interpretata come
effetto della durata del ciclo di divisione della linea cellulare usata.
Cellule microgliali attivate con amiloide aumentano l’espressione della proteina CLIC1
nella membrana plasmatica
Considerato che CLIC1 è una proteina associata alla superficie cellulare, si è voluto
determinare se l’incremento d’espressione di CLIC1, in risposta alla stimolazione con βamiloide, fosse seguito da un aumento della quantità di proteina inserita nella membrana
plasmatica utilizzando la tecnica di biotinilizzazione.
Attraverso questa metodica é possibile marcare con la biotina le proteine inserite nella
membrana plasmatica che possiedono un dominio extracellulare. Le proteine marcate sono
48
precipitate mediante l’interazione fra la biotina ed una resina, l’avidina, ed infine separate per
elettroforesi.
Cellule BV-2 non stimolate o stimolate con β-amiloide o bFGF sono state utilizzate per
questo esperimento.
Controllo
Fig 5. L’espressione di CLIC1 nella membrana plasmatica aumenta in seguito al
trattamento con β-amiloide. Cellule BV-2 non stimolate o trattate con β-amioloide 25-35 (30
µM) o bFGF(100 ng/ml) per48 ore sono state sottoposte alla procedura di biotilizzazione e
CLIC-1 visualizzata tramite immunoblot. Nella figura e’ rappresentata la banda
corrispondente a CLIC-1, nelle diverse condizioni, presente nel lisato totale (T), sulla
superficie (S) o intracellularmente (I).
I risultati riportati in Figura 5 mostrano che la stimolazione delle cellule microgliali con Αβ2535,
che induce un aumento d’espressione di CLIC-1, é associata ad un aumento della stessa
proteina inserita nella membrana plasmatica.
49
La microglia mostra correnti ioniche sulla membrana plasmatica caratteristiche di CLIC1
CLIC1 è presente nelle cellule microgliali e, benché in minor proporzione rispetto alla
proteina intracellulare, sulla superficie cellulare. Sono stati eseguiti percio´ esperimenti di
patch clamp, in configurazione di cell-attacched, sia con cellule microgliali di ratto che cellule
BV-2.
Registrazioni di un singolo canale con le caratteristiche biofisiche di CLIC1 sono state
registrate in cellule microgliali non attivate.
Nella figura 6 sono riportate tracce di corrente, registrate a diversi potenziali, ottenute nei due
diversi tipi cellulari utilizzati nel corso dei nostri esperimenti.
Il tempo medio d’apertura, del canale registrato, in cellule microgliali e cellule BV-2
(rispettivamente 4.2 +- 0.12 e 4.5 +- 0.3 ms) e la probabilita’ di apertura (0.24 +- 0.6 e 0.27 +0.4) al potenziale di membrana di -5 mV corrispondono perfettamente con le caratteristiche
cinetiche del canale caratterizzato in cellule CHO trasfettate con CLIC1 (Tonini et al.) Il
valore di conduttanza del singolo canale, 7.14 ± 0.03 e 6.39 ± 0.018 pS, ed il potenziale di
inversione -81 e – 85 mV, rispettivamente per la microglia primaria e le cellule BV-2, sono in
completo accordo con i dati precedentemente ottenuti per questo canale ionico.
50
Fig 6. Singolo canale
CLIC1 associato in cellule
microgliali primarie e in
cellule
BV-2.
(a)Registrazioni di singolo
canale in cellule microgliali
ed in BV-2 a tre diversi
potenziali
di
membrana.(b)Relazione
corrente voltaggio calcolata
da 5000 ms di registrazioni
per ogni singolo potenziale
considerato
in
cellule
microgliali (
) e BV-2
( ). La barra di errore e’
stata omessa nel caso fosse
piu’ piccola del simbolo.
b
Nell’introduzione si è descritto come il flusso di ioni, attraverso un canale ionico, dipenda dal
gradiente elettrochimico dello ione che fluisce attraverso il poro. Poiché CLIC1, secondo i
dati ottenuti in precedenza e secondo la sua omologia di sequenza con altri canali ionici, é un
canale cloro dipendente si é voluto verificare che il canale registrato nelle cellule microgliali
avesse questa proprieta’.
Sono stati eseguiti esperimenti di patch clamp in configurazione di cell-attacched utilizzando
come soluzione, all’interno della pipetta di registrazione, diverse concentrazioni di Cl-,
dimostrando la dipendenza da cloro del canale registrato.
Nella Figura 7 sono mostrate le registrazioni di singolo canale per due concentrazioni di cloro
in pipetta (60 e 30 mM), una terza concentrazione di cloro, 145 mM, e’ stata utilizzata negli
esperimenti precedentemente riportati (Figura 6). Nel pannello in basso della Figura 7, sono
mostrate le tre relazioni correnti-voltaggio.
51
Le conduttanze del canale ionico sono in queste condizioni di 6.27 ± 0.03 e 6.05 ± 0.05 pS ed
i tempi medi di apertura di 4.3 ± 0.2 e di 4.7 ± 0.4 ms
Come si puo’ osservare i potenziali d’inversioni, rispettivamente per 60 e 30 mM di cloro
nella soluzione in contatto con l’ elettrodo, sono di -58 e -38 mV.
Questa variazione del potenziale d’inversione varia in accordo con l’equazione di
Fig 7. Dipendenza dal cloro di
CLIC1 nella microglia.
Registrazioni di singolo canale con
60 mM (in alto a sinistra) e 30 mM
(in alto a destra) di cloro nella
pipetta di registrazione. In basso
sono rappresentate le curve
corrente-voltaggio in presenza di
149.5 mM ( ), 60 mM ( ) e 30
mM ( ) di cloro in pipetta. La
barra di errore e’ stata omessa nel
caso fosse piu’ piccola del simbolo
Nernst dimostrando la dipendenza di cloro del canale registrato.
La probabilita’ di apertura di CLIC1 aumenta in risposta a stimolazione con amiloide
In seguito all’analisi delle proprietá biofisiche del canale ionico, CLIC1 associato, nelle
cellule microgliali non stimolate, si sono volute studiare le caratteristiche biofisiche del flusso
ionico mediato da CLIC1 in cellule BV-2 in seguito a stimolazione con β-amiloide.
In cellule stimolate si ha un rilevante aumento della probabilita’ e del tempo medio di apertura
del canale.
Nella Figura 8 sono rappresentati i dati ottenuti da registrazioni di singolo canale in
52
Fig. 8 La stimolazione con A altera
l´attivita´di singolo canale in cellule
BV-2.(a), Tracce di corrente registrate
in cellule BV-2 non trattate (sinistra) e
cellule stimolate con 30 µM A per 24
hr (destra) al potenziale di membrana
+20 mV. (b), CLIC1 mostra un
allungamento dei tempi medi di
apertura ( o) in seguito a trattamento
con
A
treatment
(destra)
paragonatocon cellule non trattate
(sinsitra). La medie calcolate sono o
= 4.3 msec, per 273 aperture in cellule
di controllo; o = 10.4 msec, 537
aperture in cellule trattate.
cellule BV-2 prima e dopo stimolazione con amiloide per 24 ore.
Al potenziale di membrana di -20mV la probabilità’ di apertura (NP0) aumenta da 0.22 ± 0.08
a 0.48 ± 0.11 (n=6) e il tempo medio di apertura da 4.9 ± 0.8 a 12.7 ± 2.7 msec (n=6). La
stimolazione con amiloide non cambia invece la conduttanza del canale.
Per verificare che quest’attivita’ fosse associata a CLIC1 si sono fatti esperimenti di patch
clamp nella configurazione di outside-out, come descritto nei materiali e metodi, in modo da
poter utilizzare IAA-94, inibitore della corrente CLIC1 associata (Valenzuela et al..)
Nella Figura 9 é riportato l’effetto di IAA-94 sul canale registrato. Le proprieta’ del canale
sono corrispondenti a quelle in precedenza mostrate in cellule CHO trasfettate (Tonini et al).
IAA-94 é stata perfusa, dopo alcuni minuti di registrazione del canale, alla concentrazione
finale di 10 µM, concentrazione alla quale l’inibitore risulta essere specifico per CLIC1.
53
Fig 9 Outside-out CLIC1 single-channel.
Tracce di singolo canale in configurazione
di Outside-Out in cellule BV-2 di controllo
o stimolate e blocco di 10 µM IAA-94 d,
Relazione
corrente-voltaggio
della
corrente di CLIC1 in configurazione di
outside-out. La conduttanza calcolata é di
8.63 ± 0.015 pS ed il potenziale di
inversione -63 mV.
In questa configurazione di patch clamp, inoltre, é possibile calcolare in modo certo il
potenziale di inversione di un canale ionico, avendo la proteina esposta, sia nel dominio
“intracellulare” che quello extracellulare, a soluzioni a concentrazione nota. In queste
condizioni il potenziale d’inversione ottenuto per il canale é di – 63 mV esattamente
corrispondente al potenziale calcolato
secondo l’ equazione di Nernst considerando le
concentrazioni di cloro utilizzate (materiali e metodi).
La probabilita’ di registrare la corrente associata a CLIC1, aumenta considerevolmente dopo
stimolazione con amiloide e mai in conseguenza al trattamento con LPS o bFGF, Figura 10, in
accordo con gli esperimenti di biotinilizzazione condotti nelle stesse condizioni.
54
Fig 10. La stimolazione con A 25-35 aumenta la probabilita´ di registrare la corrente di
singolo canale di CLIC1. Istogramma della probabilita ´di osservare un singolo canale,
CLIC1 associato, in cellule di controllo (CTRL), stimolate con A 25-35, 30 µM, LPS, 1 µg/ml o
bFGF, 100 ng/ml.
Il blocco specifico di CLIC1 inibisce la proliferazione in cellule microgliali stimolate con
amiloide.
La stimolazione di cellule microgliali induce una serie di cambiamenti morfologici e stimola
sia la fagocitosi sia la proliferazione cellulare.
Diversi dati di letteratura (Schlichter et al; Edere et al) mostrano che la proliferazione
microgliale è dipendente, secondo meccanismi ancora poco chiari, da attivita’ ioniche.
Per valutare un eventuale rapporto fra l’aumento d’espressione di CLIC1, in risposta alla
stimolazione con amiloide, e la proliferazione cellulare si sono eseguiti esperimenti di conta
cellulare in diverse condizioni.
Si è deciso di utilizzare IAA-94 in cellule stimolate per vedere se questo fosse in grado di
inibire la crescita cellulare di cellule microgliali stimolate.
Nella Figura 11 sono riportati i grafici delle conte cellulari effettuate con cellule BV-2 e
cellule microgliali in coltura.
55
Fig 11. Effetto di IAA-94 sulla proliferazione cellulare indotta da Aβ e bFGF. Cellule BV-2
sono state trattate con 30 µM Aβ 25-35 (a) o con 100 ng/ml di bFGF (b) in combinazione o
meno con IAA-94 (30 µM). Curve di crescita per cellule trattate con IAA-94 da solo sono
mostrate in c. Nella parte inferiore della figura sono riportate invece le curve ottenute con
cellule microgliali di ratto stimolate con Aβ25-35 (30 µM) in presenza o meno di IAA-94 (d)o
con bFGF, 100ng/ml,(e). Come indicato le conte sono avvenute dopo 24 e 48 ore dal
momento della stimolazione.
L´aumento del numero di cellule nelle culture stimolate con amiloide é significativo gia’
dopo 24 ore dall´inizio della stimolazione. La presenza di IAA-94, 30 µM, nel terreno di
coltura induce invece un rallentamento della crescita, mostrando un andamento simile a quello
di cellule non stimolate. La crescita osservata in presenza del bFGF, al contrario, non é in
alcun modo inibita dallo specifico blocco di CLIC1.
Considerata la variabilita’ delle curve di crescita, nel grafico si sono riportati i valori ottenuti
in un solo esperimento, altre 4 prove eseguite nelle stesse condizioni hanno mostrato lo stesso
andamento.
56
Il blocco di CLIC1 inibisce la neurotossicita’ indotta da cellule microgliali stimolate con
amiloide.
Si é esaminata la sopravvivenza neuronale in coltura con cellule microgliali stimolate con Aβ
in presenza o meno di IAA-94.
Per eseguire questa misurazione si sono utilizzati due diversi modelli sperimentali. Nel primo
caso si sono realizzate semplici co-colture di neuroni e microglia, in cui le cellule microgliali
sono state trasferite nel supporto di coltura di neuroni gia’ piastrati. Nel secondo modello
sperimentale i neuroni sono stati posti, utilizzando un adatto supporto, nello stesso mezzo di
coltura delle cellule microgliali ma non in diretto contatto con esse. In questo modo si è
potuto escludere il ruolo della tossicita’ dovuta al contatto diretto fra i due tipi cellulari e fra
neuroni ed amiloide.
Nella Figura 12 è mostrata la sopravvivenza di neuroni in coltura, determinata mediante
uptake ed idrolisi del diacetato dio fluoresceina a seguito di 24 h di stimolazione con amiloide
in presenza o meno di IAA-94.
Cellule vive eccitate con luce blu appaiono in verde, mentre cellule in apoptosi emettono
fluorescenza a circa 560 nm, visualizzate percio’ in rosso.
57
Fig. 12. Il blocco di CLIC1 protegge i neuroni dalla tossicita’ microgliale indotta da βamiloide. Nella figura sono riportate delle immagini rappresentative di co-culture microglianeuroni in diverse condizioni. La vialita’ cellulare e’ stata determinata attraverso il metodo
dell’idrolisi della fluoresceina diacetato che porta ad un emissione visibile nel campo del
rosso nel caso in cui le cellule siano morte.
Le prime due immagini mostrano la vitalita’ in culture di soli neuroni (N) o di neuroni e
microglia (NM). Le immagini seguenti invece sono prese da co-colture in presenza di Aβ 2535 con o senza IAA-94 o con IAA-94 in assenza di amiloide. Nell’istogramma sono riportati i
valori percentuali (p<0,001, secondo t-test).
58
La presenza del mezzo di coltura dell’amiloide porta ad un visibile aumento della morte
cellulare ma IAA-94 protegge le cellule dall´azione tossica mediata dall´amiloide. IAA-94, da
sola nel mezzo di coltura, non sembra invece avere alcun effetto (p<0,001)
.
Nel secondo modello sperimentale, i neuroni sono a contatto con il solo mezzo di coltura ed in
nessun modo con le cellule microgliali. Inoltre gli aggregati di amiloide sono stati piastrati
prima dell’aggiunta dei coprioggetto con i neuroni, pertanto il peptide aggregato ha il tempo
di sedimentare sul fondo della piastra di coltura evitando un contatto diretto fra i neuroni ed il
peptide.
Al termine dell’esperimento, le colture neuronali co-coltivate con la microglia trattata con
beta amiloide sono state trattate con il. metodo d’analisi il TUNEL. Le cellule positive,
ovvero in apoptosi, risultano avere un nucleo intensamente scuro, adifferenza di quelle vive,
non colorate.
Nella figura 13 sono riportate delle immagini rappresentative e le percentuali ottenute
attraverso le conte delle cellule positive al TUNEL. IAA-94 è in grado di proteggere
dall’aumento di apoptosi indotto dalla beta amiloide
59
Fig 13 IAA94 protegge dell’apoptosi indotta da Aβ. Le microfotografie corrispondono,
nell’ordine a coltura di neuroni ippocampali non trattate, colture trattate con Aβ 25-35, con Aβ
35-25, 30 mM e con Aβ+ΙΑΑ94 I nuclei positivi al TUNELrappresentano neuroni apoptotici.
L’aumento di apoptosi osservato dopo stimolazione con Aβ 25-35 è contrastata da IAA-94.
L’istogramma riporta le medie con l’errore standard dei valori di apoptosi, espressi come
percentuale di cellule apoptotiche, calcolate su 3 espermenti indipendenti. P<0.05, secondo
il test di Wilcoxon.
.
La potenziale tossicita’ della microglia é dovuta alla produzione di una serie di molecole
tipiche dei processi infiammatori. Queste molecole sono rilasciate nell’ambiente
extracellulare dalle cellule microgliali stimolate.
Si è voluto, pertanto, fare una misurazione diretta delle molecole piu’ tipicamente coinvolte in
questi processi.
60
E’ riportato in letteratura (Meda et al.) che cellule microgliali in coltura stimolate da amiloide
rilasciano TNF-α e NO.
Si sono eseguiti saggi colorimetrici per determinare la quantita’ di queste due molecole nel
mezzo di coltura di cellule di controllo e cellule stimolate con amiloide in presenza o meno di
IAA-94.
La stimolazione di cellule microgliali con il peptide Aβ25-35 induce un significativo
incremento della quantita’ di entrambe le molecole, Figura 14. IAA-94 abolisce
completamente l´incremento di questi fattori diffusibili in colture trattate con Aβ.
Fig 14. IAA94 inibisce la
produzione di TNF-a e NO
indotte da b-amiloide.
Culture miste di neuroni e
microglia sono state trattate
per 24 ore con di Aβ 25-35
(30 mM) da sola o in
combinazione con di IAA94
(30 mM). Il mezzo di coltura
è’ stato prelevato dopo 24 ore
e analizzato per la presenza di
TNF−α (a)e NO (b). Per
l’analisi statistica si e’
p<0.001 rispetto il controllo.
Gli
istogrammi
mostrati
indicano la media e l’errore
standard
Si puo’ sostenere, quindi, che l’azione neurotossica delle cellule microgliali stimolate con
amiloide mediata da fattori solubili, quali TNF-α e NO, sia totalmente abolita da IAA-94.
L’RNA interference per CLIC1 blocca totalmente la produzione di TNF alfa stimolata da
amioloide
Benche’ negli esperimenti precedenti siano sempre state usate concentrazioni di IAA-94
specifiche per il blocco dell’attivita’ ionica di CLIC1, si é voluto portare una definitiva
dimostrazione del coinvolgimento di CLIC1 nella risposta microgliale silenziando
l´espressione di questa proteina mediante small interferening RNAs.
61
L’RNA intereference é il processo tramite il quale un piccolo RNA a doppia filamento
inibisce l’espressione di un gene specifico attraverso la degradazione del rispettivo RNA
messaggero.
Il silenziamento genico che si ottiene con questa tecnica è altamente specifico e si basa sulla
sequenza scelta per RNA a doppio filamento di cui si induce la produzione. La degradazione
dell´mRNA é effettuata da un complesso enzimatico chiamato RNA-induced silencing
complex, noto come RISC. L’RNA a doppio filamento viene “inserito” nelle cellule tramite
un adatto vettore (ref.materiali e metodi) e viene processato dal complesso RISC per formare
piccoli frammenti (21 nucleotidi) di RNA. Questi piccoli RNA dirigono il complesso RISC ad
uno specifico target genetico che è quindi riconosciuto e degradato.
Scegliendo delle sequenze specifiche per CLIC1 si é ottenuto il silenziamento
dell’espressione del canale ionico a livello post-trascrizionale.
Per questo esperimento si è scelto di disegnare diverse sequenze per CLIC1 cosí da poter
identificare ed utilizzare la sequenza piu´ efficace.
48 ore dopo la trasfezione con il vettore d’espressione per il piccolo RNA interferente si é
analizzata l’efficienza del silenziamento mediante western blot.
Nella Figura 15 sono mostrati i dati riguardanti due delle sequenze scelte per il silenziamento.
Fra questi due la sequenza indicata come siRNA B é quella che in due esperimenti separati ha
mostrato la maggiore capacita’ di silenziamento di CLIC1.
Fig 15 L’espressione di
CLIC1 e’ inibita dallo small
RNA interference. Cellule
BV-2 sono state trasfettate
con il vettore con la sequenza
di RNA scelta. Dopo 48 ore
dalla trsfezione le cellule sono
state lisate edle proteine
separate per elettroforesi. Nel
western blot la tubulina e’
stata
utilizzata
come
f
Per gli esperimenti mostrati di seguito si è quindi utilizzato solo questo vettore.
Saggi colorimetrici per il TNF-α ed i nitriti mostrano che lo specifico Knock-down di CLIC1,
inibisce la produzione delle due molecole solubili prodotte da cellule stimolate con amiloide
(Figura 16).
62
Fig 16. Lo RNA interference inibisce la produzione di TNF-a indotta da stimolazione con
Aβ. Dopo 48 ore dalla trasfezione con il piccole RNA cellule BV- 2 sono state stimolate con
Aβ 25-35. Dopo 24 h il surnantante é stato raccolto ed il TNF-a mediante saggio ELISA.
.
IAA-94 blocca la fagocitosi di amiloide in cellule microgliali in coltura
Considerato che CLIC1 interviene durante la risposta alla stimolazione con amiloide e che la
stessa induce non solo la produzione di fattori neurotossici, ma anche la fagocitosi del
peptide, si è voluto esaminare come il blocco di CLIC1 intervenga su questo secondo
processo.
Cellule microgliali di ratto sono state attivate con Aβ1-42 per 1 ora in presenza o meno di IAA94. Terminato il tempo di incubazione le cellule sono state fissate con PFA 4% ,
permeabilizzate e trattate con anticorpo contro il peptide dell´amiloide.
Nel citoplasma, delle cellule trattate con amiloide, si possono osservare diverse zone positive
per l’anticorpo (Figura 17).
Cellule pre-incubate con IAA-94 per 30 minuti, al contrario, non presentano la stessa
immunoreattivita´ (Figura 18).
63
a
a
Fig
17.
Amiloide
fagocitata dalle cellule
microgliali. La microglia
é stata piastrata su
coprioggetto polilisinati.
24 ore dopo le cellule
sono state incubate con
Aβ1-42 10 µM (Aβ) o meno
per 1 ora a 37 °C. I
campioni sono stati quindi
fissati con PFA 4%,
permeabilizzati (a) ed
incubati con anticorpo
monoclonale contro il
peptide
1-42
dell’amiloide.
Un
anticorpo secondario antitopo, coniugato con il
TRITC, e’ stato utilizzato
per
visualizzare
l’anticorpo
primario.
Cellule
non
permeabilizzate (b) sono
state usate come controllo.
Le
frecce
indicano
l’amiloide intracellulare
NT
Aβ
b
NT
Aβ
64
NT
Aβ
Aβ + ΙΑΑ94
Fig 18. IAA-94 inibisce la fagocitosi dell’amiloide. La microglia é stata piastrata e dopo 24
ore trattata con amiloide 1-42 10 µM (Aβ) o con amiloide e IAA-94 10 µM (Ab+IAA94).
Cellule non trattate (NT) rappresentano il controllo. Dopo incubazione di un ora le cellule
sono state fissate, permeabilizzate e trattate con anticorpo contro l’amiloide.
L´ossidazione induce l´espressione di CLIC1 sulla superfice cellulare
I dati presentati fino a questo punto dimostrano con chiarezza che CLIC1 svolge, in vitro, un
ruolo importante nell’attivazione microgliale indotta da amiloide.
L’analisi di CLIC1 ha mostrato una rilevante omologia di struttura con la classe omega della
famiglia delle GST. Inoltre si é osservata la conservazione di amminoacidi essenziali per il
legame con il GSH e si considera la possibilita’ che un cambiamento conformazionale della
proteina possa essere indotto dallo stato di ossidazione del citoplasma.
Molecole che ossidano il citoplasma come NO e H2O2 potrebbero essere in grado di fare
esporre un dominio altamente idrofobico della proteina e di indurla pertanto all’inserzione
nella membrana plasmatica.
L’amiloide induce la produzione di fattori ossidativi ed aumenta l´espressione della proteina
sulla superficie cellulare.
Per chiarire alcuni meccanismi, alla base di questo processo, cellule BV-2 sono state
transientemente trasfettate con un vettore d’espressione per la proteina CLIC1 fusa alla GFP.
In queste condizioni le cellule sono state sottoposte a diversi trattamenti ed osservate al
microscopio confocale.
Cellule trattate con acqua ossigenata, 10 µM, per 10 minuti mostrano un aumento della
espressione di CLIC1-GFP inserita nella membrana plasmatica rispettto a cellule non trattate
(Figura 19).
65
Fig 19. L’ossidazione aumenta la densita’ di CLIC1 nella membrana plasmatica. Cellule
BV-2 sono state trasfettate con CLIC1-GFP. 36 ore dopo la trasfezione le cellule sono state
trattate con H2O2, 10 µM, (b,c), con tBOOH, 500 µM,(d) o con terreno in assenza di H2O2 (a)
per 10 minuti a 37 °C.
Nella Figura 19d é mostrato l´effetto di un altro agente ossidante, il tBOOH, utilizzato per
verificare che il fenomeno osservato non fosse specifico per l`H2O2.
Per accertarsi che l´effetto non fosse dovuto ad un cambiamento di forma o di volume, dovuto
al trattamento con H2O2, si sono controllate queste due caratteristiche utilizzando il marcatore
della membrana plasmatica DiO e la falloidina coniugata al FITC (marcando cosi´ i filamenti
di actina).
In Figura 20 sono mostrate delle immagini di cellule di controllo e cellule trattate con H2O2.
Fig 20 Dimensioni e forma delle BV-2 non cambiano in seguito al trattamento con H2O2.
Cellule BV-2 trasfettate con CLIC-GFP sono state trattate con H2O2, 10 µM, (b,d) o meno
(a,c) per 10 minuti a 37 °C. Terminata l´incubazione, le cellule sono state lavate con PBS a 4
°C, fissate con PFA (a,b)e trattate con falloidina coniugatoa al FITC.(c,d) Le cellule al
termine del trattamento sono state lavate ed incubate con DiO 1µg/µl per 5 minuti a 37 °C,
lavate con PBS e fissate con 4% PFA.
Da questa analisi si puo´ dedurre che né cambiamenti di forma né di volume siano
significativi con i trattamenti utilizzati.
La marcatura per il doppio strato lipidico, inoltre, colocalizza con CLIC1 in cellule BV-2 a
seguito
del
trattamento
con
H2O2
(Figura
66
21).
Fig 21 Colocalizzazione di CLIC1 con la membrana plasmatica. Cellule BV-2 trasfettate
con CLIC1-GFP sono state incubate con H2O2, 10µM, per 10 minuti a 37 °C. Terminato il
trattamento le cellule sono state lavate con PBS a 4 °C ed incubate con DiO per 10 minuti. Le
cellule sono state infine fissate con 4% PFA.
Cellule mcirogliali sono state sottoposte allo stesso trattamento per osservare quale fosse
l´effetto sulla proteina endogena.
Per verificare che l´anticorpo utilizzato per il riconoscimento di CLIC1 fosse specifico per la
proteina e che si potesse utilizzare in cellule in coltura si sono utilizzati come controllo
campioni di cellule marcate con l´anticorpo precedentemente adsorbito con la proteina
ricombinante. In questo modo l´anticorpo specifico per CLIC1 rimane legato alla proteina
ricombinante e non ha modo di reagire con la proteina presente nelle cellule. Il segnale
ottenuto in queste condizioni è quello dovuto a legami non specifici dell´anticorpo.
Fig. 22 Localizzazione di CLIC1 in cellule microgliali in coltura. Le cellule microgliali sono
state fissate con 4% PFA, permeabilizzate ed incubate con anticorpo per CLIC1 (pannello di
destra) o con l´anticorpo precedentemente incubato con la proteina ricombinante (pannello
di sinistra). Le cellule sono state infine incubate con anticorpo secondario coniugato al FITC.
Da questi esperimenti si è valutato che il segnale non specifico ottenuto, nelle nostre
condizioni sperimentali, fosse trascurabile (Figura 22).
67
Si puo´osservare (Figura 22) che la localizzazione della proteina endogena è prettamente
citoplasmatica e perinucleare, solo una piccola frazione è localizzata nella membrana
plasmatica.
Si è quindi ripetuto il trattamento con H2O2 nelle cellule microgliali. Al termine
dell´incubazione con acqua ossigenata le cellule sono state lavate con PBS a 4 °C e fissate con
4% PFA.
In queste condizioni non si è osservata alcun aumento di marcatura per CLIC1 sulla
membrana plasmatica ma un aumento generale della positivita´ per l´anticorpo (Figura 23).
L´analisi statistica dell´intensita´ di fluorescenza di 20 campi appartenenti a 5 esperimenti
indipendenti è mostrata in Figura 23 (pannello in basso).
In figura 23 c-d sono mostrate le immagini acquisite in cellle microgliali di controllo o trattate
ma esposte solo all´anticorpo secondario per assicurarsi che l´effetto non fosse dovuto a
questo anticorpo.
Fig 23. Il trattamento con H2O2 aumenta
l´intensita´ di fluorescenza in cellule
microgliali. Cellule microgliali sono state
piastrate su vetrini da microscopio e dopo
24 ore trattate con H2O2, 10µM (b,d) o con
il solo terreno (a,c) per 10 minuti a 37 C.
le cellule sono state quindi fissate con 4%
PFA a 4 C, permeabilizzate ed incubate
con anticorpo primario contro CLIC1(a,b)
o con solo anticorpo secondario coniugato
al FITC (c,d). L´analisi statistica riportata
in basso mostra l´intensita´di fluorescenza
in campi selezionati manualmente di 5
esperimenti indipendenti in cellule non
trattate (nero) o incubate con H2O2 (rosso)
L´analisi dell´intensita´ riportata in Figura 23 mostra una differenza altamente significativa fra
cellule trattate o meno.
68
Per verificare che il dato ottenuto mediante microscopia confocale non fosse un artefatto
dovuto alla metodica si sono analizzate cellule di controllo o trattate con acqua ossigenata
utilizzando il FACS (Fluorescence Activated Cell Sorting).
Mediante questa metodologia si sono separate e contate le cellule in base all´intensita´ di
fluorescenza.
Anche in questo caso, come si puo´ osservare (Figura 24), vi è una differenza significativa in
intensita´ di fluorescenza tra cellule trattate con H2O2 per 10 minuti e cellule trattate per soli
5 minuti o incubate con terreno di coltura. Le dimensioni delle cellule trattate invece non
divergono da quelle delle cellule di controllo.
Fig 24. L´intensita´ di fluorescienza e dimensioni di popolazioni di cellule trattate con
H2O2. Cellule microgliali sono state piastrate e 24 ore dopo trattate con H2O2 per 5 o 10
minuti o incubate con terreno di coltura (controllo). Le cellule sono state quindi staccate,
fissate e permeabilizzate in sospensione. Sono state quindi incubate con anticorpo primario
per CLIC1 e con anticorpo secondario coniugato al FITC.
Per capire se il trattamento utilizzato avesse un effetto diretto sulla conformazione della
proteina che quindi potesse essere piu´ sensibile al legame con l´anticorpo policlonale
utilizzato si sono realizzati esperimenti con la proteina ricombinante trattata o meno con
acqua ossigenata e posta su una membrana di nitrocellulosa (dot blot)(Figura 25).
69
Fig 25. CLIC1 trattato con H2O2 è
piu´sensibile al legame con
l´anticorpo
anti-CLIC1.
La
proteina ricombinante incubata con
H2O2, 10µM per 5 minuti (3,4) o
meno (1,2) è stata posta su
membrana di nitrocellulosa ed
incubata con anticorpo primario
contro CLIC1 e con anticorpo
secondario
coniugato
alla
peroxidase.
I risultati ottenuti mediante questa metodica mostrano che quantita´ uguali di proteina
ricombinante ma trattate o meno con H2O2,
presentano una diversa capacitá di essere
riconosciuta dall´anticorpo policlonale da noi utilizzato.
Si è valutata quindi l´ipotesi che l´H2O2 inducesse modificazioni postisintetiche di CLIC1 ma
i dati ottenuti mediante spettroscopia di massa non sono stati sufficienti per chiarire quali
possano essere tali modificazioni.
Mediante immunocitochimica non è stato pertanto possibile osservare uno spostamento del
canale ionico sulla membrana plasmatica in cellule microgliali. L´attivazione del canale
ionico sulla membrana plasmatica in seguito ad ossidazione delle cellule micorgliali è stato
pero´ osservato mediante esperimenti di elettrofisiologia in configurazione di whole cell
(Figura 26).
70
Fig. 26 L´ossidazione del citoplasma induce la corrente CLIC1 associata. Cellule
microgliali sono state piastrate in Petri da 35 mm e 24 ore dopo utilizzate per la registrazione
di correnti in configurazione di patch perforato. Le cellule sono state perfuse con H2O2, 10
µM, tBOOH, 500 µM o con Ab,10 µM (frecce). Le correnti sono state bloccate con IAA-94,,
DIDS o Bario.
IL trattamento con amiloide ha come conseguenza lo stesso effetto di ossidazione del
citoplasma che hanno agenti ossidanti come H2O2 e tBOOH.
In condizioni fisiologiche il rapporto GSH:GSSG nel citoplasma è di circa 300:1. Se si misura
la quantita´ di GSH in cellule di controllo ed in cellule trattate con tBOOH o con amiloide si
puo´ osservare, in seguito all´ossidazione dell´ambiente un cambiamento di questo rapporto,
come riportato in Figura 27.
71
Fig 27. Il rapporto GSH-GSSG cambia
drasticamente in seguito a trattamento con
tBOOH o amiloide in cellule microgliali.
Cellule microgliali sono state piastrate e dopo
24 ore trattate con Ab, 30µM per 24 ore o con
tBOOH, 500 µM, per 10 minuti. I campioni
sono stati quindi lisati e il rapporto GSHGSSG
misurato
(Dati
ottenuti
in
collaborazione con il dipartimento di
Biochimica, Universita´ La Sapienza, ) .
Benche´ non sia stato possibile osservare lo spostamento della proteina sulla membrana
plasmatica mediante immunocitochimica in cellule microgliali, incubate con agenti ossidanti,
a causa dell´aumento della fluorescenza, si sono condotti esperimenti nei quali si è bloccata la
sintesi proteica ed analizzata la localizzazione della proteina mediante immunocitochimica in
cellule stimolate con amiloide.
In cellule incubate per 8 ore con amiloide e cicloesimide è stato possibile visualizzare e
quantificare lo spostamento della proteina sulla membrana plasmatica. In figura 28 sono
riportati i profili d’intensitá di fluorescenza di una cellula di controllo e di una incubata con
amiloide.
Si puo´ osservare che benche´ la sintesi proteica sia stata completamente abolita in queste
cellule l´amiloide induce di per se lo stesso spostamento osservato in seguito ad il trattamento
con H2O2.
Fig 28. L´amiloide induce lo spostamento di CLIC1 sulla membrana plasmatica. Cellule
BV2 trasfettate con CLIC1-GFP sono state incubate per 6 ore con Ab 25-35 e cicloesimide
(rosso) o solo con la cicloesimide (nero). Le cellule sono state in seguito lavate in PBS e
72
fissate con 4% PFA. Le immagini acquisite mediante microscopio confocale sono state
analizzate mediante un programma automatizzato. Sono state scelte cellule di dimensioni
simile e l´intensitá di fluorescenza è stata misurata lungo il loro diametro (pixel).
Poiche´ negli esperimenti mostrati in precedenza si è dimostrato l´effetto dell´ossidazione del
mezzo in cui si trovano le cellule essere sufficiente per lo spostamento della proteina e
poiche´ l´amiloide ha esattamente lo stesso effetto di ossidazione si pensa che la l´amiloide
induca lo spostamento della proteina causando l´ossidazione del citoplasma.
73
Una mutazione puntiforme nel putativo dominio transmembrana di CLIC1 cambia le
caratteristiche cinetiche del canale ionico
Come si é discusso nell´introduzione CLIC1 è una proteina particolare paragonata ad
altri canali ionici. E´ molto piccola, 241 amminoacidi, e possiede un solo putativo dominio
transmembrana; inoltre si puó trovare in forma solubile o in forma integrale di membrana.
Benché i dati in letteratura (Valenzuela et al., 1997;Valenzuela et al., 2000;Tonini et al.,
2000;Stephen J.Harrop et al., 2001;Warton et al., 2002;Tulk & Edwards, 1998;Tulk et al.,
2000;Tulk et al., 2002) suggeriscano fortemente che questa proteina sia capace di formare un
canale ionico, queste due caratteristiche possono far pensare a CLIC1 come una semplice
subunitá del canale osservato.
Parallelamente allo studio del ruolo funzionale di CLIC1 si è pertanto portato avanti un
progetto che permettesse di rispondere ancor piu´ chiaramente a questo problema.
Il putativo dominio transmembrana si estende dal residuo 24 al 46. In posizione 29 si trova
uno
dei
due
amminoacidi
carichi
dell´elica,
un´arginina.
La
sostituzione
di
quest’amminoacido, positivo, con un´alanina, non carica, descritta in seguito come mutazione
R29A, ha mostrato un´alterazione nella cinetica di apertura del canale ionico.
Per studiare l´effetto della mutazione si sono registrate correnti di singolo canale o di whole
cell in cellule HEK transfettate transientemente con un vettore d’espressione per la proteina di
controllo o il mutante R29A.
Il vettore pIRES-EGFP è stato usato per questa serie d’esperimenti. Questo plasmide consente
l´espressione di un singolo mRNA da cui viene tradotta la proteina di interesse e l´ EGFP.
L´espressione della GFP è stata utile in questa serie d’esperimenti per individuare le cellule
trasfettate.
In cellule HEK non trasfettate, utilizzate come controllo negativo, non è stata osservata alcuna
corrente con le caratteristiche di CLIC1 (n=36).
Al contrario da cellule HEK trasfettate sono state registrate correnti di singolo canale per
entrambe le proteine, wild type e R29A, con probabilita´, rispettivamente, del 20 e del 16%.
74
Fig 29 Registrazioni di singolo canale in cellule HEK trasfettate transientemente con
CLIC1 wilde type e R29A. Tracce di singolo canale sono mostrate a 4 potenziali diversi da
-25 a +35 mV ogni 20 mV per la proteina wilde type (a) e la proteina R29A (b). Il pannello
C indica la relazione corrente voltaggio per entrambi i costrutti. La media della
conduttanza è di 12.28 ± 0.07 (n=7) per il wilde type (□) e di 13.06 ± 0.8 pS (n=5) per
R29A (о). nel pannello D è mostrata la probabilita´ di apertura in funzione del voltaggio
calcolata da 5 secondi di traccia continua per ogni potenziale.
Tracce di corrente a 4 diversi potenziali di membrane (da -25 a +35 mV ogni 20 mV) sono
mostrate per cellule trasfettate con la versione della proteina wild type o R29A
rispettivamente in Figura 29 a e 29 b.
La conduttanza media dei canali registrati per la proteina wild type (n=7) e R29A (n=5) è di
12.28 ± 0.07 e 13.06 ± 0.8 pS (Figura 29 c), non mostra alcuna differenza significativa.
Al contrario l´analisi della probabilita´ d’apertura ha presentato differenze significative tra la
proteina nativa e l´R29A.
Come si vede in figura 31 d il canale formato dal mutante R29A ha una probabilita´
d’apertura dipendente dal voltaggio, mentre la probabilita´ in funzione del voltaggio della
proteina wild type si comporta in modo rettilineo.
Dalle tracce di corrente, acquisite in configurazione di cell-attacched, si sono analizzati 4
minuti di registrazioni provenienti da 2 esperimenti diversi per calcolare i tempi d’apertura e
di chiusura del canale.
L´analisi delle due costanti è stata effetutata a due potenziali –5 mV e +35 mV per entrambe
le proteine wild type e R29A (Figura 30). Solo nelle tracce registrate a -5 mV si è osservata
una lieve divergenza nei tempi di apertura del canale.
75
Fig30 Costante di tempo di aperture
e di chiusura di CLIC1 wilde type e
del mutante R29A. Nel pannello A e
B sono mostrate le distribuzioni dei
tempi di apertura per ilk wilde type e
per il mutante R29A rispettivamente a
-5 e a +35 mV.
In C sono riportati i valori dei tempi
apertura (a sinistra) e dei tempi di
chiusura (a destra) in funzione del
voltaggio per il wilde type (sinistra) e
per il mutante R29A(destra)
La distribuzione dei tempi d’apertura è stata analizzata come una curva esponenziale e posta
graficamente in scala semi-logaritmica. I valori ottenuti in questo modo sono risultati essere
5.88 ± 0.11 ms e 5.38 ± 0.18 ms a -5 mV e 6.9 ± 0.11 ms e 7.8 ± 0.11 ms a +35 mV . La
differenza a -5 mV non è pertanto altamente significativa.
Al contrario i valori dei tempi di chiusura del canale divergono in modo significativo a bassi
potenziali di membrana (Figura 32 c pannello di destra).
A -5 mV i valori ottenuti da questa analisi sono per la proteina wild type e per l´R29A, 49.2 ±
0.22 ms e 106.6 ± 0.91 ms, rispettivamente. I valori della stessa costante a +35 mV sembrano
converegere nuovamente (30.08 ± 0.72 ms e 36.27 ± 0.34 ms, rispettivamente per il wild type
e R29A).
Cellule HEK transfettate sono state utilizzate per registrare le correnti dovute all´intera
popolazione di canali nella membrana plasmatica in configurazione di patch perforato.
In questa configurazione é possibile bloccare le correnti CLIC1 specifiche, usando IAA-94,
50 µM.
76
Le correnti registrate sono mostrate in Figura 31 nel caso delle cellule trasfettate con il vettore
di
Fig 31 Registrazioni di whole cell in
cellule HEK-CLIC1 wilde type e R29A.
Le correnti IAA-94 sensibili sono
mostrate per CLIC1 wilde type (A) e per
R29A (B).
Nel pannello C sono riportate le
rispettive relazioni correnti voltaggio
espressione per la proteina wild type (a) e per la proteina con la mutazione in posizione 29
(b).
Le tracce mostrate sono relative ad un singolo esperimento e rappresentano la componente
sensibile ad IAA-94.
Le relazioni, corrente-voltaggio, sono mostrate nel pannello c sia per la proteina wild type che
per l´R29A.
Da quest´ultima analisi è risaltata la dipendenza dal voltaggio che si osserva per la proteina
mutata fra i potenziali -30 e +10 mV.
77
DISCUSSIONE
Il Canale di Cloro Intracellulare 1, CLIC1, é stato clonato nel 1996 in un laboratorio
australiano. Il gruppo di ricercatori investigando su geni regolati durante l’attivazione di
cellule macrofagiche scopri’ che l´mRNA di CLIC1 veniva regolato positivamente in
macrofagi umani attivati.
Benché sia stato proposto che CLIC1 abbia un ruolo nella divisione cellulare (Tonini et al.
2000), fino ad ora non sono mai state portate evidenze del suo ruolo fisiologico.
Ancora persiste, inoltre, il dubbio sulla possibilita’ che CLIC1 possa mediare direttamente le
correnti ioniche osservate. Alcuni ritengono, infatti, che la proteina possa essere una subunita’
regolatrice o solo parte del poro che media le correnti cloro dipendenti osservate.
Le caratteristiche delle cellule microgliali, i macrofagi del sistema nervoso centrale, hanno
fornito un ottimo modello di studio per CLIC1.
Queste cellule sono macrofagi, cellule nelle quali é stato clonato CLIC1. La microglia puo´
essere indotta ad attivazione e proliferazione, processo, quest´ultimo, nel quale sembra
coinvolto CLIC1. Infine, la sua attivazione comporta un cambiamento drastico delle
condizioni redox citoplasmatiche che potrebbero direttamente influenzare CLIC1.
Si è dimostrato che l´espressione di CLIC1 é regolata positivamente, a livello posttrascrizionale e trascrizionale, in risposta all´attivazione microgliale con β-amiloide, (Figure
2,3,4) ma non ad altri noti stimoli, quali LPS e bFGF. Tale stimolazione induce, inoltre, un
amento della densita’ della proteina inserita nella membrana plasmatica (Figura 5). Tale
incremento potrebbe essere la conseguenza della regolazione dell’espressione della proteina
ma potrebbe essere, anche, l’effetto di una regolazione piu’ diretta dovuta alla stimolazione,
come si discutera’ in seguito. La maggiore densita’ di CLIC1 presente sulla superficie
cellulare si riflette sulla probabilita’ di registrare il canale ionico associato a CLIC1, che
aumenta in risposta all’ attivazione con amiloide (Figura 10). L’osservazione che probabilita’
e tempi di apertura del canale ionico aumentano in seguito alla simolazione della microglia
con Aβ (Figura 8) induce a pensare che CLIC1 subisca una modulazione durante l´attivazione
indotta dall´ Aβ. Sappiamo che CLIC1 possiede un dominio omologo al sito di legame per il
calcio della calmodulina ed inoltre che la β-amiloide induce un aumento del calcio
intracellulare. Si puo’ pensare pertanto, supportati da dati preliminari non mostrati, che il
78
flusso ionico mediato da CLIC1 venga modulato dall’aumento del Ca2+ nel citoplasma
mobilizzato durante la stimolazione con amiloide.
Sorprendentemente la regolazione dell’espressione di CLIC1 e della sua conduttanza in
risposta alla stimolazione di cellule microgliali é specifica per il la β-amiloide.
L’ attivazione delle cellule microgliali, indotta dall’Aβ, innesca diversi processi: la
proliferazione cellulare, la produzione di molecole citotossiche e la fagocitosi dei depositi
dell’amiloide.
Per valutare la rilevanza della regolazione d’espressione e di attivita’ di CLIC1, in cellule
microgliali attivate con amiloide, si é considerato il convoilgimento della proteina in ognuno
dei meccanismi sopra elencati.
IAA-94, lo specifico bloccante di CLIC1, é in grado di bloccare questi processi. E’ riportato il
blocco, mediante IAA-94, della proliferazione cellulare (Figura 11) indotta dall’amiloide, ma
non della proliferazione indotta da stimolazione con bFGF.
Il risultato piu’ interessante é, a mio avviso, che IAA-94 é in grado di abolire completamente
la tossicita’ indotta dalle cellule microgliali stimolate con amiloide.
La conta del numero di neuroni apoptotici (Figura 12 e 13) in due modelli sperimentali di cocolture, attivate con amiloide, mostrano chiaramente l’effetto neuroprotettivo attribuibile ad
IAA-94.
Semplici saggi colorimetrici utilizzati per la determinazione della quantita’ di due molecole,
potenzialmente neurotossiche, prodotte dalle cellule microgliali stimolate con amiloide
dimostrano ancora piu’ chiaramente come l’effetto neurotossico, bloccato da IAA-94, sia
mediato proprio dalle cellule microgliali (Figura 14).
L’esperimento chiave del blocco di CLIC1 mediante Small Interfiring RNA ha portato la
prova definitiva del legame diretto fra neurotossicita’ indotta dall’Aβ e CLIC1, mostrando
come il silenziamento dell’espressione di questa proteina abbia un effetto neuroprotettivo
(Figura 15).
Abbiamo osservato che IAA-94 o il silenziamento dell’espressione di CLIC1 decrementano la
produzione di due molecole potenzialmente neurotossiche, TNF-α e nitriti, ma anche che
IAA-94 é in grado di bloccare la proliferazione. Si potrebbe pertanto pensare che l’effetto di
IAA-94 sulla quantita’ di queste due molecole possa essere la conseguenza del minor numero
di cellule nella coltura in presenza di IAA-94.
Contro tale ipotesi ci sono diversi risultati. Innanzi tutto si é riportato che CLIC1 non
interviene nella proliferazione indotta da un noto fattore di crescita, il bFGF.
79
Il blocco di CLIC1, inoltre, induce l’arresto della fagocitosi dei depositi amiloidi (Figura 18),
processo non legato alla proliferazione.
Benché la fagocitosi sia un processo “positivo”, si pensa che il blocco, mediante IAA-94 o
molecole che interferiscano con CLIC1, della proliferazione e contemporaneamente della
produzione di molecole potenzialmente neurotossiche siano sicuramente gli effetti piú
rilevanti.
I meccanismi di regolazione di CLIC1 durante l’attivazione microgliale mediata da amiloide
sono ancora poco chiari. Come discusso in precedenza si pensa che la regolazione del calcio
intracellulare possa avere un ruolo nella modulazione del canale ionico associato a CLIC1.
Abbiamo visto, inoltre, che CLIC1 e le proteine della famiglia CLIC possiedono una struttura
terziaria omologa alla classe omega delle Glutatione-S-Transferasi, il cui ruolo é associato
alle condizioni redox del citoplasma e dell´ambiente extracellulare.
Si é dimostrato che trattamento con acqua ossigenata o tBOOH inducono un incremento di
CLIC1 sulla superficie cellulare (Figura 19). Tale aumento non puo’ essere dovuto ad una
regolazione di espressione della proteina ma piuttosto ad un suo spostamento.
Allo stesso modo cellule microgliali stimolate con agenti ossidanti inducono, come nel caso
della stimolazione con Aβ, correnti ioniche parzialmente bloccate da IAA-94.
Si potrebbe quindi pensare che l´aumento della proteina in membrana non sia solo effetto
dell´aumento dell´espressione di CLIC1 ma anche conseguenza dell´induzione della proteina
sulla membrana plasmatica, probabilmente in seguito all´ossidazione dei compartimenti
intracellulari.
Un cambiamento di struttura della proteina inseguito ad ossidazione potrebbe essere suggerito
dalla diversa sensibilitá della proteina all´anticorpo utilizzato.
Questo cambiamento conformazionale potrebbe essere, come descritto da alcuni dati in
letteratura, l´evento chiave dell´inserimento della proteina nel doppio strato lipidico.
Si è inoltre dimostrato che una mutazione puntiforme, nel putativo dominio transmembrana, è
in grado di cambiare le proprietá biofisiche del canale ionico associato a CLIC1.
Questa osservazione potrebbe essere la dimostrazione definitiva del fatto che CLIC1 non sia
solo una subunita´ del canale ionico studiato ma che esso stesso sia in grado di formare il poro
attraverso il quale fluiscono le correnti registrate.
Con questo lavoro si è dimostrato quindi che CLIC1 é direttamente coinvolto nella
formazione del canale ionico cloro dipendente studiato e si propone un suo coinvolgimento in
cellule microgliali stimolate con amiloide.
80
A cosa CLIC1 o il cloro possano servire durante questi processi è ancora poco chiaro.
Si potrebbe pensare che come per altri canali di cloro CLIC1 possa bilanciare cariche che si
muovono attraverso la membrana. In questo caso il cloro che fluisce attraverso CLIC1
potrebbe bilanciare le cariche positive del Ca2+ mobilizzato durante l´attivazione microgliale
indotta dall´amiloide. Il cloro potrebbe, altrimenti, bilanciare le cariche negative spostat,e
attraverso la membrana plasmatica, dalla NADPH oxidase durante la generazione delle specie
reattive dell´ossigeno.
Si potrebbe pensare inoltre che CLIC1 possa avere un ruolo essenziale nel citoplasma e non
nella membrana plasmatica o che il cloro possa funzionare da secondo messaggero, per
esempio attivando canali di calcio intracellulari.
Infine si potrebbe speculare sulla possibilitá che CLIC1, come recentemente proposto per altri
canali di cloro, non sia un semplice canale ionico ma un trasportatore.
Come si è descritto CLIC1 è una proteina estremamente particolare che si puo´ trovare sia nel
citoplasma che nella membrana plasmatica, stranamente per un semplice canale ionico. Inoltre
abbiamo visto che CLIC1 puo´, come nel caso delle GST, legare glutatione ridotto.
Sappiamo dalla letteratura che la microglia possiede un trasportatore del glutatione,
importante, nelle malattie neurodegenerative ma che questo trasportatore non è ancora stato
identificato. Si potrebbe proporre pertanto che CLIC1 possa avere un ruolo nel trasporto del
GSH.
La possibilita´ che CLIC1 funzioni come trasportatore, l´approfondimento dei meccanismi
che regolano questa proteina e la possibilita´ di utilizzare IAA-94 in vivo sono sicuramente
oggetti interessanti per la ricerca futura.
81
IL TRASPORTATORE DELLA NORADRENALINA
Il sistema adrenergico regola l´apprendimento e la memoria, controlla alcune reazioni
comportamentali e la percezione del dolore (Valentino et al. 1983).
La noradrenalina (norepinephrine, NE) è il principale neurotrasmettitore nei neuroni
postgangliali simpatici e nel midollo allungato dove regola alcune funzioni autonome
fondamentali (Trendelenburg et al. 1999; Foote et al. 1995)
Disfunzioni nel sistema noradrenergico sono associate a disordini di tipo comportamentale,
depressione, stress post-traumatico, ipertensione, diabete e alcune cardiopatie.
Dopo un rilascio spontaneo o stimolato della noradrenalina, il norepinephrine transporter
umano (hNET) rimuove il trasmettitore dagli spazi sinaptici (Axelrod et al. 1969). Questa
rimozione deve avvenire in modo rapido per consentire una risposta adeguata ad uno stimolo
successivo e per permettere il riciclo di circa il 90% del trasmettitore (Blakely 2001). Gli
antidepressivi e la cocaina alterano il segnale neuronale proprio agendo su hNET. Le
molecole che inibiscono il trasporto mediato da hNET, come la cocaina, sono causa della
permanenza del trasmettitore, nello spazio extracellulare, causando un prolungamento del
segnale e l´attivazione di recettori piu´ distanti dalla sinapsi di rilascio. L´inibizione cronica di
questo trasportatore compromette l´abilitá del sistema sinaptico di funzionare correttamente.
hNET fa parte di una famiglia di trasportatori Na+/Cl- dipendenti che utilizzano gradiente di
Na+ come forza trainante.
La proteina possiede 12 domini transmembrana, con entrambe le estremitá intracellulari, ed
una grande ansa extracellulare fra il dominio transmembrana II e III (Pacholczyk et al. 1991;
Savchenko et al. 2003).
82
Fig 1. Struttura di hNET. Gli amminoacidi indicati in rosso indicano polimorfismi osservati
nell´uomo.
Un singolo gene codifica per questa proteina (Hahn et al. 2003) ma si ritiene che il
trasportatore sia un multimero, come nel caso degli altri trasportatori della stessa famiglia per
la serotonina o per la dopamina.
hNET funziona con la stechiometria di 1NE:1Na+:1Cl-, trasportando, secondo numerosi studi,
una molecola di NE per secondo (Gu et al. 1996). Studi di elettrofisiologia mostrano peró
correnti associate al trasportatore circa 100 volte maggiori di quelle che ci si aspetterebbe
secondo questo modello (Galli et al 1995)
Benché la funzione di hNET sia nota da molti anni, la comprensione dei meccanismi di base
del trasporto sono ancora poco chiari. Una delle maggiori difficoltá riguarda la purificazione
di queste proteine rendendo impossibile la ricostruzione della struttura tridimensionale.
Solo recentemente un buon contributo é stato fornito dalla pubblicazione della struttura
dell´omologo batterico dei trasportatori sodio e cloro dipendenti (Yamashita et al. 2005).
Un recente lavoro (Schwartz et al. 2003) ha dimostrato che un analogo fluorescente della
neuotossina MPP+, la 4-(4-(dimethylamino)styrl)-N-methyl-pyridinium, ASP+, si lega e viene
trasportata da hNET, riuscendo a separare la fase di “binding” da quella di trasporto. Questa
scoperta ha offerto la possibilitá di utilizzare l´ASP+ come strumento di studio del
trasportatore della noradrenalina.
Analisi di microscopia confocale mostrano che l´ASP+ colocalizza con la membrana
plasmatica e successivamente con i mitocondri di cellule hNET-293 (Schwartz et al. 2005).
Cellule non transfettate non mostrano né la colocalizzazione con la membrana plasmatica né il
suo trasporto nel citoplasma, mostrando che la molecola è trasportata da hNET.
83
Inoltre esperimenti di Total Internal Riflection fluorescence (TIRF) mostrano che l´ASP+ e
hNET-GFP colocalizzano sulla superficie cellulare indicando con ulteriore chiarezza il loro
legame (Schwartz et al. 2005).
Il progetto svolto presso il laboratorio del Professor Lou DeFelice e´ stato volto alla
comprensione della cinetica e stechiometria del trasportatore hNET (Shwartz et al. 2005) e
alla regolazione, mediata dall´esposizione al substrato, della densita´ del trasportatore sulla
superficie cellulare.
84
RISULTATI
Lo studio della cinetica e della stechiometria di un trasportatore sono importanti per la
comprensione la sua capacitá di “ripulire” lo spazio sinaptico in modo rapido ed efficiente dal
neurotrasmettitore.
Altrettanto importante è per lo stesso motivo la comprensione dei meccanismi dai quali
dipende il “traffiking” delle vescicole sinaptiche e la regolazione delle proteine presenti in
membrana.
In letteratura si trovano diversi esempi (Kahlig et al. 2004; Saunders et al. 2000; Moron et al.
2003) di regolazione dell´espressione di proteine trasportatrici sulla superficie cellulare
mediata dall´interazione con il proprio substrato o con molecole che agiscono su di esso.
Cellule stabilmente transfettate con hNET, hNET-293, sono in grado, quando esposte al
substrato, di trasportarlo nel citoplasma. Utilizzando [3H]-NE si é quantificato il trasporto
durante 20 minuti d’esposizione alla noradrenalina. Come si vede, nella figura 2, i valori
assoluti di [3H]-NE nel citoplasma aumentano con il tempo.
Fig 2. Uptake della noreadrenalina in cellule hNET-293. Le cellule sono state incubate in 2
µM di noreadreanalina (NE:NE* = 1:40) in presenza o meno di 10 µM di desipramina per
definire il trasporto specifico. I dati sono rappresentati come medie del numero di conte ±
S.E. n=6. CPM, conte per minuto.
85
Analizzando i dati ottenuti si é notato che l´efficienza di trasporto non é uguale nel tempo.
Osservando i primi 20 minuti d’esposizione si puó vedere che nei 60-90 secondi iniziali, il
rapporto [3H]-NE per minuto, è significativamente maggiore (Figura 3).
Fig 3. L´efficienza di uptake della noreadrenalina è maggiore nei primi due minuti di
esposizione al substrato. Nella figura è mostrato il numero di conte di [3H]-NE per minuto.
Le cellule sono state incubate in 2 µM di noreadreanalina (NE:NE* = 1:40) in presenza o
meno di 10 µM di desipramina per definire il trasporto specifico. Dati rappresentati come
medie ± S.E. n=6.
Questa differenza puó essere determinata da una maggiore efficienza di trasporto, da una più
rilevante espressione del trasportatore sulla membrana cellulare durante i primi minuti di
esposizione al substrato o dall´endocitosi di hNET durante le fasi successive.
In figura 4 é mostrato il blot di un singolo esperimento di biotinilizzazione, eseguito in cellule
hNET-293 incubate con NE a 37 °C.
L´espressione della proteina sulla superficie (S) dopo 30-90 secondi d’esposizione alla
noreadrenalina é significativamente maggior rispetto a cellule non trattate. Trattamenti piu´
lunghi mostrano invece che l´espressione di hNET tende a ritornare verso i valori di
espressione osservati in assenza di “stimolazione”.
Sul pannello di destra della figura 4 è mostrata la media dell´analisi densitometrica di 4
esperimenti indipendenti.
86
Fig 4. La densita´ del trasportatore della noreadrenalina nella membrana plasmatica
aumenta in risposta all´esposizione al substrato. La figura mostra la biotinilizzazione del
trasportatore in cellule hNET-293 trattate con noreadrenalina. Cellule hNET-293 sono state
trattate con NE, 20 µM, per i tempi indicati, a 37 °C. Sono indicate le bande della proteina
totale (T) e della frazione presente nella membrana plasmatica (S) rispetto a cellule non
trattate (ctrl). Il pannello sulla destra mostra la media ± S.E dell´analisi densitometrica in
percentuale rispetto al controllo (n=3).
Un anticorpo monoclonale diretto contro un epitopo extracellulare di hNET (Savchenko et al.
2003) ci ha permesso di seguire la quantita´ di proteina sulla superficie cellulare al
microscopio. In questo caso le cellule non sono state sottoposte ad alcun processo di
permeabilizzazione consentendo l´osservazione della sola proteina inserita in membrana.
87
Nella figura 5 si osserva che dopo 30-90 secondi dall´inizio dell´esposizione alla
noradrenalina vi é un incremento di anticorpo legato alla superficie cellulare.
Anche in questo caso l´analisi statistica mostra un significativo aumento giá dopo 30 secondi
dall´esposizione al substrato ma non piu´ dopo 10 minuti di incubazione con noradrenalina.
Control
30 sec
1 min
10 min
.
100
**
**
Avg intensity
80
60
40
20
0
cont
30''
1'30''
10'
Fig 5. L´Immunofluorescenza in cellule
hNET-HEK esposte ad un anticorpo
monoclonale, non permeabile, antihNET aumenta dopo esposizione al
substrato. Cellule hNET-HEK sono state
esposte alla noreadrenalina, 30 µM, a 37
°C per i tempi indicati. In seguito le
cellule sono state incubate con
l´anticorpo NET 43408 e fissate con 4%
parafolmaldeide. Nella figura i colori
piu´ caldi indicano maggiore intensita´.
Nel pannello in basso è riportata la
media dell´intensita´ di fluorescenza di
10 campi appartenenti a due esperimenti
indipendenti
L´incremento osservato non é isolato alle cellule hNET-293 ma é osservabile anche in neuroni
in cultura (dato non mostrato).
88
Inaspettatamente l´assenza di Na+ o di Cl- durante l´ incubazione con la noradrenalina non
inibisce l´aumento d’espressione sulla superficie cellulare(Figura 6).
Fig 6. L´incremento della densita´ di hNET nella membrana plasmatica e´ indipendente da
Na+ e Cl-. La biotinilizzazione delle proteine sulla superficie cellulare (S) mostra un aumento
del trasportatore in membrana dopo esposizione al substrato anche in assenza di sodio e
cloro. Cellule hNET-293 sono state trattate con soluzione fisiologica in presenza o meno di
NE, 30 µM per 1´30´´ a 37 °C. Per valutare l´effetto dell´assenza di Na+ o Cl- i due ioni sono
stati sosituiti rispettivamente con NMDG o aspartato. Il grafico sulla destra, mostra la media
dell´analisi densitometrica ottenuta da due esperimenti indipendent ± S.E.
Per verificare l´ipotesi che la maggiore densita´ di trasportatore sulla superficie cellulare sia
da imputare ad un movimento di vescicole che trasportano hNET sulla membrana plasmatica
e che il suo successivo decremento sia dovuto ad endocitosi si é eseguito un esperimento di
biotinilizzazione con esposizione a NE per 1´ 30´´. In seguito si sono incubate le cellule in
assenza di biotina e noradrenalina a 37 °C per diversi tempi. Le cellule sono state trattate alla
fine dell´incubazione con MesNa cosi´ da rimuovere la biotina ancora presente sulla
superficie cellulare. Attraverso separazione delle proteine per elettroforesi e western blot si é
osservata la quantita´ di trasportatore legato alla biotina presente all´interno della cellula.
89
Come si puo´ vedere (Figura 7) la quantitá di trasportatore intracellulare aumenta in funzione
del tempo.
Fig 7. L´incremento della densita´ del trasportatore nella membrana plasmatica e´
reversibile. L´endocitosi del trasportatore della noreadrenalina in seguito a trattamento con
il substrato è stata seguita attraverso biotinilizzazione. Cellule hNET-293 sono state incubate
con NE, 20 µM, per 1´30´´. Successivamente il terreno e´stato cambiato e le cellule incubate
a 37 °C per i tempi indicati. Terminata l´incubazione la biotina presente sulla superficie è
stata rimossa medianti lavaggi con MesNa. Le cellule sono state quindi lisate, le proteine
legate alla biotina precipitate con l´avidina e separate per elettroforesi. Il western blot
ottenuto in queste condizioni é rappresentato nel pannello di sinistra. A destra e´ mostrata
l´analisi densitometrica rispetto al tempo zero di incubazione a 37 °C in cellule esposte al
substrato (grigio scuro) o meno (grigio chiaro) (n=2).
Lo stesso esperimento eseguito in presenza di terreno ad alto contenuto di saccarosio,
rallentando l´endocitosi, mostra, dopo 15 minuti, una minor internalizzazione del trasportatore
rispetto a cellule non trattate.
Sorprendentemente l´aumento della densita´ di trasportatore in membrana non e´osservabile
in assenza di calcio extracellulare (figura 8 A).
90
La misura di uptake di [3H]-NE mostra inoltre che l´efficienza di trasporto di NE in assenza
di calcio extracellulare é marcatamente ridotta, mentre il calcio non sembra in alcun modo
influire sull´efficienza di trasporto nei minuti successivi (figura 8 B).
Fig 8. L´aumento di espressione di hNET nella membrana plasmatica é Ca2+ dipendente.
Cellule hNET-293 sono state trattate con noradrenalina, 20 µM, per 1´30´´ in presenza o
assenza di Ca2+. Nel pannelli A è riportato il blot delle proteine totali (T) e di superficie (S).B
Esperimenti di trasporto di [3H]-NE in cellule hNET-293 mostrano un minore trasporto del
substrato nei primi due minuti di esposizione in assenza diCa2+ (in rosso) rispetto al controllo
(in grigio). C Misura del calcio intracellulare con FLEX station. Cellule hNET-293 sono state
trattate con soluzione fisiologica (in nero), noreadrenalina 20 µM (rosso) o con NE in
assenza di Ca2+ (blu). Il calcio è stato misurato automaticamente ogni 10 secondi per 3
minuti dall´esposizione al substrato. D Misura del calcio in cellule HEK-293 in soluzione
fisiologica (nero) o in presenza di NE (rosso). RFU: fluorescenza relativa
La misura di calcio intracellulare mostra un incremento del catione da 10 secondi dopo
l´esposizione delle cellule alla noradrenalina. Tale incremento oltre a non essere piu´
significativo dopo circa 2 minuti di incubazione non é dipendente dal Ca2+ intracellulare.
Esperimenti eseguiti con il chelante del calcio intracellulare BAPTA-AM non mostrano
91
nessuna inibizione dell´incremento di calcio (dato non mostrato). Cellule HEK di controllo o
cellule incubate in assenza di calcio extracellulare non mostrano lo stesso aumento picco del
catione quando esposte alla noradrenalina.
Fig 9. Corrente hNET
specifica indotta da
ASP+ e ASP+ uptake.
Corrente indotta da
ASP+, 2 µM, in cellule
hNET-293 a -100 mV
(pannello A in alto) e
misura dell´accumolo di
ASP+
nella
stessa
cellula. Nella figura é
stata sottratta la fase di
binding dell´ASP+. Nel
pannello
B
è
rappresentata
la
relazione carica / ASP+/
secondo rispetto al
tempo. Nell´inserto è
mriportata la corrente
generata a -100 mV da
NE,
20
µM,
e
+
dall´ASP ,2 µM e la
corrente
tipicamente
registrata in assenza di
NE o ASP+
E´noto che hNET produce una sostanziale corrente indotta dalla presenza del substrato e che
diversi substrati possono indurre quantitá di corrente diversa (Galli et al. 1995).
Nel pannello A della figura 9 è mostrata la traccia di corrente ottenuta in cellule hNET-293 in
configurazione di whole cell esposte ad ASP+. L´ASP+ é in grado di indurre correnti benche´
meno ampie di quelle indotte dalla noradrenalina (inserto pannello B).
92
In cellule HEK di controllo non e´ possibile registrare alcuna corrente in seguito ad
esposizione ad ASP+, anche ad elevate concentrazioni.
Si è quindi usata la possibilita´ di misurare la fluorescenza emessa dall´ASP+ per studiare la
relazione temporale fra l´accumolo del substrato e la corrente indotta dal substrato stesso.
In cellule hNET-293 esposte ad ASP+ sono state effettuate misure contemporanee di
fluorescenza e corrente nella stessa cellula. Nella parte inferiore della figura 9A è mostrato
l’accumolo di ASP+ relativo alla corrente mostrata nella parte superiore.
Nella figura 9B è rappresentata la relazione fra corrente indotta dal substrato e accumulo di
ASP+ in funzione del tempo nei primi 50 msec di registrazione.
93
DISCUSSIONE
Il
trasportatore
della
noredrenalina
(NET)
é
responsabile
della
rimozione
del
neurotrasmettitore dagli spazi sinaptici. Il trasportatore é localizzato nello stesso terminale
sinaptico da cui la noradrenalina è rilasciata.
E´ chiaro, per il ruolo fisiologico che riveste questa catecolamina, quanto siano importanti
l´efficienza e la velocita´ della sua rimozione.
Vi sono diversi esempi in letteratura di regolazione d’espressione di trasportatori in risposta al
proprio substrato o ad altre molecole.
Con questo lavoro si vuole dimostrare l´esistenza di una regolazione positiva dell´espressione
sulla superficie del trasportatore della noradrenalina, umano, in risposta all´esposizione al
proprio substrato e prove a supporto di un attivita´ di canale ionico del trasportatore stesso.
L´aumento della presenza del trasportatore in membrana é stato determinato attraverso
biotinilizzazione del trasportatore e mediante l´uso di un anticorpo diretto contro un epitopo
extracellulare del trasportatore.
Tale aumento come rappresentato nella figura 4 é rapido, avviene nei primi due minuti di
trattamento, ed é indipendente dal trasporto della noradrenalina in quanto inibito né da Na+ né
da Cl- (Figura 6)
Dal confronto tra cellule esposte o meno al substrato sembra chiaro che la maggior presenza
di hNET nella membrana plasmatica nei primi minuti di esposizione alla noradrenalina non
sia dovuto all´endocitosi del trasportatore durante i minuti successivi di esposizione bensi´ ad
un suo aumento durante i primi 30-90 secondi di incubazione.
La regolazione positiva dell´espressione, sulla superficie cellulare, del trasportatore è in
accordo con la maggior efficienza di trasporto di noradrenalina osservata durante i primi due
minuti di attivita´ di hNET (Figura 3).
Il segnale per l´aumento dell´espressione sulla membrana plasmatica potrebbe essere indotto
semplicemente dal legame fra substrato e trasportatore benche´ gli esperimenti condotti fino
ad ora non permettano di sostenere che questo possa essere il solo meccanismo possibile.
L´osservazione che tale aumento sia dipendente dalla presenza dello ione calcio (Figura 8)
induce a pensare che questo possa essere la molecola mediatrice del segnale.
Dai dati ottenuti durante questo progetto si puo´ anche affermare che il Ca2+, necessario per
attivare questo processo, non provenga da compartimenti intracellulari ma dallo spazio
extracellulare (Figura 8).
94
Nella figura 9 viene riportata la relazione fra unita´ di cariche elettriche per molecola di ASP+
trasportata. Tale relazione passa da 6000/sec dopo 5 msec di registrazione a 694/sec dopo 50
msec. Questa analisi porta a dedurre che vi sia un sostanziale flusso di cariche che attraversa
hNET per ogni molecola di ASP+ e che questo flusso di cariche è circa 10 volte maggiore
durante i primi istanti d’esposizione al substrato.
Secondo l´insieme dei dati aquisiti si pensa che il trasportatore della noradrenalina possa
funzionare come un recettore, con attivita´ di canale ionico (Galli et al. 1996, Carvelli L et al.
2004).
Secondo questo modello il substrato inizialmente agirebbe come ligando inducendo un flusso
di corrente attraverso il trasporatore, successivamente il trasporto del substrato diventerebbe
la parte piu´ rilevante, benche´ non raggiunga mai il rapporto ioni:trasmettitore 1:1 proposto
da altri modelli.
Secondo i dati ottenuti si potrebbe speculare che nel flusso di ioni che avviene durante la
prima fase di flusso ionico, il calcio possa passare attraverso il canale e funzionare da
messaggero per attivare la fusione alla membrana di vescicole con il trasportatore, cosi´ da
determinare la maggiore densita´ di hNET osservata.
Da un punto di vista fisiologico le osservazioni descritte possono essere interpretate come un
meccanismo
per
incrementare
l´efficienza
di
rimozione
del
neurotrasmettitore
immediatamente dopo il suo rilascio.
E´ estremamente interessante inoltre notare come sempre piu´ esempi negli ultimi anni
mostrano una convergenza delle due classi, fino ad oggi ben distinte, di trasportatori e canali
ionici (Accardi et al. 2004; Scheel et al. 2005; Picollo et al. 2005).
95
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Si ringraziano per il loro sostegno e per i loro insegnamenti il
Professor Michele Mazzanti, Universita´ “La Sapienza” ed il
Professore Lou DeFelice, Vanderbilt University, senza i quali la
realizzazione di questi progetti non sarebbe stata possibile
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