DIRITTO DEL LAVORO PREMESSE DIRITTO: insieme di norme che disciplinano una determinata materia. Possiamo individuare 3 grandi branche del diritto: il DIRITTO CIVILE, PENALE ed AMMINISTRATIVO. DIRITTO PENALE: codice penale, il quale raccoglie le leggi che regolano i reati (es: furto) (N.B. non si può mai parlare di reati penali, perché i reati sono sempre penali: è sufficiente dire reati) DIRITTO AMMINISTRATIVO: norme che regolano il rapporto fra lo Stato (o ente/i pubblico/i) e il cittadino (es: come devono essere composti i consigli comunali, quali sono i poteri delle regioni,…) DIRITTO CIVILE: insieme di norme che regolano il rapporto fra 2 o più cittadini o fra 1 cittadino e lo Stato (norme che regolano l’esercizio di una attività in forma societaria), il DIRITTO DEL LAVORO, il DIRITTO DI FAMIGLIA, etc. quando questo si comporta come “privato cittadino”. Fanno capo al DIRITTO CIVILE il DIRITTO COMMERCIALE In particolare, quando si affronta un problema pratico, occorre vedere cosa il legislatore ha detto su quello specifico argomento, cioè si va alla ricerca di una “fonte legislativa”. La legge però a volte lascia “spazi bianchi”; vi è perciò la dottrina (vale a dire i “docenti universitari”) uno dei compiti della quale è quello di interpretare la legge. Ma il diritto non è solo un qualcosa di teorico, per cui vi sono “giudici” che emettono “sentenze” (ovvero interpretazioni di ciò che il legislatore voleva dire (pratica)). Le sentenze dei giudici sono la GIURISPRUDENZA e costituiscono dunque un'applicazione della legge al caso concreto. Il “METODO GIURIDICO” perciò è il seguente: i. Guardare cosa dice la legge ii. Guardare cosa dice la dottrina (teoria) iii. Guardare cosa dicono i giudici (pratica) L’articolo 1 delle Disposizioni preliminari al Codice Civile stabilisce quali sono le fonti del diritto: sono fonti del diritto le LEGGI, i REGOLAMENTI, le NORME CORPORATIVE, gli USI. Spieghiamo cosa si intende per legge, regolamenti, norme corporative ed usi facendo riferimento al seguente schema gerarchico: i. COSTITUZIONE ( COST. ) ii. (**) iii. LEGGE ORDINARIA ( l. ) iv. DECRETI LEGGE ( D.L. ) (sono sullo stesso gradino della legge ordinaria) v. DECRETI LEGISLATIVI ( D.LGS. o D.LGV. ) (sono sullo stesso gradino della legge ordinaria) vi. LEGGE REGIONALE vii. REGOLAMENTI viii. CONTRATTI COLLETTIVI ix. CONSUETUDINE Iniziamo dalla LEGGE, ovvero quel provvedimento che viene adottato a maggioranza dai 2 rami del Parlamento. Il testo che ne esce viene chiamato “legge ordinaria”. Vi sono poi ATTI CON FORZA DI LEGGE, quali i DECRETI LEGGE (D.L.) e i DECRETI LEGISLATIVI (D. LGS.). Quando, per esempio, vi sono materie tecniche sulle quali il Parlamento non intende legiferare, il Parlamento stesso può emanare una “legge delega” con la quale delega il governo ad emanare un atto legislativo che ha la stessa “forza” di una legge ordinaria; parliamo in questo caso di D.LGS. Quando invece ci sono situazioni straordinarie di urgenza o necessità, il governo emana un D.L. il quale dovrà essere convertito entro una certa scadenza (vale a dire entro sessanta giorni dal giorno della pubblicazione sulla Gazzetta Ufficiale) affinché diventi permanentemente vincolante, altrimenti decade con efficacia ex tunc (cioè "da allora" = perde efficacia fin dall'inizio). Ha quindi la stessa “forza” di una legge ordinaria ma è precario e transitorio, poiché - come si è detto - potrebbe non essere convertito dal Parlamento. Vi sono poi leggi che non sono leggi ordinarie ma che sono emanate dalle regioni e che quindi prendono il nome di LEGGI REGIONALI. In un “gradino” più in basso troviamo i REGOLAMENTI (governativi, ministeriali e di altre autorità minori), le NORME CORPORATIVE (contratti collettivi) e gli USI (Uso = CONSUETUDINE: comportamento costante dei cittadini i quali sono convinti, seguendo questi usi, di obbedire alle norme del diritto). (**) Lo schema al quale abbiamo fatto riferimento va poi aggiornato con le FONTI COMUNITARIE dovute all’appartenenza dell’Italia all’Unione Europea. In particolare parleremo di: i. REGOLAMENTI COMUNITARI, ovvero atti che hanno vincolatività immediata per tutti i cittadini appartenenti all’Unione Europea. ii. DIRETTIVE COMUNITARIE: ne esistono di due tipi: - di tipo SELF-EXECUTING (sono subito precettive, cioè una volta adottate vincolano direttamente i cittadini appartenenti all’unione) e di tipo NON SELF-EXECUTING (sono precettive per gli stati ma non per i cittadini. Sono direttive che vincolano gli stati membri a farle adottare da un provvedimento legislativo a livello nazionale) iii. DECISIONI DELLA CORTE DI GIUSTIZIA: tribunale europeo, quindi giudici che emettono sentenze. a. Norma giuridica : essa ha due principali caratteristiche, quella dell' “astrattezza” e quella della "generalità”. La prima implica il fatto che essa si occupa di un caso astratto e non specifico, disciplina cioè casi astratti. La seconda implica invece il fatto che essa si applica alla generalità dei cittadini. b. La Sentenza invece decide su un caso concreto (non è dotata quindi di astrattezza) e non ha caratteristiche di generalità. Regolamenti, Direttive e Decisioni della Corte di Giustizia entrano quindi nello schema sopra descritto, in una posizione compresa tra la Costituzione e la legge ordinaria; sullo stesso gradino di quest’ultima va inserita un’altra fonte del diritto, ovvero le NORME DEL DIRITTO INTERNAZIONALE di origine pattizia. Le norme di diritto internazionale si possono suddividere in: a. Norme del diritto int. GENERALMENTE Riconosciute (sono quelle banali del vivere civile, che fanno parte del patrimonio dello stato) (es. "Pacta servanda sunt, rebus sic stantibus" = "I patti devono essere rispettati, stanti così le cose") (queste norme si pongono allo stesso livello della Costituzione) b. Norme di ORIGINE PATTIZIA (discorso analogo visto per le “non self-executing” ; vincolano gli stati a rispettare determinate norme, ma non vincolano i cittadini.) Di conseguenza si pongono sullo steso gradino della legge ordinaria In buona sintesi, dunque, la gerarchia delle fonti del diritto del lavoro è la seguente: 1) Costituzione e norme di diritto internazionale generalmente riconosciute 2) Regolamenti comunitari, direttive self-executing e decisioni generali 3) Legge ordinaria e atti con forza di legge, norme di diritto internazionale di origine pattizia (ratificate con legge) 4) Direttive comunitarie non self-executing 5) Contratti collettivi di lavoro 6) Contratto individuale di lavoro 7) Consuetudine In tutto questo discorso si è potuta notare una forma di gerarchia all’interno delle fonti del diritto: nel diritto in generale, la fonte superiore prevale su quella inferiore. Mentre nel DIRITTO DEL LAVORO vale il “PRINCIPIO DI FAVORE”: è una regola speciale che ci dice che la fonte di grado superiore cede di fronte a quella di grado inferiore purchè più favorevole al lavoratore fatto salvo per le leggi assolutamente inderogabili. Nel diritto del lavoro cioè può prevalere una fonte sotto ordinata (cioè posta in un gradino più basso) purchè essa risulti più favorevole per il lavoratore; sono una eccezione le leggi assolutamente inderogabili, le quali non possono essere derogate nemmeno in meglio: per tale leggi il “principio di favore non è applicabile”. Peraltro, non sempre il “principio di favore” risulta essere ben facilmente applicabile, perché non è sempre facile individuare con precisione quale sia la fonte in concreto più favorevole (es.: il contratto collettivo stabilisce che il lavoratore ha diritto a Lire 2.000.000 di retribuzione al mese, ad un'indennità di cassa di Lire 250.00 al mese e ad un mese di ferie retribuite all'anno; il contratto individuale stabilisce che il lavoratore ha diritto a Lire 2.500.000 di retribuzione al mese, ad un'indennità di cassa di Lire 200.000 al mese e a 25 giorni di ferie retribuite all'anno. Quale delle due è la fonte più favorevole ? A questo proposito esistono vari criteri: criterio del raffronto fra istituti; criterio del raffronto tra singole clausole). Esistono delle eccezioni a al principio di favore. 1) Ipotesi di contratti collettivi che non possono derogare in senso migliorativo rispetto alla legge 2) Ipotesi di contratti collettivi che sono autorizzati a disciplinare in modo peggiorativo rispetto alla legge Il DIRITTO DEL LAVORO (IN SENSO LATO) risulta essere a sua volta suddivisibile in: i. DIRITTO DEL LAV. IN SENSO STRETTO (nascita-sviluppo-termine del rapporto di lavoro) ii. DIRITTO SINDACALE (sindacati e norme ad essi collegate) iii. DIRITTO DI PREVIDENZA SOCIALE (pensioni) ALTRE NOZIONI FONDAMENTALI: a. DOTTRINA: è costituita dai professori universitari del diritto del lavoro, uno dei compiti dei quali è quello di studiare “cosa dice la legge”, cosa dicono i giudici,…, per potere poi trarre le opportune considerazioni. La DOTTRINA è quindi costituita da quei libri scritti da tali professori nei quali possiamo ritrovare le interpretazioni della legge e delle sentenze dei giudici. b. GIURISPRUDENZA: insieme delle sentenze dei giudici. c. GIUDICI: 1) PENALE (Corte d’Assise, Corte d’appello d'Assise, …) 2) AMMINISTRATIVO: Consiglio di stato, TAR,… 3) CIVILE: i. di pace (livello più basso) ii. pretore (figura oggi scomparsa a favore del giudice unico) iii. giudice unico (tribunale) può essere formato in composizione monocratica (un giudice) oppure in funzione collegiale (tre giudici) iv. corte d’appello (5 giudici) v. suprema corte di cassazione (5 giudici oppure 7 giudice se la Cassazione si riunisce a Sezioni Unite) vi. I giudici civili non sono giudici del lavoro: per vedere quale è il giudice competente in una determinata causa o in una determinata materia, ho 3 diversi criteri su cui fare riferimento: 1. competenza per valore (es: le cause che valgono “poco” vanno affidate al giudice di pace , ….) 2. competenza per territorio (es. se un'immobile su cui sorge una controversia è a Modena competente per la causa sarà il giudice di Modena) 3. competenza per materia (esistono materie per le quali, indipendentemente dal valore, è competente un determinato tipo di giudice) In diritto del lavoro esiste una competenza per materia. In particolare, indipendentemente dal valore della causa, il giudice del lavoro era il pretore (oggi il pretore non esiste più ed è stato sostituito dal Tribunale in composizione monocratica) e in secondo grado il Tribunale (oggi per il secondo grado è competente la Corte d'appello). Il nostro ordinamento giuridico infatti prevede 2 gradi di giudizio (“doppio grado di giurisdizione”). Durante il ‘primo grado” il giudice guarda per la prima volta la causa ed emana una sentenza. (il pretore quando questa figura era ancora esistente). Facendo appello si va in “secondo grado” dove avviene un riesame della causa; questo era compito del tribunale (oggi della Corte d'appello). Può fare appello la sola parte soccombente nel giudizio di primo grado. Il Tribunale in composizione monocratica e la Corte d'Appello sono chiamati “GIUDICI DEL MERITO” perché guardano i fatti (merito = fatti della causa) ed applicano la legge; una volta esaurito il “secondo grado” non sono finite le possibilità per la parte soccombente, infatti vi è un “terzo grado” svincolato dai precedenti; in terzo grado, giudica la “CORTE DI CASSAZIONE”, che è un “GIUDICE DI LEGITTIMITA’, cioè un garante che non guarda più il merito (cioè come si sono svolti i fatti), ma è una sorta di controllore in quanto si limita a verificare che i giudici del primo e del secondo grado abbiano applicato correttamente le leggi. Lavoratore autonomo, subordinato, parasubordinato e indici giurisprudenziali. Il diritto del lavoro si applica soltanto al lavoratore subordinato. Il lavoratore, peraltro, può essere autonomo ovvero parasubordinato. I concetti di subordinazione e di autonomia non sono facilmente esprimibili, quindi la nostra costituzione non ha neanche cercato di definirli. Tramite l’art. 2094 cod. civ. si definisce chi è il prestatore di lavoro subordinato: "è prestatore di lavoro sub. chi si obbliga, mediante retribuzione, a collaborare nell'impresa, prestando il proprio lavoro manuale o intellettuale alle dipendenze e sotto la direzione dell'imprenditore". Da tale articolo si evince che l'obbligazione fondamentale del lavoratore è la prestazione lavorativa, mentre la prestazione fondamentale del datore di lavoro è la retribuzione, il quale detiene poi un potere direttivo e disciplinare nei confronti del lavoratore. L’art. 2222 cod. civ. definisce il contratto d'opera (lavoro autonomo: "quando una persona si obbliga a compiere verso un corrispettivo un'opera o un servizio, con lavoro prevalentemente proprio e senza vincolo di subordinazione nei confronti del committente, si applicano le norme …" (cioè non il diritto del lavoro). Qui, dunque, abbiamo il compimento di un'opera o di un servizio senza vincolo di subordinazione, da un lato e il pagamento di un corrispettivo, dall'altro lato. Alla luce delle due norme codicistiche, si capisce bene che l'elemento distintivo tra il lavoro subordinato ed il lavoro autonomo è dato rispettivamente dalla presenza ovvero dall'assenza del requisito della subordinazione. Ma che cos'è la subordinazione ? Il codice civile non lo dice. Né alcuna altra legge lo dice. D'altra parte è importantissimo stabilire quand'è che il lavoro è autonomo e quand'è che è subordinato, perché - come si è detto - al lavoro subordinato si applica il diritto del lavoro (cioè quell'insieme di norme che prevedono una serie di importanti tutele a favore del lavoratore) mentre al lavoro autonomo non si applica il diritto del lavoro, ma il diritto civile in generale. Per essere più chiari ancora, e tanto per fare un esempio, se il lavoratore è autonomo, il committente deve soltanto pagare il corrispettivo; mentre se il lavoratore è subordinato, il datore di lavoro oltre alla retribuzione deve anche versare i contributi previdenziali, che rappresentano indicativamente quasi una ulteriore retribuzione. La dottrina, allora, è intervenuta sul punto, dicendo che la subordinazione consiste nella eterodirezione, vale a dire nel fatto che il lavoratore subordinato deve osservare scrupolosamente le direttive impartite dal suo datore di lavoro (l'eterodirezione consiste quindi nella sottoposizione del lavoratore al potere direttivo dell'imprenditore). Il discorso, però, non è così semplice, perché è stato giustamente messo in luce che anche il lavoratore autonomo molto spesso deve osservare le direttive del suo committente. La dottrina, poi, ha evidenziato che il lavoratore subordinato è soggetto al potere disciplinare del datore di lavoro, mentre il lavoratore autonomo non è soggetto ad un potere disciplinare del committente. Stante, dunque, la concreta difficoltà di distinguere tra autonomia e subordinazione, anche la giurisprudenza è intervenuta sul punto, individuando dei criteri (indici) giurisprudenziali distintivi per chiarire quando si è in presenza di lavoro autonomo o subordinato: i) Il primo criterio definisce il lavoratore autonomo come il lavoratore che si impegna ad una obbligazione di risultato (fornisco il risultato della mia attività al committente, al suo completamento); il lavoratore subordinato come il lavoratore che si impegna ad una obbligazione di mezzi (momento per momento fornisco la mia attività al datore di lavoro). ii) Per il secondo criterio, si è in presenza di lavoro autonomo se fa capo al lavoratore un'organizzazione di impresa; in caso contrario si è in presenza di lavoro subordinato. iii) Per il terzo criterio, si è in presenza di lavoro autonomo se sul lavoratore ricade il rischio d’impresa, in caso contrario si è in presenza di lavoratore subordinato. iv) Per il quarto criterio, si è in presenza di lavoro autonomo se la retribuzione non è in funzione del tempo, se lo è invece abbiamo il lavoratore subordinato. v) Per il quinto criterio, si è in presenza di lavoro autonomo se l’orario di lavoro è libero, se è fissato si parla di lavoratore subordinato. vi) Per il sesto criterio, si è in presenza di lavoratore autonomo se questo detiene la proprietà degli strumenti di lavoro, in caso contrario siamo in presenza di lavoratore subordinato. vii) Per il settimo criterio si ha lavoratore subordinato in caso di continuità temporale della prestazione, se manca questa continuità allora il lavoratore è autonomo. viii) L’ottavo criterio (introdotto a partire dal 1991) si basa sul nomen iuris (= nome che le parti hanno dato al contratto: contratto di lavoro autonomo ex art. 2222 cod. civ. oppure contratto di lavoro subordinato ex art. 2094 cod. civ.). Mentre in precedenza il nomen iuris usato dalle parti non aveva nessun valore, oggi la giurisprudenza ha ammesso che possa avere valore, purchè sia supportato da altri criteri. Secondo la giurisprudenza, non è sufficiente la ricorrenza di un solo criterio per consentire di affermare che si è in presenza di lavoro autonomo o subordinato, ma è necessaria la ricorrenza di una pluralità di criteri, in concorso tra loro. Evidenziamo ora, con qualche esempio, come ogni indice sia scarsamente selettivo, se preso singolarmente: in riferimento al primo criterio, osserviamo che un medico si impegna a curare (obbligazione di mezzi) e non a guarire (obbligazione), sembrando così un lavoratore subordinato; ma dobbiamo tenere conto anche del fatto che esistono medici liberi professionisti e quindi lavoratori autonomi. Oppure, in riferimento al quarto criterio, possiamo osservare che un medico appare come lavoratore autonomo nel caso in cui riceva pagamenti saltuari, cioè solo quando una persona ha bisogno di avvalersi dei suoi servizi; tuttavia può presentarsi l’eventualità in cui un cliente (es. una casa di cura) decida di avvalersi in modo continuativo dei servizi del medico: in tal caso questi potrebbe percepire una retribuzione temporalmente continua (stipendi mensili, ad esempio) e potrebbe essere considerato un lavoratore subordinato. In riferimento al quinto criterio, consideriamo il caso di un dirigente di una ditta che, pur essendo un lavoratore subordinato, apparirebbe come lavoratore autonomo avendo orario di lavoro flessibile. In riferimento al sesto criterio, pensiamo al medico ospedaliero che potrebbe essere considerato un lavoratore autonomo, in quanto, nell’esercitare la professione, usa i propri strumenti! Giova ribadire che solo la ricorrenza di più indici giurisprudenziali è altamente indicativa dello stato di autonomia o di subordinazione del lavoratore. Metodo tipologico: è un metodo che presuppone la riconduzione della fattispecie concreta alla fattispecie astratta secondo un giudizio di approssimazione. Metodo sussuntivo: è un metodo che presuppone la riconduzione della fattispecie concreta alla fattispecie astratta secondo un giudizio di perfetta identità alla categoria lavoro autonomo ovvero alla categoria lavoro subordinato. Ovviamente esistono casi più o meno difficili da risolvere e a tal fine ricordiamo l’esempio del pony express, un caso che ha fatto scuola. In base agli indici giurisprudenziali vediamo cosa possiamo affermare: in virtù del primo criterio, essendo nel caso di obbligazione di risultato, sembrerebbe un lavoratore autonomo; invece, in base al secondo e al terzo, non essendoci organizzazione di impresa e non ricadendo su di lui il rischio di impresa, sembrerebbe un lavoratore subordinato. Inoltre, per il quarto criterio, potrebbe essere considerato lavoratore autonomo, essendo pagato in base alle consegne, e allo stesso modo un lavoratore subordinato, essendo pagato in modo continuativo a fine mese; infine per il sesto criterio, essendo di sua proprietà il mezzo di trasporto con cui effettua le consegne, sembrerebbe un lavoratore autonomo, ma è anche vero che la radiolina non gli appartiene e quindi lo si potrebbe considerare un lavoratore subordinato. Appare perciò evidente l’ambiguità della situazione, tanto che si trovano alcune sentenze della cassazione che, in un primo momento, lo indicavano come lavoratore autonomo e altre per le quali era considerato lavoratore subordinato: ora, in virtù della sua situazione di debolezza, è definitivamente considerato dalla cassazione lavoratore subordinato. Casi analoghi non sono inconsueti e proprio questo è il motivo per cui viene introdotto un terzo tipo di lavoratore, il lavoratore parasubordinato, cioè il lavoratore la cui fattispecie lavorativa non sempre è ben inquadrabile come rapporto di lavoro autonomo ovvero subordinato. Un esempio di questo ultimo tipo è il medico libero professionista convenzionato con l’ASL; egli infatti deve sottostare ad alcuni vincoli: deve avere lo studio in un determinato quartiere, deve essere disponibile per le visite urgenti fino ad una certa ora del mattino, ecc. Prima di vedere cosa cambia dal punto di vista del diritto del lavoro per le tre condizioni di lavoratore viste, dobbiamo ricordare che ogni ramo del diritto ha due sfaccettature: quella sostanziale e quella processuale. Così, con riferimento al diritto penale, abbiamo il diritto sostanziale, che si occupa di dire quali comportamenti costituiscono un reato, e il diritto processuale, che raccoglie le norme che regolano il processo penale. Alla luce di questo possiamo dire che al il lavoratore subordinato si applica sia il diritto sostanziale del lavoro che quello processuale; per il lavoratore parasubordinato solo il diritto processuale del lavoro (mentre il diritto sostanziale applicato sarà quello civile). Per il lavoratore autonomo non si applica il diritto del lavoro nelle due forme viste, processuale e sostanziale, ma si applica il diritto sostanziale civile ed il diritto processuale civile. Qual è la differenza tra lavoratore parasubordinato e autonomo? La differenza è che se per entrambi vale il diritto sostanziale civile, mentre per il lavoratore parasubordinato vale il diritto del lavoro processuale, che permette di snellire i procedimenti in termini di tempo. Com'è ben noto, infatti, il processo del lavoro è più breve rispetto al diritto processuale civile ordinario. In definitiva si può affermare che il diritto del lavoro sia sostanziale che processuale garantisce una forma di tutela per il lavoratore subordinato (in considerazione della situazione di debolezza socio-economica che lo caratterizza) e che tale tutela è totalmente assente per il lavoratore autonomo. Il lavoro gratuito. Domanda: E’ possibile un rapporto di lavoro subordinato a titolo gratuito? Vi sono due posizioni interpretative: • Una minoritaria, basata sull’impostazione dell’art. 2094 cod. civ. (Prestatore di lavoro subordinato). Poiché secondo l'art. 2094 c.c.è prevista una retribuzione, il rapporto di lavoro deve considerarsi irriducibilmente oneroso. • Una prevalente, secondo cui il rapporto di lavoro deve presumersi a titolo oneroso, ma è ammessa la prova contraria, in presenza di talune particolari circostanze. In particolare la gratuità deve essere associata a determinati eventi, come i seguenti casi: o Es. rapporto di relazione di parentela Una madre “fa il letto al figlio” senza essere retribuita o Es. volontariato L’attività del volontario non è retribuita , al max. possono essere rimborsate le spese. Per volontariato si intende quell’attività prestata a favore di una organizzazione di volontariato, in modo volontario, spontaneo, gratuito, senza scopo di lucro ed esclusivamente a scopo di solidarietà (il volontariato è regolato dalla legge n. 266 del 1991). Nota = Vi sono due tipi di presunzione: o Assoluta, quando non è ammessa la prova contraria. o Relativa, quando è ammessa. Il lavoro dei religiosi. Nell'ambito del rapporto di lavoro dei religiosi, bisogna distinguere: Attività carismatiche: - prestate all’interno dell’ente religioso di appartenenza = Non sono ammesse ingerenze da parte dello stato. - prestate all'esterno dell’ente religioso di appartenenza = Sarebbe in astratto configurabile un rapporto di lavoro. Es. Messa privata tenuta al di fuori dell’ente religioso. Attività secolari: - prestate all’interno dell’ente religioso di appartenenza = Non è possibile il lavoro subordinato. Es. Suora che pulisce il convento. - prestate all’interno dell’ente religioso di appartenenza = E’ configurabile un rapporto di lavoro subordinato. Es. Suora infermiera in una casa di cura. Sacerdote professore in una scuola non dell’ente. Quanto detto sopra vale esclusivamente per gli individui classificabili come religiosi, cioè i ministri di culto, gli ecclesiastici e i religiosi in senso proprio (cioè quei soggetti che entrati in associazioni religiose approvate dalla Chiesa - abbiano pronunziato voti pubblici per svolgere la professione evangelica secondo la regola dell'ente). Oltre al lavoro subordinato, parasubordinato ed autonomo sono possibili i seguenti rapporti. Il lavoro associativo. Lavoro di tipo non subordinato. (Non è configurabile tramite l'art. 2094 cod. civ.) Prima fattispecie di lavoro associativo. Art. 230 bis cod. civ. (Impresa familiare) Es. Gianni Rossi ha un negozio di vestiti: Abbigliamento Gianni Rossi. E’ un’impresa familiare dove lavorano moglie e figlio. Questi tre individui sono tra loro associati, non soci. La moglie e il figlio prestano lavoro all'interno dell'impresa e tale lavoro è disciplinato in maniera particolare: - non percepiscono una retribuzione, ma hanno diritto ad essere mantenuti secondo la condizione patrimoniale della famiglia; - a fine anno, partecipano alla suddivisione degli utili, benchè - all’esterno - chi rileva sia solo Gianni Rossi, non la moglie, né il figlio; - le decisioni relative all'impiego degli utili e degli incrementi, nonché quelle inerenti alla gestione straordinaria, agli indirizzi produttivi e alla cessazione dell'impresa non sono prese per quote, come avviene invece nel caso delle società (in tal caso si considera infatti il “peso delle quote”). Le decisioni, nell'impresa familiare, vengono prese a maggioranza e non le prende il singolo proprietario. Seconda fattispecie di lavoro associativo. Art. 2549 cod. civ. (Associazione in partecipazione). L’associante attribuisce all’associato la partecipazione agli utili dell’impresa, in cambio di un apporto, che ben può essere rappresentato da una prestazione lavorativa. Siamo all’interno di un rapporto di associazione. Cioè l’associato dà un contributo lavorativo e prende utili ma non è un socio, è appunto un associato. Il lavoro in società. La società è un particolare contratto che si ha quando due o più persone conferiscono beni o servizi per l’esercizio in comune di un’attività economica al fine di dividere gli utili (scopo di lucro). Le società sono di due tipi: • Società di persone: o Società semplice o S.n.c. = Società in nome collettivo o S.a.s. = Società in accomandita semplice • Società di capitali o S.p.a. = Società per azioni o S.r.l. = Società a responsabilità limitata o Società accomandita per azioni La costituzione di una società - vale a dire di una persona giuridica, distinta dalle persone fisiche dei soci che la compongono - comporta la creazione di un patrimonio di una società distinto da quello dei singoli soci. La tutela nei confronti del patrimonio del socio nella società di capitali è massima mentre non in quella per persone. Ad es., nel caso in cui una società per azioni fallisca, perdo il valore delle sole azioni, salvo nell'ipotesi in cui sia un socio amministratore - che si dimostri che ho gestito la società non osservando le norme che il codice impone. Discorso lavoristico: Società di persone. Un socio di una società di persone svolge attività lavorativa nell'ambito della società. Ebbene, tale soggetto è un lavoratore subordinato? Es. tre amici aprono un bar e lavorano tutti e tre in questo bar. Sono lavoratori subordinati ? No, sono soci. I contributi non li pagano, non hanno ferie pagate, malattie pagate: cioè non si applicano le norme del diritto del lavoro. Il socio, peraltro, potrebbe svolgere un'attività lavorativa che esula dal contratto di società. Laddove questa attività sia di lavoro subordinato (cioè esista la subordinazione), il socio oltre che socio - è anche lavoratore subordinato. Società di capitali: Il socio si impegna a versare un capitale. E’ possibile che però conferisca anche un apporto alla società, ad es. lavorativo. Se abbiamo un socio non si esclude a priori la condizione di lavoratore subordinato. Socio e dipendente sono concetti cumulabili (dunque, sia nelle società di persone che di capitale). E' logico, tuttavia, che perché si abbia lavoro subordinato è necessario che vi sia il requisito della subordinazione. Es. Un operaio della Fiat che compra azioni della Fiat, sarà contemporaneamente socio e lavoratore subordinato. Società mutualistiche (cooperative). Sono caratterizzate dal fatto che i soci non costituiscono la cooperativa al fine di dividere gli utili, ma al fine di ottenere un vantaggio economico in termini di minor costo su determinati beni (cooperative consumatori) o in termine di occupazione (cooperative di produzione e lavoro). Ovviamente soltanto le cooperative di produzione e lavoro hanno una precisa rilevanza giuslavoristica. Es. di coop. di prod. e lav.: Cooperative di facchini, tassisti, muratori che decidono di mettersi insieme per trovare più facilmente un’occupazione. Questi non sono subordinati, né autonomi, sono soci; pertanto non si applicano le norme del diritto del lavoro. Esiste comunque una tendenza interpretativa volta ad estendere al socio cooperatore lo “standard minimo di tutela” tipico del lavoratore subordinato. 1°Esercitazione della dott.sa Maiani Scopo: Nella realtà non è sempre facile classificare i tipi di rapporto di lavoro: subordinato / autonomo. Esistono dei casi in una zona intermedia e per essi bisogna applicare un ragionamento basato su uno dei seguenti metodi: • Metodo sussuntivo • Metodo tipologico (partendo dalla definizione, si tenta di astrarre dal caso in esame) • Caso : “Le centraliniste erotiche” Erano lavoratrici autonome con contratto di lavoro di prestazione occasionale. Hanno richiesto la dichiarazione di subordinazione. Metodo tipologico: Caratteristiche del rapporto: Centraliniste - Onerosità => (Modalità di pagamento) Retribuzione NO? - Subordinazione (al potere direttivo) => Direttive Potere di controllo SI Potere disciplinare SI - Orari di lavoro SI - Rischio d’impresa SI SI - Proprietà degli strumenti Continuità del rapporto Inserimento nel contesto dell’azienda Modalità di assunzione SI SI SI NO Per un “giudizio di prevalenza” il giudice concluse che si trattava di lavoro subordinato. Applicando il metodo sussuntivo non si sarebbe arrivati alla stessa conclusione, infatti ci si sarebbe fermati al fatto che il contratto non è lecito siccome il tipo di impiego non è morale. • Caso: “Sacerdote presso una casa di cura” Un sacerdote svolgeva una collaborazione occasionale presso una casa di cura per tener messa, battesimi ed estreme unzioni. Era pertanto richiesta una sua reperibilità e veniva pagato con offerte alla chiesa. Un giorno fu licenziato, siccome la casa di cura aveva deciso di prendere un altro sacerdote come interno. Il sacerdote chiese che gli fosse riconosciuto il fatto che la sua posizione era di subordinato. Il lavoro suo carismatico di sacerdote può essere considerato subordinato? Il giudice sentenziò che ove il rapporto fosse continuativo si poteva costituire un ambito di contratto subordinato. Anche se non avevano stipulato un contratto tra le parti, il giudice può prescindere dalle decisioni delle parti. IL CONTRATTO DI LAVORO. Il contratto di lavoro è l'atto con il quale viene formalizzata l'assunzione di un dipendente. Ovviamente nell'ambito del diritto del lavoro il contratto di lavoro generalmente è rappresentato da una lettera di assunzione indirizzata dal d.d.l. al lav. e contenente il fondamentale contenuto del rapporto di lavoro. Nella lettera di assunzione si scrive "laddove Lei (prestatore di lavoro) sia d'accordo con quanto sopra riportato, vorrà restituirci copia della presente debitamente sottoscritta, per integrale accettazione". La lettera di assunzione - che quando viene inviata è una proposta di contratto - una volta restituita firmata diventa un contratto vero e proprio. In generale, cosa è un contratto? La nozione generale di contratto è data dall’art. 1321 del c.c., secondo cui è il contratto è l’accordo di due o più parti per costituire, regolare o estinguere tra loro un rapporto giuridico patrimoniale. Queste parti hanno bisogno di far nascere, regolare o far cessare tra loro un rapporto giuridico, con contenuto patrimoniale. Il contratto ha quattro requisiti fondamentali. Questi ultimi, espressi dall’art. 1325 cod. civ., sono: - l'accordo delle parti la causa l'oggetto la forma, quando è prescritta dalla legge a pena di nullità. Accordo. L'accordo può essere verbale, scritto oppure può anche avvenire per fatti concludenti. Es. Contratto di compravendita per fatti concludenti = Prendo un giornale dal giornalaio appoggio le 1500 lire sul banco, senza dire una parola Servono però determinate caratteristiche: esposizione della merce, apertura al pubblico, … L’accordo si ha per espressione della volontà delle parti. Esistono tre vizi della volontà: violenza, dolo ed errore. o Violenza Es. Ti obbligo con la forza a firmare un contratto o Dolo Es. Dichiaro di conoscere le tre lingue richieste per un determinato lavoro, ma in realtà non le conosco e, così, imbroglio il mio d.d.l. o Errore Es. Tizio crede di stipulare il contratto con un’altra persona. - La causa È la ragione giustificatrice del contratto. Es. Contratto di mutuo Causa: da una parte, la causa è il dare i soldi a prestito, dall’altra il riceverli con la clausola di renderli. Differenza tra causa e motivi. La causa è l’obbiettivo immediato che si pongono le parti. Il motivo è l’obiettivo secondario. Causa = ricevere i soldi di un mutuo ( obbiettivo primario, causa del contratto) Motivo = per comprare la macchina obbiettivo secondario). Quindi la causa è un elemento essenziale del contratto, mentre i motivi non rilevano. Eccezione: il motivo rileva in un solo caso : Art.1345 cod. civ. “motivo illecito determinante, comune ad entrambe le parti. Art.1343 cod. civ. “Causa illecita”. La causa è illecita quando è contraria a norme imperative, all'ordine pubblico o al buon costume. - L’oggetto del contratto Sono le prestazioni negoziali che i due soggetti si scambiano. Es. Contratto nel contratto di compravendita di un libro Libro da una parte. - Possibilità - Liceità - - I soldi dall’altra. L’oggetto deve rispettare determinati requisiti dettati dall’art. 1346 cod. civ., che sono i seguenti: E' necessario che le prestazioni siano possibili ; Es. Non è possibile vendere un quadro che è stato visto dal compratore due mesi or sono, e che nel frattempo è bruciato. Non contrarietà dell’oggetto a norme imperative, all’ordine pubblico o al buon costume. Nota : Esistono due tipi di norme : norme dispositive, vincolano solo se le parti non hanno disposto diversamente. Così, per esemplificare, la legge a volte stabilisce norme che possono essere derogate dalle parti. Es. L’art. 1282 del c.c.(“Luogo delle obbligazioni”) è una norma dispositiva. Il luogo in cui deve essere offerta l'obbligazione è il luogo in cui è stato stipulato il contratto. È possibile però che le parti specifichino altra località. norme imperative, sono norme che deve essere per forza osservate e che non possono mai essere derogate dalle parti. Es. Tutti i lavoratori debbono essere assunti regolarmente. Un'assunzione in nero è illegittima. Ordine pubblico: Sono i principi fondamentali del nostro ordinamento giuridico. Buoncostume: È l’insieme delle regole di comportamento sociale la cui violazione è ritenuta scandalosa dai consociati ( cioè dai cittadini), legate alla moralità in genere. Es. Patto di uno sportivo che si accorda con un soggetto per non presentarsi ad una gara, al fine di fare perdere la propria squadra. - Determinatezza o determinabilità: Le prestazioni negoziali devono essere ben determinate al momento della sottoscrizione del contratto o comunque ben determinabili. Es. Retribuzione : due mil/mese (prestazione determinata) Con partecipazione agli utili; è indeterminato, ma se si specifica che è partecipazione agli utili nella misura del 20%, rendo determinabile la prestazione (determinabile perché oggi è ancora indeterminata, in quanto oggi non so ancora quanto saranno gli utili; tuttavia fisso fin da oggi i parametri perché - una volta conosciuti gli utili - sia fin da oggi fissabile il quantum). La forma del contratto Come si è forme: - detto, la conclusione del contratto (stipulazione) può avvenire nelle seguenti oralmente per fatti concludenti in forma scritta : scrittura privata atto pubblico (stipulato presso un notaio) La forma è un requisito soltanto eventuale di un contratto. Nel senso che ci sono casi in cui la legge impone la forma scritta, ma ci sono anche casi in cui la legge non impone la forma scritta. Nota: Quanto abbiamo detto fino ad ora sul contratto in generale, non riguarda soltanto il contratto di lavoro ma tutti i contratti. Principio art.1322, comma 1, cod. civ., “autonomia contrattuale”: le parti possono liberamente determinare il contenuto del contratto, nei limiti imposti dalla legge. La legge tipizza i contratti più diffusi : - contratto di compravendita “ di matrimonio “ di trasporto “ di lavoro subordinato (art. 2094 c.c.) “ d’opera (art.2222 c.c.) Il contratto di lavoro è un contratto tipico siccome la legge lo disciplina. Le parti possono inventarsi un contratto nuovo non previsto dalla legge (atipico)? Art. 1322, comma 2, cod. civ.: le parti possono anche concludere contratti che non appartengono ai tipi aventi una disciplina particolare, purché realizzino interessi meritevoli di tutela secondo l'ordinamento giuridico. Sì, dunque: le parti possono stipulare anche un contratto atipico, purché sia diretto a garantire interessi meritevoli di tutela Es. contratto di franchising. Gli elementi accidentali (eventuali) del contratto sono tre : - condizione Le parti si accordano affinché gli effetti del contratto si producano o vengano meno al verificarsi di un evento futuro ed incerto. Tre tipologie di condizione : - casuale = dipende completamente dal caso Es.Tizio vuole acquistare un’auto da Caio, fanno un contratto. Tizio venderà a Caio un’auto e la pagherà 20mil , a condizione che il 6 ottobre a Modena piova. - potestativa = la condizione dipende dalla volontà di una delle due parti Es. Comprerò una casa da Caio se deciderò di trasferirmi - mista = dipende in parte dalla potestà del soggetto, in parte dal caso Es. Acquisto una casa da Tizio: le parti convengono quanto segue: Tizio vende la casa XY e io mi impegno ad acquistarla se il 6 ottobre 2000 mi sposerò. - La condizione inoltre può essere: sospensiva = gli effetti del contratto cominceranno a prodursi a partire dalla verificazione dell'evento futuro e incerto risolutiva = gli effetti cesseranno di prodursi nel caso in cui si verifichi l'evento futuro e incerto - termine Le parti appongono una data precisa da cui decorrerà (ovvero cesserà) la validità del contratto. - modo Il modo è una disposizione che può essere apposta ai contratti a titolo gratuito. Es. Dono 10 milioni a una fondazione ma voglio che siano spesi per una causa specifica - Capacità giuridica: è la capacità di divenire titolari di diritti e di doveri Art.1 del c.c. Si acquista dal momento della nascita Es. Il nonno intesta un appartamento al nipote. - Capacità d’agire: è la capacità di disporre dei propri diritti e dei propri doveri. Art.2 del c.c. Si acquisisce con la maggiore età. Es. Il nipote non può vendere quell’appartamento fino al diciottesimo anno In campo giuslavoristico, vi è un'eccezione: l'art. 2, comma 2, c.c. dispone che "sono fatte salve le leggi speciali che stabiliscono un'età inferiore in materia di capacità a prestare il proprio lavoro. In tal caso il minore è abilitato all'esercizio dei diritti e delle azioni che dipendono dal contratto di lavoro". Campo giuslavoristico Contratto tra lavoratore e datore di lavoro Oggetto: attività lavorativa, da un lato e retribuzione, dall'altro lato Causa: la volontà di prestare la propria attività lavorativa, da un lato e l'interesse di acquisire la prestazione lavorativa, dall'altro lato. Nell’ambito del diritto del lavoro vige la regola della aformalità, cioè la mancanza d’obbligo di fare un contratto di lavoro scritto, anche se è fortemente consigliabile. Tale regola subisce delle eccezioni, ad es.: - contratto di arruolamento marittimo: va fatto per atto pubblico. - I seguenti per scrittura privata: contratto a tempo parziale (altrimenti si considera a tempo pieno) (qui la forma è richiesta ad probationem, ai sensi del nuovo d. lgs. n. 61 del 2000) contratto di formazione lavoro ( altrimenti lo si considera già definitivo) contratto di lavoro temporaneo contratto di lavoro della gente dell’aria ( piloti , hostess,… ) contratto di reinserimento contratto di lavoro a squadra in risaia contratto di lavoro sportivo Es. contratto per fatti concludenti Raccoglitori di pomodori a giornata (vengono prelevati al mattino con pullmini dalla piazza del paese e portati sui campi: questi lavoratori salgono sul pullmino senza dire una parola e così manifestano la loro volontà di lavorare per l'intera giornata). Elementi accidentali possibili in un contratto di lavoro - termine (a tempo determinato anche tramite un avvenimento futuro ma certo) Es. Sostituzione di una maternità (v. infra) - Patto di prova = assunzione sottoposta a condizione (v. infra) - Patto di non concorrenza = per un certo lasso di tempo ci si impegna a non fare concorrenza al proprio ex datore di lavoro (v. infra) Bisogna infatti tener presente che l'obbligo di fedeltà (comprensivo del divieto di fare concorrenza al proprio d.d.l.) grava finché vige il contratto di lavoro. Queste clausole devono essere apposte per iscritto anche se il resto del contratto è orale. Contratto di lavoro illegittimo/invalido (illegittimo e invalido sono due sinonimi) Nullità È l’ipotesi più grave. Caratteristiche: - - - - “Quod nullum est, nullum producit effectum” = il contratto nullo non produce nessun effetto. Le parti potranno sempre andare dal giudice a chiedere la dichiarazione di nullità del contratto. La nullità potrà essere fatta valere non solo dalle parti, ma da chiunque vi abbia interesse. Es. Tizio è debitore nei confronti di Caio di 100 mil. Tizio vende la sua casa a Sempronio. Caio può richiedere la nullità del contratto. La nullità può essere rilevata d’ufficio dal giudice. Il contratto nullo non può essere convalidato Annullabilità È un contratto che presenta una forma non gravissima di illegittimità, quindi è valido, a meno che una delle due parti non chieda l’annullamento del contratto. Caratteristiche: In caso di annullamento, gli effetti del contratto non si cancellano “ex nunc” (cioè dal momento dell'annullamento), ma “ex tunc”, cioè dal momento della stipulazione del contratto Esiste un termine di prescrizione di 5 anni per richiedere l’annullamento del contratto. L'annullabilità può essere fatta valere solo dalla parte a favore della quale è stabilita. L'annullabilità non può essere rilevata d’ufficio dal giudice. Il contratto annullabile può essere convalidato (cioè si rinuncia a far valere l’annullabilità del contratto in seguito ad un accordo di entrambe le parti). Contratto di lavoro nullo: (“Quando è contrario a norme imperative”) secondo l’art. 1418 c.c. Es. Le parti si accordano di non pagare i contributi all’Inps. In questo caso la legge prevede la sostituzione automatica delle clausole. Art.1419 (“Nullità parziale di un contratto”) - Mancanza di uno degli elementi essenziali del contratto (previsti dall’art.1325) Per illiceità della causa, per contrarietà a norme imperative, all'ordine pubblico, al buon costume e per motivo illecito determinante e comune ad entrambe le parti; per frode alla legge Es. di illiceità della causa: Tizio assume Caio per far costruire dei recipienti per contenere della droga. Ovviamente sia Tizio che Caio devono essere a conoscenza della destinazione dei recipienti. - Oggetto illecito, indeterminato o indeterminabile, o impossibile. Es. (Illecito) Un soggetto assume una ragazza per farle fare la prostituta. Es. (Indeterminato) Non stabilisco parametri per retribuirlo. Es. (Impossibile) Assumo Tizio per sollevare dei macigni di 1 tonnellata l'uno Contratto di lavoro annullabile: Per una delle seguenti cause: - Per errore sulle qualità essenziali dell’altro contraente. Es. Banca che vuole assumere un cassiere, lo crede integerrimo ed invece è un pluripregiudicato. - Violenza Es. Il lavoratore che punta la pistola e chiede di essere assunto - Dolo - Stipulazione del contratto in violazione alle norme di collocamento (art. 2098 c.c.) L'azione può essere esercitata da pubblico ministero, entro un anno dalla data di assunzione. - Incapacità a contrattare di una delle parti Es. il lavoratore, per farsi assumere, dichiara che conosce benissimo il cinese, ma in realtà non è vero Capacità giuridica E' la capacità di divenire titolari di diritti e di doveri. Nel diritto civile la si assume dalla nascita, ma nel diritto del lavoro la si assume a 15 anni, se sono stati assolti gli obblighi scolastici. Per lavori pericolosi o per il lavoro notturno è prevista un’età minima di 18 anni. Capacità d’agire E' la capacità di disporre dei propri diritti e dei propri doveri Nel diritto civile si acquista con la maggiore età. Nel diritto del lavoro a 15 o 18 anni (nei particolari casi richiamati). In buona sostanza, dunque, nel diritto del lavoro la capacità giuridica e la capacità di agire si acquistano contestualmente. Un problema particolare, peraltro, esiste per la stipulazione del contratto di lavoro: Il 15enne può firmare da solo il contratto di lavoro o deve farlo firmare dal proprio genitore ? Non c’è una risposta univoca; esistono due orientamenti contrastanti. E' prevalente comunque l’orientamento che dà diritto al 15-enne di stipulare in prima persona il contratto di lavoro. Note: - È stato emanato un decreto legislativo (d. lgs. n.152 del 1997) che impone al datore di lavoro di informare per iscritto il suo dipendente degli elementi fondamentali del contratto stipulato oralmente (entro un mese dall’assunzione). - Art. 9 bis, comma 3, della legge n. 608 del 1996 Obbliga il datore di lavoro a consegnare al lavoratore all’atto dell’assunzione una dichiarazione contenente i dati relativi al lavoratore inseriti nel libro matricola. (Serve a far capire al lavoratore che è stato messo in regola). Queste comunicazioni sono unilaterali. Art. 2126 c.c. “La nullità o l’annullamento del contratto non produce effetto, per il periodo in cui il rapporto ha avuto esecuzione, salvo che la nullità non derivi da illiceità della causa o dell'oggetto” Comma 1 Assumiamo che il soggetto abbia già lavorato per un determinato tempo. Regola generale: La nullità o l'annullamento non producono effetto per il tempo già trascorso, con la conseguenza che il lavoratore - nonostante la nullità o l'annulamento - ha comunque diritto alla retribuzione. Eccezione: In caso di illiceità della causa o dell'oggetto il lavoratore non avrà diritto alla retribuzione, ma - al massimo ad un'azione per indebito arricchimento. Ciò significa che il lavoratore verrà rimborsato comunque del valore delle cose prodotte per evitare l’indebito arricchimento del suo datore, ad eccezione della contrarietà del buon costume. Comma 2 Eccezione dell’eccezione precedente. Comunque, se il lavoro è stato prestato in violazione di una norma posta a favore del lavoratore allora in questo caso il lavoratore ha comunque diritto alla retribuzione (siccome di fatto c’è stata una prestazione lavorativa). Da che cosa deriva il rapporto di lavoro? Secondo una prima impostazione (teoria contrattuale), dal contratto di lavoro. Si tenga presente, però che ci sono anche teorie acontrattuali, basate sull’art. 2126, secondo cui il rapporto di lavoro può prescindere dal contratto di lavoro. Da parte di alcuni sono state anche sostenute teorie istituzionistiche, oggi meno accreditate, secondo cui l’impresa è un’istituzione, con comunità di scopo tra datore e lavoratore, improntata sulla base di una rigida gerarchia. Patto di prova. L’art. 2096 c.c. sancisce che il patto di prova deve essere necessariamente stipulato in forma scritta, altrimenti si suppone l’assunzione definitiva sin dall’inizio. In questo caso l'intero contratto - a meno che la legge non imponga la forma scritta - potrà essere stipulato oralmente, ma la clausola relativa alla prova dovrà essere necessariamente scritta. Finalità della prova. Entrambe le parti sono interessate all’istituto della prova, e durante essa entrambe le parti sono portate a dare il meglio. Natura giuridica della prova: Secondo alcuni si è di fronte ad una condizione sospensiva (il contratto produrrà i suoi effetti se si verificherà quell'evento futuro e incerto che è il positivo superamento della prova), secondo altri si è di fronte ad una condizione risolutiva (il contratto cesserà di produrre i propri effetti se si verificherà quell'evento futuro e incerto che è il negativo superamento della prova). Forma. L’art. 2096 ci dice che deve essere scritta, ma non ci dice nulla a riguardo del momento in cui deve essere stipulato. La giurisprudenza ci dice che il patto di prova deve essere stipulato prima o al massimo contestualmente alla prestazione lavorativa. Caso pratico. Un lavoratore venne assunto in prova con contratto orale. Al momento di iniziare il lavoro il lavoratore era pronto a firmare il patto di prova ma siccome il datore in quel momento non era presente, venne firmato il contratto due ore dopo l’inizio del lavoro. Il giudice stabilì che l'assunzione doveva considerarsi già definitiva e non in prova. Comma 3. Durante il periodo di prova ogni parte può recedere dal contratto, senza obbligo di preavviso. Durata della prova: Al massimo sei mesi, ma almeno è richiesto un tempo che mi consenta di dimostrare le mie capacità. La prova non può essere prorogata. Forma “ad substantiam” Forma stabilita per la validità dell’atto. Forma “ad probationem” Il contratto è valido anche se orale; ma se si va davanti al giudice è necessario avere la forma scritta per provare come stanno le cose. CONTRATTI I contratti si possono dividere in due grandi tipologie: • a tempo indeterminato: questo tipo di contratto non presenta alcun tipo di termine; prosegue finché una delle due parti non decide di recedere. Il recesso dal contratto di lavoro prende il nome di licenziamento se posto in essere dal datore di lavoro, o di dimissioni in caso sia posto in essere dal dipendente. • a tempo determinato: è un contratto di lavoro precario poiché le parti stabiliscono un termine di scadenza. Tale termine può essere esplicito (es.: Tizio assume Caio fino a 31/12/2000) oppure legato ad un particolare evento e non a una data precisa (es.: Tizio assume Caio al posto di una lavoratrice in maternità; il termine è il rientro della lavoratrice in azienda). Il Legislatore ha deciso che il contratto di lavoro a tempo determinato sia stipulabile soltanto in presenza di situazioni particolari. Tali situazioni – che sono state tassativamente individuate dalla legge n. 230 del 1962 e dalla legislazione successiva sono: 1. l’ipotesi in cui il lavoratore sia assunto per sostituire un altro dipendente assente ma che ha diritto a mantenere il suo posto di lavoro (es.: sostituzione di una lavoratrice in maternità, di un dipendente che svolge il servizio militare, oppure di un dipendente malato o infortunato); 2. l’ipotesi delle attività di natura stagionale (es.: dipendenti di un o stabilimento balneare); 3. l’ipotesi delle punte stagionali di attività (es.: Fini con i pacchi di natale); 4. l’ipotesi relativa alla necessità di un’opera o servizio definito nel tempo, predeterminato e che abbia carattere straordinario ed occasionale; 5. l’ipotesi delle lavorazioni a fasi successive che richiedono maestranze diverse da quelle normalmente impiegate (es.: i lavori di falegnameria in un cantiere edile); 6. l’ipotesi dell’assunzione per personale in riferimento a specifici programmi televisivi o radiofonici; 7. l’ipotesi delle assunzioni di dirigenti tecnici o amministrativi; 8. le ipotesi previste dai contratti collettivi stipulati da sindacati nazionali o locali aderenti alle organizzazioni maggiormente rappresentative sul piano nazionale; 9. l’ipotesi dell’assunzione per personale di aziende di trasporto aereo; 10. l’ipotesi dei lavoratori in mobilità con durata del contratto inferiore di 12 mesi e con le agevolazioni previste per gli apprendisti; 11. l’ipotesi dei ricercatori scientifici di piccole e medie imprese, per progetti di durata determinata. La forma che deve assumere un contratto di lavoro a tempo determinato può essere anche orale ma la clausola relativa al termine di scadenza deve essere scritta. Il contratto di lavoro a tempo determinato non prevede una durata massima. Tale contratto alla scadenza può essere prorogato per una sola volta alle seguenti condizioni: 1. la durata non deve superare quella della prima volta; 2. la proroga deve avvenire per motivazioni particolari ed imprevedibili; 3. per la stessa attività lavorativa; 4. con il consenso del dipendente (necessita una nuova firma del dipendente). Il trattamento economico e normativo1 applicato ai contratti a tempo determinato è uguale a quello per i contratti a tempo indeterminato. 1 Per trattamento economico s’intende la retribuzione del dipendente. Mentre per trattamento normativo si assume l’insieme dei diritti e doveri del dipendente. REGIME DEL RECESSO DEL CONTRATTO DI LAVORO Il recesso può essere visto secondo due profili: • forma: ossia in che modo deve essere presentato; • sostanza: cause del recesso. Come detto in precedenza il recesso del contratto di lavoro si può presentare sotto forma di dimissioni (quando è il dipendente che decide di recedere dal contratto di lavoro), oppure come licenziamento (se è il datore di lavoro che decide di recedere tale contratto). Confrontiamo i due tipi di recesso secondo i profili sopra espressi. Qualora un dipendente decida di presentare le dimissioni, la regola generale è che lo possa fare anche in modo orale. Talvolta, peraltro, il contratto collettiva impone che anche per le dimissioni debba essere osservata una determinata forma. Così, per esemplificare, nel caso del contratto collettivo per il commercio è necessario fare una scrittura privata trasmessa tramite raccomandata con A.R.. Per quanto riguarda gli obblighi di sostanza, invece, il lavoratore è libero di andarsene senza motivare la sua scelta. Qualora ci si trovi in caso di licenziamento il datore di lavoro ha l’obbligo di comunicarlo in forma scritta. Per quanto riguarda gli obblighi sostanziali, inoltre, il datore di lavoro può recedere soltanto se sussiste un valido motivo. Le motivazioni del recesso si dividono in: giustificato motivo: si divide in - oggettivo: dipende da ragioni di impresa, che prescindono da valutazioni di ordine soggettivo (es.: l’introduzione del computer in ufficio implica la necessità di due segretarie anziché di tre); - soggettivo: è costituito da un notevole inadempimento degli obblighi da parte del lavoratore (es.: lavoratore che arriva sempre in ritardo); giusta causa (Art.2119 cod. civ.): ragione soggettiva; la giusta causa è quella causa così grave che non consente la prosecuzione nemmeno provvisoria del rapporto di lavoro (es.: offese molto gravi al lavoratore, da parte del datore di lavoro). La differenza tra giusta causa e giustificato motivo soggettivo è soltanto una differenza di ordine quantitativo, non qualitativo. Vale a dire: vi è sempre un inadempimento del lavoratore. Ma tale inadempimento è grave nel giustificato motivo soggettivo, mentre è gravissimo nella giusta causa. La conseguenza è che qualora ci si trovi di fronte ad una giusta causa, non è necessario dare il periodo di preavviso Resta inteso che in caso di dimissioni per giusta causa, il datore dovrà ugualmente pagare al dipendente il preavviso, perché il dipendente è stato “costretto” alle dimissioni dalla giusta causa del datore e quindi al lavoratore deve essere data la possibilità di trovare un nuovo lavoro. Ritornando al contratto di lavoro a termine, quest’ultimo può estinguersi soltanto per scadenza del termine, ovvero per giusta causa. Qualora nasca la necessità di recedere dal contratto prima, lo si può fare ma bisogna risarcire il danno alla parte che subisce il recesso, che corrisponde al pagamento di tutte le restanti mensilità fino alla scadenza2. In merito a tale situazione si riporta il seguente esempio: una azienda ha un dipendente assunto con contratto a tempo determinato di un anno con retribuzione mensile di 2.500.000; dopo cinque mesi questa decide di licenziarlo; il dipendente rimane disoccupato per un mese ma poi trova un altro impiego con retribuzione mensile di 2.000.000. L’azienda deve pagare tutto lo stipendio mensile oppure deve dare solo la differenza tra le due mensilità (il che, giuridicamente, si esprime chiedendosi se sia detraibile l’aliunde perceptum, cioè quanto sia stato percepito altrove)? E se il dipendente guadagna più di prima? Questi sono problemi molto dibattuti. La disciplina sanzionatoria del contratto a termine è stabilità dall’art. 2 della legge 230 del 1962, così come modificato dalla legge n. 196 del 1997 (c.d. Pacchetto Treu). Prima ipotesi: continuazione del rapporto dopo la scadenza. Si dispone che “se il rapporto di lavoro continua dopo la scadenza del termine inizialmente fissato o successivamente prorogato, il d.d.l. è tenuto a corrispondere al lavoratore una maggiorazione della retribuzione per ogni giorno di continuazione del rapporto pari a al 20% fino al decimo giorno successivo, al 40% per ciascun giorno ulteriore. Se il rapporto di lavoro continua oltre il ventesimo giorno in caso di contratto inferiore ai sei mesi ovvero oltre il trentesimo negli altri casi, il contratto si reputa a tempo indeterminato dalla scadenza dei predetti termini”. Seconda ipotesi: riassunzione entro un determinato periodo. Si dispone che “quando il lavoratore venga riassunto a termine entro un periodo di dieci ovvero venti giorni dalla data di scadenza di un contratto di durata rispettivamente inferiore o superiore ai sei mesi, il secondo contratto si considera a tempo indeterminato. Terza ipotesi: due assunzioni successive a termine Si dispone che in presenza di due assunzioni successive a termine il rapporto si considera a tempo indeterminato dalla data di stipulazione del primo contratto. A questo proposito, peraltro, si pone un problema interpretativo enorme: quand’è che si hanno due assunzioni successive a termine ? Da un lato, si è affermato che si hanno due assunzioni successive quando tra la prima e la seconda non vi è soluzione di continuità. Da altro lato, si è affermato che quella appena richiamata sarebbe una norma di chiusura, che vieta le assunzioni successive in frode alla legge. 2 Si ricorda che nel nostro ordinamento il risarcimento del danno subito consente il pagamento dei danni morali soltanto a fronte di un reato. La giustificazione dell’ambiguità della Legge Treu – con specifico riferimento al discorso che si è fatto relativamente al significato da attribuire alla formula “due assunzioni successive a termine” - si può trovare nel fatto che il Pacchetto Treu è stato elaborato con lo scopo principale di legalizzare il lavoro temporaneo; tale lavoro è stato fatto in gran fretta per rispettare i tempi imposti dalla Comunità Europea e quindi il Legislatore non è sempre riuscito ad essere chiaro. Fino ad ora si è parlato indistintamente di imprenditore e di datore di lavoro, malgrado ciò i due termini non vogliono dire la stessa cosa. Vediamo le differenze: 1) datore di lavoro imprenditore (art.2082 c.c.): è imprenditore chi esercita professionalmente una attività economica organizzata al fine della produzione e dello scambio di beni o di servizi. Le parole chiave in questo articolo sono: “organizzata” ossia deve esistere una struttura organizzata funzionalizzata alla produzione o allo scambio di quel bene o quel servizio; “professionalmente” che assume il significato di stabilmente. Gli imprenditori si dividono a loro volte in due grandi classi: • • 2) Piccoli imprenditori (art.2083 c.c.): sono piccoli imprenditori i coltivatori diretti del fondo, gli artigiani, i piccoli commercianti e coloro che esercitano una attività professionale organizzata prevalentemente con il lavoro proprio e dei componenti della famiglia; Imprenditori non piccoli: si differenziano dai precedenti per il fatto che possono fallire, hanno il dovere di tenere scritture contabili molto complesse e sono soggetti ad un regime di pubblicità (es.: bilanci ecc…); datore di lavoro non imprenditore: in tale categoria rientrano i liberi professionisti, coloro che assumono persone per le pulizie domestiche, e le aziende di tendenza (ossia quelle aziende che - senza scopo di lucro - svolgono attività di natura politica, religiosa, sindacale, di istruzione, culturale) (es.: sindacati, asili religiosi, partiti politici). ASSUNZIONE DEL LAVORATORE. Il contratto di lavoro è l’atto con cui inizia il rapporto di lavoro. Di solito il contratto di lavoro coincide con la lettera di assunzione. Vediamo la norme poste dal legislatore in materia di collocamento. Oggi in materia di collocamento la regola generale è l’assunzione diretta; per arrivare a questa norma vi sono stati alcuni passaggi. L‘iter storico che ha portato alla situazione attuale ha inizio con la legge 264/1949, che introdusse la richiesta numerica. Questa legge affidava allo stato il monopolio del collocamento. Se un privato cittadino o un impresa privata tentavano di svolgere la funzione del collocamento, si prevedeva l’applicazione di sanzioni penali (se l’attività collocativa era stata svolta a scopo di lucro), ovvero sanzioni pecuniarie (se l’attività non era stata svolta scopo di lucro). Sotto la vigenza della l. n. 264/1949, un lavoratore doveva andare presso l’ufficio di collocamento e chiedere di essere iscritto nelle liste di collocamento. Il d.d.l. che voleva assumere personale contattava l’ufficio di collocamento e manifestava la volontà di assumere - per esempio - 3 persone. L’ufficio contattava le persone secondo l’ordine della lista di collocamento, le quali erano obbligate ad accettare (per rifiutare ci volevano motivi validi): così avveniva l’avviamento al lavoro. A questo punto il datore di lavoro doveva stipulare il contratto di lavoro con il personale che gli mandava l’ufficio di collocamento. Il datore di lavoro non si poteva tirare indietro se non per giustificato motivo o giusta causa. Queste liste di collocamento – che tuttora esistono – comprendevano e tuttora comprendono tre classi: • • • Prima classe: disoccupati, inoccupati; lavoratori part-time con orario non superiore a 20 ore; lavoratori a tempo determinato con contratto di durata non superiore ai 4 mesi; Seconda classe: lavoratori già occupati (esclusi quelli iscritti nella prima classe) aspiranti a cambiare lavoro; Terza classe: lavoratori titolari di trattamenti pensionistici o di vecchiaia (es.: pensioni di anzianità, di invalidità …). Visto che questa legge era molto vincolante, alcuni decenni dopo, venne introdotta la legge 223/1991 che con l’art.25 riformava il collocamento, introducendo come regola generale la richiesta normativa. Con tale riforma il datore di lavoro si incontrava con il lavoratore, i due si accordavano ed infine il datore di lavoro comunicava la volontà di assumere il soggetto all’ufficio di collocamento il quale eseguiva una serie di controlli e successivamente dava il suo nulla osta. Con questo nulla osta le due parti potevano formalizzare il contratto di lavoro vero proprio. Ulteriore cambiamento epocale è stato introdotto dalla legge 608/1996 che ha posto come regola generale l’assunzione diretta. Regola oggi in vigore. Con tale normativa le due parti si incontrano e stipulano direttamente il contratto di lavoro; poi entro i 5 giorni successivi dalla data di inizio contratto devono mettere al corrente la Direzione Prov.le del Lavoro (sede provinciale del Ministero del Lavoro) dell’avvenuto contratto. In questo caso se sono necessari dei controlli vengono fatti a posteriori. Anche oggi, peraltro, pur imperando come regola generale quella dell’assunzione diretta, rimane comunque l’obbligo per ciascun soggetto che vuole essere assunto di iscriversi nelle liste di collocamento. Per l’iscrizione in queste liste è necessario aver compiuto il quindicesimo anno di età che diventa il diciottesimo per lavori pericolosi ed essere in possesso del libretto di lavoro. Proseguendo nell’evoluzione storica fin qui presentata, un profilo in cui la legislazione italiana – pur in seguito all’emanazione della legge n. 608 del 1996 - non era ancora conferme a quella europea, riguardava il persistente monopolio dello stato nel settore del collocamento. Ecco che nell’anno 1997, la Corte di Giustizia emana la sentenza Job Center che afferma che anche in Italia doveva essere data la possibilità ai privati di poter fare collocamento (a tale proposito, peraltro, può sottolinearsi come nonostante il divieto per i privati di svolgere attività collocativa, in realtà moltissimi privati svolgessero tale attività: si pensi ai giornali che riportavano alcune rubriche di offerte di lavoro). Arriviamo così alla legge 469/1997 che dà la possibilità anche ai privati di fare i collocatori: tali soggetti devono avere le seguenti caratteristiche: • • • • • • possedere l’autorizzazione del Ministero del Lavoro, che dura 3 anni; devono essere imprese o gruppi di imprese (holding: ossia una società finanziaria che detiene la maggioranza di un gruppo di imprese); devono svolgere solo quella attività; devono svolgere un servizio gratuito per il lavoratore (saranno pagate dal datore di lavoro che si rivolge a loro); devono rispettare il divieto di discriminazione. Tale principio è stabilito dall’art.15 dalla legge 300/1970 detta Statuto dei Lavoratori che dice: è nullo qualsiasi patto od atto diretto a: a) subordinare l’occupazione di un lavoratore alla condizione che aderisca o non aderisca ad un’associazione sindacale ovvero cessi di farne parte; b) licenziare un lavoratore, discriminarlo nell’assegnazione di qualifiche o mansioni, nei trasferimenti, nei provvedimenti disciplinari, o recargli altrimenti pregiudizio a causa della sua affiliazione o attività sindacale ovvero della sia partecipazione ad una sciopero. Le disposizioni di cui al comma precedente si applicano, altresì, ai patti o atti diretti a fini di discriminazione politica, religiosa, razziale, di lingua o di sesso. Le uniche aziende che possono fare discriminazioni in fatto di assunzioni e licenziamenti sono le aziende di tendenza in quanto per la loro singolare natura possono selezionare il personale anche in base alle sue idee. Devono inoltre rispettare la tutela della privacy Qualora un’agenia non abbia tutti i requisiti sopra descritti si applica la legge 264/1949. Nella legge 469/1997 viene inoltre istituito il SIL (Sistema Informativo del Lavoro) in cui si possono reperire tutti gli elementi fondamentali relativi a domanda e offerta nel modo del lavoro. La legge 469/1996 ha demandato alle regioni tutti i poteri in materia di lavoro. Gli organi più rilevanti sono: • Commissione Regionale permanente tripartita (ossia sono rappresentate tutte e tre le parti in gioco: Stato, Lavoratori e Datori di lavoro); • Centri per l’impiego; • Commissione Prov.le per le politiche del lavoro. Ci sono categorie di lavoratori che possono essere assunti pur non essendo iscritti alle liste di collocamento. Queste sono: • Coniugi (rapporto coniugale) parenti (tutte le persone che discendono da un capostipite comune) e affini (suocero o cognato) entro il terzo grado; F D A E G H B C B con A sono di primo grado B con C sono di secondo grado (fratelli) C con H sono di quarto grado (cugini) • • dirigenti; lavoratori domestici e addetti a studi professionali. Quindi allo stato attuale delle cose un datore di lavoro quando assume un lavoratore deve: compilare il libro matricola (libro dove sono annotate tutte le assunzioni dell’impresa); compilare il libretto di lavoro; se il contratto è orale deve informare il lavoratore per iscritto - entro 30 giorni – degli elementi essenziali del contratto; deve comunicare entro 5 giorni l’avvenuto contratto all’ufficio del lavoro. Se il datore di lavoro non rispetta tali norme può incorrere in una sanzione amministrativa (da 500 mila a 3 milioni) oppure nell’annullamento del contratto (art.2098 del C.C.). Dopo aver descritto quelli che sono i principi base dell’assunzione, vediamo due situazioni particolari, sintomo del fatto che non sempre un datore di lavoro può assumere chi desidera: 1) sistema delle precedenze: in caso di nuove assunzioni, hanno diritto a essere assunti prima di altri le seguenti categorie di lavoratori: • ex dipendenti licenziati per riduzione di personale (entro un anno); • lavoratori licenziati per motivi oggettivi; • lavoratori che in un trasferimento di azienda non passano alle dipendenze del nuovo imprenditore (entro un anno)3; • lavoratori a tempo parziale; • lavoratori che sono assunti per punte stagionali (entro tre mesi); • lavoratori che sono stati messi in mobilità (entro un anno). 2) sistema delle riserve a favore delle fasce deboli: ogni datore di lavoro con più di 10 dipendenti deve riservare il 12% delle nuove assunzioni ai lavoratori iscritti alle seguenti tre categorie: • lavoratori iscritti da almeno due anni nella prima classe delle liste di collocamento; • lavoratori iscritti nelle liste di mobilità; • lavoratori appartenenti a determinate categorie definite dalla Commissione Regionale permanente. 3 Impresa: ente che svolge una determinate attività. Azienda (art.2555 del C.C.): complesso di tutti i beni necessari per lo svolgimento dell’impresa dipendenti inclusi. Tutto quello detto fino ad ora vale per il collocamento ordinario, vi sono però alcune categorie che rientrano in collocamenti speciali (es.: collocamento agricolo, collocamento degli extracomunitari …). Un collocamento speciale è il collocamento dei disabili. In passato la legislazione imponeva che tutti i datori di lavoro pubblici o privato con più di 35 dipendenti fossero tenuti ad assumere dei dipendenti non vedenti, sordomuti, invalidi ecc…. Con la legge 68/1999 si parla di collocamento dei disabili (e non più di collocamento obbligatorio come in precedenza) che sono raggruppati in tre categorie: 1) disabili (psichici e fisici); 2) invalidi (guerra, lavoro e servizio); 3) non vedenti e sordomuti. In più vi è un regime transitorio per alcune categorie specifiche come vedove, orfani ecc…. Cambiano, inoltre, i numeri: la legge ora si applica alle imprese con più di 15 dipendenti: • un disabile per imprese con un numero di dipendenti compreso tra i 15 e i 35; • due disabili per imprese con un numero di dipendenti compreso tra i 36 e i 50; • il 7% del numero di occupati se i dipendenti superano le 50 unità. I disabili sono parificati in tutto e per tutto ai dipendenti normali. Un disabile può essere licenziato per giustificato motivo, per giusta causa oppure se il grado di invalidità aumenta a tal punto da essere pericoloso per se stesso e per gli altri. In tali casi il datore di lavoro può adibire a mansioni inferiori il disabile mantenendogli la stessa retribuzione. Le uniche imprese che non sono tenute ad assumere disabili sono le agenzie di trasporto marittimo, aereo e terrestre. DIVIETO DI INTERPOSIZIONE NEL RAPPORTO DI LAVORO. Interposizione nel rapporto di lavoro: fenomeno che si verifica quando il datore di lavoro è destinatario di prestazioni di lavoro di un soggetto assunto e retribuito da un altro. Il divieto di interposizione nel rapporto di lavoro è apparso per la prima volta nel nostro ordinamento con l’art.2127 c.c., che recita: è vietato all’imprenditore di affidare a propri dipendenti lavori a cottimo da eseguirsi da prestatori di lavoro assunti e retribuiti direttamente dai dipendenti medesimi. In caso di violazione di tale divieto, l’imprenditore risponde direttamente, nei confronti dei prestatori di lavoro assunti dal proprio dipendente, degli obblighi derivanti dai contratti di lavoro da essi stipulati. Rispondere degli obblighi derivanti dai contratti significa che nel caso in cui i cottimisti non siano pagati dai dipendenti dell’imprenditore, possono chiedere le retribuzioni direttamente all’imprenditore. Scopo di tale articolo è evitare che un soggetto lucri sul lavoro di altri. Si consideri che il datore di lavoro A abbia come dipendenti i soggetti B, C, D, E che sono pagati a cottimo (es.: 10.000 al pezzo). Il dipendente B assume a sua volta i soggetti F, G, H che verranno pagati sicuramente meno al pezzo che i dipendenti diretti di A (es.: 8.000 al pezzo): è per questo motivo che la legge italiana vuole vietare tale tipo di lavoro poiché il datore di lavoro A cercherà di non superare mai i 10 dipendenti per non incorrere negli obblighi sopra esposti e il dipendente B guadagnerà sul lavoro dei suoi dipendenti diretti. Infine, gli obblighi nei confronti di F, G, H per la legge li ha il datore di lavoro A. L’art. 2127, peraltro, non era in grado di colpire tutte le possibili ipotesi di interposizione. Per questo motivo, il legislatore ha adottato la legge 1369/1960 che afferma: “é vietato all'imprenditore di affidare in appalto o in subappalto o in qualsiasi altra forma, anche a società cooperative, l'esecuzione di mere prestazioni di lavoro mediante impiego di manodopera assunta e retribuita dall'appaltatore o dall'intermediario, qualunque sia la natura dell'opera o del servizio cui le prestazioni si riferiscono. E’ altresì vietato all'imprenditore di affidare ad intermediari, siano questi dipendenti, terzi o società anche se cooperative, lavori da eseguirsi a cottimo da prestatori di opere assunti e retribuiti da tali intermediari. E’ considerato appalto di mere prestazioni di lavoro ogni forma di appalto o subappalto, anche per esecuzione di opere o di servizi, ove l'appaltatore impieghi capitali, macchine ed attrezzature fornite dall'appaltante, quand'anche per il loro uso venga corrisposto un compenso all'appaltante. La legge 1369, in buona sostanza, vieta: 1) la somministrazione di manodopera (manodopera assunta dall’interposto, ma diretta dall’interponente; 2) lo pseudo-appalto (manodopera assunta e diretta dall’interposto). Pseudo appalto significa che non c’è un vero appalto, cioè un contratto col quale una parte assume con organizzazione dei mezzi necessari e con gestione a proprio rischio, il compimento di un’opera o un servizio verso un corrispettivo in denaro. Lo pseudo appalto quindi è vietato mentre l’appalto è lecito. Gli appalti leciti si dividono in due categorie: a) appalti leciti con obbligazione solidale del committente: in questi appalti il committente concorre con l’azienda appaltatrice a dare un trattamento economico e normativo uguale ai dipendenti assunti direttamente dal committente che svolgono medesime mansioni (es.: un impresa ha 10 dipendenti che fanno le pulizie e poi appalta la pulizia di un altro edificio alla Generica: i dipendenti dell’impresa e quelli della generica dovranno avere lo stesso trattamento economico e normativo). Inoltre l’imprenditore è tenuto in solido con l’appaltatore – relativamente ai lavoratori dipendenti da quest’ultimo – all’adempimento di tutti gli obblighi derivanti dalle leggi di previdenza ed assistenza. b) appalti leciti senza obbligazione solidale del committente: alcuni esempi di questi appalti sono: appalti per costruzioni edilizie; appalti relativi a manutenzione straordinaria; appalti relativi ad installazione e montaggio di macchinari Sotto il profilo sanzionatorio, la legge n. 1369 prevede che in caso di violazione della normativa da essa stessa posta, i lavoratori assunti dall’interposto sono considerati a tutti gli effetti alle dipendenze dell’imprenditore che abbia utilizzato effettivamente le loro prestazioni. Comando o distacco del lavoratore. Nel caso del lavoro privato, Comando e Distacco sono sinonimi, mentre nella pubblica amministrazione sono due cose diverse ( il distacco è un rapporto speciale soggetto a regole proprie). Caratteristica: Trilateralità del rapporto. A B C A manda B a lavorare presso C. Sembrerebbe interposizione, però la legislazione lo permette se sussistono le seguenti condizioni: 1. temporaneità del distacco (non è specificato il periodo temporale, ma è il giudice che – di volta in volta – verifica la compatibilità della fattispecie concreta con l’elemento della temporaneità) (nella norma 5 o 6 mesi) 2. per tutta la durata del comando deve sussistere un interesse concreto e persistente del distaccante (A). (Esempio: A compra un software, B non lo conosce e non esistono corsi, C fornisce la disponibilità che B vada a lavorare da C per imparare. È A a pagare B, però C dà le direttive a B). ATTENZIONE: non confondere la fattispecie con l’istituto del trasferimento. Art. 2103, comma1, ultimo periodo: …Egli (il prestatore di lavoro) non può essere trasferito da una unità produttiva ad un’altra se non per comprovate ragioni tecniche, organizzative e produttive. Art. 2103, comma 2, c.c.: ogni patto contrario è nullo. Ho un datore di lavoro che possiede due unità produttive: α β α, β sono unità produttive, cioè parti dell’impresa dotate di autonomia funzionale e produttiva. Come esempio si possono considerare le filiali di una banca. Per potere trasferire un dipendente da α,β devono sussistere ragioni tecniche, organizzative e produttive (vedi art. 2103). Se non sussistono tali ragioni il trasferimento non è valido. Il trasferimento del lavoratore ha le seguenti caratteristiche: 1. definitività: una volta che viene disposto il trasferimento dalla unità produttiva α alla unità produttiva β il lavoratore non tornerà più alla sede α. (N.B.: il trasferimento è diverso dalla trasferta, la trasferta è uno spostamento temporaneo del lavoratore. Per la trasferta possono non sussistere le esigenze tecniche, organizzative e produttive.) 2. mutamento topografico: deve esistere una distanza sufficientemente grande fra le due unità produttive. Comunque tale distanza non è fissata, è il giudice a stabilire in via equitativa , di volta in volta, se la distanza è sufficiente a delineare un trasferimento. Ciò poiché – evidentemente - maggiore è la distanza, maggiore è il sacrificio per il lavoratore. Se sussistono le ragioni tecniche, organizzative e produttive il datore di lavoro può trasferire senza il consenso del lavoratore. Se il lavoratore non accetta il trasferimento è da considerarsi dimissionario. Problema: è possibile trasferire il lavoratore per ragioni disciplinari? A stretto rigore il trasferimento disciplinare sembrerebbe illegittimo perché le ragioni disciplinari sono ragioni soggettive, non ragioni oggettive. Inoltre, in secondo luogo, l’art. 7, comma 4, dello Statuto dei lavoratori vieta che il datore possa adottare sanzioni disciplinari che comportino mutamenti definitivi. Oggi la giurisprudenza ha ammesso, in alcuni casi, il trasferimento disciplinare. Quest’ultimo, inoltre, è previsto dal contratto di lavoro collettivo dei dipendenti Enel. Se c’è un trasferimento di sede non sono necessarie le ragioni tecniche, organizzative e produttive infatti l’iniziativa economica privata è libera (Art. 41 della Costituzione). Nel caso in cui il trasferimento sia all’estero è necessario il consenso del lavoratore. Se è il lavoratore stesso a richiedere il trasferimento allora non si applica l’art. 2103. LAVORO TEMPORANEO. Situazione simile a quella dell’interposizione è l’agenzia di lavoro temporaneo (Adecco, ManPower…). A Agenzia di lavoro temporaneo B Impresa utilizzatrice C Lavoratore temporaneo La fornitura di lavoro temporaneo è un rapporto trilaterale: fra A e C esiste un contratto di lavoro temporaneo A assume C affinché vada a lavorare presso un altro soggetto B. • A trova B tramite le sue relazioni (o canali) • A e B stipulano un contratto di fornitura • Fra B e C non esiste nessun rapporto contrattuale In Italia era illegittimo fino al 1997 poi con il pacchetto Treu è stato legalizzato allo scopo di ridurre il lavoro sommerso. Come abbiamo già detto, il pacchetto Treu è stato fatto in fretta e anche la parte che riguarda il lavoro temporaneo ne risente. C’erano due possibilità: il modello francese (il contratto è a tempo determinato, nel contratto tra A e C si deve indicare B e cosa andrà a fare), e il modello tedesco (il contratto è a tempo indeterminato; nei periodi in cui C non lavora gli viene pagata un’indennità di disponibilità). Con una soluzione “all’italiana” si è stabilito di seguire entrambi con l’obbligo di indicare per iscritto (lettera), tutte le volte che inizia una missione, il nome dell’utilizzatore, la retribuzione, l’orario di lavoro, … Contratto di fornitura tra A e B. Il contratto di fornitura può essere stipulato nei casi previsti dai contratti collettivi, nei casi di temporanea utilizzazione in qualifiche non previste dai normali assetti produttivi aziendali, nei casi di sostituzione di lavoratori assenti fatte salve le seguenti ipotesi: 1. per qualifiche di esiguo contenuto professionale; 2. per la sostituzione di lavoratori in sciopero. Il • • • • • contratto deve essere in forma scritta e deve contenere: numero dei lavoratori; mansioni; luogo; orario di lavoro; trattamento economico. Il contratto per prestazioni di lavoro temporaneo deve anch’esso essere stipulato in forma scritta e deve contenere: • i motivi di ricorso alla fornitura • • • • • • l’indicazione dell’impresa fornitrice l’indicazione dell’impresa utilizzatrice le mansioni l’eventuale periodo di prova il luogo di lavoro, l’orario e il trattamento economico la data di inizio e il termine della prestazione lavorativa Chi esercita il potere direttivo? Deve essere B, anche se una parte di potere direttivo spetta sempre ad A. Il potere disciplinare lo esercita A sulla base di informazioni fornite da B. La retribuzione la paga A, anche se esiste un sistema di tutela per far sì che se non paga A, paghi B, in funzione di garanzia. Non tutti possono fare l’agenzia di lavoro temporaneo: è necessario essere soggetti specifici, in particolare è necessario essere società iscritte ad apposito albo; essere una società di capitali che abbia versato un capitale non inferiore al miliardo di lire, che abbia sede legale o una sede legale nel territorio dello Stato, che abbia versato una cauzione di 700 milioni; l’agenzia deve essere presente in almeno quattro regioni. Normativa di sicurezza: il soggetto responsabile per C è B (impresa utilizzatrice). In questo caso abbiamo interposizione però il legislatore ha stabilito che se si svolge secondo le modalità descritte allora è legittima (per questo motivo la dottrina ha parlato di “interposizione brevettata”). Se manca uno solo dei requisiti allora si applica la legge n. 1369 del 1960 ⇒ interposizione non brevettata Lavoro a domicilio. Lavoratore che è perfettamente integrato nel ciclo produttivo dell’impresa, ma invece di lavorare nell’impresa, lavora a casa propria. Il lavoro a domicilio è subordinato se sussistono 3 requisiti ( art. 877): 1. sussiste la subordinazione; 2. a condizione che il lavoratore non abbia alle proprie dipendenze altri dipendenti, né apprendisti (potrà avere familiari però a carico e conviventi); 3. deve essere inserito nel ciclo produttivo dell’impresa in modo continuativo ed esclusivo. Non è possibile utilizzare lavoro a domicilio: 1. lavoratore che maneggia sostanze pericolose; 2. quando l’impresa ha posto in essere riduzioni di personale (licenziamenti collettivi, vale a dire licenziamenti per giustificato motivo oggettivo) entro un anno dall’ultimo licenziamento; 3. quando l’imprenditore porta all’esterno macchinari che erano dentro l’impresa, per fare lavorare all’esterno i lavoratori a domicilio. Esiste l’obbligo di pagare il lavoratore a domicilio con il cottimo pieno. Esistono particolari obblighi di documentazione del lavoratore a domicilio (es.: l’azienda dovrà registrare il lavoratore in un apposito registro). Telelavoro. Può essere (in taluni casi) una tipologia di lavoro a domicilio; in realtà con la parola TeleLavoro (TL) si intende solo la modalità con cui si svolge il lavoro, vale a dire il fatto che il lavoro sia prestato a distanza (grazie all’ausilio degli strumenti informatici). Nel caso venga svolto a casa propria, allora può diventare lavoro a domicilio subordinato. I problemi del TL riguardano i seguenti nuclei argomentativi: La sorveglianza sull’operato del lavoratore e, in connessione con questa tematica, la questione dell’applicabilità dell’art.8 Stat. Lav. (indagini attinenti alla vita privata (politica, religione, sindacato) del lavoratore) La libertà sindacale del Telelavoratore (in questo caso l’utilizzo di un elaboratore comporta un esercizio limitato dell’attività sindacale) La materia della sicurezza sul lavoro Queste problematiche sono state affrontate da un accordo inter-Confederale del 1997, in cui si regolamenta il TL nella Pubb. Amministrazione (nel mondo del “privato”, invece, la situazione è ancora in alto mare). CLASSIFICAZIONE DEI LAVORATORI. CATEGORIE, QUALIFICHE E MANSIONI. L’art. 96 delle disposizioni di attuazione del Cod. Civile, prevede che il datore di lavoro, faccia sapere al lavoratore al momento dell’assunzione, quali sono la categoria e la qualifica che gli sono assegnate, in funzione delle mansioni per cui è stato assunto. Per mansione intendiamo quell’insieme di compiti che il lavoratore deve svolgere nell’ambito dell’impresa. L’esistenza di tante mansioni rende necessario il fatto suddividere in diversi raggruppamenti le mansioni che hanno il medesimo peso professionale (mansioni equivalenti); ogni gruppo prende il nome di qualifica (o livello). In Italia esiste un inquadramento unico che comprende molti livelli: I livello, II livello, III livello… L’inquadramento unico è detto così perché comprende sia mansioni impiegatizie, che operaie, che mansioni proprie dei quadri. Ovviamente, deve tenersi presente che oggi come oggi esistono mansioni impiegatizie meno importanti (e anche meno retribuite), di quelle operaie. Si pensi al diverso peso di un usciere (impiegato) e di un operaio estremamente specializzato. All’interno di un livello, tuttavia, abbiamo un profilo omogeneo. Con l’inquadramento unico, si è soppesato il valore professionale di ogni mansione, aldilà dell’appartenenza ad un categoria. A questa concezione ci si è arrivati solo negli anni ’70. Ma chi stabilisce l’inquadramento delle mansioni nei diversi livelli? E’ la contrattazione collettiva che, settore per settore, stipula l’inquadramento; per cui parlare di un 3° livello, necessita la conoscenza del CCNL (contratto collettivo nazionale di lavoro). Il datore di lavoro, può attribuire al lavoratore una qualifica convenzionale cioè << ti assumo per una mansione di 3° livello, ma siccome sei molto in gamba ti inquadro come 4° livello >>. Nell’ambito lavorativo si incontrano anche mansioni promiscue (es.: un po’ 3° livello, un po’ 4° ed un po’ 5° livello: in tali casi è opportuno verificare quale delle tre è prevalente sia in quantità sia in qualità, per poi deciderne la retribuzione appropriata). Categorie (art. 2095 c.c.). Inizialmente, le categorie legali (cioè previste dalla legge) erano tre: • dirigenti • impiegati • operai Poi, nel 1985, con la legge n. 190 è stata prevista una nuova categoria: quella dei quadri. Oggi, quindi, le categorie legali sono quattro: • dirigenti • quadri • • impiegati operai Attenzione però: stiamo parlando di categorie legali. A queste quattro categorie va aggiunta la categoria degli intermedi, che tuttavia è una categorua contrattuale, cioè prevista dai contratti collettivi. Per cui, aggiornato con gli intermedi, il nostro elenco diventa: • dirigenti • quadri • impiegati • intermedi • operai Chi dice che un lavoratore è un quadro, piuttosto che un operaio? Viene specificato dal CCNL del settore di appartenenza, il quale stabilisce che chi compie il tal lavoro, deve essere necessariamente un quadro, o un operaio, o un intermedio, ecc. Dirigente Con il termine dirigente si intende colui che è in grado di sostituire l’imprenditore in tutte le sue funzioni (alter ego del datore di lavoro). Nel caso particolare delle grande aziende (S.p.A.) avremo tipicamente due figure ai vertici dell’impresa: l’imprenditore che investe i suoi capitali (e non ha incarichi operativi), e il dirigente che lavora all’interno dell’impresa con incarichi operativi. La distinzione diviene necessaria poiché nel caso di piccole realtà si assiste al rapporto “titolare – dirigente” (il dirigente è subordinato al titolare), mentre nella grande realtà le parti saranno “CdA – dirigente” (il dirigente è subordinato al Consiglio di Amministrazione). Nelle categoria dei dirigenti si possono ulteriormente classificare i Grandi Dirigenti, i Medi Dirigenti ed i Mini Dirigenti (ovvero non si ha l’omogeneità presente nelle altre categorie). Il dirigente è un soggetto caratterizzato da ampi poteri, da una elevata autonomia che persegue i macro-obiettivi dell’impresa (la giurisprudenza in materia di dirigenti punta su intensità e ampiezza dei poteri). Il rapporto di lavoro dirigenziale è speciale: è sempre subordinato, ma con modalità diverse (non è soggetto a potere disciplinare – deciso da una sentenza dalla cassazione-). Questo, però, vale solo per dirigenti apicali: i minidirigenti sono soggetti al potere disciplinare dei medi e dei grandi. NOTA: E’ importante sottolineare la differenza fra minidirigente e pseudodirigente: (questi è un quadro che lavora da quadro, ma che gli è stata riconosciuta convenzionalmente la qualifica dirigenziale, per poterlo retribuire da dirigente). La mancanza di potere disciplinare sottintende che fra imprenditore e dirigente deve esistere un rapporto di fiducia reciproca; in ogni caso, tuttavia, i dirigenti sono soggetti ad una disciplina a sé stante: non hanno diritto a straordinario, non hanno l’obbligo di marcare il cartellino, etc. etc.. Inoltre l’art.2 della legge 604 del 1966 sancisce il diritto da parte del dirigente di avere la comunicazione per iscritto del licenziamento. I contratti collettivi, poi, introducono anche per il dirigente un obbligo di motivazione del licenziamento. Quadri. Come si è detto, la categoria dei quadri, nasce soltanto nel 1985; questi sono soggetti che hanno funzioni direttive e di controllo (ma meno estese dei dirigenti), oppure svolgono funzioni altamente qualificate. La legge specifica chi sono i quadri (l. n. 190 del 1985, ovvero la legge che ha disciplinato la categoria). Impiegati ed Operai. Per trovare le fonti che definiscono gli impiegati e gli operai, è necessario risalire al Regio Decreto 1825 del 1924! I criteri di distinzione fra le categorie, sono due (criterio negativo, criterio positivo). Crt. negativo: E’ impiegato chi svolge attività intellettuale, ma non manuale; è operaio chi svolge attività manuale, ma non intellettuale. Crt. positivo: E’ impiegato chi collabora all’impresa (o meglio coopera nello svolgimento dell’attività produttiva), mentre operaio è colui che collabora nell’impresa (essere dentro a lavorare – meno importante). Come distinguo chi è operaio da chi è impiegato? Ovviamente, anche in questo caso, sono i c.c.n.l. che provvedono ad individuare chi è operaio e chi è impiegato. Intermedi. Come si è accennato, è una categoria contrattuale relativa a lavoratori con: mansioni superiori a quella degli operai incarichi che implicano particolare fiducia controllo su altri operai La creazione della categoria degli intermedi nasce dall’esigenza di avere figure non impiegatizie, ma più qualificate di un operaio. Determinazione delle categorie. Riassumendo, abbiamo uno schema di questo tipo: Dirigenti (sono determinati da: giurisprudenza, CCNL) Quadri (sono determinati da: legge 190/1985) Operai, Impiegati (sono determinati da: legge, CCNL) Intermedi (sono determinati da: CCNL) DISCIPLINA DELLA MOBILITA’ PROFESSIONALE (Art. 2013 del Codice Civile) Questo articolo regolamenta la mobilità professionale all’interno dell’impresa. La casistica prevede tre tipologie diverse di mobilità: a) Mobilità Verticale Ascendente b) Mobilità Verticale Discendente c) Mobilità Orizzontale Nel caso a), il datore di lavoro assume un 3° livello e poi in seguito lo utilizza per mansioni superiori (p.e. del 4° livello). In tal caso, tuttavia, è necessario il consenso da parte del lavoratore (ovviamente questa situazione, per il lavoratore, comporterà responsabilità maggiori a fronte di un aumento di retribuzione). Generalmente questa “promozione” vale per un periodo limitato nel tempo; essa diviene definitiva quando supera il periodo di 3 mesi (periodo massimo), ovvero il periodo eventualmente inferiore stabilito dai contratti collettivi e a condizione che il lavoratore non sia stato adibito a mansioni superiori per la sostituzione di altro lavoratore con diritto alla conservazione del posto (ad esempio una donna incinta). Per quanto riguarda il caso c), abbiamo mansioni equivalenti, ovvero mansioni che comportano l’uso del medesimo bagaglio professionale. Il datore di lavoro può adibire a mansioni equivalenti senza chiedere il consenso del lavoratore. Potrebbe accadere, però, che mansioni equivalenti abbiano retribuzioni differenti. Ccome esempio, prendiamo la figura del ragioniere in banca, addetto allo “sportello”, il quale ha diritto ad una indennità di cassa. Se questo cassiere viene spostato all’ufficio titoli, si potrebbe porre il seguente problema: l’indennità di cassa va ugualmente pagata? Il dibattito è ancora aperto, infatti l’art. 36 della costituzione, prevede che “il prestatore di lavoro, ha diritto ad una retribuzione proporzionale alla quantità e qualità del lavoro svolto”. Si è affermato che se due lavoratori all’interno della stessa impresa svolgono la stessa quantità di lavoro, con la medesima qualità, allora a questi spettano la stessa retribuzione. Se si condivide questa impostazione, allora, nel caso di spostamento del cassiere allo sportello titoli, l’indennità di cassa non può essere mantenuta, poiché avrei due impiegati allo sportello titoli con retribuzione differente. E’ necessario allora distinguere due tipi di indennità: indennità espressive di una professionalità (es.: l’indennità estero, se da un lato serve per retribuire il lavoratore per il maggior disagio derivante dal fatto di lavorare all’estero, per una parte sarà anche espressiva della capacità del lavoratore di lavorare all’estero, perché – per esempio – conosce la lingua straniera) indennità modale (che attengono alle modalità di svolgimento della prestazione – es. indennità di cassa, indennità di sottosuolo, indennità frigo) Le indennità espressive della professionalità rimangono; le indennità modali cadono. Si tenga presente, però che a questa impostazione se ne contrappone un’altra, secondo la quale in caso di adibizione a mansioni equivalenti il lavoratore ha diritto a non subire alcuna diminuzione della retribuzione. Con la conseguenza che al cassiere spostato all’ufficio titoli andrebbe mantenuta l’indennità di cassa. Tra le due impostazioni, peraltro, è forse preferibile propendere per la prima. Il legislatore non parla di mobilità verticale in basso, poiché non l’ammette. A tal proposito, però, esistono delle eccezioni: a) quando il lavoratore rischia il licenziamento per giusto motivo oggettivo; in questo caso, tra la tutela del posto e la tutela della professionalità deve evidentemente prevalere la tutela del posto. E’ evidente, peraltro, che laddove si proceda al licenziamento, la giurisprudenza prevede l’obbligo del repechage, nel senso che il d.d.l. può licenziare solo se non esistono altre mansioni (anche inferiori) cui adibire il lavoratore in esubero. In questa ipotesi il lavoratore adibito a mansioni inferiori perderà il diritto alla retribuzione precedente. b) può inoltre essere adibito a mansioni inferiori il lavoratore che sia portatore di handicap, in caso di aggravamento delle proprie condizioni. Nota: Qualora vengano stipulati patti in contrasto con l’art. 2103 fra il datore di lavoro ed il lavoratore, questi sono dichiarati automaticamente nulli. Nota: nel 2103 si menziona anche di trasferimento poiché in taluni casi può accadere che il trasferimento muti la professionalità del lavoratore. E’ importante ricordare che il trasferimento può avvenire in maniera unilaterale da parte del datore di lavoro per motivi tecnici e/o organizzativi. Il legislatore tutela comunque il lavoratore dichiarando nullo un trasferimento di carattere peggiorativo. RETRIBUZIONE La retribuzione è la prestazione del datore di lavoro nei confronti del lavoratore. E’ l’obbligazione più importante a cui è tenuto; lo prevede l’art.2094 del CC e l’art. 36 della Costituzione. In tali leggi vengono sanciti due principi fondamentali: 1) il principio di proporzionalità (proporzionalità al lavoro svolto) 2) il principio di sufficienza (retribuzione sufficiente al conseguimento di vita dignitosa per se e per la propria famiglia) Il primo punto 1) prevede che la retribuzione sia proporzionale alla quantità ed alla qualità del lavoro. Il secondo punto sostiene che anche a prescindere dal principio di proporzionalità, il lavoratore ha diritto ad una retribuzione tale da garantire una vita libera e dignitosa per se e per la propria famiglia. Diventa allora problematico stabilire gli standard di vita libera e dignitosa: una retribuzione di 2 milioni di lire per un single garantirà uno standard di vita diverso da quello offerto da una retribuzione di 2 milioni di lire con moglie e 6 figli a carico. In tal caso il divario esistente fra i regimi viene coperto dallo stato mediante l’utilizzo degli assegni familiari. Il quantum di sufficienza è stabilito - solitamente - dal giudice il quale per stabilire la cifra idonea, consulta il CCNL (ma può anche decidere diversamente). Il principio di proporzionalità corrisponde al principio di corrispettività (retribuzione in cambio di lavoro); esistono, però, casi particolari in cui ho retribuzione in cambio di “non lavoro” (p.e. ferie, malattie). Questo sta ad indicare che il principio di corrispettività è semplicemente una linea guida, ma non sempre è applicata. Nota: L’attività sindacale: in teoria il CCNL è applicabile solo se il lavoratore è iscritto al sindacato. Per quelli non iscritti, non dovrebbe essere applicabile. Però sarebbe più equo che tutti potessero usufruire del CCNL (alla cui redazione partecipano i sindacati). Esistono, quindi, delle linee guida tali per cui la giurisprudenza prenda decisione nei confronti di tutti i lavoratori (iscritti o meno al sindacato). La classificazione della retribuzione. Il codice civile prevede 6 fasce retributive: 1) a tempo (retribuzione oraria, settimanale, mensile) 2) Cottimo nelle seguenti forme: a. Cottimo a pezzo b. Cottimo a tempo, in cui si misura il tempo necessario ad effettuare un pezzo del processo produttivo c. Cottimo collettivo (a squadra) d. Cottimo individuale e. Cottimo pieno (il lavoratore viene pagato interamente a cottimo, come è il caso del lavoratore a domicilio) f. Cottimo misto (pagati in parte con un numero di pezzi, in parte con un minimo fisso) 3) Partecipazione agli utili (pagamento con una percentuale sugli utili aziendali): in questo caso all’atto dell’assunzione deve essere specificata la quota percentuale 4) Partecipazione ai prodotti (poco diffusa: p.e. nella pesca) 5) Con provvigione (retribuzione “parametrata” al volume degli affari fatti concludere: tipici esempi sono il cameriere ed il rappresentante) 6) Prestazione in natura (abbastanza diffusa soprattutto in ambito di qualifiche elevate; in questa categoria rientra l’auto aziendale, il telefonino a spese dell’azienda) Per quanto riguarda i punti dal 2) al 5) si tratta di lavoratori subordinati, poiché gli si incentiva a fare di più. Tuttavia il tutto va combinato con il principio di sufficienza: “se lavoro poco avrò diritto ad una sufficienza mentre se non cado nel caso di insufficienza lavorativa, posso venire licenziato” (questo è il motivo per cui ormai più nessuna sottoscrive dei contratti tipo 2) … 5) ). Negli ultimi anni si è vista la nascita di nuove tipologie di retribuzione (formalizzate dai CCNL). Queste sono state aggiunte come nuovo stimolo per attirare/mantenere lavoratori particolarmente importanti. Un esempio in questo senso possono essere i cosiddetti fridge benefit (?) ovvero benefici aggiuntivi (telefonino aziendale, iscrizione al golf club, etc. etc.) tipicamente assegnati a dirigenti e quadri. In tali evenienze oltre al prestigio per l’azienda derivante dall’avere un dirigente al golf club, è possibile avere delle convenienze dal punto di vista fiscale (anche se negli ultimi anni il margine di convenienza si sempre più assottigliato). Altri esempi di retribuzione differente dal tradizionale salario, sono gli accordi di produttività oppure gli accordi di redditività (anche se questi non sono stipulati singolarmente, ma collegialmente). Struttura della retribuzione. La retribuzione ha una struttura particolarmente complessa. Avremo una Retribuzione Normale Minima suddivisa in: Paga base (minimo standard) Scatti di anzianità Mentre, invece, la Retribuzione Globale suddivisa in: Retribuzione Normale Minima Elementi Accessori suddivisi a loro volta in o Maggiorazioni (lavoro notturno, festivo) o Integrazione ovvero: Ferie Superminimi Mensilità supplementari (tredicesima) Indennità Indennità di Anzianità – TFR Superminimo: con il concetto di superminimo si intende una maggiorazione del livello minimo della retribuzione; se il CCNL prevede una retribuzione di 2 milioni per una certa categoria, il datore di lavoro può autonomamente decidere di dare 200.000 in più rispetto alla retribuzione definita dal CCNL. Il Problema dell’assorbibilità dei superminimi Supponiamo la seguente situazione. Un lavoratore è soggetto al passaggio dal 3° al 4° livello; la retribuzione precedente era di 2 milioni più 200.000 lire di superminimo. Il nuovo inquadramento prevede una retribuzione mensile di 2.200.000 lire. I problemi che si pongono sono i seguenti: 1) La retribuzione dopo il passaggio di livello, dovrà essere di 2.400.000? 2) Se un domani il CCNL prevede un aumento, il datore di lavoro lo deve applicare, in virtù del fatto che adotta un superminimo? La risposta a questi problemi è nelle mani del datore di lavoro. E’ infatti suo compito far si che specifichi se intende far avvenire quello che è chiamato assorbimento ovvero il superminimo operi da cuscinetto fra le variazioni della retribuzione base del CCNL e le retribuzioni in essere all’interno dell’impresa. Se il datore non specifica nulla, è sottinteso che l’assorbimento non viene praticato. Menzione di retribuzione. Esistono quattro requisiti essenziali: 1) 2) 3) 4) è necessaria la CORRISPETTIVITA’ è necessaria la CONTINUITA’ è necessaria la OBBLIGATORIETA’ è necessaria la DETERMINABILITA’ Qualora venisse a mancare anche uno solo di questi requisiti, allora non è più corretto parlare di retribuzione. Il primo punto è abbastanza chiaro: avremo un corrispettivo in denaro a fronte di una prestazione lavorativa. Il secondo punto, invece, non è così immediato. E’ necessario dover distinguere tra Continuità e Cadenza mensile. Continuità non implica necessariamente che la retribuzione venga erogata con cadenza mensile, in quanto può essere erogata anche con frequenza semestrale o annuale. L’importante è che le scadenze concordate siano rispettate (la continuità è riferita a questo). Per quanto riguarda il terzo e quarto punto sono abbastanza chiari e non necessitano ulteriori spiegazioni. Nel nostro sistema non esiste una definizione di omnicomprensibilità (?). Alcuni casi particolari, però, sono specificati. Un esempio per tutti e il Trattamento di Fine Rapporto (TFR). La disciplina del TFR (art.2120), prevede che il datore di lavoro preveda un accantonamento obbligatorio per ogni lavoratore nella seguente misura: Guadagno annuale / 13.5 . In particolare l’art. 2120 sottolinea la non occasionalità dell’operazione. La legislazione sui brevetti La problematica in tema di brevetti, riguarda il diritto di sfruttamento e la paternità degli stessi in ambito lavorativo. Le domande a cui la legge fornisce risposte sono le seguenti: In occasione di una invenzione, chi ha il diritto di sfruttamento? Ovvero chi ha il diritto di sfruttarla economicamente e chi ha il diritto d’autore su di essa? La legge ha definito tre casi possibili: 1) Invenzione di Servizio 2) Invenzione d’Azienda 3) Invenzione Occasionale Invenzione di Servizio. Sono chiamate così perché il lavoratore viene assunto in qualità di “inventore” ovvero l’attività inventiva è l’oggetto del contratto con cui viene assunto (tipico esempio è il settore di Ricerca&Sviluppo). In questo caso, quindi, il lavoratore è pagato per inventare, quindi dal punto di vista economico non ha diritti; tuttavia gli viene riconosciuto il diritto di autore. In sintesi lo sfruttamento economico sarà dell’impresa che lo “acquista a titolo originario”. Ricordiamo che le modalità di acquisto di un bene/servizio possono essere di due tipologie: titolo originario (quando io costruisco un oggetto, ne acquisto automaticamente anche il titolo originario) titolo derivativo (l’oggetto che era di mia proprietà, ora è tuo) Invenzione d’Azienda. L’attività inventiva non costituisce oggetto di contratto, quindi non è prevista una retribuzione in caso di invenzione; in questo caso l’invenzione è collegata alle mansioni del lavoratore. Autore: ne viene riconosciuto il diritto al lavoratore che l’ha creata. Sfruttamento: questo è un diritto del datore di lavoro. In questo contesto, però il lavoratore ha diritto ad un premio equo. Nota: il diritto (sia d’autore che di sfruttamento economico), si ha dal momento che all’invenzione viene concesso il brevetto. Invenzione Occasionale. In questo caso l’attività inventiva non è oggetto di contratto. Non è prevista, quindi, nessuna specifica retribuzione in occasione di tali eventi. L’invenzione non attiene alle mansioni svolte dal lavoratore. Autore: ne viene riconosciuto il diritto al lavoratore che l’ha creata. Sfruttamento: diversamente dagli altri casi, qui il diritto di sfruttamento economico è lasciato all’ideatore dell’invenzione. Tuttavia esiste un diritto di prelazione sull’invenzione da parte del datore di lavoro. Infatti il datore di lavoro può acquisire il diritto di sfruttamento, previo pagamento, anche qualora il lavoratore non sia d’accordo (concordato). E’ una specie di acquisto derivativo coatto. NOTA: Nel caso in cui un lavoratore inventi qualcosa e si licenzi dall’azienda (magari per evitare i diritti del suo datore di lavoro), esiste una presunzione relativa per cui si “considera invenzione avvenuta nel corso del rapporto di lavoro, quella invenzione per al quale è stato richiesto il brevetto entro e non oltre un anno dal licenziamento”. Entro tale termine l’exdatore di lavoro può esercitare i suoi diritti di prelazione, oltre l’anno no. Doveri del lavoratore nei confronti del suo datore Secondo l'art. 2104 sul lavoratore grava l'obbligo di diligenza e di obbedienza rispettivamente disciplinati dal primo e dal secondo comma di questo articolo: comma 1: il lavoratore deve osservare il requisito di diligenza, che deve soddisfare 3 caratteristiche: 1) la diligenza deve essere specifica alla natura del suo lavoro. Infatti normalmente si richiede una diligenza del buon padre di famiglia ossia del buon senso. Ma questo è impensabile nel diritto del lavoro. 2) deve seguire l'interesse dell'impresa (se pur con dei limiti) 3) deve seguire l'interesse superiore della nazione. Quest'ultimo punto, però , esiste solo in via formale ma nella pratica può considerarsi abrogato. comma 2: il lavoratore deve osservare il dovere di obbedienza. In particolare, se la natura del lavoro del dipendente necessita di una coordinazione tra la sua attività e quella degli altri per avere un prodotto integrato, il lavoratore è obbligato a seguire le direttive al fine di raggiungere tale scopo. La diligenza e l'obbedienza si possono considerare, più che degli obblighi veri e propi, una sorta di modalità dell'attuazione dell'obbligo fondamentale (che è quello di prestare l'attività lavorativa). Un obbligo completamente autonomo è , invece, quello sancito dall'art. 2105 e cioè l'obbligo di fedeltà il quale a sua volta comprende 3 sotto obblighi: 1) non si possono trattare affari per conto propio o di terzi che sono concorrenti al datore di lavoro; 2) non si possono divulgare notizie riservate (cioè quelle attinenti alla produzione e all'organizzazione dell'azienda). La mancata osservanza di questo divieto ha conseguenze differenti a seconda della gravità : infatti se si tratta di una divulgazione colposa (ossia non intenzionale) il lavoratore andrà incontro ad una sanzione amministrativa per risarcire l'azienda del danno causato, se è dolosa (cioè intenzionale) allora andrà soggetto a sanzioni penali (rischio di galera). 3) non si possono usare (quindi non solo divulgare) notizie riservate al fine di recare pregiudizio al datore di lavoro. Al fine di non creare confusione apro una piccola parentesi: l'obbligo di fedeltà non deve confondersi con il patto di non concorrenza (disciplinato dall'art. 2125). Infatti mentre il primo dura tutto il periodo della attività lavorativa, il secondo è fatto per vincolare il lavoratore anche dopo la cessazione del rapporto. Per questo motivo mentre il primo è unilaterale (obbligo), il socondo è bilaterale (patto) ossia ci vuole il consenso di entrambi le parti. Infine è doveroso aggiungere che questo patto non può avere luogo se non rispettando i seguenti requisiti: 1) Limite d'oggetto: si deve esattamente specificare cosa il datore di lavoro vuole che il lavoratore non faccia e lo si deve vincolare solo a quell'oggetto specifico. 2) Limite di luogo: non si può impedire ad un disegnatore di ceramica di Sassuolo di far disegni in Francia. 3) Limite di tempo: il patto non può avere durata superiore ai 5 anni per i dirigenti e ai 3 anni per gli altri. 4) Il patto deve avere forma scritta (può essere ad esempio una clausola del contratto di lavoro) Nessun vincolo è imposto sul momento della stipulazione del patto: esso dunque può essere fatto prima, durante o dopo l'attività lavorativa. Poteri del datore di lavoro I poteri del datore di lavoro sono i seguenti: 1) Potere direttivo: esplicitato in 3 profili importanti: - fondamento. Si cerca di capire in cosa trova fondamento il potere direttivo. C'è chi dice che sia insito nel contratto individuale, mentre altri dicono che è nell'esigenza dell'organizzazione del lavoro. Accettare l'una o l'altra teoria porta a conseguenze molto diverse. Tuttavia questo discorso teorico, seppure molto importante per la giurisprudenza, esula dagli obiettivi del nostro corso. - contenuto. Il datore di lavoro può dirigere l'attività del lavoratore il quale è obbligato a osservare le direttive a lui imposte dal datore stesso o dai suoi collaboratori che sono gerarchicamente superiore al lavoratore (art. 2104). - limiti: è un discorso molto ampio e noi per esempio abbiamo già visto che il datore di lavoro non può adibire a mansioni inferiori il lavoratore a meno di eccezioni molto particolari. 2) Potere di controllo: anche qui abbiamo il fondamento il contenuto (ovvio) e i limiti. In particolare ci preme approfondire i limiti di questo potere sanciti dagli articoli dello statuto dei lavoratori: - Non si può vigilare attraverso guardie giurate (art. 2), questo al fine di evitare che il lavoratore venga intimorito. - Il lavoratore vigilato deve sapere chi è addetto a vigilarlo (art. 3) - Non si possono usare impianti audiovisivi per vigilare i lavoratori (art. 4) e se li deve montare per motivi di sicurezza del lavoro, il datore deve accordarsi con le RSA (Rappresentanze Sindacali d'Azienda). - Sono vietate le visite personali di controllo (ossia le perquisizioni) almenoché non sia indispensabile per la tutela del patrimonio aziendale in relazione alla qualità del materiale o dei prodotti o degli strumenti, e comunque devono essere fatte all'uscita del luogo di lavoro, attraverso sistemi di selezione automatica (onde evitare discriminazioni) e sempre salvaguardando la dignità del lavoratore. Anche in questo caso è fondamentale l'accordo con le RSA 3) Potere disciplinare: è sancito dall'art. 2106. Il lavoratore può essere soggetto a provvedimenti disciplinari conservativi (rimprovero verbale o scritto, sospensione e multa) oppure estintivi (licenziamento) a seconda della gravità dell'infrazione commessa. È stato inserito questo potere per avvantaggiare il lavoratore: infatti nel diritto civile quando un contraente non osserva il contratto (o una sua parte) quest'ultimo viene annullato. Dunque se si facesse così anche nel diritto del lavoro, vedremmo licenziare un lavoratore anche per colpe lievi. Allora sono state introdotte le 4 sanzioni conservartive e si userà l'estintiva solo per colpe molto gravi. Ci sono anche limiti a questo potere e sono quelli scritti di seguito. limiti formali: - quello sancito dal principio di tipicità: per adottare una sanzione amministrativa è necessario che questa sia stata tipizzata in precedenza su un codice disciplinare (che associa appunto le infrazioni ai provvedimenti). Questo codice è spesso di fonte bilaterale ma in alcuni casi può anche essere di fonte bilaterale. Questo tipicamente è ammesso quando il datore decide di emanare un codice unilaterale personale che è più favorevole al lavoratore di quello che prevede la legge. - Il datore di lavoro deve affigere il codice disciplinare in un luogo accessibile a tutti. Si è parlato anche di affissione virtuale (ad esempio in un sito), ma solo nel caso del telelavoro e comunque bisognerebbe fare in modo che il lavoratore appena entri nella finestra di lavoro si trovi davanti il codice disciplinare. - Il datore di lavoro deve contestare (per iscritto e in maniera molto precisa) al lavoratore l'inadempienza prima di prendere provvedimenti disciplinari. - Il datore di lavoro deve dare la possibilità al lavoratore di difendersi. Il dipendente potrà farlo in prima persona o attraverso il sindacato ma entro 5 giorni dalla contestazione. Questi giorni sono dati per dare la possibilità al datore di lavoro di prendere provvedimenti a "mente fredda". Si ci domanda cosa dovrebbe accadere nel caso in cui il lavoratore per difendersi non sfrutta tutti e 5 i giorni; secondo alcuni si dovrebbero aspettare comunque lo scadere dei 5 giorni; secondo altri, invece, il datore è leggittimato a prendere eventuali provvedimenti almeno che il lavoratore non si riservi di presentare altre difese successivamente. limiti sostanziali: - Non possono essere presi provvedimenti definitivi come ad esempio la retrocessione. È invece ammesso il trasferimento disciplinare (anche se in passato non lo era). - Non sono ammesse multe superiore ad un certo limite calcolato sullo stipendio del lavoratore. Tra l'altro le multe non se le tiene il datore ma quest'ultimo è obbligato a versare una trattenuta sullo stipendio del lavoratore. Dunque la multa diventa solo uno strumento "punitivo" per il lavoratore ma non avvantaggia economicamente il datore. - Non è possibile sospendere il lavoratore per più di 10 giorni. - Non può considerare nella recitività una inadempienza sanzionata oltre il biennnio. Infatti la recitività è un parametro che misura con quale frequenza il lavoratore commette una o più inadempienze e serve per stimare il peso del provvedimento da prendere. Dunque quando il datore deve giustificare un provvedimento potrà considerare la storia delle inadempienze del lavoratore escludendo, però , quelle più vecchie di 2 anni. Infine è doveroso ricordare che i dirigenti sono esclusi dai provvedimenti conservativi. Difesa del lavoratore Una volta che il datore di lavoro decide di prendere un provvedimento, il lavoratore può impugnare la contestazione davanti ad un colleggio costituito da un suo rappresentante, un rappresentante del datore e un direttore del lavoro. Però ha tempo 20 giorni per scegliere questa strada e durante questo periodo il provvedimento è sospeso. Oppure può impugnare la contestazione in via giudiziaria (tramite ricorso) e ha tempo 5 anni durante i quali il provvedimento si applica (a differenza del caso precedente). Esiste una terza alternativa che era partita come un tentativo facoltativo ma oggi è divenuto obbligatorio o meglio propedeutico alle precedenti due alternative. Si tratta del tentativo di concilio ossia si ci reca alla direzione provinciale del lavoro dove si attuerà un processo conciliativo. Licenziamenti Abbiamo visto che la regola generale è quella che il datore di lavoro può licenziare solo se esiste una giusta causa o un giustificato motivo soggettivo o oggettivo (requisiti sostanziali). Un giustificato motivo oggettivo può aqversi per ragini d'impresa o per ragioni attinenti alla persona del lavoratore (in questo caso spesso rientra la sopravvenuta non idoneità del lavoratore che è un effetto non dipeso dalla volontà del lavoratore, a differenza del motivo soggettivo che riguarda una grave inadempienza compiuta volontariamente dal lavoratore). Oltre ai requisiti sostanziali (l.n. 604 art. 1) si aggiungono anche quelli formali (l.n. 604 art. 2): il licenziamento deve essere comunicato per iscritto; il lavoratore ha 15 giorni di tempo per richiedere i motivi del provvedimento (che saranno scritti su un foglio separato dalla lettera di licenziamento) e il datore di lavoro ha 7 giorni per rispondere a tale richiesta. La mancata osservanza di uno dei requisiti di cui sopra, porta il licenziamento ad essere illegittimo. Tuttavia quest'attributo non è molto significativo poiché ci sono diversi gradi di illegittimità il licenziamento può essere: (a) Nullo. L'ipotesi è quella del licenziamento discriminatorio oppure il licenziamento della lavoratrice madre, oppure per causa di matrimonio e infine il licenziamento in frode alla legge. (b) Inefficace. Quando non si rispettano i requisiti formali. (c) Inesistente. E` simile alle (b). (d) Annullabile. Quando non si osservano i requisiti sostanziali. La conseguenza del licenziamento illegittimo varia a seconda dell'appartenenza del lavoratore ad una delle seguenti aree di tutela: (I) Area della stabilità reale (anche nota come area della tutela forte). In questa area rientrano quei lavoraori che sono alle dipendenze di un datore che rientri in una delle seguenti categorie: - datori di lavoro (imprenditori o no) che nell'unità produttiva (parte dotata di autonomia tecnica e organizzativa) occupano più di 15 dipendenti oppure più di 15 dipendenti nelle unità dello stesso comune oppure più di 60 in ambito nazionale - imprenditori agricoli che occupano in ciascuna unità più di 5 dipendenti o più di 5 sulle unità dello stesso comune o più di 60 sul territorio nazionale. - datori di lavoro che hanno licenziato in maniera discriminatoria. (II) Area della stabilità obbligatoria (anche nota come area della tutela debole). In questa area rientrano quei lavoraori che sono alle dipendenze di un datore che rientri in una delle seguenti categorie: - datori di lavoro (imprenditori o no) che nell'unità produttiva occupano fino a 15 dipendenti oppure fino a 15 dipendenti nelle unità dello stesso comune oppure fino a 60 in ambito nazionale - imprenditori agricoli che occupano in ciascuna unità fino a 5 dipendenti o fino a 5 sulle unità dello stesso comune o fino a 60 sul territorio nazionale. - Organizzazioni di tendenza (organizzazioni senza fini di lucro che svolgono attività quali istruzione, religione, culto). (III) Area della libera recidibilità . In questa area rientrano i seguenti lavoratori: - Lavoratori domestici. - Dirigenti. - Lavoratori in prova. - Lavoratori sportivi professionisti. - Lavoratori ultra sessantenni che non optano per la pensione pur essendo nei requisiti pensionistici. Vediamo ora area per area cosa prevede la legge a seconda del tipo di illegittimità del licenziamento. Area (I). Sia che siamo nel caso dell'annullabilità della nullità o dell'inefficezza, si applica l'articolo 18 dello statuto dei lavoratori e dunque il datore di lavoro è obbligato a reintegrare il lavoratore nel posto di lavoro. Per reintegrazione si intende che il lavoratore riprenderà il posto esattamente dove era (senza trasferimenti) e il datore deve pagare il lavoratore per tutto il tempo che non ha lavorato fino alla data della effettiva reintegrazione (dunque è come se non fosse mai stato licenziato). Inoltre il datore deve pagare anche tutti i conmtributi e comunque deve risarcire almeno 5 mensilità di retribuzione (però quest'ultima regola si applica poco). In alternativa alla reintegrazione il lavoratore (e non il datore!) potrà optare per un risarcimento pari a 15 mensilità (oltre ai contributi e alle mensilità del periodo in cui non ha lavorato). Area (II). Se non ci sono i requisiti sostanziali (quindi siamo nel caso di annullabilità ) il datore di lavoro deve riassumere entro 3 giorni oppure risarcire il lavoratore con un importo compreso tra 2.5 e 6 mensilità . A differenza di prima chi sceglie tra le due alternative è il datore e non il lavoratore. Inoltre per riassunzione si intende che, a differenza di prima, se il lavoratore va in causa (dopo il licenziamento) e vince rimarrà comunque scoperto il suo salario dal giorno in cui è stato licenziato al giorno in cui viene riassunto. Area (III). Non avendo vincoli di forma ne sostanziali, non ha senso parlare di annullabilià o di inefficacia del licenziamento (almeno in prima battuta). Nel caso di nullità per motivi discriminatori, la gravità del vizio è così elavata da giustificare anche in quest'area l'applicazione dell'articolo 18 dello statuto dei lavoratori. Negli altri casi di nullità si applica quello che viene chiamato "regime della nullità del diritto comune": è un caso molto simile negli effetti alla nullità per cui il lavoratore percepirà i contributi e la retribuzione ma non c'è il risarcimento minimo delle 5 mensilità e non potrà optare per le 15 mensilità al posto della reintegrazione. Al dire il vero si deve discriminare anche il caso di licenziamento disciplinare privo di vincoli procedurali. Trattandosi di un licenziamento disciplinare deve rispettare i requisiti per l'attuazione di un provvedimento disciplinare e dunque può avvenire per giusta causa o per giustificato motivo. Se è per giusta causa (es. lavoratore che ruba) la motivazione del provvedimento è talmente grave che si applica la sospensione cautelare: cioè il rapporto viene congelato per 5 giorni al fine di ascoltare la difesa del lavoratore ma quest'ultimo non lavorerà per quel periodo (a differenza della sospensione del provvedimento disciplinare). Se il datore non rispetta la forma (come accade molto frequentemente) dalla teoria si dedurrebbe un licenziamento nullo o inefficace. Tuttavia in una sentenza si è deciso che un licenziamento di questo tipo è annullabile. Per quanto rigurarda il caso del licenziamento disciplinare privo di vincoli procedurali nell'area (III) dobbiamo dire che fondamentali principi di uguaglianza impongono che anche per i lavoratori di quest'area si applichi l'articolo 7. Tuttavia in questo modo non ha più senso dire che in quest'area non ci sono vincoli sostanziali e formali. Si può osservare che anche se c'è una giusta causa o un giustificato motivo conviene licenziare senza dare spiegazioni ma dando solo il preavviso. Se poi l'avvocato del lavoratore riuscirà a dimostrare la presunta disciplinarietà allora in teoria cadremmo nel caso del licenziamento in frode alla legge perché non abbiamo applicato l'articolo 7. Tuttavia esiste una sentenza della cassazione in cui si è stabilito che il datore debba pagare solo il preavviso. Per concludere riassumiamo il paragrafo dei licenziamenti con la seguente tabella: Annullabilile Inefficace Area (I) Art.18 st.lav. Art.18 st.lav. Nullo per discriminazione Nullo per altri motivi Art.18 st.lav. Lic. Discip. privo di vincoli procedurali Art.18 st.lav Art.18 st.lav Area (II) Art. 8 l.n.604 Regime della null. del dir. comune Art.18 st.lav. Regime della null del dir. comune Art. 8 l.n.604 Area (III) // // Art.18 st.lav. Regime della null. del dir. comune l’Impugnazione del licenziamento. Se viene intimato un licenziamento e il lavoratore ritiene che esso sia illegittimo, egli può impugnarlo. A questo proposito, l’articolo 6 della legge 604 del 1966 dispone che: <<Il licenziamento deve essere impugnato a pena di decadenza entro 60 giorni dalla ricezione della sua comunicazione, con qualsiasi atto scritto, anche extragiudiziale, idoneo a rendere nota la volontà del lavoratore anche attraverso l'intervento dell'organizzazione sindacale diretto ad impugnare il licenziamento stesso. >> Il termine di cui al comma precedente decorre dalla comunicazione del licenziamento ovvero dalla comunicazione dei motivi ove questa non sia contestuale a quella del licenziamento. A conoscere delle controversie derivanti dall'applicazione della presente legge è competente il pretore. Il termine di 60 giorni per l’impugnazione del licenziamento è un termine di decadenza. Ciò significa che il licenziamento – benchè illegittimo – se non impugnato entro 60 giorni diventa definitivamente inattaccabile. L’articolo prevede due modalità d’impugnazione una giudiziale e una stragiudiziale. Impugnazione giudiziale: Il lavoratore – per far dichiarare l’illegittimità del licenziamento medesimo – si rivolge direttamente al giudice. In questa prospettiva, allora, si farà assistere da un avvocato che farà un ricorso e dopo aver depositato l’atto in cancelleria, andrà dagli ufficiali giudiziari che notificheranno l’atto al datore di lavoro (entro 60 giorni dalla data del licenziamento) e riporteranno la ricevuta controfirmata. Impugnazione stragiudiziale: Deve essere effettuata entro 60 giorni con un qualsiasi atto scritto, ma senza dover fare immediatamente ricorso al giudice. In questo caso il lavoratore invia una lettera raccomandata con ricevuta di ritorno, ovvero una lettera raccomandata a mani. Resta inteso, che - una volta compiuta l’impugnazione in sede stragiudiziale (non importa da chi sia mandata la lettera, se direttamente dal lavoratore o da un sindacalista delegato o dall’avvocato del lavoratore) – se il lavoratore intenderà far dichiarare dal giudice l’illegittimità del licenziamento, dovrà poi fare un ricorso giudiziale (ma si avrà ora il normale termine prescrizionale di 5 anni per compiere tale operazione). Il datore di lavoro in questo tempo – se non vuole stare nell’incertezza per cinque anni - può richiedere una sentenza di mero accertamento (ma di solito si aspetta e basta) Parlando dell’impugnazione stragiudiziale dobbiamo ricordarci il coordinamento con il decreto legislativo n. 80 del 1988 (tentativo obbligatorio di conciliazione). Quest’ultimo ha introdotto un tentativo obbligatorio di conciliazione che rappresenta una condizione di procedibilità della domanda giudiziale. Ci si potrebbe chiedere se la convocazione davanti al collegio possa essere considerata un atto valido per l’impugnazione stragiudiziale. Su questo punto la giurisprudenza è divisa. Decadenza (termini brevi) e prescrizione(termini più lunghi) sono 2 istituti che servono per porre un termine alla possibilita’ di esercitare un diritto da parte del titolare del diritto medesimo. Se il diritto non viene esercitato entro il termine (di decadenza o di prescrizione, che sia) allora si estingue. Discorso relativo alla consistenza dimensionale. Andiamo a vedere quali lavoratori si conteggiano per il calcolo della consistenza dimensionale, ai fini della normativa sui licenziamenti. Possiamo distinguere tre categorie diverse. A) Categoria delle esclusioni espresse. Di questa categoria fanno parte: 1) Lavoratori temporanei. 2) Apprendisti. 3) Lavoratori a tempo determinato parziale. 4) B) Categoria che per espressa disposizione legislativa sono compresi nel computo. Di questa categoria fanno parte: 1) Lavoratori assunti con contratto di formazione e lavoro. 2) Lavoratori assunti con contratto a tempo indeterminato parziale. C) Lavoratori per i quali è dubbio se debbano essere computati o no. Di questa categoria fanno parte: 1) Lavoratori a domicilio. 2) Lavoratori a termine. In questi due ultimi casi, la decisione, ovviamente, è lasciata al giudice, al quale spetterà stabilire se nel caso concreto i dipendenti in questioni vadano computati o no. Precisazione: Un lavoratore a tempo indeterminato parziale viene conteggiato per il tempo che lavora. Es. 2 lavoratori che fanno 4 ore vengono conteggiati come 1 che fa 8 ore. DIMISSIONI In questo caso è il lavoratore a recedere dal contratto di lavoro. Per le dimissioni non esiste nessun obbligo di forma, però bisogna andare a vedere i contratti collettivi se prevedono una qualche forma. Non si hanno obblighi di sostanza: cioè non si deve avere la sussistenza di una giusta causa o di un giustificato motivo per dare le dimissioni. Si deve però riconoscere il preavviso. Preavviso Il preavviso serve per tutelare la parte che subisce il recesso (il datore di lavoro deve trovare un altro lavoratore e il lavoratore deve trovare un altro lavoro). Il lavoratore, quando dà le dimissioni, deve riconoscere al d.d.l. il preavviso. Il lavoratore, peraltro, può anche decidere di non andare a lavorare. Resta inteso però che in questo caso dovrà ugualmente pagare la c.d. indennità di mancato preavviso. Come si è già ricordato, nell’ipotesi in cui il datore di lavoro abbia posto in essere un comportamento che costituisce una giusta causa di dimissioni, il lavoratore, potrà recedere in tronco e il datore dovrà pagare al lavoratore il preavviso. Es.: supponiamo che un lavoratore venga licenziato con 2 mesi di preavviso. Il licenziamento avrà efficacia tra 2 mesi, fino a quel momento si avrà normale rapporto di lavoro. Se il lavoratore si ammala, va in ferie o altro che abbia effetto sospensivo del preavviso, avendo il lavoratore diritto alla conservazione del posto di lavoro (ad esempio durante il periodo di malattia) il preavviso s’interromperà e riprenderà a decorrere quando il lavoratore tornerà a lavorare. Il lavoratore può restare in malattia per tutto il periodo di comporto (solitamente di 10 mesi previsto dal contratto collettivo). Bisogna stare attenti che il lavoratore non cerchi di fare il furbo e il datore di lavoro potrà cercare di tutelarsi controllando che il lavoratore sia effettivamente malato, attraverso apposite visite di controllo. Efficacia reale del preavviso. A volte il d.d.l. che licenzia con preavviso, preferisce che il lavoratore – durante il preavviso – non lavori ma rimanga a casa per tutto il periodo di preavviso. In questo caso il d.d.l. deve pagare la c.s. indennità di mancato preavviso. In ogni caso, il rapporto di lavoro si estingue dopo il periodo di preavviso e se il lavoratore si ammala il preavviso viene lo stesso interrotto. Per questo si parla di efficacia reale del preavviso. Esso è considerato rapporto di lavoro a tutti gli effetti. Il problema appena esaminato è oltrepassabile con la risoluzione consensuale del rapporto di lavoro: lavoratore e datore si mettono d’accordo per far finire il rapporto di lavoro: essi stipuleranno un contratto con il quale mettono fine al rapporto. In questo caso non si ha preavviso, il rapporto si interrompe direttamente. Altra ipotesi è quella delle dimissioni concordate o incentivate, dove il datore paga una indennità perché il lavoratore dia le dimissioni. L’ordine di reintegrazione. Se un licenziamento intimato nell’ambito della tutela reale è illegittimo e il giudice ordina la reintegrazione, si può obbligare forzatamente il datore a reintegrare (il che, giuridicamente, si esprime chiedendosi se l’ordine di reintegrazione sia coercibile)? Può pagare solo la retribuzione? Può non fare ne l’uno ne l’altro? Vi sono 3 orientamenti sulla coercibilità dell’ordine di reintegrazione. 1) Non è assolutamente coercibile. 2) L’ordine di reintegrazione prevede sotto-obblighi, alcuni dei quali coercibili e altri non coercibili. 3) Si parla di coercibilità indiretta. (Se un giudice civile ordina la reintegrazione e il datore non reintegra esso – non adeguandosi alla decisione giudiziale - commette un reato). Diritti indisponibili e diritti derivanti da norme inderogabili Nell’ambito del nostro ordinamento sono previste norme che danno diritti ai lavoratori. Queste norme possono essere derogabili o inderogabili. Ci sono diritti (derivanti da norme inderogabili) che sono quelli indisponibili. I diritti indisponibili sono quelli che non possono essere oggetto di rinuncia da parte del lavoratore. Il tema in questione è estremamente complesso, perché costituisce il cuore pulsante del diritto del lavoro. In una prospettiva chiarificatrice, peraltro, in estrema sintesi potrebbe affermarsi che l’inderogabilità è caratteristica che riguarda la norma giuslavoristica. Mentre l’indisponibilità è caratteristica che riguarda il singolo diritto. Ora, come si è detto, le norme di diritto del lavoro sono tutte inderogabili. In particolare, l’inderogabilità attiene alla fase genetica, ossia alla fase in cui il diritto derivante da norma inderogabile entra a far parte del patrimonio del lavoratore. Una volta che il diritto è entrato a far parte del patrimonio del lavoratore, peraltro – ossia nella fase funzionale – il lavoratore può disporre del diritto. In quest’ambito rilevano due istituti: quello della rinunzia e quello della transazione. Rinunzia: è quell’atto unilaterale con il quale un soggetto dismette un proprio diritto per motivazioni inconsce o consce non esternate. Non gli è però concesso di rinunziare ad un diritto indisponibile altrimenti la rinunzia è nulla. Transazione: è un contratto, con il quale “le parti, facendosi reciproche concessioni, pongono fine ad una lite giá incominciata o prevengono una lite che può sorgere tra loro. Con le reciproche concessioni si possono creare, modificare o estinguere anche rapporti diversi da quello che ha formato l’oggetto della pretesa e della contestazione della parti.>> (art. 1965 c.c.) La transazione necessita di forma scritta (art. 1530 cc). Art 1966: << Per transigere le parti devono avere la capacità di disporre dei diritti che formano l’oggetto della lite. La transazione è nulla se tali diritti per loro natura o per espressa disposizione di legge sono sottratti alla disponibilità delle parti.>> Di fatto queste ultime due norme regolano e disciplinano le transazioni sui diritti indisponibili. In materia di diritto del lavoro quali sono i diritti assolutamente indisponibili? Essi sono: - Diritti previdenziali. - Diritto alla sicurezza sul lavoro. - Diritto al riposo settimanale e ferie annuali. - Diritto alla retribuzione sufficiente. - Diritto di sciopero. Tali diritti non possono essere oggetto di transazioni in qualunque sede esse avvengano. Art 2113: << Rinunzie e transazioni. Le rinunzie e le transazioni che hanno per oggetto diritti del prestatore di lavoro derivanti da disposizioni inderogabili della legge e dei contratti o accordi collettivi concernenti i rapporti di cui all’art 409 del codice di procedura civile, non sono valide. L’impugnazione deve essere proposta, a pena di decadenza, entro 6 mesi dalla data di cessazione del rapporto o dalla data della rinunzia o della transazione, se queste sono intervenute dopo la cessazione medesima. Le rinunzie e le transazione di cui ai commi precedenti possono essere impugnate con qualsiasi atto scritto, anche stragiudiziale, del lavoratore idoneo a renderne nota la volontà. Le disposizioni del presente articolo non si applicano alla conciliazione avvenuta ai sensi degli artt. 185, 410 e 411 del codice di procedura civile.>> Se non si parla di diritti indisponibili, per i quali è prevista la nullità della rinunzia e delle transazioni, si applica tale articolo che ne prevede l’annullabilità. Un lavoratore che stipula una rinunzia ovvero una transazione invalida con il datore ha sei mesi di tempo per impugnarla altrimenti viene considerata valida. I sei mesi decorrono dalla fine del rapporto di lavoro o dalla data della rinunzia o della transazione, se queste ultime sono successive alla cessazione del rapporto medesimo. Ciò consente al lavoratore di esercitare un proprio diritto (l’impugnazione della rinunzia o della transazione) anche quando il rapporto di lavoro è concluso, perché non sia condizionato dal timore reverenziale nei confronti del datore di lavoro. L’impugnazione deve essere fatta con un atto scritto giudiziale o stragiudiziale. Per un datore di lavoro in queste condizioni sarebbe impossibile fare una qualsiasi rimunzia o transazione perché potrebbe essere impugnata anche dopo sei mesi dalla fine del rapporto. Il legislatore ha perciò posto dei limiti a questa tutela del lavoratore escludendo i casi descritti dagli artt. 185, 410 e 411. Questi articoli descrivono i casi in cui il lavoratore è considerato in una posizione abbastanza tutelata (assistito da un avvocato o sindacalista, oppure in sede giudiziale o sindacale) da considerare valida la rinunzia o la transazione. Com’è ben comprensibile, l’art. 2113 c.c. rappresenta una norma di chiusura dell’intero impianto giuslavoristico. QUIETANZA A SALDO E’ uso invalso, quando s’interrompe il rapporto di lavoro, far sottoscrivere al lavoratore una quietanza a saldo. Secondo l’interpretazione prevalente in giurisprudenza ed in dottrina questo altro non è che una quietanza di pagamento e non una rinuncia ad ulteriori diritti che il lavoratore in quel momento potrebbe non avere tenuto in considerazione. La quietanza a saldo non è altro che una ricevuta di pagamento. Tale quietanza sarebbe una rinuncia se fosse stata preceduta da pretese da parte del lavoratore e di trattative tra il lavoratore e il datore di lavoro. Prescrizione La prescrizione è un istituto di diritto privato per il quale, un soggetto che ha un certo diritto e non lo esercita entro un certo termine, determina l’estinzione del diritto stesso. Si dice che tale diritto si estingue per prescrizione: esso non è più esercitabile. La prescrizione può essere interrotta o sospesa. Ad esempio supponendo che io debba dei soldi a qualcuno, ho cinque anni di tempo per darglieli altrimenti il mio debito cade in prescrizione e non devo più restituirli. Il creditore da parte sua può tornare a chiedermeli (con atto scritto) e da quel momento riparte il conteggio della prescrizione, cioè se dopo quattro anno e mezzo me li torna a chiedere la prescrizione si interrompe e riparte da capo. Nel diritto del lavoro, si ha la prescrizione di cinque anni per i crediti aventi natura retributiva, e di dieci anni per tutto ciò che non deve essere pagato a periodi fissi, ovvero per i crediti di natura risarcitoria. Questo tipo di prescrizione è di tipo estintivo. Vi è un altro tipo di prescrizione, che è quella presuntiva. La prescrizione presuntiva fa sì che si inverta l’onere della prova. Tale prescrizione riguarda solo voci retributive ed ha termini più brevi della estintiva, infatti ha termini di un anno per retribuzioni periodiche corrisposte a periodi non superiore al mese e tre anni per periodo superiore. Facciamo un esempio per chiarire: supponiamo che mi debbano dei soldi. Se chiamo in giudizio il mio debitore entro un anno, esso deve dimostrare di avermi dato i soldi. Se è già passato un anno sono io a dover dimostrare che non mi sono stati dati tali soldi. Vediamo un altro esempio: il datore di lavoro che non paga una retribuzione ad un lavoratore, se viene chiamato in giudizio entro un anno deve dimostrare che ha pagato, se è già passato un anno è il lavoratore che deve dimostrare che non gli è stata pagata tale retribuzione. Ciò però non è molto facile da dimostrare e la legge prevede un solo metodo per vincere la prova: il debitore deve confessare di non aver pagato. Il giudice in assenza dalla confessione presume che i soldi gli siano stati dati. Le prescrizioni sono eccepibili solo da parte di chi se ne avvantaggia. Ad esempio se un datore di lavoro viene chiamato in giudizio dopo un anno che è accaduto il fatto, esso può eccepire la prescrizione presuntiva dicendo che ha già dato i soldi e siccome è passato un anno è il lavoratore che deve dimostrare di non averli ricevuti, altrimenti il giudice non ne tiene conto. E’ così anche per la prescrizione estintiva: essa deve essere eccepita e deve essere fatto come prima cosa altrimenti il giudice non la tiene in considerazione. La prescrizione non decorre necessariamente dal momento in cui il debito viene in essere, ma dal momento in cui cessa il rapporto di lavoro, perché il lavoratore potrebbe avere un timore reverenziale da parte del datore di lavoro. Nel corso del rapporto di lavoro non decorre la prescrizione. Vi è però una eccezione a questa ultima affermazione: nel caso che un lavoratore rientri nell’area della stabilità reale. In quest’area, siccome la tutela del lavoratore è molto alta, la decorrenza della prescrizione si ha dal momento in cui matura il diritto, perché il lavoratore è protetto da un’eventuale ritorsione del datore di lavoro. ORARIO DI LAVORO DURATA MAX DELL’ORARIO DI LAVORO E’ necessario porre dei limiti alla richiedibilità della prestazione lavorativa. FONTE: Decreto Legge del 1923 + Direttiva comunitaria del 1993 non ancora completamente adottata anche se dal 1997 i Sindacati hanno dichiarato l’accoglimento della Norma. Durata Normale Massima: Durata giornaliera o settimanale che normalmente può essere richiesta al lavoratore (questa è la norma, possibili eccezioni). Nel ’23 veniva stabilito che: durata max giornaliera = 8 Ore Durata max settimanale = 48 Ore In realtà i contratti collettivi avevano previsto l’abbassamento della durata settimanale a 40 Ore Nel 1997 col PACCHETTO TREU ART 13 viene sancito per legge che la durata max settimanale fosse 40 Ore (La durata legale max viene fatta coincidere con la durata contrattuale max) L’orientamento futuro è quello di un’ulteriore diminuzione (35 Ore) N.B : L’ ART 13 non fa riferimento alle 8 ore giornaliere.Secondo la Dottrina ciò deve essere interpretato come un’ abrogazione di qualsiasi limite giornaliero entro il limite della ragionevolezza. MULTIPERIODABILITA’ CONTRATTUALE I Contratti Collettivi possono stabilire durate max anche inferiori alle 40 Ore settimanali, o comunque considerare le 40 ore una media sul periodo non superiore all’ anno (in certe settimane faccio 20 Ore, in altre 60).Sulla base della durata Max viene calcolato lo straordinario quindi in base di multiperiodabilità lo straordinario verrà calcolato sulle ore che eccedono la media. DISCIPLINE SPECIALI: - Bambini (es lavorano nella pubblicità ) = 7 Ore/Giorno 35 Settimanali - Adolescenti (15-18 anni) = 8 Ore/Giorno 40 Settimanali - Apprendisti = 8 Ore/Giorno 44 Settimanali (PEGGIORATIVA) COMPUTO DELLE ORE Viene calcolato il tempo effettivo di lavoro. Non considero: - Tempi per spostamenti casa-luogo di lavoro - Tempi di riposo intermedi - Soste superiori ai 10 Minuti DEROGHE ED ESCLUSIONI Alcune categorie di lavoratori possono lavorare anche più di 40 Ore senza che le ore aggiuntive siano considerate straordinari: -Lavori discontinui -Lavori di semplice attesa o custodia (portiere di condominio..) -Dirigenti (Non sono soggetti ad orario di lavoro) Se riesco a dimostrare che è stata superata la ragionevolezza posso farmi pagare gli straordinari -Lavori a domicilio (non ho possibilità di controllo) Deroghe: In generale viene cioè applicato Art 13 ma in alcuni casi posso violarlo -Causa di Forza Maggiore -Necessità di finire il lavoro per non arrecar danno alle persone LAVORO STRAORDINARIO E’ considerato straordinario il lavoro che eccede la durata max per far fronte a situazioni non previste dalle deroghe. Ho una disciplina differente a seconda che venga prestato in Aziende Industriali o no. AZIENDE NON INDUSTRIALI 1) 2) 3) 4) Può essere prestato per un max di 2 Ore giornaliere e 12 ore settimanali E’ necessario il consenso orale del lavoratore (no decisione unilaterale del datore) Deve essere prevista una maggiorazione retributiva (non inferiore al 10%) Tutte le volte in cui il datore ricorre a lavoro straordinario deve versare il 5% della retribuzione in un fondo INPS, a patto che abbia più di 15 dipendenti. 5) In caso di violazione del limite il datore va in contro ad una sanzione amministrativa AZIENDE INDUSTRIALI 1) Il limite è stabilito dal contratto collettivo,in mancanza della contrattazione non posso superare le 250 Ore annuali e le 80 Ore trimestrali (circa metà dell’ altro caso) 2) Il ricorso allo straordinario deve essere fatto per esigenze tecnico produttive straordinarie,Per far fronte a cause di forza maggiore,se la cessazione dell’ attività comporta pericolo,per eventi particolari (fiere…)oppure nei casi previsti dal contratto Collettivo 3) Quando il Datore ricorre allo straordinario deve informare la Direzione Provinciale del Lavoro entro 24 Ore 4) Devo versare un contributo pari al 10-15% nel Fondo INPS 5) Per ogni lavoratore adibito a straordinario non rispettando i punti 1-2 scatta una sanzione Amministrativa LAVORO NOTTURNO FONTE: Decreto 532 del 1999 (recepisce una Direttiva Comunitaria) Lavoro notturno = Lavoro prestato per la durata di 7 Ore consecutive comprensive la fascia oraria tra le 24 e le 5 del mattino. Lavoratore notturno = Chi presta lavoro notturno per almeno 80 Giorni all’ anno o chi lavora per almeno 3 Ore nella fascia dalle 24 alle 5 ogni giorno. Provvedimenti 1) Maggiorazione retributiva (come prevista dai Contratti Collettivi) anche se è un lavoro a Turni 2) Diritto di trasferimento a Turni diurni in caso di inidoneità fisica Divieti di lavoro notturno: 1) Minori 2) Apprendisti 3) Donne in Gravidanza (dal momento del concepimento fino ad 1 anno di vita del bambino) Prima del Decreto vi era il divieto assoluto per le donne a meno che non fosse previsto dalla contrattazione collettiva. RIPOSO SETTIMANALE FONTI: Art 36 Costituzione = Diritto IRRINUNCIABILE (se presto lavoro avrò risarcimento) al riposo settimanale Tale diritto si compone di 3 aspetti Le 24 Ore di riposo devono essere consecutive Deve esserci cadenza settimanale Normalmente il giorno deve essere la Domenica N.B. : Il I aspetto è l’ unico non derogabile CADENZA SETTIMANALE Esistono eccezioni: -Lavoratori a domicilio -Dirigenti (devono essere presenti esigenze di necessità e comunque non è lecito superare il limite della ragionevolezza) DOMENICA Ho numerose eccezioni (es ristoranti o lavoratori di religioni diverse per cui vi sia stato l’ accordo con lo Stato) Se lavoro di Domenica devo distinguere 2 ipotesi: 1) Godo del riposo settimanale in giorno diverso => ho diritto ad una maggiorazione retributiva 2) Devo riposare proprio di domenica e vi rinuncio => Prendo retribuzione ordinaria + maggiorazione + Diritto a risarcimento del danno (circa pari alla normale retribuzione giornaliera) Obbligo di reperibilità :Ho diritto ad un’ indennità a prescindere dal fatto che venga chiamato al lavoro oppure no. FESTIVITA’ Se ho prestazione lavorativa dovrò avere una maggiorazione retributiva. FERIE E’ un diritto sancito dalla Costituzione. La durata delle ferie è stabilita da Contratti Collettivi / Individuali. In alcuni casi viene stabilità dalla legge. La collocazione temporale delle ferie viene stabilita di comune accordo tra datore di lavoro e lavoratore.se non si perviene ad accordo valgono le esigenze dell’ impresa. In caso di malattia durante le ferie il loro decorso viene interrotto. Lavoro a tempo parziale (part time) FONTI: Decreto legislativo 61 del 2000 (ha abrogato art 5 legge 864/84) recepisce una direttiva comunitaria che a sua volta aveva recepito un contratto collettivo europeo. Il lavoro a tempo parziale è un rapporto in cui l'attività è prestata con un orario inferiore a quello normale, la riduzione dell'orario può essere su base giornaliera settimanale o mensile. Part time orizzontale: part time basato su riduzione dell’orario giornaliera. Part time verticale: part time basato sulla riduzione dell’orario settimanale o mensile (es. si lavora 3 giorni alla settimana per 8 ore al giorno, contratti week end per studenti, si lavora gennaio marzo e luglio). Esistono nel part time alcuni problemi: 1) Possibilità di prestare lavoro supplementare e straordinario. 2) Clausole elastiche 3) Trasformazione del rapporto (in full time e viceversa) Lavoro supplementare E’ quella parte di prestazione lavorativa che eccede l'orario normale massimo contrattuale ma che non eccede l'orario massimo legale (es. art 13 dice 40 ore, nel contratto ho 36, da 36 a 40 è lavoro supplementare, da 40 in poi è straordinario). Il lavoro supplementare è previsto solo nel part time orizzontale, quello straordinario nel verticale. Posso fare il giochetto di assumere part time mezza giornata e farlo lavorare tutto il giorno? Vi sono dei limiti: a)E’ necessario che il contratto collettivo lo ammetta b)Deve esserci il consenso del lavoratore c)E’ necessario che il contratto a tempo parziale sia a tempo indeterminato o a tempo determinato per sostituzione di lavoratore assente con diritto di conservazione del posto. Il lavoro supplementare e trattato come lavoro normale (viene pagato come lavoro normale) Lavoro straordinario Si applica la disciplina ordinaria sullo straordinario con i limiti già visti. L'orario di lavoro può essere cambiato solo mediante l'accordo fra datore e lavoratore (non può essere cambiato unilateralmente) Clausole elastiche Sono le clausole del contratto che riguardano la possibilità di mutare la collocazione temporale della prestazione. (Es. contratto dove si dice che la collocazione è dalle 8 alle 12 ma con preavviso di una settimana può essere collocato dalle 14 alle 19) Questo però impedisce al lavoratore di avere due lavori parziali. Il decreto 61 del 2000 dice che le clausole elastiche sono legittime a condizione che: a)siano previste dai contratti collettivi b)vi sia il consenso scritto del lavoratore c)il rapporto sia a tempo indeterminato o tempo determinato stipulato per sostituzione di lavoratore avente diritto di conservazione del posto Nel caso siano previste le clausole elastiche la retribuzione deve avere una maggiorazione. Vi e poi il diritto di ripensamento del lavoratore entro 5 mesi dalla data del contratto per motivi di salute o familiari. Trasformazione del rapporto Full time -> part time Il lavoratore ci rimette. E’ possibile a condizione che ci sia accordo scritto stipulato con l'assistenza di un componente di una RSA (Rappresentanza Sindacale Aziendale) oppure che vi sia una convalida del lavoratore alla direzione provinciale del lavoro. Nell'ipotesi in cui il datore di lavoro debba procedere a nuove assunzioni a tempo parziale esiste l'obbligo di informazione ai propri dipendenti (potrebbero esserci dei dipendenti che vorrebbero passare dal full time al part time). Part time -> full time Non ci sono problemi per la trasformazione da part time a full time. (Vedi discorso sulla precedenza nelle nuove assunzioni) Forma del contratto a tempo parziale La forma deve essere scritta. Il decreto legislativo 61 richiede ad probationem non ad substantia (riguarda la validità dell'atto, si può ricorrere alla prova per testimone in caso di smarrimento) Si deve precisare che è a tempo parziale, la durata in ore e la collocazione temporale. Se manca la durata il lavoratore può ottenere il tempo pieno, se manca la collocazione essa viene in genere decisa dal giudice. I diritti del lavoratore a tempo parziale sono proporzionati al tempo (riproporzionamento degli stipendi) Vi sono dei benefici contributivi per chi assume part time. JOB SHARING E’ un contratto in cui due o più lavoratori assumono obbligazione lavorativa con l’accordo che se uno non può svolgere l'attività, gli altri se ne assumono il ruolo. Per esempio due amici, che vogliono fare i portieri di un albergo, vengono assunti come se fossero una sola persona. Si stipula un unico contratto. I lavoratori assumono il contratto in solido. Solidità passiva Esempio D ha un debito di un milione da A, uno da B e uno da C. Ciascuno dei tre può essere chiamato da D a regolare per intero la cifra (serve per tutelare il creditore). Concetto riesumato dal diritto giuslaboristico. Nel nostro esempio A e B si impegnano a fare i portieri dell’albergo di C. Si regoleranno loro su come gestire l’orario e turni. Per A e B è conveniente perché non dovranno sottostare agli obblighi del part time. Per C è conveniente nel caso della malattia di uno dei due lavoratori (l’altro lo dovrà sostituire). In Italia il job sharing non e' regolamentato. Al fine di evitare elusioni, il contratto deve indicare la misura percentuale e la collocazione temporale del lavoro che si prevede verra' svolto da ciascuno dei due lavoratori. Sospensione dell'attività lavorativa. Nel diritto civile quando sorge l’impossibilità di adempiere ad un onere si ha la estinzione del contratto (art 1256 codice civile). Se si applicasse questo principio al diritto del lavoro il datore potrebbe far cessare il rapporto in caso di impossibilità di adempiere alla prestazione. Principi: 1) in caso di impossibilità sopravvenuta il rapporto rimane in piedi 2) il lavoratore ha diritto alla retribuzione anche se non vi e' prestazione. Vengono contemplati i seguenti casi (art 2110) a) Infortunio b) Malattia c) gravidanza d) puerperio. Si ha la sospensione del rapporto (si congela) si mantiene il diritto al posto, alla retribuzione, il periodo viene computato ai fini dell'anzianità. Malattia Il datore ha diritto di recedere dal rapporto dopo un periodo stabilito dalla legge detto periodo di comporto quantificato dai contratti collettivi. Vi sono due tipologie: a) comporto secco (con riferimento ad un unico episodio morboso) b) comporto per sommatoria (durata somma dei vari episodi morbosi). Il comporto varia con l'anzianità' di servizio del lavoratore. Controllo delle assenze per malattia. Art 5 statuto lavoratori. Il datore di lavoro non può istituire dei medici di fabbrica, deve ricorrere a medici pubblici. Si ritiene (non è scritto) che questo principio valga per i test preassuntivi laddove possa farli. (Il test per l'Aids ha suscitato la controversia. C'e' la legge 1935 del 90 che vieta al datore di fare accertamenti sullo stato di sieropositività del dipendente o del possibile dipendente. Nel 1994 la corte costituzionale è intervenuta: laddove il lavoratore svolga mansioni in cui potrebbe esser rilevante il rapporto con terzi, il datore può fare il controllo. La sentenza è eccessivamente ampia. La dottrina l'ha interpretata in modo restrittivo: bisogna guardare alla particolare esposizione della gente). I medici devono essere dell'INPS o dell'ASL. Lavoratore assente alla prima visita: perde l'intero trattamento fino a 10 giorni (E’ possibile però giustifare l’assenza, ad es. “Ero al pronto soccorso”). Vi e' l'obbligo di reperibilita' del lavoratore nella fascia 10-12, 17-19. Il lavoratore per non incorrere nella sanzione deve preavvisare il datore se manca nelle fasce (per esempio per andare dal medico) Lavoratore assente alla seconda visita di controllo: perde il trattamento fino al 50% (dove per trattamento si intende l'indennità' di malattia) Inderogabilità e indisponibilità. Inderogabilità: è caratteristica della norma. Inderogabile significa che la norma deve essere necessariamente osservata e che non può essere disattesa. Le norme del diritto del lavoro sono norme inderogabili. Indisponibilità: è caratteristica del diritto, che deriva dalla norma. Il fatto che la norma sia inderogabile, peraltro, non comporta necessariamente che il relativo diritto sia indisponibile. In particolare, l’inderogabilità attiene alla fase genetica; mentre l’indisponibilità attiene alla fase funzionale. Cioè il fatto che una norma si inderogabile significa che il diritto da esso previsto entra necessariamente nel patrimonio del lavoratore. Una volta entrato nel patrimonio, peraltro, il lavoratore ne può disporre. Non va dimenticato, però – e a questo riguardo si rimanda a quanto già è stato detto – che esistono diritti assolutamente indisponibili. Continuazione sospensione del rapporto di lavoro. Valore del controllo medico Il medico pubblico emette un certificato, ma esso contiene un giudizio, non l'esatta certificazione di un fatto, quindi ha lo stesso valore del certificato del medico curante. In caso di disaccordo tra i due certificati sarà il giudice a decidere, disponendo – se necessario – una consulenza tecnica d’ufficio (CTU). Il datore di lavoro può utilizzare agenzie investigative private per indagini in materia di malattia ? Si', dato che l'assenteismo e' un grosso problema. Cosa succede se un lavoratore svolge attività per conto terzi durante la malattia? Ovviamente è vietato, ma per valutare il grado di responsabilità del lav. bisogna verificare se l’attività svolta aggrava o no lo stato di malattia. Esempio: Lavoratore in malattia per una broncopolmonite che lavora come bigliettaio al palaghiaccio di sua moglie. Chiaramente in questo caso il lavoro aggrava la malattia. Mentre il lavoratore in malattia perché ha una dermatite, che va a fare il cassiere nel negozio di sua moglie, non aggrava lo stato di malattia. Permessi per cure termali Oggi con la legge n. 412 del 1991, per poter usufruire del diritto alle cure termali sono necessari tre requisiti: 9presenza dello stato patologico che - ai sensi del decreto ministeriale – possa trovare un vero beneficio nelle cure termali 9tempestività: ovvero c’è un urgente bisogno di queste cure 9prescrizione di un medico pubblico (medico dell'ASL). Altre ipotesi di sospensione del rapporto di lavoro Servizio militare Bisogna distinguere il richiamo alle armi dal servizio di leva. Per il servizio di leva si hanno i tre seguenti profili: 9il lavoratore ha diritto alla conservazione del posto di lavoro 9il periodo non è retribuito 9il periodo e' computato dell’anzianità di servizio Per il richiamo alle armi: 9conservazione del posto di lavoro 9computo del periodo nell’anzianità 9il periodo è retribuito Lavoratore tossicodipendente Un lavoratore tossicodipendente ha la possibilità di sospendere il proprio rapporto di lavoro, laddove accetti di sottoporsi ad un programma terapeutico-riabilitativo. Tale sospensione ha una durata massima di 3 anni. Inoltre questo periodo di sospensione viene tossicodipendente, al fine di poterlo assistere. concesso anche ai famigliari del In questo caso: 9il lavoratore ha diritto alla conservazione del posto di lavoro 9il periodo non è retribuito 9il periodo non si computa nell’anzianità Funzioni pubbliche elettive e cariche sindacali Un’ulteriore ipotesi di sospensione del rapporto di lavoro è quella per consentire al lavoratore di svolgere funzioni pubbliche elettive. Nel caso di funzioni pubbliche elettive: 9si ha diritto alla conservazione del posto di lavoro 9il periodo non è retribuito 9il periodo si computa ai fini dell’anzianità Nel caso di cariche sindacali si utilizzano permessi retribuiti o non retribuiti. Sospensione per congedi formativi: rinvio (se ne parlerà oltre). Tutela della forza debole del lavoro. Per forza debole del lavoro si intendono storicamente le donne e i minori. Fino al 1918 c’erano veramente poche normative a tutela delle donne e dei minori. Nel 1934 è stata introdotta una legge per la tutela del periodo di maternità, prevedendo la sospensione dai lavori pesanti. Con l’art. 37 della Costituzione si è passati alla parità tra i sessi, ma non viene, però, ancora specificato il concetto di qualità di lavoro, in quanto deve essere a parità di mansioni, non a parità di quantità di lavoro. Con la legge n. 7 del ‘63 si arriva a dire che la donna non può essere licenziata in caso di maternità, ma anche questa non è una grossa tutela in quanto esistevano clausole di nubilato, messe a contratto, che davano la possibilità al datore di lavoro di licenziare la lavoratrice in caso di matrimonio. Oppure venivano usate le dimissioni in bianco, ovvero dimissioni firmate ma non compilate. Il legislatore ha allora introdotto una parte dove specifica il divieto di licenziamento in questo periodo e, in caso di dimissioni, bisogna presentarsi alla Direzione Provinciale al fine della convalida. Ovviamente vale sempre il licenziamento per giusta causa. Peraltro, ci si accorge che non c’è ancora una vera e propria parità tra uomo e donna. In questo contesto, nasce così la legge 903 del 1977 riguardante tutti gli aspetti del rapporto di lavoro, che equipara veramente per la prima volta uomo e donna. Art. 1: Qui si trova una prima differenza tra discriminazione diretta e indiretta, ovvero posti di lavoro per solo uomini (o donne), oppure offerte di lavoro con particolari caratteristiche fisiche tali da scartare le donne a priori. Inoltre non si limita alle sole discriminazioni sessuali. Infatti vi è menzionata una parte riguardante i corsi di formazione, in quanto questi devono essere offerti in modo equo a donne e uomini. Uomini e donne devono, inoltre, avere le stesse possibilità di scelta delle mansioni. Ovviamente per certi tipi di lavori la donna può essere esclusa (lavori molto pesanti). Fa comunque eccezione l’ambiente della moda e dello spettacolo. Per quanto riguarda le mansioni, queste devono dare le stesse possibilità per il lavoro e la carriera. Viene inoltre esteso il periodo massimo di lavoro delle donne che possono continuare a lavorare, nonostante la possibilità di pensionamento, fino all’età di lavoro dell’uomo. Art. 5 Lavoro notturno Fino a questa legge le donne non potevano lavorare nelle ore notturne, ma con la Finanziaria del 98, dopo un richiamo della comunità, viene data la possibilità del lavoro notturno anche alle donne, ma non in caso di maternità o di figli ancora piccoli. Art. 6 Genitori adottivi Le lavoratrici che hanno adottato un bambino hanno diritto a 3 mesi si astensione obbligatoria. Art 9: Assegni famigliari Ora gli assegni famigliari vengono percepiti anche dalle mogli. Art. 11: Pensione per i superstiti in caso di morte di un coniuge. Art. 15: Per i problemi di discriminazione è stata introdotta una procedura burocratica molto più rapida di una qualunque causa del lavoro. Infatti un pretore, in funzione di giudice del lavoro, deve deliberare entro 2 giorni. Ora si passa alla terza fase: Pari opportunità. Infatti la 903 ha portato solo una parità formale, così con la legge 125 del 91 si inizia parlare di pari opportunità e di discriminazione nei confronti dell’uomo. Art 1: ha lo scopo di agevolare la donne al fine di portare una pari opportunità anche usando azioni positive. Le azioni positive sono scelte aziendali al fine di portare le donne allo stesso livello degli uomini. Spieghiamo meglio il concetto di azioni positive con alcuni esempi: Ericcson: la direzione dell’Ericcson ha avuto stanziamenti per selezionare dal proprio organico un gruppo di donne con possibili capacità manageriali per un corso formativo. Zanussi: Ha preso un gruppo di operaie dandogli la possibilità di organizzarsi i turni lavorativi a loro piacimento (flexing time). Comunque non ha funzionato! Inoltre ha istituito un comitato paritetico per consigliare alcune scelte aziendali. Merloni: progetto di formazione per le sole donne al fine di migliorare effettivamente il prodotto. Inoltre con questa legge si cerca di superare azioni o mansioni che precludano la parità, facendo riferimento agli orari di lavoro in modo da lasciare alla donna la possibilità di conciliare lavoro e famiglia. Oltre che un’ulteriore specificazione delle discriminazioni dirette e indirette qui si parla anche di Mobbing, ovvero l’oppressione del datore di lavoro nei confronti di un determinato lavoratore al fine di far dimettere quest’ultimo. Art.15: Viene data la possibilità di sfruttare fatti statistici in caso di discriminazione. Per esempio il caso di una segretaria che non accetta le avance del capoufficio con il conseguente abbassamento del suo stipendio. Lei può utilizzare fatti statistici riguardanti il suo capoufficio per testimoniare la sua discriminazione. Nel caso di ricorso o causa per discriminazione esiste un consigliere di parità, uno per provincia, con il compito di valutare lo stato di lavoro al fine di acquistare informazioni utili per il giudizio. Congedi parentali Con la legge 53 del 2000 sono apportati cambiamenti sostanziali non solo per la maternità. Astensione obbligatoria per maternità Prima era obbligatoria per i 2 mesi antecedenti il parto e i 3 mesi successivi, fatta eccezione per cause di salute, senza essere contemplata la possibilità di parto prematuro quindi la parziale perdita del periodo di astensione. Ora invece è previsto che la lavoratrice può scegliere come meglio crede questo periodo di astensione, salvaguardando comunque la sua salute e quella del figlio. Per esempio può iniziare l’astensione solo un mese prima del parto per avere a disposizione 4 mesi dopo la nascita del figlio. Viene comunque imposto il limite all’ottavo mese di gravidanza. In caso di parto prematuro la lavoratrice ha diritto a fruire dopo il parto i giorni di assenza obbligatoria di cui non ha fruito prima del parto. Astensione facoltativa per maternità E’ un periodo di astensione che va fino al compimento di 8 anni del figlio valido sia per la madre e che per il padre. Prima servivano una serie di permessi per usufruire di questo periodo, ora è tutto più facile e si parla di Congedi Parentali. E’ data la possibilità sia al padre che alla madre di astenersi dal lavoro per un periodo di 10 mesi dove ognuno di loro ha la possibilità di un massimo di 6 mesi. Ma siccome non sono molti i lavoratori uomini che usufruiscono di questa possibilità nel caso che un uomo decida di prendersi 7 mesi consecutivi allora il periodo totale viene esteso a 11 mesi (solo 4 mesi per la madre). Durante questo periodo la retribuzione è pari al 30% dello stipendio, pagata dall’INPS, se l’astensione fac. È fatta fino a 3 anni del bambino. Esistono comunque contratti che arrivano fino al 75% dello stipendio. Il periodo di congedo parentale può essere utilizzato, però, fino al compimento di 8 anni del figlio, chiaramente dopo i 3 anni del figlio il periodo non è retribuito. Questo congedo ha una protezione del posto di lavoro più forte delle ferie. Data la lunghezza di questo periodo si sono previsti incentivi per l’assunzione a tempo determinato per la sostituzione dei lavoratori in congedo parentale, oppure la collaborazione di lavoratori autonomi. Diritto ad assentarsi per le malattie del figlio. Esiste un’altra norma che dà la possibilità al padre e alla madre alternativamente di assentarsi per le malattie del figlio. Tali assenze sono retribuite. Fino al terzo anno di età i genitori sono autorizzati a stare a casa per tutte le malattie del figlio. Dopo il terzo anno e fino all’ottavo ai genitori sono dati 5 giorni all’anno ciascuno. Inoltre la malattia del figlio interrompe le ferie del genitore. Permessi per Allattamento Per quanto riguarda il permesso per allattamento sia ha la possibilità di avere 2 ore giornaliere fino ad un anno di età del bambino. 1 ora giornaliera in caso di orario inferiore alle 6 ore. Nel caso di parto gemellare una volta si moltiplicava il periodo di allattamento per il numero dei gemelli, ma nel caso di un parto con molti gemelli la cosa diventava assurda, quindi si è uniformato il tutto a 4 ore giornaliere indipendentemente dal numero dei figli. Ovviamente tutti questi permessi non sono sovrapponibili tra padre e madre, che quindi dovranno portare un certificato del proprio datore che testimoni la non sovrapposizione (siamo nel caso di lavoro subordinato per entrambi i genitori). Per le lavoratrici madri valgono tutti i diritti di tutela del posto di lavoro già contemplati per il matrimonio fino ad 1 anno di età del figlio. In sintesi, allora, l’attuale disciplina relativa alla tutela della maternità e della paternità, così come essa emerge dal combinato disposto delle leggi n. 1204/1971, n. 903/1977 e – da ultimo – n. 53/2000 (congedi parentali) prevede le seguenti garanzie: 1) divieto di licenziare la lavoratrice dall’inizio della gestazione fino ad un anno di età del bambino; 2) divieto di adibire la lavoratrice a lavori pericolosi, faticosi o insalubri, dall’inizio della gestazione fino a sette mesi di età del bambino; 3) diritto a permessi retribuiti per esami prenatali che si debbano svolgere durante l’orario di lavoro; 4) diritto all’assenza obbligatoria, da due mesi prima del parto (anticipabili o posticipabili) fino a tre mesi dopo il parto; 5) diritto all’assenza facoltativa, fino a 8 anni di età del bambino, per una durata di sei mesi max complessivi per ciascun genitore e 10 mesi max complessivi (come si è già detto al lavoratore padre sono dati in certe circostanze 7 mesi e, in questo caso il limite complessivo viene elevato ad 11 mesi); 6) diritto ai riposi retribuiti; 7) diritto ad assentarsi durante le malattie del figlio, fino all’età di 8 anni (secondo le indicazioni che si sono già dette). Infine una tutela particolare spetta laddove il bambino sia colpito da grave handicap. In questo caso l’assenza facoltativa e i riposi giornalieri sono elevati a tre anni; e, in secondo luogo, dopo il terzo anno di vita del bambino, il genitore che assiste il bambino ha diritto a 3 gg. al mese di permesso retribuito. Congedi per scopi formativi Un lavoratore che ha svolto per 5 anni il suo lavoro può richiedere un congedo a scopi formativi, per partecipare ad attività formative scelte dal lavoratore stesso per un massimo di 11 mesi. La scelta del corso può essere non inerente al lavoro. Ovviamente il periodo non è retribuito, ma c’è la conservazione del posto di lavoro. Esiste la possibilità di percepire assegni a scopo formativo per lavoratori dipendenti o disoccupati. Lavori Atipici I lavori atipici sono definiti tali in quanto non si ha lavoro subordinato o lavoro autonomo, anche se essi sono indubbiamente più vicini a quest’ultimo. Collaborazione Occasionale E’ una prestazione occasionale in un periodo limitato, salvo eccezioni per un unico progetto lavorativo molto lungo che si può protrarre nel tempo. Solitamente applicato nelle prestazioni professionali, ma nulla vieta di applicarlo in altri casi. Non dovrebbero esserci i caratteri della subordinazione e dal compenso viene tolto solo il 20% di ritenuta d’acconto IRPEF. Non esiste una legge a riguardo, ma solo una previsione fiscale. Collaborazioni Coordinate e Continuative Coordinate: non sono prestazioni subordinate, ovvero il committente (datore) può semplicemente coordinare il lavoro, non comandare il collaboratore (lavoratore). Continuative: è una collaborazione che si protrae nel tempo, ovvero non viene stabilito un periodo. Il collaboratore è libero di scegliere l’orario di lavoro, anche se di fatto ogni tanto viene imposto (comunque non è legale) e se l’INPS scopre tale condizione si ha immediatamente lavoro subordinato. Nato nel 42, solo ora viene largamente usato, soprattutto per le consulenze aziendali. Dunque visti il largo uso Dini nel 95 ha stabilito che questi lavoratori avessero bisogno di un servizio pensionistico (quindi obbligo di iscrizione all’INPS), obbligando un versamento del 13% a favore dell’INPS. I 2/3 del 13% sono a carico del committente, mentre il restante 1/3 del collaboratore. Inoltre bisogna versare il 20% di ritenuta d’acconto. Uno 0,5% del 13% di trattenuta, viene versato per la maternità, tutela introdotta anche se è molto difficile utilizzarla. Mancava inoltre la tutela per infortuni, prevista da Dini, ma è risultato molto difficile decidere la percentuale in quanto non esiste uno standard per questi lavoratori. Non ho limiti sul numero di contratti simultanei, salvo clausole del contratto. Può essere richiesto un rimborso nel caso di mancanza delle prestazione di collaborazione e viceversa. Questa collaborazione non prevede tutela del rapporto di lavoro, quindi c’è bisogno di un contratto molto accurato per la responsabilità civile. Trattamento di Fine Rapporto (TFR) La disciplina del TFR e`relativamente recente e risale al 1982 e deriva da una legge (n. 297) che ha sostituito l'articolo 2120 del codice civile. Prima del 1982 esisteva un istituto sostanzialmente analogo. Prima del 1982 il lavoratore percepiva l' indennità di anzianità. L'indennità di anzianità era la somma che veniva pagata al lavoratore come premio di fedeltà, in particolare se il lavoratore non dava le dimissioni e se il licenziamento non dipendeva da colpa del lavoratore. Indennità di anzianità: criterio di calcolo Si fa distinzione tra impiegati e operai Impiegati: viene considerato l'importo dell'ultima mensilità e moltiplicato per il numero di anni di servizio. Operai: viene considerata una percentuale dell'ultima retribuzione. Tale percentuale cambia in base al numero di anni di servizio. TFR: decorrenza Nel 1982, come già detto, è stata emanata la legge n. 297 che ha sostituito l'istituto dell’indennità di anzianità con l'istituto del Trattamento di Fine Rapporto, con decorrenza 1 Giugno 1982. Con decorrenza 1 Giugno 1982 si intende che il lavoratore che termina di lavorare prima di tale data percepisce l'indennità di anzianità; il lavoratore che inizia a lavorare dopo tale data (1 Giugno compreso) percepisce solo il TFR; mentre chi ha iniziato prima del 1 Giugno 1982 e terminato (o terminerà) il rapporto di lavoro dopo tale data è fatto destinatario di un regime misto. Infatti il conteggio verrà fatto in base all'indennità di anzianità fino al 30 Maggio 1982, e in base al calcolo del TFR dal 1 Giugno in poi. A differenza dell'indennità di anzianità il TFR è sempre dovuto al lavoratore indipendentemente da come cessa il rapporto di lavoro. Inoltre la quota di TFR va accantonata da parte del datore di lavoro anno per anno. Questa quota il datore di lavoro può anche investirla, a patto che siano investimenti a tasso sicuro e non siano quindi soggetti a erosione di capitale. Il TFR ha la natura di retribuzione differita e da alcuni viene anche visto come un risparmio forzoso. TFR: criterio di calcolo Il TFR si calcola sommando per ciascun anno di servizio una quota pari e comunque non superiore all'importo della retribuzione dovuta per l'anno stesso divisa per 13,5. Salvo diversa previsione dei contratti collettivi la retribuzione annua comprende tutte le somme, compreso l'equivalente delle prestazioni in natura, corrisposte in dipendenza del rapporto di lavoro, a titolo non occasionale e con esclusione di quanto è corrisposto a titolo di rimborso spese (richiamo al discorso che si è fatto sulla nozione omnicomprensiva di retribuzione). In caso di sospensione della prestazione di lavoro per una delle cause di cui all'art. 2110 (Infortunio, malattia, gravidanza, puerperio), nonché in caso di sospensione totale o parziale per la quale sia prevista l'integrazione salariale deve essere computato nel TFR l'equivalente della retribuzione a cui avrebbe avuto diritto il lavoratore in casi di normale svolgimento di lavoro. Per quanto riguarda le altre ipotesi di sospensione, non menzionate nel 2110 c.c., bisogna distinguere a seconda che vi sia o no la retribuzione. Nell’ipotesi in cui non vi sia retribuzione (es. servizio di leva) tali periodi di sospensione si ritiene non diano diritto alla maturazione del TFR. Indicizzazione del TFR. Vi è un incremento fisso dell'1,5% al 31 dicembre di ogni anno della somma maturata (esclusa quella del corrente anno) e un ulteriore incremento di tale somma del 75% dell'aumento dell'indice dei prezzi accertato dall'ISTAT. TFR: richiesta di anticipo E’ possibile richiedere anticipatamente il TFR? Si, ma a determinate condizioni specificate nel suddetto articolo 2120. In particolare è possibile avere un'anticipazione solo se si sono maturati 8 anni di servizio presso lo stesso datore di lavoro e in ogni caso l'anticipazione non potrà essere superiore al 70% del TFR maturato. Le richieste sono soddisfatte annualmente entro i limiti del 10% degli aventi titolo e comunque non oltre il 4% del numero totale di dipendenti. Inoltre per poter richiedere l'anticipazione deve sussistere una delle seguenti necessità: eventuali spese sanitarie per terapie e interventi straordinari riconosciuti dalle competenti strutture pubbliche; acquisto della prima abitazione per se o per i figli, documentato con atto notarile. L'anticipazione può essere ottenuta una sola volta nel corso del rapporto di lavoro e viene ovviamente detratta dal TFR corrisposto alla fine. TFR: tutela Come tutela del lavoratore è stato istituito un fondo di garanzia presso l’INPS, che interviene a pagare il TFR nelle ipotesi di insolvenza del datore di lavoro ovvero nell'ipotesi di inutile esperimento dell'esecuzione forzata (pignoramento) promossa dal lavoratore. Rapporti di lavoro speciali Parlare di Rapporti di Lavoro Speciali implica due problemi: 1. Cosa sono i rapporti di lavoro generali 2. Cosa sono gli elementi che determinano il rapporto di lavoro speciale Considereremo semplicemente come rapporto di lavoro generale quello di cui all'art. 2094 del codice civile. Questo non perché la fattispecie di cui all’art. 2094 si ponga effettivamente in un rapporto di genere a specie rispetto alle altre fattispecie, ma semplicemente perché essa costituisce il modello più diffuso, vale a dire il modello socio-economico prevalente. Se si accettano tali conclusioni, vediamo ora quali sono i due criteri alternativi tra loro per considerare un rapporto di lavoro speciale: 1. Criterio quantitativo: è speciale il rapporto in cui vi è una deviazione quantitativa rispetto al rapporto generale. Es.: rapporto di lavoro dirigenziale, a tempo determinato, tempo parziale. Usando questo criterio i rapporti di lavoro speciali sarebbero tantissimi. Sembra preferibile, allora, propendere per il seguente: 2. Criterio qualitativo: sono quei rapporti in cui vi è una deviazione causale, cioè in cui vi è una deviazione nella causa del contratto. Utilizzando questo criterio rapporti di lavoro speciali sono: apprendistato formazione lavoro lavoro alle dipendenze della Pubblica Amministrazione (PA) lavoro domestico rapporto di lavoro sportivo Breve quadro sulla PA La disciplina del rapporto di lavoro alle dipendenze delle pubbliche amministrazioni è stata modificata dal decreto legislativo n. 29 del 1993 e successive modificazioni. In considerazione del diffuso malfunzionamento della p.a., l’allora Ministro Cassese decise di fronteggiare la situazione attraverso una riforma del pubblico impiego. Tale riforma prende il nome di privatizzazione-contrattualizzazione del pubblico impiego. Pubblico impiego / Lavoro pubblico Prima del 1993 si parlava di pubblico impiego; dopo il 1993 è più corretto parlare di lavoro pubblico oppure di lavoro alle dipendenze delle pubbliche amministrazioni (PA). Prima del 1993 il pubblico impiego era disciplinato dal testo unico del 1957 (T.U. del ’57), che prevedeva per i dipendenti pubblici un complesso di norme assolutamente specifiche e sostanzialmente diverse da quelle del lavoratore privato. I profili che vi voglio proporre sono tre: 1. il profilo della costituzione del rapporto 2. il profilo dei contratti collettivi 3. il profilo della giurisdizione. COSTITUZIONE DEL RAPPORTO Fino al 1993 il rapporto di pubblico impiego si costituisce come un atto unilaterale di nomina: la PA investe il lavoratore, dall’alto della sua posizione, dello status di dipendente pubblico; mentre il contratto di lavoro, che si fa nel privato, sappiamo bene che è un atto bilaterale. CONTRATTI COLLETTIVI I contratti collettivi venivano stipulati tra i rappresentanti dei datori di lavoro e i rappresentanti dei lavoratori, ma non avevano efficacia immediatamente precettiva, perché dovevano essere recepiti da un decreto del Presidente della Repubblica (d.p.r): solo quando il contratto diventa un d.p.r. vincola tutti. GIURISDIZIONE Un impiegato, quando doveva far causa alla pubblica amministrazione, doveva rivolgersi al T.A.R. o al Consiglio di Stato. Nel 1993, con il decreto legislativo n°29, si è deciso di applicare ai lavoratori pubblici le norme dei lavoratori privati. In particolare, i profili del cambiamento sono: 1. COSTITUZIONE DEL RAPPORTO: l’atto unilaterale di nomina si trasforma in un contratto di lavoro vero e proprio. 2. CONTRATTI COLLETTIVI: acquistano efficacia immediata. 3. GIURISDIZIONE: il giudice amministrativo viene alleggerito di tutto il contenzioso, mentre viene appesantito il giudice civile ( Tribunale – Corte d’appello – Corte di Cassazione). In realtà, a monte di questo D.L.G.S c’è la privatizzazione, o meglio esso dà inizio ad un processo di privatizzazione: il dipendente pubblico è soggetto a tutte le norme che si applicano al dipendente privato. Bisogna però verificare che quelle norme siano compatibili con la natura particolare del lavoro pubblico: ci sono discipline che rimangono particolari, come le assunzioni. Nelle pubbliche amministrazioni si viene assunti solo attraverso un concorso. Apprendistato L’ apprendistato e il contratto formazione lavoro hanno in comune il fatto di essere entrambi due rapporti speciali a causa della formazione. Il datore di lavoro si impegna a dare al proprio lavoratore una formazione e il lavoratore si impegna, oltre a dare la propria prestazione lavorativa, ad imparare. Il contratto di apprendistato è disciplinato dalla legge n°25 del 1995, dall’art. 16 della legge n°196 del 1997 e nel 1999 è stata emanata una legge delega per il riordino dell’ apprendistato. Il contratto di apprendistato è quel contratto con il quale il datore di lavoro si impegna ad impartire al lavoratore una formazione, al fine di farlo diventare lavoratore qualificato. Il contratto di apprendistato può essere stipulato sia per professionalità operaie, che per professionalità impiegatizie. Disciplina del rapporto: • Assunzione Al contratto di apprendistato non si applica la legge n°608, cioè l’assunzione diretta, ma si applica la richiesta nominativa. Il numero degli apprendisti non può superare il 100% delle maestranze impiegate. Il contratto di apprendistato si rivolge ai giovani tra i 16 e i 24 anni: il limite di 24 anni può essere elevato a 26 per il Mezzogiorno e a 29 nel settore dell’artigianato. • Durata La durata è stabilita dai contratti collettivi. Esiste però una durata minima di 18 mesi e una durata massima di 4 anni. Al termine dell’apprendistato deve essere fatta una prova di idoneità davanti ad una commissione costituita presso la Direzione Provinciale del Lavoro, che serve per dare la qualifica per cui è stato fatto l’apprendistato. Da non confondere con il praticantato, che è invece un rapporto di lavoro gratuito. • Orario Sono ammesse 8 ore al giorno e 44 ore settimanali. • Attività formativa L’attività formativa comprende un addestramento pratico e un addestramento teorico. L’addestramento pratico si fa svolgendo l’attività lavorativa, l’addestramento teorico invece si fa all’esterno dell’azienda attraverso corsi formativi organizzati dalla Regione (non può essere inferiore a 120 ore annue ). La mancata partecipazione comporta la perdita per il datore di lavoro delle agevolazioni contributive. • Obblighi contributivi I versamenti contributivi da parte del datore di lavoro sono minimi. • Obblighi retributivi Il salario di ingresso è di circa due livelli sotto un salario normale corrisposto per la stessa mansione: deve comunque rispettare il principio di sufficienza. • Risoluzione del rapporto di lavoro Al termine del periodo di apprendistato il datore di lavoro può liberamente recedere dal rapporto, ma il licenziamento deve avvenire in forma scritta. L’apprendistato può trasformarsi in un rapporto di lavoro definitivo anche prima della scadenza. L’assunzione può avvenire oralmente, ma la norma va combinata con il D.L.G.S n°152 del 1996, cioè il datore dovrà informare il lavoratore degli elementi essenziali del contratto, entro 30 giorni dall’inizio del rapporto e per iscritto. La forma scritta è richiesta solo per il contratto di formazione lavoro. L’apprendistato è compatibile con lo straordinario, ma non è compatibile con il lavoro notturno. Diritto sindacale Il diritto sindacale è quell’insieme di norme che riguardano l’esercizio della libertà sindacale; in particolare riguardano quel diritto che è sancito dall’art. 39 Comma 1 della Costituzione, che stabilisce il principio di libertà di organizzazione sindacale. Libertà di organizzazione sindacale vuol dire libertà di : i. Appartenere o non appartenere (e lavorare comunque) ad un sindacato. ii. Costituire liberamente delle organizzazioni sindacali. iii. Svolgere attività sindacali. I sindacati sono liberi nei confronti dello Stato. Che cos’è un’organizzazione sindacale? Sono stati elaborati quattro criteri per definire il sindacato: 1. Funzionale La funzione svolta dai sindacati è la tutela dei lavoratori: tutte le volte che abbiamo un’organizzazione che persegue questo obiettivo, quella organizzazione sarà un sindacato. 2. Strumentale Gli strumenti utilizzati da un sindacato sono il fatto di poter stipulare dei contratti collettivi e il fatto di poter organizzare degli scioperi. 3. Soggettivo Il sindacato è un’organizzazione i cui investitori sono i lavoratori o i datori di lavoro. ( Confindustria, per esempio) 4. Strutturale In questo caso si guarda al fatto che ci sia un’organizzazione di lavoratori o un’organizzazione di datori di lavoro. I sindacati sono associazioni non riconosciute: con il riconoscimento si chiede allo Stato una sorta di imprimatur, con cui l’associazione ottiene l’autonomia patrimoniale. L’associazione riconosciuta ottiene la personalità giuridica, il che comporta dei controlli da parte dello Stato e questo non conviene ai sindacati (mai in Italia un sindacato ha richiesto il riconoscimento). Il sindacato può essere di mestiere o per ramo d’industria. Ramo di industria: CGIL dei metalmeccanici (FIOM) CGIL del commercio …. Mestieri: macchinisti, piloti d’aereo, controllori di volo, dirigenti, … Il sindacato ha una struttura verticale e una struttura orizzontale. La struttura verticale raccoglie tutti i lavoratori appartenenti al medesimo settore produttivo; la struttura orizzontale raggruppa tutti i lavoratori appartenenti a tutti i diversi settori produttivi (per esempio: CGIL di Modena, CGIL di Reggio Emilia, …). Al vertice delle due strutture c’è la Confederazione. < Lezione del 30/11/2000 > Sindacato registrato: Art.39 della Costituzione (dal comma 2 in poi) Un sindacato registrato è un sindacato che ha chiesto la registrazione presso gli uffici locali o centrali secondo le norme di legge. L’unica cosa che viene richiesta al sindacato che desidera la registrazione è che l’ordinamento interno sia a base democratica. I sindacati registrati hanno personalità giuridica e possono stipulare contratti collettivi che sono validi erga omnes (cioè sono validi nei confronti di tutti quelli appartenenti alla categoria a cui il sindacato si riferisce, che siano iscritti o meno). Questi contratti collettivi hanno un’efficacia soggettiva particolarissima: oggi il contratto collettivo in linea di massima vincola solo il lavoratore o il datore di lavoro iscritto al sindacato. Infatti il lavoratore, iscrivendosi al sindacato, conferisce allo stesso un mandato di rappresentanza e il sindacato, nel momento in cui stipula un contratto collettivo, lo fa in virtù di quel mandato. E’ logico che la rappresentanza viene data solo ai lavoratori iscritti: di fatto c’è il tentativo di estendere a tutti la rappresentanza dei sindacati nella stipulazione dei contratti collettivi. La maggior parte dei contratti apportano dei miglioramenti al rapporto di lavoro, ma ci possono essere anche dei contratti peggiorativi (riduzioni d’orario, licenziamenti): naturalmente rischieranno di essere licenziati solo quelli che si trovano in una determinata situazione ….il discorso è abbastanza complesso. Quello che ci interessa è che solo i sindacati registrati possono stipulare contratti collettivi che valgono erga omnes e nel nostro ordinamento nessun sindacato è registrato: l’art. 39 (comma 2,3,4) è una norma non ancora attuata. Contratto collettivo: è un contratto stipulato tra due o più parti, dove ciascuna delle parti rappresenta più persone. Nel nostro ordinamento esistono vari tipi di contratti collettivi: 1. art. 39 della Costituzione: è solo teorico e abbiamo appena visto il motivo. 2. corporativo: stipulato nel periodo fascista Efficacia soggettiva: indica a quali soggetti si applicano gli effetti del contratto collettivo. Efficacia oggettiva: attiene al posizionamento del contratto collettivo nella gerarchia delle fonti, cioè riguarda il rapporto fra il contratto collettivo e il contratto individuale. Il discorso dell’efficacia oggettiva, relativamente al contratto collettivo corporativo, è riportato nell’art. 2077 del codice civile: il contratto individuale non può stabilire condizioni diverse (peggiorative) da quelle del contratto collettivo corporativo. Inoltre si applica efficacia soggettivaa tutti gli appartenenti alla categoria. In linea astratta e per alcuni settori non è escluso che possa ancora valere il contratto corporativo (ma generalmente è un tipo di contratto storico). Con la legge n° 741 del 1959 il Parlamento ha delegato il Governo ad emanare dei decreti che recepissero i contratti collettivi, in modo che valessero per tutti. In seguito la Corte Costituzionale ha dichiarato la illegittimità di questo metodo: tutti i decreti sono venuti meno e si è ripresentato il problema. Riassumiamo: 1. Contratto collettivo corporativo ⇒ Efficacia oggettiva: art. 2077 ⇒ Efficacia soggettiva: erga omnes 2. Art. 39 della Costituzione (1948) ⇒ Efficacia soggettiva: erga omnes 3. Legge 741/59 ⇒ Efficacia soggettiva: erga omnes 4. Art. 1321 e seguenti del codice civile (tipologia attuale) ⇒ Efficacia soggettiva: vincola gli iscritti al sindacato. Ci sono stati dei tentativi della giurisprudenza volti ad estendere la validità di questi contratti a tutti. 1° tentativo: il giudice utilizza il contratto collettivo come riferimento per decidere la retribuzione minima sufficiente per un lavoratore, della stessa categoria a cui il contratto si riferisce, non iscritto al sindacato. 2° tentativo: i contratti collettivi si applicano anche a quei soggetti che, pur non essendo iscritti al sindacato, abbiano attuato una adesione espressa o tacita al contratto collettivo. 3° tentativo: c’è un orientamento giurisprudenziale che ritiene che il datore di lavoro che si trova in un processo deve eccepire subito la sua mancata iscrizione al sindacato, pena l’applicabilità del contratto collettivo (Presunzione processuale di iscrizione delle parti al sindacato). 4° tentativo: c’è un ulteriore orientamento giurisprudenziale secondo cui basta solo che il contratto collettivo venga applicato dal datore di lavoro, perché questo valga per tutti i suoi dipendenti. ⇒ Efficacia oggettiva: il 2077 si può estendere anche al contratto collettivo del diritto comune. Il contratto collettivo ha due funzioni: • Normativa E’ la più importante e vuol dire che il contratto collettivo disciplina tutti i contratti individuali, cioè è una norma. • Obbligatoria E’ quella parte che non disciplina i contratti individuali ma vincola i sindacati. Esistono vari livelli di contrattazione collettiva: 1. contratti nazionali 2. contratti provinciali 3. contratti aziendali 4. contratti applicabili alla singola unità produttiva. Nel Luglio del 1993 è stato fatto un accordo circa le procedure di stipulazione di un contratto collettivo: la forma del contratto collettivo deve essere scritta, altrimenti è nullo. Una disciplina particolare ce l’ ha il contratto collettivo nell’ambito dell’impiego pubblico. Diritto di sciopero (Art. 40 della Costituzione) A partire dal 1948 lo sciopero non è più un reato, ma è considerato un diritto indisponibile, sancito dalla Costituzione. La regolazione di questo diritto però viene rimandata fino al 1990, quando viene emanata la legge n°146. Ci si rende conto che esistono dei diritti che hanno una rilevanza maggiore del dirotto di sciopero e che quindi non possono essere violati in caso di sciopero. Questi sono i diritti della persona: diritto alla salute, diritto alla vita, diritto alla libertà, diritto alla sicurezza, diritto alla libertà di circolazione, diritto all’assistenza e previdenza sociale, diritto all’istruzione e diritto alla libertà di comunicazione. Nel comma successivo di questa legge vengono indicati i servizi che, nell’ambito di ciascuno di questi diritti, sono considerati essenziali. Infatti è necessario che venga garantito un servizio minimo essenziale, che viene stabilito dai contratti collettivi di ciascuna categoria. Se i contratti collettivi non ne parlano, possono intervenire dei codici di autoregolamentazione, che sono dei documenti unilaterali, fatti da ciascuno delle parti. Se il codice di autoregolamentazione non c’è, oppure non garantisce dei servizi minimi essenziali, si applica l’estrema ratio, cioè il potere di precettazione esercitato dal Presidente del Consiglio (o da un ministro da lui delegato) per i conflitti di rilevanza nazionale; ovvero il Prefetto, per gli scioperi di rilevanza locale. Quando esiste un fondato pericolo di un pregiudizio grave ed imminente ai diritti della persona, questi soggetti invitano le parti a desistere dai comportamenti che hanno portato a situazioni di pericolo; qualora tale situazione persiste, il Presidente o il Prefetto emana una ordinanza motivata, diretta a garantire le prestazioni indispensabili. La legge 146 impone degli obblighi ai lavoratori: • dare un preavviso minimo di dieci giorni; • indicare la durata dello sciopero; • garantire il servizio minimo. Obblighi dei datori di lavoro: • comunicare, 5 giorni prima dell’inizio dello sciopero, i servizi minimi essenziali; • garantire la riattivazione del servizio completo non appena lo sciopero finisce; • garantire comunque le prestazioni indispensabili. Nei confronti dei lavoratori, delle rappresentanze sindacali e dei lavoratori che non osservano la 146 si applicano delle sanzioni disciplinari (economiche per i datori e i sindacati). La legge 146 vale per i settori che prestano i servizi essenziali: l’effettivo rispetto di questa legge viene garantito da una Commissione di Garanzia composta da 9 persone, che vengono scelte tra esperti di Diritto Costituzionale e Diritto del Lavoro e designate dai Presidenti della Camera e del Senato. Con la legge n°53 del 2000 sono state cambiate alcune cose relativamente alle sanzioni che la Commissione può applicare. Lo sciopero è un diritto soggettivo potestativo; in particolare è l’astensione collettiva dal lavoro disposta da una pluralità di lavoratori per la tutela di interessi professionali di categoria. Il diritto di sciopero è un diritto a titolarità individuale, cioè spetta al singolo lavoratore. Però è un diritto ad esercizio collettivo, cioè significa che la proclamazione dello sciopero deve essere fatta da più lavoratori. Esistono due tipi di crumiraggio: • esterno il datore di lavoro chiama dei lavoratori esterni per sostituire gli assenti per sciopero; • interno il datore di lavoro chiama dei lavoratori interni per sostituire gli assenti. Il lavoratore che sciopera non è pagato e le ore di sciopero non vengono computate nell’anzianità. L’Art 41 della Costituzione sancisce la libertà di iniziativa economica dell’imprenditore. Questa libertà deve essere tutelata, per cui sono stati stabiliti dei limiti esterni al diritto di sciopero: • è vietato il boicottaggio; • è vietata l’occupazione d’azienda; • è vietato il sabotaggio; • è vietato il blocco delle merci (uscita delle merci dal magazzino); • è vietato il picchettaggio. Esistono anche dei limiti interni, che derivano dalla nozione stessa di sciopero. Si presuppone che esso sia una astensione continuativa e generale dal lavoro, ma i lavoratori hanno inventato delle forme di sciopero che creano il massimo danno per il datore di lavoro e il minimo danno per il lavoratore, non rispettando la definizione generale di sciopero: • sciopero a scacchiera; • sciopero a singhiozzo. La Giurisprudenza ha individuato un danno alla produzione e un danno alla produttività fatti con queste forme articolate di sciopero. Nel caso di danno alla produzione (danno alla quantità produttiva di quella giornata) questi tipi di sciopero sono legittimi, invece nel caso di danno alla produttività (danno alla capacità produttiva dell’azienda) non sono legittimi. • Sciopero breve (per esempio, prime due ore di lavoro): è legittimo; • Sciopero dello straordinario: è legittimo; • Sciopero bianco: è legittimo, a meno che non degeneri nell’occupazione d’azienda; • Sciopero delle mansioni (il lavoratore fa solo quello che gli spetta per contratto): dipende dal caso; • Sciopero pignolo o ostruzionismo (il lavoratore osserva in maniera pedante le istruzioni): è illegittimo; • Serrata (è la sospensione del lavoro fatta da parte del datore): è illecito sotto il profilo civilistico, cioè obbliga al risarcimento del danno, mentre sotto il profilo penale non è reato, a condizione che non sia per fine politico, per protesta o per coazione alla pubblica autorità. Contratto di formazione e lavoro (CFL) Il contratto di formazione e lavoro, così come l’apprendistato, rientra nei contratti di lavoro speciali poiché la causa ordinaria si arricchisce dell’elemento formativo: oltre alla retribuzione il datore impartisce informazioni, e nel contempo il lavoratore deve dare la disponibilità ad essere formato – oltre a fornire la sua prestazione lavorativa. E’ stato introdotto nell’ordinamento giuridico con la legge n.863 del 1984, e si rivolge ai giovani di età compresa tra i 16 e i 32 anni. Ne esistono due tipologie: a) Contratto di formazione e lavoro in cui vi è formazione ‘pesante’, ovvero un contratto mirato all’acquisizione di professionalità intermedie od elevate ; b) Contratto di formazione e lavoro in cui vi è formazione ‘leggera’, finalizzato all’inserimento professionale in un determinato contesto produttivo e organizzativo. (Nell’apprendistato, invece, si mirava all’acquisizione di una qualifica professionale, operaia o impiegatizia.) Formazione Pesante Formazione Leggera Fine Acquisizione professionalità intermedia o Inserimento professionale in un elevata contesto produttivoorganizzativo Durata Non oltre 24 mesi Non oltre 12 mesi Ore di min 80 ore per qualificazione media min 20 ore formazione min130 ore per qualificazione elevata Tali circostanze hanno fatto ritenere che, a proposito della natura giuridica del contratto di formazione, si parlasse di contratto a causa mista nell’ambito della formazione pesante (la formazione entra nella causa del contratto di lavoro), mentre per quanto concerne la formazione leggera essa si configura come un contratto a causa unica (con l’elemento accessorio delle ore di formazione). Tra i - contratti di lavoro a causa mista si possono quindi annoverare: Contratto di apprendistato; Contratto di lavoro sportivo; Contratto di lavoro domestico; Contratto di formazione e lavoro pesante. Il contratto di formazione e lavoro è ritenuto pienamente compatibile con il collocamento obbligatorio, essendo rivolto anche a lavoratori disabili; è incentivata la stipulazione di questo tipo di contratti, ad esempio mediante la computazione dei lavoratori disabili assunti con CFL ai fini delle quote percentuali imposte ai sensi della legge n.68 del 1999. Tra i soggetti per i quali è legittimo assumere con contratto di formazione e lavoro figurano: - imprese, gruppi di imprese e consorzi; - enti pubblici ed economici; - datori di lavoro iscritti agli albi professionali; - associazioni professionali; - associazioni sportive; - fondazioni4. Tali soggetti, prima di procedere all’assunzione con CFL sono tenuti a presentare un progetto formativo, le cui modalità variano di volta in volta a seconda del tipo di categoria. Organi pubblici presiedono all’esame dei progetti, e una volta ottenuta l’approvazione il lavoratore viene assunto con richiesta [nominativa]. Incentivi per il datore di lavoro che assume con CFL: a) economici; b) normativi, in particolare a) Sgravi contributivi ( si pagano meno contributi ) b) - Contabilità di questi soggetti ai fini del collocamento dei disabili; - Esclusione dal computo dei limiti numerici per l’organico dell’impresa, eccetto che per la normativa in materia di licenziamento; - Possibilità di inquadramento dei giovani ad un livello inferiore rispetto alle mansioni effettivamente svolte (con conseguente retribuzione inferiore, salario d’ingresso, considerato legittimo visto il rendimento inferiore di chi è in formazione). 4 Enti con patrimonio in cui c’è un vincolo di modo. - Possibilità di recedere liberamente (senza bisogno di giusta causa) al termine dei 12 o dei 24 mesi. [Questa è la ragione per cui parte della dottrina ha considerato il CFL un contratto a termine…] Esistono limiti alla stipulazione dei contratti di formazione e lavoro per i soggetti di cui sopra: non possono essere utilizzati da - - datori di lavoro che nei 12 mesi precedenti all’assunzione abbiano proceduto a riduzione di personale; datori di lavoro che non abbiano mantenuto nell’organico almeno il 60% dei giovani assunti con contratto di formazione e lavoro nei 24 mesi precedenti alla data in cui intendono effettuare l’assunzione; lavoratori che debbano acquisire professionalità elementari (previste dai contratti collettivi) – per ottenerle, infatti, sarà sufficiente un periodo di apprendistato. DISCIPLINA DEL CFL Il contratto di formazione e lavoro deve essere stipulato in forma scritta ad substantiam. E’ un contratto perfettamente compatibile con il patto di prova. Nell’ipotesi di licenziamento illegittimo prima del termine, se il datore di lavoro appartiene all’area della stabilità reale non c’è la reintegrazione ma solo il risarcimento del danno (si discute sull’importo ed in particolare sul fatto che si debbano risarcire tutte le mensilità o solo quelle ancora mancanti). All’eventuale nullità del contratto segue la trasformazione in contratto a tempo indeterminato. Altri rapporti di lavoro a carattere speciale Ci sono rapporti in cui è prestata attività lavorativa ma in cui il legislatore interviene e dice che non si tratta di lavoro subordinato. Ad esempio - tirocini formativi e di orientamento (stage); - piani per l’inserimento professionale dei giovani nelle aree ad alto tasso di disoccupazione; - piano straordinario per i lavori di pubblica utilità e per le borse di lavoro (rapporti con durata inferiore ai 12 mesi diretti ai giovani del Mezzogiorno). In questi rapporti viene prestata attività lavorativa ma non si tratta di lavoro subordinato, così come sancito dal legislatore. Stage (legge n.196 del 1997) Implica tre soggetti: - un soggetto proponente; - un soggetto ospitante; - uno stagista, e non si tratta, come si è detto, di lavoro subordinato. Caratteristiche: non c’è retribuzione, la legge prevede l’assicurazione INAIL in caso di infortunio, e la durata non può oltrepassare i 12 mesi o 24 mesi nel caso di soggetto portatore di handicap. La dottrina giuslavoristica si è chiesta se, data questa attività lavorativa soggetta al potere direttivo, il legislatore ha il potere di scorporare dalle fattispecie disciplinate le realtà di subordinazione qualificandole come non subordinazione. In altre parole, ci si è chiesti se, dati i parametri della subordinazione, il legislatore può definire come NON SUBORDINAZIONE ciò che in realtà lo è. (rif. Sentenza Corte Costituzionale 1994). Nell’ipotesi fatta la Corte Costituzionale ha sancito che il legislatore NON ha questo potere di qualificazione della fattispecie. (Il legislatore ha sostenuto una cosa in contrasto con la realtà, il giudice ha riconosciuto che la realtà si è mossa in senso diverso). Di solito si pensa la formazione come anteriore o contestuale all’inizio del rapporto di lavoro. Si parla oggi piuttosto di FORMAZIONE CONTINUA modello che si è sostituito al precedente in una realtà tecnologica di enorme evoluzione dove il capitale umano –preponderante sul resto- risente di un’obsolescenza rapidissima. In questo modello la formazione entra stabilmente nelle cause del contratto, la cui causa si sposta nella direzione della causa mista. La legge n. 53 del 2000 (il relazione ai congedi parentali) prevede anche Congedi familiari Congedi FORMATIVI 3 giorni di permesso retribuito all’anno, per casi Prima della legge n.53 c’era solo l’art.10 dello eccezionali (decesso o grave malattia di Statuto dei Lavoratori che prevedeva garanzie famigliare) o 2 anni di congedo non retribuito per lo studente lavoratore: turni compatibili con per grave malattia del famigliare. la frequenza, permessi retribuiti per esami, [riposo durante i turni settimanali].Ora si applica l’art. 7. Ci sono due tipologie di congedi formativi: 1.- Congedi di formazione non retribuiti : possono essere presi dal lavoratore che ha prestato servizio per più di cinque anni presso la stessa azienda; la durata massima è 11mesi per conseguire attestati di scuola dell’obbligo, lauree o diplomi, attività formative diverse da quelle proposte dal datore di lavoro. 2.- Congedi per la formazione continua: i lavoratori (occupati e non) hanno diritto di seguire il percorso formativo tutta la vita per accrescere e mantenere le proprie competenze professionali. Il contratto di lavoro sportivo Rapporto di lavoro speciale disciplinato dalla legge n.91 del 1981. Si applica agli atleti sportivi professionisti la cui prestazione è caratterizzata da onerosità e continuità dell’attività sportiva. Si tratta di lavoro subordinato speciale, data la particolarità dell’oggetto della prestazione. La legge afferma che si configura come lavoro autonomo se - l’attività è prestata nell’ambito di una singola manifestazione sportiva; - la prestazione è inferiore nel complesso a 8 ore/settimana 5 giorni/mese 30 giorni/anno. Questo tipo di contratto richiede la forma scritta ad substantiam. La cessazione del rapporto è caratterizzata dal recesso ad nutum, secondo gli artt.2118 e 2119. Non si applica l’art.7 alle sanzioni disciplinari (si distingue dunque tra illeciti contrattuali ed illeciti sportivi), né l’art.13 dello Statuto dei Lavoratori: la società può mutare le mansioni e i ruoli senza problemi di sorta. E’ prevista una regolamentazione specifica per il trasferimento (cessione del contratto), fattispecie per cui la legge 91 prevede una particolare indennità (appunto, indennità di trasferimento) – ritenuta poi illegittima con la sentenza Bosman unitamente alle regole con cui si limitava il numero di giocatori comunitari nell’ambito calcistico. Ovviamente, non si applica al lavoro sportivo il patto di non concorrenza. Trasferimento d’azienda Si verifica ogniqualvolta si ha un mutamento della titolarità dell’azienda5, qualunque sia il mezzo tecnico giuridico per attuare il trasferimento. L’ipotesi classica in cui si verifica è il caso di vendita, ma anche usufrutto, affitto, cessione dell’azienda a qualche titolo…(vi è pluralità di mezzi). In considerazione del cambiamento, è prevista una serie di tutele per il lavoratore: 1) Il rapporto di lavoro instaurato con l’alienante continua con il nuovo titolare con gli stessi contenuti che vi erano in precedenza; 2) Vi è responsabilità solidale dell’acquirente e dell’alienante riguardo ai crediti maturati dal lavoratore durante il rapporto con l’alienante; non esistono infatti né beneficio né priorità di escussione, così che il lavoratore si possa rivolgere indifferentemente ad uno dei due; 3) Obbligo di consultazione sindacale nel caso in cui nell’azienda siano occupati più di 15 lavoratori; ciò rientra fra i diritti di informazione del lavoratore, dove oltre all’obbligo principale costituito dalla retribuzione, per il datore ve ne sono altri accessori - ad esempio gli obblighi di informazione di origine legale o obblighi di informazione di origine contrattuale (contratti collettivi). Siamo nell’ambito della partecipazione dei lavoratori a questioni dell’impresa, cui è sovraordinato l’art.46 della Costituzione. Esistono vari livelli di partecipazione dei lavoratori a questioni dell’impresa: I° livello: Obblighi di informazione II° livello: Diritto del lavoratore ad essere consultato , e il datore deve dargli la possibilità di parola. III° livello: Diritto di controllo, il lavoratore deve avere la possibilità di controllare quali decisioni sono state prese dal datore. IV° livello: Cogestione, la decisione viene presa insieme dalle due parti. (Positiva se occorre l’accordo di entrambe le parti, negativa se ci può essere diritto di veto da parte del lavoratore). Ai lavoratori è riconosciuto il diritto di partecipare alla gestione dell’impresa, secondo i modi definiti dalla legge. Questioni particolari si pongono nel caso dei contratti collettivi. I suddetti principi non si applicano se il trasferimento riguarda aziende o unità produttive di cui il CTI (organi pubblici) abbia accertato lo stato di crisi aziendale; in tal caso non tutti i lavoratori passano sotto al nuovo titolare, non si applica il principio della conservazione; per gli esclusi si ha il diritto di precedenza nelle assunzioni fatte dal nuovo datore entro un anno di tempo. Se non c’è crisi invece tutti i lavoratori devono passare sotto alla nuova gestione, e i datori di lavoro alienanti tendono così a incentivare le dimissioni prima del nuovo trasferimento – per favorire il nuovo datore- con legge comunitaria 428 del 90 che ha modificato l’art.2112 recependo una direttiva comunitaria sui trasferimenti d’azienda. 5 Azienda: complesso dei beni necessari ad effettuare l’impresa. Esercitazione: rassegna di sentenze su licenziamenti per giusta causa e giustificato motivo [Note di lettura della Rivista Italiana di Diritto del Lavoro] I numeri delle pagine sono riferiti alle fotocopie fornite in aula. “PRETURA DI…” All’inizio di ogni intestazione sono riportati: l’organo giudicante, la data, il presidente, l’estensore. Segue l’indicazione delle parti e i nomi dei rispettivi avvocati. Una noticina (“Conferma di…”) indica se si tratta di una sentenza di secondo grado. Nelle righe in grassetto è indicato l’argomento, per rendere immediatamente visibile ciò di cui tratta la sentenza. Nelle righe in corsivo segue la massima, ovvero il riassunto delle decisioni prese e dei principi cui ci si è riferiti. Poi è riportata la sentenza vera e propria, con i motivi della decisione. Pag. 248 – Caso L., licenziamento per giusta causa di un lavoratore insubordinato che ha recato pregiudizio all’immagine dell’azienda ostentando ripetutamente e in maniera provocatoria indumenti non idonei allo svolgimento della sua mansione lavorativa quali ‘stella da sceriffo’ e ‘cappello alla messicana’. Pag.252 – Alla fine della sentenza ricorre la nota sulle spese (in genere seguono la soccombenza, ma a volte il giudice può stabilire che anche in caso di soccombenza parziale le spese vengano compensate, divise a metà e ciascuna parte provveda al suo avvocato). Nel diritto del lavoro c’è inversione, anche nel caso di soccombenza totale il datore di lavoro compensa(?) le spese. Pag.380 – E’ un esempio di come, mentre i giudici del merito si occupano dello svolgimento dei fatti, quello di legittimità valuti solo l’applicazione corretta delle leggi. (Concetto ribadito ad esempio nella massima di pag.380 “…La Corte di Cassazione, quale giudice di legittimità, nell’esaminare il vizio di motivazione non ha il potere di riesaminare il merito della controversia, ma ha solo la facoltà di controllare la correttezza giuridica e la coerenza logico-formale delle argomentazioni svolte dal giudice di merito…” In questa sentenza, come nella successiva, l’accento è posto sulla fiducia come elemento indispensabile del rapporto tra datore e prestatore di lavoro: qui in particolare si sancisce che la sottrazione di beni dell’azienda di modico valore non pregiudica tale requisito fino a giustificare l’adozione di sanzioni disciplinari non conservative. Pag. 346 – Affronta un problema classico: può il verificarsi di un fatto extralavorativo influire negativamente sull’ambito del rapporto di lavoro? Sì, ad esempio là dove il reato commesso all’esterno abbia incidenza sul rapporto fiduciario insito nel contratto. (Ci sono poi casi in cui la soglia di tollerabilità è assai bassa, si pensi all’irreprensibilità di un giudice). Il reato commesso all’esterno ha efficacia lavorativa. (Esempio del cassiere di Banca scoperto a rubare fuori dall’Istituto, in ambito estraneo alle sue mansioni lavorative: può essere licenziato poiché la mancanza del rapporto di fiducia configura la sua inidoneità allo svolgimento delle mansioni che gli sono assegnate). Altri casi, pagg. seguenti – Si nota l’eloquenza della massima, che da sola è sufficiente ad indicizzare le sentenze e a metterne in risalto contenuti e decisioni. L’OBBLIGO DI SICUREZZA DEL DATORE DI LAVORO LE FONTI LA COSTITUZIONE Art 32: “ la Repubblica tutela la salute come diritto fondamentale dell’individuo…” Art 41 2° comma: l’iniziativa economica privata non può “svolgersi in contrasto con l’utilità sociale o in modo da recare danno alla sicurezza…” IL CODICE CIVILE Art 2087 Vi sono diversi significati: 1) il DDL deve adottare le misure di sicurezza richieste dall’evoluzione tecnologica; quindi l’art 2087 è una norma aperta. Per quanto riguarda l’infortunio sul luogo di lavoro il lavoratore al fine di ottenere un risarcimento deve dimostrare il danno subito ed il nesso causale tra evento lesivo e rischio inerente all’attività lavorativa. Gli unici casi in cui si può escludere tale nesso sono il dolo e la presenza di un rischio elettivo cioè il caso in cui il lavoratore si è preso un rischio non previsto nelle sue mansioni; 2) il DDL si deve adattare anche alle esigenze del singolo lavoratore; 3) il DDL deve rispettare l’integrità fisica ed anche la personalità morale del lavoratore. In questo ambito si collocano gli studi dell’ergonomia ed il discorso sulle molestie sessuali sul luogo di lavoro In realtà il 2087 non è stato utilizzato con funzione preventiva bensì con funzione risarcitoria cioè in sede di azione giudiziaria quando il lavoratore chiede un risarcimento danni. LA LEGISLAZIONE SPECIALE DEGLI ANNI 50 Fra i provvedimenti più significativi ricordiamo: - il dpr n 547 del 27 Aprile 1955 - il dpr n 302 del 19 Marzo1956 - il dpr n 303 del 19 Marzo1956 I tratti fondamentali di tale decretazione si riassumono: a) nella determinazione dettagliata degli adempimenti imposti al DDL (contrariamente all’art 2087 cc) b) nella quadripartizione dell’obbligo di sicurezza ovvero nell’imposizione di quest’ultimo oltre che sul DDL in parte anche su: dirigenti, preposti, lavoratori stessi c) nella previsione di sanzioni penali sui responsabili delle varie disposizioni di legge LA LEGISLAZIONE COMUNITARIA - direttiva quadro 1107/1980 sulla protezione contro i rischi da agenti chimici, fisici e biologici direttiva quadro 391/1989 sul miglioramento della sicurezza e della salute dei lavoratori numerose direttive particolari Molte direttive sono state recepite. Il d.lgs. n 626 del 19 settembre 1994 (modificato dal d.lgs. n 242/19 Marzo 1996) recepisce la direttiva quadro 391/1989 e alcune direttive particolari. Tale decreto non sostituisce interamente la legislazione precedente; è l’interprete che deve stabilire i casi di abrogazione implicita e quelli di abrogazione esplicita. Il quadro è quindi caotico dunque sarebbe opportuno un testo unico che colleghi il 626 con il materiale legislativo precedente. Paragrafi 4-5: vedi fotocopie CONTENUTO DELL’OBBLIGO DI SICUREZZA Il 626 articola e distingue una serie di obblighi di sicurezza (già riconducibili all’art 2087 cc) e li sanziona penalmente. Si hanno le seguenti caratteristiche: a) eliminazione dei rischi alla fonte b) aggiornamento delle misure di prevenzione in conseguenza dell’evoluzione tecnologica. Abbiamo 2 tipi di sicurezza: - MSTP (Massima Sicurezza Tecnologicamente Possibile) MSCA (Massima Sicurezza Concretamente Attuabile) A quale delle due sicurezze è tenuto il DDL? Sul punto si è recentemente pronunciata la Corte costituzionale: il DDL deve adottare le misure che siano previste dalle norme e/o da determinati standard di produzione. (In generale si ritiene che lo standard preveda una tutela superiore alla MSCA) c) tutela della personalità fisica e morale del prestatore di lavoro d) considerazione delle capacità e delle condizioni di salute dei lavoratori ai fini dell’affidamento agli stessi dei compiti lavorativi e) vigilanza sui lavoratori perché osservino le norme di sicurezza. Il lavoratore che non osserva tali norme, qualora gli sia precedentemente stato intimato di farlo, può essere licenziato. Tipi di danni a seguito di un infortunio sul lavoro Il lavoratore che subisca un infortunio sul lavoro può riportare i seguenti danni: • • danno alla capacità lavorativa danno differenziale in senso lato : - danno biologico= danno alla vita di relazione - danno morale E’ il pretium doloris cioè la monetizzazione del dolore Ad es il patimento dei familiari del lavoratore qualora egli muoia Il danno morale va risarcito solo in presenza di un reato; l’omissione di una norma di sicurezza è reato per cui si può avere danno morale - danno esistenziale in senso stretto: l’INAIL prevede per ciascun tipo di infortunio un risarcimento minimo. Tali minimi sono molto bassi per cui in genere vengono incrementati dal DDL • danno patrimoniale E’ derivante da: - lucro cessante: e’ il mancato guadagno a causa dell’infortunio - danno emergente: comprende le spese che si sono dovute sostenere a fronte dell’infortunio. Paragrafi 7-8-9: vedi fotocopie LA DELEGA La responsabilità penale (al contrario di quella civile è personale nel senso che non può essere trasferita da un soggetto ad un altro. Nel nostro sistema giuridico esiste un istituto che si chiama delega che è molto usato nell’ambito della sicurezza sul lavoro; siccome sul DDL ricade molta responsabilità, nelle grandi imprese diventerebbe quasi impossibile per lui il controllo della situazione per cui si ricorre alla delega: il DDL delega una persona al controllo della sicurezza. Ci sono obblighi indelegabili quali quelli di: valutazione del rischio, redazione del piano di sicurezza,… La delega fa passare in capo al delegato la responsabilità penale. La responsabilità civile rimane al DDL che quindi sarà tenuto al pagamento dei risarcimenti danni. Art 2059 cc: il DDL deve pagare i danni causati a terzi dai propri dipendenti nell’esercizio delle proprie mansioni. Questo è un tipico caso di responsabilità oggettiva cioè senza colpa. (Un altro esempio di responsabilità oggettiva si ha per il proprietario di un’automobile il quale è responsabile dei danni provocati anche qualora non sia lui alla guida) L’istituto della delega non comporta il consenso del delegato. La giurisprudenza ha individuato 6 requisiti della delega: vedi fotocopie p 335 Il 626 oltre ai quattro soggetti già indicati ne ha introdotti altri: - il medico competente: vedi paragrafo 11 il responsabile del servizio di prevenzione e protezione (è di emanazione aziendale): vedi paragrafo 12 il rappresentante per la sicurezza (rappresenta i lavoratori): vedi paragrafo 13 Vi sono poi altri soggetti esterni: consideriamo tre fasi: 1) progettazione 2) fabbricazione e vendita 3) installazione In corrispondenza di ciascuna di esse abbiamo i seguenti soggetti esterni: 1) i progettisti dei luoghi o posti di lavoro e degli impianti 2) i fabbricanti , i venditori, i noleggiatori, i concedenti in uso ed in locazione finanziaria di macchine, attrezzature di lavoro e di impianti 3) gli installatori e montatori di impianti, macchine o altre mezzi tecnici. ORGANI DI VIGILANZA (paragrafi 15-16-17) Ci si chiede chi sono i soggetti che vigilano sul rispetto delle norme di sicurezza. Per la loro individuazione dobbiamo distinguere due sfere: 1) sfera amministrativa 2) sfera penalistica 1) Tali soggetti sono: - addetti alle ASL ispettori della Direzione del lavoro limitatamente a determinate attività lavorative comportanti rischi particolarmente elevati Essi hanno compiti di polizia amministrativa ed hanno i seguenti poteri: - potere di accesso nei luoghi di lavoro - potere di denuncia dei reati di cui vengono a conoscenza a causa della loro attività 2) I soggetti sono: - addetti ASL selezionati dal Prefetto ispettori della Direzione del lavoro limitatamente a determinate attività lavorative comportanti rischi particolarmente elevati Essi hanno funzioni di polizia giudiziaria ed hanno i seguenti poteri: - potere ispettivo Si distingue dal potere di accesso del caso 1) per il fatto che mentre nel caso precedente l’accesso al luogo di lavoro era volto alla ricerca di eventuali illeciti amministrativi in questo caso si può avere l’accesso anche alla ricerca di eventuali reati - potere di indagine Mentre nel caso 1) qualora si fossero riscontrati reati si poteva solo denunciare, in questo caso si possono fare indagini - potere di disposizione vedi fotocopie pag. 348 - potere di prescrizione Per comprendere il significato consideriamo il seguente esempio: un certo DDL non rispetta una certa norma di sicurezza; arriva un ispettore e scopre tale reato. Egli esercita il potere di prescrizione cioè impone al DDL di conformarsi alla norma entro ad esempio trenta giorni; in quel momento il reato cessa nel senso che nei trenta giorni successivi anche se il DDL non si sarà ancora conformato alla norma in questione non commetterà reato. Contestualmente al potere di prescrizione l’ispettore comunica il reato riscontrato al Pubblico Ministero il quale apre un procedimento penale ed immediatamente lo sospende. Passati i trenta giorni si va a vedere se il DDL ha adempiuto all’obbligo di prescrizione; in caso affermativo sarà tenuto al pagamento di una sanzione amministrativa a seguito della quale il Pubblico Ministero chiuderà il caso, lo archivierà ed estinguerà il reato; in caso negativo invece finirà la sospensione del procedimento penale ed anche la cessazione del reato. Paragrafo 20: vedi fotocopie. Domande compitino Se trovate imprecisioni o avete aggiunte siete pregati di segnalarle. D: Quali sono secondo la legge le categorie secondo cui si dividono i lavoratori subordinati privati? R: Dirigenti operai quadri privati (Art 2103) D: Il socio di società di capitali può essere anche dipendente della società? R: Sì purché non sia amministratore unico. D: Qual è l’età minima per l’assunzione al lavoro industriale? R: 15 D: La legislazione più recente in materia di assunzione prevede la possibilità di: R: Assunzione diretta D: All’atto dell’assunzione cosa deve consegnare il datore di lavoro al lavoratore? R: Dichiarazione sottoscritta contenente i dati dell’iscrizione al libro matricola. D: Requisiti per l’iscrizione alle liste di collocamento. R: Libretto di lavoro ed età minima per iniziare il rapporto. D: La normativa sul collocamento obbligatorio riguarda i datori di lavoro che hanno quanti dipendenti? R: Oltre 15 D: Quali contratti di lavoro non richiedono la forma scritta? R: Contratto di lavoro di fanciulli e adolescenti D: Il patto di prova richiede la forma scritta? R: Sì, alla fine dell’atto. C’è una clausola particolare per cui se non c’è la forma scritta non è valida la clausola. D: Qual è il limite massimo del periodo di prova da non superare nemmeno a richiesta? R: 6 mesi. D: Il rapporto di lavoro a termine cessa per: a) scadenza termine, giusta causa, giustificato motivo b) scadenza termine, giusta causa ma non per giustificato motivo c) solo per scadenza del termine R: b) D: Art 2103 come l’art 13 dello statuto dei lavoratori consente di adibire i lavoratori a mansioni inferiori? a) No, lo vieta b) Si, lo consente c) Lo consente solo per imprese con pochi dipendenti d) Lo consente tranne per i dirigenti R: a) (E’ la regola generale, l’eccezione è su altre leggi) D: Sono valide le dimissioni della lavoratrice durante la pausa per matrimonio? R: No D: E’ consentito il lavoro notturno delle donne? R: Sì tranne quando è in gravidanza. D: Qual è l’ammontare dell’indennità della lavoratrice durante la pausa gravidanza R: 80% (?) D: La malattia insorta durante le ferie le interrompe? R: Dipende dalla gravità, si sospendono le ferie e si entra in malattia. D: Il datore di lavoro può effettuare visite di controllo ai lavoratori con i suoi medici di fiducia? R: No. D: Sono consentite sanzioni disciplinari che comportano mutamenti definitivi del rapporto di lavoro? R: Sono vietate D:Al lavoratore che si dimette per giusta causa che indennità spetta? R: Indennità sostitutiva del preavviso. D: Quando deve essere fatta la comunicazione dei motivi del licenziamento? R: Può essere richiesta dal lavoratore entro 15 giorni. D: Termine per l’impugnazione del licenziamento R: 60 giorni D: Nel regime di stabilità obbligatoria il datore di lavoro che ha intimato un licenziamento nullo che deve fare? R: Riassumere o versare una somma di denaro. D: Nel regime di stabilità reale il datore di lavoro che ha intimato un licenziamento nullo che deve fare? R: Reintegrare o versare una somma di denaro. D:Tra chi è stipulato il contratto di prestazione di lavoro temporaneo? R: Tra lavoratore e agenzia fornitrice. D: Come si scelgono i lavoratori da mettere in mobilità? R: Carichi famiglia, anzianità, esigenze di impresa. DIRITTO DEL LAVORO ................................................................ 1 PREMESSE.................................................................................................................................1 ALTRE NOZIONI FONDAMENTALI:................................................................................... 5 LAVORATORE AUTONOMO, SUBORDINATO, PARASUBORDINATO E INDICI GIURISPRUDENZIALI. ................................................................ 6 IL LAVORO GRATUITO................................................................................................................... 10 IL LAVORO DEI RELIGIOSI. .......................................................................................................... 10 IL LAVORO ASSOCIATIVO. ............................................................................................................ 11 IL LAVORO IN SOCIETÀ. ............................................................................................................... 12 Discorso lavoristico: ............................................................................................................. 12 Società mutualistiche (cooperative)................................................................................. 13 IL CONTRATTO DI LAVORO. ....................................................... 14 LA FORMA DEL CONTRATTO .......................................................................................................... 17 CONTRATTI ..............................................................................................................................23 REGIME DEL RECESSO DEL CONTRATTO DI LAVORO...........................................25 ASSUNZIONE DEL LAVORATORE. ................................................................................27 DIVIETO DI INTERPOSIZIONE NEL RAPPORTO DI LAVORO. ............................... 31 LAVORO TEMPORANEO.........................................................................................................34 Telelavoro................................................................................................................................37 CLASSIFICAZIONE DEI LAVORATORI. CATEGORIE, QUALIFICHE E MANSIONI................................................................................................................................38 RETRIBUZIONE .......................................................................................................................43 LA LEGISLAZIONE SUI BREVETTI ................................................. 46 DOVERI DEL LAVORATORE NEI CONFRONTI DEL SUO DATORE .............. 47 POTERI DEL DATORE DI LAVORO ..................................................................................................48 DIFESA DEL LAVORATORE ............................................................................................................49 LICENZIAMENTI ...........................................................................................................................50 L’IMPUGNAZIONE DEL LICENZIAMENTO......................................................................................52 DISCORSO RELATIVO ALLA CONSISTENZA DIMENSIONALE. ................ 54 DIMISSIONI............................................................................................................................54 Preavviso..................................................................................................................................54 DIRITTI INDISPONIBILI E DIRITTI DERIVANTI DA NORME INDEROGABILI .......................................................................................... 56 QUIETANZA A SALDO ............................................................... 58 PRESCRIZIONE ..............................................................................................................................58 ORARIO DI LAVORO ..................................................... 59 DURATA MAX DELL’ORARIO DI LAVORO .......................................................................59 MULTIPERIODABILITA’ CONTRATTUALE .................................................................60 COMPUTO DELLE ORE ........................................................................................................60 DEROGHE ED ESCLUSIONI .............................................................................................60 LAVORO STRAORDINARIO .................................................................................................60 AZIENDE NON INDUSTRIALI ....................................................................................... 61 AZIENDE INDUSTRIALI .................................................................................................. 61 LAVORO NOTTURNO ............................................................................................................. 61 Provvedimenti......................................................................................................................... 61 RIPOSO SETTIMANALE........................................................................................................62 CADENZA SETTIMANALE ................................................................................................62 DOMENICA ............................................................................................................................62 FESTIVITA’ ...............................................................................................................................62 FERIE...........................................................................................................................................62 JOB SHARING ..........................................................................................................................64 SOSPENSIONE DELL'ATTIVITÀ LAVORATIVA. .................................. 65 INDEROGABILITÀ E INDISPONIBILITÀ. ......................................... 66 CONTINUAZIONE SOSPENSIONE DEL RAPPORTO DI LAVORO. ............... 67 VALORE DEL CONTROLLO MEDICO................................................. 67 TUTELA DELLA FORZA DEBOLE DEL LAVORO. ................................... 69 CONGEDI PARENTALI ....................................................................................................................70 Astensione obbligatoria per maternità ............................................................................ 71 Astensione facoltativa per maternità .............................................................................. 71 Permessi per Allattamento ................................................................................................. 71 CONGEDI PER SCOPI FORMATIVI ..................................................................................................72 LAVORI ATIPICI ...........................................................................................................................73 Collaborazioni Coordinate e Continuative ........................................................................73 TRATTAMENTO DI FINE RAPPORTO (TFR) ....................................... 73 INDENNITÀ DI ANZIANITÀ: CRITERIO DI CALCOLO ..................................................................74 TFR: decorrenza....................................................................................................................74 TFR: criterio di calcolo ........................................................................................................74 Indicizzazione del TFR. .......................................................................................................75 TFR: richiesta di anticipo....................................................................................................75 TFR: tutela..............................................................................................................................75 RAPPORTI DI LAVORO SPECIALI ................................................... 76 Breve quadro sulla PA...........................................................................................................76 PUBBLICO IMPIEGO / LAVORO PUBBLICO.....................................................................................76 APPRENDISTATO ...........................................................................................................................77 DIRITTO SINDACALE ................................................................ 79 SINDACATO REGISTRATO:..........................................................................................................79 Contratto di formazione e lavoro (CFL)...........................................................................83 FORMAZIONE LEGGERA ..................................................................................................................83 DISCIPLINA DEL CFL.........................................................................................................85 Altri rapporti di lavoro a carattere speciale..................................................................85 Il contratto di lavoro sportivo ...........................................................................................87 Trasferimento d’azienda .....................................................................................................88 L’OBBLIGO DI SICUREZZA DEL DATORE DI LAVORO ........................... 90 LE FONTI .............................................................................. 90 LA COSTITUZIONE................................................................................................................90 IL CODICE CIVILE...................................................................................................................90 LA LEGISLAZIONE SPECIALE DEGLI ANNI 50 ............................................................90 LA LEGISLAZIONE COMUNITARIA ................................................................................. 91 CONTENUTO DELL’OBBLIGO DI SICUREZZA...................................... 91 TIPI DI DANNI A SEGUITO DI UN INFORTUNIO SUL LAVORO....................................................92 LA DELEGA............................................................................. 92 ORGANI DI VIGILANZA ............................................................. 93 DOMANDE COMPITINO .............................................................. 94