Il consenso informato del
paziente al trattamento
sanitario
1
Il fondamento di liceità del
trattamento medico-chirurgo
Trattamento medico-chirurgico:
“il trattamento medico-chirurgico comprende tutte quelle
azioni ed omissioni che il medico pone in essere, per finalità
inerenti all’attività sanitaria, sulla persona del paziente (…).
Il concetto abbraccia così ogni condotta di chi eserciti
un’attività sanitaria sul corpo umano, (…) e consente di
esaminare l’azione o l’omissione del medico in tutti i casi in
cui egli venga a contatto – a scopo terapeutico – con il
corpo di una persona vivente, o vi sia comunque una sua
ingerenza nella sfera dei beni personali che provochi la
lesione di un interesse del paziente” (Riz, Enciclopedia
Giuridica Treccani, Roma 1990)
2
L’interferenza nella sfera personale altrui che
si realizza tramite l’atto terapeutico risulta
sempre astrattamente idonea ad integrare –
quantomeno sul piano oggettivo – il fatto
tipico previsto dalle fattispecie di reato poste a
tutela della vita e dell’integrità fisica.
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Le teorie sulla liceità dell’atto medico-chirugico
A) Le scriminanti codificate;
B) Le scriminanti non codificate;
C)L’autolegittimazione
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Le scriminanti codificate
•
•
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•
Stato di necessità (art. 54 c.p.)
Esercizio di un diritto (art. 51 c.p.)
Adempimento di un dovere (art. 51 c.p.)
Consenso avente diritto (art. 50 c.p.)
 La questione della disponibilità del diritto alla salute
(art. 5 c.c.)
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Le scriminanti non codificate
“Le lesioni conseguenti a un intervento
terapeutico risultano legittimate alla luce di
una scriminante non codificata, in ragione
dell’indubbio valore sociale che l’ordinamento
riconosce alla tutela della vita e della salute
dei cittadini”
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La teoria dell’autolegittimazione
“L’orientamento giurisprudenziale più recente, anche di questa
Corte di legittimità, è nel senso che l’attività medica trova
fondamento e giustificazione non tanto nel consenso
dell’avente diritto (art. 50 c.p.), che incontrerebbe spesso
l’ostacolo di cui all’art. 5 c.c., bensì in quanto essa stessa
legittima, ai fini della tutela di un bene, costituzionalmente
garantito, quale il bene della salute, cui il medico è abilitato
dallo Stato. Dall’autolegittimazione dell’attività medica,
anche al di là dei limiti dell’art. 5 c.c., non può trarsi, tuttavia,
la convinzione che il medico possa, di norma (…), intervenire
senza il consenso o malgrado il dissenso del paziente” (Cass.
Pen. Sez. IV, n° 1572/2001).
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Il consenso informato
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Il principio del consenso costituisce il fulcro e il
punto di partenza di qualunque riflessione
sull'esercizio dell'ars medica e sui profili di
responsabilità ad essa riconducibili. L'importanza
di tale principio è infatti una diretta conseguenza
della moderna concezione personalistica e
costituzionalmente orientata del rapporto medico
- paziente: ogni potere o dovere del medico si
legittima esclusivamente in funzione della libera
manifestazione di volontà da parte del paziente.
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Corte Costituzionale n° 438/2008
“La circostanza che il consenso informato trova il suo fondamento negli
artt. 2, 13 e 32 della Costituzione pone in risalto la sua funzione di
sintesi di due diritti fondamentali della persona: quello
all'autodeterminazione e quello alla salute, in quanto, se è vero che
ogni individuo ha il diritto di essere curato, egli ha, altresì, il diritto
di ricevere le opportune informazioni in ordine alla natura e ai
possibili sviluppi del percorso terapeutico cui può essere sottoposto,
nonché delle eventuali terapie alternative; informazioni che devono
essere le più esaurienti possibili, proprio al fine di garantire la libera
e consapevole scelta da parte del paziente e, quindi, la sua stessa
libertà personale, conformemente all'art. 32, secondo comma, della
Costituzione. Discende da ciò che il consenso informato deve essere
considerato un principio fondamentale in materia di tutela della
salute”.
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L’esperienza statunitense
• Il caso Slater (1767);
• Il caso Carpenter (1871);
• Il caso Mohr (1905): “il primo e più nobile diritto di ogni libero cittadino,
fondamento di tutti gli altri, è il diritto sulla propria persona (the right to
himself), universalmente riconosciuto; questo diritto vieta rigorosamente a
medico ed al chirurgo, per quanto esperto o di chiara fama, di violare a suo
arbitrio l’integrità fisica del suo paziente con un’operazione più ampia e/o
diversa (rispetto a quella consentita), intervenendo sotto anestesia senza il
suo consenso” ;
• Il caso Schloendorff (1914): “Ogni essere umano adulto e capace ha il
diritto di determinare cosa debba essere fatto con il suo corpo; un chirurgo
che esegue un’operazione senza il consenso del paziente commette una
violenza personale, per la quale risponderà dei danni”;
• Il caso Salgo (1957): “Il medico ha il dovere di comunicare ogni fatto che
sia necessario a formare la base di un consenso intelligente (intelligent
consent) del paziente al trattamento proposto”.
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L’esperienza Europea
• Guida europea di etica medica (1982);
• Convenzione di Oviedo sui diritti dell’uomo e la
biomedicina (1997);
• Carta dei diritti fondamentali dell’Unione Europea (2000):
Art. 3 ““Ogni persona ha diritto alla propria integrità fisica
e psichica. Nell'ambito della medicina e della biologia
devono essere in particolare rispettati: a) il consenso libero
e informato della persona interessata, secondo le modalità
definite dalla legge; b) il divieto delle pratiche eugenetiche,
in particolare di quelle aventi come scopo la selezione delle
persone; c) il divieto di fare del corpo umano e delle sue
parti in quanto tali una fonte di lucro; d) il divieto della
clonazione riproduttiva degli esseri umani”.
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Corte Europea dei diritti dell’uomo,
15.1.2013, Csoma v. Romania
• “the Court has underlined that it is important for individuals
facing risks to their health to have access to information
enabling them to assess thise risks. It has considered it
reasonable to infer from this that the Contracting States are
bound, by virtue of this obligation, to adopt the necessary
regulatory measures to ensure that doctors consider the
foreseeable consequences of a planned medical procedure
on their patients’ physical integrity and to inform patients
of these consequences beforehand, in such a way that the
latter are able to give informed consent. In particular, as a
corollary to this, if a forseeable risk of this nature
materialises without the patient having been duly informed
in advance by doctors, the State Party concerned may be
directly liable under Article 8 for this lack of information”.
13
L’ordinamento italiano
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Codice di deontologia medica
(16.12.2006)
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Art 33 “Informazione al cittadino”;
Art. 34 “Informazione a terzi”;
Art. 35 “Acquisizione del consenso”;
Art. 36 “Assistenza d’urgenza”;
Art. 37 “Consenso del legale rappresentante”;
Art. 38 “Autonomia del cittadino e direttive
anticipate”.
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Normativa di settore
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Legge n. 458/1967 "Trapianti del rene tra persone viventi"
Legge n. 180/1978 "Accertamenti e trattamenti sanitari obbligatori"
Legge n. 833/1978 "Istituzione del Servizio Sanitario Nazionale"
Legge n. 135/1990 "Programma di interventi urgenti per la prevenzione e la lotta contro l'Aids”
Legge n. 107/1990 “Disciplina per la attività trasfusionali relative al sangue umano ed ai suoi
componenti e per la produzione di plasmaderivati”
DM del 27 aprile 1992 “Disposizioni sulle documentazioni tecniche da presentare a corredo delle
domande di autorizzazione all'immissione in commercio di specialita' medicinali per uso umano,
anche in attuazione della direttiva n. 91/507/CEE”
D.L. n. 23/1998 “Disposizioni urgenti in materia di sperimentazioni cliniche in campo oncologico e
altre misure in materia sanitaria”
Legge n. 91/1999 "Disposizioni in materia di prelievi e di trapianti di organi e tessuti"
D.Lgs. 211/2003 “Attuazione della direttiva 2001/20/CE relativa all'applicazione della buona pratica
clinica nell'esecuzione delle sperimentazioni cliniche di medicinali per uso clinico”
Legge n. 40/2004 “Norme in materia di procreazione medicalmente assistita”
Legge n. 219/2005 “Nuova disciplina dell’attività trasfusionale e della produzione nazionale degli
emoderivati”
 Ad oggi si segnala la mancanza di un intervento legislativo di portata
generale.
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Elementi formali e sostanziali del
consenso informato
Come elaborati dalla dottrina e dalla giurisprudenza
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La manifestazione del consenso deve essere:
1) a forma libera, salvo quanto richiesto dalla normativa speciale (ad esempio
donazione di sangue);
2) personale, salvo i casi di esercizio della potestà genitoriale o della tutela;
3) espressa da un soggetto capace di intendere e volere (nei casi di
incoscienza può applicarsi l’art. 54 c.p.);
4) libera;
5) attuale rispetto al momento in cui ha inizio il trattamento chirurgico;
6) suscettibile di revoca;
7) acquisita dal medico competente in relazione al trattamento proposto
(problema degli interventi pluridisciplinari);
8) incondizionata;
9)specifica, qualora si utilizzino moduli prestampati, gli stessi devono essere
integrati con riferimento al colloquio informativo effettivamente avvenuto
tra medico e paziente;
10) consapevole, in quanto informata.
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Casi pratici tratti dalla
giurisprudenza penale in materia
di trattamento sanitario arbitrario
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Il caso “Massimo”
“Il
consenso del paziente deve essere manifestato
preventivamente al trattamento medico-chirurgico da
eseguire. Il chirurgo non è abilitato ad eseguire un altro
intervento, non preventivato nè consentito ed al di fuori di
una condizione di necessità ed urgenza per la salute del
paziente. Le lesioni derivanti da un intervento chirurgico
eseguito senza consenso del malato configurano il delitto di
lesioni personali volontarie. Si delinea, il delitto ex art. 584
c.p. qualora dalle lesioni consegua, come evento non
voluto, la morte del paziente”.
Cass. pen., sez. V, 13 maggio 1992, n. 5639 ( 21 aprile 1992)
Ric. Massimo.
20
Il caso “Barese”
“Nel caso in cui sopravvenga la morte del malato,
l'intervento chirurgico eseguito senza il consenso del
paziente, ed in assenza di ragioni di urgenza, integra a
carico del medico, se ne ricorrono le condizioni, il
delitto di omicidio colposo e non quello di omicidio
preterintenzionale (art. 584 c.p.), e ciò perché nella
condotta del sanitario mancano gli estremi degli "atti
diretti a commettere" il delitto di lesioni personali
volontarie a danno del paziente”.
Cass. Pen. Sez. IV, 9.3.2001, n° 585 ric. Barese.
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Il caso “Volterrani”
“il medico è legittimato a sottoporre il paziente, affidato alle sue cure,
al trattamento terapeutico, che giudica necessario alla salvaguardia
della salute dello stesso, anche in assenza di esplicito consenso.
Questa conclusione non trova, però, la sua giustificazione soltanto
nella irrilevanza della adesione di volontà dell’infermo, ma
soprattutto in altre ragioni che attengono propriamente alla natura
intrinseca dell’attività sanitaria ed al rilievo, anche costituzionale, a
lei attribuito dall’ordinamento. Deve decisamente escludersi che il
medico possa essere chiamato a rispondere in sede penale dei
presunti danni cagionati alla vita o all’integrità fisica e psichica del
soggetto sul quale ha operato a regola d’arte, unicamente per
l’assenza del consenso”.
Cass. Pen. Sez. IV, 29.5.2002, n° 26446.
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Il caso “Giulini” e le Sezioni Unite
“Nel caso in cui il medico sottoponga il paziente ad un trattamento
chirurgico diverso da quello in relazione al quale era stato prestato il
consenso informato, e tale intervento, eseguito nel rispetto dei
protocolli e delle "leges artis", si sia concluso con esito fausto, nel
senso che dall'intervento stesso è derivato un apprezzabile
miglioramento delle condizioni di salute, in riferimento, anche alle
eventuali alternative ipotizzabili, e senza che vi fossero indicazioni
contrarie da parte del paziente medesimo, tale condotta è priva di
rilevanza penale, tanto sotto il profilo della fattispecie di cui all'art.
582 c.p., che sotto quello del reato di violenza privata di cui all'art.
610 c.p.”
Cass. Pen., Sez. Unite, 18.12.2008, n° 2437
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Un caso particolare:
il rifiuto dell’emotrasfusione da parte
del paziente Testimone di Geova
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Giurisprudenza di merito:
La volontà liberamente manifestata dal
paziente appartenente al culto de I testimoni
di Geova deve ritenersi sempre vincolante per
il medico, purché risulti inequivoca ed
espressa nella piena consapevolezza dei rischi
ad essa conseguenti (cfr. Tribunale di Messina,
Ufficio Gip, 11.7.1995)
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Giurisprudenza di legittimità:
La validità del dissenso del paziente, fondato
su motivazioni religiose, deve sempre essere
valutata in rapporto allo stato della patologia
così come effettivamente conosciuto dal
paziente stesso nel momento in cui questi ha
manifestato il proprio rifiuto.
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“in materia di rifiuto di determinate terapie, alla stregua di
un diritto fondato sul combinato disposto degli artt. 32
Cost., 9 L. 28.3.2001, n. 145 e 40 del codice di deontologia
medica, pur in presenza di un espresso rifiuto preventivo,
non può escludersi che il medico, di fronte a un
peggioramento imprevisto e imprevedibile delle condizioni
del paziente e nel concorso di circostanze impeditive della
verifica effettiva della persistenza di tale dissenso, possa
ritenere certo o altamente probabile che esso non sia più
valido e praticare, conseguentemente, la terapia già
rifiutata, ove la stessa sia indispensabile per salvare la vita
del paziente”.
Cass. Civ., sez. III, 15.1.2007, n° 4211
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