Vitamine contro l’ADHD Vitamine e minerali sembrano dare buoni risultati nel trattamento dell’ADHD, la sindrome da iperattività e deficit dell’attenzione, se assunti per un minimo di otto settimane. Lo studio Contro i disturbi da iperattività e deficit dell'attenzione pare possano essere utili vitamine e minerali. Foto: ©Photoxpress.com/Alexander Oshvintsev LM&SDP La sindrome da iperattività e deficit dell’attenzione, alias ADHD, è un problema comportamentale che causaserie difficoltà di autocontrollo, mancanza di riuscita del raggiungimento dei propri obiettivi e una scarsissima attenzione al mondo circostante. Le cause si ipotizzano siano molte, ma di una cosa molti esperti sono certi: non è colpa dell’educazione e non è una condizione legata alla crescita. Se da un lato alcune medicine (leggasi psicofarmaci) sono molto forti, non prive di effetti collaterali e spesso prescritte senza che ve ne sia reale bisogno, dall’altro una ricerca suggerisce che un semplice trattamento a base di integratori alimentari, possa aiutare la persona affetta dall’ADHD a stare meglio. Per arrivare a tali conclusioni sono stati forniti vitamine e minerali a un gruppo di adulti con diagnosi accertata di ADHD per otto settimane. A termine ricerca gli studiosi sono riusciti a rilevare un miglioramento modesto dei sintomi che accusavano precedentemente. Tra questi l’incapacità di concentrazione e l’iperattività. Tra le sostanze nutritive che sono state fatte assumere ai volontari vi erano anche la vitamina D, il ferro e il calcio che, a detta di un gruppo di psicologi della Nuova Zelanda, migliorerebbero il funzionamento del cervello. Il gruppo di partecipanti non era numerosissimo: ve ne erano 80, tuttavia, tutti ne hanno tratto giovamento. Gli integratori contenevano, oltre alle sostanze succitate, anche vitamine del gruppo B (B12 e B9 – acido folico), magnesio, zinco e rame. Tutti racchiusi in una sola pillola. Al termine dello studio, dopo due mesi, i volontari si sono dimostrati più attenti, meno iperattivi e meno impulsivi rispetto a quelli trattati con semplice placebo. Secondo alcuni psicologi dell’Università di Canterbury, a Christchurch, i micronutrienti possono essere molto utili nelle persone che cercano trattamenti alternativi ai tradizionali farmaci. «Il nostro studio fornisce la prova preliminare dell’efficacia dei micronutrienti nel trattamento dei sintomi di ADHD negli adulti – spiega Julia Rucklidge, coordinatrice dello studio, pubblicato sul British Journal of Psychiatry – Questo potrebbe aprire nuove opzioni di trattamento per le persone con ADHD che non possono tollerare i farmaci, o che non rispondono ai trattamenti di prima linea». Secondo Philip Asherson, professore di psichiatria molecolare presso l’Istituto di Psichiatria di Londra, i risultati sono ottimi e lasciano molte porte aperte. Tuttavia è ancora troppo presto per cantare vittoria: ulteriori indagini sono necessarie per confermare l’ipotesi di efficacia. Lo studio è ritenuto un buon studio e, sebbene molto interessante, è necessario replicarlo poiché vi sono alcuni meccanismi che sono rimasti poco chiari. In merito a questo argomento è stato pubblicato anche un altro studio svedese del Karolinska Institutet che suggerisce come i farmaci usati per l’ADHD potrebbero salvare anche molte vittime della strada. Secondo la ricerca, pubblicata su JAMA Psychiatry, se tutti i pazienti affetti da deficit dell’attenzione, assumessero farmaci gli incidenti si dimezzerebbero (causati da adulti con ADHD). Per arrivare a tali conclusioni, i ricercatori hanno studiato ben 17.000 persone con ADHD per quattro anni. Secondo la loro ipotesi, chi è affetto da questo problema ha un rischio molto più elevato di causare incidenti gravi, rispetto a chi non soffre di questo disturbo. Il 41% degli incidenti di questo genere si sarebbe potuto evitare con la sola assunzione regolare di farmaci idonei. Stranamente l’effetto non è stato identico nei soggetti di sesso femminile. «Il nostro studio dimostra in diversi modi che il rischio di incidenti su strada negli uomini adulti con ADHD diminuisce notevolmente se la loro condizione è trattata con i farmaci», conclude Henrik Larsson, professore associato presso il Dipartimento di Medicina Epidemiologia e Biostatistica.