CASA DOLCE CASA: > >- - - - - IL NUOVO CONDOMINIO Con la nuova riforma cambia la vita in condominio, regolata ancora da norme che risalgono al 1942, l’anno di pubblicazione del Codice Civile. La legge è già stata approvata al Senato il 26 gennaio. Che cosa cambierà? Tra le novità c’è il rafforzamento del ruolo dell’amministratore e un maggior esercizio dei poteri di controllo da parte dei condomini. Inoltre, sarà introdotto l’obbligo per l’amministratore di iscriversi al ruolo e quindi a un elenco presso la Camera di Commercio e la possibilità di vendere a maggioranza i beni condominiali, oltre ad una maggiore possibilità di rendere più incisive le procedure di recupero del credito degli insoluti nei confronti dei condomini morosi. AMMINISTRATORE Nomina: obbligatoria se i condomini sono più di 8 (Precedentemente era più di 4). Requisiti: per amministrare un condominio sono necessari specifici requisiti, molto più stringenti rispetto a prima. Sono sostanzialmente 7. Tra i più importanti: - il godimento dei diritti civili e politici e il possesso di un diploma di scuola secondaria superiore. - amministratore-condomino: è esonerato dal possesso del tiolo di studio e dalla frequenza del corso di formazione. Affissione nell’atrio: l’amministratore deve affiggere nell’atrio generalità, domicilio e recapiti telefonici. Assicurazione professionale: - può essere imposta dall’assemblea, prima della nomina, a garanzia dell’operato. - massimale: va aggiornato in caso di lavori straordinari. Compenso: va specificato analiticamente all’atto della nomina e del rinnovo. Attribuzioni: notevolmente incrementate; per esempio deve tenere i registri e curare gli adempimenti fiscali. Iniziative: può collaborare a progetti e programmi territoriali con le istituzioni locali. Rendiconto - approvazione: deve convocare l’assemblea entro 180 giorni. - controllo: nomina di un revisore da parte dell’assemblea. Revoca: prevista una casistica di comportamenti sintomatici di gravi irregolarità e quindi di revoca ad opera del giudice. Sarà più facile revocarlo. ANIMALI DOMESTICI Il regolamento non può vietare di possederli o detenerli. ASCENSORE Viene finalmente precisato che le spese di manutenzione e sostituzione devono essere ripartite come quelle delle scale. ASSEMBLEA Convocazione - può avvenire anche a mezzo posta elettronica certificata, fax o consegna a mano. - se l’ordine del giorno è lungo e complesso è possibile fissare più riunioni consecutive con lo stesso avviso. 0 - speciale: può essere convocata per modificare la destinazione d’uso delle parti comuni. Maggioranza Validità della costituzione. Prima convocazione Seconda convocazione Maggioranza dei partecipanti al condominio Un terzo dei partecipanti al condominio Validità delle delibere Prima convocazione Seconda convocazione Maggioranza degli intervenuti Maggioranza degli intervenuti 667 millesimi 334 millesimi 500 millesimi 334 millesimi Maggioranze modificate Basta un numero di voti pari ad almeno 334 millesimi per: - contenimento consumo energetico modificato; - produzione certificata energia da fonti rinnovabili. Serve la maggioranza degli intervenuti e 500 millesimi per: - installazione antenna centralizzata e satellitare; - contenimento consumo energetico; - produzione energia da fonti rinnovabili; - installazione impianti di produzione energia solare, eolica o comunque rinnovabile; - realizzazione parcheggi; - adozione sistemi di termoregolazione e contabilizzazione del calore; - installazione impianti di videosorveglianza; Rappresentante - se i condomini sono più di 20, non più di 1/5 dei condomini e del valore proporzionale: - l’amministratore non può rappresentare condomini in assemblea: - supercondominio: se i condomini sono più di 60, un rappresentante per condominio; CONSIGLIO DI CONDOMINIO Nomina: nei condomini con almeno 12 unità immobiliari; Composizione: almeno 3 condomini; Funzioni: consultive e di controllo. CONTO CORRENTE - obbligatoriamente intestato al condominio; - estratto conto consultabile dai condomini; CONTRIBUTI CONDOMINIALI Creditori - possono pretendere dall’amministratore l’elenco dei condomini morosi; - possono agire nei confronti dei condomini solvibili solo dopo aver escluso gli altri; Recupero coattivo - l’amministratore deve attivarsi entro sei mesi dalla chiusura dell’esercizio; - non richiede autorizzazione per chiedere un decreto ingiuntivo; 1 Venditore: è obbligato al pagamento fino a quando non trasmetta all’amministratore copia dell’atto di vendita. DOCUMENTAZIONE Scritture e giustificativi devono essere conservati per 10 anni dalla data di registrazione. FALLIMENTO Spese per manutenzione e innovazioni prededucibili in sede fallimentare. IMPIANTI AUTONOMI TV E PRODUZIONE ENERGIE RINNOVABILI Installazione - Se comporta modifica delle parti comuni va comunicata all’amministratore specificando modalità esecutive; - l’assemblea può prescrivere modalità di esecuzione alternative o imporre cauzione; - si può chiedere all’assemblea di ripartire l’uso del lastrico solare e delle altre superfici comuni. INFRAZIONE AL REGOLAMENTO Fino a 200 euro (Fino a 800 in caso di recidiva). INNOVAZIONI E LAVORI STRAORDINARI STRAORDINARI Obbligatorio costituire un fondo d’importo pari a quello dei lavori; MILLESIM I Rettifica e modifica - la regola: unanimità; - l’eccezione: maggioranza degli intervenuti e almeno 500 millesimi in caso di errore o alterazione superiore a 1/5 del valore dell’unità immobiliare. Spesa: a carico del condomino che ha provocato la variazione. OPERE SU PARTI INDIVIDUALI Obbligatorio preavvisare l’amministratore, che ne riferisce all’assemblea. PARTI COMUNI Elencazione: più dettagliata. Per esempio anche impianti radiotelevisivi centralizzati e per il condizionamento d’aria. Modifica destinazione d’uso - approvazione: 4/5 dei condomini e 4/5 del valore dell’edificio; 2 - vietata: se pregiudica stabilità, sicurezza o decoro architettonico; Tutela: su iniziativa dell’amministratore o di singoli condomini; REGISTRI Anagrafe condominiale, nomina e revoca amministratore, verbali assemblee, contabilità. RISCALDAMENTO Distacco - possibile se non derivano notevoli squilibri di funzionamento o aggravi di spesa per gli altri condomini; - si deve comunque contribuire alle spese di manutenzione straordinaria e messa a norma dell’impianto; SITO INTERNET Attivazione: su delibera dell’assemblea. Documentazione: consultazione e copie in formato digitale. Spesa: a carico dei condomini. USUFRUTTUARIO Diritto di voto: affari di ordinaria amministrazione e godimento cose e servizi comuni. Spese comuni: risponde del pagamento in solido con il nudo proprietario. LETTERA A ABBAINO Apertura Il proprietario del sottotetto può, nel rispetto dei limiti di cui all'articolo 1102 del codice civile (Non alterare la destinazione della cosa e non impedire agli altri condomini di farne parimenti uso secondo il loro diritto), aprire un abbaino nel tetto condominiale per dare luce e aria ai sottostanti locali, a condizione che i lavori siano condotti a regola d'arte, che l'opera non pregiudichi la funzione di copertura del tetto, non alteri il decoro architettonico dell'edificio e non leda altrimenti il diritto degli altri (Corte di Cassazione 27/7/2006, n 17099). Lo stesso dicasi dell’ampliamento di un abbaino preesistente (Corte di Cassazione 12/2/1998, n 1498). se ne deve però comunicare preventiva notizia all'amministratore, specificando i dettagli dell'intervento e le modalità di esecuzione. L'amministratore, a sua volta, ne riferisce all'assemblea (Secondo comma articolo 1122 codice civile). Se vi sono altri abbaini il nuovo si deve adeguare alla loro sagoma, altrimenti si pone in essere un'alterazione del decoro architettonico dell'edificio (Tribunale Cosenza 24/6/2004), contestabile anche da parte di un solo condominio. Occorre infine informarsi presso l'ufficio tecnico del Comune se l'intervento è realizzabile con l'invio di una semplice SCIA 3 (Segnalazione certificata d’inizio attività) o se si è tenuti a seguire una diversa procedura. Lucernario >> ACQUA Ogni condomino ha diritto a ricevere un'adeguata fornitura di acqua potabile. Se il servizio è carente (Sopratutto ai piani alti dei vecchi edifici) e il condominio non interviene, si può chiedere al giudice un provvedimento d'urgenza per superare l'inconveniente (Autoclave); si ha anche titolo al rimborso delle eventuali spese anticipate su autorizzazione del magistrato, detratta la propria quota (App. Milano 3/5/1991). Contatori Per l'introduzione di contatori che registrino il consumo d’acqua nei vari appartamenti, non occorre autorizzazione dell'assemblea; il secondo comma del paragrafo 8.2.8 dell'allegato1/8 del decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 4/ 3/1996, infatti, stabilisce che, qualora la consegna e la misurazione dell'acqua avvenga per utenze raggruppate, la ripartizione interna dei consumi dev'essere organizzata, a cura e spese dell'ente, tramite l'installazione di singoli contatori per ciascun’unità immobiliare, per cui si è nel diritto di pretendere, se del caso ricorrendo al Giudice di pace, il rispetto di questa norma. Se c'è un regolamento contrattuale che disciplina il criterio di ripartizione della spesa, l'eventuale modifica richiede l'unanimità. La spesa per l'introduzione di contatori separati in sostituzione dell'unico contatore condominiale va suddivisa su base dei millesimi (Indipendentemente, quindi, dal consumo), salvo diverso accordo sottoscritto da tutti i condomini. Guasto L'impianto idrico rientra fra le parti comuni dell'edificio fino al punto di diramazione nelle varie unità immobiliari: ciò indipendentemente dal fatto che sia strutturato con singoli tubi anziché con un'unica tubatura (Tribunale di Roma 17/3/1988). Pertanto, se un rubinetto perde o si rompe un tubo nell’appartamento, il proprietario deve intervenire a proprie spese ( Tubatura - guasto). Spesa Se il contatore è unico, non è possibile stabilire il consumo effettivo di acqua da parte dei condomini: di conseguenza la spesa va suddivisa in base ai millesimi della maggioranza degli intervenuti, in rappresentanza di almeno 500/1.000, optare per l'adozione di un diverso criterio: per esempio: il numero dei componenti i vari nuclei familiari (O di coloro che vivono stabilmente nell'edificio, Tribunale Milano 7/2/2003). I condomini sono tenuti a contribuire, sempre su base millesimale, nella spesa per l'acqua occorrente alle necessità condominiali: per esempio, irrigazione del giardino, pulizia delle scale, del cortile e degli altri parti comuni dell'edificio. Quanto alla spesa occorrente al sollevamento dell'acqua dalla falda, per il Pretore di Pordenone (Sentenza del 25/2/1989) va suddivisa in base alla superficie reale di ciascun’unità immobiliare; questo criterio può essere integrato con quello della diversa altezza dal suolo dei diversi piani o porzioni di piano. Tubo Il condomino può installare sul muro comune un tubo per l'adduzione di acqua, trattandosi di un uso legittimo della cosa comune (Tribunale di Trani 19/1/1991). Per poter, invece, deviare dalla verticale il tubo di adduzione dell'acqua potabile, si dev'essere autorizzati da tutti gli altri condomini che utilizzano il tubo, poiché la modifica rende più gravosa la portata dell'acqua per pressione verso i piani alti (Pretore di Torino 9/7/1996). 4 ALBERI Abbattimento Gli alberi, non possono essere abbattuti, salvo che non siano ammalati o creino una situazione di pericolo per persone e cose, oppure quando sono stati piantati troppo vicino al confine della proprietà. L'operazione, in ogni caso, è subordinata al rilascio di autorizzazione comunale. La normativa varia da comune a comune (Alcuni richiedono l'autorizzazione per tutte le specie di albero, anche se si tratta di pianta non più vegetata, mentre altri la escludono per alcune specie: per esempio per quelle da frutto). L'abbattimento degli alberi del giardino condominiale per trasformare quest'area in parcheggio nell'interesse del condominio può essere deliberato con il voto favorevole del 4/5 del valore dell'edificio (800/1.000), trattandosi di cambiare la destinazione di una parte comune (Primo comma articolo 117-ter codice civile). Distanza Siepi e alberi devono essere messi a dimora rispettando la distanza dal confine. E' quindi opportuno informarsi preventivamente in Comune o presso la Camera di Commercio per verificare se esistono regolamenti o usi locali; in caso affermativo, infatti, ci si deve attendere a queste disposizioni. In mancanza di regolamenti o usi locali si è tenuti a osservare una distanza variabile a seconda del tipo di albero. Per quelli ad alto fusto - per esempio: pini, cipressi, noci - la distanza è di 3 metri dal confine. Per gli alberi di alto fusto - quelli i cui rami si diffondono a un'altezza non superiore a 3 metri - la distanza è di un metro e mezzo. Per viti, arbusti, siepi e piante da frutta di altezza non superiore a 2 metri e mezzo, infine, la distanza è di 50 centimetri. Se però le siepi sono di ontano, castagno o altre piante simili si recidono periodicamente vicino al ceppo, la distanza dev'essere di 1 metro (2 metri per le robinie). La distanza va calcolata al tempo della messa a dimora e si misura dalla linea del confine alla base esterna del tronco dell'albero o al luogo in cui va fatta la semina. Foglie La caduta di foglie da alberi e arbusti è fenomeno del tutto naturale, per cui il proprietario di un albero non è responsabile, ai sensi dell'articolo 2051 codice civile (Danni causati da cose in custodia), dei danni provocati dalla loro caldura sulla pavimentazione del fondo confinante (Corte di Cassazione 9/8/2007, n 17493). Successivamente, però, la Suprema Corte (Sentenza n 1260 del 21/1/2008) ha stabilito che, se le foglie che cadono dagli alberi del giardino confinante con il condominio ostruiscono gronde e tombini, si è nel diritto di pretendere dal vicino il rimborso delle spese sostenute per liberare questi impianti. Sulla scorta di questa indicazione, e dall'articolo 2043 codice civile, che obbliga l'autore di qualsiasi fatto doloso o colposo che provochi ad altri un danno a risarcirlo, il condominio sul cui balcone cada una notevole quantità di foglie provenienti dalle piante rampicanti coltivati sul sovrastante terrazzo, può adire l'Autorità Giudiziaria chiedendo la rimozione degli arbusti o comunque il risarcimento del danno da valutarsi in via equitativa. Potatura Se gli alberi si trovano nel giardino di proprietà esclusiva di un condominio e sono funzionali al decoro dell'intero edificio, per cui la potatura avviene per soddisfare anche questa esigenza, si può pretendere che il condominio contribuisca alla spesa. L'esistenza di questo presupposto dev'essere provata dal condominio interessato a dividere la spesa con gli altri (Corte di Cassazione 24/8/ 1992, n 9829). Rami 5 Se i rami degli alberi condominiali tolgono luce e aria a un appartamento, e le piante sono state messe a dimora a distanza inferiore a quella legale da meno di 20 anni, se ne può pretendere l'estirpazione. Se invece sono stati piantati a distanza regolamentare si deve accertare che non vi sia stata negligenza nella manutenzione: nel qual caso si può esigere che i rami causa dell’inconveniente sono tagliati; l'uso delle parti comuni, infatti, non può arrecare pregiudizio ad alcun condominio (Corte di Cassazione 24/ 8/1992, n 9829). ALLARME L'installazione di un impianto di allarme collegato alla portineria può essere considerata, secondo le circostanze, innovazione gravosa o migliorativa delle cose comuni. Tutto dipende dal costo dell'opera e dalle caratteristiche dell'edificio (Articolo 1121 codice civile). Nel primo caso, per l'installazione è necessario il consenso di tutti i condomini, a meno che coloro che sono favorevoli alla sua introduzione non si facciano carico dell'intera spesa. Nel secondo caso l'intervento, se non altera l'entità sostanziale della parte comune e non ne muta la destinazione, è riguardabile, come modifica e non come innovazione ai sensi del primo comma dell'articolo 1120 codice civile, per cui può essere approvato con il voto favorevole della maggioranza degli intervenuti all'assemblea, in rappresentanza di almeno 500/1.000. AMMINISTRATORE L'amministratore è il motore del condominio: se "gira" bene, cioè se reagisce con competenza, sagacia e tempestività, può contribuire non poco a rendere serena e ordinata la convivenza tra vicini di casa, riducendo al minimo liti e incomprensioni. L'amministratore, a parte l'adozione di provvedimenti di ordinaria amministrazione, non ha una vera e propria autonomia decisionale, ma esclusivamente funzioni di gestione dello stabile e di esecuzione delle decisioni prese dai condomini nel corso delle assemblee. Il condominio può comunque anche essere amministrato dagli stessi condomini, a turno. Una decisione del genere dev'essere adottata con la stessa maggioranza richiesta per la nomina ordinaria dell'amministratore e con la stessa maggioranza si può deliberare di passare ad altro criterio (Per esempio la nomina di un esterno). Se si opta per la gestione "Fai da te", un condominio che non sia in grado di svolgere questa funzione per il periodo assegnatoli deve trovare (Ed eventualmente pagare) una persona disposta a sostituirlo dall'incarico. RIEPILOGANDO L’ AMMINISTRATORE Quando è obbligatorio. Se i condomini sono più di 8. Requisiti. Fra questi il godimento dei diritti civili e politici e non figurare nell'elenco dei protesti cambiari. Nomina. Voto favorevole della maggioranza degli intervenuti all'assemblea, in rappresentanza di almeno 500/1.000, anche in seconda convocazione. Se l'assemblea non decide, l'amministratore viene nominato dal Tribunale su ricorso anche di un solo condomino. Durata incarico. Un anno, rinnovabile. Revoca: l'assemblea può revocare l'amministratore in ogni momento, con la stessa maggioranza prevista per la nomina. In alcuni casi l'amministratore può essere revocato dal Tribunale su ricorso 6 di ciascun condomino: per esempio se non presenta il rendiconto della gestione, se non apre il conto corrente condominiale o per gravi irregolarità. Norme. Articoli: 1105-1106-1129-1130-1130-bis -1131-1133-1135 e 1136 codice civile, art. 63-6465-71-71-bis, 71-ter e 156 disp. att. codice civile. Requisiti. Possono svolgere l'incarico di amministratore di condominio (Articolo 71-bis codice civile) coloro: a) che hanno il godimento dei diritti civili; b) che non sono stati condannati per delitti contro la Pubblica Amministrazione, l'amministrazione della giustizia, la fede pubblica, il patrimonio o per ogni altro delitto non colposo per il quale la legge commina la pena della reclusione non inferiore, nel minimo, a 2 anni e, nel massimo, a 5 anni; c) che non sono stati sottoposti a misure di prevenzione divenute definitive, salvo che non sia intervenuta la riabilitazione; d) che non sono interdetti o inabilitati; e) il cui nome non risulta annotato nell'elenco dei protesti cambiari; f) che hanno conseguito il diploma di scuola secondaria di secondo grado; g) che hanno frequentato un corso di formazione iniziale e svolgono attività di formazione periodica in materia di amministrazione condominiale I requisiti di cui alle lettere f) e g) non sono necessari qualora l'amministratore sia nominato tra i condomini dell'edificio. A quanti hanno svolto attività di amministratore di condominio per almeno un anno, nell’arco dei 3 anni precedenti alla data di entrata in vigore della riforma, è consentito lo svolgimento dell’attività di amministratore anche in mancanza di requisiti di cui alle lettere f) e g). Resta salvo l'obbligo di formazione periodica. L'incarico di amministratore può essere espletato anche da una società. Nel qual caso i requisiti devono essere posseduti dai soci illimitatamente responsabili, dagli amministratori e dai dipendenti incaricati di svolgere le funzioni di amministrazione dei condomini a favore dei quali la società presta i servizi. La perdita dei requisiti di cui alle lettere a) - b) - c) e d) comporta la cessione dell'incarico. Nel qual caso ciascun condomino può convocare senza formalità l'assemblea per la nomina del nuovo amministratore. Nomina L'assemblea deve nominare un amministratore quando i condomini sono più di otto (Articolo 1129 codice civile). Se non provvede la nomina è fatta dal Tribunale, su ricorso di uno o più condomini o dello stesso amministratore dimissionario. A nominare l'amministratore provvede l'assemblea con il voto favorevole della maggioranza degli intervenuti, in rappresentanza di almeno 500/1.000, sia in prima che in seconda convocazione. L'amministratore può essere nominato anche se i condomini sono otto o meno di otto, purché la delibera venga adottata con la prevista maggioranza. Il regolamento di condominio che riservasse la funzione di amministratore a una determinata persona o all'appartenente a una determinata categoria, scavalcando di fatto l’assemblea, sarebbe impugnabile perché in contrasto con l'articolo 1129 codice civile, norma definita inderogabile del successivo articolo 1138. E' possibile nominare, per lo stesso condominio, più amministratori (Corte di Cassazione 24/12/1994, n. 11155); in questo caso il potere di rappresentare i condomini nei confronti di terzi spetta a tutti, a meno che non siano stati precisati i rispettivi compiti. La nomina dell'amministratore può essere anche tacita, vale a dire senza investire formalmente una persona dell'incarico; è, infatti, sufficiente provare che i condomini l’abbiano considerata amministratore a tutti gli effetti, ricorrendo a lei abitualmente in questa veste (Corte di Cassazione 12/2/1993, n. 1791). L'amministratore eventualmente nominato direttamente dal costruttore può essere 7 sostituito dall'assemblea: sia perché il primo comma dell’articolo 1129 codice civile, che riserva all'assemblea la nomina dell'amministratore, è come già detto norma inderogabile, sia perché può sorgere un conflitto d'interessi fra l'amministratore e lo steso costruttore, qualora il condominio dovesse contestare la cattiva esecuzione di alcuni lavori. L’amministratore la cui nomina sia stata impugnata conserva i suoi poteri fino a quando non venga sostituito dall'assemblea o dal giudice (Corte di Cassazione 27/1/1988, n 739). Assicurazione L’assemblea può subordinare la nomina dell'amministratore alla presentazione di una polizza individuale di assicurazione per la responsabilità civile per gli atti compiuti nell'esercizio del mandato. L'amministratore è tenuto ad adeguare i massimali della polizza se nel periodo del suo incarico l'assemblea delibera l'esecuzione di lavori straordinari. L'adeguamento non dev' essere inferiore all'importo di spesa deliberato e va effettuato contestualmente all'inizio dei lavori. Compenso All'amministratore spetta un compenso, il cui importo dev'essere dettagliatamente indicato dallo stesso amministratore all'atto della nomina o del rinnovo e approvato dall'assemblea. Non esiste un tariffario professionale, poiché non esiste un Albo degli amministratori di condominio. se però l'amministratore è iscritto ad un albo professionale (Architetti, avvocati, commercialisti, geometri, ecc.) può chiedere che sia applicata la rispettiva tariffa. Per riepilogare, ecco i criteri seguiti dagli amministratori per definire il proprio compenso Può essere chiesta una quota fissa (Indipendentemente dalle dimensioni del condominio) o una quota per ogni unità immobiliare (Variabile a seconda del loro numero e della dotazione d’impianti) qualche amministratore chiede anche una cifra in percentuale al giro d'affari complessivo del condominio, o si limita a calcolarla sulla loro spesa per il riscaldamento in genere è richiesto un compenso extra se si tratta di seguire l'esecuzione di lavori straordinari lunghi o complessi, ma l'amministratore non può pretendere un extra per partecipare alle assemblee, siano essere ordinarie o straordinarie, trattandosi di attività comprese fra i suoi compiti istituzionali, anche se non espressamente indicati dal codice; il relativo compenso, quindi, deve intendersi compreso in quello stabilito all'atto del conferimento dell'incarico (Corte di Cassazione 12/3/2003, n 3596) quasi sempre bisogna calcolare anche una percentuale sui lavori di manutenzione straordinaria infine c'è il rimborso delle spese di amministrazione: francobolli, commissioni bancarie, fotocopie, spese di cancelleria. L'aumento del compenso non può essere disposto verbalmente dai condomini ma è necessaria una delibera o comunque una ratifica da parte dell'assemblea (Tribunale di Roma 21/2/1987). Il compenso dell'amministratore e le spese di amministrazione vanno suddivisi fra i condomini in proporzione ai millesimi di proprietà. Un diverso criterio di ripartizione della spesa può essere adottato soltanto all'unanimità. Il compenso non può essere molto distante dalla media praticata nella città in cui è ubicato l'edificio condominiale; in caso contrario la delibera che lo approvasse sarebbe nulla per eccesso di potere (Pretore Catania 27/10/1997). L'amministratore ha diritto di compenso per l'attività svolta fino alla revoca, e se prova che questa è giustificata può pretendere il risarcimento del danno (Tribunale di Monza 27/6/1985). Durata incarico L'amministratore dura in carica 1 anno (Norma inderogabile, Tribunale di Napoli 4/10/1996 ) e può essere confermato nell'incarico con lo stesso quorum previsto per la nomina vale a dire a 8 maggioranza degli intervenuti all'assemblea, in rappresentanza di almeno 500/1.000, sia in prima che in seconda convocazione. Se però l'amministratore è anche condominio deve astenersi dal voto per conflitto d'interessi. La conferma dell'incarico può anche essere tacita. L'amministratore, una volta scaduto il mandato, conserva i suoi poteri fino a quando non venga sostituito o confermato, sempre che l'assemblea non abbia espressamente deliberato altrimenti (Corte di Cassazione 5/2/1993, n 1445) Dati Contestualmente all'accettazione della nomina e ad ogni rinnovo dell'incarico, l'amministratore deve comunicare i propri dati anagrafici e professionali, il codice fiscale (Se si tratta di società, anche se la sede legale e la denominazione), i locali in cui si trovano i registri condominiali (Funzioni), nonché i giorni e le ore in cui ogni interessato, previa richiesta allo stesso amministratore, può prenderne gratuitamente visione e ottenere, previo rimborso della spesa, copia da lui firmata. Inoltre, sul luogo di accesso al condominio o di maggior uso comune, accessibile anche ai terzi, dev'essere affissa l'indicazione delle generalità, del domicilio e dei recapiti, anche telefonici, dell'amministratore. Se manca l'amministratore vi devono essere affissi generalità e recapiti, anche telefonici, della persona che svolge funzioni analoghe e quelle dell'amministratore Funzioni Nell'espletamento dell'incarico l'amministratore deve avere un unico obiettivo la salvaguardia dell'interessa della comunità condominiale. All'amministratore spettano sia funzioni esecutive che funzioni amministrative; tra le prime rientra, per esempio, l’attuazione pratica delle delibere assembleari, mentre fra le seconde rientra la stesura del >>Bilancio condominiale anche se all'amministratore è lasciata una certa flessibilità nelle modalità di svolgimento dell'incarico, le sue attribuzioni sono enunciate con precisione dall'articolo 1130 codice civile. In sintesi: 1) eseguire le delibere dell'assemblea, convocarla annualmente per l’approvazione del rendiconto e curare l'osservanza del regolamento di condominio; 2) disciplinare l’uso delle cose comuni e la fruizione dei servizi nell'interesse comune, in modo di assicurare il miglior godimento a ciascun condomino; 3) riscuotere i contributi ed erogare le spese occorrenti alla manutenzione ordinaria delle parti comuni dell'edificio e all'esercizio dei servizi comuni; 4) compiere gli atti conservativi relativi alle parti comuni dell'edificio (>>Lavori condominiali, Amministratore ); 6) curare la tenuta del registro di anagrafe condominiale contenere i dati relativi ai condomini, alle rispettive unità immobiliari e alle condizioni di sicurezza; 7) curare la tenuta del registro dei verbali delle assemblee, del registro di nomina e revoca dell'amministratore e del registro di contabilità; 8) conservare tutta la documentazione inerente alla propria gestione; 9) fornire al condominio che ne faccia richiesta l'attestazione relativa allo stato dei pagamenti degli oneri condominiali e delle eventuali liti in corso; 10) redigere il rendiconto annuale di gestione e convocare l'assemblea per la relativa approvazione entro 180 giorni. L'amministratore, inoltre, rappresenta a tutti gli effetti il condominio e può agire in giudizio per qualunque azione che riguardi le parti o gli interessi comuni. Con l'accettazione dell'incarico l'amministratore assume pienamente le responsabilità civili, e penali collegate allo svolgimento del suo mandato. Il potere di rappresentanza dell'amministratore deriva da una disposizione di tipo inderogabile, l'articolo 1131; di conseguenza non può subire limitazioni nè per delibera dell'assemblea nè per volontà dello stesso amministratore (Corte di Cassazione 13/6/1991, n 6697). L'amministratore può delegare la propria funzione ad altra persona, a condizione che l'atto con il quale è stato nominato non preveda il contrario. (Corte di Cassazione 9 22/7/1999, n 7888). Affinché l'amministratore possa stipulare un contratto nell'interesse del condominio occorre una delibera con la quale egli può impegnarsi per il condominio. Il Tribunale di Roma (Sentenza dell'11/8/1988) ha ritenuto che il contratto di assicurazione del fabbricato condominiale, in quanto attinente alla conservazione della cosa comune, può essere stipulato dall'amministratore senza preventiva autorizzazione dell'assemblea. La Confedelizia (Confederazione Italiana Proprietà Edilizia) ha redatto il mansionario dell’amministratore, che elenca in dettaglio, in 32 punti, le funzioni di quest'organo condominiale. Il documento è consultabile sul sito www.confedelizia.it Giudiziario Se i condomini sono più di 8 e l'assemblea non delibera la nomina dell'amministratore, prevede il Tribunale su ricorso do uno o più condomini; trattandosi di procedimento di volontaria giurisdizione non occorre l'assistenza di un avvocato (Tribunale di Ariano Irpini decreto 13/12/2006). Le spese del procedimento sono a carico di chi lo ha attivato (Corte di Cassazione 30/3/2001, n 4706). La nomina di un amministratore giudiziario può essere chiesta al Tribunale anche per risolvere questioni fra i condomini: per esempio, assegnare i posti auto nelle aree condominiali qualora non vi sia una delibera che regoli in modo specifico l'uso del parcheggio e la modalità d'uso dei servizi comuni (Tribunale Napoli 24/2/2003): si parla allora di amministratore ad acta, ossia agli atti. Compenso L’amministratore nominato dal Tribunale ha diritto ad un compenso, da ripartirsi fra i condomini su base millesimale, anche se il regolamento prevede che l'incarico sia gratuito, magari perché svolto a turno dai condomini (Corte di Cassazione 12/2/1988, n 1513). Il compenso dell'amministratore giudiziario, se non c'è accordo con i condomini, non può essere stabilito dal Tribunale che ha provveduto alla nomina, ma dev'essere determinato in sede contenziosa, davanti al giudice competente per valore (App. Lecce-Taranto 3/5/1995, >>Controversie ) Obblighi fiscali L'amministratore è tenuto a operare, e versare al Fisco giovandosi del modello F24, entro il 15 del mese successivo a quello in cui ha effettuato il pagamento, le seguenti trattenute d'acconto: >>20% sui compensi erogato ai dipendenti del condominio (Per esempio: portiere-giardiniere) e ai professionisti di cui utilizzi l'opera (Per esempio: avvocato - geometra - lo stesso amministratore ); >>4% sui compensi erogati a imprese e artigiani, con esclusione delle utenze (Per esempio: luce acqua) e dei, materiali (Per esempio: lampadine-detersivi). In mancanza di amministratore la ritenuta dev'essere operata da uno dei condomini. L'amministratore, inoltre, deve comunicare annualmente all'Anagrafe Tributaria l'ammontare dei beni e dei servizi acquistati dal condominio, con i dati identificativi dei relativi fornitori (In mancanza di amministratore la comunicazione non è dovuta). Altri obblighi fiscali dell'amministratore sono: 1 >>pagare l'IMU (Imposta municipale unica) sui locali condominiali assoggettati a questa imposta in quanto accatastati separatamente: si pensi all'alloggio del portiere o del garage comune; 2 > >>pagale l'eventuale tassa sul passo carraio; 3 se non è previsto che vi provveda l'appaltatore, pagare la tassa per l'occupazione del suolo pubblico qualora si debba montare un ponteggio su una strada pubblica; 4 >>pagare la TIA (Tariffa igiene ambientale) per la raccolta e lo smaltimento dei rifiuti prodotti dalle parti comuni (Per esempio: il giardino). 10 Pubblicità Sul luogo di accesso al condominio o di maggior uso comune, accessibile anche ai terzi, è affissa l'indicazione delle generalità, del domicilio e dei recapiti, anche telefonici dell'amministratore (In mancanza di amministratore vengono affissi gli stessi dati riferiti alla persona che svolge funzioni analoghe a quelle dell'amministratore). Responsabilità L'amministratore risponde ai danni derivati dalla mancata esecuzione di una delibera assembleare: per esempio: aver omesso di far riparare il tetto (Corte di Cassazione 14/6/1976, n 2219), e risponde penalmente se una parte dell'edificio minaccia rovina, con pericolo per l'incolumità delle persone, tranne che per cause accidentali non sia stato in grado d'intervenire con la dovuta urgenza (Corte di Cassazione 28/6/2012, n 25221). L’amministratore non risponde, invece, dei danni provocati dall’abuso della cosa comune da parte di un condominio; egli non è, dotato di poteri coercitivi e disciplinari nei confronti dei partecipanti alla comunione (Corte di Cassazione 20/8/1993, n 8804). Le perdite conseguenti alla cattiva gestione dell'amministratore devono essere ripartite in proporzione ai millesimi di proprietà, fatta ovviamente salva la possibilità di agire nei suoi confronti per il recupero delle somme e il risarcimento del danno Violazioni e danni Contro i provvedimenti dell'amministratore che violino la legge o il regolamento si può ricorrere direttamente al giudice senza passare per l'assemblea (Corte di Cassazione 8/3/1997, n 960). Se invece l'amministratore trascura di prendere le opportune iniziative (Per esempio non si attiva per la riparazione di un impianto guasto), il singolo condomino non può rivolgersi al giudice in via contenziosa senza aver prima provocato una convocazione dell'assemblea condominiale (Corte di Cassazione 14/8/1997, n 7613, >>Assemblea, Convocazione). Solo se questa non è convocata o non riesce a esprimere una volontà maggioritaria, o se la delibera adottata resta ineseguita, il condomino può rivolgersi al giudice, che può anche nominare un amministratore giudiziario. E' sconsigliabile, nel frattempo, prendere iniziative finalizzate all'esecuzione di una riparazione, anticipando la relativa spesa. Se l’amministratore compie atti in nome e per conto del condominio senza autorizzazione dell’assemblea nei casi in cui è necessaria, risponde in proprio, a meno che l'assemblea non ne ratifichi l’operato con una delibera correttamente adottata (Corte di Cassazione 9/6/ 1990, n 6520). Gli atti, poi, con i quali l'amministratore disponga opere sulla cosa comune, accettando i propri poteri e con lesione dei diritti dei condomini, possono essere impugnati senza limite di tempo, essendo radicalmente nulli (Corte di Cassazione 29/11/1991, n 12851). Revoca Dall'assemblea L’amministratore può essere revocato dall'assemblea in qualsiasi momento, trattandosi di un rapporto di natura fiduciaria. Per la revoca è necessario lo stesso quorum richiesto per la nomina: maggioranza degli intervenuti all'assemblea, in rappresentanza di almeno 500/1.000, sia in prima che in seconda convocazione. In alternativa il regolamento può prevedere una specifica modalità di revoca. Anche la revoca, come già visto a proposito della nomina, può essere tacita: basta infatti che venga nominato un nuovo amministratore senza che il precedente sia stato espressamente revocato (Corte di Cassazione 9/6/1994, n 5608). Dal Tribunale 11 La revoca dell'amministratore può anche essere disposta dal Tribunale, su ricorso di ciascun condomino, nei seguenti casi: 1) Omessa comunicazione all'assemblea della notifica di un atto di citazione o di provvedimento amministrativo il cui contenuto esuli dalle attribuzioni dell'amministratore: 2) Omesso rendiconto della gestione; 3) In caso di gravi irregolarità (Alcune elencate dall'articolo 1129 codice civile, altre individuate dalla giurisprudenza). Fra quelle previste dalla legge l'omessa convocazione dell’assemblea per l'approvazione del rendiconto, la mancata esecuzione di provvedimenti giudiziari e amministrativi, nonché di delibere dell'assemblea, la mancata apertura e utilizzazione del conto corrente condominiale. Fra le gravi irregolarità individuate dalla giurisprudenza, le anomalie contabili, ma anche i comportamenti che fanno sospettare una gestione anomala: per esempio: il tentativo di influenzare l'assemblea dei condomini per l'assunzione di particolari delibere, l’inserimento a verbale di offese a uno dei condomini (App. Genova 6/11/1990). Il Tribunale di Milano, a sua volta (Sentenza del 29/9/1993), ha considerato grave irregolarità l'aver fatto affluire i versamenti delle quote condominiali e i fondi di riserva sul proprio conto corrente personale anziché su quello separato del condominio. Non è stata invece ravvisata grave irregolarità nell'esecuzione di delibere assembleari nulle o annullabili (Perché possono essere impugnate, Tribunale di Firenze 22/4/1991), nel rifiuto opposto alla richiesta di un condomino che voleva ritirare, per effettuarne i controllo, tutti i documenti del condominio (Tribunale di Parma 12/3/ 1999), nell'autoliquidazione del proprio compenso (Tribunale S. Maria Capua Vetere 23/7/1997) In particolare, qualora siano emerse gravi irregolarità fiscali o l'amministratore non abbia aperto e utilizzato il conto corrente condominiale, i condomini, anche singolarmente, possono chiedere la convocazione dell'assemblea per far cessare la violazione e revocare il mandato all’amministratore. Se l'assemblea non provvede alla revoca ciascun condomino può rivolgersi all’Autorità Giudiziaria, e in caso di accoglimento della domanda del ricorrente può pretendere il rimborso delle spese legali dal condominio, che a sua volta potrà rivalersi nei confronti dell'amministratore revocato. In caso di revoca da parte dell’Autorità Giudiziaria, l'assemblea non può nominare nuovamente l'amministratore revocato. Sulla revoca dell'amministratore il Tribunale decide in camera di consiglio con decreto motivato, sentito lo stesso amministratore in contradditorio con il ricorrente. Contro il provvedimento del Tribunale può essere proposto reclamo alla Corte d'appello nel termine di 10 giorni dalla notifica o dalla comunicazione Passaggio delle consegne L'amministratore revocato, o che lascia volontariamente l'incarico, deve consegnare tempestivamente al suo successore (O all'eventuale Consiglio di condominio se cosi prevede il regolamento) tutta la documentazione in suo possesso efferente al condominio e ai singoli condomini, ed eseguire le attività urgenti al fine di evitare pregiudizi agli interessi comuni, senza diritto a ulteriori compensi. Il nuovo amministratore deve verificare i saldi del rendiconto precedente, se non è già stato approvato dall'assemblea, ma non può ratificare l'operato di chi l'ha preceduto; questo potere, infatti, spetta esclusivamente all'assemblea. Non sempre queste regole di buon comportamento vengono rispettare. Spesso l'amministratore uscente rallenta il passaggio delle consegne, magari perché aspetta di ottenere il rimborso di una spesa anticipata nell'interesse del condominio. Un simile comportamento è stato considerato illegittimo ai giudici ( Corte di Cassazione 3/12/1999, n 13504) perché non c'è interdipendenza fra le due prestazioni. AMMINISTRAZIONE 12 Gli atti posti in essere nell'ambito della gestione condominiale possono essere sia di ordinaria che di straordinaria amministrazione. Atti di ordinaria amministrazione sono quelli che si riferiscono alla conservazione e il miglioramento delle parti comuni, nonché alla gestione delle eventuali rendite: si pensi alla riparazione di un impianto condominiale, all'aggiornamento del premio di assicurazione, all'autorizzazione, all'amministratore, a resistere in giudizio (Corte di Cassazione 8/11/1989, n 4691), all'impiego dei proventi di una locazione a terzi di un locale condominiale. Sono invece atti di straordinaria amministrazione quelli eventi per oggetto modifiche o trasferimenti della cosa comune, tali da portare a una diminuzione della sua consistenza (Corte di Cassazione 13/2/1988, n 1553): si pensi alla vendita dei locali giù adibiti a portineria. La differenza non è priva di conseguenze perché, a seconda del tipo di atto, è richiesto un quorum deliberatorio (>>Assemblea, Maggioranza). ANDRONE L'androne condominiale fa parte delle scale ed è in un certo senso il biglietto da visita dell'edificio. Da qui divieti e limiti di varia natura: i condomini, per esempio, non possono affiggervi avvisi, annunci e simili, essendo questa facoltà riservata all'amministratore. In genere non è consentito neppure collocarvi insegne luminose, targhe e cartelli pubblicitari, poiché tale utilizzazione si pone in contrasto con la funzione e la destinazione tipica di questa parte comune dell'edificio (Tribunale di Brescia 26/4/1994). L'assemblea può però autorizzare studi professionali, uffici e simili a collocare targhe segnaletiche della rispettiva attività, purché caratterizzate da dimensioni e aspetto grafico uniformi. La Corte di Cassazione (sentenza n 1046 del 3/2/1998) ha, comunque, ritenuto lecito posizionare targhe negli spazi comuni, se ciò non impedisce agli altri condomini un pari utilizzo di essi. Sempre la Suprema Corte (Sentenza n 761 del 5/2/1978) ha ritenuto legittima l'apertura di una porta per collegare l'androne con unità immobiliari di proprietà esclusiva a condizione che questo tipo d'innovazione non alteri la destinazione dell'androne e non impedisca agli altri condomini di farne parimenti uso. Chiusura La chiusura dell'androne con un cartello, se mira a potenziare o a rendere più comodo il godimento della cosa comune, lasciandone immutate la consistenza e la destinazione, in modo da non turbare i concorrenti interessi dei condomini, può essere considerata modifica e non innovazione della casa comune, introducibile in quanto tale con il voto favorevole della maggioranza degli intervenuti all'assemblea, in rappresentanza di almeno 500/1.000. Se sarebbe nulla la delibera che dispone la chiusura permanente del portone d'ingresso di un androne accessibile alle auto senza provvedere alcuna misura che ne consenta l'agevole apertura da parte dei soggetti legittimati ad attraversarlo con un’autovettura (Tribunale di Milano 9/3/1989). In un edificio dotato di più androni di accesso agli appartamenti l'assemblea non può, a maggioranza, vietare agli estranei al condominio il transito da uno di essi, perché cosi facendo, oltre ad incidere all’uso delle cose comuni, limita illecitamente la proprietà privata (Tribunale di Napoli 14/6/1974) Divisione spese Per la ripartizione fra i condomini delle spese di pulizia e ricostruzione dell'androne si applica il criterio dei millesimi di proprietà. Devono contribuire alle spese di manutenzione dell'androne e delle scale anche i proprietari di unità con accesso autonomo alla strada (Nel caso di specie 13 portone, moquette e passatoia dell'ingresso, nonché illuminazione dei servizi comuni, App. di Milano 3/7/1992). Passeggino Oggetto di frequente discussione è il passeggino, nell'androne condominiale, di carrozzine e passeggini. E' consentito usare l'androne a questo fine, a condizione che un divieto in tal senso non sia contenuto nel regolamento del condominio (Che deve però essere contrattuale), che il passeggino venga lasciato in un punto dell'androne in cui non intralci il transito di chi frequenta l'edificio, e che si rispetti il dettato dell'articolo 1102 codice civile, per il quale ciascun partecipante può servirsi della cosa comune, purché non ne alteri la destinazione e non impedisca agli altri partecipanti di farne parimenti uso secondo il loro diritto. Sarebbe poi buona norma lasciare il passeggino nell'androne soltanto se non entra in ascensore. ANIMALI Il quinto comma dell'articolo 1138 codice civile stabilisce che le orme del regolamento non possono vietare di possedere o detenere animali domestici. Per introdurre un divieto del genere, quindi, è necessario che siano d'accordo tutti i condomini. Il detentore dell'animale è comunque tenuto a rispettare la normativa sulle >>Immissioni, e ad evitare che gli strepiti disturbino il riposo o le occupazioni delle persone. Il divieto, ove previsto, riguarda sia i proprietari che gli inquilini. Gli animali possono essere portati in ascensore, a meno che vi sia un divieto contenuto nel regolamento o introdotto dall'assemblea con il voto favorevole della maggioranza degli intervenuti, in rappresentanza di almeno 500/1.000. Disturbo Se si prova che l'animale è molesto se ne può chiedere l'allontanamento al giudice, se del caso non richiesta di provvedimento d'urgenza, con divieto assoluto di ritorno nell'edificio condominiale (Tribunale di Napoli 8/3/1994). Questo stesso Tribunale (Sentenza del 25/10/1990) ha stabilito che l'esecuzione del provvedimento può essere affidata ai Carabinieri o agli agenti della Polizia di Stato, mentre il Tar della Campania (Sentenza n. 16477 del 14/10/2005) ha decretato che il Sindaco può, per ragioni igienico-sanitarie, ordinare in via d'urgenza l'allontanamento dall'edificio di un cane detenuto in condizioni accertate come inidonee dal competente ufficio sanitario. I disturbi che deve accertare il giudice sono, per esempio, i latrati, gli strepiti, la sporcizia, il pericolo di aggressioni (Tribunale di Napoli 25/10/1990). Per la Corte di Cassazione (Sentenza n. 3348 del 28/3/1995 ), i miagolii, latrati e rumori vari, anche se notturni, devono disturbare un numero rilevante di persone, non solo chi ha presentato il ricorso al giudice; con una successiva decisione (n. 36241 dell'8/7/2004), pronunciata con riferimento ai latrati di cani, la stessa corte di cassazione ha però stabilito che ciò che rileva ai fini del reato non è il disturbo effettivo a una pluralità di persone ma la potenzialità diffusiva della fonte rumorosa, al di là, quindi, del numero di persone che risultino concretamente disturbate dai rumori molesti. Divieti Non si possono tenere in casa animali di cui la normativa non consente il possesso. La Legge 7/2/1992, n 150, più volte modificata, vieta la detenzione degli esemplari di mammiferi e rettili selvatici o provenienti da riproduzioni in cattività che, in particolari condizioni ambientali o comportamentali, possono avere effetti mortali o invalidanti per l'uomo. Vietati anche gli animali che, che non sottoposti a controlli sanitari o a trattamenti di prevenzione, possono trasmettere 14 malattie infettive all'uomo. Fra questi, elencati nel decreto del ministero per l' ambiente 19/4/1996, modificato con D.M. 26/4/2001, rientrano scimmie, topi, leoni, tigri, pantere, vipere Randagi Il Tribunale di Milano (Sentenza n. 23693 del 30/9/2009) ha considerato legittima l'occupazione, da parte di 2 condomini, di uno spazio comune mediante l' installazione di piccole costruzioni per i gatti randagi (rifugi) del tutto temporanee. ANTENNA Televisiva Autonoma In mancanza di disposizione contraria del regolamento (Che deve però essere contrattuale, altrimenti la relativa clausola è nulla, Corte di Cassazione 3/8/1990, n 7825), il condomino ma lo stesso diritto è riconosciuto all'eventuale conduttore - può installare l'antenna televisiva sul lastrico solare, sul tetto e sulle parti di esclusiva proprietà. Stesso discorso per un'antenna radiofonica (Tribunale Latina 16/11/1992) o per uso imprenditoriale (Tribunale Roma 9/6/1986). Le dimensioni dell’impianto non devono però essere tali da impedire agli altri condomini di fare pari uso della parte comune di edificio sulla quale avviene l'installazione. Inoltre l'antenna non dev'essere collocata in punti tali da alterare il decoro architettonico dell'edificio. Per il giudice di pace di Grossetto (Sentenza n. 1038 del 16/8/ 2011) le antenne televisive installate sui tetti, le parabole satellitari sporgenti dal muro e gli impianti di climatizzazione, sempre più numerosi, non vengono più percepiti come causa di deturbazione dell'estetica delle abitazioni e, più in generale, dall'ambiente. Se poi si rendono necessarie modifiche delle parti comuni, l'interessato ne deve dare comunicazione all'amministratore, indicando il contenuto specifico e le modalità di esecuzione degli interventi; l'assemblea, infatti, può prescrivere, con il voto favorevole della maggioranza degli intervenuti, in rappresentanza di almeno 667/1.000, adeguate modalità alternative di esecuzione o imporre cautele a salvaguardia della stabilità, della sicurezza e del decoro architettonico dell'edificio (Terzo comma articolo 1122-bis codice civile). A riguardo il Tribunale di Varese (sentenza del 25/2/2011 ) ha stabilito che l'assemblea può imporre ai condomini i criteri in base ai quali installare un'antenna parabolica: per esempio: al contro della porzione di tetto di pertinenza o sul proprio balcone ma ad almeno 1 metro dal confine (Tribunale di Varese 25/2/2011). L'assemblea può, con la stessa maggioranza, imporre all'interessato la prestazione d’idonea garanzia per eventuali danni. attenzione: alcuni Comuni hanno deliberato la rimozione delle antenne paraboliche installate sui balconi. L'assemblea non può deliberare la rimozione dell'antenna parabolica installata da un condomino sul lastrico solare di proprietà comune. Una delibera del genere sarebbe nulla perché in contrasto con la normativa che, fondata sul principio costituzionale della liberà d'informazione, accorda ai condomini la facoltà d'installare l'antenna sul lastrico comune, con il solo limite che essa non arrechi pregiudizio all'uso del bene da parte degli altri condomini, nè produca un qualsiasi, apprezzabile danno alle parti comuni (App. Perugia 1/7/2004). La vendita dell'appartamento non obbliga il condominio a rimuovere l'antenna, se questa verrà utilizzata dall'acquirente. L'antenna televisiva autonoma può essere installata anche sul lastrico solare adibito all'uso esclusivo di un altro condomino, in base all'articolo 1 della L. 6/5/940, n. 554, dettata per le antenne radiofoniche ("aerei" secondo la denominazione tecnica) ma esteso alla 15 giurisprudenza delle antenne televisive. Premesso che questa soluzione dev'essere adottata qualora non ve ne siano altre praticabili (ed è comunque subordinata alla condizione che il condominio non disponga di uno spazio proprio al quale alloggiare l'impianto, Corte di Cassazione 6/5/2005, n 9393), l'antenna dev'essere collocata in modo da non impedire il libero uso del lastrico, secondo la sua destinazione, da parte del proprietario esclusivo, e il proprietario di essa è tenuto a farsi carico della spesa corrente al ripristino dei luoghi una volta avvenuta l'installazione; egli è inoltre tenuto a risarcire gli eventuali danni prodotti dalla presenza dell'antenna. Il proprietario del lastrico può fare qualunque lavoro o innovazione, ancorché comporti la rimozione o il diverso collocamento dell'antenna. Nel qual caso deve preavvertire il proprietario di questa, il quale è tenuto ad eseguire dette operazione a propria cura e spese, senza diritto ad alcuna indennità. Il Tribunale di Terni (Sentenza del 19/1/1988) ha ordinato la rimozione dell'antenna posta da un condomino sul terrazzo di un altro condomino, poiché il proprietario dell'antenna, per accedervi ai fini della manutenzione, doveva attraversare diverse stanze dell'appartamento di proprietà dell'altro condomino, violandone con ciò la privacy; inoltre il ruotare dell'antenna e il suo ingombro limitavano l'uso del terrazzo da parte del proprietario di questo e davano luogo a disturbi e interferenze al televisore, al telefono e all'impianto stereo. Adeguamento L'assemblea, ai fini dell'adeguamento degli impianti non centralizzati esistenti alla data di entrata in vigore della riforma, adotta le necessarie prescrizioni con le maggioranze di cui al primo, secondo e terzo comma dell'articolo 1136 codice civile (articolo 155-bis disp. att. codice civile). Installazione sul lastrico solare Il lastrico solare, anche se di uso esclusivo può essere utilizzato per l'installazione di antenne da parte degli altri condomini. Questa soluzione è praticabile a condizione che il condomino non disponga di uno spazio proprio nel quale alloggiare l'impianto (Corte di Cassazione 6/5/2005, n 9393). L'antenna dev'essere collocata in modo da non impedire il libero uso del lastrico, secondo la sua destinazione da parte del proprietario esclusivo, e il proprietario di essa è tenuto a contribuire alla spesa occorrente al ripristino dei luoghi una volta avvenuta l'installazione; egli è inoltre obbligato a risarcire gli eventuali danni prodotti dalla presenza dell'impianto. Se poi si rendono necessari dei lavori che comportano lo spostamento dell'antenna, le spese richieste dalla rimozione e dal ricollocamento dell'impianto sono a carico del proprietario di questo. La Corte D'appello di Milano (Sentenza 30/6/1995) ha stabilito che si è tenuti a consentire il passaggio, attraverso il proprio appartamento, del personale incaricato di collocare o riparare cavi e antenne situati sul tetto o sul lastrico solare, sempre che l'intervento non sia altrimenti possibile ancorché più costoso. L'obbligo di consentire il passaggio fa carico anche al conduttore (Tribunale di Roma 18/10/1964). Centralizzata L'installazione di un'antenna televisiva condominiale va fatta nel rispetto della normativa contenuta nel decreto del Ministero delle comunicazioni 11/11/2005. Gli impianti centralizzati già installati sono adeguati sulla suddetta normativa in occasione del primo intervento di manutenzione straordinaria. L'articolo 2-bis del decreto legge n 5 del 23/1/2001, convertito dalla Legge 20/3/2001, n 66, e successive modificazioni, stabilisce che, allo scopo di favorire lo sviluppo e la diffusione delle nuove tecnologie di radiodiffusione da satellite, la delibera per l'introduzione di 16 un'antenna parabolica condominiale può essere adottata con il voto favorevole della maggioranza degli intervenuti all'assemblea, in rappresentanza di almeno 500/1.000. Stessa maggioranza per trasformare un impianto centralizzato tradizionale in impianto centralizzato satellitare. La maggioranza occorrente alla costituzione dell'assemblea e alla validità della delibera deve essere calcolata escludendo i condomini (E relativi millesimi) proprietari di solo garage, estranei in quanto tali alla fruizione dell'antenna e alla relativa spesa. il Giudice di pace di Monza ha stabilito (Sentenza del 15/3/2005) che l'installazione di un'antenna satellitare centralizzata non costituisce innovazione voluttuaria ma necessaria; di conseguenza non è soggetta al regine di esonero dalla spesa previsto dall'articolo 1121 codice civile in favore di condomini che non intendano trarne vantaggio. Se però l'assemblea dovesse propendere per un modello particolarmente costoso e quindi per una spesa, alla luce dell'articolo1121 codice civile, "molto gravosa" in rapporto alle particolari condizioni e all'importanza dell'edificio, i condomini che non intendano avvalersene sono esonerati dal contribuire all'esborso (Che sarà quindi a totale carico degli altri): salva, però, la possibilità di partecipare in qualunque tempo ai vantaggi dell'innovazione, contribuendo alle spese di esecuzione e manutenzione opportunamente rivalutate. Negli immobili di nuova costruzione e in quelli che hanno subito una ristrutturazione generale devono obbligatoriamente essere installate antenne centralizzate (Legge 31/7/1997, n 249). L'iniziativa finalizzata all'installazione dell'antenna centralizzata può essere assunta anche da un solo condomino, con richiesta, contente l'indicazione del contenuto specifico e delle modalità di esecuzione degli interventi proposti, da presentare all’amministratore. Questi deve, entro 30 giorni, convocare l'assemblea, che delibera con il voto favorevole della maggioranza degli intervenuti, in rappresentanza di almeno 500/1.000. L’assemblea può decidere, a maggioranza, di rimuovere l'antenna televisiva centralizzata, a condizione di non incidere sulle parti d'impianto di proprietà individuale (Corte di Cassazione 11/1/ 2012, n 144). RIEPILOGANDO: L’ ANTENNA CENTRALIZZATA Installazione ex novo antenna parabolica o tradizionale: intervenuti all'assemblea e almeno 500/1.000. Modifica da maggioranza di cui sopra. Ripartizione spese: in base ai Installazione antenne telefoni cellulari: ci vuole l'unanimità. 1136-codice civile, articolo 2-bis Legge n. 66/2001. consenso della maggioranza degli tradizionale a satellitare: stessa millesimi, salvo diverso accordo. Norme: articolo 1120-1122-bis e Spesa La spesa per l'installazione dell'impianto satellitare, come per quello centralizzato tradizionale, viene suddivisa in base ai millesimi di proprietà, ma l'assemblea può, a maggioranza, deliberare di dividerla in parti uguali, trattandosi di apparecchiatura destinata a servire i condomini in uguale misura ( Corte di Cassazione 2/8/1969, n 2916). Eventualmente si potrà fare un calcolo a parte per le prese da installare in ogni appartamento, in modo che ciascun proprietario possa metterne quante ne vuole, collocandosi la relativa spesa. Lo stesso dicasi della spesa richiesta dall'eventuale riparazione dell'impianto. Radioamatore Il condomino radioamatore può installare sul lastrico solare o sul tetto condominiale un'antenna ricetrasmittente. deve però essere munito di autorizzazione amministrativa e l’installazione non deve arrecare danni al tetto o al lastrico, o impedire agli altri condomini di fare pari uso di questa 17 parte comune dell'edificio (Corte di Cassazione 16/12/1983, n 1983). Se poi si rendono necessarie modifiche delle parti comuni, l'iter è lo stesso previsto per l’installazione di un'antenna >>Televisiva, Autonoma). Ripetitore per telefonia cellulare. Visto il grande successo ottenuto dalla telefonia cellulare e la seguente diffusione degli appositi ripetitori sulle coperture degli edifici, sono numerosi i condomini alle prese con questo problema. Poiché l'installazione dell'impianto configura l'imposizione di una servitù sull'edificio condominiale in cambio di un canone, la delibera va approvata all'unanimità (Corte di Cassazione 18/4/2002, n 5626). Tra condominio e azienda telefonica dev'essere stipulato un contratto di locazione commerciale, regolato dall'articolo 27 e segg. della L. 27/7/1978, n 392 (Tribunale Castelvetrano 4/12/2003, n 90). Meglio, prima di concedere l'autorizzazione, verificare che il ripetitore non interferisca con le normali apparecchiature elettriche esistenti nel caseggiato (Televisori, impianti di allarme) e, sopratutto, che le onde prodotte non siano suscettibili di arrecare danni alla salute degli occupanti l'edificio. L'installazione può essere bloccata anche con richiesta al giudice di provvedimento d'urgenza, stante la potenziale pericolosità delle emissioni elettroniche e il conseguente deprezzamento dell'immobile (Tribunale di Bologna 8/3/2005). Il Tribunale di Vicenza - Sezione distaccata di Schio (Sentenza n 694 del 3/8/2007) ha precisato che, se l'installazione è stata autorizzata con delibera assembleare non impugnata nei termini, l'istanza di sospensione non può trovare accoglimento. L'iniziativa potrebbe essere contestata anche dai condomini degli edifici limitrofi; infatti, se la prova in opera non è stata autorizzata dal Comune, dalla Provvidenza o dalla Regione (A seconda della zona di competenza), o se le omissioni elettromagnetiche dovessero superare i limiti di legge, possono impedire l'installazione (La misurazione delle emissioni elettromagnetiche è affidata all'ARPA, Agenzia Regionale Protezione Ambiente). Il singolo condomino può installare sul tetto o sul lastrico solare un'antenna telefonica e relativi cablaggi, anche senza autorizzazione dell'assemblea. Deve però trattarsi d'impianto di modeste dimensioni e quindi non lesivo del decoro architettonico, della stabilità e della destinazione d'uso della parte comune sulla quale viene installato (Tribunale di Verona 4/12/2000). Se poi si rendono necessarie modifiche delle parti comuni, l'iter è lo stesso previsto per l'installazione di antenna >>Televisiva, Autonoma). APPALTO Il condominio è solito ricorrere all'appalto per l'esecuzione di opere o la prestazione di servizi di una certa entità: si pensi al rifacimento del tetto o della conduzione dell'impianto di ascensore. Per la gestione di servizi meno impegnativi quali la pulizia delle scale, la manutenzione del giardino, invece, non è infrequente il ricorso al contratto d'opera. Capita spesso che perfino il servizio di portineria venga dato in appalto. L'articolo 1655 definisce l'appalto come il "contratto con il quale una parte assume, con organizzazione dei mezzi necessari e con gestione a proprio rischio, il compimento di un'opera o di un servizio verso un corrispettivo in danaro". Committente è il condominio attraverso l'amministratore, chiamato a firmare il contratto con la controparte, l'appaltatore, che si obbliga ad eseguire l'opera o a fornire il servizio. Di solito la scelta dell'impresa che realizzerà i lavori compete all'assemblea, sulla base delle proposte raccolte dall'amministratore o da singoli condomini. L'amministratore ha l'obbligo di vigilare sulla buona riuscita dei lavori e sulla corretta esecuzione del contratto, anche nel caso in cui l'assemblea gli abbia affiancato un direttore dei lavori. Se l'amministratore stipula un contratto d'appalto senza 18 l'autorizzazione dell'assemblea o, comunque, andando oltre ai suoi compiti, il contratto non produce effetti nei confronti del condominio e l'amministratore ne risponde in proprio (Tribunale di Milano 9/6/2009, n 7565). Danni e vizi L'amministratore deve, a pena di decadenza, denunciare all'appaltatore vizi e difformità dell'opera o del servizio entro 60 giorni dalla scoperta (Articolo 1667 codice civile), altrimenti è responsabile nei confronti del condominio. Egli può agire autonomamente nei confronti dell'appaltatore se i vizi riguardano le parti comuni, ma per il risarcimento del danno causato dalla non corretta esecuzione dei lavori può attivarsi anche un condomino (Corte di Cassazione 17/1/2003, n 631) se la cattiva esecuzione dei lavori ha causato danni ad un condomino, questi può agire soltanto nei confronti dell'appaltatore, non essendo configurabile una responsabilità del condominio per il solo fatto di aver scelto un appaltatore anziché un altro (Corte di Cassazione 7/5/1988, n 3395). Successivamente, però, la Suprema Corte (Sentenza n. 2363 del 17/2/ 2012) ha chiamato a rispondere del danno anche il condominio qualora abbia omesso la benché minima sorveglianza dell'esecuzione dei lavori o sia ravvisabile a suo carico una culpa in ligendo nella scelta >>nella designazione dell'appaltatore. << colpa Sostituzione Per deliberare l'eventuale sostituzione dell'appaltatore incaricato di eseguire un lavoro straordinario di notevole entità sull' edificio condominiale è necessaria la stessa maggioranza prevista al quarto comma dell'art. 1136 codice civile per deliberare l'effettuazione di questo lavoro; maggioranza degli intervenuti all'assemblea, in rappresentanza di almeno 500/1.000, anche in seconda convocazione (Corte di Cassazione 26/1/1982, n 517). Ritenuta d'acconto La legge finanziaria per il 2007 ha inserito il condominio fra i sostituti d'imposta; ha infatti istituito una ritenuta d'acconto del 10% sui corrispettivi pagati dal condominio per prestazioni relative a contratti di appalto di opere o servizi, con l'amministratore tenuto a trattenere e a versare al Fisco il relativo importo (>>Amministratore, Obblighi fiscali). ASCENSORE Sotto il profilo della manutenzione e della sostituzione l'articolo 1124 codice civile assimila l'ascensore alla scale. Quanto all’installazione, se questa è avvenuta in sede di costruzione dell'edificio, anche a coloro che di norma non se ne servono, come chi abita al piano terra, a meno che dal regolamento non risulti il contrario. La presenza di un ascensore, infatti, aumenta il valore della proprietà individuale, per cui il condominio non può sottrarsi dal contribuire alla spesa; questa possibilità, infatti, gli è preclusa dal secondo comma dell'articolo 1118 codice civile, a meno che non intervenga un'autorizzazione da parte di tutti gli altri condomini; autorizzazione che dev'essere rilasciata con atto pubblico debitamente trascritto presso l'Agenzia del territorio, se la si vuole rendere opponibile agli eventuali terzi futuri acquirenti delle unità immobiliari ubicate nell'edificio. Quando, invece, l'ascensore viene installato soltanto a cura e spese di uno o più condomini, quelli che non hanno aderito all'iniziativa sono esclusi dal servizio e dal partecipare alla relativa spesa, anche se come vedremo sono ammessi a ripensarci (>>A spese di uno o più condomini ). 19 Adeguamento La spesa richiesta dall'adeguamento dell'impianto alla normativa dell'Unione Europea, essendo finalizzata alla sicurezza e all'incolumità della vita umana, si riferisce alla proprietà dell'impianto e non dal suo uso. Di conseguenza dev'essere ripartita fra tutti i condomini, anche quelli che abitano al piano terra, in base ai millesimi di proprietà (Tribunale di Parma 29/9/1994). Lo stesso criterio dev'essere seguito per l'eventuale spesa di tinteggiatura dell'androne, se è conseguenza di adeguamento dell'ascensore (Giu.pa Benevento 12/11/1996). Chiave L'amministratore non può munire l'ascensore di chiave senza autorizzazione dell'assemblea (Pretore di Busto Arsizio 6/2/1990). Le spese per l'introduzione della chiave vanno ripartite secondo lo stesso criterio previsto per l'installazione dell’ascensore, vale a dire in base ai millesimi di proprietà, prescindendo quindi dall'altezza dei piani dal suolo. Non è però da escludere il criterio di suddividere i costi in parti uguali, trattandosi di accessorio destinato a servire i condomini nella stessa misura. Il proprietario esclusivo dell'ultimo piano può sostituire a propria cura e spese il corrispondente pulsante con la chiave, a patto che la copertura dell'edificio non sia costituita da un lastrico solare di uso comune, e purché non vi siano soffitte di proprietà di altri condomini (Corte di Cassazione 13/1/1971, n 50). Danni Il condominio risponde, in quanto custode dell'impianto degli eventuali danni provocati dall'ascensore (Per esempio: a chi, entrando nella cabina, sia caduto a causa di un dislivello di 16 centimetri esistenti tra il pavimento del piano e quello della cabina, dislivello non visibile dall'esterno e non segnalato, Tribunale di Milano in data 7/4/2004 ), a meno che non si riesca a provare il caso fortuito, la colpa del danneggiato o l'intervento doloso da parte di terzi. Il condominio può a sua volta, ricorrendone i presupposti, rivalersi nei confronti dell' appaltatore del servizio di manutenzione (Corte di Cassazione del 27/7/1979, n 4385). Lo stesso dicasi per i danni provocati ad un utente dalla prolungata discesa libera della cabina dovuta all’omessa riparazione del sistema frenata da parte dell'impresa addetta alla manutenzione dell’impianto (Tribunale di Terni 3/7/1997). Divieti L'ascensore non può essere usato dai minori di 12 anni che non siano accompagnati da persone di età più elevata. Inoltre è vietato l'uso degli ascensori a cabile multiple a moto continuo a ciechi, alle persone con abolita o diminuita funzionalità degli arti e ai minori di 12 anni, anche se accompagnati. In ascensore non si può fumare (>>Animali ). Gettonieria Per scoraggiare l'uso dell'ascensore da parte di estranei (Sopratutto negli edifici che ospitano studi professionali, uffici o simili), e per acquisire al condominio un'entrata destinata a coprire una parte delle spese di manutenzione, l'assemblea può, con il voto favorevole della maggioranza degli intervenuti, in rappresentanza di almeno 500/1.000, deliberare l'introduzione della gettoniera. Quanto alla suddivisione della relativa spesa, la Corte d'Appello di Napoli (sentenza del 17/7/1968) ha considerato legittima la ripartizione in base ai millesimi di proprietà, nonostante il regolamento prevedesse una ripartizione dei costi di esercizio dell'impianto proporzionata all'altezza di ciascun piano dal suolo. La stessa maggioranza può decidere l'aumento del prezzo della corsa. Circa la 20 ripartizione dei proventi, la sentenza sopra richiamata ha considerato legittima la suddivisione in base ai millesimi di proprietà. Installazione L'installazione dell'ascensore, configurando un'innovazione diretta al superamento delle barrire architettoniche, può essere deliberata, come previsto dal secondo comma dell'articolo 2 della Legge 9/1/1989, n 13, con il voto favorevole della maggioranza degli intervenuti all'assemblea, in rappresentanza di almeno 500/1.000. Se l'edificio è dotato di più scale e l'installazione dell'ascensore riguarda una soltanto di esse, la maggioranza in assemblea dev'essere calcolata considerando i soli proprietari delle unità immobiliari interessate all'innovazione (Tribunale di Milano in data 12/4/1990). L'installazione non è consentita se comporta alterazione del decoro architettonico dell’edificio o un sensibile deprezzamento dell'unità immobiliare anche di un solo condomino; in tali ipotesi, quindi, non è sufficiente la maggioranza di cui sopra, ma è necessaria l'unanimità (Corte di Cassazione del 25/6/1994, n 6109 ). Se però l'installazione avviene per favorire un disabile o un anziano, è consentita ancorché comporti alterazioni del decoro architettonico dell'edificio (Corte di Cassazione 25/10/2012, n 18334). Installazione vietata, invece, se comporta un pregiudizio intollerabile o un danno apprezzabile anche a un solo condominio (Tribunale di Napoli 16/11/1991). In caso di restringimento di un passaggio condominiale, il Tribunale di Milano, che in un primo momento (Sentenza del 9/9/1991) aveva considerato legittima l'installazione dell'ascensore, pronunciandosi a distanza di pochi giorni (Sentenza del 23/9/1991) su di un caso analogo l'ha vietata perché comportava una riduzione del piano di calpestio dei vari piani e quindi in contrasto con il quarto comma dell'articolo 1120 codice civile Il Tribunale d'Imperia, a sua volta (Sentenza dell’11/12/ 2001), ha stabilito che l'installazione dell'ascensore a cura e spese di alcuni condomini, ove comporti la riduzione della larghezza della rampa delle scale (Nel caso di specie 85 centimetri), alterandone il decoro architettonico e la fruibilità, dev'essere approvata dalla maggioranza dei partecipanti al condominio in rappresentanza di almeno 667/1.000. Per la Corte di Cassazione (Sentenza n 15308 del 12/7/2011) non ci si può opporre all’installazione dell'ascensore se comporta un restringimento del pianerottolo, poiché questo tipo d'intervento comporta un semplice disagio rispetto alla normale fruibilità del pianerottolo e non la sua inservibilità. Se invece l' installazione comporta la violazione dei diritti di un condomino sulle parti di sua proprietà esclusiva, la relativa delibera è nulla e quindi impugnabile senza limiti di tempo (Corte di Cassazione 2/7/2012, n 12930). Nell'effettuare lavori non trova applicazione la normativa sulle distanze legali fra il costruendo ascensore e la proprietà esclusiva dei singoli condomini, trattandosi d’impianto indispensabile ai fini dell'abilità e in sintonia con l'evoluzione delle esigenze dei cittadini (Tribunale di Napoli 16/11/1991): criterio questo, ribadito dalla Corte di Cassazione con sentenza n. 14096 del 3/8/2012; la riduzione degli spazi comuni e la violazione delle distanze deve però essere mantenuta entro limiti ragionevoli, in relazione ai singoli casi. Per escludere un piano del servizio di ascensore è necessaria l'unanimità dei condomini. A spese di uno o più condomini L'ascensore può anche essere installato a cura e spese di un solo condomino o di un numero limitato di condomini (Corte di Cassazione 10/4/1999, n 3508). I condomini che non aderiscono all'iniziativa, per parte loro, possono (III° comma, articolo 1121, codice civile) partecipare in qualsiasi tempo ai vantaggi che essa comporta, contribuendo alle spese di esecuzione e di manutenzione opportunamente rivalutate per tener conto del tempo trascorso dall'installazione al 21 momento in cui si opta per l'utilizzo dell'impianto (Corte di cassazione 11/2/ 2000, n 1529). In questi casi, se l'installazione avviene a cura e a spese di un portatore di handicap non occorre autorizzazione dell'assemblea (Tribunale di Milano 11/5/1989), consigliabile però acquisire l’autorizzazione di tutti gli altri condomini, per evitare possibili azioni legali sotto il profilo dell'alterazione del decoro architettonico dell'edificio o della sottrazione di aria e luce ad alcuni appartamenti. In particolare, è opportuno formalizzare con atto notarile e successiva trascrizione presso l'Agenzia del territorio l'autorizzazione dei condomini in ordine ai quali l'innovazione comporta il mancato rispetto della distanza legale dalle rispettive unità immobiliari, in modo da renderla opinabile a eredi e acquirenti. Chi è contrario all'installazione non può obbiettare che l'impianto sottrae all'utilizzazione una parte comune dell'edificio (Per esempio la tromba delle scale), se risulta (Come in effetti è lecito presumere si verifichi) che all'originaria possibilità di godimento della cosa comune ne è stata sostituita un'altra migliore, anche se di diverso contenuto (Corte di Cassazione 20/4/1994, n 4152). Successivamente la stessa Corte di Cassazione (Sentenza n. 9033 del 4/7/2001) ha stabilito che non è necessario che da questo tipo d’innovazione debba derivare un vantaggio compensativo per il condomino dissenziente. Installazione esterna Un condominio può chiedere all'assemblea di essere autorizzato ad installare un ascensore esterno. In mancanza di prova di qualità del disabile è necessario il voto favorevole della maggioranza degli intervenuti all'assemblea, in rappresentanza di almeno 667/1000, non rientrando tale installazione nella previsione dell'articolo 1102 codice civile; si tratta invece d'innovazione ai sensi del primo comma dell'articolo 1120 codice civile (App. Perugia 29/2/ 2000). E' comunque opportuno acquisire il consenso di tutti i condomini, ad evitare possibili contestazioni sotto il profilo dell'alterazione del decoro architettonico dell'edificio. RIEPILOGANDO: L’ ASCENSORE Installazione. Maggioranza degli intervenuti all'assemblea e almeno 500/1.000. Anche a spese di uno o più condomini, con gli altri che possono aderire successivamente pagando la propria quota rivalutata. Spese. Quelle dell'installazione vanno ripartite in base ai millesimi di proprietà, quelle di esercizio per metà in base ai millesimi e per l'altra metà in base all'altezza di ciascun piano dal suolo. Divieti. Minori di anni 12 non accompagnati e fumo. Uso intensivo. Ininfluente salvo diverso accordo. Piano terra. Esonero dalle spese richieste dal normale logorio dell'impianto. Trasporto materiali. Purché non danneggi l'impianto e non ne impedisca l'uso da parte degli altri condomini. Gettoniera. Maggioranza degli intervenuti all'assemblea e almeno 500/1.000. Norme. Articolo 1120 e 1136 codice civile, articolo 2 Legge n. 13/1989. Negozi I proprietari di negozi, se, per com’è strutturato l'edificio, non hanno l'accesso all'ascensore, sono esclusi dal contribuire alla spesa (Corte di Cassazione 29 /4/1992, n 5179 ). Se però si tratta di proprietari di negozi siti al piano delle singole unità immobiliari, l'ascensore deve considerarsi di proprietà comune, perché occorre far riferimento non all'utilizzo effettivo ma a quello potenziale (App. Bologna 1/4/1989): sopratutto se l'edificio è dotato di lastrico solare condominiale. 22 Piano terra Uno dei problemi più spinosi è il tipo di contributo da porre a carico dei condomini che abitano al piano terra. Sul punto la giurisprudenza ha seguito finora diversi orientamenti. il Tribunale di Milano (Sentenza del 16/3/1989) ha considerato l'ascensore parte comune dell'edificio anche per i proprietari delle unità immobiliari site al piano terra, poiché essi possono trarre utilità dall'impianto, idoneo a valorizzare l'intero immobile e a permettere di raggiungere più comodamente parti superiori che siano comuni a tutti (Ciò indipendentemente dal fatto che chi abita a piano terra sia solito recarsi o meno, per esempio, sul lastrico solare condominiale o a far visita ai condomini degli altri piani). Il Tribunale di Parma, invece, con sentenza del 29/9/1994 ha escluso che i proprietari degli appartamenti ubicati a piano terra debbano concorrere alle spese di ordinaria manutenzione, mentre devono partecipare a quelle riguardanti gli interventi di adeguamento dell'impianto alla normativa dell'unione Europea. C'è poi un terzo orientamento, il Tribunale di Monza (Sentenza del 12/11/1985 ), ha posto a carico dei proprietari delle unità immobiliari situate al piano terra, o aventi accesso separato mediante scala di proprietà esclusiva, le spese di manutenzione e sostituzione delle scale e dell'ascensore, limitatamente a quella parte di oneri che viene suddivisa, ai sensi dell'articolo 1124 codice civile, in base al valore del piano o della porzione di piano, esonerandoli dalla quota di spesa riconducibile alla distanza del piano dal suolo. Il Tribunale di Genova (Sentenza del 2/5/2003) ha stabilito che, in assenza di prova circa l'esistenza di un regolamento contrattuale che stabilisca criteri derogatori, deve applicarsi il criterio legale secondo cui anche i proprietari di unità immobiliari poste al piano terra, essendo comunque comproprietari dell'impianto sono tenuti a contribuire alle spese di manutenzione ordinaria e straordinaria e a quelle di ricostruzione, mentre sono esonerati dal contribuire alle spese di esercizio e di pulizia. La Corte di Cassazione, infine (Sentenza n 15638 del 18/9/2912), ha esonerato i proprietari delle unità immobiliari ubicate al piano terra dal contribuire alle spese necessarie a sopperire al normale logorio della macchina. Prosecuzione della corda Se l'assemblea approva i lavori occorrenti alla prosecuzione della corda dell'ascensore (Per esempio: fino alle cantine), i condomini dissenzienti che non intendono a partecipare a relativi vantaggi, dimostrando che l'innovazione comporta una spesa molto gravosa rispetto alle particolari condizioni e all'importanza dell'edificio, sono esonerati dal contibuirvi. In caso contrario la spesa va suddivisa (Corte di Cassazione del 16/5/1991, n 5479) in proporzione ai millesimi di proprietà, trattandosi di nuovo impianto, sia pure parziale. Le successive spese di manutenzione e ricostruzione, invece andranno ripartite, in mancanza di diverso criterio adottato all'unanimità, per metà in ragione del valore dei singoli piani o porzioni di piano, e per l'altra metà in proporzione all'altezza di ciascun piano dal suolo, il condomino che intende farsi esclusivo carico della spesa può introdurre il prolungamento della corsa nel rispetto delle condizioni dell'art. 1102 codice civile: non alterare la destinazione della corsa comune e non impedire agli altri condomini di farne parimenti uso secondo il loro diritto. In tal caso non occorre autorizzazione dell'assemblea (Corte di Cassazione 27/12/2004, n 24006), ma è preferibile acquisirla per evitare possibili contestazioni. Ripristino Può accadere che si ponga il problema di ripristinare un ascensore fuori uso da anni. Il Tribunale di Milano (Sentenza del 14/7/1992) non ha considerato innovazione il ripristino di un ascensore di servizio. A maggior ragione, quindi, la regola vale per l'impianto principale, come stabilito dalla 23 Corte di Cassazione con sentenza n. 3513 del 25/10/1969. La relativa delibera, pertanto, può essere adottata con il voto favorevole della maggioranza degli intervenuti all’assemblea, in rappresentanza di almeno 500/1000. Rumori Se l'ascensore è troppo rumoroso e si supera quindi la soglia della "Normale tollerabilità" ( >>Immissioni), il condominio, previa perizia fonometrica eseguita dall'Azienda sanitaria locale o da un laboratorio specializzato, può essere obbligato ad effettuare gli interventi tecnici necessari al rientro nella norma. La relativa spesa va suddivisa, salvo diverso accordo al quale abbiamo aderito tutti i condomini, per metà in ragione del valore dei singoli piani o porzioni di piano, e per l'altra metà in proporzione all’altezza di ciascun piano dal suolo. Se il condominio, pur sollecitato ad intervenie, non provvede, si può chiedere al giudice anche il risarcimento del danno. Soffitte e seminterrati Anche se l'ascensore non raggiunge il piano soffitte, i proprietari sono ugualmente tenuti a concorrere alla parte di spesa rapportata ai millesimi, mentre per quanto riguarda l'altezza si considera l'ultimo piano servito dall'impianto. Stesso criterio per le mansarde. Per i seminterrati serviti dall'ascensore si considerano sia l’altezza del piano che i millesimi. Sostituzione La sostituzione di un ascensore usurato e non più agibile con un altro, anche se di diverso tipo, non è considerata innovazione se il vano che ospita la macchina non subisce variazioni sostanziali; di conseguenza può essere deliberata con il voto favorevole della maggioranza degli intervenuti all’assemblea, in rappresentanza di almeno 500/1.000. Se, invece, le modifiche sono tali da comportare un sostanziale mutamento del servizio e della destinazione di parti comuni dell’edificio, è legittimo parlare d’innovazione (Corte di Cassazione 16/7/1981, n 4646); di conseguenza la relativa delibera de'essere approvata con il voto favorevole della maggioranza degli intervenuti all’assemblea, in rappresentanza di almeno 667/1.000. E' stata considerata innovazione, per esempio, la sostituzione di tutti gli ascensori di un edificio, mentre non è stata ritenuta gravosa o voluttuaria la sostituzione della cabina con un’altra dello stesso tipo ma più funzionale, dato che la riparazione sul vecchio impianto sarebbe stata antieconomica (Corte di Cassazione 11/1/1968, n 62). E' più di recente la Suprema Corte (Sentenza n. 26168 del 14/12/2009) ha considerato la sostituzione dell’ascensore spesa straordinaria di notevole entità, la cui approvazione richiede il voto favorevole della maggioranza degli intervenuti all’assemblea, in rappresentanza di almeno 500/1.000, sia in prima che in seconda convocazione. Spese <<D’installazione>>: la spesa richiesta d’installazione dell’ascensore in un edificio che ne sia sprovvisto va suddivisa in proporzione al valore della proprietà di ciascun condomino, prescindendo dall’altezza dei piani dal suolo (Corte di Cassazione 25/3/2004, n 5975). Naturalmente i condomini possono optare, ma soltanto all’unanimità, per l'adozione di un diverso criterio. Di manutenzione. Le spese di manutenzione e sostituzione dell’impianto vanno ripartite per la metà in ragione del valore dei singoli piani o porzioni di piano, e per l’altra metà in proporzione all’altezza di ciascun piano dal suolo. Ai fini del concorso nella metà della spesa, ripartita in ragione del valore, si considerano come piani le cantine, i palchi morti, le soffitte o camere a tetto e i lastrici solari, 24 qualora non siano di proprietà comune (>>Scale). Questo criterio vale per tutte le spese: per esempio, forza motrice, verifiche periodiche, sostituzione delle funi, del motore o dell’arganoTribunale di Bologna 1/4/1989). Se però la sostituzione di parti dell’impianto non dipende dall’usura ma dalla volontà di migliorare il funzionamento, la spesa va suddivisa soltanto in base ai millesimi di proprietà (Tribunale di Bologna 27/2/2003) ha bocciato il criterio di ripartire le spese d’esercizio alla diversa consistenza dei nuclei famigliari, poiché non è detto che una famiglia, per il fatto di essere più numerosa di un’altra, faccia necessariamente un maggior uso dell’ascensore. Ai sensi del terzo comma dell’articolo 1123 Codice Civile, le spese dell’ascensore gravano sui soli condomini che ne traggono utilità. Pertanto, se una scala, a differenza delle altre, è dotata di due ascensori anziché uno, la maggior spesa fa carico esclusivamente ai proprietari delle unità immobiliari che vi affacciano. Tabella millesimale L’installazione dell’ascensore non richiede necessariamente la messa a punto di apposita tabella millesimale; infatti se i condomini non si accordano all’unanimità sull'adozione di un diverso criterio di ripartizione della spessa, si applica quello previsto dall’articolo 1124 codice civile (>>spese, di manutenzione). Se invece si opta per la formazione di apposita tabella millesimale, questa dev'essere predisposta da un tecnico incaricato dall’assemblea e da questa approvata altrimenti se ne deve chiedere la messa a punto al giudice che ne affiderà la stesura ad un consulente tecnico. Trasporto materiali Dovendo effettuare dei lavori nel proprio appartamento l’ascensore può essere usato per il trasporto dei relativi materiali, a meno che un divieto in tal senso non sia contenuto nel regolamento, oppure non sia accertato che questo tipo di utilizzo, per la natura dei materiali trasportati e per la frequenza che ne viene fatta, non sia tale da compromettere la conservazione dell’impianto o da ostacolare l’uso da parte di altri condomini (Corte di Cassazione 6/4/1982, n 2117). Uso intensivo L’uso intensivo dell’ascensore, dovuto alla particolare destinazione di alcune unità immobiliari (Per empio ufficio, studio professionale), è del tutto ininfluente ai fini della contribuzione alle spese di manutenzione e sostituzione, come ininfluente è il fatto di tenere l’unità immobiliare disabitata. Nulla vieta che i condomini possano, ma soltanto all’unanimità, accordarsi per un diverso criterio di ripartizione della spesa. ASSEMBLEA L’assemblea è l’organo sovrano della vita condominiale: come un piccolo Parlamento, ha poteri normativi (Per esempio quando approva il regolamento), ma anche amministrativi, di controllo e organizzativi della vita comune. E' un organo di democrazia diretta: la volontà espressa della maggioranza, infatti, ha poteri vincolanti anche per i condomini dissenzienti o per quelli che non hanno partecipato alla seduta. Questo, ovviamente, se sono state rispettate le maggioranze previste e se le decisioni adottate non infrangono le norme di legge o del regolamento condominiale. Il potere dell’assemblea non è assoluto, ma è circoscritto all’uso e al godimento delle parti e dei servizi comuni. I compiti dell’assemblea sono molteplici e coinvolgono l’intera vita condominiale. ecco, comunque, quelli principali: 25 1> approvare il preventivo delle spese e la relativa ripartizione tra i condomini; 2> approvare il preventivo delle spese e la relativa ripartizione tra i condomini; 3> approva il rendiconto annuale dell’amministratore e decidere sull’impiego dell’eventuale residuo attivo della gestione; 4> decidere in merito alle opere straordinarie e alle innovazioni accantonando un fondo speciale pari all’importo dei lavori; 5> decidere se avviare una lite giudiziaria o resistere ad una causa intentata contro il condominio. l’assemblea può autorizzare l’amministratore a partecipare e collaborare a progetti, programmi e iniziative territoriali promossi dalle Istituzioni locali o da soggetti privati qualificati, anche mediante opere di risanamento di parti comuni degli immobili nonché di demolizione, ricostruzione e messa in sicurezza statica, al fine di favorire il recupero del patrimonio edilizio esistente, la vivibilità urbana, la sicurezza e la sostenibilità ambientale della zona in cui il condomino è ubicato. L’assemblea può, limitatamente ad alcuni aspetti, delegare i propri poteri ad un gruppo ristretto di condomini (Corte di Cassazione 6/3/2007, n. 5130 ). All’assemblea si può partecipare personalmente o per >>Delega. RIEPILOGANDO: L’ ASSEMBLEA Convocazione. Di norma spetta all’amministratore ma può essere chiesta anche da almeno due condomini in rappresentanza di un sesto del valore dell’edificio (166,66/1.000). Quando va convocata. Almeno una volta all’anno, entro 2/3 mesi dalla chiusure dell’esercizio, per l’approvazione del rendiconto e del bilancio preventivo. Modalità di convocazione. Sia a mezzo raccomandata che per posta elettronica certificata, fax o consegna a mano. L’avviso deve arrivare al condomino con un anticipo di almeno 5 giorni. L’avviso. Deve contenere il luogo, la data e l’ora della prima e della seconda convocazione. Indispensabile l’elenco di tutti i punti all’ordine del giorno. Prima e seconda convocazione. Tra le due date ci deve essere almeno un giorno d’intervallo. La seconda convocazione deve tenersi entro 10 giorni dalla prima. Maggioranza per la regolare costituzione. In prima convocazione dev'essere presente la maggioranza dei partecipanti al condominio, in rappresentanza di due terzi del valore dell’edificio 667/1.000) in seconda convocazione dev'essere presente un terzo dei partecipanti al condominio, in rappresentanza di almeno un terzo del valore dell’edificio (334/1.000). Maggioranze per deliberare. In prima convocazione la delibera è valida se approvata alla maggioranza degli intervenuti all’assemblea, in rappresentanza di almeno la metà del valore dell’edificio (500/1.000 ). In seconda convocazione è sufficiente la maggioranza degli intervenuti all’assemblea, in rappresentanza di almeno un terzo del valore dell’edificio (334/1.000). Norme. Articoli 1105, 1109, 1120, 1135, e 1136 codice civile, articoli 66, 67 e 155-bis disp. att. codice civile. Convocazione La legge non stabilisce una scadenza precisa; è però buona norma stabilire, magari approvando una specifica delibera, che l’assemblea venga convocata almeno una volta all’anno entro 2/3 mesi dalla chiusura dell'esercizio. L'assemblea può essere convocata anche se non sono state ancora predisposte le tabelle millesimali, dal momento che il rapporto tra il valore della proprietà singola e quello dell'intero edificio esiste prima e indipendentemente dalla formazione delle tabelle millesimali; di conseguenza è possibile stabilire in un eventuale giudizio, sia pure a posteriori, se in 26 assemblea erano state raggiunte le richieste maggioranze (Corte di Cassazione 25/1/1990, n. 431). Alla convocazione deve provvedere l'amministratore (Ancorché dimissionario), di sua iniziativa. Le assemblee condominiali devono essere convocate in giorni non festivi, tenendo conto solo del calendario civile, senza che possano essere prese in considerazione altre festività legate ai diversi credi religiosi, qual è per esempio la Pasqua ebraica ( Tribunale di Roma 12/5/2009, n. 10229). In via straordinaria l'assemblea può essere convocata, sempre dall'amministratore, su specifica richiesta di almeno 2 condomini in rappresentanza di almeno un sesto del valore dell'edificio (167,66/1.000). Decorsi inutilmente 10 giorni dalla richiesta, senza che l'amministratore abbia provveduto, i richiedenti possono provvedere direttamente alla convocazione. Se non vi sono almeno 2 condomini intenzionati a chiedere la convocazione, il condomino che intenda attivarsi può ricorrere al giudice, che adotta in camera di consiglio gli opportuni provvedimenti, se del caso nominando un amministratore o imponendo la convocazione dell'assemblea fissandone l'ordine del giorno (Tribunale di Modena 24/2/2009). Se poi, nonostante la convocazione cosi disposta, l'assemblea non riesce a deliberare o la delibera resta ineseguita, il condomino può ricorrere al giudice per ottenere un provvedimento che ordini l'esecuzione di quanto deliberato. Nei condomini sprovvisti di amministratore la convocazione può avvenire - si tratti di assemblea ordinaria o straordinaria - su iniziativa di ciascun condomino o di un suo rappresentante munito di procura notarile, i cui estremi è bene specificare nell’avviso di convocazione. L'assemblea dev'essere preceduta dall'invio, agli aventi diritto a parteciparvi, di un >> avviso di convocazione, che deve essere recapitato almeno 5 giorni prima. E' valida l’assemblea alla quale non sia presente, oppure non sia stato invitato, l'amministratore che non sia anche condomino, com'è valida l'assemblea che non sia stata preceduta da formale convocazione, se sono presenti tutti gli aventi diritto (Considerata assemblea totalitaria, App. Firenze 1/3/1965). La convocazione può essere diramata a mezzo raccomandata, posta elettronica certificata, fax o consegna a mano del relativo avviso, anche se per la Corte di Cassazione (Sentenza n. 1033 del 28/1/1995) può essere adottata qualsiasi altra forma, purché idonea al raggiungimento dello scopo e si provi, anche da univoci elementi, che il condomino ha, in concreto, ricevuto notizia. Il Tribunale di Milano - sentenza del 25/1/1993 -, per esempio, ha ritenuto legittima la prassi, invalsa in un condominio, di diramare la convocazione per telefono. La mancata azione della forma scritta, però, in caso di contestazione può rendere difficile provare che gli interessati erano stati messi al corrente della riunione, e che era stato rispettato il termine di 5 giorni. Se l'immobile viene venduto, donato o trasferito in successione, dal momento in cui l'evento viene comunicato al condominio, l'acquirente, il donatario o l'erede acquistano lo stato giuridico di condominio e quindi il diritto di essere convocati e di partecipare alle assemblee - Corte di Cassazione 10/1/1990, n 9 -. In genere la prima convocazione viene fissata a una data e, sopratutto, a un'ora improbabile, proprio per scoraggiare la partecipazione e mandare deserta l'assemblea, in modo da poter usufruire delle maggioranze inferiori previste per la seconda convocazione. In alternativa l'amministratore può invitare i condomini, verbalmente o con separata comunicazione allegata all'avviso di convocazione, ad intervenire direttamente alla seconda convocazione, stante le difficoltà di raggiungere in prima le richieste maggioranze. A riguardo è stata ritenuta valida (Corte di Cassazione 9/2/1977, n 563) l'intesa con la quale tutti i condomini avevano stabilito di riunirsi in una determinata data direttamente in seconda convocazione. Tra la prima e la seconda convocazione deve trascorrere almeno un giorno, anche se non è detto che l'intervallo non possa essere inferiore alle 24 ore (App. 27 di Napoli 14/12/1967). Affinché si possa tenere l'assemblea in seconda convocazione non occorre che sia tenuta la prima, se questa è andata deserta per, mancanza del numero legale. Ne occorre che la circostanza risulti dal verbale (Corte di Cassazione 24/4/1996) n 3862). Delega All'assemblea si può partecipare direttamente o tramite un rappresentante. Il regolamento non può vietare l'uso delle deleghe - questa eventualità, infatti, è prevista dall'articolo 67 disp. att. codice civile -, ma può prevedere un limite massimo al numero dei condomini rappresentabili da una stessa persona: la Corte di Cassazione, per esempio (Sentenza n. 853 del 28/3/1973), ha ritenuto valida la clausola, del regolamento con la quale si disponeva che un condomino non potesse assumere la rappresentanza di più di due colleghe. il Tribunale di Milano (Sentenza del 15/6/1989) ha a sua volta sancito la validità della clausola che limitava il potere di rappresentanza ad un solo condomino. Se però i condomini sono più di 20, il delegato non può, rappresentarne più di un quinto dei condomini e del valore proporzionale (200/1.000). Se una persona partecipa all'assemblea, e vota, con un numero di deleghe superiore a quello consentito dal regolamento o dalla legge, la delibera che dovesse essere adottata è annullabile per vizio del procedimento di formazione (Tribunale di Roma 21/2/2005). Il rappresentante, in mancanza di un espresso divieto, ha a sua volta il diritto di subdelegare i poteri ad un terzo. Un altro "paletto" che può essere posto dal regolamento (Ma solo se contrattuale) è stabilire che il rappresentante appartenga ad una determinata categoria: per esempio: che si tratti di un condomino o di un parente della persona rappresentata. Per evitare possibili contestazioni è preferibile che la delega venga conferita per iscritto (Il testo è in genere riprodotto in calce all' >>Avviso di convocazione), anche se la Corte di Cassazione ha stabilito che, per gli affari di ordinaria amministrazione, la delega può essere conferita anche verbalmente. Se però la delibera ha per oggetto limitazioni al diritto dei condomini sulla proprietà esclusiva ( Per esempio: il divieto di di adibire gli appartamenti a determinate attività) o sulle parti comuni, la delega dev'essere conferita per iscritto, come stabilito dagli articoli 1392 e 1350 codice civile: con atto pubblico o con scrittura privata, a seconda della forma richiesta dall'atto oggetto di delibera (Corte di Cassazione 28/7/1990, n 7630): per l'approvazione delle tabelle millesimali, per esempio, è richiesta la procura notarile (Tribunale di Firenze 25/6/1991). La delibera adottata in precedenza in un difetto di rappresentanza di uno o più condomini non è nulla ma annullabile, e comunque ratificabile dall'assemblea (App. Napoli 14/4/1966) legittimato a far valere i vizi della delega il condomino delegante (Corte di Cassazione 7/7/2004, n12466) o quello che si ritenga falsamente rappresentato ma non gli altri condomini (Corte di Cassazione 26/4/1994, n 3952). Se unità immobiliari appartiene in proprietà indivisa a più persone, queste hanno diritto ad un solo rappresentante. Il quinto comma dell'articolo 67 disp. arr. codice civile stabilisce che all'amministratore non possono essere conferite deleghe per la partecipazione a "qualunque" assemblea. Da ciò si deduce che la delega debba essere conferita di volta in volta, o che non possa essere rilasciata nei casi in cui l'amministratore versi in una situazione di conflitto d’interessi. Discussione E’ possibile evitare che la seduta si protragga oltre il lecito mettendo ai voti un’azione d'ordine per stabilire un limite al numero e alla durata degli interventi. Il presidente dell'assemblea può comunque, nell’ambito dei poteri finalizzati ad assicurare l'ordinato svolgimento della riunione. La Corte di Cassazione, per esempio (Sentenza n 23132 del 13/11/2009), ha confermato la delibera 28 con la quale il presidente aveva limitato la durata degli interventi dei condomini a 10 minuti. Se ad un condomino viene impedito di partecipare alla discussione l'assemblea è ugualmente valida ma l'escluso può impugnare la delibera (Corte di Cassazione 11/5/1984, n 2893). Nell'ipotesi, però, di convocazione di un'unica assemblea per decidere su di una serie di questioni, alcune delle quali riguardanti solo una parte dei condomini, i soggetti legittimati a votare su un argomento che non li riguarda non hanno titolo di partecipare alla relativa discussione (Corte di Cassazione 22/1/2000, n 697). Inquilino Se l'unità immobiliare è stata data in locazione, il conduttore (Meglio conosciuto come inquilino), come previsto dall'articolo 10 della Legge n. 392 del 27/7/1972, ha diritto di voto al posto del proprietario quando l'assemblea deve decidere sulle spese e sulle modalità di gestione dei servizi di riscaldamento e di condizionamento dell'aria. Inoltre può intervenire, ma senza diritto di voto, quando è in gioco qualche modifica degli altri servizi comuni. La convocazione dev'essere comunque inviata al condomino-locatore, che a sua volta avviserà il conduttore: il condominio, infatti, è estraneo al rapporto di locazione (Corte di Cassazione 22/4/1992, n 4802). Se però non l'avvisa, o se la comunicazione arriva fuori termine, il conduttore non può, per la stessa ragione di estraneità del condominio al rapporto locatizio (Corte di cassazione 22/4/1992, n 4802), impugnare la delibera per questa ragione. Per la Corte d'Appello di Genova (Sentenza del 22/7/1985) l'onere di convocare il conduttore grava sul locatore solo nel caso in cui questi non ne abbia comunicato il nominativo all'amministratore. Questa stessa sentenza ha stabilito che il termine di 5 giorni per la convocazione dell'assemblea non si applica ai rapporti fra il condomino-locatore e il conduttore, questi può comunque agire nei confronti del locatore (Ma non del condominio) per il risarcimento degli eventuali danni derivanti dal fatto di non essere stato avvisato tempestivamente. Maggioranza La democrazia del condominio prevede sempre rispetto di una doppia maggioranza: quella cosiddetta per teste, ossia basata sul numero dei presenti - direttamente o per delega - e quella basata sul valore della proprietà di ciascuno, espresso in millesimi. Le delibere, infatti, per essere valide devono essere approvate da un certo numero di partecipanti all'assemblea, in rappresentanza di una cera caratura millesimale; è, questa, una cautela finalizzata ad evitare che un singolo condomino, proprietario di più unità immobiliari, possa determinare da solo l'indirizzo della gestione condominiale, calpestando i diritti degli altri. In assemblea, quindi, chi è proprietario di più unità immobiliari conta per una sola persona, ma si sommano tutti i millesimi di cui è titolare. Di contro, è ininfluente che le quote millesimali facenti capo alla minoranza dissenziente superino quelle riconducibili alla maggioranza (Corte di Cassazione 5/4/2004, n 6625). Il regolamento, ancorché contrattuale, che prevede una maggioranza riferita ai soli millesimi sarebbe inefficace, in quanto in contrasto con l'articolo 1136 Codice Civile, norma considerata inderogabile dal successivo articolo 1138 (Corte di Cassazione 12/10/1967, n 2427). E' possibile, invece, prevedere una, maggioranza superiore rispetto a quella richiesta dalla legge, perché ciò garantisce una più ponderata deliberazione e una maggiore dialettica del dibattito assembleare (App. Roma 24/1/1996). Ai fini del calcolo della maggioranza non si deve tener conto dei condomini (e relativi millesimi) che si fossero astenuti dalla votazione (Corte do Cassazione 9/12/1988, n 6671). Per il Tribunale di Savona (Sentenza n. 769 del 29/10/2009) sia i condomini che hanno dichiarato di astenersi, sia quelli che sono rimasti in silenzio, rientrano nel numero di coloro che hanno espresso voto contrario. 29 Se poi l'assemblea dovesse deliberare se fare o meno causa ad un condomino, questi deve astenersi dal voto, trattandosi di una situazione che lo vede in conflitto d’interessi nei confronti del condominio (Corte di Cassazione 22/11/2002, n 16488). Prima di dare il via ai lavori l'amministratore deve accertare l'esistenza della maggioranza necessaria alla regolare costituzione dell'assemblea: il cosiddetto numero legale o >>Quorum. se non si raggiunge il numero legale in seduta non può essere dichiarata aperta. L'eventuale allontanamento di un condominio dopo la verifica del quorum è però ininfluente ai fini del regolare svolgimento dell'assemblea. il quorum varia a seconda che si tratti di assemblea o di seconda convocazione, di accertare la regolare costituzione dell'assemblea o la validità di una delibera: compresa la formula dell'unanimità, sono ben 10, fra Codice Civile e leggi speciali, i quorum che possono condizionare l'attività dell'assemblea (Da visionare le successive tabelle A,1 e A,2). A. 1 Quando si può iniziare a discutere Maggioranze richieste per la regolare costituzione dell’assemblea Convocazione Prima Seconda Condomini Maggioranza dei partecipanti al condominio Un terzo dei partecipanti al condominio Millesimi 667/1.000 334/1.000 A.2 Maggioranze richieste per la validità delle deliberazioni, previste dal codice civile e da leggi speciali La regola è che l’assemblea possa deliberare, in prima convocazione, con il voto favorevole della maggioranza degli intervenuti, in rappresentanza di almeno 500/1.000, mentre in seconda convocazione è sufficiente il voto favorevole della maggioranza degli intervenuti, in rappresentanza di almeno 334/1.000. Vi sono però alcune delibere per le quali è richiesto un quorum diverso o addirittura l’unanimità. In questo prospetto sono riportate le varie ipotesi. Oggetto Installazione antenna parabolica condominiale (13° comma articolo 2bis. 20/3/2001, n. 66) Installazione cavi in fibra ottica (7° comma articolo Prima convocazione Condomini Millesimi Maggioranza Almeno degli 500/1.000 Intervenuti “ 334/1.000 30 Seconda convocazione Condomini Millesimi Legge 18/6/2009, n. 69) Approvazione preventivo spese annuali Approvazione rendiconto annuale Compenso amministratore Eliminazione barriere architettoniche (1° comma articolo 2 Legge 9/1/1989, n. 13) Impiego residuo attivo di persone Interventi di recupero (2° comma articolo 30 Leg. 5/8/1978, n 457) Opere di manutenzione straordinaria Ricostruzione dell’edificio Ripartizione spese annuali fra i condomini Altre delibere per le quali non sia richiesta una diversa maggioranza Approvazione e modifica regolamento assembleare Approvazione e modifica tabelle millesimali aventi natura deliberativa Collaborazione e Maggioranza degli Intervenuti “ Almeno 500/1.000 “ Maggioranza degli intervenuti “ Almeno 334/ 1.000 “ “ “ “ “ “ “ “ “ “ “ “ “ “ “ “ “ “ “ “ “ “ “ “ “ “ “ “ “ “ “ “ “ “ “ Maggioranza degli intervenuti Almeno “ “ “ “ 31 500/ 1.000 partecipazione a progetti territoriali (3° comma articolo 1135 codice civile) Contenimento consumi energetici (2° comma n° 2), articolo 1120 Codice civile) Contenimento consumi energetici ( 2° comma articolo 26 Legge 9/1/1991, n. 10, come modificato dall’ articolo 7 D, Lgs. 29/12/2006, n. 311) Costruzione autorimesse nel sottosuolo (3° comma articolo 9 Legge 24/3/1989, n. 122) Eliminazione barriere architettoniche (2° comma, n 21), articolo 1120 c.c.) Installazione impianti centralizzati di ricezione radiotelevisiva, satellitare o via cavo, con i limiti di cui al 2° comma, n° 3, dell’ articolo 1120 codice civile Installazione impianti di videosorveglianza sulle parti comuni “ “ “ “ “ “ “ “ “ “ “ “ “ “ “ “ “ “ “ “ “ “ “ “ Maggioranza intervenuti e almeno 334/ 1.000 sia in 1° che in 2° convocazione 32 (articolo 1122-ter codice civile) Liti attive e passive relative a materie che esorbitano dalle attribuzioni dell’amministrazione Miglioramento salubrità e sicurezza dell’edificio e degli impianti (2° comma, n. 1), articolo 1120 codice civile Nomina e revoca amministratore Produzione energia mediante l’utilizzo di fonti rinnovabili anche da parte di terzi (2° comma, n. 2), articolo 1120 codice civile Realizzazione parcheggi al servizio delle unità immobiliari o dell’edificio (2° comma, n° 2), articolo 1120 codice civile Ricostruzione dell’edificio Ricostruzione o riparazione di notevole entità in zone di Basilicata, Calabria, Campania e Puglia colpite da eventi sismici (3° comma articolo 15 D. lgs. 30/3/1990, n. 76) “ “ “ “ “ “ “ “ “ “ “ “ “ “ “ “ “ “ “ “ “ “ “ “ “ “ “ “ 33 Violazione della destinazione d’uso (art. 1117-quater codice civile) Innovazioni dirette al miglioramento o all’uso più comodo o al maggior rendimento delle cose comuni Scioglimento del condominio nel caso occorrano opere di sistemazione per dividere l’edificio Modifica della destinazione d’uso parti comuni Innovazioni che alterano il decoro architettonico dell’edificio Innovazioni che rendono talune parti comuni Dell’edificio inservibili all’uso o al godimento anche di un solo condominio Approvazione e modifica regolamento contrattuale Approvazione e modifica tabelle millesimali aventi natura convenzionale “ “ “ “ Maggioranza degli intervenuti Almeno 667/1.000 Maggioranza degli intervenuti Almeno 334/ 1.000 “ “ “ “ 4/5 dei partecipanti al condominio Tutti i condomini 4/5 dei millesimi 1.000/1.000 Tutti i condomini 1.000/ 1.000 “ “ “ “ “ “ “ “ Per aprire la seduta Come già detto, la verifica del quorum richiesto per la regolare costituzione dell’assemblea, vale a dire affinché la seduta possa essere dichiarata aperta, è necessariamente preliminare rispetto allo svolgimento di qualsivoglia attività decisionale. Questa maggioranza, stabilità dall'articolo 1136 34 codice civile, varia a seconda che si tratti di prima o di seconda convocazione. In particolare, l'assemblea è validamente costituita in prima convocazione con l'intervento di tanti condomini che rappresentino i due terzi del valore dell'intero edificio (667/1.000) e la maggioranza dei partecipanti al condominio, la seconda convocazione, invece, l’assemblea è validamente insediata con l'intercento di tanti condomini che rappresentino almeno un terzo del valore dell’intero edificio (334/1.000) e un terzo dei partecipanti al condominio. Se una delibera era stata adottata in prima convocazione senza che sussistesse la maggioranza richiesta affinché la seduta potesse essere dichiarata aperta, non può essere modificata in seconda convocazione: è, infatti, necessario provvedere ad una nuova convocazione dell'assemblea (Corte di Cassazione 29/3/1982, n 1930). Ma quanto tempo si deve aspettare prima di dichiarare la seduta deserta per mancanza del numero legale? Se il regolamento nulla stabilisce a riguardo, sta all’amministratore valutare il periodo di attesa, tenuto conto sia del numero dei condomini che compongono il condominio ( E dei relativi millesimi ) che del numero dei presenti (E relativi millesimi ). Cosi se gli assenti sono molti e per raggiungere il quorum sarebbe sufficiente anche un solo condomino con i relativi millesimi, l'attesa, che di norma potrebbe attestarsi sui 10/15 minuti, potrebbe protrarsi di qualche altro minuto. Per deliberare La maggioranza richiesta per deliberare validamente è più alta in prima convocazione che in seconda, e proprio per questo, di regola, l’assemblea si pronuncia alla seconda chiamata. Le delibere che attengono alla normale vita condominiale devono essere adottate: in prima convocazione con il voto favorevole della maggioranza degli intervenuti all’assemblea, in rappresentanza di almeno la metà del valore dell’edificio (500/1.000), e in seconda convocazione con il voto favorevole alla maggioranza degli intervenuti, in rappresentanza di almeno un terzo del valore dell’edificio (334/1.000). Alcune delibere, in considerazione del loro peso sulla vita condominiale (Per esempio: nomina e revoca dell’amministratore, riparazioni straordinarie di notevole entità, modifica del regolamento) richiedono invece il voto favorevole della maggioranza degli intervenuti in assemblea, in rappresentanza di almeno 500/1.000, anche in seconda convocazione. Maggioranze ancora più elevate sono necessarie per le innovazioni: gli interventi per migliorare o rendere più comodo l’uso delle cose comuni, per esempio, devono essere approvati dalla maggioranza degli intervenuti, in rappresentanza di almeno i due terzi del valore dell’edificio (667/1.000). Se la delibera ha per oggetto un servizio che interessa solo alcuni condomini (Per esempio: quelli le cui unità immobiliari affacciano su una delle molte scale dell’edificio), la maggioranza dev’essere rapportata ai condomini interessati e ai relativi millesimi. Ai fini del calciolo della maggioranza non si deve tener conto dei condomini (E relativi millesimi) che si sono astenuti dalla votazione (La circostanza deve risultare dal verbale); essi, infatti, sostanzialmente non hanno approvato la delibera, e la circostanza che al momento del voto abbiano formulato riserva da sciogliere dopo la seduta è ininfluente) Corte di Cassazione 9/12/1988, n 6671). Se un condomino non ha votato perché indotto dall’amministratore ad astenersi sulla base del presupposto errato che non ne avesse diritto, la delibera è annullabile, ma se la si vuole impugnare con esito favorevole è bene pretendere che la circostanza venga messa a verbale, in modo da poterla provare nel corso del relativo giudizio. Presidente Una volta che l’assemblea sia stata validamente insediata di regola vengono nominati un presidente, con il compito di dirigere la seduta, e un segretario, con la funzione di redigere il verbale. Si tratta 35 di due figure non previste dalla legge ma nate dalla pratica per snellire e velocizzare i lavori; pertanto le eventuali delibere adottate senza che sia stato nominato il presidente, o in presenza di una designazione irregolare, non possono essere impugnate per questi motivi. Lo stesso discorso vale per il segretario (Corte di Cassazione 16/7/1980, n 4615). Viene nominato presidente, preferibilmente un condominio che vive da molti anni nel condominio e che ne conosce i problemi, mentre come segretario può essere designato lo stesso amministratore. Rinvio Se si rende necessario rinviare l’assemblea di seconda convocazione occorre procedere a nuova convocazione, con conseguente comunicazione dell’avviso a tutti i condomini, pena l’invalidità dell’assemblea (Corte di Cassazione 16/7/1981, n 4684). Ritardo nell’inizio dei lavori L’assemblea i cui lavori abbiano inizio dopo la 1/2notte del giorno per il quale era stata convocata può, in particolari circostanze, essere ritenuta valida; Tribunale di Napoli, per esempio (Sentenza del 23/10/1996), ha ritenuto valida l’assemblea di un supercondominio iniziata dopo le ore 24 del giorno per il quale era sta convocata, poiché il ritardo era stato determinato dal protrarsi dell’assemblea particolare di uno dei fabbricati e la circostanza era conoscenza di tutti i partecipanti all’assemblea del supercondominio. Seduta fiume Se l’assemblea non riesce a portare a termine il suo compito in una sola riunione dev’essere riconvocata, con conseguente obbligo di rispettare il termine di 5 giorni. Un rimedio per evitare questo tipo di situazione esiste ed è previsto dal quinto comma dell’articolo 66 disp. Att. Codice civile, in virtù del quale, se si ha ragione di prevedere che l’ordine del giorno non potrà essere esaurito in una sola riunione, e si vuole evitare la trafila di una o più nuove convocazioni, è possibile indicare nell’avviso di convocazione giorno - eventualmente anche più d’uno -, ora e luogo in cui riprendere la seduta nell’eventualità in cui nella prima riunione non si riuscisse a trattare tutti gli argomenti. Se invece la decisione di aggiornare la seduta viene presa sul momento, è necessario che tutti i condomini presenti siano d’accordo e che gli assenti vengano tempestivamente avvisati (Corte di Cassazione 12/2/1988, n 1516). Usufruttuario Nel caso in cui la nuda proprietà dell’unità immobiliare appartenga ad un soggetto e l’usufrutto o un altro, cambiano le regole assembleari. Il diritto di voto spetta all’usufruttuario per gli affari relativi all’ordinaria amministrazione e al semplice godimento elle cose e dei servizi comuni. Per le delibere, invece, riguardanti innovazioni, ricostruzioni e opere di manutenzione straordinaria, il diritto di partecipare all’assemblea spetta al nudo proprietario. Di conseguenza devono essere convocati l’uno, l’alto o entrambi, a seconda del tipo di delibera da adottare. In particolare, se l’usufruttario ha fatto eseguire a proprie spese, di fronte all’ingiustificato rifiuto del proprietario, una riparazione posta a suo carico, o si tratta di lavori od opere consistenti in miglioramenti e addizioni in cui agli articoli 985 e 986 codice civile, l’avviso di convocazione dev’essere comunicato sia all’usufruttario che al nuovo proprietario. Videoregistrazione Le sedute dell’assemblea possono essere videoregistrate, ma come stabilito dal Garante per la protezione dei dati personali con provvedimento del 18/5/2006, è necessario il consenso di tutti coloro che vi partecipano. 36 Voto Ogni condomino ha diritto ad un voto, indipendentemente dalla consistenza della sua quota, ancorché formata da diverse unità immobiliari (Corte di Cassazione 9/12/1988, n 6671). Naturalmente il diverso peso della quota si farà sentire quando si tratterà di calcolare la maggioranza in base ai millesimi. Per quanto attiene alla modalità di espressione, il voto dev’essere palese, allo scopo d’individuare i condomini che hanno interesse ad impugnare le delibere (Tribunale di Milano 9/11/1992), e può essere formulato anche dal condomino che intervenga in ritardo all’assemblea, ma a condizione che ciò si verifichi prima della chiusura del verbale (Corte di cassazione 28/ 8/1993, n 9130). In ogni caso la nullità di un voto che non incida sul richiesto quorum non invalida la decisione (Tribunale di Torino 15/11/1969). La delibera, invece, che venga adottata con il consenso determinante di un condominio che non aveva il diritto di votare è radicalmente nella (Pret. di Milano 28/3/1990). Se un condomino si allontana dall’assemblea dichiarando di rimettersi alla maggioranza, il voto non può essere considerato valido perché è solo il momento della votazione che determina la fusione della volontà dei condomini, finalizzata alla creazione dell’atto collegiale (Corte di Cassazione 13/2/1999, n 1208). Se il condomino allontanandosi prima del voto conferma successivamente la volontà espressa dalla maggioranza, la dichiarazione può valere solo come rinuncia ad impugnare la delibera ma non sana la mancanza del quorum se il voto era determinante; la delibera è pertanto impugnabile dai condomini assenti o dissenzienti (Corte di Cassazione 13/2/1999, n 1208). Il tribunale di Varese (Sentenza del 6/3/1979) ha considerato come se avesse votato a favore il condomino che, pur non presente all’assemblea, aveva predisposto e sottoposto alla stessa una nuova tabella millesimale per il riparto delle spese. Il voto espresso del condomino che si trovi un una situazione di conflitto d’ interessi con il condominio non dev’essere calcolato, per cui la delibera è valida solo se, una volta detratto il suo voto e i relativi millesimi, esiste ugualmente la richiesta maggioranza. La situazione di conflitto d’interessi che riguarda il delegato non si estende automaticamente al delegante, a meno che non si accerti che questi non era a conoscenza della situazione; si deve, infatti, presumere che il delegante, nel conferire il mandato, abbia valutato anche il proprio interesse e l’abbia ritenuto conforme a quello portato dal delegato (Corte di Cassazione 25/11/2004, n 22234). Se ad un condomino che ne aveva il diritto è stato impedito di votare la relativa delibera è radicalmente nulla e la nullità può essere fatta valere da ogni condomino, anche se presente e consenziente ( Corte di Cassazione 23/2/1999, n 1510). ASSICURAZIONE Affinché l’amministratore possa stipulare un contratto di assicurazione avente per oggetto l’edificio condominiale occorre l’autorizzazione dell’assemblea (Corte di Cassazione 3/4/2007, n 8233). L’autorizzazione dev’essere deliberata, sia in prima che in seconda convocazione, con il voto favorevole della maggioranza degli intervenuti, in rappresentanza di almeno 500/1.000. stesso quorum anche nel caso di contratto di durata ultranovennale (Corte di Cassazione 6/7/2010, n 15872). Considerate le differenze di costo, anche notevoli, riscontrabili tra le varie Compagnie, è preferibile, prima di decidere, valutare diversi preventivi. È buona norma poi, verificare periodicamente il grado di copertura assicurativa dell’edificio, se del caso deliberando un aumento del premio da corrispondere alla Compagnia. Danni 37 Se il condominio è coperto da assicurazione, il condomino che riceva un danno da una parte comune dell’edificio non può rivolgersi direttamente alla Compagnia ma deve avvisare l’amministratore (Corte di Cassazione 26/3/1996, n 2678). Incidente tra veicoli Non è raro che due veicoli vangano a collisione in uno spazio condominiale. Il decreto del ministero dell’industria, commercio e artigianato del 19/5/1975 hanno esteso la copertura assicurativa ai danni causati dalla circolazione di veicoli in aree private, mentre il DPR 18/7/2006, n 254, in attuazione dell’articolo 150 del codice della strada, ha introdotto il risarcimento diretto, ossia il diritto di chiedere il ristoro dei danni direttamente al proprio assicuratore, se pure limitatamente ai casi di danni al veicolo e di lesioni di lieve entità al conducente; nelle ipotesi di lesioni gravi, gravissime o di decesso, o di lesioni ai terzi trasportati, invece, si deve seguire la procedura ordinaria. Se però l’incidente è avvenuto perché l’amministratore aveva omesso di far collocare i dispositivi di sicurezza, tralasciando di dare esecuzione alla delibera dell’assemblea che li aveva introdotti, lo stesso amministratore può essere chiamato a rispondere dei danni quanto meno a livello di concorso, ove si dimostri che i conducenti hanno usato la diligenza richiesta dalla situazione. Locazione Il conduttore, nell’ambito di un contratto di assicurazione stipulato dal condominio, non può essere considerato “assicurato“: la qualifica di assicurato, infatti, salvo patto contrario, spetta esclusivamente ai condomini (Tribunale di Napoli 15/5/1990). Spesa Il premio per l’assicurazione del fabbricato va suddiviso fra i condomini in base ai millesimi di proprietà, a meno che un regolamento contrattuale non preveda un diverso criterio di ripartizione. La delibera con la quale l’assemblea decide di aggiornare il premio di assicurazione è atto di ordinaria amministrazione (Corte di Cassazione 8/11/1989, n 4691), e in quanto tale può essere approvata con il voto favorevole della maggioranza degli intervenuti all’assemblea, in rappresentanza di almeno 500/1.000. AUTOCLAVE Il problema della carenza di acqua ai piani alti dell’edificio può essere risolto dall’installazione di un’autoclave condominiale. L’introduzione di questo servizio può essere deliberata con il voto favorevole della maggioranza degli intervenuti all’assemblea, in rappresentanza di almeno 500/ 1.000. La spesa dev’essere suddivisa in base ai millesimi di proprietà, indipendentemente dall’altezza di ciascun piano dal suolo (Corte di Cassazione 29/11/1983, n 7172), e dal fatto che alcuni condomini traggano o meno vantaggi dall’impianto (App. Roma 30/1/1962). Se, nonostante ripetuti solleciti, l’assemblea non si preoccupa di risolvere il problema (Di vitale importanza poiché l’erogazione di acqua nelle unità immobiliare è un servizio essenziale), si può chiede l’intervento del giudice. L’autoclave condominiale può essere collocata in cortile anche se avvantaggia tutti i condomini tranne uno e questi ne riceve un pregiudizio limitato (Corte di Cassazione 21/10/1998, n 10445). Se poi un’unità immobiliare (Per esempio un negozio) non è servita dall’impianto, il proprietario non è tenuto a contribuire alla spesa. Autonoma 38 Il condominio può, assumendosene la spesa, installare un’autoclave autonoma, purché l’innovazione non comporti una riduzione dell’ afflusso di acqua nelle altre unità immobiliari. L’impianto può essere collocato in cortile, a condizione di non precludere agli altri condomini un pari utilizzo di questa parte comune e di non alternare la destinazione (23/2/1987, n 1911); alle stesse condizioni l’autoclave autonoma può essere collocata nell’intercapedine condominiale (Corte di Cassazione 11/2/1998, n 1389). Relativamente all’androne condominiale, la Corte di Cassazione (Sentenza n. 2746 del 6/6/1989) ha confermato la sentenza con la quale il giudice di merito aveva consentito l’installazione dell’autoclave in una zona altrimenti non utilizzabile di questa parte comune dell’edificio. Rinuncia Il principio antico dall’articolo 1118 codice civile, per il quale il condomino non può rinunciare al suo diritto sulle cose comuni, non trova applicazione per quelli impianti che possono considerarsi superflui. Pertanto, se l’impianto idrico pubblico è perfettamente efficiente anche ai piani alti dell’edificio, si può legittimamente rinunciare all’autoclave (Corte di Cassazione 27/4/1991, n 4652). Se invece, l’impianto è indispensabile si è tenuti a concorrere alla spesa, a meno che gli altri condomini, all’unanimità, non esonerino alcuni proprietari dalla contribuzione. Per la corte d’appello di Napoli (Sentenza 8/10/1993) si può rinunciare all’autoclave se c’è una riduzione delle pese di gestione e quindi un minore onere per gli altri condomini che intendono continuare a utilizzare l’impianto. Sostituzione La spesa occorrente alla sostituzione dell’autoclave va suddivisa fra i condomini in proporzione ai millesimi di proprietà, essendo ininfluente la circostanza che l’edificio sia composto da più piani, serviti in misura differente (Corte di Cassazione 29/12/1983, n 7172). In occasione della sostituzione dell’autoclave i condomini in precedenza non collegati all’impianto possono chiedere di allacciar visi, ma devono ottenere il via libera di chi già usufruiva del servizio. Spese di esercizio In mancanza di un regolamento di disponga altrimenti, o di diverso accordo fra i condomini, per la suddivisione della spesa richiesta dal funzionamento dell’autoclave si può applicare il secondo comma dell’articolo 1123 codice civile, per il quale, se si tratta di cose destinate a servire i condomini in misura diversa, le spese sono ripartite in proporzione all’uso che ciascuno può farne >>Scale e ascensore, escludendo però le unità immobiliari non servite dall’impianto. Dovendosi, in particolare, tener conto della diversa energia occorrente a sollevare l’acqua ai diversi piani, è giusto suddividere la spesa per metà in base ai valori millesimali di ciascuna unità immobiliare e per metà in base all’altezza di ciascun piano dal suolo (Paga di più chi sta più in alto). Per il pretore di Pordenone (Sentenza del 25/2/1989) la spesa occorrente al sollevamento dell’acqua va ripartita in base alla superficie reale di ciascuna unità immobiliare. AVVISO DI CONVOCAZIONE L’assemblerà dev’essere preceduta dall’invio, agli aventi diritto a parteciparvi, di un avviso di convocazione. Questo dev’essere spedito per tempo, in modo che giunga al destinatario almeno 5 giorni prima di quello in cui si terrà l’assemblea. Il termine, previsto dal terzo comma dell’articolo 66 disp. Att. Codice civile, decorre dal giorno di ricezione dell’avviso, non da quello di spedizione, e i giorni intercorrenti fra quello di ricezione e quello in cui si terrà l’assemblea sono, come si dice 39 tecnicamente, non liberi (Tribunale di Milano 7/5/1992), ossia non devono trascorrere integralmente fra quello di ricevimento dell’avviso e quello in cui si terrà l’assemblea: cosi, se l’assemblea è stata convocata per il giorno 25, è sufficiente che l’avviso venga recapitato entro il 20. Il regolamento di condominio può prevedere un termine diverso: sia più breve (App. di Napoli 11 /10/1962) sia più lungo (Trib. di Napoli 13/5/1991). Quest’ultima sentenza ha stabilito che l’ eventuale maggior termine previsto dal regolamento è inderogabile. Occorre però aggiungere che l’articolo 72 Disp. Att. Codice civile considera inderogabile l’articolo 66 delle stesse condizioni, che stabilisce in 5 giorni il termine di convocazione, per cui è opportuno attenervisi, soprattutto nel caso in cui il regolamento contenga un termine inferiore. Il termine dev’essere osservato anche in caso di convocazione diretta da parte dei condomini (Corte di Cassazione 22/11/1985, n 5769, >>Assemblea, Convocazione). Se l’avviso è stato recapitato nei tempi previsti, la circostanza che il destinatario abbia respinto la raccomandata, o non l’abbia ritirata, è irrilevante. Il condomino, poi, che abbia ricevuto l’avviso fuori termine, ma che abbia partecipato all’assemblea, non può eccepire il mancato rispetto del termine, poiché la sua presenza sana il vizio di convocazione ( Tribunale di Roma 4/3/2005). La Corte di Cassazione (Sentenza n. 875 del 3/2/1999 ) ha ritenuto corretto il comportamento dell’amministratore che aveva messo tempestivamente, ossia rispettando il termine di 5 giorni, l’avviso nella cassetta della posta; nel caso esaminato, però, era stato provato che il destinatario consultava assiduamente la presenza di corrispondenza. È comunque sconsigliabile seguire questa modalità. Il mancato rispetto del termine comporta l’annualità delle delibere adottate dall’ assemblea, sia in prima sia in seconda convocazione, stante il rapporto di dipendenza, temporale e logico tra le due riunioni (App. di Lecce 9/5/1983). Se però, pur in presenza di un avviso arrivato fuori termine per la prima convocazione, ma in tempo utile per la seconda, la prima convocazione era andata deserta, le delibere adottate in seconda convocazione con la maggioranza richiesta per la prima sono valide (Corte di Cassazione 24/6/2003, n 9992). Comproprietari Sull’obbligo di convocare tutti i comproprietari di una stessa unità immobiliare la corte di cassazione (sentenza n. 138 del 9/1/1998) ha stabilito che è sufficiente la prova, anche presuntiva, che l’avviso inviato ad uno solo di essi sia stato portato a conoscenza degli altri per rendere pienamente valida l’assemblea; così, si presume che, nel caso di comproprietà tra due coniugi conviventi in pieno accordo e senza contrasto d’interessi fra di loro, la moglie comunichi al marito la data e il luogo dell’assemblea, e viceversa. Alla prova per presunzioni non si può invece ricorrere se i coniugi sono separati o se i comproprietari hanno residenze diverse. All’assemblea può partecipare una sola persona per unità immobiliare, anche se ci sono più comproprietari; questi, pertanto, devono designare un rappresentante. Forma L’avviso di convocazione deve contenere l’indicazione del luogo, la data e l’ora in cui si terrà l’assemblea in prima e in seconda convocazione, e l’>> Ordine del giorno, ossia i punti sui quali i partecipanti sono chiamati a deliberare. L’incompletezza dell’ordine del giorno comporta l’annullabilità delle delibere. Per una convocazione formale dell’assemblea può essere seguita la traccia appresso riprodotta. AVVISO DI CONVOCAZIONE 40 OGGETTO: (1) Assemblea condominio di Via . . . . . , 20162 Milano Sig. 2) . . . . . . . scala ( 3) . . . . . . interno . . . . . . % di proprietà La S. V. è invitata a partecipare all’assemblea ( 4) ordinaria/straordinaria del condominio in oggetto, che si terrà in (5) . . . . . . Via . . . . . . n. . . . , in prima convocazione il giorno (6) . . . . . . alle ore 7 ) . . . . . . , e, qualora non si raggiungesse il numero legale, in seconda convocazione il giorno (6) . . . . . . alle ore (7) . . . . . . , per deliberare sul seguente ORDINE DEL GIORNO (8) 1-...... 2-...... 3-...... 4-....... 5-...... 6-...... 7 -...... 8-...... Como, (9) L’AMMINISTRATORE (10) ATTO DI DELEGA (11) Io sottoscritto (A) . . . . . . delego a rappresentarmi all’assemblea suddetta, con ogni facoltà di legge, il Sig. (B ) . . . . . . , approvandone fin d’ora l’operato. . . . . . . (C) (firma del delegante) Leggenda 1 – Applicare il timbro del condominio oppure indicare l’esatto indirizzo in cui è ubicato l’immobile. 2 – Nome e cognome (ragione o denominazione sociale se si tratta di società) del destinatario. 3 – Indicare la scala (solo se il condominio ne ha più d’una), l’interno dell’unità immobiliare e, qualora siano stati predisposti, i millesimi di proprietà facenti capo al condominio. 4 – Lasciare com’è se la convocazione riguarda entrambi i tipi di assemblea, oppure cancellare la denominazione non corrispondente al tipo di assemblea cui si riferisce la convocazione. 5 – Indicare esattamente il luogo in cui si terrà l’assemblea. 6 – Giorno, mese e anno. 7 – Ora esatta. 8 – Indicare, numerandoli progressivamente, i vari punti all’ordine del giorno, descrivendoli sinteticamente ma esattamente. All’ultimo punto mettere “Varie ed eventuali“. 9 – Giorno, mese e anno in cui viene diramata la convocazione. 10 – Firma di chi provvede alla convocazione. 11 – Questa parte può essere compilata dal condominio che intende delegare altri affinché partecipi all’assemblea per suo conto. A – Generalità del delegante. B – Generalità del delegato. C – Firma del delegante Se la data indicata sull’avviso manca o è errata, la convocazione può essere considerata valida se si dimostra che il destinatario era, di fatto e con certezza, a conoscenza della data ( Corte di Cassazione 12/5/1967, n 993). Stesso discorso se non erano stati indicati, o lo erano stati indicati 41 erroneamente, ora e luogo della riunione. È ammesso qualsiasi tipo di prova, anche per presunzioni (Corte di Cassazione 15/12/1982, n 6919). In particolare, se il luogo di riunione non è stato indicato nell’avviso, e vi è assoluta incertezza sulla sua ubicazione, o è palesemente inidoneo allo svolgimento dell’assemblea (Come nel caso di un locale adibito a raccolta di rifiuti (Corte di Cassazione 22/12/19999, n 14461) o moralmente disdicevole (App. Firenze 11/6/2009), si è legittimati a non intervenire e ad impugnare le delibere che dovessero essere adottate. Non deve neppur trattarsi di luogo difficilmente raggiungibile; di regola deve trattarsi di sede ubicata nella stessa città in cui sorge l’edificio condominiale (Corte di Cassazione 26/6/1958, n 2284). Nel caso di una città molto grande si può ragionevolmente pretendere che il luogo di convocazione sia ubicato nel quartiere in cui si trova l’edificio. L’avviso di convocazione dev’essere inviato a mezzo posta raccomandata oppure per posta elettronica certificata o fax, o consegnato a mano. In quest’ultima ipotesi si può consegnare l’avviso ai destinatari e riprodurre il testo su di un foglio, aggiungendovi l’indicazione “per presa visione“ e facendovi opporre in calce data e firma degli stessi destinatari, naturalmente almeno 5giorni prima di quello fissato per la riunione. Il Tribunale di Cagliari, tuttavia (Sentenza del 27/12/1993), ha stabilito che la violazione del regolamento che preveda l’invio dell’avviso nella forma della raccomandata con avviso di ricevimento non determina l’invalidità della delibera quando il diritto del condomini ad aver piena conoscenza della convocazione non sia stato concretamente leso, come nel caso in cui si dimostri che l’avviso gli è stato consegnato a mano. Sempre nel caso in cui il regolamento preveda che l’avviso debba essere spedito a mezzo raccomandata, ci si può rifiutare di ricevere quello consegnato a mano ( Tribunale di Monza 6/2/1997); se però viene accettato non si può porre la violazione della norma del regolamento a fondamento dell’impugnazione della delibera (Tribunale di Cagliari 27/12/1993). La Corte di Appello di Milano (Sentenza del 19/3/1996) ha ritenuto valida la convocazione effettuata mediante raccomandata a mano, alcune delle quali consegnate dalla portinaia ai condomini, che avevano firmato per ricevuta, e altre inserite nella rispettiva cassetta postale. Se l’avviso è stato inviato per raccomandata non occorre che sia stato ricevuto personalmente dal destinatario, e neppure occorre che questi l’abbia letto; l’importante è che l’avviso sia pervenuto alla persona che, in virtù dei suoi rapporti con il destinatario, o per ragioni di ufficio (Si pensi al portiere dello stabile o al sostituto, Corte di Cassazione 19/1/1985, n 140), sia tenuta a consegnarglielo, o che sia stato depositato in luogo normalmente destinato a tale scopo, e che di ciò il condominio destinatario, impiegando l’ordinaria diligenza, abbia avuto o possa aver avuto notizia (Tribunale di Milano 2/4/1992 ). Per la Corte d’Appello di Napoli (Sentenza dell’11/1/2012) la ricevuta di spedizione della raccomandata, anche senza la ricevuta di ritorno, fa presumere che il destinatario abbia ricevuto l’avviso, per cui sta a questi provare di essere stato, senza sua colpa, nell’impossibilità di prenderne visione. Non è stata invece considerata legittima (Tribunale di S. Maria Capua Vetere 28/10/1988) l’affissione dell’avviso di convocazione in bacheca, ancorché accompagnata dall’invio a mezzo raccomandata e questa sia pervenuta fuori termine. L’avviso dev’ essere inviato a tutti i condomini, nessuno escluso, anche se titolari di una quota millesimale minima. Vanno convocati anche i soggetti che si trovino in conflitto d’interessi con il condominio e quelli eventualmente residenti in altra città o all’estero, salvo abbiano comunicato all’amministratore la nomina di un delegato. L’omesso invio dell’avviso anche ad un solo condomino, rende annullabili le eventuali delibere adottate (Corte di Cassazione 2/10/2000, n 3013); l’assemblea, infatti, non può deliberare validamente se non risulta che tutti i condomini sono stati convocati - sesto comma articolo 1136 42 codice civile -. Se però, pur in presenza di questa irregolarità, l’assemblea adotta una delibera e questa non viene impugnata entro 30 giorni, diventa valida e vincolante per tutti i condomini, il termine – stabilisce il secondo comma dell’articolo codice civile – decorre dalla stessa data della delibera per i dissenzienti e dalla data della comunicazione per gli assenti. Vi sono però dei casi in cui, nonostante l’omesso invio dell’avviso di convocazione, l’assemblea è valida: se sono presenti tutti gli aventi diritto, o se si dimostra altrimenti (Per esempio facendo firmare e datare un condomini un avviso collettivo) che tutti hanno avuto notizia della convocazione in tempo utile per partecipare alla riunione. In particolare il Tribunale di Prato (Sentenza dell’11/12/1989) ha ritenuto legittima l’immissione dell’avviso di convocazione nei confronti del condomino che aveva partecipato ad un’assemblea auto convocata, e firmato il verbale in cui la riunione veniva riconvocata per altra data, per deliberare sull’ordine del giorno pure indicato sul verbale. Trasferimento di un condomino Non è raro, specialmente nei megacondomini, che il destinatario risulti trasferito dal precedente condominio. Nel qual caso l’amministratore, al fine di assicurare una regolare convocazione dell’assemblea, è tenuto a svolgere le indagini suggerite dall’ordinaria diligenza per rintracciare il condomino non più presente al precedente recapito (Corte di Cassazione 28/11/2000, n 15283). Dal punto di vista pratico, nel caso di condomino già residente nella città sede del condominio, si possono attingere informazioni presso l’ufficio anagrafe del Comune, mentre se risiedeva in altra città ci si può rivolgere ad un’agenzia di disbrigo pratiche, in entrambi i casi addossando il relativo costo al condomino resosi irrepetibile. Morte Un caso particolare è quello della morte del condomino. In tale ipotesi, se l’amministratore è a conoscenza dell’evento ma non degli eredi, non è obbligato a fare alcuna ricerca, e quindi non è tenuto ad inviare alcun avviso di convocazione, fino a quando gli eredi non siano manifestati (Corte di Cassazione 15/2/2007, n 6926). Lettera B BALCONE I balconi e il loro utilizzo sono fonte perenne di discussione: dai panni stesi allo sgocciolamento dell’acqua usata per annaffiare piante e fiori, dalla caduta di briciole, al “fall out“ liberato dalla battitura dei tappeti, per non parlare delle spese da sostenere quando è necessario rifargli e magari non tutti i condomini godono di questo spazio esterno. I balconi non rientrano fra le parti comuni dell’edificio (Corte di Cassazione 7/9/1996, n 8159) ma non fare parte integrante dell’ appartamento cui si riferiscono. Alcuni elementi di essi, però (Per esempio: i decori), se destinati all’abbellimento della facciata sono considerati parti comuni dell’edificio; la circostanza, da valutarsi caso per caso, rileva ai fini della ripartizione delle spese. Non è raro che un balcone venga trasformato in → Veranda. Il balcone va tenuto distinto dal >>Lastrico solare di uso esclusivo. Apertura: è possibile aprire un balcone nella facciata, alle seguenti condizioni: > si deve rispettare il decoro architettonico dell’edificio; > non si deve arrecare danno alle parti comuni o alla proprietà individuale di uno o più condomini; 43 > va rispettata la normativa urbanistica e quella sulla distanza legale fra costruzioni. L’apertura di un balcone è consentita anche se questo sporge sul cortile condominiale, con conseguente occupazione della colonna d’aria sovrastante la parte comune; occorre però accertare che l’iniziativa non pregiudichi la normale fruizione o la possibilità di utilizzo del cortile da parte degli altri condomini (Corte di Cassazione 21/6/1993, n 6850). In pratica l’innovazione non deve comportare un sensibile diminuzione di aria e luce a carico di un condomino o delle parti comuni dell’edificio. Una volta accertato che non vi siano controindicazioni (Ma sul decoro architettonico si può sempre discutere), se ne deve dare preventiva notizia all’amministratore, specificando i dettagli dell’intervento e le modalità di esecuzione. L’amministratore, a sua volta, ne riferisce all’assemblea (Secondo comma articolo 11222 codice civile). Danni La distinzione, nell’ambito dei balconi, fra parti comuni e parti esclusive, si riflette sull’accertamento di chi sia tenuto a risarcire gli eventuali danni che dovessero derivare da questa porzione del fabbricato: il condominio o il singolo proprietario, a seconda che si tratti di una parte considerata comune o di proprietà esclusiva. Cosi, se i decori sono riguardabili come abbellimento dei solo balcone, del danno risponderà il proprietario; se, invece, hanno funzione di abbellimento della facciata, sono considerati parti comuni dell’edificio, per cui toccherà al condominio risarcire il danno (Corte di Cassazione 7/9/1996, n 8159). In particolare, con riferimento ai frontalini (Ossia alla parte visibile della soletta del balcone), la Corte di Cassazione (Sentenza n 2241 del 30/1/2008) li ha considerati beni comuni, in quanto elementi che s’inseriscono nella facciata e concorrono a costituire il decoro architettonico dell’edificio. Se però il danno è causato direttamente dal proprietario del balcone, sarà questi a doverlo risarcire, come nel caso del distacco di un pezzo d’intonaco provocato da una pianta rampicante, da infiltrazioni dovute all’annaffiatura o da cattiva manutenzione. Divieti Un condomino non può alzare il parapetto del balcone se ciò compromette il decoro architettonico dell’edificio, né può spostare in avanti la ringhiera, acquisendo la possibilità, fino a quel momento preclusa, di affacciarsi sulla sottostante terrazza (Tribunale di Napoli 18/6/1998). Inoltre sul balcone non si possono stendere panni se ciò è vietato dal regolamento del condominio o da quello di polizia urbana. In particolare, il Tribunale di Milano (Sentenza del 27/9/1965) ha considerato in contrasto con l’articolo 1102 codice civile l’esposizione di biancheria sgocciolante da balconi o finestre degli appartamenti nel sottostante cortile condominiale, mentre il Giudice di pace di Caserta (Sentenza del 28/4/1998) ha considerato la sciorinatura (Ossia l’esposizione) di panni sulle ringhiere dei panni superiori compresa nei limiti della normale tollerabilità per i proprietari delle unità immobiliari sottostanti. Il Tribunale di Bologna, infine (Sentenza del 4/3/1993), ha precisato che la norma del regolamento condominiale che impone di non sciorinare i panni riguarda esclusivamente le parti comuni nel rispetto di un generale principio di decoro architettonico, e non è pertanto applicabile quando si tratti del rapporto tra due proprietà individuali; in tale ipotesi, quindi, trovano applicazione le norme sui rapporti di buon vicinato e quella che obbliga a risarcire l’eventuale danno provocato dolorosamente o colposamente (Articolo 2043 codice civile). Altro punto “caldo“ è la trasformazione del balcone in Scale >>Veranda. 44 I balconi di cui fossero dotate le scale, che siano accessibili unicamente da queste e abbiano una funzione architettonica, si presume rientrino fra le parti comuni dell’edificio, ai sensi dell’articolo 1117 codice civile (Corte di Cassazione 13/12/1979, n 6502). Soletta La soletta, vale a dire la struttura di sostegno del piano di calpestio, è in comproprietà con il titolare del balcone sottostante. La colonna d’aria compresa fra il piano di calpestio del balcone sovrastante, invece, appartiene al proprietario del balcone sottostante. È possibile installare sulla soletta sovrastante apparecchi d’illuminazione o farvi vegetare piante rampicanti (Corte di Cassazione 16/1/1987, n 283). In seguito la Suprema Corte (Sentenza n. 14576 del 30/7/2004) ha distinto fra balconi aggettanti, cioè sporgenti dal fronte facciata, e balconi rincasati nel corpo dell’edificio o interni a esso, considerando la soletta in comproprietà nel caso di balcone incassato e non nel caso di balcone aggettanti. Di conseguenza il proprietario dell’appartamento sottostante non può agganciare la tenda alla soletta del sovrastante balcone aggettante, a meno che il proprietario di questo non lo consenta (Corte di Cassazione 17/7/2007, n 15913). Spesa Le spese occorrenti al rifacimento dei balconi costituenti pertinenza dei vari appartamenti gravano sui rispettivi proprietari, con la sola eccezione di quelle relative agli elementi decorativi se destinati all’abbellimento della facciata nel suo insieme e non del singolo balcone, da porsi a carico di tutti i condomini su base millesimale (Corte di Cassazione 28/11/1992, n 12792 ): rientrano nel concetto, per esempio, i rivestimenti e i frontalini. Alla spesa richiesta dai decori dei balconi, se destinati all’abbellimento della facciata, devono contribuire anche i condomini i cui appartamenti non siano dotarti di balcone o siano situati su un altro lato dell’edificio (Corte di Cassazione 30/7/2004, n 14576). L’indagine volta ad accertare se gli elementi decorativi sono finalizzati ad abbellire il balcone o non piuttosto la facciata nel suo insieme dev’essere condotta in concreto, in relazione alle caratteristiche dell’ edificio (Fra gli elementi decorativi possono essere compresi, a seconda dei casi, anche le ringhiere e i divisori). La Corte d’Appello di Napoli (Sentenza del 16/10/1990), per esempio, ha posto la spesa per la riparazione delle colonnine e dei pilastrini che fanno parte integrante del parapetto dei balconi a carico del proprietario esclusivo, motivando con il fatto che il parapetto assolve la funzione primaria di protezione dell’unità immobiliare del condominio; la Corte d’Appello di Salerno (Sentenza del 16/3/1992), invece, al pari del Tribunale di Roma (Sentenza n. 31717 del 24/11/2004), ha posto le spese per il rifacimento dei parapetti a carico del condominio, insieme ai doccioni (Canalini che allontanano l’acqua del piano di calpestio del balcone) e delle fasce d’intradosso (Superfici interne delle porte e delle finestre). Anche la verniciatura dei parapetti, trattandosi di elementi cromatici inseriti nella facciata e quindi componenti del decoro architettonico dell’edificio, viene posta dai giudici a carico di tutti i condomini, in base ai millesimi di proprietà, mentre la spesa richiesta dalla sostituzione dei gocciolatoi (Canalini che facilitano il deflusso dell’acqua del parapetto) compete al proprietario se non possono essere considerati ornamenti della facciata. In caso contrario la spesa va divisa fra tutti i condomini, in proporzione ai millesimi di proprietà. In occasione del rifacimento della facciata l’assemblea può imporre ai singoli condomini la sistemazione dei parapetti dei balconi, qualora siano riguardabili come elementi decorativi della facciata, deliberando con il voto favorevole della maggioranza degli intervenuti, in rappresentanza di almeno 500/1.000 (Corte di Cassazione 3078/1994, n 7603). Se però si tratta di lavori particolarmente costosi occorre 45 anche in seconda convocazione il voto favorevole della maggioranza degli intervenuti, in rappresentanza di almeno 500/1.000. Vasi Sui parapetti dei balconi si possono collocare vasi di fiori, salvo non lo vieti il regolamento; i vasi, però, devono essere contenuti all’interno di fioriere saldamente ancorate alla ringhiera e non devono creare problemi di stillicidio (Tribunale di Bologna 1/3/1993), ossi di caduta di acqua dai piani inferiori. Se il balcone è separato dal sottostante locale da una pavimentazione in vetrocemento, non è possibile collocarvi vasi se chi sta al piano di sotto vanta una servitù per ricevere luce. BARRIERE ARCHITETTONICHE Il problema del superamento delle barriere architettoniche nel condominio ha il suo riferimento normativo nella: 9/1/1989, n 12. Questo provvedimento ha il dichiarato obiettivo di favorire, nell’ ambito del condominio, l’introduzione di innovazioni che possono facilitare la mobilità delle persone disabili. L’assemblea può deliberare a riguardo con il voto favorevole della maggioranza degli intervenuti, in rappresentanza di almeno 500/1.000. Il Tribunale di Milano (Sentenza del 19/9/ 1991) ha ritenuto che, dovendosi deliberare l’installazione dell’ ascensore, la maggioranza prevista dalla legge possa essere applicata anche se nel fabbricato non vivono portatori di handicap, trattandosi d’intervento finalizzato a consentire l’accesso all’edificio anche ai disabili che, dovessero recarvisi e non solo a coloro che vi abitano stabilmente. Informazioni A parte i numerosi siti Internet attivati dalle associazioni di categoria e da diversi Comuni si può chiamare, dal lunedì al venerdì dalle ore 9 alle ore 19 (Il sabato dalle ore 9 alle 13), il numero 800 810 810 del servizio Super Abili predisposto dall’ INAIL (La chiamata è gratuita da tutta Italia, esclusi telefoni cellulari), oppure collegandosi al sito www.superabile.it. Iter da seguire Va premesso che la condizione di disabile dev’essere accertata dalla speciale commissione prevista dall’articolo 4 della Legge 5/2/1992, n 104 (Corte di Cassazione 30/1/2002, n 1197). Il Pretore di Roma, con sentenza del 15/5/1996, ha considerato disabile anche chi, pur non essendo affetto da menomazioni motorie, si trovi in minorate condizioni fisiche. Per l’installazione dell’ascensore o per la realizzazione di altra apparecchiatura che consenta il superamento delle barriere architettoniche (Si pensi ad uno scivolo), il disabile, o chi esercita su di lui la potestà o la tutela, deve presentare all’amministratore una richiesta scritta convocare l’assemblea entro 30 giorni (Terzo comma articolo 1120 del codice civile). Se questa non approva la richiesta il disabile può installare a proprie spese il servo scala (Piattaforma mobile ripiegabile con l’indicazione del contenuto specifico e delle modalità di esecuzione degli interventi proposti. L’amministratore è tenuto a e, fissata ai piedi della scala e azionata elettricamente, che consente ai portatori di handicap di raggiungere i piani superiori dell’edificio senza scendere dalla carrozzella) oppure altra struttura mobile facilmente rimovibile. È inoltre possibile modificare l’ampiezza delle porte per rendere più agevole l’accesso agli edifici, agli ascensori e alle rampe dei garage (Articolo 2 della Legge 9/1/1989, n 13) Queste opere, per le quali è prevista una deroga alla normativa sulle distanze legali, non devono però recare pregiudizio alla stabilità o alla sicurezza del fabbricato, né possono rendere talune parti comuni inservibili all’ uso o al godimento anche di un solo condomino ( 46 in questi casi, quindi, è necessario il consenso di tutti gli altri condomini: la Corte di Cassazione, per esempio (Sentenza n. 12847 dell’1/6/2007), ha sancito l’illegittimità della delibera con la quale l’ assemblea, per favorire un disabile, aveva disposto l’installazione di un ascensore che avrebbe comportato il restringimento della rampa delle scale di 85 cm., rendendo disagevole il contemporaneo passaggio di più persone e problematico il trasporto di oggetti di grosse dimensioni. Superabile invece lo scoglio del decoro architettonico; la Suprema Corte, infatti (Sentenza n. 18335 del 25/10/2012), ha stabilito che l’installazione dell’ascensore avviene per favorire un disabile o un anziano, è consentita ancorché comporti alterazioni del decoro architettonico dell’ edificio. Non si può comunque pretendere che sia il condominio a realizzare le opere (Pretore di Roma 15/5/1996). Nei casi in cui queste vengano realizzate esclusivamente a cura e spese del disabile, gli altri condomini e i loro eredi o aventi causa possono in qualunque tempo partecipare ai vantaggi dell’innovazione, contribuendo alle spese, opportunamente rivalutate, come previsto dall’ articolo 1121 codice civile. Per l’installazione si può usufruire dei contributi previsto dall’articolo 9 della Legge 9/1/1989, n 13 (Il cui terzo comma precisa che il beneficio spetta anche ai condomini dell’ edificio in cui risiede il portatore di handicap), mentre le spese di esercizio (Per esempio forza motrice) gravano sul condominio che utilizza il servo scala. Se gli interventi sono stati deliberati dall’ assemblea, alle spese di installazione devono contribuire i soli condomini della scala interessata all’ intervento, mentre a quelle di esercizio deve contribuire il solo disabile, salvo diverso accordo con gli altri condomini. BILANCIO La stesura del bilancio rientra tra i principali compiti dell’amministratore, ma se il professionista trascura di redigerlo non può esservi costretto attraverso il giudice; i condomini, infatti, possono rivolgersi all’Autorità giudiziaria solo per chiedere la revoca dell’amministratore (App. Catanzaro 8 /7/1996), come previsto dall’undicesimo comma dell’articolo 1129 codice civile. Il bilancio si distingue in preventivo e consuntivo. nel bilancio preventivo vengono indicate tutte le entrate e tutte le spese che caratterizzano l’esercizio che si apre, mentre nel bilancio consuntivo si dà conto (Dal che è conosciuto anche come rendiconto) delle entrate e delle spese registrate nell’esercizio che si è chiuso. Il periodo di riferimento è l’anno condominiale, che può anche non coincidere con l’anno solare, in molti condomini, per esempio, il periodo di gestione ha inizio con il giorno di accensione del riscaldamento, per terminare il giorno, precedente a questo, dell’anno successivo. Un’ altra distinzione è quella che vede da un lato il bilancio di competenza e dall’altro il bilancio di cassa. Il bilancio di competenza considera spese ed entrate relative all’anno condominiale, prescindendo dal fatto che siano state materialmente erogate o incassate in quel periodo. Il bilancio di cassa, invece, considera le spese e le entrate effettivamente erogate e riscosse nel periodo considerato, anche se riferite ad un altro anno condominiale. Il Tribunale di Milano, con sentenza n 5036 del 20 /6/1991, ha stabilito che il rendiconto dev’essere sempre strutturato con riferimento al criterio di cassa. Approvazione L’approvazione del bilancio richiede il voto favorevole della maggioranza degli intervenuti all’assemblea, in rappresentanza di almeno 500/1.000. Non occorre che l’approvazione sia preceduta da una o più o meno ampia discussione: l’assemblea, infatti, può procedere all’approvazione sintetica del documento restando fede ai dati forniti dall’ amministratore 47 (Tribunale Torre Annunziata 12/2/1998). E’ anche possibile approvare il bilancio preventivo senza aver approvato quello consuntivo dell’anno precedente, a meno che un regolamento contrattuale non disponga diversamente (Corte di Cassazione 30/12/1997, n 13100). In sede di approvazione del bilancio consuntivo l’assemblea può rettificare una spesa fatta dall’ amministratore, ma occorre una delibera specifica (Tribunale di Genova 27/1/2004, n 327). L’amministratore che sia anche condomino deve astenersi dal votare il bilancio, versando in una situazione di conflitto d’interessi; se non dovesse farlo la delibera sarebbe ugualmente valida se, sottraendo dal totale dei voti favorevoli quello che non poteva essere espresso, si raggiunge ugualmente il richiesto quorum (Corte di Cassazione 22/7/2002, n 10638). Il condomino non può rifiutarsi di pagare i contributi dovuti in base ad un bilancio regolarmente approvato, a meno che non impugni la relativa delibera davanti al giudice nel termine di legge: irrilevante, di conseguenza, qualsiasi contestazione scritta avanzata in sede stragiudiziale (Corte di Cassazione 14/7/1989, n 3291). Controllo L’assemblea può in qualsiasi momento, con il voto favorevole della maggioranza degli intervenuti, in rappresentanza di almeno 500/1.000 (Sia in prima che in seconda convocazione), nominare un revisore che verifichi la contabilità del condominio. La relativa spesa è ripartita fra tutti i condomini in base ai millesimi di proprietà (Primo comma articolo 1130-bis). Naturalmente i condomini hanno il diritto di controllare, ed eventualmente estrarre copie a proprie spese, la >>Documentazione di supporto al bilancio. Forma Il bilancio deve contenere le voci di entrata e di uscita, e ogni altro dato inerente alla situazione patrimoniale del condominio, ai fondi disponibili e alle eventuali riserve, che devono essere espressi in modo da continuare l’immediata verifica. Il bilancio si compone di un registro di contabilità, di un riepilogo finanziario e di una nota sintetica esplicativa della gestione, con l’indicazione anche dei rapporti in corso e delle questioni penderti (Primo comma articolo 1130-bis). Forma a parte, l’importante è che il bilancio rifletta in modo completo, e soprattutto veritiero, la situazione dei conti condominiali, e che i relativi dati siano ordinati in maniera tale da mettere i condomini in condizione di verificare entrate, uscite e quota dovuta (Corte di Cassazione 25/11/ 1975, n 3936); è dalla sua lettura, infatti, e dall’esame della. >>Documentazione giustificativa allegata ad esso le cosiddette “pezze d’appoggio“), che i condomini possono rendersi conto delle spese da affrontare (Il bilancio preventivo) e di quelle sostenute (Bilancio consuntivo). In particolare, si devono distinguere analiticamente le spese occorrenti all’uso delle parti comuni da quelle richieste dalla loro conservazione; questo accorgimento, infatti, se tra i partecipanti vi sono usufruttuari di unità immobiliari, consente di ripartire tra questi e i nudi proprietari, con una semplice operazione aritmetica, le spese da ciascuno dovute (Corte di Cassazione 21/11/2000, n 15010). La contabilità, di regola, è divisa in due parti: nella prima vengono riportate tutte le voci di spesa, indicate, oltre che nell’importo, anche con la data del pagamento e con i riferimenti a fatture, ricevute e simili, mentre nella seconda parte si da conto della posizione dei condomini in relazione alle quote versate e al saldo ancora da corrispondere o a credito. Di solito le voci di spesa vengono raggruppate in : > 2 > 1 spese generali di proprietà (Compenso amministratore, assicurazione), assicurazione, 48 > pese per i servizi comuni (Pulizia, manutenzione, energia elettrica, disinfestazione, etc.), 4> spese per il riscaldamento centralizzato (Acquisto combustibile, conduzione caldaia, 3 manutenzione), 5 > spese per il servizio di portineria, 6 > spese individuali (Sono quelle sostenute nell’interesse esclusivo di un condomino e soltanto a questi addebitate). Il bilancio, che dev’essere firmato sia dall’amministratore sia dal presidente dell’assemblea che lo ha approvato (Giudice conciliatore di Roma 14/5/1988), diventa operativo decorso il termine utile senza che siano state proposte impugnazioni, tranne che si tratti di bilancio nullo: nel qual caso, infatti, la nullità può essere fatta valere senza limite di tempo. Nullità e annullabilità L’invalidità del bilancio può assumere due forme: nullità e annullabilità. Il bilancio nullo - per esempio per violazione di norme inderogabili o per menomazione dei diritti, anche di un solo condomino, derivanti dall’atto di acquisto o da una convenzione - può essere impugnato senza limiti di tempo (Corte di Cassazione 31/3/1988, n 3701). La Corte d’Appello di Milano (Sentenza del 20/5/1992) ha considerato nullo il bilancio non veritiero, che in quanto tale trasmette la nullità della delibera dell’ assemblea che lo ha approvato, mentre il Tribunale di Napoli (Sentenza del 9/7/1996) ha sancito la nullità di bilancio approvato senza l’indicazione delle spese relative ad un servizio in comune. E’ invece annullabile il bilancio sostanzialmente veritiero ma non redatto secondo i criteri di un’ ordinata e rigorosa contabilità; la relativa delibera dev’essere impugnata entro 30 giorni, decorrenti: per i dissenzienti dal giorno in cui è sta adottata, per gli assenti dal giorno della comunicazione. Pure annullabile la delibera di approvazione di un rendiconto che non contenga la specificazione della voce relativa alle spese generali, neppure per grandi linee e per raggruppamenti omogenei (Corte di Cassazione 6/2/1984, n 896). BOVINDO Il bovindo (Forma italianizzata dell’inglese bow window) è un tipo particolare di veranda, sporgente rispetto al muro perimetrale. La sua costruzione, se implica l’incorporazione di una parte della colonna d’aria sovrastante il cortile condominiale, non è consentita (Corte di Cassazione 13/4/ 1991, n 3952), a meno che non vi sia il consenso degli altri condomini. Lettera C CAMPANELLI L’installazione della pulsantiera con a fianco i nomi dei condomini e il relativo campanello per farsi aprire il portone, ma senza essere messi in comunicazione con l’appartamento come avviene con il citofono, può essere deliberata con il voto favorevole della maggioranza degli intervenuti all’ assemblea, in rappresentanza di almeno 500/1.000. CANCELLO Apertura E’ possibile trasformare il sistema di apertura del cancello, da manuale a elettrico, con il voto favorevole della maggioranza degli intervenuti all’assemblea, in rappresentanza di almeno 49 500/1.000. (Corte di Cassazione 29/8/1992, n 9999). Con la stessa maggioranza può essere deliberata la sostituzione dell’ apertura ad ante con una scorrevole. Se invece si vogliono ricavare da un unico, grande cancello, due cancelli: uno carrabile e uno pedonale, è necessario che la trasformazione non impedisca l’uso di quello carrabile anche ad un solo condomino, magari perché proprietario di un’autovettura molto larga. Chiusura La chiusura del cancello di accesso ai posti macchina situati nel sottosuolo dell’edificio non costituisce innovazione ma va considerata come una regolamentazione dell’uso ordinario della cosa comune, consistente nel non consentire a terzi estranei al condominio l’indiscriminato accesso al sottosuolo. Di conseguenza può essere deliberata con il voto favorevole della maggioranza degli intervenuti all’assemblea, in rappresentanza di almeno 500/1.000 (Corte di Cassazione 29/8/1992, n 9999). Installazione L’assemblea può deliberare l’installazione di un cancello (O di una sbarra automatica, Corte di Cassazione 28/11/1986, n 7023) all’ingresso del cortile. Non si deve però limitare il diritto che i condomini hanno di fruire di questo spazio comune, per cui dev’essere consegnata a ciascun condomino una copia della chiave o del telecomando. Sarebbe pertanto illegittima, per eccesso di potere, la delibera che prevede la consegna delle chiavi al solo portiere o ad alcuni soltanto dei condomini (Tribunale di Milano 26/5/1994). Un condomino può installare un cancello per creare un altro accesso alla propria unità immobiliare, a condizione, però, di non pregiudicare la statica o il decoro architettonico del fabbricato, e di non ledere i diritti degli altri condomini ( Corte di Cassazione 1/8/2002, n 11411). Alle stesse condizioni il condomino può, per sua comodità, mettere in comunicazione uno spazio condominiale con la pubblica via (Corte di Cassazione 30/5/2003, n 8808): in entrambi i casi, infatti, si tratta di porre in essere un uso più intenso delle cose comune, come previsto dall’ articolo 1102 codice civile. Non costituisce innovazione neppure il ripristino di un cancello inutilizzato da anni (App. Milano 25/6/1991). Spese La spesa d’installazione o modifica del sistema di apertura va ripartita tra i condomini in proporzione ai millesimi di proprietà, indipendentemente dal numero di autovetture possedute da ciascuno (Tribunale di Milano 4/3/1991). Se il cancello è posto esclusivamente al servizio delle autovetture di alcuni condomini, gli altri non sono tenuti a concorrere alle spese di manutenzione, ai sensi del terzo comma dell’articolo 1123 codice civile (App. Roma 15/7/1994); questa norma, infatti, stabilisce che, se nel condominio vi sono impianti destinati a servire una parte del fabbricato, le spese di manutenzione sono a carico del gruppo dei condomini che ne trae utilità. Se vi sono due cancelli collocati in successione, e, per come sono ubicate le autorimesse, alcuni condomini ne usano uno soltanto, mentre altri sono costretti ad usarli entrambi, questi ultimi concorreranno con gli altri alle spese di manutenzione del primo cancello, e dovranno inoltre farsi esclusivo carico dei costi relativi al secondo, fatto salvo un diverso accordo al quale abbiano aderito tutti i condomini. Lucchetto L’amministratore può sostituire il lucchetto del cancello senza l’autorizzazione dell’ assemblea, se la sostituzione è determinata dall’ esigenza di salvaguardare i diritti dei condomini sulle cose comuni: 50 per esempio perché il lucchetto si è rotto o risulta che estranei si sono procurati la chiave (Tribunale di Milano 18/5/1992). CANNA FUMARIA La canna fumaria può appartenere in proprietà esclusiva al singolo condomino, se destinata soltanto al servizio della sola unità immobiliare, o appartenere in comproprietà a più condomini, se destinata al servizio delle rispettive unità immobiliari, ubicate sulla stessa verticale del manufatto. Allaccio Per allacciarsi alla canna fumaria di proprietà di un altro condomino è ovviamente necessario il suo consenso, sempre che l’innesto sia compatibile con la speciale normativa esistente in materia (Legge 9/1/1991, n.10). Ci si può invece allacciare - sempre normativa permettendo - alla canna fumaria dell’impianto centralizzato di riscaldamento dismesso, per immettervi i fumi di quello autonomo (Corte di Cassazione 17/2/1995, n 1719). Distanza La legge non prevede il rispetto di una distanza precisa tra la canna fumaria e la finestra del vicino. La distanza di almeno un metro dal confine, che il secondo comma dell’articolo 889 codice civile prescrive per l’installazione dei tubi di acqua, gas e simili, infatti, si riferisce alle condutture che abbiano un flusso costante di sostanze liquide o gassose e comportino conseguentemente un periodi permanente per il fondo vicino, in relazione alla naturale possibilità di trasudamento e di infiltrazioni. Trova pertanto applicazione il successivo articolo 890 in materia di distanza per fabbriche e depositi nocivi o pericolosi, che rimanda alla distanza eventualmente prevista dai regolamenti locali (Corte di Cassazione 13/12/1994, n 10652); in mancanza di questi, si deve osservare una distanza necessaria a preservare i fondi vicini da ogni danno alla solidità, alla salute e alla sicurezza. Divieti Il condomino non può ostruire la canna fumaria che serve anche i sottostanti appartamenti. In caso contrario il proprietario danneggiato può agire, anche con richiesta al giudice di un provvedimento d’ urgenza, per il ripristino dei luoghi e, in sede di causa di merito, per il risarcimento del danno. Se però chi ha posto in essere la violazione, dimostra che sono trascorsi più di 20 anni dall’otturazione, e che il comproprietario della canna fumaria non l’ha utilizzata per tutto il periodo, il ricorrente dovrà rassegnarsi alla perdita del diritto per prescrizione. È invece legittimo ridurre la sezione della canna fumaria, ma a patto che la modifica non ne alteri la destinazione e non impedisca agli altri condomini di fare parimenti uso (Corte di Cassazione 29/4/1996, n 1092). Installazione La spesa per l’installazione di una canna fumaria comune dev’essere ripartita in base ai millesimi di proprietà fra i soli condomini che fruiscono dell’impianto: la canna fumaria, infatti, costituisce l’applicazione più frequente del cosiddetto >>Condominio parziale. Il condomino può appoggiare una canna fumaria al muro comune (Per esempio quello di una chiostrina, Tribunale di Roma 22/6/2005). Ciò a condizione che l’intervento non alteri la stabilità, la sicurezza o il decoro architettonico dell’ edificio (Tribunale di Napoli 17/3/1990), che sia rispettata la normativa sulle distanze legali ( Corte di Cassazione 6/3/2002, n 3199) e che il manufatto non leda il diritto degli altri condomini sulle parti comuni dell’edificio e su quelle di proprietà esclusiva. Inoltre le >> Immissioni di fumo e calore provenienti dall’impianto non devono superare la normale tollerabilità. Se ci sono tutti questi 51 presupposti non è necessaria l’autorizzazione dell’assemblea, ma per evitare possibili contestazioni soprattutto sotto il profilo dell’alterazione del decoro architettonico dell’edificio è preferibile acquisire il consenso de quest’organo condominiale. Non è invece consentito inserire una canna fumaria nel muro condominiale o in quello comune a un altro condomino, perché questo tipo d’intervento non configura un uso particolare o più intenso del bene comune ai sensi dell’ articolo 1102 codice civile, ma un’invasione della proprietà altrui, condominiale o singola che sia (Corte di Cassazione 10/5/2004, n 8852). È possibile utilizzare tetto e lastrico solare per inserirvi il comignolo di una canna fumaria (Corte di Cassazione 7/3/1992, n 1774), anche più d’uno se occupano una porzione esigua di queste parti comuni dell’edificio (Tribunale di Milano 30/12/1991 ); inoltre le dimensioni del manufatto non devono essere tali da impedire agli altri condomini di sistemare a loro volta sul tetto o sul lastrico analogo manufatto, o da menomare la funzione di calpestio di queste parti comuni. La corte di Cassazione (Sentenza n. 8040 dell’878/1990) ha consentito questo tipo d’intervento anche in presenza di un regolamento condominiale che prevedeva il divieto di sopraelevazione. Nei centri abitati l’altezza del comignolo deve superare in altezza non solo la copertura dell’edificio, ma anche quella dei fabbricati adiacenti per evitare inconvenienti ai vicini (C. Stato 5/10/2011, n 5474). Il proprietario, nell’installare una canna fumaria su una parte comune dell’edificio, per esempio il tetto, non può attraversare la proprietà esclusiva di un altro condomino senza il suo consenso (Corte di Cassazione 2/8/1977, n 3385). Pulizia La spesa corrente della pulizia della canna fumaria viene generalmente suddivisa per metà in misura inversamente proporzionale all’altezza di ciascun piano dal suolo (Paga meno chi abita più in alto), e per l’altra metà in ragione dei millesimi di proprietà. Il condomino non può più sigillare l’accesso alla canna fumaria comune per sottrarsi alla spesa, a meno che gli altri condomini che fruiscono dell’impianto non vi acconsentano. Ripristino Se una canna fumaria comune a più condomini è divenuta inservibile, ciascuno può pretendere che venga ripristinata, ai sensi dell’articolo 1118, secondo comma, e 1123, terzo comma, codice civile. Alla spesa devono concorrere tutti i condomini che la utilizzavano, anche quelli che nel frattempo avessero provveduto in un altro modo allo smaltimento dei fumi. CASSETTE POSTALI La spesa richiesta dall’installazione delle cassette postali va ripartita fra i condomini in parti uguali, trattandosi di servizio del quale i condomini usufruiscono in uguale misura. Se non vi è apposita cassetta condominiale destinata a ricevere la pubblicità che, pressoché quotidianamente, viene distribuita dagli incaricati delle varie società, e non si vuole ricevere questo tipo di comunicazione, è sufficiente apporre sulla propria cassetta un invito a non introdurvi materiale pubblicitario. Per non ricevere il materiale pubblicitario distribuito dal portalettere, oltre all’invito collocato sulla cassetta è necessario inviare apposita richiesta scritta all’ufficio postale incaricato del recapito. Per il Giudice di pace di Bari (Sentenza del 22/12/2003) chi è attinto da una forma di pubblicità commerciale ossessiva, aggressiva e invadente, qual è quella svolta attraverso l’inserimento di volantini nella propria cassetta postale, ha diritto al risarcimento del danno esistenziale, derivante sia dal fastidio di dover svuotare quotidianamente la cassetta, sia dalla lesione del diritto al rispetto della propria sfera di riservatezza e quiete privata. 52 CAVO TELEFONICO L’assemblea non può, a maggioranza, accordare a una Compagnia telefonica la servitù di passaggio di un cavo telefonico sulla facciata dell’edificio; trattandosi, infatti, di costituire una servitù, è necessario il consenso di tutti i condomini (Corte di Cassazione 30/3/1993, n 3865). CITOFONO Installazione Installare il citofono in un edificio che ne sia sprovvisto non costituisce innovazione voluttuaria, trattandosi d’impianto che introduce una comodità per i condomini. Questo anche nel caso in cui vi sia un normale servizio di portierato durante le ore diurne (Tribunale di Milano11/5/19970 ). Per dare il via libera all’installazione è quindi sufficiente il voto favorevole della maggioranza degli intervenuti all’assemblea, in rappresentanza di almeno 500/1.000. anche la sostituzione dell’impianto non più funzionante non è considerata innovazione e può essere approvata con la stessa maggioranza; lo stesso dicasi se si tratta di sostituire il citofono con un >> Videocitofono. E’ possibile installare un impianto singolo a propria cura e spese, a condizione di non alterare la destinazione della parte comune della quale è collocato, sempre che l’intervento non impedisca agli altri condomini di farne parimenti uso. Spesa Il criterio da seguire alla ripartizione fra i condomini della spesa richiesta dall’installazione di un impianto citofonico condominiale è, salvo diverso accordo, quello dettato dell’articolo 1123, codice civile, ossia in base ai millesimi di proprietà. Il Tribunale di Bologna (Sentenza del 22/5/1998) ha però distinto, nell’ambito di questo tipo d’ impianto, parti comuni (Per esempio il quadro esterno e il tratto di cavo fino alla diramazione delle singole unità immobiliari) e parti di proprietà esclusiva dei singoli condomini (Per esempio il ricevitore), ritenendo applicabile il criterio dei millesimi di proprietà soltanto alle prime; pertanto, se un condomino vuole installare più terminali deve accollarsi la relativa spesa. CONDIZIONATORI D’ ARIA Se l’edificio è dotato d’impianto centralizzato di aria condizionata, questo si considera comune fino al punto in cui le canaline entrano nelle proprietà esclusive. Se i compressori sono collocati sul lastrico solare (Soprattutto se nella parte centrale, non visibile dall’esterno) non dovrebbero sorgere problemi dal punto di vista dell’alterazione del decoro architettonico dell’edificio, ma bisogna fare in modo che il loro rumore non disturba il sonno non solo dei condomini degli ultimi piani, ma anche delle persone che abitano negli edifici vicini. Autorizzazione comunale Per installare un condizionatore potrebbe essere richiesta l’autorizzazione comunale; è pertanto consigliabile verificare preliminarmente presso l’ufficio tecnico del Comune se è richiesto l’espletamento di questa formalità. Le sezioni Unite del Consiglio di Giustizia Amministrativa per la regione Siciliana, per esempio (Decisione n. 682 del 13/12/1993), hanno stabilito che l’ancoraggio di un condizionatore d’ aria a un muro esterno va considerato installazione d’ impianto tecnologico al servizio di edifici già esistenti e pertanto, ai sensi dell’articolo 5 della Legge Regionale 10/8/ 1985, n. 37, richiede autorizzazione, pena l’irrogazione delle sanzioni pecuniarie di cui all’ articolo 53 10 della Legge 28/2/1985, n 47, salvo il potere del Sindaco di tutelare il decoro generale degli edifici interessati ai sensi del regolamento dell’edificio. Condensa Il Tribunale di Padova (Sentenza n. 352 del 22/2/2011) ha considerato legittimo il foro praticato nel muro comune per farvi passare un tubo che smaltisca la condensa prodotta da un condizionatore d’aria, ma illegittimo l’innesto del tubo di scarico del pluviale condominiale, perché cosi facendo si verrebbe ad alterare la funzione di questa parte comune dell’edificio, che è quella di provvedere allo smaltimento delle sole acque meteoriche. Inquilino Il conduttore, come previsto dall’articolo 10 della Legge 27/7/1972, n 392, ha diritto di voto al posto del proprietario quando l’assemblea deve decidere sulle spese e sulle modalità di gestione dei servizi di condizionamento d’aria e di riscaldamento. La convocazione da parte dell’amministratore dev’essere, comunque, inviata al condomino-locatore, che a sua volta avviserà il conduttore. Installazione Salvo che il regolamento del condominio non la vieti, l’installazione sul muro perimetrale coincidente con la proprietà esclusiva di un condomino, di un condizionatore d’aria rientra fra gli usi consentiti della cosa comune e teoricamente può essere effettuata senza autorizzazione dell’assemblea. Se però, come, di fatto, accade, si ha ragione di temere che, per le dimissioni dell’impianto o per l’ubicazione e le caratteristiche dell’edificio, dell’ innovazione potrebbe derivare alterazione del decoro architettonico, è consigliabile trasmettere all’amministratore un disegno della parte visibile, affinché lo sottoponga all’assemblea per l’approvazione o per l’introduzione di eventuali modifiche; ciò per evitare di essere coinvolti in eventuali liti giudiziarie ( L’ autorizzazione è in ogni caso necessaria se richiesta dal regolamento). La Corte di Cassazione (Sentenza n 12343 del 22/8/2003) ha stabilito che l’installazione, da parte di alcuni condomini, di un voluminoso condizionatore sul muro perimetrale comune è considerata una modifica dell’uso della parte comune e non un’innovazione; in quanto tale non deve alterare la destinazione della cosa comune né impedire agli altri condomini di farne parimenti uso secondo il loro diritto, e neppure deve alterare il decoro architettonico dell’edificio. Sulla stessa linea interpretativa il Tribunale di Milano (Sentenza del 9/1/2004, n 179), che ha considerato illegittima, perché in contrasto con l’articolo 1102 codice civile, l’installazione, senza autorizzazione dell’assemblea, del compressore di un condizionatore d’aria della facciata del fabbricato, in posizione sporgente e perpendicolare rispetto a uno degli ingressi condominiali, a nulla rilevando - nel caso specifico - che la facciata in questione non fosse esposta al pubblico, ma solo ai condomini. Il Tribunale di Napoli (Sentenza del 21/10/2003) ha invece considerato legittima l’ installazione del condizionatore su un prospetto interno del fabbricato, mentre il Tribunale di Monza (sentenza del 15/12/2008) non ha ritenuto in contrasto con il decoro architettonico dell’ edificio l’installazione, ad opera di un condomino sul proprio balcone, dell’unità esterna di un impianto di raffreddamento, ancorché l’installazione comportasse una modifica dell’originario profilo dello stabile, dal momento che le linee estetiche del fabbricato risultavano già alterate da precedenti interventi realizzati da altri condomini. Il TAR della Puglia, a sua volta, con ordinanza n 847 del 20/10/2011, ha stabilito che il posizionamento di condizionatore climatici esterni dall’ edificio, pur comportando alterazione della sagoma e dell’aspetto esteriore, può dirsi opera minore e sostanzialmente libera, non idonea a ledere l’interesse paesaggistico e urbanistico. Pertanto - hanno argomentato i giudici -, nel bilanciamento 54 dei contrapposti interessi appare prevalente quello privato, in considerazione dello scarso impatto dell’intervento sul corretto assetto del territorio. Il TAR della Sicilia (Sentenza 26/10/2005, n. 4101), infine, ha sancito l’illegittimità dell’ordinanza con la quale il Comune aveva ordinato la rimozione di un condizionatore d’aria collocato sulla parete esterna di un fabbricato, motivando col fatto che si trattava d’impianto assolutamente coerente con l’uso normale dell’immobile. Alcuni Comuni hanno comunque ordinato la rimozione dei condizionatori collocati sugli edifici di pregio storico. Occorre pertanto fare attenzione a non collocare i motori sul balcone piazzandoli in alto, al di sopra della linea del parapetto, visibili dalla strada. Può essere motivo di lite anche piazzare il motore del condizionatore in cortile, se non si rispettano i limiti di cui sopra. Rumori Se le immissioni rumorose provenienti da un condizionatore d’aria superano la normale tollerabilità ( >>Rumori) si può chiedere la rimozione dell’impianto (Corte di Cassazione 22/8/2003, n 12343). L’uso, anche notturno, di questo tipo d’impianto, è sufficiente a realizzare il reato di disturbo delle occupazioni o del riposo delle persone, previsto dall’articolo 659 codice penale, anche qualora manchi la prova che il disturbo sia stato avvertito da più condomini, essendo sufficiente che “il rumore sia stato avvertito fastidiosamente da un numero imprecisato di vicini di casa“ (Corte di Cassazione 12/7/2005, n 34240). Più di recente la Suprema Corte (Sentenza n 270 dell’11/1/2012) ha precisato che il reato non sussiste se i rumori prodotti dall’impianto arrecano disturbo ai soli occupanti di un appartamento e non ad altri soggetti abitanti nel condominio in cui è inserita detta abitazione o nelle zone circostanti; in tali ipotesi, infatti, il disturbo viene arrecato a un numero definito di persone e non ad un numero indeterminato di soggetti, per cui il fatto non costituisce reato ma semplice illecito civile, per il quali si è legittimati a chiedere il risarcimento del danno. CONDOMINIO Cos’è Il condominio (Il termine deriva dalla fusione delle parole latine cum, che significa con, insieme, e domus, che significa proprietario: vale a dire comunione, comunanza della proprietà) è un ente di gestione senza personalità giuridica distinta da quella dei suoi partecipanti, per cui l’esistenza dell’organo rappresentativo unitario (L’ amministratore) non priva i singoli condomini del potere di agire direttamente a tutela dei diritti connessi alla partecipazione a questo tipo di comunità. Costituzione La nascita del condominio non richiede un formale atto costitutivo ma si verifica con la costruzione sul suolo comune o con il frazionamento, da parte dell’unico proprietario, di un edificio i cui piani o porzioni vengano attribuiti a due o più soggetti in proprietà esclusiva. Ciò non esclude che gli interessati possano formalizzare il rapporto davanti ad un notaio, magari in occasione della formazione delle tabelle millesimali. La nascita del condominio prescinde dal rilascio del certificato di abitabilità: l’essenziale è che sia avvenuta la costruzione dell’edificio e che i piani o le porzioni di piano di questo appartengano a distinti proprietari (Corte di Cassazione 26/1/1982, n 510). Norme applicabili Per quanto non espressamente previsto dalle norme sul condominio, si applicano quelle che regolano la comunione (articolo 119-1116 codice civile). Sede 55 Il condominio, non essendo una persona giuridica ma un ente di gestione, non ha una sede in senso tecnico, a mono che non abbia adibito, nell’ambito dell’edificio, un locale utilizzato per l’organizzazione e lo svolgimento della gestione comune. In caso contrario il domicilio del condominio coincide con quello dell’amministratore che lo rappresenta (Corte di Cassazione 28/1/2000, n 976). Minimo Il condominio minimo, da non confondere con il piccolo condominio (Ossia quello fino a otto condomini), non quale non è obbligatoria la nomina dell’amministratore), è formato da due soli condomini. Anche in questo caso estremo l’assemblea dev’essere formalmente convocata per deliberare sui lavori da eseguire. Il principio è comunque derogabile se vi sono ragioni di particolare urgenza, o se vi è trascuratezza da parte dell’altro condomino. Naturalmente si tratta un’assemblea sui generis, cui la stessa Corte di Cassazione (sentenza n 5914 del 26/5/1993) ritiene applicabili gli articoli 1104, 1105 e 1106 codice civile, che disciplinano la comunione, e non l’articolo 1136, che regola l’assemblea condominiale. Se uno dei due condomini ha anticipato una spesa nell’interesse comune, come ci si regola? Se l’effettuazione della spesa non era stata deliberata d’accordo con l’altro condomino, ai sensi dell’ articolo 1134 codice civile non si ha il diritto al rimborso, a meno che non si tratti di spesa urgente (Corte di Cassazione Ss.UU. 12/1/2006, n 2046). Sta al condomino che ha effettuato la spesa provare sia che questa era urgente, sia che è stato impossibilitato ad avvisare tempestivamente l’altro condomino. Possono sorgere problemi se le quote sono uguali, e i condomini non si mettono d’accordo; in questo caso ciascuno di esse può rivolgersi a Tribunale, che nomina, se lo ritiene opportuno, un amministratore. Lastrico solare Il criterio previsto dall’articolo 1126 codice civile trova applicazione, ai sensi del successivo articolo 1139, anche nel caso di condominio formato da soli due condomini; pertanto un terzo della spesa fa carico a proprietario esclusivo del lastrico solare, mentre i restanti due terzi fanno carico al condomino alla cui unità immobiliare il lastrico serve da copertura. Usufruttuario Gli usufruttuari di una delle due unità immobiliari possono commissionare lavori urgenti anche nel dissenso del nudo proprietario (Corte di Cassazione 30/10/2007, n 22898). Parziale Quando in un edificio ci sono opere o impianti destinati a servire solo una parte dei condomini si parla di condominio parziale: è il caso, per esempio, delle scale e dell’ ascensore posti al servizio di un’ala dell’edificio, o di una canna fumaria utilizzata solo dalle unità immobiliari ubicate sulla sua verticale. In uno stesso condominio possono quindi coesistere parti (per esempio: facciata, tetto) comuni a tutti i condomini, e parti comuni a un numero ristretto di essi. Se l’assemblea deve deliberare su di un impianto comune soltanto ad alcuni condomini, nel calcolare la maggioranza si deve tener conto di essi e dei relativi millesimi (Corte di Cassazione 8/6/1995, n 6496). Allo scopo di rendere più efficiente la gestione dei condomini in cui questo tipo di situazione è particolarmente diffuso (Vi possono essere edifici con diversi androni e quindi diverse scale e ascensori ), può essere nominato un >>Consiglio di condominio. Corridoio: la Corte di Cassazione (Sentenza n. 21246 del 10/10/ 2007) ha escluso, con riferimento alla parte finale del corridoio, che possa configurarsi un’ipotesi di condominio parziale, se tale parte non è dotata di autonomia rispetto alla parte anteriore di esso, quanto meno come volume di spazio e aria, nonché dal punto di vista estetico; di conseguenza non può affermarsi che la parte finale del corridoio sia suscettibile 56 di godimento esclusivo da parte dei soli proprietari degli appartamenti che vi affacciano; di essa, pertanto, devono fruire anche i proprietari degli appartamenti che si aprono sul primo tratto. CONSIGLIO DI CONDOMINIO Il consiglio di condominio (Secondo comma dell’articolo 1130-bis codice civile) è un organo di raccordo fra condomini e amministratore, che può essere nominato dall’assemblea con il voto favorevole della maggioranza degli intervenuti, in rappresentanza di almeno 500/1000 (Tribunale di Milano 6/4/1992). E’ composto da un certo numero di condomini (Almeno 3 negli edifici con almeno 12 unità immobiliari). Generalmente vi un consigliere per ogni scala (Il cosiddetto caposcala) o edificio (Nel caso del super-condominio). Funzioni Il Consiglio di condominio è in un certo senso la cinghia di trasmissione fra i condomini e l’amministratore, o anche fra i condomini e l’assemblea, nel senso che cerca di filtrare le esigenze, le proposte, eventualmente le lamentele, dei condomini e degli inquilini abitanti nella scala o nell’edificio di competenza dei singoli componenti il Consiglio, per sottoporle agli organi canonici, amministratore soprattutto, nei cui confronti ha una funzione di controllo e di stimolo. Il Consiglio può anche collaborare con l’amministratore, coadiuvandolo nell’espletamento delle sue molteplici incombenze: si pensi alla preparazione di un capitolato di appalto o all’analisi dei preventivi quando si tratti di appaltarvi un’opera o un servizio, anche se la scelta spetta all’assemblea. Altra funzione del Consiglio di condominio è quella consultiva: quella, cioè, di dare pareri all’amministratore. In questo ambito il regolamento potrebbe, rifacendosi al diritto amministrativo, prevedere pareri facoltativi e pareri obbligatori. I pareri facoltativi sono quelli che l’amministratore è libero di chiedere o meno e, una volta che li abbia chiesti, di seguirli oppure no. I pareri obbligatori sono invece quelli che devono essere chiesti ma che possono non essere seguiti. La carica di consigliere di condominio non prevede compenso. CONTO CORRENTE L’amministratore (Settimo comma articolo 1129 codice civile) è obbligato a far transitare le somme ricevute a qualunque titolo dai condomini o da terzi, nonché quelle a qualsiasi titolo erogate per conto del condominio, su uno specifico conto corrente, postale o bancario, intestato al condominio. Quest’obbligo commette un’irregolarità di gestione tale da legittimare la richiesta di revoca al Tribunale (Tribunale di Milano 29/9/1993). Il Tribunale di Genova, a sua volta (Sentenza del 16/9/1993), ha sancito l’illegalità della delibera con la quale l’assemblea aveva stabilito di appoggiare l’amministrazione condominiale su un conto corrente intestato a una società di cui erano unici soci l’amministratore del condominio e sua moglie. Apertura L’apertura del conto corrente condominiale non richiede autorizzazione dell’assemblea; autorizzazione che sarebbe invece necessaria se l’amministratore volesse aprire una linea di credito a nome del condominio (Corte di Cassazione 10/5/2012, n 7162). Congiunto Se, per comodità operativa, è preferibile che gli assegni del conto corrente possano essere emessi, indifferentemente, dall’amministratore e da uno o più condomini, l’assemblea può validamente deliberare a riguardo con il voto favorevole della maggioranza degli intervenuti, in 57 rappresentanza di almeno 500/1.000. La circostanza, ovviamente, va formalizzata presso la struttura dove si apre il conto. Di contro, per evitare il rallentamento della gestione è sconsigliabile aprire un conto corrente con firma congiunta dell’amministratore e di un condomino. Controllo Ciascun condomino può, attraverso l’amministratore, chiedere di prendere visione ed estrarre copia, a proprie spese, degli estratti conto della banca e della posta, con la banca o la posta che può esigere una commissione per il servizio (Settimo comma articolo 1129 codice civile). Vantaggi Il conto corrente condominiale comporta diversi e sostanziali vantaggi: a) consente ai condomini di controllare la reale situazione economica del condominio e di verificare se questo viene amministrato correttamente; ciascun condomino può anche, per esempio, esigere che l’amministratore gli comunichi l’ammontare degli interessi attivi maturati, anche di quelli a lui imputabili pro quota (Tribunale di Milano 9/9/1991). b) evitare gli inconvenienti derivanti dal blocco del conto corrente personale dell’amministratore in seguito a decesso; c) impedisce che si crei confusione tra le diverse gestioni che fanno capo all’amministratore. CONTRATTI I contratti stipulati dall’amministratore nell’interesse del condominio sono vincolanti per i condomini, ai sensi dell’articolo 1131 codice civile. Deve ovviamente trattarsi di contratti stipulati nell’ambito dei criteri e degli importi di spesa fissati dall’assemblea (Corte di Cassazione 17/3/ 1993, n 3159). In particolare, ai contratti conclusi dall’amministratore con il “professionista“ come definito dall’articolo 3, lettera C), del Decreto Legge 6/9/2005, n 206, che disciplina i contratti del consumatore, si applica il secondo comma dell’articolo 35 di detto decreto, per il quale, in caso di dubbio sul senso di una clausola, prevede l’interpretazione più favorevole al consumatore; l’ amministratore, infatti, agisce quale mandatario con rappresentanza dei vari condomini, i quali devono essere considerati consumatori, in quanto persone fisiche operanti per scopi estranei ad attività imprenditoriale o professionale (Corte di Cassazione 24/7/2001, n 10086). CONTRIBUTI CONDOMINIALI I contributi condominiali sono costituiti dall’importo che i condomini devono versare periodicamente all’ amministratore per metterlo in grado di portare avanti la gestione ordinaria, o in occasione di una spesa straordinaria. Nel momento in cui i contributi condominiali escono dalla cassa comune per andare a coprire una spesa diventano >>Spese comuni. Acquirente L’acquirente di un appartamento può essere chiamato a pagare i contributi condominiali non onorati dal precedente proprietario; il IV° comma dell’articolo 63 disposizione att. Codice civile, infatti, stabilisce che chi subentra nei diritti di un condomino è obbligato, in solido con questo, al pagamento dei contributi relativi all’anno in corso e a quello precedente. Il Tribunale di Napoli (9/10/1978) ha precisato che non ci si deve riferire all’anno solare ma all’anno condominiale, ossia al periodo preso a riferimento ai fini della gestione, che può anche non coincidere con quello solare. Da ciò deriva che l’amministratore può rivolgersi, per il pagamento, indifferentemente al venditore o al compratore. Questi, se costretto a pagare, potrà naturalmente rivalersi nei confronti del 58 venditore, se i patti prevedevano che sarebbe stato lui a pagare. Prima di firmare l’atto di acquisto, quindi, è opportuno informarsi presso l’amministratore se e per quale importo il venditore è esposto nei confronti del condominio; se il debito dovesse essere particolarmente elevato, infatti, sarà bene inserire in atto una clausola che preveda la trattenuta, sul prezzo, della somma dovuta, in modo da non essere costretti a rimetterci nel caso in cui il venditore si renderebbe irreperibile o non avesse bene sui quali avvalersi. Quanto meno è opportuno specificare in atto che il pagamento dei contributi condominiali (Anche di quelli conseguenti a delibere adottate dall’assemblea fino ad una certa data) farà esclusivo carico al venditore. Questa clausola,se non mette l’acquirente al riparo dalla richiesta di pagamento avanzata dall’amministratore, serve quanto meno a rendere più agevole la dimostrazione dell’ obbligazione in capo al venditore qualora si dovesse andare in causa per il recupero del credito. Va detto, a riguardo, che in caso di vendita di unità immobiliare, qualora siano stati deliberati lavori di straordinaria manutenzione, di ristrutturazione o innovazioni, in mancanza di accordo tra le parti, nei pagamenti interni tra venditore e compratore, tenuto a sopportare i costi è chi era proprietario al momento della delibera dell’assemblea; di conseguenza, se le spese sono state deliberate antecedentemente alla stipulazione dell’atto di trasferimento dell’ unità immobiliare, ne risponde il venditore, a nulla rilevando che i lavori siano stati, in tutto o in parte, eseguiti successivamente. Pertanto, l’acquirente che fosse costretto a pagare in forza del principi di solidarietà passiva di cui sopra, ha diritto a rivalersi nei confronti del venditore (Corte di Cassazione 3/12/2010 n 24654). Il venditore, per parte sua, rimane obbligato solidalmente con il compratore per i contributi maturati fino al momento in cui è trasmessa all’amministratore copia autentica del titolo che determina il trasferimento del diritto. Attenzione, infine, a non acquistare senza garantirsi da chi sia in debito, oltre che dei contributi condominiali, anche delle spese legali sostenute dal condominio per il recupero coattivo del credito: il Tribunale di Roma, infatti (Sentenza del 17/10/1996), ha stabilito che la solidarietà dell’acquirente si estende ad esse. Appartamento disabitato Alle spese condominiali devono contribuire anche i proprietari che lascino le rispettive unità immobiliari disabitate, a meno che non vengano esonerati da tutti gli altri condomini. O, nel caso di riscaldamento centralizzato, non intervenga, ricorrendone i presupposti, il distacco dell’impianto, con conseguente diminuzione di questa voce di spesa; diciamo diminuzione perché un contributo per le spese generali è comunque dovuto dal condomino che rinuncia al servizio. Appartamento in comproprietà Ai fini del pagamento dei contributi condominiali fra i comproprietari di una stessa unità immobiliare qualsiasi accordo è valido. Nei confronti del condominio, però, essi sono responsabili in solido, con la conseguenza che l’amministratore può pretendere il pagamento dell’intero debito dall’ uno o dall’altro, salvo il diritto, per chi abbia pagato, di esigere dall’ altro o dagli altri la rispettiva quota (Corte di Cassazione 21/10/1987, n 4769). Interessi Il regolamento del condominio può prevedere che ai pagamenti effettuati con ritardo vengano applicati interessi di mora. Se non ne viene indicata la misura si applicano gli interessi legali. Interessi superiori a quelli legali (Per esempio bancari) possono essere previsti solo da un regolamento contrattuale (Corte di Cassazione 18/5/2011, n 10929). Se però sono 59 particolarmente elevati, possono essere ridotti dal giudice, anche d’ufficio, come stabilito da Corte di Cassazione SS.UU. con sentenza n. 18128 del 13/9/2005. GLI INTERESSI LEGALI NEL TEMPO Dal lontano 1942 (Anno in cui entrò in vigore il quarto libro del codice civile che comprende questa disposizione) al 15/12/1990, sono stati pari al 5% annuo; il 16/12/1990, e fino al 31/12/1996, furono portati al 10%, mentre dall’1/1/1997 furono stati nuovamente ridotti al 5%, ma con questa innovazione: il loro ammontare non viene più fissato per legge ma viene aggiornato annualmente con decreto del Ministro dell’economia e delle finanze entro il 15 dicembre dell’anno precedente a quello in cui il nuovo tasso sarà applicabile, tenuto conto del rendimento medio annuo lordo dei titoli di Stato di durata non superiore a 12 mesi del tasso d’inflazione registrato nell’anno (Se entro il 15 dicembre non viene fissata una nuova misura del saggio, questo rimane invariato per l’anno successivo). Riassumendo: dal 21 - 04 - 1942 al 15 1990 dal 16 - 12 - 1990 al 31 1996 dall’ 1 - 01 - 1997 al 31 1998 dall’ 1 - 01 - 1999 al 31 2000 dall’ 1 - 01 - 2001 al 31 2001 dall’ 1 - 01 - 2002 al 31 2003 dall’ 1 - 01 - 2004 al 31 2007 dall’ 1 - 01 - 2008 al 31 2009 dall’ 1 - 01 - 2010 al 31 2010 dall’ 1 - 01 - 2011 al 31 2011 dall’ 1 - 01 - 2012 al 312012 dall’ 1- 01 - 2013 al 31 2013 12 – 5% 12 – 10% 12 – 5 12 – 2,50 12 – 3,50 12 – 3 01 – 2,50 12 – 3 12 – 1 12 – 1,50 12 – 2,50 12 – Locazione L’amministratore non può agire, per il pagamento dei contributi condominiali, nei confronti del conduttore. Egli, infatti, deve riscuotere i contributi direttamente ed esclusivamente dai condomini, restando esclusa un’azione diretta nei confronti degli inquilini. Il locatore deve a sua 60 volta, per esigere il pagamento del conduttore, fornirgli un’adeguata giustificazione della spesa, anche sotto il profilo dell’indicazione dei criteri di riparto adottati, e offrirgli in visione i relativi documenti (Tribunale di Nocera Inferiore 6/5/1999). Morosità Salvo non sia stato espressamente esonerato dall’assemblea, l’amministratore, se il condominio non paga alla prevista scadenza, deve attivarsi, entro sei mesi dalla chiusura dell’ esercizio nel quale il credito esigibile è compreso (Nono comma art. 1129 codice civile), per il suo recupero coatto, inviando al debitore una lettera di sollecito e, battuta senza esito questa strada, provvedendo a richiedere al giudice competente per valore un >>Decreto ingiuntivo. Può anche sospendere l’erogazione dei servizi ad uso separato (Per esempio riscaldamento), ma solo se il condominio è in mora da almeno un semestre. Per il Pretore di Roma (Sentenza del 4/12/1997) la sospensione non è ammessa se il recupero del credito non è a rischio. L’assemblea può deliberare di ripartire provvisoriamente fra i condomini solvibili la quota dovuta da chi è in mora con i pagamenti, ma occorre distinguere. Se non ci sono creditori che premono -per esempio con azioni esecutive-, l’assemblea non può, a maggioranza, decidere di scaricare, sia pure temporaneamente, l’onere su coloro che sono in regola con i pagamenti; in tal caso, quindi, una decisione del genere potrebbe essere adottata soltanto all’unanimità. Se invece ricorre una situazione di effettiva e improrogabile urgenza, la delibera può essere adottata con il voto favorevole della maggioranza degli intervenuti all’assemblea, in rappresentanza di almeno 500/1.000 (Corte di Cassazione 21/10/1975, n 3463). Da ultimo il Tribunale di Salerno (Sentenza del 6/6/2009) ha sancito la nullità della delibera con la quale l’ assemblea aveva stabilito, a maggioranza, di ripartire tra i condomini solvibili il debito dei condomini morosi, con la motivazione che non sussiste, in capo ai condomini adempienti, alcun vincolo di solidarietà passiva nei confronti del terzo creditore, non potendosi perciò prefigurare alcuna urgenza derivante dalla possibile esecuzione individuale, che rimane comunque limitata alla quota dovuta da ciascun condomino. Diffusione elenco condomini morosi L’amministratore non può affiggere nell’ androne condominiale l’elenco dei condomini morosi, con l’invio a mettersi in regola o addirittura con l’indicazione dell’importo dovuto, dal momento che l’Autorità garante della protezione dei dati personali ha stabilito che questo tipo d’iniziativa contrasta con il diritto alla privacy dei destinatari. La Corte di Cassazione (Sentenza n. 35543 del 26/9/2007) ha addirittura ravvisato il reato di diffamazione nell’affissione nella bacheca condominiale, potenzialmente accessibile anche agli estranei, dell’elenco dei condomini morosi. Decisione confermata con sentenza n 13540 del 13/2/2008, che ha ravvisato il reato nell’affissione, in un luogo accessibile non già ai soli condomini (Per i quali può sussistere un interesse giuridicamente apprezzabile alla conoscenza dei fatti), ma a un numero indeterminato di altri soggetti, del comunicato nel quale un condomino era indicato come moroso. Sempre il Garante per la protezione dei dati personali, con nota del 21/7/2008 ha precisato che l’amministrazione può comunicare ai creditori del condominio i nominativi dei condomini morosi, i millesimi di cui sono titolati e gli importi dovuti. Il primo comma dell’ articolo 63 disp. Att. Codice civile, come modificato dalla legge di riforma, ha trasformato questa facoltà di un obbligo, stabilendo che l’amministratore è tenuto a comunicare ai creditori non ancora soddisfatti che lo interpellino i dati dei condomini morosi. Morte del condomino 61 Gli eredi del condomino devono concorrere al pagamento dei contributi condominiali in proporzione alla rispettiva quota ereditaria (Tribunale di Sanremo 8/5/1992). Nei confronti del condominio, però, essi rispondono in solido (Corte di Cassazione 20/1/2009). Per evitare il pagamento delle spese gli eredi possono rinunciare all’eredità o accettarla con il beneficio dell’inventario. Con la rinuncia l’ erede non percepisce nulla del patrimonio a lui devoluto. Con l’accettazione con beneficio d’inventario, invece, si redige l’inventario dei beni lasciati dal defunto, si pagano debiti e spese gravanti sull’ eredità, e l’eventuale residuo va all’erede. Se l’amministratore non conosce gli eredi del condominio può inviare la richiesta di pagamento, impersonalmente e collettivamente, Agli eredi di . . .“ presso l’ ultimo domicilio del defunto (Tribunale di Napoli 16/6/1992). Pagamento Di regola il condomino non può sospendere il pagamento dei contributi condominiali, né autoridursene l’importo (>>Riscaldamento centralizzato, Temperatura). Il Tribunale di Treviso, però (Sentenza del 21/1/2003), ha stabilito che, se l’amministratore, più volte sollecitato ad intervenire, trascura di curare la pulizia delle parti comuni dell’edificio, il condomino può sospendere il pagamento della parte di contributi riguardante il compenso dell’amministratore. Prescrizione I pagamenti periodici finalizzati alla copertura delle spese condominiali si prescrivono in cinque anni (Corte di Cassazione 28/8/2002, n 12596). La prescrizione inizia a decorrere dalla delibera con la quale l’assemblea ha approvato la ripartizione delle spese comuni (Corte di Cassazione 5/11/1992, n 11981). Anche il credito del locatore per il pagamento degli oneri condominiali posti a carico del conduttore dall’articolo 9 della Legge 27/7/1978, n 392, si prescrive al termine di cinque anni (Articolo 2948, n 3, codice civile). Ripartizione provvisoria L’assemblea può, a maggioranza, deliberare una ripartizione provvisoria dei contributi condominiali, salvo conguaglio, ma la provvisorietà dev’essere superata entro un ragionevole lasso di tempo, identificabile nella chiusura dell’esercizio cui la ripartizione si riferisce, o in altra data a questa prossima (Tribunale di Pavia 23/5/1988). In ogni caso, la ripartizione provvisoria può essere deliberata solo in assenza di un precedente diverso accordo (Corte di Cassazione 11/11/1992, n 12115). Separazione e divorzio Quando i coniugi si separano, alle pressoché immancabili questioni riguardanti l’affidamento dei figli, il pagamento dell’ assegno di mantenimento e l’uso della casa famigliare, può aggiungersi il dilemma di chi debba pagare le spese di condominio: problema particolarmente sentito nei casi in cui il godimento della casa venga attribuito dal Tribunale al coniuge non proprietario. L’assegnazione in godimento della casa famigliare è gratuita. Ma come comportarsi con le spese condominiali? La risposta viene da una sentenza della Corte di Cassazione (n.18476 del 19/9/2005), con la quale si è stabilito che la gratuità dell’ uso dell’abitazione non si estende alle spese collegate a tale uso, quali sono appunto le spese ordinarie di condominio, in quanto finalizzate alla manutenzione delle cose comuni poste a servizio della casa famigliare. Di conseguenza, salvo diverso accordo, obbligato al relativo pagamento è il coniuge cui è stato assegnato in godimento l’immobile, restando a carico del partner, che sia unico proprietario, l’obbligo di pagare le spese straordinarie: si pensi alla tinteggiatura della facciata o al rifacimento del tetto. Per quanto attiene, invece, ai rapporti coniugi-condominio, in mancanza di diverso accordo contenente l’indicazione di chi debba pagare, 62 accordo che dev’essere idoneamente portato a conoscenza dell’amministratore, questi è legittimato a chiedere il pagamento al coniuge proprietario dell’ appartamento. Nel caso in cui la casa sia in comproprietà fra gli ex coniugi, fermo restando che il coniuge assegnatario dovrà accollarsi le spese ordinarie, quelle straordinarie andranno ripartite in proporzione alla rispettiva quota di proprietà . >>Spese comuni. CONTROVERSIE Da un’indagine dell’ANAMMI (Associazione Nazionaleuropea Amministratori d’Immobili) risulta che le liti condominiali sono innescate, nell’ordine, dai rumori molesti, dagli odori di cucina, dall’utilizzo improprio delle aree comuni (Parcheggio soprattutto), dall’annaffiatura di piante e dalla gestione degli animali domestici (In testa i cani, seguiti a distanza dai gatti). Le cause condominiali, che stando alle statistiche del Ministero della Giustizia costituiscono oltre il 20% del contenzioso portato all’attenzione dei giudici, interessano circa due milioni di contendenti l’anno, su un totale di circa un milione di condomini: qualcosa, quindi come due litiganti per condominio, con 45% dei giudizi al Sud, il 35% al Centro e il 20% al Nord. La Corte Costituzionale, con sentenza del 24/10 /2012, ha dichiarato l’illegittimità costituzionale del Decreto Legislativo 4/3/2010, n 28, nella parte in cui ha introdotto l’obbligo di esperire il tentativo di conciliazione prima d’intraprendere un’ azione giudiziaria in materia civile e commerciale, e quindi anche condominiale, per cui si potrà adire direttamente l’Autorità Giudiziaria. Difesa Davanti al Giudice di pace le parti possono stare in giudizio personalmente, ossia senza l’assistenza di un avvocato, se il valore della controversia non eccede 1.100 €; per importi superiori occorre l’assistenza di un difensore. Il giudice, tuttavia, in considerazione della natura e dell’entità della causa, può autorizzare la parte a stare in giudizio di persona anche per importi superiori. In Tribunale, invece, è indispensabile l’assistenza di un avvocato, mentre davanti alla Corte di Cassazione occorre l’assistenza di un avvocato iscritto in uno speciale albo. Dissenso di un condominio Il condomino che voglia, dissociandosi dalla lite, separare la propria responsabilità da quella del condominio, deve, entro 30 giorni da quello in cui ha avuto la notizia della delibera con la quale l’assemblea ha stabilito di iniziare una causa o di resistere a una causa promossa da altri, notificare apposito atto all’amministratore. Il dissenso può essere comunicato anche a mezzo raccomandata con avviso di ricevimento (Corte di Cassazione 15/6/1978, n 2967) o risultare dal verbale della seduta se l’amministratore ne prende formalmente atto; questa sentenza, infatti, ha stabilito che la manifestazione del dissenso non richiede forme solenni. Il condomino che dissente dalla lite non può essere chiamato a sostenere le relative spese: l’eventuale delibera che lo prevedesse sarebbe radicalmente nulla (Corte di Cassazione 8/6/1996, n 5334). Egli può, salvo che il regolamento non lo vieti espressamente (Corte di Cassazione 5/12/2001, n 15360), partecipare a prendere la parola nelle assemblee in cui si discuta sull’opportunità di proseguire o meno la lite. Se l’assemblea, prima di deliberare se intraprendere o meno un’azione giudiziaria, incarica un avvocato di un parere tecnico, il condomino che si dissoci dalla successiva delibera con la quale l’assemblea decide di dar corso alla causa non può esimersi dal contribuire alla spesa richiesta dalla consulenza legale: avrebbe dovuto, infatti, impugnare la delibera con la quale il professionista è stato investito del parere, trattandosi di onere non riconducibile alla difesa del giudizio ma propedeutico ad essa 63 (Tribunale di Firenze 4/12/2006, n 4149). Per il Tribunale di Bologna (sentenza n 2618 del 12/10/2007) l’operatività dell’articolo 1132 codice civile (Riguardante appunto il dissenso di un condomino rispetto alla lite) non va oltre l’esonero dell’onere di partecipare alla rifusione delle spese di giudizio in favore della controparte, nell’ipotesi di esito sfavorevole per il condominio, lasciando la norma immutato l’onere di partecipare alle spese affrontate dal condominio per la propria difesa. Il Tribunale di Civitavecchia (sentenza n. 1806 del 26/11/2007) ha stabilito che il condomino che abbia vinto una causa nei confronti del condominio non è tenuto a contribuire alle spese legali da questo sostenute, dovendosi ritenere il condomino implicitamente dissenziente rispetto alla lite. Giudice competente Competente a decidere la maggior parte delle cause condominiali è il Giudice di pace. Si tratta, in particolare, delle controversie riguardanti: 1) la misura e le modalità d’uso dei servizi condominali (anche nel caso in cui riguardino i conduttori, Corte di Cassazione 21/2/2012, n 2483) 2) le >>Immissioni di fumo, calore, rumore ecc., che superino la normale tollerabilità. 3) l’ apposizione di termini (ossia dei segnali che delimitano il confine tra le due proprietà) e l’ osservanza delle distanze previste per la messa a dimora di alberi e siepi. In questi casi quella del Giudice di pace è una competenza per materia, vale a dire attribuitagli dalla legge indipendentemente dal valore della lite. Quando, invece, si discute se un condomino abbia o meno il diritto di fruire di una cosa o di un servizio comune, il giudice competente va individuato sulla base del valore della causa (Corte di Cassazione 14/6/1996, n 5467). In tale ipotesi, se si tratta di beni mobili, competente a giudicare è, fino a 5.000 €, il Giudice di pace, mentre se il valore della lite supera questo importo, o è indeterminabile, o riguarda beni immobili, la competenza è del Tribunale. Se il condomino contesta la delibera che lo chiama a contribuire alle spese comuni secondo una certa quota, il valore della causa coincide con l’intera somma deliberate non con la sola quota gravante sul condomino che agisce in giudizio; se invece la pretesa del condomino non è fondata sulla delibera ma su altro titolo, il valore della controversia coincide con la quota facente capo al condominio (Corte di Cassazione 22/1/2010, n 1201). Contro le sentenze del Giudice di pace può essere proposto appello davanti al Tribunale e quindi ricorso in Corte di Cassazione; se però il valore della controversia supera 1.100€ le sentenze possono essere impugnate esclusivamente per violazione delle norme sul procedimento, per violazione di norme costituzionali o comunitarie o dei principi regolatori della materia (Fanno eccezione le sentenze riguardanti i rapporti giuridici derivanti dalla stipulazione di contratti per adesione, appellabili regolarmente anche se il loro valore non supera il suddetto importo). Le sentenze che abbiano deciso una controversia di valore non superiore a 25,82€ sono comunque inappellabili (Articolo 440 codice penale), come sono inappellabili le sentenze relative a cause decise secondo equità su concorde richiesta delle parti (Secondo comma articolo 339 codice penale ). Se la causa viene portata all’attenzione del Tribunale, la relativa sentenza può essere impugnata davanti alla Corte d’Appello, la cui decisione, ricorrendo i presupposti previsti dall’articolo 360 codice penale (Per esempio. Nullità della sentenza o del procedimento), è a sua volta impugnabile davanti alla Corte di cassazione. Per quanto attiene alla competenza per territorio, competente a decidere sia le controversie fra condomini che quelle fra condomini e condominio, è il giudice del luogo in cui si trovano i beni comuni o la maggior parte di essi. 64 Spese La ripartizione fra i condomini delle spese di causa dev’essere fatta in proporzione ai millesimi di proprietà, salvo diverso accordo. Il condominio che abbia vinto una causa contro un condomino può pretendere che questi concorra pro quota al pagamento delle spese legali, ove queste non siano ripetibili (Ossia non possono essere pretese) dalla controparte (Che poi è lo stesso condomino, Corte di Cassazione 25/3/1970, n 801 ). CORTILE Nella nozione di cortile vanno compresi non solo la sovrastante colonna d’aria (Corte di Cassazione 30/7/1951, n 2252), ma anche gli spazi esterni che consentono l’accesso alla pubblica via (Corte di Cassazione 29/10/2003, n 16241), nonché le parti esterne alle facciate dell’edificio (quali gli spazi verdi, le zone di rispetto, le intercapedini), che sebbene non menzionati espressamente nel’ articolo 1117 codice civile devono ritenersi comuni ai sensi di questa norma (Corte di Cassazione 9/6/2000, n 7889). Il cortile è bene comune anche ai condomini proprietari di unità immobiliari che non vi affacciano, poiché è suscettibile di essere usato anche da costoro; per esempio per parcheggiarvi veicoli o depositarvi temporaneamente cose. Ciascun condomino può utilizzare liberamente il cortile, osservando le limitazioni contenute nel regolamento e rispettando il principio di non alterarne la destinazione o di non impedire agli altri comproprietari di farne parimenti uso secondo il loro diritto. Così, è lecito installare nel cortile comune un’autoclave autonoma, collocarvi una tubatura, interrarvi un serbatoio dell’impianto di riscaldamento, aprirvi una feritoia per dare aria e luce alla sottostante cantina. Consentita anche l’apertura di una finestra o di una porta in corrispondenza della propria unità immobiliare. Se i lavori coinvolgono anche la proprietà esclusiva del condomino, questi deve darne preventiva notizia all’amministratore, specificando i dettagli dell’intervento e le modalità di esecuzione. L’amministratore, a sua volta, ne riferisce all’ assemblea (Secondo comma articolo 1122 codice civile). E’ comunque opportuno avvisare l’amministratore - meglio ancora assicurarsi l’autorizzazione dell’assemblea - anche quando si tratti d’intervenire direttamente nel cortile, ed evitare contestazioni e screzi. Se questo spazio è adibito soltanto a transito pedonale, il condomino non può aprirvi un varco di accesso per automezzi, trattandosi d’ innovazione vietata e non di un uso più intenso ed esteso dell’area comune (Corte di cassazione 30/8/1991, n. 9273). Animali Un condomino non può far circolare il proprio cane in cortile, a condizione che ciò avvenga in modo da non impedire agli altri condomini di usare liberamente questo spazio comune l’animale al guinzaglio (Corte di Cassazione 3/11/2000, n 14353). Autoveicoli L’assemblea può vietare l’accesso al cortile degli autoveicoli dei condomini, ma se il divieto è indiscriminato diventa illegittimo perché lede il diritto di godimento della cosa comune ( Corte d’appello di Napoli 8/7/1965). Illegittimo anche concedere il cortile in locazione soltanto ad alcuni condomini, per uso parcheggio, poiché l’attribuzione è è lesiva del diritto che tutti hanno di usare la cosa comune in proporzione alla rispettiva quota (Tribunale di Milano 12/2/1987). Un’operazione che spesso genera attriti fra i condomini è quella di lavare l’auto in cortile utilizzando l’acqua condominiale. Questa attività dev’essere prevista dal regolamento e in ogni caso va condotta nel rispetto delle disposizioni comunali in materia d’igiene. Se poi il divieto di lavare l’auto è previsto da 65 un regolamento contrattuale, per abolirlo è necessaria l’unanimità (Tribunale di Piacenza 29/10/1992). Biciclette Comuni e Ragioni hanno emanato provvedimenti che, per invogliare l’ uso della bicicletta, scavalcano i divieti posti dai regolamenti di condominio. In Piemonte (Legge Regionale n. 33 del 17/3/1990) e in Lombardia (Legge regionale n 95 del 5/8/1992), per esempio, c’è l’obbligo per i Comuni di modificare i propri regolamenti e prevedere, nei nuovi progetti di edilizia residenziale e terziaria, spazi per il deposito di biciclette. Inoltre i proprietari di edifici pubblici residenziali devono prendere provvedimenti per ospitare le bici negli spazi comuni. In particolare, il Comune di Milano si è adattato alla disposizione inserendo nel regolamento d’igiene una norma per la quale “in tutti i cortili, esistenti o di nuova edificazione, deve essere consentito il deposito delle biciclette di chi abita o lavora nei numeri civici collegati al cortile“. L’acquisto e l’installazione di rastrelliere può essere deliberato dall’ assemblea anche nel caso in cui il regolamento vieti ogni uso del cortile che non sia d’interesse comune (Tribunale di Milano 12/12/1994). A proposito di biciclette, il furto di un oggetto depositato nel cortile condominiale è considerato furto in abitazione e in quanto tale è punito con la reclusione da 1 a 6 anni e con la multa da 309,00 a 1.032 € (Articolo 624-bis codice penale, Tribunale di Bari 2/3/2009, con riferimento al furto di un’autovettura). Comune a più condomini Se un cortile è posto al servizio di due o più condomini, in mancanza di un regolamento che ne disciplini l’uso non ci si deve rifare agli eventuali regolamenti dei singoli edifici ma alla normativa che disciplina la comunione: in particolare, all’articolo 1102 codice civile, con il risultato che ciascun condomino può servirsi del cortile, purché non ne alteri la destinazione e non impedisca agli altri partecipanti di farne parimenti uso secondo il loro diritto (Corte di Cassazione 10/3/1986, n 1598). Costruzione Il condomino può costruire manufatti in cortile, a condizione di non alterare la normale destinazione del bene comune e di non impedire agli altri condomini di farne parimenti uso. La costruzione, pertanto, è vietata se consiste in corpi di fabbrica aggettanti (Per esempio un ballatoio), con incorporazione di una parte della colonna d’aria sovrastante e utilizzazione della stessa via esclusiva (Corte di Cassazione 16/2/2005, n 3098), o se comporta un pregiudizio apprezzabile: per esempio una riduzione di aria e di luce in danno della proprietà esclusiva, anche di un solo condomino, o un impedimento della veduta in appiombo dei piani superiori (Corte di Cassazione 6/5/1972, n 1391). Giochi L’assemblea può deliberare, con il voto favorevole della maggioranza degli intervenuti, in rappresentanza di almeno 500/1.000, che una parte del cortile venga adibita ad area giochi per bambini. Questo anche in presenza dell’eventuale divieto contenuto in un regolamento contrattuale; infatti, i giochi dei bambini che si svolgono nel cortile o nel giardino condominiale non comportano né un’occupazione di questo spazio comune, né un’alterazione della sua destinazione ( Corte di Cassazione 8/7/1981, n 4479). Il Tribunale di Milano (Sentenza del 28/1/1991) ha precisato che deve trattarsi di bambini di età inferiore a 12 anni. Occorre in ogni caso fare attenzione a rispettare le eventuali indicazioni del regolamento, specialmente per quanto riguarda gli orari di utilizzo. Muri 66 I muri che delimitano il cortile non ne fanno parte integrante, stante la loro diversa funzione di concorrere a costruire la struttura portante dell’edificio, di contribuire alla formazione della sua linea architettonica e di proteggere le parti interne degli agenti atmosferici ( Corte di Cassazione 26/1/1998, n 714). Officina Un condomino può utilizzare il cortile comune per il passaggio delle auto dei clienti dirette alla sua officina, a condizione che si tratti di passaggio ridotto e inidoneo ad arrecare danno agli altri condomini (Corte di Cassazione 19/1/2005, n 1072). Pavimentazione Il Tribunale di Milano (Sentenza dell’8/5/1989) ha considerato la pavimentazione del cortile condominiale intervento di manutenzione straordinaria di notevole entità, la cui delibera richiede il voto favorevole della maggioranza degli intervenuti all’assemblea, in rappresentanza di almeno 500/1.000: sia in prima che in seconda convocazione. Quanto alla sostituzione della pavimentazione, il tribunale di Piacenza (Sentenza del 5/2/1991) l’ha considerata opera di ordinaria manutenzione e non innovazione, per cui può essere deliberata con il voto favorevole della maggioranza degli intervenuti all’assemblea, in rappresentanza di almeno 500/1.000. Bocca di lupo La possibilità di aprire nel piano del calpestio del cortile condominiale una bocca di lupo ( intendendosi per questa un varco idonea a far passare aria e luce) è stata riconosciuta dalla Corte di Cassazione con sentenza n. 1378 del 9/9/1970, a condizione che l’apertura fosse munita di solida griglia metallica. Spese I costi per la manutenzione del cortile vanno suddivisi in base ai millesimi di proprietà fra tutti i condomini, compresi quelli le cui unità immobiliari non affacciano su questo spazio comune. Ci si può però sottrarre alla spesa dimostrando che, data la particolare struttura dell’edificio, il cortile è al servizio esclusivo di alcune unità immobiliari. Se il cortile funge da copertura di un locale (Per esempio. Autorimessa) di proprietà solo di alcuni condomini, in mancanza di un titolo che disponga altrimenti si applica, per analogia, l’articolo 1125 codice civile, che pone a carico di coloro che utilizzano il piano di calpestio le spese da questo richieste, e a carico dei proprietari della sottostante autorimessa che spese riguardanti l’intonaco, la tinteggiatura e la decorazione del soffitto (Corte di Cassazione 14/9/2005, n 18194). Suddivisione fra i condomini L’assemblea può deliberare di dividere il cortile fra i condomini, trasferendone a ciascuno di essi una parte in proprietà esclusiva; l’operazione, però, richiede il consenso di tutti i condomini, consenso che deve risultare da atto scritto (Corte d’Appello di Perugia 9/2/1988). Occorre inoltre che la ripartizione avvenga senza pregiudizio dell’originario valore del bene, e in parti vantaggiosamente utilizzabili dai singoli condividenti (Corte di Cassazione 24/2 /1995, n 2117). Lettera D DANNO Caduta 67 Per chiamare il condominio a rispondere del danno provocato da una caduta avvenuta per le scale o in cortile, il, danneggiato deve provare il nesso di causalità fra la cosa comune e l’evento dannoso. Sussiste responsabilità del condominio, per esempio, se la caduta avviene lungo la rampa condominiale di accesso all’ autorimessa, a causa della presenza di una macchia di olio non visibile (Corte di Cassazione 20/10/2005, n 20317). Il tribunale di Nocera Inferiore (Sentenza n. 15 dell’8/1/2003), occupandosi di una fattispecie analoga, ha invece escluso la responsabilità del condominio poiché la caduta, occorsa sui gradini d’ingresso, era stata provocata da materiale scivoloso abbandonato sul posto da terzi, il cui comportamento è assimilabile al caso fortuito. La Suprema Corte (Sentenza n. 16607 del 1/6/2008) ha respinto anche il ricorso presentato da una signora che chiedeva il risarcimento del danno subito a causa della caduta occorsole nell’atrio dell’ edificio reso scivoloso dalla cera applicata dal custode dello stabile, frammista all’acqua piovana trasportata dal passaggio degli inquilini; ciò in quanto la vittima, pur potendo verificare in condizioni di normale visibilità che il pavimento appariva in condizioni di percepibile scivolosità, non aveva prestato la normale diligenza e la dovuta, particolare attenzione alla situazione anomala dei luoghi. A proposito di corrimano, il Tribunale di Milano (Sentenza n. 10587 del 30/9/2005) ha chiamato il condominio a rispondere, ai sensi dell’articolo 2051 codice civile, del danno occorso a una persona caduta lungo la scala di accesso al cortile, risultata priva di corrimano. Il Tribunale di Terni ( sentenza del 12/8/1997) ha escluso la responsabilità del condominio nel caso di una persona che, abbandonando il normale tragitto, aveva scelto un percorso diverso tra fioriere e gradini, subendo gravi danni in seguito ad una caduta favorita anche dalla scarsa visibilità. Il condomino, a differenza di chi si reca saltuariamente o per la prima volta nell’edificio, conosce lo stato dei luoghi; di conseguenza, se a causa di un guasto all’impianto d’illuminazione cade per le scale fidandosi della conoscenza del percorso e omettendo di procedere con la dovuta attenzione, il condominio non è tenuto al risarcimento del danno (Tribunale di Roma 16/9/1995). A riguardo la corte di Cassazione (sentenza n. 11592 del 13/5/2010) ha respinto la domanda risarcitoria di un condomino che era caduto per le scale a causa dell’acqua piovana entrata da una finestra notoriamente difettosa, trattandosi di evento che il danneggiato poteva prevedere. Il Tribunale di Aosta (Sentenza n. 79 del 16/6/2010) ha escluso la responsabilità del locatore nel caso del conduttore scivolato sulla pavimentazione del cortile condominiale a causa del mancato sgombero della neve, motivando col fatto che, con la stipulazione del contratto di locazione, l’obbligo di custodia ex articolo 2051 codice civile, e il conseguente obbligo di provvedere alla suddetta operazione, si trasferisce al conduttore. Il Tar del Lazio, infine (Sentenza n. 2695 del 13/4/2005), non ha considerato infortunio in itinere la caduta di chi scende le scale di una casa per recarsi al lavoro. Responsabilità del condominio, invece, per la caduta provocata dall’errata posa in opera del tappeto-moquette situato nell’ atrio (Parte pelosa rivolta verso il pavimento e parte gommosa rivolta verso l’alto, Tribunale di Milano 21/3/1991) o dal sollevamento di un suo lembo scollato (Corte di Cassazione 9/6/1983, n 3971). Lo stesso dicasi se la caduta è provocata da un gradino rotto o sconnesso (Tribunale di Monza 2/10/2007). Caso fortuito Il condominio non ha alcuna responsabilità per il danno che non si poteva evitare: quello provocato dalla rottura di un collettore condominiale in seguito ad un temporale di violenza tale da non poter essere previsto usando la normale diligenza ( Tribunale di Verona 28/3/1973). Caso fortuito anche nell’allagamento di un appartamento dovuto a una pioggia di eccezionale intensità, con il condominio 68 che aveva provato di aver provveduto scrupolosamente alla manutenzione del sistema di smaltimento delle acque (Corte di Cassazione 16 /5/2011, n. 10720). Il Giudice di pace di Napoli, invece (Sentenza del 24/7/1996), ha ritenuto il condominio responsabile dal danno occorso al veicolo di un condomino in seguito alla caduta di un’ inferriata, di una colonna in pietra, di calcinacci e di una pianta nel corso di un temporale con vento molto forte; il condominio, infatti, non aveva provato di aver adottato le misure atte ad evitare possibili danni. Esistenziale Il danno esistenziale, ossia, il disagio psicologico (Per esempio: nittitazione, ansia, frustrazione, perdita di tempo) prodotto ad una persona da un errore o da un disservizio altrui - si pensi al trambusto conseguente alla infiltrazioni di acqua proveniente dal soprastante lastrico solare - non è automaticamente risarcibile, avendo le Sezioni Unite della Corte di Cassazione statuito (Sentenza n 26972 dell’11/11/2008) che esso non costituisce una sottocategoria del danno non patrimoniale: risarcibile, questo, soltanto nei casi stabiliti dalla legge, ai sensi dell’articolo 2059 codice civile. Così, nell’esempio, se le infiltrazioni costringono chi le ha subite a convivere per alcuni giorni con il disagio conseguente alle necessarie riparazioni, questo tipo di fastidio non è risarcibile; se invece le infiltrazioni sono tali da costringerlo a trasferirsi in albergo per alcuni giorni, ha diritto al rimborso, da parte del condominio, della relativa spesa, detratta la quota a suo carico in quanto ad un tempo danneggiato e danneggiante. Lastrico solare di uso esclusivo Dei danni derivanti dal lastrico solare di un esclusivo ne rispondono tutti i condomini, nella proporzione prevista dall’articolo 1126 codice civile: un terzo a carico del proprietario esclusivo del lastrico ed i restanti due terzi a carico dei proprietari delle unità immobiliari cui il lastrico serve da copertura (Corte di Cassazione 13/3/2007, n 5848). Se però il danno è dovuto a fatto e colpa di chi ha l’uso esclusivo del lastrico, sarà soltanto questi a doverlo risarcire. Locazione Il locatore, conservando la disponibilità giuridica, e quindi la custodia delle strutture murarie e degli impianti in esse conglobati (Come cornicioni e tetti), è responsabile in via esclusiva, ai sensi degli articoli 2051 e 2053 codice civile, dei danni arrecati a terzi da dette strutture e impianti, salvo eventuale rivalsa nei confronti del conduttore che abbia omesso di avvertirlo della situazione di pericolo. Con riguardo, invece, alle altre parti comuni e agli ascensori del bene locato, nei cui confronti il conduttore acquista detta disponibilità con facoltà e obbligo d’intervenire per evitare pregiudizio ad altri (Come i servizi dell’appartamento o le piante di un giardino), la responsabilità verso terzi grava, ai sensi dell’articolo 2051 codice civile, soltanto sul conduttore medesimo (Corte di Cassazione 10/2/2003, n 1948). Quanto ai danni causati al conduttore dalle cose comuni, ne risponde il condominio, in quanto custode delle parti e dei servizi comuni. Marciapiede esterno all’edificio Del danno provocato a un passante da alcune buche presenti sul marciapiedi pubblico antistante l’edificio condominiale risponde l’ente pubblico, cui incombe l’ obbligo di manutenzione non solo della sede stradale (Corte di Cassazione 3/8/2005, n 16226). Parti comuni Provocato: del danno derivato agli stessi condomini o a terzi (per esempio un conduttore, un passante) da parti comuni dell’edificio risponde il condominio, in quanto custode del fabbricato: come nel caso della caduta della classica tegola, dovuta a cattiva manutenzione del tetto ( Corte di 69 Cassazione 6/5/1983). Ricorrendone i presupposti (Per esempio vizio di costruzione e garanzia decennale non scaduta), il condominio può rivalersi nei confronti del costruttore (Corte di Cassazione 8/11/2007, n 23308). Il risarcimento del danno derivante da parti comuni dell’edificio va ripartito fra i condomini su base millesimale. Se il fabbricato è coperto da assicurazione, il risarcimento riguarderà soltanto la quota di danno eventualmente non coperta dal massimale per il quale è stato stipulato il contratto. In particolare, dei danno derivanti a terzi da parti comuni dell’edificio i condomini rispondono in solito ai sensi degli articoli 2051 e 2055 codice civile. Ciò significa che il danneggiato può rivolgersi, per il risarcimento, indifferentemente all’uno o all’altro condomino. Chi ha pagato per tutti è può a sua volta agire nei confronti dei colleghi per il rimborso della quota da ciascuno dovuta in base ai millesimi di proprietà ( Corte di Cassazione 25/6/1990, n 6405). Subito Il condomino può agire in giudizio in prima persona per ottenere il risarcimento dei danni subiti dalle parti comuni dell’edificio, ma nei limiti della sua quota (Tribunale di Napoli 3/6/1970). Prescrizione Il diritto al risarcimento del danno derivante da una parte comune dell’edificio o dall’unità immobiliare di un condomino si prescrive (Primo comma articolo 2947 codice civile) in cinque anni dal giorno in cui il fatto si è verificato. Il terzo comma dello stesso articolo precisa che, se il fatto è considerato dalla legge come reato, e per il reato è stabilità una prescrizione più lunga, questa si applica anche all’azione civile. Provocato dal condomino Ciascun condomino risponde in prima persona del danno provocato a un altro partecipante alla comunione, a terzi (Per esempio conduttore) o alle parti comuni dell’edificio: tipico esempio l’allagamento dell’appartamento sottostante causato dalla rottura di un tubo. Come previsto dall’articolo 2043 e segg. Codice civile, la responsabilità si estende ai comportamenti tenuti dai figli minori, dai domestici e dagli animali di cui si abbia la custodia. La Corte di Cassazione ( sentenza n 7890 del 22/7/1999) ha stabilito che il condominio risponde del danno derivato dagli altri condomini dei guasti verificatesi nella sua proprietà esclusiva, e deve pertanto farsi carico delle relative conseguenze economiche, soltanto qualora abbia riconosciuto la propria irresponsabilità o questa sia stata accertata giudizialmente; in mancanza di uno di questi presupposti, quindi, la spesa dev’essere suddivisa provvisoriamente fra tutti i condomini, sulla base degli ordinari criteri di ripartizione. Provocato dall’incaricato di una riparazione Del danno provocato dalla persona incaricata di effettuare una riparazione alle parti comuni dell’edificio risponde la stessa persona o comunque la ditta da cui dipende. Potrebbe però esserci un concorso di responsabilità da parte del condominio, circostanza da accertarsi caso per caso (Tribunale di Milano 17/4/1989). Ripartizione provvisoria Se il danno alle parti comuni è stato provocato da uno o più condomini, in attesa che vengano accertate le responsabilità l’assemblea può ripartire la spesa occorrente alla riparazione in base ai millesimi di proprietà, salvo il diritto, in capo al condominio e ai singoli condomini, di agire nei confronti di chi risulterà responsabile (Corte di Cassazione 27/6 /1978, n 3176), Subito dal condominio 70 In capo al condominio che abbia ricevuto un danno da una parte comune dell’edificio si radicano due posizioni giuridiche soggettive diverse e separate: da un lato quella di danneggiato, avente diritto in quanto tale al risarcimento, e dall’altra quella di danneggiante, in quanto facente parte del condominio (Tribunale di Napoli 26/9/1984); di conseguenza il risarcimento da diminuito dell’ importo da lui dovuto. DEBITI DEL CONDOMINO I condomini rispondono delle obbligazioni assunte nel loro interesse dall’amministratore debitamente autorizzato: queste, infatti, sono direttamente riferibili ad essi. Le sezioni Unite della Corte di Cassazione, ponendo fine a un contratto giurisprudenziale che durava da decenni, con sentenza n. 9148 dell’8/4/2008 avevano stabilito che la responsabilità dei condomini di fronte alle obbligazioni assunte dal condominio è parziaria e non solidale, per cui ciascun condomino avrebbe dovuto rispondere soltanto alla propria quota di debito. Usiamo il condizionale perché il secondo comma dell’articolo 63 disponibile att. Codice civile, nel testo modificato dalla legge di riforma, ha reintrodotto la solidarietà passiva fra i condomini, sia pure temperata dall’ obbligo della preventiva escussione: la riforma, infatti, stabilisce che i creditori non possono agire nei confronti degli obbligati in regola con i pagamenti, se non dopo l’escussione degli altri condomini. Nei rapporti, invece, fra condominio e comproprietari di un’unità immobiliare, sussiste piena solidarietà passiva (Corte di Cassazione 24/4/2008, n 14813). Qualora, infine, l’amministratore assuma un’obbligazione eccedendo i limiti del mandato, ne risponde in proprio, a meno che l’ assemblea non ne ratifichi l’operato. DECORO ARCHITETTONICO Per decoro architettonico s’intende “l’estetica data dall’insieme delle linee e delle strutture che connotano il fabbricato e gli imprimono una determinata, armoniosa fisionomia“ (Corte di Cassazione 3/9/1998, n 8731); ogni innovazione che pregiudichi questa identità esterifica è pertanto illegittima. Il decoro architettonico non è un valore assoluto, ma dev’essere valutato in relazione alle caratteristiche specifiche dell’ edificio, ma anche a quelle dell’ambiente in cui esso è ubicato (Corte di Cassazione 10/12/1979, n 6397). Il decoro architettonico è anche suscettibile di valutazione economica, in quanto concorre a determinare sia il valore delle proprietà individuali sia quello delle parti comuni dell’edificio (Corte di Cassazione 31/7/1987, n 6640). La possibilità di alterare questa identità esteriore è sempre in agguato: si tratta d’installare un’antenna parabolica o una canna fumaria, un condizionatore d’aria o delle inferiate, o di trasformare il balcone in veranda. Alterazione Per il Pretore di Capri (Sentenza del 26/5/1990) gli elementi da prendere in considerazione per stabilire se un intervento condotto sull’edificio abbia o meno provocato alterazione del decoro architettonico sono tre: l’esistenza di un effettiva turbativa, una diminuzione di valore dell’interro edificio e delle singole unità immobiliari che lo compongono, l’utilità derivante dalle opere e dagli interventi realizzati. Pertanto, se al danno economico prodotto dall’alterazione del decoro si accompagna un’utilità tale da compensarlo, non vi è turbamento. A riguardo la corte di cassazione (Sentenza n. 15/5/1987, n 4474, ha considerato legittimi gli interventi che, pur ledendo il decoro architettonico del fabbricato, non provocano un danno economicamente valutabile, o pur provocandolo, si accompagnano ad un’utilità tale da compensare un’alterazione architettonica che 71 non sia grave e appariscente: un’applicazione di questo principio può essere costituita dall’installazione di inferriate per motivi di sicurezza. Sempre la Corte di Cassazione (Sentenza n. 6341 del 16/5/2000) ha identificato l’alterazione del decoro architettonico non nelle opere che producono un mutamento delle originarie linee architettoniche dell’ edificio, ma in quelle che si riflettono negativamente nel suo aspetto armonico. Alcuni esempi di situazioni in cui i giudici hanno ravvisato alterazione del decoro architettonico: nella realizzazione sul balcone di una struttura in ferro che altera il rigoroso ordine geometrico che caratterizzava la successione verticale dei balconi (Tribunale di Napoli 9/2/1978); nella posa in opera dei doppi infissi metallici (Pretore di Taranto 23/10/1982); nella sostituzione dei serramenti delle finestre, se il regolamento, ancorché approvato soltanto a maggioranza, prevede che la sostituzione debba avvenire con manufatti uguali a quelli precedentemente installati (Corte di Cassazione 3/9/1998, n 8371); nell’installazione di un cartellone pubblicitario occupante l’intera parete esterna dell’ edificio (App. di Milano 17/6/1997 ); nella sostituzione del rivestimento della facciata dell’edificio in cortina o listelli similari con intonaco civile ai silicati (Tribunale di Roma 9/6/2009, n 12573); nella sostituzione degli infissi in alluminio di una veranda con una struttura in muratura a vetrate a nastro (App. di Napoli 14/5/2009, n 1637); nella realizzazione di un ascensore che aveva comportato la modifica dell’originario aspetto di una parte dell’edificio (Cass. 24/3/2004, n 5899). Se però l’installazione avviene per favorire un disabile o un anziano, è consentita ancorché comporti alterazione del decoro architettonico dell’edificio (Corte di Cassazione 25/10/2012, n 18334). Pertanto prima di avventurarsi nell’introduzione di un’innovazione, è consigliabile acquisire l’autorizzazione dell’assemblea, meglio ancora di tutti gli altri condomini, dal momento che la violazione del decoro architettonico può essere eccepita anche da un solo condomino: sia in sede civile che in sede penale e amministrativa (Corte di Cassazione 5/2/1985, n 805). Ai fine dell’alterazione del decoro architettonico sono ininfluenti sia il grado di visibilità delle innovazioni contestate, in relazione ai diversi punti di osservazione dell’edificio, sia la presenza do altre modiche non autorizzate (Corte di Cassazione 16/1/2007, n 851). Successivamente la Suprema Corte ha mutato indirizzo (Sentenza n. 14992 del 7/9/2012), stabilendo - con riferimento all’installazione di tubi di gas e cavi elettrici, posta in essere da un condomino in presenza di un decoro architettonico alterato da preesistenti interventi modificativi, di cui non era stato preteso il ripristino -che una modifica non può essere ritenuta pregiudizievole per il decoro architettonico se apportata ad un edificio la cui estetica sia già stata menomata da precedenti lavori, o se la costruzione è di mediocre livello architettonico. Per la Corte D’appello di Napoli, invece (Sentenza del 6/8/1996, l’alterazione può riguardare anche un edificio che non abbia particolare pregio artistico. Non è stata infine ritenuta lesiva del decoro architettonico l’esposizione di panni su un balcone o all’esterno delle finestre, trattandosi i un comportamento saltuario che non modifica stabilmente le linee architettoniche dell’edificio, ne quella di stracci e tendaggi sul lastrico solare condominiale, trattandosi di oggetti collocati provvisoriamente e facilmente rimovibili (Corte di Cassazione ordinanza n.1326 del 30/1/2012). Aspetto architettonico Analogo al concetto di decoro architettonico è quello di aspetto architettonico, che assume rilievo in materia di esercizio del diritto di sopraelevazione da parte del proprietario dell’ultimo piano e che la stessa Corte di Cassazione (Sentenza n. 8861 del 28/11/1987) ha definito come la “caratteristica principale insita nello stile architettonico dell’edificio“. I giudici hanno ravvisato 72 un’alterazione di questo connotato dell’edificio, per esempio, nella diversa composizione dei materiali usati, nella minore altezza del piano dell’edificato rispetto a quelli preesistenti, nel tipo di copertura, nelle caratteristiche degli infissi. Ai fini dell’alterazione dell’aspetto architettonico, la valutazione va condotta in relazione alla visibilità dell’opera e all’esistenza di un danno economico valutabile (Corte di Cassazione 22/1/2005, n 1025). Successivamente, però (Sentenza n. 851 del 16/1/2007), la stessa Suprema Corte ha stabilito che, una volta accertata la lesione del decoro architettonico a seguito di opere innovative, nessuna influenza in proposito può essere riconosciuta alla maggiore o minore visibilità, trattandosi di una tutela accordata in sé e per sé, a prescindere da situazioni contingenti. Regolamento. Il regolamento può vietare qualsiasi opera modificatrice, anche migliorativa, del decoro architettonico dell’edificio, ma dev’essere contrattuale (Corte di Cassazione 12/12/1986, n 7398). Ancorché approvato a maggioranza, invece, può contenere norme intese a tutelare il decoro architettonico dell’edificio, tali da incidere anche sulla sfera della proprietà esclusiva dei condomini, nei limiti in cui ciò si riveli necessario in funzione della salvaguardia del bene comune protetto (Corte di Cassazione 3/9/1998, n 8731). L’alterazione del decoro architettonico non può essere eccepita da un confinante con l’edificio condominiale, dal momento che questo concetto opera soltanto nei confronti dei condomini di questo. DECRETO INGIUNTIVO L’amministratore, se i solleciti rivolti ai condomini in mora con i pagamenti non sortiscono effetto, può chiedere al giudice, sulla base dello stato di ripartizione delle spese approvato dall’assemblea, l’ emanazione di un decreto ingiuntivo immediatamente esecutivo nonostante opposizione; ciò significa che il debitore può opporsi al decreto entro 40 giorni dalla notifica, ma deve pagare subito se vuole evitare il pignoramento dei beni. La provvisoria esecuzione del decreto non può invece essere accordata se la richiesta viene avanzata sulla base dei prospetti mensili non contestati dalle spese condominiali (Corte di Cassazione 10/4/1996, n 3296). Il condomino non può opporsi al decreto eccependo l’annullabilità della delibera posta a fondamento dello stesso: avrebbe dovuto, infatti, impugnare direttamente la delibera nel termine di 30 giorni previsto dall’articolo 1137 codice civile. Il decreto ingiuntivo non può essere emesso nei confronti dell’ex condomino; dal momento in cui il trasferimento dell’unità immobiliare viene reso noto al condominio (Corte di Cassazione 9/9/2008, n 23345) infatti, lo status di condomino appartiene all’acquirente. Con sentenza n. 23686 del 9/11/ 2009) la suprema corte ha ulteriormente precisato che la qualifica di condomini si perde con l’atto notarile che trasferisce la proprietà dell’immobile, per cui il decreto ingiuntivo relativo alle spese deliberaste dopo il rogito ma prima della sua trascrizione non può essere chiesto nei confronti del venditore (>>Contributi condominiali, Acquirente). DELIBERE ASSEMBLEARE La delibera è l’atto con il quale l’assemblea decide in merito a una questione riguardante la vita condominiale: si tratta della nomina dell’amministratore, del rifacimento del tetto, o di modificare il regolamento. Essa è il risultato del voto espresso, direttamente o per delega, dai singoli condomini ( >>Assemblea, Voto) e dev’essere adottata con la prevista maggioranza variabile a seconda dell’ importanza della decisione (>>Assemblea, Maggioranza). Amministratore decaduto 73 La delibera adottata dall’assemblea convocata da un amministratore la cui nomina venga successivamente dichiarata nulla è valida se l’assemblea era validamente costituita ( Tribunale di Milano 18/05/1992 ). Annullamento La sentenza di annullamento di una delibera ad opera del giudice si estende a tutti i condomini (Corte di Cassazione 26/1/2000, n 852). In analogia a quanto previsto dall’articolo 2377 codice civile per la società per azioni, il giudice non può annullare una delibera impugnata ma sostituita nel frattempo da altra delibera adottata in conformità alla legge ( Corte di Cassazione 29 /8/1998, n 8622). Circolare La delibera non può essere sostituita da una circolare firmata dalla maggioranza dei condomini: la volontà del condominio, infatti, si deve esprimere in sede di assemblea ( Corte di Cassazione 28/10/1982, n 5646). Di conseguenza la circolare può essere impugnata senza limite di tempo. Efficacia La delibera, una volta adottata, è automaticamente obbligatoria e operativa per tutti i condomini, fino all’eventuale provvedimento di sospensione del giudice (Articolo 1137 codice civile); essa, quindi, non perde valore per il fatto che la maggioranza dei condomini si comporti in modo difforme rispetto al suo contenuto, ma resta in vigore fino a quando non venga revocata dall’assemblea o annullata dal giudice (Corte di Cassazione 25/5/1984, n 3236). La delibera ha efficacia anche nei confronti di chi subentra a chi era condomino nel momento in cui fu adottata (Tribunale di Milano 25/6/1986), con l’avente causa ( per esempio acquirente, erede) che, se la delibera incide nella sua sfera giuridica e non è scaduto il termine di legge, è legittimato ad impugnarla ( Corte di Cassazione 10/9/1976, n 4137). Forma La delibera dev’essere messa per iscritto, nel verbale dell’assemblea, come previsto dal settimo comma dell’ Articolo 1136 codice civile. La forma scritta, oltre a lasciare una traccia del lavoro svolto dall’ assemblea, serve a dare ai condomini assenti la possibilità di conoscere la delibera adottata e, se del caso, impugnarla. Di regola l’adozione della forma scritta è richiesta ad probationem, ossia al fine di poter provare, in un eventuale giudizio, che quella determinata decisione è stata effettivamente adottata. Se però la delibera contiene dichiarazioni che incidono sui diritti immobiliari di uno o più condomini (Si pensi alla costituzione di una servitù), la forma scritta è richiesta ad substantiam, ossia ai fini della stessa esistenza pena nullità (Corte di Cassazione 30/5/1978, n 2747). Impugnazione Una delibera può diventare oggetto di controversia giudiziaria anche se adottata con la prevista maggioranza: per esempio, perché l’assemblea ha dato il via libera a un intervento di straordinaria amministrazione che però non figurava all’ordine del giorno, o perché è stato trattato nell’ambito delle “varie ed eventuali“ anziché essere espressamente indicata nell’ordine del giorno (Tribunale di Roma 19/6/2012, n 12684). Anche le delibere aventi contenuto negativi (Per esempio, la bocciatura della proposta di ripristino dell’ascensore) sono impugnabili al pari di tutte le altre (Corte di Cassazione 14/1/1999, n 313). Il condomino deve avere un interesse concreto all’impugnazione della delibera, nel senso che da un’eventuale decisione favorevole del giudice deve derivargli un vantaggio effettivo e non solo teorico, astratto ( Corte di Cassazione 1/12/2000, n. 74 15377). Successivamente, però, la stessa Corte di Cassazione (Sentenza n. 4270 del 23/3/2001) ha stabilito che si può agire per fare annullare una delibera contraria alla legge avendo il solo interesse a rimuovere l’atto viziato. Oltre che dai condomini assenti o allontanata tosi prima della votazione, o che abbiano votato contro, la delibera può essere impugnata da chi si è astenuto dal voto (Corte di Cassazione 9/12/1988, n 6671); il Tribunale di Bologna, però, con ordinanza del 25/5/1995, lo ha escluso, perché l’astenuto non può essere considerato dissenziente, non avendo espresso alcuna volontà. Altri soggetti ammessi dai giudici a impugnare le delibere sono l’acquirente subentrato nella proprietà del condominio, ma non convocato per l’assemblea (Corte di Cassazione 10/9/1976, n 4137), e il delegante se il delegato ha avuto contro (App. Milano 27/2/1998). Chi ha votato a favore della delibera può impugnarla solo se essa è nulla, e sempre che con il proprio voto non abbia assunto o riconosciuto una sua personale obbligazione; se invece si tratta di delibera annullabile (>>Invalidità) non è ammesso ad impugnarla (Corte di Cassazione 16/11/1992, n 12281). L’impugnazione dev’essere proposta, attraverso un avvocato, davanti al giudice e non, per esempio, con una semplice contestazione scritta indirizzata all’amministratore (Corte di Cassazione 14/7/1989, n 3291). Il ricorso all’autorità giudiziaria non blocca l’operatività della delibera, a meno che non intervenga un provvedimento di sospensione da parte del giudice. La delibera può essere impugnata dal conduttore se comprime o nega un suo diritto sul bene comune (Tribunale Di Roma 10/3/2011, n 5179); ciò anche al di fuori delle materie sulle quali ha diritto di voto, purché vi abbia interesse (Trib. Di Monza 8/2/2002). Il conduttore non può, invece, impugnare le delibere aventi per oggetto, per esempio, la nomina dell’ amministratore o l’approvazione del regolamento di condominio (Corte di Cassazione 18/8/1993, n 8755). Le delibere aventi per oggetto l’adozione di un criterio di ripetizione delle spese diverso da quello stabilito dall’articolo 1123 codice civile o da un regolamento contrattuale devono essere adottate all’unanimità; pertanto, se approvate a semplice maggioranza sono nulle e impugnabili in qualsiasi tempo. Le delibere, invece, con le quali le spese vengono concretamente ripartite fra i condomini seguendo un criterio diverso da quello stabilito dal citato articolo e dal regolamento contrattuale, sono annullabili e quindi impugnabili nel termine di decadenza di 30 giorni (Corte di Cassazione 5/8/1988, n 4851). Annullabile anche la delibera se la spesa è priva, in tutto o in parte, di dimostrazione; l’assemblea, infatti, deve poter sindacare la spesa nei suoi elementi giustificativi, elementi che l’amministratore è tenuto ad offrire in esame (Tribunale di Genova 5/12/1983) Non è però indispensabile che la delibera indichi con precisione l’ammontare di una spesa, se i dati in essa riportati sono sufficienti a determinare l’entità (Cassazione 9/7/1971, n 2217). Non si può, infine, invocare la nullità di una delibera che abbia approvato una spesa senza indicare il criterio di ripartizione ( Corte di Cassazione 1/9/1999, n 10886). Invalidità Una delibera è invalida quando è affetta da vizi più o meno gravi. Nel primo caso ( Vizi meno gravi) si parla di nullità, mentre nel secondo (Vizi più gravi) si parla di annullabilità. In particolare, la delibera è nulla quando il vizio che la caratterizza è insanabile: per esempio: perché è stata approvata la maggioranza mentre era richiesta l’unanimità (Tribunale di Brescia 6/7/2000), con riferimento all’introduzione, nel regolamento, del divieto di battere i tappeti), perché incide sulla proprietà esclusiva di un condomino senza il suo consenso, o riguardo ad un oggetto impossibile o illecito (Corte di Cassazione 22/11/2002, n 16485): come nel caso in cui disponga la realizzazione di un’ opera edilizia abusiva o tale che, se posta in esecuzione, pregiudicherebbe la sicurezza 75 dell’edificio (Corte di Cassazione 25/1/2007, n 1626). Nulla anche la delibera avente per oggetto una materia che esula dalle competenze dell’ assemblea (Corte di Cassazione 2/10/2000, n 13013), o adottata dopo che la seduta, già dichiarata chiusa con alcuni condomini che si erano allontanati, era stata riaperta (E’ invece valida se, pur a seduta chiusa, sono presenti tutti i condomini e l’approvazione interviene all’unanimità). La delibera nulla può essere impugnata in qualsiasi tempo: non vi è, un termine di decadenza, a meno che non sia misurata usucapione in favore della persona avvantaggiata dalla decisione. È invece annullabile, come già detto, la delibera caratterizzata da un vizio meno grave. È annullabile, per esempio, la delibera adottata in un giorno diverso da quello per il quale l’assemblea era stata convocata o su di un oggetto non compreso nell’ordine del giorno (Corte di Cassazione 5/5 /2009, n 10344), se non è stato rispettato il termine di 5 giorni previsto per la convocazione dell’assemblea, se la seconda convocazione dell’assemblea, se la seconda convocazione si è tenuta lo stesso giorno della prima, se un condomino ha preso parte alla votazione con un numero do deleghe superiore a quello previsto dal regolamento o dalla legge >>Assemblea, Delega (Corte di Cassazione 12/12/1986, n 7482). In questi caso la delibera diventa valida se non viene impugnata entro 30 giorni. Il termine decorre dal giorno dell’assemblea per i dissenzienti e dal giorno in cui si riceve copia del verbale della seduta per gli assenti l’eventuale vizio della comunicazione della delibera a un condomini non incide sulla validità della delibera stessa ma rileva ai soli fini della decorrenza del termine utile per l’assegnazione (Corte di Cassazione 22/5/1974, n 1507) se l’ultimo giorno utile per impugnare una delibera cade di giorno festivo, per il tribunale (Sentenza del 31/1/1980) il termine non è automaticamente prorogato al primo giorno non festivo successivo; non cosi per il pretore di Verona (Sentenza del 12/2/1990). Nel dubbio, quindi, è bene impugnare la delibera per tempo. Può anche accadere che una delibera sia in parte valida e in parte nulla o annullabile. Pertanto, se la maggioranza viene raggiunta solo per alcune parti della delibera, la decisione è valida limitatamente a queste (Corte di Cassazione 28/3/1995, n 3680). Maggioranza Se una delibera era stata adottata in prima convocazione senza che sussistesse la maggioranza richiesta affinché la seduta potesse essere dichiarata aperta (Assemblea, Maggioranza), non può essere modificata in seconda convocazione. È infatti necessario provvedere a una nova convocazione dell’assemblea (Corte di Cassazione 29/3/1982, n 1930) Modifica Una delibera adottata all’unanimità può essere successivamente modificata a maggioranza, a condizione che il quorum sia quello previsto dalla legge per quel tipo di assemblea e per quel tipo di delibera (Corte di Cassazione 19/10/1961, n 2246). Ratifica L’assemblea può ratificare una delibera nulla, purché lo faccia con la prevista maggioranza. Nel qual caso la delibera nulla è sanata con effetto retroattivo (Corte di Cassazione 13/6/1991, n 6697). Sospensione Gli elementi in presenza dei quali il giudice può disporre la sospensione di una delibera sono il probabile fondamento della richiesta di sospensione e il pericolo nel ritardo, vale a dire la possibilità che da un ritardo nell’adozione del provvedimento di sospensione possano derivare dei danni al richiedente o ad altri. DISTANZE 76 Dal confine Fra le costruzioni edificate su fondi confinanti, se non sono unite o aderenti, vi dev’ essere una distanza di almeno 3 metri (Articolo 873 codice civile); i regolamento comunali possono però imporre una distanza maggiore. Distanze minime dal confine sono previste, fra l’altro, per la posa in opera di tubi dell’ acqua, del gas e simili (Un metro ), per l’evacuazione di pozzi e di fosse biologiche (Due metri), per la messa a dimora di siepi e alberi (>>Alberi ). In particolare, nel calcolo della distanza fra pareti finestrate e pareti di edifici antistanti, effettuato in occasione di una >>Sopraelevazione, si deve far riferimento ad ogni punto dei fabbricati e non alle sole parti che si fronteggiano, e indipendentemente dal fatto che la parete sopraelevata si trovi alla stessa o a diversa altezza rispetto all’altra (TAR Toscana 22/1/ 2007, n 55). Il consiglio di stato ( Sentenza n 2847 del 17/5/2012) ha precisato che, in tema di distanze legali tra edifici, rientrano nel concetto civilistico di costruzione le parti dell’edificio (Quali, per esempio, le scale e le terrazze ) che, seppure non corrispondenti a volumi abitativi coperti, sono destinate ad ampliare la consistenza del fabbricato. Non sono invece computabili le sporgenze estreme del fabbricato che abbiano una funzione meramente ornamentali, di finitura, oppure accessoria di entità limitata: per esempio: mensole e grondaie. In condominio Le norme relative alle distanze fra costruzioni devono essere osservate anche all’ interno del condominio: sia nel rapporto fra proprietà individuali e parti comuni che in quello fra proprietà individuali, a condizione, però, che il loro rispetto non sia incompatibile con l’esercizio di fondamentali diritti condominiali. In caso di contrasto prevalgono le norme relative all’uso delle cose comuni, con conseguente inapplicabilità di quelli relative alle distanze legali, che vengano pertanto trovarsi in rapporto di subordinazione rispetto alle prime (Corte di Cassazione 9/10/1998, n 9995). Successivamente, però, la stessa (Corte di Cassazione sentenza n. 13170 del 25/10/2001), ha stabilito che il principio dell’inapplicabilità della normativa sulle distanze legali, se può valere con riferimento alle opere eseguite sulle parti comuni, non si estende ai rapporti fra singole proprietà. Alla luce di questo criterio è stata ritenuta illegittima, per esempio, l’apertura di una finestra sul muro condominiale senza che fosse stata rispettata la distanza di legge in materia di vedute (Corte di cassazione 4/8/1988, n 4844). Di contro, l’articolo 889 codice civile, relativo alle distanze da rispettare per pozzi, cisterne, fossi e tubi, non è stato ritenuto dai giudici applicabile agli edifici in condominio quando si tratti d’ impianti indispensabili ai fini di una concreta e moderna abitabilità (Corte di Cassazione 20/8/1999, n. 8801). Per quanto attiene, in particolare, ai pannelli solari, la disciplina della distanza dal confine è quella dettata dall’articolo 890 codice civile (Pret. Pietrasanta 2/4/1985), ossia quella stabilita dai regolamenti e, in mancanza , quella necessaria a preservare i fondi vicini da ogni danno alla solidità, alla salubrità e alla sicurezza. Agli effetti del rispetto delle distanze verticali, per costruzione deve intendersi non solo l’opera che abbia le caratteristiche di un edificio in muratura, ma anche ogni manufatto che possegga i caratteri della stabilità e dell’immobilità rispetto al suolo, ancorché si tratti di un semplice accessorio (Corte di Cassazione 23/1/1982, n 448). Con una precedente decisione (N. 12907 del 22/11/1955) la stessa Corte di Cassazione aveva stabilito che, agli effetti del rispetto delle distanze verticali, per costruzione deve intendersi non solo il manufatto in mattoni e cemento, ma qualsiasi opera, di qualsiasi specie, che ostacoli l’esercizio della veduta. A riguardo la Suprema Corte, con sentenza n. 20092 del 12/7/2011, ha stabilito che la costruzione di una pensilina a 77 distanza inferiore a quella legale è legittima se i materiali usati, in quanto trasparenti e fragili, non privano della veduta in appiombo i condomini dei piani superiori e non facilitano l’accesso a detti piani da parte di malintenzionati. Tende e verande Vi sono delle opere che sfuggono, in considerazione della loro natura, al regime delle distanze legali: che non è stata ritenuta dalla Corte di Cassazione (Sentenza n. 2873 del 18/3/1991) “costruzione“; la tenda non deve però comportare, in danno di altro condomino, una diminuzione del godimento dell’aria, della luce e della possibilità di esercitare la veduta in appiombo sullo spazio sottostante. Diverso, invece, il caso di una veranda che, realizzata da un condomino sul proprio balcone, dovesse protendersi in altezza a distanza inferiore a quella legale rispetto alla finestra del sovrastante appartamento, di proprietà di altro condomino; sempre i giudici della Corte di Cassazione infatti, (Sentenza n 682 del 28/1/1984), ne hanno ordinato l’abbassamento, fino a osservare la distanza legale (Tre metri dalla parte inferiore della finestra). DOCUMENTAZIONE I condomini e i titolari di diritti reali o di godimento sulle unità immobiliari (Per esempio: usufruttuario) possono prendere visione dei documenti giustificativi di spesa in ogni tempo ed estrarre copia a proprie spese (Primo comma articolo 1130-bis codice civile). Pertanto il condomino ha la facoltà di ottenere dall’amministratore l’esibizione dei documenti contabili, non solo in sede di approvazione del bilancio annuale da parte dell’assemblea, ma anche al di fuori di tale sede, senza essere tenuto a specificare la ragione per la quale intende prendere visione o estrarre copia dei documenti medesimi, sempre che l’esercizio di tale potere non intralci l’attività amministrativa e non sia contrario ai principi di correttezza (Corte di Cassazione 29/11/2001, n 15159). Se l’amministratore disattende la richiesta, avanzata da un condomino, di esaminare la documentazione riguardante un argomento all’ordine del giorno dell’imminente assemblea, l’eventuale delibera che dovesse essere adottata è annullabile, in quanto la lesione del diritto che il condomino ha all’informazione incide sul procedimento di formazione della maggioranza assembleare (Corte di Cassazione 19/5/2008, n 12650). Per il Tribunale di Bologna (Sentenza del 25/3/1999) la mancata presenza dei documenti giustificativi del bilancio all’assemblea convocata per la sua approvazione non è causa d’invalidità della delibera; nel caso esaminato dai giudici bolognesi, però, nessuno dei partecipanti aveva chiesto di esaminare la documentazione, e non vi era alcuna prova che l’amministratore ne avesse negato la visione nei giorni precedenti l’assemblea, in cui era obbligato a tenerla a disposizione dei condomini. Conservazione Le scritture e i documenti giustificativi devono essere conservati per dieci anni dalla data della relativa registrazione (Primo comma articolo 1130-bis codice civile): termine, questo, coincidente con quello ordinario di prescrizione. Irregolarità Se il precedente amministratore ha disperso i documenti condominiali, e si nutrono sospetti sulla correttezza della sua gestione, il nuovo amministratore può chiedere ai fornitori, facendo carico al condominio delle eventuali spese, copia della documentazione intrattenuta con il precedente professionista e, una volta raccolto le prove sufficienti e dimostrarne la responsabilità contabile, 78 chiedere all’assemblea di essere autorizzato ad intraprendere un’azione giudiziaria per la restituzione delle somme e il risarcimento del danno. Pagamenti Il nuovo amministratore, se non viene autorizzato dall’assemblea, non può approvare incassi e spese condominiali risultanti dai prospetti sintetici consegnatigli dal precedente amministratore; pertanto, l’aver accettato tali documenti non costituisce prova del debito dei condomini a tal fine l’approvazione del rendiconto da parte dell’assemblea (Corte di Cassazione 4/6/1999, n 5449). Restituzione Al termine dell’incarico l’amministratore deve riconsegnare tutta la documentazione condominiale in suo possesso ed espletare le attività urgenti atte ad evitare pregiudizi agli interessi comuni, senza diritto a ulteriori compensi (Ottavo comma articolo 1129 codice civile ). Se, a causa della ritardata consegna della documentazione, il condominio riceve un danno, l’amministratore è tenuto a risarcirlo (Tribunale di Bari 17/3/2010, n 967). E’ considerata tardiva la consegna effettuata in seguito a ordine del giudice (Tribunale di Milano 5/11/1992). Se poi, per farsi restituire la documentazione, si è costretti a ricorrere alla polizia giudiziaria, l’amministratore è passibile di denuncia per il reato appropriazione indebita aggravata ( punito dall’articolo 646 codice penale con la reclusione fino a 3 anni e con la multa fino a 1.032 € ), con l’amministratore subentrato legittimato a costituirsi parte civile nel processo penale, senza necessità di autorizzazione dell’assemblea (Tribunale di Roma, 20/7/2007). Lerttera E/F ESALAZIONI E FUMI Rientrano nelle >>Immissioni e in quanto tali non possono essere impediti se non superano la normale tollerabilità, tenuto conto delle condizioni di tempo e di luogo. FACCIATA Il termine facciata, parlando di condominio, ha un significato più ampio di quello usato nel linguaggio comune. Per facciata, infatti, non s’intende solo la parete esterna dell’edificio, ma anche gli elementi che, pur appartenendo alle singole unità immobiliari, ne costituirono parte integrante: un esempio classico è costituito dagli elementi decorativi dei balconi (>>Balcone), che se destinati all’abbellimento della facciata nel suo insieme (Accertamento da condurre caso per caso) sono considerati parti comuni dell’edificio (Corte di Cassazione 7/9/1996, n 8159). Ogni modifica della destinazione d’uso delle parti comuni dell’edificio (A maggior ragione la facciata) è realizzabile se non pregiudica la stabilità o la sicurezza dell’edificio, o non ne altera il >>Decoro architettonico ( sesto comma articolo 1117-ter codice civile); il mancato rispetto di questo principio rende illegittima l’eventuale delibera adottata. Opera illegittima 79 Chi è chiamato in causa per aver eseguito sulla facciata un’opera illegittima non può eccepire che in precedenza interventi simili non sono stati contestati; si tratta, infatti, dei rapporti giuridici distinti, che possono essere fatti valere disgiuntamente (Tribunale di Napoli 10/10/1973). Ponteggio Se, per l’effettuazione di lavori alle parti comuni dell’edificio, si rende necessario installare un ponteggio sulla proprietà esclusiva di un condomino, ciò non fa sorgere automaticamente, in capo al proprietario dello spazio, il diritto a percepire un indennizzo (Tribunale di Roma 10/12/2007). Se però la presenza del ponteggio, magari per mesi, causa un danno alla proprietà esclusiva del condomino, questi ha diritto a un’adeguata indennità, ai sensi del secondo comma dell’articolo 843 codice civile. Possibile anche, a questo fine, occupare temporaneamente una striscia di terreno confinante con l’edificio condominiale, per consentire il rifacimento della facciata autorizzato dal Comune (Tribunale di Salerno 27/1/2004). Danni Dei danni provocati dal ponteggio installato sul suolo condominiale risponde, ai sensi dell’articolo 2051 codice civile, l’appaltatore dei lavori, in quanto custode dell’impalcatura: come nel caso dei danni provocati dalla caduta, dal ponteggio, di materiali sulle autovetture parcheggiate nei pressi (Tribunale di Messina 12/6/2012, n 1238). Furto Se un condomino subisce un furto nella propria abitazione ad opera di malviventi che si sono serviti del ponteggio predisposto dall’appaltatore per l’effettuazione dei lavori sulle parti comuni dell’edificio, dei danni risponde l’appaltatore, ai sensi dell’articolo 2043 codice civile, qualora non abbia adottato le cautele idonee ad evitare l’uso anomalo dell’impalcatura e creando di conseguenza un agevole accesso ai ladri (Corte di Cassazione 11/2/2005, n 2844). L’appaltatore, infatti, è tenuto a custodire e vigilare l’impianto per tutta la durata delle opere, predisponendo appositi sistemi di antifurto o d’allarme sull’impalcatura, al fine di evitare furti negli appartamenti, mentre l’ amministratore del condominio è estraneo ad ogni rapporto tra appaltatore e condomini (Tribunale di Roma 21/10/2002). Per il Tribunale di Milano (Sentenza n. 2328 del 28/10/2002) c’è una responsabilità solidale dell’impresa e del condominio se questo, invitato dall’appaltatore e dotar l’impalcatura d’idoneo antifurto, abbia rifiutato questa forma di custodia e vigilanza. Nel qual caso il danneggiato può pretendere il risarcimento, indifferentemente, dall’impresa o dal condominio (Chi paga si rivarrà nei confronti del corresponsabile per la quota da questi dovuta). La responsabilità dell’appaltatore è stata ribadita dalla Corte di Cassazione 11/6/2008, n 15492, con riferimento ad un imprenditore che aveva trascurato le più elementari norme d diligenza e perizia, e quindi la doverosa adozione di cautele idonee a impedire l’uso anomale dell’impalcatura, creando cosi colposamente un agevole accesso ai ladri. Con una successiva decisione (N. 6435 del 17/3/2009), però, la Suprema Corte ha mutato indirizzo, chiamando il condominio a rispondere per omessa custodia ai sensi dell’articolo 2051 codice civile, insieme all’appaltatore, del furto consumato tramite impalcatura sprovvista delle luci esterne e degli altri dispositivi di sicurezza volti a garantire ”l’inviolabilità degli appartamenti“. Da ultimo la Suprema Corte (Sentenza n. 12274 del 27/5/2009) ha sancito l’esclusiva responsabilità dell’appaltatore ex articolo 2061 codice civile, quale custode dei beni presenti nel cantiere. Spesa 80 L’installazione del ponteggio fa parte dei costi complessivi per il rifacimento della facciata: il relativo onere, quindi, dev’essere ripartito fra i condominio in base ai millesimi di proprietà. Se poi alcuni condomini approfittano della presenza del ponteggio per eseguire interventi nella propria unità immobiliare, la spesa richiesta dal montaggio, l’utilizzo e lo smontaggio della struttura andrà suddivisa per la durata (Espressa in giorni) dei lavori. Il quoziente cosi ottenuto va moti plicato per il periodo in cui il ponteggio è servito esclusivamente ad alcuni condomini, ponendo a loro carico la relativa spesa. In questo contesto non si tiene conto dell’altezza del piano dal suolo; all’altezza che, invece, va considerata nel caso in cui i condomini decidano di noleggiare una struttura per eseguire esclusivamente lavori nelle rispettive proprietà: paga di più chi sta più in alto. Rifacimento Per decidere il rifacimento della facciata è necessario il quorum prescritto per le riparazioni straordinarie di notevole entità (App. di Napoli 29/10/1971); pertanto l’intervento dev’essere deliberato con il voto favorevole della maggioranza degli intervenuti all’assemblea, in rappresentanza di almeno 500/1.000, anche in seconda convocazione ( quarto comma articolo 1136 codice civile). Alla copertura della spesa, da suddividersi in base ai millesimi di proprietà, devono contribuire tutti i condomini, ad eccezione dei proprietari di sole autorimesse separate dall’edificio, anche se situate all’interno del perimetro condominiale (Corte di Cassazione 2/2/1995, n. 1255). Quando, in occasione del rifacimento della facciata, vengono eseguiti interventi sia ornamentali della stessa facciata sia protettivi delle proprietà esclusive (Per esempio il rifacimento della pennellatura, che assolve alla duplice funzione di abbellimento della facciata e di protezione dei balconi degli agenti atmosferici), la spesa dev’essere ripartita per quote distinte, seguendo il criterio dettato dal secondo comma dell’articolo 1123 codice civile (Corte di Cassazione 23/12/1992, n 13655): si tratta quindi di stabilire qual è la quota di spesa attinente all’aspetto esteriore della facciata (Da ripartire fra tutti i condomini), e quale, invece, la parte a carico dei soli condomini che traggono dall’intervento anche un’ utilità diretta. FALLIMENTO Amministratore L’amministratore di condominio, ancorché eserciti la propria attività in forma associata, svolge un servizio che rientra fra le attività intellettuali; pertanto non può essere dichiarato fallito in proprio e nemmeno come socio di fatto dell’associazione (Tribunale di Bologna 2 /7/1997). Condomino Se un condomino, per il fatto di svolgere attività commerciale, viene dichiarato fallito ed è in mora con il pagamento dei contributi condominiali, il condominio deve chiedere di essere ammesso al passivo del fallimento per il credito vantato, come previsto dall’articolo 61 della legge fallimentare. L’insinuazione può avvenire per l’intero importo, anche se il fallito è comproprietario dell’ immobile con il coniuge (Tribunale di Milano 27/7/1995). Contributi condominiali. I contributi per le spese di manutenzione ordinaria e straordinaria, e quelli per le innovazioni, sono prededucibili ai sensi dell’articolo 111 della legge fallimentare, se divenuti esigibili durante la procedura concorsuale in seguito all’ emanazione di decreto ingiuntivo. L’amministratore può pertanto depositare nei termini di legge gli atti del fallimento del condomino una domanda di ammissione al passivo, con allegato il decreto ingiuntivo, richiamando nel testo il titolo che da diritto alla prelazione (Articolo 30 della legge di di riforma). 81 FASCICOLO DI FABBRICATO Conosciuto anche come “Libretto casa“, è stato introdotto nel 1999, a garanzia della sicurezza degli edifici, soprattutto per cercare di evitare incendi, esplosioni, crolli. Si tratta di una sorta di patentino nel quale devono essere indicati tutti gli elementi utili a questo fine: per esempio caratteristiche del sottosuolo sul quale insiste la costruzione (Dev’essere legata la planimetria), tipologia delle strutture di fondazione e in elevazione, descrizione delle eventuali modifiche introdotte nelle parti comuni dell’edificio o sulle singole unità immobiliari, eventuali presenze di fessure o lesioni, rispondenza a norma degli impianti. Questi elementi devono essere indicati sul libretto, obbligatorio per tutti gli edifici, da un tecnico iscritto all’albo, o vanno aggiornati periodicamente (Ogni otto anni per il comune di Roma). Il libretto casa, vera e propria carta d’identità del fabbricato, dev’essere trasmessa al Comune e costituisce documentazione indispensabile per l’ottenimento di autorizzazioni e certificazioni da parte della pubblica Amministrazione. La sua introduzione è però ancora in discussione, avendo incontrato ostacoli sia a livello di Confagricultura, Confcommercio e Confedilizia, sia da parte della stessa Autorità giudiziaria: il Consiglio di Stato, infatti, con ordinanza del 2/7/2002, ha sospeso l’entrata in vigore del fascicolo di fabbricato nel Comune di Roma, motivando col fatto che non vi è una legge che preveda, in campo al Comune, la facoltà d’intuirlo, mentre la Corte Costituzionale, con sentenza n. 315 del 28/10/2003, ha dichiarato l’illegittimità della legge della Regione Campania che aveva istituito il “Il libretto“. Da ultimo, il TAR del Lazio (Sentenza n 12320 del 13/11/2006) ha sancito la legittimità del “libretto“. FIBRA OTTICA In seguito al rinvio fatto dal settimo comma dell’articolo 1 della Legge 18/6/2009, n 69, al tredicesimo comma dell’articolo 2-bis del D.L. 23/1/ 2001, n 66, l’esecuzione dei lavori aventi per oggetto il passaggio di cavi in fibra ottica può essere deliberata con il voto favorevole della maggioranza degli intervenuti all’assemblea, in rappresentanza di almeno 334/1.000. FINESTRA Va premesso che il secondo comma dell’articolo 1122 codice civile stabilisce che, il condomino che esegua un’opera su parti di proprietà o uso individuale, deve darne preventiva notizia all’amministratore, specificando i dettagli dell’intervento e le modalità di esecuzione. L’amministratore, a sua volta, ne riferisce all’assemblea (Secondo comma dell’articolo 1122 codice civile). Pertanto tutti gli interventi sotto descritti sono subordinati all’adempimento di quest’ obbligo. Apertura In mancanza di un divieto contenuto nel regolamento contrattuale del condominio, il condomino può aprire una finestra nel muro comune, anche nel caso in cui affacci sul cortile condominiale, a condizione che l’innovazione non alteri la stabilità o il decoro architettonico dell’edificio, e non leda i diritti degli altri condomini; si tratta, infatti, di una facoltà compresa nel diritto di servirsi delle parti comuni dell’edificio per il miglior godimento di esse (Corte di Cassazione 4/2/1988, n 1112). Occorre ovviamente mettersi in regola con il Comune (>>Distanze). Vietato, invece, aprire una porta-finestra per mettere in comunicazione l’area comune con l’unità immobiliare che il condomino 82 dovesse possedere in una costruzione adiacente all’edificio condominiale, perché cosi facendo si verrebbe ad asservire il bene comune a un bene di proprietà esclusiva (Corte di Cassazione 1/12/2000, n 15390). Doppie finestre L’applicazione di doppie finestre è consentita, a condizione che non alterino il decoro architettonico dell’edificio. È fatto ovviamente salvo l’eventuale divieto contenuto nel regolamento contrattuale del condominio, come nel caso in cui gli infissi non si limitano a rinforzare quelli preesistenti, ma intercludano spazi dei balconi prima aperti, creando un effetto di “tutto pieno“ laddove in precedenza esisteva un’alternanza fra “pieni“ e “vuoti“ (App. Milano 19/11/1993). L’applicazione delle doppie finestre non comporta aumento della volumetria e, quindi non occorre permesso edilizio (Corte di Cassazione 6/4/1998 ). Trasformazione (In balcone) In mancanza di un divieto contenuto nel regolamento contrattuale del condominio, la trasformazione di una finestra in balcone, innestando sul muro perimetrale la relativa soletta, è consentita se non pregiudica la stabilità o il decoro architettonico dell’edificio e non lede il diritto all’uso o al godimento delle parti comuni dell’edificio da parte degli altri condomini (>>Distanze). Il Tribunale di Napoli (Sentenza del 25/10/1989), per esempio, ha dato ragione al condomino che aveva contestato la delibera con la quale l’assemblea, a maggioranza, aveva autorizzato un altro proprietario a trasformare una finestra in un balcone la cui soletta si sarebbe venuta a collocare a un metro e mezzo dalla pavimentazione del cortile condominale. Questo perché l’innovazione sottraeva, di fatto, una parte del cortile all’uso e al godimento degli altri condomini. In porta In mancanza di un divieto contenuto nel regolamento contrattuale del condominio, la trasformazione di una finestra in porta rientra fra i diritti che gli articoli 1102 e 1122 codice civile riconoscono ai condomini sulle cose comuni. L’intervento, però, non è consentito se pregiudica la stabilità o il decoro architettonico dell’ edificio, o se lede il diritto all’ uso o al godimento delle parti comuni da parte degli altri condomini (Corte di cassazione 23/4/1980, n 2676). Stesso discorso per la trasformazione della finestra in porta-finesta (Corte di Cassazione 28/11/1987, n 8861). Consentito anche trasformare una finestra in porta di accesso al cortile condominiale, poiché questo tipo d’intervento non costituisce abuso del muro comune, né lede il compossesso degli altri condomini (Corte di cassazione 4/2/1988, n 1112). FIORIERE La spesa per le fioriere collocate sui pianerottoli e nell’ androne condominiale va ripartita fra i condomini in proporzione ai millesimi di proprietà. La Corte i Cassazione (sentenza n. 6624 del30/3/ 2012), con riferimento alle fioriere in cemento realizzate dal costruttore per delimitare la superficie dell’appartamento situato all’ultimo piano dell’edificio e non sporgenti rispetto al muro perimetrale dello stesso, ha ritenuto prevalente, all’esito di una consulenza tecnica, rispetto a quella di contribuire al decoro architettonico dell’edificio, ponendo le relative spese a esclusivo carico del proprietario. Rimozione 83 Un condomino può essere obbligato a rimuovere le fioriere collocate sul proprio balcone, a condizione che si dimostri che alterano il decoro architettonico dell’edificio o che creano una situazione di pericolo. FOGNATURA Allaccio Il condomino non può allacciare water alla fognatura condominiale, servendosi dei pozzetti d’ ispezione situato nel proprio garage, se ciò comporta la soppressione della funzione specifica del pozzetto, che è quella di consentire le periodiche ispezioni dell’impianto (Corte di Cassazione 26/ 11/2002, n 16847). All’impianto comunale Se i lavori di allaccio al sistema fognario comunale, interessano solo alcune unità immobiliari, la spesa dev’essere ripartita tra i rispettivi proprietari, in proporzione ai millesimi di proprietà, salvo diverso accordo al quale abbiano aderito tutti i condomini. La stessa regola vale per le spese di spurgo. In particolare, se gli appartamenti sono dotati di fosse biologiche separate, ma collegate a un collettore condominiale che immette i liquami della fognatura pubblica, l’impianto è considerato comune; è pertanto legittimo il criterio di eseguire lo spurgo contestuale dei pozzetti, ripartendo la spesa su base millesimale. Nulla vieta che i condomini si accordino per provvedere singolarmente all’operazione, anche se questa soluzione è sconsigliabile perché potrebbe creare inconvenienti all’impianto, per non parlare del fastidio arrecato alla frequente presenza, nell’area condominiale, del mezzo adibito a quest’attività. Danni Se la fognatura causa danni a un condomino, ne risponde il condominio se derivano infiltrazioni provenienti dal tratto di fognatura condominiale che arriva fino al punto dell’innesto della rete pubblica. Se invece i danni derivano dalla parte esterna dell’impianto, ne risponde il Comune: per esempio perché dovuti a cattiva manutenzione (App. di Roma 30/11/1964 ) se poi il danno proviene dalla fognatura posta al servizio di una sola scala o di una parte di essa, la spesa grava sui condomini che traggono utilità dall’impianto che ha provocato il danno, in proporzione ai rispettivi millesimi. Se, invece, si dimostra che l’occlusione della fognatura, e quindi il danno, sono riconducibili a fatto e colpa di un condominio, dei danni risponde questi (Corte di cassazione 23/10/1998, n 10556). Spese Le spese richieste dall’impianto fognario condominiale vanno ripartite fra i condomini delle unità immobiliari che vi sono allacciate, in base ai millesimi di proprietà salvo diverso accordo, e sempre che un regolamento contrattuale non chiami a contribuire alla spesa anche i proprietari delle unità immobiliari non servite dall’impianto. FONDO COMUNE L’accantonamento di un fondo comune per far fronte a spese più o meno ingenti e impreviste è legittimo, ma solo se deliberato all’unanimità (Corte di Cassazione 21/8/1996, n 7706). In precedenza la Suprema Corte (sentenza n. 1553 del 13/12/1988) aveva riconosciuto la legittimità di un fondo di riserva deliberato a maggioranza (ai sensi del secondo comma dell’articolo 1105 codice civile) e costituito dai canoni di locazione provenienti da alcuni locali condominiali. Il Tribunale di Napoli (Sentenza del 26/1/1994) ha ritenuto nulla la delibera con la quale l’ assemblea 84 aveva costituito un fondo da investire in titoli pubblici, per sopperire a future spese straordinarie non determinate né determinabili, mentre il Tribunale di Roma (sentenza del 22/5/1986) ha sancito che l’ assemblea non può chiamare un condomino a partecipare alla costituzione di un fondo avente lo scopo di fronteggiare la sua morosità e le spese di una causa avviata a questo titolo nei suoi confronti. Anche se la costituzione del fondo è consigliabile, per ridurre l’ impatto che spese inattese possono avere sul budget famigliare, non è facile raggiungere l’unanimità. Una possibile soluzione è che alla costituzione del fondo partecipano i soli condomini che l’hanno approvata, versando i relativi importi su di un conto separato da quello riservato alla gestione condominiale e suddividendo fra i depositanti, in proporzione ai versamenti effettuati, sia gli utili (per esempio gli interessi bancari od obbligazionari) che le spese di gestione. L’assemblea, però, che deliberi opere di manutenzione straordinaria o innovazioni, è obbligata a costituire un fondo speciale d’ importo pari all’ammontare dei lavori (primo comma, n 4, articolo 1135 codice civile). FUMO Il divieto di fumare introdotto dall’articolo 51 della L. 16/01/2003, n 3, si applica anche ai locali comuni chiusi dei condomini: per esempio androne, scale e ascensore. Il Ministro della salute, con nota del 24/1/2005, n 1505, ha chiarito che il divieto è motivato dall’indubbia esigenza di garantire anche in ambito condominiale la tutela della salute dal fumo passivo; questi spazi, infatti, non possono essere equiparati a un’abitazione privata, in quanto frequentati da condomini e da altre persone (per esempio: portiere, addetti alla manutenzione degli impianti, portalettere) che vi svolgono la propria attività lavorativa e alle quali dev’essere estesa e garantita la tutela prevista dalla legge. Da ciò deriva che l’amministratore è tenuto a esporre nell’ androne, sulle scale e nell’ascensore, i cartelli che prescrivono il divieto di fumo e a vigilare sulla sua osservanza. I condomini e i frequentatori del fabbricato, per parte loro, possono richiamare i trasgressori al rispetto del divieto e, in caso d’inosservanza, segnalare la violazione all’ Autorità (>>Immissioni). La Corte di Cassazione (sentenza n. 7875 del 31/3/2009) ha stabilito che, se le immissioni di fumo di sigaretta proveniente dal sottostante bar superano la normale tollerabilità, l’inquilino del soprastante appartamento può esigere il risarcimento del danno patrimoniale. LETTERA G GARAGE Il garage, in genere, è una pertinenza dell’abitazione e quindi di proprietà esclusiva di questo o quel condomino. I singoli proprietari possono adibirlo anche ad altro uso (per esempio: ripostiglio o sala hobby), a meno che ciò non sia vietato da un regolamento contrattuale. In ogni caso vanno rispettati il diritto e la sicurezza degli altri condomini: non è consentito, per esempio, depositare in garage sostanze infiammabili o altri materiali pericolosi, nè svolgervi attività rumorose, a meno di non provvedere a idonea insonorizzazione. Il proprietario può, inoltre, intervenire sul garage di sua proprietà in vari modi: per esempio sostituendo la porta con una serranda, ma a condizioni di non alterare il decoro architettonico dell’edificio. Se poi la porta è basculante, po’ essere sostituita con altra che si apra a libro, ma in tal caso, oltre a non alterare il decoro architettonico, si deve evitare 85 che l’innovazione comporti un restringimento dello spazio condominiale destinato al transito o una situazione di pericolo. Ampliamento L’assemblea può deliberare l’ampliamento dell’autorimessa condominiale utilizzando i locali già adibiti a portineria e a centrale termica, poiché questo tipo di intervento non costituisce innovazione vietata (Corte di Cassazione 5/11/2002, n 15460). La relativa spesa, salvo diverso accordo al quale abbiano aderito tutti i condomini, va ripartita in proporzione ai millesimi di proprietà. Autorimesse separate dall’edificio - copertura – Per le spese richieste della copertura di autorimesse separate dall’ edificio condominiale si applicano criteri diversi a seconda che la superficie sia calpestabile o meno. Se la copertura è calpestabile, per esempio perché costituita da un cortile condominiale, trova applicazione, per analogia l’articolo 1125 codice civile, che regola la manutenzione e la ricostruzione dei soffitti, delle volte e dei solai, ponendo a carico di coloro che utilizzano il piano di calpestio le spese da questo richieste, e a carico dei proprietari delle sottostanti autorimesse le spese riguardanti l’ intonaco, la tinteggiatura e le decorazioni del soffitto (Corte di Cassazione 14/9/2005, n 18194). Lo stesso criterio è applicabile qualora le autorimesse ubicate sotto il cortile o il giardino condominiale siano interessate da infiltrazioni d’acqua, sia quella piovana o d’irrigazione, provenienti dalla copertura, e si ponga quindi il problema di effettuare i dovuti lavori per evitare danni ai sottostanti locali. Impermeabilizzazione Per il Tribunale di Bergamo (Sentenza del 27/4/2000) le spese d’impermeabilizzazione di autorimesse sottostanti al giardino condominiale vanno ripartite ai millesimi di proprietà, ai sensi dl primo comma dell’articolo 1123 codice civile, in quanto no è configurabile una diversa misura d’uso da parte dei condomini in relazione all’oggettiva, duplice funzione di sostegno del giardino e di copertura delle autorimesse svolta dal bene comune. Se invece la copertura non è calpestabile si applica il terzo comma dell’articolo 1123 codice civile: la spesa dev’essere sostenuta dai soli proprietari di garage o posto di auto. Autoveicolo alimentato a GPL Il paragrafo 10.6 del decreto del ministero dell’interno 1/2/1986 sulla sicurezza antincendi per la costruzione e l’esercizio di autorimesse e simili stabilisce che il parcheggio di autoveicoli alimentati a gas avente densità superiore a quella dell’aria è consentito soltanto ai piani fuori terra, a condizione che non siano comunicanti con i piani interrasti. Con successivo decreto 22/11/2002, lo stesso Ministro ha stabilito che il parcheggio degli autoveicoli alimentati a gas petrolio liquefatto con impianto dotato di sistema di sicurezza conforme al regolamento ECE/ONU 67-01 è consentito nei piani fuori terra e al primo piano interrato delle autorimesse, anche se organizzate su più piani interrati. Deve però trattarsi di autorimesse conformi al decreto ministeriale 1/2/1986. Nel caso, poi, di autorimesse soggette ai controlli di prevenzione incendi, è richiesto il rispetto delle procedure di cui al DPR 12/1/1998, n 37. All’ingresso dell’autorimessa, infine, dev’essere installata una cartellonistica idonea a segnalare gli eventuali divieti derivanti dalle limitazioni al parcheggio dei suddetti autoveicoli. Costruzione 86 Per costruire autorimesse sul cortile o sui giardini condominiali nell’interesse del condominio è necessario un numero di voti pari a 4/5 dei partecipanti al condominio, in rappresentanza de 4/5 del valore dell’edificio (800/1000), trattandosi di cambiare la destinazione di queste parti comuni, mentre se si tratta di costruirle nel sottosuolo o nei locali siti a piano terra (Sempre che le condizioni dell’edificio lo consentano) è sufficiente il voto favorevole della maggioranza degli intervenuti all’assemblea, in rappresentanza di almeno 500/1000 (Articolo 9 della L. 24/3/1989, n 122). Danni Il risarcimento dei danni da infiltrazioni provenienti dalla copertura calpestabile delle autorimesse va ripartito fra tutti i condomini, in proporzione ai millesimi di proprietà, con i proprietari delle autorimesse in veste, ad un tempo, di danneggianti e di danneggiati, per cui la quota di risarcimento a ciascuno dovuta dev’essere diminuita della rispettiva quota di spesa. Pavimentazione La pavimentazione del cortile antistante i garage è intervento di manutenzione straordinaria (Tribunale di Milano 8/5/1989). In quanto tale può essere deliberata con il voto favorevole della maggioranza degli intervenuti all’assemblea, in rappresentanza di almeno 500/1000. Se il piazzale antistante i garage è separato dalla restante zona condominiale da un cancello la cui chiave sia in dotazione elusivamente ai proprietari dei garage, alle spese di rifacimento del manto di asfalto sono tenuti a concorrere soltanto questi. Se invece il cortile è utilizzabile anche dai condomini che non hanno garage, la spesa va ripartita fra tutti in base ai millesimi di proprietà. Porta Il condomino può aprire, in corrispondenza della propria unità immobiliare, una porta di accesso all’intercapedine e al garage comune, trattandosi d’intervento che non rientra tra le innovazioni. Non è pertanto richiesta l’approvazione dell’assemblea a maggioranza qualificata e non si determina neppure la costituzione di una servitù (Corte di Cassazione 3/6/2003, n 8830) Il condomino che intenda prendere questo tipo d’iniziativa deve però darne preventiva notizia all’amministratore, specificando i dettagli d’intervento e le modalità di esecuzione. L’amministratore, a sua volta, ne riferisce all’assemblea (secondo comma articolo 1122 codice civile). Rampa di accesso Per le spese richieste dalla manutenzione della rampa di accesso e dell’area antistante le autorimesse occorre distinguere, se vi hanno accesso i soli proprietari di garage, la spesa grava esclusivamente su di loro. Se invece queste parti possono essere, sia pure potenzialmente, usate anche dagli altri condomini, la spesa dev’essere ripartita fra tutti i condomini in base ai millesimi di proprietà, salvo diverso accordo. La rampa si considera destinata all’uso comune se può essere utilizzata per operazioni di carico e scarico al piano cantine o se possono accedervi camion di fornitori o manutentori del condominio: per esempio: approvvigionamento gasolio, spurgo fossa biologica, rotazione dei sacchi dell’immondizia. Realizzazione box E’ possibile utilizzare lo spazio dell’autorimessa condominiale, di cui sia proprietario esclusivo, per costruirvi un box, ma a condizione che la costruzione non sia vietata da un regolamento contrattuale e non arrechi danno alle parti comuni dell’edificio o al godimento, anche da parte di un solo condomino, dell’area a lui riservata (Corte di Cassazione 25/5/1991, n 5933): per esempio non gli dev’essere impedito di aprire lo sportello della propria auto. 87 Spese Le spese di pulizia, illuminazione e manutenzione del garage condominiale devono essere suddivise in proporzione ai millesimi di proprietà, salvo diverso accordo al quale abbiano aderito tutti i condomini (>>Incendio, Adeguamento normativa antincendio). Tetto Alla spesa occorrente al rifacimento del tetto posto a copertura di diversi piani di autorimesse devono contribuire, in proporzione alla quota millesimale, tutti i proprietari alle cui autorimesse esso serve da copertura e non solo i proprietari delle autorimesse a questo immediatamente sottostanti. Trasformazione LOCALE Se le caratteristiche obiettive di un locale condominiale lo consentono, per esempio perché si trova al piano terra e ha accesso alla via pubblica mediante passo carrabile, l’assemblea può deliberare di trasformarlo, nell’interesse del condominio, in autorimessa con un numero di voti che rappresenti i 4/5 del valore dell’edificio (800/1000) (Primo comma articolo 1117-ter codice civile). La delibera è valida anche se i posti auto non sono sufficienti per tutti, dal momento che il pari godimento della cosa comune, come previsto dall’articolo 1102 codice civile, non richiede il godimento contemporaneo: si possono infatti stabilire dei turni. >>Parcheggio. RIEPILOGANDO IL GARAGE Costruzione. Se in cortile o in giardino può essere deliberata con un numero di voti pari a 4/5 dei partecipanti al condominio e a 4/5 del valore dell’edificio. Nel sottosuolo sono sufficienti la maggioranza degli intervenuti e almeno 500/1000. Copertura box. Se è calpestabile le spese del piano di calpestio sono a carico di tutti i condomini, mentre i proprietari delle sottostanti autorimesse pagano per l’intonaco, la tinteggiatura e la decorazione del soffitto. Se la copertura non è calpestabile l’intera spesa è a carico dei proprietari dei box. Rampa di accesso. Se è utilizzabile dai soli proprietari di box la spesa grava soltanto su questi. Se invece vi hanno accesso anche gli altri condomini alla spesa devono contribuire tutti in proporzione ai millesimi di proprietà salvo diverso accordo. Norme. Articolo 9 L. n 122/1989. GAS L’impianto del gas è comune ai proprietari dei diversi piani o porzioni di piano dell’edificio fino al punto di diramazione ai locali di proprietà esclusiva. Assicurazione L’autorità per l’energia elettrica è il gas, con delibera n 152 del 12/12/2003, ha stabilito che tutti i clienti finali civili siano garantiti da un contratto di assicurazione per gli infortuni (Anche subiti dai familiari conviventi e dai dipendenti), gli incendi e la responsabilità civile, derivanti dall’uso del gas loro fornito tramite un impianto di distribuzione a valle del punto di consegna. Ciò avviene attraverso una polizza di assicurazione stipulata dal Cig (Comitato Italiano Gas) per conto dei clienti, polizza il costo viene caricato sulla bolletta del gas. In caso di sinistro il cliente deve inviare 88 al CIG la relativa denuncia redatta sull’apposito modulo scaricabile dal sito www.cig.it. Per informazioni sullo stato della pratica si può chiamare il numero verde 800 929 286 o inviare la richiesta a mezzo posta elettronica all’indirizzo [email protected] o fax al numero 02 72 00 16 46. Installazione impianto Il condomino può utilizzare le parti comuni dell’edificio per installarvi un impianto a gas (Trattasi infatti di servizio indispensabile al godimento del proprio appartamento), ma a condizioni che venga rispettata la proprietà esclusiva degli altri condomini (Corte di Cassazione 29/4/1982, n 2697). L’assemblea che avesse a suo tempo autorizzato alcuni condomini a collocare nel cortile condominiale le bombole del gas collegate alla rispettiva cucina può deliberare la rimozione una volta intervenuto l’allacciamento alla rete pubblica, essendo venuta meno l’esigenza che aveva giustificato la precedente autorizzazione (Corte di Cassazione 29/3/2007, n 7711). GETTO PERICOLOSO DI COSE Spazzare l’acqua piovana dal pavimento del balcone, sporcando i vetri o la biancheria stesa dal balcone del condominio del piano di sotto, non configura, per il Pretore di Foligno (Sentenza del 16 /11/1984), il reato di getto pericoloso di cose, consiste (articolo 674 codice penale) nel gettare o versare in un luogo di pubblico transito, o in luogo privato di comune o di altrui uso, come atte a offendere o imbrattare o molestare persone, o, nei casi non consentiti dalla legge, nel provocare ammissioni di gas, di vapori o di fumo, atte a cagionare tali effetti. Meglio, comunque, evitare questo tipo di operazione: sia per educazione, sia perché si può incontrare un giudice che la pensi diversamente (La sanzione prevista e l’arresto fino a un mese o l’ammenda fino a 206,00€), sia, infine, perché si può comunque essere chiamati a risarcire il danno. Il reato è stato ravvisato, per esempio (Corte di Cassazione 11/7/2012, n 27625), nel battere i tappeti dalla finestra o nello scuotere la tovaglia all’esterno della propria abitazione dopo i pasti, qualora l’operazione si ripeta e provochi la caduta di cose atte a imbrattare o molestare le persone. Non si può neppure aprire un foro nel parapetto del balcone per far cadere l’acqua piovana nel sottostante cortile, perché cosi facendo, oltre a gravare questa parte comune di una servitù di stillicidio (Articolo 908 codice civile ), si creerebbe una situazione di pericolo per chi vi transita (Corte di Cassazione 11/10/1986, n 5949). Possono dar luogo al reato di cui sopra anche le esalazioni maleodoranti provenienti da animali o da un’abitazione non convenientemente pulita, se d’ intensità tale da arrecare molestia o disturbo ai vicini (Corte di Cassazione 28/9/1993). Sempre in fatto di odori, quelli particolarmente intensi provenienti da una cucina possono dar luogo al reato; il criterio da prendere in considerazione - ha precisato la Corte di Cassazione (Sentenza n 16670 del 4/5/2012) con riferimento agli odori provenienti dallo sfiatoio della cucina di un bar ubicato nell’edificio condominiale - non è quello della “Normale tolleranza“ di cui all’articolo 844 codice civile, ma quello della “stretta tolleranza ”, non esistendo disposizioni specifiche e valori - limite in materia di odori. Si realizza il reato anche se a provocare molestia alle persone sono i gas, fumi o vapori (Corte di Cassazione 6/10/1989), come nel caso di un’autovettura (diesel nel caso di specie) lasciata per molto tempo con il motore acceso (Pretore di Brunico 14/3/1989 ); delle immissioni di monossido di carbonio e fumi superiori alla normale tollerabilità, provocare dall’impianto termico condominiale e di cui si era accertata la presenza all’interno dell’appartamento di un condomino (Corte di Cassazione 21/6/2007); delle missioni di gas, vapore e fumo provenienti dalla camma fumaria di un impianto di riscaldamento a metano non conforme alla normativa sull’abbattimento dei fumi, quando 89 il disturbo concretamente arrecato alle persone superiori la normale tollerabilità, con conseguente pericolo per la salute pubblica (Corte di Cassazione 19/6/2007). Punibile allo stesso titolo anche il condomino sorpreso a imbrattare il vicino di pianerottolo lanciandogli contro uova marce ( Corte di Cassazione 10/5/1995) e quello intento a gettare acqua nella vicina abitazione servendosi di una pompa (Corte di Cassazione 2/7/1992). Il reato di getto pericoloso di cose è ipotizzabile anche in presenza di onde elettromagnetiche superiori ai limiti di legge, emesse dall’antenna di una stazione radio (GIP di Trani 4/4/2003) o da un ripetitore televisivo (Corte di Cassazione 14/3/2002) collocati sul lastrico solare, purché - ha precisato la Suprema Corte con sentenza del 13/ 5/2008 si accerti un’effettiva e concreta idoneità delle emissioni da offendere o molestare persone. L’ emissione di calore, infine, anche quando superi la normale tollerabilità, non integra il reato di getto pericoloso di cose (Corte di Cassazione 29/1/2009, n 9853). GIARDINO Il codice civile non lo cita tra le parti comuni dell’edificio, per cui la sua appartenenza (Condominiale o di proprietà esclusiva di uno o più condomini) va valutata caso per caso sulla base dei titoli di proprietà. Le norme di carattere generale che regolano l’uso del giardino sono le stesse del >>Cortile. Frazionamento L’assemblea può deliberare di dividere il giardino fra i condomini, trasferendone a ciascuno di essi una parte in proprietà esclusiva. L’operazione, però, richiede il consenso di tutti, consenso che deve risultare da atto scritto. Occorre inoltre che la ripartizione avvenga senza pregiudizio dell’originario valore del bene, e in parti vantaggiosamente utilizzabili dai singoli condividenti ( Corte di Cassazione 24/2/1995, n 2117). Locazione a un condomino Per concedere in locazione a un condomino una parte del giardino condominiale è necessaria l’unanimità; se però l’uso diretto da parte di tutti non è possibile, la delibera è adottabile a maggioranza (Corte di Cassazione 22/11/1984, 6010). Lo stesso discorso vale per il rinnovo del contratto. Il conduttore non può arrecare al giardino trasformazione che causino pregiudizio alle altri parti comuni, in termini, per esempio, di aereazione, amenità, veduta ( Corte di Cassazione 27/7/1984, n. 4451) né utilizzarlo per altri scopi: per esempio per costruirvi una veranda o per adibirlo a parcheggio. Se non c’è stato un accordo preventivo sulle spese di manutenzione - per esempio quelle occorrenti al taglio dell’erba e alla potatura degli >>Alberi - il condominio può essere chiamato a contribuirvi, tenuto conto di diverso uso che viene fatto dello spazio: godimento diretto da parte dell’utilizzatore, indiretto da parte degli altri condomini, sotto il profilo dell’abbellimento e quindi della valorizzazione dell’edificio. Recinzione Recintare le aree verdi in modo da impedirne il calpestio costituisce atto di ordinaria amministrazione, la cui delibera può essere approvata dalla maggioranza degli intervenuti all’assemblea, in rappresentanza di almeno 500/1000 (Corte di Cassazione 21/9/1997, n 4035). Stesse regole per sostituire una preesistente delimitazione in paletti uniti da una catena con una recinzione in rete metallica (Tribunale di Bologna 7/3/2000). La spesa per il rifacimento o la ripartizione dei muti che delimitano i giardini individuali rispetto ai fondi confinanti è a carico esclusivo dei proprietari, a meno che un regolamento contrattuale non li consideri comuni, 90 assimilandoli cosi ai muri di cinta. In questa seconda ipotesi, come anche stabilito dalla Corte di Cassazione con sentenza n. 8198 dell’11/8/1990, la spesa va ripartita fra tutti i condomini in base ai millesimi di proprietà salvo diverso accordo. Sottosuolo. Il condomino può utilizzare il sottosuolo del giardino condominiale, a condizione di non alterarne la destinazione e di non impedire agli altri condomini di farne parimenti uso secondo il loro diritto (Corte di Cassazione 14/11/1988, n 6146). Spese di manutenzione I costi richiesti dalla manutenzione del giardino sono suddivisi in base ai millesimi di proprietà, ma è possibile predisporre un’apposita tabella che tenga conto, per esempio, della diversa ubicazione delle unità immobiliari rispetto a questa parte comune. Dalla spesa sono esonerati i proprietari di negozi se, considerata la struttura dell’edificio, non hanno accesso al giardino (Corte di Cassazione 29/4/1992, n 5179). Se nell’ambito del condominio vi è un giardino di proprietà esclusiva di un condomino, questi, provando che la sua presenza contribuisce ad abbellire e valorizzare l’edificio, può chiedere agli altri condomini di contribuire alle spese di manutenzione, tenuto conto del diverso uso che ne viene fatto: godimento diretto da parte di un condominio, godimento indiretto da parte degli altri condomini. Uso particolare La Corte di Cassazione (Sentenza n. 3188 del 6/2/2011) ha ritenuto la piantagione, da parte di un condomino, di fiori ed essenza erboree nel giardino condominiale, compatibile con il rispetto dell’articolo 1102 codice civile. LETTERA I IMMISSIONI Le immissioni sono i rumori, le esalazioni, i fumi e i simili che, inevitabilmente, si propagano da una proprietà all’altra. Proprio per la loro inevitabilità devono essere sopportate entro certi limiti, nel’ambito di quella che l’articolo 844 codice civile definisce <<normale tollerabilità>>. Ma cosa deve intendersi con questa espressione? La “normale tollerabilità“, prima di tutto, dev’essere valutata in relazione al luogo in cui le immissioni si propagano e non a quello di provenienza ( Corte di Cassazione 30/7/1984, n 4523). Nella valutazione si deve anche tener conto Tribunale di Siracusa 30/11/1983) di come la normale tollerabilità viene intesa, in quel luogo e in quel tempo, dalla coscienza sociale. In particolare, nell’ ambito del condominio le immissioni non devono superare la normale tollerabilità non solo quando si propaghino alla proprietà esclusiva di un altro condomino, ma anche quando interessino le sole parti comuni dell’edificio: per esempio le scale ( Corte di Cassazione 6/4/1983, n 2396). Vi sono poi delle immissioni che non si è tenuti a tollerare, neppure se contenute nella norma: sono queste prodotte dall’esercizio di un’attività rumorosa in orario vietato dall’Autorità. Buona parte della litigiosità riguardante le immissioni ha appunto a che fare con i >>Rumori. Canna fumaria Se le immissioni di fumo, ancorché potenzialmente dannose alla salute di un vicino affetto da asma, sono prodotte dal normale utilizzo di una canna fumaria e non raggiungono livelli d’inequivocabile intollerabilità, devono essere sopportate (Tribunale di Cagliari 24/9/1987). Se poi provengono dalla canna fumaria di un’esercizio commerciale - si pensi a una pizzeria -, nel conflitto fra le esigenze 91 connesse all’ abitazione e quelle dell’attività economica prevalgono le prime (Corte di Cassazione 15/3/1993, n 3090); è quindi possibile ottenere la rimozione di una canna fumaria che smaltisca fumo, odori e calore a ridosso della propria finestra (Corte di Cassazione 28/7/1993, n 9130), o la sostituzione di una canna fumaria difettosa che produca immissioni superiori alla normale tollerabilità (Corte di Cassazione 6/3/1978, n 1108). Fogna Le immissioni provenienti dall’impianto fognario, a causa del loro impatto sulla salute delle persone, sono trattate dai giudici con particolari severità. Per il Tribunale di Genova (sentenza del 17/7/2011), per esempio in un centro destinato ad edilizia abitativa è inaccertabile anche una percepibile, seppur minima, immissione di aria fognaria. Lavori A chi non è capitato di perdere la pace in occasione di interminabili e fastidiosi lavoro di ristrutturazione da parte del vicino di pianerottolo? Ebbene: i rumori e la polvere prodotti da questo tipo d’intervento, se contenuti nella norma, non possono dar luogo al risarcimento del danno non patrimoniale, avendo la Corte di Cassazione (Sentenza n. 17427 del 19/8/2011) ritenuto non meritevoli di tutela risarcitoria i disagi, i fastidi, le ansie e ogni altro tipo d’insoddisfazione concernente gli aspetti più disparati della vita quotidiana (>>Danno, Esistenziale). Danno patrimoniale risarcibile, invece, se le immissioni di polvere e rumori superano la normale tollerabilità (Corte di Cassazione 14/6/2012, n 9735). Locazione Se le immissioni provengono da un bene (Per esempio congelatore rumoroso) di proprietà del conduttore, è questi a rispondere (Corte di Cassazione 28/11/1981, n 6356). Se invece sono da imputarsi a deficienze strutturali dell’immobile (per esempio canna fumaria difettosa dell’impianto autonomo di riscaldamento), ne risponde il locatore (Tribunale di Milano 2/7/1990). Per le immissione provocate dal conduttore si può agire direttamente nei suoi confronti senza passate per il locatore (Corte di Cassazione 1/12/2000, n 15392). Onde elettromagnetiche Le immissioni elettromagnetiche prodotte da un elettrodotto sono intollerabili, e rientrano quindi nell’abuso di cui all’articolo 844 codice civile, se superano il parametro di 0,3-0,4 microtesla di campo magnetico (Tribunale di Como 30/11/2001). Regolamento Condominiale Il regolamento condominiale può essere, in maniera di immissioni, più rigoroso della legge, ma a condizione che sia contrattuale. In questa ipotesi, quindi, non occorre accertare se l’attività costituisce o meno immissione vietata dall’articolo 844 codice civile, ma è sufficiente accertare se essa è o meno idonea a turbare la tranquillità degli altri condomini, come tutelata dal regolamento (Corte di Cassazione 15/7/1986, n 4554). Regolamento Comunale La circostanza che le immissioni siano inferiori al minimo previsto dal regolamento comunale non esclude l’applicazione dell’articolo 844 codice civile o delle altre norme poste a tutela della salute, se si accerta in concreto la nocività delle immissioni stesse per la salute della persona ( Corte di Cassazione 3/2/1999, n 915). 92 Risarcimento Se le immissioni eccedono la normale tollerabilità, il condomino che ne sia danneggiato può sollecitare l’amministratore ad intervenire per porvi firma. Se l’invito non sortisce effetto può rivolgersi al Giudice di pace. Se il fenomeno perdura, come nel caso dei cattivi odori provenienti dalla sottostante pizzeria (Corte di Cassazione 2/10/1970, n 1770), è possibile ottenere un indennizzo liquidabile dal giudice anche in via equitativa (Tribunale di Biella 16/6/1989), fino a quando il pregiudizio non venga eliminato; l’indennizzo, in quanto prestazione diretta di ripristinare l’ originaria entità del patrimonio leso dalle immissioni, viene identificato dai giudici come “ debito di valore“, che in quanto tale dev’essere liquidato in base al potere d’ acquisto della moneta al momento della sentenza, oltre agli interessi (Corte di Cassazione 15/1/1986, n 18). Se poi le immissioni di fumi ed esalazioni non possono essere ricondotte nella norma con gli opportuni accorgimenti, ricorrono i presupposti per la cessazione dell’attività (Tribunale di Perugia 10/10/1994). Il fatto che le immissioni siano prodotte da un servizio pubblico (Per esempio la metropolitana) non trasforma in lecito un comportamento antigiuridico, ma può indurre il giudice a condannare l’autore delle immissioni intollerabili al risarcimento del danno anziché alla cessazione dell’attività, se esse non sono altrimenti eliminabili (App. Roma 16/1/1986). Se poi il servizio è svolto in regime di concessione, vi è la responsabilità solidale della Pubblica Amministrazione e del gestore del servizio (Corte di Cassazione 10/12/1984, n 6476). Le violazioni della normativa sulle immissioni, in considerazione degli effetti negativi che possono produrre sulla tranquillità delle persone, son o suscettibili di essere vietare dal giudice con provvedimento d’urgenza. IMPIANTI Adeguamento L’assemblea (Articolo 155-bis disp. Att. Codice civile), ai fini dell’adeguamento degli impianti non centralizzati di ricezione radiotelevisiva e di produzione di energia da fonti rinnovanti, esistenti alla data di entrata in vigore della riforma, adotta le necessarie prescrizioni con il voto favorevole della maggioranza degli intervenuti, in rappresentanza di almeno 500/1000. Spese La spesa occorrente all’adeguamento degli impianti comuni dev’essere ripartita fra i condomini in proporzione ai millesimi di proprietà. Se però si tratta d’impianto comune solo ad alcuni condomini, alla spesa devono contribuire soltanto i beneficiari, a nulla rilevando che si tratti di misure attinenti alla sicurezza dell’intero edificio (App. di Roma 24/4/1991, con riferimento all’installazione di porte tagliafuoco). Di avviso contrario i Tribunali di Parma (Sentenza del 29/9/1994) e di Bologna (Sentenza del 2/5/1995), che con riferimento alla spesa di adeguamento dell’ascensore alla normativa dell’Unione Europea (Anche questa dettata da esigenze di sicurezza) hanno stabilito che alla relativa spesa devono contribuire, in base ai millesimi di proprietà, tutti i condomini, compresi i proprietari di appartamenti siti al piano terra, non usufruenti in quanto tali dell’ascensore. Nel caso di un supercondominio la spesa di adeguamento relativa alla parte dell’impianto comune a tutti gli edifici va suddivisa in proporzione alla caratura millesimale di ciascun corpo di fabbrica rispetto al complesso condominiale, mentre nell’ambito di ciascun edificio la spesa va ripartita in base ai millesimi facenti capo a ciascun condomino. Elettrico 93 L’impianto che serve a illuminare e a fornire energia alle parti comuni si presume in comproprietà fra i condomini; le spese d’illuminazione, comprese quelle relative alla forza motrice, vanno pertanto divise tra tutti i condomini in base ai millesimi di proprietà. Lo stesso dicasi della spesa occorrente alla messa a terra dell’impianto (Corte di Cassazione 18/10/2001, n 12737 ). Tra gli argomenti che possono finire all’ordine del giorno in un’assemblea ci può essere l’introduzione del temporizzatore per l’accensione e lo spegnimento automatico delle luci. Non si tratta di un’innovazione, né di una spesa voluttuaria o gravosa, ma di un intervento che mira a rendere più funzionale l’impianto d’illuminazione, risparmiando energia. Di conseguenza, i condomini dissenzienti non possono chiedere di essere esonerati dalla spesa. Rinuncia Il condomino non può, rinunciando al diritto sulle cose comuni, esimersi dal contribuire alla relativa spesa. La Corte di Cassazione, però (Sentenza n 4652 del 27/4/1991), ha ritenuto legittima la rinuncia avente per oggetto un impianto illegale (Pozzo nero in contrasto con le prescrizioni di legge ) e un impianto superfluo (Autoclave, in presenza di un impianto idrico pubblico perfettamente funzionante). Sicurezza Dal 27/3/2008 è in vigore il decreto del Ministero dello sviluppo economico 22/1/2008, n 37, contenente il regolamento di attuazione dell’articolo 11-quaterdecies, comma 13, lett. a ) della L. 2/12/2005, n 248, che prevede il riordino delle disposizioni in materia di attività d’installazione degli impianti all’interno degli edifici. La normativa si applica praticamente a tutti gli impianti esistenti in un condominio: da quelli elettrici (Per esempio pannelli solari e fotovoltaici, porte e cancelli automatico, parafulmini), a quelli radiotelevisivi e di videosorveglianza (Antenne, telecamere), da quelli idrici e sanitari a quelli per la distribuzione e l’utilizzazione di qualsiasi tipo di gas, da quelli antincendio al riscaldamento, al condizionamento d’aria, agli ascensori. Il tecnicismo della materia esula dagli intenti di questo scritto. Ci limitiamo a ricordare che per la progettazione, l’ installazione, la trasformazione e l’ampliamento degli impianti dev’essere redatto un progetto a cura di un professionista iscritto all’apposito albo. Al termine dei lavori, da eseguirsi a cura di un’ impresa abilitata, questa, dopo aver effettuato le verifiche di legge, deve rilasciare al committente una dichiarazione di conformità dell’impianto alle norme che presiedono alla realizzazione e installazione. In caso di rifacimento parziale del progetto, la dichiarazione di conformità e l’attestazione di collaudo ove previsto, si riferiscono alla sola parte oggetto dello dell'opera di rifacimento, tenendo però conto della sicurezza e della funzionalità dell’interno impianto. Nella dichiarazione di conformità e nel progetto dev’essere indicata la compatibilità tecnica con le condizioni preesistenti dell’impianti. La manutenzione ordinaria non comporta la redazione del progetto né il rilascio dell’attestazione di collaudo, né l’obbligo di affidare i lavori ad un’impresa abilitata. Fanno eccezione gli impianti di ascensori e montacarichi in servizio privato. Si è tenuti a conservare la documentazione amministrativa e tecnica, nonché il libretto di uso e manutenzione, e in caso di trasferimento dell’immobile, a qualsiasi titolo (Per esempio vendita, donazione) bisogna consegnarla all’avente causa. Copia della stessa documentazione dev’essere consegnata anche al soggetto che utilizza, a qualsiasi titolo, l’immobile. Le sanzioni, alla cui irrogazione provvede la Camera si Commercio territorialmente competente, sono sostanzialmente due: I° sanzione amministrativa da 100 a 1.000€ nel caso di mancato rilascio al committente, da parte dell’ impresa installatrice, della dichiarazione di conformità. L’importo da irrogare al responsabile 94 varia a seconda dell’entità e della complessità dell’impianto, dal grado di pericolosità e di altre circostanze obbiettive e soggettive della violazione; II° sanzione amministrativa da 1.000 a 10.000€ a chi si renda responsabile della violazione di taluno degli altri obblighi previsti dal regolamento. Anche in questo caso, nell’applicare la sanzione, si tiene conto dei suddetti elementi. La violazione reiterata per la terza volta comporta anche, in casi di particolare gravità, la sospensione temporanea dell’iscrizione dell’impresa abilitata al registro delle imprese e nell’albo provinciale delle imprese artigiane, su proposta dei soggetti accertatori e su giudizio delle commissioni che sovrintendono alla tenuta dei registri e degli albi. In ogni caso, alla terza violazione i soggetti accertatori propongono agli ordini professionali provvedimenti disciplinari a carico degli iscritti nel rispettivo albo. L’iniziativa per introdurre innovazioni finalizzate a migliorare la sicurezza degli impianti può essere assunta da uno o più condomini, seguendo l’iter previsto per l’installazione di un’ >>Antenna, Televisiva, Centralizzata. Spesa. Alla spesa richiesta dagli impianti comuni devono contribuire tutti i condomini, in proporzione ai millesimi di proprietà. Se però un impianto serve soltanto alcuni condomini, gli altri sono esonerati dal contribuire alla spesa, salvo un regolamento contrattuale non disponga altrimenti (Corte di Cassazione 20/9/1991, n 9833). Sportivi. Le spese di gestione e manutenzione degli impianti sportivi condominiali (Per esempio piscina, campo da tennis, campo da calcetto) vanno divise in base ai millesimi di proprietà. Gli unici esonerati sono i titolari dei negozi se, per la particolare struttura dell’edificio, non hanno accesso al servizio. Un motivo di discussione potrebbe essere quello dell’utilizzo degli impianti da parte di persone invitate dai condomini. Se il regolamento non ne vieta l’ accesso, esse sono ammesse a fruirne, trattandosi (Tribunale di Milano 28/2/1991) di una modalità di utilizzazione del bene comune; il condomino non deve però eccedere, perdendo di vista il rapporto fra le persone invitate (E la frequenza con la quale le ospita) e i millesimi di cui è titolare. In particolare, per quanto concerne il campo da calcio, se il regolamento prevede che una determinata area condominiale possa essere adibita a questo sport, un condomino può provvedere a recintarla e a dotarla di porte e reti, con gli altri condomini che acquistano la comproprietà dei manufatti in virtù del principio dell’accensione di cui all’articolo 934 e segg. Codice civile (Tribunale di Monza 22/1/1085). Questa stessa sentenza ha stabilito che la soppressione o la sostituzione delle porte da calcio esistenti nello spazio condominiale può essere deliberata con il, voto favorevole della maggioranza degli intervenuti all’assemblea, in rappresentanza di almeno 500/1.000. INCENDIO Anche se l’edificio è privo di servizio di portierato, il fatto che l’incendio sia stato provocato fa soggetto estraneo al condominio, introdottosi nell’edificio attraverso il portone d’ingresso lasciato incautamente aperto, non è di per sé sufficiente ad escludere la responsabilità del condominio, qualora si accerti che, per le particolari circostanze in cui è stato concretamente posto in essere l’ atto illecito, il suo compimento è stato reso possibile dall’assenza di idonea custodia da parte del condominio. In particolare, il condominio è responsabile ai sensi dell’articolo 2051 del codice civile se la propagazione dell’incendio è stata agevolata dalla natura infiammabile del materiale di rivestimento delle scale; tale responsabilità deriva dall’inosservanza, da parte del condominio, dell’ obbligo di provvedere, in qualità di cestode delle parti comuni dell’ edificio, ad adottare tutte le misure e le cautele atte ad eliminare le caratteristiche dannose della casa, in modo da impedire che 95 dalla stessa derivino danni a terzi (Tribunale di Milano 11/8/1997). Se poi, a causa di un incendio che coinvolge diverse autovetture parcheggiate nel cortile condominiale, si riceve un danno ma non si riesce a stabilire da quale auto è partito il fuoco, al conseguente risarcimento possono o esse chiamati, in solido fra loro, i proprietari di tutte le autovetture coinvolte nell’incendio. Sempre a proposito di autoveicoli, se dall’incendio non doloso di un’autovettura parcheggiata sulla pubblica via deriva un danno all’edificio condominiale, poiché i veicoli in sosta su strada pubblica sono da considerare a tutti gli effetti in circolazione, i danni sono risarcibili dalla Compagnia che assicura il veicolo per la responsabilità civile automobilistica, indipendentemente dall’ esistenza di una clausola di incendio e furto (Giu.pa Caltanisetta 20/1/2004, n 783). Adeguamento normativa antincendio Dalla sentenza con la quale la Corte di Cassazione ha posto a carico dei soli proprietari di autorimessa la spesa richiesta dell’introduzione delle >>Porte tagliafuoco si deduce che anche la spesa occorrente all’adeguamento di questi locali alla normativa antincendio, e quella per il rilascio del certificato di prevenzione incendi, debbano essere ripartite soltanto fra i rispettivi proprietari. Porte tagliafuoco. La Corte di Cassazione (Sentenza n. 7077 del 22/6/1995) ha stabilito che la spesa occorrente all’ introduzione delle porte tagliafuoco per le autorimesse fa carico, salvo contrario convenzione, esclusivamente ai proprietari di queste, a nulla rilevando, ha precisato la Corte d’Appello di Roma (Sentenza del 24/4/1991), che tale intervento attenga alla sicurezza dell’ intero edificio. INFERRIATE Un’esigenza molto sentita, soprattutto nelle zone ad elevato rischio di furti, è quella di dotare le finestre di inferriate. Questo intervento dev’essere coniugato con il decoro architettonico dell’edificio, ma se il pregiudizio estetico non è economicamente apprezzabile è consentito in quanto finalizzato alla tutela della sicurezza di persone e beni (App. Milano 14/4/1989). Naturalmente le inferiate non possono essere realizzate in modo tale (Per esempio per linee orizzontali) da agevolare la scalata ai piani superiori dell’edificio da parte di malintenzionati, altrimenti si può pretendere che vengano modificate. Se l’esigenza di sicurezza riguarda un locale condominiale, l’installazione di inferriate può essere deliberata con il voto favorevole della maggioranza degli intervenuti all’assemblea, in rappresentanza di almeno 500/1.000, trattandosi di modifica diretta di miglioramento di una parte comune dell’edificio (>>Innovazioni, Differenza fra innovazione e modifica). INFILTRAZIONI Acqua piovana Se il danno prodotto dall’acqua piovana interessa la terrazza a livello di un condomino, che non abbia funzione di copertura dell’edificio, sarà questi a doverlo sopportare. Se invece la terrazza funge anche da copertura alle sottostanti unità immobiliari, la spesa va ripartita in ragione di un terzo a carico del proprietario e due terzi a carico dei condomini alle cui unità immobiliari la terrazza serve da copertura. Acque nere Se il danno è causato dalla rottura dei servizi igienici di un’unità immobiliare ne risponde il proprietario di questa (Corte di Cassazione 30/12/1964, n 299). Se invece è prodotto dalla 96 tubatura comune ne risponde il condomino, con onere da ripartirsi fra i condomini in proporzione ai millesimi di proprietà salvo diveso accordo. Cantina L’eliminazione delle macchie di umidità provenienti dal sottosuolo dell’edificio formatesi nella cantina di un condomino fa carico allo stesso condomino; se però le macchie superano la normale tollerabilità di cui all’articolo 844 codice civile, tenuto a provvedere è il condomino (Corte di Cassazione 29/11/2011, n 25239). Lucernario Se le infiltrazioni provengono da un lucernario non apribile, la spesa va ripartita fra tutti i condomini, seguendo il criterio previsto per il tetto, vale a dire in proporzione ai millesimi di proprietà. Se invece il lucernario è apribile, occorre stabilire se sia stato usato impropriamente o meno da un condomino; in caso affermativo, infatti, sarà questi a doversi fare esclusivo carico della spesa. Muro perimetrale I muri perimetrali rientrali fra le parti comuni dell’edificio, di cui il condomino è custode. Pertanto, se le infiltrazioni di acqua che si manifestano in corrispondenza di un appartamento di proprietà di un condomino provengono da un muro perimetrale, riparazione e risarcimento del danno sono a carico di tutti i condomini, in proporzione ai millesimi di proprietà, con il condomino che ha subito il danno in veste sia di danneggiato che di danneggiante, per cui il risarcimento andrà ridotto della quota a suo carico. Se poi l’inconveniente è tale da configurare un “Grave difetto“ di costruzione, e la garanzia decennale non è scaduta, sia il danneggiato che il condomino possono agire nei confronti del costruttore per ottenere sia l’eliminazione dell’inconveniente che il risarcimento del danno (Corte di Cassazione 15/4/1999, n 3753) dev’essere risarcito sia il danno patrimoniale che il danno non patrimoniale, mentre la corte di Cassazione (Sentenza n. 6128 del 19/4/2012) ha precisato che, se il condomino è costretto, a causa delle infiltrazioni, a trasferirsi, in attesa che l’appartamento venga reso di nuovo agibile, in altro alloggio preso in locazione, il condomino è tenuto a farsi carico anche di questa spesa. Tetto e lastrico solare Se le infiltrazioni provengono sia dal tetto che dal lastrico solare di cui un condomino abbia l’uso esclusivo, per la ripartizione della spesa si dovranno seguire due diversi criteri: uno per il tetto (millesimi di proprietà) e uno per il >>Lastrico solare. Di uso esclusivo. Se però le infiltrazioni sono dovute al fatto e colpa di chi usa in via esclusiva il lastrico solare, sarà questi a doversi fare esclusivo carico della spesa. Se il condomini la cui unità immobiliare sia stata danneggiata da infiltrazioni di acqua provenienti dal tetto rifiuta l’offerta di una riparazione immediata, il risarcimento per mancato godimento dell’immobile dev’essere limitato al periodo intercorrente tra l’evento che ha causato il danno e il momento in cui viene fatta l’offerta di riparazione, oltre al periodo occorrente all’esecuzione dei lavori (Corte di Cassazione 3/ 8/2012, n 13936 ). INFISSI Gli infissi - finestre, porte-finestre, persiane, tapparelle >>Finestra, Doppie finestre - sono pertinenza delle singole unità immobiliari e di conseguenza ogni spesa grava sul proprietario. Nel provvedere alla loro riverniciatura il condomino deve attenersi, a salvaguardia del decoro 97 architettonico dell’ edificio, al colore preesistente. Stando a una sentenza del Tribunale di Milano del 30/12/1991, è ammessa una certa tolleranza; i giudici, infatti, hanno ritenuto il marroncino (Colore adottato dal condomino) compatibile con il beige della facciata. Dato che oramai tutte le aziende che producono vernici e smalto hanno un catalogo numerato, è consigliabile farsi dire dall’ amministratore marca e numero di colore del prodotto, in modo da usare lo stresso tipo. Se ciò non fosse possibile perché sono passati molti anni dall’ultima tinteggiatura, è meglio attenersi al colore preesistente, o quanto meno farsi autorizzare dagli altri condomini ad adottarne uno diverso. Di regola non sono ammesse iniziative individuali, ma è l’assemblea a decidere se cambiare il colore di tutti gli infissi, vincolando quindi anche la minoranza dissenziente. Questo intervento rientra nel concetto di manutenzione, se non di migliore utilizzazione della cosa comune, e in quanto tale può essere deliberato con il voto favorevole della maggioranza degli intervenuti all’assemblea, in rappresentanza di almeno 500/1.000 (Maggioranza degli intervenuti e almeno 340/1.000 in seconda convocazione, Corte i Cassazione 7/11/1997, n 4755). Anche l’eventuale modifica degli infissi ad opera di un condomino, sempre che non sia vietata dal regolamento, deve fare i conti con la salvaguardia del decoro architettonico dell’edificio. Chi intende farvi luogo deve darne preventiva notizia all’amministratore, specificando i dettagli dell’intervento e le modalità dell’esecuzione. L’amministratore, a sua volta, ne riferisce all’assemblea (Secondo comma articolo 1122 codice civile). INNOVAZIONI Fra le decisioni più delicate che l’assemblea è chiamata ad adottare rientrano quelle aventi per oggetto le innovazioni. Il primo comma dell’articolo 1120 codice civile autorizza le innovazioni dirette al miglioramento o all’uso più comodo o al maggior rendimento delle cose comuni, introducibili con il voto favorevole della maggioranza degli intervenuti all’assemblea, in rappresentanza di almeno 667/1.000. Un quorum inferiore e in prima convocazione (Maggioranza degli intervenuti all’assemblea, in rappresentanza di almeno 500/1.000) è invece richiesto al secondo comma dello stesso articolo per le innovazioni che, nel rispetto della normativa di settore, hanno per oggetto: a ) le opere e gli interventi volti a migliorare la sicurezza e la salubrità dell’edificio e degli impianti; b) le opere e gli interventi finalizzati all’eliminazione delle barriere architettoniche, al contenimento del consumo energetico, alla realizzazione di parcheggi destinati a servizio delle unità immobiliari o dell’edificio, nonché alla produzione di energia mediante l’utilizzo di impianti di cogenerazione, fonti eoliche, solari o comunque rinnovabili da parte del condominio o di terzi che conseguono a titolo oneroso un diritto reale o personale di godimento del lastrico solare o di altra idonea superficie comune; c ) l’installazione di impianti centralizzati per la ricezione radiotelevisiva e per l’accesso a qualunque altro genere di flusso informativo, anche da satellite o via cavo, e i relativi collegamenti fino alla diramazione per le singole utenze, ad esclusione degli impianti che non comportano modifiche i grado di alterare la destinazione della cosa comune e di impedire agli altri condomini di farne uso secondo il loro diritto. Il condomino che intenda introdurre taluna delle innovazioni sopra elencate deve farne richiesta all’amministratore, indicando il contenuto specifico e le modalità di esecuzione degli interventi proposti. L’amministratore deve convocare 98 l’assemblea entro 30 giorni dalla richiesta. Sono vietate le innovazioni che possono recare pregiudizio alla stabilità o alla sicurezza del fabbricato, che ne alterino il decoro architettonico o che rendano talune parti comuni dell’edificio inservibili all’uso o al godimento anche di un solo condomino. La disposizione dell’articolo 1138 codice civile, per il quale le norme del regolamento di condominio non possono in nessun caso derogare, tra l’altro, a quanto stabilito dall’articolo 1120 in materia di innovazioni, si riferisce, oltre che al regolamento approvato dall’assemblea con la prevista maggioranza, anche al regolamento predisposto dall’unico, originario proprietario e accettato dai condomini con l’atto di acquisto dell’ immobile di proprietà esclusiva (Corte di Cassazione 26/5/1990, n 4905). Differenza tra innovazione e modifica La differenza fra innovazione e modifica rileva ai fini del diverso quorum richiesto affinché la relativa delibera passi nell’assemblea di prima convocazione: voto favorevole della maggioranza degli intervenuti, in rappresentanza di almeno 667/1.000, per l’innovazione (Quinto comma articolo 1136 c. c.), maggioranza degli intervenuti e almeno 500/1.000 per la modifica (secondo comma stesso articolo). Si tratta, in sostanza, di una differenza di tipo quantitativo; infatti, mentre l’innovazione è una trasformazione materiale della osa comune, che ne altera la sostanza o ne muta la destinazione originaria, la modifica mira a potenziare o a rendere più comodo il godimento della cosa comune da parte di uno o più condomini, lasciandone immutata la consistenza e la destinazione, in modo da non turbare i concorrenti interessi degli altri condomini (Corte di Cassazione 20/08/1986, n 5101). Ovviamente stabilire se si tratti di innovazione o di modifica è accertamento che dev’essere condotto caso per caso: è stata, per esempio, considerata innovazione la sostituzione di due centrali termiche con un unico impianto Tribunale di Sanremo 23/02/1999), mentre sono stati considerati semplice modifica la sostituzione della pavimentazione del lastrico solare con mattonelle di altro tipo (Corte di Cassazione 5/11/1990) e il modesto restringimento di un viale di accesso pedonale (Corte di Cassazione 23/10/1999, n 11936). Gravosa o voluttuaria L’articolo 1121 codice civile stabilisce che, se l’innovazione comporta una spesa molto gravosa o ha carattere voluttuario rispetto alle particolari condizioni e all’importanza dell’edificio, e consiste in opere, impianti o manufatti suscettibili di utilizzazione separata, i condomini non interessati sono esonerati da qualsiasi contributo alla spesa. In questa ipotesi, l’innovazione può essere introdotta a cura e spese del condomino (O del gruppo di condomini) che intende avvalersene. Per stabilire se l’innovazione comporta o meno una spesa molto gravosa, o se abbia o meno carattere voluttuario, è necessario quindi valutarla in relazione alle caratteristiche dell’edificio (Corte di Cassazione 18/01/1984, n 428). L’onere di provare che si tratta d’innovazione gravosa o voluttuaria fa carico al condomino che intende sottrarsi alla spesa (Corte di Cassazione 23/04/1981, n 2408 ). E’ invece ininfluente, ai fini della valutazione dell’onerosità dell’innovazione, il reddito più o meno elevato dei condomini che abitano l’immobile (Tribunale di Milano 04/05/1989). I condomini che non intendono contribuire alla spesa richiesta da innovazione gravosa o voluttuaria devono far mettere a verbale il loro dissenso o impugnare la delibera che l’ha provocata (Corte di Cassazione 17/04/1969, n 1215). Essi e i loro eredi o aventi causa possono però, in qualunque tempo, partecipare ai vantaggi dell’innovazione, diventandone quindi comproprietari, anche se abbia comportato l’occupazione da parte di uno spazio di proprietà esclusiva del condomino che l’ha introdotta (Corte di Cassazione 01/04/1995, n 3840). La possibilità di aderire all’innovazione è subordinata alla condizione di 99 contribuire alle spese di esecuzione e di manutenzione dell’opera, spese opportunamente rivalutate; fino a quel momento la proprietà dell’innovazione spetta a chi l’ha introdotta ( Corte di Cassazione 01/04/1995, n 3840). Se l’utilizzo separato non è possibile l’innovazione non è consentita, a meno che la maggioranza dei condomini che l’ha deliberata o accettata non ne sopporti integralmente il costo. Introdotta da un condomino Un condomino può introdurre a propria cura e spese, senza autorizzazione dell’ assemblea (Ma è preferibile procurarsela per evitare discussioni), una modifica della cosa comune, nel rispetto dei limiti fissati dal primo comma dell’articolo 1102 codice civile: non alterarne la destinazione e non impedire agli altri condomini di farne parimenti uso secondo il loro diritto. Per introdurre un’ innovazione, invece, trattandosi di alterare la sostanza della cosa comune o di mutarne la destinazione originaria (>>Differenza fra innovazione e modifica), è indispensabile l’autorizzazione dell’assemblea o il consenso di tutti gli altri condomini, a seconda del tipo d’intervento. INSEGNA In virtù del principio scolpito nell’articolo 1102 codice civile, per il quale ciascun condomino può servirsi della cosa comune purché non ne alteri la destinazione e non impedisca agli altri condomini di farne parimenti uso secondo il loro diritto, è possibile utilizzare le superfici comuni, per esempio i muri perimetrali, per opporvi insegne (Anche luminose, Corte di Cassazione 03/02/1998, n 1046) e targhe che segnalino il luogo di esercizio di un’ attività artigianale, commerciale o professionale; ciò anche se si tratta di occupare una parte di muro comune corrispondente all’ unità immobiliare di un altro condomino (Corte di Cassazione 09/07/1973, n 1975). Lo stesso diritto è accordato al conduttore; quindi, infatti, ha sulle parti comuni gli stessi diritti, e incontra gli stessi limiti, del condomino-locatore (Corte di Cassazione 21/09/1988, n 5189). Non occorre autorizzazione dell’ amministratore o dell’assemblea (Anche se è sempre meglio procurarsela), a meno che ciò non sia previsto da un regolamento contrattuale o non venga deliberato dai condomini all’umanità ( Corte di Cassazione 03/09/1993, n 9311). Se però l’insegna, per dimensioni o ubicazione, arreca pregiudizio alla proprietà esclusiva di un condomino, la sua collocazione è da ritenersi illegittima (Corte di Cassazione 03/02/1998, n 1046 ). Un’insegna può essere collocata anche nel vano di una finestra (Tribunale di Roma 01/03/1986), ma è opportuno acquisire l’autorizzazione dell’assemblea per evitare dispute su di una possibile alterazione del decoro architettonico dell’edificio. Il Tribunale di Brescia (Sentenza del 26/04/1994), per esempio, ha considerato illegittima la collocazione di insegne luminose, targhe e cartelli pubblicitari sul portone d’ingresso, sul muro e nel corridoio dell’ atrio condominiale, avendo ritenuto tale utilizzo in contrasto con la destinazione tipica di queste parti comuni dell’ edificio. La previsione di un corrispettivo a carico di chi voglia collocare un’insegna nel rispetto di suddetti limiti è stata ritenuta illegittima dal Tribunale di Roma (Sentenza del 30/01/1996), poiché l’assemblea non può imporre ai condomini, per l’uso della cosa comune, l’adempimento di oneri che non siano diretti a evitare l’alterazione della suddivisione della cosa e che ne sia impedito il pari uso da parte di tutti i partecipanti al condominio. LETTERA LASTRICO SOLARE 100 L La copertura di molti edifici è costituita, in tutto o in parte, non dal tetto ma dalla terrazza, tecnicamente indicata come lastrico solare. Questo spazio può essere condominiale, cioè di proprietà comune, oppure destinato all’uso esclusivo di un condomino che, il più delle volte, coincide con il proprietario dell’attico. Il lastrico solare non va confuso con la terrazza a livello, cioè con la superficie scoperta destinata non tanto a coprire il verticale sottostante dell’edificio, quanto e soprattutto a dare un affaccio e ulteriori comodità all’appartamento cui è collegata e dal quale costituisse una protezione verso l’esterno. Cioè non esclude che la funzione di lastrico solare possa essere assolta da una terrazza a livello, quando questa sia posta a copertura dei piani sottostanti (Corte di Cassazione 16/5/1963, n 1224). Condominiale Se il lastrico solare è comune la sua utilizzazione è consentita a tutti i condomini, che possono servirsene, salvo controindicazioni contenute nel regolamento (Che deve però essere contrattuale) e a condizione di non pregiudicare il pari diritto degli altri comproprietari, per le finalità più disparate: per esempio per collocarvi un’antenna, stendervi biancheria, battervi tappeti, prendervi il sole. Il condomino non potrebbe invece attrarre il lastrico nell’orbita della propria disponibilità esclusiva, per esempio realizzandovi un vano (Corte di Cassazione 2/2/2005, n 2099) o trasformandolo in terrazza a livello da lui solo praticabile, neppure se la trasformazione dovesse essere parziale (Corte di Cassazione 3/8/1962, n 2358 ), perché in tal modo si verrebbe ad alterare l’originaria destinazione della cosa comune, sottraendola alla possibilità di utilizzo da parte degli altri condomini (Corte di Cassazione 19/1/2006, n 972). Alla spesa occorrente alla manutenzione e alla ricostruzione del lastrico condominiale devono contribuire tutti i condomini, anche se il lastrico funge da copertura soltanto ad alcune unità immobiliari (Corte di Cassazione 20/3/2009, n 6889). Coibentazione La spesa occorrente alla coibentazione del lastrico solare comune dev’essere suddivisa in proporzione ai millesimi di proprietà, salvo diverso accordo al quale abbiano aderito tutti i condomini. Collegamento alla propria unità immobiliare Il collegamento, da parte di un condomino, del proprio appartamento al lastrico solare condominiale, realizzato mediante la costruzione di una scala, non costituisce innovazione vietata (App. Milano 1/3/1968 ). Lo stesso dicasi se il collegamento avviene mediante l’apertura di una porta del muro di proprietà esclusiva (Corte di Cassazione 2/2/2005, n 2099). Pavimentazione La sostituzione della pavimentazione del lastrico solare comune non è riguardabile come innovazione; può pertanto essere deliberata con il voto favorevole della maggioranza degli intervenuti all’assemblea, in rappresentanza di almeno 500/1.000 (Corte di Cassazione 5/11/1990, n 10602). Sostituzione con tetto Per deliberare la sostituzione del lastrico solare con il tetto è necessaria l’unanimità poiché, pur restando immutata la funzione di copertura, risultano compromesse le facoltà accessorie di 101 godimento consentite dal lastrico, quali l’accessibilità, l’affaccio e la permanenza, senza che il danno sia compensato da alcun vantaggio (Tribunale di Nocera Inferiore 8/10/2002). Di uso esclusivo Al condomino che abbia l’uso esclusivo del lastrico solare spetta il diritto di >>Sopraelevazione, salvo che dal rogito non risulti il contrario. A riguardo il costruttore può, in sede di vendita frazionata dell’edificio, riservarsi la sola proprietà del lastrico solare per poter usufruire del diritto di sopraelevazione, ma è necessario uno specifico atto negoziale (Corte di Cassazione 16/7/2004, n 13279). Il proprietario esclusivo del lastrico può anche apportarvi tutte le modifiche richieste da una sua migliore fruibilità, purché non ne pregiudichino la funzione di copertura (Corte di Cassazione 6/6/1969, n 1995) e non comportino danni o limitazioni a carico degli altri condomini. Egli è inoltre ammesso a rinunciare al particolare diritto di uso di questa struttura, a norma dell’articolo 1104 codice civile, facendo trasferire agli altri condomini il godimento particolare del bene, con la conseguenza di sottrarsi all’ obbligo di contribuire alla quota di spesa che la legge ricollega a tale godimento (Corte di Cassazione 10/4/1996, n 3294). Coibentazione Se la posa in opera del materiale isolante è indispensabile alla funzionalità del lastrico di cui un condomino abbia l’uso esclusivo, la spesa va suddivisa seguendo il criterio stabilito dall’articolo 1126 codice civile (>>Riparazione e ricostruzione). Se invece la coibentazione non è indispensabile alla funzionalità del lastrico, ma serve soltanto ad isolare termicamente e acusticamente la sottostante unità immobiliare, la spesa grava sul proprietario di questa. Costruzione Il proprietario esclusivo del lastrico solare, che in presenza di un divieto contenuto nel regolamento intenda ampliare o ristrutturare un locale destinato a stenditoio e lavatoio per aumentare la cubatura del proprio appartamento, necessita dell’autorizzazione dell’assemblea, pena l’abbattimento dell’eventuale costruzione realizzata (Corte di Cassazione 16/4/2008, n 10040). Danni Il condomino che ha l’uso esclusivo del lastrico solare è tenuto ad avvisare tempestivamente l’ amministratore non appena riscontri un danno alla struttura. Se il condominio, pur ripetutamente diffidato dal proprietario non provvede alla riparazione con la dovuta tempestività, la relativa spesa verrà suddivisa fra tutti i proprietari, compreso il denunciante, in proporzione ai millesimi di proprietà e non sulla base del criterio detto dall’articolo 1126 codice civile (Tribunale di Napoli 26/9/1984, >>Riparazione e ricostruzione). Qualora, invece, il danno sia riconducibile unicamente a fatto e colpa del proprietario esclusivo del lastrico, questi deve farsi carico dell’ intera spesa (App di Cagliari 20/2/1964), come pure dovrà accollarsi l’intero costo nel caso in cui la riparazione si rendesse necessaria non per vetustà ma per difetto originario di progettazione o di costruzione indebitamente tollerato, salva la possibilità di rivalersi, ricorrendone i presupposti (per esempio garanzia decennale non scaduta), nei confronti del costruttore (Corte di Cassazione 18/6/1998, n 6060). Giardino pensile Se sul lastrico solare di uso esclusivo vi è un giardino pensile, e si rendono necessari lavori per eliminare le infiltrazioni di acqua e umidità, la spesa occorrente alla rimozione e al ripristino del giardino è a carico del proprietario che ha l’uso esclusivo del lastrico; ciò in quanto il criterio di 102 ripartizione della spesa dettato dall’articolo 1126, codice civile (>>Riparazione e ricostruzione) si riferisce solo alle riparazioni riguardanti il manufatto posto alla sommità della costruzione, non anche a ciò che vi è sovrapposto e che, pur essendo ad esso collegato, è dotato di una propria autonomia strutturale e funzionale (Corte di Cassazione 4/6/2001, n 7472). Se poi le infiltrazioni dipendono esclusivamente dalla cattiva manutenzione del giardino, il proprietario dovrà farsi esclusivo carico anche della spesa occorrente alla loro eliminazione. Riparazione e ricostruzione L’articolo 1126 codice civile parla di “riparazione“ e di “ricostruzione“. Riparazione è sinonimo di manutenzione, mentre nel concetto di ricostruzione sono compresi gli interventi che incidono sugli elementi strutturali del lastrico, quali per esempio il solaio portante e la guaina impermeabilizzante (Corte di Cassazione 25/2/2002, n 2726). Le spese occorrenti alla riparazione e alla ricostruzione del lastrico solare di uso esclusivo di un condomino vanno suddivise, salvo diverso accorso al quale abbiamo aderito tutti i condomini, seguendo il criterio dettato dall’articolo 1126 codice civile: un terzo a carico del proprietario esclusivo del lastrico ed i restanti due terzi a carico dei condomini alla cui unità immobiliari il lastrico serve da copertura, in proporzione ai millesimi di proprietà. Questo criterio si applica non solo alle spese riguardanti il rifacimento o la manutenzione del solaio o del manto impermeabilizzante, ma anche a quelle rese necessarie da questi interventi: per esempio rifacimento della pavimentazione, trasporto e discarica dei detriti ( Corte di Cassazione 19 /10/1992, n 11449). Se il condomino che ha l’uso esclusivo del lastrico solare è anche proprietario di un’unità immobiliare ubicata sotto la sua verticale (Per esempio Autorimessa), deve contribuire ad entrambe le quote di spesa. Se poi il lastrico funge da copertura a uno spazio comune ( Per esempio androne, scala), a questa parte di spesa devono contribuire tutti i condomini, anche quelli le cui unità immobiliari non siano coperte dal lastrico. Se, infine, una parte del lastrico aggetta rispetto al perimetro del fabbricato, la relativa spesa grava esclusivamente sul proprietario del lastrico, salvo diverso accordo al quale abbiano aderito tutti i condomini. Sono ad esclusivo carico del condomino che ha l’uso esclusivo del lastrico i costi relativi agli elementi collegati al suo godimento diretto e avulsi alla funzione di copertura: come quelli occorrenti alla manutenzione delle ringhiere e dei parapetti (Corte di Cassazione 25/2/2002, n 2726), funzionali alla sicurezza del calpestio (Corte di Cassazione 28/9/2012, n 16583). Il proprietario esclusivo del lastrico è tenuto a contribuire alla spesa anche nel caso in cui le norme edilizie vietano la sopraelevazione nella zona in cui è ubicato l’edificio (Corte di Cassazione 29/11/1999, n 13328). Se il lastrico solare di uso esclusivo non funge da copertura delle sottostanti unità immobiliari, ma raccoglie le acque di scolo provenienti da parti comuni dell’edificio, alla spesa devono contribuire sia il proprietario esclusivo che gli altri condomini che traggono utilità dal lastrico, in proporzione al vantaggio di ciascuno ( Corte di Cassazione 16/4/1999, n 3803). Nel deliberare il rifacimento del lastrico, di cui sia proprietario esclusivo un condomino, l’assemblea non può deliberare che esso venga ricostruito in modo da modificarne l’aspetto estetico (Tribunale di Sanremo 12/12/1990). Tubatura Se, a causa dell’usura di una tubatura condominiale inserita nel lastrico solare di proprietà esclusiva di un condomino, si rende necessario smantellare la pavimentazione, la spesa va ripartita fra tutti i condomini in base ai millesimi di proprietà. Se però, con l’occasione, si provvede, per esempio, anche al rifacimento dell’impermeabilizzazione e della coibentazione, per questa parte di spesa si applica 103 al criterio ordinario: un terzo a carico del proprietario esclusivo del lastrico ed i restanti due terzi a carico dei condomini alle cui unità immobiliari il lastrico serve da copertura. Veranda Se una parte del lastrico viene successivamente occupata da una veranda la cui costruzione sia stata autorizzata e le cui caratteristiche, per materiali utilizzati e stabilità, siano assimilabili a quelle di un tetto, al criterio di ripartizione della spesa previsto per il lastrico solare di uso esclusivo si sostituisce, per la parte edificata, quello previsto per il tetto ( Concorso di tutti i condomini in proporzione ai millesimi di proprietà). LAVORI CONDOMINIALI Delibera La delibera che autorizza l’amministratore a scegliere l’impresa cui affidare i lavori sulle parti comuni dell’ edificio può essere adottata (Corte di Cassazione 11/7/2003, n 10937) con il voto favorevole della maggioranza degli interventi all’assemblea, in rappresentanza di almeno 500/ 1.000. Se però si tratta di lavori straordinari di notevole entità è necessario, anche in seconda convocazione, il voto favorevole della maggioranza degli intervenuti, in rappresentanza di almeno 500/1.000. Le decisioni sui lavori di manutenzione straordinaria non possono essere demandate a una commissione composta di alcuni condomini (>>Consiglio di condominio), trattandosi di materia riservata alla competenza esclusiva dell’assemblea (Tribunale di Napoli 14/7/1987). La delibera avente per appoggio l’approvazione del piano di riparto delle spese attinenti ai lavori di ristrutturazione, che non contenga alcuna specificazione circa la natura della spesa, il costo totale dell’ intervento, le voci che lo compongono e il criterio di riparto adottato, è nulla perché rende impossibile qualsiasi tipo dio controllo da parte dei condomini sulla legittimità delle spese addebitare e sulla misura della quota di contribuzione ( Tribunale di Roma 18/5/2005). Indispensabili Se si rendono necessari lavori indispensabili sulle parti comuni dell’edificio o in singole unità immobiliari nell’interesse di tutti i condomini (Si pensi a un infisso pericolante), e i rispettivi proprietari non si attivano, gli altri condomini possono provvedere all’effettuazione dei lavori, facendo ricorso a prestiti bancari, con diritto al rimborso anche per quanto attiene gli interessi passivi idoneamente documentati (Corte di Cassazione 11/6/1986, n 3860). Lo stesso vale se alcuni condomini si oppongono ingiustificatamente all’ effettuazione dei lavori (Corte di Cassazione 30/5/1978, n 2748 ). Naturalmente per i lavori riguardanti le unità immobiliari, occorre il consenso del proprietario, pena la nullità della relativa delibera (Corte di Cassazione 30/12/1997, n 13116), o l’autorizzazione del giudice. Infortunio Nell’affidare l’esecuzione di lavori di ristrutturazione è opportuno rivolgersi a un’impresa rispettosa delle norme sulla sicurezza del lavoro. Infatti, se durante l’esecuzione dei lavori un operaio o un artigiano s’infortuna, il condominio se risponde, poiché il committente non è esonerato, neanche alla presenza di un contratto di appalto, dalle responsabilità connesse alla mancata osservanza degli obblighi imposti dalla legge in materia di sicurezza del lavoro (Corte di Cassazione 19/12/2008, n 47370). Successivamente la Suprema Corte (Sentenza n. 36581 del 21/9/2009) ha stabilito che, se il condominio, anziché affidare i lavori a una ditta specializzata, li ha commissionati a un singolo 104 operaio senza adottare le misure infortunistiche, in caso d’infortunio mortale risponde di omicidio colposo. Manutenzione L’amministratore può disporre l’esecuzione di lavori di ordinaria manutenzione anche senza autorizzazione dell’assemblea, poiché ciò rientra fra le sue attribuzioni (Corte di Cassazione 18/8/1986, n 5068). Per i lavori di manutenzione straordinaria è invece necessaria l’autorizzazione di quest’organo, altrimenti l’amministratore risponde in proprio nei confronti dei terzi ( Corte di Cassazione 7/5/1987, n 4232). Fanno eccezione i lavori urgenti, ma in questo caso l’amministratore ne deve riferire alla prima assemblea (Secondo comma articolo 1135 codice civile). L’assemblea può sempre, nell’esercizio dei poteri previsti da questo stesso articolo, ratificare la spesa effettuata dall’amministratore in ordine ai lavori di manutenzione straordinaria delle parti comuni, ancorché non indifferibili e urgenti (Corte di Cassazione 7/2/2008, n 2864). Se l’amministratore affida a un’impresa l’effettuazione di un lavoro di manutenzione straordinaria urgente, i condomini rispondono delle relative obbligazioni poiché l’amministratore, quando agisce nei limiti dei poteri attribuitigli dalla legge, rappresenta il condominio, per cui gli effetti del suo operato ricadono direttamente su questo qualora ne abbia speso il nome (Corte di Cassazione 18/3/2010, n 6557). L’amministratore che, al termine dei lavori, presenti un conto superiore a quello del preventivo approvato dall’assemblea, risponde della differenza (Corte di Cassazione 11/5/2012, n 7401). Ordinaria Rientrano nel concetto di manutenzione ordinaria tutti gli interventi di riparazione, rinnovamento e sostituzione delle finiture degli edifici e quelli necessari a integrare o mantenere in efficienza gli impianti tecnologici esistenti (Articolo 31, lett. A) della L. 5/8/1978, n 457, confluito nell’articolo 3 del DPR 6/6/2001, n 380). Gli interventi di manutenzione ordinaria possono essere approvati dall’assemblea con il voto favorevole della maggioranza degli intervenuti, in rappresentanza di almeno 500/1.000. Straordinaria Per interventi di manutenzione straordinaria s’intendono le opere e le modifiche necessarie per rinnovare e sostituire parti anche strutturali degli edifici, nonché per realizzare e integrare i servizi igienico-sanitari e tecnologici, sempre che non alterino i volumi e le superfici delle singole unità immobiliari e non comportino modifiche delle destinazioni d’uso (Articolo 31, lett. B) della L. 5/8/1978, n 457, confluito nell’articolo 3 del DPR 6/6/2001). Questi interventi possono essere deliberati dall’assemblea con la stessa maggioranza prevista per i lavori di ordinaria amministrazione (Vedi sopra). Se però si tratta d’intervenire sulle parti comuni con opere straordinarie di notevole entità è richiesto il voto favorevole della maggioranza degli intervenuti all’assemblea, in rappresentanza di almeno 500/1.000, sia in prima che in seconda convocazione. L’amministratore non può ordinare lavori di manutenzione straordinaria, salvo che rivestano carattere urgente, ma in questo caso deve riferirne nella prima assemblea ( Secondo comma articolo 1135 codice civile). Se poi affidata a un’impresa l’effettuazione di un lavoro di manutenzione straordinaria urgente, i condomini rispondono della relativa obbligazione poiché l’amministratore, quando agisce nei limiti dei poteri attribuitigli dalla legge, rappresenta il condominio, per cui gli effetti del suo operato ricadono direttamente su questo qualora ne abbia speso il nome ( Corte di Cassazione 18/3/2010, n 6557). Vendita 105 Nei rapporti fra venditore e acquirente di un’unità immobiliare, in mancanza di diverso accordo fra le parti, obbligato al pagamento delle spese per lavori straordinari è chi risulta proprietario nel momento in cui la spesa viene deliberata (>>Contributi condominiali. Acquirente). LOCAZIONE L’assemblea può, a maggioranza, concedere in locazione a un condomino o a terzi un locale comune solo se non è possibile un’utilizzazione diretta di esso da parte dei condomini, neppure attraverso l’istituzione di turni. In caso contrario occorre il consenso di tutti i condomini (Corte di Cassazione 27/10/2011, n 22435). Il contratto di locazione di un bene comune altrimenti non utilizzabile dai condomini può essere stipulato dall’amministratore anche senza autorizzazione dell’assemblea, che può ratificarlo a maggioranza (Corte di Cassazione 21/10/1998, n 1998, n 10446, con riferimento a un appartamento), trattandosi di atto di ordinaria amministrazione attraverso il quale è possibile conseguire la finalità del “miglior godimento delle cose comuni“. La Suprema Corte (Sentenza n. 3653 dell’8/4/1998), ammette che a stipulare questi tipo di contratto possa essere anche un singolo condomino, perché in mancanza di prova contraria i condomini hanno pari poteri di gestione e si presume che ciascuno agisca con il consenso degli altri. Preferibile, però, che un’iniziativa del genere venga posta in essere dall’amministrazione previamente autorizzato dall’assemblea. Se la durata della locazione supera i nove anni, trattandosi di atto di straordinaria amministrazione il contratto richiede il consenso di tutti i condomini (Tribunale di Cagliari 7/6/1993 ) e dev’essere trascritto presso l’Agenzia del territorio (Articolo 2463, n 8, codice civile). Nei confronti del conduttore che sia in buona fede, il contratto ultranovennale è valido anche se firmato da un condomino, ma gli altri condomini possono agire nei confronti di questo per il risarcimento degli eventuali danni (Corte di Cassazione 9/11/1982, n 5890) se un contratto di locazione era stato stipulato nell’ interesse del condominio, da tutti i condomini, alla scadenza la delibera se rinnovare o meno l’accordo può essere adottata a maggioranza (Corte di Cassazione 25/7/1995, n 8085). Canone L’assemblea, nel concedere il locazione un bene comune, non può preferire un condomino a un altro, se questi offrono un canone maggiore; la relativa delibera che non fosse adeguatamente motivata sarebbe nulla per eccesso di potere. Rientra fra gli atti di ordinaria amministrazione posti in essere dall’assemblea deliberare di accantonare temporaneamente i canoni di locazione provenienti da un bene condominiale (Corte di Cassazione 13/2/1988, n 1553). Prelazione Se il condominio decide di concedere in locazione una parte comune dell’ edificio, il condomino non ha il diritto di prelazione, a parità di condizioni, rispetto a un estraneo, neppure se le condizioni offerte sono, per il condomino, più favorevoli di quelle offerte dal terzo ( Corte di Cassazione 22/3/2001, n 4131). L’assemblea, però, deve adeguatamente motivare l’eventuale preferenza accordata al terzo che offre un canone inferiore, pena nullità della delibera per eccesso di potere). Privacy Il Garante della privacy, con provvedimento del 20/11/2008, ha vietato la diffusione a terzi, in bacheca o in altro luogo nel quale siano viabili da chiunque, dei dati personali riferiti, anche indirettamente, al conduttore intestatario di un contratto di locazione. LUCERNARIO 106 Il lucernario, a differenza dell’>>Abbaino, è un’apertura dotata di finestra, praticata nel tetto per dare aria e luce al sottostante locale, laddove l’abbaino comporta anche la costruzione di una sovrastruttura. Il proprietario del sottotetto può aprirvi un lucernario, trattandosi di facoltà rientrante nel diritto, previsto dal primo comma dell’articolo 1102 codice civile, di apportare alle cose comuni le modifiche necessarie al loro miglior godimento (Corte di Cassazione 24/2/1964, n 391). Ne deve però dare preventiva notizia all’amministratore, specificando i dettagli dell’intervento e le modalità di esecuzione. L’amministratore, a sua volta, ne riferisce all’assemblea (Secondo comma articolo 1122 codice civile). Il Comune può subordinare il rilascio del permesso di costruire all’autorizzazione dell’assemblea (TAR Toscana 20/7/1990, n 381). Il lucernario dev’essere costruito e messo in opera a regola d’arte, e non deve pregiudicare la funzione di copertura del tetto, né ledere altrimenti il diritto degli altri condomini (Tribunale Ariano Irpino 21/9/2006). Il contro lucernario delle scale, che sia privo tanto di una funzione di copertura e impermeabilizzazione della parte sottostante di edificio, quanto di una funzione statica ( Per la mancanza di un sovrastante piano di calpestio ), fa parte integrante non del tetto ma del vano scale, di cui costituisce una finitura al pari del controsoffitto (Tribunale di Firenze 2/7/1999). Spesa Se il lucernario è stato realizzato dal proprietario del sottotetto per dare luce e aria al locale, le spese di manutenzione sono a suo esclusivo carico. Se invece la struttura è stata inserita nel tetto al momento della costruzione, costituisce parte integrante di questo e in quanto tale la spesa è a carico di tutti i condomini, in proporzione ai millesimi di proprietà salvo diverso accordo. LUCI E VEDUTE Sia le luci e le vedute sono aperture ricavate nel muro dell’ edificio, ma con questa differenza: mentre le luci consentono il solo passaggio di aria e luce, le vedute permettono anche di vedere, direttamente od obliquamente, nella proprietà del vicino senza ricorrere a mezzi artificiali Per ex scala). Nel disciplinare la materia il Legislatore ha cercato di trovare un punto di equilibrio tra la necessità del proprietario di un immobile aria e luce o di avere una veduta verso l’esterno, e il diritto del confinante o del dirimpettaio di non veder violata la propria privacy. In particolare, le luci (Articolo 901 codice civile), oltre a dover essere munite di un’ inferriata idonea a garantire la sicurezza del vicino e di una grata fissa in metallo le cui maglie non devono superare i tre centimetri quadrati, devono essere collocate, rispetto al pavimento, con il lato inferiore ad almeno due metri e mezzo da esso se sono al piano terreno, e ad almeno due metri se sono ai piani superiori. Inoltre devono avere il lato inferiore a un’altezza non minore di due metri e mezzo dal suolo del fondo vicino, a meno che non si tratti di locale che sia in tutto o in parte a livello inferiore al suolo del vicino e le condizioni dei luoghi non consentono di osservare l’altezza minima. Ovviamente l’apertura nel muro condominiale di luci che affaccino sulla strada o sul cortile è consentita se non vi ostano esigenze di sicurezza o di rispetto del decoro architettonico dell’ edificio. Se poi il muro funge anche da divisorio fra le proprietà di due condomini, è necessario il consenso del vicino (Corte di Cassazione 12/6/1982, n 3819). Un telaio munito di spesso vetro opaco è considerato luce, poiché non presenta caratteristiche analoghe alla struttura del muro; non altrettanto dicasi delle aperture alle quali siano stati applicati dei pannelli di vetrocemento, a loro volta non considerabili come luci in senso tecnico (Corte di Cassazione 28/11/1984, n 6192). Di regola un condomino può chiudere una luce esistente nella porzione di muro condominiale coincidente con la sua proprietà esclusiva. 107 Occorre però verificare se, dallo stato dei luoghi, non emergano elementi tali da vietare questo tipo d’ intervento, come nel caso in cui l’apertura serva a dare aria e luce a una parte comune dell’ edificio: per esempio le scale (Corte di Cassazione 16/3/1981, n 1455). Il condomino può anche trasformare una luce in una finestra, a condizione che non vi siano controindicazioni in termini di sicurezza, di stabilità del muro, di alterazione del decoro architettonico dell’edificio, di danno alla proprietà esclusiva degli altri condomini e d’impedimento, in capo a questi, di fare pari uso del muro comune secondo il loro diritto (Corte di Cassazione 9/10/1970, n 1899). Regole diverse disciplinano le vedute, dal momento che consentono anche di vedere, direttamente o obliquamente, nella proprietà del vicino senza ricorrere a mezzi artificiali. In particolare se le due proprietà non sono separate da una pubblica via (In caso contrario non si è tenuti al rispetto di alcuna distanza), si deve osservare la distanza minima di un metro e mezzo per la veduta diretta, e di 75 centimetri per le vedute laterali od oblique. La distanza va misurata dal lato più vicino della finestra o dallo sporti più vicino. LETTERA M MILLESIMI Tabelle Il condominio non è una società per azioni. Ma paragonare i due organismi può essere utile per capire uno dei concetti fondamentali della vita condominiale: i millesimi. I millesimi rappresentano, infatti, quello che le azioni sono per una società. In pratica, ogni singolo proprietario è socio del condominio per una quota pari ai millesimi di cui è titolare. Questa quota è proporzionale al valore dell’appartamento, comprese le relative pertinenze (Box, cantina, soffitta), in rapporto all’ intero edificio. Si usa il termine millesimi perché all’edificio condominiale viene attribuito un valore complessivo di mille, con la proprietà dei singoli condomini che viene, appunto, espressa con riferimento a questo valore globale: per esempio 147/1.000, 234/1.000. i millesimi sono quindi l’ unità di misura della proprietà nell’ ambito del condominio e vengono definiti, attraverso la messa a punto di apposite tabelle a cura di un tecnico (Per esempio Geometra, ingegnere), di norma contestualmente alla predisposizione del regolamento da parte del costruttore. Il regolamento e le relative tabelle vengono accettate dai condomini via via che acquistano le varie unità immobiliari con atto notarile. Si parla a riguardo di regolamento contrattuale. I millesimi incidono su tre aspetti fondamentali della vita condominiale: a >> rappresentano la misura dei diritti vantati da ciascun condomino sulle parti e sui servizi comuni dell’edificio; b c >> sono il parametro fondamentale per la ripartizione fra i condomini delle spese comuni; >> sono uno dei parametri in cui si fa riferimento per la formazione della maggioranza in assemblea ( L’altro è quello delle persone che prendono parte alla riunione). Le tabelle millesimali vanno rispettate fino a quando i condomini non decidono di modificarle. Se invece il regolamento nasce successivamente, sono gli stessi condomini che, approvandolo, fanno predisporre in questa sede le tabelle millesimali. Una sentenza della Corte d’appello di Napoli nel lontano 14/12/1967 ha stabilito che i millesimi sono obbligatori se i condomini sono più di 4: numero, questo, coincidente con quello che, prima della riforma, l’articolo 1129 codice civile prescriveva per rendere obbligatoria la riforma dell’amministratore (attualmente la nomina di quest’ 108 organo è obbligatoria se i condomini sono più di 8). Il numero delle tabelle millesimali dipende sia dalle caratteristiche dell’edificio sia dai servizi che offre, sia dalla meticolosità del compilatore. Cosi, per scale e ascensore possono essere predisposte tabelle separate o un’unica tabella. In genere si compilano 3 tabelle: una di proprietà generale, una per le scale e ascensore e una per il riscaldamento, ciascuna caratterizzata dal fatto che il totale è 1.000, con la proprietà di ciascun condomino che viene espressa con riferimento a questo valore globale. Le tabelle millesimali sono una sorta di “Etichetta“ che rimane attaccata all’unità immobiliare - anche nel caso in cui dovesse essere venduta, donata o lasciata in eredità - fino a quando non si pervenga alla loro eventuale rettifica dimostrando che sono viziate da errore (>>Modifica), per cui ad evitare disparità di trattamento è opportuno affidare la stesura ad un tecnico di comprovata abilità: una valutazione errata del valore delle unità immobiliari e dei relativi millesimi, infatti, è destinata a riflettersi sia sul portafoglio dei condomini che sul “Peso“ del voto in sede di assemblea. La scelta del professionista può essere approvata con il voto favorevole della maggioranza degli intervenuti all’ assemblea, in rappresentanza di almeno 500/1.000 (Tribunale di Bari 12/2/2010, n 505), mentre non può essere fatta dall’amministratore senza autorizzazione dell’ assemblea (Corte di Cassazione 11/2/2000, n 1520). La tabella dei millesimi di proprietà viene utilizzata per suddividere la maggior parte delle spese comuni: manutenzione ordinaria e straordinaria, compreso amministratore, polizza assicurativa, spese telefoniche, postali e di cancelleria. Vi si fa riferimento ogniqualvolta si debbano ripartire delle spese che interessano la proprietà in generale. Questa tabella è importante anche per stabilire se l’assemblea ha raggiunta la richiesta maggioranza: si tratta di quella occorrente alla valida costituzione di quest’organo o all’approvazione di una specifica delibera (>>Assemblea, Maggioranza). Approvazione Se le tabelle millesimali introducono un criterio di ripartizione delle spese comuni diverso da quello stabilito dalla legge hanno natura convenzionale e la loro approvazione richiede il consenso di tutti i condomini, espresso all’ atto di acquistare l’unità immobiliare dal costruttore o manifestato in sede di assemblea. Se invece il criterio di ripartizione delle spese recepisce quello stabilito dalla legge è sufficiente il quorum prescritto dal secondo comma dell’articolo 1136 codice civile: maggioranza degli intervenuti all’assemblea, in rappresentanza di almeno 500/1.000 (Corte di Cassazione 23/2/2007, n. 4219). Questo orientamento è stato confermato dalla Corte di cassazione SS.UU. con sentenza n. 18477 del 9/8/2010. Chi ha concorso all’ approvazione delle tabelle può impugnarle solo in caso di errore ( Corte di Cassazione 10/2/1994, n 1367), mentre il condomino che abbia espressamente accettato che le tabelle millesimali fossero redatte seguendo un criterio diverso da quello previsto dalla legge non può chiederne la rettifica poiché la dichiarazione di accettazione concorre a formare la “Diversa convenzione“ di cui all’ultima parte del primo comma dell’articolo 1123 codice civile (Corte di Cassazione 26/3/2010, n 7300). L’amministratore non può, di sua iniziativa, ripartire le spese fra i condomini seguendo un criterio diverso da quello previsto dalle tabelle millesimali; egli deve pertanto attenersi a quelle accettate in sede di rogito o approvate dall’ assemblea (Corte di Cassazione 18/8/2005, n 16982). E’ però valida l’applicazione dei valori millesimali diversi da quelli riportati nelle tabelle, a patto che tutti i condomini, in modo non equivoco, abbiano votato o accettato per diversi anni, senza contestazioni, una suddivisione delle spese diversa da quella prevista (Corte di Cassazione 17/5/1994, n 4814). Forma 109 L’approvazione e la modifica delle tabelle millesimali, tranne che queste non siano allegate a un regolamento contrattuale (Corte di Cassazione 10/2/2009, n 3245), non necessitano di forma scritta pena nullità, essendo sufficiente il consenso, anche tacito purché inequivocabile, dei condomini: per esempio, perché hanno pagato, consapevolmente e per diversi anni, i contributi determinati in base ad una specifica tabella (Corte di Cassazione 10/2/1994, n 1367). Il consenso dell’ approvazione può essere dato mediante delega, anche verbale ( Corte di Cassazione 27/3/1998, n 3251). E’ comunque opportuno che, sia le tabelle che la loro approvazione, risultino da atto scritto. Formazione Per la formazione delle tabelle si deve tener conto in primo luogo della superficie dell’ unità immobiliare, essendo di tutta evidenza che, a parità di altre condizioni, un appartamento grande vale più di uno piccolo. Si deve poi valutare una serie di altri parametri, fra cui: - la cubatura: a parità di superficie e di altri elementi, un locale con il soffitto regolare vale meno di un locale con il soffitto fortemente inclinato; - il livello di piano in cui è ubicata l’unità immobiliare: un conto un piano terra, altra cosa un secondo piano o un attico; - destinazione d’uso, ufficio, negozio. Questo se nell’immobile vi sono unità immobiliari aventi diversa categoria catastale; - nell’ambito di una stessa unità immobiliare, poi, vengono presi in considerazione gli ambienti e le pertinenze che la compongono: per esempio camera, cucina, ripostiglio, corridoio, balcone coperto o scoperto, cantina, soffitta, garage; - l’ orientamento: per esempio se esposta a nord, a sud o su più lati; - il prospetto: per esempio se affaccia sulla pubblica via o su un cortile interno, su un giardino o su un vicino muro; - se è o meno servita dall’ascensore, se e di quante luci e vedute dispone, se fruisce di un giardino privato. A ognuna delle suddette caratteristiche corrisponde un coefficiente uguale, inferiore o superiore a no: per esempio 1,0,05,1,15; migliore è la caratteristica dell’ unità immobiliare, più elevato è il coefficiente. Nell’attribuire i millesimi di proprietà non si tiene conto del canone di locazione, dei miglioramenti e dello stato di manutenzione delle varie unità immobiliari. Il risultato delle suddette valutazioni è che le differenze di valore fra le varie unità immobiliari si rispecchiano nelle tabelle millesimali. E’ possibile includere in un’unica espressione millesimale più unità immobiliari appartenenti allo stesso proprietario (Corte di Cassazione 19/10/1988, n 5686). Un diverso procedimento è seguito per la messa a punto delle tabelle millesimali del >>Supercondominio. Impugnazione Ai soli fini della revisione dei valori proporzionali espressi nella tabella millesimale allegata al regolamento di condominio, può essere convenuto in giudizio unicamente il condominio in persona dell’amministratore. Questi è tenuto a darne senza indugio notizia all’assemblea dei condomini. Se non adempie a quest’obbligo può essere revocato ed è tenuto a risarcire gli eventuali danni. Mancanza. In mancanza di tabelle millesimali il condominio può funzionare ugualmente; le tabelle, infatti, agevolano ma non condizionano l’attività del condominio, dal momento che il rapporto tra il valore della proprietà singola e quello dell’intero edificio esiste prima e indipendentemente dalla formazione delle tabelle. Pertanto, in un eventuale giudizio si può sempre stabilire, sia pure a 110 posteriori, se in assemblea erano state raggiunte le richieste maggioranze ( Corte di Cassazione 25/1/1990, n 431). Modifica La regola, scolpita nell’articolo 69 disp. Att codice civile, è che i valori proporzionali delle singole unità immobiliari espressi nella tabella millesimale di proprietà possono essere rettificati o modificati all’unanimità. Tali valori possono però essere rettificati o modificati, anche nell’interesse di un solo condomino, con il voto favorevole degli intervenuti all’ assemblea, un rappresentante di almeno 500/1.000: a >>quando risulta che sono conseguenza di un errore. In questo caso si parla di rettifica. Può trattarsi di un errore di fatto, cioè dipendente da un’errata valutazione degli elementi da prendere in considerazione per il calcolo delle tabelle ( Per esempio superficie - altezza - ubicazione di un’ unità immobiliare, o non aver considerato una sua pertinenza), o di un errore di diritto, ossia riguardante l’identificazione degli elementi fissati dalla legge. E’ errore di fatto, per esempio, aver indicato una superficie diversa da quella effettiva, mentre è un errore di diritto aver tenuto conto di un elemento che la legge considera irrilevante: per esempio lo stato di manutenzione dell’ unità immobiliare. B >>quando, per le mutate condizioni di una parte dell’edificio, in conseguenza di sopraelevazione, di incremento di superfici o d’incremento o diminuzione delle unità immobiliari, è alterato per più di un quinto il valore proporzionale dell’unità immobiliare anche di un solo condomino. In tal caso si parla di modifica e il relativo costo è a carico del condomino che ha dato luogo alla variazione. L’accettazione della modifica può anche essere tacita: come nel caso dei condomini non presenti all’ assemblea ma che abbiano consapevolmente e inequivocabilmente accettato, per più anni, l’applicazione dei nuovi millesimi (Corte di Cassazione 19/10/1988, n 5686). Una volta che la modifica sia stata deliberata dall’ assemblea o disposta dall’ Autorità Giudiziaria su iniziativa anche di un solo condomino, il condomino non può impedire l’accesso alla propria unità immobiliare al tecnico incaricato dei rilievi; può solo concordare giorno e ora per lui più favorevoli. La Corte di Cassazione (Sentenza n. 7696 dell’8/9/1994 ) ha stabilito che la rettifica delle tabelle millesimali, sia essa deliberata dall’assemblea o disposta dal giudice, non ha effetto retroattivo (In particolare, la sentenza che dispone la rettifica delle tabelle produce i suoi effetti dal giorno in cui passa in giudicato, ossia diventa definitiva), per cui si vuole ottenere il rimborso di quanto pagato in eccedenza - ha stabilito la Suprema Corte con sentenza n. 5690 del10/3/2011 - si deve promuovere un’azione d’indebito arricchimento nei confronti di chi ha pagato meno del dovuto. L’ amministratore non può, di sua iniziativa, dare il via al processo di modifica delle tabelle millesimali: si tratta, infatti, di una prerogativa riservata all’assemblea (Corte di Cassazione 11/2/2000, n 1520). Disco rosso anche per l’usufruttuario o per il titolare di altro diritto reale di godimento ( Uso e abitazione), poiché il diritto di promuovere la modifica delle tabelle millesimali compere solo al proprietario (tribunale di Milano 29/5/1989). In attesa della modifica delle tabelle il condomino non può rifiutare il pagamento dei contributi sulla base di quelle attuali, ma può agire per il recupero delle somme pagate in più, dei relativi interessi legali e del risarcimento del danno, nei confronti dei condomini che avessero, per esempio, arbitrariamente aumentato la superficie radiante del proprio appartamento, creando cosi le premesse per la modifica della tabella millesimale relativa al riscaldamento. 111 Prescrizione Il diritto alla prescrizione delle tabelle millesimali non si prescrive, in quanto connaturato al diritto di proprietà, a meno che altri non acquisti per usucapione la proprietà dell’ immobile cui inerisce il diritto; nel qual caso, infatti, il titolare perde la proprietà del bene e quindi i diritti connessi. RIEPILOGANDO: I MILLESIMI Cosa sono. Sono l’unità di misura della proprietà individuale rispetto all’edificio, espressa in millesimi. Perché si chiamano così. Perché il valore dell’ edificio è considerato pari a mille. Chi li approva. Se predisposte dal costruttore-venditore vengono accettate dagli acquirenti in sede di atto notarile. Possono anche essere approvate dall’assemblea o stabilite dal giudice su ricorso anche di un solo condomino. A cosa servono. Sia per dividere le spese relative alle parti comuni, sia per contribuire a determinare le maggioranze assembleari. Modifica. Quando per le mutate condizioni di una parte dell’ edificio, in conseguenza di sopraelevazione, di incremento di superfici o d’incremento o diminuzione delle unità immobiliari, è alterato per più di un quinto il valore proporzionale dell’ unità immobiliare anche di un solo condomino. Rettifica. Quando sono conseguenza di un errore di fatto o di diritto. Norme. Articoli 1118 - 1123 - 1124 - 1125 e 1126 c.c., articolo 69 disp. Att. c.c. MURO COMUNE Il condomino può servirsi del muro comune, salvo espresso divieto contenuto nel regolamento contrattuale. Legittimo, quindi, collocarvi targhe, insegne, bacheche, appoggiarvi una canna fumaria, installarvi un condizionatore d’aria o no sfiatatoio, praticarvi tracce per l’inserimento di tubi o cavi elettrici, aprirvi una porta, una finestra, un balcone o una veranda. La possibilità di far luogo o meno a questi interventi è indicata in corrispondenza delle singole voci. Nella maggior parte dei casi, però, si tratta di una possibilità soltanto teorica; l’intervento, infatti, deve conciliarsi con l’esigenza di non indebolire il muro, di salvaguardare il decoro architettonico dell’edificio, di non ledere il diritto degli altri condomini su questa parte comune dell’edificio (In termini, per esempio, di sensibile diminuzione della fruizione di aria e luce per i proprietari dei piani inferiori, Corte di Cassazione 14/2/1994, n 10704) e di rispettare le distanze legali dalle proprietà esclusive. Secondo il tipo d’ intervento da realizzare, quindi, è opportuno munirsi, a seconda dei vasi, di autorizzazione da parte dell’assemblea o dei condomini che potrebbero ricevere un danno dall’intervento. Appoggio E’ legittimo o appoggiare materiali al muro comune, a condizione che non se ne alteri la destinazione e non si pregiudichi il pari diritto degli altri condomini (Corte di Cassazione 3/3/1965, n 350). Per appoggiarvi una costruzione, invece, è necessario il consenso di tutti gli altri comproprietari (Corte di Cassazione 7/11/1978, n 5085); il muro, infatti, è destinato al servizio esclusivo dell’edificio, di cui costituisce parte organica, per cui non è applicabile l’articolo 884 codice civile, che consente al comproprietario del muro comune di appoggiarvi la costruzione di sua esclusiva proprietà (Corte di Cassazione 22/12/2000, n 16117), 112 Attico Rientrano fra i muri comuni anche quelli che delimitano l’attico anche nel caso in cui non svolgano una funzione di sostegno dell’edificio perché collocati all’ interno del perimetro del lastrico solare ( Corte di Cassazione 5/12/1987, n 5732). Di confine Se due condomini sono separati da un muro di contenimento di un terrapieno, edificato interamente sul suolo di uno di essi, il proprietario del muro è tenuto alla manutenzione in caso di degrado causato dall’ umidità, mentre il confinante deve consentire l’accesso al proprio fondo per l’esecuzione delle opere necessarie (Tribunale di Milano 24/1/2004 ). Spese Le spese per il rifacimento o la riparazione dei muri che separano i giardini di proprietà di singoli condomini dai fondi confinanti sono a carico esclusivo dei proprietari, se non un regolamento contrattuale non consideri detti muri di proprietà comune, assimilandoli cosi ai muri di cinta; in questa seconda ipotesi, come anche stabilito dalla Corte di Cassazione con sentenza n 8198 dell’11/8/1990, la spesa va ripartita fra tutti i condomini in proporzione ai millesimi di proprietà. Se poi il muro, in considerazione della sua ridotta altezza, è inidoneo a tutelare la sicurezza del condominio, non può essere compreso fra le parti comuni dell’edificio (A meno che non vi sia un titolo che preveda il contrario), per cui la spesa grava esclusivamente sul proprietario del giardino (Corre di Cassazione 26/1/1981, n 577). Divisorio I muri che non hanno alcuna funzione statica, per essere soltanto divisori di unità immobiliari, hanno un’ utilità limitata alle parti comuni di edificio cui inseriscono e interessano quindi i soli condomini delle proprietà che delimitano. Di conseguenza non rientrano tra le parti comuni dell’edificio, salvo non risulti il contrario del titolo ( Corte di Cassazione 8/11/1958 n 3654 ). Spese Le spese di riparazione del muro divisorio fra due unità immobiliari sono a carico di entrambi i proprietari in proporzione al diritto di ciascuno. Se però si accerta che la riparazione si è resa necessaria per fatto e colpa di uno dei due comproprietari, saranno questi a doversi fare esclusivo carico della spesa. Tubo E’ illegittimo l‘inserimento del muro divisorio di alcuni tubi di scarico, oltre la linea mediana, perché questo tipo d’intervento impedisce al comproprietario di fare un uso del muro nella metà di sua pertinenza, pari a quello fatto dall’altro proprietario (Corte di Cassazione 1/4/2003, n 4900). Maestro Muro maestro non è solo l’intelaiatura di pilastri e architravi, costituenti, negli edifici in cemento armato, l’ossatura del fabbricato, ma anche tutto ciò che completa la struttura e la linea architettonica delle pareti perimetrali del fabbricato stesso, come i pannelli in muratura di mattoni o altro materiale, che riempiono all’esterno i vuoti di quest’ossatura (Corte di Cassazione 7/3/ 1992, n 2773). I muri maestri rientrano tra le parti comuni dell’edificio (Articolo n. 1117 codice civile), salvo non risulti il contrario dal titolo. Edifici in appoggio 113 Nel caso di edifici condominiali costruiti in appoggio l’uno all’altro, costituisce muro perimetrale non solo quello che delimita gli edifici all’esterno, ma anche quello che delimita, all’interno, un edificio dall’altro (Corte di Cassazione 16/12/2004, n 23453). Indebolimento Il condomino non può diminuire la consistenza originaria del muro maestro, inglobando la propria unità immobiliare il vuoto così ricavato, perché questo tipo d’intervento comporta l’attrazione da parte del bene comune nella sua proprietà individuale, a danno degli altri condomini, cui viene preclusa la possibilità di fare pari uso di questa parte comune dell’edificio (Corte di Cassazione 9/3/2006, n 5085). Porta Il condomino può aprire una porta nel muro comune, per esempio, per mettere la propria unità immobiliare in comunicazione con il garage condominiale (Corte di Cassazione 11/1/1997, n 240), con il giardino condominiale (Corte di Cassazione 13/10/1978, n 4592), ma con il limite di non arrecare pregiudizio alle parti comuni dell’edificio, alla stabilità o alla sicurezza del muro, e di non alterarne il decoro architettonico. Legittima anche l’apertura di una porta per collegare il proprio appartamento al lastrico solare condominiale, trattandosi d’intervento rientrante nell’ambito dell’uso più intenso del bene comune (Corte di Cassazione 2/2/2005, n 2099), o una scala condominiale diversa da quella dalla quale si è serviti, a condizione che si rispettino i limiti indicati in precedenza e che l’incremento di passaggio e traffico sulla seconda scala non comporti un’apprezzabile limitazione del godimento in capo agli altri condomini (Corte di Cassazione 20/6/1977, n 2589). Consentita, infine, l’apertura, da parte di un condomino, di una porta che affacci sul ballatoio comune, ricavata abbattendo il corrispondente tratto di muro perimetrale che delimita la sua unità immobiliare (Tribunale di Napoli ordinanza 6/12/2004). Un condomino non può invece aprire una porta nel muro perimetrale per mettere in comunicazione la propria unità immobiliare con altra unità immobiliare, sempre di sua proprietà ma sita in altro edificio ( Corte di Cassazione 19/4/2006, n 9036); in tale ipotesi, infatti, è necessario il consenso scritto di tutti gli altri condomini ( Corte di Cassazione 5/4/2011, n 7748). Parzialmente comune Se un muro è in parte condominiale e in parte appartenente in proprietà esclusiva a un condomino, questi non può compiere sulla sua parte opere che ne pregiudicano la stabilità (Corte di Cassazione 18/10/1978, n 4688). Spese Le spese richieste dal muro comune vanno ripartite fra i condomini in proporzione ai millesimi di proprietà, ai sensi del primo comma dell’articolo 1123 codice civile, salvo diversa convenzione. Vi possono però essere delle situazioni tali da comportare l’adozione di un diverso criterio di ripartizione della spesa: così, se si tratta di muri di autorimesse separate dall’ edificio, alla quale hanno eccesso soltanto alcuni condomini, saranno soltanto questi a dover contribuire alla spesa (Terzo comma articolo 1123 codice civile). Cappotto La spesa occorrente alla rivestitura “a cappotto“ dei muri perimetrali del fabbricato condominiale dev’essere ripartita fra i condomini seguendo il criterio dettato dal primo comma dell’articolo 1123 codice civile, ossia in proporzione ai millesimi di proprietà e non in proporzione all’ uso che ciascun condomino può farne (Secondo comma stesso articolo), dal momento che i muri perimetrali 114 dell’edificio non sono suscettibili di un uso diverso da parte dei condomini (Corte di Cassazione 23/11/2009, n 24658). Nel caso di specie, però, il regolamento condominiale prevedeva espressamente che le spese per la conservazione e la manutenzione delle parti comuni fossero ripartite in base ai millesimi di proprietà (>>Facciata, Rifacimento). Tubo L’utilizzo del muro condominiale per installarvi tubature per lo scarico di acque o per il passaggio del gas, nonché sfiatatoi per il ristagno di odori, costituisce uso legittimo della cosa comune, sempre che ciò non sia vietato da un regolamento contrattuale. L’installazione deve però avvenire in modo da non alterare la destinazione del muro e da non impedire agli altri condomini di farne parimenti uso secondo il loro diritto, avendo inoltre cura di scegliere il percorso architettonico dell’edificio (Corte di Cassazione 3/4/1968, n 1226). Stesso discorso per l’inserimento di un tubo all’interno del muro comune (Corte di Cassazione11/2/1999, n 1162) >>Divisorio, Tubo. MUTUO I condomini possono, per fronteggiare la copertura delle spese comuni straordinarie particolarmente impegnative, accendere un mutuo con una banca. Trattandosi il più delle volte d’iscrivere ipoteca sull’edificio condominiale, occorrerebbe l’umanità, come previsto dal terzo comma dell’articolo 1109 codice civile. Il comma successivo, però, stabilisce che l’ipoteca può essere iscritta con il voto favorevole della maggioranza dei partecipanti al condominio, in rappresentanza di almeno 667/1.000, qualora abbia lo scopo di garantire la restituzione delle somme mutuate per la ricostruzione o il miglioramento della cosa comune. Molte banche sono disponibili a concedere mutui cosiddetti chirografari, vale a dire garantiti non da ipoteca ma da garanzia personale: è sufficiente pertanto la firma del richiedente, accompagnata da quella di un fideiussore. Questo tipo di finanziamento di regola non supera i cinque anni e comporta la sottoscrizione obbligatoria di un’assicurazione sul fabbricato. La possibilità di accendere un mutuo nell’interesse del condominio esula dalle attribuzioni dell’amministratore; pertanto, se non vuole rispondere in proprio, deve farsi autorizzare dall’ assemblea (Corte di Cassazione 5/3/1990, n 1734). LETTERA N NEGOZIO Divieti Non è consentito trasformare un appartamento in negozio se l’innovazione è vietata fa un regolamento contrattuale o è realizzato con opere tali da alterare il decoro architettonico dell’edificio (Corte di Cassazione 13/7/1965, n 1472). Qualora non venga osservato il divieto, il condominio può agire sia nei confronti del condomino sia nei confronti dell’eventuale conduttore (Corte di Cassazione 29/10/2003, n 16240). Orario Il regolamento di condominio può prevedere che gli esercizi commerciali ubicati nell’edificio debbano rispettare un determinato orario di chiusura, con il condominio che risponde dell’eventuale violazione attuata dal conduttore (Corte di Cassazione 26/6/2006, n 14735). 115 Secondo ingresso Il proprietario di un negozio con ingresso sulla pubblica via non può mettere in comunicazione l’ esercizio commerciale con il cortile interno dell’edificio, in modo da usufruire di un secondo ingresso se il regolamento stabilisce che l’accesso sia limitato agli autoveicoli dei condomini (Corte di Cassazione 12/1/1965, n 48). Spese Il secondo comma dell’articolo 1123 codice civile stabilisce che, quando le parti comuni sono destinate a servire i condomini in maniera diversa, le relative spese vanno ripartite in proporzione all’uso che ciascuno può farne. I proprietari di negozi, pertanto non sono tenuti a concorrere alle spese che si riferiscono ai servizi di giardinaggio, piscina e portineria, ai quali non abbiano accesso ( Corte di Cassazione 29/4/1992, n 5179 ). E’ fatto ovviamente salvo l’eventuale diverso accordo o la diversa previsione di un regolamento contrattuale. I proprietari di negozi con accesso autonomo dalla strada sono invece tenuti concorrere alle spese di manutenzione inerenti all’androne e alle scale, perché elementi necessari alla configurazione del fabbricato; per i Tribunali di Milano (Sentenza del 28/1/1991) e Palermo (Sentenza del 9/4/1990) la configurazione dev’essere rapportata all’uso che ciascuno può fare di queste parti comuni, pur sempre necessarie, per esempio, per eseguire una riparazione al lastrico solare. Contribuzione in proporzione ai millesimi di proprietà, infine, per le spese richieste dai locali in cui si trovino impianti comuni, e per quelle riguardanti il tetto, il lastrico solare e la facciata dell’edificio. NEVE Danni Nel momento in cui si deposita sul tetto, la neve diventa in un certo senso “parte comune dell’edificio“ fino a quando non i sciolga, obbligando di conseguenza il condominio a vigilare affinché non accadano inconvenienti che possano arrecare danno a terzi, con conseguente obbligo risarcitorio ai sensi dell’articolo 2051 codice civile. Il Tribunale di Milano, per esempio, (Sentenza del 31/1/1987), ha condannato un condominio a rimborsare i danni provocati dalla caduta di blocchi di neve dal tetto sull’auto ferma nei pressi dell’edificio, escludendo il concorso di colpa di chi aveva parcheggiato il veicolo. La responsabilità del condominio, però, può essere attenuata ad addirittura esclusa se il danneggiato parcheggia il veicolo in modo imprudente: per esempio senza porre attenzione alla segnaletica apprestata dal condominio (Pretore Torino 14/1/1988). Se poi il danno avviene nel corso di una violenta nevicata ricorre l’ ipotesi del caso fortuito, con il condominio che non può essere chiamato a rispondere Tribunale di Milano 2/11/1988). Sgombero Tutti i condomini devono concorrere alle spese occorrenti allo sgombero della neve dal vialetto di accesso all’ edificio, a nulla rilevando che la maggior parte di essi non abiti l’immobile durante il periodo invernale. Se, invece, si tratta di liberare il vialetto posto al servizio soltanto di alcune autorimesse, la spesa dev’essere sostenuta esclusivamente dai rispettivi proprietari. Se una strada condominiale è gravata da servitù in favore di un altro edificio, e il titolo costitutivo della servitù non prevede espressamente che lo sgombero della neve debba essere fatto a cura e spese del condominio proprietario della strada, agli oneri devono concorrere tutti i proprietari interessati a esercitare il passaggio. A riguardo l’articolo 1069 codice civile stabilisce che le spese per le opere occorrenti alla conservazione della servitù sono a carico del proprietario del fondo cui la servita 116 giova, salvo che il titolo o la legge dispongano altrimenti. Se però le opere giovano anche sul fondo sul quale viene esercitata la servitù, le spese sono sostenute in proporzione ai rispettivi vantaggi. NUDO PROPRIETARIO Il nudo proprietario è chi ha la proprietà di un bene, mobile o immobile, il cui godimento spetta ad altro soggetto (L’usufruttario) fino alla morte o fino alla scadenza di un termine convenuto. In ambito condominiale questa situazione incide sulla procedura da seguire nella convocazione delle assemblee e sul diritto di voto. In particolare, il nudo proprietario dev’essere convocato con le assemblee indette per decidere su innovazioni o su opere di manutenzione straordinaria (Corte di Cassazione 5/11/1990, n 10611), o sulla modifica delle tabelle millesimali (App. Roma 6/5/1989 ). Quando invece si tratti di decidere su argomento di ordinaria amministrazione dev’essere convocato l’usufruttuario. Se non viene seguito questo criterio le delibere che dovessero essere adottate sono annullabili (>>Usufruttuario). Un altro aspetto dei rapporti fra nudo proprietario e usufruttuario riguarda la ripartizione delle >>Spese comuni, Usufruttuario. LETTERA O OPERA Abusiva Un’opera abusiva realizzata da un condomino su di una parte comune dell’edificio, anche se condonata, può essere contestata tanto dall’amministratore quanto dai singoli condomini, che ne possono chiedere la demolizione ai sensi dell’articolo 2933 codice civile Corte di Cassazione 15/1 /1986, n 175. Il condono, infatti, disciplina l’opera dal punto di vista amministrativo, ma non da quello del diritto degli altri condomini: diritto che non si prescrive, se non nel frattempo non sia maturata l’usucapione in favore di chi ha realizzato l’opera Corte di Cassazione 16/3/2981, n 1455. Interna Le opere interne, purché realizzate nel rispetto dell’articolo 22 del DPR 6/6/2001, n 380, come modificato dal D. Lgs. 27/12/2002, n 301 (Non devono, per esempio, alterare la sagoma dell’edificio, né modificare la destinazione d’uso dell’unità immobiliare sulla quale sono eseguite), non richiedono il rilascio del permesso di costruire ma è sufficiente la SCIA (Segnalazione certificata d’inizio attività), da inoltrare al comune in cui è ubicato l’edificio. La SCIA è stata introdotta dal comma 4-bis dell’articolo 49 della L. 30/7/2010, n 122, in sostituzione della DIA (Denuncia di inizio attività); in base ad essa è possibile dare inizio ai lavori nel giorno stesso della segnalazione dell’interessato al comune, senza dover attendere i 30 giorni che erano previsti dalla DIA. ORDINE DEL GIORNO Una corretta, preventiva informazione dei condomini sugli argomenti sui quali saranno chiamati a decidere è indispensabile ai fini di un regolare e proficui svolgimento dei lavori assembleari. E’ quindi opportuno indicare nell’>>Avviso di convocazione, in modo chiaro anche se sommario, tutti i punti sui quali l’assemblea sarà chiamata a decidere. L’eventuale delibera adottata su di un argomento non inserito nell’ ordine del giorno sarebbe, infatti, annullabile (Corte di cassazione 9/ 117 1/2004, n 143), anche se il condomino non può eccepire il merito se non contesta l’irregolarità della convocazione (Corte di Cassazione 24/8/1998, n 8344). Così, per i tribunali di Udine (Sentenza del 10/2/2003) e Roma (Sentenza del 15/6/2005), il condomino che abbia partecipato alla discussione votando contro una delibera adottata in presenza di un ordine del giorno incompleto, senza, però, sollevare eccezioni al riguardo, non può successivamente impugnare il provvedimento invocando questa irregolarità. Sempre per il tribunale di Roma (17/10/1973), l’indicazione degli argomenti da trattare può anche non essere analitica. Il tribunale di Napoli (Sentenza del 17/12/1990) ha ritenuto insufficiente la generica espressione “lavori urgenti e indispensabili“ per deliberare legittimamente sul rifacimento dell’intonaco e la tinteggiatura della facciata, mentre i tribunal di Bologna (Sentenza del 14/1/1998) ha dichiarato nulla la delibera adottata in presenza di un ordine del giorno contenente la dizione “gestione“ per indicare la nomina di un nuovo amministratore. Se però il condomino era comunque a conoscenza degli argomenti da trattare, l’insufficienza dell’ordine del giorno non è motivo di annullabilità delle relative delibere (App. di Roma 30/8/1973). Perfettamente valida, invece, la delibera su di un argomento non indicato nell’ ordine del giorno ma approvato da tutti i partecipanti al condominio. Se nel giorno fissato per la convocazione non si riesce a esaurire l’ordine del giorno, e non erano state fissate più sedute con un unico avviso (>>Assemblea, Ordine del giorno), la seduta può essere aggiornata ad altro giorno senza nuova convocazione, a condizione che i presenti siano d’accordo, che gli assenti siano stati tempestivamente avvisati e che la discussione prosegua sullo stesso ordine del giorno ( Corte di Cassazione 12/2/1988, n 1516). Delibera precedente Non è indispensabile specificare nell’ordine del giorno che l’assemblea è chiamata a ridiscutere su di un argomento oggetto di precedente delibera, essendo sufficiente indicare l’argomento ( Tribunale di Monza 2/10/1984). Discussione Se nell’ordine del giorno figura l’indicazione “discussione“ su un determinato argomento, l’assemblea può anche deliberare in merito (Tribunale di Parma 9/11/1991). Se però a un condomino che ne aveva diritto è stato impedito di partecipare alla discussione e votare i punti all’ordine del giorno, la relativa delibera è annullabile (Corte di Cassazione 11/5/1984, n 2893. Errore Se, a causa di un errore nell’ordine del giorno, l’assemblea non si può tenere, l’eventuale spesa per l’affitto del locale in cui doveva aver luogo la riunione è a carico dell’amministratore che ha provveduto alla convocazione. Richiesta di un condomino L’amministratore può legittimamente rifiutarsi d’inserire nell’ordine del giorno un argomento proposto da un condomino, poiché non vi è alcuna disposizione di legge che lo obblighi a farlo. L’articolo 66 dispos. att. Codice civile, infatti, prevede che almeno due condomini che rappresentino un sesto del valore dell’edificio (167/1.000) possano chiedere all’amministratore la convocazione di un’assemblea straordinaria, e che possano provvedere direttamente alla convocazione in caso di mancato accoglimento della richiesta: solo in tale ipotesi, quindi, si può pretendere che l’amministratore inserisca un determinato argomento all’ordine del giorno (Corte di Cassazione 31/10/008, n 26336). Buonsenso vuole, però, che l’amministratore recepisca, e inserisca all’ordine del giorno, gli argomento proposti dai condomini. 118 Varie ed eventuali L’espressione “Varie ed eventuali“), che viene generalmente inserita come ultimo punto all’ordine del giorno, è di regola riservata alle comunicazioni che l’amministratore e i condomini intendono fare in assemblea; essa, pertanto, può al massimo preludere a delibere da adottarsi in una successiva riunione, previa comunicazione del relativo ordine del giorno (Tribunale di S. Maria Capua Vetere 7/2/1984). La Corte di Cassazione (Sentenza n. 4316 del 28/6/1986) ha escluso che la dizione “varie“ potesse legittimare la delibera sul rifacimento della facciata dell’edificio, trattandosi di un argomento di straordinaria amministrazione. Il Tribunale di Napoli, a sua volta (Sentenza del 14/11/1966), ha escluso che questa indicazione potesse legittimare la delibera si innovazioni riguardanti le parti comuni dell’edificio o la costituzione di un fondo speciale finalizzato a fronteggiare spese condominiali urgenti (Sentenza del 28/11/2000) Il Tribunale di Milano (Sentenza del 28/1/1965) ha stabilito che la dizione “Varie ed eventuali“ non consente neppure la semplice discussione sulla legittimità della sopraelevazione effettuata da un condomino sul lastrico solare condominiali, mentre il Tribunale di Perugia (Sentenza del 15/1/2000) ha considerato annullabile la delibera che aveva compreso fra le “Varie ed eventuali“ il pagamento del compenso a un professionista per l’attività svolta nell’interesse del condomino, in un contesto in cui la spesa non risulta altrimenti e non vi era la prova del conferimento dell’incarico. La Corte d’Appello di Genova (Sentenza del 20/2/1988), infine, ha escluso che questa dizione sia sufficiente a legittimare la delibera di stipulare un contratto di assicurazione contro gli incendi. LETTERA P - Q PANNELLI SOLARI La tendenza a incrementare la produzione di energia elettrica mediante l’impiego di fonti alternative (Per esempio solare, eolica, geotermica) rinnovabili, ossia non esauribili, ha la sua disciplina nel D. Lgs. 29/12/2003, n 387, emanato in attuazione della direttiva comunitaria 2001/77/CE del 27/9/2001. In particolare, i pannelli solari si distinguono in fotovoltaici e termici: i primi producono energia elettrica, mentre i secondi utilizzano l’energia solare per il riscaldamento dell’ acqua per uso domestico. Le informazioni relative alle caratteristiche tecniche e ai costi d’ installazione possono essere attinte da vari siti Internet, fra i quali segnaliamo www.enel.it, www.informazioni-pannelli-solari.com, www.pannellisolari.info. Installazione (Autonomi). Un condomino può installare pannelli solari sul lastrico solare, su ogni altra idonea superficie comune e sulle parti di proprietà esclusiva. Se l’installazione avviene su una parte comune non se ne può alterare la destinazione, né impedire agli altri condomini di farne parimenti uso secondo il loro diritto. Di conseguenza, se le dimensioni dei pannelli sono tali da alterare il rapporto di equilibrio tra le facoltà attuali e potenziali di utilizzazione da parte degli altri condomini, l’installazione non né consentita (App. Salerno 13/5/1983). Anche nel caso di dimissioni normali, però, si tratta di verificare se i pannelli non possono alterare il decoro architettonico dell’ edificio, per cui è consigliabile installarsi previo consenso degli altri condomini. Per installare un impianto al servizio di una singola unità abitativa non occorre autorizzare ma, se l’installazione comporta modifiche delle parti comuni, l’interessato (Articolo 1122-bis codice civile) ne deve dare 119 comunicazione all’amministratore, indicando il contenuto specifico e le modalità di esecuzione degli interventi, e l’assemblea può prescrivere, con il voto favorevole della maggioranza degli intervenuti, in rappresentanza di almeno 667/1.000, adeguate modalità alternative di esecuzione o imporre cautele a salvaguardia della stabilità, della sicurezza o del decoro architettonico dell’edificio. L’assemblea può anche provvedere, a richiesta degli interessati, a ripartire l’uso del lastrico solare e delle altre superfici comuni, salvaguardando le diverse forme di utilizzo previsto dal regolamento di condominio o comunque in atto. L’assemblea, infine, con la stessa maggioranza di cui sopra può subordinare l’esecuzione dei lavori alla prestazione, da parte dell’interessato, d’idonea garanzia per eventuali danni. Il condomino è obbligato a consentire l’accesso della propria unità immobiliare se necessario per la progettazione e per l’esecuzione delle opere (Quarto comma articolo 1122-bis codice civile). Condominiali L’installazione di pannelli solari condominiali può essere deliberata con il voto favorevole della maggioranza degli intervenuti all’assemblea, in rappresentanza di almeno 334/1.000 (Secondo comma articolo 26 della legge 9/1/1991, n 10, e successive modificazioni). Per l’iter da seguire >>Antenna, Televisiva, Centralizzata. Sul punto, però, è legittimo il dubbio. Infatti, mentre la citata norma, la cui maggioranza è stata modificata dall’articolo 28 della legge di riforma, si riferisce a “impianti individuati attraverso un attestato di certificazione energetica o una diagnosi energetica realizzata da un tecnico abilitato“, il secondo comma dell’articolo 1120 codice civile, nel testo riformato, stabilisce genericamente che, nel rispetto della normativa di settore“, le opere e gli interventi finalizzati all’utilizzo di fonti solari o comunque rinnovabili possono essere deliberati con il voto favorevole della maggioranza degli intervenuti all’assemblea, in rappresentanza di almeno 500/1.000. La distinzione appare pertanto alquanto bizantina. Adeguamento L’assemblea, ai fini dell’adeguamento degli impianti non centralizzati esistenti alla data di entrata in vigore della riforma, adotta le necessarie prescrizioni con le maggioranze di cui al primo, secondo e terzo comma dell’articolo 1136 codice civile (articolo 155-bis att. codice civile). Agevolazioni L’acquisto e l’installazione di pannelli fotovoltaici beneficiano di diverse agevolazioni: per esempio possibilità di vendere al gestore nazionale l’energia elettrica prodotta in eccedenza rispetto al fabbisogno (Cosidetto “Conto energia“), mentre per i pannelli termici sono previsto finanziamenti agevolati, contributi a fondo perduto, IVA al 10%, 55% del costo detraibile ai fini IRPEF. Poiché i benefici vengono gestiti a livello regionale, provinciale e comunale, attraverso bandi pubblicati periodicamente, al fine di disporre d’informazioni aggiornate è consigliabile documentarsi localmente. Distanza legale La disciplina della distanza dal confine applicabile ai pannelli solari è quella dettata dall’articolo 890 codice civile (Pret. Pietrasanta 2/4/1985), ossia quella stabilita dai regolamenti e, in mancanza, quella necessaria a preservare i fondi vicini da ogni danno alla solidità, alla salubrità e alla sicurezza. Le tubazioni, invece, che trasferiscono il fluido riscaldato dai pannelli solari alla 120 struttura alla quale sono asserviti, devono essere collocati, in applicazione del secondo comma dell’articolo 889 codice civile, alla distanza di un metro dal confine. Passaggio Il condomino è obbligato a consentire il passaggio, attraverso la propria unità immobiliare, del personale incaricato di collocare o riparare impianti solari o fotovoltaici situati sul tetto o sul lastrico solare, se necessario per la progettazione e l’esecuzione delle opere (Quarto comma articolo 1122-bis codice civile). PARCHEGGIO Autovettura troppo grande Il condomino che acquisti un’autovettura più grande della precedente, che in quanto tale non entra nel posto assegnato, non può pretendere che il giudice ordini al condominio di ridefinire gli spazi adibiti a parcheggio, poiché l’acquisto di un’autovettura è un atto di libera scelta (Corte di Cassazione 11/7/2011, n 15203). Chiusura dell’area Se nell’area destinata a parcheggio vi sono dei negozi è possibile chiuderla con un cancello o una sbarra automatica, ma è necessario dotare i condomini della relativa chiave o consegnare di apertura e chiusura, e lasciare aperto un passo pedonale che consenta alla clientela di accedere ai negozi esistenti nell’edificio. Per introdurre questa modifica è sufficiente il voto favorevole della maggioranza degli intervenuti all’assemblea, in rappresentanza di almeno 500/1.000, trattandosi non d’introdurre ma di regolamentare l’uso ordinato della cosa comune per non consentire a terzi estranei al condominio l’indiscriminato accesso al parcheggio (Corte di Cassazione 29/8/1992, n 9999). Androne Il parcheggio di autoveicoli nell’androne condominiale, anche temporaneo, può essere vietato se la presenza delle auto non consente ai pedoni di raggiungere le unità immobiliari e tanto meno il transito dei veicoli da e per le autorimesse ubicate nell’edificio (Corte di Cassazione 12/11/2012, n. 19165 ). L’alterazione della destinazione della cosa comune prevista dall’articolo 1102 codice civile – ha precisato la Suprema Corte – può, infatti, essere determinata non solo dal mutamento della finzione, ma anche dal suo scadimento in uno stato deteriore. Cortile La delibera di adibire il cortile a parcheggio di autovetture può essere adottata con il voto favorevole della maggioranza degli intervenuti all’assemblea, in rappresentanza di almeno 667/1.000, trattandosi d’introdurre un’innovazione diretta al miglioramento o all’uso più comodo o al maggior rendimento delle cose comuni ai sensi del primo comma dell’articolo 1120 codice civile (Corte di Cassazione 15/6/2012, n 9877). Per quanto attiene all’assegnazione degli spazi, se vi è una tabella millesimale per le spese di manutenzione dell’area condominiale destinata ai posti d’auto, e vi sono spazi di diverse dimensioni, appare logico assegnare quelli più grandi ai condomini titolari dei millesimi più alti, con pagamento di eventuale conguaglio qualora non sia possibile rispettare rigorosamente le proporzioni. Poiché, poi, gli spazi possono essere più o meno comodi da utilizzare, se i condomini non raggiungono un accordo si può procedere a sorteggio tra quelli di pari grandezza, oppure, anche in questo caso, al pagamento di un conguaglio. L’assegnazione degli spazi può ance avvenire, anziché in base ai millesimi di proprietà, tenendo conto del numero di auto possedute dai 121 condomini, ma soltanto in base a una convenzione alla quale abbiano aderito tutti i proprietari, trattandosi di modificare il criterio di ripartizione della spesa previsto dalla legge ( Articolo 1123 codice civile). Qualora l’assemblea dovesse, nell’assegnazione degli spazi, adottare dei criteri oggettivamente iniqui, la relativa delibera sarebbe impugnabile per eccesso potere. Divieto Il divieto di parcheggio nell’area condominiale può essere previsto solo da un regolamento contrattuale o da un accordo al quale abbiano aderito tutti i condomini (Corte di Cassazione 21/1/2009, n 1547). L’amministratore deve curare l’osservanza del divieto e se trascura questo compito può essere revocato. L’assemblea può, con il voto favorevole della maggioranza degli intervenuti, in rappresentanza di almeno 500/1.000, derogare il divieto di parcheggio in favore dell’amministratore, trattandosi di eccezione giustificata dalle funzioni svolte dal professionista nell’interesse dei condomini (App. di Napoli 17/9/1987). Sanzioni Il regolamento può stabilire l’irrogazione di sanzioni pecuniarie nei confronti di chi non rispetta il divieto di parcheggio, demandando l’accertamento delle violazioni a guardie giurate operanti all’interno degli spazi condominiali (Pret. Di Milano 13/3/1986) >>Regolamento, Sanzioni. Estranei Per vietare che gli estranei che accedono all’edificio possono parcheggiare nel cortile condominiale è sufficiente il voto favorevole della maggioranza degli intervenuti all’assemblea, in rappresentanza di almeno 500/1.000, trattandosi non d’introdurre un’innovazione ma di regolamentare l’uso ordinato della cosa comune (Corte di Cassazione 3/2/1999, n 875). L’assemblea non può invece, a maggioranza, consentire il parcheggio nell’area condominiale delle autovetture dei condomini in un altro edificio; è, infatti, necessario che siano d’accordo tutti i condomini, trattandosi di non sottrarre l’uso del bene comune agli aventi diritto (Corte di Cassazione 3/2/1999, n 875). L’assemblea non può invece, a maggioranza, consentire il parcheggio nell’area condominiale delle autovetture dei condomini di altro edificio; è, infatti, necessario che siano d’accordo tutti i condomini, trattandosi di sottrarre l’uso del bene comune agli aventi diritto (Corte di Cassazione 15/5/1972, n 1467). Il proprietario di un esercizio commerciale (Per esempio bar) ubicato nell’edificio condominiale non può pretendere che i propri clienti parcheggino nel cortile comune, poiché l’articolo 1102 codice civile, pur consentendo a un condomino l’utilizzo della cosa comune anche in modo particolare e più intenso rispetto alla generalità dei comproprietari, vieta di alterarne la destinazione e di impedire agli altri partecipanti di farne parimenti uso secondo il loro diritto, escludendo che l’utilizzo del singolo possa risolversi in una comprensione quantitativa o qualitativa di quello, attuale o potenziale, degli altri condomini (Corte di Cassazione 30/3/2009, n 7637). In mancanza di un titolo (per esempio regolamento) dal quale risulti il contrario, e in presenza di una prassi in base alla quale una parte dell’area comune è riservata agli ospiti dei condomini, ciascuno di questi può invitare i rispettivi visitatori a parcheggiarvi la propria autovettura. Giardino. Per adibire a parcheggio nell’interesse del condominio un’area comune adibita a parcogiardino è necessario un numero di voti che rappresenti i 4/5 dei partecipanti al condominio e i 4/5 del valore dell’edificio (800/1.000), trattandosi di modificare la destinazione d’uso di questa parte comune (Primo comma articolo 1117-ter codice civile). Giudice competente 122 La sosta di un’autovettura negli spazi condominiali configura una modalità d’uso dei beni comuni, per cui la controversia nella quale si discuta della legittimità o meno di tale forma di utilizzazione rientra nella competenza per materia del Giudice di pace, ai sensi dell’articolo 7 codice penale (Corte di Cassazione 17/3/1999, n 2402). Insufficiente Se lo spazio non è sufficiente ad accogliere tutte le auto dei condomini, l’assemblea può deliberare di consentire il parcheggio a chi arriva prima, ma a condizione che non ne risulti pregiudicato il godimento della proprietà esclusiva e relative pertinenze da parte di altri condomini ( Tribunale di Milano 23/4/1990). In alternativa l’assemblea può, con delibera adottata con il voto favorevole della maggioranza degli intervenuti, in rappresentanza di almeno 500/1.000 (Corte di Cassazione 16/6/2005, n 12873), stabilire dei turni (Per esempio settimanale, mensile o addirittura giornaliero), delimitando gli spazi mediante strisce e ricorrendo a sorteggio qualora non si riesca a trovare un accordo sulla successione degli utilizzatori. Limiti Il parcheggio è consentito a condizione di non impedire agli altri condomini l’accesso ai locali di proprietà individuale (Corte di Cassazione 5/9/1989, n 3858), di non comportare una diminuzione apprezzabile dell’aria e della luce nelle unità immobiliari circostanti ( Corte di Cassazione 27/6/1987, n 5709) e di non creare una situazione di pericolo: per esempio facilitando la salita di malintenzionati al piano superiore perché un veicolo è stato lasciato a ridosso di una finestra del primo piano. Locale comune Per adibire a parcheggio un locale comune è sufficiente il voto favorevole dalla maggioranza degli intervenuto all’assemblea, in rappresentanza di almeno 500/1.000, trattandosi di non apportare una modifica sostanziale alla cosa comune, ma di assicurarne il miglior godimento e la migliore utilizzazione da parte dei condomini. Questo anche nel caso in cui lo spazio disponibile non consenta il parcheggio contemporaneo di tutti gli autoveicoli dei condomini, potendosi deliberare un uso turnario dello stesso (Corte di Cassazione 20/2/1992, n 2084). Locazione Per concedere il cortile in locazione per uso parcheggio soltanto ad alcuni condomini è necessario il consenso di tutti i proprietari (Tribunale di Milano 12/2/1987). Marciapiede Il Tribunale di Napoli (Sentenza del 29/1/1987) ha sancito la legittimità di una clausola del regolamento che destinava a parcheggio a pagamento il marciapiede, con onere delle spese di manutenzione a carico di tutti i condomini. Millesimi L’assemblea non può subordinare il diritto di parcheggio alla titolarità di una quota millesimale minima, ma la possibilità di parcheggiare dev’essere consentita a tutti i condomini, sia pure a turno (Pret. Modugno 29/5/1987). Motoveicoli La delibera con la quale si decida di adibire il cortile comune, di ampiezza insufficiente a garantire il parcheggio delle autovetture dei condomini, a parcheggio di motoveicoli, con individuazione degli spazi, delimitazione e assegnazione degli stessi ai singoli condomini, non da luogo a un’innovazione vietata, non comportando una trasformazione dell’originaria destinazione del bene comune, o 123 l’inservibilità di talune parti dell’edificio all’uso o al godimento anche di un singolo condomino (Corte di Cassazione 5/5/2008, n. 5997). Di conseguenza la relativa delibera può essere adottata con il voto favorevole della maggioranza degli intervenuti all’assemblea, in rappresentanza di almeno 500/1.000. Pagamento Due sentenze del Tribunale di Napoli (del 28/2/1979 e del 24/10/1984) hanno riconosciuto, fra i poteri dell’assemblea, quello di subordinare il parcheggio nell’area condominiale al pagamento di un corrispettivo in favore del condominio, in modo da assicurare un’entrata da destinare alla manutenzione della relativa area. In entrambi i casi, però, si trattava di spazio insufficiente ad accogliere tutte le autovetture di proprietari e inquilini, e di conseguenza la decisione era finalizzata a regolamentarne l’uso in modo da evitare discussioni. Qualora, invece, lo spazio fosse sufficiente, una delibera del genere potrebbe essere adottata soltanto con il consenso di tutti i condomini. Il corrispettivo non può in ogni caso essere del tutto svincolato dai costi specificatamente riguardanti l’area sulla quale viene esercitato il parcheggio Tribunale di Milano 3/11/2000). Piano terra Se gli altri condomini hanno, in base al titolo di acquisto, il diritto di parcheggiare negli spazi loro assegnati, chi abita a piano terra può lamentarsi delle immissioni (Rumori e gas di scarico) presso il Giudice di pace solo qualora esse superino la normale tollerabilità di cui all’articolo 844 del codice civile. Una soluzione potrebbe essere quella di proporre una permuta dei posti ( Offrendo eventualmente un conguaglio), in modo da allontanare dalle finestre i veicoli più ingombranti e rumorosi. Posto auto L’assegnazione dei posti auto va effettuata in proporzione ai millesimi di proprietà, indipendentemente dal possesso, o meno, di una o più autovetture. La Corte di Cassazione ( Sentenza n. 26226 del 7/12/2006), però, in una situazione in cui per utilizzare alcuni posti auto era necessario spostare a mano e rimettere al loro posto due vetture adiacenti, ha stabilito che l’assemblea non può deliberare a maggioranza che la scelta del posto auto venga effettuata dai condomini seguendo la consistenza dei millesimi di cui sono titolari (Sceglie per primo chi ha più millesimi). In una situazione del genere, infatti, il criterio da seguire è, nel disaccordo delle parti, quello indicato dall’articolo 1102 codice civile, che ponendo il limite del “ Pari uso“ impedisce che alcuni comproprietari facciano un utilizzo della cosa comune, dal punto di vista qualitativo, diverso da quello degli altri. Di conseguenza si dovrà seguire il criterio della turnazione. I posti auto possono essere concessi in uso esclusivo e permanente a determinati condomini, in cambio di un corrispettivo in denaro o anche gratuitamente; in tal caso, però, la relativa delibera dev’essere adottata con il consenso di tutti i partecipanti al condominio, trattandosi di una vera e propria divisione del bene comune (Tribunale di Foggia 25/3/1994). Se lo spazio da adibire a posto auto è stato assegnato in proprietà esclusiva ai singoli condomini, questi, in mancanza di una contraria disposizione contenuta nel regolamento contrattuale o a tutolo di acquisto, possono recintarlo (Corte di Cassazione 18/10/1991, n 11019 ); ciò, però, a condizione che la recinzione non impedisca ai proprietari degli spazi adiacenti di utilizzarli e (Corte di Cassazione 22/11/2011, n 24645) non leda il decoro architettonico dell’edificio. Se invece lo spazio è stato assegnato in uso, e il regolamento non prevede altra possibilità che quella di utilizzarlo come posto auto, qualsiasi diversa 124 modalità dev’essere autorizzata da tutti gli altri condomini. Il proprietario del solo posto auto deve contribuire alle spese riguardanti l’area condominiale nella quale esso è compreso: anche a quello per l’assicurazione e l’amministrazione del fabbricato se si riferiscono al cortile, e se questo è compreso in un’area condominiale più vasta deve contribuire anche alle spese di recinzione. La vendita di una spazio condominiale adibita a posto auto richiede l’unanimità dei consensi, trattandosi di bene comune e non di esclusiva proprietà del condominio, senza il consenso degli altri condomini, quindi, la vendita non è ammessa neppure se abbinata a quella dell’appartamento (Corte di Cassazione 10/1/1990, n 9). Prolungato Non è lecito lasciare parcheggiata, magari per mesi, l’auto in cortile, perché cosi facendo si altera la normale destinazione di questa parte comune e si lede il pari diritto degli altri condomini (Corte di Cassazione 24/2/2004, n 3640 ). Realizzazione Uno o più condomini possono attivarsi per proporre la realizzazione, nell’area condominiale, di un parcheggio al servizio delle unità immobiliari o dell’edificio, presentando all’amministratore una richiesta contenente l’indicazione del contenuto specifico e delle modalità di esecuzione degli interventi proposti. L’amministratore è tenuto, entro 30 giorni dalla richiesta, a convocare l’assemblea, che delibera con il voto favorevole della maggioranza degli intervenuti, in rappresentanza di almeno 500/1.000. A riguardo l’assemblea può, con un numero di voti che rappresenti i 4/5 dei partecipanti al condominio e i 4/5 del valore dell’edificio (Primo comma articolo 1117-ter codice civile), destinare a parcheggio nell’interesse del condominio un locale comune, anche se questa soluzione non consente di alloggiarvi contemporaneamente tutti gli autoveicoli, potendosi stabilire dei turni (Corte di Cassazione 20/2/1992, n 2084). L’assemblea non può, invece, deliberare a maggioranza di adibire a parcheggio una parte dell’area comune destinata, come previsto dall’atto di acquisto di un condomino, al libero accesso del pubblico; è infatti necessaria l’unanimità, trattandosi d’incidere sul diritto di un condomino risultante dall’atto di acquisto (Corte di Cassazione 14/7/1988, n 4851). Reato Se una persona, invitata a spostare l’auto che impedisce ad altra autovettura parcheggiata nel cortile condominiale di uscire sulla pubblica via, rifiuta di farlo, commette il reato di violenza privata, punito dall’articolo 610 codice penale con la reclusione fino a 4 anni (Corte di Cassazione 20/4/2006, n 16571). Rimozione forzata Il condomino non può, nel proprio esclusivo interesse, chiedere l’intervento del carro attrezzi per far rimuovere un’auto abusivamente parcheggiata nel cortile condominiale, e il proprietario dell’auto ha il diritto di farsi rimborsare la spesa sostenuta per la rimozione (Giu.pa Bologna 3/2/2005). La Corte di Cassazione (Sentenza n 10323 del 21/4/2008) ha stabilito che la rimozione di un ciclomotore parcheggiato nel portico condominiale, nonostante la presenza di appositi cartelli con l’indicazione “Proprietà privata - divieto di sosta -“ e con l’intervento che i motoveicoli sarebbero stati rimossi a spese dei trasgressori, è possibile solo con l’intervento della Polizia municipale perché il portico, pur essendo di proprietà condominiale, è gravato da una servitù di pubblico passaggio su area privata, il cui uso dev’essere regolato esclusivamente dalla Pubblica Amministrazione. Sulla base di questo principio la Suprema Corte (Sentenza n. 3180 del 9/2/2011) 125 ha respinto il ricorso di una società di soccorso stradale condannata dal Giudice di pace alla restituzione dei soldi pagati per la rimozione, il trasporto e la custodia del veicolo, oltre al pagamento degli interessi legali e delle spese di giudizio. In particolare - ha precisato la Corte – l’incarico all’impresa di soccorso stradale dev’essere conferito non dal singolo condomino nel suo esclusivi interesse ma dall’amministratore nell’interesse della collettività condominiale. Riserva da parte del venditore La Corte di Cassazione (Sentenza n 7994 del 18/7/1991) ha sancito la nullità, e quindi la sua sostituzione, per legge, con l’articolo 18 della L. 6/8/1967, n 765, della clausola contrattuale con la quale il venditore dell’immobile si era riservato la proprietà dell’area di parcheggio. Di conseguenza venditore e acquirente hanno, rispettivamente, il diritto di esigere e l’obbligo di corrispondere la differenza di prezzo (Corte di Cassazione 16/4/1996, n 3580). Il costruttore può invece legittimamente riservarsi o cedere a terzi i parcheggi che eccedono il limite previsto con le nuove costruzioni dell’articolo 41-sexies della L. 17/8/1942, n 1150, e successive modificazioni: non meno di un metro quadrato per ogni 10 metri cubi di costruzione (Corte di Cassazione 3/2/2012, n 1664). Seconda autovettura Costituisce innovazione vietata, e in quanto tale nulla, l’assegnazione nominativa a favore dei singoli condomini di posti fissi nel cortile comune per il parcheggio della seconda autovettura; tale delibera, infatti, da un lato sottrae l’utilizzazione del bene comune a coloro che non posseggono due veicoli, e dall’altro crea i presupposti per l’acquisto, da parte del condomino che usi la cosa comune come se ne fosse proprietario, della relativa proprietà a titolo di usucapione (Corte di Cassazione 22/1/2004, n 1004 ). Veicolo ingombrante Anche se lo spazio riservato al condomino è adibito a parcheggio di autoveicoli, egli può parcheggiarvi un autocaravan ma non può usarlo come area di campeggio (Giu.pa di Foligno 6/3/1997). Possibile anche parcheggiarvi una roulotte, a meno che il regolamento non preveda particolari divieti o limitazioni (Corte di Cassazione 26/9/1998, n 9649). Lo stesso dicasi di un autocarro. In tutti questi casi, però, non si può impedire al vicino di fare uso dello spazio a lui assegnato: per esempio perché impossibilitato ad aprire lo sportello della propria autovettura. Se invece la mole dell’autocarro non eccede lo spazio assegnato, il parcheggio è legittimo ma il motore dev’essere acceso solo per il tempo limitato all’arrivo e alla partenza (Giu.pa di Arcireale 27/12/1996). Quanto alla possibilità di parcheggiare un’autocisterna nello spazio assegnato, ciò non è consentito se contrasta con la destinazione abitativa dell’edificio causa un danno di tipo estetico all’aspetto dei luoghi e comporta la sostanziale trasformazione del cortile in un luogo di deposito (Pretore di Foligno 12/3/1987). Vialetto Il condomino non può parcheggiare la propria auto in un vialetto condominiale se questo tipo di utilizzo rende gli altri condomini meno agevoli alle manovre di entrata e di uscita dai garage (Corte di Cassazione 24/8/ 2012, n 14633), >>Garage. RIEPILOGANDO: IL PARCHEGGIO Da giardino a parcheggio. Per trasformare un giardino in parcheggio occorre il voto favorevole di 4/5 dei partecipanti al condominio, in rappresentanza dei 4/5 del valore dell’edificio. 126 Divieto. Possibile solo se previsto dal regolamento contrattuale. Estranei. Possono essere esclusi dalla maggioranza degli intervenuti all’assemblea con 500/1.000. Pagamento. Se vi è spazio sufficiente devono essere d’accordo tutti i condomini. Rimozione forzata. Solo su richiesta dell’amministratore e con l’intervento della Polizia municipale. Spazio sufficiente. Si possono stabilire dei turni. Veicolo ingombrante. Dipende dal tipo di veicolo. Norme. Articolo 1117-ter codice civile. PARTI COMUNI DELL’ EDIFICIO L’articolo 1117 codice civile contiene l’elencazione, anche se non tassativa, ma soltanto esemplificativa (Corte di Cassazione 14/3/1877, n 1030), delle pari comuni dell’edificio, intendendosi per edificio l’intera costruzione, dalle fondamenta al tetto, inclusi, quindi, i vani cantinati compresi tra le fondamenta stesse (Corte di Cassazione 24/8/ 1998, n 8346). In particolare, rientrano fra le parti comuni il >>Suolo su cui sorge l’edificio (>>Sottosuolo), le fondazioni, i muri maestri, i pilastri e le travi portanti, i tetti e i lastrici solari, le scale, i portoni d’ingresso, i vestiboli, gli anditi, i portici, i cortili e le facciate. Compresi nell’elenco anche le aree destinate a parcheggio e i locali per i servizi in comune, come la portineria, incluso l’alloggio del portiere, la lavanderia, gli stenditoi e i sottotetti destinati, per le caratteristiche strutturali e funzionali, all’uso comune. Appartengono infine al novero delle parti comuni dell’edificio le opere, le installazioni, i manufatti di qualunque genere destinati all’uso comune, come gli ascensori, i pozzi, le cisterne, gli impianti idrici e fognari, i sistemi centralizzati di distribuzione e di trasmissione per il gas, per l’energia elettrica per il riscaldamento e il condizionamento dell’aria, per la ricezione radiotelevisiva e per l’accesso a qualunque altro genere di flusso informativo, anche da satellite o via cavo, e i relativi collegamenti fino al punto di diramazione ai locali di proprietà individuali dei singoli condomini, in altre parole, in caso d’impianti unitari, fino al punto di utenza, salvo quanto disposto dalle normative di settore in materia di reti pubbliche. Quella dell’articolo 1117 è un’elencazione non solo esemplificativa, ma anche presuntiva, nel senso che l’appartenenza dei beni alla comunità condominiale ammette la prova contraria; prova contraria che può essere fornita da un titolo dal quale risulti che la proprietà spetta soltanto a uno o più condomini ( Non è necessario che l’atto contenga l’espressa esclusione del bene dal novero delle parti comuni dell’edificio, Corte di Cassazione 21/11/1978, n 5412). L’unico titolo ammesso non può essere che quello di acquisto, da parte del singolo condomino, della propria unità immobiliare dall’originario, unico proprietario dell’intero edificio (Corte di Cassazione 22/8/2002, n 12340) e deve contenere elementi chiari e inequivocabili, dai quali sia dato escludere la condominialità del bene (Corte di Cassazione 7/6/ 1989, n 3862). Spetta naturalmente al condomino che sostenga di essere proprietario esclusivo di un bene compreso dal citato articolo tra le parti comuni dell’edificio dimostrare la legittimità della pretesa (Corte di Cassazione 7/6/1988, n 3862). Cambio di destinazione L’assemblea può, con un numero di voti che rappresenti i 4/5 dei partecipanti al condominio e i 4/5 del valore dell’edificio, modificare la destinazione d’uso delle parti comuni (Primo comma articolo 1117-ter codice civile) per soddisfare esigenze d’interesse condominiale, a meno che ciò le renda inservibili nei confronti anche di un solo condomino dissenziente (Tribunale di Rimini 127 6/12/1988). L’avviso di convocazione della relativa assemblea deve impedire, pena nullità, le parti comuni oggetto della modifica e la nuova destinazione d’uso, deve rimanere affisso per non meno di 30 giorni consecutivi nei locali di maggior uso comune o negli spazi a tal fine destinati, e va comunicato mediante raccomandata o equipollenti mezzi telematici, in modo da pervenire almeno 20 giorni prima della data di convocazione. In ogni caso sono vietate le modifiche delle destinazioni d’uso che possono recare pregiudizio alla stabilità o alla sicurezza del fabbricato, o che alterano il decoro architettonico (Articolo 117-ter codice civile ). Tutela In caso di attività che incidono negativamente e in modo sostanziale sulla destinazione d’uso delle parti comuni, l’amministratore, i condomini, anche singolarmente, possono diffidare l’esecutore e chiedere la convocazione dell’assemblea per far cessare la violazione, anche mediante azioni giudiziarie. L’assemblea delibera in merito alla cessazione di tali attività con il voto favorevole della maggioranza degli intervenuti, in rappresentanza di almeno 500/1.000 (Articolo 1117-quater codice civile). Divisione fra condomini E’ possibile dividere fra i condomini una parte comune dell’edificio, per esempio un cortile, ma soltanto con il consenso di tutti i proprietari (Tribunale di Foggia 25/3/1994) e nel rispetto della condizione prevista dall’articolo 1119 codice civile, vale a dire senza rendere l’uso della cosa più incomodo a ciascun condomino, valutando sia l’uso attuale sia quello che potrebbe fare della parte a lui assegnata una volta avvenuta la divisione (Corte di Cassazione 23/1/2012, n 86). La Corte di Cassazione, per esempio, (Sentenza n. 4806 del 24/10/1978), non ha ritenuto divisibile un cortile che sarebbe stato destinato alla costruzione di autorimesse, in considerazione delle imitazioni di luce e aria, e delle immissioni moleste che ne sarebbero derivate agli appartamenti dei piani inferiori, nonché dell’impossibilità di destinare a giardino il cortile stesso. Occorre poi che per fare la divisione non si renda necessaria una spesa sproporzionata rispetto al valore della cosa (Tribunale di Padova 21/3/1986 ) e che non vi siano controindicazioni sotto il profilo del rispetto del regolamento edilizio comunale. La divisione, inoltre, deve essere da uno scritto, altrimenti è possibile chiedere la rimozione dei manufatti eventualmente posti in opera, poiché abusivi (App. di Perugia 9/2/1988) >>Pannelli solari, installazione. Modifiche Il condomino può apportare alle parti comuni dell’edificio le modifiche che gli possono arrecare vantaggio, a condizione di non alterarne la destinazione, di non impedire agli altri condomini di farne parimenti uso secondo il loro diritto e di non compromettere la stabilità, la sicurezza o il decoro architettonico dell’edificio (Corte di Cassazione 3/4/1979, n 1889), fatto ovviamente salvo l’eventuale divieto contenuto in un regolamento contrattuale. Rispettando queste condizioni non sarebbe neppure necessaria l’autorizzazione dell’assemblea, che però è sempre meglio acquisire per evitare possibili contestazioni, soprattutto dal punto di vista della possibile alterazione del decoro architettonico. Per l’esecuzione di opere altrimenti non consentite è necessario il consenso di tutti gli altri condomini, consenso che deve risultare, pena nullità, da atto pubblico o da scrittura privata (Corte di Cassazione 7/11/1978, n 5086). L’opera, in ogni caso, non dev’ essere tale da creare una situazione di pericolo. Rinuncia 128 Il condomino non può rinunciare al diritto sulle parti comuni (Secondo comma articolo 1118 codice civile), neppure modificando la destinazione d’uso della propria unità immobiliare, (Salvo quanto disposto da leggi speciali), a meno che non venga autorizzato da tutti gli altri condomini (Corte di Cassazione 6/12/1991, n 13160). E’ possibile però rinunciare a impianti superflui in relazione alle condizioni obiettive e alle esigenze delle moderne concezioni di vita, oppure illegali perché vietati da norme imperative (Corte di Cassazione 27/4/1991, n 4652). Riparazione Il condomino è tenuto a consentire il passaggio, attraverso la propria unità immobiliare, dagli incaricati di una riparazione alle parti comuni dell’edificio, senza che sia necessaria una delibera dell’assemblea (Corte di Cassazione 5/9/ 1969, n 3059). Riserva da parte del venditore Il costruttore-venditore del fabbricato, all’atto del frazionamento e della vendita delle unità immobiliari che lo costruiscono, può attribuire agli acquirenti la proprietà soltanto di alcune parti comuni (Per esempio il portone, l’atrio, le scale), riservandosi la proprietà esclusiva di altre (Corte di Cassazione 15/6/1998, n 5948 ): per esempio il lastrico solare per eseguirvi una sopraelevazione. Spese Le spese occorrenti alla riparazione delle parti comuni dell’edificio (Articolo 1123 codice civile) vanno ripartite tra i condomini in proporzione ai millesimi di proprietà, salvo diverso accordo. Se però una parte è comune solo ad alcuni di essi, alla spesa devono contribuire soltanto i beneficiari ( >>Condominio parziale). Può anche accadere che una stessa cosa serva i condomini in misura diversa; nel qual caso la spesa va ripartita in proporzione all’uso che ciascuno può farne. Qualora, infine, la spesa si renda necessaria esclusivamente per fatto e colpa di uno o più condomini, saranno questi a doversene fare esclusivo carico (Corte di Cassazione 23/2/1965, n 296). L’obbligo di concorrere alle spese comuni in proporzione ai millesimi di proprietà prescinde dall’uso effettivo che il condomino faccia di esse, dovendosi far riferimento all’uso potenziale; di conseguenza deve pagare anche il condomino che tiene disabitata la propria unità immobiliare, a meno che non sia stato esonerato da tutti gli altri condomini. Tutela In fatto di attività che incidono negativamente e in modo sostanziale sulle destinazioni d’uso delle parti comuni, l’amministratore o i condomini anche singolarmente, possono diffidare l’esecutore e chiederne la convocazione dell’assemblea per far essere la violazione, anche mediante azioni giudiziarie. L’assemblea delibera in merito alla cessazione di tali attività con il voto favorevole della maggioranza degli intervenuti di almeno 500/1.000 (Articolo 1117-quater codice civile). Vendita La vendita o la permuta di una parte comune dell’edificio è nulla senza il consenso di tutti i condomini, ciascuno dei quali è legittimato a far valere la nullità (Corte di Cassazione 26/11/ 1998, n. 11968). Violazione In caso di attività che incidono negativamente e in modo sostanziale sulle destinazioni d’uso delle parti comuni, l’amministratore o i condomini, che singolarmente, possono diffidare l’esecutore e chiedere la convocazione dell’assemblea per far cessare la violazione, se del caso ricorrendo al giudice. L’assemblea delibera in merito alla cessazione di tali attività con il voto 129 favorevole della maggioranza degli intervenuti, in rappresentanza di almeno 500/1.000 (Articolo 1117-quater codice civile). Vizio di costruzione Se le parti comuni dell’edificio evidenziano un vizio di costruzione, l’azione giudiziaria nei confronti dell’appaltatore, prevista dall’articolo 1669 codice civile, può essere promossa dall’amministratore anche senza preventiva autorizzazione dell’assemblea, poiché l’articolo 1130, n 4), codice civile, non va interpretato nel senso che l’amministratore possa chiedere soltanto misure cautelati, ma si riferisce a tutti gli atti diretti a conservare le parti comuni dell’edificio (Corte di Cassazione 8/8/1990, n 8053). PASSO CARRABILE Barbacani. I barbacani sono sporgenze in ferro, pietra o altro materiale, che restringono l’accesso al passo carrabile per impedire l‘ingresso ai veicoli che, per la loro mole, potrebbero danneggiare gli stipiti. La loro installazione non costituisce innovazione (Tribunale di Milano 10/10/1988) e può pertanto essere deliberata con il voto favorevole della maggioranza degli intervenuti all’assemblea, in rappresentanza di almeno 500/1.000. Cancello. L’assemblea può, con il voto favorevole della maggioranza degli intervenuti, in rappresentanza di almeno 500/1.000, deliberare l’installazione di un cancello in coincidenza del passo carrabile, non essendo questo intervento riguardabile come innovazione ( Tribunale di Cagliari 6/2/2004). Spesa La spesa richiesta del passo carrabile va ripartita in proporzione ai millesimi di proprietà fra tutti i condomini, anche quelli sprovvisti di auto se hanno la possibilità di attraversarlo a piedi ( Tribunale di Milano 4/3/1991). Se però quest’accesso è al servizio esclusivo di alcune autorimesse, la spesa grava sui proprietari di queste. Se poi il passo carrabile è al servizio di due o più edifici ( >>Supercondominio), la spesa va ripartita in proporzione alla caratura millesimale di ciascun edificio, e, fra i condomini di ciascuno di questi, in proporzione ai millesimi di proprietà. PIANEROTTOLO I pianerottoli fanno parte integrante delle scale. Di conseguenza un condomino non può appropiarsene (Per esempio incorporandolo nel proprio appartamento) senza il consenso di tutti gli altri condomini, trattandosi di escluderli dall’uso di questa parte comune (Corte di Cassazione 2/8/1990, n 7704 ). Ovviamente il discorso cambia se un titolo, vincendo la presunzione stabilità dall’articolo 1117 codice civile, assegna il pianerottolo in proprietà esclusiva a uno o più condomini (14/11/1998, n 11405). Non è consentito occupare stabilmente il pianerottolo, per esempio, con mobili, biciclette e altri oggetti non destinati ad abbellire questa parte comune. La Corte di Cassazione, per esempio (sentenza n. 5474 dell’8/3/2011), ha stabilito il diritto di esigere il risarcimento del danno nei confronti del condomino che aveva depositato, sistematicamente per alcuni giorni, la spazzatura sul pianerottolo adiacente alla propria abitazione. Negozi I pianerottoli sono comuni anche ai proprietari dei negozi con accesso dalla strada, essendo anch’essi interessati a usufruire delle scale, ai fini della conservazione (E manutenzione ) della 130 copertura dell’edificio della quale anch’essi godono (Corte di Cassazione 10/7/2007, n 15444). Porta E’ possibile aprire una porta sul pianerottolo per dotare il proprio appartamento di un secondo ingresso a condizione che l’intervento non limiti il godimento degli altri condomini e non arrechi pregiudizio all’edificio e al suo decoro architettonico (Corte di Cassazione 20/7/2011, n 15968); l’immagine dell’edificio non ha valenza interna oltre che esterna. Spesa La spesa occorrente alla manutenzione e alla ricostruzione dei pianerottoli va ripartita fra i condomini con lo stesso criterio previsto per le >>Scale, Spese. PISCINA Igiene Le linee guida in materia di aspetti igienico-sanitari delle piscine sono tracciate dall’accordo intervenuto il 16/1/2003 tra il Ministero della salute, le regioni e le Province autonome di Trento e di Bolzano. I controlli sono affidati all’Azienda sanitaria Locale e l’inosservanza delle prescrizioni comporta l’irrogazione delle sanzioni previste dalla regione. Incidente Se non è previsto il servizio di salvataggio, in caso d’incidente la responsabilità è del condominio e non dell’amministratore (Tribunale di Ferrara 28/12/1999). Se i condomini non vogliono rispondere dell’evento devono pertanto provare che questo è stato determinato da caso fortuito. Ospiti Il Pretore di Roma (Sentenza del 13/7/1989) ha considerato il diritto d’invitare ospiti alla piscina condominiale una modalità da fruizione del bene comune, aggiungendo che ciò de’ essere proporzionato alla proprietà di ciascuno: più millesimi si hanno, quindi, più persone si possono invitare, avendo però sempre presenti i diritti degli altri condomini. Spesa La spesa richiesta dalla manutenzione della piscina, salvo diverso accordo al quale abbiano aderito tutti i condomini, dev’essere suddivisa in proporzione ai millesimi di proprietà. I proprietari di negozi che, per ragioni di struttura dell’immobile, non abbiano accesso alla piscina condominiale, non sono tenuti a contribuire alla spesa (Corte di Cassazione 29/4/1992, n 5179). PORTIERE Il servizio di portierato è comodo e prezioso; da prestigio e sicurezza all’edificio condominiale, ma è piuttosto costoso e quindi tale da interessare una minoranza di condomini. Contratto A regolare i rapporti tra condominio e portiere c’è il contratto collettivo nazionale di lavoro, la cui validità abbraccia il periodo 1/1/2013 - 31/12/2014. E’ in base ad esso, quindi, che sono determinati i diritti e i doveri delle parti, l’orario di lavoro, le ferie e i permessi, le indennità per particolari servizi come lo sgombero della neve. Controversie In caso di controversia fra portiere e condominio, l’articolo 15 del contratto collettivo stabilisce che, prima di ricorrere all’Autorità Giudiziaria, la questione dev’essere portata all’esame di una Commissione di conciliazione. Se il tentativo di conciliazione fallisce, ferma restando la facoltà di 131 adire il giudice, ciascuna delle parti può promuovere il deferimento della commessa al Collegio arbitrale istituito dalle associazioni territoriali aderenti alle organizzazioni che hanno stipulato il contratto di lavoro. Il Collegio, che è formato da 3 membri, decide entro 45 giorni (prorogabili a 60) dalla prima riunione. Corrispondenza Fra le mansioni classiche del portiere rientra quella di prendere in consegna la corrispondenza ordinaria, i pacchi e gli espressi indirizzati ai condomini, anche se consegnati da corriere privati (Corte di Cassazione 28/7/1986, n 4832), ma non le raccomandate e le assicurate. Il portiere può invece rifiutarsi di prendere in consegna la corrispondenza indirizzata agli inquilini ( App. di Milano 30/9/196). La moglie del portiere non può, in sua precaria assenza, ritirare la corrispondenza indirizzata ad un condomino, se non è stata espressamente autorizzata dal destinatario (Corte di Cassazione 6/5/2005, n 9511). Se il portiere aveva acetato di ritirare la corrispondenza di un inquilino trasferitosi dall’edificio condominiale, non può rinunciare all’incarico senza giusta causa, o congruo preavviso, pena il risarcimento del danno. Danni Dei danni provocati a terzi dal portiere nell’esercizio delle sue mansioni risponde il condominio a titolo di culpa in esigendo (Ossia colpa nella scelta nella persona alla quale è stato affidato l’incarico, articolo 2049 codice civile). Il condominio può comunque rivalersi nei suoi confronti. Infortunio Se il portiere riceve un danno a causa del mancato rispetto delle norme di sicurezza, come nel caso di una caduta mortale dovuta a un parapetto di altezza inferiore e quella minima ( Un metro) prevista dalla normativa contro gli infortuni sul lavoro, ne risponde l’amministratore (Corte di Cassazione 1/6/2911, n 22239). Istituzione del servizio L’introduzione del servizio di portierato in un edificio particolarmente signorile non è stata dal Tribunale di Torino (sentenza del 16/3/1981) considerata innovazione e in quanto tale può essere deliberata con il voto favorevole della maggioranza degli intervenuti all’assemblea, in rappresentanza di almeno 500/1.000. Negli altri casi è considerata innovazione e richiede pertanto il voto favorevole della maggioranza degli intervenuti all’assemblea, in rappresentanza di almeno 667/1.000. Licenziamento Il portiere che, contrariamente a quanto previsto dal contratto di assunzione, non abiti l’alloggio messogli a disposizione dal condominio, può essere licenziato perché cosi facendo viene mono agli obblighi di vigilanza e di custodia, gravando inutilmente il condominio degli oneri al mantenimento dell’abitazione (Pret. Di Napoli 17/8/1998). Locali Anche se l’originaria destinazione dei locali a portineria era stata prevista da un regolamento contrattuale, l’assemblea può deliberare di destinarli ad altro uso con tanti voti che rappresentino il 4/5 dei partecipanti al condominio e il 4/5 di valore dell’edificio (Primo comma articolo 1117-ter codice civile), a meno che il regolamento non contenga particolari disposizioni che attribuiscono ai condomini diritti soggettivi (Corte di Cassazione 27/1/1996, n 642); nel qual caso, infatti, sarebbe necessaria l’unanimità. Detti locali, una volta venuta meno la loro destinazione, possono essere concessi in locazione a maggioranza, ma soltanto quando non sia possibile un loro utilizzo da parte 132 dei condomini, neppure stabilendo dei turni. Altrimenti è necessaria l’unanimità e eventuale delibera adottata a maggioranza sarebbe nulla e quindi impugnabile senza il limite tempo (Corte di Cassazione 18/1/1982, n 312). La locazione non può essere disposta dall’amministratore, a meno che non sia espressamente prevista dalla delibera di soppressione del servizio ( Corte di Cassazione 24/3/ 972, n 899 ). Per la vendita a un condomino o a terzi, invece, è necessario il consenso scritto da tutti i condomini. In entrambi i casi il ricavato, salvo che il regolamento disponga altrimenti, va ripartito fra i condomini in proporzione ai millesimi di proprietà (Corte di Cassazione 29/6/1979, n 3690). Secondo lavoro L’articolo 24 del contratto collettivo stabilisce che il portiere a tempo pieno non può esercitare altra attività lavorativa nell’edificio. Lo stesso articolo, però, prevede che, al di fuori dell’orario di lavoro, nell’alloggio del portiere possono essere esercitare, sia da parte del portiere che dei suoi familiari, attività lavorative, purché non siano artigianali, non comportino afflusso di pubblico e non arrechino comunque disturbo ai condomini. Il portiere a tempo parziale, invece, può esercitare, al di fuori dell’orario previsto dal contratto individuale di lavoro, qualunque altra attività, purché al di fuori dei locali condominiali. Soppressione del servizio La soppressione di portierato dev’essere approvata dall’assemblea con il voto favorevole della maggioranza degli intervenuti, in rappresentanza di almeno 500/1.000 (Corte di Cassazione 29/3/1995 n 3708 e Corte di Cassazione 26/8/2002 n 12481). Sostituzione Se il regolamento, ancorché contrattuale, prevede che il servizio di portierato sia finalizzato esclusivamente alla custodia e alla pulizia delle cose comuni, la sua sostituzione con un sistema di apertura atomizzata del portone (Cosiddetto portiere automatico) può essere deliberata con il voto favorevole della maggioranza degli intervenuti all’assemblea, in rappresentanza di almeno 667/1.000 (Corte di Cassazione 3/5/1969). Spese Le spese del servizio di portierato (anche di quello notturno se svolto nell’interesse di tutti i condomini e non vi sia diversa convenzione tra gli stessi, Corte di Cassazione 30/10/1981, n 5751) devono essere ripartite in base ai millesimi di proprietà. Se l’edificio ha più ingressi e il servizio è riferito soltanto a uno di essi, alla spesa devono contribuire i soli condomini di questo. Nei confronti del portiere i condomini dono obbligati, ai fini del pagamento della retribuzione e degli altri oneri, ciascuno per la propria quota, avendo le Sezioni Unite della Corte di Corte di Cassazione (Sentenza n. 9148 dell’8/4/2008) decretato che la responsabilità dei condomini per le obbligazioni assunte dal condomino non è più solidale ma parziale. Per le unità immobiliari concesse in locazione le spese per il servizio di portierato sono a carico dell’inquilino nella misura del 90%, salvo che le parti abbiano convenuta una misura inferiore (Articolo 9 della L. 27/7/1978, n 392). Il conduttore non può impugnare una delibera assembleare riguardante le spese di portierato, poiché l’articolo 10 di questa legge non gli attribuisce il diritto di voto in materia, ma soltanto quello di partecipare alle assemblee (Tribunale di Cagliari 14/4/1992). Se il regolamento del condominio comprende le spese del servizio di portierato fra quelle di carattere generale, devono parteciparvi anche proprietari di negozi, indipendentemente dalla maggiore o minore utilizzazione del servizio (Corte di Cassazione 30/05/1990, n 5081). Successivamente le stessa Corte di Cassazione (Sentenza n. 5179 del 133 29/4/1992) ha stabilito che i proprietari dei negozi che non hanno accesso al servizio di portierato sono esonerati dal contributo alla spesa, mentre con sentenza n. 12298 del 21/8/2003 ha sancito che l’attività di custodia e di vigilanza è svolta dal portiere anche nell’interesse dei proprietari delle unità immobiliari accessibili direttamente dalla strada mediante autonomo ingresso, per cui anche questi soggetti devono contribuire alle spese. Supercondominio Se la portineria è ubicata in uno degli immobili costituenti il >>Supercondominio, alla spesa per il rifacimento del tetto di questo edificio devono contribuire anche i proprietari delle altre palazzine, ripartendosi fra tutti i condomini (Compresi quelli che abitano nell’edificio sede della portineria) la spesa gravante sui millesimi dell’unità immobiliare destinata al servizio: i locali che ospitano la portineria, infatti, sono parti comuni. RIEPILOGANDO: IL PORTIERATO Istituzione del servizio. Negli edifici molto signorili è sufficiente il voto favorevole della maggioranza degli intervenuti all’assemblea, in rappresentanza di almeno 500/1.000 (Maggioranza degli intervenuti e almeno 667/1.000 negli altri). Soppressione. Ci vuole il voto favorevole della maggioranza degli intervenuti all’assemblea, in rappresentanza di almeno 500/1.000. Divisione spese. In base ai millesimo di proprietà salvo diverso accordo. In caso di locazione. L‘inquilino paga il 90% della spesa, il proprietario il restante 10%. Norme. Contratto collettivo 2008-2010. PORTONE Apertura Per la sostituzione del sistema di apertura manuale del portone con uno automatizzato è richiesto il voto favorevole della maggioranza degli intervenuti all’assemblea, in rappresentanza di almeno 500/1.000 (Pret. Di Pisa 3/4/1995). Non consentita, invece, la trasformazione dell’apertura da automatizzata a manuale, in quanto determina un’evidente comprensione della facoltà di godimento della cosa comune da parte di chi dovesse soffrire di gravi limitazioni fisiche (Tribunale di Milano 1/3/1993). Chiusura L’assemblea può deliberare la chiusura del portone nelle ore diurne, ma solo se viene installato un congegno di apertura automatizzata azionabile dagli appartamenti, pena la nullità della relativa delibera (Tribunale di Milano 9/3/1989). Se però nell’androne c’è un negozio, la chiusura non può essere disposta durante le ore lavorative, a meno che lo stato dei luoghi non consenta di separare l’ingresso agli appartamenti di quello dell’esercizio commerciale. Nessun problema, invece, per deliberare la chiusura del portone nelle ore notturne, trattandosi di garantire la sicurezza della proprietà condominiale e dei singoli (Corte di Cassazione 29/3/1963, n 779). Rumore Può accadere che il meccanismo di chiusura del portone sia particolarmente rumoroso, e quindi fastidioso, soprattutto nelle ore notturne. Se, all’esito di una perizia fonometrica, risulta che le immissioni rumorose superano la normale tollerabilità, si può pretendere che l’assemblea deliberi le opportune modifiche o addirittura la sostituzione del portone (Tribunale di Napoli 26/1/1974) 134 POZZO Danni Se da un pozzo esistente nell’area condominiale deriva un danno a terzi, i condomini ne rispondono indipendentemente dall’ubicazione della propria unità immobiliare (Corte di Cassazione 17/4/1998, n 3887) Nero Il condomino può collocare un pozzo nero nel cortile condominiale, ma il manufatto, in virtù del principio giuridico dell’accessione, diventa comune anche agli altri condomini, che possono pertanto utilizzarlo, salvo costruirne altri qualora non fosse sufficiente a soddisfare le esigenze delle varie unità immobiliari (Corte di Cassazione 29/3/1978, n 1456). Naturalmente è necessario rispettare la normativa igienicosanitaria e quella sulle >>Distanze. PREVENTIVO Una corretta delibera relativa a una spesa condominiale presuppone che i condomini vengano preventivamente informati sul prezzo e sulle condizioni praticati da almeno due imprese, e che i rispettivi preventivi. Una volta adottata la decisione, vengano allegati al verbale; verbale che dovrà, sia pure sinteticamente, riportare i termini della discussione e le ragioni della scelta. Nei casi più complessi è consigliabile che a valutare i preventivi sia un tecnico designato dall’assemblea. Se poi questa approva un preventivo di spesa d’importo superiore a un altro, la minoranza è tenuta ad adeguarsi, a meno che non voglia impugnare la delibera davanti al giudice, dimostrandone l’illegittimità; non sempre però, il prezzo più basso è il più conveniente, dovendosi avere riguardo alla qualità del risultato. PROSTITUZIONE Il condominio, se una o più persone esercitano la prostituzione in un appartamento, può attivarsi giudizialmente solo se le immissioni prodotte da questa attività (Sostanzialmente rumori molesti anche in ore notturne) superano la normale tollerabilità di cui all’articolo 844 codice civile: prostituirsi in un luogo privato, infatti, non è reato. Se però nell’edificio viene gestita una vera e propria casa di prostituzione, o un appartamento è stato concesso in locazione ai fini dell’esercizio della prostituzione, o una o più persone, lucrano una percentuale sugli incontri di cui si prostituisce nell’appartamento, i condomini possono segnalare il fatto all’Autorità di pubblica sicurezza; in tali ipotesi, infatti, ricorrono, rispettivamente, i reati di esercizio di una casa di prostituzione, della locazione a scopo di esercizio di una casa di prostituzione, di favoreggiamento della prostituzione e di sfruttamento della prostituzione. PUBBLICITA’ Il condomino - lo stesso diritto è riconosciuto al conduttore (Corte di Cassazione 3/2/1998, n 1046) - può installare un’ >>Insegna (Anche luminosa) sul muro perimetrale comune, trattandosi di un’ attività che (Di regola) non impedisce agli altri partecipanti di fare ugualmente uso di questa parte comune secondo il loro diritto. E’ comunque opportuno consegnare un progetto dell’opera all’amministratore, affinché lo sottoponga all’assemblea, e acquisire il via libera di quest’organo condominiale. 135 Cartellone Non è raro che l’assemblea, allo scopo di acquisire un’entrata da destinare alla copertura delle spese comuni, autorizzi l’installazione, da parte di terzi, di un cartellone pubblicitario su di una parete dell’edificio priva di finestre. Se però le dimensioni della struttura sono tali da occupare l’intera superficie disponibile, si è in presenza di un’innovazione che destina il bene comune a una funzione diversa da quella originaria, con pressoché certa alterazione del decoro architettonico dell’edificio (App. di Milano 17/6/1997), per cui è necessario che l’installazione venga deliberata all’unanimità, trattandosi tra l’altro di costituire una servitù a carico del condominio. I proprietari di un edificio adiacente a quello sulla cui facciata sia stato collocato un cartellone a quello sulla cui facciata sia stato collocato un cartellone pubblicitario non possono eccepire l’alterazione del decoro architettonico e chiedere il ristoro dei conseguenti danni (Corte di Cassazione 27/4/1989, n. 1954), possono, però, invocate il rispetto del regolamento edilizio comunale da parte del vicino, come nel caso di un cartellone molto grande installato su di un edificio del centro storico (Corte di Cassazione 21/2/1998, n 1873). QUORUM Questo termine deriva dall’espressione latina quorum maxima paes (La maggior parte dei quali) ed è sinonimo di maggioranza o numero legale, ossia di condomini (E relativi millesimi) che devono essere presenti affinché l’assemblea possa dirsi validamente insediata, o di condomini (E relativi millesimi ) che devono essere presenti affinché l’assemblea possa dirsi validamente insediata, o di condomini (E relativi millesimi) che devono votare a favore affinché una delibera possa essere validamente adottata (>>Assemblea, Maggioranza). Per le delibere di ordinanza amministrativa (Per esempio approvazione del preventivo di spesa e del rendiconto annuale) è sufficiente il voto favorevole della maggioranza degli intervenuti all’assemblea (Si considerano anche i voti espressi per delega e i relativi millesimi), in rappresentanza di almeno 500/1.000. per le delibere più impegnative, invece (Per esempio innovazioni dirette al miglioramento o all’ uso più comodo o al maggior rendimento delle cose comuni ), è richiesto il voto favorevole della maggioranza degli intervenuti, in rappresentanza di almeno 667/1.000. per altre delibere, infine, (Per esempio quelle aventi per oggetto innovazioni che alterano il decoro architettonico dell’edificio o rendono talune parti comuni dell’edificio inservibili all’uso o al godimento anche di un solo condomino), è richiesto, sia in prima che in seconda convocazione, il voto favorevole di tutti i partecipanti al condominio, in rappresentanza, quindi, di 1.000/1.000. LETTERA R RECINZIONE Recintare uno spazio condominiale destinato a verde per evitare il calpestio dell’erba è atto di ordinaria amministrazione (Corte di Cassazione 21/7/1977, n 4035), che in quanto tale può essere deliberato con il voto favorevole della maggioranza degli intervenuti all’assemblea, in rappresentanza di almeno 500/1.000. Con lo tesso quorum è possibile sostituire una preesistente delimitazione, costituita da paletti uniti da una catena, con una recinzione in rete metallica (Tribunale di Bologna 7/3/2000). Spesa 136 La spesa per la recinzione che delimita le parti comuni, di regola, va suddivisa fra i condomini in base ai millesimi di proprietà. Se però la recinzione delimita anche una proprietà esclusiva, la spesa va ripartita per metà fra tutti i condomini, restando l’altra metà a carico del singolo, che in quanto condomino deve contribuire anche all’altro 50% ( >>Muro, Di confine). Varco Il condomino può aprire un varco nella recinzione condominiale per mettere in comunicazione la propria unità immobiliare con il cortile, a condizione che l’apertura non impedisca agli altri condomini di continuare a usare il cortile come facevano prima (Corte di Cassazione 5/1/2000, n 42), e che la proprietà esclusiva del condomino non sia estranea al condomino. Per evitare possibili vertenze è preferibile munirsi di autorizzazione da parte dell’assemblea. REGALIE L’amministratore non può, di sua iniziativa, fare una regalia d’uso, per esempio al portiere o all’addetto delle pulizie, a nome del codominio; è infatti necessaria una delibera o comunque un atto di ratifica da parte dell’assemblea, non essendo sufficiente l’autorizzazione verbale da parte dei condomini (Tribunale di Roma 21/2/1987 ). REGOLAMENTO Il regolamento contiene le norme, oltre a disciplinare l’uso delle parti e dei servizi comuni, regolano i rapporti fra i componenti la comunità condominiali. Il regolamento è obbligatorio se nell’edificio vi sono più di dieci condomini, ma l’assemblea può decidere d’introdurlo anche se il loro numero è inferiore, purché il documento venga approvato con la prevista maggioranza ( Corte di Cassazione 28/7/1956, n 2957 ). Il regolamento, una volta accettato o approvato dai condomini, ha valore fino a quando non venga modificato; non può, quindi, essere “A termine“. Il regolamento può essere di due tipi: assembleare o contrattuale. Il quarto comma dell’articolo 1138 codice civile stabilisce che le norme del regolamento non possono, in nessun caso (Quindi neppure se si tratta di regolamento approvato o accettato da tutti i condomini. Corte di Cassazione 26/5/1990, n 4905), derogare alle disposizioni degli articoli 1118, secondo comma, 1119, 1120, 1129, 1131, 1132, 1136 e 1137 codice civile, i condomini non sono pertanto tenuti ad osservare le clausole che si pongono in contrasto con taluna di queste disposizioni. Tutte le altre norme, non richiamate dal citato comma, sono invece derogabili. Se i condomini sono più di 10 e l’assemblea non riesce a darsi un regolamento (Non, quindi, sul solo presupposto della sua mancanza, Tribunale di Palermo 26/3/1968), uno o più condomini possono rivolgersi al giudice. Il regolamento giudiziario entra in vigore al momento in cui passa in giudicato (Ossia diventa definitiva) la sentenza che lo ha introdotto (Corte di Cassazione 1/2/1993, n 1218 ). Il regolamento ha efficacia anche nei confronti dei futuri proprietari delle unità immobiliari: si pensi a un compratore o a un erede. Assembleare Il regolamento assembleare (Detto anche interno) è approvato direttamente dall’ assemblea. In questo caso sono gli stessi proprietari che sentono la necessità - oltre che l’obbligo, se sono più di dieci - di darsi delle regole per disciplinare la vita condominiale e per suddividere le spese. Il regolamento assembleare dev’essere approvato, sia in prima ce in seconda convocazione, con il voto favorevole della maggioranza degli intervenuti, in rappresentanza di almeno 500/1.000. Compratore 137 Chi acquista un’unità immobiliare è tenuto a rispettare il preesistente regolamento (Corte di Cassazione 25/7/1977, n 3309). Se però questo contiene limitazioni all’uso che il proprietario può fare delle parti comuni o di quello di proprietà esclusiva - per esempio: divieto di adibire gli appartamenti a determinate attività -, è necessario che sia stato richiamato nell’atto di vendita (anche se non materialmente inserito) e che l’acquirente lo abbia accettato per iscritto, in modo chiaro e inequivocabile (Corte di Cassazione 4/3/1983, n 1645): infatti, solo cosi diventa vincolante. Non è invece necessario che nel rogito venga fatta espressa menzione delle singole clausole (Corte di Cassazione 15/6/1991, n 6768). Se poi il regolamento era stato trascritto presso l’Agenzia del territorio prima dell’ atto di acquisto, diventando cosi di pubblico dominio, va rispettato dall’ acquirente anche se non richiamato nel rogito (Corte di Cassazione 25/10/2001, n 13164). Le limitazioni vincolano l’acquirente indipendentemente dalla trascrizione se egli, nell’atto di acquisto, aveva fatto esplicito riferimento al regolamento dimostrando di essere a conoscenza e di accettare il contenuto (Corte di Cassazione 3/7/2003, n 10523). Se l’acquisto avviene prima che il regolamento venga predisposto, e nell’atto il compratore si è obbligato, genericamente, a rispettarlo, no è detti che debba poi attenervisi; egli, infatti, è obbligato a rispettare il regolamento solo se successivamente vi abbia dato formale e inequivocabile adesione (Corte di Cassazione 16/2/2005, 3104). Contrattuale Il regolamento contrattuale - detto anche esterno in quanto viene di solito predisposto dal conduttore dell’edificio - è quello accettato da tutti i condomini perché contenuto negli atti di acquisto delle singole unità immobiliari. In pratica il costruttore mette a punto il regolamento e le tabelle millesimali, e li consegna agli acquirenti via via che vende loro le unità immobiliari ubicate nell’edificio. In questo modo tutti i condomini sono messi a conoscenza del regolamento e lo accettano. Se il costruttore non provvede ad apprestare il regolamento i condomini non possono pretendere che lo faccia, poiché un obbligo in tal senso non è previsto dall’articolo 1138 codice civile (Corte di Cassazione 23/2/2012, n 2742). Di regolamento contrattuale si parla anche per indicare un regolamento assembleare approvato all’ unanimità da tutti i partecipanti al condominio. Il regolamento contrattuale, proprio perché accettato o approvato all’unanimità, può rendere più severi i limiti posti dalla legge all’uso delle parti comuni e/o limitare i poteri e le facoltà dei condomini sulla parti di cui hanno la proprietà esclusiva: per esempio vietare che gli appartamenti possano essere adibito a determinare attività. Non potrebbe però, in ogni caso, porsi in contrasto con le norme richiamate dal quarto comma dell’articolo 1138 codice civile, in quanto inderogabili. Divieti Divieti e limitazioni possono essere indicati nel regolamento sia in modo specifico, sia con riferimento ai pregiudizi che s’intendono evitare (Corte di Cassazione 13/2/1995, n 1560). In ogni caso le clausole che dovessero introdurre restrizioni all’ uso delle parti comuni o di quelle di proprietà esclusiva devono essere enunciate chiaramente e in modo esplicito, e accettate o approvate dagli interessati. Non sono quindi valide le disposizioni espresse con formulazioni del tutto generica (Corte di Cassazione 26/5/1995, n 1560). In ogni caso le clausole che dovessero introdurre restrizioni all’uso delle parti comuni o di quelle di proprietà esclusiva devono essere enunciate chiaramente e in modo specifico, e accettate o approvate dagli interessati. Non sono quindi valide le disposizioni espresse con formulazione del tutto generica ( Corte d Cassazione 26/5/1990, n 4905). Divieti e limitazioni sulle parti comuni o su quelle di proprietà esclusiva 138 possono essere inseriti in un regolamento assembleare, ma devono essere approvati all’unanimità. Forma La formazione del regolamento condominiale è soggetta al requisito della forma scritta, pena nullità (Corte di Cassazione SS.UU. 30/12/1999, n 943). Lo stesso dicasi della modifica. Impugnazione Il regolamento può essere impugnato da ciascun condomino davanti al giudice entro 30 giorni dall’approvazione (Entro 30 giorni dalla comunicazione per gli assenti). Decorso il termine senza che sia stata proposta impugnazione il regolamento produce i suoi effetti anche nei confronti degli eredi aventi causa (Per esempio: acquirente) dei condomini (Primo comma art. 1107 codice civile ). Modifica Il regolamento è suscettibile di modifica, ma occorre distinguere fra clausole contrattuali e clausole regolamentari. Clausole contrattuali sono quelle che incidono direttamente sulla sfera soggettiva dei condomini: per esempio: prevedono un criterio di ripartizione delle spese diverso da quello stabilito dalla legge, o pongono limiti all’uso che i condomini possono fare delle spese comuni o di quelle di proprietà esclusiva. La modifica di questa parte del regolamento richiede l’unanimità. Sono invece regolamentari le clausole che coinvolgono interessi personali della collettività, come per esempio quelle sulla modalità d’uso e sul funzionamento dei servizi comuni, e in quanto tali possono essere modificate con il voto favorevole della maggioranza degli intervenuti all’assemblea, in rappresentanza di almeno 500/1.000, sia in prima che in seconda convocazione (Corte di Cassazione 14/11/1991, n 12173). Sanzioni E’ compito dell’amministratore far rispettare il regolamento, e se trascura di farlo può essere revocato dall’assemblea. Per le infrazioni al regolamento può essere stabilito, a titolo di sanzione, il pagamento di una somma fino a 200€ (Fino a 800€ in caso di recidiva). La somma è devoluta al fondo di cui l’amministratore dispone per le spese ordinarie (Articolo 70 disp. Codice civile). La sanzione, che può essere prevista dallo stesso regolamento o deliberata dall’ assemblea, non può essere superiore ai suddetti importi, pena nullità ( Corte di Cassazione 21/4/2008, n 10329). Il regolamento dev’essere osservato anche dal conduttore, poiché questi si trova, nei confronti delle norme in esso contenute, nella stessa posizione del condomino-locatore (Corte di Cassazione 21/9/1988, n 5189). Lo stesso dicasi del comodatario (Pret. di Milano 13/3/1986). La stessa Corte di Cassazione (Sentenza n. 10837 del 17/10/1995) ha precisato che un’eventuale sanzione non potrebbe essere irrogata al conduttore poiché questi, pur godendo delle parti comuni dell’edificio, è estraneo all’organizzazione condominiale. Il locatore, però, di fronte alle ripetute violazioni, da parte del conduttore, del regolamento richiamato nel contratto di locazione, ha lo strumento giuridico per riottenere la disponibilità dell’immobile: chiedere al giudice la risoluzione del contratto per inadempimento. Pertanto, il non avere attivato questo strumento lo rende a sua volta inadempiente all’obbligo di rispettare il regolamento e quindi responsabile nei confronti del condominio (Corte di Cassazione 16/5/2006, n 11385). Vendita dell’unità immobiliare La clausola del regolamento che obbliga il condomino a comunicare all’amministratore la vendita dell’appartamento è legittima, in quanto finalizzata a una più spedita e corretta gestione dell’amministrazione condominiale (Corte di Cassazione 21/8/2003, n 12298). RIEPILOGANDO: IL REGOLAMENTO 139 Obbligatorio. Se i condomini sono più di 10. Contrattuale. E’ predisposto dal costruttore e allegato agli atti di acquisto, oppure approvato all’ unanimità dei condomini. Assembleare. E’ approvato dalla maggioranza degli intervenuti all’assemblea, in rappresentanza di almeno 500/1.000, anche in seconda convocazione. Modifica regolamento contrattuale. Consenso di tutti i condomini per modificare le clausole che limitano i diritti dei condomini sulle cose comuni o su quelle di proprietà esclusiva, maggioranza dei partecipanti all’assemblea e almeno 500/1.000 per le altre clausole. Modifica regolamento assembleare. Maggioranza degli intervenuti all’assemblea e almeno 500/ 1.000. Norme. Articolo 1138 codice civile, articoli 68-70 e 72 disp. Att. codice civile. Sanzioni. Fino a 200€ (Fino a 800€ in caso di recidiva). RIFIUTI Un impianto ancora esistente in alcuni edifici condominiali è quello delle canne fumarie ( Condotti di scarico che portano l’immondizia dalle abitazioni o dal ballatoio direttamente al contenitore condominiale ubicato in cantina). La Corte di Cassazione (Sentenza n. 11138 del 26/10/1995) ha stabilito che l’assemblea può, per ragioni igieniche ed economiche, deliberare a maggioranza di sigillare le canne pattumiere. Tassa La ripartizione fra i condomini della TIA (Tariffa igiene ambientale), non rientrando tale esborso fra le spese di manutenzione e gestione delle parti e dei servizi comuni, in quanto relativa alle singole unità immobiliari, di proprietà dei singoli condomini, va ripartita applicando i criteri stabiliti dall’ente impositore (Corte di Cassazione 28/11/2001, n 15131). RISCALDAMENTO Autonomo E’ possibile installare un impianto autonomo di riscaldamento, in aggiunta a quello centralizzato, a condizione di non arrecare il minimo pregiudizio a quest’ultimo (Tribunale di Roma 9/7/1988). Danni Il danno non è solo quello effettivamente prodotto, ma anche quello riconducibile a una situazione di pericolo attuale e non meramente ipotetico, qual è per esempio il cattivo funzionamento di un impianto di riscaldamento autonomo (Corte di Cassazione 25/1/1995, n 870). In presenza di una situazione del genere sia l’amministratore che i condomini possono chiedere l’intervento dei Vigili del fuoco ed eventualmente rivolgersi al giudice per far cessare la situazione di pericolo. Installazione caldaia Prima d’installare la caldaia sul muro condominiale (Intervento che rientra fra i diritti del condomino) ne deve essere data preventiva notizia all’amministratore, specificando i dettagli dell’intervento e la modalità dell’esecuzione. L’amministratore a sua volta, ne riferisce all’assemblea (Secondo comma articolo 1122 codice civile). Se però il regolamento condominiale contrattuale vieta ai condomini di apportare alla facciata qualsiasi modifica, la caldaia non può esservi collocata, ancorché non ne alteri il decoro architettonico (Corte di Cassazione 7/6/2011, n 12291). Vietato 140 anche installare la caldaia nel vano senza scale senza il consenso di tutti gli altri condomini, poiché questo tipo d’intervento fa venir meno la normale e originaria destinazione di questa parte comune (Corte di Cassazione 21/9 /2011, n 19205). Centralizzato <adeguamento normativa antincendio>. La delibera che stabilisce l’adeguamento dell’impianto di riscaldamento alla normativa antincendio può essere adottata con il voto favorevole della maggioranza degli intervenuti all’assemblea, in rappresentanza di almeno 500/1.000 (Corte di Cassazione 22/4/1992, n 4802). Allaccio Il condomino che non l’abbia fatto inizialmente può allacciarsi all’ impianto centralizzato anche se in secondo momento, trattandosi di un bene comune a tutti i condomini (App. di Firenze 21/6/1965 ). Caldaia <locale> Il locale caldaia rientra fra le parti comuni dell’edificio, ai sensi dell’articolo 1117 codice civile, ma la comproprietà può essere esclusa in capo al condomino che non usufruisca del servizio in quanto proprietario soltanto di un negozio escluso dalla tabella millesimale del riscaldamento ( Corte di Cassazione 6/7/1984, n 3966). Il cambio di destinazione del locale caldaia dismesso può essere deliberato con tanti voti che rappresentino i 4/5 dei partecipanti al condominio e i 4/5 del valore dell’edificio (Primo comma articolo 117-ter codice civile). Un condomino non può utilizzare in via esclusiva il locale già sede dell’ impianto centralizzato dismesso, a meno che non venga autorizzato da tutti gli altri condomini. L’assemblea può, con il voto favorevole della maggioranza degli intervenuti, in rappresentanza di almeno 500/1.000 (Non trattandosi d’innovazione), deliberare di concedere il locale caldaia in locazione a uno o più condomini o a terzi, ma soltanto se non sia possibile l’utilizzo diretto da parte dei condomini, neppure attraverso l’istituzione di turni (Corte di Cassazione 22/11/1984, n 6010). Caldaia <Sostituzione>. La sostituzione della caldaia (Altrimenti conosciuta come bruciatore) divenuta inservibile rientra fra gli atti di straordinaria amministrazione; l’intervento, infatti, è diretto a ripristinare la funzionalità dell’ impianto senza alcuna modifica sostanziale e funzionale, e può essere pertanto deliberato con il voto favorevole della maggioranza degli intervenuti all’assemblea, in rappresentanza di almeno 500/1.000. Se invece la sostituzione avviene con altro bruciatore, per esempio a metano anziché a gasolio, si configura un’ innovazione ai sensi del primo comma dell’articolo 1120 codice civile, introducibile in quanto tale con il voto favorevole della maggioranza degli intervenuti all’assemblea, in rappresentanza di almeno 667/1.000. La spesa per la sostituzione della caldaia dev’essere ripartita fra i condomini (Anche quelli che si sono staccati dall’impianto, poiché ciò non fa venir meno la loro comproprietà sullo stesso) in proporzione ai millesimi di proprietà, salvo diverso accordo (Corte di Cassazione 27/10/2004, n 1420). Un criterio alternativo potrebbe essere quello di applicare i millesimi del riscaldamento. Sono invece esonerati dal contribuire alla spesa i proprietari dei locali mai allacciati all’ impianto. Contabilizzatori di calore Il quinto comma dell’articolo 26 della L. 9/1/1991, n 10, e successive modificazioni, stabilisce che per le innovazioni relative all’adozione di sistemi di termoregolazione e di contabilizzazione del 141 calore, e per il conseguente riparto degli oneri di riscaldamento in base al consumo effettivamente registrato, l’assemblea decide con il voto favorevole della maggioranza degli intervenuti, in rappresentanza di almeno 500/1.000. La stessa maggioranza è sufficiente per modificare un criterio precedentemente adottato. Negli edifici dotati di sistema di contabilizzazione del calore appare corretto suddividere la spesa globale di consumo in ragione del 20–50% in base alla superficie radiante di ciascuna unità immobiliare, e per la restante quota tenendo conto del consumo di ciascuna unità. Una soluzione corretta potrebbe essere 30 e 70%. Quanto alle spese di manutenzione e conservazione dell’impianto, ci si deve rifare alla tabella millesimale del riscaldamento. Se l’assemblea ha deliberato l’installazione dei contabilizzazione di calore, alla spesa devono contribuire anche i condomini che non abbiano votato a favore, a meno che gli altri non accettino di esonerali, ferma restando l’applicazione dei misuratori anche nelle loro unità immobiliari. Il decimo comma dell’ articolo 4 del DPR 2/4/1959, n 59, stabilisce che negli edifici con oltre 4 unità abitative, appartenenti alle categorie E1 (Edifici adibiti a residenza e assimilabili) ed E2 (edifici adibiti ad uffici ed assimilabili), cosi come classificati in base alla destinazione d’uso dell’articolo 3 del DPR 26/8/1993, n 42, in caso d’installazione o di ristrutturazione dell’impianto termico devono essere realizzati gli interventi necessari per permettere, se tecnicamente possibile, la contabilizzazione e la termoregolazione del calore per singola unità abitativa. La data d’installazione dei contabilizza tori di calore è fissata con legge regionale. Per la Lombardia, per esempio, l’articolo 17, lett. c), della L. R. n 3 del 21/2/2011 stabilisce che l’introduzione dovesse avvenire entro l’1/8/2012 per le caldaie di maggiore potenza e vetustà, e dall’inizio di ciascuna stagione termica dei 2 anni successivi a detta scadenza per le caldaie di potenza e vetustà progressivamente inferiore. Danni Se un condomino riceve un danno dalla cattiva conduzione dell’ impianto di riscaldamento, gestito in appalto da terzi, il condominio non è esente da responsabilità se il danno trae origine, per esempio, dalle condizioni del locale caldaia, preesistenti alla consegna del locale all’appaltatore del servizio (App. Roma 11/5/1977). Distacco. A meno che non lo vieti un regolamento contrattuale, il condomini può rinunciare all’impianto centralizzato di riscaldamento, anche senza autorizzazione dell’assemblea, e distaccare le diramazioni della propria unità immobiliare dall’impianto comune, ma deve, provare che dal distacco non derivino notevoli squilibri di funzionamento o aggravi di spesa per gli altri condomini. Il rinunciante è comunque tenuto a contribuire alle spese per la manutenzione straordinaria dell’impianto e per la sua conservazione e messa a norma (IV° comma articolo 1118 codice civile), a meno che non venga esonerato da tutti gli altri condomini. Non è invece tenuto a contribuire alla spesa richiesta del funzionamento dell’ impianto: per esempio quella per l’acquisto del combustibile (Corte di Cassazione 27/1/2004, n 1420). Non rientrano fra gli squilibri termici idonei sul suddetto fine (ha precisato la Corte di Cassazione con sentenza n. 11857 del 27/5/2011) - le riduzioni di temperatura assimilabili a quelle che potrebbero verificarsi nelle unità immobiliari prossime all’appartamento distaccato a causa del non uso dell’impianto da parte del proprietario. La delibera dell’assemblea che respinge la richiesta di autorizzazione al distacco in presenza di presupposti di legge sarebbe nulla per violazione del diritto individuale del condomino sulla cosa comune (Corte di Cassazione 30/3/2006, n 7518). Se invece le suddette condizioni non sussistono, è necessario il consenso di tutti gli altri condomini serviti dall’ impianto (devono essere d’accordo anche i conduttori, tribunale di Napoli 24/9/1987 ). 142 Unanimità di consensi anche se il distacco determina uno squilibrio eliminabile soltanto attraverso un aggravio dei costi a carico dei condomini che continuano a servirsi dell’ impianto, o se l’obbligo di contribuire comunque alla spesa è sancito da un regolamento contrattuale (Corte di Cassazione 4/ 8 /1954, n 2685). Per evitare discussioni è opportuno, dopo aver accertato l’esistenza delle condizioni che rendono possibile il distacco, che questo venga eseguito da un tecnico alla presenza dell’amministratore, e che dell’operazione venga redatto un verbale formato dai presenti, da conservare agli atti del condominio. Guasto L’assemblea può, ma soltanto all’unanimità (Corte di Cassazione 29/7/1994, n 7141), deliberare di rinunciare a riparare e quindi ripristinare l’impianto che si sia guastato. La stessa Corte di Cassazione (Sentenza n. 1302 del 7/2/1998 ) ha sancito la nullità della delibera con la quale l’ assemblea aveva, a maggioranza, stabilito di non eseguire i lavori di manutenzione e adattamento dell’ impianto, perché ritenuti economicamente troppo onerosi. Introduzione del servizio Se l’introduzione del servizio d riscaldamento, riferita alle caratteristiche e alla situazione logistica dell’edificio condominiale, non è riguardabile come innovazione gravosa o voluttuaria, il condominio non può sottrarsi, poiché a fronte della maggiore spesa a suo carico vi è un obiettivo miglioramento delle condizioni di utilizzabilità del bene (Corte di Cassazione 24/6/1993, n 7001). Locazione se i condomini hanno deliberato di dismette l’ impianto centralizzato, il conduttore può agire, anche con richiesta di provvedimento d’urgenza, per ottenere che il locatore fornisca l’immobile d’idoneo impianto autonomo, se dal contratto risulta che ha dritto al servizio di riscaldamento per l’intero periodo della locazione (Pretore di Roma 3/3/1992). Il conduttore non può invece pretendere il mantenimento dell’impianto centralizzato (Pretore di Salerno 30/11/1991), può impugnare la delibera con la quale l’assemblea disponga la sospensione o addirittura la soppressione del servizio, essendo egli estraneo al rapporto intercorrente fra il condomino-locatore e il condominio. Può però chiedere i danni al locatore (Tribunale di massa 7/11/1983). I conduttori di appartamenti ubicati in edificio con unico proprietario possono gestire direttamente il servizio di riscaldamento, ma con l’ autorizzazione del locatore, poiché il loro potere di decisione è limitato alle spese e alla modalità di gestione del servizio, non alla gestione in sé (Corte di Cassazione 3/4/1990, n 2762). Modifiche Il condominio non può apportare modifiche alla parte dell’impianto condominiale di pertinenza del suo appartamento, se l’intervento impedisce o riduce l’utilizzo dell’impianto da parte degli altri condomini, come nel caso in cui si dovesse interrompere il percorso delle tubature ( Corte di Cassazione 2/5/1996, n 4023). Orario di accensione Il periodo di accensione degli impianti di riscaldamento centralizzato, l’orario giornaliero di funzionamento e la temperatura massima degli ambienti sono stabilito dal DPR 26/8/1993, n 1993, n 412. A questo fine il territorio nazionale è diviso in sei >>Zone climatiche. L’orario di accensione può essere frazionato in due o più sezioni. Le prime ore del mattino o quelle serali, essendo le più fredde, non possono essere escluse dal periodo di accensione (Giu.pa Bari 10/10/1989), mentre di regola l’impianto rimane inattivo dalle 22 alle 6, per evitare immissioni rumorose. Questa fascia oraria non è prevista dalla legge ma dettata dal buonsenso, per cui ben può essere diversa in zone 143 particolarmente fredde. Se una sentenza ha stabilito l’accensione notturna dell’impianto per assicurare a un condomino un’erogazione di calore pari a quella fruita dagli altri, l’assemblea può ugualmente deliberare lo spegnimento dell’impianto in queste ore, ma a condizione che siano posti in essere accorgimenti tecnici tali da assicurare al condomino lo stesso calore previsto dal provvedimento giudiziario (Corte di Cassazione 17/11/1990, n 11124). L’orario di accensione è generalmente deciso dall’ assemblea, che può delegare il compito all’ amministratore o a un condomino, allo scopo di conferire maggiore flessibilità alla conduzione dell’impianto in relazione all’andamento della stagione. Se però l’assemblea ha stabilito un orario giornaliero e non ha autorizzato l’amministratore a derogarvi, questi non può modificarlo. Se non si trova accordo sull’orario di accensione dell’impianto, ci si deve rivolgere al Giudice di pace. Il sesto comma, lett. e), dell’articolo 19 del DPR 26/8/1993, n 412, stabilisce che gli impianti centralizzati, da qualsiasi potenza, dotati di apparecchi per la produzione di calore con valori minimi di rendimento non inferiori a quelli richiesti per i generatori di calore, installati a patire dal 29/10/1993 e dotati di gruppo termoregolatore pilotato da una sonda di rilevamento della temperatura esterna con programmatore che consenta la regolazione almeno su due livelli nell’arco delle 24 ore, possono essere condotti in esercizio continuo. E’ però necessario che il programmatore giornaliero venga tarato e sigillato per il raggiungimento di una temperatura degli ambienti pari a 16 gradi centigradi con una tolleranza di 2 gradi, nelle ore al di fuori della durata giornaliera di attivazione prevista al secondo comma dello stesso articolo e variabile a seconda della climatica in cui è ubicato l’edificio. Il secondo comma dell’articolo 9 del decreto 412–1993 sopra richiamato stabilisce che, al di fuori dei periodi indicati – anche variabili a seconda della zona climatica in cui è ubicato l’edificio -, gli impianti possono essere attivati solo in presenza di situazioni climatiche che giustifichino l’esercizio, e comunque con una durata giornaliera non superiore alla metà di quella consentita a pieno regime. Il successivo articolo 10 prevede che, in deroga a ciò, il Sindaco, su conforme delibera immediatamente esecutiva della Giunta Comunale, possa ampliare, a fronte di comprovate esigenze, i periodi annuali di esercizio e la durata giornaliera di attivazione degli impianti, sia per i centri abitati sia per i singoli immobili. Tabella L’amministratore deve esporre presso l’impianto centralizzato una tabella con l’indicazione sia del periodo annuale di funzionamento che dell’ orario giornaliero di attivazione prescelto, nonché delle generalità e del domicilio del responsabile dell’esercizio e della manutenzione. Radiatori Se in un appartamento il numero ei radiatori allacciati all’impianto centrale è inferiore a quello degli attacchi predisposti, è possibile collegare i residui elementi, ma a condizione che non vi sia stata rinuncia al diritto di usare l’impianto comune, o non risulti che i limiti di utilizzazione del servizio sono stati raggiunti con l’installazione dei radiatori già funzionanti (Corte di Cassazione 24/11/1973, n 3185). Il condomino può essere autorizzato dall’assemblea ad aumentare la superficie radiante del proprio appartamento, se del caso a fronte del pagamento di una somma a titolo di conguaglio di quanto a suo tempo versato per l’allaccio, somma da dividere fra gli altri condomini in base alla superficie radiante della rispettiva unità immobiliare. L’aumento della superficie radiante non è consentito se pregiudica il diritto degli altri condomini (Corte di Cassazione 24/11/1973, n 3185). In mancanza di un regolamento contrattuale che disponga altrimenti, alle spese richieste dall’eliminazione dell’aria nei radiatori e dalla loro disincrostazione, 144 deve provvedere il singolo condomino, poiché proprietario dei radiatori – tribunale di Milano 6/4/1992). Con una recente sentenza (n 19616 del 12/11/2012), però, la Corte di Cassazione ha stabilito che alla manutenzione dei radiatori (Quindi anche alle suddette operazioni) deve provvedere il condominio, in modo che ai condomini sia garantito o stesso grado di efficienza dell’ impianto. Il condomino non può chiudere i radiatori del proprio appartamento al solo fine, per esempio, di far diminuire la temperatura nella soprastante unità immobiliare. Questo comportamento, peraltro difficile da provare trattandosi di dimostrare sia la mancanza di utilità per chi lo pone in essere, sia l’intenzione di nuocere al vicino, è riguardabile come atto di emulazione e quindi illegittimo ai sensi dell’articolo 833 codice civile. Il condomino non può sottrarsi alla spesa per il riscaldamento facendo sigillare i radiatori, neppure per una parte del periodo di accensione, e meno che non venga autorizzato da tutti gli altri condomini. Né può sostituire i radiatori che l’innovazione incide negativamente sul rendimento dell’impianto condominiale (La circostanza può essere verificata attraverso una perizia). Ricostruzione. La demolizione dell’impianto e la sua ricostruzione in altro luogo con caratteristiche diverse per adeguarlo alla legge costituiscono innovazione e non opera di manutenzione straordinaria. Richiede pertanto il voto favorevole della maggioranza degli intervenuti all’assemblea, in rappresentanza di almeno 667/1.000 (Corte di Cassazione 9/4/1980, n 2288). Rumori Il condominio è obbligato ad eliminare le immissioni rumorose prodotte dall’ impianto centralizzato, se sono tali da superare la normale tollerabilità: circostanza verificabile attraverso una perizia fonometrica. Dimostrando l’intollerabilità delle immissioni si è ammessi a chiedere il risarcimento del danno non patrimoniale (Corte di Cassazione 18/2/2010, n 3906), eventualmente quantificato dal giudice in via equitaria, sulla base di un importo che non può comunque essere meramente simbolico (App. di Milano 18/9/1990). Sicurezza Ciascun condomino o conduttore può richiedere a proprie spese che, a cura delle competenti Autorità (Il Comune nelle città con più di 40.000 abitanti, le Province negli altri casi), sia verificata l’osservanza delle disposizioni di legge in materia di sicurezza dell’impianto. Soppression La delibera con la quale l’assemblea decida soltanto la soppressione dell’ impianto centralizzato, e che anche la sua trasformazione in impianti individuali a gas, adottata con un numero di voti corrispondenti a 334/1.000 ai sensi dell’articolo 26 della L. 9/1/1991, n 10, e successive modificazioni, è nulla; questo tipo di decisione, infatti, non rientra tra quelle ammesse a fruire della maggioranza agevolata prevista da questa legge, ma richiede l’unanimità dei consensi (App Torino 4/9/1998). Spese. Per la suddivisione delle spese richieste dall’ impianto centralizzato (Dal combustibile all’energia, dalla manutenzione alle piccole riparazioni) si possono seguire tre diversi criteri. 1< la superficie irradiata, ossia la dimensione dell’unità immobiliare espressa in metri quadrati. Questo metodo, molto diffuso, non è corretto e i vari piani hanno altezze diverse: i locali con il soffitto più alto, infatti, devono essere riscaldati di più. 2< la cubatura dei locali, ossia tenendo conto anche 145 dell’altezza delle parerti oltre che delle dimensioni dell’unità immobiliare. 3< la superficie radiante, vale a dire il numero e la dimensione degli elementi (Radiatori) installate nelle varie unità immobiliari. Questo criterio presenta alcuni inconvenienti. Il primo riguarda i caloriferi: se sono tutti dello stesso tipo, non c’è alcun problema, ma se i radiatori sono diversi, bisogna tenere conto anche delle loro caratteristiche tecniche. L’applicazione del criterio, inoltre, obbliga a una vigilanza continua, perché qualche condomino potrebbe, per esempio, aggiungere nuovi elementi, oppure installare di nascosto caloriferi con caratteristiche tecniche diverse da quelle standard, finendo cosi per consumare più di quanto gli viene addebitato. La giurisprudenza propone per l’applicazione di quest’ultimo criterio: più elementi radianti si hanno, più si paga. Questo criterio è ritenuto conforme a quello dettato dal secondo comma dell’articolo 1123 codice civile, per il quale se si tratta di cose destinate a servire i condomini in misura diversa le spese sono ripartite in proporzione all’uso che ciascuno può farne. È molto seguito anche il criterio misto: metà della spesa ripartita in base alla cubatura, e l’altra metà in base alla superficie radiante. Il criterio di suddivisione della spesa previsto dal suddetto articolo può essere modificato solo con il consenso di tutti i condomini (Corte di Cassazione 16/11/1991, n 12307). Poiché l’obbligo di contribuire alla spesa prescinde dall’effettivo utilizzo del servizio, deve pagare la bolletta del riscaldamento anche chi tiene l’appartamento sfitto o passa l’inverno altrove, salvo che gli altri condomini, all’unanimità, non lo dispensino in tutto o in parte. Per stabilire se il proprietario di un appartamento o di un locale non servito dal riscaldamento è tenuto o meno a concorrere alle spese di manutenzione dell’impianto occorre distinguere. Se l’impianto esisteva prima della formazione del condominio, ed è potenzialmente idoneo a scaldare l’appartamento o il locale. Il condomino dev’essere considerato comproprietario dell’impianto e quindi tenuto a concorrere alle spese di manutenzione, indipendentemente dal fatto che nei suoi locali vi siano o no diramazioni dell’impianto (Corte di Cassazione 23/5/1990, n 4653). Sulla stessa linea interpretativa la Corte d’Appello di Trieste, che con sentenza del 24/5/1985 ha considerato la centrale termica comune anche al proprietario di uno scantinato destinato a magazzino, ancorché non servito dall’ impianto, poiché questo era tale da consentire, senza modifica alcuna e senza alcuna anormalità di gestione tecnica della caldaia, l’erogazione del calore anche al locale. In seguito, però, la Corte di Cassazione, con riferimento alla spesa richiesta dalla sostituzione della caldaia (Sentenza n. 1420 del 27/1/2004), ha stabilito che, se nell’edificio condominiale vi sono locali – come cantine e garage – non serviti dall’ impianto centralizzato, i condomini che siano proprietari soltanto di questi non sono contitolari dell’ impianto centralizzato, non essendo questo legato da una relazione di accessorietà, cioè da un collegamento strumentale, materiale e funzionale al loro uso o al loro servizio. Di conseguenza, vengono meno il presupposto per l’attribuzione della proprietà comune dell’impianto, viene meno anche l’obbligo di contribuire alle spese per la sua conservazione. Locazione Se il conduttore non paga il riscaldamento l’amministratore non può agire giudizialmente nei suoi confronti ma deve richiedere il pagamento al condomino-locatore, che può a sua volta rivalersi neon confronti del conduttore moroso (Corte di Cassazione 14/7/1988, n 4606 ). Teleriscaldamento Il teleriscaldamento - dal greco tele, che significa lontano - è una tecnologia che consente di utilizzare il vapore o l’acqua calda prodotta da una centrale elettrica o da una fonte sulfurea, per il riscaldamento di edifici - o d’interi quartieri, a seconda della potenza dell’ impianto - situati a 146 distanza, anche considerevole, dal luogo di produzione, con conseguente risparmio nei costi e riduzione del tasso d’inquinamento. Se la spesa è molto gravosa (Circostanza da verificare in concreto, in relazione allo stato dei luoghi), i condomini che non intendono trarne vantaggio sono esonerati dal contribuirvi; si tratta, infatti, di un impianto suscettibile di utilizzazione separata. Provare l’onerosità dell’intervento è a carico di chi lo contesta. I condomini che non abbiano aderito, e loro eredi o aventi causa (Per esempio gli acquirenti delle unità immobiliari) possono però, in qualunque momento, partecipare ai vantaggi dell’innovazione, contribuendo alle spese di manutenzione e di esecuzione dell’opera, opportunamente rivalutate. Temperatura L’articolo 4 del DPR 26/8/1993, n 12, stabilisce che, durante il periodo di accensione, la media aritmetica delle temperature dell’aria nei diversi ambienti di ogni singola unità immobiliare non deve superare i 20 gradi, con una tolleranza massima di 2 gradi. Negli edifici adibita ad attività industriale, invece, la norma è 18 gradi, con possibilità di escursione fra i 16 e i 20 gradi. Se il valore medio è rispettato può accadere che in un ambiente di temperatura sia costantemente superiore alla media. Il mantenimento della temperatura entro questi limiti dev’essere ottenuto con accorgimenti che non comportino spreco di energia. Insufficiente Se la temperatura se la temperatura in un appartamento è insufficiente, in primo luogo occorre verificare, attraverso una perizia, se l’inconveniente è causato da un difetto di costruzione dell’impianto, da una diminuzione della sua efficienza o da una gestione non corretta. Nel primo caso la responsabilità non può essere fatta risalire al condominio e il proprietario dovrà pertanto rivalersi nei confronti del venditore o del costruttore, sempre che non sia intervenuta prescrizione dell’ azione. Negli ultimi due casi, invece, si può invitare l’amministratore ad attivarsi per la rimozione dell’inconveniente: per esempio, attraverso un aumento della superficie radiante. Se, nonostante le modifiche tecniche, il disagio permane, si può chiedere al giudice una protrazione dell’orario di avversione, ma nell’ambito della fascia stabilita dalla legge (Tribunale di Milano 25/ 5/1992). Questa possibilità incontra dei limiti: il prolungamento dell’ orario, infatti, dev’essere consentito dalle caratteristiche dell’impianto e non deve recare pregiudizio agli altri condomini. Le maggiori spese per il più intenso funzionamento dell’impianto, anche in relazione all’eventuale deterioramento, sono a carico del condomino beneficiario, che dovrà accollarsi anche l’eventuale spesa necessaria per la messa in opera di strumenti o accorgimenti tecnici finalizzati a evitare un eccesso di calore negli altri appartamenti. Se la temperatura è insufficiente non si può rifiutare di contribuire alla spesa, né ci si può autoridurre il contributo; neppure si può pretendere la restituzione dei contributi versati durante il periodo in cui il riscaldamento era insufficiente, dal momento che il servizio, ancorché entro certi limiti, è pure sempre stato erogato ( Corte di Cassazione 31/5/2006, n 12956). È invece possibile agire giudizialmente per ottenere il risarcimento degli eventuali danni (Corte di Cassazione 28/8/2002, n 12596). Il riscaldamento è un servizio strettamente collegato alla salute di chi abita l’edificio, per cui non solo il proprietario, ma anche il conduttore, possono chiedere al giudice un provvedimento d’urgenza per i necessari interventi. Trasformazione. Da centralizzato ad autonomo La trasformazione dell’impianto di riscaldamento da centralizzato in impianti autonomi unifamiliari può essere adottata con un numero di voti pari ad almeno 334/1.000 (Secondo Comma articolo 26 147 della L. 9/1/1991, n 10). Questa maggioranza ridotta, introdotta per favorire il risparmio energetico e quindi a tutela di un interesse superiore a quello del condominio, prevale sull’eventuale più elevata maggioranza prevista dal regolamento, ancorché contrattuale. La delibera è valida anche se non accompagnata dal progetto delle opere corredato dalla relazione tecnica di conformità di cui al primo comma dell’articolo 28 della suddetta legge, attenendo tale progetto alla successiva fase di esecuzione della delibera (Corte di Cassazione 29/1/2002, n 1166). La delibera è però illegittima se non contiene alcun riferimento al rispetto delle prescrizioni per la riduzione dei consumi energetici dettate dalla legge (Corte di Cassazione 26/5/1999, n 5117). La spesa richiesta dell’installazione della canna fumaria alla quale i condomini sono tenuti ad allacciare il rispettivo impianto per lo smaltimento dei fumi dev’essere ripartita tra tutti i condomini, in proporzione ai millesimi di proprietà, con la minoranza dissenziente che non può pretendere di mantenere in esercizio il dismesso impianto, rivolgendosi una tale eventualità in un dispendio maggiore di energia, anziché in un risparmio come perseguito dalla legge n. 10-1991 (Corte di Cassazione 21/11/2008, n 27822). La Suprema Corte ha precisato che la spesa richiesta dall’installazione e dalla manutenzione delle camne fumarie occorrenti al funzionamento degli impianti autonomi installati in seguito alla trasformazione dell’impianto centralizzato fa carico a tutti i condomini e non ai soli utilizzatori, motivando con il fatto che il passaggio dell’impianto centralizzato agli impianti autonomi consente il risparmio energetico prescritto dalla legge. Da gasolio a metano La trasformazione dell’impianto centralizzato di riscaldamento da gasolio a metano costituisce innovazione ai sensi del primo comma dell’articolo 1120 codice civile; per la sua introduzione, quindi, è richiesto il voto favorevole della maggioranza degli intervenuti all’assemblea, in rappresentanza di almeno 667/1.000 (Corte di Cassazione 18/5/1994, n 4831). Dimostrando, però, che questo tipo d’intervento consente un risparmio energetico, ci si potrebbe rifare al secondo comma dell’articolo 26 della L. 10-1991, che considera valida la delibera adottata con un numero di voti pari ad almeno 334/1.000. Tubi La spesa per la sostituzione dei tubi dell’impianto centralizzato fa carico, fino al punto di diramazione ai locali delle singole unità immobiliari, al condominio, con i condomini chiamati a contribuirvi in proporzione ai millesimi di proprietà. Per il tratto successivo, invece, la spesa è a carico esclusivo del proprietario dell’unità immobiliare. Se però l’impianto è in una situazione d’inscindibilità materiale o funzionale con i componenti installati nelle singole unità immobiliari (Per esempio perché realizzato con serpentine inserite nei solai), l’assemblea può validamente deliberare che anche la spesa richiesta dalla loro riparazione venga ripartita in base ai millesimi di proprietà (Corte di Cassazione 5/2/1983, n 960). Se i tubi dell’impianto condominiale attraversano un locale che non usufruisce del servizio, il proprietario di questo non è tenuto a contribuire alle spese di riscaldamento, perché tale ipotesi non da luogo a una comproprietà dell’impianto ma a un rapporto di servitù di conduttura di liquidi a favore del condominio e a carico del condomino (Corte di Cassazione 20/1/1982, n 369), servitù per la cui costruzione è necessaria la forma scritta (Corte di Cassazione 12/2/1988, n 1523). Urgenza L’esistenza di un pericolo imminente e irreparabile per la salute dei condomini, a causa della mancata attivazione dell’impianto di riscaldamento, unitamente ai particolari rigori della stagione 148 invernale, sono stati ritenuti dal Pretore di Molfetta (Sentenza del 23/12/1988) presupposti validi per l’emanazione di un provvedimento d’urgenza) ordinanza dell’11/12/1980 ) ha un provvedimento d’urgenza autorizzato il condomino a provvedere direttamente all’accensione poiché l’amministrazione non vi aveva fatto luogo. Zone climatiche Ai fini del riscaldamento l’Italia è suddivisa in sei zona climatiche: dalla A, che raccoglie le località più temperate, alla F, che raggruppa quelle più fredde. A ognuna di queste zone corrisponde una diversa durata sia per il periodo annuale di accensione degli impianti, sia dell’orario giornaliero. L’unità di misura utilizzata sono i gradi-giorno, costituiti dalla somma delle differenze fra la temperatura dell’ambiente riscaldato, convenzionalmente fissata in 20°C, e la temperatura media giornaliera esterna. Il calcolo viene effettuato per tutti i giorni del periodo annuale di accensione del riscaldamento: più alto è il numero dei gradi-giorno, più rigido è il clima e quindi più lungo il periodo di accensione del riscaldamento. Al di fuori di tali periodi gli impianti possono essere attivati solo in presenza di situazioni climatiche che ne giustifichino l’esercizio, e comunque per una durata giornaliera non superiore alla metà di quella consentita a pieno regine (Secondo comma articolo 9 DPR 26/8/93, n 412). In deroga a ciò il Sindaco, su conforme delibera immediatamente esecutiva della Giunta Comunale, può ampliare, a fronte di comprovate esigenze, i periodi annuali di esercizio e la durata giornaliera di attivazione degli impianti, sia per i centri abitati che per i singoli immobili (Articolo 10 stesso decreto). La zona climatica di appartenza degli 8.191 Comuni italiani è consultabile sul sito www.eurometeo.com. RISCALDAMENTO: IL RISCALDAMENTO Prolungamento accensione. Ammessa in caso di particolari situazioni climatiche, ma la durata giornaliera non può essere superiore alla metà di quella consentita a pieno regime. Ulteriore proroga può essere disposta dal Sindaco. Temperatura Non può superare i 22 gradi. Distacco E’ possibile, a patto che non ci sia un aggravamento di spesa per gli altri condomini, né uno squilibrio termico per l’edificio. Chi si stacca deve comunque partecipare alle spese di manutenzione straordinaria dell’impianto e a quelle di conservazione e messa a norma. Contabilizzatori di calore Possono essere introdotti con il voto favorevole della maggioranza degli intervenuti all’assemblea in rappresentanza di almeno 500/1.000. Trasformazione. La trasformazione da centralizzato in impianti autonomi può essere deliberata con tanti voti che rappresentino almeno 334/1.000. Soppressione. Occorre il consenso di tutti i condomini. Spese di gestione. Vanno ripartite fra i condomini in base al numero e alla dimensione dei radiatori, oppure considerando anche la cubatura dei locali. Spese straordinarie. Ripartite in base ai millesimi di proprietà. Norme. Articolo 1118 codice civile, articolo 26 L. n 10/1991. RUMORI I rumori sono, nell’ambito delle >>Immissioni, tra le cause più frequenti di dispute condominiali: il televisore con il volume troppo alto, l’hi-fi che scarica all’esterno tutta la potenza dei suoi watt, i 149 giochi dei bambini, ma anche scarpe con tacchi a spillo indossate in camera da letto, o, peggio, zoccoli di legno calzati regolarmente durante le faccende domestiche. La legge quadro 26 –10– 1995, n 447, è la fonte normativa che ha stabilito i principi fondamentali in materia, mentre il Decreto del presidente del consiglio dei ministri 1/3/1991, che fissa i limiti massimi di esposizione al rumore nelle abitazioni e al’esterno. Il fatto, però, che le immissioni rumorose non superino il limite di accessibilità previsto dalla normativa in materia d’inquinamento acustico e ambientale, non esclude che possano essere intollerabili ai sensi dell’articolo 844 codice civile (Corte di Cassazione 17/1/2011, n 939, con riferimento a un ventilatore installato su di un muro comune a due appartamenti adiacenti << Condizionatore d’aria, Rumori, e Immissioni, Lavori). Campane Le campane della parrocchia che suonano troppo spesso possono provocare danni non patrimoniali, con conseguente obbligo, in capo al parroco, di risarcirli e di ricondurre le immissioni rumorose nel limite massimo di tre decibel oltre la soglia del rumore di fondo. Durante il periodo necessario all’adozione dei necessari accorgimenti tecnici, l’uso delle campane dev’essere limitato ai momenti liturgici della celebrazione della sola messa e delle festività natalizie e pasquali, limitando la durata dello scampanio ad un massimo di 20 secondi (Tribunale di Chiavari 9/8/2008, n 373). La stessa durata massima è stata stabilita dal Tribunale di Roma (Ordinanza del 9/5/2011) con riferimento alle campane suonate Alle 7 del mattino. Decibel L’unità di misura del rumore è il decibel: più decibel produce un’immissione rumorosa, più è fastidiosa. I giudici, però, nell’identificare la “soglia“ oltre la quale il rumore è da considerarsi intollerabile, non si sono pronunciati in modo univoco; ciò in quanto si deve far riferimento anche alle condizioni ambientali e alla “rumorosità di fondo“ della zona, ossia a quel complesso di suoni, di origine varia e spesso non identificabile, continui e caratteristici della zona medesima, sui quali s’innestano, di volta in volta, rumori più intensi (Voci, veicoli, ecc.): più elevato è il rumore di fondo, più alta è la soglia del rumore nell’ambiente considerato. Si deve poi tener conto, oltre che dell’intensità del rumore, anche della ripetizione e della durata (Tribunale di Padova 20/9/1984); cosi la Corte di Cassazione (Sentenza del 3/8/2001) ha dato ragione a un condomino che protestava per il disturbo arrecatogli dalle lezioni di piano impartite da un vicino di casa tutti i pomeriggi dalle 16 alle 20. La Suprema Corte non si è limitata a verificare che la normale tollerabilità era stata superata di 3 decibel, ma ha stabilito che l’immissione, ripetuta tutti i giorni, incideva seriamente sul diritto del condomino ad usare la camera da letto per riposare. Per la Corte d’appello di Cagliari (Sentenza del 2/6/1993) il limite di tollerabilità deve ritenersi superato quando i rumori abbiano un’intensità di oltre 25 decibel per le camere da letto, e di otre 30 decibel per gli altri ambienti. Per il tribunale di Como (Sentenza del 21/5/1996) e per quello di Catania (Sentenza del 13/12/2001) il principio da seguire per determinare la tollerabilità del rumore è quello del mancato superamento della soglia dei 3 decibel oltre del rumore di fondo, criterio seguito anche dal Tribunale di Venezia con ordinanza del 4/10/2004, mentre il Pretore di Milano (Sentenza del 22/12/1992) ha considerato illecite le immissioni tra appartamenti in condominio che superino il rumore all’interno dell’ambiente di 5 decibel durante il periodo diurno e di 3 decibel durante il periodo notturno. La Corte di Cassazione (Sentenza n. 4963 del 4/4/2001) ha ritenuto prevalente il regolamento contrattuale di condominio, che poneva il divieto di compiere attività che alterassero la condizione di “tranquillità“ dei condomini, su quello di esercitare un’attività economica (nel caso in 150 questione si trattava di una birreria). I casi portati all’attenzione dei giudici hanno riguardato, fra gli altri, i rumori provenienti dall’impianto di riscaldamento e da una sottostante officina (Con conseguente obbligo di isolare il rispettivo solaio, a carico dell’affittuario se è questi a svolgervi l’attività, Corte di Cassazione 7/3/1972, n 651), dal cattivo funzionamento dell’autoclave, dal meccanismo di chiusura del portone d’ingresso, dall’auto lasciata di notte nel cortile condominiale per molto tempo con il motore acceso. Chi ha interesse a far cessare le immissioni prodotte da un’attività rumorosa svolta fuori dall’orario stabilito dall’autorità non è tenuto a dimostrare che esse superano la normale tollerabilità; questa indagine è, infatti, irrilevante, potendosi comunque ottenere la sospensione dell’attività svolta in ore non consentite (Corte di Cassazione 8/7/1993). Sempre la Corte di Cassazione (Sentenza n. 8271 del 14/8/1990) ha ravvisato la violazione anche nell’uso, da parte di un vicino, dell’elicottero in un’amena zona residenziale. Oratorio La normativa dettata dall’articolo 844 codice civile sulle immissioni è applicabile anche alle strutture parrocchiali sportive e ricettive, per cui il parroco è tenuto ad adottare accorgimenti idonei a contenere le immissioni rumorose eccedenti la normale tollerabilità, provenienti da tali strutture, per esempio riducendo l’orario di apertura (Corte di Cassazione 31/1/2006, n 2166 ). Per restare in ambito sportivo, il Tribunale di Roma (L’ordinanza del 9/6/2009) ha stabilito che l’attività sportiva rumorosa praticata in campo sportivo adiacente all’edificio condominiale può svolgersi soltanto dalle 10 alle 13 e dalle 16 alle 20. Reato I casi più gravi d’immissioni possono dar luogo al reato di disturbo delle occupazioni o del riposo delle persone, punito dall’articolo 659 codice penale con l’arresto fino a 3 mesi o con l’ammenda fino a 309 euro (Ammenda da 103 e 516 euro a chi esercita una professione o un mestiere rumoroso contro le disposizioni della legge o le prescrizioni dell’autorità -. Affinché scatti il reato non è sufficiente che i rumori arrechino disturbo ai soli occupanti di un appartamento, neppure se si tratta di quello sottostante (Corte di Cassazione 23/4/2002, n 17825), o di più appartamenti contigui (Corte di Cassazione 19/3/2002, n 17670), ma devono coinvolgere nel fastidio anche altre persone abitanti nel condominio o nelle zone circostanti, anche se a lamentarsene sia una soltanto, altrimenti l’illecito è soltanto civile e in quanto tale va inquartato fra i rapporti di vicinato (Corte di Cassazione 28/3/1995, n 3348). Cosi, non è stato ritenuto sufficiente a realizzare il reato di fatto che i rumori provenienti da un appartamento si propagassero a quelli vicini (Da cui si avvertivano “rumori di gioco di pallone e di qualche sedia che cadeva davanti ai bambini“ Corte di Cassazione 19/10/1993), poiché non erano d’intensità tale da disturbare le occupazioni o il riposo delle persone. L’assenza di reato non esclude naturalmente l’applicazione della normativa sulle immissioni (Corte di Cassazione 13/12/2007). Il tribunale di Genova (Sentenza n. 604 del 2/3/2004) ha ravvisato l’esistenza del reato anche nel disturbo di una sola persona, mentre la Corte di Cassazione, con riferimento ai latrati di cani (Sentenza n. 36241 dell’8/7/2004), ha stabilito che ciò che rileva ai fini del reato non è il disturbo effettivo di una pluralità di persone ma la potenzialità diffusiva della fonte rumorosa, al di là, quindi, del numero di persone che risultino concretamente disturbate dai rumori molesti. L’esistenza del reato dev’essere accertata, caso per caso, da una perizia fonometrica finalizzata a misurare l’intensità e la durata dei rumori: la si può chiedere ad una delle agenzie Regionali per la protezione dell’ambiente: per esempio www.arpalombarda.it, www.arpalazio.it – www.arpa.sicilia.it. Vi è reato se la sirena di allarme, in 151 seguiti a manomissioni del veicolo, rimane in funzione per un periodo del tempo e con un’intensità tali da superare il limite della normale tollerabilità, disturbando cosi la quiete pubblica (pretore di vallo della Lucania 2/7/1985). A maggior ragione se l’antifurto viene attivato volontariamente (Corte di Cassazione 20/11/2000). È reato lasciare per lungo tempo acceso il motore di un’autovettura diesel nelle ore notturne (Pretore di Brunico 14/3/1989) o suonare ripetutamente il clacson in piena notte (Corte di Cassazione 21/1/1997). Anche il traffico intenso nel cortile condominiale può dar luogo al reato se provoca disturbo al riposo e alla tranquillità dei condomini, e diminuisce la sicurezza di tutti (Tribunale di Napoli 27/1/1977). È sufficiente a realizzare il reato anche il rintocco intenso e diffuso delle campane (Corte di Cassazione 13/10/2000), o dell’orologio campanario di una chiesa che scandisca regolarmente l’ora (Pretore di Cagliari 27/7/1993). Realizza il reato l’uso della radio fatto in modo da abusare dei rumori e dei suoni (Corte di Cassazione 10/9/1976); lo stesso dicasi di televisore e impianto stereo, se il volume è talmente alto da essere udito, nel cuore della notte, a 200/300 metri di distanza (Corte di Cassazione 17/6/1993). Gli schiamazzi notturni degli avventori di un esercizio pubblico (Per esempio bar - discoteca, possono legittimare il Sindaco ad adottare un’ordinanza di necessità, qualora il disagio provocato agli abitanti del posto raggiunga un grado d’intollerabilità, oggettivamente accertato, tale da assurgere a una forma di vero e proprio inquinamento acustico con danno alla salute delle persone (Consiglio di Stato 25/9/2008, n 4041). Anche il suono di uno strumento musicale, per dolce e armonioso che possa essere, in determinate ore e condizioni può essere causa di disturbo, qualora sia udibile da più persone (Corte di Cassazione 7/12/1979; Pretore di Roma 30/4/1971 con riferimento al pianoforte). Tutela Se le immissioni rumorose eccedono la normale tolleranza, il condomino che ne è danneggiato può sollecitare l’amministratore ad attivarsi per porre fine al fastidio. Se l’invito non sortisce effetto il condomino può rivolgersi al Giudice di Pace, eventualmente dopo aver fatto fare una perizia fonometrica per accertare se l’entità del fenomeno è tale da legittimare il ricorso al giudice. Quella che rileva, però, è la perizia disposta dal magistrato una volta che sia stato investito del problema. In alcuni casi (Per esempio svolgimento di attività sportive, Corte di Cassazione 31/1/2006, n 2166) per accertare il livello di rumorosità è stata ammessa la prova testimoniale. Se si accerta la violazione è possibile chiedere, oltre alla riconduzione del fenomeno nei limiti della norma, il risarcimento degli eventuali danni sofferti. LETTERA S SCALE Quando si parla di parti comuni dell’edificio il pensiero corre subito alle scale, luogo privilegiato d’incontro (E scontro) tra vicini di casa. L’interesse di tutti, però, è mantenerle in buono stato di manutenzione, anche per evitare possibili danni a chi vi transita. Molto spesso, però, l’uso che i condomini fanno delle scale può essere diverso, e proprio per questo possono nascere contestazioni sulla ripartizione delle spese. Sconsigliabile (e scomodo), per esempio, abbandonarsi a pratiche sessuali lungo la rampa o sul pianerottolo: si potrebbe infatti, incorrere in una condanna per atti osceni, essendo le scale condominiali luogo aperto al pubblico (Corte di Cassazione 15/12/2011, n 46636). 152 Finestra Un condomino può aprire un finestrino nella tromba delle scale per dare aria e luce a un vano che ne sia privo, purché sia rispettata la naturale destinazione di questa parte comune e non venga impedito agli altri condomini di farne parimenti uso (Corte di Cassazione 2/8/1969, n 2917). Spese <manutenzione e sostituzione>. Le spese di manutenzione e sostituzione delle scale, e relativi pianerottoli, sono finalizzati alla conservazione di questa parte comune dell’edificio. Pertanto vi devono contribuire tutti i condomini, compresi i proprietari di autorimesse, laboratori e negozi, ancorché aventi accesso autonomo e quindi indipendente da quello destinato agli altri piani dell’edificio, nonché di seminterrati senza accesso ad altri piani. Il principio è stato sancito dalla Corte di Cassazione (Sentenza n. 2328 del 6/6/1997) e ribadito dalla Corte d’Appello di Milano (Sentenza del 3/7/1992) perché le scale costituiscono una parte essenziale della comune proprietà. La spesa dev’ essere ripartita seguendo il criterio previsto dall’articolo 1124 codice civile: per metà in proporzione all’altezza di ciascun piano dal suolo e per l’altra metà in ragione ai millesimi di proprietà (Corte di Cassazione 25/3/2004, n 5975). L’esigenza di adottare due parametri comporta la necessità di predisporre un’apposita tabella millesimale, peraltro estesa dalla giurisprudenza all’ascensore. Ai fini del criterio dell’altezza si considerano come piani le cantine, i palchi morti, le soffitte o camere a tetto e i lastrici solari, qualora non siano di proprietà comune. Per l’adozione di un criterio diverso di ripartizione della spesa è necessaria l’unanimità (Corte di Cassazione 21/5/1987, n 4627). Se il regolamento (Ma dev’essere contrattuale) prevede un criterio di ripartizione diverso da quello dell’articolo 1124 codice civile, prevale su questo (Corte di Cassazione 16/7/1981, n 4646). Pulizia Alle spese richieste dalla pulizia, dall’illuminazione e dalla tinteggiatura della stessa tromba delle scale devono contribuire i solo condomini che ne traggono utilità (Corte di Cassazione 15/1/2001, n 483): in pratica i soli proprietari delle unità immobiliari che vi affacciano. Il criterio di ripartizione delle spese destinate all’uso e al godimento di questa parte comune può essere stabilito modificato dall’ assemblea, a differenza di quello dettato dall’articolo 1124 codice civile per la manutenzione e la sostituzione (Modificabile soltanto all’unanimità), con il voto favorevole della maggioranza degli intervenuti, in rappresentanza di almeno 500/1.000 (Corte di Cassazione 5/1/2001, n 483). Con una successiva decisione (N. 432 del 12/1/2007) la Suprema Corte ha precisato che la ripartizione di questo tipo di spesa va fatta non in base ai millesimi di proprietà ma applicando il criterio dell’altezza del piano dal suolo, senza che possa attribuirsi rilevanza alla destinazione (Abitativa o meno) delle singole unità immobiliari o alla consistenza dei nuclei familiari che utilizzano quelle a destinazione abitativa. Il proprietario di un seminterrato non deve contribuire alle spese di pulizia delle scale, se non ha accesso agli altri piani, mentre il condomino il cui appartamento abbia accesso a due scale non può, chiudendone uno, sottrarsi alle spese di pulizia di una scala; anche in questo caso è fatto salvo il diverso accorso intervenuto fra tutti gli altri condomini. Uso intensivo L’uso intensivo delle scale, dovuto alla particolare destinazione di alcune unità immobiliari ( Per esempio a ufficio, studio professionale, pensione), è ininfluente sia ai fini della ripartizione degli oneri di manutenzione e sostituzione, sia ai fini delle spese di pulizia, illuminazione e tinteggiatura (App. di Napoli 13/5/1965 e Tribunale di Genova dell’8/5/1992). E’ tenuto a contribuire a tutte le 153 voci di spesa anche il condomino che tenga chiusa la propria unità immobiliare, a meno che non venga esonerato da tutti gli altri condomini. RIEPILOGANDO: LE SCALE Spese di manutenzione e sostituzione. Da ripartire fra i condomini per metà in base ai millesimi di proprietà e per metà in base all’altezza di ciascun piano dal suolo. Criterio modificabile soltanto all’ unanimità. Spese di pulizia, illuminazione e tinteggiatura. Da ripartire fra i condomini in base all’altezza di ciascun piano al suolo. Criterio modificabile a maggioranza. Uso intensivo. E’ irrilevante. Spese pianerottoli. Stesso criterio delle scale. Norme. Articoli 1117 - 1123 e 1124 codice civile. SEMINTERRATO I locali seminterrati non sono compresi nell’elenco delle parti comuni fatto dall’articolo 1117 codice civile. Pertanto la loro appartenenza (Se condominiale o in proprietà esclusiva) dev’essere accertata sulla base dei titoli di acquisto dei singoli condomini (Corte di Cassazione 22 /10/1997, n 10371). Un condomino può collegare con una scala la propria unità immobiliare, situata a piano terra, con altra unità immobiliare, sempre di sua proprietà, ubicata nel seminterrato, purché ciò non determini l’inservibilità del sottosuolo all’uso e al godimento cui è destinato (Corte di Cassazione 5/6/1999, n. 5546). Non è invece possibile realizzare nel cortile comune un vano scale per creare un nuovo accesso al proprio seminterrato, se il manufatto pregiudica l’uso del cortile degli altri condomini (Corte di Cassazione 21/7/2004, n 13600 ). SERVITU’ Sia le parti comuni dell’edificio, sia le unità immobiliari di proprietà esclusiva dei condomini, possono essere interessate, attivamente o passivamente, da quel particolare istituto giuridico che è la servitù: si pensi all’innesto di una canna fumaria sul muro perimetrale o all’attraversamento della cantina di un condomino con una tubazione condominiale. Non da invece luogo a servitù, ma ad un diritto personale in capo al condomino o al conduttore, l’installazione di un’antenna televisiva sul tetto o sul lastrico solare (Corte di Cassazione n. 1176 del 25/2/1986). L’esistenza di una servitù a favore del condominio e a carico di un’unità immobiliare può risultare dall’ atto di acquisto o dal regolamento contrattuale di condominio (Corte di Cassazione 13/4/1985, n 2465) >>Usucapione. Affrancazione L’affrancazione (Ossia la liberazione) di una parte comune da una servitù può essere deliberata con il voto favorevole della maggioranza degli intervenuti all’assemblea, in rappresentanza di almeno 667/1.000, come nel caso in cui si tratti di deliberare il pagamento, in favore del Comune, di un corrispettivo a fronte della rinuncia, da parte dell’ente, alla servitù di passaggio e parcheggio pubblico su un’area condominiale (Tribunale di Bergamo 24/7/1999). Aggravio Il titolare del diritto di servitù non può rendere più gravosa la condizione del fondo sul quale la servitù viene esercitata; così, se per raggiungere l’edificio condominiale è stata costituita una 154 servitù di passaggio sulla strada appartenente ad un vicino, i condomini non possono parcheggiarvi l’ auto (Corte di Cassazione 19/10/1998, n. 5685). Contratto L’amministratore, non può, di propria iniziativa, stipulare un contratto che preveda la costituzione di una servitù a carico del condominio, essendo necessario il consenso di tutti i condomini ( Corte di Cassazione n 5626 del 18/4/2002, con riferimento all’installazione sul lastrico solare di un ripetitore per telefonia cellulare di un’azienda telefonica). Regolamento La servitù a carico di un’unità immobiliare può risultare, oltre che dall’atto dell’acquisto, dal regolamento contrattuale del condominio (Corte di Cassazione 13/4/1985, n 2465). In ogni caso, affinché la servitù sia opponibile ai terzi (per esempio: all’acquirente di un’unità immobiliare), dev’essere stata costituita per atto pubblico trascritto presso l’Agenzia del territorio. Spese. Le spese per le opere occorrenti alla conservazione della servitù sono a carico del proprietario del fondo cui la servitù giova, salvo che il titolo o la legge dispongano altrimenti. Se però le pere giovano alche al fondo sul quale viene esercitata la servitù, le spese sono sostenute in proporzione ai rispettivi vantaggio (Articolo 1069 codice civile). SERVIZI COMUNI AD ALCUNI CONDOMINI Se un servizio è comune solo ad alcuni condomini (Si parla a riguardo di condominio parziale), la maggioranza in assemblea dev’essere calcolata considerando solo il numero dei condomini interessati al servizio e i relativi millesimi (Corte di Cassazione 8/1/1966, n 158 ). SITO INTERNET Su richiesta dell’assemblea, che delibera con il voto favorevole della maggioranza degli intervenuti, in rappresentanza di almeno 500/1.000, l’amministratore è tenuto ad attivare un sito Internet del condominio, che consenta agli aventi diritto di consultare ed estrarre copia in formato digitale dei documenti previsti dalla delibera assemblea. Le spese per l’attivazione e la gestione del sito sono ripartite fra i condomini in base ai millesimi di proprietà. SOLAIO C’è un elemento dell’edificio condominiale che interessa esclusivamente i proprietari di due unità immobiliari l’una all’altra sovrastante: il solaio divisorio fra i piani. In particolare, la parte che forma oggetto di comunione fra i due proprietari è quella strutturale che, incorpora nei muri perimetrali, assolve alla duplice funzione di sostegno del piano superiore e di copertura di quello inferiore. Gli spazi pieni o vuoti che accedono al soffitto o al pavimento, e non siano essenziali alla struttura ( Per esempio: il conglomerato cementizio per sottofondo di pavimentazione e protezione termica), invece, sono esclusi dalla comunione (Corte di Cassazione 7/6/1978, n 2868); essi, pertanto, possono essere utilizzati autonomamente dai proprietari, per esempio per collocarvi tubi o cavi elettrici. Ciò, però, a condizione di non pregiudicare il pari godimento del solaio da parte dell’altro condomino, di non creare situazioni di danno o di pericolo e di non alterarne la destinazione (Corte di Cassazione 9/3/1987, n 2440). Il condomino non può abbassare o alzare il solaio. Se però, in occasione di opere di consolidamento, l’abbassamento è necessario nell’interesse di entrambi i proprietari, quello del piano inferiore ha dritto che l’altro gli versi un indennizzo pari alla cubatura 155 così ridotta, l’aumento di spessore del solaio, sempre che sia compatibile con la struttura dell’edificio, richiede il consenso di entrambi gli interessati, e se si rende necessario per ragioni tecniche il proprietario che lo subisce ha diritto ad un indennizzo come sopra (Corte di Cassazione 23/3/1991, n 3178). Se poi, in occasione della sua sostituzione, il solaio viene rialzato in accordo con i comproprietari, la cubatura così liberata rimane in comune, a meno che non intervenga un atto scritto con il quale viene ceduta dall’uno all’altro condomino (Corte di Cassazione 9/1/1993, n. 143). Il solaio del piano terra appartiene elusivamente al proprietario dell’unità immobiliare cui inerisce. Se il solaio del primo piano coincide con la volta di un portico comune, esso appartiene per metà ai condomini del primo piano e per metà al condominio. Spese <isolamento acustico>. La spesa richiesta dall’isolamento acustico del solaio, a meno che i rispettivi proprietari non si accordino altrimenti, grava sul proprietario dell’unità immobiliare che s’intende salvaguardare dal rumore: quasi sempre quello dell’unità immobiliare sottostante. Manutenzione e ricostruzione Come precisato dall’articolo 1125 codice civile, la spesa richiesta dalla manutenzione e dalla ricostruzione dei soffitti, delle volte e dei solai dev’essere sostenuta in parti uguali dai proprietari dei due piani l’uno all’altro sovrastante. Sono però a carico esclusivo del proprietario del piano superiore le spese per la copertura del pavimento (Per esempio: piastrelle - parquet), copertura che può quindi rimuovere e sostituire secondo le sue utilità e convenienza ( Corte di Cassazione 22/8/1994, n 7464), mentre al proprietario sottostante competono le spese per l’intonaco, la tinteggiatura e la decorazione del soffitto. Naturalmente le parti possono accordarsi per l’adozione di un diverso criterio (Corte di Cassazione 14/7/1981, n 4601). Se un condomino provvede di sua iniziativa al rifacimento del solario, l’altro è tenuto a rimborsagli la propria quota di spesa, a condizione che il condomino che ha fatto eseguire i lavori dimostri che questi erano urgenti, secondo l’apprezzamento di una persona di media diligenza, per evitare un possibile danno (Corte di Cassazione 14/7/1981, n 4601). Se, invece, la ricostruzione del solaio si rende necessaria esclusivamente per fatto e colpa di uno dei due condomini, sarà solo questi a doversi far carico dell’intera spesa. Travi. Del soffitto fanno parte integrante le travi. Se queste assolvono alla funzione di sostegno, la spesa va divisa fra entrambi i proprietari in parti ugnali. Se invece sono meramente decorative del sottostante appartamento, la spesa fa interamente carico al proprietario di questo (Corte di Cassazione 12/10/2000, n 13606). SOPRAELEVAZIONE L’articolo 1127 del codice civile stabilisce che, se il contrario non risulta dal titolo (per esempio dall’atto di acquisto), il proprietario dell’ultimo piano e il proprietario esclusivo del lastrico solare hanno diritto di sopraelevazione, ossia il diritto di “elevare nuovi piani (quindi anche più d’uno e in tempi diversi) o nuove fabbriche“ con l’obbligo di corrispondere agli altri condomini la relativa indennità. Se sopra l’ultimo piano c’è una soffitta appartenente ad un proprietario diverso da quello dell’ ultimo piano, il diritto di sopraelevazione spetta al proprietario della soffitta, poiché è questa che dev’essere considerata come “ultimo piano“ ai sensi dell’ articolo 1127 codice civile (Corte di Cassazione 28/11/1978, n 5608). Il proprietario dell’ultimo piano, infatti, può sopraelevare solo nel caso in cui sopra il suo appartamento vi siano manufatti di proprietà comune ( Come il tetto o il 156 sottotetto non praticabile), che possono essere spostati al termine della sopraelevazione. La normativa sulla sopraelevazione si applica anche alla terrazza a livello se assolve, come il lastrico solare, alla funzione di copertura di una parte dell’edificio (Corte di Cassazione 14/11/1991, n 12173). Affinché si possa parlare di sopraelevazione non basta la pura e semplice costruzione oltre l’altezza precedente, come avviene nel caso dell’innalzamento delle quote del sottotetto (Tribunale di Bologna 9/10/2003, n 4771). A maggior ragione non si più parlare di sopraelevazione nel casso di modifiche solo interne, contenute negli originari limiti strutturali del fabbricato ( Per esempio: trasformazione di un sottotetto in abitazione (Corte di Cassazione 24/10/1998, n 10568), o della costruzione di una tettoia in legno e ferro, munita di parapetto trasparente e volta unicamente a creare riparo degli agenti atmosferici (Tribunale di Cagliari 7/12/1993). Lo stesso dicasi della pensilina in tenda o altro materiale che non dia luogo a delimitazione con pareti (Corte di Cassazione 5/2/1999, n 1263). Più di recente, però, la Suprema Corte (Sentenza n. 24327 del 18/11/2011) ha stabilito che l’>>Indennità di sopraelevazione è dovuta non solo in caso di realizzazione di nuovi piani o nuove fabbriche, ma anche per la trasformazione di locali preesistenti, mediante incrementi delle superfici e delle volumetrie, indipendentemente dall’altezza del fabbricato, traendo fondamento dall’ aumento proporzionale del diritto di comproprietà sulle parti comuni, conseguente all’incremento della porzione di proprietà esclusiva. La distinzione è importante perché, in caso di sopraelevazione, il proprietario dei nuovi piani deve corrispondere un‘>>Indennità agli altri condomini. La sopraelevazione non deve necessariamente estendersi all’ intera superficie dell’edificio, se ciò non ne pregiudica l’aspetto architettonico (Corte di Cassazione 3/1/1966, n 28 >>Decoro architettonico). Teoricamente non occorre autorizzazione dell’assemblea (Corte di Cassazione 10/2/1970, n 338), ma chi intende procedere a sopraelevazione ne deve dare preventiva notizia all’amministratore, specificando i dettagli dell’intervento e le modalità dell’esecuzione. L’amministratore, a sua volta, ne riferisce all’assemblea (Secondo comma articolo 1122 codice civile). Un titolo contrattuale può attribuire il diritto di sopraelevazione a un condomino diverso dal proprietario dell’ultimo piano o del lastrico solare, stabilendo anche che esso debba essere esercitato, a pena di decadenza, entro un certo termine; nel qual caso, decorso inutilmente il termine riprende vigore la disciplina legale dell’articolo 1127 codice civile, che assegna il diritto ai proprietari dell’ultimo piano (Corte di Cassazione 24/5/1968, n 1593). Se il lastrico solare appartiene in proprietà esclusiva a diversi condomini, salvo che da un titolo risulti il contrario, il diritto di sopraelevazione spetta a ciascuno di essi nei limiti della propria porzione di piano, con utilizzazione dello spazio aereo sovrastante a ciascuna porzione e nel rispetto dei limiti in cui all’articolo 1127 codice civile (Corte di Cassazione 24/2/2006, n 4258). L’esercizio del diritto di sopraelevazione è comunque subordinato al rispetto della distanza legale fra costruzioni, per cui se vi è una costruzione confinante già edificata si deve conservare, in ciascun punto rispetto al muro perimetrale dell’edificio confinante, la distanza minima (Tre metri) prevista dal codice civile o dalle norme dei regolamenti edilizi vigenti che ne abbiano portata integrativa (Corte di Cassazione 12/1/2005, n 400). Divieto La sopraelevazione non è ammessa se le condizioni statiche dell’edificio non la consentono. Pertanto, chi intende realizzarla deve provare che le strutture dell’ edificio sono in grado di sopportare non solo il carico della sopraelevazione ma anche le sollecitazioni di origine sismica ( Corte di Cassazione 157 30/5/2012, n 8643). Se un condomino procede a sopraelevare nonostante il divieto l’azione giudiziaria può essere promossa da qualsiasi altro condomino (Corte di Cassazione 25/10/1988, n 5776). Una vecchia sentenza della Corte di Cassazione (N. 3532 del 26/5/1986) prevede che la sopraelevazione possa essere realizzata anche se le condizioni statiche dell’edificio non la consentano, purché si provveda alle opportune opere di consolidamento e vi sia il consenso di tutti gli altri condomini (Corte di Cassazione 26/5/1986, n 3532). Il divieto di sopraelevazione contenuto in un regolamento contrattuale vincola anche gli acquirenti dei singoli appartamenti, indipendentemente dalla trascrizione presso l’Agenzia del territorio, qualora essi, nell’atto di acquisto, facendo espresso riferimento al regolamento, dimostrino di esserne a conoscenza e di accertarne il contenuto (Corte di Cassazione 14/1/1993, n 395 ). Effetti I proprietari dei piani (O delle porzioni di piano) conseguenti alla sopraelevazione entrano di diritto a far parte del condominio e, salvo che dal titolo risulti altrimenti, acquistano la comproprietà sulle parti comuni dell’edificio, anche di quelle relative ai piani preesistenti (Corte di Cassazione 11/5/1984, n 2889). Indennità L’obbligo di corrispondere l’indennità trova il suo fondamento nel fatto che chi realizza la sopraelevazione viene ad occupare una parte della colonna d’ aria sovrastante l’edificio, il cui valore è compreso, pro quota, in quello di ciascun piano o porzione di piano. Di conseguenza, rimanendo sempre lo stesso il valore del suolo (Dividendo), con l’aumento del numero dei piani (Divisore) diminuisce necessariamente il valore di ciascuna quota-piano (Quoziente) e si deve quindi ristabilire la situazione economica precedente attraverso la corresponsione dell’equivalente pecuniario della frazione di valore perduta da ciascuna quota-piano per effetto della sopraelevazione (Corte di Cassazione 16/3/1982, n 1697). L’indennità dev’essere corrisposta anche nel caso in cui il tetto venga trasformato in terrazza “In trincea“ (Tribunale di Bologna 24/6/1998) o sostituito con un lastrico solare di uso esclusivo (Corte di Cassazione 7/1/1980, n 1999). Hanno diritto all’indennità di sopraelevazione i condomini che rivestono questa qualifica al momento dell’ intervento e ai loro successori secondo le regole che disciplinano la successione nei diritti di credito ( Corte di Cassazione 15/2/1999, n 1263), anche nel caso in cui la loro unità immobiliare non si trovi sotto la verticale del nuovo piano, per esempio perché la sopraelevazione ha interessato solo una parte del perimetro del fabbricato (Tribunale di Roma 25/1/1967). Il Tribunale di Monza (Sentenza del 25/2/1982) il “momento in cui la sopraelevazione viene realizzata“coincide con il completamento dell’ opera nelle sue strutture essenziali. Per calcolare l’indennità di sopraelevazione si divide il valore attuale del suolo sul quale poggia l’edificio, o della parte di esso che viene sopraelevata, per il numero dei piani, compreso quello di nova costruzione, e si detrae dal quoziente la quota che spetterebbe a chi beneficia della sopraelevazione. La somma residua va ripartita tra i proprietari degli altri piani preesistenti, in proporzione ai millesimi di proprietà. Il “valore attuale“ è quello che il suolo ha nel momento in cui la sopraelevazione viene realizzata ( Corte di Cassazione 29/12/1962, n 3453). Ai fini del calcolo dell’indennità di sopraelevazione non si deve tener conto delle cantine e delle soffitte, perché pertinenza dell’ intero fabbricato (Se comuni) o dell’ultimo piano (Se appartengono al proprietario esclusivi di questo, Corte di Cassazione 10/6/1997, n 5164). Si considerano invece i piani interrati. La maggiore o minore vetustà dell’ edificio è ininfluente ai fini dell’indennità, dovendosi fare esclusivo riferimento al valore del suolo ( Corte di Cassazione 158 5/12/1987, n 9032). Ininfluente anche l’altezza del piano o dei piani che si realizzano (Corte di Cassazione 30/7/1981, n 4861). Se l’altezza è diversa da quella dei piani preesistenti, però, potrebbe porsi un problema di alterazione dell’aspetto architettonico dell’edificio. Se la sopraelevazione viene realizzata su di un terrazzo, ai fini del calciolo dell’indennità non si deve tener conto della superficie che aggetta all’esterno dell’edificio, ancorché riservata all’uso esclusivo del condomino che realizza la sopraelevazione (Corte di Cassazione 15/2/1999, n 1263). L’indennità dev’essere corrisposta anche se la sopraelevazione sia stata realizzata in assenza del permesso di costruire (Corte di Cassazione 21/5/2003, n 7956). Se fra la sopraelevazione e la liquidazione dell’indennità passa molto tempo, gli aventi diritto possono chiedere la rivalutazione della somma (Corte di Cassazione 5/12/1987, n 9032). Chi effettua la sopraelevazione non sempre è obbligato al pagamento della relativa indennità; non vi è tenuto, per esempio, quando abbia precedentemente acquistato (O si sia riservato in quanto originario unico proprietario) la proprietà esclusiva della colonna d’ aria sovrastante l’edificio (Corte di Cassazione 24/1/1969, n 209). Lastrico solare Se il lastrico solare è condominiale, il proprietario dell’ultimo piano non può realizzare la sopraelevazione; se dovesse farlo, la nuova copertura dell’ edificio e il risultate sottotetto apparterebbero al condominio (Corte do Cassazione 28/4/1999, n 4266). Millesimi La sopraelevazione comporta la revisione dei millesimi di proprietà solo se comporta l’alterazione per più di un quinto del valore proporzionale dell’unità immobiliare del condominio (Corte di Cassazione 13/9/1991, n 9759, articolo 69 disp. Att. codice civile). Normativa antisismica Se un condomino realizza una sopraelevazione o un ampliamento violando la normativa antisismica, ciascun condomino è legittimato a rivolgersi al giudice per chiedere il ripristino dello stato dei luoghi (Corte di Cassazione 20/8/1981, n 4958). Opposizione Ci si può opporre alla sopraelevazione provando che questa, oltre ad alterare l’aspetto architettonico dell’edificio, ne comporterebbe una diminuzione del valore (Corte di Cassazione 6/12/2000, n 15504). L’azione dev’essere promossa entro 20 anni, altrimenti scatta l’usucapione in favore di chi ha eseguito la sopraelevazione (Corte di Cassazione 19/10/1998, n 10334). Il diritto non si prescrive, però, se la sopraelevazione ha compromesso le condizioni statiche dell’edificio. Se sussistono le condizioni affinché la sopraelevazione possa essere realizzata non è possibile impedirla, a meno che un divieto in tal senso non sia contenuto nel regolamento contrattuale del condominio, o sia intervenuto fra i condomini un accordo volto a costituire una servitù di non costruire a carico dell’ unità immobiliare il cui proprietario ha il diritto di sopraelevazione (Corte di Cassazione 28/1/1983, n 805). Realizzazione La sopraelevazione deve sere realizzata in modo che gli altri condomini possano continuare a godere delle pareti comuni dell’edificio senza aggrazio. E’ stata per esempio ritenuta illegittima la sopraelevazione che costringeva i condomini a passare attraverso un locale di proprietà esclusiva. Per accedere al lastrico solare, quando prima vi arrivavano dalla scala comune (Corte di Cassazione 15/3/1976, n 939 ). Né è possibile, in sede di sopraelevazione, costruire in oggetto rispetto ai muri perimetrali se le opere, per struttura ed estensione, compromettono l’equilibrio degli interessi dei condomini (Corte di Cassazione 12/10/1971, n 2873). Lo stesso dicasi se si tratta di occupare lo 159 spazio sovrastante un cortile comune al proprietario di un edificio contiguo (Corte di Cassazione 26/2/1976, n 624). Non è detto, poi, che la sopraelevazione debba essere caratterizzata dalle stesse linee architettoniche dell’edificio, l’importante è che non ne pregiudichi il decoro o non ne peggiori l’aspetto esterno secondo il comune senso estetico (Corte di Cassazione 9/4/1980, n 2267). Superfluo condurre che, trattandosi di aumentare il peso che grava sulle strutture dell’edificio, è consigliabile muoversi con i . . . . . piedi di piombo, affidando il progetto ad un tecnico di comprovata professionalità. I muri perimetrali del nuovo piano diventano condominiali (Corte di Cassazione 19/5/1978, n 2475). Riserva del diritto Il costruttore può riservarsi, in sede di vendita frazionata dell’edificio, la sola proprietà del lastrico solare, per poter usufruire del diritto di sopraelevazione, ma è necessario uno specifico atto negoziale, poiché la presunzione di comproprietà di cui all’articolo 1117 codice civile può essere vinta soltanto dal titolo contrario;titolo contrario che non può però essere ravvisato negli atti relativi alla proprietà del terreno, anteriori alla costruzione del fabbricato (Corte di Cassazione 16/7/2004, n 13279). Se poi a riservarsi il diritto di sopraelevazione è, all’atto di vendere, il proprietario dell’ appartamento sito all’ ultimo piano, per rendere la riserva opponibile ai terzi e agli aventi causa del primo acquirente è necessario curarne la trascrizione presso l’Agenzia del territorio (Corte di Cassazione 14/11/1997, n 11250). Scale In sede di sopraelevazione è possibile modificare la scala comune, procedendo alle indispensabili demolizioni e alle successive ricostruzioni e livello più elevato (Corte di Cassazione 9/12/1980, n 6362), ma non è possibile occupare con la nuova costruzione parte dell’area sovrastante la scala comune al proprietario di un appartamento ubicato su di una verticale diversa ( Corte di Cassazione 30/1/1979, n 669). Termine Non vi è un termine entro il quale dev’essere esercitato il diritto di sopraelevazione, a meno che non vi sia un titolo (Per esempio contratto) che lo preveda. Tetto Che esegue la sopraelevazione può sostituire il tetto con il lastrico solare, a condizione di non arrecare danno agli altri condomini (Corte di Cassazione 17/1/1968, n 114). Se però il lastrico, pur assolvendo alla funzione di copertura precedentemente esercitata dal tetto, presenta caratteristiche tali da essere destinato anche all’ uso esclusivo dell’autore dell’opera, si pone in essere un’alterazione della destinazione della cosa comune che non può considerarsi insita nel più ampio diritto di sopraelevazione spettante al proprietario dell’ultimo piano (Corte di Cassazione 28/1/2005, n 1737). Sulla stessa linea interpretativa il Tribunale di Piacenza ( Sentenza dell’8/11/2000), che ha considerato alterazione della cosa comune ai sensi del primo comma dell’articolo 1102 codice civile, e in quanto tale non compresa nel più ampio diritto di sopraelevazione, la sostituzione, ad opera del proprietario dell’ultimo piano, di una parte del tetto con terrazza di esclusiva pertinenza della propria unità immobiliare. In precedenza la Corte di Cassazione (Sentenza n. 99 del 7/1/1980) aveva considerato come sopraelevazione la sostituzione del tetto con una terrazza non solo quando la terrazza acquisti, per struttura e ubicazione, il carattere di bene di proprietà e uso esclusivo del titolare dell’ultimo piano, ma anche quando sia destinata al godimento anche dei condomini estranei alla sopraelevazione (Corte di Cassazione 160 7/1/1990, n 99). Di diverso avviso il Pretore di Firenze, che con sentenza del 14/2/1990 ha considerato questo tipo d’intervento rientrante non già nel concetto di nuovi piani o nuove fabbriche – definito dall’articolo 1127 codice civile – ma in quello d’innovazione (Articolo 1120 codice civile). SOTTOSUOLO Il sottosuolo, anche se non espressamente menzionato dall’articolo 1117 codice civile fra le parti comuni dell’edifico, dev’essere considerato di proprietà comune a tutti i condomini, a meno che un titolo non disponga altrimenti. Di conseguenza non può trovare applicazione il principio generale dettato dall’articolo 840 codice civile, per il quale “la proprietà del suolo si estende al sottosuolo, con tutto ciò che vi si contiene, e il proprietario può fare qualsiasi escavazione od opera che non rechi danno al vicino“ (Corte di Cassazione 9/3/2006, n 5085); un condomino, pertanto, non può, senza il consenso degli altri condomini, procedere a scavi in profondità nel sottosuolo per ricavarne nuovi locali o ingrandire quelli preesistenti, comportando tale attività l’assoggettamento di un bene comune a vantaggio del singolo (>>Suolo). SOTTOTETTO Il sottotetto (Primo comma, n 2), articolo 1117 codice civile, rientra fra le parti comuni dell’edificio se è destinato, per le caratteristiche strutturali e funzionali, all’uso comune. Può invece considerarsi pertinenza dell’appartamento sino all’ultimo piano quando assolva all’esclusiva funzione di isolare e proteggere l’appartamento stesso dal caldo, dal freddo e dall’umidità, mediante la creazione di una camera d’aria. Per il tribunale di Milano (Sentenza n. 936 del 23/8/2005) la proprietà del sottotetto dev’essere accertata in base al regolamento condominiale e agli atti di acquisto. DIVISIONE FRA I CONDOMINI Il sottotetto condominiale può essere diviso fra i condomini - per esempio per ricavarne soffitte -, ma a condizione che la divisione possa farsi senza rendere più incomodo l’uso della cosa a ciascun condomino e venga deliberata con il consenso di tutti i partecipanti al condominio ( Primo comma articolo 1119). Lavori Il condomino può eseguire dei lavori nel sottotetto della sua proprietà, a condizione che questi non comportino danni per gli altri condomini; non si potrebbe, per esempio, modificare il solaio con lesione del vaso di espansione, o ledere la servitù di accesso ivi esistente per l’ispezione del tetto (App. Milano 25/9/1992). Possibile aprirvi una finestra, a condizione che i lavori vengano condotti a regola d’arte e che l’opera non pregiudichi la funzione di copertura del tetto, non alteri il decoro architettonico dell’edificio e non leda altrimenti il diritto degli altri condomini (Corte di Cassazione 27/7/2006, n 17099), >>Abbaino). Millesimi Se un condomino mette in comunicazione il proprio appartamento con il sovrastante sottotetto, può sorgere il problema di modificare la tabella millesimale del riscaldamento. Lo stesso dicasi se, in seguito alla trasformazione del sottotetto in abitazione, si sia alterato per più di un quinto il valore proporzionale dell’unità immobiliare. 161 Temperatura Se la temperatura del sottotetto condominiale è troppo calda d’estate e troppo fredda d’inverno si può pretendere che il condominio si faccia carico della spesa richiesta dalla coibentazione di questa parte comune; il condominio, infatti, in quanto custode delle parti comuni dell’edificio ai sensi dell’articolo 2051 codice civile, è tenuto ad adottare tutte le misure necessarie affinché esse non rechino pregiudizio alcuno, e a rimuovere le cause del danno arrecato alle porzioni di proprietà esclusiva dei condomini, fatta salva la prova del caso fortuito (Tribunale di Milano 11/5/2009, n 6256). Trasformazione in abitazione Per trasformare un sottotetto è necessario assicurarsi il consenso di tutti gli altri condomini (Corte di Cassazione 26/10/1994, n 8777), trattandosi fra l’altro di allacciarsi ai servizi comuni (Si pensi agli scarichi del bagno e cucina), che potrebbero rivelarsi insufficienti ad accogliere la nuova utenza. Il tribunale di Piacenza, invece (Sentenza del 2/2/1995), ha stabilito che, in mancanza di un divieto contenuto nel regolamento o altrimenti intervenuto fra i condomini, questi possono opporsi alla trasformazione solo quando abbiano a lamentare pregiudizi alla sicurezza o alla stabilità dell’edificio, o comunque danni che potrebbero conseguire dal concreto svolgimento delle attività inerenti alla nuova destinazione. La Corte di Cassazione, infine (Sentenza n 11688 del 16/10/ 1999), ha ritenuto non consentita la trasformazione in presenza di un regolamento che vietava di eseguire qualsiasi intervento che potrebbe interessare la struttura organica, la stabilità e l’aspetto dell’immobile. Se la trasformazione è abusiva gli altri condomini non possono pretendere l’eliminazione delle opere interne realizzate, ma possono soltanto chiedere l’inibizione del diverso uso in quanto pregiudizievole per gli occupanti del sottostante appartamento: per esempio per i maggiori rumori derivanti dall’uso diurno da parte degli occupanti rispetto a quello discontinuo proprio della soffitta (Corte di Cassazione 5/1/1985, n 17). Se il mutamento di destinazione è vietato da un regolamento contrattuale, l’innovazione non è possibile, ancorché avvenga in forza di una legge regionale (Tribunale di Ariano Irpino 23/11/2010, n 493). Tubatura Il condomino può collocare tubature idriche, termiche ed elettriche nel sottotetto comune a esclusivo servizio del proprio appartamento sottostante, se rimane impregiudicato il diritto degli altri condomini all’uso di questa parte comune dell’edificio e non ne viene alterata la destinazione; infatti, la posa in opera di tubature sul piano di calpestio e lungo la parete del sottotetto, se realizzata con gli opportuni accorgimenti, non impedisce di accedere al sottotetto stesso e di camminare sul piano del calpestio, né di accedere al tetto per la manutenzione delle antenne, delle canne fumarie e dello stesso tetto (Tribunale di Ariano Irpino 26/4/2006, n 272). Usucapione Il sottotetto, quando assolve all’esclusiva funzione di isolare i vani del sottostante alloggio, si pone in rapporto di dipendenza nei loro confronti e non può, pertanto, essere separato da questi senza che si verifichi l’alterazione del rapporto di complementarietà dell’insieme; di conseguenza non è idoneo ad essere utilizzato separatamente dall’alloggio sottostante, cui accede, e pertanto non è configurabile nei suoi confronti l’acquisto della proprietà per usucapione da parte del proprietario di altra unità immobiliare (Corte di Cassazione 29/12/2004, n 24147). SPESE COMUNI 162 Va premesso che il condomino non può sottrarsi all’obbligo di contribuire alle spese per la conservazione delle parti comuni, neanche modificando la destinazione d’uso della propria unità immobiliare, salvo quanto disposto da leggi speciali (Terzo comma articolo 1118 codice civile) o non venga dispensato da tutti gli altri condomini). Anticipate dal condominio Il condomino che abbia anticipato una spesa comune ha diritto al rimborso, a condizione che abbia precedentemente interpellato, o quanto meno preavvertito, gli altri condomini o l’amministratore, e fornisca la prova sia della loro trascuratezza che dell’urgenza della spesa (Corte di Cassazione 3/ 8/2001, n 10738). Questo anche nel caso di condominio formato da due soli condomini (Corte di Cassazione 7/1/2004, n 27). Con sentenza n. 11747 del 3/4/2003 la Suprema Corte ha precisato che sono rimborsabili le spese destinate alla conservazione della cosa comune (Per esempio, quello per l’acqua occorrente all’irrigazione del giardino), mentre non lo sono le spese destinate al suo godimento: come quelle per il combustibile e l’energia elettrica necessari all’impianto di riscaldamento e quello per l’acqua potabile. Il condomino che abbia anticipato una spesa nell’ interesse del condominio ha diritto anche agli interessi legati sul dovuto, mentre per ottenere la rivalutazione dell’importo deve provare il maggior danno derivante dal ritardo del pagamento (Corte di Cassazione 26/8/1996, n 7834). Anticipate dall’amministratore L’amministratore ha diritto al rimborso delle spese anticipate nell’interesse dei condomini, a condizione che si tratti di spesa autorizzata o ratificata dall’assemblea, o di spesa urgente, ma in tale ultima ipotesi deve riferirne alla prima assemblea e dimostrarne l’urgenza (Tribunale di Milano 11/5/1992). Se non ne riferisce alla prima assemblea, ha ugualmente diritto al rimborso, ma nei limiti in cui il giudice ritenga la spesa giustificata (Corte di Cassazione 15/9/1970, n 1481 ). Il credito si prescrive in cinque anni (Tribunale di Milano 5/11/1990). Se ad anticipare la spesa è stato l’ex amministratore, questo può agire sia nei confronti del condominio in persona del nuovo amministratore, sia nei confronti dei condomini inadempienti (Corte di Cassazione 12/2/ 1997, n 1286), ma limitatamente all’importo da ciascun dovuto (Tribunale di Torino 26/9/2001). Locazione Quando un appartamento è dato in locazione, anche il conduttore diventa protagonista della vita condominiale: sia perché sostiene la maggior parte dei costi di gestione, sia perché il suo comportamento, più o meno corretto, può incidere sull’utilizzo delle parti comuni e del loro deterioramento. Le spese di ordinaria amministrazione, vale a dire quelle che servono per la gestione quotidiana del condominio e per gli interventi di piccola manutenzione, sono a carico del conduttore, mentre le spese richieste dalle riparazioni straordinarie o dalle innovazioni competono al condominio-locatore. L’amministratore, di norma, tiene i rapporti con il proprietario; è a lui, infatti, che invia gli avvisi di pagamento, i verbali delle assemblee, le comunicazioni di qualsiasi tipo di rendiconto di fine anno, poiché il conduttore è estraneo al rapporto condominiale, sebbene abbia il diritto di votare in assemblea, al posto del locatore, sulle delibere relative alle spese e alla modalità di gestione dei servizi di riscaldamento o di condizionamento dell’aria. L’amministratore può però, su richiesta del locatore, trasmettere direttamente al conduttore i documenti che lo riguardano. Riportiamo due tabelle riguardanti appunto la suddivisione delle spese fra locatore e conduttore: la prima si riferisce alle spese condominiali, mentre la seconda si riferisce alle spese concernenti l’unità immobiliare locata. La materia è disciplinata, oltre che dalla legge, dagli accordi 163 intervenuti fra le organizzazioni di rappresentanza dei proprietari di immobili e dei conduttori, dagli accordi intervenuti direttamente fra le parti e dagli usi locali: consultabili, questi, presso la camera di commercio. Prova La quantificazione delle spese sostenute dal condominio può essere effettuata unicamente sulla base di documentazione fiscalmente idonea, ossia recante data certa, identificazione del soggetto che effettuano e ricevono le prestazioni, e identificazione precisa della spesa; gli scritti e le annotazioni provenienti da terze persone, infatti, anche se legate al condominio da un rapporto di lavoro, quale potrebbe essere il portiere, non hanno alcun valore probatorio circa l’esistenza di entrate e uscite imputabili al condominio (App. di Napoli 1/9/2009, n 2593). Ripartizione Il primo comma dell’articolo 1123 codice civile stabilisce che le spese necessarie per la conservazione e per il godimento delle parti comuni dell’edificio, per la prestazione dei servizi nell’interesse comune e per le innovazioni deliberate dalla maggioranza sono sostenute dai condomini in misura proporzionale al valore della proprietà di ciascun piano, salvo diversa convenzione. Questo criterio, quindi, può essere modificato solo da un regolamento contrattuale o da una convenzione alla quale abbiano aderito tutti i condomini (Corte di Cassazione 15/3/1995, n 3042); l’eventuale modifica deliberata a maggioranza sarebbe pertanto nulla, ancorché disposta una tantum (Corte di Cassazione 16/2/2001, n 2301). Se l’amministratore suddivide fra i condomini le spese comuni violando il criterio di ripartizione previsto dalla legge o dal regolamento, l’assemblea può revocarlo, salva la possibilità di adire il giudice per il risarcimento degli eventuali danni prodotti dalla violazione. Il secondo comma del suddetto articolo stabilisce che, se si tratta di cose destinate a servire i condomini in misura diversa, le spese sono ripartite in proporzione all’uso che ciascuno può farne. Non si deve avere riguardo all’uso affettivo ma a quello potenziale, a nulla rivelando che un condomino, pur potendo usare il bene, si astenga dal farlo, o che altro condomino ne faccia un uso particolarmente intenso (Corte di Cassazione 6/12/1991, n 13160). La mancanza di apposita tabella o convenzione non consente di ripartire le spese riguardanti le cose comuni destinate a servire i condomini in misura diversa secondo i millesimi di proprietà, ma si deve considerare l’uso (Ripetiamo: potenziale, non effettivo) che ciascun condomino può farne (Corte di Cassazione 8/9/1986, n 5458). Il terzo comma del richiamato articolo stabilisce a sua volta che, se un edificio ha più scale, cortili, lastrici solari, opere o impianti destinati a servire una parte dell’intero fabbricato, le spese relative alla loro manutenzione sono a carico del gruppo di condomini che ne trae beneficio. Il regolamento, a condizione che sia contrattuale (Corte di Cassazione 20/9/1991, n 9833), può prevedere che le spese degli impianti destinati a servire esclusivamente alcuni condomini siano ripartite fra tutti. Se, in seguito a sopraelevazione o a variazione della consistenza delle unità immobiliari, si crea il presupposto per la modifica delle tabelle millesimali (>>Millesimi, Tabelle, Modifica), fino a quando questa non intervenga la ripartizione delle spese fra i condomini va fatta sulla base delle tabelle attuali, per cui il condominio che intenda contestarle deve promuovere giudizio di modifica delle tabelle (Corte di Cassazione 31/5/1988, n 3701). Se non sono state ancora predisposte le tabelle millesimali l’assemblea può deliberare, a maggioranza, una ripartizione provvisoria delle spese fra i condomini, salvo conguaglio ( Corte di Cassazione 21/11/2006, n 24670), avendo cura di rispettare la proporzione fra le parti di spesa a carico di ciascun condomino e la sua quota di proprietà esclusiva ( Corte di Cassazione 4/12/1999, n 13554). 164 Il condomino che ritenga violato questo criterio deve impugnare la relativa delibera, dimostrando sia gli esatti termini in cui è stata commessa la violazione, sia il danno a lui derivante (Corte di Cassazione 3/12/1999, n 13505). Non è invece possibile una ripartizione provvisoria delle spese, salvo conguaglio, sulla base di un criterio diverso da quello previsto dal regolamento contrattuale, e l’eventuale delibera che non fosse adottata con il consenso di tutti i condomini sarebbe nulla rispetto al condomino che ne risultasse danneggiato (Tribunale di Genova 3/9/1979). E’ possibile che la modifica del criterio di ripartizione delle spese previsto da un regolamento contrattuale venga introdotta tacitamente, come nel caso in cui, da comportamenti univoci, protrattasi nel tempo, sia desumibile l’accettazione, da parte di tutti i condomini, di un differente criterio di suddivisione delle spese (Corte di Cassazione 15/10/2004, n 20318). Preferibilmente comunque che l’eventuale modifica risulti da accordo scritto. Urgente Spesa urgente è quella che, secondo la valutazione di una persona di media diligenza, appare indifferibile allo scopo di evitare un possibile, anche se non certo, danno alla cosa comune (Corte di Cassazione 6/12/1984, n 6400). Vi rientra, per esempio, quella sostenuta per opere la cui esecuzione sia stata ordinata dal Sindaco nell’esercizio di poteri attribuitegli dalla legge in materia edilizia (Corte di Cassazione 21/1/1966, n 261). Per la Suprema Corte (Sentenza n 5256 del 12/9/1980) è urgente anche la spesa la cui erogazione non può essere differita, senza danno o pericolo, fino a quando l’amministratore o l’assemblea possano utilmente provvedere, mentre il Pretore di Firenze (Sentenza del 17/6/1986) ha ravvisato l’urgenza nella convenienza economica, per il condominio, d’immediata esecuzione dei lavori. L’onere di provare che si tratta di spesa urgente spetta a chi ne chieda il rimborso. In particolare, si deve provare sia che sussistano le condizioni che imponevano di provvedere senza ritardo, sia che non vi era la possibilità di avvertire tempestivamente l’amministratore o gli altri condomini (Corte di Cassazione 4/8/1997, n 7181). Usufrutto Di fronte al condominio >>Nudo proprietario e usufruttuario rispondono in solido per il pagamento dei contributi condominiali, ossia l’amministratore può esigerli indifferentemente dall’uno o dall’altro, salvo il diritto, per chi ha pagato, di rifarsi nei confronti dell’altro per la parte da questi dovuta (Ottavo comma articolo 67 disp. Att. codice civile). Nei rapporti interni fra nudo proprietario e usufruttuario, questi, ai sensi dell’articolo 1004 codice civile, è tenuto a farsi carico delle spese e, in genere, degli oneri relativi alla custodia, all’amministrazione e alla manutenzione ordinaria della cosa, nonché a corrispondere al nudo proprietario gli interessi legali sulle somme da questi spese per riparazioni straordinarie (Terzo comma articolo 1005 codice civile). Se però si tratta di spese conseguenti all’inadempimento degli obblighi riconducibili alla manutenzione ordinaria, esse sono a carico dell’usufruttuario e non del nudo proprietario, anche se attinenti a riparazioni straordinarie (Giurisprudenza di Monza 29/2/1996). Vendita dell’appartamento. L’obbligo dei condomini di contribuire al pagamento delle spese condominiali sorge per effetto della delibera dell’assemblea che approva le spese stesse. Pertanto, nel caso di vendita di un appartamento, obbligato al pagamento è di chi è proprietario nel momento in cui la spesa viene deliberata (Corte di Cassazione 2/9/2008, n 22034), salvo che le parti non si siano accordate diversamente. SUOLO 165 Per “Suolo su cui sorge l’edificio“ s’intende la porzione di terreno su cui poggia l’edificio e, più specificamente, la parte inferiore di esso; rientrano pertanto nell’espressione l’area nella quale sono infisse le fondamenta e la superficie sulla quale poggia il pavimento del pianterreno, non anche quest’ultimo. Ne consegue che i condomini sono comproprietari non della superficie a livello di campagna (Che a causa dello sbancamento e della costruzione del fabbricato è venuta a mancare), ma dell’area di terreno sita in profondità, sottostante, cioè, la superficie alla base del fabbricato, sulla quale poggiano le fondamenta dell’immobile (Corte di Cassazione 28/4/2004, n 8119); la locuzione “Suolo su cui sorge l’edificio“ va pertanto intesa in accezione diversa da quella di cui l’articolo 840 codice civile, il cui riferimento è, invece, alla sola superficie esposta all’aria (Corte di Cassazione 24/8/1998, n 8346). >>Sottosuolo. SUPERCONDOMINIO Si ha supercondominio quando più edifici, strutturalmente autonomi e appartenenti a soggetti diversi, fruiscono, per la loro utilizzazione e il loro godimento, di opere comuni, anche se strutturalmente separate: per esempio portineria, viale di accesso, parco, impianti sportivi. Di conseguenza, se due corpi di fabbrica, uno costituito dall’edificio e uno destinato ad autorimesse, pur strutturalmente autonomi e appartenenti a soggetti diversi, non hanno in comune alcuna delle parti indicate nell’articolo 1117 codice civile, non si può parlare di supercondominio (Corte di Cassazione 20/10/1984, n 5315). Il supercondominio è un insieme di più condomini, ciascun formato da un certo numero di condomini. Alle parti comuni che caratterizzano il supercondominio si applica la normativa che disciplina il condominio (Articolo 1117-bis codice civile). Per agevolare i rapporti tra amministratore e condomini, il supercondominio può essere caratterizzato dalla presenza di un >>Consiglio di condominio. Amministratore L’amministratore del supercondominio è nominato dall’assemblea formata dai condomini dei vari edifici che compongono il complesso (>>Assemblea, partecipazione). L’assemblea può nominare dell’amministratore anche qualora il regolamento contrattuale preveda che sia nominato dal Consiglio di condominio; le clausole del regolamento, infatti, non possono prevalere sulla disciplina inderogabile della legge (Tribunale di Milano 16/5/2002); l’articolo 1138 codice civile, infatti, considera inderogabile l’articolo 1129, che riserva all’assemblea la nomina dell’amministratore. Se l’assemblea non provvede alla nomina dell’amministratore vi fa luogo il giudice, su ricorso di uno o più condomini, come previsto dal primo comma dell’articolo 1129 codice civile (Corte di Cassazione 31/1/2008, n 2305). Assemblea Maggioranza. Il calcolo della maggioranza necessaria alla costituzione dell’assemblea e all’abolizione delle delibere viene fatto assegnando ad ogni edificio un certo numero di millesimi, proporzionato al valore che esso ha nell’ambito dell’intero complesso, mentre nell’ambito di ciascun edificio si considerano i proprietari e i millesimi di cui sono titolari. Se una delibera ha per oggetto un bene o un servizio riguardante solo alcuni edifici del supercondominio, il diritto di voto spetta ai rispettivi condomini (Tribunale di Milano 25/2/1988). Partecipazione 166 All’assemblea del supercondominio hanno il diritto di partecipare tutti i condomini dei vari edifici che compongono il complesso; sarebbe pertanto nulla la clausola del regolamento che attribuisce questo diritto ai soli amministratori dei vari edifici (Corte di Cassazione 6/12/2001, n 1547), neppure se dovesse trattarsi di regolamento contrattuale (Corte di Cassazione 28/9/1994, n. 7894). Nulla anche la clausola che disponesse che all’assemblea partecipi, per ogni edificio, un solo condomino in rappresentanza degli altri (Corte di Cassazione 6/12/2001, n 15476). Se però i rappresentanti del supercondominio sono complessivamente più di 60, ciascun condominio deve designare, con il voto favorevole della maggioranza degli intervenuti all’assemblea, in rappresentanza di almeno 667/1.000, il proprio rappresentante all’assemblea del supercondominio per la gestione ordinaria delle parti comuni a più condomini e per la nomina dell’amministratore. In mancanza, ciascun partecipante può chiedere che la nomina del rappresentante del proprio condominio venga fatta dal giudice. Qualora un condominio non abbia nominato il proprio rappresentante, alla nomina provvede anche in questo caso il giudice su ricorso anche di uno solo dei rappresentanti già nominati, previa diffida a provvedervi entro congruo termine. Bilancio Se il bilancio è stato approvato, anziché dall’assemblea del supercondominio, dalle assemblee separate dei condomini che concorrono a formarlo, la delibera è valida se, sommando i voti espressi nell’ambito delle varie assemblee, si raggiunge la prevista maggioranza ( Corte di Cassazione 27/3/2003, n 4531). Centrale termica Se vi è una centrale termica comune ai vari deifici del supercondominio, dev’ essere nominato un amministratore che assicuri la gestione del servizio nell’interesse comune provveda alla riscossione dei relativi contributi condominiali. L’assemblea può però designare alla riscossione, edificio per edificio, il rispettivo amministratore (Corte di Cassazione 4/5/1993, n 5160). Millesimi Per la messa a punto delle tabelle millesimali del supercondominio si devono predisporre due distinte tabelle: una riferita al valore di ogni singolo edificio in rapporto all’intero complesso, e una propria di ciascun edificio (Corte di Cassazione 16/2/1966, n 1206). Se poi il supercondominio si arricchisce di nuovi edifici, le tabelle millesimali andrebbero aggiornate via via che le nuove costruzioni vengono ultimate, con i rispettivi proprietari tenuti da questo momento al pagamento dei contributi condominiali. Durante il periodo di costruzione, invece, a causa dei lavori si provoca l’occupazione o l’usura di parti condominiali (Per esempio strade, piazzali), si può concordare il pagamento di un rimborso agli eventuali proprietari, eventualmente affidandone la quantificazione a un tecnico designato dalle parti. Portierato L’assemblea non può deliberare a maggioranza la centralizzazione del servizio di portierato presso uno degli edifici, lasciando inalterata la ripartizione della spesa, poiché i condomini degli altri edifici verrebbero a trarne un vantaggio minore del servizio cosi modificato; l’eventuale delibera sarebbe pertanto nulla (Corte di Cassazione 29/4/1993, n 5083) Se l’assemblea deve deliberare sulla soppressione del servizio di portierato ubicato in uno degli edifici del supercondominio, devono essere convocati tutti i condomini, anche quelli degli altri edifici (O i loro rappresentanti se i 167 condomini sono più di 60, >>Assemblea, Partecipazione), pena l’annullabilità della relativa delibera. Spese La ripartizione delle spese occorrenti alla manutenzione di un impianto di supercondominio ( Per esempio giardino – piscina) va fatta in primo luogo tenendo conto dell’ eventuale diversa caratura millesimale dei fabbricati, per poi suddividere l’importo assegnato a ciascun fabbricato fra i rispettivi condomini, in proporzione ai millesimi di proprietà. L’amministratore del supercondominio può esigere il pagamento del dovuto direttamente dai condomini, dal momento che le delibere dell’assemblea del supercondominio hanno efficacia diretta e immediata nei confronti dei singoli condomini degli edifici che ne fanno parte, senza che sia necessario passare attraverso le decisioni di ciascuna assemblea condominiale (Corte di Cassazione 6/12/2001, n 15476). Se invece il supercondominio esiste solo di fatto, le questioni attinenti al pagamento dei contributi condominiali trovano come legittimi contradditori il condominio in regola con i pagamenti da una parte e il condominio moroso dall’altra, non avendo l’amministratore del condominio in regola con i pagamenti il potere di riscuotere i contributi direttamente dai condomini di un altro edificio (Tribunale di Savona 17/11/1980). Alle spese, invece, proprie di ciascun edificio, concorrono i soli comproprietari di questo, in proporzione ai millesimi. Se un impianto è al servizio di alcuni edifici soltanto, le spese fanno carco ai rispettivi condomini, ai sensi del terzo comma dell’articolo 1123 codice civile (Corte di Cassazione 18/4/2005, n 8086). LETTERA T TAPPETI Quelle di battere i tappeti sono una delle faccende domestiche più ricorrenti, caratterizzata, però, da un elevato tasso di rumorosità e da una fastidiosa ricaduta di polvere e sporcizia. Come ci si deve regolare? Se il regolamento di condominio contiene una clausola che disciplina quest’attività, è sufficiente attenervisi per evitare fastidi. In genere il regolamento consente la battitura dei tappeti solo in alcune ore del giorno (Per lo più dalle otto alle dieci del mattino), e a condizione che non avvenga dalle finestre o dai balconi che affacciano sulla verticale del portone d’ ingresso. Ma se il regolamento tace sul punto? In questa ipotesi, se l’edificio è dotato di terrazza condominiale, è preferibile servirsene per l’operazione, anche nel caso in cui l’assemblea avesse deliberato il divieto di battervi tappeti o stendervi biancheria: il Tribunale di Milano, infatti, con sentenza del 14/1/1991 ha sancito l’illegittimità di questa delibera perché in contrasto con l’articolo 1102 del codice civile, per la quale i condomini possono servirsi della cosa comune a condizione che non ne alterino la destinazione. Sulla stessa lunghezza d’onda il Tribunale di Brescia (6/7/2000). Anche il Tribunale di Napoli (Sentenza del 5/1/2001) ha stabilito che il divieto di battere tappeti può essere inserito nel regolamento soltanto all’ unanimità, trattandosi di clausola che introduce una limitazione delle facoltà inerenti al diritto di proprietà dei singoli condomini. In mancanza di un terrazzo condominiale, o di un proprio terrazzo, si può usare una finestra interna e comunque che non si trovi sulla verticale del portone d’ingresso o su quella dei panni stesi dai sottostanti piani. TELECAMERA 168 La delibera avente per oggetto l’installazione di un impianto di videosorveglianza che consenta di controllare le parti comuni dell’edificio può essere approvata con il voto favorevole della maggioranza degli intervenuti all’assemblea, in rappresentanza di almeno 500/1.000 (Articolo 1122-ter codice civile) Se, in relazione alle caratteristiche dell’edificio, la spesa è riguardabile come gravosa o voluttuaria, chi non è d’accordo può esimersi dal contribuirvi (>>Innovazioni, Gravosa o voluttuaria). La presenza di un sistema di videosorveglianza, stabilisce il comunicato del Garante della privacy del 24/5/2004, dev’essere segnalata da un cartello recante il simbolo di una telecamera e la dicitura “Area video sorvegliata da . . . . . . . . . . . per fini di . . . . . . . . . . . – Articolo 13 del codice in materia di protezione dei dati personali (D. L.gs. 30/6/ 2003, n 196)“. In caso di registrazione il periodo di conservazione delle immagini non può superare le 24 ore, fatte salve speciali esigenze di ulteriore conservazione in relazione a indagini. L’iniziativa d’installare una o più telecamere che inquadrino la propria unità immobiliare può essere presa anche dal singolo condomino. In ogni caso, trattandosi di coniugare l’esigenza di tutelare la sicurezza dell’edificio e dei suoi abitanti con quella di rispettare la privacy, occorre fare attenzione a calibrare la visuale di questi “occhi“ elettronici. La Corte di Cassazione, per esempio (Sentenza n. 22602 del 5/6/2008), considera legittime le videoriprese effettuate tramite una telecamera esterna all’edificio, di cui inquadri l’ingresso, i balconi e il cortile, a condizione che l’area interessata dalla videoregistrazione ricada nella fruizione di un numero indifferenziato di persone e non attenga alla sfera privata dimora di un singolo soggetto. Né, sempre secondo la corte di cassazione, compie violazione della privacy chi installa sul proprio balcone delle telecamere di sicurezza che riprendano, né fraudolentemente né clandestinamente, non solo alcune parti dell’edificio, comuni a tutti gli inquilini, ma anche porzioni esterne all’area di proprietà dei vicini di casa, se si tratta di spazi di pertinenza dell’abitazione di taluno ma, di fatto, non protetti alla vista degli estranei, assimilabili poiché tali a luoghi esposti al pubblico (Corte di Cassazione 26/11/2008, n 44156). Le riprese cosi effettuate sono utilizzabili nei procedimenti contro atti vandalici di danni alla propria abitazione. A proposito d’immagini, è reato scattare ripetute fotografie ai componenti la famiglia di un condomino, al fine di documentare le violazioni al divieto di parcheggio nell’area condominiale, essendo sufficiente documentare il fatto fotografando il veicolo (Corte di Cassazione 6/4/2006, n 15993). Pianerottolo Chi vuole installare una telecamera sul pianerottolo per controllare l’accesso alla propria abitazione può farlo, a patto che le riprese siano limitare allo spazio antistante alla porta, e non interessino, quindi, le parti comuni (Tribunale di Milano 6/4/1992). TENDA La possibilità d’installare tende sul proprio balcone è subordinata, oltre che al rispetto del >>Decoro architettonico dell’edificio, all’osservanza di una serie di canoni fisici ed estetici. Se poi l’intervento è vietato da un regolamento contrattuale, è necessario acquisire il consenso di tutti gli altri condomini. La tenda può essere liberamente ancorata alla soletta del sovrastante balcone, a condizione che sia conforme a quelle già installate sugli altri balconi o al modello approvato dall’assemblea, e che l’installazione non vada a scapito della sicurezza dell’appartamento sovrastante e non tolga la visuale ai suoi occupanti; inoltre non deve sporgere dal limite costituito dalla balaustra, anche se un oggetto “minimo“ è stato ritenuto dal Pretore di Pisa (Sentenza del 3 /5/1993) compatibile con il decoro architettonico. Per quanto riguarda il problema della distanza legale, essa va rispettata se la tenda, per dimensioni e modalità di utilizzo, può essere riguardata 169 come “costruzione“ (Tribunale di Napoli 24/1/2000). In seguito la Corte di Cassazione (Sentenza n. 22838 dell’11/11/2005) ha stabilito che si deve tener conto, in concreto, della struttura dell’edificio, dello stato dei luoghi e del particolare contenuto dei diritti e delle facoltà spettanti ai singoli condomini, per accertare la compatibilità o meno del rispetto delle distanze con i diritti degli stessi condomini; pertanto, se la tenda collocata su un balcone toglie la visuale laterale al condomino del balcone a fianco, non si è tenuti al rispetto della distanza legale se i due balconi si trovano a distanza inferiore a quella prescritta dell’articolo 907 codice civile (3 metri). Se non vi sono tende già installate è opportuno orientarsi su un colore che s’integri con quello della facciata; preferibile, comunque, chiedere l’autorizzazione dell’assemblea, o quanto meno concordare con gli altri condomini il colore e la forma. Se invece vi sono tende già installate su altri balconi, buonsenso vuole che ci si adegui sia al modello che al colore. Consentito anche installare una tenda sulla parte di area condominiale di cui si abbia l’uso esclusivo (Si pensi ad un bar o a un ristorante), a condizione, però, che non vengano tolte aria, luce e veduta in appiombo ai condomini dei piani superiori ( Corte di Cassazione 25/10/1991, n 11392). TERRAZZO A LIVELLO La terrazza a livello è la superficie scoperta alla quale si accede da un solo appartamento, di cui fa parte integrante. Il proprietario della terrazza può compiervi le opere che ritiene necessarie, purché rispetti il decoro architettonico dell’edificio e gli eventuali divieti contenuti nel regolamento; questo, per esempio, se contrattuale, potrebbe prevedere, a carico delle terrazze di alcuni condomini, e a favore delle terrazze i altri, la servitù di non costruirvi ( Corte di Cassazione 15/7/1971, n 2314). Danni La regola è che l’obbligo di risarcire i danni derivanti dalla terrazza a livello gravi sul proprietario, come nel caso della caduta di un pezzo d’intonaco (Corte di Cassazione 18/11/1992, n 12317). Se però i danni sono provocati, per esempio, dalla caduta di un elemento decorativo della terrazza destinato ad abbellimento della facciata nel suo insieme, e quindi riguardabile come condominiale, il risarcimento va suddiviso fra tutti i condomini in proporzione ai millesimi di proprietà. Se la terrazza a livello funge da copertura alle sottostanti unità immobiliari, del risarcimento dei danni derivanti, per esempio, da infiltrazioni di acqua, rispondono tutti i condomini, seguendo lo stesso criterio previsto per il >>Lastrico solare di uso esclusivo, al quale la terrazza è assimilata (Corte di Cassazione 17/10/2001, n 12682). Differenza dal lastrico solare La funzione di copertura esercitata dalla terrazza a livello nei confronti delle sottostanti unità immobiliari è, rispetto all’analoga funzione svolta dal lastrico solare, meramente sussidiaria e non essenziale, prevalendo nella terrazza (Corte di Cassazione 28/4/1986, n 2924). Ciò non esclude che la funzione di lastrico solare possa essere assolta da una terrazza a livello, quando questa manifesti la funzione prevalente di copertura dei piani sottostanti (Corte di Cassazione 16/5/1963, n 1224). Sopraelevazione Al proprietario della terrazza a livello spetta il diritto di sopraelevazione poiché essa, anche se di proprietà esclusiva, è equiparata al lastrico solare (Corte di Cassazione 19/7/1999, n 7678). Spese 170 I rivestimenti esterni dei muretti di recinzione delle terrazze a livello e delle balconate di proprietà esclusiva sono elemento costituenti parte integrante della facciata, e quindi oggetto di proprietà comune; di conseguenza alla relativa spesa devono contribuire tutti i condomini e non soltanto i proprietari esclusivi (Corte di Cassazione 18/3/1989, n 1361). TETTO Danni Alla spesa occorrente alle riparazioni conseguenti ai danni da infiltrazioni di acqua provenienti dal tetto devono contribuire, in proporzione ai millesimi di proprietà, salvo diverso accordo ( Primo comma articolo 1123 codice civile), tutti i condomini anche quello che ha subito il danno, per essere ad un tempo danneggiato e danneggiante. Il risarcimento, pertanto, sarà ridotto della quota a lui dovuta. Incorporazione Un condomino non può incorporare il tetto nella sua proprietà esclusiva; questa innovazione, infatti, è vietata dall’articolo 1102 codice civile. È necessaria quindi un’autorizzazione da parte di tutti i condomini (Corte di Cassazione 27/7/1984, n 4449). Mansarda Il proprietario del sottotetto può sostituire al tetto una mansarda, a condizione che sia salvaguardata, mediante opere adeguate, la finzione di protezione e copertura delle sottostanti strutture svolta dal tetto preesistente (Corte di Cassazione 3/8/2012, n 14107); inoltre non si deve alterare l’aspetto architettonico dell’edificio, né ledere altrimenti il diritto degli altri condomini. In ogni caso il condomino deve dare preventiva comunicazione all’amministratore, specificando i dettagli dell’intervento e le modalità di esecuzione. L’amministratore, a sua volta, ne riferisce all’assemblea (Secondo comma articolo 1122 codice civile). Lo stesso dicasi se si tratta di aprire un >>Abbaino. E’ comunque opportuno, a evitare possibili contestazioni sotto il profilo dell’alterazione dell’aspetto architettonico dell’edificio, acquisire il consenso di tutti gli altri condomini, tanto più che potrebbe essere richiesto dal Comune come condizione per il rilascio del permesso per costruire. Modifiche Il condomino non può alterare il tetto a proprio ed esclusivo uso e vantaggio, se la modifica è tale da impedire anche a uno solo degli altri condomini di utilizzare questa parte comune dell’edificio. Dunque si può pretendere la riduzione in pristino (Corte di Cassazione 13/11/1997, n 11227). Spesa La spesa richiesta dalla manutenzione del tetto dev’essere ripartita fra i condomini serviti da questa struttura, in proporzione ai millesimi di proprietà salvo diverso accordo (Corte di Cassazione 29/4/1993, n 5064). In caso di >>Supercondominio, se, per le caratteristiche strutturali e funzionali di uno dei corpi di fabbrica (Magari perché vi è installata la centrale termica), risulta che tutti i condomini sono interessati alla riparazione del relativo tetto, alla spesa devono contribuire tutti, e non solo i condomini di questo edificio (App. Milano 17/1/1992). Può accadere che il costruttore-venditore delle singole unità immobiliari si sia riservato la proprietà esclusiva del tetto. Nel qual caso le spese di manutenzione sono a suo esclusivo carico solo se vi sia stata una specifica ed espressa pattuizione in tal senso (Corte di Cassazione 9/6/1961, n 1338), altrimenti troverà applicazione il criterio dettato dall’articolo 1126 codice civile per il lastrico solare di uso 171 esclusivo; un terzo a carico del proprietario esclusivo del tetto e i restanti due terzi a carico dei condomini alle cui unità immobiliari il tetto serve da copertura, in proporzione ai millesimi di proprietà (Corte di Cassazione 30/1/1985, n 532). Coibentazione La coibentazione del tetto può essere considerata intervento su parte comune dell’ edificio volta al contenimento del consumo energetico, anche se ad avvantaggiarsene è soprattutto il proprietario del sottotetto. Di conseguenza, la relativa spesa può essere deliberata dall’assemblea, come previsto dal secondo comma dell’articolo 26 della L. 9/1/1991, n 10, con il voto favorevole della maggioranza degli intervenuti, in rappresentanza di almeno 334/1.000. La spesa va suddivisa in proporzione ai millesimi di proprietà. Se però l’edificio ha più tetti, alla spesa devono concorrere i soli condomini che traggono utilità dal tetto interessato all’intervento. Trasformazione in terrazza Il proprietario dell’ultimo piano non può sostituire il tetto con una terrazza da annettere al proprio appartamento. Questi tipo d’intervento, infatti, non rientra nel più ampio diritto di sopraelevazione spettante al proprietario dell’ultimo piano, ma costituisce un’alternativa della destinazione della cosa comune (Corte di Cassazione 28/1/2005, n 1737); per la realizzazione occorre quindi il consenso di tutti gli altri condomini, non potendo l’assemblea decidere a maggioranza, pena nullità della relativa delibera (Corte di Cassazione 26/10/1994, n 8777). In precedenza la Suprema Corte (Sentenza n 146 del 9/1/1993) aveva considerato la realizzazione di una terrazza con una mansarda o sottotetto praticabile a uso esclusivo del proprietario del piano adiacente in sostituzione del tetto preesistente, compresa nel diritto di sopraelevazione. Tubo Un condomino può sistemare sul tetto condominiale un tubo dell’acqua potabile, a condizione di non menomare in funzione di questa parte comune dell’edificio (Corte di Cassazione 9/6/1975, n 2293 ). TETTOIA Il condomino può innestare una tettoia nel muro comune, a condizione che le sue dimensioni non siano tali da impedire agli altri condomini di fare pari uso di questa parte comune, e che non venga alterato il decoro architettonico dell’edificio (Tribunale di Milano 31/10/1991). La tettoia, inoltre, non potrebbe essere costruita in modo tale da comportare la chiusura delle aperture legittimamente praticate nel muro da un altro condomino per dare aria e luce a un vano di sua proprietà (Corte di Cassazione 6/4/1981, n 1941), né per coprire un’area di proprietà del condominio ma estranea al condominio (Corte di Cassazione 24/11/2003, n 17868). La misurazione della distanza legale va effettuata assumendo come punto di riferimento la linea esterna della parete ideale posta a chiusura dello spazio esistente tra le strutture portanti più avanzate del manufatto (Corte di Cassazione ordinanza 2/10/2012, n 16776). TUBATURA L’assemblea non può, a maggioranza, deliberare l’installazione di una tubatura condominiale nel locale di proprietà di un condomino; questo tipo d’intervento, infatti, può essere attuato solo con il consenso del proprietario del locale, poiché l’assemblea non può invadere la sfera di proprietà dei singoli condomini: né in ordine delle cose comuni né in ordine a quelle di esclusiva proprietà (Corte di Cassazione 27/8/1991, n 9157). Se la tubatura avvantaggia anche il proprietario del locale, il 172 consenso può essere espresso verbalmente, trattandosi di opera di uso e godimento comune. In caso contrario si viene a creare una servitù di conduttura a carico del locale, per cui la costituzione occorre la forma scritta, cui deve seguire la trascrizione presso l’Agenzia del territorio se la si vuole rendere opponibile a terzi (Corte di Cassazione 12/2/1988, n 1523). Allaccio Il collegamento, effettuato da un condomino, di un tubo di scarico della propria unità immobiliare a una tubazione preesistente esterna al muro perimetrale, non costituisce innovazione ma utilizzo di un bene comune, pienamente legittimo ai sensi dell’articolo 1102 codice civile Tribunale di Aosta 12 /7/2010, n 354). Danni. Il condomino che subisca un danno dall’occlusione di un tubo di scarico condominiale non può chiedere il risarcimento direttamente ai soggetti che fruiscono dell’impianto, ma deve attivarsi nei confronti del condominio, in persona dell’amministratore, trattandosi di questione attinente all’uso di un bene comune (Corte di Cassazione 16/5/1973, n 1404). Guasto Se si guasta un tubo in un appartamento, il costo della riparazione fa carico al proprietario. Se però si tratta di una tubatura comune che attraversa l’appartamento senza servirlo, la spesa fa carico al condominio. In particolare, se il guasto si verifica in corrispondenza del raccordo che serve ad innestare la tubatura proveniente dall’appartamento su quella condominiale, la riparazione grava sul condomino, essendo il raccordo compreso nella parte d’impianto di proprietà esclusiva (Corte di Cassazione 14/6/2012, n 9765). Locazione Il conduttore che subisce un danno in seguito alla rottura di una tubatura condominiale non può chiamare in causa il condomino-locatore ma deve citare il condominio in persona dell’amministratore, trattandosi di molestia di fatto per il quale egli ha azione diretta nei confronti del danneggiante, e non di molestia di diritto, per la quale il locatore sarebbe invece tenuto a garantire il conduttore nei confronti del terzo che gli dovesse arrecare molestia (Corte di Cassazione 22/7/1971, n 2410). Modifica Il proprietario può modificare le tubature interne all’appartamento, avendo il Tribunale di Roma (Sentenza del 17/3/1988) stabilito che l’impianto idrico, indipendentemente dal modo in cui è strutturato, è condominiale fino all’ ingresso nelle singole unità immobiliari. L’intervento, però, non può comportare un pregiudizio per gli altri condomini. LETTERA U URGENZA Anche nella vita condominiale possono verificarsi delle situazioni che richiedono l’emanazione di un provvedimento d’urgenza da parte del giudice, in modo da salvaguardi temporaneamente gli interessi di chi chiede giustizia, salvo poi attendere i normali tempi processuali per la decisione definitiva: si tratta di allontanare dall’edificio un animale pericoloso, di essere autorizzato ad avviare il riscaldamento nell’inerzia dell’amministratore o di porre fine a intollerabili immissioni rumorose. Le situazioni portate all’attenzione dei giudici sono state evidenziare in corrispondenza delle singole voci. La possibilità di adire il giudice in via d’urgenza è prevista dall’articolo 700 codice penale, in favore di chi abbia “fondato motivo di temere che durante il tempo occorrente a far valere il suo diritto in via ordinaria, questo sia minacciato da un pregiudizio imminente e irreparabile“. Affinché 173 il giudice possa emettere un provvedimento d’urgenza devono coesistere due presupposti: il fumus boni iuris, ossia il probabile fondamento della richiesta di sospensione (Lett. Fumo di buon diritto), e il periculum in mora (Pericolo nel ritardo), vale a dire la possibilità che da un ritardo nell’azione del provvedimento di sospensione possano derivare dei danni al richiedente o ad altri. USO DELLE PARTI COMUNI Il galateo della vita condominiale è scolpito dall’articolo 1102 del codice civile: “Ciascun partecipante può servirsi della cosa comune, purché non ne alteri la destinazione e non impedisca agli altri partecipanti di farne parimenti uso secondo il loro diritto“. La legge, quindi, dà grande libertà ai condomini, ma nelo stesso tempo pone due limiti invalicabili ai loro comportamenti: non si possono compiere atti incompatibili con la normale destinazione delle parti comuni, né atti che rendano agli altri condomini più gravoso o addirittura impossibile l’uso di esse. La nozione di “Pari uso“ della cosa comune cui fa riferimento la norma non va intesa nel senso di uso identico e contemporaneo; ciascun condomino, infatti, ha la facoltà di trarre dalle parti comuni la più intensa utilizzazione possibile, a condizione che questo comportamento sia compatibile con i diriti degli altri. L’utilizzazione della cosa comune, quindi, può aver luogo non solo secondo la sua destinazione normale, ma anche in modo particolare e diverso da quello praticato dagli altri condomini, senza, però, alterare il rapporto di equilibrio fra le utilizzazioni concorrenti, attuali e potenziali, degli altri comproprietari. In pratica non ci devono essere pregiudizio veli invadenze nell’ambito dei diritti altrui, quali asservimenti, immissioni e molestie (Corte di Cassazione 13/12/ 1979, n 6502). A maggior ragione l’uso della cosa comune da parte del singolo condomino non può estendersi alla sua occupazione permanente, cosi da portare all’usucapione della stessa (Corte di Cassazione 5/2/1982, n 663), nè può portare all’invasione della proprietà esclusiva di un altro condomino, come nel caso di una tubatura collocata da un condomino e attraversante, oltre ad una parte comune dell’edificio, anche parte della cantina di un altro proprietario ( Corte di Cassazione 13/3/1982, n 1624). Limiti particolari o più severi possono essere imposti dal regolamento, a condizione, però, che sia contrattuale. Assemblea L’assemblea può limitare il godimento, da parte di uno o più condomini, delle parti comuni dell’edificio o di quelle dell’esclusiva proprietà, solo a condizione che la relativa delibera venga adottata da tutti i partecipanti al condominio, primo fra tutti quello che deve subire la limitazione (Corte di Cassazione 27/6/1987, n 5709). L’assemblea, infatti, non può decidere, a semplice maggioranza, d’invadere la sfera delle proprietà singole, né privare, in tutto o in parte, i condomini del loro diritto di usare e godere dei servizi comuni o delle porzioni di piano di loro esclusiva proprietà. Cessione Un condonino può cedere ad altri il diritto di godimento delle parti comuni dell’edificio, solo a condizione di trasferirgli l’unità immobiliare da esse servita (Corte di Cassazione 19/11/1962, n 3146). Esclusivo E’ vietato ogni atto o comportamento finalizzato ad attrarre la cosa comune nella propria disponibilità, impedendone quindi l’uso collettivo. Il condomino cui gli altri abbiano conferito l’uso esclusivi della cosa comune non ne diventa proprietario, a meno che non ponga in esame atti idonei a 174 mutare il tutolo del possesso (Corte di Cassazione 22/6/1978, n 3091), cui deve accompagnarsi il decorso del tempo utile a far scattare l’usucapione (20 anni). Indiretto Se non è possibile l’uso diretto della cosa comune da parte di tutti i condomini, neppure stabilendo dei turni, l’assemblea può, con il voto favorevole della maggioranza degli intervenuti, in rappresentanza d almeno 500/1.000, deliberare l’uso indiretto: per esempio dandola locazione (Tribunale di Napoli, 27/11/2002). I proventi vanno ripartiti fra tutti i condomini in proporzione ai millesimi di ciascuno. Intensivo L’obbligo di concorrere alle spese comuni in proporzione ai millesimi di proprietà prescinde dall’uso effettivo che il condomino faccia delle parti e dei servizi comuni dell’edificio, dovendosi far riferimento all’uso potenziale. Di conseguenza deve pagare anche il condomino che tiene l’unità immobiliare chiusa, a meno che non sia stato esonerato dal contribuire alla spesa da tutti gli altri condomini. Al contrario, chi usa più intensamente il bene, non può per questo essere chiamato a una maggior contribuzione; l’intensità dell’uso non deve però essere tale da annullare il pari diritto degli altri condomini. Locazione In caso di locazione il diritto di usare le parti comuni, con i limiti e le facoltà previsti dalla legge o dal regolamento condominiale, spetta a conduttore, che al pari degli altri partecipanti alla comunione può apportarvi le modifiche necessarie per migliorarne il godimento. Se un conduttore eccede nell’uso delle parti comuni dell’edificio, il condominio può agire, per far cessare l’abuso, sia nei confronti dello stesso conduttore che nei confronti del condomino-locatore ( Tribunale di Milano 8/6/1992). Particolare. Ciascun condomino può usare la cosa comune in modo particolare e diverso da quello praticato dagli altri condomini, a patto che tale utilizzazione rientri fra le destinazioni normali della cosa comune e non alteri od ostacoli l’utilizzo da parte degli altri condomini (Corte di Cassazione 6/12/1979, n 6338). Regolamento Le clausole del regolamento che limitano i diritti dei condomini sulle proprietà esclusive o comuni, e quelle che attribuirono ad alcuni di essi maggiori diritti rispetto agli altri, hanno natura contrattuale e sono pertanto modificabili solo con il consenso di tutti i partecipanti al condominio, consenso che dev’essere manifestato in forma scritta (Corte di Cassazione 18/4/2002, n 5626). I regolamento contrattuale può anche attribuire a uno o più condomini l’uso esclusivo di determinate parti comuni dell’edificio (Corte di Cassazione 27/6/1978, n 3169). Se invece le clausole del regolamento che disciplinano l’uso delle cose comuni non sono contrattuali, possono essere modificate con il voto favorevole della maggioranza degli intervenuti all’assemblea, in rappresentanza di almeno 500/1.000, Corte di Cassazione 6/2/1999, n 1057). Turnario L’assemblea, se una parte comune non è utilizzabile contemporaneamente da tutti i condomini, può stabilire dei turni: classico esempio di parcheggio, se lo spazio è insufficiente ad accogliere tutte le auto dei condomini. La delibera può essere adottata con il voto favorevole della maggioranza degli intervenuti all’assemblea, in rappresentanza di almeno 500/1.000 (Corte di Cassazione 16/6/2005, n 12873). Non è detto che la durata dei turni debba essere necessariamente rapportata ai millesimi 175 di proprietà, l’importante è che nessuno venga escluso, neppure se titolare di una quota millesimale minima (Tribunale di Genova 10/10/1992). Vietato Non ci si può servire di una parte comune, per esempio: un viale, per accedere ad un immobile estraneo al condominio, perché così facendo si verrebbe a costituire una servitù di passaggio a carico dell’edificio condominiale (Corte di Cassazione 22/3/1975, n 1091). A proposito di viale, non si può parcheggiare l’auto se ciò rende meno agevoli le manovre di entrata e di uscita dai garage (Corte di Cassazione 24/8/2012, n 14633 ). >>Parti comuni dell’edificio, Modifiche. USO DELLE PROPRIETA’ ESCLUSIVE Il divieto di adibire ad unità immobiliari situate nell’edificio condominiali allo svolgimento di determinate attività deve risultare da un regolamento contrattuale. In ogni caso le restrizioni alle facoltà inerenti alla proprietà esclusiva devono essere formulate in modo espresso o comunque non equivoco, in modo da non lasciare alcun margine d’incertezza sul contenuto e sulla portata delle relative disposizioni (Corte di Cassazione 20/7/2009, n 16832). Riportiamo alcune situazioni in cui i giudici hanno, a seconda dei casi, considerato legittime o vietate le varie attività. Se lo statuto vieta di destinare le unità immobiliari a “sede di circolo e simili“, queste non possono neppure essere adibite a bar, perché gli inconvenienti sono i medesimi (Tribunale di Milano 6/7/1992). Lo stesso Tribunale di Milano (Sentenza del 20/2/1992), in presenza di un’autorizzazione dell’ assemblea a destinare un locale a gelateria, ha ritenuto legittima l’estensione alla somministrazione di caffè e bevande alcoliche, nonostante una clausola del regolamento non consentisse l’esercizio di attività quali “mescita di vino, bar e simili“. La Corte d’appello di Perugia (Sentenza dell’8/3/1996) ha ritenuto legittima l’apertura di una macelleria e di un laboratorio artigianale, anche se lo statuto non consentiva la destinazione delle unità immobiliari ad uso industriale o di attività rumorose (Caratteristiche che i giudici non hanno riscontrato nelle suddette attività). Se il regolamento consente che gli appartamenti vengano adibiti allo svolgimento di attività professionali, vi può operare uno stilista di moda, a condizione che si tratti di attività meramente intellettuale e non anche commerciale (Tribunale di Milano 20/3/1989). Il Tribunale di Roma (Sentenza del 29/3/1973), in presenza di una clausola che vietava “attività che comportino rumori molesti “, ha considerato legittima l’utilizzazione ad ufficio, poiché questo era riservato agli impiegati e non al pubblico. La corte di cassazione (Sentenza n. 397 del 23/1/1989) ha stabilito, invece, che non può essere adibito a discoteca un locale riservato a magazzino. Con la sentenza n. 5393 del 2/6/1999, inoltre, ha vietato l’apertura di un supermercato in un complesso residenziale ubicato in una località marina, in quanto il regolamento escludeva “Qualsiasi uso incompatibile con l’igiene, il decoro e la quiete“. Al contrario, il tribunale di Milano (Sentenza del 26/3/1992), ha ritenuto legittima l’apertura di uno studio dentistico, anche se il regolamento vietava di destinare gli appartamenti a “gabinetti operatori o per la cura delle malattie infettive“, mentre il Tribunale di Napoli (Sentenza del 30/12/1997) ha considerato legittimo l’avvio di uno studio medico in presenza di una clausola che proibiva di adibire le unità immobiliari a “Gabinetto per cura di malattie infettive e contagiose“, avendo ritenuto che la mera occasionanità con la quale venivano prestate le cure da parte del medico di base escludeva la violazione della norma. Se l’uso contrario al regolamento dura da più di 20 anni, il diritto del condominio a far rispettare la clausola deve considerarsi prescritto (Corte di Cassazione 18/9/2000, n 12282). 176 Locazione Se il conduttore adibisce l’immobile ad uso vietato dal regolamento, il condominio può agire, indifferentemente, nei suoi confronti o nei confronti del condomino-locatore (Corte di Cassazione 6/4/1991, n 3600); questi, infatti, è tenuto non solo ad imporre contrattualmente al conduttore il rispetto degli obblighi e dei divieti previsto dal regolamento, ma anche a prevenirne le violazioni, sanzionandole, se del caso, con la cessazione del rapporto locatizio (Corte di Cassazione 29/9/1997, n 8239). E’ fatto salvo il diritto del condominio di esigere il risarcimento dei danni. Se poi il condomino-locatore, nonostante il regolamento glielo impedisse, aveva autorizzato il conduttore all’uso vietato, questo può chiedergli i danni qualora il condominio lo costringa a sospenderlo (Corte di Cassazione 13/12/2001, n 15756). Opere Il condomino può eseguire nel piano o nella porzione di piano di proprietà esclusiva, o nelle parti normalmente destinare all’uso comune, che siano state attribuite in proprietà esclusiva o destinate all’uso individuale, opere finalizzate a favorirne una destinazione d’uso piuttosto che un’altra, a condizione che un regolamento contrattuale non contenga limiti in tal senso (Corte di Cassazione 22/1/1985, n 256). Si deve poi trattare di opere che non rechino danno alle parti comuni, né determinino pregiudizio alla stabilità, alla sicurezza o al decoro architettonico dell’edificio. In ogni caso il condomino ne deve essere data preventiva notizia all’amministratore, specificando i dettagli dell’intervento e le modalità di esecuzione. L’amministratore, a sua volta, ne riferisce all’assemblea (Secondo comma articolo 1122 codice civile). Regolamento Per assicurare un miglior godimento dell’edificio nell’interesse comune, il regolamento può contenere limitazioni, più severe di quelle previste dalla legge, all’uso che i condomini possono fare delle rispettive unità immobiliari. Le relative clausole, però, devono essere chiaramente enunciate e approvate da tutti i condomini o da quelli le cui unità immobiliari vengano gravate dal divieto (Corte di Cassazione 30/7/1990, n 7654). L’approvazione può avvenire sia attraverso l’accettazione del regolamento predisposto all’originario, unico proprietario dell’edificio / Generalmente si tratta del costruttore), sia attraverso il consenso manifestato in senso all’assemblea nel caso di regolamento approvato in questa sede (Corte di Cassazione 19/10/1998, n 10335). I limiti introdotti dal regolamento hanno carattere tassativo e non sono pertanto suscettibili d’interpretazione estensiva, né di applicazione per analogia (Tribunale di Milano 21/11/1991). Il condominio, se non viene rispettato il regolamento che pone un limite alla destinazione d’uso delle proprietà immobiliari esclusive (Corte di Cassazione 6/12/1984, n 6397) e il risarcimento degli eventuali danni. USUCAPIONE E’ un modo di acquisto della proprietà a titolo originario, ossia che prescinde da un legame diretto fra il vecchio e il nuovo proprietario, con il diritto che nasce direttamente in capo al nuovo titolare. L’usucapione (Articolo 1158 e segg. Codice civile) ha lo scopo di conferire certezza ai rapporti giuridici attraverso la preferenza accordata a chi, pur non essendo proprietario di un bene, si cura di esso traendone i relativi benefici (Spesso con riflessi positivi anche sulla collettività), rispetto a chi, ancorché proprietario, trascura di servirsene. Requisiti dell’usucapione sono: il possesso del bene (Si deve trattare di possesso non violento né clandestino, o se, violento o clandestino, la violenza o la clandestinità devono essere cessate); occorre poi che il possesso si protragga per il 177 previsto periodo di tempo, variabile a seconda delle circostanze (Per esempio 20 anni per gli immobili il cui possesso sia stato acquistato in malafede, 10 se il possesso di questi beni è stato acquistato in buona fede e in base ad un titolo astrattamente idoneo a trasferirne la proprietà e trascritto nei registri immobiliari), senza subire interruzioni superiori ad un anno. E’ necessario infine che il bene sia suscettibile di usucapione: non sono tali, per esempio, i beni demaniali. Affinché, però, il possesso si trasformi in proprietà giuridicamente riconosciuta, occorre una sentenza del giudice, ottenibile provando il concorso di queste circostanze. Il condomino, per poter acquistare per usucapione la proprietà di una parte comune dell’edificio, deve provare di aver tenuto, per il periodo occorrente a far maturare il diritto ( 20 anni), una condotta diretta a rilevare in modo non equivoco agli altri condomini l’intenzione di comportarsi nei confronti della cosa comune non come semplice comproprietario di essa ma come proprietario esclusivo ( Corte di Cassazione 2/ 3/1998, n 2261), non essendo sufficiente che gli altri condomini si siano astenuti dal goderne (Corte di Cassazione 2/3/1998, n 2261): così, non basta aver utilizzato il lastrico solare condominiale come se fosse proprio, mentre gli altri condomini non si curavano di usarlo, come occorre, per esempio, averne bloccato l’accesso con una porta chiusa a chiave, facendo così chiaramente intendere l’intenzione di appropriarsi dello spazio comune. Non è neppure idoneo a far scattare l’usucapione l’uso particolarmente intenso della cosa comune, come nel caso del condomino che porti luce e acqua sul terrazzo condominiale, con allacciamento delle proprie utenze (Corte di Cassazione 25/5/1984, n 3236), o, essendo proprietario delle unità immobiliari ubicate a piano terra, usi più intensamente il vano d’ingresso (Corte di Cassazione 4/5/2012, n 6775). E’ possibile evitare l’usucapione notificando al condomino, prima che maturi il termine di legge, un atto di citazione o quanto meno un atto di costituzione in mora, come previsto dal quarto comma dell’articolo 2943 codice civile. USUFRUTTUARIO L’usufrutto (Articolo 978 e segg. Codice civile) è il diritto, riconosciuto ad un soggetto (Usufruttuario), di godere gratuitamente di un bene appartenente ad altro soggetto >>(Nudo proprietario), vita natural durante o per un certo periodo di tempo, usando la diligenza del buon padre di famiglia (Ossia la diligenza dell’uomo medio), e di ricavarne le relative utilità, con l’obbligo di rispettarne la destinazione economica, ossia di non orientarlo a scopi diversi da quelli cui è destinato; così, se l’usufrutto ha per oggetto un’abitazione, l’usufruttuario non può trasformarlo in ufficio. La posizione dell’usufruttuario di un’unità immobiliare ubicata in un edificio condominiale rileva sotto due profili: quello della contribuzione alle >>Spese comuni (Usufrutto) e quello della convocazione per l’assemblea (>>Convocazione dell’assemblea, Usufruttuario). LETTERA VERANDA 178 V - Z Il divieto di trasformare un balcone in veranda può essere imposto solo da un regolamento contrattuale (Corte di Cassazione 21/5/1987, n 4632); nel qual vaso per la realizzazione è necessaria l’unanimità. Comunque, anche se il regolamento tace sul punto, è consigliabile acquisire l’autorizzazione dell’assemblea e assicurarsi, in particolare, che abbiano votato a favore – e che la circostanza risulti dal verbale – i condomini cui l’iniziativa potrebbe arrecare particolare danno, per esempio perché, prolungando la soletta del balcone sul quale appoggia la veranda, la chiusura toglierebbe aria e luce al sottostante appartamento, ubicato magari sotto il livello stradale (Corte di Cassazione 14/12/1994, n 10704). In ogni caso ne deve dare preventiva notizia all’amministratore, specificando i dettagli dell’intervento e le modalità di esecuzione. L’amministratore, a sua volta, ne riferisce all’assemblea (Secondo comma articolo 1122 codice civile). Dal punto di vista dei condomini memo direttamente interessati alle conseguenze dell’intervento, invece, la trasformazione del balcone in veranda potrebbe essere contestata sotto il profilo igienico (Corte di Cassazione 7/7/1976 n 2543), del pregiudizio per la stabilità o il decoro architettonico dell’edificio, o della limitazione della circolazione di aria per scale e pianerottoli (Tribunale di Milano 26/6/1989). Se poi la veranda è realizzata all’ultimo piano ed è quindi riguardabile come >>Sopraelevazione, si pone l’esigenza di rispettare la relativa normativa, anche in relazione al maggiore o minore visibilità dell’opera dall’esterno (Corte di Cassazione 27/4/1989, n 1947). Distanza legale La Corte di Cassazione, con sentenza n. 17317, ha precisato che il condomino che abbia trasformato il proprio balcone in veranda, elevandola sino alla soglia del balcone sovrastante, è soggetto alla normativa sulle distanze di cui all’articolo 907 codice civile quando la costruzione insista su altra area dei terrazzi non ricadente in quella del sovrastante balcone, mentre non è tenuto ad analogo rispetto qualora la veranda insista esattamente nell’area del balcone senza debordare dal suo perimetro, in modo da non limitare la veduta in avanti e in appiombo del proprietario sovrastante. Giardino A mano che un titolo non disponga altrimenti, il diritto di godere in via esclusiva del giardino comune non abilita il condomino a compiervi opere di trasformazione (Qual è appunto la sua copertura con veranda) che si traducono in un pregiudizio delle utilità che esso è destinato ad apportare alle altre porzioni del fabbricato in termini di aereazione, amenità, vedute, ecc. ( Corte di Cassazione 27/7/1984, n 4451). Riscaldamento Alla trasformazione del balcone in veranda segue pressoché inevitabilmente il problema di spostare o sostituire i radiatori con altri dotati di maggiore superficie radiante. In tal caso, e sempre che l’innovazione non incida sul rendimento dell’impianto condominiale (Circostanza che può essere verificata attraverso un accertamento tecnico), prima d’intraprendere i lavori, si deve preavvisare l’amministratore, consegnandoli copia del progetto tecnico e dichiarandogli la disponibilità a farsi carico della maggiore spesa per il riscaldamento. VERBALE DI ASSEMBLEA Il verbale di assemblea è un documento fondamentale per risolvere molte controversie che possono accendersi all’interno del condominio; in caso d’impugnazione di una delibera, è ad esso che bisogna 179 rifarsi per accertare, per esempio, se la decisione è stata adottata con la prevista maggioranza, o se vi era il numero legale affinché l’assemblea potesse considerarsi validamente costituita. Contenuto Il verbale deve registrare, il più fedelmente possibile, le operazioni che si svolgono durante i lavori dell’assemblea. In particolare, per ciascuna delibera devono essere indicati con precisione i nominativi dei condomini che hanno votato a favore di quelli che hanno votato contro, con i rispettivi millesimi (Per completezza è opportuno indicare anche gli astenuti). Questi elementi sono indispensabili sia per individuare i condomini legittimati all’impugnazione del provvedimento (Come gli assenti o i dissenzienti), sia per accertare l’esistenza di eventuali situazioni di conflitto d’interessi che possono incidere sulla maggioranza ai fini della validità della delibera (Corte di Cassazione 29/1/1999, n 810). La delibera adottata senza che nel verbale siano stati indicati questi elementi è invalidata, né può essere attribuita efficacia sanante alla mancata contestazione, in sede di assemblea, dell’esistenza del quorum da parte del condomino disemnziemte, poiché questi non ha alcun obbligo di eccepire la circostanza pena decadenza (Corte di Cassazione 22/1/2000, n 697). Non è, invece, indispensabile indicare ora e luogo di convocazione (Tribunale di Trani 29/ 11/1984), anche se è consigliabile farlo per evitare discussioni. L’erronea indicazione a verbale della presenza di un condomino (E relativi millesimi) che sia invece assente non rende invalida la delibera se, detraendo questa presenza fittizia, non vengono meno né il quorum costitutivo, né quello deliberativo (Tribunale di Milano 19/10/2004, n 11896). Il verbale va compilato anche se l’assemblea non ha adottato alcuna delibera, per consentire a tutti i condomini, compresi gli assenti e i dissenzienti, di controllare lo svolgimento dei lavori e prendere le opportune iniziative (Corte di Cassazione 22/5/1999, n 5014). La stesura del verbale non è invece obbligatoria se la prima convocazione è andata deserta (Corte di Cassazione 24/4/1996, n 3862). Il verbale andrebbe compilato via via che si svolge la seduta, in modo da registrarne l’andamento con la massima fedeltà. Spesso, però, è redatto dopo che la seduta è stata dichiarata chiusa: il Tribunale di Palermo (Sentenza del 15/5/1964) lo ha considerato ugualmente valido. Il condomino ha diritto a che siano messe a verbale sue osservazioni, richieste e dichiarazioni, purché attinenti alla costituzione dell’assemblea e che le relative delibere (App. di Milano 18/9/1992): non, quindi, se finalizzate a meno intralcio dei lavori. Egli ha altresì il diritto di farsi rilasciare copia del verbale, anche se nel corso dell’assemblea non siano state adottare delibere. Il verbale di assemblea, in quanto atto privato e non pubblico, può ossee redatto in una lingua diversa dall’italiano, se così stabilisce la maggioranza (Tribunale di Rovereto 25/7/2005, n 2771). Efficacia probatoria Il verbale, anche nella parte in cui indica la presenza, di persona o per delega, dei condomini ( Corte di Cassazione 11/11/1992, n 12119), offre una prova presuntiva dei fatti che afferma esservi verificati in assemblea, per cui spetta al condomino che impugni la delibera provare la non veridicità (Corte di Cassazione 13/10/1999, n 11526). Sotto un altro profilo, il verbale contenente l’indicazione delle spese occorrenti alla conservazione o all’uso delle parti comuni costituisce prova scritta idonea per la richiesta di un decreto ingiuntivo nei confronti di un condomino moroso, ma se si vuole ottenere la clausola di provvisoria esecuzione del provvedimento, è necessario che la delibera contenga anche lo stato di ripartizione delle spese (Corte di Cassazione 21/11/2000, n 15017). Firma 180 Il verbale, una volta redatto, dev’essere firmato dal presiedente e dal segretario dell’assemblea. La Corte d’Appello di Milano (Sentenza del 23/4/1976) ha sancito l’inesistenza delle delibere indicate in un verbale non firmato dal presidente dell’assemblea. Successivamente, però, la Corte di Cassazione (Sentenza n. 4615 del 16/7/1980) ha stabilito che la mancanza di sottoscrizione da parte del presidente rende inopponibili ai condomini che non hanno partecipato all’assemblea le delibere da questa adottare, ma non impedisce che essi ne abbiano avuta conoscenza in altro modo. Se poi, attraverso il verbale, si formalizzano particolari accorsi fra i condomini o fra uno o più condomini da un lato e il condominio dall’altro (Si pensi a una transazione ), e se si vuole che acquisti l’efficacia probatoria di una scrittura privata, dev’essere firmato da tutti coloro che danno vita all’accordo (Corte di Cassazione 10/4/1979, n 2071). Invio. Il verbale dev’essere inviato in copia ai condomini che non erano presenti all’assemblea, neppure per delega. Non c’è un termine entro il quale l’amministratore è tenuto a curare questo adempimento; al fine, però, di sgomberare quanto prima il terreno da possibili impugnazioni delle delibere adottare (Quelle annullabili possono esserlo entro 30 giorni dal ricevimento del documento), è preferibile farvi luogo quanto prima. L’invio del verbale effettuato con ritardo non è comunque motivo di nullità delle delibere adottate (App. Milano 22/7/1997). L’amministratore non può limitarsi ad indicare, in calce alla copia del verbale trasmesso ai condomini assenti, che la maggioranza per la costituzione dell’assemblea non è stata raggiunta, ma deve indicare in modo preciso e dettagliato gli elementi comprovanti l’esistenza del vizio denunciato (Corte di Cassazione 19/1/1985, n 140). Riapertura Se, dopo che la seduta è stata dichiarata chiusa, e dopo che alcuni condomini si sono allontanati, il verbale viene riaperto, l’eventuale delibera che dovesse essere adottata senza che si sia fatto luogo a una nuova convocazione dell’assemblea è nulla (Corte di Cassazione 5/6/1991, n 6366). VETRINA E’ possibile installare una vetrina nella parte del muro condominiale che delimita un locale commerciale di cui si è proprietari, ma, a condizione che, come previsto dall’articolo 1102 codice civile, non sia alterato la destinazione del muro comune e non s’impedisca agli altri condomini di farne pari uso secondo il loro diritto (Corte di Cassazione 12/2/1998, n 1499). VIDEOCITOFONO L’installazione di un videocitofono può essere deliberata con il voto favorevole della maggioranza degli intervenuti all’assemblea, in rappresentanza di almeno 500/1.000 (Articolo 1122-ter codice civile). Se però, considerate le caratteristiche dell’edificio, l’introduzione di questo impianto è riguardabile come innovazione gravosa o voluttuaria, i condomini devono essere tutti d’accordo; altrimenti, trattandosi d’impianto suscettibile di utilizzazione separata, l’installazione può avvenite a cura e spese di alcuni condomini soltanto, con gli altri che potranno, in qualsiasi tempo, partecipare ai vantaggi dell’innovazione, contribuendo alle spese di esecuzione e di manutenzione dell’opera opportunamente rivalutate. La prova che si tratti d’innovazione gravosa o voluttuaria è a carico di chi non intende contribuire alla spesa. Stesse regole per sostituite l’impianto del citofono con il videocitofono. Quanto ai costi, se si tratta di nuova installazione andrebbero rapportati alla distanza di ciascun appartamento dalla pulsantiera (Secondo comma articolo 1123 codice civile), e VIGILANZA 181 in ogni caso al numero dei terminali installati in ciascun’unità immobiliare. Se invece si tratta di riparazione dell’impianto ci si può rifare ai millesimi di proprietà. ARMATA Armata. Al servizio di vigilanza armata, sia pure in presenza di una situazione di estremo disagio determinata da ripetuti furti, non può essere istituito su iniziativa dell’amministratore, ma è necessaria una convenzione sottoscritta da tutti i condomini: si tratta, infatti, di un’iniziativa che esula anche dai poteri dell’assemblea (Corte di Cassazione 20/4/1993, n 4631). Notturna L’assemblea può deliberare, limitatamente a determinati periodi dell’anno o giorni della settimana, un servizio di vigilanza notturna per sopperire all’assenza temporanea del portiere. Trattandosi di un servizio finalizzato alla conservazione o alla gestione delle cose comuni, può essere attivato con il voto favorevole della maggioranza degli intervenuti in assemblea, in rappresentanza di almeno 500/1.000 (Tribunale di Napoli 21/3/2000). VIOLENZA Non è frequente, come testimoniano ricorrenti fatti di cronaca, che gli screzi che caratterizzano la vita condominiale sfocino in veri e propri reati, quali esercizio arbitrario delle proprie ragioni, ingiuria, violenza privata, percosse, lesioni personali o addirittura omicidio. Superfluo aggiungere che è consigliabile astenersi dal tenere comportamenti del genere; sia per evitare le conseguenti sanzioni penali e di essere chiamati a risarcire il danno, sia per non incorrere in provvedimenti di altra natura ma non meno pesanti; nei confronti del condomino indagato per lesioni personali e violenza privata a danno di uno o più vicini, infatti, il giudice può disporre la misura cautelare del divieto di dimora nell’edificio condominiale (Corte di Cassazione 20/12/2006, n 38101). ZANZARIERA Se il regolamento contrattuale stabilisce che l’aspetto esterno dell’edificio non può subire modifiche, l’assemblea può vietare a un condomino l’installazione sul proprio balcone di una che, per le sue caratteristiche (Telaio alluminio installato lungo il perimetro esterno del balcone dell’appartamento), risulti immediatamente visibile dall’esterno e lesiva al decoro architettonico dell’edificio (Corte di Cassazione 29/4/ 2005, n 8883). ZERBIN O I condomini, a meno che non lo vieti il regolamento o non lo consenta lo stato dei luoghi (Per esempio perché lo spazio è ristretto), possono collocare sul pianerottolo piante, oggetti ornamentali, tappeti e zerbini, a condizione di non creare situazioni di pericolo per chi transita lungo le scale, o di non costringerlo a movimenti disagevoli. 182 183