IL MALATO IMMAGINARIO

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IL MALATO
IMMAGINARIO
Tutto questo lo spingeva a censurare i propri problemi e quindi ad
esagerare il pedale comico-farsesco o a nascondere abilmente qualcosa di drammaticamente autobiografico dietro molte delle battute
e delle situazioni comiche del testo?
Questo è il tema interpretativo del Malato immaginario, lo scontro tra
due forze opposte; da un lato la formidabile struttura comica, con la
sua perfetta efficacia e il ritmo forsennato, dall’altro la particolare
percezione del testo macchiato con il sangue della sua morte “quasi
in scena” e riletto alla luce della sua biografia.
C’è un “Malato” fino alla quarta replica e ce n’è un altro dalla quinta
in poi…
A quale dobbiamo dare ascolto?
Ogni volta che leggo Il malato immaginario mi viene di pensare che
la storia raccontata sia in realtà un sogno di Argante, l’allucinazione
di un ipocondriaco ossessionato dalla paura delle malattie e da un
turbine di donne petulanti, che cerca sicurezza e rifugio nei medici e
nelle medicine. Del resto, cosa c’è di più universale di un uomo che
vive nella paura della morte, circondato da donne più o meno interessate, in una dimensione di delirante claustrofobia?
Anche i tre intermezzi previsti da Molière per dare spazio alla moda
dell’epoca, l’opera-balletto, non sono in qualche modo tre visioni oniriche parallele al testo che interrompono la struttura narrativa della
più classica delle commedie con inserti “sperimentali”, antirealistici
e vagamente onirici? Ogni regista che affronta il “Malato” deve fare i
conti con questi intermezzi: c’è chi li taglia e chi cerca di interpretarli.
Così come sono stati scritti da Molière e musicati da Charpentier,
hanno il valore di un importante documento di storia del teatro, ma
sono irrapresentabili oggi, per ragioni di gusto del pubblico e per problemi di organico delle compagnie di prosa. Resta quindi da decidere:
eliminarli oppure cercare una traduzione scenica più vicina alla nostra
sensibilità, senza tradire 1o spirito con cui erano stati progettati da
Molière? Ho cercato in questo spettacolo di immaginare una visione
moderna di questi intermezzi-sogni, coerente con le angosce e gli incubi di Molière/Argan.
Marco Bernardi
IL MALATO IMMAGINARIO
TEATRO SOCIALE venerdì, 7 marzo 2014 – ore 20.30
sabato, 8 marzo 2014 – ore 20.30
di Molière
Argante, malato immaginario
Bellina, seconda moglie di Argante
Angelica, figlia di Argante
Beraldo, fratello di Argante
Cleante, innamorato di Angelica
Il Dottor Diarroicus, medico
Tommaso Diarroicus, suo figlio
Il Dottor Purgon, medico di Argante
Il Signor Olenti, farmacista
Il Signor Buonafede, notaio
Tonina, cameriera
Traduzione
Angelo Dallagiacoma
Regia
Marco Bernardi
Scene
Gisbert Jaekel
Costumi
Roberto Banci
Luci
Giovancosimo De Vittorio
Produzione
Teatro Stabile di Bolzano, Bolzano
Paolo Bonacelli
Giovanna Rossi
Gaia Insenga
Carlo Simoni
Massimo Nicolini
Libero Sansavini
Fabrizio Martorelli
Roberto Tesconi
Maurizio Ranieri
Riccardo Zini
Patrizia Milani
PROSE 1
NOTE DI REGIA
Il malato immaginario è l’ultimo grande capolavoro comico di Molière.
Una farsa di impianto classico, colma di eccellenti spunti comici in cui
però alcuni strani elementi di verosimiglianza permettono di ipotizzare un certo mondo concreto o - se si preferisce - una certa visione
del mondo. La farsa è quella che Molière, primo attore del re, ha
ideato e scritto per il divertimento e per la digestione del suo sovrano;
la visione del mondo (che mai il poeta riesce a nascondere, neppure
nell’opera di più disincantato mestiere) è quella di un uomo che ha
smarrito nelle delusioni della vita la fiducia in se stesso e nei propri
simili e la stessa voglia di vivere. L’inconciliabilità o forse meglio l’antinomia non risolta tra questi due opposti elementi fa del Malato immaginario un’opera di straordinaria ricchezza e un lancinante
documento della condizione interiore di Molière nel suo ultimo
anno di vita. Fra i suoi capolavori è quello che ai nostri occhi di posteri
appare più circonfuso da un alone sacro: su queste parole Molière si
spense, su quel mitico seggiolone al centro della scena, quello stesso
che tuttora si conserva alla Comedie Francaise, alla quarta replica egli,
che recitava la parte di Argan, fu attaccato dal male e morì poche ore
dopo. Ma questi tre atti, al di là della loro sostanza comica, dispiegano
anche un alone onirico. I personaggi e gli accadimenti si confondono
fino a diventare i sogni del Malato. La commedia inizia in tono tradizionale, secondo i più classici e consolidati dettami comici, ma si trasforma poco a poco. Impercettibilmente evolve verso il tragico, ma
questo tragico diventa grottesco, stravagante e ride sotto i baffi fino
all’allucinazione, al delirio e alla morte.
Il malato immaginario è il testamento di Molière; ce lo lascia da par
suo, con gli intrighi di sempre, naufragato e nascosto nella beffa e nel
riso, nel gioco di prestigio tra realtà e finzione, o meglio tra finzione
e finzione della finzione, che è l’amara filosofia di tutto il suo teatro.
Mi chiedo spesso: quale sarebbe stata la tradizione interpretativa del
Malato immaginario se Molière non fosse morto “quasi in scena” recitando la quarta replica nel ruolo di Argante in quel fatidico venerdì
17 febbraio 1673? Probabilmente la struttura comica del testo si sarebbe dispiegata in modo più naturale, più farsesco, senza troppi pudori. Ma come si fa a non pensare a quel seggiolone vuoto al centro
della scena, al viaggio infausto nella malattia “vera” che aveva accompagnato l’autore nei mesi in cui scriveva e metteva in scena il
testo, al pessimo umore a cui l’aveva portato la sconfitta subita da
Lulli sul diritto esclusivo, concesso dal re, di usare l’orchestra in scena.
Ancora, quanto c’è nel rapporto e nelle scene tra Argante e la moglie,
del pessimo stato in cui era precipitato il matrimonio di Molière con
la giovane Armande Bejart?
si ringrazia
TEATROSOCIALECOMO.IT
La stagione nOTTe 2013/14 è realizzata con il contributo di
e con
Società Palchettisti
del Teatro Sociale
Provincia di Como
Comune
di Como
si ringrazia
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