Ministero per i Beni e le Attività Culturali Comune di Bari Provincia di Bari Regione Puglia Università degli Studi di Bari Camera di Commercio di Bari T e at ro K is m et O pe r A stabile di innovazione Teatro Kismet OperA Il malato immaginario ovvero le Molière imaginaire regia adattamento e riscrittura di Teresa Ludovico Il malato immaginario ovvero Le Molière immaginaire produzione del Teatro Kismet OperA, stabile di innovazione Il malato immaginario ovvero le Molière imaginaire Una casa del sud, in un bianco e nero da pellicola neorealista, con qualche lampo di colore. Una maschera, Pulcinella, espressione di quell’anima popolare, beffarda, liquida che pervade tutta l’opera di Molière; uno spirito che entra ed esce dai panni di una serva o di un fratello e che continuerà la sua recita anche quando si spegneranno le luci della ribalta. Un malato brontolone accudito da una serva petulante e ficcanaso, insolente e fedele come sapevano essere certe nostre donne, un po’ zie un po’ comari, un po’ tuttofare che governavano casali, masserie o palazzotti di signori o finti signori. Una figlia angelica, una moglie perfida, un fratello consigliere, un giovane innamorato e medici, tanti medici che millantano crediti, maschere farsesche in un mulinello a volte assordante, una danza grottesca di quel quotidiano stretto fra le pareti domestiche dove ogni sussurro si amplifica, dove covano intrighi, dove si fingono finzioni e il malato? Imaginaire… Per il malato Argante, “vivere è essere malati”! Non gli interessa la guarigione ma quel mistero che i medici, con la loro presenza, le loro cure, le loro formule in latino gli promettono. La malattia come bisogno di non esistere, di addormentarsi, finché tutta la vita sia risucchiata dal quel nulla anestetico che aspira all’eternità. Solo una malattia immaginaria può proteggere dalla disperazione di vivere. Argante è un solitario e il suo è un immenso soliloquio, un teatro-monologo. Forse solo Molière sarebbe potuto essere il suo interlocutore; infatti, eccezionalmente, è citato in scena cancellando così il diaframma tra il teatro e la realtà, tra la recitazione e la vita. Tra Molière e Argante c’è una relazione misteriosa e profonda, non è la malattia il loro punto d’incontro ma la comune vocazione immaginaria, la loro separazione dalla realtà. La musica, negli spettacoli di Molière era fondamentale, storica la collaborazione con Lulli, compositore italiano di corte, e storica la rottura del loro rapporto in occasione della messa in scena de Il malato immaginario. Avendo Nino Rota composto Le Molière imaginaire si è “immaginato” che i due artisti si incontrano e dialogano; tre secoli li separano, ma l’arte non conosce tempo e spazio. Un Molière anche per raccontare l’artista Molière, la vita di chi professa la fede del teatro. Alla quarta replica de Il malato immaginario, come un” povero cristo, ” Molière, nella parte di Argante, volse gli occhi al cielo, perse la parola e rimase soffocato dalla gran quantità di sangue che gli usciva dalla bocca. Agli attori era negata la sepoltura in terra consacrata, a meno che non avessero rinnegato la propria professione. Fu necessario l’intervento del Re Sole perché potesse essere inumato, di notte, in un cimitero. Ma avrebbe Molière rinnegato mai la sua professione? No. Dopo che il morso del teatro ti ha inciso profondamente, dove ti seppelliscono non conta più. Vita e scena si mischiano, il tempo dell’arte è un tempo ibridato di perenne inquietudine, pezzi di personaggi si attaccano alla pelle e pezzi di pelle leniscono le ferite dei personaggi. Le Molière imaginaire ovvero la malattia del teatro Perché Molière? perché abbandonò il suo nome Jean-Baptiste Poquelin per lo pseudonimo Molière (da mulier, donna?) quasi a voler assumere un’altra natura e svelarne i misteri… perché ebbe il coraggio di rinunciare ad una carica ereditaria alla corte del Re e fondare a 21 anni l’Illustre Théâtre insieme a Madeleine Béjart, un’attrice che fu sua amante e di cui, venti anni dopo, sposò la figlia… perché per quella giovane sposa si macerò di gelosia tanto da suggerire, ne La scuola delle mogli, un metodo per garantirsi contro il “pericolo delle corna”… perché fu un tenero Misantropo, spesso vittima degli intrighi di Corte e di quella ipocrisia che tanto combatté nel Tartufo… perché usò una lingua impura nutrita di arcaismi, di locuzioni italiane e spagnole, di metafore e modi di dire popolari, ma sempre intensa e pronta ad esprimere le umanissime domande, dubbi, paure e contraddizioni… perché qualche giorno prima di morire disse a sua moglie “finché la mia vita è stata un misto di dolore e di gioia io mi sono considerato un uomo felice, ma oggi, che mi sento schiacciato dalle pene, senza poter contare su alcun momento di soddisfazione e di dolcezza, capisco che bisogna rinunciare e andarsene…” perché il 17 febbraio del 1673 alla quarta rappresentazione della sua trentesima opera teatrale, pur stando male, rifiutò di interrompere le recite, per non privare del pane, disse, i macchinisti e i servi di scena che lavoravano con lui… perché il gioco crudele del caso lo costrinse, malato per davvero e prossimo alla morte, a dar vita ad un personaggio che non soltanto non lo era, ma fingeva di esserlo… perché era un teatrante che intrecciava vita e arte a cui la sorte ironicamente diede una mano… Teresa Ludovico Teresa Ludovico – nota biografica Regista, autrice e attrice Teresa Ludovico ha frequentato la Scuola dell’attore diretta da Orazio Costa e il Laboratorio biennale del Teatro Nucleo di Ferrara, perfezionando l’esperienza sotto la guida di maestri quali Ludwik Flaszen, Yves Lebreton, Accademia Ruku, Dario Manfredini, Dominique De Fazio, Tapa Sudana, Marco Baliani, Giorgio Rossi, Alain Maratrat, Cesar Brie oltre a condurre una ricerca specifica sulle arti marziali. Ha frequentato l’ISTA di Eugenio Barba e altri percorsi di ricerca con attori dell’Odin Teatret. Ha studiato drammaturgia con Giorgio Testa e si è avvicinata al teatro musicale scrivendo e interpretando Medea, “opera senza canto” del compositore Giovanni Tamborrino. È stata assistente alla regia di Marco Martinelli per gli spettacoli All’Inferno e Uccelli, di quest’ultimo testo ha curato la regia di una nuova edizione prodotta dal Teatro Kismet OperA. Con il Teatro Koreja di Lecce ha collaborato per gli spettacoli Amori e I Refrattari. Dal 1993 fa parte del Teatro Kismet Opera di Bari, dove ha diretto i percorsi di formazione dell’attore. Autrice e interprete di Nairice, una sirena fuor d’acqua ha partecipato come attrice agli spettacoli Vangelio, diretto da Enzo Toma e Miles di Marco Martinelli. Dal 1998 è regista stabile del Kismet per il quale ha scritto e diretto gli spettacoli Ecuba e i suoi figli, Bella e Bestia (premio ETI Stregagatto 2002), Gilgames presentati in festival e lunghe tournèe internazionali. Nel maggio 2004 ha messo in scena, con un gruppo di quaranta disabili, Il compagno di viaggio, di H.C. Andersen avviando un percorso di ricerca sulla produzione del favolista danese. Nell’agosto 2005 il Setagaya Public Theatre di Tokio le ha commissionato drammaturgia e regia per lo spettacolo La regina delle nevi di Andersen. Nel giugno 2006 debutta all’Hellenic festival di Atene la versione italiana de La Regina delle Nevi che tradotta in quattro lingue sarà rappresentata in una lunga tournèe. Nell’ottobre del 2006 è regista e interprete dello studio Week end di Annibale Ruccello. Nel dicembre 2006 firma la regia lirica, per la Fondazione Petruzzelli, de Il principe Porcaro di Nino Rota con la direzione del Maestro Nicola Scardicchio. Nel giugno 2007 ne cura il riallestimento, a Birmingham. E’ voce recitante nel concerto dell’Orchestra Sinfonica del Conservatorio di Bari Peer Gynt. Nel settembre2007 partecipa a Torino Spiritualità, come autrice dei testi e interprete nel concerto teatrale In search of Simurgh, realizzato in collaborazione con i Radiodervish. Nell’ottobre 2007 debutta, al Teatro Kismet, La prima classe, uno spettacolo con 25 attori disabili, e a dicembre con la compagnia del Setagaya Public Theatre, a Tokyo, La principessa sirena, di entrambi cura drammaturgia e regia. Nel febbraio 2008 è interprete dello studio Esplorazione Tarantino con la regia di Marco Martinelli. Nell’aprile 2008 interprete e regista de Fairy queen d’Olivier Cadiot, nel maggio ha curato per la Fondazione Petruzzelli la regia di Elia opera musicale contemporanea di G.Tamborrino con testi di E.Quarto. Note Regia, adattamento e riscrittura di Teresa Ludovico con Augusto Masiello, Marco Manchisi e con Andrea Fazzari, Daniele Lasorsa, Ilaria Cangialosi, Michele Cipriani, Serena Brindisi/Cristina Mileti Fagotto Michele Di Lallo Pianoforte Cosimo Castellano Arrangiamenti musicali Michele Di Lallo Consulenza musicale Nicola Scardicchio e Leonardo Smaldone Spazio e luci Vincent Longuemare Assistente alla drammaturgia Loreta Guario Assistente alla regia Tatsuya Kusuhara Adattamento in lingua napoletana Marco Manchisi Collaborazione al movimento Giorgio Rossi Costumi Luigi Spezzatatene Sartoria Atelier Casa d’Arte Maschera di pulcinella Stefano Perrocco di Meduna Il cachet dello spettacolo varia da un minimo di 6.000 euro a un massimo di 9.000 euro in relazione alla presenza o meno dei muiscisti dal vivo, al numero di repliche programmate e al periodo. Informazioni: Teatro Kismet OperA Strada San Giorgio martire 22/F, Bari Tel. 080 579 76 67 www.teatrokismet.org; [email protected]