Esami di stato es. prova4_mobilita_sociale

Prova 4
Scuola e mobilità sociale
A Il candidato svolga la seguente traccia, con riferimenti alle sue conoscenze in ambito
sociologico, antropologico e pedagogico.
«[In Italia] la distribuzione dei titoli di studio varia ampiamente a seconda della posizione sociale di
origine: se da un lato i figli della borghesia professionale e degli impiegati di concetto hanno
conseguito un diploma di scuola media superiore o un titolo di studio universitario in 80-90 casi su
cento, dall’altro lato i figli degli operai e dei lavoratori agricoli sono riusciti a superare il limite
dell’obbligo scolastico solo nel 20-30% dei casi. I dati, dunque, non lasciano adito a dubbi: a
dispetto dell’articolo 34 della Costituzione della Repubblica italiana – secondo il quale «la scuola è
aperta a tutti» e «i capaci e meritevoli, anche se privi di mezzi, hanno diritto di raggiungere i gradi
più alti degli studi» – nel nostro Paese l’accesso all’istruzione è, ancora oggi, fortemente
influenzato dalla posizione sociale di origine […].
Dunque, l’evidenza empirica disponibile mostra che attualmente, in Italia, la posizione di origine
esercita il proprio effetto sperequativo sulle opportunità di mobilità sociale sia indirettamente –
cioè, tramite l’istruzione – sia direttamente. L’esistenza dell’effetto indiretto è una chiara
testimonianza del fatto che la scuola, anziché essere un luogo di realizzazione dei principi
meritocratici e, quindi, uno strumento di emancipazione sociale, contribuisce in modo rilevante a
riprodurre le disuguaglianze sociali legate alle condizioni di nascita. D’altra parte, l’esistenza
dell’effetto diretto […] indica che, perfino in presenza di una perfetta uguaglianza delle opportunità
di istruzione, un certo grado di ereditarietà sociale – prodotto da meccanismi come la trasmissione
intergenerazionale del patrimonio, il nepotismo e il clientelismo – continuerebbe a sussistere,
impedendo in questo modo la piena affermazione del principio di uguaglianza delle opportunità».
M. Pisati, Mobilità sociale in Enciclopedia Treccani. XXI Secolo, 2009
Il candidato illustri il rapporto non lineare tra istruzione e mobilità sociale, con riferimento alle teorie
sociologiche della scuola, chiarendo le ragioni dell’inadeguatezza del sistema scolastico a colmare
le disuguaglianze sociali, soprattutto in Italia, e ipotizzando quali cambiamenti nella struttura
sociale, nella mentalità della gente e nelle politiche scolastiche potrebbero contribuire a realizzare
l’uguaglianza sostanziale fra i cittadini auspicata dall’articolo 34 della Carta costituzionale.
B Il candidato risponda in modo chiaro e sintetico a tre dei seguenti quesiti.
a. Che cosa si intende con l’espressione D.O.E. (Disuguaglianza delle Opportunità Educative)?
b. Le società di cacciatori-raccoglitori sono società tendenzialmente egualitarie. Come viene
mantenuta l’uguaglianza fra i membri della comunità?
c. La scuola «è un ospedale che cura i sani e respinge i malati», secondo gli allievi di don Lorenzo
Milani nel famoso libro Lettera ad una professoressa. Illustra il contributo di don Milani al dibattito
sui carattere classista della scuola italiana.
Patrizia Scanu © Pearson Italia S.p.A.
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d. Illustra le principali ideologie di sostegno o di critica della globalizzazione.
e. Che cos’è il mana? Quali altre credenze nel soprannaturale si incontrano nelle diverse religioni?
f. Che cosa si intende con l’espressione media education?
Patrizia Scanu © Pearson Italia S.p.A.
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A
Analisi della traccia
L’argomento della traccia è la relazione fra livello di istruzione e mobilità sociale. L’autore del brano
riportato è il sociologo Maurizio Pisati. La sua tesi, peraltro corroborata da molte ricerche
internazionali, è che, anche a parità di opportunità di istruzione, lo status sociale di origine esercita
un effetto sperequativo sulla mobilità sociale, ovvero è un fattore di disuguaglianza, sia
direttamente, favorendo o sfavorendo l’accesso alle carriere e alla ricchezza in base alle condizioni
economiche e ai rapporti sociali delle famiglie d’origine, sia indirettamente, all’interno della scuola,
dove le disuguaglianze vengono mantenute e non ridotte, come vorrebbe il dettato costituzionale.
La nostra Costituzione, infatti, all’articolo 34 prescrive cha la scuola sia pubblica, aperta a tutti e
democratica, nel senso che offra a tutti i cittadini, indipendentemente dalla loro condizione
economica e sociale, un’uguale opportunità di accesso ai gradi più alti di istruzione. L’uguaglianza
delle opportunità di ricevere un’istruzione completa per tutti, qualunque sia la posizione sociale,
viene chiamata uguaglianza sostanziale: non basta infatti che la scuola sia in astratto aperta a tutti
(uguaglianza formale), se poi di fatto i percorsi di studio e il successo scolastico dipendono dalle
condizioni sociali della famiglia d’origine. La realizzazione completa dell’articolo 34 è la condizione
di una piena democrazia.
Le richieste della consegna sono chiare:
1. illustrare, attraverso le teorie sociologiche della scuola, il rapporto fra istruzione e mobilità
sociale;
2. argomentare le ragioni per le quali la scuola non riesce a realizzare l’uguaglianza e quindi a
garantire la massima mobilità sociale;
3. argomentare, con una propria riflessione personale, quali cambiamenti potrebbero rendere
la scuola più capace di garantire l’uguaglianza sostanziale fra i cittadini; tali cambiamenti
potrebbero verificarsi su tre livelli: la mentalità della gente, le politiche scolastiche e la
struttura sociale.
Le parole-chiave sono scuola, posizione sociale, effetto sperequativo, mobilità sociale,
uguaglianza delle opportunità di istruzione, disuguaglianza. Il testo richiesto è espositivoargomentativo, con uno sbilanciamento verso l’argomentativo. Le discipline coinvolte sono la
sociologia e la pedagogia.
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Brainstorming
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Suggerimenti per lo svolgimento
Per lo svolgimento, occorre richiamare alla mente le teorie sociologiche della scuola: quella
funzionalista (Parsons e Sorokin) e tecnofunzionalista (Davis e Moore), quelle neomarxiste (in
particolare Althusser e Bourdieu) e quelle neoweberiane (in particolare Collins e Archer).
Ovviamente, anche altre teorie sono appropriate. Tuttavia, il riferimento più importante è alle
ricerche di Charles A. Anderson e al famoso paradosso di Anderson (non c’è correlazione fra
istruzione relativa e status relativo: se i figli hanno un titolo di studio superiore ai genitori, questo
non si traduce in un miglioramento di status rispetto ai genitori). Anderson è un funzionalista, ma la
sua ricerca empirica gli mostra che, a differenza di quanto sosteneva Parsons, l’istruzione non
produce mobilità sociale. I titoli di studi sono sempre più necessari, ma meno utili per avanzare di
status.
Le teorie funzionaliste si concentrano sulle funzioni sociali della scuola, e in particolare sulla sua
funzione di allocazione degli individui nella struttura sociale: la scuola filtra e colloca le persone ai
vari livelli della stratificazione sociale, che sono tutti necessari al buon funzionamento della società;
per i tecno funzionalisti il compito della scuola è sviluppare le competenze professionali necessarie
per inserirsi nei ruoli produttivi richiesti dalla società. Le teorie neomarxiste vedono nella scuola
uno strumento di riproduzione della stratificazione sociale e dei rapporti di dominio nella società;
sostengono quindi che la scuola non produce mobilità sociale, ma serve a mantenere la struttura
sociale esistente. Le teorie neoweberiane mettono in luce come ci sia nella società una spinta dal
basso a conseguire titoli spendibili nella società per ottenere prestigio (corsa alle credenziali), ma
anche come la scuola sia la risultante delle lotte di potere ed esprima equilibri momentanei. La
scuola non è un fattore di uguaglianza, ma di esclusione sociale dalle posizioni più elevate in
assenza dei titoli di studio (Collins).
Alcune di queste teorie spiegano come mai la scuola non garantisca mobilità sociale: la struttura
sociale lo impedisce, al di là di ogni politica scolastica di democratizzazione; inoltre, fra le cause si
può fare riferimento all’inflazione dei titoli di studio, che penalizza proprio le classi inferiori e
impedisce loro di far valere principi meritocratici per salire nella scala sociale. Sembra che più le
politiche scolastiche sono democratiche, meno alla lunga consentano l’ascesa sociale delle classi
inferiori. Altre ragioni possono essere la minore motivazione delle famiglie meno istruite a far
proseguire gli studi ai propri figli (con incremento della dispersione scolastica), oltre al fatto che le
famiglie socialmente svantaggiate subiscono un impatto economico maggiore per il prolungamento
degli studi dei propri figli e offrono spesso un ambiente meno ricco di stimoli intellettuali (Bernstein,
codice elaborato e codice ristretto); la maggiore forza economica e culturale delle famiglie istruite o
abbienti e la quantità e qualità dei loro rapporti professionali e sociali. La scuola italiana è stata a
lungo scuola d’élite e fa effettivamente fatica, in una situazione di disinvestimento economico e
politico, a garantire pari opportunità a tutti. L’estrazione sociale interferisce nel rapporto fra
istruzione e status (Bourdieu), anche se l’istruzione ha un certo peso nella carriera professionale
(Blau e Duncan).
L’ultimo punto è lasciato alla riflessione personale. Tra gli argomenti, si può fare riferimento alle
politiche scolastiche che tendono a democratizzare la scuola, che però spesso non sono viste di
buon occhio proprio dalle classi che ne sono destinatarie e che si vedono sfumare il prestigio del
titolo di studio mano a mano che si amplia il numero di coloro che lo raggiungono; poi al fatto che
esiste, nella società italiana, una componente familista e clientelare che andrebbe modificata con
un’incisiva educazione alla cittadinanza e infine alla constatazione che la scuola non può che
rispecchiare le contraddizioni della società; certo può essere migliorata, ma non può garantire da
sola la democrazia, se l’uguaglianza non si realizza anche in altri ambiti della società.
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Scaletta
1 Definizione dei termini del rapporto
fra istruzione e mobilità sociale: le
teorie sociologiche
2 I motivi della relazione non lineare fra
istruzione e mobilità
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3 Possibili cambiamenti
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Mobilità sociale, uguaglianza delle opportunità
educative, democrazia
Il paradosso di Anderson
Il livello di istruzione ha comunque un certo peso
nella mobilità (Blau e Duncan)
Il funzionalismo (Parsons e Sorokin)
Il tecnofunzionalismo (Davis e Moore)
Le teorie neomarxiste (Althusser e Bourdieu)
Le teorie neoweberiane (Collins e Archer)
Scuola come agente di conservazione della struttura
sociale (Althusser); ruolo dell’estrazione socioculturale (Bourdieu)
Scuola come strumento di esclusione sociale
(Collins)
Inflazione dei titoli di studio
Minore motivazione delle famiglie socialmente
svantaggiate
Minore facilità di accesso per barriere culturali
(Bernstein)
Minore disponibilità economica e di contatti sociali
Familismo e clientelismo che favoriscono le classi
privilegiate
Didattica selettiva e dispersione scolastica
Politiche scolastiche di democratizzazione della
scuola, ma con investimenti sulla qualità
dell’insegnamento (rischio dell’inflazione di titoli);
investimento economico (gratuità, borse di studio);
selettività nell’accesso all’insegnamento e
formazione degli insegnanti
Educazione alla cittadinanza democratica per
combattere la mentalità familista e clientelare, che
annulla il valore del merito (Calamandrei: la scuola
pilastro della democrazia)
Combattere la disuguaglianza economica, che è la
causa ultima
Per approfondire
Piero Calamandrei, Discorso pronunciato a Roma l’11 febbraio 1950
(http://www.uaar.it/uaar/ateo/archivio/2002_3_art1.html)
Mobilità sociale in Encicopedia Treccani online (http://www.treccani.it/enciclopedia/mobilitasociale); ci sono diverse versioni di questa voce, di autori diversi; tutti trattano del rapporto fra
istruzione e mobilità sociale.
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LA PROVA SVOLTA DA UNO STUDENTE
La prova che viene qui presentata è stata svolta in classe durante una simulazione d’esame da un
allievo di quinta del Liceo delle Scienze umane. Si tratta di una buona prova, anche se non esente
da difetti. Proviamo ad analizzare il testo del tema, accompagnato dalle note di correzione; alla
fine, seguirà il commento allo svolgimento. La stessa operazione verrà replicata con i quesiti.
A. Svolgimento della traccia e correzioni
SVOLGIMENTO
In uno Stato moderno a carattere democratico, la vox
populi comune afferma che c’è una corrispondenza
lineare tra il grado d’istruzione raggiunto da uno
studente e il suo futuro impiego nel mondo lavorativo
e nella società.
La sociologia ha cercato di verificare quanto questa
concezione fosse fondata: analizzando dati statistici
riguardanti questo fenomeno, ci si accorge che in
realtà non c’è una corrispondenza lineare tra
istruzione e mobilità sociale. I funzionalisti, increduli
davanti a questo fatto, hanno cercato di analizzare
come il sistema scolastico possa determinare lo
status e il ruolo che una persona avrà nella società. Il
sociologo Anderson descrisse una situazione
allarmante,
conosciuta come
“paradosso di
Anderson”: egli si rese conto che, indipendentemente
dal grado d’istruzione raggiunto, un ragazzo tende a
posizionarsi nella scala sociale sullo stesso livello del
padre. Blau e Duncan presero un campione di 25.000
ragazzi e analizzarono la corrispondenza tra
posizione sociale occupata e percorso di studi
effettuato. I risultati di Anderson non vennero smentiti:
ancora una volta si mise in luce come lo status dei
genitori influenzi quello dei figli. Per questo motivo,
Bourdieu giunse a concludere che non soltanto la
corsa al titolo scolastico, ma anche quella al posto di
lavoro sono influenzate dalla famiglia di appartenenza
del soggetto.
Le teorie del conflitto diedero una risposta a questo
“paradosso”. I sociologi di questa corrente ritengono
che il sistema scolastico mantenga l’assetto sociale
esistente, garantendo così ai “dominatori” di non
perdere la loro posizione privilegiata nella società.
Althusser ritiene che lo Stato, tramite “apparati
repressivi” elimina tutte le ideologie contrarie
all’ordine sociale esistente; tramite gli “apparati
ideologici” diffonde poi l’ideologia della classe
dominante, affinché essa mantenga la propria
egemonia. Althusser a questo proposito parla di
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NOTE E CORREZIONI
“comune” è superfluo; vox populi significa
“voce del popolo” e, in senso traslato,
“opinione comune”, “senso comune”.
i due punti sono usati come sostituti del
connettivo testuale, che manca. Si potrebbe
usare la virgola, seguita da “ma”.
Non spiega perché sono increduli. Si potrebbe
aggiungere: «per via della loro visione
meritocratica della stratificazione sociale».
Citazione molto appropriata. Non si fa
riferimento però alle espressioni status relativo
e istruzione relativa. Ha comunque saputo
definirne il contenuto. Non ha spiegato però
che cosa implichi; di fatto, il paradosso di
Anderson smentisce la fiducia funzionalista
nel rapporto fra istruzione e mobilità.
È vero che non vennero smentiti nella
sostanza, però lo studio di Blau e Duncan
mise in luce che l’istruzione era una variabile
rilevante. Mancava tuttavia un’analisi degli altri
fattori in gioco, come l’estrazione socioculturale e le condizioni economico-sociali del
momento.
Il riferimento a Bourdieu è opportuno. Non
viene detto però chi sia (magari lo dà per
scontato, dato che è uno dei maggiori
sociologi neomarxisti francesi).
Tra le teorie del conflitto, sta parlando delle
teorie neomarxiste, ma non lo ha precisato. Il
termine esatto è teoria della riproduzione
socio-culturale, che però non viene usato.
Errore morfosintattico. Occorre il congiuntivo
“elimini”. L’alternativa è cambiare il verbo e
usare “afferma”, che regge l’indicativo. In
questo caso, meglio la seconda opzione.
Anche per diffonde vale lo stesso discorso.
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“violenza simbolica” e di “arbitrio culturale”, cioè del
fatto che la scuola, e quindi lo Stato che la dirige,
imponga e diffonda una sola ideologia, cioè quella
dell’élite al potere, negando la possibilità ad altre
prospettive ideologiche di nascere e farsi largo nella
società. I teorici del conflitto ritengono inoltre che la
scuola fornisca i mezzi per il potere. Sorokin
descrisse la sua famosa teoria riguardo a come il
sistema scolastico selezioni, negli anni, gli studenti da
condurre alla fine del ciclo di studi (“setaccio di
Sorokin”). I funzionalisti potrebbero ritenere che tale
selezione avvenga in base a principi meritocratici, in
realtà le teorie del conflitto ci dimostrano come
intervengano anche variabili legate alla condizione
sociale ed economica del soggetto.
Il sistema scolastico svolge, tra le sue varie funzioni,
anche quella di allocazione nel sistema sociale e
lavorativo. Weber ritenne che la stratificazione sociale
sia determinata da tre fattori: la ricchezza economica,
il potere e il prestigio. Il prestigio, rappresentato dalla
cultura, consiste in un fattore di aggregazione sociale:
nella società le persone formano gruppi sulla base del
loro livello culturale. Per questo motivo non stupisce
la cosiddetta “corsa alle credenziali” descritta da
Collins: ognuno reclama un certificato, un’attestazione
della propria cultura, poiché esso determina (nella
teoria e non nei fatti, come ha dimostrato Anderson)
una determinata posizione sociale. Per quanto
riguarda l’allocazione nel mondo del lavoro, gli studi di
Bowles e Gintis hanno dimostrato come la scuola
tenda a formare individui, cioè i futuri lavoratori, sulla
base della “sottomissione”. Siccome il sistema
capitalistico rappresenta la nostra economia ed esso
favorisce gli interessi della classe al potere, le
ideologie su cui si fonda la scuola tendono a
considerare fondamentale che lo studente, una volta
uscito dal sistema scolastico, sappia sottomettersi alla
volontà del suo datore di lavoro, cioè di un
imprenditore, senza ribellarsi o opporsi.
In ambito scolastico, per definire il problema legato
all’influenza della famiglia di appartenenza nel
determinare un percorso di studi, si utilizza
l’espressione “disuguaglianza delle opportunità
educative” (D.O.E.). Tale disparità di trattamento e di
successo può essere dovuta a fattori legati all’etnia di
appartenenza, alla condizione sociale della famiglia di
provenienza e al sesso (nelle società in cui ci sono
ancora forti disuguaglianze di genere).
Per meglio comprendere il problema della D.O.E.,
bisogna cercare di capire da dove esso emerga e
quali sono i fattori che lo favoriscono legati ai sistemi
scolastici moderni, i quali possono assumere diverse
caratteristiche sulla base delle seguenti dicotomie.
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Sorokin è un funzionalista, ma non viene
detto.
Errore nell’uso dei tempi verbali. Ci vuole
“fosse”.
Espressione molto appropriata e opportuna
qui.
siano
Non è detto benissimo e non viene spiegato
perché il tipo di sistema scolastico abbia un
ruolo della D.O.E.
“dicotomiche”
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Essi possono essere democratici o di élite. Nel primo
caso l’istruzione è aperta a tutti, può essere a
pagamento o pubblica, però ogni cittadino ha l’obbligo
di frequentare la scuola per almeno un determinato
numero di anni. Nel sistema scolastico di élite, invece,
l’istruzione, il più delle volte privata e a pagamento, è
aperta solo ai figli delle famiglie di rango sociale
elevato. Entrambe le prospettive scolastiche hanno
creato e creano tutt’ora problemi: le classi sociali più
elevate lamentano un’istruzione qualitativamente
migliore; le classi più basse invece vorrebbero
accedere ai titoli in tempi più rapidi, senza un elevato
dispendio di energie e di fondi.
Un’altra dicotomia riguarda la gestione della scuola: ci
può essere un sistema pubblico, privato, oppure
misto. Il sistema pubblico, nel quale la scuola è
gestita interamente dallo Stato, porta con sé il rischio
che s’imponga in essa l’ideologia difesa dallo Stato
stesso. Il sistema privato porta con sé il rischio del
clientelismo, cioè il fatto che l’efficienza del sistema
scolastico si sottometta alla logica economica del
profitto. Il sistema misto, il quale associa una
componente pubblica a una privata, risulta il più
dinamico e scongiura il rischio di una deriva
eccessivamente ideologica.
Il sistema scolastico può essere decentrato o
centralizzato: nel primo caso esso dipende dalle
disposizioni degli enti locali; nel secondo, invece,
esso dipende dallo Stato.
Il sistema scolastico può essere unificato o
differenziato: nel primo caso le direttive statali
impongono un assetto scolastico uguale per tutti; nel
secondo caso, invece, gli enti locali possono creare
strutture diverse a seconda delle necessità (ad
esempio scuole per diversamente abili o istituti per
bambini immigrati). In entrambi i casi possono
insorgere dei rischi: il sistema unificato potrebbe dare
poca attenzione alle “minoranze” e a tutti quei casi in
cui i bambini necessitano d’interventi particolari, legati
ad esempio all’integrazione e all’inclusione; il sistema
differenziato, pur tenendo presente le esigenze
individuali, ha come rischio il fatto che si possano
isolare i più deboli e le minoranze.
Infine, il sistema scolastico può essere diretto a una
formazione tecnico-professionale oppure formativogenerale, a carattere teorico.
Il trend attuale della scuola riguarda un sistema
democratico (che spesso non si realizza nei fatti),
centralizzato, a gestione mista, unificato e con un
equilibrio tra formazione tecnico-professionale e
formativo-generale. In Italia, fino al 1962 c’era un
sistema di élite: dopo i cinque anni di scuola
elementare gratuita e obbligatoria, lo studente doveva
Patrizia Scanu © Pearson Italia S.p.A.
Manca il connettivo: «Essi possono infatti
essere democratici o di élite».
Errore ortografico: “tuttora”.
Improprietà lessicale. Non “lamentano”, ma
“reclamano”. Manca però un pezzo per
rendere il testo comprensibile: «criticano la
scuola democratica, perché reclamano
un’istruzione qualitativamente migliore».
All’ultima frase bisognerebbe aggiungere: «per
questo motivo contestano la scuola elitaria».
Meglio “Un”.
Manca il connettivo: «può essere inoltre
decentrato o centralizzato»
Sta ripetendo «il sistema scolastico» a ogni
capoverso. Si può variare, togliendolo (l’ellissi
fa da connettivo).
Bisognerebbe aggiungere “anche”: Il sistema
scolastico può anche essere unificato o
differenziato.
Meglio “prestare”.
Meglio “presenta il rischio di”.
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svolgere altre tre anni di scuola obbligatori e a
pagamento. I tre anni potevano essere: di scuola
media, la quale garantiva una formazione a carattere
formativo-generale e poi l’ingresso nella scuola
superiore; oppure di avviamento al lavoro, consistente
in una formazione tecnico-scientifica che apriva le
porte al mondo del lavoro. Il sistema, oltre a essere
differenziato e centralizzato, era elitario: solo i figli
delle famiglie abbienti potevano accedere alla scuola
media. La riforma scolastica del 1962 stabilì un
sistema unificato e più democratico: venne istituita la
scuola media unica e fu abolito l’avviamento. Tuttavia
il sistema elitario non sparì: esso continuò a
influenzare la scelta della scuola superiore, poiché i
licei, che permettevano uno studio di tipo formativogenerale, erano preferiti dai figli delle classi abbienti;
invece gli istituti tecnici e professionali contavano
un’alta percentuale di studenti provenienti da famiglie
delle classi sociali più basse.
Di fronte ai problemi legati a queste disuguaglianze
delle opportunità educative, vari sociologi e pensatori
hanno proposto strategie per combatterle.
Illich e Freire hanno proposto l’abolizione del sistema
scolastico:
siccome
la
scuola
determina
disuguaglianza, abolendola la mobilità sociale risulta
modificata. I teorici del conflitto, partendo dal
presupposto che la scuola rispecchia la società che la
elabora, ritengono che per rendere più democratica la
scuola si debba cambiare la società. Essi però
appaiono ben poco fiduciosi riguardo al futuro:
Pareto, Michels e Mannheim hanno messo in luce
come una deriva irrazionale del comportamento
umano sia molto frequente ed essa possa condurre
anche ad accettare il potere oligarchico di un’élite che
sale al governo e che si impone in modo dispotico
sulla popolazione.
Don Milani, insegnante alla scuola di Barbiana, criticò
aspramente la scuola, dipingendola che «un ospedale
che cura i sani e respinge i malati». Egli ritenne che
per cambiare la scuola fosse necessario un intervento
dal basso, portato avanti dalle famiglie, dagli studenti
e dagli insegnanti. Secondo la sociologa Archer, per
rendere
democratica
la
scuola
bisogna
decentralizzare il sistema scolastico, permettendo
così
l’elaborazione
di
riforme
nuove
e
controbilanciate.
Data la riflessione circa il rapporto non lineare fra
istruzione e mobilità sociale, attualmente si discute a
lungo riguardo a strategie concrete che si possono
prendere per il futuro. Gli studiosi non guardano più a
questo problema in ottica nazionale, pensando cioè
che ogni Stato può risolvere la situazione di per sé.
La globalizzazione ha portato alla creazione di enti
internazionali che si occupano di questioni legate ai
diritti degli uomini e dei bambini: il problema delle
Patrizia Scanu © Pearson Italia S.p.A.
Lessico: è meglio “frequentare”. Non si
svolgono gli anni di scuola.
Togliere i due punti.
Togliere il punto e virgola e mettere solo la
virgola
per
chiudere
la
proposizione
incidentale.
Non ha spiegato in modo esauriente come il
tipo di sistema scolastico influenzi la D.O.E. In
realtà, manca una riflessione di sintesi sulle
cause della disuguaglianza a scuola.
“pensatori” non è il termine più appropriato.
Meglio dire “pedagogisti” o “educatori”.
Forse avrebbe potuto aggiungere che Illich e
Freire contestano soprattutto la scuola
classista dei paesi latino-americani.
Manca il connettivo: «I teorici del conflitto,
invece, partendo dal presupposto che…»
Meglio “fondatore della”.
La frase citata è tratta dal libro Lettera ad una
professoressa, scritto in realtà dai suoi allievi.
Manca il connettivo: «Secondo la sociologa
Archer, infine, per rendere democratica la
scuola…»
Lessico: “decentrare”.
Non è chiaro che cosa intenda dire con
l’espressione «riforme controbilanciate».
Forse voleva dire “vivacemente”.
Lessico. Meglio “adottare”. Si “prende” una
decisione.
“possa”
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disuguaglianze e delle opportunità in ambito
educativo è diventato argomento di discussione
europea e internazionale. Nel 1967, il Rapporto
Coombs, elaborato negli Stati Uniti, mise in luce la
necessità di rendere il sistema scolastico mondiale
più democratico e negli anni Settanta, l’OCSE
(Organizzazione per la Cooperazione e lo Sviluppo
Economico) denunciò nuovamente questo problema.
In Francia venne pubblicato il Rapporto Faure, il
quale propose la creazione di un organo
internazionale per l’educazione al fine di risolvere
problemi legati all’istruzione su scala mondiale.
Di fatto non si può conoscere con precisione che cosa
ci riserverà il futuro e, soprattutto, se un giorno
l’articolo 34 della Carta Costituzionale, il quale
sancisce un principio meritocratico e di integrazione
nei confronti dei più deboli, sarà rispettato. La
creazione di organi internazionali per gestire i
problemi legati alla politica scolastica potrebbe farci
vedere il futuro in ottica ottimistica. Per rendere più
democratica la scuola è necessario un intervento di
tutti: la riforma deve partire sia dal basso sia dall’alto.
Gli organi internazionali dovrebbero favorire
l’insegnamento di discipline atte a far nascere negli
individui un senso di cittadinanza democratica, al fine
di abbattere la mentalità familista e clientelare che
non permette uno sviluppo in senso democratico del
sistema scolastico. Modificando la coscienza degli
individui si può modificare anche l’ordine sociale: se
ognuno matura un senso di cittadinanza attiva sarà
portato a tollerare sempre meno una deriva elitaria e
classista. Ovviamente un cambiamento del genere
richiede tempo: occorreranno alcuni anni prima di
ottenere un sistema democratico da considerarsi tale.
Archer aveva ragione: il decentramento delle strutture
scolastiche può far nascere un controbilanciamento
d’interessi che permette di evitare derive
eccessivamente elitarie. Con il passare degli anni,
sviluppandosi negli individui un maggior senso di
responsabilità collettiva e di cittadinanza democratica,
le cose possono effettivamente cambiare.
Patrizia Scanu © Pearson Italia S.p.A.
Non spiega come si potrebbe democratizzare
la scuola né se basti democratizzare la scuola
per eliminare la disuguaglianza delle
opportunità di mobilità sociale.
Non è chiaro perché Mary Archer avesse
ragione. Quest’ultima parte rimane un po’
vaga.
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B. Risposte ai quesiti e correzioni
Quesito D - Illustra le principali ideologie di sostegno o di critica della globalizzazione.
Il sociologo Beck ha cercato di evidenziare quali fossero le principali ideologie diffuse riguardo la
globalizzazione. Secondo i sostenitori del globalismo liberista, la globalizzazione è certamente un
fatto positivo: essa permette lo sviluppo economico mediante la liberalizzazione dei commerci, cioè
la creazione di un mercato economico aperto e privo di “barriere” doganali. La globalizzazione
permetterebbe così uno sviluppo dei paesi più poveri, i quali, spinti dalla competizione, sarebbero
più incentivati ad attivare la loro economia e a svilupparsi. I sostenitori dell’antiglobalismo
comunista ritengono che la globalizzazione porti alle estreme conseguenze il capitalismo, dal
quale emergerebbero solo le grandi aziende (multinazionali) a dominare il mercato.
L’antiglobalismo ambientalista si fonda sul sostegno e sulla difesa dell’ambiente: la globalizzazione
porta a uno sfruttamento delle risorse ambientali sempre più grande con il risultato di “distruggere”
l’ambiente naturale. Infine, l’antiglobalismo nazionalista mira alla difesa delle identità nazionali: la
globalizzazione crea un’unica grande società umana e nega quindi le singole identità nazionali, le
quali invece vanno difese, poiché concepite come simbolo di unità e di amore verso la tradizione.
Correzione: al posto di “più” sarebbe stato meglio “maggiormente”.
Quesito E - Che cos’è il mana? Quali altre credenze nel soprannaturale si incontrano nelle
diverse religioni?
Il mana è una forza soprannaturale, la quale viene attribuita a persone, situazioni o oggetti. Il mana
determina una situazione positiva e “fortunata” a chi la possiede. Il mana è presente, ad esempio,
nei doni scambiati tramite lo scambio kula studiati da Malinowski alle Trobriand. Sinonimi di mana
sono orenda, manitu, wakan. Un concetto tipicamente occidentale per definire il mana può essere
la fortuna. Nello studio delle religioni si incontrano anche altre credenze nel sovrannaturale, ad
esempio:
-
tabù, forza con cui l’uomo non può entrare in contatto. Esso è considerato come una forza
talmente grande e potente da danneggiare chi ne entra in contatto;
spiriti sovrannaturali: come le divinità; le anime che vivono nei corpi o negli oggetti; gli spiriti
protettori (tutelari, come gli angeli) e malvagi (come i demoni).
Frazer ha messo in luce come in ogni cultura ci sia il culto di forze e spiriti sovrannaturali. Egli
distingue tre fasi nell’evoluzione del pensiero legato al sovrannaturale: animismo (credenza nella
presenza di anime che vivono negli oggetti oppure nei corpi delle persone); politeismo (credenza
nell’esistenza di una molteplicità di divinità); monoteismo (credenza nell’esistenza di un unico dio).
Correzioni:
•
nella frase evidenziata, sostituire “studiati” con “studiato”: si riferisce al kula, non ai doni. Per evitare la
ripetizione, poteva togliere “scambio”.
•
“per esempio” è più preciso di “ad esempio”.
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Quesito F - Che cosa si intende con media education?
Per media education si intende un particolare tipo di educazione volto a far prendere coscienza del
funzionamento dei media e delle conseguenze, sia positive sia negative, che dall’uso di questi
possono emergere. In ambito scolastico, la media education si rivolge principalmente all’uso della
tv, ossia il media più utilizzato dai bambini. Attualmente, dato lo sviluppo di nuovi media, i
cosiddetti self media (come smartphones, tablet, videogiochi graficamente potenziati), l’ambito
della media education si è ampliato. È opportuno che gli insegnanti, in prima persona, siano
formati circa le potenzialità, “costruttive” e “distruttive”, che i media hanno in sé. La media
education è rivolta sia agli studenti sia alle loro famiglie, le quali hanno un compito molto
importante nel determinare il rapporto “bambini-media”. Spitzer mette in luce come a scuola vada
insegnato l’uso critico dei media: il bambino deve “interagire” con essi e non subire passivamente
la loro influenza. A scuola si deve insegnare ai bambini come utilizzare la tv e Internet,
introducendoli in classe, mantenendo però una prospettiva critica: bisogna sempre capire quali
informazioni sono utili e quali no; bisogna cercare di evitare i condizionamenti negativi dei media e
utilizzarli come strumento da cui reperire nuove informazioni e vagliarle, recependo quelle corrette
e scartando quelle infondate e inattendibili.
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VALUTAZIONE DELLA PROVA SVOLTA
Commento al tema
Per valutare il tema, possiamo utilizzare gli indicatori della scaletta proposta nelle Indicazioni
pratiche.
L’aderenza alla traccia è buona, ma non completa, perché lo svolgimento presenta un taglio
espositivo più che argomentativo, come sarebbe richiesto dalla consegna. Lo studente ha esposto
con abbondanza di riferimenti le principali teorie sul rapporto fra istruzione e mobilità, ma non ha
risposto in modo chiaro a tutte le questioni poste dalla traccia. Per esempio, ha esposto le
caratteristiche principali dei sistemi scolastici, ma non ha chiarito in che modo tali caratteristiche
abbiano effetti sperequativi. Inoltre, sulla terza richiesta (argomentare i cambiamenti possibili nella
mentalità della gente, nelle politiche scolastiche e nella struttura sociale), l’analisi è rimasta nel
vago e non ha argomentato una posizione personale, pur facendo riferimenti opportuni.
Lo svolgimento del tema dimostra una conoscenza ampia e solida delle teorie e delle questioni
principali sul tema del rapporto fra istruzione e mobilità sociale. I riferimenti agli autori sono molto
numerosi, opportuni e corretti, anche se non sempre completi (si veda il riferimento a Bowles e
Gintis). Inoltre, sono presenti i riferimenti imprescindibili (il paradosso di Anderson e le teorie
sociologiche della scuola). Rispetto all’ampiezza delle conoscenze, questo elaborato potrebbe
senz’altro ricevere il punteggio massimo.
Il grado di elaborazione dei contenuti, per le ragioni già dette, non è quello massimo. La
struttura espositiva del tema ricalca quella del manuale e fatica a riorganizzare i contenuti in
un’argomentazione originale e sintetica. Manca un po’ la rielaborazione personale delle nozioni,
per quanto ben assimilate e opportunamente riferite. Non è chiaro, per esempio, il passaggio dalla
D.O.E. all’elenco delle dicotomie dei sistemi scolastici, il cui ruolo non è commentato; inoltre,
l’esposizione delle critiche alla scuola non è inserita in un’argomentazione personale.
La correttezza lessicale, morfosintattica e ortografica è abbastanza buona, ma non mancano
alcuni errori che si potevano evitare. Ha usato alcuni termini specifici delle scienze umane, anche
se ne ha tralasciati altri che potevano essere opportunamente riferiti; inoltre, si è lasciato sfuggire
qualche verbo coniugato nel modo sbagliato o qualche improprietà lessicale. Rimanendo troppo
aderente al manuale, ha anche trascurato i connettivi testuali in qualche passaggio e ha lasciato
diverse ripetizioni, come se stesse riferendo uno schema studiato a memoria. C’è anche un piccolo
errore ortografico. Nell’insieme, il testo risulta scorrevole, anche se non particolarmente elegante.
Commento alle risposte ai quesiti
Dobbiamo osservare, anzitutto, che lo studente ha scelto di rispondere ai tre quesiti che non si
riferivano all’argomento del tema. Senza dubbio, questa scelta dimostra che la sua conoscenza
degli argomenti è vasta. Le risposte sono tutte chiare, pertinenti (= pertinenza della risposta),
esaurienti, pur nella brevità, e ricche di riferimenti, anche non presenti nei manuali (= conoscenze
specifiche) abbastanza organiche (= grado di organicità dei contenuti) e nell’insieme corrette
(= correttezza lessicale, morfosintattica e ortografica).
Per i quesiti potrebbe anche ricevere la valutazione massima.
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