Definire figure professionali tramite testimoni

N. 1 - Definire figure professionali tramite testimoni privilegiati
(a cura di Luigi Fabbris)
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Definire figure professionali tramite testimoni privilegiati
Collana
“FORMAZIONE E LAVORO”
1
Definire figure professionali
tramite testimoni privilegiati
a cura di
Luigi Fabbris
ISBN 978-88-6129-274-1
FORMAZIONE E LAVORO
a cura di
Luigi Fabbris
1
FORMAZIONE E LAVORO
Definire figure professionali
tramite testimoni privilegiati
a cura di
Luigi Fabbris
Prima edizione: ottobre 2008
ISBN 978-88-6129-274-1
© Copyright 2008 by CLEUP sc
“Coop. Libraria Editrice Università di Padova”
Via G. Belzoni, 118/3 – Padova (Tel. 049 650261)
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totale o parziale, con qualsiasi mezzo (comprese
le copie fotostatiche e i microfilm) sono riservati.
Introduzione
Il presente è il primo della serie di volumi che riportano i risultati della ricerca su
“Modelli e metodi per abbinare profili formativi e bisogni di professionalità di
comparti del terziario avanzato”, realizzata dal 2006 al 2008 presso le sedi
universitarie di Bari, Milano-Bicocca, Napoli “Federico II”, Padova e Trieste, con il
contributo di ricercatori appartenenti alle università di Chieti-Pescara, Lecce, Roma
“La Sapienza”, Roma-Tor Vergata, Tuscia-Viterbo e Urbino, al Centro studi
dell’Unioncamere, all’Isfol e all’Istat.
La ricerca mirava a definire e sperimentare modelli e metodi statistici appropriati
per determinare il grado di idoneità di figure professionali formate nel sistema
universitario italiano a ricoprire posizioni lavorative di medio o alto livello nel
settore terziario. Vi erano previste le seguenti attività:
a) l’individuazione delle attività professionali che avranno sviluppo nel
prossimo futuro nel settore economico considerato;
b) la definizione delle competenze (conoscenze, abilità, atteggiamenti) connesse
alle attività professionali qualificate nei comparti produttivi considerati;
c) la specificazione, in termini di competenze formate, dei profili in uscita di
alcuni corsi di studio del sistema universitario riformato secondo il sistema
“del 3+2”;
d) la definizione dei princìpi, dei modelli e dei metodi per stabilire la
compatibilità tra ciascuna attività professionale dei settori economici
esaminati e ciascun corso di studi considerato;
e) la verifica empirica della validità della metodologia ideata, applicando i
modelli e i metodi statistici su alcune realtà particolarmente interessanti dal
punto di vista delle prospettive occupazionali dei laureati in possesso di titoli
di studio riformati.
In questo volume, si descrive la metodologia saliente per rilevare e analizzare dati
sull’abbinamento tra le figure professionali attese dal mondo del lavoro e i profili
formativi creati dall’università.
L’abbinamento di ciò che dal lavoro si aspetta il mondo della produzione di beni e
servizi con il potenziale professionale e culturale che la formazione superiore
contribuisce a preparare, è opera complessa. Le imprese private e gli enti pubblici
chiedono ai candidati di inserirsi proficuamente nelle posizioni lavorative che
devono essere coperte e in quelle da creare ex novo per rispondere ad esigenze
produttive sempre più qualificate.
Le nuove professionalità hanno un ruolo sempre più strategico perché seguono
l’evoluzione del sistema produttivo e hanno caratteristiche determinate
dall’innovazione tecnologica e dalla globalizzazione dei mercati produttivi e
commerciali. La produzione di beni e servizi può, tra l’altro, trovare manodopera
proveniente dall’estero anche per posizioni professionali elevate, grazie alle norme
ii
europee sulla mobilità e alla facilità di spostamento dei lavoratori dagli altri luoghi
del pianeta.
La strutturazione della formazione superiore sarebbe un’opera complessa, anche se
fosse possibile dare risposta istantanea alle esigenze produttive. Purtroppo, i tempi
della formazione si misurano in multipli di anni. Tre è, infatti, il numero minimo di
anni necessari per mettere un diploma di laurea in mano ad uno studente nelle
università europee che hanno sottoscritto la dichiarazione di Bologna nel 1999 che
unifica i sistemi di istruzione terziaria in Europa. Altri due anni sono il minimo
necessario per un master e altri tre per un titolo di dottorato di ricerca.
Non solo, ma i profili professionali e quelli formativi sono sovrapponibili solo in
parte perché il dialogo tra il mondo della produzione e quello della formazione si
parlano da lontano, episodicamente, con linguaggi eterogenei.
L’abbinamento ha, pertanto, bisogno di riferirsi non tanto, o non solo, ai titoli di
studio e alle figure professionali esistenti in un determinato momento sul mercato del
lavoro, quanto ai collegamenti dinamici che esistono tra i bisogni di professionalità,
espressi dalle forze produttive, e le persone che stanno per entrare nel sistema della
formazione superiore.
La chiave per collegare la probabile domanda con la possibile offerta di lavoro sono
le competenze. Ciascuna posizione di lavoro va pertanto scomposta in termini di
competenze necessarie e ciascun percorso di studi esplicitato in termini di
competenze spendibili sul lavoro. Le competenze diventano così l’unità elementare
per collegare figure professionali e figure formative.
Si tratta di un collegamento molti-a-molti, di difficile articolazione, ma se si accetta
quello del lavoro come linguaggio di base per far comunicare la sfera della
produzione e quella della formazione, non è necessario scomporre i concetti oltre le
competenze per operare il collegamento.
Si è voluto limitare il campo alle attività professionali del terziario cosiddetto
avanzato, volendo con ciò indicare i servizi tecnicamente e tecnologicamente
qualificati, prevalentemente dedicati al supporto amministrativo, produttivo,
commerciale e logistico delle imprese, ma che riguardano vari comparti delle
pubbliche amministrazioni. Il terziario avanzato è il settore economico dove si sono
venute specificando negli anni più recenti le esigenze professionali più fini dal punto
di vista tecnico e tecnologico. D’altro canto, a questo settore guarda la formazione
più innovativa.
La metodologia per l’abbinamento che presentiamo nel volume riguarda criteri di
rilevazione e analisi nuovi sul piano metodologico e altri di adattamento di metodi
noti alla realtà italiana.
I metodi di rilevazione che si presentano riguardano l’impiego di esperti, o testimoni
privilegiati, per delineare figure professionali di frontiera, per dettagliare scenari
occupazionali e sociali in cui si inseriscono, per anticipare le tendenze quantitative e
qualitative dei bisogni di lavoro e delle risposte formative. Tra i metodi di rilevazione
su testimoni privilegiati, si è approfondito il metodo Delphi, vale a dire il metodo di
interrogazione di analisti e previsori, che si espleta in almeno due occasioni di
rilevazione collegate tra loro, non solo attraverso i quesiti dei questionari, ma anche
attraverso una comunicazione non direttiva tra il centro di ricerca e gli esperti volta
ad agevolare la convergenza consapevole delle analisi e delle previsioni.
Definire figure professionali tramite testimoni privilegiati
iii
Sulle rilevazioni mediante esperti Delphi si basano quattro delle nove memorie
scientifiche presentate. Una memoria, quella di base, contiene la descrizione di una
ricerca empirica svolta su campioni di direttori del personale e professori
universitari. La ricerca mette in relazione le aree disciplinari accademiche con le
competenze tecniche descrittive delle potenzialità lavorative di figura professionali,
indicando l’approccio culturale (sociologico, psicologico, giuridico, economico
generale o economico aziendale, ecc.) dei corsi di studio nei quali si possono
formare le competenze. Diventa così evidente il taglio pluridisciplinare della
formazione delle singole competenze tecniche. Nella ricerca sono altresì tracciati la
desiderabilità sociale e l’approccio formativo (specialistico versus a banda larga)
che gli esperti considerano opportuno per la figura.
In una seconda memoria, si avanzano alcune ipotesi sulle caratteristiche cognitive,
osservabili prima ancora di avviare la rilevazione principale, che dovrebbero
possedere gli esperti per svolgere in modo compiuto il proprio ruolo. Le
caratteristiche ipotizzate sono diverse per i direttori del personale e per i professori,
ma la dimensione sottostante ipotizzata è l’esperienza, radice semantica del termine
“esperto”. Nel lavoro, si analizzano le caratteristiche cognitive degli esperti e si
argomenta sulle esperienze e sulle conoscenze oggettive che possono rendere più
credibili le loro analisi e previsioni. Il lavoro termina con suggerimenti utilizzabili
per predisporre ricerche sulla definizione della professionalità di figure
professionali e altri esperimenti volti a “predire la capacità predittiva” di esperti.
Un terzo lavoro, connesso al precedente, riguarda l’utilizzabilità del differenziale
semantico per intuire, in modo indiretto, la predisposizione culturale e psicologica
di testimoni privilegiati al ruolo di esperto in indagini sulle professioni. In questo
caso, il differenziale semantico è una batteria di aggettivi propri del mercato del
lavoro, che si chiede all’interpellato di fare propri. Collegando il differenziale con
l’indicatore di esperienza, si può definire la capacità di analisi e previsione di
ciascun esperto al momento dell’avvio di un processo Delphi e si può dare corpo al
sogno di ogni ricercatore Delphi di selezionare per le proprie indagini gli esperti più
capaci e motivati, nonché all’obiettivo di valorizzare in modo differenziale le
valutazioni e le previsioni ottenute.
Un quarto lavoro è stato realizzato per definire, sempre in ricerche tramite esperti
Delphi, alcuni criteri ottimi per comunicare agli interpellati, con finalità di retroazione dalla seconda occasione di rilevazione in poi, alcuni stimoli cognitivi
generali. L’obiettivo finale di una comunicazione siffatta è l’ottenimento della
massima accuratezza nelle previsioni. Nel lavoro, si indicano i criteri che possono
incrementare la validità di analisi, previsioni e rappresentazione di scenari futuri.
Si presenta inoltre un lavoro di D.F. Iezzi, nel quale è descritto un metodo di
rilevazione basato su questionari da sottoporre a insiemi di lavoratori che,
svolgendo una data professione, sono utilizzabili come testimoni privilegiati del
reale impiego di competenze tecniche per quella professione. Il metodo di
rilevazione, derivato dalla metodologia statunitense O*Net, è stato applicato da Istat
e Isfol in una ricerca per la rappresentazione di oltre 800 figure professionali in
Italia. Questa ricerca dà un sapore particolare alla definizione di testimone
privilegiato e fa capire come sia necessario procurarsi almeno due punti di vista su
un argomento quando si ha a che fare con valutazioni o previsioni.
iv
Un’altra composita metodologia per la rilevazione di dati idonei alla definizione di
figure professionali è descritta nel lavoro di P. Taronna. La metodologia è quella
adottata dall’Isfol per definire le figure professionali che fanno parte del sistema
informativo Orientaonline. Anche in questo sistema, trovano sistemazione ricerche
basate sull’opinione di testimoni privilegiati.
Alla ricerca O*Net è collegato pure il lavoro di M. Civardi, E. Zavarrone e P.
Zappa. Le Autrici presentano un criterio di ponderazione delle competenze. Il
metodo consiste nel collegare idealmente, tramite un sistema reticolare gerarchico,
le professioni di un’area produttiva e nel combinare assieme, tramite pesi opportuni,
le competenze che si possono tradurre in conoscenze di natura accademica nella
realtà italiana.
I criteri di conversione di bisogni professionali, rilevabili con questionari, in corsi di
formazione è il tema del lavoro di C. Crocetta e F.D. d’Ovidio. Gli Autori, partendo
da una rappresentazione del divario tra la professionalità necessaria a svolgere un
dato ruolo nelle imprese di un settore produttivo e quella posseduta da coloro che vi
operano, traggono inferenze quantitative sul numero e sui contenuti di corsi di
formazione da organizzare per rispondere alle esigenze definite da esperti. Il criterio
si può ampliare a tutti i casi in cui sia possibile determinare, direttamente o
indirettamente, il divario tra le competenze necessarie per svolgere un ruolo
professionale e quelle possedute dall’insieme di persone deputate a ricoprire il ruolo.
La misura indiretta dei bisogni formativi è alla base della nota metodologica di P.
Mariani e B. Zavanella. Anche questa misura si basa sullo scompenso, o divario, tra
la domanda e l’offerta di lavoro in un’area omogenea. Tramite un indicatore di
divario, applicabile alle misure definite in modo indipendente dalla rilevazione
Excelsior di Unioncamere (“domanda”) e dalle basi di dati delle persone che si
iscrivono ai centri pubblici per l’impiego per ottenere un lavoro (“offerta”), gli
Autori definiscono l’entità del bisogno di nuova manodopera, suddivisa per titolo di
studio, in una provincia che costituisce l’area di minime dimensioni in cui le due
fonti informative si sovrappongono.
La nostra ricerca ha prodotto anche metodologia che si riporta in volumi tematici
della stessa serie di questo volume. Metodologia è, infatti, – seguendo E. Morin –
una riflessione sull’applicazione alla realtà di procedure codificate. I ricercatori
interessati allo sviluppo metodologico sono pertanto invitati a consultare anche gli
altri volumi della serie.
A ricerca conclusa, ci sentiamo obbligati nei confronti di quanti ne hanno permesso
lo svolgimento, mettendo a disposizione finanziamenti e strutture, e di quanti hanno
dato un contributo fattivo alla parte scientifica. Vogliamo pertanto ringraziare il
Ministero dell’Università e Ricerca scientifica e le sedi universitarie che hanno
concesso il finanziamento e hanno ospitato le riunioni scientifiche svolte durante i
due anni di durata della ricerca. Rendiamo merito ai ricercatori delle sedi
consorziate nel progetto, che hanno dato il massimo per rendere eccellenti i lavori
scientifici. Non potendo menzionare tutti, ringraziamo i coordinatori delle sedi
locali: S. Balbi di Napoli, M. Civardi di Milano-Bicocca, E. Toma di Bari e S.
Zaccarin di Trieste.
Luigi Fabbris
Indice
1.
2.
3.
4.
5.
6.
7.
8.
9.
Profili professionali di addetti alle risorse umane sulla base di
due panel giustapposti di esperti Delphi-Shang
Luigi Fabbris, Francesco Domenico d’Ovidio, Antonio Pacinelli,
Cristiano Vanin
Come si sa se l’esperto è uno che sa? Analisi dell’esperienza
cumulata da testimoni privilegiati in una ricerca Delphi
Luigi Fabbris, Francesco Domenico d’Ovidio, Cristiano Vanin
I lavoratori come informatori delle qualità delle professioni
Domenica Fioredistella Iezzi
Classificazione e descrizione delle professioni: il modello IsfolOrientaonline
Pietro Taronna
Ottimizzare la coerenza tra profili formativi universitari e
sbocchi occupazionali: proposta di una metodologia
Marisa Civardi, Emma Zavarrone, Paola Zappa
Progettazione di percorsi formativi mediante skill gap analysis
Corrado Crocetta, Francesco Domenico d’Ovidio
Un indice per la misura del mismatch tra domanda e offerta di
lavoro per laureati applicato alle fonti Excelsior e Centri per
l’impiego
Paolo Mariani, Biancamaria Zavanella
I differenziali semantico ed esperenziale degli esperti e la
rappresentazione di professioni mediante il metodo Delphi
Luigi Fabbris, Maria Cristiana Martini
Esperimenti di feedback wording per stimare competenze e
speranze occupazionali di figure professionali seguendo il
metodo Delphi
Luigi Fabbris, Cristiano Vanin
“
1
“
101
“
135
“
153
“
169
“
195
“
215
“
231
“
267
Profili professionali di addetti alle risorse umane
sulla base di due panel giustapposti
di esperti Delphi-Shang1
Luigi Fabbris*, Francesco Domenico d’Ovidio**,
Antonio Pacinelli***, Cristiano Vanin*
*Università di Padova, **Università di Bari, ***Università di Chieti-Pescara
Riassunto. In questa nota si presentano alcune analisi statistiche degli esiti di una
ricerca Delphi svolta on-line su due panel di esperti, uno composto di direttori del
personale e l’altro di professori universitari. Nella ricerca si vuole definire il profilo,
in termini di competenze tecniche, doti di personalità e desiderabilità sociale, di due
figure basilari negli uffici per le risorse umane, l’addetto alla gestione e l’addetto allo
sviluppo. La ricerca mira ad anticipare l’evoluzione delle competenze professionali,
la previsione di occupazione nel breve e medio periodo e l’ambito culturale nel quale
formare le figure professionali. La convergenza tra esperti è stata cercata eseguendo
tre iterazioni di rilevazione sui direttori e altrettante sui professori. Sono stati
realizzati, inoltre, alcuni esperimenti di question wording per saper proporre criteri di
formulazione del questionario con il minimo errore in rilevazioni iterate con sistemi
computer-assisted. È stato rilevato, infine, un differenziale semantico à-la-Osgood
per trarre indicazioni sulle relazioni tra gli atteggiamenti, la conoscenza e le opinioni
manifestate dagli esperti. Per l’analisi si fa ricorso a metodi di analisi multivariata.
Parole chiave: Profilo professionale; Formazione; Speranza occupazionale; Addetto
allo sviluppo delle risorse umane; Addetto alla gestione delle risorse umane; Metodo
Delphi; Expertise; Question wording; Differenziale semantico; Analisi multivariata.
1
Il presente lavoro è stato realizzato con un cofinanziamento del MIUR e dell’Università di Padova
nell’ambito del PRIN 2005 “Modelli e metodi per abbinare profili formativi e bisogni di
professionalità di comparti del terziario avanzato” e con un contributo di completamento dell’agenzia
per il lavoro GI-Worknet spa. Coordinatore nazionale del PRIN e della presente ricerca è L. Fabbris. I
questionari sono stato predisposti, oltre che dal coordinatore, da A. Pacinelli dell’Università di ChietiPescara. Al questionario rivolto ai direttori del personale ha contribuito anche il dott. Stefano Sedda.
L’informatizzazione dei questionari è stata realizzata da F.D. d’Ovidio. Gli autori ringraziano
sentitamente gli esperti che hanno collaborato all'indagine, l’associazione GIDP/HRDA–Associazione
Direttori Risorse Umane con sede a Milano per aver fatto da tramite con i propri associati, il prof.
Corrado Crocetta e l’Università di Foggia per aver messo a disposizione il computer server host per la
raccolta dei dati. La nota è stata redatta da: C. Vanin per il Par. 5 e sottoparagrafi, da A. Pacinelli per
il Par. 4.3, da F.D. d’Ovidio per il Par. 6 e sottoparagrafi e da L. Fabbris per i restanti paragrafi.
2
1
Profili professionali di addetti alle risorse umane sulla base di
due panel giustapposti di esperti Delphi-Shang
Figure professionali e formative definite da esperti
Nel parlare comune, figura professionale e figura formativa sono le rappresentazioni
di una persona con determinate competenze. La figura professionale è l’immagine
delle capacità richieste nel lavoro, quella formativa è la speculare rappresentazione
nel sistema formativo.
Le due rappresentazioni non coincidono necessariamente. Anzi, a fronte di
figure professionali caratterizzate da capacità tecnico-specifiche (quasi) coincidenti
dai due punti di vista, per esempio quella del medico, esistono attività formative
volutamente generaliste sul piano culturale e tecnico-professionale, tra gli altri i
diplomi liceali o la laurea in Scienze politiche o in Filosofia, e altri indirizzi
formativi da cui derivano frazioni centesimali di occupati nelle posizioni lavorative
con analoga denominazione, come la laurea in Lettere o in Scienze della
comunicazione.
La presente nota mira a stabilire una procedura per delineare figure
professionali, mettendo a confronto i punti di vista di esperti rappresentativi del
mondo del lavoro e di quello della formazione superiore. La procedura si dovrebbe
applicare alla definizione di ogni tipo di figure, sia di quelle formate in corsi ad hoc,
sia di quelle cui sono adattabili, con le opportune rifiniture formative, i diplomati e i
laureati in corsi a carattere generalistico e socio-culturale.
La ricerca riguarda le competenze e le caratteristiche del mercato futuro del
lavoro dell’addetto allo sviluppo delle risorse umane e dell’addetto alla gestione
delle risorse umane nelle imprese italiane di una certa dimensione e nelle istituzioni
pubbliche.
Le competenze distintive di una figura professionale sono ripartibili in due
ampie categorie:
- competenze professionali, vale a dire conoscenze, abilità tecniche e
atteggiamenti orientati al lavoro. Le competenze professionali sono talvolta
espresse in lingua francese per l’accattivante assonanza dei termini: savoir
(conoscere), savoir faire (essere capace di fare) e savoir être (saper essere).
Le abilità tecniche sono distinte in specifiche di una determinata professione e
trasversali alla maggior parte delle professioni. Per le figure professionali “da
tecnico in su” che costituiscono il destino elettivo dei laureati (ISFOL, 1999,
www.excelsior.unioncamere.net), si considerano trasversali le abilità di
relazione tra persone, il saper lavorare in gruppo, l’essere efficaci
nell’assumere decisioni in risposta a problemi complessi, il saper pianificare e
organizzare il lavoro proprio e altrui, l’essere in grado di reperire e gestire
informazioni, l’immaginare e lo scrivere progetti per ottenere fondi, il
presentare rapporti e il sostenere le proprie idee in pubblico. Il tipo e il
Definire figure professionali tramite testimoni privilegiati
3
dosaggio delle competenze tecnico-specifiche qualificano una professione.
Per esempio, le doti tecniche dell’ingegnere civile sono considerevolmente
diverse da quelle dello psicologo, ma anche quelle dell’addetto alla gestione
delle risorse umane, di cui si tratta diffusamente nel seguito, sono diverse da
quelle dell’addetto allo sviluppo delle risorse umane;
- doti di personalità utili per avere successo nel lavoro. Molte doti di
personalità orientate al lavoro coincidono con quelle che sono rilevanti per
avere successo nella vita. Per i lavori da neo-laureati, si possono considerare
rilevanti: la capacità di adattamento alle situazioni, quella di apprendere cose
nuove, la proattività, ossia la volontà di fare, la persuasività, l’autorevolezza
(leadership) sul luogo di lavoro, la precisione dell’azione, l’innovatività delle
proposte, la mentalità critica o autocritica, l’autocontrollo, la resistenza fisica
o psicofisica.
La nostra procedura mira a comporre il quadro delle competenze tecniche
stabilendo la tipologia mediante un’esplorazione previa delle competenze tecniche,
profilo per profilo, e facendo “valutare” il dosaggio da esperti, mentre la griglia delle
competenze trasversali e delle doti di personalità sono tenute fisse. In questo modo,
si possono sia giustapporre le competenze tecniche di due o più profili professionali
della stessa categoria economica, sia confrontare - con riferimento alle competenze
trasversali e alle doti di personalità - una professione con ogni altra di una diversa
categoria professionale.
Il confronto non può, invece, essere svolto con riferimento alle competenze
tecnico-specifiche, appunto perché la griglia di rilevazione è specifica di ciascuna
professione e le competenze professionali specifiche sono confrontabili solo se
opportunamente trasformate2.
La procedura ideale dovrebbe dare la possibilità di:
a. determinare la somiglianza tra professioni della stessa area funzionale nelle
imprese, confrontandole sia in senso orizzontale, e cioè tra figure con analoga
anzianità di servizio, sia in verticale nello sviluppo di carriera;
b. comparare le rappresentazioni di una figura professionale secondo vari punti
di vista. Si possono comparare, tra gli altri, i punti di vista delle persone che
operano nella stessa posizione che si vuole descrivere, oppure quelli degli
addetti alla selezione e al reclutamento di personale, o quelli di imprenditori e
manager che ne hanno la necessità per la propria azienda/ente, o quello dei
formatori che preparano le figure.
L’osservazione di una realtà da varie angolazioni non dà necessariamente lo
stesso risultato. Né esistono argomenti dirimenti per scegliere un punto di vista
piuttosto che un altro. L’adozione di un punto di vista è dunque la manifestazione di
2
Per un’esperienza di confronto tra le competenze tecniche di laureati provenienti da facoltà diverse
si può consultare Fabbris et al. (2007).
4
Profili professionali di addetti alle risorse umane sulla base di
due panel giustapposti di esperti Delphi-Shang
un principio teorico. Nel seguito della nota, si ipotizza che sia il confronto tra
posizioni “esperte” ad offrire argomenti di discussione per una definizione strategica
dei ruoli formativi, vale a dire quali competenze formare nelle istituzioni scolastiche,
quali in corsi di formazione specifici (per esempio, corsi di master post-universitari,
IFTS o FSE) e quali internamente all’azienda/ente dopo l’assunzione.
L’approccio di alcuni enti che operano nel – o per il – mondo del lavoro è la
stima della composizione, oppure la prevalenza, delle competenze da parte di coloro
che svolgono l’attività professionale in esame. Questo è l’approccio prescelto dal
sistema statunitense O*Net (Peterson et al., 1999) e, in Italia, dall’Istat per conto del
Ministero del lavoro e dell’Isfol (Gallo e Lorè, 2006) per descrivere una tantum un
ampio numero di figure professionali.
Diverso è il criterio di rilevazione adottato dal Centro Studi dell’Unioncamere
per stimare annualmente il fabbisogno quantitativo di occupazione e le competenze
che dovrebbero possedere le persone che si presentano per ricoprire posizioni di
lavoro nelle imprese. L’Unioncamere chiede agli imprenditori, o a loro
rappresentanti, la definizione delle caratteristiche professionali delle posizioni da
coprire nelle imprese. Un approccio analogo è adottato dall’Università di Padova per
definire le professioni e le professionalità appropriate in vari comparti produttivi (cfr.
Fabbris e Del Favero, 2002).
Un’altra comunanza tra criteri di rilevazione è la rappresentazione delle
professioni in funzione dei ruoli da ricoprire, delle competenze da esercitare e delle
abilità tecniche che un candidato all’assunzione deve possedere per essere preso in
considerazione, quando si presenta per un lavoro. Più raramente, e solo nei casi in cui
sono preclusive, si rilevano gli atteggiamenti e le doti di personalità rilevanti per
praticare le attività.
L’angolazione dalla quale gli enti citati osservano la realtà è meno diversa di
quanto possa sembrare. Sono certamente diverse le fasi della storia professionale
nelle quali si situano i fornitori delle informazioni di base: quella delle professioni in
uscita dall’università sta a ridosso del conseguimento del titolo di studio, quella delle
attese delle imprese à-la-Unioncamere durante la ricerca di lavoro, quella dei
professionisti occupati à-la-O*Net dal momento dell’immissione nel lavoro al
massimo sviluppo di carriera a cui può aspirare chi svolge una data attività
professionale. Le tre descrizioni possono coincidere se si fa riferimento ideale alla
fase di pieno sviluppo della professionalità che costituisce il traguardo di ogni
professione.
I tre approcci per la raccolta di informazioni differiscono rispetto alla
categoria di informatori. Ciascun approccio ha dei punti di forza che sono, per altri
versi, debolezze. Il metodo O*Net intende rappresentare la realtà di una professione
così come è praticata, però la complessità del campionamento e l’onere della
rilevazione dei dati non sono problemi trascurabili. Il campionamento non può,
Definire figure professionali tramite testimoni privilegiati
5
infatti, ignorare né la varietà dei luoghi di lavoro (diversi per categoria merceologica,
dimensione aziendale, ecc.), né il diverso impatto dell’esperienza del lavoratore in
una data posizione professionale. Non solo, ma la rappresentazione attuale di una
professione può essere ben diversa da quella prospettica, ed è, pertanto, necessario
ideare criteri dinamici di rilevazione o di stima che aiutino a capire come la
professione evolverà almeno nel medio periodo.
La rappresentazione del punto di vista delle imprese è adeguata per capire la
qualità professionale delle risorse umane che esse intendono impiegare nella
produzione. È, quindi, perfetta per cogliere le dinamiche occupazionali e
competenziali di medio periodo, ma è debole nell’identificare la formazione
appropriata per i possibili candidati all’assunzione, tanto che le ricerche svolte presso
le imprese riportano una sistematica sottovalutazione dei livelli formativi associati
alle professionalità attese e una minimizzazione del bagaglio di competenze tecniche
ritenute necessarie dagli imprenditori3.
La rappresentazione del punto di vista della scuola, e del mondo della
formazione in generale, è verosimilmente la più qualificata per quanto attiene al
legame tra formazione e competenze. Tuttavia, l’ipotesi che il flusso di laureati tra il
mondo della formazione superiore e quello del lavoro sia incanalabile in funzione
delle capacità tecniche formate dal primo è auto-referenziale, tanto quanto lo è
l’ipotesi imprenditoriale che siano le posizioni di lavoro a indirizzare la formazione
delle competenze.
Con queste considerazioni sullo sfondo, abbiamo definito la procedura che si
presenta nel Par. 2, volta a mettere insieme i punti di vista delle imprese e della
scuola, per dedurne coincidenze e diversità, e comporre così un quadro di ciò che è
necessario fare per formare persone con competenze flessibili e pronte per
l’operatività. La procedura si basa sui pareri giustapposti di esperti selezionati presso
i luoghi che rappresentano i due punti di vista.
Sono state esaminate due figure professionali basilari per la gestione e lo
sviluppo delle risorse umane delle imprese. La scelta di queste figure è stata dettata
dalla volontà dei direttori delle risorse umane di grandi strutture produttive e di
servizi, che nella nostra ricerca fungono da rappresentanti del mondo del lavoro, di
avere informazioni qualificate sulle figure professionali che li affiancano
quotidianamente.
Gli informatori del mondo della formazione sono stati selezionati tra i
professori universitari che insegnano materie connesse alla formazione delle due
3
La proporzione di laureati destinati, secondo le previsioni di imprenditori o manager, a ricoprire
determinate posizioni lavorative è sistematicamente sottodimensionata rispetto alla realtà rilevabile a
posteriori. Ciò è constatabile presso le imprese di ogni categoria merceologica (Fabbris, 2002). La
difficoltà di rilevare le competenze associabili ad una figura professionale nella rilevazione
Unioncamere dipende dall’assenza di una specifica batteria di quesiti nel questionario.
Profili professionali di addetti alle risorse umane sulla base di
due panel giustapposti di esperti Delphi-Shang
6
figure professionali in esame. I criteri di individuazione dei professori pertinenti per
la ricerca sono esposti nel Par. 3.
Avendo a che fare con esperti qualificati anche sul piano tecnico, si è potuto
adottare un metodo di rilevazione CAWI (Computer Assisted Web-based
Interviewing) basato sull’autocompilazione on-line di un questionario informatizzato.
I criteri di rilevazione dei dati sono presentati nel Par. 2, gli esiti delle scelte
metodologiche sono presentati e commentati nel Par. 3.
L’esperienza di ricerca è valutata in relazione sia ai contenuti dell’indagine e
sia all’apprendimento derivante dallo svolgimento delle rilevazioni e dall’analisi dei
dati. La presentazione dei risultati della ricerca riguarda le competenze tecniche e la
desiderabilità sociale delle due figure professionali attorno alle quali ruota la ricerca
(Par. 4), le loro speranze occupazionali a medio e lungo periodo (Par. 5) e la
formazione che gli esperti ritengono pertinente (Par. 6). Considerazioni sulla
possibilità di generalizzare il metodo di indagine Delphi al fine di definire le
competenze e le attese di figure professionali e su possibili alternative metodologiche
volte ad ottenere dati obiettivi per finalità conoscitive analoghe a quelle della
presente ricerca sono presentate nel paragrafo conclusivo (Par. 7).
2.
La ricerca
La ricerca si basa su una procedura Delphi applicata in sequenza su due insiemi di
testimoni privilegiati. Una procedura Delphi consiste nell’interpellare più volte un
insieme di esperti da posizione remota, sottoponendo loro quesiti volti, in una logica
detta “ad imbuto” o “per focalizzazioni successive”, a far convergere gli esperti sui
temi cruciali per la ricerca.
Nella ricerca si è adottata una variante procedurale, detta Shang (Ford, 1975),
consistente nel proporre quesiti volti a mettere a fuoco in sequenza progressiva un
argomento, adottando un processo d’interrogazione dialogico, con domande sempre
più stringenti ad ogni iterazione, e cercando la convergenza informata degli esperti
rispetto a prime indicazioni più generali e istintive. Il secondo insieme di testimoni è
stato interpellato dopo che il primo aveva completato la funzione richiesta.
Gli obiettivi della ricerca sono i seguenti.
1) Prevedere la direzione verso la quale possono evolvere le competenze
tecniche e le doti di personalità della figura professionale, al fine di
comprendere se e come sia opportuno rivedere la descrizione della
professione in termini di competenze. Il linguaggio per la descrizione delle
competenze è quello utilizzato nel mondo del lavoro. Una figura
professionale è caratterizzata non solo da competenze, ma anche dalla sua
Definire figure professionali tramite testimoni privilegiati
7
appetibilità per la persona che ha un titolo di studio elevato, per il mercato del
lavoro e per la più ampia società civile. Pertanto, nei questionari rivolti alle
due categorie di esperti, è stata inserita una batteria di quesiti sulla
desiderabilità sociale della professione.
2) Prevedere il tasso d’occupazione a breve e medio termine, con l’obiettivo di
comprendere se la professione in esame ha un futuro per chi è in formazione
e si presenterà per un lavoro tra qualche anno. Le stime e gli scenari si
collocano da un minimo di uno a sei anni avanti.
3) Definire l’ambito culturale nel quale formare la figura professionale. Con la
ricerca, si deve valutare sia l’ordine degli studi, sia la facoltà in cui è
acquisibile la professionalità, sia la necessità di eventuali specializzazioni
professionali. Affinché l’ambito formativo non sia condizionato dalla realtà
attuale, e rappresenti invece una situazione “a tendere”, le domande sulla
formazione si pongono alla fine della serie di quesiti sull’evoluzione delle
speranze occupazionali.
La comunicazione con gli esperti è avvenuta per via telematica tramite
questionari computer-assisted creati ad hoc. La comunicazione da posizione remota
tra il centro di ricerca e gli esperti, e viceversa, consente di generare intelligenza
collettiva al riparo dal rischio d’errori di condizionamento reciproco, tipici delle
rilevazioni svolte con esperti compresenti. La richiesta di rispondere al questionario è
stata accompagnata da un feedback su quanto rilevato nel round precedente. Il
feedback tra il centro e gli esperti è uno strumento per calibrare le capacità analiticoprevisionali degli esperti e mettere a fuoco gli argomenti con maggiore conoscenza
di causa e per innescare tra gli esperti un’osmosi di conoscenze necessarie al
processo di convergenza (Salancik, 1973; Dalkey, 1975; Ludlow, 1975).
Sono state realizzate tre iterazioni d’intervista, il numero massimo che altre
esperienze di ricerca hanno indicato come tollerabile da esperti non compensati e il
minimo necessario per far convergere gli esperti sui temi oggetto di ricerca (Linstone
e Turoff, 1975; Herkert e Nielsen, 1998; Landeta, 2005).
La successione dei contatti con i due panel è stata così specializzata:
o Il primo contatto era rivolto a rilevare le caratteristiche generali, altre variabili
di conoscenza dei rispondenti, la prima composizione delle figure
professionali in termini di competenze professionali (conoscenze, abilità e
doti di personalità utili al lavoro) e la speranza occupazionale a uno, tre e sei
anni avanti. Alla fine del questionario, ai professori universitari è stato
presentato un differenziale semantico à-la-Osgood (Osgood et al., 1957),
composto di 21 quesiti su una scala a sei modalità equispaziate, volto a
collegare le risposte date dagli esperti alle loro dimensioni cognitive.
Attraverso le differenze nelle dimensioni semantiche, si voleva altresì
8
Profili professionali di addetti alle risorse umane sulla base di
due panel giustapposti di esperti Delphi-Shang
verificare se il grado di condizionamento delle risposte ottenute dal panel di
professori era diverso da quello degli esperti del mondo del lavoro.
o Il secondo contatto mirava a quantificare la composizione della figura
professionale in termini di competenze tecnico-specifiche e di formazione che
gli esperti reputavano necessaria. Si è loro chiesto, inoltre, di modificare, se
lo ritenevano opportuno, la previsione ai vari tempi ottenuta da chi aveva
collaborato alla prima fase. Ai professori si è chiesta una valutazione della
fattibilità della proposta didattica, sia nell’università e sia nei contesti
formativi successivi.
o Il terzo contatto mirava al confronto tra le affermazioni del singolo esperto
universitario e quelle degli altri accademici e dei direttori del personale, per
capire le ragioni delle eventuali difformità tra i punti di vista. Si è infine
chiesto di indicare se la figura professionale può essere convenientemente
formata all’università. Ai direttori, il differenziale semantico è stato proposto
alla conclusione di quest’ultima fase.
Le iterazioni Delphi sono state realizzate a cadenze fisse e strette. Ai direttori
del personale, i questionari sono stati inviati a circa un mese di distanza l’uno
dall’altro. Per i professori universitari, invece, la distanza tra ondate è stata di circa
10 giorni lavorativi.
Inizialmente, era stato progettato anche un focus group di direttori del
personale, da svolgere nell’occasione dell’assemblea annuale, e uno di professori.
Durante il focus group, che si era pensato di condurre con la tecnica detta “del
gruppo nominativo” (nominal group technique: Van de Ven e Delbecq, 1974), si
sarebbero potuti analizzare sia alcuni risultati innovativi della ricerca e sia alcuni
aspetti qualitativi non approfonditi con la procedura Delphi. Si è dovuto rinunciare a
questa possibilità a causa di difficoltà organizzative ed economiche.
Ad ogni iterazione, i testimoni sono stati informati, in modo essenziale,
sull’andamento della rilevazione appena conclusa. Per ciascuna richiesta di opinione,
si chiedeva all’esperto se manteneva o cambiava la propria posizione rispetto alla
risposta data nel round precedente, e perché.
I quesiti si componevano dinamicamente sullo schermo dell’esperto in
funzione delle risposte precedenti. Il questionario per i direttori era di 8 schermate e
quello per i professori di 7, comprese una schermata iniziale di benvenuto e una di
ringraziamento a chiusura del questionario. I quesiti erano prevalentemente a risposta
chiusa e precodificata. Le dimensioni del questionario diminuivano ad ogni
occasione d’indagine.
Essendo la partecipazione degli esperti volontaria, è stato necessario far
confermare alle persone interpellate la loro la disponibilità a partecipare al panel,
presentando anche le garanzie di legge (D.Lgs. 196/2003) per il trattamento e la
custodia dei dati.
Definire figure professionali tramite testimoni privilegiati
9
A partire dal secondo round della rilevazione, sono stati, inoltre, svolti alcuni
esperimenti circa i modi più opportuni di porre i quesiti. Gli esperimenti di question
wording riguardavano: (i) i criteri di composizione di una figura professionale in
termini di competenze; (ii) le modalità di convergenza nel definire le previsioni
occupazionali di direttori a 1, 3 e 6 anni avanti e quelle di professori a 3 e 6 anni;
(iii) lo stile linguistico da adottare per cercare la convergenza. I risultati e le
conseguenze metodologiche dell’esperimento sono esaminati da Fabbris e Vanin
(2008).
3.
La collaborazione ottenuta
I direttori sono stati contattati dalla propria associazione di categoria4 con lettera
cointestata dell’associazione e dell’università, mentre i professori sono stati contattati
tramite una casella universitaria di e-mail, con lettera del coordinatore della ricerca
recante l’intestazione dell’università.
La dimensione potenziale del campione è, in genere (Skulmoski et al., 2007),
correlata positivamente con il numero di esperti potenzialmente raggiungibili,
numero che, nel nostro caso, è dell’ordine di qualche migliaio. Abbiamo definito il
numero di persone da avvicinare con l’intento di calcolare stime anche per variabili
nominali, il che implica, per una fissata attendibilità delle stime, numerosità
campionarie superiori a quelle sufficienti alla stima di medie o mediane, tenendo
tuttavia sempre presenti le difficoltà connesse alla realizzabilità della rilevazione.
Il numero di persone contattate per comporre i due panel è molto diverso,
così come la proporzione di rispondenti alla prima e alle successive fasi è piuttosto
differenziato:
Figura 1. Numerosità basilari dell’indagine Delphi-Shang sui direttori del personale
4
Campione
iniziale
Collaborazioni
offerte
Risposte
I fase
Risposte
II fase
Risposte
III fase
n*=400
n’=44
n’=39
n’’=28+1
n’’’=21
nA*=200
nB*=200
nA’=22
nB’=22
nA’=17
nB’=22
nA’’=14+1
nB’’=14
nA’’’=13
nB’’’=8
La richiesta della disponibilità dei direttori del personale a svolgere il ruolo di testimoni privilegiati
è stata introdotta da un’associazione di categoria, la GIDP/HRDA, che raggruppa circa 1500 direttori
di medie e grandi imprese.
Profili professionali di addetti alle risorse umane sulla base di
due panel giustapposti di esperti Delphi-Shang
10
-
-
i direttori contattati per ottenere collaborazione erano 400, un campione
casuale degli iscritti all'associazione di categoria che ha fatto da tramite. Di
questi, 44 (pari all'11% dei contatti) si sono dichiarati disponibili a
collaborare (Fig. 1);
i professori universitari contattati erano 107. Sono stati selezionati tra i
professori che insegnavano materie riferite alla professionalità e alla cultura
della figura in esame, vale a dire: psicologia del lavoro, pedagogia (educatore
professionale), diritto del lavoro, sociologia del lavoro e delle organizzazioni,
economia aziendale, scienze umanistiche orientate all’attività professionale in
comparti professionali (gestione del turismo, ecc.). La lista è stata creata con
un campionamento “a valanga”5, partendo da una quindicina di colleghi di
materie affini alle competenze presunte delle figure professionali indagate,
noti agli organizzatori della ricerca, ai quali è stato chiesto di indicare, a
raggiera, un certo numero di indirizzi e-mail di altri colleghi universitari, dai
primi ritenuti esperti della materia oggetto d'indagine. Dei 107 contattati, 91
(pari all’85%) hanno risposto al messaggio e-mail dichiarandosi disponibili a
collaborare (Fig. 2).
Figura 2. Numerosità basilari dell’indagine Delphi-Shang sui professori universitari
Persone
invitate a
partecipare
Collaborazi
oni offerte
Risposte
I fase
Risposte
II fase
Risposte
III fase
m*=91
m’=60
+2 incompleti
m’’=45
m=107
m’’’=36
+2 incompleti
Il metodo di individuazione del campione di professori non è incanalabile
nell’ortodossia dei metodi di campionamento probabilistici, bensì in una corrente
metodologica che si richiama al campionamento di reti, o di concatenazioni, tra unità
della popolazione (Fararo e Sunshine, 1968; Thompson e Frank, 2000). Questo
campionamento permette di determinare la probabilità di appartenenza delle unità
campionarie anche senza conoscere la lista della popolazione (Goodman, 1961).
5
A valanga (snowball) si dice il metodo di campionamento che consiste nel selezionare casualmente
un certo numero n di unità, a ciascuna delle quali si chiede di indicarne altre che hanno le
caratteristiche pertinenti alla rilevazione d’interesse. La ricerca di nuove unità può passare anche
attraverso quelle che sono state indicate al primo livello, per un numero s di stadi successivi (Patton,
1990).
Definire figure professionali tramite testimoni privilegiati
11
La procedura di campionamento dei professori universitari da interpellare ha
seguito le regole pratiche che la fanno rientrare in un campionamento del tipo detto6:
9 assegnazione a ciascun professore che fungeva da “seme” di una
concatenazione di un criterio di reclutamento delle unità campionarie a lui
vicine. A ciascun professore è stato chiesto, infatti, di indicare almeno altri
due esperti appartenenti alla propria università o all’area disciplinare. In
questo modo, si è allargata la possibilità di “pescare” delle catene sia in
università e politecnici diversi da quelli di partenza, sia in facoltà diverse
dentro la stessa università. In questo modo, l’expertise che è entrata nel
campione attraverso gli esperti è pluridisciplinare. Alcuni esperti
particolarmente noti sono stati indicati da più persone;
9 a ciascun professore selezionato al secondo livello della concatenazione è
stato detto da chi era stato indicato, esclusi i semi cui il coordinatore della
ricerca si è rivolto personalmente. In questo modo, si è appurato che
reclutatori e reclutati si conoscono vicendevolmente;
9 è stato predeterminato un numero di persone da reclutare per ogni “seme” di
primo livello. È così impossibile che un solo seme recluti l’intero campione.
Una volta constatata l’impossibilità che un solo seme fosse in grado di
individuare l’intero insieme degli esperti, il limite è stato disatteso per
raggiungere il massimo numero di professori possibile.
Complessivamente, hanno collaborato alla rilevazione dei dati:
al primo round, 101 esperti, tra i quali 62 erano professori e 39 direttori del
personale,
al secondo round, 74 esperti, tra cui 45 professori e 29 direttori,
all’ultimo round, 59 esperti, di cui 38 professori e 21 direttori.
Il numero di collaboratori è superiore alla maggior parte degli analoghi studi
riportati nella letteratura scientifica (Skulmoski et al., 2007). Indubbiamente, lo
strumento elettronico ha favorito il contatto e la partecipazione di esperti che si
trovano a grande distanza tra loro (i campioni sono rappresentativi a livello
nazionale) e hanno un’attività professionale impegnativa che non permette loro di
dedicare più di tanto tempo ad attività in cui fungono da fornitori di informazione –
senza la garanzia di poterla usare per i propri scopi pratici o scientifici –, ma il cui
tramite è psicologicamente più pressante della posta normale, dato che sanno di
essere facilmente raggiungibili per eventuali solleciti.
Nel Par. 3.1, si fornisce una descrizione delle caratteristiche ascrittive degli
esperti che hanno collaborato alla prima e alle successive ondate di rilevazione e di
6
Non è stato chiesto ai professori, in quanto irrealistico, di indicare l’ampiezza della catena di cui
facevano parte. La conoscenza di questo elemento offrirebbe possibilità di stima di tipo enumerativo
(Heckathorn, 1997, 2002; Volz e Heckathorn, 2008).
12
Profili professionali di addetti alle risorse umane sulla base di
due panel giustapposti di esperti Delphi-Shang
quelli che hanno smesso di collaborare dopo un traguardo del processo di
rilevazione.
Per valutare se i “persi per strada” avevano risposto in un modo peculiare alle
domande poste nel questionario precedente, oppure se le cadute sono casuali, si
confrontano le risposte ottenute da chi ha interrotto la collaborazione dopo l'avvio
con quelle di chi ha proseguito. Si vuole analizzare il fenomeno detto attrition, che
significa attrito delle parti più esposte del panel lungo il tempo della rilevazione, per
intuire se la procedura di rilevazione ha causato distorsioni (Martino, 1970b; Turoff,
1971; Keil et al., 2002).
L’irregolarità della partecipazione può minare l'attendibilità delle stime nelle
fasi più avanzate della procedura. La diversità delle opinioni degli esperti che hanno
dimostrato un parziale interesse per la ricerca, ma non hanno trovato il tempo o
l’energia per completare il lavoro iniziato, sono esaminate nel Par. 3.2.
L’indagine di cui si tratta è volta sia a delineare due scenari, quello della
definizione della professionalità ideale delle figure lavorative e quello della loro
collocazione nel sistema formativo “a tendere”, e sia una previsione, quella della
speranza occupazionale delle figure professionali nel mercato del lavoro nel medio e
lungo periodo.
Dal punto di vista metodologico, i due obiettivi determinano modi diversi di
concepire i contributi degli esperti7. Nel caso delle previsioni, esiste un “valore vero”
ignoto ma verificabile alla scadenza. Si assume che uno o più esperti possiedano la
verità e siano in grado di rappresentarla. Il processo Delphi, attraverso una serie di
tentativi-ed-errori, mira a stimare il valore vero ipotizzando che si trovi verso il
centro della distribuzione delle stime degli esperti.
Nel caso degli scenari, non esiste un valore vero, ma un quadro ideale di
riferimento. Gli esperti lo rappresentano in quanto conoscitori particolari dei fini e
dei processi pertinenti, per cui l’insieme dei loro punti di vista definisce lo scenario
atteso. Il processo Delphi fa sì che si arrivi ad una rappresentazione mediata.
Nel perseguire l’uno e l’altro obiettivo, i panel di esperti si presentano come
altrettanti punti di vista da comporre in un’unica rappresentazione. A fini di
previsione, essendo unico il valore che si realizzerà alla fine del periodo sul quale si
estende la previsione, tutti gli esperti contattati, indipendentemente dall’istituzione di
appartenenza, faranno parte di un’unica distribuzione. Vale a dire, saranno analizzati
separatamente e le distribuzioni ottenute saranno poi mediate.
7
Linstone e Turoff (1975) classificano le indagini Delphi in classiche se l’obiettivo è di prevedere e
analizzare tramite la ricerca del consenso, orientate alla partecipazione se l’obiettivo primario è di
comporre una decisione politicamente o socialmente condivisa, e orientate alle decisioni se l’obiettivo
è di arrivare ad una decisione ottima.
Definire figure professionali tramite testimoni privilegiati
3.1
13
I tassi di proseguimento tra occasioni di rilevazione
Hanno collaborato alla prima fase della rilevazione Delphi l’88,6% dei direttori che
si erano offerti di collaborare8 e il 68,1% dei professori che avevano accettato di
partecipare alla ricerca9. Gli uni e gli altri hanno risposto tramite lo stesso canale, la
posta elettronica, all’invito a collaborare.
Per i direttori (Tab. 1; Fig. 1), i tassi di proseguimento dalla prima alla
seconda fase (75%) e dalla seconda alla terza (72,4%) sono piuttosto elevati.
Complessivamente, è “sopravvissuto” in senso sperimentale fino alla conclusione
della rilevazione il 53,8% dei direttori che avevano compilato il primo questionario.
Tabella 1. Percentuali di abbandono (numero di abbandoni diviso il numero di
collaborazioni alla rilevazione precedente) da parte di direttori del personale che
avevano accettato di collaborare alla ricerca, per caratteristica del direttore e
periodo dell’abbandono
Genere: M
F
Età:
30-40 anni
41-50
51 e più
Anni servizio: Fino a 9
10 o più
Azienda: Piccola o media
Grande (>250 addetti)
Totale
Numero di
accettazioni
32
7
13
13
13
20
19
12
27
39
% abbandoni
Tra I e II
Tra II e III
28,1
17,4
14,3
66,7
14,3
41,7
23,1
30,0
38,5
12,5
14,3
33,3
36,8
25,0
15,4
36,4
29,6
26,3
25,0
27,6
Giova ricordare che, ai direttori del personale che fossero arrivati in fondo
alla rilevazione, vale a dire che avessero compilato ogni questionario inviato, era
stato promesso l’invio di un’agendina elettronica. Anche se non disponiamo della
controprova, la promessa, poi mantenuta, dell’omaggio deve aver favorito la
8
Un direttore ha risposto solo al secondo questionario. Le sue risposte sono state considerate per
l’analisi dei dati in senso trasversale, ma per forza di cose ignorate per l’analisi in senso longitudinale.
9
Su 86 professori che hanno dichiarato disponibilità a partecipare all’indagine, 53 hanno risposto al
questionario del primo round entro il tempo indicato (una settimana), 3 hanno iniziato la compilazione
del questionario, ma non sono arrivati in fondo, molti altri l’hanno aperto, ma non hanno neppure
iniziato a rispondere. A chi non aveva risposto compitamente non è stato inviato il secondo
questionario. Alcuni si sono fermati al secondo questionario.
14
Profili professionali di addetti alle risorse umane sulla base di
due panel giustapposti di esperti Delphi-Shang
partecipazione10. Nulla è stato, invece, promesso ai professori, i quali hanno
partecipato alla ricerca per motivi esclusivamente sociali.
La sopravvivenza dei professori nei due passaggi è stata del 72,6% tra il
primo e il secondo e dell’84,4% tra il secondo e il terzo (Tab. 2, Fig. 2).
Complessivamente, la sopravvivenza dei professori fino all’ultimo questionario è
stata del 61,3%.
Tabella 2. Percentuali di abbandono (numero di abbandoni diviso il numero di
collaborazioni alla rilevazione precedente) da parte di professori universitari che
avevano accettato di collaborare alla ricerca, per caratteristica del professore e fase
in cui si è verificato l'abbandono (NR: Non rilevato)
Numero di
accettaz.
Genere: M
63
F
28
Età:
Fino a 39
NR
40-49
NR
50-59
NR
60 e più
NR
Regione: Nord
48
Centro
20
Sud e isole
23
Posizione: Ricercatore, altro
23
Professore associato
30
Professore ordinario
38
Disciplina: Economia, ingegn
28
Psicologia
22
11
Sc. pol. e sociali
27
Lettere, sc.formaz.
14
91
Totale
10
Campione
iniziale
43
19
11
19
15
17
35
11
16
14
22
26
21
16
20
5
62
% abbandono
tra I e II
tra II e III
25,6
21,9
26,3
7,1
27,3
12,5
15,8
12,5
46,7
25,0
17,7
21,4
28,6
20,0
36,4
14,2
12,5
14,3
21,4
18,2
27,3
12,5
29,6
21,1
28,6
20,0
41,2
30,0
15,0
1,8
20,0
0,0
27,4
15,6
Vari autori (Turoff, 1971; Martino, 1973) suggeriscono di incrementare sistematicamente il livello
di motivazione a rispondere dei panelist con onorari almeno simbolici, così da avere un tasso di
collaborazione più elevato e risposte più accurate. Per il campionamento a valanga che è definito dal
rispondente (respondent-driven sampling), si veda anche Voltz e Heckathorn (2008). Noi riteniamo
che, nel collaborare alle indagini, la motivazione sociale prevalga anche quando si erogano piccoli
segni di gratitudine come quelli fatti avere ai direttori.
11
Il gruppo delle facoltà di Scienze sociali comprende Scienze Politiche, Scienze Statistiche,
Giurisprudenza, Scienze sociologiche. In questo gruppo sono stati inclusi anche quattro funzionari e
assessori regionali, di cui uno solo ha iniziato a collaborare, interrompendo appena dopo il primo
round.
Definire figure professionali tramite testimoni privilegiati
15
La maggiore proporzione di professori, rispetto ai direttori, che hanno svolto
l’intero percorso Delphi è, verosimilmente, da attribuirsi ad alcune, più agili, scelte
organizzative della rilevazione. Sulla partecipazione di ambedue le categorie di
esperti possono avere influito episodiche cadute di efficienza del sistema di
rilevazione e la forma di alcune domande nei questionari.
I tassi di proseguimento nella collaborazione dei direttori del personale sono,
invece, simili a quelli dei professori universitari molto più di quanto non sia stata
l’iniziale dimostrazione d'interesse.
Hanno collaborato con maggiore entusiasmo i direttori più giovani e quelli
appartenenti alle imprese di minori dimensioni. Si è accertata una certa insofferenza
nei confronti della ricerca da parte dei direttori d’età più elevata, in modo particolare
se appartenenti a grandi imprese.
Tra i 39 direttori del personale che hanno collaborato alla prima fase della
ricerca, 7 sono di genere femminile. I direttori hanno età tra 30 e 62 anni (13 sono tra
i 30 e i 40, altrettanti tra i 41 e i 50 e altrettanti ancora sopra i 50, con una mediana di
circa 46 anni). Sono tutti laureati, alcuni sono anche in possesso di un master
ottenuto dopo il conseguimento della laurea.
Tra i 62 professori che hanno risposto al primo questionario, di cui 2 hanno
compilato il questionario in modo incompleto, 19 sono di genere femminile. I
docenti universitari sono di qualche anno più maturi dei direttori e hanno età
piuttosto variabili: 11 hanno, infatti, fino a 39 anni, 19 dai 40 ai 49 anni, 15 dai 50 ai
59 anni e 17 hanno almeno 60 anni. L’età mediana è di 52 anni non compiuti.
I professori che hanno collaborato alla prima fase della ricerca sono 36
ordinari, 30 associati, 19 ricercatori e 4 professori a contratto. Provengono da
università insediate in ogni ripartizione geografica del Paese: 35 dal Nord, con una
prevalenza dell’Ateneo padovano (15), 11 dal Centro e 16 dal Meridione. Insegnano
materie pertinenti alla formazione delle figure professionali di interesse: la maggior
parte dei docenti (28) insegna materie economiche o organizzazione aziendale, una
buona parte (22) insegna psicologia, per la maggior parte con indirizzo per il lavoro,
23 insegnano una disciplina sociale (sociologia o scienze politiche, giurisprudenza,
statistica) e alcuni (5) discipline di area umanistica o pedagogica.
La caduta sperimentale conseguente all’invio del secondo questionario è stata
del 27,4%, un valore nettamente superiore a quello verificatosi nel round successivo
(15,6%). Le maggiori defezioni si sono verificate tra i professori di età 50-59 anni,
tra i professori di scienze umane e tra quelli di psicologia.
La causa dell'abbandono, oltre all’ovvia difficoltà di far quadrare i tempi di
lavoro con quelli del rispondere al questionario, può essere l'aver dato per scontato
che i docenti sapessero che una ricerca di tipo Delphi è condotta sottoponendo al
panel designato almeno due questionari in sequenza. Ciò può avere indisposto quei
professori che, credendo di aver esaurito il proprio compito dopo la compilazione del
16
Profili professionali di addetti alle risorse umane sulla base di
due panel giustapposti di esperti Delphi-Shang
primo questionario, si sono trovati di fronte una seconda richiesta di collaborazione e
l'anticipazione che ce ne sarebbe stata una terza.
Una giustificazione di questo tipo non si applica, invece ai direttori del
personale, i quali sono stati, invece, sollecitati esplicitamente a rispondere a tre
questionari successivi con la promessa dell’ottenimento di un gadget qualora
avessero collaborato fino in fondo.
3.2
Come avrebbero risposto gli esperti ritirati dopo una parziale
collaborazione?
In questo paragrafo si cerca di capire perché alcuni esperti hanno abbandonato la
ricerca dopo aver avviato la collaborazione.
L’ipotesi sottostante alle nostre analisi è che l’esperto che abbandona la
ricerca è animato da una più labile motivazione a collaborare rispetto a quello che
porta a termine la collaborazione avviata, a causa, probabilmente, degli eventuali
problemi tecnici subiti durante la rilevazione (difficoltà di accesso al questionario
elettronico, difficoltà dei quesiti, generazione di imbarazzo o di irritazione da parte
dei quesiti o della procedura, ecc.) o dei contrasti indiretti con le opinioni degli altri
esperti del gruppo. Dato che gli esperti non hanno la possibilità di colloquiare tra
loro, il contrasto può essere stato avvertito indirettamente, tramite il feedback, vale a
dire la sintetica comunicazione, da parte del ricercatore, della distribuzione delle
risposte ottenute nella fase precedente.
Pill (1971) e Sackman (1975), tra i primi, hanno avanzato l’idea che i
rispondenti, ad un certo passo del processo Delphi, siano posti in difficoltà dal
ricercatore nel momento in cui costui – retro-agendo con i rispondenti in base alle
risposte ottenute – comunica stime così diverse da quelle già manifestate da farli
apparire come estremisti12.
Nel seguito di questa nota, si vuole pertanto verificare se le risposte degli
esperti che hanno abbandonato la ricerca dopo avere compilato almeno un
questionario sono distanti dalla media generale della speranza occupazionale delle
due figure professionali di cui si tratta. La speranza occupazionale è espressa in
percentuale di aumento o diminuzione della occupazione a 1, 3 e 6 anni avanti. Si è
scelto l’esame di queste variabili quantitative perché sono le sole il cui contenuto è
stato riproposto ad ogni round della rilevazione.
12
In altri casi, se l’esperto propone una risposta che si colloca fuori di certi intervalli, o molto
lontano dalla mediana dei valori validi, si pone anche una domanda volta a capire i motivi per cui il
rispondente insiste con una stima o previsione così diversa. Questa formulazione è stata da noi
adottata solo per uno dei percorsi d’intervista dei direttori del personale.
Definire figure professionali tramite testimoni privilegiati
17
L’analisi delle mancate prosecuzioni alla collaborazione indica che (Tabelle
da 3 a 5):
le fuoriuscite dalla rilevazione dopo il primo round riguardano esperti che,
nella gran massa, non si discostano significativamente dal valor medio dei
“sopravviventi” e, ancor meno, dal valor medio generale. Non abbiamo
riscontrato alcuna significatività tra i direttori del personale, quantunque il
piccolo numero di abbandoni (4 nel corso dell’intera ricerca per l’addetto allo
sviluppo delle RU e 8 per l’addetto alla gestione) rendano la verifica delle ipotesi
poco affidabile. Qualche distanza significativa si è riscontrata, in relazione
all’addetto alla gestione delle RU, tra le previsioni dei professori che hanno
abbandonato la rilevazione al primo round e quelli che hanno proseguito.
Tabella 3. Statistiche % inerenti alle speranze occupazionali a 1, 3 e 6 anni per
l’addetto allo sviluppo delle RU, ipotizzate dai direttori del personale che hanno
abbandonato la collaborazione ad un certo punto della ricerca, per fase in cui hanno
abbandonato (n=2 dopo il I round e n=2 dopo il II round)
Abbandonato dopo
Speranza
occupaz. Stime di: I round
A 1 anno Media
A 3 anni
A 6 anni
Scarto da altri rispondenti
II round, risposto
Abband.
II round I round
Abband. II round
I round
I round
II round
0,0
-5,0
-0,5
3,0
-2,4
-2,0
Mediana
0,0
-5,0
-0,5
0,0
5,0
-0,5
Sqm
0,0
7,1
0,7
=
=
=
Media
0,0
-10,0
-1,0
7,1
-3,3
-7,0
Mediana
0,0
-10,0
-1,0
10,0
-3,0
-1,0
Sqm
0,0
0,0
1,4
=
=
=
Media
5,0
-15,0
0,5
11,0
-10,4
-4,4
Mediana
5,0
-15,0
0,5
10,0
-15,0
0,5
Sqm
7,1
7,1
0,7
=
=
=
* Significatività della media al 95%; ** Significatività al 99%; ***Significatività al 99,9%
-
Gli abbandoni al primo round si sono verificati, per la maggior parte, tra i
direttori che sono partiti con valori più alti della media del proprio panel e tra i
professori che sono partiti con valori più bassi della media del panel di
professori. Il valore di feedback inviato ai direttori per la richiesta di una seconda
Profili professionali di addetti alle risorse umane sulla base di
due panel giustapposti di esperti Delphi-Shang
18
stima (Tab. 6) è stato, infatti, generalmente inferiore a quello manifestato dai
direttori che poi si sarebbero ritirati, escluso quello degli addetti alla gestione a 6
anni, mentre quello inviato ai professori per la seconda stima è stato
sistematicamente superiore alle medie dei professori che si sono ritirati. Tuttavia,
nessuno scarto tra i due sub-campioni di direttori che proseguono e quelli che
interrompono la collaborazione e solo due tra quelli posti a confronto tra i
professori (a 3 e 6 anni relativamente agli addetti alla gestione) risultano
significativi.
Tabella 4. Statistiche inerenti alle speranze occupazionali a 1, 3 e 6 anni (in %) per
l'addetto alla gestione delle RU, ipotizzate dai direttori del personale che hanno
troncato la collaborazione ad un certo punto della ricerca, per fase in cui hanno
troncato (n=8 dopo il I round; n=6 dopo il II round di cui 3 hanno risposto al II
round)
Abbandonato dopo
Speranza
Stime di:
A 1 anno Media
-1,7
0,0
7,2
-0,8
-0,0
0,0
0,0
0,0
0,0
0,0
0,0
17,9
2,6
0,0
=
=
=
Media
9,9
-2,5
0,7
10,5
-2,8
0,3
Mediana
0,0
0,0
0,0
0,0
1,5
-1,0
36,613
4,2
1,9
=
=
=
Media
-6,9
-0,8
0,0
-5,0
3,0
0,0
Mediana
-5,9
0,0
0,0
-5,0
7,5
0,0
Sqm
8,0
2,0
0,0
=
=
=
Sqm
Sqm
A 6 anni
II round e risposto Abband. Abbandon. II round
I round
I round II round
I round II round
5,9
Mediana
A 3 anni
I round
Scarto da altri rispondenti
* Significatività della media al 95%; ** Significatività al 99%; ***Significatività al 99,9%
-
13
Quantunque lo scarto tra le previsioni degli esperti che hanno abbandonato la
ricerca al secondo round e quelle degli esperti che hanno proseguito fino alla fine
sia statisticamente significativo, si nota che, dopo il secondo round, abbandonano
due insiemi di esperti: (i) quelli cui si chiede per una terza volta di fornire una
Il valore è così alto perché un rispondente ha dato una stima assolutamente anomala.
Definire figure professionali tramite testimoni privilegiati
19
stima in presenza di previsioni occupazionali degli altri esperti più favorevole
della propria; (ii) quelli cui sono stati presentati valori di feedback piuttosto
instabili, che in vari casi saltano dal negativo al positivo, o che sono una volta più
bassi e una più alti del valor medio manifestato da questi esperti che poi si
ritireranno. Può quindi darsi che i repentini cambiamenti di direzione delle medie
comunicate a fini di feedback siano stati interpretati dagli esperti che avevano già
collaborato per due volte alla ricerca come un segno di scarsa affidabilità della
procedura o, addirittura, come un inopportuno cambiamento di opinione della
massa degli esperti consultati a cui non volevano più aggregarsi.
Tabella 5. Statistiche % inerenti alle speranze occupazionali a 3 e 6 anni di figure di
addetto alle RU, ipotizzate dai professori universitari che hanno abbandonato la
collaborazione ad un certo punto della ricerca, per fase in cui hanno abbandonato e
tipo di addetto (n=14 dopo il I round; n=8 dopo il II round di cui 7 hanno dato
risposta al II round per i 3 anni e 6 per i 6 anni)
Abbandonato dopo
Scarto da media rispondenti
Speranza
I round II round, risposto Abband. Abband. II round
Stime di
I round II round I round I round II round
A 3 anni, Media
addetto
Mediana
sviluppo
Sqm
A 3 anni, Media
addetto
Mediana
gestione
Sqm
A 6 anni, Media
addetto
Mediana
sviluppo
Sqm
A 6 anni, Media
addetto
Mediana
gestione
Sqm
9,6
10,9
6,7
-2,1
-1,1
-0,8
6,3
3,8
5,0
6,0
3,1
-5,0
11,0
20,4
10,8
=
=
=
1,5
3,8
3,4
-6,4*
-4,8
-1,6
0,0
0,0
5,0
0,0
-0,2
-0,8
6,7
6,9
3,1
=
=
=
8,8
27,2
12,0
-7,5
14,0
3,9
0,0
13,8
8,0
-10,0
13,3
-2,0
11,9
41,4
17,6
=
=
=
2,9
7,8
4,3
-5,6*
-0,6
-1,3
0,0
3,8
6,0
-0,3
3,8
-0,8
7,7
9,9
4,1
=
=
=
* Significatività al 95%; ** Significatività al 99%; ***Significatività al 99,9%
20
Profili professionali di addetti alle risorse umane sulla base di
due panel giustapposti di esperti Delphi-Shang
Tabella 6. Valori medi e intervalli di variabilità delle distribuzioni delle risposte
fatti conoscere ai rispondenti al precedente round a fini di feedback, per round, tipo
di addetto e periodo per cui sono espresse le previsioni e categoria di esperti
Valori comunicati dopo il
I round, 3 anni: Media
Intervallo
I round, 6 anni: Media
Intervallo
II round, 3 anni: Media
Intervallo
II round, 6 anni: Media
Intervallo
-
Direttori del personale
Addetto
Addetto
sviluppo
gestione
-6,29
+3,00
-10 / 0
-5 / 0
-4,71
-4,09
-10 / 0
-10 / 0
+5,07
+0,57
0 / +3,5
0 / +1,75
+4,33
+0,86
0 / +4,0
0 / +3,0
Professori universitari
Addetto
Addetto
sviluppo
gestione
+11,18
+5,77
+14,13
+6,82
+7,88
+4,50
+9,32
+5,63
Le medie delle previsioni già manifestate dai direttori e dai professori che
abbandonano dopo il secondo round di rilevazioni sono, invece, generalmente
inferiori alla media generale. Nessuno di questi scarti è statisticamente
significativo. Ciò significa che, ad abbandonare dopo il secondo round, sono stati
alcuni esperti che avevano dato risposte internamente coerenti ai primi due
questionari, e comunque vicine alla media generale.
Onde confutare ulteriormente l’ipotesi che i “persi per strada” sono spesso su
posizioni estreme, si osserva che le varianze delle previsioni espresse dagli
esperti che hanno interrotto la collaborazione sono state di poco differenti
(escluso un caso) da quelle di chi ha proseguito nella rilevazione. Pertanto,
giacché anche le medie sono solo marginalmente differenti, si può affermare che
la distribuzione complessiva delle previsioni degli esperti che hanno interrotto la
collaborazione non è così diversa da quella degli esperti che hanno portato a
compimento la ricerca.
Riepilogando le analisi sui “persi per strada”, si può dire che la maggior parte
dei rispondenti tende a rapportare le proprie risposte ai valori di feedback,
mantenendo sostanzialmente le proprie posizioni e “spingendo” la media della
distribuzione verso la direzione che ritengono più giusta. È così confermata l’idea
degli autori del metodo Delphi, secondo la quale la ricerca di un valore mediato si
può ottenere per approssimazioni successive (Dalkey e Helmer, 1963; Pacinelli e
Todisco, 2001).
Naturalmente, ciò non esclude che le risposte ottenute con il metodo Delphi
possano essere viziate da una qualche ricerca di conforto nell’opinione della
maggioranza e che, pertanto, il consenso si possa manipolare mediante la
Definire figure professionali tramite testimoni privilegiati
21
retroazione14. Tuttavia, non s’intravede alcun motivo di rischio che, nella nostra
ricerca, si sia forzato del consenso, stante che non v’è alcuna utilità pratica – né per
chi dà le risposte né per chi le utilizza – a convergere verso un traguardo di consenso.
4
Competenze professionali e desiderabilità sociale a confronto
Il primo confronto tra le distribuzioni delle risposte fornite dai due panel di esperti
riguarda le competenze e la desiderabilità sociale dell’addetto alla – o esperto nella –
gestione e quello allo sviluppo delle RU.
Nel seguito della nota, si analizzano in parallelo le rappresentazioni
professionali che di queste due figure danno i direttori del personale e i professori
che hanno collaborato alla rilevazione Delphi, con l’intento di evidenziare se ci sono,
ed eventualmente in quale direzione vanno, le percezioni dei due gruppi di esperti. Il
nostro obiettivo è meramente metodologico: mira a comprendere quali categorie di
esperti sono in grado di configurare al meglio i tratti distintivi di figure professionali.
La caratterizzazione in termini di competenze, immagine sociale e speranza
occupazionale delle due figure sarà oggetto di uno specifico rapporto di ricerca.
Nei Paragrafi 4.1, 4.2 e 4.3 si descrivono le differenze ottenute tra gli esperti
in merito, rispettivamente, alle competenze tecnico-specifiche, a quelle trasversali e
alla desiderabilità sociale delle due figure professionali. Le differenze tra le
distribuzioni sono valutate con riguardo alle modalità più distanti e alla significatività
statistica della differenza globale tra le due configurazioni.
È opportuno precisare che la variabilità tra i punti di vista dei direttori e dei
professori, e quella che si è manifestata all’interno dei due panel, sono alla radice
della attendibilità delle stime. Nel valutare le caratteristiche di una figura
professionale non esiste, infatti, un valore vero; esistono, invece, visioni diverse che
possono essere riassunte in una visione complessiva. Per questo motivo,
l’accuratezza delle stime non può essere valutata in termini di prossimità al vero,
bensì in termini di coerenza tra punti di vista. La misura di coerenza che si propone
per le nostre analisi, è la varianza15. Se s’ipotizza che il baricentro dei punti di vista è
14
Già nel 1936 Sherif dimostra che l’opinione dei soggetti può essere manipolata in ogni direzione
da suggerimenti dello sperimentatore o da altre figure autorevoli. Sackman (1975) afferma, a tal
proposito, che: “Panelists bask under the warm glow of a kind of mutual admiration society. The
director has the prestige of pooled authority behind his study, and the uncritical user is more likely to
feel smug and secure under the protective wing of an impressive phalanx of experts”.
15
La variabilità si può concepire come una funzione della lontananza tra le stime. Si vedano a questo
proposito: Martino (1970a); Linstone e Turoff (1975), Dalkey et al. (1970). L’assenza di valore vero
si può assimilare alla legge della “uguale ignoranza” di Reichenbach (1949), vale a dire: se non è
Profili professionali di addetti alle risorse umane sulla base di
due panel giustapposti di esperti Delphi-Shang
22
il valore più vicino al vero e che la distribuzione delle stime è tendenzialmente
normale, tramite la varianza si può esprimere un giudizio probabilistico.
Lo studio multivariato delle differenze tra le distribuzioni è svolto applicando
il metodo di analisi multivariata detto “della correlazione canonica” (Fisher, 1936).
Questo metodo determina le combinazioni lineari indipendenti di predittori
maggiormente correlate con combinazioni lineari di variabili poste idealmente a
criterio dell’analisi. Se a criterio si pone una sola variabile (nominale) che descrive i
gruppi cui appartiene il campione, il metodo di riferimento è detto “della funzione
discriminante”. Qualora la variabile-criterio abbia due sole modalità, l’analisi della
funzione discriminante consiste nella ricerca della funzione che meglio discrimina i
due gruppi in analisi.
Nel nostro caso, le variabili dipendenti, y={y1, y2, ..., yq}, sono le opinioni
degli esperti in merito alla caratterizzazione delle figure professionali e quelle
predittive sono l’esperienza specifica in materia di risorse umane X1, le
caratteristiche socio-demografiche X2, la regione di appartenenza X3, il
convincimento con cui hanno collaborato alla ricerca X4, al netto dell'appartenenza
all'insieme dei direttori o dei professori, Z. Il modello si può così esprimere:
g ( y)
f (X1, X 2 , X 3 , X 4 | Z ) ,
dove Z è una variabile dicotomica che denota l'appartenenza all'uno o all'altro gruppo
di esperti.
Questo criterio di analisi non individua un fattore sottostante alle
rappresentazioni delle variabili dipendenti, bensì la combinazione lineare di variabili
dipendenti che è massimamente correlata con l’insieme di variabili predittive inserite
nell’analisi. La scelta delle variabili predittive condiziona, pertanto, la combinazione
delle variabili poste a criterio dell’analisi.
4.1
Le competenze tecnico-specifiche
Le competenze tecniche che caratterizzano le due figure professionali di addetto, o
esperto, nell’area delle risorse umane sono ben distinte e sono, pertanto, analizzate in
sequenza. L’addetto allo sviluppo delle risorse umane svolge il ruolo di ideatore e
realizzatore di percorsi di sviluppo delle capacità del personale di un’azienda,
l’addetto alla gestione delle risorse umane ha, invece, il ruolo più generale di gestore,
in senso sia amministrativo che funzionale, del personale.
Analizziamo ora come i direttori del personale e i professori caratterizzano le
competenze tecnico-specifiche dell’addetto allo sviluppo (Tab. 7), competenze che,
possibile ottenere un valore vero, si può assumere che tutte le misure di cui si dispone siano
ugualmente valide o, se si vuole, ugualmente sbagliate.
Definire figure professionali tramite testimoni privilegiati
23
in genere, i selettori danno per scontate nelle persone che sostengono un colloquio
per essere assunte in un ruolo tecnico. Le competenze tecniche, specifiche di una
figura professionale ad elevata professionalità, sono, infatti, desumibili dal
curriculum formativo ed esperenziale presentati dal candidato.
L’immagine di addetto allo sviluppo che si ricava dal confronto tra le
competenze ipotizzate dai direttori è simile a quella manifestata dai professori. Le
competenze che stanno nelle prime tre posizioni della graduatoria sono, infatti, le
stesse, anche se l’importanza, in termini quantitativi, delle due figure è diversa. Vale
la pena dire subito che l’analisi delle differenze quantitative va letta con cautela
perché le modalità tra le quali i direttori sono stati chiamati a scegliere erano un
sottoinsieme meno ampio di quelle somministrate ai professori16. Anzi, le modalità
per il questionario per i professori sono state definite alla fine del percorso di ricerca
svolto sui direttori.
Tabella 7. Percentuale di competenze tecnico-specifiche che, secondo i due panel
consultati, dovrebbero possedere gli addetti allo sviluppo delle risorse umane (NR:
non richiesta; sqm: scarto quadratico medio)
Competenze
Generali di sviluppo
Analisi attitudinale
Fabbisogni formativi
Valutazione personalità
Selezione del personale
Tecniche di compensation
Organizzazione e processi
Analisi organizzativa
Frequenza campionaria (n)
Direttori personale
%
82,4
11,8
23,5
52,9
35,3
23,5
70,6
23,5
sqm
0,381
0,323
0,424
0,499
0,478
0,424
0,456
0,424
(17)
Professori universitari
%
69,4
NR
40,3
53,2
11,3
14,5
59,7
=
sqm
0,461
NR
0,491
0,499
0,316
0,352
0,491
=
(62)
La rappresentazione dei due panel di esperti è nettamente differente per
quanto riguarda la costruzione e l’impiego di tecniche per la valutazione della
personalità e del potenziale delle persone. Percorre le risposte ottenute l’ipotesi che i
16
Ai professori, ai quali è stato chiesto di valutare ambedue le figure professionali, è stata sottoposta
una unica lista di competenze tecnico-specifiche. Ai direttori – preventivamente suddivisi in due
insiemi casuali, ciascuno associato ad una figura professionale – è stato sottoposto uno specifico
questionario. La lista di competenze sottoposta ai professori è stata costruita con le risultanze della
rilevazione presso i direttori del personale. Le competenze analizzate nel prosieguo della nota sono
quelle comuni ad entrambi i panel di esperti.
24
Profili professionali di addetti alle risorse umane sulla base di
due panel giustapposti di esperti Delphi-Shang
direttori includano, tra i compiti dell’addetto allo sviluppo, anche l’ideazione di
nuovi strumenti e processi di valutazione, mentre i professori immaginano di formare
un tecnico in grado di applicare con successo i metodi appresi all’università, senza la
necessità di crearne di nuovi.
Anche il profilo delle competenze tecniche caratterizzanti l’addetto alla
gestione delle RU è abbastanza simile per i due panel di esperti (Tab. 8). Le
conoscenze giuslavoristiche e di diritto sindacale sono considerate preminenti, due
professori su tre e circa un direttore ogni due le indicano come la base della cultura
professionale di questo addetto. Tuttavia, la seconda competenza, in ordine di
rilevanza, è la capacità di analisi delle organizzazioni complesse e dei processi di
lavoro. Questa competenza, segnata sulla lista dal 50% dei professori, non è stata
indicata dai direttori del personale. La terza competenza secondo i professori è la
seconda secondo i direttori: si tratta della capacità di gestire i rapporti con i
dipendenti.
Tabella 8. Percentuali di competenze tecnico-specifiche che dovrebbero possedere
gli addetti alla gestione delle risorse umane, secondo i due panel consultati (sqm:
scarto quadratico medio)
Competenze
Diritto lavoro generale
Diritto lavoro amministrativo
Conoscenze sindacali
Conoscenze amministrative
Gestione relazioni industriali
Gestione rapporti dipendenti
Tecniche di contrattazione
Carico lavoro, organiz, process
Frequenza campionaria (n)
Direttori personale
%
50,0
31,8
31,8
18,2
36,4
50,0
36,4
27,3
sqm
0,500
0,466
0,466
0,386
0,481
0,500
0,481
0,446
(22)
Professori universitari
%
sqm
66,1
0,473
17,7
16,1
37,1
21,0
50,0
0,382
0,367
0,483
0,407
0,500
(62)
I professori danno importanza alla capacità dell’addetto alla gestione di avere
un ruolo orientativo nei processi organizzativi, molto di più della capacità di gestire
relazioni industriali e di contrattare con i sindacati, o di condurre colloqui di lavoro
per selezionare candidati all’assunzione.
Sembra dunque che, al di là delle competenze tecnicamente qualificanti, la
rappresentazione delle figure professionali di coloro che vivono quotidianamente a
fianco degli addetti sia abbastanza diversa da quella di chi li forma all’università o
nei corsi, detti di master, che il mercato offre dopo la laurea.
Definire figure professionali tramite testimoni privilegiati
25
I professori considerano le persone che escono dai corsi di formazione
superiore figure professionali complete e rifinite nelle competenze tecniche, pronte a
svolgere i compiti specifici della loro professionalità; i direttori ritengono, invece,
che qualunque figura professionale, anche se rivolta all’operatività, possa e debba
svolgere anche un ruolo propositivo e creativo sul posto di lavoro, adattando le
conoscenze di carattere generale acquisite alle situazioni che deve via via affrontare.
Infatti, la costruzione di strumenti di valutazione ad hoc implica che l’addetto
possieda capacità di riflessione teorica sulla propria materia professionale, sensibilità
nel cogliere gli aspetti peculiari dell’organizzazione e dei processi in cui è inserito e
abilità tecnica nel costruire test e questionari.
Una seconda distinzione tra le due categorie di esperti consultati riguarda la
specializzazione dei compiti richiesti alle figure professionali in esame. Con
esclusione della prima, più fondamentale, competenza, i direttori tendono a
individuare compiti specifici ben differenziati tra le due figure professionali. I
professori, invece, attribuiscono alle figure compiti che, pur essendo inerenti alla
componente tecnica che le specifica, sono piuttosto simili. Ciò dipende in parte dal
fatto che, mentre ciascun direttore ha delineato una sola figura professionale, ogni
professore ha individuato le funzioni di ambedue le figure professionali.
È evidente che i professori immaginano addetti fungibili nelle mansioni
tipiche degli uffici per il personale e capaci di esprimere la propria competenza
specifica nei casi in cui serve. La diversa rappresentazione può, pertanto, dipendere
dai criteri di selezione dei due insiemi di esperti. I direttori appartengono a grandi
organizzazioni, nelle quali gli addetti svolgono compiti generalmente parcellizzati e
più specifici. I professori, i quali insegnano varie materie legate alle competenze
tecniche, si rappresentano mentalmente figure professionali più eclettiche, idonee ad
essere inserite anche in organizzazioni produttive di dimensione inferiore a quelle cui
appartengono i direttori consultati.
L’analisi della correlazione canonica, applicata con i criteri esposti all’inizio
del Par. 4 sulle competenze tecnico-specifiche rilevate presso le due categorie di
esperti, da una parte, e sulle caratteristiche degli stessi esperti d’altra parte, ha dato
gli esiti presentati nella Tab. 9 per quanto riguarda l’addetto allo sviluppo17 e nella
Tab. 10 per quanto riguarda l’addetto alla gestione18 delle RU.
L’analisi mostra che, nella mente degli esperti interpellati, esiste un unico
disegno sostanziale, anche se i punti di vista sono per alcuni aspetti differenti. Esiste,
in pratica, un unico fattore che collega le competenze tecnico-specifiche che le due
17
I primi quattro autovalori dell’analisi inerente alle competenze tecniche dell’addetto allo sviluppo
sono: 0,304, 0,230, 0,164 e 0,059. Il primo autovalore ha significatività 0,051 e il secondo p=0,160.
18
I primi quattro autovalori dell’analisi inerente alle competenze tecniche dell’addetto alla gestione
delle RU sono: 0,343, 0,049, 0,024 e 0,009. Il primo autovalore non risulta significativo all’analisi
statistica (p=0,517).
26
Profili professionali di addetti alle risorse umane sulla base di
due panel giustapposti di esperti Delphi-Shang
categorie di esperti hanno in mente, ma il dosaggio delle competenze qualificanti
varia da categoria a categoria.
Tabella 9. Coefficienti di correlazione tra la prima variabile canonica inerente alle
competenze tecnico-specifiche dell’addetto allo sviluppo delle RU e le caratteristiche
degli esperti Delphi
Variabili Y
Generali di sviluppo
Fabbisogni formativi
Valutaz. personalità
Selezione del personale
Tecniche compensation
Organizzaz. e processi
Coefficienti
correlazion
0,38
-0,47
-0,46
0,39
0,48
0,52
Correlazione con variabili
predittive
Genere M (vs F)
Lavora a Nord (vs Altro)
Professore (vs Direttore)
Grado preparazione in RU
Età
Abbandono al II+III round
Coefficienti
correlazion
0,03
0,34
-0,29
0,16
-0,13
-0,05
Tabella 10. Coefficienti di correlazione tra la prima variabile canonica inerente alle
competenze tecnico-specifiche dell’addetto alla gestione delle RU e le caratteristiche
degli esperti Delphi
Variabili Y
Conoscenze amministr.
Gestione relaz. industr.
Gest. rapporti dipenden
Tecniche contrattazione
Carico lavoro, organizz
Coefficienti
correlazion
-0,28
0,54
0,28
0,35
-0,71
Correlazione con variabili
predittive
Genere M (vs F)
Lavora a Nord (vs Altro)
Professore (vs Direttore)
Grado preparazione in RU
Età
Abbandono a II+III round
Coefficienti
correlazion
0,26
0,06
-0,31
0,02
0,23
0,34
La distinzione tra le due categorie di esperti riguarda, in modo particolare –
come si è già evidenziato commentando l’analisi delle distribuzioni di frequenze – la
professionalità degli addetti allo sviluppo delle RU attesa per la valutazione della
personalità e per la determinazione dei fabbisogni formativi. Calcano la mano su
questi aspetti della professionalità i direttori del personale.
All’opposto, preferiscono che l’addetto possieda competenze generali di
sviluppo e tratti di personalità più distintivi (rispetto ad altre figure
professionalmente vicine) gli esperti che operano in aziende del Settentrione (rispetto
al resto del Paese) e quelli che hanno dimostrato una maggiore esperienza di rapporti
con gli uffici del personale e una maggiore conoscenza delle distinzioni professionali
all’interno degli uffici del personale.
Definire figure professionali tramite testimoni privilegiati
27
Per quanto riguarda le competenze tecnico-specifiche dell’addetto alla
gestione delle RU, si rileva una relazione non significativa, ma ugualmente chiara
negli indirizzi strategici, tra la necessità manifestata dai direttori di avere a
disposizione una figura professionale capace di analizzare i carichi di lavoro,
valutare la posizione relativa di tutto il personale nell’ambito dell’organizzazione e
dei processi produttivi e gestire dal punto di vista amministrativo le pratiche della
gestione del personale e la propensione dei professori a formare una persona in grado
di gestire e incidere sulle relazioni industriali. L’immagine resa esplicita dai
professori è certamente più qualificata di quella dei direttori.
La concezione che gli addetti alla gestione delle RU possano ricoprire una
posizione elevata è diffusa anche tra gli esperti che abbandonano la rilevazione prima
della fine, più che tra quelli che completano il percorso Delphi.
4.2
Le competenze trasversali
Le competenze tecnico-professionali che distinguono un tecnico non bastano a
qualificarlo come un professionista in grado di svolgere con efficacia ruoli in un
contesto produttivo. Un professionista s’impone anche, e soprattutto, per il possesso
di competenze trasversali e di doti di personalità particolarmente utili per l’attività
che svolge.
Le competenze trasversali e le doti di personalità orientate al lavoro,
introdotte nel Par. 1, accomunano una vasta classe di attività professionali. Le
competenze trasversali e i tratti di personalità orientati al lavoro sono il risultato di
una complessa elaborazione personale degli input formativi ed esperenziali che mette
una persona – qualunque sia la propria formazione – in grado di rispondere a una
pluralità di esigenze professionali.
Per quanto riguarda l’addetto allo sviluppo delle RU, il profilo immaginato
dai direttori del personale è affatto diverso da quello dei professori (Tabelle 11 e 12).
I primi evidenziano la necessità che possieda capacità relazionali (94,1% dei direttori
indica questa capacità come necessaria versus il 47,5% dei professori), capacità di
lavorare produttivamente in gruppo (47,1%) e dimostri di avere voglia di fare
(proattività: 52,9%).
I professori sottolineano, invece, che la figura professionale deve essere
qualificata quanto a capacità di risolvere problemi di lavoro (80,3% vs 35,3% dei
direttori) e di innovare professionalmente sul luogo di lavoro (63,9%).
Gli uni e gli altri considerano importante, ma non decisivo, il dimostrare
autorevolezza e capacità di leadership (35,3% per i direttori e 39,3% per i professori)
e la flessibilità nell’affrontare i problemi (29,4% per i direttori e 37,7% per i
professori). Ambedue le categorie di esperti assegnano una modesta importanza alla
28
Profili professionali di addetti alle risorse umane sulla base di
due panel giustapposti di esperti Delphi-Shang
capacità di saper presentare le proprie idee in pubblico, avendo in mente per questa
figura professionale un ruolo più operativo che propositivo.
Tabella 11. Percentuale di direttori del personale e di professori che considerano
importanti competenze trasversali e altre doti di personalità per addetti allo sviluppo
delle risorse umane, per tipo di competenze
Direttori del personale
Competenze trasversali
Capacità di relazione
Leadership, autorevolezza
Capacità lavoro in gruppo
Capacità problem solving
Flessibilità
Innovatività
Proattività (volontà fare)
Presentare idee pubblico
Frequenza campionar. (n)
%
94,1
35,3
47,1
35,3
29,4
23,5
52,9
5,9
sqm
0,236
0,478
0,499
0,478
0,456
0,424
0,499
0,236
Professori universitari
%
47,5
39,3
37,7
80,3
37,7
63,9
=
0,0
(17)
Sqm
0,499
0,488
0,485
0,400
0,485
0,480
=
0,0
(62)
Tabella 12. Percentuale di direttori del personale e di professori che considerano
importanti le competenze trasversali e altre doti di personalità per addetti alla
gestione delle risorse umane, per tipo di competenze
Competenze trasversali
Capacità di relazione
Leadership, autorevolezza
Capacità lavoro in gruppo
Capacità problem solving
Flessibilità
Innovatività
Proattività (volontà fare)
Presentare idee pubblico
Frequenza campionar. (n)
Direttori del personale
%
31,8
31,8
40,9
36,4
40,9
40,9
18,2
27,3
sqm
0,466
0,466
0,492
0,481
0,492
0,492
0,386
0,446
(22)
Professori universitari
%
78,7
59,0
50,8
39,3
57,4
19,7
=
0,0
Sqm
0,409
0,492
0,499
0,488
0,494
0,398
=
0,0
(62)
Nel confrontare i profili tecnico-professionali, riemerge l’antinomia tra
direttori e professori ipotizzata nel Par. 3.2. I professori immaginano che la figura
professionale dell’addetto allo sviluppo debba essere capace di svolgere il proprio
Definire figure professionali tramite testimoni privilegiati
29
ruolo sapendo applicare le competenze tecniche apprese sui banchi di scuola e
modificando progressivamente l’ambiente in cui opera con l’apporto della propria
professionalità.
I direttori, invece, tracciano una figura professionale inserita attivamente
nella macchina produttiva, in grado di adattare i comportamenti individuali alle
esigenze produttive complessive e, pertanto, capace di estrinsecare le proprie
capacità professionali nei gruppi di lavoro e nei rapporti quotidiani con le altre entità,
soprattutto con quelle interne all’azienda. Deve, in modo particolare, saper creare e
mantenere, nei rapporti sociali, un clima favorevole allo sviluppo di rapporti umani
caldi e corretti con i colleghi e con il personale.
Le due categorie di esperti hanno punti di vista in parte diversi anche in
merito all’addetto alla gestione delle RU. L’addetto è concepito dai direttori del
personale come un esperto gestore, capace di muoversi con sicurezza ed efficacia
all’interno dei settori e dei gruppi organizzati dell’azienda o dell’ente e di fare
proposte volte a risolvere problemi, dimostrando, in questo, flessibilità ed inventiva.
Invece, i professori concepiscono questa figura come uno sviluppatore di relazioni
industriali (la capacità di relazione è considerata prioritaria dal 78,8% dei professori
e dal 31,8% dei direttori), che per questo deve dimostrare doti di leadership e
flessibilità.
D’altro canto, è considerata una dote basilare da professori e direttori (57,4%
secondo i professori e 40,9% secondo i direttori) la capacità di adattare la propria
conoscenza e i propri atteggiamenti e comportamenti alla realtà in cui si opera: i
primi considerano che a questa si debba accompagnare capacità di imporsi (59% dei
professori considerano prioritario il possesso di doti di leadership e autorevolezza, vs
il 31,8% dei direttori) e i secondi, invece, la capacità di innovare nello svolgimento
del proprio lavoro (40,9% dei direttori considerano questa dote rilevante vs il 19,7%
dei professori).
Anche per le competenze trasversali emerge dunque una sostanziale
differenza tra i punti di vista dei professori e quello dei direttori: i primi dimostrano
di avere in mente una figura di esperto in gestione del personale, con funzioni
analoghe a quelle del direttore delle risorse umane negli uffici RU di minori
dimensioni, ossia un gestore del personale con compiti politici e tecnici a tutto
campo, si può dire un assistente alla direzione in grado di sostituire alla bisogna il
direttore del personale.
I direttori, invece, distanziano piuttosto nettamente le capacità richieste
all’addetto alla gestione delle RU dal possibile ruolo trasversale di un assistente alla
direzione e attribuiscono all’addetto alla gestione funzioni più tecnico-realizzative e
di compartecipazione alle funzioni con gli altri componenti l’ufficio. Se e quanto la
visione dei direttori dipenda da una volontà di chiarire la gerarchia dell’ufficio si
lascia all’immaginazione del ricercatore.
30
Profili professionali di addetti alle risorse umane sulla base di
due panel giustapposti di esperti Delphi-Shang
L’analisi della correlazione canonica tra le competenze tecnico-specifiche
indicate dalle due categorie di esperti, da una parte, e le caratteristiche degli stessi
esperti dall’altra, è presentata nella Tab. 13 per quanto riguarda l’addetto allo
sviluppo19 e nella Tab. 14 per quanto riguarda l’addetto alla gestione20 delle RU.
Tabella 13. Coefficienti di correlazione tra la prima variabile canonica inerente alle
competenze trasversali dell’addetto allo sviluppo delle RU e le caratteristiche degli
esperti Delphi
Variabili Y
Capacità di relazione
Leadership, autorevole
Lavoro in gruppo
Problem solving
Flessibilità
Innovatività
Coefficienti
correlaz.
-0,55
0,06
-0,14
0,60
0,07
0,64
Correlazione con variabili
predittive
Genere M (vs F)
Lavora a Nord (vs Altro)
Professore (vs Direttore)
Grado preparazione in RU
Età
Abbandono al II+III round
Coefficienti
correlaz.
-0,28
0,04
0,61
-0,07
0,15
0,07
Tabella 14. Coefficienti di correlazione tra la prima variabile canonica inerente alle
competenze trasversali dell’addetto alla gestione delle RU e le caratteristiche degli
esperti Delphi
Variabili Y
Capacità di relazione
Leadership, autorevole
Lavoro in gruppo
Problem solving
Flessibilità
Innovatività
Coefficienti
correlaz.
0,85
0,49
0,25
0,01
0,42
-0,36
Correlazione con variabili
predittive
Genere M (vs F)
Lavora a Nord (vs Altro)
Professore (vs Direttore)
Grado preparazione in RU
Età
Abbandono al II+III round
Coefficienti
correlaz.
-0,22
-0,13
0,50
0,01
0,09
-0,08
Le differenze tra la posizione dei docenti universitari e quella dei direttori in
merito alle competenze trasversali delle due figure professionali sono evidenti in
misura maggiore di quanto non siano quelle specifiche. Innanzitutto, è significativa
per ambedue le figure professionali la relazione tra le caratteristiche degli esperti
19
I primi quattro autovalori dell’analisi sulle competenze trasversali dell’addetto allo sviluppo sono:
0,749, 0,142, 0,110 e 0,055. Il primo autovalore ha significatività p=0,007 e il secondo 0,698.
20
I primi quattro autovalori dell’analisi sulle competenze trasversali dell’addetto alla gestione sono:
0,382, 0,195, 0,109 e 0,061. Il primo autovalore ha significatività 0,047 e il secondo p=0,361.
Definire figure professionali tramite testimoni privilegiati
31
interpellati e la prima componente canonica derivante dall’unione delle competenze
trasversali richieste a chi opera nelle posizioni analizzate. Le differenze sono, infatti,
imputabili esclusivamente al divario tra i punti di vista dei due gruppi di esperti.
L’analisi conferma che l’addetto allo sviluppo dovrebbe avere, in modo
spiccato secondo i professori che contribuiscono a formarlo culturalmente e
professionalmente, capacità di innovare al fine di anticipare e risolvere i problemi
che si pongono nel lavoro. Viceversa, emerge in modo inequivocabile dall’analisi
delle distribuzioni di frequenza che i direttori sono propensi ad accogliere con più
favore una figura capace di stabilire buone relazioni con l’intero ambiente aziendale,
lavorando prevalentemente in gruppo.
Per l’addetto alla gestione, viceversa, sono i professori che ne valorizzano la
capacità di relazione proprio perché lo vedono protagonista, anche in funzione
apicale, nella gestione delle relazioni tra i gruppi organizzati dell’impresa. Lo
immaginano come un attore dell’organizzazione, flessibile e autorevole, talvolta in
primo piano. I direttori prediligono l’aspetto dell’innovatività nel lavoro, vale a dire
la solidità della preparazione di base che permette di impiegarlo dove ci sono
problemi da risolvere e, in ogni caso, in ogni momento tecnico e amministrativo della
gestione quotidiana delle relazioni con il restante personale dell’azienda o dell’ente.
Nessuna relazione si nota tra chi abbandona prima della fine e chi prosegue
nella collaborazione, né tra l’età, l’expertise o la regione di chi ha espresso le
opinioni che si commentano. Si nota, invece, una strana relazione, tra il genere degli
esperti che hanno avanzato opinioni e le caratteristiche professionali degli addetti su
cui si sono espressi. Gli esperti di genere femminile hanno dato indicazioni simili a
quelle dei direttori, i maschi simili a quelle dei professori.
Può darsi che la visione femminile della professionalità di queste figure sia
più riduttiva rispetto a quella maschile, nel senso che le donne collocano questi
addetti in posizioni più impiegatizie, sedute, non necessariamente defilate, rispetto a
quelle immaginate dai maschi, oppure può darsi che la visione delle donne sia più
realistica, come può esserlo quella dei direttori che sono quotidianamente a contatto
con le persone che esercitano nel concreto operativo le competenze possedute.
4.3
La desiderabilità sociale
Agli esperti è stato chiesto di riportare la propria percezione su aspetti della
desiderabilità sociale di ciascuna figura professionale su scale da 1 a 10. Dal
confronto tra le medie delle risposte fornite dai due panel di esperti, emerge che i
direttori del personale percepiscono come appetibili gli aspetti economici,
professionali e sociali degli addetti allo sviluppo (Tab. 15) e degli addetti alla
gestione delle RU (Tab. 16) sistematicamente più dei professori.
32
Profili professionali di addetti alle risorse umane sulla base di
due panel giustapposti di esperti Delphi-Shang
Tabella 15. Valori medi della desiderabilità sociale degli addetti allo sviluppo delle
risorse umane secondo i direttori del personale (n=15) e professori universitari
(n=45), per aspetto (scala 1-10; sqm = scarto quadratico medio)
Aspetti
- economico (reddito)
- sviluppo carriera (verticale)
- utilizzo competenze in aziende
- possibile cambio posto lavoro
- valorizzazione ruolo sociale
- desiderabilità per neolaureato
- desiderabilità datori lavoro
Direttori personale
Media
sqm
5,6
1,6
6,3
1,8
6,1
1,5
6,5
1,6
5,9
2,1
6,9
1,9
6,7
1,1
Professori universitari
Media
sqm
5,3
1,7
5,6
1,8
5,3
1,7
5,4
1,9
5,5
2,0
6,0
2,0
5,4
1,8
Tabella 16. Valori medi della desiderabilità sociale degli addetti alla gestione delle
risorse umane secondo i direttori del personale (n=11) e professori universitari
(n=45), per aspetto (scala 1-10; sqm = scarto quadratico medio)
Aspetti della desiderabilità sociale
a) economico (reddito)
b) sviluppo di carriera (verticale)
c) utilizzo delle competenze nelle aziende
d) possibilità di cambiare posto lavoro
e) Valorizzazione ruolo sociale
f) Desiderabilità sociale per neo-laureato
g) Desiderabilità secondo datori lavoro
Direttori personale
Media
sqm
5,4
1,1
7,0
1,8
6,3
1,7
7,4
1,4
6,5
1,9
6,4
1,6
6,1
1,6
Professori universitari
Media
sqm
5,1
1,9
5,4
1,9
5,6
1,8
5,8
1,9
5,2
1,8
5,8
1,9
5,6
1,9
È possibile che la maggiore vicinanza dei direttori del personale ai datori di
lavoro e all’organizzazione produttiva nel suo complesso permetta loro di percepire
più vividi riflessi in merito alla desiderabilità della professione rispetto ai professori.
È possibile che il tipo di professionalità esercitato da questi addetti sia valutato dai
direttori in modo particolarmente benevolo, anche perché operano nella loro stessa
area di professionalità, quantunque a livelli funzionali diversi. Questa seconda ipotesi
può spiegare anche perché i professori universitari, i quali dissimulano a fatica di
avere una concezione elevata di se stessi, esprimano giudizi più contenuti sulla
desiderabilità sociale degli addetti in questione.
Definire figure professionali tramite testimoni privilegiati
33
Le valutazioni espresse dai direttori sulla desiderabilità sociale dell’addetto
alla gestione delle RU sono superiori a quelle per l’addetto allo sviluppo per ciò che
concerne la possibilità di cambiare posto di lavoro e ottenere avanzamenti di carriera.
Tabella 17. Analisi della funzione discriminante tra il gruppo dei professori e quello
dei direttori (gradi di libertà: 112; ogni variabile predittiva è dicotomizzata)
Codice
Descrizione variabile
Pesi strutturali
Sesso
Eta
comptra1
comptra2
comptra4
Inglese
Tedesco
francese
spagnolo
Inform
conoscLin
occ3anni
dim_min
dim_tip
desecon
Descarr
desutil
desmob
desruol
descompl
Funzione con
20 gdl
M; F
Età dell’esperto (in classi)
Competenze interpersonali
Problem solving
Doti di leadership e autorevolezza
Conoscenza inglese
Conoscenza tedesco
Conoscenza francese
Conoscenza spagnolo
Conoscenze informatiche
Conoscenza lingua scritta/parlata
Speranza occupazionale a tre anni
Dimensione aziendale minima
Dimensione tipica aziendale
Desiderabilità rispetto al reddito
Desiderabilità: sviluppo di carriera
Utilizzo competenze in aziende
Cambio lavoro senza conseguenze
Valorizzazione ruolo sociale
Desiderabilità per un neo-laureato
-0,038
-0,078
-0,005
-0,071
-0,025
-0,682
0,528
-0,060
-0,051
-0,145
0,024
0,084
0,030
0,054
0,021
0,060
0,043
0,080
0,044
0,038
Coefficienti
standardizzati21
-0,091
0,066**
-0,063
0,055*
-0,012
-0,825***
0,776***
0,144*
-0,105
-0,036***
0,228
0,202**
0,267
-0,091
-0,140
0,059*
0,342
0,049**
-0,209
-0,139
lambda di Wilks = 0,078***
*: Significativo al 5%; **: significativo al 1%; *** significativo al 1%o
Per approfondire l’analisi della diversità tra i punti di vista dei docenti e dei
direttori si è fatto ricorso all’analisi del discriminante. La variabile criterio è
l’appartenenza al panel di docenti (Y=1) o di direttori (Y=2). L’analisi mira, pertanto,
21
Quelli standardizzati (ultima colonna della Tab. 17) sono coefficienti che permettono di
determinare i punteggi individuali, tramite una combinazione lineare dei valori osservati, previa una
standardizzazione statistica dei dati. Nel nostro caso i punteggi sarebbero valori fittizi.
34
Profili professionali di addetti alle risorse umane sulla base di
due panel giustapposti di esperti Delphi-Shang
a determinare le variabili che maggiormente discriminano questi due gruppi di
esperti. Per rendere l’applicazione sensata, si considerano solo le variabili rilevate sia
presso i docenti che presso i direttori (Tab. 17). Per valutare la separatezza tra i due
gruppi, si applica il test Lambda di Wilks, il cui valore (ultima riga di Tab. 17) indica
che i due gruppi sono ben separati quanto a caratteristiche degli esperti e a risposte
fornite dagli stessi.
Le variabili che maggiormente spiegano le differenze tra i due gruppi22 sono:
o la conoscenza delle lingue straniere, e segnatamente l’inglese e in subordine
lo spagnolo secondo i professori e il tedesco e il francese secondo i direttori;
o la conoscenza dell’informatica, ritenuta decisiva per le due professioni in
esame prevalentemente dai professori;
o la speranza occupazionale a medio termine, ritenuta significativamente più
positiva dai direttori che dai professori,
o il saper prendere decisioni in situazioni complesse (problem solving), abilità
ritenuta qualificante, a parità di tutto il resto, soprattutto dai direttori. È
opportuno evidenziare che il coefficiente “netto” dei contenuti informativi
delle altre variabili ha segno opposto a quello globale, il che significa che la
preferenza per il problem solving, che sembra distinguere i professori
nell’analisi univariata, è solo il riflesso degli altri, più rilevanti, indici di
capacità professionale derivanti dalla formazione scolastica. Se si depurano le
indicazioni degli esperti dai riflessi delle altre variabili connesse alla
formazione scolastica, il problem solving perde di importanza per i
professori, ma l’acquisisce per i direttori;
o la percezione di un agevole sviluppo verticale della carriera e la possibilità di
cambiare posto di lavoro (mobilità orizzontale) senza conseguenze negative,
opportunità che i direttori ritengono aspetti particolarmente interessanti delle
due professioni;
o l’età, anche al netto di tutte le variabili dette. Tuttavia, si tratta di una
indicazione poco rilevante perché identifica prevalentemente il gruppo dei
professori, i quali hanno un’età significativamente più elevata dei direttori.
Nell’analisi in esame, la variabile età, essendo già al netto di altri predittori
che distinguono i due gruppi di esperti, assume il significato di un residuo
non spiegato di una certa importanza.
22
Valori negativi dei pesi strutturali indicano una relazione con i professori, valori positivi, invece,
una relazione con i direttori. Quanto più alto è il valore del peso, tanto più significativa è la relazione.
La classificazione ottenibile con la funzione discriminante è quasi perfetta: la funzione classifica nella
categoria errata solo 1 dei 115 casi. Se si applica un metodo standard di verifica incrociata, i casi
erroneamente classificati dalla funzione sono complessivamente 4.
Definire figure professionali tramite testimoni privilegiati
35
Ripetendo l’analisi della funzione discriminante tra docenti e direttori in base
alla desiderabilità sociale, prima congiuntamente e poi separatamente per ciascuna
delle due figure professionali, si ottengono i risultati riportati in sintesi nella Tab. 18.
Tabella 18. Pesi della funzione che discrimina tra il gruppo dei professori e quello
dei direttori relativamente alla desiderabilità sociale dell’addetto allo sviluppo e
dell’addetto alla gestione delle risorse umane
Ambedue le figure
Addetto allo
Addetto alla
professionali sviluppo delle RU gestione delle RU
- reddito
0,206
0,229
0,087
- sviluppo di carriera
0,552*
0,424
0,533*
- utilizzo competenze
0,423
0,590
0,234
- cambio lavoro
0,728**
0,700*
0,585*
- valorizzaz. ruolo sociale
0,435
0,233
0,486*
- generale per neo-laureato
0,409
0,509
0,208
0,876*
0,876
0,780*
Lambda di Wilks
Desiderabilità rispetto a:
*: Significativo al 5%; **: significativo al 1%; *** significativo al 1%o
L’analisi della funzione discriminante tra docenti e direttori con riferimento
alla desiderabilità indica che:
o se non si distinguono le due figure professionali dell’addetto allo sviluppo e
dell’addetto alla gestione delle RU, la separazione tra i due gruppi di esperti
è netta23, anche se abbiamo già visto che i direttori hanno una generale
tendenza a valutare come appetibile la professionalità degli addetti alle
risorse umane più dei professori. Secondo i direttori, gli aspetti più
desiderabili sono la possibilità di cambiare posto di lavoro senza
conseguenze negative e la speranza di carriera. Si tratta di aspetti considerati
desiderabili soprattutto da chi ha una mentalità aperta alle novità e al merito.
o L’analisi svolta sulle risposte ottenute dagli esperti con riferimento ai soli
addetti allo sviluppo delle RU, non è statisticamente significativa24. La sola
variabile discriminante tra direttori e docenti è la possibilità di spostarsi
agevolmente da un posto di lavoro all’altro, anche in questo caso con
punteggi medi più alti per i direttori.
23
La correlazione canonica è 0,352 e il valore del Lambda di Wilks è alto (0,876) e ciò indica una
appena accennata separatezza. La significatività è 0,024. La convalida incrociata con il metodo jackknife classifica correttamente il 63% dei docenti e il 60% dei direttori.
24
La significatività è 0,296. Applicando il criterio jack-knife per la convalida incrociata, la funzione
classifica esattamente solo il 58% dei professori e il 47% dei direttori.
36
Profili professionali di addetti alle risorse umane sulla base di
due panel giustapposti di esperti Delphi-Shang
o L’analisi riguardante gli aspetti della desiderabilità dell’addetto alla gestione
delle RU, ha prodotto un valore di correlazione canonica importante (0,524,
con significatività 0,012). Le variabili che discriminano maggiormente il
gruppo dei docenti da quello dei direttori sono la mobilità orizzontale, che si
conferma come la variabile complessivamente più discriminante tra le
immagini delle due professioni manifestate dai direttori e dai professori.
Inoltre, è nuovamente discriminante la possibilità di sviluppo di carriera e,
per la prima volta, la possibilità di ricoprire un ruolo di rilievo nella società,
anche fuori del lavoro. È probabile che i direttori proiettino sulla figura del
gestore del personale quella speranza di successo che ha portato loro,
verosimilmente transitati attraverso quella posizione, ad avere un ruolo
direttivo, per il quale hanno riscontro dentro e fuori del posto di lavoro.
5
Il futuro occupazionale delle professioni a confronto
Ai due panel di esperti è stato chiesto di stimare la variazione dell’occupazione nel
medio periodo per le due figure professionali in esame. La stima riguarda la
domanda prevedibile di quelle figure da parte del mercato italiano del lavoro.
La comparazione tra il giudizio dei direttori del personale –i quali sono
quotidianamente a contatto con a realtà aziendale– e i docenti universitari –i quali
hanno il compito di fornire loro conoscenze adeguate– consente non solo di avere
previsioni confrontabili dell’occupazione, ma anche di comprendere se e quanta
differenza sussista tra una visione interna e una solo episodicamente interna, o affatto
esterna, alla realtà produttiva.
Agli esperti è stata chiesta una previsione a tre anni e una a sei anni avanti. In
ciascuna iterazione Delphi, il quesito sulla occupabilità è stato posto in modi
differenti, inserendo nel criterio di rilevazione alcuni esperimenti verbali i cui
risultati sono analizzati da Fabbris e Vanin (2008).
5.1
Occupabilità nel medio termine
Per entrambe le figure professionali in esame, e per entrambi i gruppi di esperti
interpellati, il processo Delphi ha portato a una discreta convergenza di stima. Dai
valori di stima dei due gruppi (Tabelle 19 e 20), si evince, infatti, che:
Definire figure professionali tramite testimoni privilegiati
37
Tabella 19. Statistiche relative alla previsione di occupazione a 3 anni degli addetti
allo sviluppo delle risorse umane secondo i direttori del personale e professori
universitari (ni: numerosità campionaria al round i-esimo)
I round
II round
Direttori del personale
(n1= 17, n2=15, n3=13)
Docenti universitari
(n1= 60, n2=44, n3=38)
Media
-6,3
11,2
Mediana
-7,0
0,7
Sc.quad.medio
10,7
16,6
Media
5,1
7,4
Mediana
0,0
8,5
11,6
5,9
Media
2,1
5,9
Mediana
1,0
5,0
Sc.quad.medio
3,0
5,3
Sc.quad.medio
III round
Tabella 20. Statistiche relative alla previsione di occupazione a 3 anni degli addetti
alla gestione delle RU secondo i direttori del personale e professori universitari (ni:
numerosità campionaria al round i-esimo)
I round
Direttori del personale
(n1= 22, n2=14, n3=7)
Docenti universitari
(n1= 60, n2=40, n3=38)
Media
3,0
6,1
Mediana
0,0
0,0
23,0
12,9
Media
0,6
4,7
Mediana
0,0
5,8
Sc.quad.medio
2,2
3,9
Media
3,3
4,9
Mediana
3,0
5,0
Sc.quad.medio
1,7
4,8
Sc.quad.medio
II round
III round
Profili professionali di addetti alle risorse umane sulla base di
due panel giustapposti di esperti Delphi-Shang
38
x
x
x
le medie delle previsioni dei direttori e quelle dei professori sono
considerevolmente diverse al primo round, ma quasi coincidono al terzo.
Addirittura, per gli addetti allo sviluppo delle RU, i direttori del personale
giudicano più probabile al primo round una perdita di occupazione entro tre
anni, mentre alla fine del percorso la stima, +2,1%, è positiva come – anche
se meno ottimistica di – quella espressa dai docenti universitari alla fine dello
stesso traguardo temporale (+5,9%). Vale la pena sottolineare che la
direzione della convergenza dei docenti universitari è opposta a quella seguita
dai direttori, essendo i primi partiti da una media di +11,2% al primo round e
i secondi da un’ipotesi di flessione (-6,3%), quantunque i processi di
convergenza dei direttori e dei docenti siano stati condotti in modo del tutto
indipendente.
Anche se con valori diversi, il processo di convergenza inerente alle
previsioni occupazionali per gli addetti alla gestione delle RU è analogo a
quello manifestato per gli addetti allo sviluppo. Si constata, cioè, un iniziale
scetticismo dei direttori sulle possibilità occupazionali degli addetti alla
gestione, anche se l’indicazione che prevale è sempre nella direzione
dell'incremento rispetto alla situazione attuale. A fronte di questo percorso, si
rileva un iniziale entusiasmo dei professori che si attenua con il procedere
delle rilevazioni. Alla fine del processo, le due previsioni, quella dei direttori
e quella dei professori, sono quasi uguali tra loro (+3,3% dei primi vs +4,9%
dei secondi) e, giova evidenziarlo, simili a quelle degli addetti allo sviluppo
delle RU.
Le speranze occupazionali esplicitate dagli esperti universitari sono state
positive lungo tutto il processo di rilevazione per ambedue le figure
professionali e per ogni raggio temporale della previsione. Alla fine del
percorso, le stime dei professori sono più elevate di quelle dei direttori.
Questo risultato è in controtendenza rispetto alla letteratura corrente (si veda,
tra gli altri, Tichy, 2004) la quale ipotizza che gli esperti del mondo
dell’economia avanzano spesso previsioni distorte nel senso del sovraottimismo rispetto agli accademici e agli operatori delle pubbliche
amministrazioni per quanto riguarda la possibilità di realizzare profitti
economici, innovare e assumere posizioni di leadership. Nel nostro caso, si
può ipotizzare che ambedue le categorie di esperti consultati siano parimenti
“esperte” nel campo in analisi e che siano, invece, portatrici di interessi
diversi. Infatti, i professori, nel delineare una figura formativa, sono portati a
considerare la competenza degli allievi, che essi, per la posizione che
rivestono nella formazione, ritengono adeguata per il mondo del lavoro e
manifestano pertanto previsioni rosee. I direttori, poiché rappresentano il
mondo del lavoro, sono spesso portati ad avere una posizione critica nei
Definire figure professionali tramite testimoni privilegiati
39
confronti della preparazione e del mercato potenziale delle professioni.
Inoltre, tra i manager, si constata spesso un pessimismo – smentito dai fatti
(cfr. Fabbris, 2005) – rispetto alle potenzialità occupazionali dei laureati.
L’idea di giustapporre le previsioni e le analisi dei professori universitari e
dei direttori del personale si è, pertanto, rivelata quanto mai appropriata per
incrementare l’accuratezza delle nostre stime25.
x Le differenze riscontate da media e mediana consentono di cogliere alcuni
comportamenti devianti: in particolare si osserva al secondo round una
differenza significativa, legata a stime occupazionali alquanto anomale di tre
entità del campione.
In termini generali, risulta che i direttori partono da una visione delle due
figure professionali più pessimistica di quella dei professori. Se ai direttori fosse stata
chiesta una previsione in una sola occasione, avrebbero manifestato valori che, per
l'entità dei fenomeni, sarebbero stati opposti a quelli dei professori. Infatti, la
differenza tra le previsioni sarebbe stata di ben 18 punti percentuali per una figura
professionale e di 3 per l'altra. Alla fine del processo, lo scarto tra i direttori e i
professori è, invece, assai inferiore rispetto al punto di partenza.
Tutto ciò è avvenuto senza alcun contatto tra i due insiemi. Addirittura, i
direttori erano stati aprioristicamente divisi in due gruppi indipendenti, quindi non
avevano – come invece è avvenuto per i professori – la possibilità di ancorare
idealmente le previsioni occupazionali per le due figure professionali.
È difficile immaginare quale meccanismo mentale possa aver indotto i due
gruppi di esperti a dare giudizi così disparati all'inizio e così simili alla fine del
processo di convergenza. All’interno di ogni gruppo sperimentale, si è manifestato,
con lievi oscillazioni, il fenomeno della riduzione delle distanze tra esperti, tipico dei
processi di convergenza come il Delphi. Gli scarti quadratici medi delle percentuali
dei direttori erano 10,7 e 23, rispettivamente per l'addetto allo sviluppo e per quello
alla gestione delle RU e alla fine si sono ridotti a 3,0 e 1,7. Quelli dei professori
erano 16,6 e 12,9 e si sono ridotti a 5,3 e 4,8.
La convergenza è abbastanza lineare di rilevazione in rilevazione, fatta
eccezione per il campione dei professori in merito alla figura di addetto alla gestione
delle RU: osservando gli scarti quadratici medi, si nota che questi, abbastanza elevati
alla prima iterazione, calano bruscamente alla seconda, per poi stabilizzarsi,
diminuendo ulteriormente, alla terza. Il comportamento dei rispondenti attraversa,
25
Lo stesso Tichy (2004) suggerisce di creare panel Delphi composti di una giusta mistura di esperti
in discipline diverse, con tipi differenti di conoscenza e affiliazione, invece che solo su massimi
specialisti nel campo oggetto di ricerca. Noi abbiamo seguito l’indicazione generale di Fabbris (1991),
il quale suggerisce, quando si ha a che fare con testimoni privilegiati, di selezionare gli esperti da
almeno due strati con interessi e culture antagoniste, in modo da differenziare quanto più è possibile i
punti di vista rispetto all’oggetto della rilevazione.
40
Profili professionali di addetti alle risorse umane sulla base di
due panel giustapposti di esperti Delphi-Shang
quindi, una prima fase di adattamento al gruppo e una seconda in cui l’intervistato si
appiattisce sul parere medio generale, diminuendo progressivamente la variabilità
delle stime.
Alcuni studiosi (Martino, 1983) ipotizzano che la tendenza a convergere
verso il valor medio della distribuzione delle frequenze dipenda da un’ineludibile
propensione al conformismo. Altri (Jolson e Rossow, 1971) ipotizzano che la
semplificazione della distribuzione dipenda dalla rinuncia a proseguire nella
rilevazione da parte di chi si trova nelle posizioni estreme della distribuzione. Altri
ancora (Rowe e Wright, 1999) accettano la spiegazione – implicita nell’idea fondante
del metodo Delphi – che il processo di convergenza determini consenso, ossia
“ragionata accettazione di una posizione”.
Per comprendere come sia potuto accadere un risultato siffatto, per ciascun
gruppo di esperti e ciascuna figura professionale, si valuta se la convergenza è
avvenuta grazie a:
a) la progressiva modifica della posizione dei panelist che stavano nelle
prossimità del centro o nelle periferie estreme della distribuzione;
b) l’abbandono della rilevazione da parte degli esperti che hanno trovato nella
procedura o nel confronto indiretto con gli altri esperti, motivi di difficoltà,
irritazione, gelosia o altro motivo per non proseguire;
c) l’aver posto ai professori universitari domande inerenti ad ambedue le figure
professionali nello stesso questionario.
L’analisi della mobilità delle previsioni nella successione delle rilevazioni
(Tabelle 21 e 22) conferma l’efficacia del feedback nel processo di convergenza del
campione verso un valore condiviso di previsione occupazionale a tre anni. Le
principali indicazioni metodologiche che si possono trarre sono le seguenti.
x Dalla prima iterazione alla seconda, la larga maggioranza degli esperti
cambia la propria opinione sull’entità della possibile occupazione delle figure
professionali. La totalità dei direttori del personale modifica la propria
previsione alla terza (e preannunciata come ultima) iterazione per la figura di
addetto alla gestione. Se, quindi, alla prima richiesta di confermare la
previsione, qualche esperto rimane fermo nella sua posizione, tutti si
mostrano alla fine disponibili a modificare la propria previsione se viene loro
chiesto ripetutamente di confermarla o di modificarla alla luce di ciò che
hanno detto gli altri membri del panel.
x Il cambiamento di previsione è molto forte alla seconda iterazione, più
contenuto alla terza. Dapprima il campione modifica sensibilmente la propria
stima di occupazione futura sotto lo stimolo del feedback, in seguito (un po’
perché i meno disposti a cambiare ulteriormente opinione abbandonano, un
po’ perché le opinioni sono prossime alla convergenza) la variazione rispetto
alla stima precedente è più contenuta.
Definire figure professionali tramite testimoni privilegiati
41
Tabella 21. Indicatori di variazione della previsione occupazionale a 3 anni dei
direttori del personale, per numero di round cui hanno collaborato e tipo di addetto
Addetto allo sviluppo
Addetto alla gestione
Primi 2
round
Tutti i 3
round
Primi 2
round
Tutti i 3
round
% che ha cambiato posizione nel
round finale della serie
86,7
84,6
71,4
100,0
Media dei cambiamenti, in % sul
valore prima espresso
122,8
99,9
83,5
169,4
% che si è avvicinato al valor
medio finale
73,3
69,2
69,2
83,3
% che si è spostato verso il valore
di feedback (*)
66,7
69,2
62,5
66,7
(n)
(15)
(13)
(14)
(6)
(*) Calcolato rapportandolo al numero di esperti cui è stato presentato il feedback.
Tabella 22. Indicatori di mobilità della previsione di occupazione a 3 anni da parte
dei professori, per numero di volte in cui hanno collaborato e tipo di addetto
Addetto allo sviluppo
Addetto alla gestione
Primi 2
round
Tutti i 3
round
Primi 2
round
Tutti i 3
round
% che ha cambiato posizione al
round ultimo della serie
100,0
60,5
94,9
94,6
Media % dei cambiamenti sul
valore prima espresso
328,3
165,2
286,4
34,0
% che si è avvicinato al valor
medio finale
92,5
45,9*
87,2
47,2*
% che si è spostato verso il valore
di feedback (**)
82,5
47,4*
89,7
50,0*
(n)
(40)
(38)
(39)
(37)
(*) Si noti che, tra chi non si è avvicinato al valor medio finale, la maggior parte non ha cambiato
posizione. (**) Calcolato in rapporto al numero di esperti cui è stato presentato il feedback.
Profili professionali di addetti alle risorse umane sulla base di
due panel giustapposti di esperti Delphi-Shang
42
x
La modifica della stima segue, nella maggioranza dei casi, l’orientamento
(verso l’alto o verso il basso) indicato dal feedback. Si osservano alcune
differenze tra i due panel di esperti. I direttori del personale, inizialmente,
sono meno propensi rispetto al campione di professori a modificare la propria
opinione, effettuando cambiamenti di stima inizialmente meno consistenti.
All’ultima iterazione, invece, sono i direttori che effettuano cambiamenti più
marcati rispetto ai docenti.
x Considerazioni simili si possono fare osservando la quota di esperti che si è
avvicinata al valore medio finale pur partendo da posizioni eterogenee. Dal
secondo round al successivo, la percentuale che si avvicina al valore di
feedback diminuisce per i docenti universitari, mentre aumenta per i direttori
per la figura di addetto alla gestione.
Nella Fig. 3 si rappresentano graficamente le sequenze delle distribuzioni
delle previsioni occupazionali a tre anni di docenti e direttori per le due figure
professionali in esame. Si percepisce che:
ƒ per entrambi i panel di esperti, la variabilità si riduce con il procedere delle
rilevazioni e la distribuzione dei valori si muove lungo l’asse manifestando
una la tendenza a seguire il valore di feedback;
ƒ le distribuzioni tendono a concentrarsi e a produrre, quindi, una distribuzione
con una moda centrale. Non sempre però la distribuzione è unimodale, e cioè
mostra una inequivocabile tendenza alla concentrazione attorno ad un unico
valore, ma è talvolta multimodale. La multi-modalità è più evidente per i
professori universitari che mantengono fino alla fine una variabilità delle
stime più elevata dei direttori.
5.2
Occupabilità nel lungo termine
La distanza tra le previsioni occupazionali dei due panel è maggiore di quella
osservata a tre anni. Il processo di convergenza Delphi ha effetto anche per le stime a
lungo periodo: i due panel danno stime dello stesso ordine di grandezza, anche se
con differenze più marcate rispetto alle stime più ravvicinate nel tempo.
Si nota, infatti, che (Tabelle 23 e 24):
x il feedback ha avuto l’effetto di tenere sotto controllo – iterazione dopo
iterazione – la variabilità della stima che, pur diminuendo per ambedue i
panel di esperti, rimane più elevata per quello di docenti universitari.
Definire figure professionali tramite testimoni privilegiati
43
Figura 3. Previsioni a tre anni di direttori (a) e docenti (b) per l’addetto allo
sviluppo e di direttori (c) e docenti universitari (d) per l’addetto alla gestione delle
risorse umane26
(a)
(b)
0,6
0,6
1° round
2° round
0,5
1° round
3° round
2° round
0,5
3° round
0,4
0,4
0,3
0,3
0,2
0,2
0,1
0,1
0
-20
-10
0
0
10
20
30
-20
-10
0
(c)
10
20
(d)
0,6
0,6
1° round
1° round
2° round
0,5
0,5
2° round
3° round
3° round
0,4
0,4
0,3
0,3
0,2
0,2
0,1
0,1
0
-20
26
-10
30
0
0
10
20
30
-20
-10
0
10
20
30
Per questioni di spazio e leggibilità, sono state troncati dalla distribuzione i valori minori di -20 e
maggiori di 30.
Profili professionali di addetti alle risorse umane sulla base di
due panel giustapposti di esperti Delphi-Shang
44
Tabella 23. Statistiche della previsione di occupazione a 6 anni degli addetti allo
sviluppo delle risorse umane secondo i direttori del personale e i professori
universitari (ni: numerosità campionaria all’i-esimo round)
Direttori del personale
(n1= 17, n2=15, n3=13)
Docenti universitari
(n1= 60, n2=35, n3=38)
Media
-4,7
14,1
Mediana
0,0
7,5
17,5
23,2
Media
4,3
8,7
Mediana
0,0
9,0
13,2
8,9
Media
2,2
7,7
Mediana
2,0
6,0
Sc.quad.medio
2,5
8,2
Round
I
Sc.quad.medio
II
Sc.quad.medio
III
Tabella 24. Valori medi e scarto quadratico medio della previsione di occupabilità a
6 anni degli addetti alla gestione delle risorse umane secondo i direttori del
personale e professori universitari (ni: numerosità campionaria all’i-esimo round)
Direttori del personale
(n1= 22, n2=14, n3=7)
Docenti universitari
(n1= 60, n2=40, n3=38)
Media
-4,1
6,9
Mediana
0,0
0,0
Sc.quad.medio
9,8
14,5
Media
0,9
5,4
Mediana
0,0
6,8
Sc.quad.medio
3,7
5,1
Media
2,3
6,1
Mediana
3,0
5,0
Sc.quad.medio
2,8
7,5
Round
I
II
III
Definire figure professionali tramite testimoni privilegiati
45
Figura 4. Previsioni a sei anni per l’addetto allo sviluppo di direttori (a) e docenti
(b) e per l’addetto alla gestione delle risorse umane di direttori (c) e docenti
universitari (d) 27
(a)
(b)
0,6
0,6
1° round
1° round
0,5
2° round
0,5
3° round
2° round
3° round
0,4
0,4
0,3
0,3
0,2
0,2
0,1
0,1
0
0
-20
-10
0
10
20
30
-20
-10
0
(c)
10
20
(d)
0,6
0,6
1° round
1° round
2° round
0,5
2° round
0,5
3° round
3° round
0,4
0,4
0,3
0,3
0,2
0,2
0,1
0,1
0
-20
27
-10
30
0
0
10
20
30
-20
-10
0
10
20
30
Anche in questo caso, per risparmiare spazio e aumentare la leggibilità dei grafici, sono state
troncati dalla distribuzione i valori minori di -20 e maggiori di 30.
Profili professionali di addetti alle risorse umane sulla base di
due panel giustapposti di esperti Delphi-Shang
46
x
Anche nella stima occupazionale a lungo termine, il processo di convergenza
segue traiettorie opposte per i due gruppi di panelist: i direttori del personale
partono da previsioni occupazionali a sei anni negative, per convergere su
stima positive o al più invariate, mentre i docenti universitari inizialmente
propongono aumenti occupazionali molto elevati (e molto variabili da
docente a docente) per poi contenere la previsione di incremento
dell’occupazione entro valori più piccoli.
x Così come per la stima a medio termine, si realizza un processo di
convergenza simile per le due figure professionali, ma per la figura di addetto
allo sviluppo delle RU lo scarto tra le previsioni dei due gruppi di esperti è di
oltre 5 punti percentuali superiore al terzo round.
x Anche per la stima a lungo termine, i docenti universitari sono in ciascun
round del processo più ottimisti dei direttori del personale, con uno scarto
all’ultima iterazione tra le due stime, e per entrambe le figure professionali
studiate, superiore a quello osservato per la stima a medio termine.
x Il maggiore pessimismo dei direttori del personale si osserva anche
confrontando stime a medio e a lungo termine: se i direttori di aziende
prevedono a sei anni una occupabilità all’incirca invariata, se non inferiore,
rispetto a quella a tre anni, i docenti prevedono una possibilità di occupazione
maggiore nel lungo che nel breve termine.
x Rispetto alla previsione di stima a più breve termine, la variabilità di stima è
tendenzialmente maggiore. È plausibile ipotizzare che quanto più l’intervallo
temporale è lontano, tanto più è difficile prevedere e quindi tanto più si
manifesta la variabilità campionaria dei punti di vista. Questo si osserva
anche analizzando le Figure 3 e 4 dove sono riportate le previsioni a più
lungo termine: alla terza iterazione, in particolar modo per i docenti
universitari, si ha una variabilità più elevata che per la stima a medio termine.
Quantunque gli esperti tendano a concentrare le proprie previsioni verso il
valore di feedback, permangono al terzo round code di valori più anomali.
L’analisi degli indicatori di mobilità delle opinioni espresse sulla occupabilità
a lunga gittata delle due figure professionali (Tabelle 25 e 26) mostra il peso che ha
avuto il feedback nel processo di convergenza tra i panelist. Si è già ipotizzato, a
questo proposito, che la convergenza tra esperti si realizzi con il contributo di due
principali fattori:
1. il feedback che, indicando il valore centrale della distribuzione delle opinioni
del panel, può mettere in maggiore difficoltà chi si sente in una posizione
estrema rispetto alla maggioranza e chi, sentendosi minoritario ma essendo
convinto di essere nel giusto, ne è irritato;
Definire figure professionali tramite testimoni privilegiati
47
Tabella 25. Indici di variazione della previsione di occupazione a 6 anni da parte
dei direttori, per numero di round cui hanno collaborato e tipo di addetto
Addetto allo sviluppo
Addetto alla gestione
Primi 2
round
Tutti i
round
Primi 2
round
Tutti i
round
% che ha cambiato posizione al
round ultimo della serie
73,3
92,3
76,9
83,3
Media dei cambiamenti, in % sul
valore prima espresso
415,3
114,1
113,5
149,4
% che si è avvicinato al valor
medio finale
73,3
84,6
61,5
50,0
% che si è spostato verso il valore
di feedback (*)
60,0
76,9
61,5
50,0
(n)
(15)
(13)
(14)
(6)
(*) Percentuale calcolata rapportando la variazione al numero di esperti cui è stato presentato il
feedback.
Tabella 26. Indici di variazione della previsione di occupazione a 6 anni da parte
dei professori, per numero di round cui hanno collaborato e tipo di addetto
Addetto allo sviluppo
Primi 2
Tutti i
round
round
Addetto alla gestione
Primi 2
Tutti i
round
round
% che ha cambiato posizione al
round ultimo della serie
76,9
70,3
97,4
64,9
Media dei cambiamenti, in % sul
valore prima espresso
258,9
279,3
285,2
78,6
% che si è avvicinato al valor
medio finale
74,4
48,6*
82,1
37,8*
% che si è spostato verso il valore
di feedback (**)
74,4
51,4*
87,2
27,0*
(n)
(39)
(37)
(39)
(37)
(*) I valori sono bassi perché la maggior parte di chi non si è avvicinato al valor medio finale non ha
cambiato posizione; (**) Percentuale calcolata rapportando la variazione di previsione al numero di
esperti cui è stato presentato il feedback.
48
Profili professionali di addetti alle risorse umane sulla base di
due panel giustapposti di esperti Delphi-Shang
2. la possibilità che l’esperto, forzato a riflettere dal processo di interrogazionee-risposta a cui è sottoposto, rielabori concettualmente la materia oggetto di
ricerca, e cambi il proprio punto di vista.
Gli indicatori di mobilità delle opinioni rispetto alla previsione occupazionale
a sei anni hanno andamenti non sempre simili per i due panel, e non sempre uguali a
quelli evidenziati per la stima a tre anni. Le principali differenze notate sono da
attribuire ad una maggiore difficoltà nel fare previsioni per un futuro più remoto, e
quindi più incerto. Nel seguito, si commentano le differenze emerse dal confronto tra
le previsioni a lungo raggio espresse dai due panel di esperti.
x In particolar modo con riferimento alla figura dell’addetto allo sviluppo delle
RU, i direttori del personale che sopravvivono fino alla fine del processo
Delphi sono maggiormente disposti a convergere verso l’opinione media.
Questo si deduce dall’osservazione sia della discreta percentuale di esperti
che si sono progressivamente avvicinati al valor medio finale e sia della quota
che ha espresso nuove stime avvicinandosi volontariamente al valore di
feedback tra il secondo e il terzo round.
x Per i direttori del personale, la proporzione dei cambiamenti di opinione al
secondo round è più elevata di quanto osservato per la stima occupazionale a
tre anni, mentre è simile per i direttori. Al terzo round, la media dei
cambiamenti è in generale più elevata: è ipotizzabile che il panel sia più
propenso a fare ulteriori sostanziali modifiche perché subisce l’incertezza
della situazione.
x Gli indicatori di cambiamento di opinione dei professori sono più bassi al
terzo che al secondo round. Anch’essi cambiano comunque idea.
x Si è già notato che i direttori del personale si fanno convincere della necessità
di convergere su un valore condiviso solo dopo lo stimolo esercitato da due
feedback. I docenti universitari, invece, sono più propensi a modificare la
propria opinione dopo la prima iterazione, quando conoscono anche le idee
dei colleghi, ma sono meno disposti a farlo una seconda volta, quando la terza
richiesta di previsione manifesta la sua natura di gioco a carattere
metodologico. Sembra, quindi, che l’utilizzazione di tre iterazioni sia stata
particolarmente efficace per entrambi i panel di esperti.
5.3
Analisi della correlazione canonica tra la propensione
all’abbandono della ricerca e le caratteristiche degli esperti
In entrambe le applicazioni della procedura Delphi-Shang, si è osservata una certa
propensione all’abbandono da parte dei panelist lungo le tre occasioni di rilevazione.
In genere, la riduzione del numero di rispondenti in una rilevazione longitudinale è,
Definire figure professionali tramite testimoni privilegiati
49
per una parte, causata da eventi esterni accidentali, quindi affatto casuale, e per una
parte può essere invece causata da meccanismi selettivi indotti dai contenuti o dalle
scelte in tema di metodologia della rilevazione. Questa seconda eventualità può
indurre distorsione nelle stime.
Nell’attivare un processo di rilevazione di previsioni occupazionali basate su
processi di tipo Delphi, ci si chiede: è possibile che le iterazioni abbiano interagito
in modo particolare con certe categorie di esperti, generando distorsione nelle
stime?
Per rispondere a questo quesito si applica il metodo di analisi delle
correlazioni canoniche e della funzione discriminante. I due gruppi di esperti sono
analizzati congiuntamente con le seguenti finalità analitiche:
1. ricerca della funzione discriminante tra gli esperti che non hanno risposto
alla seconda richiesta di dati (Y=1) e quelli che hanno continuato nella
collaborazione (Y=0);
2. ricerca della funzione che discrimina chi ha interrotto la collaborazione a
un qualsiasi round (Y=1) e chi ha proseguito fino alla fine della
rilevazione (Y=0).
Nella prima analisi, si considerano potenziali predittori il genere dell’esperto,
l’età (in classi), la regione di provenienza, il panel di appartenenza (direttore o
professore), la preparazione in materia di risorse umane (Fabbris et al., 2008) e – tra
le variabili legate alla stima occupazionale – la differenza (in termini assoluti) tra la
previsione occupazionale a 3 e a 6 anni data dal rispondente nel round precedente e il
valore medio di feedback presentato agli esperti alla seconda iterazione28. Queste
ultime variabili si considerano per verificare se l’abbandono alla seconda iterazione è
dovuto ad uno scostamento tra la stima espressa al primo round e quella che, poco
dopo, l’esperto ha saputo che gli altri membri del gruppo hanno manifestato.
Per la seconda analisi, si aggiungono due variabili (ordinali, rese quantitative
discrete) che indicano se, alla seconda iterazione, il rispondente ha dichiarato di voler
variare (in più, nessuna variazione, in meno) la propria previsione a 3 e a 6 anni dopo
aver avuto lo stimolo di feedback. Con queste nuove variabili si vuole verificare se
l’abbandono all’ultimo round è, almeno in parte, dovuto al fatto che il rispondente ha
considerato nell’iterazione precedente il suo valore di stima troppo lontano da quello
di feedback.
Le analisi sono svolte separatamente per le figure professionali dell’addetto
allo sviluppo e l’addetto alla gestione delle RU. Le analisi sono quindi quattro: due
sull’abbandono dopo il primo round (per l’addetto allo sviluppo e l’addetto alla
gestione) e due sull’abbandono dopo la seconda iterazione (per le stesse figure).
28
Per quanto riguarda il campione di direttori del personale, è stata considerata solo la parte del
campione a cui è stato presentato il valore di feedback alla seconda e alla terza iterazione, data la
necessità per l’analisi di costruire variabili a partire da tale valore.
Profili professionali di addetti alle risorse umane sulla base di
due panel giustapposti di esperti Delphi-Shang
50
L’esito delle analisi è presentato nelle Tabelle 27 e 28. Se ne ricava che29:
Tabella 27. Coefficienti di correlazione tra la propensione all’abbandono al II
round (stimata con l’analisi del discriminante) e alcuni predittori, per tipo di addetto
Addetto a sviluppo Addetto a gestione
Genere maschile (vs femminile)
0,11
-0,04
Lavora al Nord (vs Centro + Sud)
-0,31
-0,38
Professore (vs direttore RU)
-0,56
0,43
Grado di preparazione in tema di RU
-0,12
-0,12
Età
-0,22
-0,04
Differenza tra feedback al II round e stima
a 3 anni espressa al I round
0,59
0,79
Differenza tra feedback al II round e stima
a 6 anni espressa al I round
0,58
0,75
0,781
0,659
Significatività di funzione discriminante
x
x
x
29
la sola funzione statisticamente significativa è quella inerente all’abbandono
al III round per l’addetto alla gestione delle RU. Dalle stime effettuate si
traggono comunque alcune generali indicazioni generali.
Ad abbandonare dopo il primo round sono in prevalenza i docenti
universitari, mentre dopo il secondo la caduta interessa soprattutto i direttori
del personale. Per quanto riguarda l’addetto allo sviluppo, emerge che quanto
più piccola è la differenza tra il valore di feedback e la stima fornita
dall’esperto al round precedente, tanto più è probabile che gli esperti
abbandonino la rilevazione. Ciò può riflettere una sorta di pigrizia da parte di
chi abbandona, nel senso che – avendo constatato che il valore del gruppo è
simile al proprio – l’esperto trova poco produttivo rinnovare lo sforzo di
fornire l’informazione richiesta. Per chi ha la sensazione di una scarsa utilità
del proprio ruolo, il processo Delphi rischia di sembrare addirittura astruso.
La propensione all’abbandono della rilevazione e la preparazione degli
esperti in materia di RU è percepibile alla seconda rilevazione: l’abbandono
della ricerca al secondo round ha interessato alcuni esperti preparati Se questa
tendenza fosse pronunciata, potrebbe mettere in discussione i risultati
Si tenga presente che i valori positivi sono connessi all’abbandono della ricerca e quelli negativi
corrispondono al proseguimento nella collaborazione da parte degli esperti.
Definire figure professionali tramite testimoni privilegiati
51
dell’indagine, poiché suggerisce che la stima è stata composta con l’opinione
di esperti che hanno un’esperienza meno solida di quelli che hanno lasciato.
Quand’anche fosse vero, ciò non significa che le stime siano in pericolo,
stante che l’unione delle expertise con le quali sono state realizzate le stime è
abbondantemente superiore alla parte che ha lasciato.
Tabella 28. Coefficienti di correlazione tra la propensione all’abbandono dopo la
seconda iterazione (stimata con l’analisi del discriminante) e alcuni predittori, per
tipo di addetto
Addetto a sviluppo Addetto a gestione
Genere maschile (vs femminile)
0,60
0,51
Lavora al Nord (vs Centro + Sud)
0,51
0,24
Professore (vs direttore RU)
-0,16
-0,34
Grado di preparazione in tema di RU
0,29
0,21
Età
0,11
0,03
Differenza tra feedback al III round e
stima a 3 anni espressa al II round
0,51
-0,22
Differenza tra feedback al III round e
stima a 6 anni espressa al II round
0,51
0,01
Variazione di stima a 3 anni al II round
rispetto al feedback dello stesso round
0,24
0,22
Variazione di stima a 6 anni al II round
rispetto al feedback dello stesso round
0,12
0,02
0,558
0,022
Significatività di funzione discriminante
x
x
Per l’addetto alla gestione, è evidente un legame tra la propensione
all’abbandono e l’entità della differenza tra il feedback e la stima fornita per
l’addetto allo sviluppo. Ciò può indicare che, sulla propensione
all’abbandono della rilevazione, agisce anche la sensazione di minorità che
può colpire chi si trova in posizione lontana dal pensiero maggioritario.
Le variazioni tra il feedback presentato al terzo round rispetto a quello
presentato al secondo non influiscono sulla propensione all’abbandono,
mentre emerge che quanto più l’esperto ha modificato la sua stima al secondo
round, verosimilmente condizionato dal feedback, tanto più elevata è la
propensione a non completare il processo di rilevazione Delphi. Sembra
52
Profili professionali di addetti alle risorse umane sulla base di
due panel giustapposti di esperti Delphi-Shang
dunque che si sia innescato un meccanismo di rifiuto o perché l’esperto si
indispettisce per l’incoerenza tra la sua opinione e quella degli altri esperti, o
perché ritiene perdente il continuare a manifestare un parere così distante
dalla massa degli altri esperti.
5.4
Modifiche di stime occupazionali e caratteristiche degli esperti
Degli esperti che hanno proseguito nella collaborazione, iterazione dopo iterazione,
si studiano ora le previsioni occupazionali.
Si è già evidenziato che gli esperti modificano il proprio valore di stima da un
round al successivo, prevalentemente per effetto del feedback. Si vuole ora indagare
se il cambiamento di opinione è influenzato anche, o invece, da altre caratteristiche
ascrittive degli esperti, come il sesso, l’età, la provenienza geografica e la
professione e dal grado di preparazione in materia di RU che possiedono.
Si propone pertanto un’analisi della correlazione canonica, in cui un blocco di
variabili comprende le differenze tra le stime espresse alla seconda o alla terza
iterazione e il rispettivo valore di feedback30 e l’altro blocco è rappresentato dalle
caratteristiche dei rispondenti. Le analisi che si eseguono sono:
1. una ricerca delle correlazioni canoniche tra, da una parte, i valori di stima
forniti al secondo round e il valore di feedback presentato nelle previsioni
a tre e a sei anni e, dall’altra parte, le caratteristiche degli esperti;
2. una ricerca delle correlazioni canoniche tra, da una parte, i valori di stima
forniti al terzo round e il valore di feedback presentato, nelle previsioni a
tre e a sei anni e, dall’altra parte, le caratteristiche degli esperti.
Si inseriscono come ulteriori variabili predittive:
x la differenza tra il valore di feedback al secondo round e la stima espressa al
primo (a 3 e a 6 anni), e la differenza tra il valore di feedback al terzo round e
la stima espressa al secondo (a 3 e a 6 anni), per verificare se lo scostamento
della nuova stima dal valore di feedback è legato alla differenza esistente tra
la stima data al round precedente e la media del campione. Può darsi, infatti,
che il rispondente avverta che il feedback è molto diverso da quello che ha in
mente e fornisca una nuova stima anche in ragione di questo iato;
x la differenza tra il valore di feedback al secondo round e la stima espressa
allo stesso round (a 3 e a 6 anni, solo per stime alla terza iterazione), per
verificare se lo scostamento della nuova stima dal valore di feedback è
30
Anche in questa analisi, per quanto riguarda il campione di direttori, è stata utilizzato solo il
campione pertinente, pari all’incirca la metà per l’addetto allo sviluppo e per l’altra metà per l’addetto
alla gestione delle RU.
Definire figure professionali tramite testimoni privilegiati
53
attribuibile anche allo “sforzo”, sostenuto dal rispondente nel precedente
round, a modificare la previsione occupazionale. In altre parole, con l’analisi
si vuole verificare se il rispondente è portato a mettere ripetutamente in
discussione la propria opinione, o se invece, dopo averla cambiata una volta,
non è disposto a modificarla una seconda.
Lo studio è svolto separatamente per l’addetto allo sviluppo e per l’addetto
alla gestione delle risorse umane e per le stime dell’occupazione a tre e a sei anni. I
risultati delle prime due analisi sono ripostati nelle Tabelle 29 e 30, dal cui esame
emergono le seguenti considerazioni:
Tabella 29. Coefficienti di correlazione tra le variabili utilizzate per l’analisi della
funzione discriminante canonica e la variabile canonica stessa determinata in base
alla distanza tra la stima occupazionale al II round e il rispettivo valore di feedback,
per tipo di addetto e ampiezza temporale delle stime
Stima a 3 anni
Stima a 6 anni
Addetto a Addetto a Addetto a Addetto a
sviluppo gestione sviluppo gestione
Genere maschile (vs femminile)
0,20
0,09
-0,03
0,26
Lavora al Nord-Italia (vs centro e sud)
0,25
0,01
0,42
0,03
Professore (vs direttore RU)
-0,14
-0,02
0,12
-0,24
Preparazione in materia di RU
0,13
0,22
0,07
0,30
Età
0,03
-0,09
0,18
-0,13
Differenza tra feedback al II round e
stima espressa al I round (a 3 anni)
-0,03
-0,05
=
=
Differenza tra feedback al II round e
stima espressa al I round (a 6 anni)
=
=
0,41
-0,11
0,513
0,872
0,005
0,252
Significatività della correlazione
canonica
x
x
la sola analisi significativa per la spiegazione della distanza tra valori
individuali al secondo round e relativo valore di feedback è quella
dell’addetto allo sviluppo per le stime a sei anni avanti. L’analoga
relazione è statisticamente importante al terzo round.
Per quanto riguarda il grado di preparazione degli esperti interpellati,
emerge una differenza di segno nella relazione tra il secondo e il terzo
Profili professionali di addetti alle risorse umane sulla base di
due panel giustapposti di esperti Delphi-Shang
54
round. Nel secondo, sembra che, se i due insiemi di panelist si dichiarano
esperti in materia, tendono a dichiarare una stima occupazionale lontana
da quella di feedback. Al terzo round, invece, quanto più l’esperto ha
esperito rapporti con gli uffici per le risorse umane, tanto più tende ad
accostarsi al valore di feedback. Questo comportamento può essere così
interpretato: dopo una prima iterazione, sono i più esperti a differenziarsi
dal valore di feedback, alla successiva, invece, non hanno più volontà di
insistere nel modificare la stima nella direzione che ritengono appropriata.
Tabella 30. Coefficienti di correlazione tra le variabili utilizzate per l’analisi della
funzione discriminante canonica e la variabile canonica stessa determinata in base
alla distanza tra la stima occupazionale al III round e il rispettivo valore di
feedback, per tipo di addetto e ampiezza temporale delle stime
Stima a 3 anni
Stima a 6 anni
Addetto a Addetto a Addetto a Addetto a
sviluppo gestione sviluppo gestione
Genere maschile (vs femminile)
0,15
0,31
0,03
0,09
Lavora al Nord-Italia (vs Centro+Sud)
0,09
-0,25
-0,16
-0,09
Professore (vs direttore RU)
0,03
0,00
0,18
0,09
Preparazione in materia di RU
-0,13
-0,11
-0,24
-0,14
Età
-0,02
-0,14
-0,10
-0,05
Differenza tra feedback al III round e
stima espressa al II round (a 3 anni)
0,60
0,65
=
=
Differenza tra feedback al III round e
stima espressa al II round (a 6 anni)
=
=
0,37
0,39
Differenza tra feedback al II round e
stima espressa al II round (a 3 anni)
0,00
0,39
=
=
Differenza tra feedback al II round e
stima espressa al II round (a 6 anni)
=
=
-0,03
0,36
0,008
0,001
0,073
0,175
Significatività della correlazione
canonica
x
La variazione tra la previsione data dall’esperto ad un certo round e il
valore di feedback presentatogli, sembra legata alla differenza tra lo stesso
valore di feedback e la stima espressa al round precedente. Vale a dire,
Definire figure professionali tramite testimoni privilegiati
55
quanto più il rispondente avverte che il feedback è lontano dalla propria
visione, tanto più tende a modificare la nuova stima. Questo meccanismo
aiuta il processo di convergenza, dal momento che il rispondente,
rendendosi conto di aver dato nel round precedente una stima che si
discostava da quella media dei panelist, è indotto ad uniformarsi al parere
comune. Questo comportamento è comune per entrambe le figure
professionali oggetto di indagine, ma è visibile solo per la stima a lungo
termine. All’ultima iterazione – che è anche la decisiva – ciò è più
evidente dal momento che una previsione a lungo raggio risulta meno
semplice ai rispondenti, che sono in questo caso più portati ad una
convergenza all’opinione media.
x La variazione tra il valore di feedback e la stima fornita alla terza
iterazione per la figura dell’addetto alla gestione delle RU è attribuibile
anche allo “sforzo” del rispondente, nel precedente round, a modificare la
previsione occupazionale. Ciò significa che l’esperto è portato a mettere
sempre in discussione la propria opinione, pur avendola magari già
modificata nell’iterazione precedente. Questo tipo di analisi, quindi, è
utile anche per verificare l’elasticità del campione da un round al
successivo.
x Le variabili strutturali del campione non manifestano pattern chiari: non
sembra cioè esistere un chiaro legame tra le variabili dipendenti analizzate
e l’appartenenza al gruppo di direttori o di docenti.
Per verificare se il cambiamento nelle stime da un round al successivo, oltre
che dall’effetto-guida del feedback, è condizionato da altre caratteristiche del
campione, si effettua una seconda analisi di correlazione canonica con variabile
dipendente la variazione di risposta in valore assoluto tra la stima di occupazione
fornita ad una data iterazione e la stima precedente. I predittori sono le medesime
variabili sopra elencate, con gli stessi intenti interpretativi. Le finalità di queste
ulteriori analisi sono:
1. la ricerca delle correlazioni canoniche tra i cambiamenti di posizione al
secondo round (rispetto al primo) nelle previsioni a tre e a sei anni e le
caratteristiche degli esperti;
2. la ricerca delle correlazioni canoniche tra i cambiamenti di posizione al
terzo round (rispetto al secondo) nelle previsioni a tre e a sei anni e le
caratteristiche degli esperti.
I risultati sono presentati nelle Tabelle 31 e 32. Se ne traggono le seguenti
considerazioni.
x I docenti universitari sono maggiormente disposti ad una modifica della
stima, rispetto a quella data in precedenza, soprattutto dopo la prima
iterazione, mentre dopo la seconda non si notano differenze significative tra i
Profili professionali di addetti alle risorse umane sulla base di
due panel giustapposti di esperti Delphi-Shang
56
due gruppi, fatta eccezione per la stima a medio termine per la figura di
addetto alla gestione, dove i docenti sembrano più restii a modificare le stime,
soprattutto se avevano già effettuato cambiamenti in un precedente round.
Tabella 31. Coefficienti di correlazione tra le variabili utilizzate per l’analisi della
funzione discriminante canonica e la variabile canonica stessa determinata in base
allo scarto tra la stima occupazionale fornita al I e quella fornita al II round, per
tipo di addetto e ampiezza temporale delle stime
Stima a 3 anni
Stima a 6 anni
Addetto a Addetto a Addetto a Addetto a
sviluppo gestione sviluppo gestione
Genere maschile (vs femminile)
-0,04
-0,19
0,05
0,05
Lavora al Nord (vs Centro + Sud)
-0,05
0,25
-0,07
0,11
Professore (vs direttore RU)
0,26
0,21
0,14
0,19
Preparazione in materia di RU
-0,01
-0,08
-0,15
-0,04
Età
0,00
-0,12
0,14
0,05
Differenza tra feedback al II round e
stima espressa al I round (a 3 anni)
-0,10
0,10
=
=
Differenza tra feedback al II round e
stima espressa al I round (a 6 anni)
=
=
-0,02
-0,12
0,600
0,163
0,760
0,613
Significatività della correlazione
canonica
x
Per quanto concerne l’analisi dei cambiamenti al secondo round, il grado di
preparazione degli esperti interpellati sembra influire sulle stime a medio
termine per ambedue le due figure professionali in esame: quanto più esperti
sono i rispondenti, tanto meno sono inclini a cambiare la stima avanzata al
primo round perché ritengono non realistica l’opinione del gruppo
sintetizzata nel feedback. All’ultima iterazione il meccanismo può essere
l’opposto: il valore di feedback è più vicino al loro punto di vista e ciò
determina una maggiore propensione all’adattamento delle stime degli esperti
rispetto alla precedente previsione.
Definire figure professionali tramite testimoni privilegiati
57
Tabella 32. Coefficienti di correlazione tra le variabili utilizzate per l’analisi della
funzione discriminante canonica e la variabile canonica stessa determinata in base
allo scarto tra la stima occupazionale fornita al II e quella fornita al III round, per
tipo di addetto e ampiezza temporale delle stime
Stima a 3 anni
Stima a 6 anni
Addetto a Addetto a Addetto a Addetto a
sviluppo gestione sviluppo gestione
Genere maschile (vs femminile)
0,12
0,11
0,03
0,17
Lavora al Nord (vs Centro + Sud)
0,20
-0,05
0,25
-0,03
Professore (vs direttore RU)
0,05
-0,64
0,08
0,13
Preparazione in materia di RU
0,00
-0,20
0,01
0,11
Età
-0,08
0,18
-0,04
0,14
Differenza tra feedback al III round e
stima espressa al II round (a 3 anni)
0,11
-0,22
=
=
Differenza tra feedback al III round e
stima espressa al II round (a 6 anni)
=
=
0,15
0,00
Differenza tra feedback al II round e
stima espressa al II round (a 3 anni)
0,26
-0,07
=
=
Differenza tra feedback al II round e
stima espressa al II round (a 6 anni)
=
=
0,37
-0,02
0,589
0,001
0,161
0,285
Significatività della correlazione
canonica
x
x
I rispondenti delle imprese e delle università del Settentrione sono i più
inclini a modificare la propria opinione. Ciò si verifica tra il primo e il
secondo round per la figura dell’addetto alla gestione delle RU e tra il
secondo e il terzo per l’addetto allo sviluppo.
Per quanto riguarda la variazione di risposta tra il secondo e il terzo round per
la figura di addetto allo sviluppo, emerge che quanto più gli esperti
sopravviventi diversificano alla seconda iterazione la propria risposta rispetto
al feedback, tanto più tendono a modificare la loro stima anche al terzo. Ciò
conferma un comportamento elastico da parte dei rispondenti, che
proseguono nella rilevazione, a modificare ulteriormente la propria opinione,
anche per chi già l’ha messa in discussione.
58
6
Profili professionali di addetti alle risorse umane sulla base di
due panel giustapposti di esperti Delphi-Shang
La formazione auspicata a confronto
In questo paragrafo si analizza la formazione che gli esperti, direttori del personale o
docenti universitari, ritengono auspicabile per le due figure professionali di cui si
tratta. Per ambedue i panel si fa riferimento alle risposte ottenute alla seconda tornata
di domande.
Anzitutto, secondo l’opinione di quasi tutti gli esperti, universitari e non, la
formazione appropriata per svolgere l’attività di addetto alle RU è ottenibile
all’università31, almeno al livello di laurea specialistica (Tab. 33). I docenti tendono a
ritenere necessaria anche formazione post-laurea in misura ben maggiore di quella
osservata fra i direttori del personale.
Per svolgere l’attività di professionista dello sviluppo delle RU, gli esperti
auspicano una formazione generalmente più elevata (anche con master di II livello o
specializzazioni post-laurea) rispetto a quanto potrebbe bastare per gli addetti alla
gestione. Ciò vale sia per il gruppo dei direttori del personale, sia per i docenti.
Tabella 33. Distribuzione percentuale dei direttori del personale e dei docenti
universitari secondo l’opinione sul minimo livello di formazione necessario per
svolgere le professioni di addetto allo sviluppo e di addetto alla gestione delle
risorse umane
Livello di formazione auspicato
Diploma di scuola superiore
Laurea di I livello (D.U., triennale)
Laurea di II livello (quadrien./special.)
Master o specializzazione post-lauream
Master univ. di I livello
Master univ. di II livello
Dottorato ricerca, specializzazione
Totale
Numerosità campionaria (n)
31
Addetto allo sviluppo Addetto alla gestione
Direttori Docenti Direttori Docenti
2,2
7,7
2,2
20,0
6,7
23,1
31,1
60,0
42,2
61,5
26,7
20,0
7,7
11,1
15,6
28,9
20,0
8,8
4,4
100,0
100,0
100,0
100,0
15
38
13
38
Fa eccezione un direttore del personale, il quale afferma che potrebbe bastare un’istruzione di
scuola superiore. Lo stesso esperto, nella prima fase d’indagine, si era tuttavia orientato anch’egli su
un’istruzione universitaria. Una seconda eccezione è rappresentata da un docente universitario, la cui
conoscenza delle figure in oggetto è sensibilmente meno elevata della media del panel di universitari,
almeno a quanto risulta dal fattore di esperienza cui si fa cenno nel Par. 4 e descritto in Fabbris,
D’Ovidio e Vanin (2008).
Definire figure professionali tramite testimoni privilegiati
59
Ambedue le schiere di esperti, dunque, sanno bene che i professionisti che
devono curare lo sviluppo delle risorse umane sono chiamati ad azioni creative
(anche in ambito formativo) più spesso dei loro colleghi che operano nell’ambito
della gestione amministrativa e relazionale delle medesime risorse. I direttori del
personale, in modo particolare, indicano come necessaria almeno una preparazione
universitaria di secondo livello (o di una laurea del vecchio ordinamento, d’ora in
avanti assimilata al secondo livello del nuovo ordinamento) nella presumibile
convinzione che una persona che operi nella valorizzazione professionale delle
risorse umane debba possedere cultura e maturità.
Avendo presente che non esistono corsi di laurea calibrati per queste
professionalità e, in ogni caso, non con un nome analogo a quello delle due figure
professionali di cui si tratta (Auteri, 2006), si è chiesto agli esperti di indicare le aree
disciplinari che essi ritenevano utili per la formazione delle due figure. I risultati
sono esposti nelle Tabelle 34 e 35 per quanto attiene, rispettivamente, ai direttori e ai
professori.
Dall’analisi emerge che la quasi totalità dei rispondenti si è concentrata sui
corsi afferenti a tre facoltà, con una preponderanza della facoltà di Economia, seguita
da Psicologia e Giurisprudenza, per la formazione degli addetti allo sviluppo, e della
facoltà di Giurisprudenza, seguita da Economia e Psicologia, per gli addetti alla
gestione delle RU.
Tabella 34. Utilità formativa e coerenza con i ruoli professionali dei corsi
universitari per gli addetti alle risorse umane secondo i direttori del personale, per
area disciplinare dei corsi e tipo di addetto
Corsi coerenti con ruoli di
addetto a:
Sviluppo RU Gestione RU Sviluppo RU Gestione RU
Economia
93,3
61,5
34,2
25,4
Giurisprudenza
60,0
84,6
16,5
31,8
Scienze umanistiche
33,3
38,5
5,9
5,5
Ingegneria
20,0
7,7
6,5
1,8
Scienze formazione
13,3
15,4
2,5
0,9
Psicologia
60,0
53,8
18,4
16,4
Sociologia
26,7
15,4
6,3
4,6
Scienze politiche
33,3
23,1
7,7
3,6
Altro
13,3
15,4
2,0
10,0
100,0
100,0
Numero di rispondenti
15
13
Corsi universitari
Corsi utili per addetto a*:
*: Percentuali calcolate in rapporto al numero di direttori che ha collaborato al secondo round.
60
Profili professionali di addetti alle risorse umane sulla base di
due panel giustapposti di esperti Delphi-Shang
Le differenze tra le necessità formative fra le due figure sono, a parere degli
esperti consultati, questione di dosaggio delle competenze disciplinari. Servono, cioè,
percorsi formativi all’incirca uguali, ma con una maggiore attenzione alle scienze
economiche e sociali nel primo caso, e con un orientamento giuridico ed economicoaziendale nel secondo. Questa visione appare in sintonia con le competenze tecnicoprofessionali ritenute basilari per queste figure, come è scritto nel Par. 4.1. Ai fini
della formazione universitaria auspicata dagli intervistati, ancora più rilevante è il
dato sulla coerenza tra contenuti dei corsi e professionalità da sviluppare per formare
le due figure32 (Tab. 35).
Tabella 35. Aree culturali considerate importanti dai docenti universitari nella
preparazione universitaria delle due figure professionali e distribuzione percentuale
dell’importanza media attribuita in termini di impegno didattico, per tipo di addetto
Importanza % delle aree per Impegno didattico delle aree
il ruolo di addetto a:
per il ruolo di addetto a:
Area disciplinare
Sviluppo RU Gestione RU Sviluppo RU Gestione RU
Economica
94,7
94,7
18,4
17,3
Giuridica
86,8
94,7
10,0
17,6
Umanistica
60,5
44,7
5,3
3,1
Ingegneristica
81,6
86,8
9,9
11,3
Formativa
63,2
55,3
6,6
4,9
Psicologica
100,0
94,7
20,1
15,4
Sociologica
89,5
84,2
11,24
9,87
Statistica
84,2
81,6
9,50
9,34
Informatica
81,6
86,8
7,00
9,89
Altra area
15,8
13,2
2,03
1,39
100,00
100,00
Numer. campionaria
38
* Le percentuali sono state calcolate in rapporto al totale dei rispondenti al III round.
Fra i docenti, si nota una notevole uniformità di opinioni sulle aree
disciplinari che possono formare le competenze professionali delle due figure. Va, a
questo proposito, ricordato che i docenti dovevano valutare la formazione idonea per
ambedue le professionalità.
32
Nel questionario si è chiesto di indicare la rilevanza formativa suddividendo 100 punti fra le
categorie disciplinari. Si rileva una forte correlazione fra le graduatorie ottenute con questo metodo di
rilevazione e le graduatorie basate sulle percentuali di esperti che avevano indicato certi corsi per
formare le due figure professionali. Questa correlazione è però relativa soprattutto ai primi posti delle
graduatorie, mentre per i corsi meno centrali per la preparazione degli addetti la tecnica della
ripartizione di 100 punti risulta più discriminante dell’altra. Il tema è approfondito in Fabbris e Vanin
(2008).
Definire figure professionali tramite testimoni privilegiati
61
I docenti caratterizzati da una più assidua pratica di uffici del personale
ritengono maggiormente appropriati, con riferimento agli addetti allo sviluppo,
percorsi formativi che coinvolgono le discipline psicologiche, poi quelle economiche
e, a distanza, ingegneristiche e persino statistico-quantitative. Per gli addetti alla
gestione delle RU, invece, considerano rilevanti la formazione economica e quella
giuridica, poi di quella psicologica e, infine, ingegneristica.
Si costata, pertanto, la forte analogia fra le opinioni dei direttori del personale
e quelle dei docenti universitari in materia di formazione. Ciò costituisce una base di
partenza per altri approfondimenti.
A questo punto, è lecito interrogarsi sulla corrispondenza fra le competenze
professionali che gli esperti ritengono appropriate per le due figure professionali e la
formazione universitaria coerente con le competenze attese. Per attenuare l’effetto
delle opinioni estreme, che generano valori anomali33, le valutazioni quantitative
sono state trasformate in graduatorie uniformemente direzionate (grado d’importanza
decrescente al crescere del valore della variabile) e le relazioni sono state calcolate
tra le graduatorie, invece che tra le frequenze rilevate.
Nel seguito, si riportano sinteticamente i risultati delle analisi di relazione
bivariata34 tra le valutazioni fornite dagli esperti, trasformate in ranghi nel modo
anzidetto. Le relazioni riguardano l’importanza attribuita dagli esperti alle
competenze tecniche e alle aree disciplinari in cui possono essere formate con
riferimento, rispettivamente, all’addetto allo sviluppo (Par. 6.1) e all’addetto alla
gestione (Par. 6.2) delle RU.
6.1
Competenze e formazione auspicata per l’addetto allo sviluppo
delle risorse umane
Con riguardo alle competenze tecniche caratterizzanti e alla formazione auspicata per
l’addetto allo sviluppo, i direttori del personale indicano l’esistenza di relazioni
dirette fra le conoscenze generali di sviluppo e gli studi economici, sociologici e
politologici (Tab. 36). Siccome questa competenza è quella più fondamentale
secondo i direttori (cfr. Tab. 7), le discipline sociali ed economiche definiscono i
tratti di fondo dell’addetto allo sviluppo delle RU.
33
Per poter dare corso agli esperimenti di question wording realizzati nel corso della rilevazione dei
dati, a un sub-campione di direttori del personale è stata chiesta una valutazione competenza per
competenza, mentre al sub-campione alternativo si è chiesto di distribuire 100 punti fra le competenze
della stessa lista.
34
È stata tentata anche un’analisi della correlazione canonica fra i due insiemi di variabili. Tuttavia,
a causa del basso numero di gradi di libertà, l’analisi è applicabile sensatamente soltanto sulle
valutazioni fornite dai docenti universitari per gli addetti allo sviluppo del personale, fornendo,
peraltro, risultati omologhi a quelli ottenuti tramite l’analisi della correlazione tra ranghi.
62
Profili professionali di addetti alle risorse umane sulla base di
due panel giustapposti di esperti Delphi-Shang
Tabella 36. Coefficienti di correlazione fra i ranghi assegnati dai direttori del
personale alle competenze tecnico-specialistiche ritenute necessarie ed alle aree
formative coerenti per l’addetto allo sviluppo delle risorse umane
Giurisprudenza
Scienze della
formazione
Scienze
umanistiche
Scienze
Politiche
Sociologia
Psicologia
Economia
Competenze tecnico-specialistiche
Ingegneria
Aree formative coerenti con la professione
0,01 0,39 0,06 0,41 0,51 -0,56 -0,18 -0,33
Conoscenze generali di sviluppo
0,01 0,41 -0,17 0,31 -0,22 0,14 -0,29 0,03
Analisi organizzativa e di processo
0,17 0,21 -0,13 -0,05 0,32 -0,14 -0,18 -0,12
Tecniche di valutazione
-0,05 0,10 -0,18 0,24 -0,44 0,22 -0,30 0,48
Tecniche di selezione
-0,24 0,04 0,24 -0,35 0,15 0,52 -0,21 0,05
Analisi dei bisogni formativi
0,01 0,18 -0,30 -0,08 0,04 -0,13 0,12 -0,09
Tecniche di compensazione
0,04 -0,74 0,16 -0,01 0,06 0,08 0,34 -0,11
Redazione bilancio delle competenze
Tecniche di gestione del cambiamento 0,08 -0,12 -0,21 0,16 -0,38 -0,07 0,28 -0,03
-0,02 -0,39 0,45 -0,57 -0,06 0,02 0,31 0,15
Analisi motivazionale
Le abilità nell’analisi dell’organizzazione e dei processi aziendali, ottenibili
nei corsi di studio di economia e sociologia, caratterizzano ulteriormente le
competenze di questa figura professionale.
Più eterogenei, e per certi aspetti inattesi, sono i legami che emergono tra le
conoscenze disciplinari e la formazione della figura professionale nel campo delle
tecniche di recruiting e selezione, per le quali si ritiene che le conoscenze maturabili
in una facoltà di Giurisprudenza prevalgano su quelle di ambito psicologico e su
quelle che potrebbe offrire una facoltà di Scienze della formazione.
L’acquisizione di competenze ai fini della redazione di bilanci delle
competenze e di progetti formativi per lo sviluppo delle potenzialità del personale è
correlata con gli studi umanistici e, in minor misura, con quelli nelle scienze
psicologiche.
L’ambito di studi che, secondo i direttori del personale, meno è in grado di
caratterizzare la formazione dell’addetto allo sviluppo è quello ingegneristico,
ambito al quale si riserva, tutt’al più, una qualche capacità di formare nelle tecniche
di valutazione.
Secondo i docenti universitari, ai quali è stato sottoposto per la rilevazione
uno spettro di competenze tecniche più ampio di quello dei direttori, la formazione di
tipo tecnico dell’addetto allo sviluppo è legata ai settori disciplinari meno
strettamente di quanto hanno ipotizzato i direttori (Tab. 37).
Definire figure professionali tramite testimoni privilegiati
63
I settori disciplinari più strettamente connessi alla rilevanza delle competenze
tecnico-specialistiche sono quello giuridico, correlato direttamente con la gestione
tecnica dei rapporti con i dipendenti, e quello psicologico, correlato con la
conduzione di colloqui di lavoro, con l’analisi delle dinamiche di gruppo e con
attività di supporto degli addetti allo sviluppo nell’analisi dei bisogni formativi.
Diversamente dai direttori, i professori considerano gli studi ingegneristici
come specificamente formativi per questa figura professionale, così come quelli
giuridici, economici, psicologici e nelle scienze della formazione. I professori
accreditano la particolare capacità degli ingegneri di gestire gli strumenti tecnici e
informatici e di operare analisi organizzative o di processo. L’ambito disciplinare che
i professori sottovalutano, rispetto ai direttori, sono le scienze sociali.
Leggendo le relazioni dall’angolazione delle competenze, si rileva che le
conoscenze generali di sviluppo e le abilità organizzative generali e per processi,
secondo i professori, sono acquisibili presso corsi di ingegneria, verosimilmente in
quelli a carattere gestionale.
Tabella 37. Coefficienti di correlazione fra i ranghi assegnati dai docenti
universitari alle competenze tecnico-specialistiche ritenute necessarie ed alle aree
formative importanti per l’addetto allo sviluppo delle risorse umane
Informatico
Umanistico
Ingegneristico
Formativo
Psicologico
0,14
0,07
0,09
-0,11
-0,30
0,21
0,01
-0,36
0,18
-0,34
0,14
-0,07
0,29
0,13
-0,10
-0,05
-0,24
-0,44
-0,10
0,34
0,23
-0,08
0,07
0,04
0,40
-0,21
0,29
0,01
-0,05
0,15
-0,01
-0,05
-0,18
0,15
-0,02
-0,24
0,07
-0,02
0,09
-0,02
0,02
0,14
-0,09
-0,18
0,03
0,17
-0,05
0,06
-0,11
0,29
0,10
0,08
-0,23
0,02
-0,03
0,01
0,18
0,32
0,14
0,08
-0,09
-0,25
0,33
-0,24
0,08
-0,04
-0,10
-0,05
-0,31
-0,17
-0,19
-0,21
0,06
0,16
0,25
-0,12
-0,13
0,33
-0,32
0,22
-0,09
-0,06
-0,07
0,11
0,08
-0,17
0,17
0,18
0,37
-0,14
-0,08
0,45
-0,29
0,00
-0,22
-0,09
-0,01
-0,34
Statistico
Giuridico
Conoscenze generali di sviluppo
Analisi organizzativa e di processo
Tecniche di valutazione
Progettazione interventi formativi
Analisi delle dinamiche di gruppo
Conoscenze giuslavoristico-sind.
Utilizzo di strumentazione tecnica
Conduzione di colloqui di lavoro
Impiego tecniche di compensation
Tecniche di selezione personale
Gestione rapporti con i dipendenti
Costruzione strumenti valutativi
Gestione di relazioni industriali
Tecniche di contrattazione
Sociologico
Competenze tecnico-specialistiche
Economico
Ambiti disciplinari importanti per la professione
-0,09 0,15
0,03 0,15
-0,22 -0,05
0,02 -0,10
0,15 -0,18
-0,08 -0,12
-0,08 -0,08
-0,03 -0,28
0,15 0,04
0,05 -0,02
-0,02 0,10
0,22 0,25
-0,17 -0,01
0,07 0,06
64
Profili professionali di addetti alle risorse umane sulla base di
due panel giustapposti di esperti Delphi-Shang
La conduzione di colloqui di lavoro, l’attività di selezione e analisi delle
competenze e del clima aziendale deriva dalla preparazione ottenibile nel settore
psicologico e in quello delle scienze della formazione. Si riconosce all’ambito
statistico-quantitativo la capacità di preparare laureati idonei a costruire e
convalidare strumenti di valutazione delle capacità del personale.
La gestione dei rapporti con il personale e con il sindacato sembra essere
acquisibile quasi esclusivamente nei corsi a carattere economico e giuridico. Presso i
corsi di economia si possono acquisire competenze nelle importanti tecniche di
contrattazione interna e di compensazione del personale. Tra le competenze elencate,
queste ultime e le tecniche di valutazione sono quelle meno legate con i corsi
universitari messi in evidenza. Probabilmente, i professori considerano queste
capacità come prodotto diretto delle doti di personalità del laureato e, quindi, meno
facilmente plasmabili in un corso universitario.
In definitiva, non si notano discrasie fondamentali fra i direttori del personale
e i docenti universitari circa il tipo di conoscenze che possono valorizzare le
competenze degli addetti allo sviluppo delle RU. Le differenze di valutazione emerse
sono legate ad una diversa concezione della funzione dell’addetto allo sviluppo delle
risorse umane.
I direttori del personale, muovendo dalla propria esperienza, ritengono infatti
che doti professionali trasversali di sviluppo, cultura sociale e capacità di adattare in
modo flessibile le metodiche di valutazione siano le competenze che contano. I
docenti universitari, invece, hanno un’immagine tecnicamente più “hard” di quella
rappresentata dai direttori ed auspicano una formazione a carattere tecnico, convinti
che le capacità di valutare, contrattare e definire giusti compensi si possano, e si
debbano, apprendere sul posto di lavoro.
6.2
Competenze e formazione auspicata per l’addetto alla gestione
Per quanto riguarda gli addetti alla gestione delle RU, la concordanza fra le
valutazioni fornite da direttori del personale e docenti universitari non è altrettanto
evidente, in quanto non vi è sovrapposizione sostanziale fra le competenze indicate
dagli uni e dagli altri: la maggior parte dei docenti intervistati, infatti, ha concentrato
le proprie valutazioni solo su cinque competenze tecnico-specialistiche.
Va ribadito che la formazione nell’ambito del diritto, che è considerata la più
coerente con la professionalità di addetto alla gestione (cfr. Par. 6), è qualificata in
modo particolare dalle conoscenze di diritto del lavoro, in modo particolare per agire
consapevolmente nella proposta e valutazione di contratti (Tab. 38). Peraltro, queste
stesse competenze paiono strettamente correlate con la formazione di area economica
e politologica.
Definire figure professionali tramite testimoni privilegiati
65
Tabella 38. Coefficienti di correlazione fra i ranghi assegnati dai direttori del
personale alle competenze tecnico-specialistiche ed ai corsi universitari coerenti con
la professione di addetto allo gestione delle risorse umane.
Psicologia
Sociologia
Scienze
politiche
Scienze
umanistiche
Scienze della
formazione
Giurisprudenza
Conoscenze giuslavoristiche generali
Tecniche di gestione del dipendente
Tecniche di contrattazione
Conosc. giuslavoristiche-amministrat.
Conoscenze sindacali (legge 300 etc.)
Tecniche di analisi carichi di lavoro
Tecniche di analisi/progetto formazione
Tecniche di valutazione prestazioni
Tecniche di gestione delle competenze
Tecniche di recruiting e selezione
Economia
Competenze tecnico-specialistiche
Ingegneria
Aree disciplinari coerenti con la professione
0,28
0,50
-0,43
-0,19
0,08
-0,45
0,06
0,38
-0,01
-0,21
0,58
0,21
0,49
0,45
0,31
-0,17
-0,57
-0,79
-0,70
-0,17
-0,43
-0,49
-0,24
0,19
-0,54
0,42
0,13
0,02
0,60
0,42
-0,26
0,25
-0,57
-0,62
-0,11
-0,04
0,60
0,70
0,27
0,14
0,70
0,25
0,41
0,43
0,34
-0,51
-0,60
-0,21
-0,49
-0,66
-0,02
0,36
-0,31
-0,50
0,07
-0,21
0,40
0,68
-0,02
-0,18
0,28
0,39
0,17
0,45
0,15
-0,43
-0,51
-0,60
-0,38
0,09
0,50
-0,05
0,42
0,03
-0,19
0,11
-0,29
-0,32
-0,40
0,18
La conoscenza pratica di elementi di diritto del lavoro sembra conseguibile
anche seguendo corsi a carattere ingegneristico o in scienze della formazione.
Sempre l’ingegneria e le scienze della formazione, insieme alle materie umanistiche
e, in misura minore, all’economia e alle scienze sociali, sono correlate alla necessità
di padroneggiare le tecniche di gestione del dipendente.
Quanto alle tecniche di gestione delle competenze del personale, di
reclutamento e selezione e di analisi dei carichi di lavoro ritenute utili per l’addetto
alla gestione delle RU, si rileva il sostanziale “monopolio” delle materie di ambito
psicologico.
Per quanto riguarda l’opinione dei docenti universitari in tema di competenze
necessarie e formazione auspicabile per l’addetto alla gestione delle RU (Tab. 39),
molti coefficienti hanno valori statisticamente significativi, il che denota che i
docenti hanno chiari in mente i corsi nei quali si possono conseguire le competenze
tecniche auspicate e questi corsi sono tra quelli elencati, però i valori sono meno
importanti di quelli registrati per l’altra figura professionale35.
35
I risultati sono stati letti con prudenza metodologica, dando interpretazioni ampie, senza
puntualizzare sul singolo valore di correlazione, giacché si è notato che, forse per motivi legati alla
fretta nel rispondere, alcuni docenti e direttori hanno concentrato la propria attenzione sulle prime
competenze della lista presentata nel questionario on-line Il fenomeno della concentrazione
66
Profili professionali di addetti alle risorse umane sulla base di
due panel giustapposti di esperti Delphi-Shang
Tabella 39. Coefficienti di correlazione fra i ranghi assegnati dai docenti
universitari alle competenze tecnico-specialistiche ritenute necessarie ed agli ambiti
disciplinari universitari importanti per gli addetti alla gestione delle risorse umane.
Competenze tecnico-specialistiche
Economico
Giuridico
Informatico
Umanistico
Ingegneristico
Formativo
Psicologico
Sociologico
Statistico
Ambiti disciplinari universitari
Conoscenze generali di sviluppo
Analisi organizzativa e di processo
Valutaz.personalità e potenzialità
Progettazione interventi formativi
Analisi delle dinamiche di gruppo
Conoscenze giuslavoristico-sind.
Utilizzo di strumentazione tecnica
Conduzione di colloqui di lavoro
Tecniche di compensazione
Tecniche selezione del personale
Gestione rapporti con i dipendenti
Costruzione strumenti valutativi
Gestione di relazioni industriali
Tecniche di contrattazione
Gestione amministrativa
Gestione delle relazioni umane
-0,34
-0,02
0,12
0,03
0,12
0,38
0,31
0,00
-0,18
-0,24
0,15
0,26
0,02
-0,26
0,03
-0,01
0,20
-0,04
0,11
-0,25
0,15
0,17
0,11
-0,06
-0,30
-0,30
0,17
0,24
0,01
-0,45
0,03
0,09
-0,06
-0,02
-0,08
-0,08
-0,14
0,17
0,32
0,20
-0,23
-0,22
-0,13
0,18
0,07
-0,02
0,00
-0,19
0,18
0,08
0,00
-0,05
-0,04
-0,23
-0,01
0,33
-0,13
-0,12
-0,24
-0,05
0,15
0,05
0,16
0,02
-0,31
0,01
-0,08
0,24
-0,03
0,18
-0,07
-0,14
0,30
0,26
0,21
-0,20
-0,21
0,11
0,02
-0,04
0,21
-0,14
-0,10
-0,09
-0,04
0,01
-0,25
-0,06
0,08
0,11
-0,01
-0,21
-0,01
0,10
0,07
0,06
0,12
-0,20
0,09
0,15
0,06
-0,23
-0,10
-0,19
0,18
0,18
-0,03
-0,09
0,08
0,23
0,07
0,09
-0,04
0,05
0,28
0,11
0,29
-0,38
-0,30
-0,20
0,32
0,33
-0,15
-0,11
0,06
0,13
-0,16
0,35
-0,01
0,33
-0,39
-0,08
-0,42
-0,01
0,20
0,13
-0,14
-0,11
0,03
0,07
-0,18
0,06
-0,23
-0,47
In conclusione, anche per l’addetto alla gestione si rileva che i direttori
indicano, a maggioranza, che sia caratterizzato da competenze a carattere “sociale”,
ossia di una formazione che unisca le discipline giuridiche, economiche e
psicologiche. Per certe competenze particolarmente tecniche, vedono appropriata la
preparazione tipica di un ingegnere, plausibilmente ad indirizzo gestionale. Emerge
indirettamente che le competenze di tipo generale, trasversali a più discipline,
qualificano una professionalità ad indirizzo gestionale più di quanto non possa una
pluralità di competenze specializzate.
inappropriata degli intervistati sulle prime modalità di una batteria, in rilevazioni basate
sull’autocompilazione, è noto in letteratura (Bradburn et al., 1979). Purtroppo, anche i docenti
universitari ne sono stati affetti. Alcune misure di correlazione fanno, inoltre, riferimento ad una
decina di soggetti, talvolta anche meno.
Definire figure professionali tramite testimoni privilegiati
67
I professori, invece, sono ancorati ad una visione più strutturale delle
conoscenze, per cui ritengono privilegiata la frequenza dei corsi di economia e
sociologia, taluni anche di ingegneria, rispetto alla formazione nelle discipline
giurisprudenziali, psicologiche o umanistiche.
7
Per separare il grano dal loglio
Nella letteratura scientifica, la ricerca sulle professioni ha cercato legittimazione sia
tramite l'analisi economico-aziendale –volta a definire sul piano teorico le capacità e,
di riflesso, la formazione delle figure professionali funzionali alle aziende– e sia
tramite l'analisi delle competenze che si devono o si possono formare per ottenere
una professionalità.
Le competenze sono, dunque lo strumento di analisi primario per definire le
figure professionali. Le stesse, però, dipendono dall’ambiente e dai tempi in cui
sono esercitate o per cui sono pensate. Questo spiega il successo del metodo di
analisi O*Net (Peterson et al., 1999) negli USA e negli altri Paesi in cui è stato
importato come paradigma definitorio delle caratteristiche delle figure professionali.
Questo metodo si basa, infatti, sul tentativo di situare le competenze dentro le
funzioni e le tipologie aziendali.
Alla pur ammirevole architettura di un sistema siffatto manca tuttavia
l'adattamento in senso evolutivo all'ambiente sociale. La rappresentazione situata
delle professioni, infatti, seppure adattata alle situazioni nelle quali queste si possono
utilizzare, ignora il dinamico evolvere delle condizioni sociali. La globalizzazione
dei mercati, la crescente pervasività della tecnologia dell'informazione, l'aumento
massivo dell'istruzione in ogni parte del mondo, in altre parole, il cambiamento
continuo degli scenari economici e sociali impone una rappresentazione dinamica
delle professioni e dell'occupazione.
Un programmatore della formazione, in modo appena diverso da un
imprenditore o da un manager, è naturalmente portato a collocare lo sviluppo delle
proprie attività in un futuro almeno di medio termine, da tre a sei anni avanti, più o
meno quanti ne servono per realizzare i percorsi formativi canonici dell’università.
Non esiste un sistema perfetto per la definizione delle figure professionali e
per collegarle ai profili formativi. Esiste, però, la possibilità di associare a definizioni
statiche, elementi del contesto socio-economico “a tendere” che possono rendere la
rappresentazione attuale di una professione, una figura in movimento cui possono
adeguarsi sia chi cerca i migliori candidati da inserire nel lavoro e sia i più avveduti
formatori.
68
Profili professionali di addetti alle risorse umane sulla base di
due panel giustapposti di esperti Delphi-Shang
L’obiettivo della nostra ricerca era quello di dimostrare che è possibile
rilevare informazioni sulle professioni con metodi agili, in tempi quasi reali, a costi
ridotti, con competenze riproducibili da organizzazioni di ricerca che operino in
sinergia. L'esperimento ha avuto successo, almeno per quanto concerne:
a) l'identificazione di un metodo di individuazione, rilevazione e analisi di punti
di vista solitamente distanti, come sono quelli di chi impiega professionalità
superiore e di chi la forma nel sistema scolastico, per definire le competenze
che deve possedere un’unica figura professionale;
b) la determinazione di un criterio idoneo a definire le speranze occupazionali di
una figura professionale, nel medio e lungo termine, il che implica che le
persone interpellate devono rappresentarsi la società economica dei prossimi
anni, e anche quella un po’ più in là. Ci si è fermati alla previsione di
occupazione a sei anni avanti, convinti che si tratti del massimo orizzonte su
cui interrogare esperti per ottenere una stima quantitativa del tipo in
questione;
c) la collocazione della figura professionale nel contesto formativo attuale e in
quello prospettico di medio periodo.
Il metodo Delphi si è dimostrato efficace nel delineare figure professionali
con la partecipazione di coloro che ne conoscono l’intima sostanza, sono abituati a
plasmarla e a darne una configurazione per la società, quantunque l’argomento sia
complesso ed evolutivo. Come sostengono anche Jones (1975) e Nielsen e
Thangadurai (2006), questo metodo di rilevazione è credibile non solo come aiuto
per padroneggiare realtà culturali e organizzative diverse e complesse, ma anche per
penetrare la realtà storica ed estrapolarne le eccezionalità, contribuendo così ad
anticipare scenari ed eventi.
I due insiemi di esperti consultati, i direttori del personale e i professori, si
sono fatti coinvolgere, compenetrandosi nel ruolo di analisti e previsori entro i canali
del metodo Delphi. Hanno trasmesso stime e giudizi sostanzialmente indipendenti,
mettendo progressivamente a fuoco gli argomenti proposti e fornendo ai ricercatori
informazioni preziose per ragionare sulle figure professionali in esame. Per le sole
previsioni occupazionali, può essersi verificato un condizionamento delle risposte
tramite il feedback, comunicato dal coordinatore della ricerca tra un’occasione di
rilevazione e la successiva.
Come il Dio latino Giano, che aveva due facce che guardavano in direzioni
opposte, ma un'unica testa36, la medesima realtà è stata configurata da due punti di
vista, quella del lavoro e quella della formazione, rispetto sia a caratteristiche fisiche
36
Giano (Janus) era il Dio che, nella religione romana, presiedeva a tutti gli inizi e passaggi materiali
e immateriali. Era rappresentato con una testa bifronte. Si diceva che le due facce erano un regalo di
Saturno per poter vedere sia il passato che il futuro.
Definire figure professionali tramite testimoni privilegiati
69
che immateriali, nel tempo attuale e nel futuro, ed è così possibile comporre un'unica
rappresentazione.
Le due categorie di esperti, quantunque siano in genere divergenti rispetto a
interessi sociali e cultura, hanno valutato lo stesso fenomeno, immaginandone lo
sviluppo temporale, e ne hanno dato una descrizione consonante, seppure con
diverse, relativamente prevedibili, accentuazioni.
I due campioni di esperti rappresentano due strati di testimoni distinti per
“opposte distorsioni”. Alcune rappresentazioni dei direttori del personale sono
diverse da quelle degli accademici perché diversi sono i ruoli e le mentalità dei due
insiemi di esperti. È persino possibile che abbiano in mente due figure non
coincidenti, nel senso che i ruoli dello “sviluppo” e della “gestione” sono intesi in
modo differente dai professori e dai direttori37. In ogni caso, essendo i due panel
sullo stesso livello quanto ad affidabilità, ma all’opposto quanto a punto di
osservazione del mercato, è opportuno mediare le rappresentazioni ottenute dai due
insiemi se si vuole produrre un'unica stima.
Per definire le caratteristiche di una figura professionale, il disporre di una
varietà di punti di vista, di uguale valore fino a prova contraria, è, infatti, non solo
ammissibile, ma auspicabile. La giustapposizione in fase di analisi e la mediazione
della pluralità dei punti di vista rilevati vale, a maggior ragione, nella previsione
dell’occupabilità a medio e lungo termine, le previsioni essendo interpretazioni della
realtà socio-economica condizionate dal sistema personale di valori dell’esperto.
L’identificazione di esperti che portano interessi contrapposti e la successiva
mediazione dei punti di vista, rendono le previsioni indipendenti dalle parti
coinvolte38.
Ci si può chiedere se le considerazioni metodologiche conseguenti
all'applicazione del metodo Delphi siano generalizzabili ai fini della determinazione
dei bisogni di professionalità di figure professionali diverse dalle due esaminate in
questa ricerca. Tra le altre cose, ci si può chiedere: è ripetibile il successo in termini
di partecipazione di questa ricerca, almeno per quanto riguarda la componente
accademica? Oppure è una conseguenza dell’essere la ricerca arrivata per prima o
tra le prime per questo scopo? Si dovrà valutare con una pluralità di esperienze di
ricerca la possibilità di consultare ripetutamente altri insiemi di testimoni privilegiati
prima di poter dire che la metodologia sperimentata è generalmente valida.
La testa del Giano di cui abbiamo metaforicamente tratteggiato la doppia
effigie può essere ulteriormente complicata. In future indagini sui bisogni di
37
In una eventuale ripetizione della ricerca si può pensare di lasciare uno spazio per la descrizione in
chiaro, “con parole dell’esperto”, delle figure professionali.
38
Bedford (1972) ha trovato che, nella previsione di temi socio-economici correnti, non emergono
differenze significative tra esperti in comunicazione, comportamenti dei consumatori, sociologia e
futurismo in generale e le casalinghe.
70
Profili professionali di addetti alle risorse umane sulla base di
due panel giustapposti di esperti Delphi-Shang
professionalità, si possono coinvolgere altre categorie di testimoni privilegiati del
mondo del lavoro. Tra questi, oltre ai direttori del personale, stratificandoli per tipo e
ampiezza dell’azienda, si possono selezionare:
- responsabili di aziende e manager di istituzioni appartenenti al comparto
economico di interesse;
- responsabili di albi, registri e ordini professionali, qualora si tratti dello studio
di professionalità inerenti a professionalità regolamentate;
- operatori che svolgono la professione che si vuole studiare, possibilmente
distinti per livello formativo;
- responsabili di agenzie di selezione del personale, di agenzie interinali e di
intermediazione del lavoro;
- operatori di uffici per l’impiego con esperienza diretta di collocamento nel
settore o nella posizione professionale da investigare.
Per quanto concerne i formatori, oltre ai professori universitari, si possono
coinvolgere:
- insegnanti di scuole professionali e di materie pertinenti negli istituti
superiori, con esperienza di lavoro nelle e per le imprese e le istituzioni;
- formatori extrascolastici che hanno operato nella formazione sul lavoro e che
per questo sono in grado di riprodurre un quadro credibile di ciò che si vuole
riprodurre;
- rappresentanti di uffici formazione di associazioni di categoria e di sindacati
che hanno progettato, organizzato, monitorato corsi di formazione e attività di
accompagnamento in azienda di neo-assunti e attività di aggiornamento di
lavoratori inseriti.
In ogni caso, i bisogni di professionalità e di occupazione devono essere
progressivamente specializzati in ragione delle specificità dei punti di vista che gli
esperti possono ragionevolmente riprodurre. Tra gli altri:
o imprenditori o esperti del mondo del lavoro si possono specializzare nella
definizione dei bisogni di attività e di professionalità nelle imprese e nella
previsione dell’occupazione nel breve-medio periodo;
o lavoratori, a varie date dall’ingresso nel lavoro, possono essere i più
pertinenti per la misura delle performance, mentre i lavoratori, assieme ai
neo-diplomati e ai neo-laureati sono idonei, nella misura in cui hanno
esperienza di lavoro, a definire il rapporto tra formazione e lavoro e i bisogni
di rifinitura della formazione ottenuta nella strutture scolastiche;
o esperti di lavoro e di formazione possono essere idonei a definire i bisogni di
professionalità e quelli di occupazione.
Una seconda proposta di ricerca può essere l’applicazione del cosiddetto
Delphi interattivo che consiste nell’interpellare in sequenza prima una categoria di
esperti e poi l’altra, in modo interattivo, riportando una sintesi delle informazioni non
Definire figure professionali tramite testimoni privilegiati
71
a coloro che le hanno fornite, bensì al gruppo giustapposto. In questo modo, si
ottiene una sinergia tra gruppi ad ogni iterazione e non solo alla fine del percorso
Delphi.
Necessità comune ad ogni nuovo criterio di rilevazione è che i testimoni siano
in grado di utilizzare il www e, in ogni caso, non siano intimoriti dall’impiego
dell’elettronica per dialogare a distanza con gli organizzatori.
Dopo aver compiuto varie analisi siamo arrivati alla conclusione che
l’abbandono della ricerca ha interessato, in media, una parte degli esperti più
preparati. Questo risultato è pericoloso, non perché rischia di compromettere la
qualità dei risultati ottenuti (basta, infatti, che il campione contenga un quantum di
expertise sufficiente a rappresentare i punti di vista individuati per poterne dedurre
stime solide), bensì perché non conosciamo il motivo per cui costoro si sono ritirati
dalla rilevazione, tra l’altro, dopo aver promesso per iscritto di collaborare e spesso
dopo aver compilato un primo e talvolta un secondo questionario.
A fini metodologici, sarebbe pertanto opportuno studiare la causa delle
cadute, e cioè: Le cadute dipendono dal criterio iterato di interrogazione Delphi?
Dipendono da errori commessi in fase di rilevazione? Oppure da reticenze nel
fornire gratuitamente ad un altro ricercatore informazioni preziose, ottenute con
esperienze uniche?
Alcuni esperti hanno, però abbandonato la ricerca a mezza via perché si sono
sentiti isolati, minoritari, forse anche inadeguati, dopo aver conosciuto il pensiero dei
colleghi attraverso il feedback. Anche in questo caso, a fini di sviluppo
metodologico, sarebbe interessante riuscire a conoscere il meccanismo psicologico
che ha attivato il sentimento di minorità.
Tra l’altro, ciò significa cercare di dare risposta alle seguenti domande:
¾ È stato un errore aver presentato come feedback la sola media della
distribuzione delle opinioni, ovvero sarebbe stata meno ansiogena la
presentazione dell’intervallo interquartile, oppure la presentazione di un
intervallo ancora più ampio che incoraggia la partecipazione anche delle
posizioni estreme?
¾ Esiste un criterio di comunicazione con i rispondenti designati più soffice del
far conoscere variabili di sintesi della distribuzione? Oppure, addirittura, nel
computo delle medie finali, si dovrebbe tenere conto non solo di coloro che
arrivano fino in fondo al processo di interrogazione-e-risposta, ma anche di
coloro che si sono fermati per via?
¾ Siccome è stata presentata come feedback una percentuale con due cifre
dopo la virgola, può questa inutile precisione aver fatto sentire ancor più
distanti gli esperti che sentono che i cambiamenti sono dell’ordine di vari
punti percentuali, addirittura di decine di punti, per un fenomeno così
difficile da configurare come le previsioni occupazionali?
72
Profili professionali di addetti alle risorse umane sulla base di
due panel giustapposti di esperti Delphi-Shang
Pertanto, sono temi critici quelli della formazione e del mantenimento del
panel di esperti. Bisogna studiare, in eventuali meta-analisi delle esperienze di
ricerca,
x
i criteri ottimi di selezione degli esperti e la determinazione della conoscenza
che possiedono dell'argomento di ricerca. Non va dato per scontato che tutti
coloro che fanno parte di una categoria privilegiata di testimoni siano esperti
nella materia su cui si vuole coinvolgerli. È, inoltre, importante che si possa
avere liste sufficientemente ampie per non caricare sempre le stesse persone
con eccessive richieste di collaborazione;
x
se e come compensare coloro che danno contributi effettivi alle ricerche. Tra
gli altri, Hechathorn (1977) considera ineliminabile il compenso, persino per
identificare, tramite le catene di persone conosciute, gli esperti che possono
dare un contributo alla rilevazione di dati su temi per i quali si ricorre a
testimonianze privilegiate.
Va, inoltre, studiato il ruolo che potrebbe svolgere un focus group una volta
concluso il processo di rilevazione e di analisi dei dati39. Un incontro de visu tra
esperti che hanno già espresso una propria opinione, accuratamente preparato e
condotto, può diventare un’aggiunta informativa alle risultanze del processo Delphi.
Deve, infine, essere definito il criterio per connettere la rilevazione presso
testimoni privilegiati del lavoro e della formazione con altri dati raccolti su vasta
scala presso lavoratori (Isfol-Istat, indagini sui laureati) o imprenditori (Excelsior).
Nei tempi in cui si trebbiava il grano nell’aia, si svolgeva il rito di separare il
grano dal loglio, la parte buona del raccolto da quella insignificante. Per sapere che
cosa è grano e che cosa è loglio, in questa come in ogni altra ricerca, bisogna
descrivere le scelte metodologiche effettuate. Bisogna descrivere gli strumenti
utilizzati. In questo modo, chi svolge ricerche analoghe evita di fare gli stessi errori e
può fare altri passi verso la qualità scientifica della ricerca rifinendo metodi e
strumenti sperimentati da chi l’ha preceduto.
Questo è il motivo per cui riportiamo in appendice i questionari utilizzati
nella ricerca e abbiamo fatto incursioni nella metodologia statistico-matematica
idonea al calcolo delle stime. Ci siamo accorti che resta molto da studiare e che è
opportuno dare sempre ragione delle scelte effettuate nel rilevare e analizzare i dati,
possibilmente collegandole a modelli rappresentativi dei contenuti studiati40 (si
vedano anche Glass, 1997; Milkovich et al., 1972).
Per lo studio delle professioni e della formazione professionale, si può partire
dai suggerimenti contenuti nelle applicazioni di Milkovich et al. (1972), Czinkota e
Ronkainen (1997), Boyd (2003), Retoo et al. (2005), oppure dalla letteratura sulla
39
Tecnicamente, un focus group post-hoc si configura come una conferenza Delphi (Pacinelli, 2008)
o l’applicazione di una tecnica Nominal Group.
40
Un esempio relativo all’Information Technology può essere quello di Cooper e Zmud (1990).
Definire figure professionali tramite testimoni privilegiati
73
rappresentazione della professionalità e sul legame tra professionalità necessaria e
formazione da organizzare per ottenerla (tra gli altri, Ulshack, 1983; Geier, 1995).
Infine, in un’eventuale ri-progettazione della ricerca, la rifaremmo in altro
modo, effettuando altri esperimenti. La procedura Delphi è una prateria per buona
parte ancora da esplorare se la si vuole far diventare un metodo secondo la
definizione canonica in ambito scientifico, vale a dire un insieme integrato di regole
condivise che permettono a studiosi diversi da quelli che hanno svolto una ricerca di
ottenere risultati comparabili senza necessariamente confrontarsi.
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Professional Profiles of HR Experts
as Defined by Two Juxtaposed Delphi-Shang Panels of Experts
Summary. In our paper, we discuss the methodology and some results of an on-line
Delphi-Shang research on two juxtaposed panels of experts, one composed of human
research – HR directors and the other one on university teachers. The research
contents are the profiles in terms of technical competencies and personality gifts of
two relevant professional figures of HR offices, the HR management expert and that
on HR improvement. The content aims are the competencies’ evolution and
employment forecasting in the short and mean runs, and the educational
environment for the professional figures. Experts converged after three iterations
both with directors and professors. We realized, too, some question-wording
experiments to collect, with a lower response error rate, data with iterative
techniques. Finally, we surveyed the Osgood's semantic differential of the experts so
to estimate the relationship between the experts' attitudes, knowledge and opinions.
Keywords. Professional profile; HR improvement export; HR management export;
Delphi-Shang method; Expertise; Competencies; Education; Employment rate;
Question wording; Semantic differential.
78
Profili professionali di addetti alle risorse umane sulla base
di due panel giustapposti di esperti Delphi-Shang
Allegato1: Questionari adottati per la rilevazione presso i direttori
del personale
Domande generali:
1. Sesso del rispondente
2. Età del rispondente (classi di 10 anni; fino a 29; 30-39; 40-49; 50-59; 60 e più)
3. Titolo di studio più elevato conseguito dal rispondente
4. Se ha svolto funzioni nell’ambito delle risorse umane anche in altre aziende
5. Anni di attività svolti come direttore o responsabile nell’ambito delle risorse umane,
sia complessivamente che nell’azienda attuale.
6. Settore dell’attività economica principale dell’azienda per cui opera attualmente
7. Attività economica principale dell’azienda per cui opera (descrizione sintetica
oppure indicazione del codice ATECO, eventualmente tramite tabella di ricerca)
8. Numero di unità locali da cui è composta l’azienda, e se sono tutte gestite dall’area
R.U. in cui opera il rispondente
9. Dimensione dell’azienda per la quale opera (fino a 9 addetti; 10-49 addetti; 50-249;
250-999; 1000 e più)
10. Regione in cui l’azienda opera prevalentemente (elenco, 20 regioni)
11. Se in azienda sono presenti altre figure addette allo sviluppo/gestione delle R.U.
12. Numero di richieste di nuovi addetti alla gestione delle risorse umane negli ultimi
due anni (24 mesi) da parte dell’azienda per cui opera
13. Numero approssimativo di persone che si sono presentate per ricoprire posizioni per
la gestione e lo sviluppo delle risorse umane nelle aziende per cui il Direttore ha
operato negli ultimi due anni (24 mesi)
Il requisito-filtro per il proseguimento dell’intervista è l’aver operato in un ufficio del
personale (o struttura equivalente) per almeno due anni.
Domande del I round
A.
COMPETENZE
Vorremmo sapere quali sono le competenze più rilevanti per una persona che si candida al
ruolo di profilo professionale (addetto allo sviluppo delle risorse umane/ addetto alla
gestione delle risorse umane). Distinguiamo per tipo, con riferimento alle aziende per cui
Lei lavora o ha lavorato:
A1- Quali competenze tecnico-specifiche deve possedere il candidato (ossia, cosa deve
saper fare)? Scelga fra le seguenti le più rilevanti (al massimo quattro) o aggiunga nel
campo apposito quelle che eventualmente mancano (sempre fino a raggiungere al massimo
quattro tipi in totale):
(addetto allo sviluppo delle risorse umane)
a ‰ Conoscenze generali di sviluppo (architetture prof., ecc)
b ‰ Tecniche di analisi attitudinale
c ‰ Tecniche di analisi dei bisogni formativi
d ‰ Tecniche di valutazione
e ‰ Tecniche di selezione
f ‰ Tecniche di compensazione
g ‰ Tecniche di redazione del bilancio di competenze
h ‰ Tecniche di analisi organizzativa e di processo
i ‰ Altre, come sotto specificato:
>>> ………………………………………………………………………………
(in alternativa, addetto alla gestione delle risorse umane)
Definire figure professionali tramite testimoni privilegiati
79
a ‰ Conoscenze giuslavoristiche generali (fondamentali di un rapporto di lavoro,
caratteristiche e tipi di contratti collettivi e fattori comuni)
b ‰ Conoscenze giuslavoristiche-amministrative (tipi di rapporti di lavoro possibili e
contratti individuali di riferimento)
c ‰ Conoscenze amministrative (gestione buste-paga)
d ‰ Conoscenze sindacali (legge 300 etc.)
e ‰ Tecniche di gestione delle relazioni industriali
f ‰ Tecniche di gestione del dipendente (rapporto con i dip)
g ‰ Tecniche di contrattazione
h ‰ Tecniche d'analisi dei carichi di lavoro
i ‰ Altre, come sotto specificato:
>>> ………………………………………………………………………………………
A2- Quali competenze trasversali (ossia, quelle che devono essere possedute da quasi tutte
le persone che operano allo stesso livello, anche in attività diverse) sono particolarmente
richieste per il ruolo di addetto allo sviluppo delle risorse umane (come sopra, sceglierne o
scriverne al massimo le quattro prevalenti):
a ‰ Capacità di relazione
b ‰ Leadership e autorevolezza
c ‰ Capacità di lavoro in team
d ‰ Capacità di problem solving
e ‰ Flessibilità
f ‰ Innovatività
g ‰ Proattività (volontà di fare)
h ‰ Capacità di presentare le proprie idee in pubblico
i ‰ Altre, come sotto specificato:
>>> ………………………………………………………………………………………
A3- Per le attività svolte da un (profilo professionale), sono necessarie competenze
informatiche da utilizzatore generico, da esperto, o da programmatore/analista?
1 ‰ Nessuna in particolare
2 ‰ Utilizzatore generico
3 ‰ Esperto
4 ‰ Programmatore/analista
A4- Oltre all'italiano, quali sono le lingue (al massimo tre) più utili per il ruolo che questa
figura professionale è chiamata a svolgere?
1 ‰ Francese
2 ‰ Inglese
3 ‰ Spagnolo
4 ‰ Tedesco
5 ‰ Altre, come sotto specificato:
>>>…….…………………………………………………………………………………
A5- Se ritiene necessarie competenze linguistiche, per il ruolo ricoperto da questa figura
considera più importante la conoscenza scritta oppure parlata?
1 ‰ Conoscenza lingua scritta
2 ‰ Conoscenza lingua parlata
3 ‰ Sono egualmente importanti
80
Profili professionali di addetti alle risorse umane sulla base
di due panel giustapposti di esperti Delphi-Shang
B.
OCCUPAZIONE FUTURA
B1- Secondo Lei, a distanza di un anno da oggi, la speranza occupazionale della figura di
(profilo professionale) sarà in aumento, stabile o in diminuzione rispetto alla situazione
attuale?
1 ‰ In aumento
2 ‰ Non cambierà in misura apprezzabile
3 ‰ Diminuirà
B1.a- Se Lei ritiene che entro un anno ci sarà un aumento o una diminuzione, può stimare in
quale percentuale? (sempre rispetto al dato odierno)
………%
B2- A distanza di tre anni da oggi, rispetto alla situazione attuale, Lei ritiene che la
speranza occupazionale di questa figura professionale...
1 ‰ È destinata a migliorare
2 ‰ Non cambierà in misura apprezzabile
3 ‰ È destinata a peggiorare
B2.a- Se Lei pensa che entro tre anni ci sarà un aumento o una diminuzione, in quale
percentuale rispetto a oggi?
………%
B3- Infine, a sei anni da oggi, rispetto alla situazione attuale, Lei ritiene che la speranza
occupazionale di questa figura professionale...
1 ‰ È destinata a migliorare
2 ‰ Non cambierà in misura apprezzabile
3 ‰ È destinata a peggiorare
B3.a- Se Lei pensa che entro sei anni ci sarà un aumento o una diminuzione, in quale
percentuale rispetto a oggi?
………%
C.
FORMAZIONE
C1- A Suo parere, qual è il minimo grado di istruzione necessario per svolgere l'attività di
(profilo professionale)?
1 ‰ Sufficiente la scuola dell'obbligo
2 ‰ Certificato di scuola professionale
3 ‰ Diploma di scuola superiore
4 ‰ Titolo universitario di I livello (Laurea breve/D.U.)
5 ‰ Titolo universitario di II livello
6 ‰ Master o specializzazione post-lauream
C2- Invece, qual è il minimo grado di istruzione appropriato per svolgere la suddetta
attività?
1 ‰ Sufficiente la scuola dell'obbligo
2 ‰ Certificato di scuola professionale
3 ‰ Diploma di scuola superiore
4 ‰ Titolo universitario di I livello (Laurea breve/D.U.)
5 ‰ Titolo universitario di II livello
6 ‰ Master o specializzazione post-lauream
C3- Esiste un indirizzo di studi (per un dato grado di istruzione) che Lei ritiene più
appropriato per qualificare la professionalità di un (profilo professionale), oppure
l'indirizzo di studi è praticamente indifferente?
1 ‰ L'indirizzo degli studi è indifferente
2 ‰ Uno o più indirizzi specifici
Definire figure professionali tramite testimoni privilegiati
81
C3.a- In quest'ultimo caso, quali indirizzi Lei ritiene specifici?(150 car.)
………………………………………………………………………………………………………
C4- Chi può fare qualcosa per qualificare la formazione di tale figura professionale in un
senso più corrispondente al mercato?
1 ‰ Università
2 ‰ Enti di formazione post-diploma
3 ‰ Enti di formazione post-universitaria
4 ‰ Associazioni imprenditoriali (Confindustria, Confcommercio, etc.)
5 ‰ Camere di commercio
6 ‰ Altri, come sotto specificato
>>> ……………………………………………………………………………………….
D.
SPECIFICITÀ SETTORIALE
D1- Secondo Lei, la figura di (profilo professionale) è trasversale a tutti i settori di attività
economica, oppure è specifica di alcuni settori?
1 ‰ È una figura trasversale a tutti i settori
2 ‰ È una figura specifica di alcuni settori
D2- Se tale figura è specifica di alcuni settori di attività, può elencare qui di seguito i settori
(al massimo quattro) nei quali, a Suo parere, essa è più presente? - Nell'ipotesi di specificità
della figura, si richiede la descrizione (100 car.) o il codice ATECO di almeno UN settore di attività
-> Sett. 1: ……………………………… -> Sett. 2: ………………………………
-> Sett. 3: ……………………………… -> Sett. 4: ………………………………
D3- Qual è la dimensione aziendale minima, sotto la quale non si trova questa figura
professionale?
0 ‰ Non esiste
1 ‰ Si trova anche in imprese individuali o familiari
2 ‰ Studio professionale individuale o quasi
3 ‰ Impresa o studio di micro-dimensioni (fino a 9 addetti)
4 ‰ Impresa/studio di piccole dimensioni (10-49 add.)
5 ‰ Impresa/studio di medie dimensioni (50-249 add.)
6 ‰ Impresa/studio di grandi dimensioni (250 e più)
D4- Esiste una dimensione aziendale tipica per questa figura, cioè dove essa ha maggiori
speranze occupazionali (una sola)?
0 ‰ Non esiste
1 ‰ Impresa individuale o familiare
2 ‰ Libera professione (da solo o quasi)
3 ‰ Impresa o studio di micro-dimensioni (fino a 9 addetti)
4 ‰ Impresa/studio di piccole dimensioni (10-49 add.)
5 ‰ Impresa/studio di medie dimensioni (50-249 add.)
6 ‰ Impresa/studio di grandi dimensioni (250 e più)
La ringraziamo molto per la collaborazione e Le diamo appuntamento tra 7 giorni per un
nuovo breve questionario
82
Profili professionali di addetti alle risorse umane sulla base
di due panel giustapposti di esperti Delphi-Shang
Domande del II round
A.
COMPETENZE
Nella prima tornata di opinioni sono state indicate, come caratterizzanti la figura
professionale di (profilo professionale) le competenze professionali elencate qui di seguito.
Gruppo sperimentale 1
A1- In questa fase Le chiediamo di distribuire 100 punti tra le competenze elencate,
secondo la loro rilevanza ai fini di un proficuo inserimento di tale figura professionale nel
contesto lavorativo di cui Lei si occupa:
>a (Prima competenza nella graduatoria delle preferenze indicate) ………..
>b (Seconda competenza nella graduatoria delle preferenze indicate) ……….
…
…
…
>h (Ultima competenza nella graduatoria delle preferenze indicate) ………….
Gruppo sperimentale 2
A1- In questa fase Le chiediamo di attribuire a ciascuna delle competenze elencate un
punteggio variabile fra 0 e 10, dove 0 è il minimo (nullità) e 10 il massimo della rilevanza
ai fini di un proficuo inserimento di tale figura professionale nel contesto lavorativo di cui
Lei si occupa:
>a (Prima competenza nella graduatoria delle preferenze indicate) ………..
>b (Seconda competenza nella graduatoria delle preferenze indicate) ……….
…
…
…
>h (Ultima competenza nella graduatoria delle preferenze indicate) ………….
B.
PREVISIONI DI OCCUPAZIONE
Nella prima tornata di opinioni, sono state stimate le probabilità di occupazione della figura
di (profilo professionale), a distanza di 1, 3 e 6 anni in avanti.
Gruppo sperimentale 1
B1- Gli esperti consultati stimano, ad un anno avanti, una media di occupazione (in
diminuzione di xx% / stabile / in aumento di xx%) (rispetto ad oggi). Secondo Lei, questa
stima dovrebbe essere minore, è sostanzialmente giusta, o dovrebbe essere maggiore?
1 ‰ Dovrebbe essere molto inferiore
2 ‰ Dovrebbe essere un po’ inferiore
3 ‰ È sostanzialmente giusta
4 ‰ Dovrebbe essere un po’ superiore
5 ‰ Dovrebbe essere molto superiore
B1.a- Se non considera giusta la stima effettuata, può precisare su quale valore si attesterà
la variazione dell'occupazione? ……..% (‰ sopra / ‰ sotto il livello attuale)
B2- La stima occupazionale a tre anni avanti è risultata mediamente (in diminuzione di
xx% / stabile / in aumento di xx%) rispetto ad oggi. Secondo Lei, questa stima dovrebbe
essere minore, è sostanzialmente giusta, o dovrebbe essere maggiore?
1 ‰ Dovrebbe essere molto inferiore
2 ‰ Dovrebbe essere un po’ inferiore
3 ‰ È sostanzialmente giusta
4 ‰ Dovrebbe essere un po’ superiore
5 ‰ Dovrebbe essere molto superiore
B2.a- Se non considera giusta la stima effettuata, può precisare su quale valore si attesterà
la variazione dell'occupazione? ……..% (‰ sopra / ‰ sotto il livello attuale)
Definire figure professionali tramite testimoni privilegiati
83
B3- La stima occupazionale a sei anni avanti, in media, è risultata (in diminuzione di xx%
/ stabile / in aumento di xx%), sempre rispetto ad oggi. Secondo Lei, questa stima
dovrebbe essere minore, è sostanzialmente giusta, o dovrebbe essere maggiore?
1 ‰ Dovrebbe essere molto inferiore
2 ‰ Dovrebbe essere un po’ inferiore
3 ‰ È sostanzialmente giusta
4 ‰ Dovrebbe essere un po’ superiore
5 ‰ Dovrebbe essere molto superiore
B3.a- Se non considera giusta la stima effettuata, può precisare su quale valore si attesterà
la variazione dell'occupazione? ……..% (‰ sopra / ‰ sotto il livello attuale)
Gruppo sperimentale 2
B1- Qui di seguito è riportato l'intervallo entro il quale la maggior parte degli esperti ha
previsto che vari (rispetto ad oggi) l'occupazione di tale figura professionale.
Le chiediamo di indicare nuovamente, a fianco di tali valori, le sue stime delle variazioni
della speranza di occupazione (0=stabilità).
Tempo % min % max Sua stima % (-/+)
1 anno
xx%
xx%
………..%
3 anni
xx%
xx%
………..%
6 anni
xx%
xx%
………..%
C.
FORMAZIONE
C1- La maggioranza degli esperti che hanno risposto nella prima tornata dell'indagine ha
indicato che il grado di istruzione più appropriato per svolgere l'attività di (profilo
professionale) è: (primo grado di istruzione più votato). Altri, però, indicano come titolo
appropriato: (secondo grado di istruzione più votato) . Lei aveva risposto che il titolo più
appropriato è: (grado di istruzione indicato dal partecipante). Rimane di questa opinione o
vorrebbe cambiare la Sua indicazione?
1 ‰ Mantiene
2 ‰ Cambia
C2- E quale sarà invece, secondo Lei, il titolo di studio più appropriato per svolgere tale
attività entro cinque-sei anni? Resterà sostanzialmente lo stesso o cambierà?
2 ‰ Resterà sostanzialmente lo stesso
2 ‰ Cambierà
C3- Quali sono i corsi di laurea che ritiene appropriati per svolgere l'attività professionale
in esame? (Inserire almeno un corso di studi)
- C.d.l. in:……………………………….. - C.d.l. in:…………………………………….
- C.d.l. in:……………………………….. - C.d.l. in:…………………………………….
- C.d.l. in:……………………………….. - C.d.l. in:…………………………………….
- C.d.l. in:……………………………….. - C.d.l. in:…………………………………….
- C.d.l. in:……………………………….. - C.d.l. in:…………………………………….
(Le domande da C1.a fino a C3.a sono calibrate in base alle risposte fornite a C1-C3)
C1.a- Lei ha (mantenuto / cambiato) la Sua opinione sul grado di istruzione attualmente
appropriato per un (profilo professionale): può spiegarne il motivo?
………………………………………………..………………………………………….
84
Profili professionali di addetti alle risorse umane sulla base
di due panel giustapposti di esperti Delphi-Shang
C1.b - Può chiarire ora qual è il grado di istruzione che Lei adesso ritiene più appropriato?
1 ‰ Sufficiente la scuola dell'obbligo
2 ‰ Certificato di scuola professionale
3 ‰ Diploma di scuola superiore
4 ‰ Titolo universitario di I livello (Laurea breve/D.U.)
5 ‰ Titolo universitario di II livello
6 ‰ Master o specializzazione post-lauream
C2.a- Lei ha precedentemente affermato che entro cinque o sei anni il titolo di studio più
appropriato cambierà: in quale direzione? Verso una maggiore o minore specializzazione,
verso un maggiore o minore livello degli studi, o che altro?
…………………………………………………………………………………………………………
C3.a- In base alla Sua esperienza, su 100 punti totali di coerenza, quanti ne assegnerebbe ai
singoli corsi di studi che ha precedentemente individuato come pertinenti?
N.B.: Il totale deve essere pari a 100, i punteggi più alti vanno assegnati ai corsi più coerenti.
Corso 1 – (denominazione del primo corso indicato dal partecipante): ………….
Corso 2 – (denominazione del secondo corso indicato dal partecipante): ………….
…
…
…
Corso n – (denominazione dell’ultimo corso indicato dal partecipante): ………….
D.
DESIDERABILITÀ SOCIALE
D1- Vorremmo ora comprendere la Sua percezione, da vari punti di vista, sul grado di
desiderabilità attuale della professione di (profilo professionale). Può esprimere la Sua
opinione in merito su una scala da 0 a 10, dove 0 è il minimo e 10 il massimo di
desiderabilità sociale?
Desiderabilità dal punto di vista
m n o p q r s t u v w
a) economico (reddito)
m n o p q r s t u v w
b) sviluppo di carriera (verticale)
c) di possibilità di utilizzo delle competenze
m n o p q r s t u v w
nelle aziende italiane
d) possibilità di cambiare posto di lavoro
m n o p q r s t u v w
(senza conseguenze negative)
e) Valorizzazione del ruolo sociale nella
m n o p q r s t u v w
società (fuori del posto di lavoro)
f) Desiderabilità sociale complessiva per un
m n o p q r s t u v w
neo-laureato
D2- Per quanto riguarda il grado di desiderabilità attuale avvertito da un (profilo
professionale), sulla stessa scala da 0 a 10, quanto Lei pensa che sia desiderabile questa
professione, per un neo-laureato assunto in tale ruolo?
m n o p q r s t u v w
D3- Per quanto riguarda, invece, il grado di desiderabilità attuale della professione secondo
i datori di lavoro, sempre su una scala da 0 a 10, quanto è ritenuta desiderabile, da parte
delle aziende che Lei conosce, la professione di (profilo professionale)?
m n o p q r s t u v w
La ringraziamo molto per la collaborazione e Le diamo appuntamento tra 7 giorni per un
nuovo questionario
85
Definire figure professionali tramite testimoni privilegiati
Domande del III round
D.
COMPETENZE
Nella seconda tornata dell'indagine, sono state indicate come maggiormente rilevanti, per la
definizione della figura professionale di (profilo professionale), alcune competenze
professionali.
A1- Per ciascuna delle competenze elencate, può indicare se, nel tempo medio (3-6 anni
avanti), la rilevanza professionale della competenza diminuirà, rimarrà sostanzialmente
invariata, o aumenterà rispetto ad oggi?
Competenza
> a: (1a competenza più rilevante)
> b: (2a competenza più rilevante)
>…
> n: (ultima competenza rilevante)
Diminuirà Diminuirà Sostanzialmente Aumenterà Aumenterà
molto
di poco
invariata
di poco
molto
Ƒ
Ƒ
Ƒ
Ƒ
Ƒ
Ƒ
Ƒ
Ƒ
Ƒ
Ƒ
Ƒ
Ƒ
Ƒ
Ƒ
Ƒ
B.
PREVISIONI DI OCCUPAZIONE
Gruppo sperimentale 1
Nella seconda tornata di opinioni, sono state un po’ modificate le stime della probabilità di
occupazione della figura di (profilo professionale), a distanza di 1, 3 e 6 anni in avanti.
B1- La nuova stima media, ad un anno avanti, è per (una diminuzione di nn% / una certa
stabilità / un aumento di nn%) rispetto ad oggi. Secondo Lei, per l'ultima volta, tale stima
dovrebbe essere inferiore, è sostanzialmente ciò che Lei pensa, o dovrebbe essere
superiore?
1 ‰ Dovrebbe essere inferiore
2 ‰ È sostanzialmente giusta
3 ‰ Dovrebbe essere superiore
B1.a- Se Lei non condivide la stima fornita dai Suoi colleghi, può definire la variazione
occupazionale che considera più verosimile? ……% (‰ sopra / ‰ sotto il livello attuale)
B2- La stima occupazionale a tre anni avanti presenta mediamente (una diminuzione di
nn% / una certa stabilità / un aumento di nn%) rispetto ad oggi. La stima dovrebbe essere
inferiore, è sostanzialmente ciò che Lei pensa, o dovrebbe essere superiore?
1 ‰ Dovrebbe essere inferiore
2 ‰ È sostanzialmente giusta
3 ‰ Dovrebbe essere superiore
B2.a- Se Lei non condivide la stima fornita dai Suoi colleghi, può definire la variazione
occupazionale che considera più verosimile? ……% (‰ sopra / ‰ sotto il livello attuale)
B3- La stima occupazionale a sei anni avanti, in media, presenta (una diminuzione di nn%
/ una certa stabilità / un aumento di nn%), sempre rispetto ad oggi. La stima dovrebbe
essere inferiore, è sostanzialmente ciò che Lei pensa, o dovrebbe essere superiore?
1 ‰ Dovrebbe essere inferiore
2 ‰ È sostanzialmente giusta
3 ‰ Dovrebbe essere superiore
B3.a- Se Lei non condivide la stima fornita dai Suoi colleghi, può definire la variazione
occupazionale che considera più verosimile? ……% (‰ sopra / ‰ sotto il livello attuale)
86
Profili professionali di addetti alle risorse umane sulla base
di due panel giustapposti di esperti Delphi-Shang
Gruppo sperimentale 2
Nella seconda tornata di opinioni, è stato ricalcolato l’intervallo delle previsioni di
occupazione (a 1, 3 e 6 anni da oggi) della figura di (profilo professionale).
B1- Le chiediamo, per l’ultima volta, di
variazioni di occupazione (0=stabilità).
Tempo % min
1 anno
nn%
3 anni
nn%
6 anni
nn%
indicare a fianco di tali valori le sue stime delle
% max
nnn%
nnn%
nnn%
Sua stima % (-/+)
………..%
………..%
………..%
(La domanda seguente viene posta solo se nella precedente tornata altri partecipanti
abbiano fornito, per qualcuno dei termini temporali previsti, stime occupazionali
eccedenti l’intervallo interquartilico)
B2- Nella seconda tornata sono state date le seguenti motivazioni da parte di chi ha fornito
stime occupazionali esterne all'intervallo. Può eventualmente riportare Sue controindicazioni alle motivazioni che non condivide?
Motivazioni addotte
Sue eventuali contro-motivazioni
A 1 anno:
(motivazione dell’i-mo partecipante)
……………………………………………………..
(motivazione del j-mo partecipante)
……………………………………………………..
(motivazione del k-mo partecipante)
……………………………………………………..
A 3 anni:
(motivazione dell’h-mo partecipante)
……………………………………………………..
A 6 anni:
(motivazione dell’k-mo partecipante)
……………………………………………………..
C.
SUGGERIMENTI PER LA FORMAZIONE
C1- È prevedibile che, nel medio periodo, la figura professionale di (profilo professionale)
si possa 'importare’ da altri paesi, oppure sarà di prevalente estrazione nazionale o
regionale?
1 ‰ Importazione desiderabile
2 ‰ Importazione possibile
3 ‰ Prevalente estrazione nazionale
4 ‰ Prevalente estrazione regionale
C2- Secondo Lei, che cosa si può fare in Italia per migliorare la preparazione professionale
della figura in oggetto? (max. 300 caratteri)
……………………………………………………………………………………………
0 ‰ Non so
87
Definire figure professionali tramite testimoni privilegiati
D.
DIFFERENZIALE SEMANTICO
D1- La preghiamo ora di contrassegnare, modalità per modalità, il punto più vicino
al termine che meglio interpreta il Suo pensiero sul mercato delle professioni, oppure una posizione intermedia (ad es.: molto statico=A; statico=B; più statico che dinamico=C;
più dinamico che statico=D; dinamico=E; molto dinamico=F)
Ritiene che nel futuro il mercato delle professioni sarà:
A B C D E F
1
2
3
4
5
6
7
8
9
10
11
12
13
14
15
16
17
18
19
20
21
Statico
Migliore
In espansione
Caotico
Ingovernabile
Instabile
Accessibile
Prevedibile
Rigido
Irrilevante
Trasparente
Specializzato
Meritocratico
Astratto
Internamente coerente
Semplice
Associativo/cooperativo
Innovativo
Povero (scarno)
Regolato da albi, ordini
Orientato al merito
Dinamico
Peggiore
In contrazione
Ordinato
Governabile
Stabile
Inaccessibile
Imprevedibile
Flessibile
Rilevante
Oscuro
Generico
Egualitario
Reale/tangibile
A compartimenti
Complesso
Individualistico
Conservativo
Ricco (prospero)
Svincolato da albi, ordini
Clientelare/nepotistico
La ringraziamo molto per la collaborazione. Sarà nostra cura contattarla per farle avere
una sintesi dei risultati ed, eventualmente, poterli commentare con Lei.
88
Profili professionali di addetti alle risorse umane sulla base
di due panel giustapposti di esperti Delphi-Shang
Allegato 2: Questionari adottati per la rilevazione presso i professori
universitari
Domande generali:
1. Sesso del rispondente
2. Età del rispondente (classi di 10 anni; fino a 29; 30-39; 40-49; 50-59; 60 e più)
3. Facoltà/corso di studi in cui opera principalmente
4. Ateneo di afferenza
5. Eventuali attività di ricerca, consulenza o formazione a vantaggio di aziende o istituzioni
esterne all'Università.
6. Conoscenza di Uffici del personale o di risorse umane di strutture produttive, oppure
Uffici selezione di agenzie per l'impiego o di agenzie interinali
7. Conoscenza di persone che svolgono l'attività di addetto allo sviluppo delle risorse
umane
8. Conoscenza di persone che svolgono l'attività di addetto alla gestione delle risorse
umane
9. Conoscenza delle differenze sostanziali che esistono tra queste due figure professionali
10. Conoscenza del mercato del lavoro inerente all'occupazione nel settore delle risorse
umane nel suo territorio
Requisito filtro per il proseguimento dell’intervista: aver risposto positivamente ad una o
più delle domande da 6 a 10.
Domande del I round
A.
COMPETENZE
A.1 Quali competenze tecnico-specifiche deve possedere un laureato che si candida a
svolgere l’attività di “addetto allo sviluppo delle risorse umane”? Scegliere tra le
seguenti conoscenze e capacità le più rilevanti (al massimo 4) e aggiungere alla fine
quelle che si reputano mancanti dalla lista:
i.
conoscenze generali di sviluppo (sistemi di architettura professionali, analisi di
competenze, job description, etc.)
ii.
conoscenze di diritto del lavoro (contrattualistica, ecc.) e sindacale
iii.
capacità di analizzare le dinamiche di gruppo
iv.
capacità di analisi dell’organizzazione e dei processi
v.
capacità d’impiego di tecniche di compensation
vi.
capacità di indagine della personalità con tecniche standard
vii.
capacità di costruire strumenti psicologici ad hoc
viii.
capacità di condurre colloqui clinici
ix.
capacità di gestione amministrativa (buste paga, ecc.)
x.
capacità di gestione di relazioni industriali
xi.
capacità di gestire i rapporti con i dipendenti
xii.
capacità di selezione del personale
xiii.
capacità di contrattazione
xiv.
capacità di valutazione
xv.
capacità di progettare interventi formativi
xvi.
capacità d’uso di strumentazione scientifico-tecnica
xvii.
altre competenze: ………………………………………..
Definire figure professionali tramite testimoni privilegiati
89
A.2. E per svolgere l’attività di addetto alla gestione delle risorse umane, quali competenze
trasversali sono particolarmente richieste (indicarne al massimo quattro)
a. conoscenze generali di sviluppo (sistemi di architettura professionali, analisi di
competenze, job description, etc.)
b. conoscenze di diritto del lavoro (contrattualistica, ecc.) e sindacale
c. capacità di analizzare le dinamiche di gruppo
d. capacità di analisi dell’organizzazione e dei processi
e. capacità d’impiego di tecniche di compensation
f. capacità di indagine della personalità con tecniche standard
g. capacità di costruire strumenti psicologici ad hoc
h. capacità di condurre colloqui clinici
i. capacità di gestione amministrativa (buste paga, ecc.)
j. capacità di gestione di relazioni industriali
k. capacità di gestire i rapporti con i dipendenti
l. capacità di selezione del personale
m. capacità di contrattazione
n. capacità di valutazione
o. capacità di progettare interventi formativi
p. capacità d’uso di strumentazione scientifico-tecnica
q. altre competenze: ………………………………………..
A.3. Quali competenze trasversali sono particolarmente richieste per ricoprire l’attività di
addetto allo sviluppo delle risorse umane e quella di gestione delle risorse umane
(indicarne al massimo quattro per ciascuna figura)
Addetto allo Addetto alla
sviluppo R.U. gestione R.U.
o
o
o
o
o
o
o
o
o
o
Interpersonali, di relazione (con clienti, fornitori,
allievi)
Prendere decisioni, gestire situazioni complesse,
problem solving
Lavorare in gruppo/équipe, anche interdisciplinare
Leadership e autorevolezza
Organizzare, coordinare il lavoro di altri
Pianificare/organizzare praticamente il proprio lavoro
Reperire e gestire informazioni e dati
Scrivere relazioni nella propria lingua
Scrivere progetti per ottenere fondi/finanziare attività
Presentare/sostenere le proprie idee in pubblico
A.3. Quali tratti della personalità sono particolarmente desiderabili per svolgere l’attività di
addetto allo sviluppo e quella di addetto alla gestione delle risorse umane (max tre)?
a.
b.
c.
d.
e.
f.
g.
h.
Avere capacità di adattamento
Essere capace di apprendere
Essere persuasivo e influente
Essere preciso/accurato, ordinato
Essere fantasioso, produrre idee nuove, innovare
Avere mentalità critica e autocritica
Possedere autocontrollo
Possedere resistenza psico-fisica e concentrazione
Addetto allo Addetto alla
sviluppo R.U. gestione R.U.
90
Profili professionali di addetti alle risorse umane sulla base
di due panel giustapposti di esperti Delphi-Shang
A.4. Per le attività svolte da queste figure sono necessarie competenze informatiche da
utilizzatore generico, da esperto, o da programmatore/analista?
Addetto allo sviluppo R.U. Addetto alla gestione R.U.
1. Utilizzatore generico
2. Utilizzatore esperto
3. Programmatore/analista
A.5. Oltre all’italiano, quali sono le lingue più utili per il ruolo che la figura è chiamata a
svolgere (al massimo tre)?
Addetto allo Addetto alla
sviluppo R.U. gestione R.U.
A.
B.
C.
D.
E.
Inglese
Tedesco
Francese
Spagnolo
Altro (specificare: ………………..……………………)
A.6. E’ più importante la conoscenza linguistica straniera scritta o quella parlata?
Addetto allo sviluppo R.U. Addetto alla gestione R.U.
1. Scritta
2. Parlata
3. Ugualmente importanti
B.
OCCUPAZIONE FUTURA
B.1. Quale speranza occupazionale hanno nel prossimo futuro le due figure professionali? A
tre anni da oggi, la speranza occupazionale è verso l’aumento, la stabilità, o la
diminuzione in Italia?
Addetto allo sviluppo R.U. Addetto alla gestione R.U.
1.
2.
3.
4.
Diminuirà
Non cambierà in misura apprezzabile
Aumenterà
Proprio non saprei
B.1A. Se nei tre anni ci sarà una variazione (B1=1 o 3), in quale percentuale, sempre
rispetto al dato odierno? (In valore assoluto; se valore unico, indicare %min=%max)
Addetto allo sviluppo R.U. Addetto alla gestione R.U.
% di variazione
% minima
___ ___ ___%
___ ___ ___%
% massima
___ ___ ___%
___ ___ ___%
B.2 E a sei anni da oggi, come sarà la speranza occupazionale?
Addetto allo sviluppo R.U. Addetto alla gestione R.U.
1.
2.
3.
4.
Diminuirà
Non cambierà in misura apprezzabile
Aumenterà
Proprio non saprei
B.2A. Se nei sei anni ci sarà una variazione (B2=1 o 3), in quale percentuale, sempre
rispetto al dato odierno? (In valore assoluto; se valore unico, indicare %min=%max)
Addetto allo sviluppo R.U. Addetto alla gestione R.U.
% di variazione
% minima
___ ___ ___%
___ ___ ___%
% massima
___ ___ ___%
___ ___ ___%
Definire figure professionali tramite testimoni privilegiati
91
C.
SPECIFICITA’ SETTORIALE
C.1 La figura di addetto allo sviluppo delle risorse umane è trasversale a tutti i settori di
attività economica oppure è specifica di alcuni settori?
1 Trasversale ad ogni settore di attività economica
2 Specifico di alcuni settori
C.1A Se tale figura è specifica di alcuni settori di attività (se C.1=2), in quali essa è più
presente (al massimo 4)?
Settore di attività
……………………………………….
1
……………………………………….
2
……………………………………….
3
……………………………………….
4
C.2 E la figura di addetto alla gestione delle risorse umane è trasversale a tutti i settori di
attività economica oppure è specifica di alcuni settori?
1.
Trasversale ad ogni settore di attività economica
2.
Specifico di alcuni settori
C.2A Se tale figura è specifica di alcuni settori di attività (se C.2=2), in quali essa è più
presente (al massimo 4)?
Settore di attività
……………………………………….
1
……………………………………….
2
……………………………………….
3
……………………………………….
4
C.3. Qual è la dimensione aziendale minima, cioè sotto la quale non si trovano queste figure
professionali?
Addetto allo Addetto alla
sviluppo R.U. gestione R.U.
o
o
o
o
o
o
o
Non esiste
Si trova anche in imprese individuali o familiari
Studio professionale di piccole dimensioni
Impresa o studio di micro-dimensioni (fino a 9 addetti)
Impresa o studio di piccole dimensioni (10-49 addetti)
Impresa o studio di medie dimensioni (50-249 addetti
Impresa o studio di grandi dimensioni (almeno 250
addetti)
C.3. Esiste, invece, una dimensione aziendale tipica per queste figure professionali, cioè in
quali aziende hanno oggi maggiori speranze occupazionali?
o
o
o
o
o
o
o
Non esiste
Impresa individuale o familiare
Libera professione (da solo o quasi)
Impresa o studio di micro-dimensioni (fino a 9 addetti)
Impresa o studio di piccole dimensioni (10-49 addetti)
Impresa o studio di medie dimensioni (50-249 addetti
Impresa o studio di grandi dimensioni (almeno 250
addetti)
Addetto allo Addetto alla
sviluppo R.U. gestione R.U.
92
E.
Profili professionali di addetti alle risorse umane sulla base
di due panel giustapposti di esperti Delphi-Shang
SEMANTICA
D.1 Modalità per modalità, porre un segno vicino al termine che meglio interpreta il
proprio pensiero o nelle posizioni intermedie
1
2
3
4
5
6
7
8
9
10
11
12
13
14
15
16
17
18
19
20
21
Ritengo che nel futuro il mercato delle professioni sarà:
es. molto dinamico=F; molto statico=A
A B C D E F
Statico
Dinamico
Migliore
Peggiore
In espansione
In contrazione
Caotico
Ordinato
Ingovernabile
Governabile
Instabile
Stabile
Accessibile
Inaccessibile
Prevedibile
Imprevedibile
Rigido
Flessibile
Irrilevante
Rilevante
Trasparente
Oscuro
Specializzato
Generico
Meritocratico
Egualitario
Astratto
Reale/tangibile
Internamente coerente
A compartimenti
Semplice
Complesso
Associativo/cooperativo
Individualistico
Innovativo
Conservativo
Povero (scarno)
Ricco (prospero)
Regolato da albi, ordini
Svincolato da albi, ordini
Orientato al merito
Clientelare/nepotistico
Molte grazie per la collaborazione. Il prossimo appuntamento è tra 7 giorni per un più
breve questionario
Domande del II round
A.
COMPETENZE
A.1 Nella prima tornata, sono state indicate come caratterizzanti la figura professionale
dell’addetto allo sviluppo delle risorse umane le competenze tecnico-professionali nel
seguito elencate. Distribuire tra le competenze 100 punti secondo la rilevanza di
ciascuna ai fini di un proficuo inserimento della figura professionale nel contesto
lavorativo italiano.
a A
__ __ __
b B
__ __ __
……………………………
__ __ __
……………………………
__ __ __
k K
__ __ __
Totale
1 0 0 (controllare che sia 100)
Definire figure professionali tramite testimoni privilegiati
93
A.2 La stessa operazione (distribuire tra le competenze 100 punti secondo la rilevanza di
ciascuna per l’inserimento lavorativo) va ora fatta per l’addetto alla gestione delle
risorse umane
a A1
__ __ __
b B1
__ __ __
……………………………
__ __ __
……………………………
__ __ __
k K1
__ __ __
Totale
1 0 0 (controllare che sia 100)
B.
OCCUPAZIONE FUTURA
B.1 Nella prima tornata di opinioni, sono state stimate le probabilità di occupazione
dell’addetto allo sviluppo delle risorse umane a 3 e 6 anni in avanti.
In media, si è stimato cje la speranza occupazionale della figura, a distanza di tre anni,
sia in pressoché stabile/in aumento/ in diminuzione di nn% rispetto ad oggi. La
stima è sostanzialmente giusta, oppure è da correggere (in aumento o diminuzione)?
1 Dovrebbe essere molto inferiore
2 Dovrebbe essere un po’ inferiore
3 È sostanzialmente giusta
4 Dovrebbe essere un po’ superiore
5 Dovrebbe essere un molto superiore
B.1A Se non consideri giusta la stima effettuata, su quale valore (positivo o negativo)
dovrebbe attestarsi la variazione occupazionale? ………….%
B.2 La stima occupazionale a sei anni avanti è risultata pressoché stabile/in aumento/ in
diminuzione di nn%, sempre rispetto ad oggi. La stima è sostanzialmente giusta, o
dovrebbe essere variata?
1 Dovrebbe essere molto inferiore
2 Dovrebbe essere un po’ inferiore
3 È sostanzialmente giusta
4 Dovrebbe essere un po’ superiore
5 Dovrebbe essere un molto superiore
B.2A Se non consideri giusta la stima effettuata, su quale valore (positivo o negativo)
dovrebbe attestarsi la variazione occupazionale? ………….%
B.3 Anche per la figura di addetto alla gestione delle risorse umane, nella prima tornata
sono raccolte le opinioni dei colleghi circa le probabilità occupazionali a distanza di
tre e sei anni in avanti.. Secondo le valutazioni fornite, la speranza occupazionale della
figura, a distanza di tre anni, dovrebbe essere pressoché stabile/in aumento/ in
diminuzione di nn% rispetto ad oggi. Ritieni questa stima sostanzialmente giusta, o
dovrebbe essere variata?
1 Dovrebbe essere molto inferiore
2 Dovrebbe essere un po’ inferiore
3 È sostanzialmente giusta
4 Dovrebbe essere un po’ superiore
5 Dovrebbe essere un molto superiore
94
Profili professionali di addetti alle risorse umane sulla base
di due panel giustapposti di esperti Delphi-Shang
B.3A Se non consideri giusta la stima effettuata, su quale valore (positivo o negativo)
dovrebbe attestarsi la variazione occupazionale? ………….%
B.4 La La stima occupazionale a sei anni avanti, in media, e' risultata stabile/in aumento/
in diminuzione di nn%, sempre rispetto ad oggi. La stima e' sostanzialmente giusta o
dovrebbe essere variata
1 Dovrebbe essere molto inferiore
2 Dovrebbe essere un po’ inferiore
3 È sostanzialmente giusta
4 Dovrebbe essere un po’ superiore
5 Dovrebbe essere un molto superiore
B.4A Se non consideri giusta la stima effettuata, su quale valore (positivo o negativo)
dovrebbe attestarsi la variazione occupazionale? ………….%
C.
C.1
FORMAZIONE
Per svolgere l’attività di addetto allo sviluppo delle risorse umane, basta un diploma
di scuola media superiore oppure è necessaria una formazione a livello universitario?
1 Sufficiente titolo scuola media
2 Laurea triennale
3 Laurea specialistica/magistrale
4 Master universitario di I livello
5 Master universitario di II livello
6 Dottorato di ricerca
7 Scuola di specializzazione (Quale? ………………………………..………….)
C.2
E per svolgere l’attività di addetto alla gestione delle risorse umane, basta un
diploma di scuola media superiore o è necessaria una formazione universitaria?
1 Sufficiente titolo scuola media superiore
2 Laurea triennale
3 Laurea specialistica/magistrale
4 Master universitario di I livello
5 Master universitario di II livello
6 Dottorato di ricerca
7 Scuola di specializzazione (Quale? ……………………………………………….)
(Le domande C3 e C4 sono poste solo se è stata fornita la risposta “1” alla domanda C1
o, rispettivamente, C2)
C.3 Se per svolgere l'attività di addetto allo sviluppo delle risorse umane non è
necessaria una formazione universitaria, un diploma di scuola superiore sarebbe
sufficiente oppure sono necessari livelli di formazione intermedi (IFTS etc.)?
1 Necessario un corso IFTS
2 Occorre un altro corso professionalizzante
3 Basta il diploma (Quale? …………………………………………..……………)
C.4
Se per svolgere l'attività di addetto allo sviluppo delle risorse umane non è
necessaria una formazione universitaria, un diploma di scuola superiore sarebbe
sufficiente oppure sono necessari livelli di formazione intermedi (IFTS etc.)?
1 Necessario un corso IFTS
2 Occorre un altro corso professionalizzante
3 Basta il diploma (Quale? …………………………………………..……………)
Definire figure professionali tramite testimoni privilegiati
95
D.
DESIDERABILITA’ SOCIALE
D.1 Infine, per i diversi aspetti qui elencati, qual e' l'attuale grado di desiderabilità della
professione di addetto allo sviluppo delle risorse umane? (Su una scala da 0 a 10,
dove 0 è il minimo e 10 il massimo)
Desiderabilità dal punto di vista
m n o p q r s t u v w
a) economico (reddito)
m n o p q r s t u v w
b) sviluppo di carriera (verticale)
c) possibilità di utilizzo delle competenze nelle
m n o p q r s t u v w
aziende italiane
d) possibilità di cambiare posto di lavoro (senza
m n o p q r s t u v w
conseguenze negative)
e) Valorizzazione del ruolo sociale nella società
m n o p q r s t u v w
(fuori del posto di lavoro)
f) Desiderabilità sociale complessiva per un neom n o p q r s t u v w
laureato
D.2 E qual è, invece, il grado di desiderabilità della professione di addetto alla gestione
delle risorse umane? (Su una scala da 0 a 10, dove 0 è il minimo e 10 il massimo)
Desiderabilità dal punto di vista
m n o p q r s t u v w
a) economico (reddito)
m n o p q r s t u v w
b) sviluppo di carriera (verticale)
c) possibilità di utilizzo delle competenze nelle
m n o p q r s t u v w
aziende italiane
d) possibilità di cambiare posto di lavoro (senza
m n o p q r s t u v w
conseguenze negative)
e) Valorizzazione del ruolo sociale nella società
m n o p q r s t u v w
(fuori del posto di lavoro)
f) Desiderabilità sociale complessiva per un neom n o p q r s t u v w
laureato
D.3 E qual è, infine, per ciascuna figura, il grado di accettazione della preparazione da
parte dei datori di lavoro. Su una scala da 0 a 10, dove 0 è il minimo e 10 il massimo?
a) addetto allo sviluppo delle risorse umane
m n o p q r s t u v w
b) addetto alla gestione delle risorse umane
m n o p q r s t u v w
Molte grazie per la collaborazione. Il prossimo appuntamento è tra 7 giorni per un ancor
più breve questionario
96
Profili professionali di addetti alle risorse umane sulla base
di due panel giustapposti di esperti Delphi-Shang
Domande del III round
A.
COMPETENZE
A.1 Vogliamo ricostruire il punto di vista dell’università sulle figure professionali
dell’addetto allo sviluppo e dell’addetto alla gestione delle risorse umane. Posto pari a
100 il totale dell’impegno (in ore di formazione) nell’università, quale dovrebbe essere
la distribuzione dell’impegno tra le seguenti aree disciplinari?
Aree culturali
Economia (aziendale, lavoro, ecc.)
Giurisprudenza (lavoro, contratti…)
Informatica, elaborazione dati
Letteratura, storia, filosofia, lingue
Organizzazione, ingegneria
Pedagogia, scienze della formazione
Psicologia (lavoro, organizzaz. ...)
Sociologia (lavoro, organizzaz. ...)
Statistica (indagini, analisi dati)
Altra formazione tecnica
Totale
Quale altra formazione?
Addetto allo sviluppo Addetto alla gestione
delle risorse umane
delle risorse umane
100
…………………….
100
…………………….
A.2 La rappresentazione delle figure professionali fatta dai direttori del personale è
piuttosto diversa da quella degli universitari.
a) Secondo te, in merito alla rappresentazione delle competenze, esiste la necessità e la
possibilità di una convergenza tra i due mondi, quello del lavoro e quello della
formazione superiore?
1 La convergenza non è necessaria; i ruoli portano e porteranno alla divergenza
2 La convergenza è necessaria, ma le possibilità sono scarse
3 Esiste la necessità e la possibilità di una convergenza
4 Altro (Specificare …………………………………………)
b)
(Se A.2a=2) Se una convergenza è poco realistica, quali passi andrebbero fatti per
avviarla?
……………………………………………………………………………………………
c) (Se A.2a=3) Se una convergenza è possibile, quali passi vanno fatti?
……………………………………………………………………………………………
B.
OCCUPAZIONE FUTURA
B.1.X1 Nella seconda tornata di opinioni, è stata stimata una variazione media nella
speranza di occupazione dell’addetto allo sviluppo delle risorse umane a tre anni
avanti del +/- …. % rispetto a oggi. Tu hai indicato il ……%. Qual è la Tua stima
definitiva della speranza occupazionale fra 3 anni per l’addetto allo sviluppo delle
RU, in percentuale rispetto ad oggi?
- Stima definitiva (% rispetto ad oggi): +/- ……..%
Definire figure professionali tramite testimoni privilegiati
97
B.1.X2 Nella seconda tornata di opinioni, i colleghi universitari hanno stimato una
variazione media nella speranza di occupazione dell’addetto allo sviluppo delle
risorse umane a tre anni avanti del +/-…... % rispetto a oggi e quella dei direttori
del personale è, invece, del ……%. Tu hai indicato nel secondo round il ??%. Qual è
la Tua stima definitiva della speranza occupazionale fra 3 anni per l’addetto allo
sviluppo delle RU, in percentuale rispetto ad oggi?
- Stima definitiva (% rispetto ad oggi): +/- ……..%
B.2X1 La stima della variazione di occupazione a sei anni avanti è risultata del +/- …. %
rispetto a oggi. Tu hai indicato il ……%. Qual è la Tua stima definitiva della
speranza occupazionale fra 6 anni per l’addetto allo sviluppo delle RU, in
percentuale rispetto ad oggi?
- Stima definitiva (% rispetto ad oggi): +/- ……..%
B.2.X2 I colleghi universitari hanno stimato una variazione media nella speranza di
occupazione dell’addetto allo sviluppo delle risorse umane a sei anni avanti del +/…... % rispetto a oggi e quella dei direttori del personale è, invece, del ……%. Tu
hai indicato nel secondo round il ……%. Qual è la Tua stima definitiva della
speranza occupazionale fra 6 anni per l’addetto allo sviluppo delle RU, in
percentuale rispetto ad oggi?
- Stima definitiva (% rispetto ad oggi): +/- ……..%
B.3.X1 Ti chiediamo la stessa cosa anche per l’addetto alla gestione delle risorse umane. I
colleghi hanno stimato che la variazione nella speranza di occupazione a tre anni
avanti è del +/- …. % rispetto a oggi. Tu hai indicato il ……%. Qual è la Tua stima
definitiva della speranza occupazionale fra 3 anni per l’addetto alla gestione delle
RU, in percentuale rispetto ad oggi?
- Stima definitiva (% rispetto ad oggi): +/- ……..%
B.3.X2 I colleghi universitari hanno stimato una variazione media nella speranza di
occupazione dell’addetto alla gestione delle risorse umane a tre anni avanti del +/…... % rispetto a oggi e i direttori del personale, invece, del ……%. Tu hai indicato
nel secondo round il ……%. Qual è la Tua stima definitiva della speranza
occupazionale fra 3 anni per l’addetto alla gestione delle RU, in percentuale rispetto
ad oggi?.
- Stima definitiva (% rispetto ad oggi): +/- ……..%
B.4.X1 E la stima della variazione di occupazione a sei anni avanti è risultata per l’addetto
alla gestione delle risorse umane del +/- …. % rispetto a oggi. Tu hai indicato il
……%. Qual è la Tua stima definitiva della speranza occupazionale fra 6 anni per
l’addetto alla gestione delle RU, in percentuale rispetto ad oggi?
- Stima definitiva (% rispetto ad oggi): +/- ……..%
B.4.X2 I colleghi universitari hanno stimato una variazione media nella speranza di
occupazione dell’addetto alla gestione delle risorse umane a sei anni avanti del +/…... % e i direttori del personale, invece, del ……% rispetto a oggi. Tu hai indicato
nel secondo round il ……%. Qual è la Tua stima definitiva della speranza
occupazionale fra 6 anni per l’addetto alla gestione delle RU, in percentuale rispetto
ad oggi?
- Stima definitiva (% rispetto ad oggi): +/- ……..%
98
Profili professionali di addetti alle risorse umane sulla base
di due panel giustapposti di esperti Delphi-Shang
C.
FORMAZIONE
C.1.X1 La maggioranza degli esperti ha indicato come opportuna una preparazione a
livello universitario per i due tipi di addetti. Si può pensare alla formazione
dell’addetto allo sviluppo delle risorse umane in un corso universitario specifico, o
a un curriculum all’interno di corsi universitari a spettro formativo largo, oppure a
corsi non universitari?
1 Corso universitario specifico
2 Corso universitario a largo spettro formativo
3 Non è necessaria una formazione universitaria
C.1.X2 La larga maggioranza degli esperti e dei professori ha indicato come opportuna una
preparazione a livello universitario per i due tipi di addetti. Si può pensare alla
formazione dell’addetto allo sviluppo delle risorse umane in un corso universitario
specifico, o a un curriculum all’interno di corsi universitari a spettro formativo
largo, o a corsi non universitari?
1 Corso universitario specifico
2 Corso universitario a largo spettro formativo
3 Non è necessaria una formazione universitaria
C.2
Se ritieni opportuna una formazione universitaria, quali sono le facoltà e i corsi di
studi più appropriati per preparare un addetto allo sviluppo delle risorse umane?
A.
Facoltà: ……………………
B
Corso/i di studi: …………………….
C.3
Per l’addetto alla gestione delle risorse umane vale lo stesso principio, o si tratta di
un profilo diverso?
1 Corso universitario specifico
2 Corso universitario a largo spettro formativo
3 Non è necessaria una formazione universitaria
C.4
Se ritieni opportuna una formazione universitaria, quali sono le facoltà e i corsi di
studi più appropriati per preparare un addetto alla gestione delle risorse umane?
A.
Facoltà: ……………………
B
Corso/i di studi: …………………….
C.5
Che cosa si può fare in Italia per migliorare le conoscenze e la formazione
professionale di questi due tipi di addetti?
……………………………………………………………………………………
C.6
Qual è la tendenza dei Paesi europei più avanzati in merito alla formazione di
queste figure professionali?
………………………………………………
C.7
È prevedibile che, nel medio periodo, si possano “importare” queste figure
professionali da altri paesi o che restino di prevalente estrazione nazionale o
regionale?
Addetto allo sviluppo Addetto alla gestione
delle risorse umane
delle risorse umane
1 L’importazione è possibile
2 Prevalente estrazione nazionale
3 Prevalente estrazione regionale
Definire figure professionali tramite testimoni privilegiati
99
D.
CHIUSURA
D.1
Il questionario è finito. Prima di chiudere definitivamente, per aiutarci a migliorare
i criteri di rilevazione, puoi dirci se e quanto ha trovato difficoltà nel partecipare
alla rilevazione dei dati?
(Su una scala da 1 a 10, dove 1 è il valore minimo e 10 il massimo di difficoltà)
a) l’accesso al questionario via web? min m n o p q r s t u v w max
b) la compilazione dei questionari?
min m n o p q r s t u v w max
D.2
Quanto tempo ha complessivamente (nelle tre tornate) dedicato alla compilazione
del questionario?
1
Mezz’ora o anche meno
2
Da 31 a 40 minuti
3
Da 41 a 50 minuti
4
Da 51 a 60 minuti
5
Da 61 a 70 minuti
6
Da 71 a 80 minuti
7
Da 81 a 90 minuti
8
Oltre un’ora e mezza
0
Non ricordo bene
D.3
Quali suggerimenti può darci per fare meglio una prossima volta?
…………………………………………………………………………….
È terminato anche il terzo e ultimo round dell’indagine. Ti ringraziamo molto per la
collaborazione. Ti contatteremo senz’altro per farTi avere il report con la sintesi dei
risultati.
Come si sa se l'esperto è uno che sa?
Analisi dell’esperienza cumulata da
testimoni privilegiati in una ricerca Delphi 1
Luigi Fabbris*, Francesco Domenico d'Ovidio**, Cristiano Vanin*
*Università di Padova, **Università di Bari
Riassunto. Nella presente nota si discute un criterio per la misura e l’analisi
dell’esperienza di contatti con uffici del personale cumulata da due insiemi di esperti
consultati con il metodo Delphi. La rilevazione dei dati è stata svolta somministrando
via e-mail per tre volte un questionario computer-assisted. La ricerca ha per tema la
rappresentazione in termini di competenze tecniche, doti di personalità, speranza
occupazionale e formazione auspicata per l’addetto alla gestione e per l’addetto allo
sviluppo delle risorse umane. Gli esperti sono direttori del personale di medie e
grandi imprese italiane e professori universitari. L’esperienza maturata dagli esperti è
posta in relazione con le loro rappresentazioni delle figure professionali. I dati sono
analizzati con metodi statistici anche di analisi statistica multivariata.
Parole chiave: Metodo Delphi; Testimoni privilegiati; Expertise; Analisi statistica
multivariata.
1.
Figure professionali e formative definite da esperti
In questa nota si discutono alcuni aspetti procedurali finalizzati a reclutare, in base a
criteri di ottimalità, esperti in ricerche da condurre con metodo Delphi e ad
utilizzarne in modo preciso le opinioni da questi fornite per definire i tratti salienti di
figure professionali. Un requisito metodologico delle ricerche basate su esperti, detti
1
Il presente lavoro è stato realizzato con un cofinanziamento del MIUR e dell’Università di Padova
nell’ambito del PRIN 2005 “Modelli e metodi per abbinare profili formativi e bisogni di
professionalità di comparti del terziario avanzato”. Coordinatore nazionale del PRIN e della presente
ricerca è L. Fabbris. I questionari sono stato curati, oltre che dal coordinatore della ricerca, da A.
Pacinelli dell’Università di Chieti-Pescara. Al questionario rivolto ai direttori del personale ha
contribuito anche il dott. Stefano Sedda dell’associazione GIDP di Milano. L’informatizzazione dei
questionari è stata realizzata da F.D. d’Ovidio su host messo a disposizione dall’Università di Foggia.
La nota è stata redatta da: C. Vanin per i Paragrafi 2.1, 2.2, 4 e sottoparagrafi, da F.D. D'Ovidio per il
Par. 5 e sottoparagrafi e da L. Fabbris per i restanti paragrafi.
102
Come si sa se l'esperto è uno che sa?
Analisi dell’esperienza cumulata da testimoni privilegiati in una ricerca Delphi
anche testimoni privilegiati, è che la popolazione da cui si trae un campione da
interpellare è composta dalle persone che meglio conoscono la materia in oggetto e
sono disponibili a parlarne (Dalkey e Helmer, 1963).
Prima della compilazione del questionario, e in molti casi anche dopo, la
conoscenza che i testimoni hanno dell'argomento è solo presunta. In alcune
situazioni, si riesce a graduarne la conoscenza mediante test specifici, normalmente
basati sull’autovalutazione delle proprie competenze. Nella maggior parte dei casi,
invece, la conoscenza dei testimoni privilegiati si può tutt’al più congetturare in base
alla posizione sociale o professionale che rivestono. Se, cioè, svolgono, o hanno
svolto un certo ruolo, e chi li conosce li accredita come esperti, si presume che lo
siano. Si può fare riferimento, tra le altre, alle ipotesi metodologiche di Wright et al.
(1987), Gordon (1992), Snijders (1992), Hamm (1993), Scapolo e Miles (2006).
Se gli esperti accreditati sono pochi, li si può interpellare tutti, oppure si può
selezionarli su base campionaria, possibilmente con probabilità proporzionale alla
conoscenza che possiedono dell'argomento.
Se la lista di esperti non è nota, si possono sfruttare le indicazioni di un
numero limitato di testimoni noti al ricercatore, i quali, con un procedimento “a
valanga”, informano il ricercatore dell'esistenza di altri che sono in grado di
contribuire alla ricerca e questi, a loro volta, possono indicare altre unità pertinenti2.
Con questo metodo, l’individuazione delle persone da includere (o, se il numero di
esperti è superiore a quanto sostenibile, la creazione della lista da campionare)
dipende dalla percezione di pertinenza che ne hanno gli esperti contattati prima. Si
possono consultare, a questo proposito, gli studi di: Goodman (1961), Burt (1977),
Frank (1979), Galaskiewicz (1985), Hollinger e Haller (1990), Thompson (1990),
Skvoretz (1991), Doreian e Woodard (1992), Thompson e Seber (1995), Heckathorn
(1997).
Nelle ricerche di tipo Delphi, e in genere in ogni rilevazione nella quale si
torna più volte presso la stessa persona per avere informazioni, si è, invece, in una
condizione favorevole per comprendere se si tratta di una persona consapevole, dato
che si può saggiare già nel corso del primo contatto, quantomeno in modo generale,
in quale misura i testimoni conoscono l'argomento che interessa. La situazione è
ancor più favorevole se la ricerca passa attraverso un contatto preliminare nel quale
si riesce ad interloquire con i rispondenti designati e comprendere così quanto sanno.
In questa nota, dedicata alla metodologia delle ricerche svolte con il metodo
Delphi, ci poniamo due sequenze di domande:
2
A valanga (snowball), o adattivo, è il metodo di campionamento che consiste nel selezionare
casualmente un numero n' di unità, a ciascuna delle quali si chiede di indicarne altre che hanno le
caratteristiche pertinenti alla rilevazione d’interesse. Il processo si può ripetere, in una logica
“frattale”, per vari stadi successivi, fino al raggiungimento della numerosità desiderata n. La
costruzione della lista può passare attraverso unità già indicate o interpellate ad un livello precedente.
Definire figure professionali tramite testimoni privilegiati
103
1. Come si può rilevare la conoscenza che del fenomeno hanno gli esperti
raggiungibili? È vero che chi ha acquisito una maggiore esperienza
specifica genera anche le migliori performance nella ricerca? Esiste
almeno la possibilità di escludere dalla rilevazione coloro che non sono
adatti per dare informazioni? ? Le valutazioni fornite dai meno esperti
possono inquinare le informazioni rilevate, generando nel processo di
feedback e in quello di stima distorsioni a ripetizione?
2. Come si possono utilizzare le informazioni sulla conoscenza presunta del
fenomeno da parte degli esperti, al fine di ottimizzare l'analisi dei dati
raccolti? In modo particolare, dopo aver compreso quali sono gli esperti
più affidabili, ha significato compiuto il ponderare le informazioni ottenute
in modo da tenere conto del diverso grado di conoscenza degli esperti?
La letteratura non è univoca nell’indicare i criteri di individuazione degli
esperti che meglio conoscono l’argomento di ricerca per poter effettuare previsioni.
Vari autori, infatti, argomentano che gli esperti più coinvolti tendono a “mettere
troppo del proprio” nelle stime, generando previsioni distorte in senso ottimistico3, in
misura maggiore se sono opinion leader (Welty, 1972; Brockhoff, 1975; Linstone,
1978; Wright e Ayton, 1989). La tendenza al protagonismo può manifestarsi anche in
altre opinioni, spostandole nella direzione della desiderabilità sociale (Ament, 1970;
Martino, 1970; Weinstein, 1980, 1987; Scheier e Carver, 1992; Weinstein e Klein,
1996; Davidson e Prkachin, 1997; Armor e Taylor, 1998; Tichy, 2004). Corn (1986)
trova che la tendenza al protagonismo è meno accentuata tra gli accademici, ma su
questo i pareri dei ricercatori non sono concordi.
I nostri ragionamenti partono dall'esperienza di ricerca multicentrica volta a
delineare i tratti essenziali di due figure professionali basilari negli uffici per le
risorse umane (RU), l’addetto alla gestione e l’addetto allo sviluppo delle RU,
descritta da Fabbris et al. (2008). La ricerca mirava a conoscere la caratterizzazione
delle figure in termini di competenze professionali, a prevedere il tasso di
occupazione nel breve e medio periodo e a configurare l’ambito culturale nel quale le
figure professionali potevano essere formate.
I due panel di esperti di cui sono stati rilevati i punti di vista erano direttori
del personale di medie e grandi imprese e professori universitari di materie pertinenti
alle competenze tecniche tipiche delle due figure professionali. I due panel
3
Saaty e Vargas (2006: 24) considerano questa possibilità valida per formare decisioni mediante
pareri esperti. Gli Autori affermano: “In any rational consensus, those who know more should,
accordingly, influence the consensus more strongly than those who are less knowledgeable. Some
people are clearly wiser and more sensible in such matters than others, other may be more powerful
and their opinion should be given appropriately greater weight”. Nel nostro caso, essendo
l'espressione delle opinioni svolta in modo indipendente, non c'è rischio di condizionamento da parte
di esperti più autorevoli, ma assume rilievo la conoscenza differenziata che gli esperti hanno del tema
oggetto di rilevazione.
104
Come si sa se l'esperto è uno che sa?
Analisi dell’esperienza cumulata da testimoni privilegiati in una ricerca Delphi
rappresentavano, nelle intenzioni degli organizzatori della ricerca, il mondo del
lavoro e quello della formazione superiore, due realtà sociali chiamate spesso a
confrontarsi per definire i profili professionali e i percorsi formativi delle due figure.
La rilevazione dei dati è consistita nella somministrazione iterata di un
questionario elettronico che l’esperto poteva aprire cliccando su un link interno ad
una e-mail inviata dal centro di ricerca ai singoli esperti. Il metodo di rilevazione,
detto CAWI (Computer Assisted Web-based Interviewing), non ha comportato
difficoltà di accesso che per poche unità consultate. È stata realizzata prima una
triplice sequenza di rilevazioni presso i direttori del personale e poi una rilevazione
con un pari numero di iterazioni presso i professori.
I questionari sono stati progettati per essere sempre più calzanti ad ogni
iterazione. Nel primo, più generale, questionario sono state rilevate, oltre alla
composizione delle figure professionali in termini di competenze professionali e alla
prima stima della speranza occupazionale a uno, tre e sei anni avanti, anche le
caratteristiche generali e alcune variabili di conoscenza dei rispondenti designati. Nei
successivi questionari, si è chiesto di stimare la rilevanza di ciascuna competenza
tecnica nella definizione del profilo professionale delle singole figure. Si è chiesta,
inoltre, una revisione delle stime dell'occupabilità fornite nel precedente round e
un’opinione sull’ambito scolastico nel quale impartire la formazione appropriata, per
ciascuna figura professionale4. La richiesta di nuove stime è stata accompagnata da
un feedback sul valore centrale della distribuzione delle stime fornite dagli esperti
nella precedente rilevazione di dati.
Le domande sulla conoscenza e sull’esperienza probabili dei direttori, poste
nel questionario erano, oltre alle caratteristiche anagrafiche e al titolo di studio:
a. le caratteristiche dell'azienda (settore di attività economica, numero di unità
locali, numero di addetti, regione di insediamento);
b. l'aver svolto funzioni nell'ambito delle risorse umane in aziende diverse
dall'attuale;
c. gli anni complessivi di attività come direttore o responsabile delle risorse
umane (nel complesso, nell'attuale azienda);
d. se in azienda fosse presente almeno una delle figure professionali oggetto
d'indagine;
e. il numero approssimato di richieste in azienda di nuove unità lavorative per
il ruolo oggetto d'indagine negli ultimi 24 mesi;
f. il numero di candidati per i ruoli oggetto d'indagine presentatisi in azienda
negli ultimi 24 mesi;
g. (nel caso che l'impresa avesse più unità locali) il servire l'intera impresa o
solo alcune unità locali).
4
Questo impianto di rilevazione si denomina talvolta Shang (Ford, 1975), per portare l’attenzione sul
variare dei questionari all’interno del più generale modello d’indagine Delphi.
Definire figure professionali tramite testimoni privilegiati
105
Il questionario sottoposto ai professori conteneva analoghe richieste di
informazioni per determinare la loro esperienza di contatti e attività svolte negli, e
per gli, uffici per il personale. Le domande riguardavano, oltre alle caratteristiche
demografiche e al corso di studi di appartenenza del professore:
a. l'aver svolto, negli ultimi 5 anni, attività di ricerca, consulenza o formazione
a vantaggio di aziende o enti esterni all'università;
b. l'aver avuto possibilità di conoscere uffici del personale di strutture
produttive o uffici selezione di agenzie per l'impiego o interinali;
c. l'aver conosciuto persone che svolgono attività assimilabili a quelle svolte
dalle figure professionali oggetto d'indagine;
d. indipendentemente dalla conoscenza diretta del settore, l’essere in grado di
figurarsi le differenze sostanziali tra le due figure d'interesse;
e. il grado di conoscenza del mercato del lavoro inerente all'occupazione nel
settore delle risorse umane nel suo territorio.
I professori che dichiaravano di non possedere alcuna delle suddette caratteristiche di
expertise, erano ringraziati ed esclusi dal processo di rilevazione.
Nel seguito, si cercano i fattori comuni nelle variabili osservate per misurare
la conoscenza posseduta dagli esperti sull'argomento trattato (Par. 2) e si svolgono
analisi volte a stabilire se le caratteristiche delle due figure professionali attorno alle
quali ruota la ricerca sono legate all’esperienza maturata dai due insiemi di esperti. Si
analizzerà la relazione con le competenze attese (Par. 3), le speranze occupazionali
(Par. 4) e la formazione auspicata per le figure professionali in esame (Par. 5). In
modo particolare, si esaminerà l’ipotesi se gli esperti che hanno maturato una
maggiore esperienza forniscano informazioni più verosimili degli altri.
Considerazioni sulla possibilità di generalizzare il metodo di rilevazione e di
analisi adottato in questa nota in vista di rilevazioni dello stesso tipo sono presentate
nel Par. 6.
2.
La misura dell’esperienza
I direttori del personale – i quali, per funzione, selezionano, formano, coordinano e
“gestiscono” sul piano amministrativo le figure professionali inerenti alla risorse
umane – sono dipendenti o consulenti di aziende grandi e medio-grandi. In alcuni
casi, hanno svolto essi stessi, nel corso della carriera, il ruolo di addetto allo sviluppo
o alla gestione del personale. Pertanto, nel corso della ricerca, si è dato per scontato
che conoscessero nel dettaglio l’argomento in discussione. Tra l’altro, l’idea di
studiare i due profili in questione è partita da una loro associazione di
rappresentanza.
106
Come si sa se l'esperto è uno che sa?
Analisi dell’esperienza cumulata da testimoni privilegiati in una ricerca Delphi
I direttori contattati per collaborare alla ricerca erano 400. Di questi, 44 si
sono dichiarati disponibili a collaborare, 39 hanno effettivamente compilato il primo
questionario e 21 hanno completato anche il terzo loro sottoposto.
I professori universitari, ai quali è stato chiesto di fare da controcanto agli
esperti del lavoro, sono stati selezionati in relazione alle materie di insegnamento e
all’area disciplinare di ricerca. Se un professore insegnava una materia attinente alla
professionalità delle figure in esame, o era noto per aver svolto ricerca o formazione
nell’ambito dell’organizzazione o del lavoro aziendale, è stato contattato per
rispondere al questionario. È opportuno precisare che, in Italia, non esiste né un
insegnamento, né un corso universitario denominato come le due figure di cui ci si
interessa.
Con i professori si è applicato il campionamento “a valanga”, individuando al
primo livello alcuni colleghi universitari del coordinatore della ricerca, dei quali era
nota la competenza specifica, e si è chiesto loro, oltre alla collaborazione, anche il
riferimento e-mail di altri colleghi contattabili. Qualche professore ha risposto al
questionario, qualche altro ha solo indicato il nome di colleghi che riteneva più
idonei per collaborare alla ricerca, la maggior parte ha sia risposto ai questionari e sia
indicato il nome di colleghi.
Ai contattati al secondo livello di campionamento5 è stata posta la richiesta di
compilare i questionari e indicare altri colleghi da coinvolgere. Tuttavia, questa
seconda richiesta è stata rivolta in modo meno deciso che ai colleghi di primo livello,
cioè quelli con cui i ricercatori avevano maggiore confidenza, e ha pertanto avuto un
modesto risultato. Partendo da una quindicina di colleghi, si è così costruito un
insieme di 107 professori designati alla rilevazione dei dati. Di questi, 91 si sono
dichiarati disponibili a collaborare, 62 hanno compilato il primo e 38 hanno
completato il terzo e ultimo questionario.
È noto (Sackman, 1976) che, nel campionamento a valanga, le unità
campionarie di livello successivo al primo hanno un rischio elevato di abbandonare
l’indagine. Pertanto, al fine di ottimizzare la rilevazione, è conveniente allargare
l’invito alla collaborazione ad un maggior numero di unità di primo livello, esperte
ed eterogenee in termini di competenze e caratteristiche sociali e, piuttosto,
restringerlo a quelle di secondo. I professori da cui è iniziato il campionamento a
valanga erano, infatti, veri esperti e non meri punti di ancoraggio del campione. Il
secondo livello ha ampliato i contatti al livello nazionale. L’estensione a terzi, o
successivi, livelli di identificazione avrebbe abbassato il livello medio di expertise
del campione: gli esperti di figure professionali peculiari non sono molti
nell’università italiana e si conoscono reciprocamente.
5
Nell’analisi del campionamento delle concatenazioni sociali, si dice primo livello di identificazione
delle reti quello indicato dal primo insieme campionario, secondo livello quello indicato dalle unità
che compongono il primo, e così di seguito.
Definire figure professionali tramite testimoni privilegiati
107
Tra gli assunti del metodo Delphi, si pone qui l’attenzione sul concetto di
“esperto”. Si tratta di un concetto e di una definizione non scontati (cfr: Bedford,
1972; Sackman, 1975; Williams e Webb, 1994). Tutte le persone contattate in questa
ricerca sono, per giudizio proprio o di colleghi, esperte nella materia di interesse.
Naturalmente, alcune sono più esperte di altre. Va quindi verificato l’effettivo grado
di preparazione degli esperti, per questo nel questionario sono state inserite alcune
domande volte a determinarne il livello di esperienza.
Dalle risposte date da ciascuno dei due insiemi di esperti, è stato tratto il
primo fattore, nella convinzione, rivelatasi corretta, che il fattore sottostante una serie
di indicatori, uniformemente orientati ad esplicitare la dimensione della loro
expertise, restituisse la dimensione e che l’esperienza di ciascun esperto potesse
essere trasformata in un distinto valore collocabile sull'asse reale.
Il fattore di expertise è stato stimato in una prima fase esplorativa tramite
l’analisi delle corrispondenze (Benzécri et al., 1973: Greenacre, 1993) degli
indicatori rilevati. Dato che alcuni indicatori erano su scala ordinale, è stata poi
applicata, con migliori risultati dal punto di vista della leggibilità dei risultati,
l’analisi delle componenti principali categoriali – CatPCA6, traendone una soluzione
unifattoriale. Il primo fattore è determinato dall’autovettore corrispondente al più
importante autovalore della matrice di varianze e covarianze.
I punteggi fattoriali sono stati stimati con il metodo di Anderson-Rubin. Sono
i valori che le unità statistiche assumono singolarmente sul fattore estratto. Il
punteggio di un esperto informa sull’intensità delle sue esperienze in merito al tema
dell’indagine: quanto più è elevato, tanto più l’esperto è ritenuto idoneo a svolgere
un ruolo di informatore-testimone. I fattori di expertise si analizzano separatamente
con riferimento ai direttori del personale (Par. 2.1) e ai docenti universitari (Par. 2.2).
2.1
I direttori del personale
L’analisi fattoriale sulle variabili di esperienza dei direttori del personale ha dato la
configurazione che si presenta in sintesi nella Tab. 1 e nella Fig. 1. Il primo fattore è
6
L’analisi fattoriale permette di ridurre un sistema complesso di correlazioni in uno di minori
dimensioni, consentendo di spiegare le correlazioni tra le variabili osservate ed evidenziando i fattori
latenti impliciti (Fabbris, 1997) tra cui, in questo caso, la conoscenza dell’ambito professionale nelle
risorse umane. Il metodo di stima CatPCA (De Leeuw, 1982; De Leeuw & Meulman, 1986) si basa su
un algoritmo di scaling detto ALSOS-Alternative Least Squares Optimal Scaling che, pur partendo da
premesse analoghe a quelle dell’analisi delle corrispondenze multiple, tiene conto di eventuali
gerarchie ordinali delle modalità osservate e persino delle osservazioni mancanti (qui molto
importanti, in quanto presuppongono mancata conoscenza). L’algoritmo fornisce, oltre ai punteggi
fattoriali, anche i parametri di scaling delle modalità delle variabili. I punteggi fattoriali sono
standardizzati, vale a dire, hanno media zero e varianza uno.
108
Come si sa se l'esperto è uno che sa?
Analisi dell’esperienza cumulata da testimoni privilegiati in una ricerca Delphi
un indicatore complesso di esperienza, essendo correlato sia con l’intensità dei
contatti che gli esperti hanno avuto con candidati a ricoprire ruoli nell’area delle RU
e sia alla loro anzianità di servizio nella funzione direttiva7.
Tabella 1. Coordinate degli indicatori rilevati sul fattore di esperienza dei direttori
del personale (n=39) e frequenze assolute e relative
Variabili e rispettive modalità
Anni in carica come direttore
0-5
6-15
Più di 15
In azienda, addetti alle R U presenti
assenti
Richieste di nuovi addetti alle RU: 0
1 o più
NR
Candidati presentatisi per le RU: 0
1-5
Più di 5
NR
Coordinate
del 1° fattore
-0,59
-0,15
1,05
0,16
-1,17
-1,09
0,61
=
-1,42
-0,28
0,87
=
Frequenza campionaria
assoluta
relativa
12
0,31
17
0,44
10
0,26
35
0,90
4
0,10
13
0,33
23
0,59
3
0,08
5
0,13
12
0,31
12
0,31
10
0,26
L’intensità dei contatti è un indicatore delle dimensioni dell’azienda. In
un’azienda di grandi dimensioni, le funzioni di selezione, gestione e sviluppo del
personale sono più dinamiche e diventano strategiche ai fini della crescita e del
successo dell’azienda. Per riflesso, quanto più varie sono le specializzazioni che
nell’azienda rispondono alle necessità del comparto delle RU, tanto più chi dirige
questo ufficio deve possedere sensibilità, cultura, conoscenze e capacità tecniche per
discriminare tra i candidati alle posizioni da ricoprire e per affiancare i nuovi assunti
nei compiti assegnati. È in questo tipo di aziende che è più facile apprendere e
sperimentare nuove idee e tecniche nella gestione e nel reclutamento del personale.
Inoltre, quanto maggiore è la durata nella funzione direttiva, tanto più è
probabile che si affini la capacità di analisi delle competenze nei candidati
all’assunzione e di messa a fuoco delle caratteristiche auspicabili nelle persone
chiamate a ricoprire i ruoli dell’addetto alla gestione e dell’addetto allo sviluppo del
personale.
7
I quattro autovalori della soluzione fattoriale sono: 1,61; 1,05; 0,78; 0,56. Lo scree test (Fabbris,
1997) indica un solo fattore principale che spiega il 40,2% della varianza complessiva (il secondo
spiegherebbe un ulteriore 26,3% di varianza). Il primo fattore si assume come indicatore di esperienza
degli esperti.
Definire figure professionali tramite testimoni privilegiati
109
Figura 1. Coordinate delle modalità sui primi due assi fattoriali dei direttori del
personale (n=39)
1,5
>15 anni d'attività
>5 candidati
1,0
1+ nuova richiesta
0,5
1° fattore
Presenza add. RU
0,0
6-15 anni d'attività
1-5 candidati
-0,5
0-5 anni d'attività
-1,0
0 nuove richieste
-1,5
Assenza add. RU
0 candidati
-2,0
-1,0
-0,5
0,0
0,5
1,0
1,5
2,0
2° fattore
Tabella 2. Media e scarto quadratico medio (sqm) dei punteggi sul primo fattore del
panel di direttori del personale, per caratteristiche dei direttori
Genere: M
F
Età:
30-40 anni
41-50
51 e più
Anni servizio: Fino a 9
10 o più
Azienda: Piccola o media
Grande (almeno 250 add.)
Totale
di cui risposto: - a tutte le tornate
- alle prime 2 tornate
- solo alla I tornata
Numerosità
campionaria
32
7
13
13
13
20
19
12
27
39
21
8
10
Punteggi fattoriali
Media
sqm
-0,12
1,03
0,53
0,68
-0,37
0,94
0,15
1,03
0,22
0,99
-0,20
0,84
0,21
1,13
-0,21
1,25
0,10
0,88
0,00
1,00
-0,07
1,17
-0,27
0,86
0,36
0,64
110
Come si sa se l'esperto è uno che sa?
Analisi dell’esperienza cumulata da testimoni privilegiati in una ricerca Delphi
Meno numerose dei colleghi maschi, le direttrici del personale sembrano aver
cumulato una maggiore esperienza in materia di RU (Tab. 2). Si trovano, come è
intuibile, indicazioni di esperienza superiore alla media tra le unità meno giovani, sia
maschi che femmine, dove l’anzianità è riferita sia all’anagrafe, sia alla durata del
servizio e sia alla durata della copertura del ruolo dirigente.
Purtroppo, si riscontra una caduta del campione non indipendente dal grado di
conoscenza posseduto dai direttori. Infatti, i rispondenti al secondo e al terzo round
dell’indagine sono mediamente meno preparati di quelli che hanno abbandonato
dopo il primo. Il meccanismo che ha determinato alcuni competenti a lasciare il
panel dopo la prima occasione di rilevazione, può essere solo ipotizzato. Può darsi
che gli esperti che hanno interrotto la collaborazione ritenessero poco utile una
ricerca quantitativa sulle figure professionali, ma è anche possibile che abbiano
deciso di non offrire la propria competenza ad esclusivo vantaggio di –a loro ignoti–
organizzatori universitari della ricerca.
Per le analisi che si svolgono dal Par. 3 in avanti, i direttori sono stati
suddivisi in tre gruppi in base ai punteggi calcolati sul primo fattore di conoscenza
(Tab. 3). Il primo corrisponde ai direttori con punteggi fattoriali fino al primo
quartile, probabilmente i meno preparati in materia; il secondo comprende i direttori
con un punteggio di expertise intermedio e il terzo gruppo quelli con valori superiori
al terzo quartile che, in base ai presupposti illustrati nel paragrafo precedente,
riteniamo più esperti.
Si nota che il numero degli esperti più qualificati, quelli che stanno oltre il
terzo quartile, sono complessivamente 10 su 39, ossia un quarto, però la distribuzione
del fattore di conoscenza non è perfettamente simmetrica per i direttori che hanno
espresso opinioni sull’addetto alla gestione e su quello allo sviluppo delle RU: i
direttori che hanno valutato la figura dell’addetto alla gestione hanno un’esperienza
mediamente meno pronunciata degli altri.
Tabella 3. Numero di direttori del personale che hanno fornito informazioni sugli
addetti allo sviluppo e alla gestione delle risorse umane secondo tre livelli di
preparazione in materia (n=39)
Expertise presunta
Bassa (fino a I quartile)
Media (tra I e III quartile)
Alta (oltre il III quartile)
Addetto allo sviluppo
delle risorse umane
6
8
3
Addetto alla gestione
delle risorse umane
4
11
7
Definire figure professionali tramite testimoni privilegiati
2.2
111
I docenti universitari
L’analisi fattoriale condotta sulle variabili di esperienza dei professori universitari ha
dato la configurazione che si presenta in sintesi nella Tab. 4 e nella Fig. 28. Le
variabili impiegate sono diverse rispetto a quelle utilizzate per i direttori del
personale, dal momento che l’esperienza fa riferimento ad ambienti lavorativi e
carriere ben diverse. Va posto l’accento sul fatto che gli esperti professori sono più
avanti con l’età dei direttori (v. anche Fabbris et al., 2008).
Tabella 4. Coordinate sul primo fattore di conoscenza dei professori universitari e
frequenze assolute e relative, per indicatore di conoscenza (n=62) (a punteggio più
alto corrisponde un grado di conoscenza maggiore)
Variabili e rispettive modalità
Attività svolte per aziende: Nessuna
Ricerca
Consulenza
Formazione
Tutte e tre
Conosce uffici RU:
Collaborato
Solo contatti
No
Conosce addetti gestione RU Sì
No
Conosce addetti sviluppo RU Sì
No
Capacità differenziare figure: Per niente
Poca
Abbastanza
Molta
Conosce mercato del lavoro: Per niente
Poco
Abbastanza
Molto
8
Coordinate
del I fattore
-0,46
-0,46
-0,46
-0,46
0,16
0,84
-0,11
-1,05
0,48
-1,49
0,56
-1,18
-1,88
-0,93
0,02
0,96
-1,53
-0,58
0,37
1,32
Frequenza campionaria
assoluta
relativa
2
0,03
4
0,07
3
0,05
7
0,11
46
0,74
27
0,44
15
0,24
20
0,32
47
0,76
15
0,24
42
0,68
20
0,32
1
0,02
11
0,10
38
0,61
12
0,19
0,11
7
0,26
16
0,53
33
0,10
6
I sei autovalori della soluzione fattoriale sono: 3,09; 1,00; 0,71; 0,55; 0,33; 0,31. Lo scree test
indica l’esistenza di un solo fattore principale che spiega il 51,5% della varianza complessiva. Il
fattore si è presentato con i segni girati, nel senso che l’esperienza era correlata negativamente con il
fattore, per cui i segni dei pesi e dei coefficienti fattoriali sono stati invertiti. Il fattore che si discute
nel seguito della nota rappresenta pertanto l’esperienza specifica maturata dai professori.
Come si sa se l'esperto è uno che sa?
Analisi dell’esperienza cumulata da testimoni privilegiati in una ricerca Delphi
112
Figura 2. Coordinate delle modalità sui primi due assi del piano fattoriale di
conoscenza ed esperienza nel mondo delle RU per i docenti universitari (n=62)
1,5
Conosce molto il merc. lav.
Differenzia molto le 2 figure
Collaboraz. con uffici RU
Conosce add. svil. RU
Conosce add. gest. RU
Attività multiple con uff. RU
Conosce abb. il merc. lav.
Differenzia abb. le 2 fig.
1,0
0,5
1° fattore
0,0
Solo contatti con uff. RU
Una/nessuna attività con uff. RU
-0,5
Conosce poco il merc. lav.
Nessun contatto con uffici RU
Differenzia poco le 2 figure
Non conosce add. svil. RU
-1,0
-1,5
Non conosce il merc. lav.
-2,0
Non conosce add. gest. RU
Non differenzia le 2 figure
-2,5
-2,0
-1,5
-1,0
-0,5
0,0
0,5
1,0
2° fattore
Nel caratterizzare il fattore di esperienza, ha un ruolo chiave la conoscenza
che del mercato del lavoro hanno i docenti. Quelli che hanno avuto maggiori contatti
con il mercato del lavoro inerente alle risorse umane, hanno anche avuto un maggior
numero di rapporti con altre realtà professionali esterne all’università e sono pertanto
in grado di configurare consapevolmente una figura professionale situabile in
un’impresa o in un ente.
La larga maggioranza dei docenti che hanno collaborato alla ricerca Delphi
aveva prestato vari tipi di collaborazioni con aziende ed enti, svolgendovi attività
formative, di consulenza e talvolta anche ricerche. Alcuni docenti avevano realizzato
esclusivamente attività di consulenza, oppure episodiche attività di formazione per il
personale di aziende. Ciascuna di queste attività era, ed è, un’importante fonte di
conoscenza dell’oggetto della nostra ricerca, ma ciascuna da sola non sarebbe
sufficiente a dare un valore aggiunto al grado di conoscenza del mondo delle RU9.
9
Prima dell’analisi fattoriale descritta nella nota è stata realizzata un’analisi fattoriale in cui la
variabile “attività svolte per le aziende” era stata trasformata in tre modalità dicotomiche “svolto/non
Definire figure professionali tramite testimoni privilegiati
113
Per questo motivo, dove nel seguito si scrive che un docente ha avuto contatti con le
imprese, s’intende che ha operato in vario modo, sia con attività didattiche per i
dipendenti che di supporto ideativo per lo sviluppo delle imprese.
Il non conoscere il mercato del lavoro, ammesso da 7 tra i professori che
hanno collaborato alla ricerca, il non conoscere alcun addetto alla gestione delle RU,
che delle due figure professionali è la più tradizionale, ammesso da 8 professori
(alcuni dei quali sono gli stessi che non conoscono il mercato del lavoro), e la
difficoltà a distinguere peculiarità e differenze delle mansioni all’interno dell’ufficio
del personale, ammesso da 11 professori (anche in questo caso in parziale
sovrapposizione con le due categorie anzidette), sono i tre gradini più bassi del
fattore di esperienza specifica.
L’archetipo del docente che ha maggiore esperienza in materia di risorse
umane (Tab. 5) è un giovane o un attempato, di genere maschile, appartenente ad
un’università del Nord Italia, con posizione di ricercatore in discipline economiche,
ingegneristiche o psicologiche.
Vale la pena evidenziare che vari docenti giovani (sotto i 40 anni) dichiarano
di avere avuto maggiori contatti con gli uffici risorse umane che i docenti dai 40 ai
59. È contrario al sentire comune che l’esperienza diminuisce con l’età. L’irregolarità
dell’andamento è dimostrata anche dal fatto che il punteggio di esperienza è elevato
nelle due classi di età, quella più giovane e quella più avanzata. Ciò può dipendere
dal fatto che la relazione tra l’età dei docenti e l’esperienza non è “netta” in senso
statistico, e può quindi risentire di accidentalità nella formazione del campione.
Riguardo agli abbandoni della rilevazione, anche tra i professori, seppure con
connotazioni originali, si osserva il fenomeno già rilevato tra i direttori: alcuni
docenti con esperienza di mondo del lavoro abbandonano la rilevazione nelle prime
fasi della rilevazione. Per quanto il numero di quelli che proseguono sia superiore a
quello degli esperti che interrompono il percorso Delphi, si può affermare che gli
esperti professori che hanno collaborato completamente alla ricerca sono
mediamente meno esperti sul tema specifico di coloro che la iniziano.
Il punteggio sul fattore di conoscenza è utilizzabile per suddividere il
campione in tre gruppi di docenti. Si considera “a bassa esperienza” il gruppo
composto da 16 professori con punteggi fattoriali fino al primo quartile, “ad
esperienza intermedia” l’insieme maggioritario che resta tra il primo e il terzo
quartile, “ad elevata esperienza” quello dei 19 docenti che si collocano oltre il terzo
quartile del fattore di expertise (Tab. 6).
svolto” attività di ricerca (X1), consulenza (X2) e formazione (X3). Avendo constatato che le
coordinate sul primo fattore creavano un secondo fattore significativo, si è preferito creare la sola
variabile “svolto/non svolto” tutte e tre le attività che si discute nel seguito. In questo modo,
l’unidimensionalità della struttura di correlazione delle variabili esaminate è più chiara.
114
Come si sa se l'esperto è uno che sa?
Analisi dell’esperienza cumulata da testimoni privilegiati in una ricerca Delphi
Tabella 5. Media e scarto quadratico medio (sqm) dei punteggi fattoriali del panel
di docenti universitari, per caratteristiche dei docenti
Genere:
M
F
Età:
Fino a 39
40-49
50-59
60 e più
Regione: Nord
Centro
Sud e isole
Posizione: Ricercatore, altro
Professore associato
Professore ordinario
Disciplina: Economia, ingegneria
Psicologia
Sc. politiche e sociali10
Lettere, sc.formazione
Totale
di cui risposto: - a tutte le tornate
- alle prime 2 tornate
- solo alla I tornata
Numerosità
campionaria
43
19
11
19
15
17
35
11
16
14
22
26
21
16
20
5
62
38
7
17
Punteggi fattoriali
Media
sqm
0,10
1,00
-0,22
0,97
0,19
1,00
0,03
1,04
-0,33
1,06
0,14
0,91
0,33
0,77
-0,62
1,20
-0,31
1,04
0,29
0,84
-0,07
1,03
-0,10
1,06
0,43
0,87
0,38
0,49
-0,43
1,01
-1,25
1,10
0,00
1,00
-0,08
1,09
0,29
0,84
0,06
0,76
Tabella 6. Numero di professori universitari che hanno collaborato alla rilevazione,
per punteggio sul primo fattore ottenuto con l’analisi delle corrispondenze (n=62)
Preparazione
Bassa (fino a I quartile)
Media (tra I e III quartile)
Alta (oltre il III quartile)
Addetti agli uffici del personale
16
28
18
Dalle rappresentazioni grafiche dei punteggi fattoriali dei direttori e dei
professori, sia separate che fuse assieme (Fig. 3), si ha la percezione di una tendenza
10
Il gruppo delle facoltà di Scienze sociali comprende Scienze politiche, Scienze statistiche, Scienze
giuridiche e Scienze sociologiche. In questo gruppo sono stati inclusi anche quattro docenti a contratto
che operano anche come funzionari e assessori regionali, di cui uno solo ha iniziato a collaborare,
interrompendo appena dopo il primo round.
Definire figure professionali tramite testimoni privilegiati
115
alla normalità della distribuzione della maggior parte dei punteggi di expertise, però
con almeno una seconda moda inerente agli esperti che hanno una minore esperienza
di contatti con persone e uffici delle RU.
Figura 3. Punteggi fattoriali dei direttori e dei professori che hanno collaborato alla
ricerca Delphi (la linea continua più marcata rappresenta l’unione delle due
distribuzioni)
Direttori
Docenti
25,0%
Tutti gli esperti
20,0%
15,0%
10,0%
5,0%
0,0%
-2,25
3.
-1,75
-1,25
-0,75
-0,25
0,25
0,75
1,25
1,75
La conoscenza e le opinioni degli esperti sulle competenze
professionali degli addetti alle RU
Analizziamo ora in parallelo le rappresentazioni che delle due figure di addetto alle
RU danno i direttori del personale e i professori che hanno collaborato alla ricerca.
L’analisi mira a comprendere se gli scarti tra i punti di vista degli esperti si possono
far risalire a fattori cognitivi degli esperti. Il nostro obiettivo – vale la pena ripeterlo
– è meramente metodologico. La caratterizzazione delle due figure professionali in
termini di competenze, immagine sociale e speranza occupazionale sarà trattata in un
altro lavoro.
Per valutare se l’origine delle differenze tra le configurazioni ottenute dai
direttori e dai professori può essere fatta risalire al modo in cui i due gruppi hanno
acquisito conoscenza empirica delle figure professionali, si calcola in quale misura
ciascun gruppo di esperti si allontana dalla propria media. In questo modo, si può
Come si sa se l'esperto è uno che sa?
Analisi dell’esperienza cumulata da testimoni privilegiati in una ricerca Delphi
116
porre a confronto la capacità del gruppo di esperti di predire la stima che risulta dalla
consultazione del complesso degli esperti della propria categoria.
Nel seguito, si descrivono le relazioni tra la conoscenza manifestata dai
direttori del personale e dai professori universitari in merito alle competenze
professionali (Par. 3.1) e alla desiderabilità sociale (Par. 3.2) delle due figure
professionali in esame.
3.1
Le competenze professionali
Allo scopo di verificare se e quanto conti l’esperienza dei panel con persone e uffici
delle RU nel configurare le due figure in esame in termini di competenze
professionali, si giustappongono le distribuzioni delle competenze trasversali che i
due gruppi di esperti considerano rilevanti e si valuta quanto la loro esperienza –
misurata dai fattori descritti nei Paragrafi 2.1 e 2.2, rispettivamente per i direttori e
per i professori, e nel seguito considerati un unico fattore di esperienza – sia correlato
alla distribuzione delle opinioni espresse.
La distanza media assoluta, d ij , tra il valore medio generale e la media del
sottogruppo i-esimo di esperti (i=1:professori e 2:direttori) che possiedono Bassa
(B), Media (M), o Alta (A) esperienza sul complesso delle competenze osservate11 è
calcolata con:
K
¦y
d ij
ijk
y..k / K ,
k 1
n
dove y ijk
¦ yijkh / n ; y..k
h 1
2
A
¦¦ y
ijk
/ 6 e yijkh è la rilevanza della competenza k-
i 1 j B
esima (k=1, …, K) stimata dall’esperto h-esimo (h=1, …, n) appartenente al panel iesimo (i=1, 2) e avente punteggio di esperienza j-esimo (j=B, M, A).
La distanza di un gruppo di esperti dal centro della distribuzione delle stime è
una misura della tendenza del gruppo a collocarsi in posizione periferica rispetto alla
tendenza generalmente espressa dagli interpellati La distanza è sempre positiva ed è
tanto più grande quanto più il sottogruppo tende ad esprimere opinioni divergenti da
quelle complessivamente osservate presso gli esperti. Il valore minimo è zero. Le
distanze dalla media dei tre sottogruppi di professori e quelle dei sottogruppi di
direttori, formati con i punteggi fattoriali, sono presentate nella Tab. 7.
11
Le competenze trasversali esaminate sono: capacità di relazione, leadership e autorevolezza,
capacità di lavorare in gruppo, capacità di problem solving, flessibilità, innovatività, presentare idee in
pubblico.
Definire figure professionali tramite testimoni privilegiati
117
Tabella 7. Distanza media assoluta dalla media delle percentuali di competenze
trasversali attese, per categoria di esperti e loro grado di esperienza nella materia e
figura professionale (n: numerosità campionaria; i valori sono percentuali)
Direttori
(n)
Docenti
(n)
Addetto allo sviluppo delle RU
Bassa
Media
Alta
4,63
5,79
16,24
(6)
(8)
(3)
4,76
3,72
5,63
(15)
(28)
(18)
Addetto alla gestione delle RU
Bassa
Media
Alta
20,46
13,66
15,86
(4)
(11)
(7)
9,35
3,44
5,80
(15)
(28)
(18)
Risulta che, sia per i direttori del personale che per i professori, il gruppo con
una conoscenza intermedia è, in genere, il più vicino alla media generale dei giudizi,
nel senso che, del descrivere le competenze di ciascuna delle due figure
professionali, presenta gli scarti meno lontani dalla media di ogni categoria di
esperti.
Livelli di esperienza mediani sembrano dunque maggiormente predittivi della
tendenza centrale della rappresentazione delle competenze di una figura
professionale. Non è detto che ciò implichi anche una migliore capacità di
rappresentare la realtà, giacché, nel caso specifico, ogni rappresentazione di figura
professionale è una mera opinione e non esiste una realtà con cui confrontare le
stime. È ipotizzabile che chi possiede un’esperienza intermedia tenda ad esprimere
pareri meno drastici di quelli esprimibili sia da chi non possiede esperienza specifica,
sia da chi ne possiede in dosi considerevoli.
Gli esperti con la massima esperienza forniscono stime che sono talvolta più
distanti (per l’addetto allo sviluppo delle RU) e altre volte meno distanti (per
l’addetto alla gestione) degli esperti con la minima esperienza di contatti con gli
uffici delle RU. In alcuni casi, la distanza dal centro della distribuzione complessiva
di alcuni sottogruppi è considerevole.
Che sia elevata la posizione eccentrica degli esperti meno qualificati non
stupisce, anzi era l’ipotesi che si voleva provare. È facile pensare, infatti, che tra i
professori e i direttori con minore esperienza specifica si trovi una più accentuata
casualità nei giudizi. Che i giudizi espressi dai professori e dai direttori che hanno
palesato una maggiore esperienza siano così poco centrali è, invece, inatteso. Ciò può
dipendere da una tendenza di questi esperti a manifestare con decisione, indicazioni
più fantasiose le proprie percezioni in merito alla necessità che le figure professionali
in esame possiedano determinate competenze.
Per verificare se questa tendenza riguarda solo alcune delle competenze in
esame, si calcola il coefficiente di correlazione tra il punteggio di expertise e le
Come si sa se l'esperto è uno che sa?
Analisi dell’esperienza cumulata da testimoni privilegiati in una ricerca Delphi
118
opinioni espresse dagli esperti sulle competenze necessarie per le figure professionali
in esame (Tab. 8). Si osserva che:
Tabella 8. Coefficienti di correlazione tra la distribuzione delle competenze
professionali attese per gli addetti alle risorse umane e i punteggi sul fattore di
esperienza di direttori del personale e professori universitari, per figura
professionale e competenza
Direttori del personale
Professori universitari
Ad. sviluppo Ad. gestione Ad. sviluppo Ad. gestione
(n=17)
(n=22)
(n=62)
(n=62)
Generali di sviluppo
-0,041
=
0,290
=
Analisi attitudinale
0,272
=
=
Fabbisogni formativi
0,120
=
-0,182
=
Valutazione personalità
0,359
=
-0,073
=
Selezione del personale
-0,131
=
-0,165
=
Tecniche di compensation
-0,086
=
0,090
=
Organizzazione e processi
0,069
=
0,269
=
Diritto lavoro
=
0,286
=
0,142
Conosc. amministrative
=
-0,331
=
0,026
Gestione relaz. industriali
=
-0,393
=
0,064
Gestione rapp. dipendenti
=
0,227
=
-0,009
Tecniche di contrattazione
=
0,405
=
-0,120
Carichi lavoro, organizzaz.
=
-0,412
=
0,122
Capacità di relazione
-0,071
0,078
0,037
0,085
Leadership, autorevolezza
0,223
0,040
-0,025
0,041
Capacità lavoro in gruppo
-0,130
0,278
0,017
0,076
Capacità problem solving
-0,083
0,000
0,016
-0,107
Flessibilità
-0,094
-0,192
0,165
-0,169
Innovatività
-0,324
0,211
-0,242
-0,079
Proattività (volontà fare)
0,300
0,178
Presentare idee pubblico
0,307
-0,090
Competenze
-
l’esperienza dei direttori è correlata positivamente con la manifestazione di
una migliore preparazione dell’addetto allo sviluppo delle RU sulle tecniche
di valutazione della personalità e di analisi delle attitudini del personale e con
la capacità di presentare le proprie idee in pubblico, nonché con doti di
proattività, ed è correlata negativamente con la capacità dell’addetto di
innovare. L’expertise dei professori è, invece, per la stessa figura
professionale, correlata positivamente con una più marcata competenza
Definire figure professionali tramite testimoni privilegiati
119
generale di sviluppo del personale e con la capacità di organizzare le attività e
i processi interni all’azienda e negativamente con l’innovatività;
- per quanto concerne la descrizione delle competenze dell’addetto alla
gestione delle RU, i direttori che si sono lasciati alle spalle cospicue
esperienze di gestione e di direzione di uffici del personale accentuano la
necessità che l’addetto sia qualificato nelle tecniche di contrattazione, nel
diritto del lavoro e nella capacità di gestire i rapporti con il personale
dell’azienda e gli stessi direttori danno minore peso alla capacità di analizzare
i carichi di lavoro, di organizzare le attività e i processi aziendali e di gestire i
processi industriali. Le preferenze dei professori universitari in merito alle
competenze dell’addetto alla gestione non si distinguono invece in ragione
dell’esperienza specifica cumulata.
Traspare, inoltre, che i direttori con maggiore esperienza o appartenenti alle
imprese di maggiori dimensioni sono quelli che, rispetto ai direttori meno esperti,
preferiscono addetti dotati di capacità più tecniche, dirette alla soluzione qualificata
sul piano tecnico-professionale dei problemi specifici per i quali si reclutano gli
addetti allo sviluppo e quelli per la gestione del personale.
I professori più esperti, invece, associano all’addetto allo sviluppo l’idea di
una figura più generalista, capace di inserirsi con profitto nei meccanismi aziendali,
ma caratterizzato da capacità derivanti da competenze trasversali più che da precipue
competenze specifiche. Dell’addetto alla gestione, invece, i professori hanno una
visione piuttosto stereotipata, senza percettibili differenze attribuibili all’esperienza.
3.2
La desiderabilità sociale
Dall’analisi della relazione tra il livello di expertise dei testimoni privilegiati e le
opinioni sulla desiderabilità sociale12 delle professioni di addetto allo sviluppo e di
addetto alla gestione delle RU – misurate con lo stesso criterio esposto nel Par. 3.1
per la misura della diversità di opinioni dei panel in merito alle competenze – si
ripropone con maggiore evidenza la tendenza del sottogruppo di esperti con punteggi
intermedi di esperienza a discostarsi di meno dalla desiderabilità sociale complessiva
delle due professioni in esame (Tab. 9).
I direttori del personale più esperti hanno scarti assoluti più elevati (in più o
in meno) dalla desiderabilità manifestata dal complesso degli esperti. Quantunque le
numerosità siano così esigue da non permetterci di fare affermazioni nette sul piano
12
Gli aspetti di desiderabilità sociale considerati sono quello economico, lo sviluppo di carriera, la
possibilità di utilizzo delle competenze nelle altre aziende italiane, la possibilità di cambiare posto di
lavoro, la valorizzazione del ruolo sociale, la desiderabilità sociale complessiva della professione per
un neo-laureato, la desiderabilità della stessa secondo i datori di lavoro.
120
Come si sa se l'esperto è uno che sa?
Analisi dell’esperienza cumulata da testimoni privilegiati in una ricerca Delphi
inferenziale, la relazione è opposta a quella ipotizzata: i direttori che abbiamo
ritenuto più esperti sono distanti dagli altri esperti più di quelli che hanno maturato
una minore esperienza.
Tabella 9. Distanza media assoluta dalla media degli aspetti della desiderabilità
sociale degli addetti all’ufficio risorse umane, per tipo di esperti e grado di
esperienza nella materia da parte degli stessi (n: numerosità campionaria)
Direttori
(n)
Professori
(n)
Addetto allo sviluppo delle RU
Bassa
Media
Alta
0,34
0,33
0,50
(5)
(7)
(3)
0,27
0,25
0,22
(12)
(20)
(13)
Addetto alla gestione delle RU
Bassa
Media
Alta
0,46
0,40
0,75
(4)
(3)
(3)
0,26
0,22
0,23
(12)
(20)
(13)
Quasi nulle sono, invece, le differenze fra le medie della desiderabilità sociale
rilevate all’interno dei tre gruppi di professori che sono stati classificati a bassa,
media, o alta expertise in materia di risorse umane.
Parenté e Anderson-Parenté (1987), traendo spunto dalla teoria degli errori,
asseriscono – avendo in mente il processo di convergenza Delphi, ma lasciando
intendere che l’asserto è estendibile a qualsiasi processo iterativo di acquisizione di
informazioni – che gli esperti più consapevoli migliorano le loro realizzazioni con il
procedere delle rilevazioni perché s’impadroniscono della materia, mentre chi sa
meno tende a scivolare verso la media perché si sente debole13.
Nella nostra ricerca, i quesiti sulla desiderabilità sociale sono stati posti nel
secondo round di rilevazione, quando gli esperti delle imprese e dell’università
avevano già avuto un’occasione per riflettere sulle caratteristiche delle figure
professionali in questione. Possiamo, pertanto, aderire all’ipotesi di Parenté et al.
(1987) con riferimento ai direttori meno esperti, i quali sono in posizioni più vicine
alla media generale di quanto non siano i più esperti, e, per converso, ipotizzare che
la personalità di chi è più padrone della materia induca ad esprimere opinioni
difformi da quelle degli altri direttori.
Per valutare se l’effetto appena descritto è generale per le professioni in
esame, o se riguarda solo alcuni aspetti, si calcolano i coefficienti di correlazione tra
il punteggio sul fattore di esperienza degli interpellati e ciascun aspetto della
desiderabilità sociale. I risultati, descritti nella Tab. 10, indicano che:
- i direttori più esperti esprimono giudizi più favorevoli alla desiderabilità
economica e professionale dell’addetto allo sviluppo delle RU e alla
13
Sul conformismo delle stime in funzione della conoscenza acquisita si vedano anche Rowe e
Wright (1996), Jolson e Rossow (1971).
Definire figure professionali tramite testimoni privilegiati
121
possibilità di valorizzazione sociale dell’addetto alla gestione. Per ambedue le
figure, i direttori più esperti considerano più ardua la possibilità di sviluppo di
carriera nell’azienda;
- l’esperienza dei professori universitari è poco correlata con ogni aspetto della
desiderabilità sociale. La correlazione più elevata è 0,25, tra l’esperienza
maturata dai professori e la desiderabilità sociale complessiva per un neo
laureato che ottenga una posizione di addetto alla gestione delle RU.
Anche con riferimento alla desiderabilità sociale – così come per la
composizione delle competenze tecniche – i direttori del personale con maggiore
esperienza professionale sono quelli che immaginano addetti alla gestione e allo
sviluppo del personale particolarmente specializzati sul piano tecnico, in grado
pertanto di ottenere discreti risultati economici, ma con possibilità di acquisire
posizioni di rilievo più facilmente nella società civile che nella piramide aziendale.
Piuttosto simile è, invece, l’immagine della professione nella mente dei professori,
sia che abbiano esperienza di rapporti con gli uffici del personale o non.
Tabella 10. Coefficienti di correlazione tra aspetti della desiderabilità sociale di
figure professionali del comparto delle risorse umane e punteggi sul fattore di
esperienza di direttori del personale e professori universitari, per figura
professionale e aspetto
Direttori del personale
Professori universitari
Ad. sviluppo Ad. gestione Ad. sviluppo Ad. gestione
(n=15)
(n=10)
(n=45)
(n=45)
0,314
-0,018
0,028
0,006
- economico (reddito)
-0,269
-0,255
-0,031
0,052
- sviluppo carriera
0,355
0,021
0,105
0,061
- utilizzo competenze
0,215
0,229
0,135
-0,026
- mobilità orizzontale
-0,166
0,691
-0,064
0,174
- valorizzaz. ruolo sociale
-0,075
-0,173
0,048
0,252
- generale per neolaureato
-0,012
0,182
0,157
0,134
- generale datori lavoro
Aspetti
della desiderabilità
4.
L’expertise dei testimoni e il futuro occupazionale degli addetti
alle risorse umane
In questo paragrafo, si analizza la relazione tra le stime dell’occupazione degli
addetti alle RU a tre e sei anni avanti e il fattore di esperienza degli esperti costruito
nel Par. 2. L’attenzione metodologica è puntata soprattutto sulla variazione delle
122
Come si sa se l'esperto è uno che sa?
Analisi dell’esperienza cumulata da testimoni privilegiati in una ricerca Delphi
stime nella sequenza di rilevazioni e sulla variabilità dei giudizi espressi da
sottocampioni di esperti distinti secondo il fattore di esperienza.
Nelle Tabelle 11 e 12 per le previsioni a tre anni e nelle Tabelle 13 e 14 per
quelle a sei anni, si nota che il sottogruppo di esperti con maggiore esperienza ha
quasi uniformemente14 una variabilità più contenuta rispetto al gruppo che ha
esperienza iniziale.
Tabella 11. Media e scarto quadratico medio della previsione percentuale di
occupabilità a 3 anni degli addetti allo sviluppo delle risorse umane secondo i
direttori del personale e professori universitari, per punteggio sul fattore di
esperienza (ni: numerosità campionaria dell’i-esimo questionario, i=1, 2, 3)
I Round
Direttori del personale
Bassa (n1=6, n2=5, n3=4)
Media (n1=8, n2=7, n3=6)
Alta (n1=3, n2=3, n3=3)
Totale (n1= 17, n2=15, n3=13)
Professori universitari
Bassa (n1=13, n2=11, n3=10)
Media (n1=25, n2=20, n3=17)
Alta (n1=18, n2=13, n3=11)
Totale (n1= 60, n2=44, n3=38)
II Round
III Round
Media
sqm
Media
sqm
Media
sqm
-8,3
-6,5
-1,7
-6,3
11,7
6,9
18,9
10,7
0,0
3,6
17,0
5,1
0,0
7,6
22,1
11,6
0,8
2,1
3,7
2,1
1,7
2,1
5,7
3,0
17,7
8,8
9,9
11,2
22,9
13,5
14,8
16,6
12,1
5,4
6,5
7,4
6,6
4,2
5,6
5,9
8,7
5,0
4,8
5,9
6,0
4,3
5,4
5,3
Sia per la previsione occupazionale a medio che a lungo termine, il
sottogruppo con conoscenza intermedia, in entrambi i panel di esperti, esprime
opinioni che, tendenzialmente, sono meno variabili dei due sottogruppi con la minore
o la maggiore esperienza. Ciò starebbe a indicare che gli esperti che hanno
un’esperienza mediana danno stime che si collocano nelle prossimità di un ipotetico
centro della distribuzione delle previsioni di occupazione, e che questi esperti
“mediani” sono tendenzialmente omogenei nelle opinioni espresse. Si conferma qui
la tendenza osservata con riferimento alla stima delle competenze e della
desiderabilità sociale.
14
Nel campione di professori universitari, la tendenza, seppure meno evidente, è opposta nel
secondo e terzo round per quanto riguarda la figura di addetto alla gestione delle RU. Lo stesso vale
nel panel di direttori per il secondo round dell’addetto allo sviluppo e nel primo dell’addetto alla
gestione, dove le numerosità sono molto contenute.
Definire figure professionali tramite testimoni privilegiati
123
Tabella 12. Media e scarto quadratico medio della previsione percentuale di
occupabilità a 3 anni degli addetti alla gestione delle risorse umane secondo i
direttori del personale e professori universitari, per punteggio sul fattore di
esperienza (ni: numerosità campionaria dell’i-esimo questionario, i=1, 2, 3)
I Round
Direttori del personale
Bassa (n1=4, n2=4, n3=1)
Media (n1=11, n2=5, n3=3)
Alta (n1=7, n2=4, n3=3)
Totale (n1= 22, n2=14, n3=7)
Professori universitari
Bassa (n1=13, n2=11, n3=10)
Media (n1=25, n2=19, n3=17)
Alta (n1=18, n2=13, n3=11)
Totale (n1= 60, n2=44, n3=38)
II Round
III Round
Media
sqm
Media
sqm
Media
sqm
-1,3
6,3
0,3
3,0
6,3
31,9
9,4
23,0
-0,8
0,6
0,8
0,6
3,0
0,9
1,5
2,2
5,0
4,3
1,7
3,3
=
1,2
0,6
1,7
6,3
4,6
8,1
6,1
18,4
9,1
13,3
12,9
3,9
4,5
5,6
4,7
3,2
3,4
5,1
3,9
6,3
4,3
4,7
4,9
5,8
2,8
6,3
4,8
Tra chi ha minore esperienza, si distingue il gruppo dei direttori da quello dei
professori: i primi forniscono stime sistematicamente meno variabili dei loro colleghi
con maggiore esperienza, i secondi, all’opposto, dimostrano di avere opinioni più
variabili di quelle dei professori con maggiore esperienza.
Ciò induce a ipotizzare che i professori meno esperti abbiano idee meno
chiare sulle figure che sono oggetto d’interesse e che perciò le loro stime iniziali
siano altalenanti. È immaginabile (si veda anche Eveleth, 1999) che i professori
meno esperti tendano a percepire una situazione esterna all’università come più
incerta e meno strutturata di quanto non percepisca un esperto. È quindi probabile
che i meno esperti siano più esposti all’influenza del feedback e risultino più disposti
a modificare il valore previsivo iniziale (si veda a questo proposito Fabbris et al.,
2008).
Meno immediato è congetturare sulla particolare variabilità dei direttori che
sono sulla breccia da numerosi anni. Infatti, quanto più sono avanti con la carriera e
con gli anni, tanto più i direttori sono variabili nelle loro stime. Conviene a questo
punto verificare se esiste una relazione tra la varianza e la media delle stime dei
sottogruppi che vada oltre la nota correlazione tra la misura del valore centrale e
quella della dispersione in distribuzioni regolari.
Per comprendere se esiste una relazione tra l’intensità della frequentazione
degli uffici del personale e la capacità previsiva degli esperti, si valuta quale gruppo
si colloca più vicino al valore finale su cui converge l’insieme degli esperti. Si rileva
che, già alla prima tornata, sono vicini alla stima finale i direttori più esperti e i
professori di media o elevata esperienza, con riferimento all’addetto allo sviluppo
124
Come si sa se l'esperto è uno che sa?
Analisi dell’esperienza cumulata da testimoni privilegiati in una ricerca Delphi
delle RU, e i direttori di media e alta esperienza e i professori di media esperienza
per l’addetto alla gestione.
Si ha, quindi, che i direttori più esperti esprimono opinioni variabili, ma in
media sono più vicini a ciò che alla fine del percorso Delphi diranno tutti, con
qualche eccezione15. Invece, i professori con i massimi valori di punteggio sul fattore
di esperienza non si rivelano come i più capaci nell’anticipare i risultati finali delle
previsioni e manifestano (tra loro stessi) un’alta variabilità di opinione.
I docenti più esperti sono anche ritrosi a modificare la propria stima in
funzione delle opinioni altrui (Mulgrave e Ducanis, 1975). Tra tutte le categorie, gli
accademici che hanno avuto maggiori contatti con le imprese sono i più refrattari ad
accettare il valore di feedback come riferimento. Questo è un atteggiamento rilevato
anche in altre ricerche svolte con il metodo Delphi: le persone meno convinte delle
proprie opinioni tendono ad adattare la propria stima dopo un feedback con maggiore
facilità di chi, ritenendosi particolarmente esperto sull’argomento, è restio a
modificare sensibilmente il proprio parere in ragione delle convinzioni degli altri
(Helmer, 1967). Questa ipotesi coinciderebbe con l’asserzione di Sackman (1975) e
Parenté e Anderson-Parenté (1987) che le previsioni dipendono da giudizi di valore e
atteggiamenti verso la materia in esame e non, oppure in minor misura,
dall’esperienza.
Tabella 13. Media e scarto quadratico medio della previsione percentuale di
occupabilità a 6 anni degli addetti allo sviluppo delle risorse umane secondo i
direttori del personale e professori universitari, per punteggio sul fattore di
esperienza (ni: numerosità campionaria dell’i-esimo questionario, i=1, 2, 3)
I Round
Media
sqm
Direttori del personale
Bassa (n1=6, n2=5, n3=4)
Media (n1=8, n2=7, n3=6)
Alta (n1=3, n2=3, n3=3)
Totale (n1= 17, n2=15, n3=13)
Docenti universitari
Bassa (n1=13, n2=11, n3=10)
Media (n1=25, n2=20, n3=17)
Alta (n1=17, n2=13, n3=11)
Totale (n1= 60, n2=35, n3=38)
15
II Round
Media
sqm
III Round
Media
sqm
-11,7
-4,4
8,3
-4,7
19,4
9,0
28,4
17,5
-1,2
2,1
18,7
4,3
2,7
2,5
28,0
13,2
1,3
2,7
2,7
2,2
2,2
2,2
4,0
2,5
23,1
10,9
11,9
14,1
37,6
15,8
17,0
23,2
13,4
7,1
7,3
8,7
13,4
6,6
6,0
8,9
11,7
6,7
5,7
7,7
11,9
5,9
6,7
8,2
Fa eccezione la stima a sei anni per l’addetto alla gestione, per la quale sono i direttori meno
esperti e quelli di esperienza intermedia ad avere la migliore performance iniziale.
Definire figure professionali tramite testimoni privilegiati
125
Tabella 14. Media e scarto quadratico medio della previsione percentuale di
occupabilità a 6 anni degli addetti alla gestione delle risorse umane secondo i
direttori del personale e professori universitari, per punteggio sul fattore di
esperienza (ni: numerosità campionaria dell’i-esimo questionario, i=1, 2, 3)
I Round
Direttori del personale
Bassa (n1=4, n2=4, n3=1)
Media (n1=11, n2=5, n3=3)
Alta (n1=7, n2=4, n3=3)
Totale (n1= 22, n2=14, n3=7)
Docenti universitari
Bassa (n1=13, n2=11, n3=10)
Media (n1=25, n2=20, n3=17)
Alta (n1=17, n2=13, n3=11)
Totale (n1= 60, n2=35, n3=38)
5.
II Round
III Round
Media
sqm
Media
sqm
Media
sqm
3,8
-3,2
-10,0
-4,1
4,8
10,1
8,7
9,8
-2,5
1,6
2,3
0,9
5,0
1,5
2,6
3,7
5,0
3,3
0,3
2,3
1,5
3,1
2,8
7,9
5,4
8,4
6,9
18,4
11,2
16,1
14,5
4,7
5,2
6,4
5,4
3,6
4,3
7,0
5,1
8,5
5,0
5,6
6,1
11,5
4,0
7,6
7,5
L’expertise e le opinioni degli esperti sulla formazione
auspicabile
Il fattore di esperienza viene ora correlato con la formazione che gli esperti ritengono
auspicabile per le due figure professionali in esame. Essendo la rappresentazione
dell’opinione degli esperti sull’argomento formativo abbastanza complessa e la
numerosità complessiva limitata, l’analisi è dicotomizzata nelle due categorie di
conoscenza alta o medio-alta (punteggi positivi del fattore di esperienza) e bassa o
medio-bassa (punteggi negativi o nulli).
Secondo gli esperti interpellati (Tabelle 15 e 16), il laureato che opera per lo
sviluppo delle RU dovrebbe avere un curriculum accademico più elevato, per
esempio, dovrebbe avere acquisito un master o una specializzazione dopo la laurea,
mentre la laurea può bastare per un addetto alla gestione (si veda anche: Fabbris et
al., 2008).
Fra i direttori del personale, l’osservazione è ostacolata dalla ridotta
numerosità campionaria. Tuttavia, i direttori di maggiore esperienza sono
decisamente orientati verso una formazione universitaria di livello alto, rifinita, in
particolar modo per gli addetti allo sviluppo, da corsi post-lauream brevi finalizzati
alla formazione di competenze tecnico-professionali specifiche.
126
Come si sa se l'esperto è uno che sa?
Analisi dell’esperienza cumulata da testimoni privilegiati in una ricerca Delphi
Tabella 15. Distribuzione percentuale dei direttori del personale secondo l’opinione
sul minimo livello di formazione necessario per svolgere le attività di addetto allo
sviluppo e di addetto alla gestione delle risorse umane, per livello di conoscenza.
Esperienza ” media
Livello di formazione auspicato
Sviluppo Gestione
Diploma di scuola superiore
0,0
0,0
Laurea di I livello
16,7
20,0
Laurea di II livello
83,3
80,0
Master, specializz. post-lauream
Totale
100,0
100,0
Numero di rispondenti
6
5
Esperienza > media
Sviluppo
Gestione
0,0
12,5
22,2
25,0
44,4
50,0
33,3
12,5
100,0
100,0
9
8
I docenti che si sono rivelati buoni conoscitori del mercato del lavoro si
pronunciano per una formazione universitaria avanzata (laurea magistrale o master di
II livello), soprattutto al fine di preparare l’addetto allo sviluppo delle risorse umane,
mentre i docenti meno coinvolti in attività con le imprese tendono a dare valore a
percorsi dopo la laurea di tipo accademico (dottorato di ricerca, scuola di
specializzazione). È sintomatico che le sole differenze di un certo rilievo tra i docenti
che hanno pratica di lavoro con le imprese e quelli che ne sono digiuni sia proprio il
tipo di percorsi formativi: i primi li vedono orientati alla rifinitura professionale in
corsi ai quali partecipano esperti del mondo del lavoro, i secondi ad una formazione
fine di stampo accademico.
Tabella 16. Distribuzione percentuale dei docenti universitari secondo l’opinione
sul minimo livello di formazione necessario per svolgere le attività di addetto allo
sviluppo o alla gestione delle risorse umane e livello di esperienza.
Formazione
Diploma di scuola superiore
Laurea triennale, D.U.
Laurea v.o., magistrale
Master universitario di I livello
Master universitario di II livello
Dottorato ricerca, specializzazione
Totale
Numero di rispondenti
Esperienza ” media
Sviluppo Gestione
5,3
5,3
5,3
42,1
36,8
21,1
15,8
10,5
21,1
10,5
15,8
10,5
100,0
100,0
16
16
Esperienza > media
Sviluppo
Gestione
7,7
23,1
46,2
30,8
7,7
19,2
34,6
26,9
3,8
100,0
100,0
29
29
Definire figure professionali tramite testimoni privilegiati
127
Tabella 17. Percentuale di direttori del personale che ritengono utile la frequenza di
corsi universitari per la preparazione delle due figure professionali, secondo il
livello di esperienza del direttore e l’area disciplinare dei corsi (II round)
Esperienza ” media
Sviluppo RU Gestione RU
Economia
100,0
60,0
Giurisprudenza
66,7
80,0
Ingegneria
16,7
0,0
Psicologia
16,7
60,0
Scienze formazione
16,7
0,0
Scienze politiche
33,3
0,0
Scienze umanistiche
16,7
0,0
Sociologia
33,3
0,0
Numero rispondenti
6
5
Area disciplinare
Esperienza > media
Sviluppo RU Gestione RU
88,9
62,5
55,6
87,5
22,2
12,5
88,9
50,0
11,1
25,0
33,3
37,5
44,4
62,5
22,2
25,0
9
8
Tabella 18. Percentuale di docenti universitari che ritengono utile la frequenza
universitaria per la preparazione delle due figure professionali, secondo il livello di
esperienza del docente e l’area disciplinare dei corsi (III round)
% Area disciplinare
Economica
Formativa
Giuridica
Informatica
Ingegneristica
Psicologica
Sociologica
Statistica
Umanistica
Altra area
Numero rispondenti
Esperienza ” media
Esperienza > media
Sviluppo RU
Gestione RU Sviluppo RU Gestione RU
88,2
94,1
100,0
100,0
76,5
64,7
52,4
81,0
82,4
94,1
90,5
100,0
76,5
94,1
85,7
95,2
70,6
82,4
90,5
95,2
100,0
100,0
95,2
95,2
100,0
88,2
81,0
90,5
76,5
82,4
90,5
90,5
64,7
58,8
57,1
71,4
11,8
11,8
19,0
14,3
17
17
21
21
Per quanto concerne l’ambito di studi universitari che i direttori vedono
appropriati per le due figure professionali (Tab. 17), essendo esigue le frequenze
128
Come si sa se l'esperto è uno che sa?
Analisi dell’esperienza cumulata da testimoni privilegiati in una ricerca Delphi
campionarie, si può solo affermare che i direttori del personale più esperti
attribuiscono una particolare utilità a corsi di ambito psicologico e umanistico, a
corollario di quelli più tradizionali e consolidati di area economica e
giurisprudenziale.
Le materie di studio importanti, secondo i docenti (Tab. 18), sono, invece,
quelle di area economica, giuridica e psicologica per ambo le figure professionali e
senza distinzione tra docenti esperti e non. Va detto, tuttavia, che i docenti potevano
esprimere qualsiasi numero di preferenze per le discipline scientifiche elencate. La
conoscenza della statistica è stata segnalata come importante da circa l’85% dei
docenti e le conoscenze ingegneristiche ancora di più. Si può, solo per la cronaca,
segnalare che hanno avuto minori preferenze, con appena percettibili differenze tra
esperti e non, le aree disciplinari umanistica e formativa.
6.
Conclusioni e proposte
Con questo lavoro si voleva dimostrare che, in una ricerca di tipo Delphi, è possibile
ottenere informazioni efficaci sull’expertise di testimoni privilegiati utilizzando uno
strumento di rilevazione
ʊ agile, composto da pochi quesiti,
ʊ somministrabile in tempo reale, mentre si sta svolgendo la rilevazione
principale,
ʊ generalizzato, ossia non dipendente dall’oggetto della rilevazione e riproducibile
in ricerche di ogni tipo, e
ʊ neutrale, tale da non far sentire l’esperto sotto osservazione.
Lo strumento proposto si è dimostrato effettivamente agile, applicabile e non
invasivo nei confronti degli esperti. Ci piace immaginare che altri applichino lo
strumento di analisi proposto e ne diano un giudizio sulla sostenibilità e sulla validità
come indicatore di expertise.
Per quanto concerne l’utilità dello strumento per una ricerca di tipo Delphi,
l’applicazione ha mostrato che in molti casi gli esperti sono effettivamente in grado
di realizzare performance migliori dei non esperti, anche se abbiamo constatato che
chi ha la maggiore esperienza tende ad assumere una personalità ego-centrica,
abbandonando la ricerca prima degli altri se irritato dall’insistenza implicita nella
procedura e mantenendo le proprie posizioni a dispetto della pressione psicologica
del feedback. Non è escluso che, tra le mancate collaborazioni, si nasconda anche
una qual ritrosia a cedere “gratuitamente” al ricercatore informazioni che possono
avere un valore di mercato o che potrebbero far parte di uno scambio.
Definire figure professionali tramite testimoni privilegiati
129
Se è vero che l’individuazione degli esperti più esperti è utile, è importante
riuscire a scoprire la causa delle mancate collaborazioni o dei precoci abbandoni di
questi esperti, per porvi rimedio.
Non ci spingiamo a proporre la misura dell’expertise come una misura
indiretta dell’accuratezza delle stime nei casi in cui non è possibile determinarla
direttamente, come propone, per esempio, Sniezek (1990). Ancora meno sensata è la
proposta di ponderare le stime in funzione del grado di expertise del soggetto. Ci
resta, infatti, il dubbio, condiviso da Eveleth (1999), sui motivi per cui, in certe
ricerche, i meno esperti fanno meglio degli esperti. In ogni caso, l’applicazione di un
metodo soffice, non irritante, di filtraggio della qualità degli esperti non può che
migliorare la qualità delle stime in un processo Delphi.
È certamente possibile definire un migliore strumento, introducendo altri
quesiti, anche se è cruciale che il pattern sottostante rimanga unidimensionale, al fine
di potersi riferire ad un unico fattore di expertise. L’introduzione di altri quesiti
dovrebbe riguardare aspetti di natura fattuale e altri aspetti che non risentono del
dogmatismo latente in molte persone (Brockhoff, 1975; Mulgrave e Ducanis, 1975;
Armstrong, 1985). Eventuali quesiti di autovalutazione, basati sulla fiducia nelle
proprie capacità di analisi e previsione, come suggerito da Dalkey (1969), Dalkey et
al. (1970), Linstone e Turoff (1975), Wright et al. (1994), vanno verificati quanto a
validità, prima della somministrazione definitiva agli esperti.
Nel percorrere strade nuove per misurare la conoscenza degli esperti, è
necessario definire a priori un modello di conoscenza specifico per l’oggetto su cui si
ricerca. Per ricerche sul lavoro e sulle professioni, si può seguire un modello analogo
a quello proposto da Kwon e Zmud (1987) per la tecnologia dell’informazione.
Innanzitutto, la conoscenza va contestualizzata, riferendola ai fattori dell’ambiente
sociale ed economico che possono influire sulla domanda e l’offerta di lavoro e sulla
formazione e l’esercizio della professionalità.
Dell’organizzazione di appartenenza dell’esperto, si possono rappresentare la
specializzazione, la tendenza a centralizzare, la formalizzazione dei rapporti, la
dipendenza organizzativa interna, le tecnologie adottate, la complessità dei processi
che vi si realizzano, le funzioni in cui sono coinvolte le professionalità in esame, la
loro autonomia, la responsabilità implicita e la varietà dei compiti attinenti al ruolo
sociale e professionale ricoperto.
Dell’esperto, si possono inoltre considerare:
- i percorsi formativi e la relazione con la struttura di appartenenza rispetto al
tipo e alla stabilità del contratto di lavoro.
- La capacità di innovare e, per converso, la resistenza al cambiamento, la
capacità di cogliere la validità delle innovazioni e le attività innovative svolte
dall’esperto. Per esempio, per un ricercatore universitario, può riguardare
l’atteggiamento o l’impegno formativo o di ricerca in alcune nuove
130
Come si sa se l'esperto è uno che sa?
Analisi dell’esperienza cumulata da testimoni privilegiati in una ricerca Delphi
discipline, come le biotecnologie o altre di frontiera delle varie discipline. La
distinzione può riguardare altresì le discipline tecniche e quelle organizzative.
- L’abilità di immaginare situazioni, possibilmente verificabili, in modo da
poter valutare l’abilità dell’esperto nel cogliere i segni del cambiamento.
- La leadership potenziale, come si può indurre anche da alcuni risultati resi
evidenti dalle analisi svolte in questa nota. In questo modo, si può anche
prevedere la sua tendenza a rimanere ancorato alle stime fornite in prima
istanza e ad essere in qualche senso diffidente nei confronti dei feedback.
- La capacità realizzativa e il senso di concretezza. Questi argomenti vanno
posti in modo indiretto, al fine di non insospettire l’esperto sulle intenzioni
valutative. Domande indirette possono essere inserite nel differenziale
semantico che conviene sottoporre al panel ogni volta che si considera
praticabile. Alcune indicazioni in questa direzione sono fornite da Fabbris e
Martini (2008).
- Prima di porre quesiti previsionali, si può far dichiarare all’esperto qual è il
massimo orizzonte temporale per il quale sente di essere efficace nella stima.
Naturalmente, nel chiedere agli esperti informazioni correlate con la possibile
valutazione della loro capacità o volontà di fornire buoni giudizi o previsioni,
bisogna essere indiretti e riferirsi a fatti piuttosto che ad atteggiamenti. L’esperto non
deve pensare, come dice efficacemente Stewart (1991) “Oh, you are going to find
how inconsistent I am”.
Un’ulteriore possibilità da esplorare, nei casi in cui è praticabile, è la
valutazione incrociata da parte di membri che fanno parte della stessa categoria. Per
il caso in cui la selezione avviene con processi “a valanga”, il ricercatore può far
valutare un esperto da uno o più esperti “concatenati”, vale a dire da altre persone
che costituiscono una catena di conoscenza e che lo hanno indicato come persona
adatta a collaborare alla ricerca.
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How Do We Know an Expert is Knowledgeable?
Analysis of Key Witnesses’ Expertise in a Delphi Research
Summary. In this paper we introduce and discuss a criterion for the collection and
analysis of the knowledge shown by two groups of experts involved in three iterations
of an email-based computer-assisted Delphi-type interviewing of human resource
offices. The research contents are the profiles, in terms of technical competencies,
personality traits, employment forecasting and education environment pertinent to
technicians on HR management and HR improvement. The experts are human
resource directors of large and medium size companies and Italian university
teachers. The knowledge we hypothesize is possessed by experts, dependent on their
expertise, is to be correlated with their opinions on professional figures’
representation. The data are analyzed also through multivariate statistical methods.
Keywords. Delphi method; Key witnesses; Expertise; Multivariate analysis.
I lavoratori come informatori delle
qualità delle professioni
Domenica Fioredistella Iezzi1
Dipartimento di “Ricerche Filosofiche”, Università di Roma “Tor Vergata”
Riassunto. I modelli di rappresentazione delle professioni descrivono in forma
schematica i profili professionali dei lavoratori. Le tipologie di modelli esistenti
possono essere suddivise in due macro-gruppi: top-down o enumerativi di categorie e
bottom-up o descrittivo-analitici. I modelli più popolari utilizzano l’approccio teorico
bottom-up, supportato da ricerche empiriche periodiche condotte sui lavoratori. In
Italia, dopo varie sperimentazioni, si è arrivati ad un modello descrittivo-analitico
detto Job Competence Model che utilizza descrittori del profilo professionale definiti
dai lavoratori. Tale modello è stato utilizzato anche come raccordo tra i nuovissimi
corsi di laurea e il mondo del lavoro.
Parole chiave: Profili professionali; Modelli di rappresentazione delle professioni
Competenze.
1.
Introduzione
I processi di produzione di beni e servizi dei paesi industrializzati stanno subendo
una trasformazione che riguarda non soltanto le quantità e i criteri di produzione, ma
anche e soprattutto il modo in cui le risorse umane sono impiegate nei processi. I
lavoratori impegnati nella produzione di beni diminuiscono e aumentano quelli che
erogano servizi e nascono sempre nuove professioni a fianco di quelle tradizionali. Si
è quindi aperto un dibattito sulla necessità di rilevare, con nuovi strumenti, i
cambiamenti che accompagnano le attività lavorative, soprattutto quelle del terziario
avanzato, in cui è fondamentale possedere competenze di alta formazione.
Di conseguenza, gli interrogativi sull’interpretazione del cambiamento del
mercato del lavoro si sono tradotti in nuovi e complessi dilemmi per i sistemi
1
Il presente lavoro è stato realizzato con un cofinanziamento del MIUR e dell’Università di Padova
nell’ambito del PRIN 2005 “Modelli e metodi per abbinare profili formativi e bisogni di
professionalità di comparti del terziario avanzato” e con un contributo di completamento dell’agenzia
per il lavoro GI-Worknet spa. Coordinatore nazionale del PRIN e della presente ricerca è L. Fabbris.
136
I lavoratori come informatori delle qualità delle professioni
formativi, quello universitario incluso, da sempre accusati di essere in ritardo con i
tempi. Tempo fa un individuo poteva investire in un percorso di istruzione che gli
consentiva di acquisire un insieme di conoscenze che avrebbe utilizzato per tutta la
vita; oggi un lavoratore deve adattarsi ad un mercato in cui le conoscenze sono
soggette ad una perenne obsolescenza, modificando, nei fatti, le logiche dell’attività
lavorativa, della crescita professionale e la stessa relazione fra la professione e il
corpo di conoscenze su cui era fondata.
Nel cosiddetto Spazio europeo dell’istruzione superiore, l’Italia si è dovuta
confrontare con altri Paesi, ridisegnando i contenuti e l’architettura dei propri corsi
universitari (Iezzi, 2005). Nel Comunicato di Berlino del 2003, gli Stati membri
dell’UE si sono impegnati formalmente ad elaborare, entro il 2010, uno schema di
riferimento per i titoli di istruzione superiore, al fine di descrivere ogni titolo di
studio in termini non solo di carico di studio e di obiettivi formativi, ma anche di
competenze e di profili professionali.
In Italia, la nuova normativa sui corsi universitari (DM 207/04 e successive
modifiche) richiede per “i nuovissimi corsi di laurea” di dare indicazione sui
possibili sbocchi occupazionali, esplicitando da tre a sei Unità Professionali (UP)
elencate nella Nomenclatura delle unità professionali (ISTAT, 2007). Il Consiglio
Universitario Nazionale (CUN) è chiamato ad esprimere un parere sugli ordinamenti
dei corsi di studio valutandoli sia in base alla coerenza tra i contenuti formativi e gli
sbocchi occupazionali e professionali previsti, sia sulla base di una lista di profili
professionali di cui si dà contezza nel Par. 4.
La definizione di un modello di rappresentazione delle professioni è stato ed è
al centro di un vivace dibattito che riguarda “un cambiamento di paradigma e di
prassi gestionale delle risorse umane in linea con la nuova centralità acquisita nelle
organizzazioni degli attori e delle loro logiche d’azione” (Consoli e Benadusi, 1999).
Da questo trae origine anche il dibattito per la definizione di sistemi informativi del
lavoro (Gallino, 1993).
Negli ultimi vent’anni, si è passati da un approccio tradizionale, che
valorizzava soprattutto le mansioni svolte, i titoli di studio e le esperienze maturate
dai lavoratori, ad uno basato sulle competenze, che enfatizza le conoscenze, le
capacità e gli atteggiamenti orientati al lavoro delle persone (Horton, 2002). Dagli
anni ’90, il sistema statunitense O*Net (Occupational Information Network: Peterson
et al., 1999) e quello francese ROME (Répertorire Opérationnel des Métier et des
Emplois: ANPE, 1995) hanno rappresentato gli esemplari di modelli di tipo “job
competencies”. Dal 1998 al 2002, il gruppo di lavoro DeSeCo (Definition and
Selection of Key Competencies) ha individuato le competenze chiave per una vita di
“successo” e una serie di indicatori volti a interpretare lo sviluppo sociale ed
economico di un paese (Fabbris, 2007).
Definire figure professionali tramite testimoni privilegiati
137
In Italia, sono state condotte diverse sperimentazioni con l’obiettivo di
strutturare un modello atto a descrivere le professioni in modo unitario, flessibile ed
organico. Nel 2002, il Ministero delle Finanze italiano, in collaborazione con l’
Istituto Nazionale di Statistica (ISTAT) e la Direzione delle entrate della Regione
Campania, ha svolto un’indagine statistica sulle competenze richieste ai lavoratori
delle sedi di Acropoli, Aversa ed Avellino, adottando un modello di rappresentazione
delle professioni basato sulle competenze (Cerase, 2002; Iezzi, 2003). Nel 2007,
l’Istituto per lo Sviluppo della Formazione Professionale (ISFOL) e l’ISTAT hanno
pubblicato la Nomenclatura delle Unità Professionali (NUP), che rappresenta un
avanzamento della Classificazione delle professioni dell’ISTAT 2001, detta CP 2001
(Scarnera, 2001). La NUP è concepita come uno strumento di raccordo tra i
fabbisogni professionali e i fabbisogni occupazionali, nell'ambito della costruzione di
un sistema nazionale di osservazione permanente dei fabbisogni.
Nella presente nota, si analizzano i principali modelli per la rappresentazione
delle professioni, con una particolare attenzione ai profili formativi che richiedono
una formazione di livello universitario. Nel Par. 2 si descrivono alcuni modelli di
rappresentazione delle professioni, nel Par. 3 si mettono in evidenza alcuni sistemi di
classificazione delle professioni in ambito internazionale, nei Paragrafi 4 e 5 si
illustrano lo schema teorico e l’indagine condotta sui lavoratori, che hanno condotto
alla definizione delle competenze per unità professionali della NUP.
2.
Modelli di rappresentazione delle professioni
Individuare un modello rappresentativo di una professione significa anzitutto definire
la professione da schematizzare. Secondo la CP 2001, in coerenza con la definizione
dell’International Standard Classification of Occupation (ISCO) del 1988, una
professione è «…un complesso di attività lavorative concrete, unitarie rispetto
all’individuo che le svolge, che richiama, a vari livelli, statuti, conoscenze,
competenze, identità e sistemi di relazione propri».
Tutte le definizioni individuabili nella letteratura hanno in comune la
multidimensionalità. Kochan et al. (1999) individuano quattro dimensioni nel
processo di rappresentazione delle professioni: (1) che cosa gli individui fanno per
vivere; (2) come gli individui fanno ciò che fanno; (3) in quali contesti organizzativi,
istituzionali e sociali svolgono il proprio lavoro; (4) come il lavoro influisce ed è
connesso ad altri aspetti della vita quotidiana.
La rappresentazione dei profili professionali che riesce ad esprimere, in
maniera più compiuta, la complessità dell’attuale mondo del lavoro è quella che si
basa sull’approccio alle competenze (Job Competence Model). Secondo questo
138
I lavoratori come informatori delle qualità delle professioni
approccio, la competenza è «costituita da un particolare insieme di attributi, come le
conoscenze e le abilità utilizzate nello svolgere un’attività specifica [e] dal
significato che il lavoro assume nell’esperienza del lavoratore» (Sandberg, 2000).
Sandberg distingue gli approcci in «worker-oriented», «work-oriented» e
«multimethod-oriented». In base agli approcci worker oriented, la competenza è
costituita da attributi posseduti dai lavoratori, quali conoscenze, capacità, abilità e da
caratteristiche personali2 necessarie per una performance efficace. Negli approcci
work-oriented la competenza è considerata un insieme specifico di attributi
dell’attività di lavoro. Multimethod-oriented è l’approccio misto. Nel modello
worker-oriented di Spencer e Spencer (1995), la competenza può essere scomposta e
ricomposta in componenti o dimensioni (conoscenze specialistiche, capacità, abilità,
attitudini, motivazioni, tratti della personalità, immagini di sé).
Si possono distinguere i sistemi di analisi del lavoro e delle professioni
secondo l’approccio in (Wootton, 1993):
1.
top-down, o enumerativi di categorie,
2.
bottom-up, o descrittivo-analitici.
I sistemi top-down rispondono alla necessità di rilevare e studiare le
professioni svolte in un paese. Individuano alcune macro-categorie definite da uno o
più criteri generali, ripartite in sotto-categorie fino alla categoria di maggior
dettaglio.
I modelli classificatori top-down sono quelli comunemente adottati dai
sistemi statistici nazionali. Tra questi la Nomenclature des Catégories
Socioprofessionelles dell’Istituto nazionale di statistica francese, la Clasificación
Nacional de Ocupaciones dell’Istituto nazionale di statistica spagnolo, lo Standard
Occupational Classification statunitense, la CP2001 dell’ISTAT, l’ISCO-88
dell’International Labour Office. Questi modelli hanno il limite di non superare la
frammentazione dei sistemi di analisi del lavoro e delle professioni e non sono in
grado di cogliere appieno il cambiamento (Scarnera, 2004).
I sistemi top-down seguono un’impostazione del lavoro di tipo tradizionale,
ponendo l’enfasi classificatoria sui lavori e sui titoli formali e sulle esperienze
maturate dalle persone come indicatori predittivi della possibile performance. Quelli
bottom-up danno, invece, risalto alle competenze formali, acquisibili, focalizzando
l’attenzione su conoscenze, capacità, abilità, atteggiamenti e comportamenti dei
lavoratori. Applicando quest’ultimo approccio, la descrizione dell’attività è
minuziosa e i contenuti del lavoro sono rappresentati in base ad un insieme di
caratteristiche. Nel panorama internazionale, i sistemi ROME e O*Net sono un
esempio di sistemi descrittivo-analitici.
2
Come precisa Fabbris (2007), quando si parla di tratti della personalità per l’esercizio di un’attività
professionale, si definiscono solo alcuni tratti specifici e non si citano, per esempio, la memoria, la
motivazione, il temperamento, che sono importanti per potersi affermare in qualunque attività.
Definire figure professionali tramite testimoni privilegiati
139
I modelli di tipo bottom-up definiscono il profilo di una professione a partire
da una struttura a matrice. Un prototipo di struttura bottom-up per professioni
specializzate deve tener conto di almeno due aspetti: la matrice di esigenze di
competenze (sY) del settore economico s-esimo e quella di competenze professionali
dei profili formativi (cX) in uscita dai corsi universitari e post-universitari (Fig. 1).
Figura 1 Matrice di esigenze di competenze (sY) e dei profili formativi (fX)
s y11
"
"
k " K
s y1k " s y1K
i
#
s yi1
"
s yik
n
s yJ1
1
1
1
#
#
sY
"
s yiK
s yi c
" s yJk " s ynK
s yk
X
l
#
C
1
"
j
"
J
c 11
x
"
c 1j
x
"
c 1J
c l1
x
"
c lj
x
"
c lJ
x
"
c Cj
x
" c xCJ
c C1
x
x
x
c l
z
Il prodotto di Kronecker tra la matrice sY=[yik] di dimensioni (nxK) e cX=[xlc]
di dimensione (CxJ) forma la matrice scZ=[zilkz] del profilo professionale:
f j
Y …c X lj
s ik
sc
Z ilukj
dove syik denota la k-esima competenza dell’i-esimo profilo professionale utile per
realizzare la s-esima attività professionale (i=1,…, n; k=1,…, K) e cxij denota la jesima competenza formate nell’l-esimo corso universitario (l=1,…, C e j=1,…, J).
Una procedura bottom-up è sicuramente più complessa di una di tipo topdown, dove le relazioni sono di tipo piramidale. Con la prima, il profilo della
professione non è definito a priori da una classificazione, ma può essere descritto dai
lavoratori, nella veste di informatori delle qualità della professione. In tal modo, è
possibile definire nuove professioni, individuare l’obsolescenza di quelle tradizionali
e, con criteri opportuni, progettare nuovi profili formativi.
2.1
La classificazione delle professioni dell’ISTAT
La CP 2001 segue la logica della classificazione ISCO-88, che si fonda sul criterio
della competenza (skill) definito come la capacità di svolgere i compiti di una data
professione e visto nella sua duplice dimensione del livello (skill level) e del campo
delle competenze (skill specialization). Le figure professionali che operano nello
140
I lavoratori come informatori delle qualità delle professioni
stesso campo sono così distinte dal livello di competenza che devono esercitare e,
indirettamente, dal livello di istruzione formale richiesto per quel compito.
Secondo Kochan et al. (1999), l’ISCO-88 ha i seguenti obiettivi:
1
facilitare la comunicazione internazionale in materia di analisi delle
professioni;
2
fornire a riguardo dati a livello internazionale utili alla ricerca;
3
porsi come un modello per i paesi che non dispongono di un sistema
completo delle professioni.
Utilizzando i concetti del campo e del livello di competenze, la classificazione ISCO88 definisce una partizione delle professioni che partendo da 10 «grandi gruppi»
identifica 28 «sotto-gruppi», 116 «gruppi minori» e 390 unit groups.
La CP 2001, edita dall’Istat (2001) e rivedibile ogni 10 anni, ripropone la
medesima logica del sistema ISCO-88: 9 “Grandi gruppi” includono 37 “Gruppi” che
a loro volta contengono 121 “Classi” che contengono 519 “Categorie” e 6.300 “Voci
professionali” (Tab. 1).
Tabella 1. Grandi gruppi per numero di gruppi, classi, categorie e voci professionali
(Fonte: Istat, 2001)
Quattro sono i livelli di istruzione formale utilizzati nella CP 2001. Il quarto
comprende la laurea o un titolo di studio post-universitario; il terzo un diploma
quinquennale di scuola secondaria superiore, un titolo post-secondario o un titolo
universitario di primo livello; il secondo una qualifica o il conseguimento
Definire figure professionali tramite testimoni privilegiati
141
dell’obbligo scolastico, con un eventuale breve periodo di formazione professionale.
Il primo livello prevede soltanto l’alfabetizzazione di base.
Nella Tab. 2 si può vedere come i quattro livelli di istruzione intervengono a
definire sette dei nove grandi gruppi della classificazione e a costruire una struttura
sostanzialmente gerarchica [fanno eccezione “Legislatori, dirigenti e imprenditori”
(Primo grande gruppo) e “Forze armate” (Nono grande gruppo)]. Le “Professioni
intellettuali, scientifiche e di elevata specializzazione” (Secondo grande gruppo)
prevedono, per l’esercizio della professione, il possesso di una laurea o un titolo
post-universitario.
Tabella 2 Grandi gruppi per livello di istruzione richiesto (Fonte: Istat, 2001)
3.
I dizionari delle professioni
I modelli classificatori spesso costituiscono rappresentazioni parziali della realtà
occupazionale. Al contrario, i dizionari delle professioni possono rappresentare, in
maniera esaustiva, le professioni in un dato momento storico.
Il primo esemplare di dizionario delle professioni fu il Dictionary of
Occupational Titles (DOT). Il DOT fu programmato dal Wagner-Peyser Act del
1933 per far fronte alla grande crisi del 1929. La prima edizione fu pubblicata nel
1939, a cura del Department of Labor degli Stati Uniti, dopo un intenso e sistematico
programma di raccolta di informazioni sulle professioni. Le finalità del DOT
nell’intento del legislatore erano quelle di costruire un linguaggio comune per
142
I lavoratori come informatori delle qualità delle professioni
identificare le professioni circolanti sul mercato del lavoro federale e di fornire uno
strumento a supporto delle attività di job placement dei Public Employment Services.
In 75 anni di vita, il DOT ha visto soltanto 4 edizioni pubblicate, l’ultima fu
pubblicata nel 1991 ed è una revisione della versione del 1977, la quarta.
Figura. 2 Esempio di figura professionale in DOT
Il DOT permette di rappresentare in modo standardizzato tutte le occupazioni
in base ai compiti svolti. Nell’ultima edizione si contano oltre 12.000 codifiche.
Rimane il problema dell’obsolescenza di alcuni titoli e la scarsa utilizzazione di altri.
Il DOT consente di collegarsi direttamente al sistema Occupational Information
Network (O*Net) del Dipartimento del lavoro degli Stati Uniti.
O*Net è un database interattivo, che scompone l’informazione occupazionale
secondo descrittori standard, quantificando abilità, conoscenze e atteggiamenti
immanenti in diversi lavori, ed evidenzia gli elementi chiave che determinano le
performance lavorative.
Il sistema si fonda su tre elementi:
1)
descrittori trasversali di lavoro: i lavori devono essere descritti mediante
variabili ad alta generalità ed astrattezza, che attraversano trasversalmente i lavori;
2)
finestre multiple che permettono di osservare i lavori da sfaccettature diverse;
3)
organizzazione delle variabili interne alle finestre di tipo gerarchico.
I descrittori presentano uno schema concettuale che si basa su 6 macrodescrittori con finestre multiple (Fig. 3): i requisiti del lavoratore (conoscenze, skill
Definire figure professionali tramite testimoni privilegiati
143
di base e istruzione), le esperienze richieste (addestramento, esperienza e licenze), i
requisiti della professione (attività di lavoro generalizzate, contesto lavorativo ed
organizzativo), le caratteristiche specifiche della professione (competenze
professionali, i compiti, le mansioni, le attività dettagliate, i macchinari e le
attrezzature), informazioni specifiche sulla professione (informazioni sul mercato del
lavoro, previsioni occupazionali e retribuzioni) e caratteristiche del lavoratore
(capacità, interessi e stile di lavoro).
Figura 3 Lo schema concettuale di O*NET
Requisiti del lavoratore
-Conoscenze
-
Skill di base
Istruzione
Caratteristiche del lavoratore
-capacità
-
Interessi
Esperienze richieste
-Addestramento
-Esperienza
- Licenze
Requisiti della professione
-Attività di lavoro
generalizzate
O*Net
-
Stile di lavoro
Informazioni specifiche sulla
professione
-Informazioni sul mercato del
lavoro
-previsioni occupazionali
- retribuzioni
Contesto lavorativo
Contesto organizzativo
Caratteristiche specifiche della
professione
-
Competenze professionali
Compiti, mansioni, attività
dettagliate, macchinari ed
I domini permettono di descrivere in maniera analitica ciascun descrittore. Se
per esempio, si vogliono esaminare le caratteristiche del lavoratore, queste sono
descritte in base alle capacità, agli interessi e agli stili di lavoro. Le capacità sono di
tipo cognitivo, psicomotorio, fisiche e sensoriali. Quelle cognitive descrivono le
capacità verbali, di generazione di idee, logiche, quantitative, percettive, spaziali e
d’attenzione. Quelle verbali sono di comprensione scritta e orale, di espressione
scritta e orale. La valutazione avviene in base al livello di importanza e al livello di
competenza (Fig. 4).
La scala utilizzata per valutare l’importanza è a 5 punti con un’etichetta
verbale che va da 1=“nessuna importanza” a 5=“massima importanza”. Quella per
misurare il livello di comprensione è ordinale a 7 punti con 3 ancoraggi verbali nelle
posizioni intermedie (Fig. 5).
I lavoratori come informatori delle qualità delle professioni
144
Figura 4. I sottodomini del modello O*Net
Caratteristiche del
lavoratore
’
Capacità
Capacità
Interessi
cognitive
psicomotorie
fisiche
sensoriali
Cognitive
Verbali
Generazione di idee
Logiche
Quantitative
Percettive
Spaziali
Attenzione
Verbali
Valutazione
Comprensione orale
Comprensione scritta
Espressione orale
Espressione scritta
* Importanza
* Livello di
competenza
Figura 5 Esempio di scale adottate nei questionari O*Net
1.
T he ab ility to listen to and und ersta nd
info rm a tio n a nd id e as p re se nted thro ug h
sp o ken w o rks and sente nce s.
O ral C om prehension
A . H ow im p ortan t is O R A L C O M PR E H E N SIO N to the p erfo rm an ce of your cu rrent job?
N ot
Im portant*
S om ew hat
Im portant
Im portant
V ery
Im portant
E xtrem ely
Im portant
1
2
3
4
5
* If you marked N ot Imp ortant, skip L E VE L b elow and go on to the next activity.
B . W h at level of O R A L C O M PR E H E N SIO N is needed to p erfo rm your cu rrent job?
U nd erstan d a
television com mercial
1
2
U n de rstand a lectu re
o n a dvan ced p hysics
U ndersta nd a coac h’s ora l
instruc tio n s for a sport
3
4
5
6
7
H ighest L e vel
I questionari utilizzati per alimentare il sistema O*NET sono composti da 11
sezioni:
1.
Abilities
2.
Background information
3.
Education and training
Definire figure professionali tramite testimoni privilegiati
145
Generalized work activities
Knowledge
Skills
Tasks
Work context
Work styles
Work values
Organizational Context.
Le sezioni sono specializzate per categoria di rispondente e per obiettivo. Per
esempio, la sezione sulle “abilities” è somministrata ad un panel di esperti, quella sui
“work values” è impiegata per specifiche ricerche ed è rivolta a tutti gli altri a
lavoratori. Ciascun lavoratore risponde ad un solo questionario, fuori dall’orario di
lavoro, per via postale o web. Questa modalità di somministrazione, quantunque sia
in genere incentivata con un contributo economico, non riesce ad evitare un alto
tasso di caduta delle risposte (circa il 60%).
Il sistema O*Net è un esempio importante di sistema bottom-up. La griglia di
scomposizione e classificazione delle caratteristiche del lavoratore e dei descrittori
dell’attività lavorativa conta circa 1.150 codifiche. Il sistema di rilevazione è
aggiornato e migliorato continuamente sul piano metodologico.
Nel modello francese ROME, una competenza è definita come “un insieme di
sapere, saper fare e saper essere, che si manifesta nell’esercizio di un mestiere in una
data situazione” (Farinella, 2002). Realizzato dall’Agence Nationale pour l’Emploi
(ANPE) a partire dalla seconda metà degli anni settanta, descrive le professioni alla
stregua di un vero e proprio dizionario e definisce i profili professionali sulla base di
tre categorie di competenze: (i) di base, (ii) associate o trasversali, (iii) specifiche.
Gli strumenti metodologici utilizzati dal ROME sono: (a) l’indice alfabetico
dei nomi; (b) la nomenclatura ROME; (c) il dizionario degli impieghi-mestieri; (d) le
aree di mobilità. I punti di forza del ROME sono la capacità di rappresentare le
professioni in modo completo, anche se la centralità del concetto di categoria
professionale vincola il sistema ad un contesto nazionale, ed è perciò difficilmente
esportabile.
4.
5.
6.
7.
8.
9.
10.
11.
4.
Il modello italiano: la Nomenclatura delle Unità Professionali
La NUP, adottata in Italia, fa riferimento al modello O*Net sia come schema teorico
che empirico. Partendo dal quadro costituito della CP 2001,
o
rende più analitica la classificazione del 2001 con la creazione di un
quinto digit e individua i cluster “di unità professionale”
I lavoratori come informatori delle qualità delle professioni
146
o
aggiunge contenuti alla classificazione realizzando un vero e proprio
dizionario del lavoro.
In questo nuovo quadro, le 6.300 voci professionali e le 519 categorie del
CP2001 sono state sostituite da 811 Unità Professionali (Tab. 3). Ciascuna UP è stata
concepita per ospitare, al proprio interno, professioni quanto più possibile omogenee
tra loro.
ISTAT e ISFOL hanno realizzato un’ampia indagine campionaria per rilevare
pressi i lavoratori gli aspetti del profilo professionale svolto, adattando il modello
O*Net alla realtà italiana (Gallo e Lorè, 2006). L’indagine ha coinvolto oltre 16.400
lavoratori appartenenti alle professioni attive in Italia. È stato loro somministrato un
questionario unico per rilevare le caratteristiche del lavoro svolto, le caratteristiche
necessarie al lavoratore per realizzare una performance ottimale e le caratteristiche
del contesto di lavoro. L’indagine, con oltre 150 attributi, fornisce informazioni
dettagliate riguardo a: Compiti e attività specifiche, Conoscenze, Skill, Attitudini,
Attività generalizzate, Condizioni di lavoro, Personalità, Stili di lavoro, Valori per la
professione.
Tabella 3. Grandi gruppi di UP per numero di gruppi, classi, categorie e unità
professionali (fonte: Istat, 2007)
Grandi
Gruppi
I
Gruppi
Classi
Categorie
Professionali
Unità
Professionali
Legislatori, dirigenti e imprenditori
Professioni intellettuali, scientifiche e di
elevata specializzazione
3
8
48
56
6
17
69
157
III
Professioni tecniche
4
17
92
161
IV
Impiegati
Professioni qualificate nelle attività
commerciali e nei servizi
2
6
37
43
5
11
47
61
6
24
108
182
II
V
VI
VII
Artigiani, operai specializzati ed agricoltori
Conduttori di impianti e operai
semiqualificati addetti a macchinari fissi e
mobili
4
22
89
116
VIII
Professioni non qualificate
6
15
28
28
IX
Forze Armate
1
1
1
1
37
121
519
805
Il campione per la rilevazione è stato estratto dall’indagine continua sulle
forze lavoro dell’ISTAT, che fornisce la distribuzione delle professioni, classificate
secondo il CP 2001, per settore di attività economica ATECO. Per ciascuna
professione, è stato individuato il settore di attività economica in cui si concentrano
maggiormente le aziende che ospitano quel tipo di lavoratori. Le interviste sono state
Definire figure professionali tramite testimoni privilegiati
147
effettuate dal mese di marzo 2006 al marzo 2007 utilizzando un sistema CAPI
(Computer Assisted Personal Interviewing). Il campione di lavoratori da intervistare
è stato selezionato da tre liste di nominativi: quelli che operavano nelle imprese,
negli enti e nelle professioni libere.
Ciascuna UP è corredata da una definizione e da esempi di applicazioni3. La
NUP si presenta come un modello misto di descrizione delle professioni: da un lato il
sistema è un aggiornamento della CP 2001, quindi deriva da un modello gerarchico
di tipo top-down, d’altro lato introduce i descrittori delle professioni, configurandosi
come un modello bottom-up.
I principali tipi di informazione contenuti nel sistema sono ISFOL sono:
•
la descrizione delle caratteristiche delle UP,
•
gli andamenti dei settori di attività economica (ATECO),
•
le anagrafi settoriali dei fabbisogni rilevati,
•
la descrizione dei fabbisogni organizzata in schede monografiche,
•
il collegamento con le schede forze lavoro dell’ISTAT,
•
le previsioni di assunzione di breve termine correlabili ai fabbisogni
professionali, prodotte dall’Unioncamere,
•
le previsioni di occupazione di medio termine correlabili ai fabbisogni
professionali, realizzate dall’ISFOL.
L’indagine ISTAT-ISFOL ha richiesto una lunga fase di preparazione per la
definizione delle attività giornaliere del lavoratore. L’intervista iniziava con la
richiesta al lavoratore di rispondere alle seguenti domande: “In che cosa consiste il
tuo lavoro?” e “Quali sono le attività che svolgi regolarmente durante la tua
giornata di lavoro?”. I 20 rispondenti, selezionati per ciascuna UP, dovevano creare
una lista da un minimo di 5 ad un massimo di 10 attività. Le risposte sono state
utilizzate per la creazione dettagliata di tutte le attività per quella UP (Della Ratta et
al., 2007).
Le risposte aperte sono state trattate con le tradizionali analisi lessico-testuali:
analisi del linguaggio peculiare, segmenti ripetuti, parole caratterizzanti e analisi
delle corrispondenze, che hanno consentito di stilare una lista semi-standardizzata
delle attività, conservando i contenuti del testo. Nella Tab. 4 si può vedere come, nel
caso della UP “Fisici” (digit 2.1.1.1.1), i compiti e le attività specifiche4 della
professione, consentono di ottenere una struttura semi-strutturata ponderata. I Fisici,
che rientrano nel grande gruppo “Professioni intellettuali, scientifiche e di elevata
specializzazione”, svolgono attività di coordinamento e partecipazione a lavori di
gruppo e richiedono studio e aggiornamento continui.
3
Le schede descrittive delle UP possono essere consultate in:
http://fabbisogni.isfol.it/Fabbisogni/Navigazione_per_Professioni/index.scm.
4
I compiti sono insiemi di attività prevalenti e/o rilevanti svolti dalla professione per raggiungere
risultati e obiettivi determinati nell’ambito di un contesto lavorativo.
148
I lavoratori come informatori delle qualità delle professioni
Tabella 4. Compiti e attività specifiche dei Fisici (Fonte: Isfol, 2008)
ATTIVITA' SPECIFICHE
Coordinare o partecipare a gruppi di lavoro o di ricerca
Coordinare le attività e gestire l'organizzazione della struttura
Studiare e aggiornarsi
Fare formazione/informazione per personale specializzato
Pianificare e programmare indirizzi di ricerca
Gestire progetti di ricerca
Fare ricerca scientifica sui fenomeni fisici
Prendere parte a comitati o organismi nazionali e internazionali
Svolgere attività didattiche
Raccogliere e analizzare dati sperimentali
PUNTEGGIO
100
94
86
83
83
83
83
83
73
71
Per questi lavoratori, come per tutti i profili professionali che rientrano nel
macro-gruppo II, è richiesta una “elevata conoscenza – in genere acquisibile
attraverso il completamento di un percorso di istruzione di tipo universitario o postuniversitario – e di esperienza in ambito scientifico, umanistico o artistico” (ISTAT,
2007). L’attività richiede un elevato livello di competenze a carattere
prevalentemente cognitivo e, conseguentemente, un titolo universitario almeno di
secondo livello. Il compito delle UP del II Grande gruppo è di arricchire le
conoscenze esistenti, conducendo ricerche scientifiche, interpretando teorie e norme,
con performance di elevato livello in campo artistico, culturale e scientifico. Il III
Grande gruppo “professioni tecniche” richiede, invece, capacità soprattutto
applicative e, quindi, un’istruzione universitaria di primo livello. I lavoratori di
questo gruppo di UP “svolgono un’attività di supporto tecnico-applicativo in ambito
scientifico, umanistico ed economico-sociale, sportivo ed artistico” (ISTAT, 2007).
L’indagine italiana ha adottato un questionario composto di 4 aree tematiche,
10 sezioni e 150 item. Le aree tematiche riguardano:
A)
Requisiti del lavoratore
A.1) Conoscenze
A.2) Skill
B)
Caratteristiche del lavoratore
B.1) Attitudini
B.2) Valori professionali
B.3) Stili di lavoro
C)
Requisiti della professione
C.1) Attività generalizzate del lavoro
C.2) Condizioni di lavoro
D)
Caratteristiche specifiche della professione
Definire figure professionali tramite testimoni privilegiati
149
D.1)
Attività dettagliate
Le scale di misura sono le stesse delle indagini O*Net, che rilevano le
competenze in base all’importanza e al livello di utilizzo. Per l’importanza, la scala è
a 5 punti con etichette verbali (non importante, appena importante, importante, molto
importante, assolutamente importante). Ciascuna etichetta costituisce un ancoraggio
per una scala grafica che consente di misurare le valutazioni dei lavoratori su una
scala cardinale da zero a 100 (Fig. 6).
Figura 6. Scala utilizzata nella rilevazione ISTAT-ISFOL per misurare il livello di
importanza delle competenze
Non
importante
Poco
importante
Importante
Molto
importante
0
Assolutamente
importante
100
Per il livello di utilizzo delle competenze, il lavoratore biffa una scala grafica
da zero a 100, con tre ancoraggi verbali. Nella Fig. 7 si vede, per esempio, che la
lettura può avere diversi livelli di utilizzo: uno basso che consiste nella lettura di
istruzioni per compilare un modulo, uno intermedio che consiste nella stesura di una
nota direzionale per le nuove politiche del personale, e uno alto che consiste nella
lettura di articoli pubblicati su riviste scientifiche.
Figura 7. Scala utilizzata per misurare il livello di utilizzo della lettura
Leggere punto per punto le istruzioni per compilare un modulo
Leggere una nota della direzione sulle nuove politiche per il personale
Leggere su una rivista scientifica un articolo che descrive procedure chirurgiche
100
0
5.
Conclusioni
La NUP costituisce per il sistema italiano un’esperienza importante, in quanto per la
prima volta si ha a disposizione un sistema completo per la definizione delle
professioni che non è soltanto una costruzione teorica, definita a priori, ma si fonda
su un’indagine empirica.
150
I lavoratori come informatori delle qualità delle professioni
Rimane aperta l’esigenza di alimentare il sistema con un flusso continuo di
informazioni, quindi, dotarlo di una ricerca sul campo continua, che possa dare
precise indicazioni sulle trasformazioni in atto nel mercato del lavoro. Questa
necessità di interpellare i lavoratori, in maniera continua, consentirebbe di rendere
anche più efficace quel dialogo che si è aperto fra università e mondo del lavoro.
Riferimenti bibliografici
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Definire figure professionali tramite testimoni privilegiati
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Job Analysis According to Workers
Summary. Workers’ professional profile models can de divided into two typologies:
top-down and bottom-up. The modern models adopt a bottom-up approach,
supported by periodical surveys on workers. The Italian National Statistical Institute
(ISTAT) together with the Institute for the Development of Workers’ Vocational
Training (ISFOL) proposed a bottom-up model supported by an empirical study
aimed at describing workers’ characteristics required for their job. From the year
2008, this model is to be used to link study programmes of the Italian universities
with the likely professional profiles of the job market.
Keywords: Job analysis; Professional profiles; Competencies.
Classificazione e descrizione delle professioni:
il modello Isfol-Orientaonline
Pietro Taronna1
Isfol, Roma
Riassunto. In questo lavoro si presenta la metodologia di analisi del progetto
Orientaonline dell’Isfol. Il progetto parte dal Repertorio delle professioni dell’Isfol e
tenta di rispondere alle carenze strutturali delle attuali classificazioni. Tenendo conto
delle classificazioni ufficiali italiane e delle esperienze di altri Paesi, Orientaonline
ha svolto ricognizioni e analisi delle professioni facendo riferimento all’area
occupazionale e alla figura professionale tipo. Le aree occupazionali sono 34 e sono
classificabili in tre macro-aree: della produzione di beni, della produzione di servizi
e aree trasversali o comuni. Attualmente sono stati pubblicati gli studi relativi a 23
aree occupazionali e le schede di circa 350 figure professionali.
Parole chiave: Orientaonline; Professione; Figura professionale; Formazione;
Orientamento.
1.
Premessa
Il progetto Orientaonline (www.isfol.it/orientaonline) rappresenta un complesso
lavoro metodologico e di analisi messo a punto a partire dal Repertorio delle
professioni dell’Isfol per rispondere in modo organico alle carenze strutturali delle
classificazioni delle professioni vigenti nel nostro Paese. Il criterio economico che è
alla base delle categorie concettuali e descrittive delle professioni le rende
strumentali quasi esclusivamente ad analisi di tipo economico-statistico (Milanaccio,
1981). Queste considerazioni sono ancora più evidenti se si considerano gli interventi
a fini di formazione, istruzione e orientamento.
Il risultato di questo processo di approfondimento metodologico è anche un
rinvio ai diversi target di riferimento. Si è così definito uno strumento concettuale ed
1
Il presente lavoro è stato presentato nell’ambito del progetto “Modelli e metodi per abbinare profili
formativi e bisogni di professionalità di comparti del terziario avanzato”, cofinanziato dal MIUR e
dall’Università di Padova. Coordinatore del progetto è Luigi Fabbris.
Classificazione e descrizione delle professioni: il modello Isfol-Orientaonline
154
operativo che può essere di supporto alle attività connesse con la formazione,
l’istruzione, l’orientamento.
Il primo problema affrontato nel progetto è stato quello di definire un sistema
che consentisse una lettura integrata, coerente e dinamica della realtà produttiva e
professionale del nostro Paese. A tale scopo, tenendo sullo sfondo le classificazioni
nazionali correnti2 e facendo tesoro delle esperienze realizzate in altri paesi,
primariamente all’esperienza O*Net negli USA (Peterson et al., 1999; U.S.
Department of Labor, 2008) e ROME in Francia (ANPE, 1995), si è provveduto a
definire categorie di analisi più consone con gli obiettivi di chi opera nei nostri
ambiti di interesse. Il Repertorio delle professioni, commissionato dal Ministero del
Lavoro all’Isfol negli anni ’90, ha rappresentato il primo tentativo organico di
risposta ad una realtà professionale e del lavoro in rapida evoluzione (Isfol, 1987).
Nel seguito, si presentano i concetti basilari delle unità d’analisi (Par. 2), lo
stato dei lavori e i modelli operativi adottati per l’analisi delle aree occupazionali e
delle figure professionali (Par. 3) e alcune considerazioni conclusive (Par. 4).
2.
Definizione concettuale delle unità di analisi
Il lavoro di ricognizione e di analisi delle professioni può essere rappresentato con
riferimento ad alcune unità di analisi che rappresentano aggregati informativi. In
questa sede, ci limitiamo a presentare le unità di analisi più rilevanti prese in
considerazione, l’area occupazionale (Par. 2.1) e la figura professionale tipo (Par.
2.2).
2.1
L’area occupazionale
Con “area occupazionale” ci si riferisce, in senso esteso, sia ai settori che ai comparti
merceologici definiti nelle classificazioni Istat. Lo studio delle aree occupazionali è
realizzato utilizzando le basi di dati ufficiali, al fine di consentire una comparazione
con i dati statistici istituzionali, come quelli del Censimento dell’industria e dei
servizi dell’Istat. Ciascuna area occupazionale può corrispondere a “sezioni” - o a
livelli gerarchicamente inferiori ad esse - all’interno delle quali sono organizzati i
dati raccolti dall’Istat.
2
Per le classificazioni correnti delle professioni si fa riferimento a Istat (1991, 2001a) e per quelle
delle attività economiche alle classificazioni ATECO 2002 e 2007 dell’Istat
(http://www.istat.it/strumenti/definizioni/ateco/)
Definire figure professionali tramite testimoni privilegiati
155
La comparazione procede attraverso l’estrapolazione dei dati relativi alle
attività economiche censite in rapporto ai gruppi, alle classi, alle categorie e alle voci
professionali così come sono rappresentati dalla classificazione delle professioni
dell’Istat (2001a), e poi alla ricerca della sovrapponibilità, anche parziale, dei dati
relativi alla parte di attività economica censita con le attività e le figure professionali
riconducibili ad un’area occupazionale. Il lavoro di scomposizione-e-ricomposizione
dei dati richiede un costante riferimento all’obiettivo principale che è quello della
rappresentazione, anche economica, di un universo professionale il più possibile
omogeneo e corrispondente ad una realtà occupazionale concreta. La difficoltà di
questo lavoro è evidenziata anche dalla frequenza con cui si fa riferimento a fonti
diverse, o a studi di settore, per descrivere la realtà economica e professionale delle
diverse aree occupazionali previste dal progetto Orientaonline.
Si assume che i termini utilizzati in letteratura per descrivere i
raggruppamenti di attività produttive (settore, comparto, attività economica, ecc.)
abbiano sostanzialmente un significato equivalente, anche se non identico, a quello di
area occupazionale.
Uno dei vantaggi più rilevanti di un simile approccio è quello di consentire
valutazioni comparate con dati provenienti da statistiche ufficiali, anche se non è
evitabile un certo grado di approssimazione. Questo è un prezzo da pagare se si
vogliono evitare criteri classificatori rigidi, che ripartiscono il mondo del lavoro in
settori spesso scarsamente rappresentativi delle professioni, oppure non in grado di
registrare i mutamenti che segnano il mercato del lavoro e le professioni.
La rappresentazione delle aree occupazionali è stata organizzata in tre macroaree:
1. per la produzione di beni, che raccoglie le attività dell’industria
manifatturiera,
2. per la produzione di servizi,
3. trasversali o comuni, che rappresentano “funzioni organizzative”, piuttosto
che settori merceologici, come, la “gestione del personale”, oppure il
“marketing”. Sul piano metodologico, le aree occupazionali trasversali sono
aggregati che possono essere ricondotti, sia sul piano concettuale che
operativo, alle aree occupazionali della produzione di beni o di servizi.
L’innovazione classificatoria rappresenta un valore aggiunto del progetto sul
piano metodologico, consentendo di rappresentare le professioni trasversali
una sola volta e rendendo possibile una loro attribuzione a molteplici realtà
organizzative o settori produttivi. La trattazione di aree occupazionali, spesso
identificabili come funzioni aziendali, come Progettazione, R&S,
Commerciale e Marketing, Informatica, Gestione delle risorse umane, ad
esempio, semplifica il processo di rappresentazione dell’universo
professionale proprio perché rimanda a funzioni che prescindono dalla
specificità del settore o comparto economico di riferimento. Quindi, anche le
156
Classificazione e descrizione delle professioni: il modello Isfol-Orientaonline
figure professionali individuate e analizzate in queste aree saranno
rapportabili a più settori o comparti produttivi.
Tabella 1. Schema di sintesi concettuale di un’area occupazionale (Isfol, 1987)
x
Unità d’analisi
Metodo
L’area
occupazionale si
riferisce in modo
flessibile sia ai
comparti e ai
settori
merceologici, sia
a funzioni
organizzative
trasversali di
particolare
rilevanza
x Studio analitico
della letteratura e
delle fonti
statistiche
x Interviste ad
esperti e
operatori
settoriali
2.2
Procedimento
Prodotto
Analisi (per
aggregazione o
disaggregazione) dei
dati statistici
disponibili e di altri
studi di settore
x Delimitazione
dell’area
x Individuazione
delle principali
funzioni e dei
processi di lavoro
che caratterizzano
l’area occupazionale
x Descrizione delle
professionalità
impegnate nelle
diverse fasi del
processo di lavoro
x Visite aziendali
x Studi di caso (ove
necessario)
x Descrizione delle
singole aree
occupazionali sulla
base di un modello
descrittivo
standard ma
flessibile
x Suggerimenti per
eventuali revisioni
di classificazioni
delle aree di
attività
x
La figura professionale tipo
Il concetto di figura professionale tipo fa riferimento alle attività lavorative
individuate, quindi sia alle professioni in senso stretto, sia ai mestieri.
Operativamente, la definizione della figura-tipo tende a superare le caratteristiche
della singola figura professionale e le singole occupazioni, così come sono rilevate in
ogni area occupazionale indagata, e rappresenta il risultato di un processo di
aggregazione di più occupazioni, professioni, mestieri.
L’identificazione e la descrizione di figure professionali tipo – oggi si direbbe
“a banda larga” – consente di perseguire con maggiore efficacia i nostri obiettivi sia
in campo formativo che in quello dell’orientamento alla scelta professionale. Anche
Definire figure professionali tramite testimoni privilegiati
157
in questo caso, riproponiamo che le classificazioni attualmente in uso rappresentano
un importante riferimento per le diverse fasi dell’indagine.
Inoltre, quanto è stato detto per le aree occupazionali assume valore anche in
riferimento alle attività lavorative: ogni classificazione, infatti, rappresenta il
prodotto di una lettura della realtà lavorativa, ma ogni classificazione in qualche
modo tende ad influenzarla, a modificarla. Pensiamo, ad esempio, ai contratti
collettivi nazionali di lavoro che, da un lato, registrano, per così dire, la struttura
professionale e organizzativa del mercato del lavoro al momento della stesura degli
stessi, e dall’altro inducono modifiche nell’organizzazione del lavoro reale e nella
definizione dei “profili”, contribuendo a definire un modello di tipo circolare per la
rappresentazione del mercato del lavoro e delle posizioni lavorative.
Nello studio delle figure professionali, è opportuno utilizzare come punto di
partenza i tipi di classificazione e di formalizzazione disponibili. Tra questi, i
contratti di lavoro, le statistiche ufficiali, gli studi di settore, di distretto, di comparto,
ma anche i sistemi codificati di organizzazione delle attività produttive in settori del
mondo produttivo (tra le altre, le dotazioni organiche e le declaratorie delle mansioni
nella Pubblica Amministrazione) prendendo altresì in considerazione, laddove utile,
gli organigrammi delle aziende private.
È evidente che la disomogeneità e disorganicità delle fonti informative
impongono come corollario un paziente e lungo lavoro di analisi, di comparazione,
di scelta e di riorganizzazione di dati e informazioni, per ottenere un modello che
possa essere utile almeno come primo strumento di lavoro. Il processo appena
descritto, infatti, consente in primis di raccogliere dati, documenti e informazioni, e
quindi di produrre una prima rappresentazione delle occupazioni.
Uno degli elementi di criticità di questo tipo di analisi è rappresentato dalla
scarsità di dati e informazioni riguardanti i segmenti innovativi del sistema
produttivo. Si registra una carenza di “rappresentazione”, nelle fonti ufficiali, di
quegli elementi di innovazione che contribuiscono in misura significativa alla
costituzione del panorama occupazionale e professionale. Non è infrequente, infatti,
verificare l’assenza di figure professionali nuove ma stabilmente presenti nel
panorama produttivo, oppure, per altro verso, constatare la rappresentazione non
corretta di attività lavorative tradizionali che hanno subìto, nel tempo, radicali
modifiche, o ancora veder elencate figure professionali obsolete, prossime alla
scomparsa dal mercato a causa di mutamenti organizzativi e tecnologici (Taronna,
1995). Qualcosa, tuttavia, si sta muovendo in questa direzione, in modo particolare la
nuova classificazione delle professioni Istat-Isfol (2008).
Un altro aspetto spesso trascurato nei processi di rappresentazione della realtà
professionale del nostro paese concerne il lavoro sommerso e le attività che, pur
avendo rilevanza economica e sociale, sono al di fuori del mercato del lavoro
tradizionale. Ci riferiamo, ad esempio, alle aree del volontariato sociale che
158
Classificazione e descrizione delle professioni: il modello Isfol-Orientaonline
integrano, suppliscono e spesso innovano la risposta alla domanda sociale di servizi
per le persone (Istat, 2001b; Taronna 2005a). Queste attività di cura, che nel passato
erano appannaggio quasi esclusivo delle famiglie e delle donne in particolare, sono
passate dall’ambito domestico a quello di mercato, con zone di confine incerte e con
un aumento delle reti di responsabilità sociale diffusa (Censis, 2002; AA.VV., 2002).
Tabella 2. Schema di sintesi della figura professionale tipo (Isfol, 1987)
Unità d’analisi
Metodo
x La figura
professionaletipo
rappresenta,
descrive e
supera le
singole
occupazioni
rilevate nello
studio
dell’Area
occupazionale
x Valutazione
critica delle
classificazioni
correnti
x Analisi della
letteratura
esistente e degli
studi a carattere
quali-quantitativo
x Interviste semistrutturate ad
attori chiave e ad
operatori, in due
round, per
approfondire le
caratteristiche e i
contenuti delle
figure
professionali, fino
alla loro
rappresentazione
tipizzata
Procedimento
Prodotto
x Descrizione
x Individuazione dei
delle singole
profili professionali e
figure
delle loro caratteristiche
professionali–
per arrivare ad una
tipo secondo
mappa delle figure
uno schema
professionali
standard
x Valutazione
all’interno
comparativa con altre
delle diverse
analisi a carattere qualiaree
quantitativo
occupazionali
x Definizione delle figure
e individuazione dei
compiti
x Analisi di competenze
necessarie, requisiti per
l’accesso, percorsi di
carriera, tendenze
evolutive delle figure
individuate e altre
variabili descrittive
x Valutazione comparata
dell’esito della
rilevazione con le
classificazioni dei profili
in uso
x Elaborazione e analisi
delle informazioni per
passare dai profili alle
figure professionali tipo
Mancano, inoltre, specifici riferimenti ad ambiti produttivi anche di tipo
tradizionale, come l’area della formazione e dell’educazione. In questi casi si ricorre
Definire figure professionali tramite testimoni privilegiati
159
ad altre classificazioni, quali quella proposta dai contratti collettivi nazionali di
lavoro.
In ultima analisi, i sistemi ufficiali di codifica e rappresentazione del mondo
del lavoro costituiscono l’inevitabile punto di partenza per ogni ricerca su simili
tematiche. È, quindi, necessario un livello di analisi che vada oltre questa prima fase
per approfondire e integrare il patrimonio di dati e informazioni disponibili, secondo
un percorso schematico che può essere rappresentato come nella Tab..2.
3.
I modelli operativi
Per analizzare il panorama occupazionale nazionale, il percorso appena descritto
deve essere riferito, tendenzialmente, all’universo delle attività di lavoro. Le aree
occupazionali individuate sono descritte nella Tab. 3.
Tabella 3. Mappa delle aree occupazionali (www.isfol.it/orientaonline)
Trasversali o comuni
A-1 Amministrazione e
finanza di impresa
A-2 Segreteria e lavori
d’ufficio
A-3 Commerciale e
marketing
A-4 Progettazione, R&S
A-5 Informatica
A-6 Gestione delle
risorse umane
A-7 Manutenzione
A-8 Programmazione e
controllo produzione
A-9 Ambiente e tutela
del territorio
A-10 New economy
Produzione di beni
B-1 Metalmeccanica
B-2 Elettricità ed
elettronica
B-3 Chimica
B-4 Ceramica, vetro,
materiali costruzione
B-5 Edilizia e lavori
pubblici
B-6 Tessile,
abbigliamento, cuoio
B-7 Legno
B-8 Carta e
cartotecnica
B-9 Agroalimentare
B-10 Energia ed
estrazione
Produzione di servizi
C-1 Servizi finanziari e
assicurativi
C-2 Trasporti
C-3 Telecomunicazioni
C-4 Grafica ed editoria
C-5 Audiovisivi,
spettacolo e pubblicità
C-6 Educazione e
formazione
C-7 Servizi socio-sanitari
C-8 Commercio e
distribuzione
C-9 Turismo, ospitalità e
tempo libero
C-10 Attività associative
C-11 Servizi alla persona
C-12 Beni culturali
C-13 Pubblica
amministrazione
C-14 Difesa e sicurezza
160
3.1.
Classificazione e descrizione delle professioni: il modello Isfol-Orientaonline
Il modello di analisi delle aree occupazionali
L’analisi dell’area occupazionale prende avvio dal confronto tra le aree presenti nella
mappa delle aree occupazionali e le ripartizioni settoriali o comparti nei quali si
articolano le statistiche ufficiali. In questo modo si delimitano i confini dell’area,
stabilendo ciò che vi è compreso e ciò che resta fuori, con un inevitabile margine di
arbitrarietà.
La fase seguente consiste nella rielaborazione di dati e informazioni tramite
accorpamenti e disaggregazioni di insiemi informativi più o meno omogenei, al fine
di rendere possibile l’uso di informazioni statistiche di diversa provenienza (Istat,
Ministero del Lavoro, studi di settore, ecc.) in una forma comparabile.
È appena il caso di segnalare che la delimitazione delle aree occupazionali
non può mai considerarsi definitiva. Infatti, nonostante un forte impegno per la
semplificazione e la standardizzazione delle variabili-guida, non si è ancora
pervenuti a risultati pienamente condivisi.
Il limite principale rimane sempre quello della carenza di informazioni e dati
omogenei e uniformi per tutte le aree occupazionali. È per questo motivo che – in
tutti i casi in cui è possibile – si assume come riferimento l’articolazione delle attività
economiche delle classificazioni Istat. Ciò offre alcuni vantaggi:
x permette il reperimento di informazioni statistiche affidabili evitando
rielaborazioni e ricomposizione di dati, ma anche il ricorso ad altre fonti
informative non altrettanto attendibili;
x garantisce raccordi diretti con gli esiti di altri progetti (Excelsior di
Unioncamere (www.excelsior.unioncamere.net), anch’esso articolato come la
classificazione Istat).
Il secondo livello di analisi comporta l’esame dell’area occupazionale
attraverso un insieme di macro-variabili, al loro interno ulteriormente suddivise, che
diano conto delle:
a. caratteristiche “anagrafiche”: dimensione aziendale/occupazionale; turnover
delle imprese; localizzazione; forma giuridica/assetto proprietario; grado di
integrazione; grado di specializzazione; ecc.
b. caratteristiche finanziarie: assetti e struttura finanziaria;
c. caratteristiche del mercato: caratteristiche del prodotto o servizio offerto;
struttura e dinamica della domanda;
d. funzioni svolte all’interno dell’area occupazionale distinte in: funzioni
principali (riferite alle attività produttive tipiche e caratterizzanti l’area);
funzioni di supporto alla prime (supportano le funzioni principali ma non
caratterizzano l’area; potrebbe trattarsi di funzioni trasversali, ad es. quelle di
manutenzione, gestione amministrativa, ecc.);
Definire figure professionali tramite testimoni privilegiati
161
e. caratteristiche organizzative: modello organizzativo; tecnologie adoperate;
caratteristiche dei processi produttivi; trattamento del personale.
L’esame dell’area è effettuata attraverso l’analisi della letteratura sia a carattere
statistico, sia relativa ad indagini di settore o di comparto, ed è finalizzata a rilevare
le esperienze consolidate, le tendenze in atto e quelle emergenti. Ciò permette di
descrivere le caratteristiche e la struttura interna delle aree occupazionali, di
confermarne la sostanziale omogeneità, o la necessità di scomporre l’area in sub-aree
di dimensioni più ridotte ma coerenti. Questa fase contribuisce a tracciare i confini
delle aree occupazionali.
3.2.
Il modello di analisi delle figure professionali tipo
In linea generale, l’esame dei profili professionali parte dall’analisi delle
classificazioni esistenti e dai repertori attualmente in uso per descrivere e ordinare il
sistema occupazionale italiano.
Ovviamente, tali classificazioni rappresentano un punto di partenza, non
eludibile, una base di confronto, non un assunto definitivo. Dalle prime analisi di
questi documenti, è frequente riscontrare una loro inadeguatezza a rappresentare la
realtà occupazionale.
Altre classificazioni utilizzate per le attività lavorative sono quelle che fanno
riferimento diretto ai contratti collettivi nazionali di lavoro. Mentre alcuni forniscono
materiale di lavoro prezioso, altri sono meri elenchi dei livelli di inquadramento - è
questo il caso, ad esempio, della Pubblica Amministrazione - senza che vi sia la
possibilità di ricondurli, se non dopo un lungo e approssimativo lavoro interpretativo,
a profili professionali definiti.
Anche nei casi in cui si vogliano considerare solo i contratti nei quali sono
presentati e ben definiti i profili, emergono seri problemi di comparazione, giacché i
contratti rappresentano il risultato del rapporto di forza tra le parti, rapporto che varia
non solo da settore a settore, ma anche nel tempo.
Può in ogni caso risultare utile l’esame comparato dei contenuti della
contrattazione nazionale per l’estrazione dei dati di rilievo riguardanti le qualifiche,
la descrizione dei profili e i livelli di inquadramento, il trattamento del personale.
Un ulteriore limite nell’uso di classificazioni formalizzate del lavoro è la loro
eterogeneità. Sistemi di classificazioni Istat, elenchi di qualifiche presenti nei
contratti di lavoro, repertori delle professioni costituiscono un bacino informativo
disomogeneo, difficile da ricondurre a unità. Tuttavia, i tentativi di confrontare tra
loro le diverse fonti informative e le classificazioni delle professioni costituiscono
riferimenti imprescindibili per tentare di ricostruire una rappresentazione accettabile
e condivisa del mondo del lavoro e delle professioni.
162
Classificazione e descrizione delle professioni: il modello Isfol-Orientaonline
Poi si procede alla verifica in parallelo dei contenuti professionali dei profili
più rilevanti - per verificarne i cambiamenti, i percorsi di specializzazione, ecc. - e
alla ricerca di attività professionali emergenti.
I testimoni privilegiati possono essere in grado di riferire sui cambiamenti
così come sulla stabilità delle diverse professioni. Interviste semi-strutturate,
eventualmente con metodi Delphi, a testimoni privilegiati possono aiutare a
sistematizzare ancora di più le conoscenze disponibili e far emergere eventuali
elementi di novità nel panorama occupazionale dell’area.
Per ottenere risultati rappresentativi dell’intero panorama occupazionale e far
emergere le peculiarità settoriali e territoriali che caratterizzano il mercato del lavoro
italiano, si svolge un secondo round di interviste su un nuovo panel di esperti e
operatori, per approfondire, integrare ed ampliare i risultati e i contenuti di
conoscenza raccolti nella prima tornata.
Questo nuovo ricorso a soggetti in grado di “mediare” - cioè non solo di
rappresentare ma anche di elaborare - i dati di realtà, unisce l’estendibilità e la
generalizzabilità delle conoscenze al loro approfondimento.
Il secondo round di interviste a esperti ed operatori prevede il coinvolgimento
di soggetti con esperienze contestualizzate e altri in grado di descrivere il panorama
complessivo: lavoratori, datori di lavoro, utenti, gruppi professionali, soggetti
istituzionali, altri. A questi si possono aggiungere “osservatori” esterni (studiosi,
ricercatori, e così via) in grado di fornire un ulteriore contributo alla lettura di
secondo livello della realtà in esame.
La scelta del campione – in questa fase a carattere qualitativo – deve tener
conto sia delle lacune informative rilevate sia delle valutazioni e dei suggerimenti
emersi dai colloqui della fase precedente.
Tuttavia, nella concreta attività di ricerca, non sempre è stato utile, né
possibile, effettuare entrambi i livelli di interviste previsti. Si può verificare, infatti,
che le due tornate successive di colloqui con testimoni privilegiati finiscano per
coinvolgere gli stessi soggetti – perché valutati come i più esperti “sul mercato” –
rendendo di fatto inutile la reiterazione.
Infine, si raccoglie e si valorizza il punto di vista delle persone che ricoprono
i ruoli e posseggono le competenze studiate, evitando di fare esclusivo riferimento ad
esperti e accademici “esterni”, non direttamente coinvolti nei processi di lavoro. È,
dunque, di grande rilevanza il ricorso esplicito e diretto – durante l’indagine sul
campo – alle figure professionali (ossia ai lavoratori) cui si fa riferimento affinché
possano descrivere, anche in dettaglio, le attività che svolgono, la rete di relazioni
nella quale operano, nonché dare indicazioni più puntuali sul percorso di carriera, le
competenze in ingresso e quelle acquisite sul lavoro o con specifici interventi
formativi.
Definire figure professionali tramite testimoni privilegiati
3.3
163
Selezione e rappresentazione delle figure professionali
Una delle fasi più delicate del passaggio dal processo di analisi a quello di
elaborazione e selezione delle informazioni è la scelta delle aree professionali e delle
figure da sottoporre al processo di tipizzazione e descrizione.
Questo passaggio, che rinvia a scelte basate di volta in volta sulle
caratteristiche specifiche dell’area occupazionale in esame, richiede l’individuazione
di criteri cui far riferimento nel processo di selezione delle figure professionali. In
generale, si abbinano a figure consolidate, altre emergenti e innovative, per cogliere i
segnali di tendenze del mercato. Oltre alla prima selezione - basata sul grado di
rappresentatività - è necessario effettuare un’opera di ricomposizione e primo
raggruppamento di figure con caratteristiche sostanzialmente omogenee in relazione
a funzioni svolte, competenze richieste, tecnologie coinvolte.
La selezione delle figure professionali da analizzare in dettaglio deve
considerare anche i diversi destinatari delle schede monografiche. È necessario,
insomma, rappresentare un ventaglio professionale il più ampio possibile, che
rappresenti l’esistente ma anche le tendenze in atto, e comprenda figure collocate ai
diversi livelli nella gerarchia funzionale delle organizzazioni.
Il richiamo alla dimensione organizzativa può essere un importante parametro
anche per la scelta delle figure professionali su cui operare per mettere a punto le
schede monografiche. In questo modo è possibile rappresentare le figure
professionali sia in orizzontale, sia in verticale, per descriverne gli sviluppi della
carriera professionale e aziendale.
Il passo successivo è la costruzione di ideal-tipi che rappresentano la sintesi
di più figure professionali con zone di sovrapposizione o integrazione riguardanti le
competenze generali, gli ambiti operativi, le tecnologie adoperate, i percorsi
formativi.
La tipizzazione delle figure deve basarsi sul riconoscimento di un insieme,
sufficientemente omogeneo, di contenuti tecnici e disciplinari e di oggetti fisici e
simbolici su cui si opera.
Si tratta di un procedimento complesso e dinamico. Oltre al necessario lavoro
preliminare di aggregazione sulla base delle affinità di contenuto, è utile il
riferimento ad esperti che siano in grado di convalidare le ipotesi di lavoro
attingendo alla specifica competenza nell’area occupazionale analizzata. Il gruppo è
costituito da soggetti provenienti da mondi diversi ma tutti esperti del settore, e
svolge un lavoro di verifica e integrazione rispetto al lavoro svolto dai ricercatori
essendo portatore di una concreta esperienza maturata sul campo.
Il rapporto tra il gruppo di ricerca e gli esperti è caratterizzato da un continuo
confronto e può essere così schematizzato:
164
Classificazione e descrizione delle professioni: il modello Isfol-Orientaonline
a. i ricercatori censiscono un certo numero di profili professionali;
b. con la raccolta e l’elaborazione di ulteriori informazioni di tipo qualiquantitativo, procedono all’accorpamento dei profili identificando le figure
professionali e scegliendo le figure più significative (secondo parametri di
rappresentatività, ecc);
c. verificano il proprio operato confrontandosi una prima volta con il panel di
esperti per convalidare la correttezza del lavoro fatto;
d. passano dalle figure professionali selezionate alle “figure professionali-tipo”;
e. il risultato è sottoposto a convalida e verifica con il gruppo di esperti che, se
del caso, potranno suggerire modifiche e integrazioni.
In questo modo, non resta che procedere alla descrizione delle figure
professionali tipo individuate. In questo processo è utile tener presenti i rapporti con i
profili previsti dai contratti collettivi nazionali di lavoro, mantenendo i collegamenti
anche con le classificazioni Istat e con le risultanze del progetto Excelsior.
3.4
La scheda per la rappresentazione delle figure professionali
La scheda di ogni figura professionale tipo fa riferimento ad uno standard. È
cambiata nel tempo con l’introduzione di alcune parziali modifiche alla scheda
originaria e di un paragrafo sulle “caratteristiche di genere”. Nella versione “Young”
- realizzata esclusivamente per fini di orientamento dei giovani -, le voci della scheda
standard hanno subìto modifiche e accorpamenti, in funzione del diverso target delle
pubblicazioni (Collana “Alla scoperta delle professioni”, Isfol, Roma).
Nella versione completa - riportata nei Manuali per gli operatori3 - la scheda
professionale standard corrisponde alla versione “Professional” riportata sul sito
www.isfol.it/orientaonline e articolata nelle seguenti sezioni:
1. Definizione. Si riporta una definizione sintetica, il più possibile esaustiva,
chiarificatrice delle caratteristiche salienti della figura-tipo presentata nella
scheda.
2. Compiti e principali attività. La descrizione dei compiti e delle principali
attività della figura è la rappresentazione di quello che fa e di come lo fa. La
descrizione è sufficientemente analitica e descrive le attività macro e micro
con particolare attenzione a quelle che caratterizzano in modo specifico la
figura in oggetto, senza tralasciare le attività secondarie ma significative della
figura.
3
Si possono consultare vari manuali, tra i quali: Taronna (1991, 1999, 2002, 2003, 2007a, 2007b.
2008) e Taronna e Gatti (1991).
Definire figure professionali tramite testimoni privilegiati
165
3. Competenze. Le competenze, presentate nelle loro caratteristiche generali,
sono articolate in competenze tecnico-specifiche, competenze di base e
competenze trasversali.
4. Situazione di lavoro. È presentata, con ricchezza di particolari, la situazione
reale in cui la figura opera, articolando il rapporto tra i contenuti del lavoro e
i diversi contesti produttivi e operativi, tenendo conto anche dell’evoluzione
delle attività concrete. Vi sono presentati, inoltre, i rapporti funzionali e
gerarchici propri della figura professionale, le caratteristiche del rapporto di
lavoro e i riferimenti alla tipologia del rapporto, alla durata, alla retribuzione
annua.
5. Specificità di genere. Vi è descritta la dimensione occupazionale della
presenza femminile, anche in un’ottica tendenziale. È il caso di ricordare
come sia operazione ardua reperire dati attendibili e specifici relativi alle
singole figure professionale e articolati per genere.
6. Percorsi formativi e di carriera. Vi sono descritti i percorsi formativi tipici di
ogni figura professionale, illustrando anche i percorsi di formazione sul
lavoro e informali. Vi sono richiamati i titoli professionali e le qualifiche
necessarie o opportune e i percorsi di carriera più frequenti con alcune
avvertenze di carattere generale.
7. Tendenze occupazionali. Vi sono presentate la situazione occupazionale e le
tendenze a breve/medio periodo attingendo sia alle analisi appositamente
realizzate sia al parere di esperti qualificati dell’area di competenza.
8. Figure professionali prossime. Vi sono citate le figure professionali
apparentabili alla figura presentata, in un’ottica di potenziale mobilità
orizzontale o verticale.
9. Profili formali correlati alla figura-tipo. Con riferimento alle classificazioni
ufficiali, vi sono riportati i codici e le denominazioni della figura.
10. Fonti. Sono una serie di informazioni aggiuntive che riguardano:
amministrazioni pubbliche, università, associazioni sindacali, datoriali e
professionali, enti e corsi di formazione, pubblicazioni, riviste, fiere ed expo,
siti internet.
4.
Considerazioni conclusive
L’Isfol ha definitivamente acquisito il concetto che il processo di definizione e
analisi delle figure professionali tipo non può essere il risultato di un lavoro
esclusivamente interno, ma deve essere aperto, in tutte le sue fasi, ad una valutazione
esterna. È necessaria, quindi, l’interlocuzione con gruppi di esperti settoriali di
166
Classificazione e descrizione delle professioni: il modello Isfol-Orientaonline
diversa estrazione che affianchino i gruppi di ricerca coinvolti negli studi delle aree
occupazionali.
Alcuni aspetti richiedono degli approfondimenti. Ci riferiamo, tra gli altri,
alla necessità di procedere ad aggiornamenti continui degli studi e alla necessità di
poter rappresentare le evoluzioni della struttura professionale, sia in relazione
all’emergere di nuove figure professionali sia alla modifica più o meno sostanziale
dei contenuti di lavoro, e di competenze, di figure professionali che cambiano i
propri paradigmi.
Il sito www.isfol.it/orientaonline - e in particolare la sezione dedicata alle
schede professionali - ha raggiunto risultati, anche dal punto di vista quantitativo, che
fanno intuire il ruolo che Orientaonline ha svolto in questi anni, e continua tuttora a
svolgere, nel panorama formativo italiano in relazione all’orientamento alla scelta
professionale.
Pochi dati sintetici derivanti dal sistema di audit: dal sito Orientaonline sono
state scaricate circa 1.800.000 schede professionali; la media giornaliera delle schede
scaricate è passata dalle 120 schede del 2002 alle oltre 2.300 del 2008; ogni anno si
registrano incrementi sostanziali sull’anno precedente. A questi, vanno aggiunti i dati
delle pubblicazioni a stampa: oltre 700.000 volumi della collana “Alla scoperta delle
professioni” relativi a 23 aree occupazionali; oltre 40.000 volumi della collana
“Manuali degli operatori” relativi a 20 aree occupazionali. Entrambe le collane
editoriali – come del resto il sito Orientaonline – sono costantemente migliorati.
Il completamento dell’intero percorso prevede la pubblicazione di 34
“Manuali per gli operatori” e altrettanti volumi della collana “Alla scoperta delle
professioni” con oltre 450 schede di figure professionali nella doppia versione
Professional e Young.
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168
Classificazione e descrizione delle professioni: il modello Isfol-Orientaonline
Classification and Description of Jobs:
The Isfol-Orientaonline Model
Summary. In this paper we present the methodology for the analysis of the Isfol’s
Orientaonline project. The project started from the Isfol’s Inventory of Jobs and was
aimed at overcoming the inadequacies of the current classification systems. We
consider the Italian official classifications and the experiences carried out in other
countries and describe the research activities by Orientaonline people with reference
to the Occupational area and the Professional figure. Occupational areas are 34 and
may be classified into three groups: 1) for the production of goods, 2. for the
production of services, 3. cross-area or common to more-than-one area. Currently,
23 Occupational areas and about 350 Professional Profiles have been described.
Keywords. Orientaonline; Job; Professional figure; Education; Guidance.
Ottimizzare la coerenza tra profili formativi
universitari e sbocchi occupazionali:
proposta di una metodologia
Marisa Civardi, Emma Zavarrone, Paola Zappa1
Università degli Studi di Milano-Bicocca
Riassunto. In questa nota si propone un nuovo approccio per la predisposizione
dell’offerta formativa di un corso di laurea triennale che ingloba i “saperi” richiesti
dal mercato del lavoro alle figure professionali da inserire in specifici settori di
attività economica. Il punto di partenza di questo lavoro è l’adozione di un sistema
integrato di informazioni che descrive le figure professionali in termini di
competenze richieste dalle imprese. Nel modello proposto si costruisce, innanzitutto,
una corrispondenza tra i “saperi” e i settori scientifico-disciplinari (le 371 macro-aree
scientifiche definite dal MUR cui appartengono e in cui sono raggruppati gli
insegnamenti impartiti nei corsi di studio) per pervenire, grazie all’analisi delle reti
sociali, all’individuazione dei profili professionali più rilevanti e, quindi, ad una
“ricetta di produzione del laureato” per ciascuno dei settori di attività in esame.
Parole chiave: Social network analysis; Saperi; O*NET; Ordinamento di un corso di
laurea.
1.
Introduzione
Il ruolo del sistema universitario come formatore di professionisti specializzati,
capaci di soddisfare il fabbisogno di elevate competenze avanzato dal mercato del
lavoro, è oggi ampiamente riconosciuto. Il riferimento esplicito del DM 270/04
all’ideazione di percorsi formativi volti a favorire l’inserimento dei laureati nel
mondo del lavoro, indica la necessità di cercare la coerenza tra l’offerta formativa
progettata dalle università e le reali esigenze del mercato del lavoro. Il Decreto ha
1
Il presente lavoro è stato finanziato nell’ambito del progetto “Modelli e metodi per abbinare profili
formativi e bisogni di professionalità di comparti del terziario avanzato”, cofinanziato dal MIUR.
Coordinatore nazionale è L. Fabbris, coordinatore dell’Unità di ricerca di Milano-Bicocca è M.
Civardi. La nota è stata redatta da: M. Civardi per i Paragrafi. 3 e 6, da E. Zavarrone per i Paragrafi 2,
4.1, 5.2 e da P. Zappa per i Paragrafi 4.2, 5.1. I Paragrafi 1 e 7 sono opera comune dei tre autori.
170
Ottimizzare la coerenza tra profili formativi universitari e sbocchi occupazionali:
proposta di una metodologia
dato rilevanza alla fase progettuale dei corsi di studio, sottolineando la necessità che
l’università guardi verso le effettive dinamiche del mercato del lavoro, le analizzi e le
ponga al centro del dibattito sui contenuti dell’offerta formativa.
Pertanto, occorre che chi elabora l’offerta di un corso di laurea scelga,
coerentemente con la declaratoria della classe di appartenenza, una composizione di
insegnamenti, in termini di tipo e dosaggio di settori scientifico-disciplinari tale da
formare effettivamente i profili professionali indicati nell’offerta. Solo in questo
modo, infatti, è possibile massimizzare la probabilità per i neolaureati di trovare un
impiego adeguato e coerente con la formazione ricevuta.
Affinché quest’ultimo importante obiettivo si realizzi, il sistema universitario
deve compiere passi nella direzione del mercato del lavoro. Occorre che, una volta
definita l’attività economica per la quale si intende preparare lo studente, se ne
esaminino le caratteristiche, se ne individuino i profili professionali che in essa
operano e le competenze e/o conoscenze richieste e, infine, si elaborino queste
informazioni, così da includerle nell’ordinamento del corso di laurea o, come sarà
denominato nel prosieguo della nota, nella “ricetta di produzione del laureato". Con
quest’ultima espressione si intende la composizione di “saperi”, sotto forma di settori
scientifico-disciplinari, cui è associato un peso relativo (da qui il termine ricetta), che
il laureato “ideale” dovrà acquisire per poter svolgere una specifica attività
lavorativa. L’aggettivo “ideale” è connesso al fatto che, nell’elaborare la Ricetta, si
considerano le reali richieste formative espresse dal mercato del lavoro.
2.
Conoscenze acquisite e formazione di competenze
I “saperi” acquisiti dagli studenti grazie alla frequenza di un corso di studio
universitario, ossia le conoscenze su specifici argomenti o ambiti, certificate dai
crediti universitari acquisiti, non si trasformano automaticamente in competenze.
Queste ultime, infatti, si formano attraverso l’esperienza operativa, ossia mettendo a
frutto i saperi appresi e applicandoli allo svolgimento di una specifica occupazione, e
in ragione delle capacità individuali.
Le competenze ricoprono un ruolo molto importante sia nell’ambito della
formazione e della gestione delle risorse umane sia in quello aziendale e manageriale
anche se, data la varietà di ambiti disciplinari coinvolti, non c’è uniformità riguardo
alle definizioni e alla terminologia adottata.
L’analisi semantica del termine competenza indica la sua radice latina, poiché
deriva da cum e petere che significa “dirigere verso”, “cercare”: da qui l’analogia
con vocaboli quali “competere” e “competizione”. Non a caso, alla presenza di forti
pressioni concorrenziali, le imprese sono indotte a prestare una maggiore attenzione
Definire figure professionali tramite testimoni privilegiati
171
sia alla pianificazione delle risorse interne, considerate fonte primaria del vantaggio
competitivo (Grant, 1991), sia all’economicità della gestione aziendale. Ciò implica
che, nei contesti ad elevata incertezza, la formulazione di strategie di lungo periodo
non possa essere orientata al semplice sfruttamento delle opportunità di mercato o di
nicchie favorevoli, ma debba tendere verso ciò che l’impresa è capace di fare meglio
dei propri concorrenti e, dunque, verso le “competenze distintive” dell’impresa.
Le risorse interne vengono così a definire l’identità aziendale, concepita non
come un portafoglio di “aree d’affari” bensì come un complesso di capacità da
acquisire e gestire per svilupparne le potenzialità (Prahalad e Hamel, 1990).
L’adozione di questa prospettiva di analisi strategica ha comportato un rinnovato
interesse non solo per le competenze individuali ma anche per il ruolo della
formazione nel determinarle.
È proprio in quest’ultimo filone che si inserisce il presente lavoro in cui,
seguendo un percorso a ritroso, dal mondo del lavoro all’università, ci si propone la
scomposizione della competenza richiesta ai diversi profili professionali in termini di
saperi impartiti dalle università. Tale scomposizione consente di individuare
l’insieme di conoscenze necessarie per lo sviluppo della competenza. Il riferimento
alle conoscenze è quasi implicito in questo contesto poiché, come ampiamente
condiviso nella letteratura economica, la competenza è un insieme di caratteristiche,
tra cui rientrano la conoscenza e le abilità impiegate per svolgere determinati lavori
(Sandberg, 2000).
La competenza valutata in relazione al lavoro svolto non è certamente un
concetto nuovo: si deve, infatti, a Taylor (1911) l’elaborazione del modello basato
sui “time and motion studies” il cui utilizzo da parte dei manager dovrebbe apportare
maggiori competenze nei lavoratori e, di conseguenza, migliorarne la produttività. A
un secolo di distanza, sia la definizione di competenza, sia le metodologie proposte
per quantificarla, non seguono tanto l’approccio “time-motion” quanto piuttosto la
vasta letteratura sulla “job analysis” (Armstrong, 1991; Cascio, 1995; Gael, 1988).
Per questa analisi si possono individuare tre approcci: a) worker oriented, b) work
oriented, c) multimethod oriented.
L’approccio worker-oriented, che è il più semplice e diffuso, segna il
passaggio dal concetto di competenza a quello di competenze: la competenza è
definita come l’insieme dei tratti personali del lavoratore, quali abilità, capacità e
saperi, che si aggiungono alle caratteristiche personali richieste per essere efficaci sul
lavoro (Veres et al., 1990). Sempre seguendo questo approccio e valorizzando
l’aspetto soggettivo della competenza, Boyatzis (1982) descrive la competenza
necessaria per espletare un determinato lavoro come caratteristiche latenti di un
soggetto, quali ad esempio la motivazione, la capacità, le abilità, il ruolo nella
società. Dal momento che il soggetto nello svolgimento del proprio lavoro può
impiegare più di una caratteristica, allora si parlerà di competenze (competency) e
172
Ottimizzare la coerenza tra profili formativi universitari e sbocchi occupazionali:
proposta di una metodologia
non solo di competenza (competence). Inoltre, poiché le competenze cosi definite
possono essere utilizzate in diversi contesti lavorativi, sempre Boyatzis parla di
competenze generiche. Jacobs (1989) sulla base di uno studio effettuato nel Regno
Unito su oltre 500 imprese con lo scopo di verificare la tesi di Boyatzis sulle
competenze generiche, perviene a conclusioni opposte: lavori di tipo manageriale
diversi richiedono competenze diverse, evidenziando così che il metodo di Boyatzis
per l’analisi delle competenze tende ad essere generico ed astratto (Sandberg, 2000).
L’approccio work-oriented presenta anch’esso la competenza come il
risultato di una serie di attributi, ma il punto di partenza dell’analisi non è più
rappresentato dal lavoratore bensì dal lavoro svolto che viene diviso in sub-attività
previa individuazione dell’attività principale (Fine, 1988; Flanagan, 1954). Le subattività sono, a loro volta, tradotte in attributi personali in modo da ottenere
descrizioni dettagliate di ciò che costituisce la competenza richiesta per lo
svolgimento di una data attività. Questo modus operandi permette di transitare da
una definizione di competenza generica a una specifica. Raven (1984), tuttavia, fa
notare che non sempre è possibile individuare in modo dettagliato tutte le sub-attività
e quindi ricostruire esattamente i profili di specifiche competenze.
L’approccio multimethod-oriented cerca di superare i limiti dei precedenti,
per tener conto del fatto che non tutti gli individui presentano lo stesso livello di
competenza: l’esser più competente, cioè, dipende da un elemento indipendente dal
contesto lavorativo. Sebbene questo approccio sia convincente, esso presenta serie
difficoltà in termini operativi, poiché è molto difficile riuscire a misurare il
differenziale di competenza tra due soggetti che presentano la stessa tipologia di
abilità, capacità e conoscenza (Sandberg, 1994; Norris 1991).
Gli studi di Bernstein (1983), Searle (1992), Shotter (1992), sviluppati in
varie aree disciplinari, hanno evidenziato che per poter arrivare a una definizione
esaustiva di competenza non si può escludere il contesto lavorativo: ciò non significa
applicare gli schemi analitici propri del primo o del secondo approccio, bensì
procedere a una loro fusione. Il punto di partenza è che ogni soggetto e il lavoro che
svolge non sono due entità separate ma un’unica entità e questo processo di fusione
ha luogo attraverso le esperienze che derivano dal contesto lavorativo. La
competenza, dunque, è vista come l’esperienza lavorativa che si innesta su un
insieme di caratteristiche pregresse o latenti (Dall’Alba e Sandberg, 1996; Sandberg,
1994) e che può essere analizzata in ogni sub-attività decomponendola in una serie di
attributi (Tyre e Von Hippel, 1997). Alcuni di questi attributi, quali quelli che fanno
riferimento all’esperienza, non possono essere scissi dall’ambiente lavorativo. A tal
riguardo, si può richiamare ciò che, riferendosi proprio alla formazione della
competenza, aveva sostenuto Polanyi (1967), ripreso in tempi più recenti da Nonaka
(1991): la competenza nello svolgere un determinato lavoro deriva non solo
dall’esperienza ma anche da una parte di sapere che è implicito o tacito. In altri
Definire figure professionali tramite testimoni privilegiati
173
termini, essa rappresenta il sapere personale che è di difficile concettualizzazione,
decisamente non trasferibile e che, a parità di capacità e abilità, differenzia le diverse
performance sul lavoro.
Nella conoscenza tacita, convivono due anime: la prima è caratterizzata dalle
capacità tecniche accumulate nel corso degli anni (il know-how); la seconda è,
invece, contraddistinta dalla dimensione cognitiva ossia dall’adozione di specifici
modelli mentali e, quindi, di schemi di comportamenti che sono propri
dell’individuo. Seguendo questa distinzione Giddens (1984) evidenzia un’altra
chiave di lettura: esiste una conoscenza di tipo conscio e una di tipo inconscio;
ovviamente è molto più semplice trasformare il sapere in attributi di tipo conscio (la
pratica), ma tale sapere non è altro che esperienza. L’analisi condotta da Schon
(1983) con lo scopo di esaminare quali saperi e competenze siano richiesti ai
professionisti nello svolgimento del loro lavoro, evidenzia come non sia possibile
scindere dall’esperienza gli attributi in cui si scompone la competenza.
Assumendo che la competenza è composta di un insieme di attributi, ci si
propone di individuare, a partire da specifiche figure professionali inserite nel mondo
lavorativo, e quindi aventi una determinata esperienza, gli attributi più rilevanti che
delineano i saperi necessari per svolgere un determinato lavoro.
3.
La progettazione del percorso formativo di un corso di laurea
La relazione introduttiva tenuta da Schon al convegno dell’American Educational
Research Association (AERA), svolto a Washington nel 1987, inizia con le seguenti
domande: "What are the competences that teachers should be trying to help students,
kids acquire? - What kinds of knowledge and what sort of know-how should teachers
have in order to do their jobs well? - What kinds of education are most likely to help
teachers prepare for effective teaching?". Il DM 270/04 che, come già ricordato,
richiede alle facoltà universitarie una progettazione culturale e strategica della
propria offerta formativa, sembra voler fornire una risposta a questi interrogativi
cruciali. Infatti, i più importanti e innovativi cardini del Decreto2 sono la qualità della
formazione e l’ideazione di percorsi formativi finalizzati a favorire sia “l’inserimento
nel mondo del lavoro” sia l’accesso ai corsi di studio di livello superiore.
Il riferimento legislativo al mondo del lavoro ha l’obiettivo di ridurre la
forbice esistente tra gli sbocchi professionali indicati nelle declaratorie del corso di
laurea e quelli effettivamente offerti al laureato. Questo obiettivo, tuttavia, può essere
conseguito solo se sussistono:
2
Rispetto alla L. 509/99, il DM 270/04 si caratterizza per una maggiore autonomia di scelta nei
contenuti disciplinari da parte degli atenei.
Ottimizzare la coerenza tra profili formativi universitari e sbocchi occupazionali:
proposta di una metodologia
174
coerenza progettuale, ossia coerenza tra ciò che si progetta (obiettivi
qualificanti) e ciò che si realizza (percorso formativo proposto). CUN e
nuclei di valutazione sono le strutture che hanno il compito di verificare
che tale tipo di coerenza sussista;
2) coerenza effettiva, e cioè coerenza tra i saperi acquisiti dal laureato nel
percorso formativo progettato e i profili professionali richiesti;
3) coerenza numerica, e cioè coerenza, per ogni profilo professionale
offerto sul mercato, tra il numero di laureati e il numero di sbocchi
occupazionali richiesti.
La verifica del primo tipo di coerenza richiede l’identificazione degli obiettivi
formativi da raggiungere che, in relazione alla figura del laureato e ai relativi sbocchi
professionali, devono essere definiti in termini di conoscenze da impartire e di
competenze da acquisire. In particolare, l’articolo 10, comma d) del Decreto impone
che i corsi di studio prevedano: “attività formative (…) volte ad acquisire ulteriori
conoscenze linguistiche, nonché abilità informatiche e telematiche, relazionali, o
comunque utili per l’inserimento nel mondo del lavoro, nonché attività formative
volte ad agevolare le scelte professionali, mediante la conoscenza diretta del settore
lavorativo cui il titolo di studio può dare accesso…”.
Nel D.M. 26 luglio 2007, recante le linee guida per l’istituzione e
l’attivazione, da parte delle Università, dei corsi di studio ai sensi del DM 270/04, tra
gli obiettivi generali delle azioni di miglioramento del sistema universitario italiano
nel contesto europeo è indicato quello di assicurare “allo studente un’adeguata
padronanza di metodi e contenuti scientifici generali, anche nel caso in cui sia
orientato all’acquisizione di specifiche conoscenze professionali” (Articolo 1Obiettivi generali, comma 3-Obiettivi di sistema). All’articolo 1.4.2, commi c) e d), è
richiesto che gli atenei effettuino: “una effettiva e realistica definizione degli obiettivi
formativi di ciascun corso di studio, anche attraverso l’utilizzo di strumenti
concordati in sede europea in termini di apprendimento atteso (i cosiddetti
“descrittori di Dublino” del dicembre 2004) [e] la collaborazione con il mondo del
lavoro e delle professioni nella progettazione dei percorsi formativi e, se necessario e
opportuno, nella messa in opera di parti del percorso medesimo;…”.
Nella parte dedicata alle Raccomandazioni è ricordato che nel dichiarare gli
obiettivi formativi del corso di studio, deve essere indicato “…il significato del corso
di studio sotto il profilo occupazionale, individuando gli sbocchi professionali anche
con riferimento alle classificazioni nazionali ed internazionali” ed è richiamata la
necessità di “istituire un rapporto costante con il mondo del lavoro, perché sia
compreso il valore della riprogettazione in atto dell’offerta formativa e vi sia
collaborazione nell’individuare le specificità dei curricula e delle professionalità
attese in uscita dalla formazione di laurea e laurea magistrale, ovviando il più
1)
Definire figure professionali tramite testimoni privilegiati
175
possibile alla persistente troppo scarsa visibilità della laurea di primo livello sul
mercato del lavoro”.
Ad esempio, con riferimento alla Classe L-18 delle Scienze dell’economia e
della gestione aziendale, il DM 270/04 indica i seguenti obiettivi formativi
qualificanti: “I laureati dei corsi di laurea della classe devono:
- possedere conoscenze di metodiche di analisi e di interpretazione critica
delle strutture e delle dinamiche di azienda, mediante l’acquisizione delle
necessarie competenze in più aree disciplinari: economiche, aziendali
giuridiche e quantitative;
- possedere un’adeguata conoscenza delle discipline aziendali, che
rappresentano il nucleo fondamentale, declinate sia per aree funzionali (la
gestione, l’organizzazione, la rilevazione), sia per classi di aziende dei vari
settori (manifatturiero, commerciale, dei servizi, della pubblica
amministrazione).
Il Decreto specifica che “sbocchi occupazionali e attività professionali previsti dai
corsi di laurea sono nelle aziende, dove [i laureati] potranno svolgere azioni
manageriali o imprenditoriali, nelle pubbliche amministrazioni e nelle libere
professioni dell’area economica”.
Ai fini indicati, i curricula dei corsi di laurea della classe:
- comprendono in ogni caso la necessaria acquisizione di conoscenze
fondamentali nei vari campi dell’economia e della gestione delle aziende,
nonché i metodi e le tecniche della matematica finanziaria e attuariale, della
matematica per le applicazioni economiche e della statistica;
- comprendono in ogni caso l’acquisizione di conoscenze giuridiche di base e
specialistiche negli ambiti della gestione delle aziende private e pubbliche;
- comprendono in ogni caso l’acquisizione di conoscenze specialistiche in
tutti gli ambiti della gestione delle aziende pubbliche e private e delle
amministrazioni pubbliche; possono prevedere la conoscenza in forma
scritta e orale di almeno due lingue dell’Unione Europea oltre l’italiano;
- prevedono, in relazione ad obiettivi specifici di formazione professionale ed
agli sbocchi occupazionali, l’obbligo di attività esterne con tirocini
formativi presso aziende e organizzazioni pubbliche e private nazionali e
internazionali”.
Un ateneo, nel proporre all’approvazione da parte del CUN l’ordinamento di
un corso di laurea che intende istituire e poi attivare in una delle classi previste, deve
indicare con sufficiente dettaglio gli obiettivi formativi specifici del corso e
descriverne il percorso formativo.
176
4.
Ottimizzare la coerenza tra profili formativi universitari e sbocchi occupazionali:
proposta di una metodologia
Le basi di dati utilizzabili: proprietà e caratteristiche
Nella presente ricerca si adotta un orientamento integrato, o multimethod, cosicché
come fonte di dati dovrà essere utilizzato un sistema che consenta di pervenire ad
una descrizione delle singole occupazioni in linea con la visione del profilo
professionale come insieme di saperi e competenze.
Il Sistema Nazionale di Osservazione Permanente dei Fabbisogni
Professionali (Isfol, 2008) rappresenta la scelta ideale, poiché i dati concernenti le
811 unità professionali in esso individuate si riferiscono al mercato del lavoro
italiano e sono stati raccolti mediante un’apposita indagine campionaria sulle
professioni, condotta da Isfol e Istat tra oltre 16 mila lavoratori. Tuttavia, l’insieme di
professioni descritte del sistema Isfol non è ad oggi completo3. Inoltre, in esso non è
presente una informazione centrale per il nostro lavoro, l’individuazione delle
professioni analoghe sotto il profilo delle competenze utilizzate in uno specifico
settore di attività, cioè il grado di importanza di ognuna delle figure professionali
impiegate in uno specifico settore.
Nel seguito, nel descrivere il modello, si farà pertanto riferimento al sistema
O*Net (Occupational Information Network – US Department of Labor Employment
and Training Administration, 1997) da cui, tra l’altro, discende il sistema messo a
punto da Isfol che è stato realizzato assumendo proprio O*Net come modello sia per
la raccolta (sono uguali i questionari somministrati) sia per la presentazione dei dati
(coincidono i descrittori delle professioni e le scale adottate)4.
4.1
O*Net: il modello concettuale
Sviluppato con l’obiettivo di fornire informazioni occupazionali sul mercato del
lavoro nord-americano, O*Net è un sistema articolato, sia per i dati che fornisce sia
per gli scopi che persegue. Il suo cuore è un database open source, accessibile online
e aggiornato con continuità, contenente informazioni sulle caratteristiche degli
occupati (worker) e delle occupazioni o profili professionali (work o job). In O*Net
sono, difatti, definiti, classificati e descritti oltre 800 profili professionali (812 per
esattezza, aggiornati a maggio 2007)5.
3
Sul sito www.fabbisogniprofessionali.it, appositamente creato dall’Isfol, è disponibile solo un
numero ridotto di schede descrittive delle 811 unità professionali codificate (l’annotazione si riferisce
a marzo 2008).
4
Può essere utile richiamare alcuni studi empirici (Shin, Morgeson, e Campion, 2007; Taylor et al.,
2008) che hanno dimostrato la possibilità di generalizzare il modello O*Net, estendendo le
conclusioni e le informazioni a differenti contesti geografici.
5
I dati sono raccolti attraverso appositi questionari, elaborati nell’ambito dell’O*NET Data
Collection Program e consultabili online, somministrati ad un campione casuale di imprese, esperti di
Definire figure professionali tramite testimoni privilegiati
177
O*Net si fonda su un modello concettuale che serve a delineare la struttura e
l’organizzazione delle informazioni raccolte e che è stato formalizzato in seguito a
ricerche sul campo ed analisi condotte presso imprese o istituzioni. Esso specifica
quali attributi distintivi delle occupazioni sono usati per descrivere i profili
professionali del database. Tali attributi, denominati Descrittori, sono espressi sotto
forma di un set di variabili uguali per ogni profilo e misurabili.
Il modello concettuale è costituito per ciascun profilo da due tipologie di
descrittori che fanno riferimento a due aree differenti: la prima è costituita da
descrittori definiti work-oriented, perché riguardano gli aspetti distintivi del lavoro
da svolgere, la seconda, invece, è costituita da descrittori worker-oriented perché
hanno come oggetto le caratteristiche dei lavoratori. Questi descrittori, a loro volta,
sono articolati in sub-descrittori (per un totale di 277 descrittori analitici), organizzati
in una struttura gerarchica a più livelli. La varietà e la numerosità dei descrittori
consentono di delineare ciascun profilo professionale in modo dettagliato e con
attenzione alle molteplici sfumature. Grazie a questa caratteristica, O*Net è in grado
di soddisfare le richieste di fruitori potenzialmente eterogenei e con esigenze
informative molto differenziate (datori di lavoro, lavoratori, analisti, ecc.), ciascuno
dei quali potrà scegliere di utilizzare un sottoinsieme di descrittori e, dunque, di dati.
Lo schema logico-operativo del modello concettuale è riportato nella Fig. 1.
La presente ricerca utilizza alcune informazioni reperibili in O*Net. In
particolare, considera:
• Knowledge, ossia i “saperi” richiesti allo specifico profilo professionale
quali, Servizi per il cliente, Vendite e Marketing, Amministrazione e
Management, ecc., ciascuno affiancato da una specifica descrizione. La
selezione dei saperi di O*Net è riprodotta nella Tab. 1.
• Detailed Work Activities, ossia i compiti e le attività specifiche,
dettagliatamente illustrati. Le attività sono suddivise in quattro gruppi, in
relazione agli aspetti dell’attività lavorativa cui si riferiscono:
x raccolta di informazioni (fonti utilizzate e modalità adottate per reperire
informazioni e dati necessari a svolgere uno specifico lavoro);
x interazione con gli altri (interazioni connesse alla professione
esercitata, in termini sia di attività di supervisione, coordinamento o
collaborazione con colleghi, di creazione, mantenimento o sviluppo di
relazioni con personale esterno, sia di attività di supporto emotivo,
sanitario o personale);
x processi di elaborazione mentale (attività svolte nell’ambito della
professione che più implicano il contributo personale del lavoratore e
analisi dell’occupazione, lavoratori ed altri esperti. Le informazioni ottenute su competenze, saperi ed
altri attributi descrivono il mercato del lavoro dal punto di vista di chi vi opera (lavoratori e datori di
lavoro).
178
Ottimizzare la coerenza tra profili formativi universitari e sbocchi occupazionali:
proposta di una metodologia
l’impiego delle sue competenze, sotto forma di analisi di dati o
informazioni, sviluppo di obiettivi o strategie, formulazione di progetti,
programmazione, suddivisione di incarichi o responsabilità, verifica e
valutazione del lavoro e delle capacità del team di lavoro);
x risultati/output del lavoro svolto (attività in cui si esplicita il lavoro e
che producono un risultato concreto; richiedono sovente l’utilizzo di un
supporto meccanico o elettronico, come, ad esempio, il controllo di
macchinari, la gestione ed elaborazione di informazioni, l’uso di un
computer o la riparazione di un congegno elettronico).
Figura 1. Il modello concettuale di O*NET (Peterson et al., 1999)
In O*Net sono disponibili altre informazioni, oltre quelle incorporate nei
descrittori, che consentono di meglio definire i profili professionali. Tra queste,
rilevante per questo lavoro è la Job Zone. Una Job Zone è un gruppo di professioni
simili, poiché accomunate dall’ammontare di esperienza complessiva, di formazione
scolastica e di pratica richiesti per poterle svolgere, nonché dalla quantità di persone
che vi si dedicano. In ragione di come questi attributi si combinano, lo specifico
profilo professionale apparterrà alla:
x Job Zone 1 – professioni che richiedono una preparazione scarsa o nulla;
x Job Zone 2 – professioni che richiedono una moderata preparazione;
x Job Zone 3 – professioni che necessitano di una preparazione intermedia;
x Job Zone 4 – professioni che comportano una preparazione considerevole;
Definire figure professionali tramite testimoni privilegiati
179
x Job Zone 5 – professioni richiedenti una preparazione molto approfondita.
Un’informazione anch’essa rilevante ai fini di questo lavoro riguarda le
professioni correlate: per ogni profilo professionale, infatti, il report fornito da O*Net
restituisce come ouput di ogni interrogazione l’elenco dei profili simili in base alla
condivisione di saperi, abilità, attività lavorative e ambiente di lavoro.
Tabella 1. Strutturazione dei saperi in O*NET (Adattato da Peterson et al., 1999)
Sapere
Descrizione O*Net
Conoscenza dei principi di business e gestione riguardanti la pianificazione
Amministrazione e strategica, l'allocazione delle risorse, la gestione delle risorse umane, le
Management
tecniche di leadership, i metodi produttivi e il coordinamento di persone e
risorse
…………….
Attività d’ufficio
Computer e
Elettronica
Comunicazione e
Media
Servizi per il
cliente
Progettazione
Conoscenza di circuiti, processori, attrezzature elettroniche, hardware e
software e loro applicazioni e programmazione
Conoscenza delle tecniche e dei metodi di produzione, comunicazione e
diffusione dei media. Sono inclusi anche modi alternativi per informare e
intrattenere attraverso mezzi scritti, orali e visivi
Conoscenza dei principi e dei processi per fornire servizi al cliente, inclusi
l'individuazione dei fabbisogni del cliente, il rispetto di standard di qualità
per i servizi e la valutazione della soddisfazione del cliente
Conoscenza delle tecniche di design, degli strumenti e dei princìpi riguardanti
la produzione di piani tecnici di precisione, disegni e modelli
Economia e
Accounting
Conoscenza di princìpi e pratiche economiche, dei mercati finanziari e del
sistema bancario, analisi e sintesi di dati finanziari
…………….
…………….
Conoscenza di princìpi e metodi per presentare, promuovere e vendere
prodotti e servizi. Comprende il marketing strategico e operativo, le
dimostrazioni di prodotto, le tecniche di vendita e i sistemi di controllo delle
vendite
Vendite e
Marketing
4.2
…………….
Conoscenza di procedure e sistemi amministrativi e d'ufficio, come i
programmi di scrittura, la gestione di file e dati, la stenografia e le
trascrizioni, ed altre procedure e terminologie d'ufficio
Le misure
O*Net fornisce un complesso di misure che consentono di meglio approfondire i
contenuti delle professioni. Tali misure si riferiscono sia ai profili sia ai singoli
descrittori. Con riguardo al profilo professionale, la misura più significativa è il peso
180
Ottimizzare la coerenza tra profili formativi universitari e sbocchi occupazionali:
proposta di una metodologia
della “relevance” (RS), ossia il punteggio assegnato al grado di importanza di
ognuna delle figure professionali impiegate nello specifico settore. Tali punteggi
consentono di identificare i profili più rilevanti del settore. Quest’informazione,
cruciale per la metodologia che si intende proporre, è al momento disponibile nel
sistema O*Net ma non in quello Isfol. La relevance di una professione è definita da
O*Net come la sua pertinenza rispetto all’attività economica/settore indagata e
costituisce un indicatore del grado di rilevanza del profilo per quest’attività/settore.
Per la professione i-esima, la relevance è espressa da un punteggio (RSi),
determinato da O*Net sulla base del numero di ricorrenze delle parole-chiave
presenti nel profilo con riferimento ad aspetti come titolo, compiti, ecc., ottenuto con
l’analisi testuale delle parole chiave utilizzate per descrivere ciascun profilo. La
somma delle ricorrenze per ogni aspetto, pesata per tener conto della loro frequenza
relativa sul totale delle parole usate per descriverlo, costituisce lo Scorei. Assumendo
il punteggio più elevato, Maximum Score, come fattore di normalizzazione, i
punteggi delle singole professioni sono convertiti su una scala da 0 a 100:
RS i
Score i
·
§
u 100 ¸
¨
¹
© Maximum Score
Per una data attività economica, è possibile inserire in O*Net le parole chiave
che la caratterizzano, ottenendo in questo modo la lista degli n profili professionali
pertinenti, ordinati in modo decrescente in base al punteggio di relevance.
Con riguardo ai descrittori, O*Net propone una serie di misure, come
l’importanza, il livello/complessità e la sua frequenza di utilizzo nello svolgimento
del lavoro, atte a quantificare le dimensioni rilevanti per il profilo professionale
considerato. Per ogni professione selezionata, è possibile conoscere l’importanza
relativa e il livello richiesto di ciascuno dei descrittori. Quelli di interesse in questo
caso saranno: knowledge, work activities, tasks e skills.
Le dimensioni studiate sono quantificate ricorrendo a tipologie di scala
diverse. Ad esempio, per il livello/complessità è utilizzata una scala a 7 gradi (1-7)6
che ipotizza un continuum sottostante; per l’importanza è, invece, utilizzata una scala
ordinale a 5 gradi. Per tutti i tipi di scala, l’estremo inferiore coincide con il grado
6
Esempio di scala utilizzata per rilevare il livello di complessità del sapere “Economia e accounting”
Definire figure professionali tramite testimoni privilegiati
181
più basso dell’attributo descritto. Dalla distribuzione dei punteggi ottenuti mediante
la somministrazione di appositi questionari ad un campione di lavoratori appartenenti
al profilo professionale esaminato, di ciascun attributo dei descrittori si determina il
punteggio medio, sottoposto a sua volta ad un processo di normalizzazione che lo
converte su scala 0-100.
5.
Social Network Analysis e “Ricetta di produzione del laureato”
La determinazione della “Ricetta di produzione del laureato” richiede che siano
correttamente identificate le caratteristiche dell’attività economica per cui egli è stato
formato. La metodologia scelta per conseguire questo obiettivo è la Social Network
Analysis (SNA). Elaborata per l’esame delle dinamiche relazionali in ambito socioantropologico (Moreno, 1934), la SNA ha recentemente trovato ampia diffusione in
vari campi, e in particolar modo per lo studio del capitale umano (Tsai e Goshal,
1998; Cross et al., 2001). Essa si focalizza sui singoli soggetti e sulle relazioni di
varia natura da questi intrattenute.
Anche i profili professionali di una specifica attività economica (che
costituiscono una popolazione definita) possono essere considerati i soggetti di un
network7. L’analisi delle loro relazioni, e dunque della struttura del network, fornisce
indicazioni che possono aiutare sistema universitario e imprese nella creazione, il
primo, e nella individuazione, le seconde, dei profili più adeguati, in termini di
saperi.
Lo studio del network di un’attività economica, costruito partendo dai profili
professionali, rende possibile trovare figure che soddisfano, anche se parzialmente, la
domanda delle imprese di specifici tipi di saperi, individuare quali aspetti siano più
importanti, o offrano maggiori opportunità di lavoro e di carriera e identificare quali
tipi di saperi siano più richiesti.
L’applicazione della SNA al mercato del lavoro consente di considerare ogni
attività economica come caratterizzata da un insieme di profili professionali legati fra
loro da una relazione di similarità. Questo insieme di relazioni assume la forma di un
network in cui i profili professionali sono i nodi, collegabili da linee. Quando, come
nel presente caso, i nodi hanno la stessa natura, il network si definisce one-mode
(Wasserman e Faust, 1994).
In questa nota, la costruzione del network si basa sulla relazione di similarità
intesa come condivisione di saperi, abilità, attività lavorative e ambiente di lavoro tra
7
Un network N è rappresentato da un grafo G (V,L), dove V si riferisce ad un set di n
vertici/nodi/punti/attori; L si riferisce, invece, ad un insieme di m edges/linee/link/relazioni tra di essi,
ossia V= {v1, v2,…, vi, ..vn} e L= {l1, l2,…, lk, ..lm} (Borgatti e Everett, 1992).
182
Ottimizzare la coerenza tra profili formativi universitari e sbocchi occupazionali:
proposta di una metodologia
coppie di profili professionali. L’utilizzo delle principali misure di rete conduce alla
determinazione del peso di importanza che, nel predisporre l’ordinamento di un
corso di studio con specifici sbocchi occupazionali, dovrà essere attribuito a ciascun
profilo professionale in esame.
L’ordinamento del corso di studio idoneo a generare laureati occupabili in un
dato settore di attività economica è il risultato di un processo che consta di più fasi:
1: costruzione del network dei profili professionali,
2: descrizione di ciascun profilo professionale appartenente al network,
3: studio del network,
4: sintesi delle informazioni in un indice di importanza del profilo.
5.1
Costruzione del network e descrizione dei profili professionali
La costruzione del network dei profili professionali (Fase 1) avviene mediante un
processo che si articola in tre momenti:
1. Individuazione delle professioni iniziali, utilizzando il peso di relevance
RS, una volta fissato un valore minimo al di sotto del quale la
professione non è selezionata8. I profili professionali così ottenuti sono
detti di “livello zero”.
2.
Individuazione di profili di livello gerarchico inferiore. A ciascun
profilo professionale di “livello zero” è applicata la tecnica dello
snowballing9 (Goodman, 1961; Frank, 1979) che consiste nella ricerca
ricorsiva di profili collegati a quelli già individuati, iniziando da un
numero ridotto di agenti (le professioni iniziali, di livello zero) e
aggiungendo strada facendo profili simili. Si identificano così
professioni di “livello 1” (così chiamate perché ottenute direttamente da
ogni professione di “livello zero” cui risultano simili), quindi, quelle di
“livello 2” collegate, in base al medesimo criterio, ad ogni professione
del “livello 1”. La procedura si interrompe in corrispondenza del valore
dello stadio s per il quale non emergono profili professionali diversi da
8
Anche se O*Net suggerisce di selezionare i profili con un RS • 67, nell’applicazione si è deciso di
considerare profili con RS • 25 così da disporre di un set di profili sufficientemente numeroso.
9
Lo snowball sampling (con k nomi e s stadi) consiste di un campione casuale di individui estratti da
una data popolazione finita, cui è chiesto di nominare k differenti individui nella medesima
popolazione. Questi ultimi formano il primo stadio (s=1). Ad ognuno degli individui del primo stadio
è domandato di nominare k differenti individui, che costituiscono il secondo stadio (s=2). A ciascuno
di essi è poi chiesto di citare k individui distinti e così via agli stadi successivi. La procedura continua
finché a ciascuno degli individui appartenenti allo stadio s-esimo sia stato domandato di nominare k
individui.
Definire figure professionali tramite testimoni privilegiati
183
quelli individuati ai livelli precedenti10. In questo modo, i confini del
network risultano definiti, rendendo plausibile l’ipotesi che il network
possa essere considerato come una popolazione finita e chiusa. Inoltre,
considerati gli obiettivi del lavoro, diversamente da quanto avviene
negli studi di network di carattere sociologico, non è fissato a priori k, il
numero massimo di relazioni da cercare per ogni profilo, ma si
registrano tutte quelle esistenti.
Figura 2. Esempio di network di profili professionali11
3.
10
Strutturazione del network (Fig. 2). Per ciascun profilo professionale
ottenuto, si considerano le relazioni di similarità, senza riferimento al
livello, così da esaminare il network come un tutt’uno (Mitchell, 1969),
invece che come un insieme di network egocentrici12 generati dai profili
di livello zero. Per procedere all’analisi statistica dei dati relazionali, è
opportuno tradurre in termini matriciali le informazioni ottenute,
Nell’applicazione svolta da Civardi, Zavarrone, Zappa (2008), per tutti i settori di attività studiati,
la procedura si è interrotta al secondo stadio, poiché in corrispondenza dello stadio s=3 non è emerso
alcun nuovo profilo.
11
Il software utilizzato per la rappresentazione del network è Pajek 1.21 (de Nooy, Mrvar e Batagelj,
2005).
12
L’ego-network, o network “ego-centrico”, rappresenta le relazioni di un solo soggetto, scelto come
centro del network stesso. Esso è dunque una rete costituita da un nodo focale (“ego”) e dai nodi a cui
l’ego è collegato direttamente (“alters”) più i legami tra gli alters.
184
Ottimizzare la coerenza tra profili formativi universitari e sbocchi occupazionali:
proposta di una metodologia
predisponendo una matrice di adiacenze (Galtung, 1967; Wasserman e
Faust, 1989). Essa è una matrice quadrata n x n, le cui righe e colonne
sono intestate agli attori del network (i profili professionali, nel nostro
caso). Dal momento che la relazione non è espressa con un valore
numerico, nelle celle all’incrocio fra l’i-esimo e il j-esimo profilo, il
generico elemento aij assume valore 1 se esiste la relazione di similarità,
0 altrimenti. Le celle sulla diagonale, all’incrocio fra un attore e se
stesso sono, invece, lasciate vuote.
Per analizzare le caratteristiche del network, è necessario conoscere alcuni
attributi dei profili che lo compongono. La verifica della pertinenza rispetto
all’attività economica di ciascun profilo professionale incluso nel network attiene
alla Fase 2 ed è condotta sulla base del peso RSi del generico profilo professionale iesimo. Per assegnare un valore di RS, si definisce la seguente regola: ad ogni profilo
i-esimo individuato negli stadi s•1, è attribuito un RSi pari ad una quota D della
media aritmetica semplice13 dei punteggi di relevance degli Ni profili a cui è legato:
Ni
RS i
D ¦ RS j / N i
j 1
dove RSj è il peso RS dei profili professionali collegati all’i-esimo (j=1,….,Ni).
Il valore di D è determinato come media aritmetica semplice dei rapporti
(RSk/RSh) istituibili fra tutte le coppie di profili appartenenti al livello zero, i soli per i
quali O*Net fornisce il peso RS. I suffissi h e k indicano profili professionali
collegati dalla relazione di similarità:
RS h t RS k
La scelta di porre al denominatore il valore RS più elevato consegue al
significato di D. Esso, infatti, è una misura di sintesi determinata per stimare il peso
RS di una professione partendo da quelli noti di professioni simili di livello almeno
pari. Deve, quindi, assumere valori inferiori a uno.
La Fase 2 si completa individuando il fabbisogno formativo di ogni figura
professionale all’interno dell’attività economica esaminata. A tal fine si opera una
conversione degli l saperi contemplati in O*NET nei q' settori scientifico-disciplinari
(SSD), le 371 macro-aree scientifiche definite dal MUR cui appartengono e in cui
sono raggruppati gli insegnamenti impartiti nei corsi di laurea. La conversione
avviene in base al confronto tra la descrizione di ciascun sapere contenuta in O*Net e
quella degli SSD attinenti. La costruzione della matrice di ordine 33x372 che riporta
13
Trattandosi di medie di rapporti la media geometrica sarebbe ovviamente preferibile, tuttavia,
quando i dati presentano una variabilità relativamente contenuta, la scelta della media aritmetica
comporta una sovrastima praticamente trascurabile.
Definire figure professionali tramite testimoni privilegiati
185
nelle celle valore 1 quando si individua la corrispondenza tra sapere e SSD e valore 0
quando tale corrispondenza non è individuata, comporta, come si vedrà, una notevole
riduzione del numero di SSD da considerare nell’analisi.
Nella costruzione della matrice delle corrispondenze saperi-SSD, ad ogni
sapere possono risultare associati uno o più SSD14. Nel caso in cui la corrispondenza
sia uno-a-uno, all’SSD viene assegnato lo stesso peso del sapere (il suo livello di
importanza), nei casi in cui ad un sapere sia associato più di un SSD, il peso di
importanza del sapere è stato ripartito in parti uguali su ognuno degli SSD.
Alcuni saperi, anche se caratterizzati da un punteggio d’importanza superiore
al minimo fissato, dipendono fortemente dal settore produttivo in cui il lavoratore è
occupato. Si pensi, a titolo d’esempio, al profilo “Analista di ricerche di mercato”, al
sapere “Produzione Alimentare” che è evidentemente citato esclusivamente dai
rispondenti impiegati in un’impresa del settore alimentare, ma non è strettamente
connesso né al profilo professionale d’interesse né all’attività economica oggetto di
studio. In tal caso, sembra corretto assegnare peso 0 a questi tipi di saperi,
escludendoli quindi dalle analisi successive. L’effetto di questa scelta è, ovviamente,
una riduzione del numero di saperi richiesti per il profilo. La reiterazione del
processo per ogni profilo professionale conduce alla rappresentazione del singolo
profilo professionale come una combinazione dei diversi SSD pesati in funzione
della loro importanza relativa.
5.2
Studio del network e determinazione dell’indice di importanza
Lo studio della struttura e della composizione (Frank e Strauss, 1986) del network al
fine di determinare quali profili professionali siano più importanti all’interno
dell’attività economica in esame è affrontato nella Fase 3. Si ricorre a tre misure del
network: grado di centralità, connettività e sottogruppi.
Il grado di centralità (cDEG) è applicato per rilevare i nodi o profili che
occupano una posizione più centrale all’interno del network. cDEG è, difatti, definita
come il numero di linee incidenti ad un nodo (Freeman, 1979). Questa scelta
consegue all’ipotesi secondo cui la centralità all’interno del network indica il potere
14
Per la conversione da sapere a SSD, si è fatto ricorso a giudici che hanno classificato le unità in
osservazione in k categorie, operando indipendentemente (Spitzer et al., 1967; Everitt, 1968). Il grado
di accordo nella valutazione è espresso mediante il coefficiente k di Cohen (1960):
( po pc )
(1 p c )
dove po= proporzione osservata di valutazioni concordanti tra i giudici e pc è la proporzione attesa di
valutazioni concordanti tra i giudici nell’ipotesi di indipendenza di valutazione. In caso di perfetto
accordo tra i giudici, k = 1; in caso di disaccordo k < 0.
186
Ottimizzare la coerenza tra profili formativi universitari e sbocchi occupazionali:
proposta di una metodologia
o la preminenza del nodo che la ricopre. Si ritiene, infatti, che profili professionali
che possiedono saperi simili ad altri dovrebbero pesare di più nell’elaborazione
dell’offerta formativa. In altri termini, dall’assunzione che un profilo professionale
richiedente un insieme di saperi analogo a quello domandato da numerosi altri profili
darà a chi li ricopre più elevate possibilità di trovare un altro impiego, consegue una
proporzionalità diretta tra il peso di un profilo professionale ed il numero di profili ad
esso simili o adiacenti.
Per il profilo professionale i-esimo, il grado di centralità è espresso come:
ci DEG
Ni
¦a
ij
j 1
Si ricorda che aij sono i valori nelle celle della matrice di adiacenze e i loop
sono esclusi, date le modalità di costruzione della matrice di adiacenze.
La misura così ottenuta è normalizzata al fine di agevolare il confronto tra
nodi. Si ottiene così cNDEG, che consiste nel rapporto tra il valore di cDEG e il valore
massimo che può assumere, pari al numero (n-1) di tutte le linee di congiunzione
possibili incidenti al singolo nodo. Lo studio della distribuzione dei cNDEG permette
di derivare i nodi più centrali, dal momento che quanto più elevato è il numero di
linee incidenti al nodo, tanto più importante è il l’insieme di saperi (e, quindi, di
SSD) ad esso associati.
La misura della connettività del network15 permette di estrarre i punti di
rottura. Questi ultimi sono definiti come i nodi che, se rimossi, disconnettono il
network, dividendolo in due o più sottogruppi coesi fra i quali non vi è alcun
collegamento (Scott, 1991). Dal momento che i punti di rottura legano sottogruppi di
profili simili e rappresentano l’unico modo per raggiungere professioni che,
diversamente, sarebbero isolate dal network, si può ragionevolmente supporre che
siano caratterizzati da saperi e, quindi, da SSD per così dire trasversali, richiesti cioè
da una pluralità di profili professionali. Questi saperi, e i corrispondenti SSD, sono
generalmente ritenuti cruciali, poiché permettono al lavoratore laureato di possedere
un maggior grado di flessibilità. I profili professionali identificati come punti di
rottura devono, dunque, ricoprire un peso maggiore nella “Ricetta di produzione”;
pertanto, all’i-esimo nodo del network è assegnato un coefficiente Ȗi, che è positivo
nel caso in cui il nodo sia un punto di rottura. Diversamente, assume valore zero.
Infine, investe importanza non secondaria l’individuazione di eventuali
15
Un network si definisce connesso se esiste un sentiero tra ogni coppia di nodi nel grafo, ossia se
tutte le coppie di nodi (diadi) sono raggiungibili (Hage e Harary, 1995) attraverso una sequenza di
linee. La lunghezza di un sentiero è indicata dal numero di linee che contiene. La connettività k di un
network è il numero minimo di nodi che occorre rimuovere per rendere il network disconnesso. Tali
nodi sono chiamati punti di rottura (Wasserman e Faust, 1994).
Definire figure professionali tramite testimoni privilegiati
187
sottogruppi coesi all’interno del network16, composti cioè da nodi più densamente
legati fra loro17 che possono assumere la forma di cliques18, di k-plex19 o di
componenti20 (Borgatti et al., 1990; Freeman, 1992; Frank, 1995). La presenza di
sottogruppi coesi rivela, infatti, l’esistenza di profili in qualche modo più simili agli
altri. D’altra parte, poiché ogni profilo è descritto dagli SSD che lo caratterizzano, la
composizione degli insiemi di SSD di ciascun sottogruppo e la comparazione fra
sottogruppi fornisce informazioni rilevanti in quanto rende possibile l’individuazione
degli SSD più importanti per ciascun sottogruppo, cioè degli SSD con un peso medio
relativo all’interno del sottogruppo superiore a quello che presentano negli altri
sottogruppi considerati congiuntamente.
L’analisi congiunta degli SSD caratteristici e della Job Zone cui appartiene il
profilo consente di verificare se tutti i sottogruppi richiedano effettivamente per lo
svolgimento delle relative attività un livello di conoscenze elevato, pari a quello
solitamente acquisito mediante un corso di laurea. Solo i profili appartenenti ai
sottogruppi che soddisfano questa condizione potranno essere obiettivo del corso di
laurea in oggetto e, quindi, dovranno pesare di più nell’elaborazione della “Ricetta di
produzione”. Per il generico profilo i-esimo, appartenente al sottogruppo j-esimo,
questo peso è rappresentato da ȕ*j. Esso assume un valore specifico per ciascun
sottogruppo individuato.
Nella Fase 4, le misure sono sintetizzate in un valore che definisce la “Ricetta
di produzione” per ogni settore di attività economica. La quantificazione del
contributo del singolo SSD avviene pesando l’insieme di SDD di ciascun profilo per
uno apposito fattore, CRSi (Corrected RS), che integra la rilevanza del profilo
professionale i-esimo con le informazioni ottenute dall’analisi del network.
CRSi è calcolato come:
CRS i
DEG
RS i * C Ni
1 J i E *j
dove: RSi è il RS del profilo professionale i-esimo; cNiDEG = grado di centralità
16
Un sottogruppo di un network è un sottografo il cui insieme di nodi è un sottoinsieme dei nodi del
grafo G e il cui insieme di linee è un sottoinsieme delle linee di G.
17
La densità di un network o di un sottogruppo è funzione del numero di legami tra i nodi che lo
compongono, in rapporto al numero massimo di legami possibili: D m /(n(n 1) / 2) , dove m è il
numero di linee presenti e n il numero di nodi. Una clique è un sottogruppo in cui ogni nodo è
collegato ad ogni altro (Wasserman e Faust, 1994).
19
Un k-plex è un set di p nodi, ciascuno dei quali è collegato ad almeno altri (p-k) nodi del network.
20
Una componente di un network è un sottonetwork massimamente connesso, tale per cui esista un
sentiero tra ogni coppia di nodi del sottonetwork e non esista invece nessun sentiero tra nodi
appartenenti a sottonetwork diversi.
188
Ottimizzare la coerenza tra profili formativi universitari e sbocchi occupazionali:
proposta di una metodologia
normalizzato del profilo i-esimo e Ȗi è il coefficiente per un nodo punto di rottura:
Ji
Ji
N. punti di rottura all' interno del network
N. nodi nel network
0 se il nodo non è un punto di rottura
ȕ*j = coefficiente per i profili professionali obiettivo specifico del corso di laurea
ȕ *j
ȕj
6.
ȕj
Maxȕ j
N. SSD del sottogruppo j - esimo con peso medio ! peso medio degli altri sottogruppi
N. SSD sottogruppo j - esimo
La soluzione del modello
Il ricorso al calcolo matriciale rende più agevole la presentazione del modello
descritto nei precedenti paragrafi. Siano:
n: I profili professionali del settore di attività che l’università indica come
sbocco occupazionale dei laureati del corso di laurea;
l: Il numero di saperi definiti da O*NET;
q’: Il numero dei Settori Scientifico Disciplinare (SSD) indicati dal MUR.
Si costruiscono:
CRS ( n,1) il vettore dei pesi RS corretti dei profili professionali,
CRS i l’elemento che rappresenta il Relevance Score Corretto assegnato al
profilo professionale i-esimo,
PK ( n, l ) la matrice dei pesi di importanza dei saperi per i profili
professionali21,
PK ij l’elemento che rappresenta il peso di importanza del sapere j-esimo per
il profilo professionale i-esimo,
21
Si ricorda che nel costruire la matrice PK tutti gli elementi delle colonne intestate a saperi poco
specifici e quindi non direttamente connessi ai profili professionali in analisi sono posti uguali a zero.
Definire figure professionali tramite testimoni privilegiati
189
KSI (l , q' ) la matrice iniziale delle corrispondenze Saperi/SSD,
KSI jm 1 se il sapere j-esimo è associato all’SSD m-esimo e 0 altrimenti,
KII (l ,1) il vettore iniziale somma di riga di KSI , si ottiene:
KII
KSI u 1
(l,1) (l,q’) (q’,1)
dove 1 è un vettore colonna unitario. Il generico elemento KII j fornisce il numero di
SSD associati al sapere j-esimo.
Sia, inoltre: PSI ( n, q' ) la matrice dei pesi di importanza dell’ m-esimo SSD
per il profilo professionale i-esimo:
> @
u KSI
(n.q’) (n,l) (l,l)
(l,q’)
PSI
> @
dove KÎ )
1
PK u KÎ
1
è la matrice diagonale formata dagli elementi del vettore KII .
Sia KSS (1, q' ) il vettore riga somma dei pesi di importanza dell’ m-esimo
SSD nell’insieme di tutti i profili
KSS 1 u PSI .
(1,q’) (1,n) (n,q’)
Gli elementi KSS m 0 individuano gli SSD che non sono associati ad alcuno dei
saperi e che, quindi, non dovranno essere introdotti nella “Ricetta di produzione”.
Si procede quindi alla riduzione delle dimensioni della matrice PSI
eliminando le colonne corrispondenti agli elementi nulli del vettore KSS . In questo
modo si determina la matrice:
PS ( n, q ) , matrice finale dei pesi d’importanza dell’m-esimo SSD per il profilo
professionale i-esimo, dove q è il numero di SSD da introdurre nella Ricetta di
produzione.
Sia PSS ( n,1) il vettore somma dei pesi di importanza di tutti gli SSD di ogni
profilo, si ha:
PSS PS u 1
(n,1) (n,q) (q,1)
Sia, infine PSR ( n, q ) la matrice dei pesi di importanza relativi dell’m-esimo
SSD per il profilo j-esimo:
PSR
>PSS @1 u PS
Ottimizzare la coerenza tra profili formativi universitari e sbocchi occupazionali:
proposta di una metodologia
190
(n,q)
(n,n)
(n,q)
> @1 è la matrice diagonale formata dagli elementi del vettore PSS
ˆS
dove PS
Sia SS( q ,1) il vettore della somma dei pesi di importanza relativi dell’mesimo SSD:
SS (PSR)'uCRS
(q,1)
(q,n)
(n,1)
e SSS (1,1) la somma dei pesi di importanza relativi di tutti i SSD:
SSS
1'uSS
(1,1) (1,q) (q,1)
si ricava SSF ( q ,1) , il vettore dei pesi relativi dei SSD, vale a dire la Ricetta di
produzione del laureato:
SSF
> @
SS u SŜS
1
(q,1) (q,1) (1,1)
Il peso relativo di ciascun SSD fornito dal vettore SSF è agevolmente
convertibile nel numero di CFU (Crediti Formativi Universitari) da assegnare a ogni
SSD.
7.
Ulteriori sviluppi
In questa nota si è proposta una metodologia per l’utilizzo congiunto di dati
secondari derivanti da due diversi contesti: il mercato del lavoro e il sistema
formativo universitario, così da ottenere valide indicazioni sui profili professionali
più rilevanti nelle diverse attività economiche e sulle conoscenze che è necessario
trasmettere agli studenti per formare tali profili. I risultati di questo approccio
costituiscono il punto di partenza per approfondimenti successivi. Ci si propone,
infatti, di ricorrere alla Textual network analysis al fine di prendere in esame ulteriori
informazioni, analizzando in maggior dettaglio le descrizioni ed i contenuti delle
singole tipologie di conoscenza. L’obiettivo è quello di arrivare all’esplicitazione dei
settori scientifico-disciplinari enucleati nella “Ricetta di produzione del laureato” in
specifici insegnamenti così da passare dall’offerta formativa alla sua articolazione
nel regolamento del corso di laurea.
Definire figure professionali tramite testimoni privilegiati
191
Un affinamento dei risultati potrebbe derivare dall’adozione di una base di
dati appositamente predisposta, in modo da dare adeguato risalto ai localismi del
mercato del lavoro.
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A Method for Optimising the Consistency between Labour
Market Requirements and Educational University Profiles
Summary. In this paper we propose a new approach for designing a Bachelor study
programme. Our model takes into account the competencies the labour market requires to
graduates to accomplish work activities. We adopt an integrated source of information that
describes jobs in terms of competencies and knowledge required by companies to perform
various work activities. In our model, each field of knowledge is converted into one or more
scientific areas (there are 371 scientific macro-areas defined by the Ministry for University
and Research; the macro-areas contain any scientific discipline taught in Italian
universities’ study programmes) and social network analysis is suggested. Our model’s
purpose is to identify the relevant jobs and to design the educational offer.
Keywords. Social Network Analysis; Knowledge; O*Net; Study programme.
Progettazione di percorsi formativi
mediante skill gap analysis1
Corrado Crocetta*, Francesco Domenico d’Ovidio**
* Dipartimento di Scienze Economiche, Matematiche e Statistiche, Università di Foggia
** Dipartimento di Scienze Statistiche “Carlo Cecchi”, Università di Bari
Riassunto: Nel presente lavoro si propone un approccio di tipo quantitativo per la
realizzazione di una skill gap analysis finalizzata alla progettazione di azioni di formazione continua. Sulla base delle divergenze fra le competenze necessarie per svolgere una determinata mansione e quelle effettivamente possedute dal lavoratore che
svolge detta mansione, è possibile individuare le situazioni che necessitano di formazione. In funzione delle diverse situazioni operative, si propongono alcuni algoritmi,
utilizzabili per la costruzione dei percorsi formativi e per l’individuazione dei fruitori
degli interventi.
Parole chiave: Competenze, Assessment center, Skill gap analysis, Formazione.
1.
Introduzione
Nel seguito, si propone un metodo per la definizione dei fabbisogni formativi basato
sulla stima dei gap esistenti fra le competenze richieste e quelle possedute. L’ottica
in cui ci si pone è quella di un ente di formazione che abbia ricevuto mandato da una
grande azienda polisettoriale, o da un consorzio di imprese, di pianificare attività di
formazione continua in favore di potenziali allievi aventi bilanci di competenze estremamente variegati ed esigenze molto diversificate.
Il punto di partenza della proposta è un indicatore del divario fra le competenze necessarie per occupare una certa posizione organizzativa e quelle effettivamente possedute dalla persona che occupa quella posizione. L’indicatore può essere
facilmente utilizzato per definire i percorsi formativi, individuando i lavoratori su cui
intervenire con attività di formazione continua e per la formazione delle classi.
1
Il presente lavoro è stato realizzato nell’ambito del PRIN 2005 “Modelli e metodi per abbinare profili formativi e bisogni di professionalità di comparti del terziario avanzato” (cofinanziato dal MIUR).
Coordinatore nazionale del PRIN è L. Fabbris, coordinatore dell’unità locale di Bari è E. Toma. La
nota, opera congiunta dei due autori, è stata redatta da C. Crocetta per quanto riguarda i Paragrafi 1, 2
e relativi sottoparagrafi, 4.1, 4.3 e 6, da F. D. d'Ovidio per i Paragrafi 3, 4.2 e 5.
196
Progettazione di percorsi formativi mediante skill gap analysis
L’approccio quantitativo che si propone è piuttosto innovativo, considerato
che le applicazioni di skill gap analysis adottano in genere un approccio di tipo qualitativo2.
In questa nota si riportano i princìpi ispiratori e le metodologie statistiche applicabili per la realizzazione di un piano di formazione continua considerando ipotesi
operative diverse.
Nel seguito, dopo una breve descrizione delle principali definizioni del concetto di competenza e del bilancio delle competenze (Par. 2), si presenta un metodo
di misura del gap di competenze (Par. 3). Partendo da tale misura, si propongono tre
diversi algoritmi per la costruzione di percorsi formativi sulla base delle esigenze aziendali in diverse situazioni operative (Par. 4). Nel Par. 5 sono riportate alcune considerazioni conclusive.
2.
Risorse umane e analisi delle competenze
I primi studi sulle competenze risalgono agli anni ‘60, quando le grandi organizzazioni produttive iniziavano a rendersi conto che l’approccio tayloriano era superato e
che vi era l’esigenza di valorizzare chi padroneggiava le competenze utili a realizzare
il proprio lavoro. Il susseguente cambiamento dei modelli organizzativi ha chiesto ai
dipendenti crescenti dosi di capacità di adattamento e di motivazione.
Negli anni ‘80 s’inizia a parlare di risorse umane, per cui il lavoratore non
rappresenta più solo un costo per l’azienda ma una risorsa in grado di generare valore
aggiunto (Borgogni, 1996).
La Harvard Business School individua le seguenti aree di investimento nelle
risorse umane (Walton, 1985; Ulrich, 1998): (i) competenze; (ii) coinvolgimento dei
dipendenti; (iii) corrispondenza tra gli obiettivi dei dipendenti e quelli dell’organizzazione; (iv) efficacia dei costi delle pratiche di gestione delle risorse umane.
La prima area pare particolarmente importante perché la gestione delle risorse
umane si indirizza sempre più verso l’individuazione e lo studio di conoscenze, abilità e altre caratteristiche personali dei lavoratori. Questo approccio ha consentito di
sviluppare programmi mirati a migliorare le performance dei singoli e dell’organiz2
Ad esempio, il metodo Forma® (registrato presso il Ministero dell’Industria), utilizzato da grandi
aziende e pubbliche amministrazioni, fornisce indicatori di tipo quantitativo sul gap di competenze
sintetizzando informazioni di tipo qualitativo (quali figure sono coinvolte nelle varie attività, quali
competenze sono necessarie per svolgere tali attività e quali competenze sono possedute da tali figure;
cfr. Certiskills, project “Dalla competenza alla certificazione”, http://www.certiskills.net/). Le informazioni qualitative vengono elaborate, per ottenere indicatori quantitativi, mediante varie procedure (fra
le quali la più efficace è quella implementata nel software Prometheos da Satef s.r.l., partner del
Gruppo Italia Forma; cfr. http://web.tiscali.it/satef/prometheos.htm).
Definire figure professionali tramite testimoni privilegiati
197
zazione, sforzandosi di mettere le risorse giuste ai posti giusti. Esso può essere utile
per la definizione delle posizioni organizzative, per la messa a punto di percorsi di
sviluppo professionali e per la gestione di piani di mobilità.
L’approccio “per competenze” risulta, dunque, una nuova ed efficace chiave
di lettura del problema di definizione della professionalità nell’attuale processo evolutivo del mondo del lavoro. Per comprenderne l’importanza, occorre procedere in un
breve excursus sul concetto stesso di competenza.
2.1
Le competenze
Secondo White (1959), la competenza è una generale capacità dell’uomo di interagire efficacemente con l’ambiente, pertanto è anche abilità, possibilità, capacità, efficienza. Essa non è una proprietà fissa, ma implica una capacità generativa nella quale
le abilità cognitive, sociali e comportamentali possono essere organizzate per raggiungere più scopi. Secondo Boyatzis (1982), la competenza è una caratteristica intrinseca di un individuo collegata ad una performance eccellente in una mansione, e
si compone di motivazione, immagine di sé, ruoli sociali, conoscenze e abilità.
Sulla stessa lunghezza d’onda sono Spencer e Spencer (1993) che definiscono
la competenza come “una caratteristica intrinseca individuale che è causalmente correlata ad una performance efficace e/o superiore in una mansione o in una situazione,
e che è misurata sulla base di un criterio prestabilito”. Gli Spencer approfondiscono
il legame fra la competenza e la performance, rilevando un nesso di causalità e di
prevedibilità in questa relazione. Individuano cinque tipi di competenze:
Ö le motivazioni – che attengono alla voglia di fare;
Ö i tratti di personalità – la propensione personale ad agire in un certo modo;
Ö l’immagine di sé – la percezione del proprio io e la fiducia in sé;
Ö la conoscenza di discipline o tecniche;
Ö la capacità di svolgere determinate attività fisiche o intellettive.
Per gli scopi sopra enunciati è importante che un’organizzazione complessa
provveda alla redazione di un inventario delle competenze, ossia alla identificazione
delle competenze, alla classificazione delle caratteristiche e dei ruoli e delle mansioni
svolte dal personale per definire le conoscenze e le abilità necessarie.
Si parte, in genere, dalla rilevazione delle attività (job description), per poi
scomporre i ruoli e le mansioni in comportamenti che rappresentano le azioni necessarie per svolgere le diverse attività (Levati, 1992; Levati e Saraò, 1998).
Si perviene così alla formulazione dell’inventario delle competenze fondamentali che i responsabili delle diverse posizioni organizzative devono possedere.
Ovviamente tale inventario va rivisto periodicamente ed aggiornato in caso di modifiche all’organizzazione aziendale.
198
2.2
Progettazione di percorsi formativi mediante skill gap analysis
I bilanci delle competenze
Per definire un bilancio delle competenze (Lemoine, 2002), si analizza prima il quadro di competenze posseduto da ciascun candidato e quello delle competenze necessarie per ricoprire il ruolo assegnato. L’analisi delle competenze possedute consiste
generalmente in un’autovalutazione delle performance che riguarda sia la sfera psicologica che quella delle capacità operative.
La valutazione soggettiva della propria abilità è correlata alla capacità di
svolgere efficacemente un’attività diretta al raggiungimento di un obiettivo. Per un
individuo, indagare sulle proprie competenze (e dunque sugli aspetti della personalità
che hanno peso in termini di interessi, motivazione, conoscenze, attitudini e ambizioni) può essere molto importante ed utile per pianificare il proprio percorso di crescita professionale e personale.
Il bilancio delle competenze si esplica essenzialmente nella analisi di quattro
elementi chiave dell’individuo:
ƒ bilancio di personalità (chi è in realtà);
ƒ attitudini personali e professionali (cosa sa realmente fare);
ƒ potenzialità (cosa può fare);
ƒ obiettivi (cosa vorrebbe fare).
Il bilancio delle competenze è dunque un vero e proprio check-up professionale, da inquadrare in un’ottica non solo di orientamento, poiché costituisce una fase
importante per la programmazione degli interventi di formazione continua. È noto
che le necessità di apprendimento interessano tutto l’arco della vita di una persona.
Appunto tramite il bilancio di competenze è possibile valutare le differenze tra le capacità richieste per ricoprire una determinata posizione e le abilità effettivamente
possedute dal titolare della posizione (o da chi aspira ad essa).
In questo contesto si utilizza la valutazione del potenziale del personale tramite assessment center3. Detta valutazione è incentrata sulla congruenza fra le caratteristiche psico-attitudinali possedute e quelle richieste dall’organizzazione in termini di
copertura ottimale di un ruolo organizzativo. Per l’azienda, la valutazione rappresenta un’occasione per conoscere capacità e motivazioni dei collaboratori e per pianificare interventi gestionali coerenti con le necessità aziendali ed i potenziali degli individui.
In genere, dopo la definizione degli obiettivi aziendali, dell’organigramma e
del mansionario, si procede all’analisi dei profili e delle caratteristiche professionali
(competenze, capacità e orientamenti) coerenti con i diversi ruoli da ricoprire. In
3
Sugli scopi e le caratteristiche dell’assessment center esiste una ricca bibliografia. Per addentrarsi
nel tema si possono consultare: Balzaro, De Carlo e Robusto (1990); Augugliaro (1991; 1993); Augugliaro e Majer (1993); Levati e Saraò (1993; 1998); Augugliaro e Majer (2001); Gallo e Boerchi
(2004); Levati e Mariani (2004).
Definire figure professionali tramite testimoni privilegiati
199
funzione di tali ruoli si definiscono le prove più adatte alla rilevazione delle informazioni necessarie. Le prove sono spesso simulazioni di attività tipiche delle posizioni
organizzative considerate.
Dopo aver portato a termine le sessioni di assessment, si procede con
l’elaborazione dei profili e con la restituzione delle analisi agli interessati.
2.3
Skill gap analysis
La misura del divario tra le competenze richieste e quelle effettivamente possedute
(skill gap analysis), ha il fine di evidenziare le aree sulle quali l’individuo è adeguato
alle attese della posizione che ricopre (o che vorrebbe ricoprire), quelle nelle quali le
supera e quelle nelle quali deve investire in termini di aggiornamento e formazione.
Un’azienda che voglia essere o restare competitiva investe sulla skill gap analysis non solo per scoprire se i propri dipendenti sono idonei a fare ciò che fanno o
se gli aspiranti dipendenti sono in grado di operare in azienda, ma anche e soprattutto
per valutare la convenienza di intraprendere percorsi formativi adeguati alle reali
mancanze dei dipendenti, ottimizzandone la struttura.
Non sono poche le strategie che possono far uso di metodiche statistiche in
grado di rielaborare i risultati di una skill gap analysis. Esse hanno in comune le informazioni di partenza, ossia la conoscenza di quali competenze siano necessarie in
azienda (e a quale livello), e di quali competenze disponga l’individuo. Le indagini di
autovalutazione possono essere incrociate con quanto affermano colleghi e superiori
(360°-assessment). In entrambi i casi, dovranno essere disponibili informazioni sul
livello di competenze richieste in azienda (e/o con quale frequenza vengano richieste) e sul livello di competenze possedute dal singolo.
Tali informazioni, peraltro, possono essere ottenute anche tramite simulazione di procedure aziendali, come previsto nell’assessment center, eventualmente anche con inserimento di episodi critici per valutare correttamente le capacità di problem solving dell’individuo.
Quali siano le competenze da valutare dipende dall’obiettivo aziendale. In alcune aziende, ad esempio nel campo di servizi, si può assegnare maggiore importanza al bilancio di personalità e al sapere, inserendo nel “saper fare” anche la capacità
di intrattenere rapporti umani positivi. In altre aziende, può essere utile mantenere
una netta distinzione fra, da una parte, il sapere e il saper fare, vale a dire le competenze professionali “di base” e le competenze tecniche e specialistiche, e d’altra parte
il “saper essere”, le attitudini personali (Gallo e Lorè, 2006).
200
3.
Progettazione di percorsi formativi mediante skill gap analysis
La misura dei gap individuali
Solitamente, la skill gap analysis viene realizzata confrontando, in modo ragionato,
indicazioni di tipo qualitativo fornite dal dipendente o dal responsabile con indicazioni sulle competenze necessarie per ricoprire un determinato ruolo professionale.
Ciò comporta l’impegno di personale molto specializzato. Sulla base della descrizione (qualitativa) dei gap, basata sulla valutazione della presenza/assenza di alcune conoscenze e abilità nel patrimonio culturale dal lavoratore, in ragione di ciò che è necessario per le attività aziendali4, si sceglie se intervenire o meno per colmare tali discrepanze oppure si decide quale sia il candidato più adatto a ricoprire un certo ruolo.
Il metodo che si propone nel seguito adotta un approccio di tipo quantitativo.
Sotto l’ipotesi che i soggetti coinvolti nel processo di valutazione siano in grado di
quantificare in modo abbastanza preciso le variabili oggetto di giudizio (le proprie
competenze), fornisce una procedura abbastanza snella per individuare dei percorsi
di sviluppo professionale in grado di rendere più efficiente l’organizzazione aziendale, riducendo al minimo l’investimento in formazione dei soggetti coinvolti.
L’innovatività della proposta risiede nel fatto che con questo approccio si tenta una quantificazione dei divari dei singoli soggetti, fornendo una metodologia che
minimizza l’intervento degli esperti in formazione continua e in pianificazione e organizzazione aziendale, tentando di sostituire con procedure semiautomatiche di raggruppamento quelle attività che di solito sono fatte mediante scelte soggettive.
Le metodologie utilizzabili cambiano secondo le situazioni concrete e non è
proponibile un approccio valido per ogni situazione. Inoltre, la nostra proposta riguarda solo una parte delle attività conseguenti all’attività di assessment e alla redazione dei bilanci di competenze, ovvero la pianificazione delle attività di formazione
continua (escludendo, dunque, la definizione di percorsi di sviluppo professionali e la
scelta delle posizioni organizzative), anche se i concetti di fondo della nostra proposta possono essere utilmente estesi a considerare anche tali situazioni.
L’ottica in cui ci si pone è quella di un ente di formazione che abbia ricevuto
mandato da un consorzio di imprese piuttosto eterogenee di redigere i bilanci di
competenze dei lavoratori delle imprese consorziate e di pianificare l’attività di formazione in funzione della skill gap analysis.
La procedura di valutazione è la seguente. Per ogni profilo lavorativo, si redige una mappa delle competenze ritenute necessarie, attribuendo un punteggio al livello di necessità di dette competenze (auspicabilmente, su scala 1-100).
4
La valutazione, il più delle volte, è soggettiva. Talvolta, come nel caso del software Prometheos,
viene “oggettivizzata” tramite un’interfaccia che guida il valutatore nell’organizzazione delle informazioni rilevate e fornisce poi indicatori sintetici (espressi su scala quantitativa) del livello di attenzione richiesto per ogni attività aziendale e/o dell’aderenza del profilo della figura a ciò che da essa si
richiede (Magistrali e Colombo, 1999).
Definire figure professionali tramite testimoni privilegiati
201
Senza entrare nei dettagli dei metodi per la individuazione delle diverse competenze per ciascun profilo lavorativo, possiamo pensare di utilizzare la classificazione ISFOL in competenze di base, specialistiche, trasversali.
Per definire questo benchmark ideale per ciascun profilo lavorativo, si può
(secondo un approccio top-down) ricorrere ad esperti in organizzazione aziendale,
oppure si può chiedere ai responsabili delle varie funzioni aziendali di indicare i benchmark per ogni posizione organizzativa di loro competenza. In alternativa, si può
(secondo un processo bottom-up) domandare ai diversi lavoratori di indicare quali sarebbero le conoscenze necessarie per svolgere il proprio lavoro e quello dei colleghi
con cui interagiscono maggiormente per lo svolgimento dell’attività lavorativa. In
quest’ultimo caso, è comunque opportuno un processo di revisione da parte di esperti, non essendo scontato che le persone che occupano una posizione organizzativa
siano in grado di identificare il benchmark ideale, espresso in termini di competenze.
Analogamente, per ciascun soggetto che ricopre una posizione organizzativa
o che si candida a tale ruolo, si deve ottenere, nella medesima scala (1-100), il punteggio che questi attribuisce al proprio livello di padronanza delle competenze necessarie per svolgere tale lavoro (o, nella valutazione incrociata, il livello di padronanza
che i suoi colleghi e superiori gli attribuiscono).
Infine, poiché non tutte le competenze necessarie per ricoprire un determinato
ruolo sono utilizzate con la stessa frequenza, è utile considerare anche un punteggio
relativizzato alla frequenza di utilizzo di ciascuna competenza per lo svolgimento
delle mansioni assegnate in azienda. Anche questa valutazione può essere richiesta ai
responsabili delle diverse funzioni aziendali, oppure al dipendente stesso.
Il vantaggio dell’approccio proposto – rispetto a quelli basati su criteri qualitativi – consiste nella possibilità di ottenere un indicatore quantitativo in grado di valutare la differenza, appunto il gap, fra le competenze necessarie e quelle effettivamente possedute da ciascun lavoratore, tenendo conto anche della frequenza con cui
si ritiene che dette competenze siano utilizzate.
L’indicatore Gij di gap per la j-esima competenza si ricava dalla formula:
­k j 1 se Fij ! F0j
Gij = (Nij - Pij)·× kj ; ®
¯k j 0 altrimenti
e
N ij ! Pij
,
dove Nij indica il punteggio di necessità assegnato dall’i-esimo intervistato alla jesima competenza, Pij indica il punteggio attribuito al livello di competenze possedute dal lavoratore e Fij indica la frequenza di utilizzo della competenza da parte del lavoratore medesimo5, mentre F0j è la frequenza di utilizzo che, nel benchmark ideale
5
Per il calcolo di Nij, Pij e Fij si può utilizzare la media tra i punteggi attribuiti dal lavoratore e quelli
attribuiti dai colleghi o dai superiori. Agendo così nel caso di Pij si rientrerebbe nei canoni del 360°
assessment). In questo modo la valutazione del gap terrebbe conto sia dell’esperienza di chi quotidianamente ricopre certi ruoli, sia della valutazione dei “clienti interni” e dei decision maker.
202
Progettazione di percorsi formativi mediante skill gap analysis
dell’azienda, rappresenta la soglia sopra la quale la carenza di competenze rappresenta un problema a cui porre rimedio (tenendo conto dei costi della formazione).
Il termine kj consente di prendere in considerazione solo i divari positivi, per
cui l’indicatore è nullo tutte le volte che il punteggio assegnato al livello di competenza posseduta è maggiore del punteggio assegnato a quella necessaria (Nij>Pij) e se
la frequenza di utilizzo di tale competenza è minore del livello soglia prefissato.
Se opportuno ai fini descrittivi, Gij può essere standardizzato utilizzando, ad
esempio, il campo di variazione teorico: informazione facilmente ricavabile dai dati,
posto che, annullandosi Pij quando è maggiore di Nij, il campo di variazione è semplicemente fornito da max(Ni). L’indicatore assume così valori compresi fra 0 e 1,
eventualmente moltiplicabili per 100 per una migliore leggibilità. La standardizzazione, tuttavia, è ininfluente ai fini degli algoritmi proposti nella presente nota.
L’indicatore Gij è anche utilizzabile per ottenere indicatori sintetici (di uso
descrittivo o comparativo) relativi all’adeguatezza dei lavoratori di un’azienda o di
un’insieme di imprese. Tale sintesi può essere eseguita mediante una semplice media
aritmetica dei rispettivi indicatori di gap individuale. Allo stesso modo, è possibile
ricavare per media aritmetica la “competenza media” Gi dell’i-esimo lavoratore o il
“livello medio aziendale” Gj per la j-esima competenza. Detti indicatori si riconducono in parte all’ultima versione del CSI – customer satisfaction index, elaborato entro il modello SERVQUAL da Parasuraman et al. (1991)6.
L’indicatore Gij consente una notevole flessibilità nella gestione delle diverse
esigenze aziendali, perché, in funzione delle situazioni operative e del budget disponibile, è possibile inserire negli algoritmi uno o più filtri per escludere le situazioni
meno gravi, agendo sia sul livello di soglia del divario che sulla soglia di utilizzo, tenendo conto degli interessi aziendali.
A titolo esemplificativo, per ridurre il numero dei dipendenti da formare, si
possono escludere dal programma i lavoratori che hanno gap effettivi variabili tra
1/10 e 1/5 del valore massimo (secondo le caratteristiche e le disponibilità
dell’azienda), incentivandoli ad intraprendere azioni di auto-apprendimento.
L’utilizzo dell’indicatore di gap individuale per la costruzione dei percorsi
formativi da realizzare a seguito della mappatura dei fabbisogni e per l’identificazione delle persone inserire nei programmi formativi potrebbe destare qualche perplessità fra gli esperti di formazione continua, poiché è noto che non tutte le competenze
hanno la stessa importanza per lo svolgimento di una attività lavorativa in azienda,
né la medesima importanza per tutti coloro che svolgono tale attività.
In realtà, l’indice riesce a tener conto di tale diversità sia in fase d’individuazione dei benchmark di competenze ideali che nell’attribuzione del punteggio relati6
Entrambi gli indicatori appartengono alla famiglia degli indicatori soggettivi di qualità: che si tratti
di customer satisfaction (CSI) oppure, come nel caso presente, di skill satisfaction (soddisfazione per
l’adeguatezza delle competenze necessarie in azienda).
Definire figure professionali tramite testimoni privilegiati
203
vo alla frequenza di utilizzo. Una carenza in una competenza fondamentale, infatti,
produrrà un punteggio alto, mentre lacune in una competenza intrinsecamente importante ma raramente utilizzata per il lavoro forniranno comunque un punteggio nullo,
in quanto per l’azienda sarà più conveniente fare ricorso a competenze specialistiche
esterne (outsourcing) piuttosto che alla formazione per il proprio personale su quella
specifica materia.
4.
Costruzione di percorsi formativi a partire dall’indicatore Gij
Dall’indice Gij è possibile ottenere indicazioni precise per la costruzione di percorsi
formativi finalizzati allo sviluppo professionale dei lavoratori e all’incremento
dell’efficienza organizzativa.
Quando siano stati esclusi dall’insieme dei dipendenti di un’azienda o di un
consorzio di imprese quelli che non necessitano di formazione (o per i quali non risulta conveniente, ai fini aziendali, programmare tali attività), in ragione delle diverse situazioni operative, si possono adottare le soluzioni seguenti:
1) costruzione di micro-moduli formativi (Par. 4.1);
2) costruzione di percorsi formativi mediante una procedura automatica di assegnazione degli allievi ai singoli corsi (Par. 4.2);
3) costruzione di percorsi formativi tramite analisi fattoriale delle competenze necessarie (Par. 4.3).
4.1
Micro-moduli formativi
La costruzione di micro-moduli formativi è opportuna quando si è alla presenza di un
cospicuo numero di dipendenti con gap nelle varie competenze. In questo caso,
l’elevato numero dei corsisti e l’eterogeneità dei fabbisogni suggeriscono la realizzazione di micro-moduli distinti per ciascuna competenza per la quale sia stata evidenziata la presenza di un divario.
I micro-moduli andranno, a loro volta, distinti in due o al massimo tre livelli,
provvedendo così corsi di livello base, intermedio e avanzato, a seconda del punteggio attribuito alle competenze possedute ed a quelle necessarie. Infatti, ove il livello
di competenze possedute sia basso e siano necessarie competenze elevate, il dipendente potrebbe frequentare sia corsi base che di livello superiore, mentre se le competenze necessarie sono di livello inferiore è consigliabile solo il corso di base7.
7
Per semplicità, nello schema dell’algoritmo sono descritte solo le tipologie di corsi “base” e “avanzati”, ma la procedura è facilmente modificabile per l’inserimento di moduli intermedi.
Progettazione di percorsi formativi mediante skill gap analysis
204
Figura 1. Algoritmo per la costruzione di micro-classi per la copertura di gap formativi
Definizione della soglia
di utilizzo (benchmark)
Identificazione dei
gap formativi
Analisi nuovi
parametri
Definizione della soglia di
gap oltre cui intervenire
No, le risorse sono
meno consistenti
del necessario
Le risorse
disponibili per la
formazione sono
sufficienti?
Sì, ma non è possibile impegnarle
tutte insieme
Sì
Analisi delle
priorità
(scheduling)
Definizione di soglie di
importanza e di possesso
delle competenze
”
Il soggetto con gap
viene assegnato a un
corso di base
Costruzione classi di
micro-moduli di base
(vincoli organizzativi)
Il livello
di competenza
posseduto è
maggiore o minore
della soglia
prevista?
”
Analisi delle competenze dei dipendenti
>
Il soggetto con gap
viene assegnato a
un corso avanzato
Il livello di
necessità della
>
competenza è
maggiore o minore
della soglia
prevista?
Costruzione classi di
micro-moduli avanzati
(vincoli organizzativi)
Organizzazione dei percorsi formativi costituiti da micro-moduli in sequenza
(identificazione della sequenza ottimale)
Verifica compatibilità
dei risultati ottenuti
(Eventuale correzione di
criteri di soglia e di
assegnazione)
Definire figure professionali tramite testimoni privilegiati
205
Se alcuni moduli sono troppo affollati, si possono prevedere più edizioni dello stesso corso o la suddivisione dei moduli in più classi. Particolare attenzione va
dedicata alla formulazione del calendario, onde evitare l’accavallamento o la sovrapposizione di moduli destinati agli stessi corsisti, e alla scansione logica degli argomenti e delle propedeuticità fra i corsi dei diversi livelli. Per formare le classi, si terrà
conto degli usuali vincoli, quali: numero di postazioni disponibili per aule e laboratori (ad esempio, non più di 30 corsisti per ogni aula) oppure minimo numero di corsisti necessari per ammortizzare il costo del corso (almeno 15 per ogni corso).
Nella Fig. 1 è riportato, nei suoi tratti essenziali, l’algoritmo pratico che può
essere utilizzato per la costruzione di percorsi formativi in micro-classi (in alcuni nodi sono sintetizzate, fra parentesi e con carattere corsivo, le decisioni accessorie che
vanno assunte, volta per volta, da parte degli esperti dell’organizzazione).
Apparentemente, questa soluzione è la più semplice ed efficiente, oltre che la
più prossima alle usuali strategie formative, ma presenta non pochi problemi di tipo
logistico. Innanzitutto, per poter essere applicata, richiede che l’azienda abbia un
gran numero di dipendenti “in difficoltà”, in modo da poter assicurare a ciascun micro-modulo un numero di corsisti tale da giustificarne il costo. Inoltre, le competenze
che danno titolo al modulo devono essere sufficientemente distinte, in modo da poter
costruire dei percorsi di apprendimento idonei a potenziarle. Infine, può costituire
una seria difficoltà l’identificazione della miglior sequenza di micro-moduli, ove
questi siano eccessivamente numerosi, ed occorre abilità da parte dei formatori per
operare eventuali correzioni ai criteri di assegnazione alle classi.
Il vantaggio nell’utilizzo di tale soluzione risiede, oltre che nella semplicità
dell’attuazione del piano formativo, nel notevole contenimento dei costi aziendali.
Infatti, organizzando in modo accurato le attività formative, ogni lavoratore sarà sottratto all’attività lavorativa solo per brevi periodi e per colmare le lacune individuate
dal proprio indicatore Gij.
4.2
Assegnazione automatica degli allievi ai corsi
Se il numero dei potenziali corsisti non è tale da consentire la programmazione di un
elevato numero di mini-corsi, può essere proficuo aggregare mediante cluster analysis i dipendenti il cui valore di Gij sia simile ed abbastanza elevato.
L’individuazione del numero dei corsi e l’identificazione dei corsisti avvengono contestualmente, con una procedura semplice e oggettiva. Vi è tuttavia un notevole margine per l’intervento dei decision maker, che possono decidere tra varie alternative in termini di numerosità di corsi e, conseguentemente, di numero di corsisti
per gruppo classe. Se per qualche cluster il numero dei corsisti fosse superiore rispetto ai posti disponibili in aula, si possono organizzare più sessioni dello stesso corso.
Progettazione di percorsi formativi mediante skill gap analysis
206
Figura 2. Algoritmo per la costruzione di percorsi formativi mediante procedura automatica
di assegnazione dei corsisti (con cluster analysis)
Definizione della soglia
di utilizzo (benchmark)
Identificazione dei
gap formativi
Analisi nuovi
parametri
Definizione della soglia di
gap oltre cui intervenire
No, le risorse sono
meno consistenti
del necessario
Le risorse
disponibili per la
formazione sono
sufficienti?
Sì, ma non è possibile impegnarle
tutte insieme
Sì
Analisi delle priorità (scheduling)
Analisi delle competenze dei dipendenti
Selezione dei soggetti con gap in almeno una competenza
Applicazione della cluster analysis ai soggetti selezionati per identificare quelli con maggiore somiglianza nella configurazione dei gap
Taglio del dendrogramma e costruzione dei singoli percorsi (rami del dendrogramma)
Definizione delle
soglie di importanza
e di possesso
Applicazione delle soglie
”
Il livello
di competenza
posseduto è
maggiore o minore
della soglia
prevista?
Il soggetto con gap
viene assegnato a un
corso di base
Eventuale modifica
dei criteri di taglio
”
>
Il soggetto con gap
viene assegnato a un
corso avanzato
Il livello di
necessità della
competenza è
maggiore o minore
della soglia
prevista?
>
Verifica compatibilità dei risultati ottenuti
Definire figure professionali tramite testimoni privilegiati
207
La procedura di raggruppamento dovrà essere in grado di tener conto dei due
(o tre) diversi livelli di competenza necessari, distinguendo quindi le competenze fra
“elementari” e “avanzate”, per cui i gruppi-classe individuati saranno stratificati, in
uscita, per competenze omogenee e per livello di preparazione.
Nella Fig. 2 viene presentata la soluzione più semplice, con due soli livelli
formativi (viene infatti escluso il livello “medio”), ma è immediata l’estensione a tre
livelli, dovendo solo aggiungere un ulteriore operazione di verifica della soglia “di
necessità” al secondo nodo decisionale. L’algoritmo schematizzato, peraltro, pone in
evidenza il parallelismo che sussiste con il primo metodo, fino all’ultima decisione
assunta dagli operatori umani: invero, questa procedura utilizza la medesima analisi
dei gap del metodo precedente, ma va applicata quando il numero dei corsisti identificati non risulta sufficientemente elevato, poiché consente, grazie all’aggregazione
di alcuni micro-moduli, di costruire un percorso formativo più economico.
La procedura proposta è quasi completamente automatizzata, tuttavia è necessario l’intervento umano per la definizione della soglia d’importanza delle competenze in azienda e per altre scelte concernenti gli obiettivi e i vincoli organizzativi e
per un’attenta verifica sulla congruità dei risultati ottenuti.
4.3
Analisi fattoriale dei gap di competenze
La terza soluzione proposta, applicabile se il numero di potenziali corsisti è ridotto,
prevede che l’articolazione dei percorsi formativi sia effettuata mediante un’analisi
fattoriale condotta sui benchmark di competenze necessarie per svolgere un determinato lavoro e per i soli dipendenti che hanno fatto rilevare divari in tali competenze,
nell’ipotesi abbastanza verosimile che vi siano gruppi di competenze fortemente correlate fra loro e che i dipendenti con rilevanti carenze in una abbiano carenze anche
in altre competenze correlate.
In pratica, attraverso l’analisi delle componenti principali (applicata all’insieme dei soggetti con svantaggio di competenze), si individuano i fattori più importanti
in cui sono raggruppate le diverse competenze necessarie. Una volta determinata
l’articolazione dei temi e degli argomenti da trattare per ciascun corso, ovvero scelte
che siano le materie che saranno oggetto di un certo percorso di studio, si procede
all’individuazione dei corsisti di ciascun corso, sulla base dei valori dei gap di competenze rilevati dall’indicatore Gij. L’assegnazione dei corsisti ai diversi corsi è dunque realizzata in base ai risultati dell’analisi fattoriale, escludendo (corso per corso)
coloro che non hanno carenze superiori alla soglia prefissata in alcuna delle competenze che sono oggetto del corso. Per ciascun percorso, si potranno identificare due o
tre livelli formativi (da “elementare” ad “avanzato”) in base al livello d’importanza
delle competenze richieste in azienda ed al livello posseduto dai corsisti.
Progettazione di percorsi formativi mediante skill gap analysis
208
Figura 3. Algoritmo per la costruzione di percorsi formativi tramite analisi fattoriale delle
competenze necessarie
Definizione della soglia
di utilizzo (benchmark)
Identificazione dei
gap formativi
Analisi nuovi
parametri
Definizione della soglia di
gap oltre cui intervenire
No, le risorse sono
meno consistenti
del necessario
Le risorse
disponibili per la
formazione sono
sufficienti?
Sì, ma non è possibile impegnarle
tutte insieme
Sì
Analisi delle priorità (scheduling)
Analisi delle competenze dei dipendenti
Selezione dei soggetti con gap in almeno una competenza
Applicazione dell’analisi fattoriale (con metodo delle componenti principali) ai soggetti
selezionati per identificare le competenze necessarie maggiormente correlate fra loro
Identificazione delle competenze più correlate ai fattori
Definizione delle
soglie di importanza
e di possesso
Applicazione delle soglie
”
Il livello
di competenza
posseduto è
maggiore o minore
della soglia
prevista?
Il soggetto con gap
viene assegnato a un
corso di base
Eventuale modifica
dei criteri di analisi
”
>
Il soggetto con gap
viene assegnato a un
corso avanzato
Il livello di
necessità della
competenza è
maggiore o minore
della soglia
prevista?
>
Verifica compatibilità dei risultati ottenuti
Definire figure professionali tramite testimoni privilegiati
209
Nella Fig. 3, per semplicità di esposizione, è riportata la soluzione a due livelli formativi.
Per il secondo e il terzo dei metodi qui presentati, è presumibile che alcuni allievi siano inseriti in qualche percorso formativo pur avendo deficit solo in alcune
delle competenze necessarie. Tuttavia, volendo privilegiare una visione di insieme
dei problemi aziendali, è senz’altro utile investire nella formazione del proprio personale anche in situazioni per le quali non sono state evidenziate necessità impellenti.
È opportuno, dunque, calcolare gli errori di assegnazione, ovvero quantificare le ore di formazione che i dipendenti sono chiamati a svolgere in materie per le
quali non emergono rilevanti situazioni di deficit. Appare evidente che, quanto più
articolati e lunghi saranno i percorsi formativi determinati mediante cluster analysis
o analisi fattoriale, tanto più grande sarà il rischio di dispersione delle risorse destinate alla formazione. Anche questo può essere un parametro per la determinazione del
numero ottimale di percorsi formativi da avviare.
5.
Sperimentazione del metodo
Le due ultime procedure proposte (Paragrafi 4.2 e 4.3) sono state applicate utilizzando le risultanze di un’indagine sulle competenze nel settore informatico barese (cfr:
Crocetta e D’Ovidio, 2008). A fini applicativi, i metodi sono stati semplificati, in
parte a causa di limiti dell’indagine e in parte per la necessità di evitare complicazioni operative e difficoltà nell’interpretazione dei risultati.
Nell’indagine, le valutazioni sulle sedici tipologie di competenze specialistiche in osservazione sono espresse su scala 1-5, e questo è il primo limite con cui occorre confrontarsi. Un altro limite è la mancanza di benchmark aziendali analitici,
per cui, nella scelta delle soglie di intervento, ci siamo attenuti ad indicazioni di massima.
Abbiamo innanzitutto escluso dal database gli intervistati che non avevano
necessità di aggiornarsi o per i quali, essendo minimo il differenziale riscontrato fra i
valori attribuiti alle competenze utilizzate in azienda e quelli spettanti alle competenze possedute8, non era conveniente provvedere all’aggiornamento. Su un campione
di 221 lavoratori del settore, si sono evidenziate ben 109 situazioni in cui vi era al8
Ossia non superiore ad un punto, sul massimo di cinque; con gap nullo o minimo, in effetti, è più
conveniente un’attività di auto-aggiornamento. Nel calcolo dell’indicatore di gap, inoltre, per ogni
competenza si è assunta come soglia di intervento una frequenza minima di utilizzo (F0j) pari a quella
valutata con punteggio 2. La medesima soglia è stata assunta, per la determinazione dei corsi di base o
avanzati, in riferimento al livello di padronanza delle competenze, mentre per la loro necessità in azienda è stato posto come discriminante un punteggio pari a 3 (intermedio fra minimo e massimo).
210
Progettazione di percorsi formativi mediante skill gap analysis
meno un differenziale di competenze rilevante, su cui intervenire con formazione mirata. Tale numero, anche quando è consistente, è insufficiente ad organizzare microcorsi, soprattutto tenendo conto della loro tipica esigua numerosità (da due a dieci
frequentanti, numero insufficiente a costituire una classe).
Nel seguito, si effettua la selezione in base alla cluster analysis, distinguendo
i gap di ciascuna competenza secondo che il livello di possesso sia inferiore o superiore ad una soglia9. Questo criterio di rilevazione presuppone che i corsi siano di livello elementare oppure avanzato.
La tecnica di raggruppamento utilizzata è il metodo di Ward, applicato alla
distanza di potenza di parametri (2,4) fra gli indici di gap, corrispondente alla radice
quarta della distanza euclidea che si è rivelata, sperimentalmente, la misura di distanza più adeguata in termini di omogeneità e interpretabilità dei raggruppamenti.
Figura 4. Cluster analisys dei gap di competenze informatiche nell’area di Bari.
Distanza riscalata fra le combinazioni di cluster
0
5
10
15
20
25
Gap rilev. +---------+---------+---------+---------+---------+
Comp.base C ņŎņņņņņņņņņņņņņʼn
Comp.base F ņŋ
Ōņņņņņņņņņņņʼn
Comp.base D ņņņņņņņņņņņņņņņŋ
Ōņņņņņʼn
Comp.base A ņņņņņņņņņņņņņņņŎņņņņņʼn
Ň
Ň
Comp.base H ņņņņņņņņņņņņņņņŋ
Ōņņņņņŋ
Ň
Comp.base B ņņņņņņņņņņņņņņņņņņņņņŋ
Ōņņņņņņņņņņņņņņņʼn
Comp.spec.E ņņņņņņņņņņņņņņņŎņņņņņņņʼn
Ň
Ň
Comp.spec.G ņņņņņņņņņņņņņņņŋ
Ōņņņʼn
Ň
Ň
Comp.spec.B ņņņņņņņņņņņņņņņņņŎņņņņņŋ
Ōņņņņņŋ
Ň
Comp.spec.C ņņņņņņņņņņņņņņņņņŋ
Ň
Ō
Comp.spec.F ņņņņņņņņņņņņņņņņņņņņņņņņņņņŋ
Ň
Comp.base I ņņņņņņņņņņņņņņņņņņņņņņņņņņņņņŎņņņņņņņʼn
Ň
Comp.spec.A ņņņņņņņņņņņņņņņņņņņņņņņņņņņņņŋ
Ōņņņʼn
Ň
Comp.base G ņņņņņņņņņņņņņņņņņņņņņņņņņņņņņņņņņņņņņŋ
Ōņņņņņņņŋ
Comp.base E ņņņņņņņņņņņņņņņņņņņņņņņņņņņņņņņņņņņņņņņņņŋ
Competenze:
Base_A Installazione hardware e periferiche
Base_B Gestione di sistemi operativi
Base_C Word processor (elaborazione di testi)
Base_D Utilizzo di fogli elettronici
Base_E Uso di database (Oracle, SQL server, ecc.)
Base_F Navigazione in internet
Base_G Realizzazione di siti web
Base_H Multimedia (elaborazione suoni, video ecc.)
9
Base_I
Spec_A
Spec_B
Spec_C
Spec_D
Spec_E
Spec_F
Spec_G
Installazione reti di trasmissione dati
Progettazione e calcolo reti di trasm. dati
CAD/CAM/CAE Progettazione assistita
Programmazione macro di fogli elettronici
Progettazione e gestione di data base
Programmazione in Basic, Pascal, Delphi
Programmazione HTML, PHP, XML, Java
Programmazione in Assembly, C, C++ ecc.
Non sono stati individuati differenziali significativi nella competenza specialistica “SpecD: Progettazione e gestione di database”.
Definire figure professionali tramite testimoni privilegiati
211
L’applicazione della cluster analysis (Fig. 4) ha condotto all’individuazione
di due percorsi principali, il primo dei quali si può suddividere a sua volta in due rami ben definiti: quello delle competenze di base e quello delle competenze specialistiche. L’altro percorso riguarda le competenze concernenti le reti informatiche (Installazione reti di trasmissione dati e Progettazione di reti di trasmissione dati). La
Realizzazione di siti web ha una posizione semi-autonoma e ancor più staccata dalle
altre è la competenza nell’Uso di database.
La scelta, dunque, spazia fra due grandi percorsi formativi e cinque percorsi
di minore ampiezza (comprendenti due micro-corsi singoli). In riferimento a questi
scenari, l’errore di attribuzione dei soggetti da formare varia fra 0,15 e 0,30, vale a
dire che dal 15% al 30% dei corsisti dovrebbe seguire corsi su competenze in cui non
presenta deficit rilevanti. Spetta al management dell’ente formativo, di concerto con i
responsabili aziendali, la scelta operativa fra queste soluzioni.
Tabella 1. Analisi fattoriale dei gap di competenze informatiche nell’area di Bari.
Competenze
Installazione hardware e periferiche
Gestione di sistemi operativi
Word processor (elaborazione di testi)
Utilizzo di fogli elettronici
Uso di database
Navigazione in internet
Realizzazione di siti web
Multimedia
Installazione reti di trasmissione dati
Progettazione e calcolo reti di trasm. dati
CAD/CAM/CAE Progettazione assistita
Programmazione macro fogli elettronici
Programmazione in Basic, Pascal, ecc
Programmazione HTML, PHP, ecc
Programmazione in Assembly, C, ecc.
Componenti ruotate (metodo Varimax)
1
2
3
4
5
6
0,76
0,04
0,22 -0,02
0,16
0,01
0,65 -0,10 -0,22
0,14
0,11
0,08
0,01
0,06
0,01
0,82 -0,17
0,06
0,00 -0,03 -0,08
0,70
0,29 -0,12
0,09
0,03
0,06 -0,07 -0,14
0,84
0,11
0,11 -0,14
0,01
0,75 -0,17
0,03
0,06
0,14
0,58
0,20
0,55
0,27 -0,08
0,72 -0,16
0,12
0,01
0,78
0,04
0,11 -0,05 -0,06
0,02
0,49
0,25
0,13 -0,12 -0,16 -0,45
0,03
0,25
0,54 -0,09 -0,11
0,18
-0,10
0,17
0,64
0,14 -0,18 -0,27
0,04
0,76
0,19
0,10
0,17 -0,06
-0,05
0,69 -0,01 -0,20
0,31
0,09
0,06
0,79
0,08
0,10 -0,23 -0,07
L’analisi fattoriale con il metodo delle componenti principali categoriali10 è
stato adottato perché la scala su cui sono rilevate le valutazioni è assimilabile ad una
scala ordinale. Il modello selezionato conta 6 fattori che spiegano quasi il 65% della
10
Il metodo delle componenti principali categoriali, o CatPCA (De Leeuw, 1982; De Leeuw &
Meulman, 1986), basato su un algoritmo ALSOS-Alternative Least Squares Optimal Scaling, tiene
conto di eventuali gerarchie ordinali delle modalità osservate e fornisce in uscita i parametri di scaling
delle singole modalità delle variabili, ossia quantificazioni normalizzanti dei punteggi inseriti.
212
Progettazione di percorsi formativi mediante skill gap analysis
variabilità complessiva. La rotazione Varimax fornisce i pesi fattoriali mostrati nella
Tab. 1, da cui si evince un’apprezzabile separazione delle relazioni individuate, fuorché per la realizzazione di siti web.
Aggregando in percorsi formativi distinti le competenze la cui correlazione
con i sei fattori è maggiore, si ottiene un errore di attribuzione leggermente superiore
al 30%, ragion per cui si ritiene preferibile caldeggiare la precedente soluzione, a
meno che non intervengano elementi estranei, come la disponibilità e le competenze
specifiche dei formatori, i quali possono avvalorare la scelta di percorsi più “specializzati”, come quelli identificati tramite l’analisi fattoriale. .
5.
Considerazioni finali
Lo scopo del presente lavoro era quello di fornire un contributo di tipo statistico al
tema del bilancio delle competenze. Come è noto, le grandi organizzazioni produttive, nel continuo tentativo di trovare un assetto organizzativo in grado di valorizzare a
pieno le risorse umane disponibili, stanno investendo molto nella realizzazione di inventari e di bilanci delle competenze nonché in procedure di assessment center.
Si propone di utilizzare l’approccio per la valutazione delle discrepanze fra le
competenze che una persona candidata a ricoprire una determinata posizione dovrebbe avere e quelle realmente possedute. Tale valutazione è fatta in termini puramente
descrittivi con tutti i limiti derivanti da detto approccio: analisi caso per caso, soggettività delle valutazioni, scarsa confrontabilità con situazioni simili.
La soluzione qui proposta tenta di superare i limiti sopra descritti con un approccio quantitativo, dove l’intervento degli esperti è sempre determinante ma si riducono al minimo le valutazioni di tipo soggettivo.
La possibilità di compiere una gap analysis basandosi su punteggi consente di
confrontare situazioni anche molto diverse, di monitorare nel tempo l’evoluzione delle singole situazioni e di misurarne gli scostamenti. Operando in situazioni molto
complesse in termini di eterogeneità dei soggetti da formare, di temi da trattare e di
numerosità della popolazione di riferimento, l’utilizzo di un indicatore quantitativo e
di tecniche statistiche per ridurre la complessità del fenomeno e per raggruppare casi
simili può essere utile sia in termini di riduzione dei costi e dei tempi di realizzazione
dell’analisi sia in termini di analiticità dei risultati. La riduzione del livello di soggettività delle valutazioni, se da un lato può rappresentare un vantaggio, espone tuttavia
a considerevoli rischi.
Negli approcci proposti si utilizzano tecniche piuttosto complesse, solitamente affidabili ma che presuppongono un’ottima conoscenza dei fenomeni oggetto di
studio e che le ipotesi di partenza trovino effettivo riscontro nella realtà. Per questo
Definire figure professionali tramite testimoni privilegiati
213
motivo, prima di rendere definitivo un progetto di formazione continua realizzato in
base alle proposte suesposte è necessario predisporre tutta una serie di controlli di
congruità a monte e a valle delle diverse fasi del processo.
L’applicazione è stata proficua. Tuttavia, “una rondine non fa primavera”: per
convalidare questo metodo saranno necessari altri approfondimenti e applicazioni a
casi pratici e il proficuo affiancamento di esperti formatori, soprattutto per la determinazione dei “livelli soglia” ottimali. Inoltre, le proposte presentate possono essere
arricchite con nuove varianti.
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Designing Training Paths
through Skill Gap Analysis
Summary: This paper describes a quantitative approach for the skill gap analysis,
with the aim of designing training courses. Through a measure of discrepancy between competencies needed to perform a certain task and those actually owned by
workers playing this task, it is possible to identify situations that require training interventions. The indicator can also be used in the construction of several training
courses and for the identification of users of such activities.
Keywords: Skills; Assessment center; Skill gap analysis; Training.
Un indice per la misura del mismatch tra domanda e
offerta di lavoro per laureati applicato alle fonti
Excelsior e Centri per l’impiego
Paolo Mariani, Biancamaria Zavanella1
Università degli Studi di Milano Bicocca, Dipartimento di Statistica
Riassunto: Nel presente lavoro si propone un nuovo indice per misurare
l’eterogeneità tra la domanda e l’offerta di lavoro a livello locale. L’indice sintetizza
il mismatch che si registra a livello provinciale per quanto attiene all’offerta di
lavoratori laureati e alla richiesta di laureati prevista dalle imprese. L’indice è una
media ponderata del divario per indirizzo di studio. La metodologia è applicata sulla
domanda e sull’offerta di laureati nella provincia di Padova. L’offerta di laureati è
ricavata dai centri per l’impiego della provincia; la domanda si delinea dalle
informazioni raccolte tramite l’indagine Excelsior.
Parole chiave: Mercato del Lavoro, Mismatch, Excelsior; Centri per l’impiego.
1.
Introduzione
Negli ultimi decenni, il sistema economico è stato contraddistinto da una susseguirsi
di cambiamenti riguardanti l’apparato produttivo e i modelli organizzativi delle
imprese. Questa tendenza è assecondata da fattori quali
¾ la globalizzazione dei mercati,
¾ lo sviluppo del terziario avanzato,
¾ l’innovazione tecnologica,
¾ l’incidenza delle operazioni finanziarie sull’assetto delle imprese.
Le trasformazioni economiche, oltre a determinare un cambiamento del ciclo
di vita delle imprese, influenzano le dinamiche del mercato del lavoro. Il tessuto
produttivo riceve continui stimoli al cambiamento, che si riflettono sulla condizione
1
Il presente lavoro è stato presentato nell’ambito del progetto “Modelli e metodi per abbinare profili
formativi e bisogni di professionalità di comparti del terziario avanzato”, cofinanziato dal MIUR.
Coordinatore nazionale è L. Fabbris, coordinatore dell’Unità di Milano è M. Civardi. Pur essendo il
frutto di un lavoro comune, i Paragrafi 1, 2, 3 e 5 sono attribuibili a P. Mariani e B. Zavanella, e il Par.
4 a P. Mariani.
216
Un indice per la misura del mismatch tra domanda e offerta di lavoro per laureati
applicato alle fonti Excelsior e Centri per l’impiego
lavorativa delle persone, la quale da stabile tende a divenire una successione di
opportunità lavorative (Mezzanzanica, 2006). I cambiamenti riguardano sia le
imprese, chiamate a rinnovarsi e a specializzarsi quali fornitrici di prodotti o servizi,
sia i lavoratori, per i quali si profilano nuove figure professionali e forme
contrattuali. Di conseguenza, assume rilevanza la capacità di adattamento, tanto delle
imprese quanto dei lavoratori, a fronteggiare questi cambiamenti, non subendoli,
bensì cogliendo e valorizzando le prospettive che si aprono (Mariani, 2007).
Per rispondere alle esigenze delle categorie che interagiscono sul mercato del
lavoro, è necessario predisporre un sistema di servizi. Occorre configurare un sistema
informativo integrato, attraverso il quale monitorare le dinamiche del mercato e
supportare dal punto di vista informativo i decisori politici nella definizione dei
servizi di orientamento, formazione, accompagnamento individuale per i lavoratori e
di consulenza per le imprese (Battistoni, 2006).
La profondità del dettaglio delle informazioni di cui si può disporre, incide
sull'efficacia delle risposte ai fabbisogni dei soggetti che interagiscono sul mercato
(lavoratori, imprese, enti). La possibilità di fruire di dati disaggregati a diversi livelli
di analisi riveste particolare importanza in Italia, dove tra mercati locali si registrano
significative differenze. L’opportunità di restringere il campo di osservazione dei
fenomeni che interessano l’incontro tra domanda e offerta di lavoro deriva dal
progressivo decentramento che ha affidato alle regioni, e da queste alle province, il
compito di organizzare e gestire le attività e i servizi inerenti all’occupazione.
Un’analisi delle caratteristiche della domanda e dell’offerta locale di lavoro
permette di evidenziare l’esistenza di squilibri strutturali dell’area, in base ai quali
possono essere indirizzate le politiche locali del lavoro. Se la mancata
corrispondenza tra la domanda delle imprese e l’offerta di lavoro è imputabile al fatto
che i profili professionali richiesti dalle imprese non trovano riscontro nelle
competenze di cui dispongono i lavoratori in cerca di occupazione; emerge un fattore
strutturale che pregiudica l’efficienza del mercato del lavoro locale (Petrongolo e
Pissarides, 2001).
Le competenze sono correlate con varie caratteristiche della persona, come il
titolo di studio, l’attività svolta, l’esperienza lavorativa acquisita, il settore in cui
opera ed altro ancora. Le competenze sono così variegate da rendere difficoltoso il
loro uso a fini di classificazione delle persone. Pertanto, per tracciare una
rappresentazione stilizzata del profilo di un lavoratore, si adotta il titolo di studio. Il
livello di istruzione e l'indirizzo degli studi suggeriscono la presenza di una forma
mentis nella persona, la quale costituisce uno degli elementi tenuti in considerazione
da parte delle imprese nel momento dell'assunzione, specie nel caso di giovani che
hanno da poco concluso il loro percorso di studi (Assolombarda, 2007).
Il presente contributo si articola in cinque paragrafi: il Par. 2 è dedicato a
richiamare il concetto di mismatch, inquadrandolo nell’ambito generale delle
Definire figure professionali tramite testimoni privilegiati
217
funzioni di matching. Il Par. 3 descrive le principali fonti del mercato del lavoro,
sottolineando le caratteristiche salienti di ciascuna di esse, focalizzando l’attenzione
sui Centri per l’Impiego – CpI e sull’indagine Excelsior, i primi quali fonti di
informazioni dal lato dell’offerta e la seconda da quello della domanda di lavoro. Nel
Par. 4, è introdotto e applicato un nuovo indice di mismatch per misurare lo
squilibrio tra domanda e offerta di laureati in provincia di Padova. L’ultimo
paragrafo (Par. 5) è riservato alle conclusioni.
2.
Modelli di incontro tra domanda e offerta di lavoro e mismatch
L’incontro tra domanda e offerta di lavoro non è immediato a causa di frizioni che
impediscono la corrispondenza istantanea tra posti vacanti e soggetti disposti a
lavorare. Le frizioni implicano attività di ricerca dispersive sia da parte dei lavoratori
sia da parte delle imprese.
Le frizioni sono incorporate nel modello teorico di definizione
dell’occupazione, il quale diventa funzione del numero di lavoratori in cerca di
occupazione, del numero di imprese che cercano lavoratori e di alcune variabili che
riproducono gli effetti delle frizioni, senza necessariamente identificarsi con queste.
Il modello si basa sull’assunto che l’attività di ricerca e l’attività di produzione
costituiscono due fasi distinte che non si possono sovrapporre, vale a dire che i
lavoratori occupati non si dedicano alla ricerca di un nuovo impiego e che i posti di
lavoro occupati sono indisponibili per nuovi lavoratori. L’offerta di lavoro è così
rappresentata unicamente dai disoccupati e la domanda dai soli posti vacanti.
Il numero di posti vacanti V e il numero di disoccupati U sono le variabili
inserite nella funzione che esprime il numero di rapporti di lavoro creati. Tale
funzione è detta di matching poiché rappresenta l’incontro tra domanda e offerta di
lavoro a livello aggregato. La formula generale della funzione di matching è2:
M
f (U , V ) ,
dove M è il numero di posti creati in un certo arco temporale. La formula esprime il
numero di incontri realizzati in funzione solamente di U e di V, tuttavia la funzione
diviene più complessa se si tenta di inserirvi le implicazioni che derivano dalle
frizioni.
L’esistenza di frizioni impedisce che i lavoratori si collochino
immediatamente in corrispondenza dei posti vacanti, affinché ciò avvenga è
necessario che trascorra un determinato intervallo, durante il quale alcuni rapporti di
2
La funzione f si assume crescente, concava per entrambi gli argomenti e omogenea di grado 1.
218
Un indice per la misura del mismatch tra domanda e offerta di lavoro per laureati
applicato alle fonti Excelsior e Centri per l’impiego
lavoro si possono sciogliere. Pertanto, prima che tutti i disoccupati abbiano trovato
lavoro e che tutti i posti vacanti siano stati occupati, si aggiungono nuovi disoccupati
e nuovi posti da coprire. In definitiva, la presenza di frizioni giustifica un equilibrio
che prevede la coesistenza di disoccupati e di posti vacanti.
Le frizioni possono dipendere dal fatto che i lavoratori non dispongono di
informazioni adeguate sulle esigenze delle imprese e, viceversa, le caratteristiche dei
lavoratori possono non collimare con i profili chiesti dalle imprese e, quand’anche
tale corrispondenza si realizzasse, i lavoratori e i posti vacanti possono essere in aree
diverse (Nosvelli, 2005) per cui è necessario modificare le caratteristiche dei
lavoratori o spostarli sul territorio (Turvey, 1977). Tali discrepanze sono indicate con
il termine mismatch, che può essere analizzato a diversi livelli di disaggregazione.
L’analisi del mancato incontro tra domanda ed offerta di lavoro si sviluppa su
due dimensioni principali: le competenze e la localizzazione territoriale. È possibile
delineare il profilo dei lavoratori in relazione a queste dimensioni e porlo a confronto
con le richieste espresse dalle imprese. Il mismatch di competenze è provocato da
un’offerta di competenze da parte dei lavoratori inadeguata rispetto ai fabbisogni
espressi dalle imprese.
Il mismatch è un concetto empirico che si riconduce alle eterogeneità
riscontrabili a diversi livelli di disaggregazione, tuttavia le differenze incidono anche
sull’incontro tra domanda e offerta di lavoro in un'ottica aggregata. Il mismatch in
una o in entrambe le dimensioni costituisce un fondamento a livello disaggregato per
la medesima funzione di matching giacché, se non esiste mismatch, in assenza di
ulteriori frizioni, si verifica una corrispondenza immediata tra lavoratori e posti
vacanti. D’altro canto, se l’esistenza di squilibrio strutturale motiva la scelta di
ricorrere ad una funzione di matching aggregata, nel caso in cui il mismatch vari
tanto da non poter essere misurato precisamente, la funzione di matching perde di
utilità (Petrongolo e Pissarides, 2001).
L’esistenza di mismatch può generare disoccupazione a livello aggregato. Ciò
induce a misurare l’intensità dello squilibrio strutturale del mercato quando si
definisce una funzione di matching aggregata. Per questo si impiegano indicatori
sintetici in grado di fornire indicazioni sull’esistenza di squilibri strutturali (Jackman
e Roper, 1987).
3.
Le fonti
L’analisi delle dinamiche del mercato del lavoro necessita della raccolta e della
selezione di informazioni rappresentative, significative e dettagliate, sia dal lato della
domanda di lavoro sia da quello dell’offerta. Non esiste una fonte che possa ritenersi
Definire figure professionali tramite testimoni privilegiati
219
esaustiva di queste necessità informative; conseguentemente, vanno individuate sia le
fonti dalle quali ricavare le informazioni appropriate, sia il criterio per il impiego
congiunto. Per questo, si può fare ricorso a fonti amministrative pubbliche per
escludere, da un lato, i costi che implicherebbe la conduzione di indagini statistiche
ad hoc e, d’altro lato, per contenere la molestia statistica.
L’utilizzo di fonti amministrative amplia l'offerta informativa, consente di
disporre di informazioni dettagliate per aree territoriali, può generare basi di dati
longitudinali, ricostruire carriere lavorative individuali, monitorare con tempestività
le dinamiche del mercato del lavoro. Tuttavia, affinché dagli archivi degli enti
amministrativi si possano ricavare statistiche tempestive, sistematiche e disaggregate
è necessario che soddisfino ai requisiti della completezza, affidabilità e integrabilità,
requisiti che sono talvolta problematici (Trivellato, 2006).
3. 1
Le fonti del mercato del lavoro
Le principali fonti a cui fare riferimento per lo studio del mercato del lavoro sono:
l’Istat, l’Inps, l’Inail, i centri per l'impiego, il sistema informativo Excelsior, l’Isfol.
Nella Tab. 1 si pongono a confronto alcuni tratti di ciascuna delle fonti dette.
Tabella 1. Le fonti del mercato del lavoro in Italia
FONTE
Natura
Riferimento dei dati
Campo di
osservazione
Livello di dettaglio
Periodicità
CpI
Amministrativa
Offerta
EXCELSIOR
Statistica
Domanda
ISTAT
Statistica
Offerta
Settore privato
Settore privato
Universo
Elevato
Continua
Elevato
Annuale
Errori campionari/
non campionari
Elevato
Trimestrale
Errori campionari/
non campionari
Accuratezza
Errori non campionari
FONTE
Natura
Riferimento dei dati
Campo di
osservazione
Livello di dettaglio
Periodicità
INPS
Amministrativa
Offerta
INAIL
Amministrativa
Offerta
ISFOL
Statistica
Offerta
Lavoratori
Lavoratori
Universo
Medio
Continua
Basso
Continua
Errori non campionari
Errori non campionari
Elevato
Annuale
Errori campionari/
non campionari
Accuratezza
220
Un indice per la misura del mismatch tra domanda e offerta di lavoro per laureati
applicato alle fonti Excelsior e Centri per l’impiego
Nel definire le modalità del “riferimento dei dati” si tiene in considerazione
solamente la capacità della fonte di fornire indicazioni per quanto riguarda la
domanda o l’offerta di lavoro. Inoltre, per quanto attiene agli archivi dell’Inps e
dell’Inail, è indicato il medesimo campo di osservazione, quantunque non sussista
esatta coincidenza tra i campi dei due archivi: ciò è dovuto da un lato al fatto che
entrambe le fonti si riferiscono a soggetti che svolgono un’attività lavorativa,
dall’altro al fatto che l'elencazione dei soggetti tenuti all’obbligo di iscrizione nel
registro dell’uno o dell’altro ente esula dalle finalità della presente trattazione3
(Mariani, 2005).
Nel momento in cui sussistono le condizioni per l’uso congiunto di fonti di
diversa natura, emerge l’opportunità di sfruttare in maniera complementare i dati
provenienti da indagini statistiche mirate e quelli ricavabili da registri amministrativi,
al fine di ottenere informazioni statistiche approfondite sul mercato del lavoro. In
proposito, si considera l’impiego congiunto delle informazioni desumibili
dall’indagine Excelsior insieme con la base informativa fornita dai CpI, la prima
rappresenta la domanda di lavoro prevista da parte delle imprese private mentre la
seconda evidenzia l’offerta di lavoro espressa dai soggetti in cerca di occupazione.
Entrambe le fonti, forniscono informazioni rappresentative e dettagliate a livello
provinciale, e ciò consente di far emergere le reali esigenze del mercato del lavoro
locale.
L’attività dei CpI è incentrata sulla raccolta e la gestione delle informazioni
riguardanti i lavoratori che volontariamente vi si iscrivono4. L’iscrizione volontaria
costituisce la modalità principale di alimentazione degli archivi dei CpI da un lato
per la ricchezza di informazioni raccolte in occasione dell’intervista, dall’altro perché
le iscrizioni volontarie costituiscono il flusso di ingresso numericamente più
rilevante nelle banche dati (Mariani, 2006).
Il sistema informativo Excelsior, promosso e realizzato da Unioncamere in
accordo con il Ministero del Lavoro e l’Unione Europea, si fonda su un sondaggio
effettuato con cadenza annuale sulle imprese iscritte al Registro delle Imprese delle
camere di commercio. Da esso possono essere rilevati oltre ai flussi di entrata e di
uscita previsti dalle imprese anche le principali caratteristiche delle assunzioni attese
(età, istruzione, esperienza, difficoltà di reperimento, ecc.). Il sistema informativo
3
Per una disamina approfondita relativa ai soggetti che rientrano nel campo dell’azione
amministrativa dell’Inps e dell’Inail si rinvia ai rispettivi siti internet: www.inps.it, www.inail.it.
4
I centri per l’impiego nascono in seguito al mutamento del quadro normativo in materia di lavoro
avvenuto dal 1997 al 2004, dovuto al decentramento di compiti e funzioni in termini di collocamento
e politiche attive del lavoro dal Ministero del Lavoro alle regioni e da queste alle province (Mariani,
2007). I centri sono strutture che, oltre a registrare lo stato di disoccupazione e la domanda d’impiego,
offrono servizi di orientamento e consulenza. Ad ogni soggetto che s’iscrive al centro sono chieste
informazioni socio-anagrafiche, relative allo stato occupazionale attuale e passato, all’occupazione
ricercata e alle aspirazioni lavorative.
Definire figure professionali tramite testimoni privilegiati
221
informa sulla domanda di lavoro sia a livello aggregato, sia per distribuzioni riferite
ad ambiti territoriali, alla dimensione e all’attività economica delle imprese, così da
permettere di monitorare l’evoluzione della richiesta di profili professionali da parte
delle imprese.
Per quanto riguarda la confrontabilità delle fonti Excelsior e CpI, soprattutto
in vista dello studio congiunto delle due fonti, uno dei limiti è la differente
metodologia di rilevazione delle fonti. I dati raccolti tramite l'indagine Excelsior
sono di natura campionaria invece i dati a disposizione dei CpI fanno riferimento
all’universo degli iscritti che compaiono nelle proprie banche dati. Inoltre, una
porzione degli individui alla ricerca di un’occupazione potrebbe non essere iscritta,
dunque l’universo di riferimento dei CpI non rappresenta necessariamente l’insieme
di soggetti in cerca di occupazione. Nei medesimi archivi dei CpI potrebbero
comparire individui che si sono iscritti non perché alla ricerca di un lavoro ma per
godere delle agevolazioni che possono derivare dall’iscrizione. In altri termini, è
possibile che i dati dei CpI da un lato sovrastimino l’offerta di lavoro per via della
difficoltà di distinguere, nell’ambito degli iscritti, coloro che effettivamente sono alla
ricerca di un impiego da quanti si sono iscritti per altre ragioni, dall’altro
sottostimino la reale offerta di lavoro perché non tutti i soggetti in cerca di lavoro
sono registrati negli archivi dei CpI. Inoltre, esiste tuttora una differenziazione nel
grado di informatizzazione dei CpI e ciò può comportare disomogeneità tra i
patrimoni informativi dei contesti locali (Zavanella, 2000).
La medesima problematica si presenta sul versante della domanda di lavoro,
in quanto il numero di assunzioni previste desumibile da Excelsior l’esigenza di
personale da parte delle imprese è stimata sulla base delle previsioni degli
imprenditori. Possono esservi problemi di dimensione del campione quando l’ambito
territoriale considerato è ristretto.
Una condizione negativa che accomuna entrambe le fonti è la parzialità del
dominio al quale si riferiscono, dato che raccolgono dati unicamente sul settore
privato, tralasciando quello pubblico.
3. 2
L’uso congiunto delle dichiarazioni di immediata disponibilità
e di assunzione programmata
Per rilevare l'esistenza di squilibrio all'interno del mercato locale, sono utili le
informazioni sull’offerta di lavoro ricavabili dal modulo di Dichiarazione di
Immediata Disponibilità (DID) compilato dalle persone che si iscrivono presso i CpI.
Le informazioni sulla domanda di lavoro si traggono dalle assunzioni programmate
dalle aziende (DAP) rilevate con la ricerca Excelsior. Le due fonti sono descritte
nella Tab. 2.
222
Un indice per la misura del mismatch tra domanda e offerta di lavoro per laureati
applicato alle fonti Excelsior e Centri per l’impiego
Tabella 2. Dichiarazione di immediata disponibilità (DID) di fonte CpI e
dichiarazione di assunzione programmata (DAP,) di fonte Excelsior, anno 2004.
DID
Età
Titolo di studio offerto
Zona di residenza
Ultima tipologia di contratto firmata
Indirizzo di studio
Genere
Disponibilità alla mobilità
Figura professionale offerta
Stato occupazionale
DAP
Età
Indirizzo di studio richiesto
Zona di residenza
Tipologia di contratto offerta
Settore di attività economica
Genere
Figura professionale richiesta
Tabella 3. Modalità di risposta dei quesiti caratterizzanti il mercato del lavoro di
fonte Excelsior, anno 2004.
Variabile
Età
Titolo di studio
Zona di residenza
Tipologia di contratto
Indirizzo di studio
Genere
Mobilità
Figura professionale
Stato occupazionale
Settore di attività
economica
Attributi
15,…,65 anni
scuola dell’obbligo, istruzione professionale e tecnica, diploma
superiore, laurea triennale, laurea specialistica
1,…,103 (province italiane)
dipendente a tempo determinato, lavoro interinale, collaboratore
coordinato, collaboratore continuativo, apprendistato, dipendente a
tempo indeterminato, stagionale, nessun contratto
economico-commerciale
amministrativo,
informatico
e
telecomunicazione, paramedico, ingegneria edile e civile,
ingegneria elettronica ed elettrotecnica, ingegneria meccanica,
linguistico traduttori ed interpreti, altri di ingegneria, urbanistico,
territoriale e architetti, letterario, filosofico, pedagogico e
assimilati, scientifico (matematica e fisica), chimico, farmaceutico,
biologico e biotecnologia, medico e odontoiatrico, politicosociologico, giuridico, altri indirizzi
maschio, femmina
sì, no
dirigenti e direttori, professioni intellettuali, scientifiche e di
elevata specializzazione, professioni tecniche, professioni
esecutive relative all’amministrazione e gestione, professioni
relative alle vendite ed ai servizi per le famiglie, operai
specializzati nell’agricoltura; operai specializzati, conduttori di
impianti, operatori di macchinari e operai di montaggio industriale,
personale non qualificato
disoccupato in cerca di prima occupazione, disoccupato in cerca di
occupazione
1,…,80 (Classificazione Ateco91)
Definire figure professionali tramite testimoni privilegiati
223
Nel seguito, si confrontano i titoli di studio universitari offerti dai lavoratori e
quelli chiesti dalle aziende, al fine di appurare quali siano gli indirizzi di studio per i
quali esiste squilibrio tra la domanda e l’offerta. Mentre il livello di studio è
direttamente confrontabile nelle due fonti considerate, la classificazione degli
indirizzi disciplinari non lo è, in quanto nella DID compare il titolo di laurea nella
sua dicitura originale e nella DAP è riportato l’indirizzo in base al settore di attività.
Per istituire un confronto in termini di domanda e offerta di laureati, i titoli di studio
ricavati dalle DID sono stati ricondotti alla classificazione per indirizzo proposta da
Excelsior (le modalità adottate sono descritte nella Tab. 3)..
4.
L’applicazione
Nel seguito, si definisce un nuovo indice di discrepanza tra la domanda e l’offerta di
lavoro (Par. 4.1) e si applica l’indice alla realtà della provincia di Padova (Par. 4.2).
4.1
Indice I M
La misurazione del mismatch richiede la definizione delle variabili che si ritengono
rappresentative della domanda e dell’offerta di lavoro: il numero di posti vacanti
costituisce la domanda di lavoro mentre il numero di disoccupati indica l’offerta di
lavoro.
L’indice di mismatch, IM, è funzione dello scarto assoluto tra il numero di
disoccupati Ui e del numero di posti vacanti Vi distinti per modalità (i=1,…,n)
inerenti ad una delle dimensioni (territorio, competenze) rispetto alle quali è
possibile analizzare lo squilibrio nel mercato del lavoro:
n
I
M
¦U
i
Vi
¦ U
i
Vi i 1
n
i 1
L’indice varia nell’intervallo [0,1], assumendo il valore zero nel caso in cui si
realizzi una corrispondenza perfetta tra posti vacanti e disoccupati, Ui=Vi per ogni
modalità i, e il valore uno quando si verifica il massimo squilibrio, cioè Ui=0 e Vi0,
oppure viceversa, Ui0 e Vi=0.
L’indice in esame evidenzia i contributi di ciascuna modalità considerata
rispetto alla determinazione dell’indice di mismatch. A tale scopo, denotando con:
224
Un indice per la misura del mismatch tra domanda e offerta di lavoro per laureati
applicato alle fonti Excelsior e Centri per l’impiego
Gi
Ji
U i Vi U i Vi
,
Gi
dove Ȗi denota il mismatch riferito alla modalità i, l’indice IM si può scrivere nella
forma:
n
¦J G
i
I
M
i 1
n
i
.
¦G i
i 1
M
L’indice I si può quindi concepire come la media aritmetica ponderata dei singoli Ȗi.
4.2
Il mismatch di laureati in provincia di Padova
La realtà della provincia di Padova è analizzata prendendo in esame le caratteristiche
formative dei soggetti afferenti ai CpI e ponendole a confronto con i livelli e gli
indirizzi di istruzione richiesti dalle imprese operanti sullo stesso territorio,
desumibili dall'indagine Excelsior. Grazie all’utilizzo dei dati a disposizione dei nove
CpI5 dislocati nella provincia di Padova, è possibile indagare sui titoli di studio
posseduti dai lavoratori al momento della richiesta d’inserimento nell'elenco
anagrafico come disoccupato.
L’analisi è condotta con riguardo ai soggetti il cui ultimo titolo conseguito è
la laurea, con riferimento alla quale, attraverso l’informazione contenuta nelle
dichiarazioni d’immediata disponibilità dei soggetti iscritti ai CpI, si risale
all’indirizzo di laurea. I titoli di studio individuati sono ricondotti alla classificazione
Excelsior, al fine di poter istituire un confronto tra domanda ed offerta in termini di
titoli universitari a livello provinciale per l’anno 2004.
Dal lato della domanda, Excelsior fornisce il numero di assunzioni di laureati
programmate dalle aziende (DAP), suddiviso per indirizzo di studio; ciò permette di
delineare la richiesta di laureati a livello provinciale.
Il quadro dell'offerta e della domanda per quanto attiene ai titoli universitari
nella provincia di Padova è presentato nella Tab. 4.
Dall’osservazione della Tab. 4, si evince che il rapporto maggiore tra
disponibilità di laureati e assunzioni previste si riferisce all’indirizzo biologico e
5
I centri per l’impiego del Padovano hanno sede a Padova, Abano Terme (sezione decentrata del CpI
di Padova), Camposampiero, Cittadella, Monselice, Conselve (sezione decentrata del CpI di
Monselice), Este, Montagnana (sezione decentrata del CpI di Este) e Piove di Sacco.
Definire figure professionali tramite testimoni privilegiati
225
biotecnologico. In termini assoluti, l'indirizzo che registra la differenza maggiore tra
domanda e offerta è quello “letterario, filosofico, pedagogico e assimilati” e quello
che offre maggiori sbocchi occupazionali è quello “economico-commerciale
amministrativo”. Un altro squilibrio tra domanda ed offerta attiene all'indirizzo
“medico e odontoiatrico”. Una condizione di eccesso di domanda è comune a tutti gli
indirizzi ingegneristici, in particolare con riguardo all’indirizzo “ingegneria
elettronica ed elettrotecnica”. L’indirizzo “informatico e telecomunicazioni”, oltre ad
occupare la seconda posizione quanto a richieste di laureati dopo l'indirizzo
“economico-commerciale amministrativo”, è quello che evidenzia il più grande
rapporto tra posizioni lavorative da coprire e laureati disponibili.
Tabella 4. Assunzioni programmate di laureati (DAP) e iscritti laureati ai CpI
(DID), valori assoluti (v.a), 2004, Padova. Fonti: Excelsior (DAP) e CpI (DID)
Indirizzi dei titoli universitari
Economico-commerciale amministrativo
Informatico e telecomunicazioni
Paramedico
Ingegneria edile e civile
Ingegneria elettronica ed elettrotecnica
Ingegneria meccanica
Linguistico traduttori ed interpreti
Altri ingegneria
Urbanistico, territoriale e architetti
Letterario, filosofico, pedagogico e assimilati
Scientifico: matematica e fisica
Chimico
Farmaceutico
Biologico e biotecnologia
Medico e odontoiatrico
Politico-sociologico
Giuridico
Totale
Assunzioni previste (v.a.)
925
326
173
48
221
119
44
73
17
38
8
19
41
6
57
39
22
2176
Iscritti ai CpI (v.a.)
327
48
110
38
91
47
287
30
126
609
50
52
92
127
17
284
176
2778
Lo squilibrio nel mercato del lavoro esistente nella provincia di Padova è
misurato dall’indice IM, ponendo il numero di DID, riferito a ciascun indirizzo
considerato, al posto di Ui e il numero di DAD al posto di Vi:
226
Un indice per la misura del mismatch tra domanda e offerta di lavoro per laureati
applicato alle fonti Excelsior e Centri per l’impiego
n
I
M
¦ DID
i
DAPi
i 1
n
¦ DIDi DAPi .
i 1
Tabella 5. Mismatch dei laureati iscritti ai CpI per indirizzo di studio, Provincia di
Padova, anno 2004. Fonti: Excelsior (DAP) e CpI (DID)
Indirizzi dei titoli universitari
Verso
dello
squilibrio
DID e
DAP
Orientamento
del mismatch
per indirizzo
Intensità del
mismatch
per indirizzo
Mi
Ji
Contributo
all’indice
per
indirizzo
Ji
Gi
n
¦G
i
i 1
Economico-commerciale
amministrativo
Informatico e telecomunicazioni
Paramedico
Ingegneria edile e civile
Ingegneria elettronica ed elettrotecnica
Ingegneria meccanica
Linguistico traduttori ed interpreti
Altri ingegneria
Urbanistico, territoriale e architetti
Letterario, filosofico, pedagogico e
assimilati
Scientifico: matematica e fisica
Chimico
Farmaceutico
Biologico e biotecnologia
Medico e odontoiatrico
Politico-sociologico
Giuridico
IM
DID<DAP
-0,477
0,477
0,127
DID<DAP
DID<DAP
DID<DAP
DID<DAP
DID<DAP
DID>DAP
DID<DAP
DID>DAP
-0,743
-0,222
-0,116
-0,416
-0,433
0,734
-0,417
0,762
0,743
0,222
0,116
0,416
0,433
0,734
0,417
0,762
0,059
0,013
0,002
0,027
0,015
0,051
0,009
0,023
DID>DAP
0,882
0,882
0,121
DID>DAP
DID>DAP
DID>DAP
DID>DAP
DID<DAP
DID>DAP
DID>DAP
0,724
0,464
0,383
0,909
-0,540
0,758
0,777
0,724
0,464
0,383
0,909
0,540
0.758
0,777
0,009
0,007
0,011
0,026
0,008
0.052
0.033
0.598
L’indice assume nel Padovano il valore 0,598. Tale valore suggerisce
l’esistenza di un certo squilibrio tra domanda ed offerta di lavoratori laureati nella
provincia. Considerando il medesimo indice espresso quale media ponderata degli
squilibri dei singoli indirizzi, è possibile evidenziare il mismatch per ciascuno degli
Definire figure professionali tramite testimoni privilegiati
227
indirizzi presi in esame e misurare il contributo di ognuno di essi alla determinazione
dell’indice sintetico IM.
La generica misura di mismatch per indirizzo. In valore relativo, vale a dire
fornendo il verso dello squilibrio per l’i-esimo indirizzo di studio, è:
DIDi DAPi
Mi
DIDi DAPi .
Nella Tab. 5 è descritto il mismatch per indirizzo, da cui si evince che gli
squilibri non sono unilaterali: per alcuni indirizzi si configura un eccesso di offerta di
laureati, per altri si delinea una domanda di laureati superiore all’offerta. Un valore
negativo della misura di mismatch indica che la domanda di laureati eccede l’offerta.
La colonna indicata con il simbolo Ȗi evidenzia il mismatch per singolo
indirizzo di studio considerato in valore assoluto, tale valore costituisce la misura del
mismatch riferito al generico indirizzo senza tenere in considerazione il verso dello
squilibrio. Il generico Ȗi rappresenta l’intensità del mismatch in corrispondenza
dell’i-esimo indirizzo di studio, tuttavia per ottenere un indicatore sintetico del grado
di mismatch presente nel mercato è necessario considerare ciascuna misura di
mismatch ponderata per l’importanza del rispettivo indirizzo, valutata in termini di
rapporto tra la somma di assunzioni previste e di laureati per indirizzo ed il totale
delle assunzioni programmate e dei laureati disposti a lavorare. Il prodotto
Ji
Gi
n
¦G
i
i 1
rappresenta il contributo in termini di mismatch dell’i-esimo indirizzo di studio alla
determinazione dell’indice IM. Dall’osservazione dell’ultima colonna della Tab. 5
emerge che i contributi più rilevanti per la determinazione di IM sono riferiti
all’indirizzo “economico-commerciale e amministrativo” e all’indirizzo “letterario,
filosofico, pedagogico e assimilati”, i quali rappresentano gli indirizzi dove si
registrano gli squilibri tra domanda e offerta più marcati in termini numerici.
5.
Conclusioni
Il mercato del lavoro italiano evidenzia sensibili differenze tra ambiti territoriali, da
qui la necessità di fruire di informazioni disaggregate a livello locale per delineare i
contorni della domanda e dell’offerta di lavoro in una zona geografica. Una volta
individuate le fonti ritenute più idonee per analizzare la domanda e l’offerta di
lavoro, occorre predisporre degli indicatori per la misura del grado di squilibrio
presente nel mercato.
228
Un indice per la misura del mismatch tra domanda e offerta di lavoro per laureati
applicato alle fonti Excelsior e Centri per l’impiego
L’indice IM, oltre a fornire una misura sintetica del mismatch, evidenzia gli
squilibri sia a livello aggregato e sia per categoria. Per ogni categoria individuata, si
può determinare il contributo relativo all’indice, in maniera da sottolineare in quali
categorie si verificano i maggiori squilibri.
L’indice è utilizzato per misurare il mismatch tra offerta e domanda di
laureati, distinti per indirizzo di studio. La scelta di concentrare l’attenzione sul titolo
di studio è motivata dalla considerazione che il percorso di studi sia il carattere che
più di altri fornisce indicazioni con riguardo alle attitudini e conoscenze di cui
dispone una persona giovane.
Con riferimento al contesto padovano, l’indice IM si è dimostrato in grado di
misurare il mismatch a livello provinciale e tenere in considerazione la rilevanza
degli squilibri per singolo indirizzo di studio che si osservano attraverso un’analisi
descrittiva. L’applicazione dell'indice IM è sviluppata con riferimento alla provincia
di Padova a causa dell’attuale mancanza di informazioni dettagliate relative ad altre
province italiane.
Se, tuttavia, fossero disponibili anche le informazioni riguardanti altre
province, si potrebbe istituire un confronto tra esse basato su IM, e al contempo
estendere il raffronto per singoli titoli di studio tra contesti geografici differenti,
analizzando il mismatch sia sotto il profilo delle competenze sia dal punto di vista
territoriale.
Riferimenti bibliografici
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ricerca sulle competenze richieste dalle imprese ai laureati. Presentato al
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Milano
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dei servizi per il lavoro, Spinn-Periodico di informazione e dibattito per i
servizi per l’impiego, 2: 3-9
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Economic and Statistics, 49: 9-36
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l’Impiego e l’indagine Excelsior. In: MARIANI P., PELAGATTI M. (a cura
di) Metodologie e strumenti per l’analisi dell’evoluzione economica
territoriale, CUSL, Milano: 115-131
Definire figure professionali tramite testimoni privilegiati
229
MARIANI P. (2007) Mercato del lavoro, aziende private e servizi pubblici per
l’impiego: una proposta per far “dialogare” domanda e offerta, Rivista di
Economia e Statistica del Territorio, 3
MEZZANZANICA M. (2006) Gestione dell’informazione per la qualificazione dei
servizi, Spinn-Periodico di informazione e dibattito per i servizi per
l’impiego, 2: 33-36
NOSVELLI M. (2005) Capabilities dinamiche tra organizzazione d’impresa e
sistemi locali di produzione, Workshop PRIN, 2005.
PETRONGOLO B., PISSARIDES A. (2001) Looking into the black box: A survey
of the matching function, Journal of Economic Literature, 39: 390-431
TRIVELLATO U. (2006) Un percorso a metà del guado, Spinn-Periodico di
informazione e dibattito per i servizi per l’impiego, 2: 10-18
TURVEY R. (1977) Structural change and structural unemployment, International
Labour Review, 116 (2): 209-216
ZAVANELLA B. (2000) Uso integrato di fonti diverse per la stima del lavoro
sommerso. In: FILIPPUCCI C. (a cura di) Tecnologie informatiche e fonti
amministrative nella produzione di dati, Franco Angeli, Milano: 399-411
An Index for the Measurement of the Mismatch Between
Labour Demand and Offer of Graduates Applied to
Excelsior and Employment Centres’ Sources
Summary: In this paper we suggest a new index for measuring the heterogeneity
between labour offer and demand at the local level. Our index measures the
mismatch at provincial level regarding the graduates’ labour offer and the request of
graduates from companies. The index is a weighted mean of mismatches of various
graduates’ qualifications. The methodology is applied on data of the Padua
Province, in Italy. The graduates’ offer data were drawn from the provincial
employment centres and the demand from the Excelsior Survey.
Keywords. Labour Market, Mismatch, Excelsior Survey; Employment centres.
I differenziali semantico ed esperenziale degli esperti
e la rappresentazione di professioni
mediante il metodo Delphi1
Luigi Fabbris*, Maria Cristiana Martini**
*Università di Padova; **Università di Modena e Reggio Emilia
Riassunto. In questa nota si analizza il differenziale semantico, ponendolo in
relazione con l’expertise e le opinioni manifestate da esperti in una ricerca Delphi.
La ricerca, svolta via www con tre iterazioni di rilevazione su due panel di esperti,
uno composto di direttori del personale e l’altro di professori universitari, riguarda il
profilo attuale e futuro dell’addetto alla gestione e dell’addetto allo sviluppo delle
risorse umane. Le opinioni riguardano le competenze professionali, le previsioni
occupazionali, la desiderabilità sociale e la formazione auspicabile per le due figure.
Il differenziale deriva da 21 quesiti bipolari aventi ciascuno 6 modalità di risposta.
Le relazioni sono analizzate con metodi d’analisi statistica anche multivariata.
Parole chiave: Differenziale semantico; Metodo Delphi; Addetto allo sviluppo delle
risorse umane; Addetto alla gestione delle risorse umane; Previsioni; Professioni;
Analisi fattoriale; Analisi di reti sociali.
1
Il differenziale semantico nella ricerca sulle professioni
Il metodo Delphi è adatto alla rilevazione di dati statistici e informazioni qualitative
per analizzare e prevedere fenomeni complessi e perfezionare analisi quantitative con
valutazioni qualitative, talvolta in sostituzione delle indagini statistiche tradizionali.
Il metodo, nato nell’ambito delle analisi e previsioni militari (Dalkey e
Helmer, 1963) e sviluppato anche per studi tecnologici o sociali (Landeta, 2005), è
stato nel tempo adattato all’evoluzione tecnica e tecnologica degli strumenti di
ricerca2. Consiste essenzialmente in (Linstone e Turoff, 1975):
1
Il presente lavoro è stato realizzato con un cofinanziamento del MIUR e dell’Università di Padova
nell’ambito del PRIN 2005 “Modelli e metodi per abbinare profili formativi e bisogni di
professionalità di comparti del terziario avanzato”, coordinato da Luigi Fabbris. La nota è stata redatta
da L. Fabbris per i Paragrafi 1 e 6 e da M.C. Martini per i restanti paragrafi.
2
Tra le varianti, si annovera quella detta Shang (Ford, 1975), a cui appartiene la presente ricerca.
I differenziali semantico ed esperenziale degli esperti
e la rappresentazione di professioni mediante il metodo Delphi
232
individuazione e contatto di un insieme di persone note per possedere una
conoscenza intima del fenomeno in esame. Il metodo Delphi si basa su
testimonianze di esperti chiamati a rappresentare, a nome della collettività,
realtà che conoscono meglio d’ogni altro, grazie al ruolo sociale o
professionale che rivestono o che hanno rivestito (Fabbris, 1991).
- Rilevazione iterata di informazioni tramite questionari da autocompilare, o
interviste somministrate da rilevatori, garantendo l’indipendenza delle
opinioni e l’anonimato degli esperti. Un tipico obiettivo delle rilevazioni
condotte iterando le domande è il raggiungimento di un certo grado di
convergenza, o di consenso, tra gli esperti in merito alle stime.
- Immissione di feedback controllato da parte del ricercatore tra una
rilevazione e l’altra. In questo modo, si garantisce lo scambio delle
informazioni senza subire il condizionamento delle personalità forti presenti
nel gruppo. Le informazioni individuali restano statisticamente indipendenti,
pur creando nell’esperto la consapevolezza di partecipare a creare una visione
d’assieme del fenomeno in esame.
- Analisi statistica delle risposte ottenute dall’insieme degli esperti. Le
domande sono formulate in modo da poter analizzare le risposte con metodi
statistici tradizionali o di text mining.
Il metodo Delphi è stato applicato in una ricerca presentata nel dettaglio da
Fabbris et al. (2008a). La ricerca riguarda lo studio di due figure professionali
rilevanti nell’ambito degli uffici per le risorse umane (RU) di aziende private di una
certa importanza dimensionale e di enti pubblici, l’addetto, o esperto, nello sviluppo
delle RU e l’addetto, o esperto, nella gestione delle RU. Le scelte metodologiche
della ricerca sono state le seguenti.
a) Individuazione di due categorie di esperti: i direttori del personale di grandi e
medio-grandi imprese insediate in Italia e i docenti universitari italiani di
materie connesse alla formazione delle due figure professionali in esame. I
direttori sono stati selezionati tra i membri di un’associazione di categoria. I
professori tra gli insegnanti delle seguenti materie: psicologia del lavoro,
pedagogia (educatore professionale), diritto del lavoro, sociologia del lavoro
e delle organizzazioni, economia aziendale e le scienze umanistiche orientate
all’attività lavorativa in comparti produttivi e nei servizi (gestione del
turismo, ecc.). L’individuazione di due categorie di esperti si proponeva di
giustapporre due punti di vista, quello dei responsabili del mondo del lavoro e
quello dei responsabili della formazione superiore. Dal confronto tra i due
punti di vista, si voleva capire se vi sono motivi di distinzione e quali sono le
conseguenze del metterli assieme per rappresentare il fenomeno in esame.
b) Selezione di un campione per ognuna delle due categorie. Il panel di
rappresentanti del lavoro con il quale è iniziata la rilevazione era composto di
-
Definire figure professionali tramite testimoni privilegiati
233
400 direttori, quello dei rappresentanti della formazione di 107 professori. I
direttori che hanno acconsentito a partecipare alla ricerca erano 39, di cui 21
l’hanno portata a compimento. I professori si sono autoselezionati
rispondendo a domande sulla loro esperienza professionale: se non
possedevano alcuna caratteristica esperenziale specifica, erano ringraziati ed
esclusi dalla rilevazione. Altri professori hanno abbandonato la ricerca dopo
aver dato un primo, generale consenso. Hanno così terminato la rilevazione
62 professori. Anche ai direttori è stato chiesto di indicare l’intensità delle
esperienze lavorative. Sulla base dell’analisi fattoriale delle risposte ottenute
dai panelist, Fabbris et al. (2008b) hanno determinato un punteggio
standardizzato di expertise per ogni esperto. Questi punteggi saranno
utilizzati nel seguito come misure del differenziale esperenziale dei panelist.
c) Rilevazione tramite sistema di rilevazione CAWI (Computer Assisted Webbased Interviewing) basato sull’autocompilazione on-line di un questionario
reso accessibile via posta elettronica3. La rilevazione è stata realizzata
inviando, in tre riprese, un diverso questionario; i questionari erano adattati ai
panel di esperti ma con possibilità di confronto dei dati tra panel. Gli
interpellati al secondo e terzo round hanno avuto come feedback la media
della distribuzione dei dati forniti da proprio panel nel round precedente.
d) Nel terzo questionario rivolto ai direttori e nel primo dei professori è stata
inserita una batteria di quesiti per la determinazione del “differenziale
semantico” (Osgood et al., 1957), il quale consiste nella ricerca dell’origine
dei significati di alcune parole chiave della ricerca presso i panelist. Il
differenziale è stato rilevato con una batteria di 21 quesiti aventi ciascuno sei
modalità di risposta equispaziate. Il quesito è stato posto nel modo seguente:
“Modalità per modalità, porre un segno vicino al termine che meglio
interpreta il proprio pensiero. Ritengo che nel futuro il mercato delle
professioni sarà: (es. molto dinamico=F; molto statico=A).
e) Analisi dei dati con metodi statistici. Dei dati raccolti, si analizzano, in modo
particolare, quelli che, indicando un legame sistematico tra atteggiamenti,
opinioni e caratteristiche ascrittive ed esperenziali dei soggetti collaboranti,
possono suggerire criteri sia per l’utilizzazione ottimale dei dati raccolti e sia
per lo svolgimento di altre analisi con lo stesso metodo e su analoghi
argomenti. Le analisi intendono rispondere alle seguenti domande a carattere
metodologico:
3
I questionari sono stati progettati, oltre che dal coordinatore della ricerca, dal prof. Antonio
Pacinelli dell’Università di Chieti-Pescara e dal dott. Stefano Sedda dell’associazione GIDP/HRDA–
Associazione Direttori Risorse Umane con sede a Milano. L’informatizzazione dei questionari è stata
realizzata dai professori Corrado Crocetta e Domenico Francesco D’Ovidio su host concesso
dall’Università di Foggia.
I differenziali semantico ed esperenziale degli esperti
e la rappresentazione di professioni mediante il metodo Delphi
234
(i)
Esiste una relazione sistematica tra la conoscenza che gli esperti
possiedono sull’argomento oggetto di ricerca e gli atteggiamenti
misurati dal differenziale semantico? In altri termini, esperienza e
atteggiamenti hanno un substrato comune o le esperienze specifiche
incidono solo marginalmente sugli atteggiamenti degli esperti relativi
al mercato del lavoro? A questo quesito si dà risposta nel Par. 2.
(ii) Gli atteggiamenti, misurati con il differenziale semantico, possono
condizionare la partecipazione degli esperti alla ricerca? In modo
particolare, i valori personali e la consapevolezza circa l’oggetto
della ricerca condizionano la volontà di troncare o, all’opposto,
quella di partecipare a tutte le fasi della ricerca? Inoltre, gli
atteggiamenti dei rispondenti sono legati all’attendibilità delle
risposte ottenute? A questi quesiti si cerca di dare risposta nel Par. 3.
(iii) Le previsioni sull’occupazione a breve, medio e lungo termine e la
rappresentazione sociale e operativa delle figure professionali sono in
qualche modo legate agli atteggiamenti svelati dal differenziale
semantico? Vale a dire, una persona ottimista, oppure una che è più
consapevole di come sta andando il mercato del lavoro, fornisce
rappresentazioni diverse da una che ha atteggiamenti opposti? A
questo tipo di quesiti si dà risposta nel Par. 4 per quanto attiene alle
previsioni e nel Par. 5 per le rappresentazioni sociali e professionali
delle figure.
(iv) Quali sono i quesiti da porre per rilevare il differenziale semantico dei
testimoni privilegiati nei confronti dell’oggetto della ricerca? In
modo particolare, quali quesiti si devono porre per rilevare in modo
neutrale questo atteggiamento, o, con riferimento all’argomento che
ci interessa, quali sono le dimensioni psicologiche rilevanti di esperti
chiamati ad informare su professioni, lavoro e formazione? Inoltre,
esiste la possibilità di rilevare sfumature della conoscenza specifica
degli esperti, tramite domande poste con la tecnica del differenziale
semantico, in modo da complementare la stima dell’expertise
maturata dalle persone designate a partecipare alla ricerca? Questi
temi sono trattati nel paragrafo posto alla fine della nota (Par. 6).
L’impiego di esperti che hanno una conoscenza diretta dei fenomeni muove,
in una ricerca Delphi, dai seguenti assunti (adattati da Dalkey, 1975):
- gli esperti sono sufficientemente realistici per descrivere il fenomeno oggetto
della ricerca. A fini analitici, si assume che gli esperti che hanno collaborato
alla ricerca siano stati selezionati tra quelli più titolati a rispondere e
rappresentino quindi l’universo degli esperti del fenomeno studiato;
Definire figure professionali tramite testimoni privilegiati
235
la curva del realismo si estende su un insieme ampio di domande. Ciò
equivale a dire che, nel complesso della ricerca, le risposte sono prive di
distorsione, anche se è possibile che alcune delle risposte date siano erratiche,
meno realistiche della media del complessivo. Nel seguito, il differenziale
semantico e quello esperenziale sono la pietra di paragone di tutte le categorie
di domande poste nei questionari;
- la capacità di dare risposte congrue è una proprietà stabile degli esperti. È,
tuttavia, opportuno distinguere le dimensioni culturali e psicologiche misurate
dal differenziale semantico, che sono relativamente stabili nella mente delle
persone, da quelle che fanno riferimento all’esperienza che cresce nel tempo,
forse addirittura grazie al processo iterativo d’indagine. In merito al cumulo
temporale dell’expertise in un processo di interrogazione ripetuta sullo stesso
argomento, si vedano i commenti in Fabbris et al. (2008b).
La letteratura sulle ricerche condotte con il metodo Delphi, aventi per oggetto
le caratteristiche distintive di mestieri e professioni e i legami tra la professionalità e
la formazione pertinente è fiorente, anche se rimane episodica4. Poco frequenti sono,
invece, le esperienze scientifiche di collegamento tra gli atteggiamenti degli esperti e
le risposte date in rilevazioni Delphi, a meno che non ci si riferisca alla più generale
letteratura di ambito psicologico (tra gli altri: Hoffman e Smith, 1960; Adelson e
Aroni, 1975; Gordon, 1992; Blind et al., 2001).
In questa nota, prendendo spunto dall’esperienza di ricerca sugli addetti alle
RU, si vuole contribuire alla definizione di una metodologia – in parte diversa da
quella utilizzata – per la rilevazione di dati sulle caratteristiche delle professioni con
il metodo Delphi, studiando il sistema di valori dei testimoni consultati e
possibilmente collegandolo al criterio di misura dell’expertise proposto nel paragrafo
conclusivo di Fabbris et al. (2008b).
-
2
Gli atteggiamenti e la conoscenza degli esperti
Le 21 coppie di aggettivi adottate per studiare il differenziale semantico degli esperti
hanno prodotto i punteggi medi riportati nella Tab. 1.
I punteggi forniti da professori universitari e direttori del personale sono
complessivamente coerenti: il mercato del lavoro è visto dai due panel come una
realtà complessa, dinamica, tangibile, innovativa, accessibile, svincolata da albi,
4
Il lettore interessato allo studio delle professioni mediante pareri “esperti” può trovare elementi di
confronto in: Madden (1964), Milkovich et al. (1972), Prochaska e Norcross (1982), Rosenbaum
(1985), Elder (1985), Reid (1988), Hornsby et al. (1994), Czinkota e Ronkainen (1997), Gibson
(1998), Slaughter (1999), Boyd (2003).
236
I differenziali semantico ed esperenziale degli esperti
e la rappresentazione di professioni mediante il metodo Delphi
meritocratica. Tuttavia, i professori universitari tendono a vedere il mercato in
espansione più dei direttori del personale, ma anche più caotico, oscuro e instabile. I
direttori del personale lo percepiscono più flessibile e specializzato, diviso in
compartimenti e individualistico, ma anche più orientato al merito.
Gli indici di variabilità più elevati corrispondono alle dicotomie:
ordinato/caotico, flessibile/rigido, individualistico/ cooperativo, probabilmente
perché più legate agli ambiti di esperienza individuali degli esperti. Viceversa, c’è
unanimità di vedute tra i docenti e i direttori del personale, sull’essere il mercato
complesso, rilevante e accessibile.
Tabella 1. Media e scarto quadratico medio (sqm) delle risposte ottenute dagli
esperti Delphi sugli aspetti del differenziale semantico, per categoria di esperti
Ritengo che nel futuro il mercato delle Direttori personale Professori univ
professioni sarà:
Media
sqm
Media sqm
1-Dinamico vs Statico
4,55
1,10
4,36
1,16
2-Peggiore vs Migliore
3,35
0,87
3,09
1,07
3-In contrazione vs In espansione
3,15
0,87
2,91
1,02
4-Ordinato vs Caotico
3,15
1,23
2,89
1,06
5-Governabile vs Ingovernabile
3,85
1,04
3,79
1,11
6-Stabile vs Instabile
3,10
0,91
2,71
1,07
7-Inaccessibile vs Accessibile
2,85
0,87
2,68
0,89
8-Imprevedibile vs Prevedibile
4,30
0,86
3,79
1,19
9-Flessibile vs Rigido
4,35
1,42
2,65
1,19
10-Rilevante vs Irrilevante
4,55
0,89
4,60
0,88
11-Oscuro vs Trasparente
3,20
1,00
4,37
0,92
12-Generico vs Specializzato
2,40
0,82
3,53
1,04
13-Egualitario vs Meritocratico
2,10
0,72
2,39
1,06
14-Reale/tangibile vs Astratto
4,35
0,81
4,07
1,05
15-A compartimenti vs Internam. coerente
4,05
1,15
3,96
1,11
16-Complesso vs Semplice
5,25
0,79
4,88
0,78
17-Individualistico vs Cooperativo
4,50
1,19
3,63
1,47
18-Conservativo vs Innovativo
2,30
0,98
2,42
1,15
19-Ricco (prospero) vs Povero (scarno)
3,90
1,12
3,72
0,92
20-Svincolato da albi, ordini vs Regolato albi
4,50
1,10
4,20
1,27
21-Clientelare vs Orientato a merito
2,45
1,00
3,14
1,14
1
2
3
4
5
6
7
8
9
10
11
12
13
14
15
16
17
18
19
20
21
1
1,00
-,20
-,27°
-,01
,23°
-,01
-,23°
-,11
,03
,33*
,22
-,24°
-,36*
,09
-,17
,24°
,07
-,54*
,46*
-,03
-,24°
1,00
,02
-,23°
-,04
,37*
,30*
,27°
-,23°
-,33*
,16
,21
-,07
,17
-,06
-,06
,18
-,28*
,08
,14
3
1,00
,23°
,62*
,05
-,23°
,08
-,02
,00
-,10
-,02
,05
-,10
-,40*
-,08
,11
,16
,02
-,13
4
° = p-value d0,05
* = p-value d0,01
1,00
,43*
-,07
-,21
-,17
,24°
,28*
,31*
-,06
-,20
,23°
,22°
,06
,16
-,09
-,03
,28*
-,20
,07
,25°
2
1,00
,36*
-,29*
-,27°
-,10
-,06
-,05
-,22°
-,09
,15
-,14
-,09
,04
-,07
,15
,04
-,02
5
1,00
,03
-,30*
,09
-,10
-,15
-,24°
,09
,19
-,07
-,31*
-,08
,14
,17
-,16
,01
6
1,00
,21
,15
-,34*
-,12
,18
,39*
-,10
,31*
-,05
,06
,34*
-,35*
-,02
,13
7
1,00
,22°
,10
-,07
,20
,05
,01
,21
,32*
,11
-,04
-,09
-,03
,03
8
1,00
-,09
-,47*
,03
,20
-,02
,06
-,02
,07
,23°
-,03
-,05
,20
9
1,00
,44*
,06
-,22°
-,01
-,04
,26°
-,05
-,32*
,23°
-,03
-,18
10
1,00
,18
-,07
,18
,01
,13
-,10
-,22
,15
,10
-,02
11
1,00
,32*
-,30*
,35*
-,07
-,12
,20
-,30*
-,18
,48*
12
1,00
-,23°
,19
-,22°
-,06
,48*
-,32*
-,08
,32*
13
1,00
-,15
,11
-,09
-,19
,40*
,07
-,19
14
16
17
1,00
,19
1,00
,34* ,08
1,00
,33* -,35* ,17
-,42* ,07
-,08
-,10
,04
,16
,38* -,14 -,00
15
19
20
1,00
-,42* 1,00
-,09
,01
1,00
,42* -,47* -,24°
18
Tabella 2. Correlazione U di Spearman tra coppie di aggettivi proposti agli esperti per l’analisi del differenziale
semantico.
238
I differenziali semantico ed esperenziale degli esperti
e la rappresentazione di professioni mediante il metodo Delphi
L’analisi delle correlazioni tra le voci del differenziale semantico (Tab. 2)
porta ad individuare alcune parziali sovrapposizioni tra le coppie di aggettivi
utilizzate, in particolare tra dinamico/statico, conservativo/innovativo e ricco/povero,
tra stabile/instabile e ordinato/caotico, tra oscuro/trasparente e flessibile/rigido, tra
clientelare/orientato al merito e generico/specializzato o ricco/povero, tra
conservativo/innovativo e egualitario/meritocratico. Tuttavia, soltanto in un caso, due
coppie di aggettivi superano 0,5 come livello di correlazione, escludendo così che le
voci siano eccessivamente ridondanti.
Per visualizzare il sistema di correlazioni tra aggettivi, si costruisce una
particolare matrice di correlazione:
- duplicando ciascuna voce, in modo da tener conto della direzione delle
correlazioni; la matrice così ottenuta è quadrata, di dimensione pari a 42;
- ponendo 1 in corrispondenza delle correlazioni significative almeno al livello
del 5% e 0 altrove, in una matrice di interconnessione tra dicotomie;
- codificando con 1 le coppie di estremi posti allo stesso lato della scala (ad
esempio, “dinamico” e “ricco” oppure “statico” e “povero”) e con 1 i capi
opposti della scala (ad esempio, “dinamico” e “innovativo”, oppure “statico”
e “conservativo”), per tener conto della direzione della relazione.
La matrice di correlazione così modificata è rappresentata graficamente (Fig.
1) con il software Pajek (Batagelj e Mrvar, 2003) attraverso il procedimento Kamada
e Kawai (1989). I vertici della rete hanno dimensione proporzionale al grado
(degree). Si tratta di una configurazione simmetrica, dato che correlazioni positive
tra due aggettivi implicano correlazioni positive anche tra i loro opposti, mentre
correlazioni negative implicano relazioni simmetriche tra coppie opposte di aggettivi.
Il grafo indica l’esistenza di alcuni aggettivi scarsamente connessi con gli altri
(svincolato/regolato da albi e individualistico/cooperativo) e l’esistenza di due gruppi
di aggettivi fortemente interconnessi. Uno dei gruppi comprende gli aggettivi che
qualificano il mercato del lavoro: troviamo forti relazioni tra ricco, dinamico,
meritocratico, internamente coerente, innovativo, orientato al merito, specializzato,
in espansione, accessibile e rilevante. Esiste poi l’ovvia interconnessione tra i loro
giustapposti.
Un secondo gruppo, di dimensione più contenuta, riguarda gli aggettivi che
descrivono la conoscibilità del mercato: governabile, prevedibile, stabile, ordinato,
semplice (e i loro corrispettivi).
Le relazioni che legano queste coppie di aggettivi hanno una duplice
interpretazione: da un lato, infatti, voci correlate indicano profili di pensiero simili
negli esperti, ma anche la possibilità di rimodellare la batteria di aggettivi, limitando
le ridondanze, costruendo dimensioni del differenziale semantico più mirate agli
obiettivi della ricerca e più equilibrate quanto a numero di voci per dimensione.
Definire figure professionali tramite testimoni privilegiati
239
Figura 1. Rappresentazione Kamada-Kawai della rete che rappresenta il sistema di
correlazioni fra le coppie di aggettivi proposti per l’analisi del differenziale
semantico.
L’analisi fattoriale delle risposte espresse dagli esperti ai quesiti sul
differenziale semantico evidenzia l’esistenza di due dimensioni semantiche
principali5 (Tab. 3, Fig. 2). Le dimensioni confermano quanto già emerso dall’analisi
della rete di relazioni. Infatti, la prima dimensione vede contrapposta una visione del
mercato delle professioni prospera, dinamica, meritocratica, specializzata ed
internamente coerente ad una visione conservativa, tendente alla contrazione,
clientelare/nepotistica, irrilevante e difficilmente accessibile, connotandosi così come
una dimensione di ottimismo versus pessimismo per il futuro economico delle
professioni6.
5
I primi sei autovalori dell’analisi fattoriale sono: 4,44; 2,67; 1,73; 1,46; 1,37; 1,18. L’analisi dello
scree-plot evidenzia l’esistenza di due fattori principali.
6
Il lettore può trovare elementi di confronto negli studi sull’ottimismo di Martino (1970), Weinstein
(1980), Klar et al. (1996), Klein e Helweg-Larson (2002), Price et al. (2002), Radcliffe et al. (2002).
240
I differenziali semantico ed esperenziale degli esperti
e la rappresentazione di professioni mediante il metodo Delphi
La seconda dimensione, affatto indipendente, rappresenta la conoscibilità e
prevedibilità del mercato delle professioni nel futuro. Infatti, contrappone l’idea di un
mercato complesso, imprevedibile, oscuro e non specializzato a quella di un mercato
ordinato, stabile e governabile.
La quota di varianza spiegata dalle due dimensioni, rispettivamente pari al
20,4% e al 13,5%, è coerente con quanto emerso dall’analisi della rete, ovvero
l’esistenza di un sistema di relazioni più intricato e un grado di complessità più
elevato per i vertici che rappresentano aspetti del mercato del lavoro rispetto a quelli
che indicano la possibilità di conoscerne la complessità.
Tabella 3. Pesi fattoriali ottenuti con l’analisi fattoriale ruotata Varimax delle
variabili del differenziale semantico.
Ritengo che nel futuro il mercato delle
professioni sarà:
Dinamico vs Statico
Peggiore vs Migliore
In contrazione vs In espansione
Ordinato vs Caotico
Governabile vs Ingovernabile
Stabile vs Instabile
Inaccessibile vs Accessibile
Imprevedibile vs Prevedibile
Flessibile vs Rigido
Rilevante vs Irrilevante
Oscuro vs Trasparente
Generico vs Specializzato
Egualitario vs Meritocratico
Reale/tangibile vs Astratto
A compartimenti vs Internamente coerente
Complesso vs Semplice
Individualistico vs Associativo/cooperativo
Conservativo vs Innovativo
Ricco (prospero) vs Povero (scarno)
Svincolato da albi, ordini vs Regolato albi
Clientelare vs Orientato a merito
Varianza spiegata
Comunanza
Fattore
I
0,630
-0,484
-0,524
-0,013
0,220
-0,068
-0,543
-0,209
-0,336
0,507
0,328
-0,439
-0,667
0,281
-0,483
0,295
-0,118
-0,755
0,668
0,142
-0,648
20,4%
II
0,027
-0,169
-0,091
0,641
0,523
0,786
-0,142
-0,584
0,157
-0,301
-0,363
-0,462
-0,017
0,272
-0,361
-0,602
-0,099
0,140
0,238
-0,014
-0,122
13,5%
0,398
0,263
0,283
0,411
0,322
0,622
0,315
0,385
0,138
0,348
0,239
0,406
0,445
0,153
0,364
0,449
0,024
0,590
0,503
0,020
0,435
33,9%
Definire figure professionali tramite testimoni privilegiati
241
Gli aggettivi scarsamente legati agli altri nella rappresentazione di rete
mostrano comunanze esigue nell’analisi fattoriale, indicando la loro estraneità al
sistema di dimensioni ricavato. È il caso delle voci individualistico/cooperativo e
svincolato/regolato da albi che, nonostante l’apparente filo comune (un mercato
svincolato da albi si può considerare più individualistico, mentre un mercato regolato
si potrebbe considerare cooperativo), non sono mutuamente correlate.
Figura 2. Soluzione fattoriale ottenuta col metodo delle componenti principali sulle
variabili del differenziale semantico presso docenti universitari e direttori del
personale
1,0
compless
impreved
generico
0,5
oscuro
comparti
rilevant
II Fattore
inacessi
individu
dinamico
0,0
svincola
nepotist
peggiore
contrazi
conserva
flessibi
ricco
egualita
tangibil
governab
-0,5
ordine
stabile
-1,0
-1,0
-0,5
0,0
0,5
1,0
I Fattore
Anche le altre voci con bassa comunanza (per esempio flessibile/rigido,
tangibile/astratto, oscuro/trasparente e migliore/peggiore) confermano di avere un
ruolo marginale nella definizione dei fattori, come indicava anche l’analisi reticolare.
242
I differenziali semantico ed esperenziale degli esperti
e la rappresentazione di professioni mediante il metodo Delphi
Il coefficiente alpha di Cronbach fra le voci considerate è comprensibilmente
basso, 0,29, data la sostanziale bi-dimensionalità –invece che unidimensionalità–
delle relazioni tra gli aggettivi del differenziale7. Limitando l’analisi alle sole voci
con pesi fattoriali superiori a 0,4 sul primo fattore, l’alpha assume valore 0,40; può
arrivare fino a 0,77 rimovendo le tre dicotomie ricco/povero, dinamico/statico e
rilevante/irrilevante. Rimangono8: peggiore/migliore, in contrazione/in espansione,
inaccessibile/accessibile, generico/specializzato, egualitario/meritocratico, a comparti
/internamente coerente, conservativo/ innovativo e clientelare/orientato al merito.
Per meglio caratterizzare gli atteggiamenti emersi dall’analisi del
differenziale semantico, si calcolano i punteggi ottenuti sui due fattori di ottimismo e
conoscibilità da alcuni sottogruppi di esperti (Tab. 4).
Tabella 4. Valori medi e scarti quadratici medi (sqm) dei punteggi fattoriali degli
esperti consultati, per caratteristiche degli esperti.
Genere
Maschi (n=55)
Femmine (n= 20)
Posizione
Professore Ordinario (n=23)
Professore Associato (n=19)
Ricercatore (n=12)
Regione (n=1)
Direttore del personale (n=20)
Età
Fino a 39 anni (n=16)
40-49 anni (n=26)
50-59 anni (n=16)
Da 60 ani in su (n=17)
I fattore
Media
sqm
II fattore
Media
sqm
0,16
-0,43
0,91
1,13
0,09
-0,26
1,02
0,92
0,05
-0,26
0,38
---0,02
1,09
1,13
1,04
--0,68
0,10
-0,26
-0,28
--0,25
0,97
1,17
0,82
--0,94
0,31
-0,23
-0,20
0,25
0,82
1,06
0,80
1,16
-0,29
0,11
-0,37
0,46
0,85
1,01
1,04
0,93
7
L’alpha di Cronbach (1951) è un coefficiente che misura la coerenza interna di un insieme
p
2
omogeneo di p test psicometrici. Si definisce come D p§¨1 ¦ V i2 / V T2 ·¸ /( p 1) , dove V i denota la
¨
¸
i 1
©
¹
2
varianza della variabile i-esima e V T quella del punteggio ottenuto sommando i p test. Il coefficiente
si può usare per misurare quanto bene un insieme di variabili rappresenta una stessa dimensione.
8
È lo stesso insieme di item che resterebbe eliminandoli ad uno ad uno fino al massimo incremento
di alpha, valore dopo il quale la rimozione di item provocherebbe una diminuzione dell’indice.
Definire figure professionali tramite testimoni privilegiati
243
Si rilevano così alcune differenze negli atteggiamenti riguardo al mercato
delle professioni. Gli esperti maschi tendono ad averne una visione più ottimistica
delle colleghe e, in misura maggiore rispetto a queste, lo considerano conoscibile,
ordinato, governabile. È di un certo interesse rilevare che anche l’esperienza in tema
di mondo del lavoro era inferiore tra le donne (Fabbris et al., 2008b). Cercheremo nel
seguito di scoprire se è la minore esperienza ad essere causa di una visione più grigia
e chiusa del mondo del lavoro.
Non c’è differenza sostanziale tra il grado di ottimismo degli accademici e
quello dei direttori del personale. Tra gli universitari, i ricercatori sono il gruppo più
ottimista sul futuro e i professori associati quelli che hanno la visione più negativa.
La relazione tra età e ottimismo non è lineare. Ad essere più ottimisti sono le
persone che hanno meno di quarant’anni e quelle da sessanta in su, mentre ad avere
valori inferiori alla medi è la classe di mezzo, dai quaranta fino a quasi sessant’anni.
Questa relazione è analoga a quella tra età ed expertise determinata da Fabbris et al.
(2008b): i docenti che hanno avuto le esperienze più intense con gli uffici del
personale sono i più giovani e quelli più avanti con l’età, mentre sono quelli delle età
di mezzo a dimostrare una minore expertise.
Tabella 5. Coefficienti di correlazione tra il fattore di esperienza e i due fattori del
differenziale semantico con relativa significatività, per ruolo svolto dagli esperti.
I fattore
Correlazione Signific.
Genere
Maschi (n=55)
Femmine (n= 20)
Posizione
Professore ordinario (n=23)
Professore associato (n=19)
Ricercatore (n=12)
Regione (n=1)
Direttore del personale (n=20)
Età
Fino a 39 anni (n=16)
40-49 anni (n=26)
50-59 anni (n=16)
Da 60 ani in su (n=17)
Totale (n=75)
II fattore
Correlazione Signific.
0,15
0,42
0,272
0,066
-0,21
0,07
0,118
0,756
0,37
0,03
0,53
--0,18
0,083
0,900
0,078
--0,460
-0,38
-0,01
0,01
--0,06
0,075
0,962
0,984
--0,806
0,27
0,23
0,16
0,36
0,25
0,306
0,262
0,545
0,159
0,029
-0,12
-0,16
-0,44
-0,09
-0,12
0,664
0,447
0,091
0,721
0,29
244
I differenziali semantico ed esperenziale degli esperti
e la rappresentazione di professioni mediante il metodo Delphi
È da segnalare che gli accademici mostrano, nel complesso, un grado di
fiducia minore dei direttori sulla leggibilità e sulla prevedibilità del mercato del
lavoro. Questa sfiducia è particolarmente evidente tra i professori associati e i
ricercatori, ragionevolmente in dipendenza dell’età.
Quindi, sono le categorie che hanno avuto i rapporti più frequenti con le
figure professionali in esame ad avere la maggiore sicurezza nelle analisi e nelle
previsioni.
Dai coefficienti di correlazione tra la dimensione esperenziale e le dimensioni
di atteggiamento ricavate dall’analisi del differenziale semantico (Tab. 5), si
percepisce un legame tra l’ottimismo e l’esperienza, ma nessuna relazione tra la
stessa esperienza e la percezione di conoscibilità del mercato manifestata dagli
esperti.
Tuttavia, anche la relazione tra l’ottimismo e l’esperienza è influenzata dal
ruolo professionale degli esperti: la relazione è modesta e non significativa per i
professori associati e i direttori del personale, è più solida per i professori ordinari e
ancora maggiore per i ricercatori.
Invece, la relazione tra la conoscibilità e l’esperienza è nulla per direttori del
personale e professori associati, un po’ più marcata tra i ricercatori, e raggiunge una
quale significatività per i professori ordinari.
Assai curiosa è la differenza tra donne e uomini esperti: mentre per le une la
relazione tra l’esperienza e l’ottimismo è positiva e quella tra l’esperienza e la
conoscibilità del mercato è nulla, per gli altri si trova una correlazione diretta tra
l’ottimismo e l’esperienza e inversa tra l’esperienza e la conoscibilità del mercato.
Per le donne consultate come esperte, l’esperienza maturata nel campo delle
RU sembra accompagnarsi ad una visione ottimistica, dinamica e meritocratica dei
rapporti sul mercato del lavoro, mentre per gli uomini una maggiore esperienza
comporta una percezione di complessità interna tale da rendere ardua la produzione
di pensiero consapevole sui meccanismi che regolano il mercato del lavoro e delle
professioni.
Nessuna differenza di rilievo si osserva tra le variabili di atteggiamento e
quelle esperenziali all’interno delle varie classi di età.
3
Gli atteggiamenti e la partecipazione alla ricerca
L’atteggiamento degli esperti nei confronti del mondo del lavoro, emerso dall’analisi
del differenziale semantico, potrebbe influire sul modo in cui costoro hanno reagito
ai meccanismi d’indagine e, in modo particolare, sulla loro disponibilità a collaborare
alla rilevazione. La volontà di collaborare è un aspetto cruciale in ogni indagine e, a
Definire figure professionali tramite testimoni privilegiati
245
fortiori, in una di tipo Delphi, dove la rilevazione si fonda su più cicli di
consultazione del campione designato.
Un modo di valutare la partecipazione è quello di distinguere coloro che
hanno risposto fino all’ultimo questionario e quelli che hanno abbandonato dopo
avere iniziato la collaborazione (Par. 3.1).
Per un esperto, un modo meno diretto di limitare la propria partecipazione
all’indagine consiste nel rifiuto a rispondere ad alcuni quesiti centrali. Nel caso della
presente indagine, fra i quesiti nodali si possono senz’altro annoverare le previsioni
occupazionali a 3 e a 6 anni (Par. 3.2).
3.1
Quelli che si perdono per strada
La collaborazione degli esperti alla ricerca può essere messa in relazione con il
differenziale semantico esclusivamente per i docenti universitari, i quali hanno
risposto ai quesiti del differenziale semantico nel corso del primo round di
rilevazione, mentre ai direttori del personale le domande sono state poste solo con
l’ultimo round, quando la caduta nella partecipazione si era ormai verificata.
Dei 55 professori che hanno completato il differenziale semantico, il 21,8% si
è fermato al primo round, il 12,7% ha risposto anche al secondo questionario ma non
al terzo, e il 65,5% ha completato anche l’ultimo round dell’indagine. Dunque, lo
scoglio è rappresentato dalla seconda rilevazione, nel senso che la probabilità di
ottenere un terzo contributo informativo da chi ne ha dato un secondo è più elevata
della probabilità di ottenere il secondo da chi ha dato il primo.
La percezione di conoscibilità del mercato del lavoro aumenta di intensità ad
ogni occasione di rilevazione, mentre l’intensità dell’ottimismo non è differente in
chi abbandona dopo il primo round, o dopo il secondo, o li completa tutti9 (Tab. 6).
Le differenze tra i gradi di collaborazione prestata sono appena percettibili
anche relativamente al fattore di esperienza. Tuttavia, l’esperienza di chi interrompe
la collaborazione è superiore a quella media di chi prosegue, mentre la percezione
della conoscibilità del mercato va nella direzione opposta.
Ciò indica che se l’esperto percepisce che il mercato delle professioni è in
qualche modo prevedibile, è più disposto a proseguire nel processo d’indagine.
D’altronde, le persone convinte che il mercato del lavoro è troppo complesso perché
sia possibile trarne previsioni, sono restie a dedicare a ricerche più tempo di quanto
imposto dalla cortesia normale tra colleghi. Tra l’altro, i meno propensi a spendere
tempo nelle iterazioni della rilevazione sono i professori più coinvolti in attività
esterne e, quindi, verosimilmente più impegnati.
9
Quand’anche si aggregassero gli abbandoni dopo il I round a quelli dopo il II, non si otterrebbero
differenze statisticamente significative tra i gruppi.
246
I differenziali semantico ed esperenziale degli esperti
e la rappresentazione di professioni mediante il metodo Delphi
Tabella 6. Punteggi medi sui fattori “semantici” e di conoscenza del mercato per
grado di collaborazione prestata e test per l’uguaglianza tra le medie.
Abbandono dopo il I round (n = 12)
Abbandono dopo il II round (n = 7)
Concluse tre rilevazioni (n = 56)
F di Snedecor
Significatività (p)
3.2
Fattori semantici
I
II
-0,33
-0,65
0,43
-0,32
0,02
0,18
1,319
4,139
(0,274)
(0,020)
Fattore di
esperienza10
0,14
0,04
-0,08
0,451
(0,638)
Quelli che non sanno rispondere
La possibilità di rispondere “Non so” ai quesiti sulle previsioni occupazionali è stata
offerta soltanto ai docenti universitari11. Le dichiarazioni di incapacità a rispondere
sono soltanto tre fra chi ha risposto ai quesiti sul differenziale semantico. Un altro
docente non ha risposto né ai quesiti sulla previsione occupazionale, né a quelli del
differenziale semantico, e altri due hanno dato solo risposte parziali.
Come dato tendenziale, tra i rispondenti che non azzardano previsioni, si
osservano livelli più bassi sia di ottimismo rispetto all’andamento dell’occupazione
nel futuro, sia alla possibilità reale di conoscere il mercato delle professioni (Tab. 7).
Tuttavia, anche in virtù del basso numero di mancate risposte, le differenze non sono
statisticamente significative tra chi ha fatto previsioni per il futuro lavorativo delle
figure professionali in analisi e chi non si è sbilanciato.
Infine, è interessante notare la forte relazione tra l’expertise maturata nel
contatto con gli uffici e gli operatori delle RU e la volontà di fare previsioni sul
futuro lavorativo delle figure professionali in esame. Ciò indica sia la capacità del
fattore di conoscenza di esprimere la capacità degli esperti di muoversi agevolmente
tra gli argomenti indagati, sia la loro disponibilità a “fare un passo indietro”,
piuttosto che improvvisare risposte inconsapevoli, quando non si sentono in grado di
esprimersi su specifici argomenti.
10
Il punteggio di esperienza è stato calcolato anche per i direttori del personale, dato che le relative
domande erano state chieste per tutti nel primo round di rilevazioni, e pertanto in questo caso le
numerosità complessive sono 26 abbandoni dopo il I round, 16 abbandoni dopo il secondo round, e 59
rilevazioni completate.
11
Probabilmente, anche fra i direttori del personale vi è chi non ha risposto al quesito. Tuttavia, nella
base di dati, l’eventuale non-risposta non è distinguibile dall’aver risposto che non si prevedono
variazioni.
Definire figure professionali tramite testimoni privilegiati
247
Tabella 7. Punteggi medi sui fattori semantici e su quello esperenziale degli esperti,
secondo che abbiano espresso o non previsioni sugli sviluppi occupazionali delle
figure professionali12 e test di uguaglianza tra le medie dei punteggi.
Previsione
- espressa (n = 52)
- non espressa (n = 6)13
Test t
Significatività
4
Fattori semantici
I
II
0,018
-0,084
-0,433
-0,223
0,689
0,227
0,494
0,821
Fattore di
esperienza
0,087
-0,814
2,160
0,035
Gli atteggiamenti e le previsioni occupazionali
La correttezza di una previsione è verificabile solo a posteriori. Tuttavia, è possibile
porre a confronto le previsioni formulate da gruppi di esperti, evidenziando le
analogie e le discordanze di gruppi o di singoli dentro i gruppi.
Le previsioni occupazionali non sono state rilevate con lo stesso schema per i
direttori del personale e per i docenti universitari. I direttori del personale sono stati
interrogati sulle previsioni lavorative per le figure professionali in esame su un
orizzonte temporale di uno, tre e sei anni e sono stati suddivisi in due sottogruppi,
uno interpellato per l’analisi della prima figura e l’altro per la seconda.
Ai docenti universitari è stata chiesta una previsione soltanto a tre e sei anni e
a ciascuno è stata chiesta un’opinione su entrambe le figure professionali. Infine, nel
corso del primo round, è stato loro chiesto non un unico valore di stima delle
previsioni occupazionali, bensì un intervallo di possibili valori, definito da un valore
massimo e uno minimo di previsione.
Nel seguito, si analizzano le risposte fornite nel corso della prima (Par. 4.1) e
delle successive occasioni di rilevazione (Par. 4.2).
4.1
Il primo round di rilevazioni
Nella prima occasione di rilevazione, le previsioni occupazionali sono state chieste in
modo diretto, come stima della variazione prevista rispetto alla situazione attuale. I
12
Nel seguito, non si distingue tra previsioni a tre e a sei anni e tra previsioni per le due figure di
addetto alle RU, poiché chi non si è espresso, non l’ha fatto per nessuno degli aspetti indagati.
13
I valori sui due fattori derivati dall’analisi del differenziale semantico sono calcolati su 3 soli casi,
poiché gli altri 3 non hanno completato la batteria di domande relative.
248
I differenziali semantico ed esperenziale degli esperti
e la rappresentazione di professioni mediante il metodo Delphi
valori medi ottenuti sono riportati nella Tab. 8, insieme alle correlazioni tra stime
fornite e punteggi ottenuti nelle dimensioni già descritte in precedenza.
Tabella 8. Valori medi delle previsioni occupazionali a 3 e a 6 anni per addetti allo
sviluppo e addetti alla gestione delle risorse umane (tra parentesi lo scarto
quadratico medio), e coefficienti di correlazione (tra parentesi la significatività) tra
le previsioni occupazionali e i punteggi ottenuti sulle dimensioni di ottimismo,
conoscibilità e esperienza (n = 52).
Addetto allo sviluppo,
3 anni (n = 65)
Addetto alla gestione,
3 anni (n = 59)
Addetto allo sviluppo,
6 anni (n = 65)
Addetto alla gestione,
6 anni (n = 59)
Previsione
media
(sqm)
7,15
(17,05)
5,26
(16,29)
9,66
(23,28)
3,78
(14,19)
Ottimismo
(signific.)
0,24
(0,056)
0,01
(0,924)
0,26
(0,041)
0,05
(0,728)
Correlazioni
Conoscibilità
(signific.)
-0,06
(0,658)
-0,03
(0,825)
-0,24
(0,056)
-0,04
(0,778)
Esperienza
(signific.)
-0,05
(0,666)
-0,07
(0,550)
-0,02
(0,872)
-0,16
(0,167)
Non si osserva alcuna relazione significativa tra le previsioni occupazionali
per l’addetto alla gestione delle RU e i fattori calcolati14. Invece, le previsioni per gli
addetti allo sviluppo mostrano qualche tendenza: gli esperti caratterizzati da un
atteggiamento più ottimistico ipotizzano tassi di occupazione più elevati della media
sia per l’orizzonte temporale dei tre che per quello dei sei anni. Inoltre, sempre in
relazione all’addetto allo sviluppo, coloro che considerano il mercato del lavoro più
prevedibile e governabile tendono a fare previsioni di occupazione a sei anni meno
elevate di coloro che lo vedono complesso e poco conoscibile. Poiché le previsioni
sono di un aumento di quasi il 10% rispetto al valore attuale, si può ipotizzare che
l’esperto più consapevole dei propri mezzi interpretativi preveda che il mercato
evolva più lentamente rispetto a chi lo ritiene complesso e inafferrabile.
Si è quindi calcolata la differenza in valore assoluto tra la previsione fornita
dal singolo esperto e il valore medio dei due panel di esperti15. Tale differenza
14
Le correlazioni non sono significativamente diverse da zero neppure analizzando separatamente i
dati dei docenti universitari e quelli dei direttori del personale.
15
La distinzione è necessaria giacché, nel primo round di rilevazione, ai direttori si chiedeva di
esprimere un valore di stima mentre ai docenti si chiedeva di indicare un intervallo di stima. La stima
dei docenti adottata in questa nota è il valore centrale dell’intervallo di stima. I valori medi delle stime
dei due panel sono risultati nettamente diversi (Fabbris et al., 2008a). Tuttavia, le analisi sono state
svolte sulla totalità dei rispondenti, poiché tra i direttori del personale soltanto 7 hanno completato la
Definire figure professionali tramite testimoni privilegiati
249
rappresenta la distanza tra la risposta fornita da ciascun esperto e quella media del
gruppo dei “pari”. Si constata (Tab. 9) che non esiste alcuna relazione importante tra
l’atteggiamento degli esperti e la distanza tra la loro previsione circa il futuro
occupazionale degli addetti alla gestione delle RU e la media del gruppo dei pari,
mentre esperti con maggiore esperienza si collocano su posizioni più vicine alla
media del panel, almeno per quanto riguarda le previsioni di occupazione degli
addetti allo sviluppo delle RU.
Tabella 9. Coefficienti di correlazione (tra parentesi la significatività) tra i punteggi
ottenuti sui fattori semantici e quello esperenziale e distanza tra la previsione fornita
dagli esperti e la media del gruppo dei pari.
Addetto allo sviluppo delle R.U., 3 anni
(n = 65)
Addetto alla gestione delle R.U., 3 anni
(n = 59)
Addetto allo sviluppo delle R.U., 6 anni
(n = 65)
Addetto alla gestione delle R.U., 6 anni
(n = 59)
Fattori semantici
I
II
0,13
0,08
(0,299)
(0,525)
-0,01
-0,00
(0,948)
(0,994)
-0,07
0,04
(0,587)
(0,746)
-0,06
-0,08
(0,649)
(0,556)
Fattore di
esperienza
-0,16
(0,172)
-0,08
(0,470)
-0,17
(0,167)
-0,02
(0,841)
Per i docenti universitari, si calcola l’incertezza delle previsioni occupazionali
come differenza tra il valore massimo e quello minimo della stima dell’occupazione
futura e si pone in relazione l’incertezza con gli atteggiamenti. Si osserva (Tab. 10)
una certa connessione in positivo tra l’ottimismo degli esperti e l’ampiezza
dell’intervallo di stima e una in negativo tra l’ampiezza dell’intervallo e l’esperienza,
per quanto riguarda le stime a tre anni per gli addetti allo sviluppo delle RU.
Intervalli più ampi per un valore tendenzialmente positivo (il valore medio
delle previsioni occupazionali per gli addetti allo sviluppo delle RU a 3 anni è +7,2)
possono indicare un valore massimo elevato, e quindi una maggiore disponibilità a
scommettere nel futuro, oppure una profonda incertezza sui futuri scenari, forse a
causa di una limitata esperienza. Le relazioni con l’ampiezza dell’intervallo di stima
a sei anni sono assai più modeste, forse a causa della generale difficoltà di esprimersi
su un orizzonte temporale così lontano.
Non si osserva alcuna relazione significativa tra l’ampiezza degli intervalli di
stima dell’occupazione dell’addetto alla gestione e le dimensioni studiate, il che
batteria di domande sul differenziale semantico e risposto alle domande sulle previsioni di
occupazione per gli addetti alla gestione delle risorse umane e 13 a quelle sugli addetti allo sviluppo.
250
I differenziali semantico ed esperenziale degli esperti
e la rappresentazione di professioni mediante il metodo Delphi
ribadisce la maggiore difficoltà nel rinvenire comportamenti regolari e standardizzati
quando si tratta di esprimere una previsione su questa figura professionale.
Tabella 10. Coefficienti di correlazione (tra parentesi la significatività) tra
l’ampiezza degli intervalli di stima forniti dai docenti universitari e i punteggi da
loro ottenuti sulle dimensioni semantiche ed esperenziali (n = 52).
Addetto allo sviluppo delle R.U., 3 anni
Addetto alla gestione delle R.U., 3 anni
Addetto allo sviluppo delle R.U., 6 anni
Addetto alla gestione delle R.U., 6 anni
Fattori semantici
I
II
0,27
-0,01
(0,052)
(0,953)
0,06
0,18
(0,679)
(0,205)
0,23
-0,20
(0,108)
(0,152)
-0,02
0,08
(0,907)
(0,561)
Fattore di
esperienza
-0,22
(0,093)
-0,14
(0,321)
-0,20
(0,147)
-0,15
(0,262)
Nel seguito, si presentano i risultati dell’adattamento di un modello di
regressione lineare multipla nel quale la previsione occupazionale è la variabile
dipendente e i fattori di atteggiamento sono i predittori. Si è considerata come
variabile di controllo l’identificatore del panel (direttori del personale vs professori
universitari) e come possibili predittori le interazioni tra l’identificatore e le tre
variabili di atteggiamento. Le interazioni sono state inserite in un secondo blocco di
possibili predittori selezionati con criterio stepwise (Tab. 11).
Si osserva nuovamente l’incapacità dei fattori considerati di cogliere le
differenze tra le previsioni occupazionali per gli addetti alla gestione delle RU: il
modello a tre anni non spiega minimamente la variabilità delle previsioni, mentre nel
modello a sei anni l’unica variabile (moderatamente) significativa è l’identificatore
dei panel, che dà ragione del fatto che le previsioni occupazionali espresse dai
direttori del personale per questa figura professionale sono assai meno rosee di quelle
ipotizzate dai docenti.
La differenza tra le opinioni espresse dai direttori e quelle espresse dai
docenti emerge anche nel modello che spiega la previsione di occupazione a tre anni
per gli addetti allo sviluppo delle RU. In questo caso, però, si evidenzia che gli
esperti caratterizzati da maggiore ottimismo esprimono previsioni occupazionali più
alte. La non significatività delle interazioni indica che l’ottimismo agisce in modo
analogo sulle previsioni espresse dai due panel di esperti.
Definire figure professionali tramite testimoni privilegiati
251
Tabella 11. Stime e standard error dei parametri e test t per la verifica della
significatività per vari modelli di regressione in cui la variabile dipendente (Y) è la
previsione occupazionale rilevata al primo round.
Stima di ȕ
s.e.
t
p-value
Y = Previsione occupazionale a 3 anni per addetti allo sviluppo delle risorse umane
10,86
2,00
5,43
0,000
Intercetta
-17,94
4,47
-4,01
0,000
Direttore vs professore
-2,73
1,92
-1,42
0,162
Esperienza
4,02
1,75
2,29
0,026
Ottimismo
-1,00
1,93
-0,52
0,607
Conoscibilità
Nessuna interazione significativa
R2 corretto = 0,217; n = 64
Y = Previsioni occupazionali a 3 anni per addetti alla gestione delle risorse umane
6,76
1,90
3,57
0,001
Intercetta
-5,86
5,68
-1,03
0,307
Direttore vs professore
-1,41
2,03
-0,70
0,490
Esperienza
0,55
1,73
0,32
0,754
Ottimismo
-0,15
1,73
-0,09
0,930
Conoscibilità
Nessuna interazione significativa
R2 corretto = 0,000; n = 58
Y = Previsioni occupazionali a 6 anni per addetti allo sviluppo delle risorse umane
12,05
2,31
5,21
0,000
Intercetta
-13,77
5,31
-2,59
0,012
Direttore vs professore
-5,02
2,48
-2,02
0,048
Esperienza
5,03
2,03
2,47
0,016
Ottimismo
-5,52
2,26
-2,45
0,017
Conoscibilità
13,27
5,46
2,43
0,018
Interazione Dir * Esperienza
R2 corretto = 0,252; n = 64
Y = Previsioni occupazionali a 6 anni per addetti alla gestione delle risorse umane
7,09
2,07
3,42
0,001
Intercetta
-12,01
6,21
-1,93
0,058
Direttore vs professore
-2,37
2,22
-1,07
0,290
Esperienza
1,33
1,90
0,70
0,485
Ottimismo
-0,00
1,89
-0,00
0,998
Conoscibilità
Nessuna interazione significativa
R2 corretto = 0,030;n = 58
252
I differenziali semantico ed esperenziale degli esperti
e la rappresentazione di professioni mediante il metodo Delphi
Quando si fanno previsioni a più lungo termine, entrano in campo altri fattori.
Le previsioni a sei anni per gli addetti allo sviluppo delle RU sono, infatti,
influenzate, oltre che dall’ottimismo e dal ruolo dell’esperto che avanza la
previsione, anche dal suo livello di esperienza, da quanto questi ritiene governabile il
mercato del lavoro, e dall’effetto combinato del ruolo e dell’esperienza. Le previsioni
di maggiore occupazione sono degli esperti che – tramite il differenziale semantico –
si sono dimostrati ottimisti, quelle meno rosee appartengono a chi ritiene il mercato
del lavoro conoscibile e ordinato.
I direttori del personale esprimono, ceteris paribus, le previsioni più negative.
L’esperienza, invece, ha un effetto controverso. Infatti, per i docenti universitari, una
maggiore esperienza si associa a previsioni di occupazione più pessimistiche, mentre
per i direttori del personale l’effetto diventa nettamente positivo. I motivi di tale
differenza non sono chiari, ma la relazione tra queste variabili si ripete se, nel
modello a tre anni, forziamo l’ingresso dell’interazione fra la variabile-indicatore per
i direttori del personale e l’esperienza (Tab. 12).
Tabella 12. Stime dei parametri con relativo standard error (s.e.), valore del test t e
significatività per l’analisi della regressione tra le previsioni occupazionali a tre
anni rilevate al primo round per gli addetti allo sviluppo delle risorse umane e i
fattori semantici ed esperenziali (R2 corretto = 0,229; n = 64).
Intercetta
Direttore
Expertise
Ottimismo
Conoscibilità
Interazione Dir * Esperienza
Stima di ȕ
10,97
-16,51
-4,04
4,15
-1,38
6,56
s.e.
1,98
4,55
2,13
1,74
1,93
4,68
t
5,53
-3,63
-1,90
2,38
-0,71
1,40
p-value
0,000
0,001
0,062
0,021
0,479
0,166
Anche in questo caso, assume rilevanza l’expertise, con un valore negativo
per i professori, compensato da un valore positivo dei direttori del personale.
4.2
La rilevazione dal secondo round in poi
La seconda e la terza richiesta di collaborazione sono state accompagnate da un
feedback ai rispondenti del valor medio espresso dagli esperti nella precedente
Definire figure professionali tramite testimoni privilegiati
253
rilevazione16 e dall’invito a rivedere, se lo ritenevano opportuno, la previsione
espressa (Fabbris et al., 2008a).
La distanza tra le risposte fornite nella prima e nella terza rilevazione può
essere concepita come una misura della disponibilità ad adeguare la propria opinione
all’opinione media del panel, resa nota attraverso il feedback17. Questa distanza non
è in relazione con alcun indicatore di esperienza o di ottimismo (Tab. 13). Tuttavia,
mostra una certa disponibilità a modificare le proprie posizioni chi ritiene il mercato
del lavoro meno prevedibile per gli addetti allo sviluppo delle RU.
È possibile che l’esperto percorso da dubbi sulla possibilità di fare previsioni
occupazionali a lungo raggio si faccia più facilmente condizionare nel rispondere,
almeno per quanto riguarda il futuro di una figura così particolare come l’addetto allo
sviluppo delle RU, che è la figura più plasmabile delle due.
Tabella 13. Coefficienti di correlazione (tra parentesi la relativa significatività) tra
il valore assoluto della distanza tra le risposte fornite nella prima e nella terza
rilevazione e i punteggi ottenuti sui fattori semantici ed esperenziali (n=52).
Addetto allo sviluppo delle R.U., 3 anni
(n = 46)
Addetto alla gestione delle R.U., 3 anni
(n = 40)
Addetto allo sviluppo delle R.U., 6 anni
(n = 46)
Addetto alla gestione delle R.U., 6 anni
(n = 40)
Fattori semantici
I
II
0,19
-0,30
(0,215)
(0,047)
-0,08
-0,15
(0,600)
(0,369)
0,03
-0,27
(0,818)
(0,075)
-0,16
-0,09
(0,336)
(0,578)
Fattore di
esperienza
-0,03
(0,854)
-0,08
(0,633)
-0,04
(0,808)
0,17
(0,301)
La distanza tra le previsioni fatte al primo e al terzo round non è legata
neppure al variare del ruolo e del genere dell’esperto (Tab. 14). L’unica eccezione,
osservabile esclusivamente per le previsioni a sei anni relative agli addetti allo
16
Su un sottogruppo di direttori del personale, è stato svolto un esperimento che prevedeva di
comunicare i valori minimo e massimo rilevati anziché il valore medio. Ciò, tuttavia, riguarda soltanto
i 10 esperti che hanno completato l’indagine rispondendo alle domande sul differenziale semantico, e
in particolare 7 persone che hanno risposto sugli addetti allo sviluppo delle risorse umane e 3 sugli
addetti alla gestione. Nel seguito le loro risposte sono state analizzate congiuntamente alle altre.
17
Si utilizza la distanza tra la prima e la terza rilevazione, trascurando i dati della seconda, affinché
la convergenza sia diluita in tre occasioni soltanto per permettere ai rispondenti di mediare in modo
più morbido tra le proprie opinioni e quelle degli altri esperti. Infatti, le relazioni tra queste variazioni
e le altre variabili in gioco, già modeste quando si confronta la prima e l’ultima rilevazione, perdono
di significatività quando si confrontano le stime ottenute in occasioni di rilevazione contigue.
254
I differenziali semantico ed esperenziale degli esperti
e la rappresentazione di professioni mediante il metodo Delphi
sviluppo delle RU, è una maggiore disponibilità a modificare le proprie risposte dagli
esperti di età compresa fra i 40 e i 60 anni, mentre i rispondenti più giovani e quelli
sopra i 60 anni modificano in modo assai più contenuto le loro previsioni.
Tabella 14. Scarto tra la media della distanza, in valore assoluto, tra le risposte
fornite nella prima e nella terza occasione di rilevazione da alcuni sottogruppi di
rispondenti, e significatività delle distanze (tra parentesi la numerosità
campionaria).
Genere
Maschi
Femmine (n=12)
t
Significatività
Posizione professionale
Professore ordinario (n=13)
Professore associato
Ricercatore (n=8)
Direttore del personale
F
Significatività
Età
Fino a 39 anni
40-49 anni
50-59 anni
Da 60 ani in su
F
Significatività
18
Addetto
sviluppo
3 anni
Addetto
gestione
3 anni
Addetto
sviluppo
6 anni
Addetto
gestione
6 anni
12,73
(n=35)
11,68
0,27
0,791
10,63
(n=29)
10,14
0,15
0,885
12,47
(n=34)
12,03
0,8018
0,937
11,65
(n=28)
8,37
0,94
0,353
10,46
12,18
(n=13)
15,06
13,15
(n=13)
0,26
0,851
12,31
9,30
(n=13)
10,25
9,57
(n=7)
0,23
0,876
8,23
11,79
(n=12)
16,94
14,17
(n=13)
0,9113
0,456
11,62
9,81
(n=12)
10,25
10,86
(n=7)
0,07
0,977
8,99
(n=12)
12,67
(n=17)
16,95
(n=8)
12,70
(n=10)
0,74
0,535
12,57
(n=7)
9,68
(n=16)
4,5
(n=6)
13,33
(n=12)
1,29
0,293
8,48
(n=12)
13,25
(n=17)
21,70
(n=8)
7,50
(n=9)
2,26
0,096
10,93
(n=7)
12,64
(n=16)
6,50
(n=6)
9,91
(n=11)
0,55
0,653
Poiché non è soddisfatto l’assunto di omoschedasticità, si sono condotti test robusti.
Definire figure professionali tramite testimoni privilegiati
255
Le relazioni che si osservano fra le modifiche nelle previsioni fra il primo e il
terzo round di rilevazioni e tutte le variabili di cui si è già parlato riproducono
invece, ma rovesciato, quanto già osservato per le previsioni espresse nella prima
rilevazione. Vale a dire che chi ha fatto, in prima battuta, previsioni troppo contenute
tende a ritoccarle verso l’alto, mentre chi si è tenuto alto corregge il tiro verso il
basso.
Si descrivono i risultati dell’adattamento di quattro modelli di regressione
stepwise19 alla differenza20 tra le previsioni espresse al terzo round e quelle del primo
round. Tra i possibili predittori si considerano i fattori di esperienza, ottimismo e
conoscibilità, il genere e la variabile-indicatore per i direttori del personale. Risulta
(Tab. 15) che nessun potenziale predittore è legato alle variazioni nelle previsioni
sugli addetti alla gestione delle RU occorse lungo il processo Delphi.
Tabella 15. Stime e standard error dei parametri e test t per la verifica della
significatività per vari modelli di regressione (criterio di selezione stepwise) con
variabile dipendente data dalla differenza tra la previsione fornita dagli esperti al
terzo e quella fornita al primo round.
Stima di ȕ
s.e.
t
p-value
Y = Previsioni occupazionali a 3 anni per addetti allo sviluppo delle risorse umane
-5,00
2,84
-1,76
0,084
Intercetta
15,61
5,60
2,79
0,008
Direttore
-3,55
2,27
-1,56
0,125
Ottimismo
Nessuna interazione significativa
R2 corretto = 0,151; n = 50
Y = Previsioni occupazionali a 3 anni per addetti alla gestione delle risorse umane
Nessun predittore significativo
Y = Previsioni occupazionali a 6 anni per addetti allo sviluppo delle risorse umane
-6,49
3,30
1,97
0,055
Intercetta
14,85
6,52
-2,28
0,027
Direttore
5,82
3,10
1,88
0,066
Conoscibilità
2
R corretto = 0,114; n = 50
Y = Previsioni occupazionali a 6 anni per addetti alla gestione delle risorse umane
Nessun predittore significativo
19
Per essere certi di non escludere variabili anche solo lievemente significative, il livello di
significatività è stato fissato pari a 0,15 in ingresso e 0,20 in uscita.
20
Per questa analisi, la differenza non è calcolata in valore assoluto.
256
I differenziali semantico ed esperenziale degli esperti
e la rappresentazione di professioni mediante il metodo Delphi
Invece, i direttori del personale tendono a rivedere le loro stime verso l’alto
sia nelle previsioni a tre che a sei anni, gli ottimisti ritoccano al ribasso le stime di
occupazione a tre anni e chi ritiene il mercato del lavoro più ordinato e governabile
alza le proprie previsioni di occupazione a sei anni. Questo però consegue al fatto
che i direttori del personale sono partiti con stime più basse della media, così come
gli esperti con alti punteggi del fattore di conoscibilità, e, viceversa, gli ottimisti con
previsioni elevate. L’avvicinarsi alla media indica che l’inversione di tendenza è
stata trascinata dal feedback.
5
Rappresentazioni delle professioni e differenziale semantico
degli esperti
Nella nostra indagine, il livello d’istruzione richiesto per ricoprire le posizioni di
addetto alla gestione e addetto allo sviluppo delle RU è stato rilevato nel primo
round della rilevazione sui direttori del personale (con una domanda di feedback
nella seconda rilevazione) e nel secondo di quella sui docenti. Le scale di misura
sono state ridotte in tre classi: “diploma di scuola superiore, diploma universitario o
laurea triennale”, “laurea specialistica o del vecchio ordinamento” e “master,
dottorato, scuola di specializzazione”. In questo modo, si possono analizzare
congiuntamente le risposte fornite dai due panel e valutare se la laurea specialistica
sia riconosciuta dagli esperti come titolo più formativo rispetto alla laurea triennale21
e se gli stessi ritengono necessaria una formazione ulteriore dopo la specialistica.
Nella Tab. 16 si riportano i punteggi medi ottenuti per le misure di
esperienza, ottimismo e conoscibilità da parte di coloro che hanno indicato i tre
livelli di istruzione come appropriati per le due figure professionali in esame. Per
entrambe le figure professionali, chi individua nel diploma di scuola secondaria
superire o nella laurea triennale il titolo più adatto ha un’esperienza minore e
un’immagine più semplificata del mercato del lavoro, mentre chi ritiene necessario
un titolo post lauream mostra di possedere una visione del mercato più ottimistica
ma al tempo stesso meno prevedibile.
Più complessa, ma più interessante a fini di rappresentazione del profilo
professionale, è la caratterizzazione in termini di competenze22. Interessante è anche
la rappresentazione sociale della professione, vale a dire il prestigio attribuitole da
21
Soltanto 2 unità hanno indicato il diploma di scuola superiore.
Le competenze proposte ai direttori del personale e ai docenti universitari non sono identiche.
Pertanto, sono analizzate solo le competenze rilevate in entrambe le indagini. Si ricorda che solo 7
direttori del personale hanno risposto alla batteria di domande sul differenziale semantico con
riferimento all’addetto alla gestione delle risorse umane e 13 con riferimento all’addetto allo sviluppo.
22
Definire figure professionali tramite testimoni privilegiati
257
datori di lavoro, addetti e pubblica opinione, in termini economici, di posizione
gerarchica e di sviluppo di carriera23.
Tabella 16. Valori medi e scarti quadratici medi (sqm) dei punteggi fattoriali degli
esperti consultati e del punteggio di esperienza, per livello di istruzione ritenuto
necessario a ricoprire le posizioni professionali.
Fattori semantici
I
Addetto allo sviluppo delle RU
Diploma o laurea triennale
(n=7; esperienza n=8)
Laurea specialistica
(n=25; esperienza n=28)
Titolo post-lauream
(n=23; esperienza n=26)
Addetto alla gestione delle RU
Diploma o laurea triennale
(n=17; esperienza n=21)
Laurea specialistica
(n=14; esperienza n=27)
Titolo post-lauream
(n=18; esperienza n=19)
II
Fattore di
esperienza
-0,12
(1,14)
-0,26
(1,05)
0,45
(0,97)
0,29
(0,79)
0,20
(0,77)
-0,20
(1,06)
-0,45
(1,19)
-0,16
(1,19)
0,09
(1,04)
-0,70
(0,94)
0,32
(0,98)
0,66
(0,91)
0,46
(0,77)
0,41
(1,11)
-0,36
(1,14)
-0,43
(1,20)
0,16
(0,97)
0,46
(0,58)
Nella Tab. 17 si riportano le correlazioni calcolate fra i fattori del
differenziale semantico e della conoscenza, e i punteggi attribuiti dagli esperti alle
dimensioni della desiderabilità dei due profili professionali. Il fattore di ottimismo è
positivamente correlato con la desiderabilità complessiva della posizione
professionale, in modo assai debole per le opinioni sull’addetto allo sviluppo delle
RU, più deciso per l’addetto alla gestione.
Ciò conferma l’ipotesi che chi ha una visione complessivamente favorevole,
tende a ritenere quelle di addetto allo sviluppo e alla gestione delle RU come
posizioni lavorative buone.
23
I dati sulla rappresentazione professionale e sociale delle due figure professionali sono stati rilevati
nel secondo round per i docenti universitari e nel terzo per i direttori del personale. La scala di misura
è quantitativa a 10 punti. L’indagine svolta presso i docenti universitari rileva anche il grado di
accettazione immaginato da parte dei datori di lavoro, mentre l’indagine svolta presso i direttori del
personale rileva il grado di desiderabilità sociale avvertito dagli addetti e dai datori di lavoro. Gli
aspetti rilevati in modo non omogeneo presso le due tipologie di esperti, nel seguito non saranno
analizzati.
258
I differenziali semantico ed esperenziale degli esperti
e la rappresentazione di professioni mediante il metodo Delphi
Tabella 17. Coefficienti di correlazione (tra parentesi la significatività) tra il livello
di desiderabilità di alcuni aspetti delle professioni di addetto allo sviluppo e addetto
alla gestione delle risorse umane e punteggi delle dimensioni di ottimismo,
conoscibilità ed esperienza degli esperti.
Addetto allo sviluppo delle R.U.
Desiderabilità economica
Sviluppo di carriera
Utilizzo delle competenze
Possibilità di cambiare posto di lavoro
Prestigio sociale
Desiderabilità complessiva
Accettazione della preparazione
Addetto alla gestione delle R.U.
Desiderabilità economica
Sviluppo di carriera
Utilizzo delle competenze
Possibilità di cambiare posto di lavoro
Prestigio sociale
Desiderabilità complessiva
Accettazione della preparazione
Fattori semantici
I
II
(n = 55)
(n = 55)
0,19
-0,18
(0,169)
(0,184)
0,10
-0,29
(0,471)
(0,033)
0,09
-0,32
(0,532)
(0,018)
-0,13
0,01
(0,347)
(0,962)
0,00
-0,37
(0,991)
(0,006)
0,23
-0,32
(0,097)
(0,017)
0,14
-0,30
(0,309)
(0,028)
(n = 46)
(n = 46)
0,13
-0,05
(0,382)
(0,721)
0,23
-0,08
(0,126)
(0,582)
0,07
-0,04
(0,664)
(0,807)
-0,05
0,03
(0,727)
(0,835)
0,09
-0,27
(0,543)
(0,065)
0,32
-0,18
(0,033)
(0,222)
0,22
-0,23
(0,148)
(0,127)
Fattore di
esperienza
(n = 60)
0,09
(0,514)
-0,10
(0,423)
0,14
(0,299)
0,12
(0,348)
-0,10
(0,458)
0,00
(1,00)
0,09
(0,518)
(n = 55)
0,00
(0,992)
0,00
(0,988)
0,05
(0,711)
0,00
(0,996)
0,26
(0,056)
0,18
(0,191)
0,14
(0,319)
Meno immediato, ma piuttosto forte, è il ruolo del fattore di conoscibilità: gli
esperti che ritengono il mercato del lavoro una realtà semplice e prevedibile sono
Definire figure professionali tramite testimoni privilegiati
259
meno inclini ad attribuire desiderabilità, soprattutto alla figura dell’addetto allo
sviluppo delle RU. È possibile che una visione semplificata del mercato delle
professioni induca a ritenere questa figura non strettamente necessaria, e quindi non
appagante sul piano dello sviluppo di carriera, dell’utilizzo di competenze, del
prestigio sociale e della desiderabilità complessiva. Anche l’accettazione della figura
da parte dei datori di lavoro è giudicata tanto più negativamente quanto più elevata è
reputata la possibilità di conoscere il mercato del lavoro. Qualcosa di analogo si
osserva anche per quanto riguarda l’addetto alla gestione delle RU, ma solo
relativamente alla desiderabilità complessiva.
È possibile (si veda anche Eveleth, 1999) che i non esperti tendano a
percepire una situazione come più incerta e meno strutturata degli esperti. I non
esperti usano analogie lontane, appartenenti ad altri domini della conoscenza umana,
gli esperti usano analogie letterali, ossia parole che appartengono allo stesso dominio
specifico su cui s’indaga. Per questo motivo, gli esperti sono più analitici,
argomentati ed esigenti dei primi. Nel caso dell’addetto allo sviluppo delle RU, ciò
può voler dire che gli esperti che più conoscono le possibili esigenze degli uffici del
personale, sono quelli che più credono nel valore potenziale di una figura specifica
per incrementare le competenze trasversali e la cultura generale delle risorse umane
dell’azienda.
Sono quasi nulle, invece, le relazioni fra il fattore di esperienza e i punteggi di
desiderabilità assegnati. Fa eccezione un legame positivo con il prestigio sociale,
limitatamente alla figura dell’addetto alla gestione.
6
Conclusioni e proposte
Il lavoro di ricerca descritto nella presente nota si proponeva di comprendere se un
certo modo di misurare il differenziale semantico, congiuntamente ad informazioni
sull’expertise posseduta da esperti, spiegasse la quantità e la qualità della
collaborazione ottenuta dagli esperti stessi. L’obiettivo ultimo era quello di proporre
un metodo per prevedere la collaborazione da parte degli esperti sin dal primo round
di un processo Delphi.
Abbiamo trovato che i 21 item utilizzati identificano due dimensioni, una di
ottimismo versus pessimismo nei confronti dello sviluppo del mercato del lavoro e
una associata alla percezione della possibilità di conoscere a fondo il mercato e
anticiparne le tendenze.
L’atteggiamento ottimistico ha mostrato parziali legami con l’expertise. Non
così la percezione di prevedibilità, la quale è indipendente sia dall’atteggiamento
260
I differenziali semantico ed esperenziale degli esperti
e la rappresentazione di professioni mediante il metodo Delphi
ottimistico, per costruzione, e sia dall’esperienza specifica, con la sola esclusione dei
professori universitari più avanti nella carriera.
Ciò implica che le dimensioni di atteggiamento possono essere utilizzate a
corollario di una rappresentazione dell’expertise per comprendere sin dal primo
contatto con l’esperto se si ha a che fare con una persona tendente all’ottimismo o al
pessimismo e se immagina un mercato del lavoro ordinato e prevedibile.
L’ottimismo degli esperti non è in alcun modo legato alla probabilità di
collaborare al processo di rilevazione Delphi. Lo è, invece, la percezione di
conoscibilità dei meccanismi del mercato: ad ogni round, si arrende qualcuno che,
ritenendo il mercato poco conoscibile, non procede nella collaborazione che intende
rappresentare un tema che egli considera indecifrabile.
Bisognerebbe approfondire con una ricerca specifica se chi abbandona
darebbe o no contributi informativi, perché se il contributo non fosse informativo
sarebbe persino desiderabile che si auto-escludesse dalla ricerca. Può anche darsi che
la perplessità manifestata sulla prevedibilità del mercato dipenda dalla volontà di
troncare una collaborazione faticosa: in questo secondo caso, la perdita di questi
esperti può abbassare l’attendibilità delle stime.
Ciò che è sicuro è che esiste correlazione tra la manifestazione di ottimismo e
la possibilità di sviluppo dell’occupazione delle figure professionali esaminate. I più
ottimisti nei confronti del mercato manifestano previsioni occupazionali più alte. La
relazione trovata è circolare: chi crede che il mercato stia espandendosi ovviamente
tende a prevedere che, nello stesso periodo, si sviluppino professionalità moderne,
legate all’evoluzione del mercato, come quelle esaminate.
L’ottimismo, pertanto, non può essere utilizzato come un filtro della capacità
discriminatoria dei rispondenti, bensì come segnalatore della tendenza di un certo
gruppo di persone a manifestare benevolenza in merito al futuro occupazionale e al
livello di formazione idoneo a svolgere una data attività lavorativa. La perifericità di
questo gruppo di esperti per una ricerca che produca previsioni è comprovata anche
dal fatto che si adattano più facilmente al feedback.
Tichy (2004) trova che gli insider, vale a dire coloro che operano all’interno
di strutture operative, sono più ottimisti degli outsider: “the respondents tend to
neglect – or at least to understimate – difficulties that lie beyond their own field of
work, even if there are keys to success”. Gli esperti del mondo del lavoro insider
sono più ottimisti sui temi legati alla loro professionalità. Per esempio, gli
accademici e gli esperti dell’amministrazione pubblica sono più ottimisti degli
uomini d’affari nelle previsioni in materia di medicina (si può leggere “servizi
pubblici”, cioè nelle materie di propria primaria pertinenza). Su questo concordano
anche Linstone (1978), Schnaars (1989) e Rosemberg (1994).
Le persone che (sulla base di autovalutazione) sono più esperte, sono più
ottimiste sulle innovazioni tecniche, sulle costruzioni coerenti con criteri
Definire figure professionali tramite testimoni privilegiati
261
ambientalistici e altre innovazioni abitative, sulla innovatività (che sentono come una
mission professionale e culturale e su cui perdono il senso delle dimensioni rispetto
alla più generale popolazione). Coerenti con la propria mission, i membri di
associazioni non governative o di tutela del consumatore sono più pessimisti della
più generale popolazione.
Gli esperti che, avendo manifestato in prima istanza una previsione estrema,
in negativo come in positivo, rispetto a quella del grosso degli altri esperti, palesano
una sindrome da isolamento. Ciò succede sia agli ottimisti che ai pessimisti. Costoro,
appena capiscono, tramite il feedback, di essere poco centrali, rivedono le prime
stime. Su costoro, il feedback è davvero condizionante.
La conoscibilità del mercato va nella direzione opposta a quella dell’expertise
in merito al proseguimento della collaborazione alla rilevazione. Gli esperti che
abbandonano nelle fasi iniziali della ricerca hanno atteggiamenti di maggiore
diffidenza nei confronti del metodo di rilevazione, ma hanno anche una expertise
superiore alla media.
Ha dimostrato sensibilità alle stime previsionali anche l’offerta della modalità
“non so”. Chi la utilizza, dimostra di sapere effettivamente meno degli altri. Anche in
questo caso, ci si chiede se convenga non farli rispondere su ciò che ammettono di
non sapere o se convenga, invece, insistere per avere una risposta e usare la loro
expertise generica per aggiungere una dose d’informazione alle stime. La nostra
posizione pregiudiziale è che, una volta ottenuta la disponibilità dell’esperto a
collaborare, è conveniente sfruttare ogni dose di informatività.
La variabilità delle posizioni ideali degli esperti sta alla base della qualità
delle stime. Il possesso di una conoscenza specifica sul lavoro, sulle professioni e
sulla formazione di alto livello non implica, infatti, una standardizzazione delle
risposte. Al contrario, quanto più consapevole è la collaborazione degli esperti, tanto
più variano le risposte che danno alla fine del percorso Delphi, soprattutto su temi
previsionali e in genere su argomenti a carattere molto soggettivo.
Pertanto, al fine di ottenere previsioni realistiche, si può proporre – in accordo
con Tichy (2004) – di formare panel che sono miscuglio di esperti aventi gradi
differenti di expertise, non solo di specialisti come vorrebbe la logica primitiva del
Delphi.
A questo punto valutiamo anche le modalità con cui misurare i differenziali
semantici. Nell’esperienza descritta in questa nota, si vede che sono almeno 10 su 21
le modalità che descrivono la dimensione dell’ottimismo/pessimismo, 5 descrivono
quella della prevedibilità del mercato, 5 sono a mezza via tra le due dimensioni
(flessibile/rigido, tangibile/astratto, oscuro/trasparente, migliore/peggiore, estranee/
sconnesse), e quindi possono essere escluse perché non informative e 2
(regolato/svincolato da albi e individualistico/cooperativo) sono totalmente estranee
alle dimensioni trovate.
262
I differenziali semantico ed esperenziale degli esperti
e la rappresentazione di professioni mediante il metodo Delphi
Per bilanciare le due dimensioni ed eliminare le ridondanze in un’eventuale
ripetizione della ricerca, si potrebbero inserire le modalità: meritocratico/egualitario,
internamente coerente/a compartimenti, innovativo/conservativo, orientato al
merito/clientelare-nepotistico, specializzato/generico, in espansione/in contrazione,
accessibile/inaccessibile, escludendo ricco/povero, statico/dinamico e irrilevante/
rilevante che meno saturano il fattore di ottimismo. Oltre a queste, si possono
considerare le cinque modalità del fattore di prevedibilità del mercato
(ingovernabile/governabile, prevedibile/imprevedibile, instabile/stabile, caotico/
ordinato, semplice/complesso) e inserire modalità rappresentative di una o due nuove
dimensioni.
Siccome la credibilità delle previsioni dipende anche dal sistema di valori
attraverso il quale gli esperti filtrano la realtà, il differenziare gli esperti rispetto alle
posizioni ideologiche e l’introdurre nel differenziale semantico una dimensione che
evidenzi come si posizionano ideologicamente gli esperti sul tema oggetto dello
studio, sono scelte opportune in eventuali ripetizioni del processo di ricerca.
Si possono, inoltre, inserire nel differenziale alcune modalità rappresentative
della difficoltà dell’esperto a prevedere e a valutare in modo da comprendere quanta
capacità l’esperto riconosce a se stesso. Questi dati possono essere corredati da
domande sulla fiducia che gli esperti ripongono sul metodo Delphi, sulla statistica in
genere e su quali sono gli stimatori più realistici (si veda, a questo proposito, Dalkey,
1967).
Un’ulteriore proposta – adatta alle ricerche sulle professioni e allo studio del
sistema formativo – è quella di mantenere il differenziale semantico sul mercato del
lavoro e inserirne un secondo riferito al mondo della formazione professionale e
culturale delle forze di lavoro. Le dimensioni attese possono essere, mutatis
mutandis, le stesse del mondo del lavoro, vale a dire la prevedibilità e la
desiderabilità. Gli aggettivi potrebbero essere, pertanto:
ƒ Ansiogeno versus tranquillizzante, oppure Preoccupante vs rasserenante,
oppure Inaffidabile vs affidabile
ƒ Appiattente vs meritocratico, oppure Egualitaristico vs differenziante, oppure
Permissivo vs severo
ƒ Astratto vs concreto; Teorico vs pratico, oppure Gassoso vs solido
ƒ Casuale vs sistematico, oppure Episodico vs metodico
ƒ Contorto vs lineare, oppure Complicato vs comprensibile, oppure Difficile vs
facile, oppure Vago vs preciso
ƒ Deprimente/frustrante vs stimolante/immaginifico, oppure Spiacevole vs
piacevole, oppure Indesiderabile/antipatico vs desiderabile/simpatico, oppure
Intimidatorio/coercitivo vs libero, oppure anche Pesante/oppressivo vs
leggero
Definire figure professionali tramite testimoni privilegiati
ƒ
ƒ
ƒ
ƒ
ƒ
ƒ
ƒ
ƒ
ƒ
263
Illusorio vs realistico, oppure Impraticabile vs praticabile, oppure Virtuale vs
reale
Indefinito vs definito
Ingovernabile vs governabile
Inutile vs utile, oppure Inefficace vs efficace, oppure Improduttivo vs
produttivo
Lento vs veloce
Lontano vs vicino, oppure Freddo vs caldo, oppure Chiuso vs aperto, oppure
Disumanizzante vs umanizzante, oppure Asociale vs sociale, oppure
Individuale vs comunitario, oppure Intollerante vs tollerante
Passato vs futuro
Rivolto all’interno vs rivolto all’esterno, oppure Implosivo vs esplosivo,
oppure Pubblico vs privato
Sconnesso vs internamente coerente, oppure Irrazionale vs razionale
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Experts’ Semantic and Experiential Differentials and the
Representation of Jobs through a Delphi Procedure
Summary. In this paper we analyze the semantic differential with reference to the
expertise and the opinions expressed by experts in a Delphi study. The research was
realized with three iterative web-based questionnaires administered to two panels of
experts, one composed of directors of human research (HR) offices of large Italian
companies and the other of university professors. The research was concerned with
the current and future profiles of the HR management and HR improvement experts.
Opinions are about technical competencies, employment forecasts in the short and
medium run, social desirability and the possible education of the two professional
figures. The semantic differential was composed of 21 bipolar questions, each one
with six interval points. We reduce the expertise and the semantic differential to
factors.
Keywords: Semantic differential; Delphi method; HR improvement export; HR
management export; Forecasting; Jobs; Factor analysis; Social network analysis.
Esperimenti di feedback wording per
stimare competenze e speranze occupazionali
di figure professionali seguendo il metodo Delphi
Luigi Fabbris, Cristiano Vanin1
Università degli Studi di Padova
Riassunto. Nella presente memoria si presentano la metodologia e l’analisi dell’esito
di alcuni esperimenti inseriti in una rilevazione di tipo Delphi svolta on-line presso
panel di direttori del personale e di professori universitari. Il questionario da
autocompilare conteneva quesiti sulla composizione, in termini di: competenze
tecnico-professionali, desiderabilità sociale e speranze occupazionali a uno, tre e sei
anni, di due figure professionali, l’addetto alla gestione e l’addetto allo sviluppo delle
risorse umane. Ciascun esperimento fattoriale, basato sul confronto tra due modalità
sperimentali, mirava a individuare il criterio di composizione dei quesiti in grado di
massimizzare l’accuratezza delle risposte ottenibili.
Parole chiave: Question wording; Feedback; Esperimento fattoriale; Metodo Delphi;
Figure professionali.
1
Figure professionali e formative definite da esperti
In una complessa ricerca (Fabbris et al., 2008a) svolta su due panel di esperti, uno
formato da direttori del personale di medie e grandi imprese e uno da professori
universitari italiani, sono stati inseriti alcuni esperimenti volti a definire criteri
ottimali per rilevare le caratteristiche tecniche e la proponibilità per il mercato del
lavoro e della formazione di due figure professionali, applicando il metodo di
rilevazione Delphi.
1
Il presente lavoro è stato realizzato con un cofinanziamento del MIUR e dell’Università di Padova
nell’ambito del PRIN 2005 dal titolo: “Modelli e metodi per abbinare profili formativi e bisogni di
professionalità di comparti del terziario avanzato”, coordinato da L. Fabbris. I questionari sono stati
curati, oltre che dal coordinatore della ricerca, dal prof. Antonio Pacinelli dell’Università di ChietiPescara e dal dott. Stefano Sedda dell’associazione GIDP. L’informatizzazione dei questionari è stata
realizzata da C. Crocetta e F. D’Ovidio. La nota è stata redatta da C. Vanin per i Paragrafi 3 e 5 e da
L. Fabbris per i restanti paragrafi.
268
Esperimenti di feedback wording per stimare competenze e
speranze occupazionali di figure professionali seguendo il metodo Delphi
Il metodo Delphi è un protocollo di rilevazione di informazioni basato sulla
richiesta iterata di opinioni ad esperti, o testimoni privilegiati, ideato per aiutare
nell’analisi e nella previsione di fenomeni complessi. La richiesta si svolge in modo
tale da garantire che ciascun esperto esprima le proprie opinioni in modo
indipendente dagli altri. Le iterazioni della richiesta mirano ad ottenere, in una logica
“ad imbuto”, o “a spirale”, la convergenza delle opinioni sui temi della ricerca.
Per la rilevazione in esame, si è adottata la variante procedurale del processo
Delphi, detta “Shang” (Ford, 1975), secondo la quale il ricercatore pone, da
posizione remota, quesiti al panel di esperti, dando una scadenza per rispondere.
Dopo aver ottenuto ed elaborato le risposte, presenta un nuovo questionario al panel,
informandolo sui risultati basilari della precedente rilevazione. L’informazione retroattiva (feedback) fornisce agli interpellati le coordinate di massima con cui
confrontarsi. Gli esperti possono così meglio collocare le proprie opinioni e sono
indotti a riflettere sull’argomento, anche dopo che l’occasione di rilevazione si è
esaurita, cercando motivi di conferma o di critica della propria e dell’altrui posizione.
La rilevazione Delphi-Shang si può immaginare come un processo a spirale:
le domande sul tema variano ad ogni occasione d’indagine e si innestano sulle
risposte date alle fasi precedenti e sul feedback del ricercatore. La variante Shang è
stata applicata sia nella rilevazione delle opinioni dei direttori del personale, sia in
quella sui professori.
Le iterazioni di domanda-e-risposta sono state tre per ciascun panel. I
professori universitari sono stati, cioè, interpellati tre volte dopo che i direttori
avevano completato la funzione loro richiesta rispondendo a tre questionari in
sequenza.
I dati sono stati rilevati facendo compilare un questionario elettronico on-line
con il supporto di un sistema web-based (CAWI: Computer Assisted Web-based
Interviewing). A ciascun esperto è stata inviata una e-mail con l’invito a collaborare
e con l’indicazione del link che, cliccando sopra, avrebbe aperto il questionario.
Pagina dopo pagina, il questionario appariva sullo schermo del computer dell’esperto
e poteva essere autocompilato all’istante. Il questionario era stato studiato per poter
essere compilato da posizione remota da un utilizzatore di base di strumenti
informatici attento alle istruzioni. A compilazione del questionario completata, si
creava nella base di dati un nuovo record immediatamente disponibile ai ricercatori.
Sono state rilevate le competenze, le speranze occupazionali e la formazione
appropriata per l’addetto allo sviluppo delle risorse umane (RU) e l’addetto alla
gestione delle RU nelle imprese italiane di una certa dimensione e nelle istituzioni
pubbliche più rappresentative. Le due figure professionali appartengono alla stessa
area funzionale, quella dell’amministrazione delle risorse umane, di aziende o enti.
La ricerca mirava ad evidenziare le visioni che le due categorie di esperti avevano
delle due figure, giustapponendo i punti di vista dei direttori del personale, i quali
Definire figure professionali tramite testimoni privilegiati
269
selezionano e coordinano queste figure professionali dentro imprese ed enti, e dei
professori universitari, i quali insegnano materie affini a quelle che caratterizzano i
curricula formativi.
Sul modo di porre i quesiti in un questionario rivolto ad insiemi selezionati di
rispondenti esiste una cospicua letteratura2. Perché dunque svolgere altri esperimenti
sul question wording, ossia sul modo di porre i quesiti in una ricerca Delphi? Il
motivo è riposto nella specificità del processo di rilevazione iterato, e in modo
particolare nel processo a spirale Shang. In un processo iterativo si possono, infatti,
sfruttare le risposte date alle precedenti domande per perfezionare non solo il
contenuto, ma anche l’accuratezza delle valutazioni o previsioni.
La comunicazione tra il centro di ricerca e gli esperti, realizzata tramite il
feedback, può essere la via anche per verificare la coerenza tra le risposte ottenute in
successione dagli esperti e per stimolare l’attenzione degli stessi su determinati
aspetti del tema di ricerca. Infatti, il rischio che il processo di convergenza di
valutazioni e previsioni (Salancik, 1973; Dalkey, 1975; Ludlow, 1975) si trascini
stancamente di iterazione in iterazione, perdendo lungo via anche parti importanti del
panel, è più che un’ipotesi accademica (Sackman, 1975; Fabbris et al., 2008b).
Per questo motivo, Fabbris et al. (2008a) hanno realizzato alcuni esperimenti
sul modo ottimale di interloquire con gli esperti. Hanno, cioè, puntato a definire il
question wording del feedback. L’ipotesi è che esistano modi di comunicare quanto
raccolto presso gli esperti che stimolano la volontà degli esperti di scavare più a
fondo nella memoria e attivare lo spirito creativo e la riflessione.
La sperimentazione è stata inserita nel feedback, vale a dire dalla seconda
iterazione del processo Delphi in poi, perché è proprio sul modo ottimale di
formulare il feedback che la letteratura è carente. Ma anche perché l’inserimento di
esperimenti, che finisce inevitabilmente per intralciare la regolarità della rilevazione
di dati, lascia la prima rilevazione libera dai possibili effetti della sperimentazione.
Gli esperimenti realizzati sono quattro. Miravano ad ottenere indicazioni
metodologiche sui criteri di: (i) composizione di una figura professionale in termini
di competenze; (ii) convergenza nel definire le previsioni occupazionali a uno, tre e
sei anni avanti.
Gli esperimenti sono di tipo fattoriale completo, con due modalità confrontate
ad ogni esperimento. Per questo, il campione di esperti interpellati è stato diviso
casualmente in due parti di uguale numerosità e le modalità sperimentali sono state
associate casualmente ai sub-campioni. I quattro esperimenti sono descritti nel Par. 2.
2
Il lettore può trovare riferimenti in Bradburn et al. (1979) e Sudman e Bradburn (1982), capostipiti
della letteratura sulla progettazione di questionari, ma anche in articoli e volumi più recenti, tra i quali
Hippler et al. (1987), Fowler e Mangione (1990), Jobe e Mingay (1991), Marbach (1992), Weeks
(1992), Khurshid e Sahan (1995), Shaefler (1995).
270
Esperimenti di feedback wording per stimare competenze e
speranze occupazionali di figure professionali seguendo il metodo Delphi
Le analisi dei risultati della rilevazione sono presentate a partire dal Par. 3.
Nel Par. 3, si descrivono le elaborazioni e le inferenze sugli esperimenti concernenti i
modi di porre domande per ottenere una valutazione numerica di importanza per
ciascuna competenza di un elenco predefinito. Nel Par. 4, si esamina l’esito di
esperimenti sui criteri di convergenza tra le opinioni degli esperti in merito alle
previsioni occupazionali di breve e medio periodo. Nel Par. 5, si valuta se il
caricamento deliberato di una domanda può condizionare le risposte. Alcuni metodi
tendenti a minimizzare l’errore di risposta sono presentati nel Par. 6.
2
Gli esperimenti
Un esperimento si indica nel seguito con Xi (i=1, …, 4) e le due modalità alternative
con A e B. Nella descrizione del question wording, si indicano tra parentesi quadre le
perifrasi e i valori che il sistema di rilevazione dei dati ha inserito nei quesiti,
secondo logica e senza soluzioni di continuità.
La procedura per comporre in modo ottimo il quadro delle competenze
tecnico-specialistiche di una figura professionale (esperimento X1), è stata così
articolata:
- nel primo round di interviste, si è chiesto agli esperti di indicare la frequenza
di utilizzo delle competenze tecniche da parte di una figura professionale in
un determinato luogo di lavoro. Nella rilevazione svolta presso i direttori del
personale, si è scelto di fare riferimento alla loro stessa azienda. La sequenza
di quesiti era così articolata: 1- Vorremmo sapere quali sono le competenze
più rilevanti per una persona che si candida al ruolo di [addetto allo
sviluppo delle risorse umane/addetto alla gestione delle risorse umane].
Distinguiamo per tipo, con riferimento alle aziende per cui Lei lavora o ha
lavorato: Quali competenze tecnico-specifiche deve possedere il candidato
(ossia, cosa deve saper fare)? Scelga fra le seguenti le più rilevanti (al
massimo quattro) o aggiunga nel campo apposito quelle che eventualmente
mancano (sempre fino a raggiungere al massimo quattro tipi in totale). 2 Quali competenze trasversali (ossia, quelle che devono essere possedute da
quasi tutte le persone che operano allo stesso livello, anche in attività
diverse) sono particolarmente richieste per il ruolo di addetto allo sviluppo
delle risorse umane (come sopra, sceglierne o scriverne al massimo le
quattro prevalenti). Nel questionario, si chiedeva ai direttori di indicare anche
la modalità di utilizzo delle competenze di base (lingua straniera, uso del
computer), competenze che, non essendo sottoposte ad esperimento, si
lasciano sullo sfondo in questa nota.
Definire figure professionali tramite testimoni privilegiati
271
Nel secondo round di questionari, è stato fatto votare il dosaggio delle
competenze tecnico-specifiche con due quesiti alternativi, il primo orientato a
far distribuire agli esperti 100 punti in base alla rilevanza delle competenze
identificate nel precedente round, il secondo a dare una valutazione di
rilevanza su una scala 0÷10 per le stesse competenze. Il primo quesito era:
Nella prima tornata di opinioni sono state indicate, come caratterizzanti la
figura professionale di [profilo professionale], le competenze professionali
elencate qui di seguito. X1-A: In questa fase Le chiediamo di distribuire 100
punti tra le competenze elencate, secondo la loro rilevanza ai fini di un
proficuo inserimento di tale figura professionale nel contesto lavorativo di
cui Lei si occupa, mentre il secondo si differenziava nella seconda frase: X1B: In questa fase Le chiediamo di attribuire a ciascuna delle competenze
elencate un punteggio variabile fra 0 e 10, dove 0 è il minimo (nullità) e 10 il
massimo della rilevanza ai fini di un proficuo inserimento di tale figura
professionale nel contesto lavorativo di cui Lei si occupa.
Il secondo esperimento, X2, riguarda la procedura per determinare il criterio
ottimo di rilevazione della speranza occupazionale di una figura professionale a vari
orizzonti temporali (1, 3 e 6 anni avanti). La procedura era la seguente:
o
in ogni round, è stata proposta la stessa coppia di domande per conoscere
l’opinione dell’esperto in merito alla speranza occupazionale espressa in
percentuale di variazione dell’occupazione a tot anni avanti (rispetto a quella
attuale). Nel primo round, le domande erano: 1 – Secondo Lei, a distanza di
[tot anni, tot=1, 3, 6] da oggi, la speranza occupazionale della figura di
[profilo professionale] sarà in aumento, stabile o in diminuzione rispetto alla
situazione attuale? 2 – Se Lei ritiene che entro [tot anni] ci sarà un aumento
o una diminuzione, può stimare in quale percentuale? (sempre rispetto al
dato odierno) […%]. Nel secondo round, le domande erano diverse per i due
panel di direttori casualmente selezionati. Dopo un’introduzione uguale per
ambedue i panel, la domanda è stata composta seguendo due criteri
alternativi: Nella prima tornata di opinioni, sono state stimate le probabilità
di occupazione della figura di [profilo professionale], a distanza di 1, 3 e 6
anni in avanti. X2-A: Gli esperti consultati stimano, a [tot anni] avanti, una
media di occupazione [in diminuzione di xx% / stabile / in aumento di xx%]
(rispetto ad oggi). Secondo Lei, questa stima dovrebbe essere minore, è
sostanzialmente giusta, o dovrebbe essere maggiore? Se non considera giusta
la stima effettuata, può precisare su quale valore si attesterà la variazione
dell'occupazione? […..% ‰ sopra / ‰ sotto il livello attuale]. X2-B: Qui di
seguito è riportato l'intervallo entro il quale la maggior parte degli esperti ha
previsto che vari (rispetto ad oggi) l'occupazione di tale figura professionale.
-
272
Esperimenti di feedback wording per stimare competenze e
speranze occupazionali di figure professionali seguendo il metodo Delphi
Le chiediamo di indicare nuovamente, a fianco di tali valori, le sue stime
delle variazioni della speranza di occupazione (0=stabilità).
Sua stima % (Tempo % min % max
/+)
1 anno
xx%
xx%
………..%
3 anni
xx%
xx%
………..%
6 anni
xx%
xx%
………..%
Il terzo esperimento, X3, condotto al terzo round presso i professori, ha posto
a confronto due coppie di modalità sperimentali:
1. la richiesta di fornire una stima della speranza occupazionale, dopo averne
fornita una in ciascun round precedente, informando genericamente sulla
media ottenuta presso gli esperti consultati: X3-A: Nella seconda tornata di
opinioni, è stata stimata una variazione media nella speranza di occupazione
dell’[profilo professionale] a [tot anni, tot=3, 6] avanti del [+/- ….%]
rispetto a oggi. Tu hai indicato il […%]. Qual è la Tua stima definitiva della
speranza occupazionale fra [tot anni] per [profilo professionale], in
percentuale rispetto ad oggi? Stima definitiva (% rispetto ad oggi): +/……..%;
2. la richiesta di fornire una nuova stima in contraddizione rispetto sia alla stima
ottenuta presso i colleghi universitari, sia presso i direttori del personale che
erano stati consultati precedentemente. La domanda era così concepita: X3-B:
Nella seconda tornata di opinioni, i colleghi universitari hanno stimato una
variazione media nella speranza di occupazione dell’[profilo professionale]
a [tot anni] avanti del [+/- …. %] rispetto a oggi e quella dei direttori del
personale è, invece, del [+/- …. %]. Tu hai indicato nel secondo round il [+/…. %]. Qual è la Tua stima definitiva della speranza occupazionale fra [tot
anni] per [profilo professionale], in percentuale rispetto ad oggi?
Il quarto esperimento, X4, condotto al terzo round presso i professori, riguarda
il caricamento deliberato della domanda per valutare la convinzione del rispondente
nel fornire la propria opinione. Le modalità sperimentali erano:
3. il richiamo generico che “la maggioranza degli esperti” aveva indicato come
opportuna per una figura professionale una preparazione a livello
universitario. La domanda era: X4-A: La maggioranza degli esperti ha
indicato come opportuna una preparazione a livello universitario per i due
tipi di addetti. Si può pensare alla formazione del [profilo professionale] in
un corso universitario specifico, o a un curriculum all’interno di corsi
universitari a spettro formativo largo, oppure a corsi non universitari?
4. il richiamo che “la larga maggioranza degli esperti e dei professori” aveva
indicato come opportuna una preparazione universitaria, con la medesima
richiesta di opinione sul tipo di corso appropriato. La domanda era: X4-B: La
Definire figure professionali tramite testimoni privilegiati
273
larga maggioranza degli esperti e dei professori ha indicato come opportuna
una preparazione a livello universitario per i due tipi di addetti. Si può
pensare alla formazione del [profilo professionale] in un corso universitario
specifico, o a un curriculum all’interno di corsi universitari a spettro
formativo largo, o a corsi non universitari?
3
Assegnare un peso alle competenze di una figura professionale
I risultati dell’esperimento sul modo di assegnare livelli cardinali di rilevanza alle
competenze tecniche delle due figure professionali sono riportati in sintesi nelle
Tabelle 1 per l’addetto allo sviluppo e 2 per quello alla gestione delle RU.
Tabella 1. Media, scarto quadratico medio (sqm) e coefficiente di variazione (cv)
dell’importanza percentuale delle competenze tecnico-specifiche attese negli addetti
allo sviluppo delle risorse umane dai direttori del personale nell’esperimento X1
Competenze specifiche
Generali di sviluppo
Analisi organizz., processi
Tecniche di valutazione
Tecniche di selezione
Analisi bisogni formativi
Tecniche di compensazione
Bilancio di competenze
Gestione del cambiamento
Analisi motivazionale
Numerosità campionaria (n)
Ripartizione di 100 punti
%
sqm
cv
8,8
6,4
0,72
13,1
8,4
0,64
15,6
6,8
0,44
14,1
15,3
1,09
10,0
9,3
0,93
10,6
12,7
1,20
9,3
10,5
1,13
6,9
4,6
0,67
11,6
9,3
0,80
(8)
Media
8,4
7,4
7,7
6,9
7,0
6,9
6,9
7,0
6,3
Scala 0÷10
sqm
1,5
1,1
0,8
1,1
1,0
1,3
1,1
1,5
1,0
(7)
cv
0,18
0,15
0,10
0,16
0,14
0,20
0,16
0,21
0,16
Dal confronto tra metodi, emerge nitidamente che il metodo della
“ripartizione di 100 punti percentuali di rilevanza” tra un insieme di competenze dà
distribuzioni numeriche considerevolmente diverse da quelle ricavabili dalla richiesta
di esprimere la rilevanza per ciascuna competenza su una scala cardinale “da 0 a 10”.
Sono diverse persino le graduatorie di importanza dalla competenza più rilevante alla
meno rilevante, e non solo per le posizioni intermedie della graduatoria, che sono
tipicamente le meno distinte, ma anche per le posizioni estreme che dovrebbero
essere, e spesso sono poli di riferimento ben distanziati del continuum sul quale è
collocabile l’insieme delle modalità.
274
Esperimenti di feedback wording per stimare competenze e
speranze occupazionali di figure professionali seguendo il metodo Delphi
Tabella 2. Media, scarto quadratico medio (sqm) e coefficiente di variazione (cv)
dell’importanza percentuale delle competenze tecnico-specifiche attese negli addetti
alla gestione delle risorse umane dai direttori del personale nell’esperimento X1
Competenze specifiche
Giuslavoristiche generali
Gestione del dipendente
Tecniche di contrattazione
Giuslavoristiche-ammin.ve
Conoscenze sindacali
Analisi dei carichi di lavoro
Analisi progetti formazione
Valutazione prestazioni
Gestione delle competenze
Recruiting e selezione pers.
Numerosità campionaria (n)
Ripartizione di 100 punti
%
sqm
cv
9,2
3,8
0,41
17,5
7,6
0,43
10,0
5,5
0,55
10,0
4,5
0,45
10,0
3,2
0,32
5,0
3,2
0,64
7,5
5,2
0,75
10,0
5,5
0,55
10,0
7,1
0,71
10,8
9,7
0,90
(6)
Media
8,5
7,6
7,5
7,5
7,5
5,3
6,0
7,5
7,9
7,4
Scala 0÷10
sqm
1,9
1,6
1,5
1,8
3,1
2,4
2,3
1,3
1,1
1,5
(8)
cv
0,22
0,21
0,20
0,24
0,41
0,45
0,38
0,17
0,14
0,20
Nel delineare la professionalità dell’addetto allo sviluppo, i direttori del
personale assegnano, tra i 100 che hanno a disposizione, più punti al possesso di
tecniche di valutazione e selezione di personale. Con la valutazione individuale delle
competenze, ottengono invece una valutazione più alta le conoscenze generali di
sviluppo e le tecniche di valutazione. La competenza che è prima con il metodo A è
seconda con il B, ma la seconda competenza del metodo A non coincide con la prima
dell’altro. In definitiva, la competenza fondamentale – secondo i direttori – non è la
stessa se si adotta il metodo della ripartizione di 100 punti o quello della valutazione
singola delle competenze.
Non è la stessa neppure la competenza meno importante: in risposta al quesito
basato sulla ripartizione di 100 punti, la meno importante è l’abilità nelle tecniche di
gestione del cambiamento. Invece, se le competenze sono valutate una ad una, il
punteggio più basso è ottenuto dalla capacità di analizzare le motivazioni del
personale.
Con riferimento all’addetto allo sviluppo, la competenza nettamente
prevalente con la ripartizione di 100 punti è l’abilità nella gestione dei dipendenti;
con la valutazione su scala 0÷10 è, invece, la conoscenza di elementi generali di
diritto del lavoro. All’ultimo posto, con ambedue le metodiche di rilevazione, si
colloca la capacità di analisi dei carichi di lavoro.
È evidente che il primo metodo dà più valore alle competenze distintive di
una figura, mentre il secondo porta a delineare figure professionali più eclettiche e
Definire figure professionali tramite testimoni privilegiati
275
generaliste. Si può quindi congetturare che il metodo della ripartizione di 100 punti
induca gli esperti a valorizzare le competenze tecnico-specifiche della figura
professionale in modo più distintivo di quanto non avvenga con il metodo della
valutazione individuale delle competenze.
Non è possibile stabilire quale dei due metodi di interrogazione attivi risposte
più vicine al vero. Ciò non dipende dal fatto che si rilevano opinioni, giacché la
teoria degli errori statistici stabilisce che, nella mente degli interpellati, esiste un
“valore vero” – per date condizioni d’indagine – anche di un’opinione. Bensì dipende
dal fatto che, nel chiedere l’opinione di esperti circa un’eventualità o un concetto,
s’ipotizza indirettamente che le opinioni raccolte partecipino alla composizione di un
quadro d’assieme irripetibile che, fatte salve le situazioni artificiali, non è – né
individualmente né complessivamente – confrontabile con dati oggettivi3.
Se il ricercatore vuole calcolare una misura di accuratezza delle opinioni
raccolte, può simulare la ripetizione della rilevazione sotto identiche condizioni
sperimentali (Fabbris, 1989), oppure può dare più credito agli esperti che sa essere
più bravi, ma non può neppure essere certo che gli esperti più qualificati sono più
prossimi al vero degli altri esperti consultati4.
Si può, però, congetturare sul meccanismo generatore delle risposte. Se si
chiede agli esperti di distribuire 100 punti tra le competenze, li si forza a definire
almeno una graduatoria simultanea tra le competenze. Dato che il numero totale di
punti disponibili è costante5, per assegnare un punto di rilevanza in più ad una
competenza, il rispondente deve togliere un punto ad un’altra. In un processo per
tentativi-ed-errori, qual è quello che ne determina le risposte, l’esperto è dunque
chiamato ad assegnare punti in più alle competenze che ritiene più rilevanti.
L’invito ad assegnare un voto da 0 a 10 a ciascuna competenza mira a
definire l’importanza indipendente di ciascuna competenza. Se l’esperto esprime le
proprie valutazioni nella successione scritta nel questionario6, i valori espressi dopo
il primo sono “ancorati” a quello della prima valutazione. Si vuol dire che la
valutazione espressa per la prima competenza della lista è riferita al continuum7 0÷10
che l’esperto deve figurarsi nella mente per rispondere.
3
In un certo senso, la stratificazione dei testimoni privilegiati è l’identificazione dei sistemi di valori
individuali cui si vuole fare riferimento nelle ricerche di tipo Delphi.
4
Si veda quanto scrivono a questo proposito, Fabbris et al. (2008b).
5
Nel questionario elettronico era inserito un metodo di calcolo simultaneo per supportare il
rispondente nel far quadrare le somme dei punti assegnati.
6
È opportuno precisare che l’elenco delle competenze compariva nella stessa pagina del questionario
elettronico e il rispondente poteva dare risposte in qualsiasi ordine prima di confermare le risposte alla
fine della compilazione della pagina.
7
La scala era presentata con i soli valori discreti, ma non è difficile immaginare che i valori interi
siano i valori più facilmente comunicabili di un continuum che l’esperto immagina, quando gli si
chiede di collocare una propria valutazione tra due estremi.
276
Esperimenti di feedback wording per stimare competenze e
speranze occupazionali di figure professionali seguendo il metodo Delphi
Dalla seconda competenza elencata in poi, l’esperto farà il confronto con le
competenze già percorse ed esprimerà valori traguardati con le valutazioni espresse,
invece che ricorrere ripetutamente al continuum mentale 0÷10. Difatti, avendo
davanti agli occhi il quadro dei valori espressi, il rispondente non è costretto ad
immaginare ogni volta un continuum per esprimere un nuovo valore.
La valutazione data alla prima competenza condiziona dunque il valore delle
altre. Per questo si dice che, nella rilevazione con la scala 0÷10, la prima risposta è
un ancoraggio numerico. Se la valutazione data alla prima è vicina al massimo, le
successive saranno schiacciate nelle prossimità del massimo. Infatti, la probabilità
che il rispondente riveda i punteggi dati è prossima allo zero, anche perché quasi mai
si chiede agli esperti di rivedere o aggiustare i punteggi espressi.
In definitiva, ambedue i tipi di quesiti richiamano alla mente dei rispondenti
lo stesso sistema di valori e le eventuali differenze tra i risultati dell’esperimento
conseguono, pertanto, al meccanismo di risposta attivato. Chiedendo agli esperti di
ripartire 100 punti, si propone loro una valutazione di importanza relativa, basata su
una comparazione simultanea tra le competenze che attiva l’istinto discriminatorio
tra le entità della lista. Chiedendo di valutare ciascuna competenza in relativa
autonomia dalle altre, si propone, invece, una valutazione assoluta di ciascuna entità,
anche se il valore dipende da quelli espressi in precedenza.
I metodi posti a confronto sono diversi, quindi, quanto a capacità
discriminatoria. Nella nostra accezione, discriminatorio è il metodo che distingue
ogni modalità in analisi e colloca in posizioni distanti sull’asse reale le modalità che
stanno in posizioni estreme. Il metodo della ripartizione di 100 punti pare il più
efficace nell’allargare il campo di variazione delle stime: il rapporto tra la media
della competenza più preferita e quella meno preferita, calcolate con questo metodo,
è 2,2 con riferimento all’addetto allo sviluppo e 3,5 per l’addetto alla gestione delle
RU, contro analoghi rapporti di, rispettivamente, 1,3 e 1,6 ottenuti con il metodo
della valutazione “indipendente”.
La variabilità delle stime fornite dai rispondenti interpellati con il metodo
della ripartizione di 100 punti è, tuttavia, molto più accentuata di quella delle stime
ottenute con il secondo metodo. Il coefficiente di variazione – calcolato
relativizzando gli scarti quadratici medi delle stime con il valore della stima – per il
primo tipo di quesiti, è da 2 a 4 volte quello ottenuto con il secondo. Indubbiamente,
gli esperti tendono ad essere più in disaccordo tra loro se rispondono ad una
domanda del primo piuttosto che del secondo tipo.
La maggiore variabilità tra risposte al quesito sulla ripartizione di 100 punti
discende dal maggiore impegno chiesto agli interpellati. Quando si risponde a una
domanda su una competenza alla volta, la difficoltà è quella normale di una richiesta
di opinione per la prima competenza e decresce mano a mano che la mappa mentale
del rispondente viene precisandosi con le risposte date. Quando si risponde, invece,
Definire figure professionali tramite testimoni privilegiati
277
ad una domanda volta a comparare simultaneamente un insieme di competenze, il
grado di attenzione e il numero di operazioni mentali richiesti all’interpellato sono
decisamente superiori e non tutti gli esperti reagiscono allo stesso modo agli stimoli.
Alcuni esperti sono gelosi delle informazioni qualificate che hanno
selezionato con l’esperienza, altri non sono disponibili a dedicare tempo e fatica
mentale per un ricercatore che, in molti casi, non conoscono o con cui non hanno se
non vagli rapporti di reciprocità. Il quesito sulla ripartizione di 100 punti si può,
quindi, porre se il panel di esperti è motivato e se il tempo per ottenere le risposte e il
contesto di ricerca sono distensivi.
L’esperimento è stato condotto dopo che gli stessi esperti avevano risposto ad
un primo questionario sul medesimo argomento. Infatti, nel corso del primo round,
gli esperti erano stati invitati a selezionare da una lista un certo numero di
competenze rilevanti per le figure professionali in esame. Per capire se il modo
diverso di porre i quesiti può creare incoerenze tra valutazioni analoghe a distanza di
tempo ravvicinata, si confrontano statisticamente le risposte ottenute al primo round
e quelle date dagli stessi esperti a un mese di distanza.
L’analisi delle graduatorie ottenute (Tabelle 3 e 4) mostra similitudine tra le
valutazioni espresse nei due round, in misura maggiore quando al secondo round il
quesito applica il metodo di interrogazione indipendente rispetto al primo.
Tabella 3. Ranghi di importanza delle competenze tecnico-specifiche dell’addetto
allo sviluppo delle risorse umane nell’esperimento X1 e nei giudizi espressi nel primo
round da parte dei direttori del personale e coefficiente ȡ di Spearman di
concordanza tra ranghi
Competenze tecnico-specifiche
Competenze generali di sviluppo
Tecniche di analisi organizzativa e di processo
Tecniche di valutazione
Tecniche di selezione
Tecniche di analisi dei bisogni formativi
Tecniche di compensazione
Tecniche di redazione bilancio di competenze
Tecniche di gestione del cambiamento
Tecniche di analisi motivazionale
Numerosità campionaria
ȡ di Spearman con il primo round
Metodo
sperim. A
8
3
1
2
6
5
7
9
4
8
0,34
Metodo
sperim. B
1
3
2
7
4,5
7
7
4,5
9
7
0,75
Primo
round
1
2
3
4
5,5
5,5
7
8,5
8,5
15
=
278
Esperimenti di feedback wording per stimare competenze e
speranze occupazionali di figure professionali seguendo il metodo Delphi
Tabella 4. Ranghi di importanza delle competenze tecnico-specifiche dell’addetto
alla gestione delle risorse umane nell’esperimento X1 e nei giudizi espressi nel primo
round da parte dei direttori del personale e coefficiente ȡ di Spearman di
concordanza tra ranghi
Competenze tecnico-specifiche
Conoscenze giuslavoristiche generali
Tecniche di gestione del dipendente
Tecniche di contrattazione
Conoscenze giuslavoristiche-amministrative
Conoscenze sindacali
Tecniche di analisi dei carichi di lavoro
Tecniche di analisi/progetto formazione
Tecniche di valutazione prestazioni
Tecniche di gestione delle competenze
Tecniche di recruiting e selezione
Numerosità campionaria
ȡ di Spearman con il primo round
Metodo
sperim. A
8
1
5
5
5
10
9
5
5
2
6
0,00
Metodo
sperim. B
1
3
5,5
5,5
5,5
10
9
5,5
2
8
8
0,40
Primo
round
1
2
3
4
5,5
5,5
7
8
9,5
9,5
14
=
La semantica dei quesiti posti a confronto nei due round – nel primo caso si
chiede di selezionare un massimo di quattro competenze da una lista e nel secondo di
darne una valutazione quantitativa individuale – è ben diversa. Si può immaginare
che se gli è chiesto di selezionare un certo numero di competenze, il rispondente
scorre l’elenco, si appunta (nella mente o su un pezzo di carta) un certo numero di
competenze importanti e poi indica quelle preminenti ripercorrendo l’elenco almeno
un’altra volta. La valutazione individuale delle competenze è un processo meno
oneroso, che – come si è già detto – richiede il confronto solo con le competenze già
percorse. La ripartizione di 100 punti tra le competenze richiede, invece, la
costruzione di una mappa mentale completa di tutte le competenze e la rilettura
dell’intero elenco ad ogni aggiustamento dei valori.
Pertanto, il meccanismo attivato dalla richiesta di selezionare un certo numero
di modalità da una lista assomiglierebbe – in quanto metodo che richiede la
comparazione simultanea della globalità delle entità poste a confronto – più a quello
della ripartizione di 100 punti che a quello di valutare individualmente le entità
sequenziate. Ciò nonostante, l’esito della selezione di un certo numero di competenze
assomiglia più a quello basato sulle valutazioni individuali che a quello della
ripartizione di 100 punti.
Ciò può dipendere dall’avere gli esperti riposto nel processo di selezione delle
competenze al primo round un’attenzione minore di quella necessaria per effettuare
Definire figure professionali tramite testimoni privilegiati
279
un processo comparativo simultaneo8. Oppure, dall’avere i direttori interpellati
risposto in modo poco riflessivo a causa della complessità del processo di
ripartizione di 100 punti. Oppure, al contrario, dall’avere la severità del metodo di
ripartizione di 100 punti obbligato a riflettere anche coloro che avevano effettuato al
round precedente scelte a cuor leggero, simili a quelle sufficienti per la valutazione
individuale delle competenze.
In definitiva, il criterio di valutazione basato sulla ripartizione di 100 punti
mostra di attivare percorsi mentali più complessi e comportamenti più selettivi di
quelli attivabili sia dalla selezione di un certo numero di modalità da una lista e sia
dalla valutazione individuale delle modalità.
Estendendo il ragionamento oltre gli obiettivi dell’esperimento condotto, si
può affermare che, tenendo conto del grado di difficoltà intrinseco nel modo di fare
le domande, il metodo della valutazione indipendente è, tra i due, quello suggeribile
se la ricerca delle opinioni riguarda la popolazione generale. Quello della ripartizione
di 100 punti sembra applicabile, senza conseguenze negative rispetto al tasso di
collaborazione, ad una rilevazione di dati presso esperti.
4
Esperimenti per rilevare la previsione occupazionale
Per rilevare la previsione occupazionale sono stati condotti due esperimenti, uno
presso i direttori del personale, con la somministrazione di un feedback puntuale
versus un feedback intervallare (Par. 4.1), e un secondo presso i professori
universitari con la richiesta di fornire una stima informando in modo differenziato i
sub-campioni sperimentali (Par. 4.2).
4.1
Feedback puntuale vs feedback intervallare
Nelle Tabelle 5 e 6 si riportano i risultati dell’esperimento realizzato presso i direttori
per determinare i criteri di rilevazione delle previsioni occupazionali in un processo
di convergenza Delphi. L’esperimento consiste nel rilevare, dal secondo round in
poi, previsioni quantitative anteponendo ai questionari un feedback di tipo puntuale,
cioè indicativo di un unico valore di sintesi delle risposte ottenute al round
precedente, oppure un feedback di tipo intervallare, vale a dire con l’indicazione di
un intervallo contenente la massima parte delle stime precedenti.
8
La lunghezza dell’elenco di entità da valutare può essere esiziale per la rilevazione con i criteri
comparativi, se si effettuano come prescritto, lo è meno con il metodo della valutazione individuale.
280
Esperimenti di feedback wording per stimare competenze e
speranze occupazionali di figure professionali seguendo il metodo Delphi
Tabella 5. Media aritmetica e media trimmed (tra parentesi lo scarto quadratico
medio) delle previsioni percentuali di occupazione per l’addetto allo sviluppo delle
risorse umane nell’esperimento X2, e significatività delle differenze, secondo i
direttori del personale (n1=17, n2=15, n3=13)
Previsione a
Round
A 1 anno
II
(media I round:
-2,7)
III
A 3 anni
(media I round:
-6,3)
A 6 anni
(media I round:
-4,7)
II
III
II
III
Feedback puntuale (n=8)
Media
M.trimmed
-0,3
0,0
(2,3)
(0,4)
0,5
0,6
(0,9)
(0,3)
0,6
0,3
(2,1)
(0,5)
1,3
1,0
(2,5)
(1,3)
0,5
0,7
(3,4)
(0,7)
1,4
1,0
(2,6)
(1,4)
Feedback intervallare (n=7)
Media
M.trimmed
2,9°
2,0°
(4,9)
(2,7)
0,6°
0,9°
(0,7)
(0,1)
10,1°
7,0**
(15,9)
(5,4)
2,7°
2,0°
(3,5)
(0,5)
8,7°
3,0°
(18,8)
(2,6)
3,0°
3,0**
(2,4)
(0,5)
° Differenza non significativa al 5%; * Differ. significativa al 5%; ** Diff. significativa all’1%; ***
Diff. significativa all’1%o
Per i confronti tra esiti sperimentali, si calcolano la media aritmetica e la
media trimmed. Quella trimmed – che significa sfrondata delle appendici – si calcola
ignorando le risposte con il valore più elevato e più basso ai quesiti sperimentali, allo
scopo di ottenere una media più robusta, meno influenzata da gravi errori di risposta.
Le differenze registrate sono costantemente non significative. Le tendenze
emerse sono, tuttavia, ragionevoli: la convergenza si raggiunge con fatica maggiore
se si propone agli interpellati un feedback intervallare, rispetto ad un feedback
puntuale.
La proposizione di un intervallo di variazione, che dovrebbe trasmettere
l’idea di incertezza e mantenere la variabilità delle stime su valori elevati, si rivela,
invece, meno variabile (in termini di coefficiente di variazione) al terzo round, vale a
dire alla seconda iterazione dell’esperimento. Lo scarto quadratico medio è, infatti, in
media (calcolata comprendendo le previsioni per ambedue le figure professionali),
1,6 per la stima a tre anni e 1,9 per quella a sei anni con il feedback puntuale e,
rispettivamente, 0,6 e 0,7 con il feedback intervallare. Se ne deduce che le stime sono
meno fluttuanti se i rispondenti hanno maggiori possibilità di riflettere sul proprio
ruolo informativo e su ciò che con il feedback il ricercatore vuole comunicare.
Gli indici di variazione sono ancora più favorevoli al feedback intervallare se
si considera la media trimmed. Il coefficiente di variazione delle distribuzioni, dalle
Definire figure professionali tramite testimoni privilegiati
281
quali siano escluse le due previsioni estreme, è, infatti, tra il 70 e l’80% del valore “a
distribuzione completa” delle previsioni a tre anni e di poco sopra il 40% a sei anni.
Ciò implica che le stime a sei anni avanti fluttuano a causa di valori anomali molto
più che le stime dell’occupazione probabile a tre anni.
Tabella 6. Media aritmetica e media trimmed (tra parentesi lo scarto quadratico
medio) delle previsioni percentuali di occupazione per l’addetto alla gestione delle
risorse umane nell’esperimento X2, e significatività delle differenze, secondo i
direttori del personale (n1=22, n2=14, n3=8)
Previsione a
1 anno (media I
Round
II
round: +1,4)
III
3 anni (media I
round: +3,0)
II
III
6 anni (media I
round: -4,1)
II
III
Feedback puntuale (n=6)
Media
M.trimmed
1,7
0,0
(0,4)
(0,0)
1,8
2,0
(0,5)
(0,0)
0,5
0,3
(0,8)
(0,3)
3,8
4,0
(1,5)
(1,4)
2,0
2,0
(1,7)
(1,0)
1,8
2,5
(3,4)
(0,7)
Feedback intervallare (n=8)
Media
M.trimmed
0,6°
0,0°
(1,8)
(0,0)
2,3°
1,0NC
(2,3)
(=)
0,6°
0,8°
(3,0)
(0,7)
2,7°
2,0 NC
(2,1)
(=)
0,0°
0,8°
(4,6)
(1,1)
3,0°
3,0 NC
(2,0)
(=)
° Differenza non significativa al 5%; * Differ. significativa al 5%; ** Diff. significativa all’1%; ***
Diff. significativa all’1%o; NC = Non Calcolabile
Se, invece della variabilità, si osserva l’andamento delle medie, si osserva che
il feedback intervallare aumenta la possibilità di andamenti a zig-zag, con salti da una
parte all’altra del valore finale di stima. Pertanto, se il processo di rilevazione si fosse
fermato al secondo round, le stime connesse al feedback intervallare sarebbero state
notevolmente diverse da quelle registrate nel round conclusivo.
4.2
Esperimento sul dettaglio informativo fornito come feedback
Al panel di professori universitari, è stata chiesta una stima della possibile variazione
dell’occupazione nel futuro di medio e lungo periodo rispetto alla situazione alla data
dell’indagine. A ciascun professore, come feedback del terzo round di rilevazioni, è
stato comunicato il valor medio dell’analoga stima all’iterazione precedente e
ricordata la stima fornita dallo stesso rispondente nel precedente round, con la
282
Esperimenti di feedback wording per stimare competenze e
speranze occupazionali di figure professionali seguendo il metodo Delphi
richiesta di confermare l’ultimo valore dato o indicare una variazione dello stesso, in
aumento o in diminuzione. L’esperimento è consistito nell’aggiungere, per un subcampione casualmente determinato, la stima ottenuta con la rilevazione sui direttori
del personale. Occorre ricordare che la stima espressa dai professori era ben diversa
da quella dei direttori del personale, addirittura i primi indicano, in media, una
variazione di stima dell’occupazione costantemente positiva, i secondi iniziano,
invece, a rispondere indicando una variazione negativa sia a tre che a sei anni.
L’analisi statistica dell’esito dell’esperimento indica che le differenze tra i
due sub-campioni di professori sono statisticamente apprezzabili solo relativamente
alla speranza occupazionale degli addetti allo sviluppo delle RU (Tabelle 7 e 8).
Tuttavia, anche se attenuata, anche la speranza occupazionale dell’addetto alla
gestione mostra l’andamento registrato per l’altra figura professionale.
Tabella 7. Media e scarto quadratico medio (sqm) delle stime dei professori per
l’occupazione a 3 e 6 anni avanti per gli addetti allo sviluppo delle risorse umane
nell’esperimento X3 sul quadro informativo offerto come feedback (nA=19; nB=19)
Previsione della variazione
dell’occupazione
- a 3 anni (media precedente: +11,2%,
media direttori: -5,8%)
- a 6 anni (media precedente: +14,1%,
media direttori: -5,0%)
A. Quadro
informativo base
Media
sqm
7,6
4,8
10,6
8,7
B. Richiamo stima
dei direttori
Media
sqm
4,2*
5,2
4,9*
6,7
* Differenza significativa al 5%; ** Diff. significativa all’1%; *** Diff. significativa all’1%o
Tabella 8. Media e scarto quadratico medio (sqm) delle stime dei professori per
l’occupazione a 3 e 6 anni avanti per gli addetti alla gestione delle risorse umane
nell’esperimento X3 sul quadro informativo offerto come feedback (nA=19; nB=19)
Previsione della variazione
dell’occupazione
- a 3 anni (media precedente: +5,8%,
media direttori: -1,2%)
- a 6 anni (media precedente: +6,8%,
media direttori: -3,8%)
A. Quadro
informativo base
Media
sqm
5,1
4,9
6,7
8,9
B. Richiamo stima
dei direttori
Media
sqm
4,7°
4,7
5,4°
6,1
° Differenza non significativa al 5%; * Differ. significativa al 5%; ** Diff. significativa all’1%; ***
Diff. significativa all’1%o
Definire figure professionali tramite testimoni privilegiati
283
Per entrambe le figure professionali, si registra una diminuzione della stima al
terzo round rispetto al round precedente, sia a 3 che a 6 anni. Se ai professori si fa
presente anche la stima ottenuta dai direttori del personale, la quale è negativa per
ambedue le figure e per ogni orizzonte temporale, la nuova stima occupazionale dei
docenti universitari si abbassa ulteriormente.
In definitiva, il quadro informativo fornito con il feedback influisce sul
risultato. Per i professori universitari, il comunicare ciò che pensano i direttori del
personale, i quali sono tra i professionisti operativi più consapevoli di ciò che si
muove all’interno degli uffici del personale, modifica sostanzialmente le previsioni
dei professori.
Conseguentemente, in un processo di rilevazione di tipo Delphi nel quale non
si punti meramente a raggiungere la convergenza delle opinioni, ma si voglia attivare
la riflessività e la consapevolezza degli esperti, è opportuno comunicare un quadro
informativo composito, che comprenda anche opinioni di testimoni privilegiati che,
per motivi strutturali, osservano il fenomeno da una posizione simmetrica.
5
Esperimento sul caricamento deliberato della domanda
Nell’esperimento condotto presso i docenti universitari per saggiare l’effetto del
caricamento deliberato di una domanda, la modalità di base era il feedback generico
che “la maggior parte degli esperti” (dello stesso panel) aveva indicato come
opportuna una preparazione universitaria, la modalità complementare era un
feedback arricchito con l’espressione che “la larga maggioranza dei direttori e dei
docenti contattati” riteneva opportuna una formazione universitaria. Le possibilità di
risposta erano tre, in scala ordinale: che era necessario un corso universitario
specifico per quella figura professionale, che bastava un corso a largo spettro, idoneo
a formare una figura professionale più eclettica, oppure che bastava un diploma di
scuola superiore. I risultati dell’esperimento sono riportati nella Tab. 9.
Le risposte date dai docenti universitari indicano che il riferimento
all’opinione espressa dai direttori del personale, oltre che dagli altri docenti, non
sposta significativamente l’opinione dei docenti. La linea di pensiero prevalente è
che i corsi devono essere a spettro piuttosto largo, sia per l’addetto allo sviluppo e sia
per quello alla gestione delle RU e tale tendenza si conferma, anche se il feedback è
corroborato con l’opinione dei direttori del personale.
Addirittura, il sapere che i direttori, oltre che i propri colleghi, sono, a larga
maggioranza, favorevoli ad una formazione universitaria per l’addetto alla gestione
delle RU – che delle due figure è quella che ritengono più operativa – induce alcuni
Esperimenti di feedback wording per stimare competenze e
speranze occupazionali di figure professionali seguendo il metodo Delphi
284
professori a riflettere sulla differente formazione auspicabile per l’addetto alla
gestione rispetto a quella necessaria per l’addetto allo sviluppo delle RU.
Tabella 9. Distribuzione percentuale dei professori universitari in merito alla
formazione auspicata per due figure di addetto agli uffici per le risorse umane
nell’esperimento X4 proposto al terzo round della rilevazione Delphi(nA=19; nB=19)
Feedback
A. Base
B. Arricchito°
A. Base
B. Arricchito°
Corso universitario
Specifico
a largo spettro non necessario
Addetto allo sviluppo delle risorse umane
26,3
73,7
0,0
31,6
68,4
0,0
Addetto alla gestione delle risorse umane
31,6
68,4
0,0
31,6
57,9
10,5
Totale
100,0
100,0
100,0
100,0
° Differenza non significativa al 5%; * Differ. significativa al 5%; ** Diff. significativa all’1%; ***
Diff. significativa all’1%o
Quantunque la reazione non sia statisticamente significativa, si dimostra una
volta di più che l’offerta di un feedback più ricco, in questo caso con opinioni di
esperti di diverso profilo professionale e culturale, induce nel rispondente una
riflessione maggiore di quanto non realizzi il feedback tradizionale, ossia la
comunicazione della stima basilare del panel cui appartiene l’esperto e l’eventuale
memoria della stima dallo stesso espressa in precedenza.
6
Conclusioni
Domande apparentemente simili ma poste in modo da attivare percorsi mentali
diversi negli esperti consultati in un processo di rilevazione Delphi, possono
descrivere dimensioni distinte dello stesso fenomeno. Non esiste, pertanto, un criterio
assoluto di fare un quesito, ma esiste un criterio ottimo di informarsi su una certa
dimensione, per dati obiettivi e condizioni di rilevazione.
In una rilevazione di tipo Delphi – nella quale si ponga a più riprese la stessa
domanda, oppure si perfezioni la rilevazione dell’argomento in analisi con una
sequenza di domande “ad imbuto” –, il porre domande in una sequenza guidata e il
proporre un feedback adeguato sono elementi cruciali per l’accuratezza della
rilevazione.
In questa nota, abbiamo approfondito i modi di comporre le domande per
rilevare le caratteristiche di figure professionali. Abbiamo dedotto che:
Definire figure professionali tramite testimoni privilegiati
285
a)
la composizione di una figura professionale in termini di competenze
tecnico-specifiche può essere definita chiedendo agli esperti di indicare le
competenze rilevanti, in una prima fase in forma aperta e poi con il criterio della
ripartizione di 100 punti tra le competenze predefinite. Se al primo round il
ricercatore dispone di una lista di competenze, può scremarle con il metodo della
valutazione individuale, oppure con la selezione di un certo numero dalla lista, e
poi, al secondo round, può farle valutare quantitativamente con il discriminatorio
e stringente metodo della ripartizione di 100 punti. Tra una rilevazione e l’altra,
agli esperti tornano alla mente le risposte date e sono inconsciamente portati a
riflettere sulle proprie posizioni, talvolta addirittura ne parlano con altri esperti.
Pertanto, se stimolati con un opportuno feedback, possono, dalla seconda fase,
essere mentalmente già posizionati sull’argomento, dare risposte più consapevoli
e quindi più accurate.
b)
Un feedback composto di una pluralità di informazioni, può stimolare
lo spirito critico e la concretezza degli esperti. Un quadro che contempli, oltre
alle tradizionali sintesi delle risposte ottenute dal panel, anche dati ufficiali
obbliga i più fantasiosi a confrontarsi con la realtà; l’aggiunta di informazioni
non direttive, può aiutare i meno consapevoli tra gli esperti a trovare la propria
strada, evitando di divagare. Stewart (1991) chiama “imbeccate multiple” un
quadro informativo internamente coerente e padroneggiabile dall’esperto9. Un
feedback così composto è adatto alla rilevazione dal secondo round in poi. La
stessa logica si può applicare per comporre i quesiti del primo round. Siccome un
feedback meramente documentativo dell’andamento generale del panel può
causare conformismo, ossia convergenza artificiosa, le modalità di arricchimento
del feedback dovrebbero ricevere nuova attenzione da parte dei ricercatori
interessati al miglioramento dell’accuratezza delle valutazioni e delle previsioni.
c)
Per quanto concerne il feedback wording, vale a dire i criteri non
direttivi di proporre un feedback coinvolgente, si può fare riferimento all’ampia
letteratura sul modo ottimo di porre i quesiti e di comunicare a distanza con
persone interessate. L’esperimento svolto presso i direttori del personale per
verificare se, a fini di feedback, sia più opportuno proporre una media puntuale o
un intervallo di variazione delle stime ha indotto il seguente ragionamento:
9 il feedback puntuale determina un riferimento fermo su cui i rispondenti si
appoggiano con fiducia – in certi casi con un eccesso di fiducia – per
proporre nuove stime della variabile in argomento. Ciò induce una più rapida
convergenza di opinione tra i rispondenti e una sequenza di medie disposte
9
Einhorn (1971) e Brehmer e Brehmer (1988) dimostrano che troppe informazioni di feedback
riducono l’attendibilità delle stime, a causa della limitata capacità umana di padroneggiare
simultaneamente una grande quantità di informazioni. D’altronde, se il compito è predicibile, anche
gli esperti si comportano in modo predicibile.
286
Esperimenti di feedback wording per stimare competenze e
speranze occupazionali di figure professionali seguendo il metodo Delphi
secondo una linea di tendenza che stringe abbastanza regolarmente verso la
stima finale;
9 il feedback intervallare, verosimilmente poco eloquente per i rispondenti che
hanno scarsa familiarità con i numeri e troppo possibilista (in quanto
indicatore di variabilità) per chi non intende impegnarsi al massimo per
rispondere, può avere disorientato alcune componenti del panel. Le stime
ottenute dopo un feedback intervallare hanno manifestato una non ignorabile
tendenza alla fluttuazione;
9 il feedback intervallare ci pare pertanto suggeribile, in modo particolare, per
rilevare dati con il metodo Delphi nei casi in cui gli esperti sono affatto
consapevoli che l’intervallo di variazione condensa i concetti di centralità e
variabilità della distribuzione e sono sufficientemente motivati a dare il loro
apporto informativo alla rilevazione. Negli altri casi, il feedback puntuale
resta preferibile.
d)
Un altro argomento cruciale di feedback wording è la stima di
variazioni. Sulla rilevazione di previsioni occupazionali in Italia, l’Unioncamere
stima, intervistando gli imprenditori, i nuovi posti di lavoro nel breve-medio
periodo nelle imprese italiane (www.excelsior.unioncamere.net). Per ricerche
tramite esperti e per orizzonti temporali medi e lunghi, è appropriata, invece, la
stima di variazioni tendenziali. Nel nostro studio, abbiamo sperimentalmente
dimostrato che il quesito sulla variazione dell’occupazione è di difficile
comprensione per l’esperto che non abbia una mentalità matematica. Per
esempio, si immagini di essere al secondo round e di voler chiedere una nuova
previsione di occupazione. Il quesito può essere concepito secondo la seguente
traccia: “nella precedente rilevazione, il gruppo di esperti di cui lei fa parte ha
indicato che la stima è …. Di quanto ritiene che sia da cambiare la previsione?”.
Così posta, la stima riguarda la variazione di una variazione. È sconsigliabile
chiedere agli esperti di esprimere un valore di variazione che abbia a
denominatore la precedente variazione. Va chiesta, invece, una nuova stima,
indipendente dalla precedente. Oppure, come hanno fatto Fabbris et al. (2008a),
si può chiedere all’esperto la conferma della propria precedente previsione o la
volontà di cambiare la stima precedente, a cui seguirebbe la possibilità di
esprimere una stima indipendente. Purtroppo, non pochi rispondenti si
confondono nell’operare con variazioni, invece che con differenze, e fanno
riferimento al valore di feedback o alla propria stima precedente, anche se il
quesito recita esplicitamente di indicare una stima ex novo10. Anche la richiesta di
sequele di variazioni merita dunque un approfondimento metodologico ulteriore.
10
Per indicare il cambiamento da un precedente -5% al -10%, quand’anche si scriva di fare
riferimento alla percentuale di variazione rispetto alla data dell’indagine, esiste il rischio che il
rispondente indichi +200%.
Definire figure professionali tramite testimoni privilegiati
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Question Wording Experiments for Estimating Competencies
and Employment Rates of Professional Figures
with Delphi Procedures
Summary. In this paper we present the methodology and analysis of the responses
obtained in some experiments embedded in an on-line Delphi research on two panels
of human research (HR) directors and university professors. The experimental
questions concern the percent distribution of technical competencies and the
employment forecasts at one, three and six years onward of the professional figures
of HR management expert and HR improvement expert. The directors’ and
professors’ convergence implied three question-and-answer iterations. All
experiments, which are based on the comparison of two modes, aim at finding the
data collection criterion that minimizes the response error rate.
Keywords: Question wording; Feedback; Factorial experiment; Delphi method;
Professional figures.
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Stampato nel mese di ottobre 2008
presso la C.L.E.U.P. “Coop. Libraria Editrice Università di Padova” Sc
Tipografia, Redazione e Amm.ne: Via Belzoni, 118/3 - Padova - Tel. 0498753496
www.cleup.it