Ambasciata d’Italia presso la Santa Sede Pontificio Consiglio della Cultura VERSO UN’ECONOMIA PIÙ UMANA E GIUSTA Un nuovo paradigma economico inclusivo in un contesto di disuguaglianze crescenti. 21 Settembre 2016, ore 18.00 Palazzo Borromeo SINTESI DEI CONTENUTI Le disuguaglianze economiche e sociali rappresentano oggi una sfida di livello globale. Sebbene infatti la globalizzazione e la libera circolazione delle merci e dei capitali abbiano conosciuto negli ultimi anni una rapida espansione, spesso accompagnatasi a miglioramenti nelle condizioni di vita, l’ineguale distribuzione del benessere e delle ricchezze rischia di compromettere questi risultati e di minacciare i meccanismi di solidarietà all’interno dei singoli Paesi, così come la stabilità geopolitica degli scenari regionali ed internazionali. I miglioramenti nelle condizioni di lavoro e l’intensificarsi delle relazioni economiche ottenuti grazie alla globalizzazione hanno contribuito a migliorare l’accesso alle cure sanitarie e all’istruzione su vasta scala. In molti paesi l’aspettativa di vita media è cresciuta e redditi e i salari hanno spesso visto positivi adeguamenti grazie alla diffusione dei meccanismi e delle strutture di mercato. L’infittirsi dei flussi di informazione, grazie alle tecnologie informatiche, ha poi garantito una maggiore consapevolezza dei problemi su scala globale. Gli studi della UNDP rilevano che, a livello globale, tra il 1990 ed il 2015 il tasso di povertà delle famiglie è sceso di oltre due terzi e, in valore assoluto, il numero di persone che vivono al di sotto della soglia di estrema povertà è sceso da 1.9 miliardi a 836 milioni di persone; il tasso di mortalità infantile si è più che dimezzato; 2,6 miliardi di persone in più hanno avuto accesso a fonti d’acqua potabile nonostante la popolazione globale sia cresciuta da 5.3 a 7.3 miliardi. Tali conquiste non cancellano tuttavia la crescente iniquità nella distribuzione del benessere e delle risorse: come sottolinea infatti la stessa UNDP, quasi 800 milioni di persone nel mondo soffrono la fame e vivono con meno di due dollari al giorno; circa l’80% della popolazione globale ha diritto a solo il 6% delle cure sanitarie disponibili e più del 50% della ricchezza globale è posseduta dall’1% della popolazione. Osservando i dati relativi alle disuguaglianze, come ad esempio l’Indice di Gini fornito dalla Banca Mondiale paese per paese, si può scorgere poi la dimensione globale del problema: sia i Paesi ad alto reddito sia quelli a basso reddito risultano ugualmente vulnerabili ai problemi che le disuguaglianze possono causare. Tuttavia, gli aspetti più preoccupanti del fenomeno riguardano non tanto e non solo la presenza in sé di disuguaglianze. Queste infatti, soprattutto nel breve periodo, possono essere conseguenze del progresso e dello sviluppo: durante le fasi di crescita economica infatti non tutti si arricchiscono nello stesso momento, né tutti riescono ad avere accesso automaticamente alle stesse risorse divenute più remunerative. L’aspetto più rischioso del fenomeno è quindi rappresentato dal tipo di disuguaglianze che l’attuale sistema economico sta contribuendo ad alimentare. Negli anni più recenti infatti, come sottolineato da molti economisti, è cresciuta la percentuale del PIL che remunera il capitale, soprattutto finanziario, rispetto a quella che retribuisce i redditi da lavoro. Così, in un contesto come quello attuale, caratterizzato da incertezza e precarietà, il benessere di gran parte della popolazione e le prospettive di lavoro e di futuro, soprattutto dei più giovani, sembrano essere compromesse mentre la concentrazione delle disponibilità finanziarie nelle mani di pochi non sembra arrestarsi. Questa iniqua distribuzione delle ricchezze crea il rischio di un distacco e di una divergenza tra gli interessi dei mercati, delle piazze borsistiche e di grandi gruppi multinazionali, da una parte, e del resto del sistema economico-sociale, composto da imprese e lavoratori, dall’altra. Le disuguaglianze, unitamente agli impatti sul Welfare che le politiche di “austerità” e di ristrutturazione dei debiti pubblici hanno portato con sé, possono avere quindi forti ripercussioni sociali. Spesso infatti l’opinione pubblica non comprende come, di fronte ad economie sostanzialmente in crescita, i tassi di occupazione, soprattutto quella giovanile, possano essere stagnanti se non in diminuzione. La concentrazione del potere economico in una esigua cerchia, la percepita assenza di equità ed inclusione nel sistema economico, diventano così spinte per varie forme di populismo, di protesta, nonché di nazionalismo e protezionismo. Sono evidenti segnali di come le categorie che si sentono “perdenti” per via della globalizzazione, ovvero le più esposte ai processi di apertura e concorrenza propri del libero mercato, abbiano oggi intenzione di chiudersi ed isolarsi, con il conseguente espandersi di conflittualità sociali ed intergenerazionali. Appare quindi necessario definire rinnovati paradigmi economici, che garantiscano maggiore giustizia sociale e stabilità politica, insieme alla sostenibilità ambientale. È infatti importante notare anche che, laddove politiche e soluzioni efficaci contro povertà e disuguaglianze siano conosciute, queste stesse politiche diventano estremamente complesse da mettere in pratica per problemi di governance e di mancato coordinamento tra politiche economiche, sociali ed ambientali su scala globale.La presente sessione del “Cortile dei Gentili” intende stimolare una riflessione sulle crescenti disuguaglianze economiche e sociali in un’ottica che sia propositiva e concreta, fornendo, grazie ad un dibattito tra personalità di altissimo calibro, le basi per un’efficace azione in linea sia, tra l’altro, con la strada tracciata dalle Nazioni Unite con l’“Agenda 2030 per uno sviluppo sostenibile”, che fornisce gli obiettivi essenziali da raggiungere per uno sviluppo economico più attento in primis ai bisogni delle categorie più vulnerabili; sia con le encicliche “Caritas in Veritate” e “Laudato Sì” di Papa Francesco che si rivelano in questo contesto preziosi contribuiti al dibattito su un’“ecologia integrale” capace di rimettere l’essere umano al centro dei processi economici.