IDENTITA' E RUOLO DELL'ASSOCIAZIONISMO FAMILIARE NELLE SOCIETA' DOPOMODERNE Dall'autonomia dell'individuo all'autonomia delle relazioni sociali di Sandro Stanzani 1. Introduzione Le società occidentali moderne conoscono periodicamente fasi di crisi delle due istituzioni principali della quali si sono dotate per realizzare il loro progetto di autonomizzazione dell'individuo: lo Stato ed il mercato autoregolato. Ultimamente da più parti sono stati chiamati in causa i soggetti della società civile per far fronte alle difficoltà citate. Se si osserva il caso italiano osserviamo che nel corso degli anni '70 sull'onda della crisi delle politiche di sviluppo dei paesi del terzo mondo sono state chiamate in causa organizzazioni della società civile, le cosiddette ong, per avviare nuove politiche di cooperazione con i paesi in via di sviluppo. Nel corso degli anni '80 sull'onda della crisi dello stato sociale abbiamo assistito ad un grandissimo battage promozionale delle organizzazioni di volontariato. Mentre negli anni '90 in seguito alla crisi occupazionale molti hanno individuato nelle imprese sociali i soggetti n grado di favorire lo sviluppo di nuove forme occupazionali. Ma questa grande attenzione per la società civile e le organizzazioni cosiddette di privato sociale, terzo settore o nonprofit, come l'associazionismo sociale, il volontariato e la cooperazione sociale, quale scopo ha? Si tratta di un effettivo interesse? Il ruolo che esse sono chiamate a giocare è puramente strumentale e congiunturale o si riconosce un ruolo istituzionale destinato a durare nel tempo? Detto in altri termini si intende promuovere il privato sociale e l'associazionismo per tamponare temporaneamente una determinata problematica sociale in attesa di trovare delle soluzioni più articolate e definitive oppure c'è chiarezza sul ruolo strategico di queste nuove forme di agire sociale e si è disposti a lavorare per il riconoscimento di un loro ruolo statutario ed istituzionale. Insomma solo se sono chiare l'identità ed il ruolo che le associazioni, il terzo settore e la società civile in genere hanno nelle società occidentali che hanno raggiunto la fase matura della modernità è possibile pensare ad una loro promozione coerente in grado di risolvere alcuni dei fallimenti della istituzioni moderne per antonomasia: lo Stato ed il mercato. È alla riflessione intorno a questi argomenti che vorrei contribuire con queste pagine, ragionando sulle motivazioni di alcuni dei fallimenti del progetto della modernità (§. 2, 3), sulle caratteristiche specifiche del terzo settore (§ 4) e sulla configurazione che è chiamata ad assumere la nostra società se vuole fuoriuscire da situazioni di crisi per muovere un autentico benessere familiare ed individuale (§ 5, 6). 2. Riflessi sociali dello sviluppo della modernità La modernità ha innescato nelle società occidentali una serie di processi e di dinamiche, ancora ben presenti nell'epoca contemporanea, con le quali la sociologia deve fare i conti[1]. Dal punto di vista storico il concetto di modernità richiama quello di "epoca nuova", "età nuova". La scoperta del "Nuovo Mondo", il Rinascimento e la Riforma, nonché, successivamente, la rivoluzione industriale e la rivoluzione francese sono gli eventi che segnalano il passaggio ad un "tempo nuovo". La coscienza storica dell'età moderna[2] è dunque caratterizzata da un orientamento temporale sbilanciato verso il futuro e dall'idea che, non essendo più possibile attingere criteri di orientamento dalla tradizione del passato, la modernità deve attingere la propria normatività da se stessa. L'"epoca nuova" viene affidata esclusivamente a se stessa, ed il suo punto di riferimento temporale è l'attualità che consuma se stessa e va continuamente riprodotta a partire da se stessa. Sorge così il problema dell' auto-accertamento e della fondazione della modernità, che verrà risolto facendo riferimento ad una pluralità di concetti, tutti referentisi però alla riflessività e all'auto-normatività. La categoria centrale per il fondamento normativo del pensiero moderno è l'autonomia (l'auto-normatività) del soggetto. L'affermazione dell'autocoscienza e, conseguentemente, dell'auto-nomia individuale, è uno dei più importanti paradigmi distintivi della modernità. Nella relazione del soggetto con se stesso, nella sua auto-coscienza, si ritiene sia possibile trovare il fondamento normativo ultimo della modernità, definire una nuova e più appropriata concezione della ragione ed una migliore strutturazione della società. Si comprende pertanto come uno degli obiettivi di fondo della modernità sia quello di liberare le coscienze individuali dai vincoli della tradizione o dai vincoli posti da legami ascrittivi, perché esse possano liberamente esprimersi. Una delle implicazioni più importanti dal punto di vista sociologico è che la modernità si propone di conseguenza anche l'obiettivo della liberazione delle relazioni sociali dai vincoli ascrittivi, affinché l'individuo sia libero di dispiegare, nelle relazioni sociali, la propria soggettività. Col risultato finale di rendere pienamente autentiche, al tempo stesso, le soggettività dei singoli e le relazioni sociali. Le istituzioni sociali cui la prima modernità si è affidata per realizzare tale compito di liberazione sono in primo luogo l'economia di mercato e lo stato moderno. L'economia di mercato, svincolata dai controlli della società[3] e regolata dal codice del denaro, consente in effetti agli individui di entrare liberamente e volontariamente nelle transazioni che giudicano più interessanti. Mentre lo stato della prima modernità si pone come sistema di vincoli e di garanzie per la libera espressione degli individui. Dal punto di vista del sistema politico strettamente connessa allo sviluppo della modernità è anche l'istituzione della cittadinanza. Essa oppone al concetto pre-moderno di "suddito" quello di cittadino considerato titolare di diritti in quanto individuo autonomo. 3 Dai fattori di crisi della modernità verso una configurazione relazionale della società Negli ultimi decenni il concetto moderno di cittadinanza e la stessa idea della modernità hanno subito forti critiche e manifestano evidenti segni di crisi. Non è certo possibile in questa sede ripercorrere tutti i temi della crisi. Tuttavia per contestualizzare il discorso sono sufficienti alcune notazioni. 3.1. Crisi della cittadinanza moderna Sono molti gli autori che hanno sottolineato i limiti dell'idea moderna della cittadinanza[4]. Concepita come temperamento delle spinte disegualitarie del mercato[5] o meglio combinazione delle istanze di libertà ed uguaglianza delle opportunità di espressione della soggettività individuale, la cittadinanza moderna si caratterizza, secondo alcuni[6], come una serie di intitolazioni a diritti che permette il dispiegamento della modernità. In altre parole alcuni concepiscono la cittadinanza moderna come la dinamica di ampliamento delle possibilità di scelta degli individui nel campo degli approvvigionamenti dei beni nel sistema economico di mercato. In sostanza dunque essa può essere vista come istituto politico complementare al sistema di mercato e perfettamente omogeneo con il progetto della modernità di una promozione dell'autonomia dell'individuo. La quale passa anche attraverso un aumento della facoltà di disporre di beni sul mercato e della conseguente inclusione del maggior numero di individui nel sistema sociale. Nella società contemporanea un tale modello di cittadinanza si sposa con una affermazione dei diritti sociali e del relativo sviluppo del welfare state. Ma, come da più parti si è osservato[7], una tale concezione del complesso della cittadinanza presenta segni di crisi. In effetti essendo fortemente centrata sull'individuo, la cittadinanza è oggi per lo più considerata una formula o una tecnica per evitare le incertezze della vita, una sorta di sistema immunitario per resistere alle invasioni ambientali. Insomma oggi in genere ci si chiama cittadini quando si avverte un'esigenza alla quale si vuole trovare risposta o un rischio dal quale ci si vuole proteggere[8]. Così concepita la cittadinanza moderna presenta una serie di problemi e di effetti perversi. In primo luogo risulta che il complesso moderno della cittadinanza, mentre è inteso a promuovere la libertà e l'autonomia degli individui, finisce con il produrre forme di passivizzazione dei singoli e di dipendenza nei confronti del sistema statale di garanzie. In secondo luogo si osserva un utilizzo del complesso di cittadinanza per realizzare forme di esclusione degli individui dai complessi di garanzie, come accade oggi per i cittadini extracomunitari. In questi casi la cittadinanza finisce per entrare in conflitto con una serie di diritti emergenti nelle società contemporanee, il cui statuto è in via di definizione e che comunque hanno a che vedere con i diritti cosmopolitici[9], i diritti ecologici e con i diritti umani[10]. Accanto a tale conflitto si possono osservare anche certi effetti perversi dell'azione di istituzioni connesse alla cittadinanza come il welfare state. Il quale pur tentando di includere gli individui nel sistema di garanzie si scontra con una incapacità di inclusione. Ovvero con l'impossibilità di raggiungere certi cittadini aventi diritto ai servizi, ma anche con forme di autoesclusione di alcuni cittadini particolarmente poveri. Quindi, in sostanza, pur essendo orientato all'inclusione, il complesso della cittadinanza moderna genera anche esclusione o autoesclusione. Visti tali problemi, si è indotti a ritenere che il complesso moderno della cittadinanza sia soggetto a limiti strutturali. Tra questi il fatto che non esistano alternative ad una concettualizzazione diadica della società moderna che non riesce ad uscire dalla polarizzazione tra libertà e eguaglianza, tra mercato e stato, tra sfera pubblica e sfera privata, tra cittadino e stato. 3.2. Crisi del progetto moderno di autonomizzazione dell’individuo Non è esente da limiti e da problemi, nemmeno una delle categorie centrali della modernità: l'autonomia del soggetto. Il pensiero filosofico moderno, mentre veniva affermando e chiarendo la propria scoperta della soggettività e della ragione, come frutto dell'autocoscienza del soggetto e mentre si apprestava a definire i fondamenti normativi dell'autocoscienza, al tempo stesso metteva in luce i limiti di una filosofia del soggetto. Il limite più significativo che viene evidenziato da tutto il "discorso filosofico della modernità"[11] è costituito dal fatto che il soggetto che si riferisce a se stesso acquista l'autocoscienza solo a prezzo di una oggettivazione della natura esterna e della sua stessa natura interna. L'oggettivazione della natura può offrire un fondamento di normatività e spiegare il concetto moderno di ragione, tuttavia finisce anche per rendere il soggetto (che nel proprio conoscere e nel proprio agire deve sempre riferirsi ad oggetti) impenetrabile e dipendente anche in quegli atti che dovrebbero garantire la sua supposta autonomia. L'accusa che il pensiero filosofico, pur nella multiformità delle posizioni e delle espressioni, porta alla modernità è rivolta in primo luogo alla ragione, fondata sul principio della soggettività autonoma. Essa sostiene che nonostante tutti i tentativi di superamento dei vincoli della tradizione o della metafisica, e nonostante gli sforzi compiuti per un distacco dalle forme di credenza o per un disincantamento nei confronti delle immagini mitiche del mondo, la ragione finisce con il proporre una nuova forma di dominio, ancor più forte ed inattaccabile dei precedenti, una volontà di potenza, una gabbia d'acciaio che mette in discussione l'autonomia del soggetto. Il soggetto autocosciente, auto-nomo, fondatore della ragione, è costretto a sacrificare la propria autonomia sull'altare della sua creatura: la ragione appunto. Anche dal punto di vista sociologico l'esaltazione moderna dell'autonomia individuale è gravida di effetti perversi. In primo luogo, banalmente, l'affermazione dell'autonomia individuale porta ad una perdita di normatività del sociale che genera problemi di estraneazione della persona umana. In secondo luogo l'autonomia individuale genera problemi di natura psico-sociale in gran parte insolubili, in quanto fondati su paradossi auto-referenziali. In particolare il paradosso fondamentale è costituito dalla proposta della modernità di concepire la formazione dell'identità individuale sulla base della differenza rispetto agli altri. Il concetto di identità che ne scaturisce finisce con il negare una delle componenti psicologiche imprescindibili del processo di individuazione: l'appartenenza. Infatti, se l'identità, come è generalmente riconosciuto, è fondata sulla combinazione dei processi psicologici: i) dell'identificazione (con un complesso di simboli, con un'entità collettiva o con un altro individuo) e ii) di una successiva differenziazione ed individuazione, la proposta dell'identità auto-noma moderna finisce con il negare appunto la componente dell'identificazione e dell'appartenenza, introducendo una paradossalità logica (l'identità che si fonda esclusivamente sulla differenza) alla quale il pensiero auto-referenziale ci ha già da tempo abituati. Al tempo stesso, come abbiamo già notato precedentemente, dal punto di vista della struttura sociale, l'affermazione dell'autonomia individuale ha dato luogo ad una conformazione del sistema sociale che polarizza le relazioni sociali attorno alla coppia individuo autonomo-potere politico. Tale polarizzazione comporta però, tra l'altro, forme di accentramento del potere, di burocratizzazione delle relazioni lavorative e di servizio, di standardizzazione culturale e, in sostanza, di dipendenza della persona nei confronti del sistema politico-economico. Di fronte a tali problematiche, di cui abbiamo dato solo un brevissimo saggio, risultano giustificati gli orientamenti ad un superamento della modernità ed al suo progetto di affermazione dell'autonomia dell'individuo. La teoria sociologica contemporanea si è orientata decisamente in questa direzione, anche se come è noto con esiti molto diversi. In quanto da un lato vi è chi propone di abbandonare completamente il tema dell’autonomia individuale nella società. Questo filone di studi sociologici, riferentesi al neo-funzionalismo sistemico, ritiene che per promuovere effettivamente l’autonomia dell’individuo lo si debba considerare come un sistema radicalmente diverso rispetto al sistema sociale ed esterno a quest’ultimo. Entrambi i sistemi funzionerebbero secondo processi riflessivi autonomi radicalmente distinti. Per promuovere l’autonomia individuale occorrerebbe dunque considerare l’individuo come ambiente della società. Quest’ultima a costituisce anch’essa un sistema autonomo autoreferenziale, che funziona adeguatamente proprio in quanto autorefrenziale e non dipendente dai soggetti. Vi è invece un recente approccio sociologico che concentrandosi sulla relazione sociale costruisce un ponte tra l’autonomia individuale ed il legame sociale, tra libertà ed appartenenza. Secondo questo filone la modernità potrebbe fuoriuscire da alcuni dei paradossi e delle crisi, che sta attraversando, passando dal progetto di autonomizzazione dell’individuo a quello dell’autonomia delle relazioni sociali, che combinano autonomia individuale e appartenenza. Per quanto riguarda infatti il tema dell'autonomia la prospettiva relazionale ritiene che non è possibile promuovere l'autonomia della persona e solo di conseguenza una liberazione delle relazioni sociali. Così facendo si incorrerebbe nei paradossi precedentemente menzionati. In chiave relazionale autonomia delle persone ed autonomia delle relazioni vanno di pari passo, non si può dare l'una senza l'altra, non se ne può promuovere una trascurando l'altra. Un tale proposizione teorica è gravida di conseguenze sul piano sociologico. In quanto pone il problema di come sia possibile nelle società contemporanee promuovere l'autonomia delle relazioni sociali. Oppure il problema di quale modello di differenziazione sociale renda possibile individuare luoghi di relazioni sociali autonome. Più precisamente il paradigma relazionale contempla un modello di differenziazione sociale che include meglio di altri l’associazionismo ed il privato sociale in genere. Come si può vedere, in sociologia il superamento dei limiti della modernità, oltre alle forti implicazioni teoriche, ha delle conseguenze anche dal punto di vista della differenziazione e della configurazione della struttura sociale. In sintesi dunque, nell'ottica relazionale, per quanto riguarda la prospettiva di un superamento della modernità, risultano giustificate le recenti proposte di una diversa configurazione del sociale che concepisca una strutturazione della società più articolata di quella centrata sulle coppie pubblicoprivato, stato-mercato, individuo-sistema, individuo-mercato, individuo-stato, etc. In particolare sembra maggiormente adeguata la recente configurazione del sociale suddiviso in quattro settori: stato, mercato, terzo settore e reti primarie. 4. Associazionismo, terzo settore e la configurazione relazionale della società dopomoderna Una concezione della società fondata sulla relazione sociale impone di considerare la differenziazione sociale come un processo che non dà luogo a distinzioni nette e a separazioni reciproche tra comunità e società, pubblico e privato, sistema e ambiente, sistema e mondo vitale. Anche una teoria relazionale del terzo settore deve costituire una applicazione di questo principio. Essa consente di osservare come le relazioni tra comunità e società, pubblico e privato, mondo vitale e sistema, non siano di necessità reciprocamente escludentisi, né reciprocamente colonizzantisi. Una tale prospettiva sociologica richiede di considerare la società come riorganizzantesi attorno a quattro poli, i quali, differenziandosi secondo proprie distinzioni, si relazionano vicendevolmente, dando vita a forme miste di vario genere. Ci riferiamo ai quattro poli: - del mercato, costituito prevalentemente dalle imprese che agiscono in base al profitto; esso si distingue e si organizza in base al mezzo simbolico del denaro, caratterizzato da una particolare sottolineatura degli aspetti della libera intenzionalità dell'individuo nelle relazioni sociali, ovvero dell'interdipendenza, che lascia i singoli individui reciprocamente liberi di scegliere, in base all'utilità individuale, se divenire partner di una relazione, la quale il più delle volte dura solo il tempo di uno scambio; - dello stato, che si distingue per l'uso e la rigenerazione dei mezzi simbolici del potere politico e del diritto; quest'ultimo sottolinea e regola gli aspetti della libera intenzionalità dell'individuo nelle relazioni sociali, cioè quegli aspetti di indipendenza che lasciano reciprocamente liberi i singoli di scegliere se legarsi contrattualmente e divenire partner di una relazione, la quale può in un momento successivo consensualmente essere negata (come accade oggi al matrimonio inteso come contratto; mentre il potere politico sottolinea gli aspetti di vincolo strutturale e talvolta ascrittivo[12] della relazione sociale; ed in particolare nella forma del welfare state ha elaborato una mediazione tra ascrittività e redistribuzione, dando vita a forme di reciprocità asimmetrica della relazione sociale; - del terzo settore, costituito dalle organizzazioni autonome non di profitto, che utilizza media simbolici pro-sociali, come la solidarietà ed altri ancora mutuati in parte dalle reti primarie, caratterizzati da una particolare sottolineatura degli aspetti di reciprocità simmetrica, o di legame reciproco e personalizzato delle relazioni sociali secondarie; - delle reti primarie, cioè la famiglia, la parentela, il vicinato, i gruppi amicali, che utilizzano e riproducono media come il dono e lo scambio simbolico, i quali sottolineano una combinazione (che dal punto di vista logico può apparire paradossale, ma non da quello di una logica relazionale) degli aspetti della libera espressione dell'intenzionalità soggettiva e del legame reciproco e personalizzato (simmetrico o asimmetrico che sia). Ne scaturisce uno schema di differenziazione della società quadripolare, passibile di ulteriori differenziazioni, nel quale i singoli settori della società, ridefinendo di volta in volta i loro confini, combinano in modo originale i diversi mezzi simbolici, dando vita a forme di relazione sociale, istituzionalizzate e non, dagli aspetti multiformi e particolari. Un tale approccio relazionale consente di andare oltre la concezione dicotomica pubblicoprivato, comunità-società, etc., e di osservare i fenomeni sociali come relazioni sociali nelle quali sono combinati in modi diversi i codici simbolici caratterizzanti i diversi settori della società. Pertanto in sostanza il settore dell’associazionismo può essere definito ed osservato come l'insieme di diverse forme di rel-azioni collettive secondarie che hanno la caratteristica di sottolineare e porre l'accento su di una particolare dimensione della relazione sociale: l'effetto di reciprocità o di legame, attraverso l'istituzionalizzazione di mezzi simbolici generalizzati quali la reciprocità, la solidarietà, il dono, etc. Quindi, mentre da un lato il sistema economico mette in rilievo le componenti di complementarità delle relazioni sociali (effetto di "A" su "B" e di "B" su "A") e lo stato gli aspetti di simmetria (i diritti di "A" sono doveri per "B" e viceversa), nonché gli aspetti simbiotici, che dalla complementarità e dalla simmetria possono derivare (totale dipendenza di "A" da "B" o viceversa), sottolineati peraltro anche da certe visioni delle relazioni intime, il terzo settore invece sottolinea ed istituzionalizza in forme particolari gli aspetti di reciprocità e di legame reciproco (non quindi di dipendenza simbiotica)[13] delle relazioni sociali. Per meglio comprendere le precedenti affermazioni può essere utile riferirsi allo schema riportato nella tabella 1. Tipo di relazioni Effetto di reciprocità Forte Debole Secondarie Associazionismo Terzo settore Stato e Mercato Primarie Famiglie Reti informali Interazioni faccia a faccia più casuali I due elementi discriminanti per definire lo specifico del settore associativo sono la consistenza dell'effetto di reciprocità ed il tipo di relazioni (primarie/secondarie). La tabella 1 colloca lo stato ed il mercato nella casella delle relazioni secondarie non caratterizzate da un forte effetto di reciprocità. Quest'ultimo è invece presente nelle relazioni sociali che si realizzano all'interno del settore associativo. Lo stesso effetto di reciprocità è forte anche nelle relazioni delle reti sociali primarie, ma in questo caso le relazioni sono appunto di tipo primario come accade ad esempio nelle famiglie. Esistono poi anche forme di relazioni primarie in cui non è forte l'effetto di reciprocità, come nel caso delle relazioni faccia a faccia casuali della vita quotidiana. 5. Il ruolo e l’identità dell’associazionismo e delle famiglie A seguito delle precedenti argomentazioni, quali considerazioni si possono trarre in specifico per ciò che riguarda la famiglia ed il settore associativo nelle società contemporanee? La modernità giustamente impegnata nel processo di autonomizzazione del’individuo pare avere perso per strada la dimensione della reciprocità e del legame sociale che al pari dell’autonomia individuale è elemento costitutivo imprescindibile delle relazioni sociali[14]. Ciò ha contribuito a considerare marginali e residuali i contesti di azione sociale che maggiormente utilizzano i codici della reciprocità e della solidarietà come la famiglia e il settore associativo. Ma giunta ad una fase matura del suo sviluppo la modernità incontra una serie di fallimenti e di crisi, riconducibili alla scarsa rilevanza affidata alle dimensioni reciprocitarie e di legame delle relazioni sociali. Pertanto è auspicabile che nel loro processo di sviluppo le società occidentali moderne modifichino il tiro del loro progetto e si volgano a promuovere l’autonomia delle sfere di relazione sociale. Ciò significa che occorre riconoscere alle famiglie e alle varie forme associative private, che non agiscono per profitto (mercato) o su comando (stato), un ruolo istituzionale forte, pari a quello riconosciuto al mercato e allo stato. Ciò vuol dire pensare di elaborare un insieme di diritti delle sfere di relazione reciprocitarie, un diritto sociale non individualistico né dipendente dal sistema pubblico, ma un diritto che riconosca appunto l’autonomia delle sfere di relazione reciprocitarie. Un’autonomia che deve essere intesa in senso relazionale e non autoreferenziale. Ciò significa che il diritto deve essere in grado di riconoscere l’identità specifica delle sfere di relazione reciprocitarie, che consiste nella loro capacità accentuazione della dimensione di legame delle relazioni sociali. In sintesi se dovessimo individuare l’identità ed il ruolo delle associazioni sociali e delle organizzazioni di terzo settore/privato sociale, diremmo che l’identità specifica consiste appunto nell’accentuazione della dimensione della reciprocità delle relazioni sociali, ed in virtù di questo tratto specifico esse dovrebbero essere chiamate nella società dopomoderna a svolgere istituzionalmente un ruolo di diffusione di messa in circolo all’interno del contesto societario più esteso una semantica ed una cultura della relazione come appartenenza, contribuendo così, assieme alle istituzioni che maggiormente sottolineano gli aspetti di autonomia delle relazioni come il mercato e lo stato, a promuovere entrambe le componenti della relazione sociale a tutto vantaggio dell’intera società che essendo costituita di relazioni sociali necessita di un preciso riconoscimento simbolico culturale e di un sostegno istituzionale di entrambe le dimensioni della relazione stessa. 6. Indicazioni operative per un welfare di comunità orientato alla famiglia Dall’analisi effettuata quali ulteriori operative possiamo formulare in vista della costruzione di un nuovo sistema di welfare che sappia riconoscere il ruolo essenziale che sono chiamate a svolgere nelle società contemporanee le famiglie e le forme di privato sociale? Dalla sociologia relazionale abbiamo appreso che nelle società contemporanee assistiamo ad un fenomeno, per certi versi paradossale di produzione e moltiplicazione delle relazioni sociali da un lato e di incapacità del sistema culturale e delle istituzioni di vedere, interpretare e produrre relazioni sociali concrete. Le relazioni sociali sembrano farsi più astratte, sino a trasformarsi in relazioni formali[15]. Ora però bisogna tenere presente che le persone divengono tali solo attraverso relazioni, solo se fanno esperienza di relazioni sociali concrete, pertanto la prima indicazione concreta che si può dare riguarda l'importanza di produrre relazioni sociali. Nel quadro teorico offerto dalla sociologia relazionale, proposta in Italia da Donati, è formulato il principio secondo il quale nelle relazioni sociali sono sempre e comunque presenti due componenti analitiche, una dimensione di intenzionalità soggettiva ed una dimensione di legame. In ogni relazione sociale: 1- il soggetto mette qualcosa di sé, della sua intenzionalità, delle sue motivazioni, della sua volontà e affettività; 2- e si trova di fronte a legami, a vincoli che sono posti da altri, dagli interlocutori, dalla loro prospettiva, dalla loro intenzionalità, etc. Perché esista una relazione sociale occorre che vi sia un riconoscimento reciproco tra i partner, tale riconoscimento dipende dall'intenzionalità dei due ed è per entrambi un vincolo. Ed inoltre ogni intenzionalità individuale è frutto di relazioni sociali precedenti quella che viene attualmente realizzata o negata. Ogni relazione è una combinazione con dosi diverse delle due componenti precedenti. Nell'ambito dei servizi sociali pubblici le relazioni sociali coinvolgono certamente le intenzionalità dei partner, ma vorremmo attirare l'attenzione sul fatto che i vincoli reciproci tra i due (cittadino-istituzione di servizio) sono prevalentemente vincoli di cittadinanza codificati giuridicamente, quindi si tratta di un vincolo e di un riconoscimento reciproco che lascia moltissimi spazi di libertà al singolo cittadino, nel senso che non lo impegna nella relazione. Ciò accade perché come già abbiamo osservato il diritto è impostato in base a paradigmi culturali e a codici simbolico normativi orientati, giustamente, a salvaguardare le libertà dei singoli. Le relazioni sociali di servizio che si realizzano nel privato sociale contengono prevalentemente una forma di vincolo reciproco di natura diversa, il quale ha maggiormente a che fare con codici simbolico normativi prevalentemente connessi al sistema culturale, che non alle istituzioni giuridiche, più precisamente si tratta di codici come la reciprocità e la solidarietà. in grado di generare legami sociali, in un certo senso, più "stretti". Quale ruolo affidiamo dunque ai servizi pubblici e alle istituzioni di privato sociale per la costruzione di un nuovo sistema di welfare che esca dai paradossi e dalle crisi della modernità? Quello di generare relazioni sociali sensate caratterizzate da un mix equilibrato di intenzionalità soggettiva e legame intersoggettivo; perché, così facendo, contribuiscono a che l'intera società riconosca e promuova la relazione sociale famiglia. Come è possibile promuovere relazioni sociali facendo in modo che esse contengano un mix equilibrato di libertà intenzionale e di legame? In particolare il privato sociale dovrebbe essere attento nel consolidare relazioni, legami e scambi reciproci tra le persone che contribuiscono alla sua costituzione e tra queste e coloro che sono utenti delle iniziative di terzo settore. Esso dovrebbe cioè "generare" relazioni che sottolineano maggiormente rispetto ad altri settori della società, la componente di vincolo reciproco contenuta nelle relazioni sociali. Questa dovrebbe essere la preoccupazione principale degli operatori del terzo settore. Se si vuole, in un certo senso il "segreto", la "tecnica arcana" che proponiamo sta proprio in questo. Ma si tratta di una tecnica astratta, che non contempla procedure precise e che si affida alla capacità di lettura e di interpretazione che ne possono dare i soggetti che la applicano. Da questo punto di vista essa è al contempo un "segreto di Pulcinella" o un "uovo di Colombo" ed un arte sopraffina. Tuttavia dopo queste difficili e complesse considerazioni sociologiche che costituiscono comunque il centro del messaggio che lancio come sintesi del contributo, passiamo a tentare qualche applicazione operativa dei principi. Quali proposte fare perché la famiglia sia più famiglia e perché il settore associativo ed il privato sociale nel complesso sia maggiormente capace di "vedere" la famiglia come relazione sociale? 6.1. Orientamenti di azione e proposte concrete per il terzo settore familiare[16]. Esiste certamente oggigiorno nella società italiana l'esigenza di una presa di coscienza da parte delle famiglie della rilevanza del loro ruolo sociale. Ed a questo scopo sarebbe opportuno che le famiglie si organizzassero per divenire "controparte" del sistema politico. Tuttavia tale ruolo di controparte non può essere svolto secondo criteri di una generica protesta o di mera pressione sul sistema pubblico perché promuova i diritti delle famiglie. E' importante invece che siano le famiglie stesse a riflettere sui loro bisogni e ad elaborare nuovi diritti della famiglia proponendoli e sostenendoli presso il sistema pubblico. L'associazionismo familiare risulta essere certamente uno strumento strategico importante in questa direzione. Poiché le associazioni familiari, in quanto luoghi in cui la società eccede se stessa[17], possono essere un valido strumento nella linea di azione descritta. Essendo sorte a partire dalle relazioni familiari ed intervenendo su di esse, le associazioni familiari da un lato possono essere contesti attraverso i quali la società "inventa" nuove modalità di pensare se stessa e di pensare alla famiglia. Dall'altro esse possono offrire l'opportunità di elaborare nuovi modi di essere famiglia, nonché nuove possibilità di tenere in considerazione, e di coinvolgere la famiglia nell'offerta e nella gestione dei servizi. Le famiglie nel contesto associativo hanno modo di parlare della loro situazione di famiglia e di prendere coscienza dei loro compiti e dei loro problemi. Dunque le associazioni (o altri soggetti di privato sociale come le cooperative sociali) divengono il luogo ove si realizza un particolare mix, tra le dimensioni privata e pubblica dell'esistenza, dagli effetti particolarmente positivi sulle famiglie. Sono contesti ove avviene la traduzione di istanze private in istanze pubbliche, ove si prende coscienza della rilevanza pubblica di istanze private. Proprio questo processo di traduzione consente alle famiglie di elaborare un nuovo e più consapevole senso del loro essere famiglia, e dei problemi che si trovano ad affrontare. Le istanze e i problemi della vita familiare se messi a confronto con quelli delle altre famiglie e proiettati in una sfera pubblica cambiano la loro connotazione, si trasformano. Ciò ha come conseguenza un effetto di rafforzamento della famiglia stessa. In una ricerca sull'associazionismo familiare condotta sotto la direzione del prof. Donati alcuni membri delle associazioni sostenevano: "... (l'esperienza associativa n.d.r.) ha aiutato la famiglia ad essere più famiglia, certi l'hanno anche dichiarato esplicitamente; (...) l'esperienza associativa è (n.d.r.) come un aiuto a capire (...) un'esperienza (...) In fondo c'è un livello di comunicazioni che sicuramente aiuta direi ad andare un po' sotto la crosta di una superficialità di vita familiare e quindi a vivere meglio...". "Il solo verificare che la crisi mia, non è mia, ma di tutte le famiglie, già mi porta alla normalità. (...)". "La famiglia sente la solidarietà, non si sente abbandonata. Parliamo molto tra di noi. ..". "... attraverso la solidarietà e l'amicizia senz'altro ci siamo aiutati tutti ad essere più famiglie, con l'esempio dell'uno e dell'altro ci siamo aiutati molto ad essere più famiglie..." Come si vede, l'associazionismo familiare risulta essere un importante fattore di input per la famiglia: aiuta la famiglia ad essere più famiglia, ed al tempo stesso la famiglia è una forma di input per il privato sociale. Per quanto riguarda l'associazionismo familiare va rilevato che, nonostante il processo di sviluppo realizzatosi negli ultimi 10 anni nel paese, rimane comunque opportuno favorire la nascita e lo sviluppo di nuove agenzie di privato sociale (associazioni e cooperative sociali) che siano promosse direttamente dalle famiglie e/o si rivolgano specificamente alle famiglie. A) Potrebbero essere associazioni di advocacy, cioè di elaborazione e di promozione dei diritti della famiglia. B) Ma anche associazioni e/o cooperative costituite da famiglie che si propongono di affrontare e dare risposta a problemi familiari (problemi legati alle relazioni familiari, problemi educativi, handicap, tossicodipendenza, anziani etc.). L'imprenditorialità sociale della famiglia che si realizza in tali esperienze ha una duplice funzione: a) promuovere una relazionalità più adeguata tra famiglie e servizi sociali e soprattutto b) elaborare forme di servizi più adeguate alle esigenze delle famiglie stesse. Nella ricerca sull'associazionismo familiare appena citata un dirigente rilevava che: "... i genitori si sentono in gran parte garantiti anche dal fatto che è un'associazione fatta da loro, (...) adesso, non so, nei servizi pubblici i genitori non hanno molto spazio, l'utente è la persona punto e basta e la famiglia viene esclusa in qualche modo, mentre la famiglia sente il bisogno di partecipare alla cosa; penso che (nell'associazione ndr) succede qualcosa del genere, trovano un loro spazio in questo...". Ma quali caratteristiche dovrebbero avere tali esperienze di terzo settore? Innanzitutto è essenziale che le associazioni (o cooperative) familiari siano effettivamente associazioni familiari. Può sembrare un gioco di parole od una tautologia, ma non lo è in quanto può capitare di incontrare associazioni (o cooperative) che abbiano smarrito la loro identità, nel senso che come rileva Donati "hanno delegato molti compiti ad altri (per esempio i politici) che non li hanno compresi e trattati adeguatamente"[18]. Occorre dunque che le associazioni non perdano la loro autonomia e la loro identità magari nell'obbiettivo di ottenere maggiori protezioni tutele ed aiuti dallo stato o da altri enti. Inoltre "Per essere familiare un'associazione deve sorgere da problemi inerenti ai rapporti di coppia e/o a quelli fra genitori e figli, e deve, per il suo agire, essere riferita a quelli"[19], inoltre in quanto specificamente familiare un’associazione deve riprendere ed estendere valori e mezzi comunicativi propri delle famiglie, in particolare l'orientamento alla persona come persona[20], la regola della reciprocità ed il medium della solidarietà[21]. Le realtà di privato sociale "familiare" dovrebbero affrontare i problemi familiari con il maggior grado di relazionalità possibile. Cioè dovrebbero rafforzare e fare leva sulle relazioni interpersonali tra famiglie. Esperienze molto significative ma non molto frequenti sono i cosiddetti gruppi di mutuo-aiuto che raccolgono famiglie aventi uno stesso problema sociale le quali, eventualmente anche con l'aiuto di operatori, riflettono e si sostengono a vicenda per affrontare il problema al quale si trovano di fronte. Il privato sociale anche quello non strettamente familiare si potrebbe occupare di favorire la nascita di esperienze di mutuo aiuto. Infine per quello che riguarda le realtà di privato sociale che non si occupano direttamente di famiglia e che offrono servizi a categorie svantaggiate sarebbe opportuno sia per un adeguato approccio ai problemi sociali che si trovano ad affrontare che essi facessero quanto più possibile attenzione alle reti di relazioni in cui l'utente si trova inserito, elaborando i loro progetti secondo la filosofia dell'intervento di rete e di community care. Quale criteri di azione utilizzare per rispettare in pieno la peculiarità delle agenzie di privato sociale, in particolare di quelle familiari[22]? Tali agenzie dovrebbero: - nascere dalle famiglie; - operare direttamente sulle famiglie quali luoghi di mediazione tra i sessi e le generazioni; - fare uso della regola della reciprocità e del codice comunicativo della solidarietà; - avere una propria autonomia sia nell'atto della costituzione che nei processi interni; - disporre di una piena libertà d'azione in quanto correlato di responsabilità; - essere caratterizzate da uno stile relazionale capace di interazioni vitali. 6.2. Considerazioni per una corretta relazione tra privato sociale e sistema pubblico dei servizi in tema di famiglia. Venendo al rapporto tra privato sociale e sistema pubblico dei servizi, occorre tenere presente, in modo quasi speculare ai ragionamenti che siamo venuti facendo nel punto precedente (6.1), che il sistema pubblico può sostenere e promuovere la famiglia solo dall'esterno. Esso non è in grado di produrre da solo la famiglia, né di produrre più famiglia. Solo la famiglia od eventualmente le associazioni di famiglie possono produrre più famiglia. Tenuto conto di tale schema concettuale di riferimento quali suggerimenti è possibile offrire? In buona sostanza è indispensabile che il pubblico, nel mettersi al servizio della famiglia o del terzo settore familiare, non tenti di produrre in prima persona più famiglia, non speri di fare del servizio una grande famiglia o che sia possibile far partecipare direttamente le famiglie tutte le famiglie alla gestione ed alla promozione del servizio. Esiste una certa refrattarietà delle famiglie a porsi in relazione ai codici di comunicazione propri del sistema pubblico: diritto e denaro. La famiglia utilizza altri codici e attualmente già fatica a riconoscerli e ad utilizzarli e tuttavia li può gestire ed elaborare solo autonomamente in relazione con altre famiglie. Pertanto il pubblico dovrebbe proporsi quale promotore esterno della famiglia e delle reti sociali primarie e secondarie di terzo settore. Queste ultime a loro volta possono essere promotrici della famiglia. In secondo luogo ed in conseguenza di quanto detto sopra il sistema politico locale dovrebbe sensibilizzarsi a "vedere" la famiglia, a tenerne presente la specificità e la "alterità" e tenerla presente nelle proprie attività considerando quali riflessi diretti e soprattutto indiretti la propria azione potrebbe avere su di un sistema di relazioni così diverso. Dovrebbe poi prendere coscienza e tenere presente la rilevanza per l'intera società locale sostenere per quanto possibile processi di maturazione nell'ambito delle famiglie stesse di una coscienza della rilevanza del loro ruolo sociale. Quali dunque le proposte operative concrete? 1. In primo luogo un'iniziativa interessante potrebbe essere quella di organizzare un'istruttoria pubblica sulla famiglia, alla quale invitare tutte le iniziative di privato sociale a presentare valutazioni, consigli e progetti di intervento intorno al tema della famiglia negli enti locali. Il promotore più adeguato di una tale iniziativa dovrebbe essere l'amministrazione comunale locale, che, convocando, ascoltando e valutando le proposte del privato sociale, potrebbe decidere di accoglierne alcune e farsi essa stessa sostenitrice o promotrice di queste. Tuttavia nulla toglie che l'iniziativa possa essere promossa anche da altri soggetti sociali, come la diocesi o i consorzi delle cooperative sociali o la consulta per il volontariato. 2. Istituire un organismi consultivi composti da esponenti dell'associazionismo familiare chiamati ad esprimere parere sui provvedimenti dell'ente locale riguardanti la famiglia. 3. Sostenere e privilegiare le iniziative di privato sociale che coinvolgono la famiglia come soggetto attivo (associazioni o cooperative di famiglie) o come utente delle attività di informazione, formazione, sevizio, etc. 4. Privilegiare, a parità di altre condizioni, negli appalti pubblici per l'erogazione di servizi sociali quegli organismi di terzo settore che possiedono un curriculum formativo improntato alla strategia di rete e alla community care. 5. Promuovere corsi di formazione per operatori sociali che prevedano lezioni di metodologia di intervento di rete e di community care. 6. Incentivare lo sviluppo di forme flessibili di servizio alle persone, servizi di sollievo per famiglie che hanno compiti di cura gravosi nei confronti di membri non autosufficienti, sviluppare la rete dei servizi diurni, favorire lo sviluppo di reti di cura tramite forme di affido dei minori e degli anziani. -------------------[1] Il pensiero sociologico classico ha trattato il tema della modernità concependola come un processo di distacco dalle tradizioni culturali e come l'affermarsi di una forma di razionalità orientata allo scopo (Weber, ma anche Tonnies e Durkheim). Da categoria storico culturale, la modernità è stata configurata in sociologia come un complesso di processi ben precisi, e defnita appunto processo di modernizzazione. Tra questi: la formazione del capitale, la mobilitazione delle risorse e delle forze produttive, l'incremento della produttività del lavoro, l'affermarsi dei poteri politici centrali, la formazione degli stati nazionali, l'estensione dei diritti di partecipazione politica, l'affermarsi di forma di vita urbane, l'educazione scolastica formale, la secolarizzazione dei valori, etc. [2] Gli argomenti del discorso storico filosofico della modernità qui presentati si rifanno ad una letteratura recente, in particolare al lavoro di Habermas (1981). [3] L'antropologia culturale e la storia economica hanno messo bene in evidenza come l'economia di mercato dipendesse nelle epoche pre-moderne dai controlli della società. Nelle civiltà arcaiche tale controllo era chiaramente evidenziato da forme rituali che accompagnavano lo svolgimento dei mercati. Ad esempio alcune società tenevano il mercato in giorni stabiliti, altre imponevano addirittura dei riti di abluzione alle persone che partecipavano al mercato. Tutto ciò per segnalare l'esistenza di una separazione tra il mercato e le regole di transazione da esso utilizzate e la società nella quale vigevano diverse norme di relazione. [4] La letteratura sulla crisi della cittadinanza moderna è oramai molto vasta, cfr. ad esempio Zolo 1992, Barbalet 1988, Veca 1990, Donati 1993. [5] Cfr. Marshall 1964. [6] Cfr. Dahrendorf 1991. [7] Cfr. la rassegna delle critiche portate ad una tale concezione prposta da Zolo (1988) e la ancor più approfondita analisi critica della crisi della cittadinanza moderna di Donati (1993). [8] Tale rappresentazione sintetica del modo contemporaneo di percepire la cittadinanza è proposta da Donati 1993. [9] Cfr Held 1989. [10] Cfr. Donati 1991, 1993. [11] Cfr Habermas 1985. [12] Il potere politico, in particolare attraverso l'istituzione della cittadinanza, può essere in effetti considerato un sostituto funzionale degli aspetti ascrittivi pre-moderni delle relazioni sociali, e tuttavia nella sua concezione moderna esso sottrae al vincolo sociale gli aspetti personali, non esiste più un vincolo personale tra l'artigiano ed il signore, tra il suddito ed il re, ma appunto un vincolo astratto. [13] Tale compito è in parte condiviso con il quarto settore, ma non ci soffermiamo nel presente lavoro sulle differenze esistenti tra questi due settori. [14] Dal punto di vista sociologico le relazioni sociali possono essere considerate come costituite da una dimensione di motivazione individuale, di incondizionalità, di libertà, di riferimento di senso, (re-fero) e da una dimensione di legame, di condizionamento, di appartenenza (re-ligo). [15] Cfr. Donati P., Introduzione alla sociologia relazionale, Milano Angeli, 1983; Teoria relazionale della società, Milano Angeli, 1991, cap. 1,2,3. [16] Con il termine, forse improprio, di "privato sociale familiare" intendiamo quelle associazioni e/o cooperative che nascono dalle famiglie e/o sono orientate a promuovere e fornire servizi per la famiglie. [17] Cfr. P. Donati, Teoria relazionale della società, Angeli, Milano, 1991, cap. 3. [18] Donati rapporto di ricerca su associazionismo familiare in Italia. [19] Idem. [20] Cfr Luhmann, Il sistema sociale famiglia, in "La ricerca sociale", 1989, n. 39, pp. 233-252. [21] Cfr. Donati idem. [22] I punti qui presentati sono ripresi, ancora una volta, dai contributi teorici sull'argomento di Donati.