Andrea Cerroni - Comunicazione e incomunicabilità della scienza nella società della conoscenza Communication and the Incommunicability of Science in the Knowledge Society Sociologo della Scienza e della Comunicazione Scientifica, Università degli Studi di Milano Bicocca. Sociologist of Science and of Scientific Communication, University of Milan-Bicocca ABSTRACT Per fare emergere il ruolo della comunicazione della scienza e gli ostacoli che attualmente ne inibiscono una piena e diffusa realizzazione occorre, innanzi tutto, fornire un quadro della società della conoscenza. La società della conoscenza Il processo socio-economico che sta diventando il motore dello sviluppo della società contemporanea è quello della circolazione della conoscenza, spodestando l’asse dicotomico capitale-lavoro proprio della società capitalistica “classica”. Tale processo è articolabile nelle quattro fasi logico-funzionali (non temporali, non sostanziali ma utili ai fini descrittivi ed esplicativi) della produzione, istituzionalizzazione, diffusione (materiale e immateriale) e socializzazione della conoscenza. In ciascuna di queste fasi la comunicazione è decisiva, poiché progressivamente tutta la società ne viene coinvolta, superando i confini e le barriere tipiche della modernità. Ma se la dinamica della conoscenza sostituisce la dicotomia capitalelavoro, ovviamente senza abolirla, nel cuore della trasformazione sociale, questo non è senza problemi per la governance sociale, in termini di eguaglianza, accessibilità, distribuzione dei valori generati ecc. Né la circolazione stessa è senza limitanti che minacciano lo sviluppo sociale. In ogni caso governance e comunicazione della scienza sono gli elementi critici della società democratica basata sulla scienza. Inquadrato, dunque, il ruolo della comunicazione della scienza, diviene chiaro che non si può ridurre né alla divulgazione né, tanto meno, alla propaganda (positiva/negativa). Essa è, piuttosto, definibile come l’insieme dei processi per la costituzione di un bene comune. Ad esempio, la biocomunicazione, ovvero la comunicazione delle bioscienze, scavalca la dimensione disciplinare delle bioscienze, includendo gli aspetti sociali, etici, giuridici, economici, di welfare, di partecipazione pubblica ecc. In questo modo, la comunicazione della scienza si va ad articolare in vari livelli che si possono riconoscere, più o meno sviluppati, in ogni intervento comunicativo (circolazione, informazione, divulgazione, formazione, educazione, partecipazione). Ma sono presenti dei rilevantissimi ostacoli al pieno dispiegamento di questa multidimensionalità, in parte per tecnofobie provenienti dalla pre-modernità, tuttora diffuse fra “il pubblico” della scienza, in parte per tecnofrenie ereditate da una fase storica ormai consegnata alla proto-modernità, molto diffuse fra “gli scienziati”. In effetti, il mondo simbolico della più remota antichità non sembra essere stato sradicato dalla modernità, sopravvivendone taluni frammenti che costituiscono una sorta di “inerzia cognitiva” profonda e di longue durée. Essi sono distinguibili in tre classi ciascuna delle quali è riconducibile ad alcuni miti arcaici propri delle religioni mediterranee: cosmologici (Gaia, Crono), ontologici (Chimera), sociologici (Crono, Prometeo). Sopravvive, d’altra parte, anche una produzione simbolica propria di una fase iniziale della modernità, protrattasi come prevalente sino agli inizi del Secondo Dopoguerra, di cui non sono ancora state metabolizzate le défaillances socio-cognitive, ivi inclusa la “tentazione tecnocratica” divenuta ormai esiziale in una società democratica basata sulla scienza. Si possono individuare, a questo proposito, quattro classi di miti moderni: epistemologici (u-cronismo, u-topismo), comunicazionali (digitalizzazione, utopismo), economici (fatalismo, economicismo), educativi (accademismo, dualismo culturale).