indirizzo giuridico – xxvii ciclo tesi di dottorato il concorso di

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UNIVERSITÀ DEGLI STUDI DI SASSARI
SCUOLA DOTTORALE IN DIRITTO ED ECONOMIA DEI SISTEMI PRODUTTIVI
INDIRIZZO GIURIDICO – XXVII CICLO
TESI DI DOTTORATO
IL CONCORSO DI RESPONSABILITA’ CONTRATTUALE ED
EXTRACONTRATTUALE NEL TRASPORTO
Coordinatore
Chiar.mo Prof. Michele M. Comenale Pinto
Tutor
Chiar.mo Prof. Michele M. Comenale Pinto
Tesi di dottorato di
Dr.ssa Maria Teresa Nurra
Anno accademico 2013/2014
La presente tesi è stata prodotta nell‟ambito della scuola di dottorato in Diritto ed Economia dei Sistemi
Produttivi dell‟Università degli Studi di Sassari, a.a. 2011/2012 – XXVII ciclo, con il supporto di una
borsa di studio finanziata con le risorse del P.O.R. SARDEGNA F.S.E. 2007-2013 - Obiettivo
competitività regionale e occupazione, Asse IV Capitale umano, Linea di Attività l.3.1.
Un sentito e sincero ringraziamento al Prof. Michele M. Comenale Pinto,
per avermi traghettato nel Diritto della Navigazione,
per i suoi insegnamenti e il suo supporto.
Un profondo ringraziamento al Prof. Giovanni Maria Uda, mio maestro,
per la fiducia dimostratami, per i suoi consigli
e per la sua preziosa guida.
Un ringraziamento particolare al Centre de droit maritime et ocèanique dell'Université de Nantes,
al Prof. Patrick Chaumette, al Prof. Martin Ndende e al Prof. François Mandin.
Ringrazio, infine, il dott. Raimondo Motroni, per le utilissime riflessioni, e il dott. Piergiuseppe Lai, per i
preziosi suggerimenti in materia processuale
CAPITOLO I RESPONSABILITÀ CONTRATTUALE ED
EXTRACONTRATTUALE TRA NOZIONE UNITARIA DI RESPONSABILITÀ
E DIFFERENZE DISCIPLINARI ................................................................................ 3
I.1. La nozione generale di responsabilità. ............................................................................................. 3
I.2. Il concetto di illecito come trasgressione ad un comando o dovere. ................................................. 9
I.3. La nozione unitaria di illecito contrattuale ed extracontrattuale. ................................................... 12
I.3.1. La posizione della dottrina sotto il codice civile del 1865 con particolare riguardo al pensiero di
G. P. Chironi. ........................................................................................................................................... 12
I.3.2. La dottrina contemporanea. ......................................................................................................... 19
I.3.3 Le critiche dottrinarie al dovere di neminem laedere come dovere generico di non arrecare
danno agli altri. ...................................................................................................................................... 22
I.4. L’illecito come violazione dell’obbligo di risarcimento del danno. .................................................. 25
I.5. La responsabilità extracontrattuale da reazione all’illecito a reazione verso il danno ingiusto. ...... 28
I.6. Differenze e unità disciplinari tra responsabilità contrattuale ed aquiliana. ................................... 31
I.6.1. La colpa. ........................................................................................................................................ 31
I.6.2. Presunzione di colpa e ripartizione dell'onere probatorio in campo contrattuale ed
extracontrattuale. .................................................................................................................................. 43
I.6.3. L'applicabilità dell'articolo 1225 cod. civ. alla responsabilità extracontrattuale. .......................... 46
I.6.4. La costituzione in mora e la prescrizione dell'azione. ................................................................... 50
CAPITOLO II RESPONSABILITÀ CONTRATTUALE ED AQUILIANA IN
CONCORSO. INQUADRAMENTO GENERALE DEL PROBLEMA ................. 52
II.1. La necessità di mantenere ferma la distinzione tra responsabilità contrattuale ed
extracontrattuale. ................................................................................................................................ 52
II.2. La possibile sovrapposizione tra responsabilità contrattuale ed extracontrattuale e il rimedio del
concorso. ............................................................................................................................................. 55
II.3. Il concorso e cumulo di responsabilità: definizioni problematiche. ............................................... 58
II.4. I presupposti giuridici del concorso di responsabilità secondo la dottrina favorevole. .................. 66
II.5. Teorie che escludono o limitano il concorso di responsabilità contrattuale ed extracontrattuale. . 71
II.5.1. La responsabilità contrattuale: teoria della prevalenza e teoria dell'assorbimento. ................... 71
II.5.2. L'ammissione del concorso solo nell'ipotesi di reato. .................................................................. 77
II.5.3. La tesi di Heinitz. Obblighi contrattuali tipici ed atipici. ............................................................... 80
II.6. La tesi dottrinale che distingue tra concorso proprio e concorso improprio. ................................. 82
II.7. La giurisprudenza e l'ammissibilità del concorso in caso di lesione di diritti assoluti. .................... 85
II.7.1. La posizione oscillante dei Giudici sotto il codice civile abrogato. ............................................... 86
II.7.2. L'orientamento della giurisprudenza a partire dagli anni cinquanta. .......................................... 89
II.7.3. L'evoluzione del concetto di ingiustizia del danno e la lesione dei diritti assoluti quale
presupposto del concorso di responsabilità. ......................................................................................... 91
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Il concorso di responsabilità contrattuale ed extracontrattuale nel trasporto
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1
II.8. Cenni sui profili processuali del concorso di responsabilità contrattuale ed aquiliana. ................ 100
CAPITOLO III IL CONCORSO DI RESPONSABILITÀ CONTRATTUALE ED
EXTRACONTRATTUALE NEL TRASPORTO .................................................... 105
III.1. Premesse. Il contratto di trasporto e le sue species: il trasporto di persone. .............................. 105
III.2. L’obbligo di protezione del passeggero. ..................................................................................... 111
III.2.1. L’obbligo di protezione e la buona fede contrattuale. .............................................................. 111
III.2.2. L’obbligo di tutelare l’incolumità del passeggero. .................................................................... 115
III.3. La responsabilità del vettore per infortunio del passeggero. ...................................................... 123
III.3.1. La responsabilità del vettore secondo il codice civile. .............................................................. 123
III.3.2. La responsabilità del vettore nel trasporto marittimo. ............................................................. 130
III.3.3. La responsabilità del vettore per sinistri al passeggero nel trasporto aereo. ........................... 139
III.4. Termine di estinzione dell’azione e concorso di responsabilità contrattuale ed aquiliana nel
trasporto............................................................................................................................................ 154
III.5. La natura contrattuale della responsabilità del vettore. L’esclusione del concorso di responsabilità
contrattuale ed aquiliana da parte della dottrina maggioritaria. ........................................................ 158
III.6. La qualificazione extracontrattuale della responsabilità del vettore e l’esclusione del concorso.
L’orientamento minoritario. .............................................................................................................. 162
III.7. L’invocabilità dell’articolo 2054 cod. civ. da parte del trasportato. ............................................. 166
III.8. La responsabilità aquiliana del vettore nel trasporto amichevole. ............................................. 173
III.9. Il concorso di responsabilità contrattuale ed aquiliana nel trasporto marittimo di cose. ............ 179
III.9.1. Un quadro sintetico sulla responsabilità del vettore marittimo per perdita e avaria delle cose
trasportate. .......................................................................................................................................... 179
III.9.2. La responsabilità extracontrattuale del vettore marittimo di cose. Esclusione del concorso di
responsabilità contrattuale ed aquiliana. ............................................................................................ 187
III.10. L’ “inutilità” del concorso di responsabilità contrattuale ed aquiliana nel trasporto regolato dalle
convenzioni internazionali di diritto uniforme. .................................................................................. 196
III.11. Il rapporto tra il passeggero/mittente e l’actual carrier nelle convenzioni di diritto uniforme.
Responsabilità contrattuale o responsabilità aquiliana dell’actual carrier? ........................................ 200
III.12. Il caso “Superga” . ................................................................................................................... 206
III.13. Il danno non patrimoniale da inadempimento. ........................................................................ 215
III.13.1. Breve excursus sull’evoluzione del concetto di danno non patrimoniale. L’interpretazione
adeguatrice alla Costituzione dell’art. 2059 cod. civ............................................................................ 215
III.13.2. La risarcibilità del danno non patrimoniale da inadempimento contrattuale. I rimedi per far
fronte alla lacuna legislativa. ............................................................................................................... 222
III.13.3. La risarcibilità del danno non patrimoniale nel trasporto aereo. ........................................... 233
BIBLIOGRAFIA ........................................................................................................ 242
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CAPITOLO I
RESPONSABILITÀ CONTRATTUALE ED
EXTRACONTRATTUALE TRA NOZIONE UNITARIA DI
RESPONSABILITÀ E DIFFERENZE DISCIPLINARI
I.1. La nozione generale di responsabilità.
La parola responsabilità deriva dal tardo latino respondere, che viene concepito
come il «movimento inverso del verbo spondere» 1 , che indica la formazione di un
equilibrio, di un ordine caratterizzato da una certa solennità2.
L’origine della parola responsabilità deve essere ricercata nelle formule
sacramentali inerenti la stipulatio del diritto romano. Questo istituto era caratterizzato
dallo scambio verbale delle formule “spondesne ? spondeo”, che determinavano il sorgere
dell’obbligazione in capo al soggetto interpellato3.
Gli antichi giureconsulti attraverso la parola respondere intendevano indicare la
reazione ad un ordine o ad un equilibrio violato4. Questo verbo evoca, quindi, l’idea di
una risposta riparatrice5. Anche nella risposta, però, deve essere mantenuto il carattere di
solennità, di ritualità, che allude all’antico significato di sponsio 6.
1
C.MAIORCA, I fondamenti della responsabilità, Milano, 1990.
C.MAIORCA, I fondamenti della responsabilità, cit.,13.
3
F. PELLEGRINI, voce Responsabilità, in Nuovo dig. it., XI, Torino, 1939, 438. Il termine responsabilitas è
assente nel latino antico e medievale; le sue origini si ritrovano nel verbo respondeo, che deriva a sua volta
dal verbo spondeo. Il significato giuridico del verbo spondeo è il seguente: «portarsi garante in giustizia,
dare la propria cauzione personale per qualcuno». Questo verbo compare nelle formule sacramentali del
matrimonio riprodotte da Plauto, Trinummus, 1157, 1162: «sponden (=spondesne)… tuam gnatam uxorem
mihi?spondeo; filiam tuam sponden mihi uxorem dari?sponde» (É. BENVENISTE, Il vocabolario delle
istituzioni indoeuropee, II, Potere, diritto, religione, trad. it., Torino, 2001, p. 446 – 447). Attraverso la
formula respondeo, che contiene in sé il termine spondeo, il soggetto si impegna a fronte di una promessa
altrui; si verifica, quindi, uno scambio di garanzie reciproche. Sul significato specifico di respondeo e sul
rapporto con spondeo v. la ricostruzione di S. SCHIPANI, Lex Aquilia culpa responsabilità, in F. MILAZZO
(a cura di), Illecito e pena privata in età repubblicana, Atti del convegno internazionale di diritto romano,
Copanello 4-7 giugno 1990, Napoli, 1992 161 ss. e di É. BENVENISTE, Il vocabolario delle istituzioni
indoeuropee, II, Potere, diritto, religione, cit., 447 (l’Autore cita un dialogo tra Ergasilo e Egione tratto
dalla commedia i “Captivi”di Plauto).
4
M. FRANZONI, L’illecito, in M. FRANZONI (diretto da), Tratt. resp. civ., I, II ed., Milano, 2010, 5.
5
C.MAIORCA, I fondamenti della responsabilità, cit., 13.
6
C.MAIORCA, I fondamenti della responsabilità, cit., 13: «Va perciò considerato che, nella fenomenologia
della responsabilità, quando più o meno si mantiene quel carattere di ritualità e di solennità che è proprio
dell’antico significato di sponsio. Non è, infatti, una qualunque “risposta”, ma è una risposta solenne, ed
espressa con una certa ritualità, quella che segue alla rottura dell’equilibrio, tenuto conto che l’evento cui
segue la risposta riequilibratrice è un qualcosa cui è relativo un giudizio su di un piano di valori di
particolare rilevanza».
2
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3
Nel linguaggio comune il termine responsabilità si rispecchia nel dovere proprio
di ciascun consociato di determinare la propria condotta a seconda delle regole e precetti.
Si prescinde in questa prima visione dalla violazione della regola di condotta e si ha
riguardo all’atteggiamento del singolo soggetto di fronte ai rischi degli eventi7.
Il dover rispondere delle conseguenze del proprio comportamento (che è poi il
significato concreto della responsabilità) fa diventare la responsabilità il metro da seguire
nell’orientare la propria condotta8. Quando, comunemente, si dice che un soggetto ha la
responsabilità, si allude alla condizione per cui ciascuno misura preventivamente la
propria condotta in base alle conseguenze che potrebbero derivarne9.
Per inciso, quindi, la responsabilità si presenta, rispetto alla libertà di agire, come
un «correlato imprescindibile», perché, in mancanza, la libertà di scelta dell’uomo
sconfinerebbe nell’arbitrio10.
Accanto a questo significato comune di responsabilità, vi è un’accezione più tipica
e pregnante. Si tratta della responsabilità intesa come «dover rispondere davanti ad un
qualsiasi soggetto, per la già avvenuta violazione imputabile della qualsiasi norma,
precedente e presupposta di condotta, e di subirne le prestabilite sanzioni» 11.
La responsabilità può assumere contenuto e significati differenti a seconda dei
valori e delle leggi, che si prendono in considerazione. Se viene violata una norma morale
o religiosa, si avrà rispettivamente una responsabilità di fronte a Dio e ai suoi ministri
terreni oppure di fronte all’opinione pubblica 12 . La responsabilità derivante dalla
violazione di una norma morale è sicuramente quella più ancorata alla natura dell’agire
7
F. PELLEGRINI, voce Responsabilità, cit., 438: «Sotto un primo aspetto e specie nel linguaggio comune
essa riguarda il potere e l’indissociabile dovere di determinare la propria condotta secondo norme e precetti,
che per la insita fallibilità del presupposto giudizio, importano una più o meno perfetta osservanza ed
esecuzione. Fin qui la responsabilità prescinde dalla violazione già avvenuta della regola di condotta, e
consiste nell’impegno e nel conseguente rischio personale che corre ogni soggetto operante in rapporto agli
eventi più o meno ponderabili, secondo la legge di causalità».
8
F. PELLEGRINI, voce Responsabilità, cit., 439.
9
F. PELLEGRINI, voce Responsabilità, cit., 439: «Il dover rispondere, all’esito , del fallo più o meno
imputabile, cioè la responsabilità in senso proprio, concreta e conseguente, entra come elemento di calcolo
per la direzione della nostra condotta e costituisce il nostro punto di ogni istante e insieme il nostro merito
più grande».
10
R. SCOGNAMIGLIO, voce Responsabilità civile, in Novissimo dig. it., XIV, Torino, 1957, 633: «In linea
di principio la nozione esprime, giova ribadirlo, un momento essenziale della natura dell’uomo:
manifestazione e ad un tempo correlato indispensabile della sua libertà di agire, che si attua ed altrimenti
sconfinerebbe nell’arbitrio, secondo regole ben determinate, volte a disciplinarne i modi e le conseguenze».
11
F. PELLEGRINI, voce Responsabilità, cit., 439.
12
F. PELLEGRINI, voce Responsabilità, cit., 439.
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umano13.
Nell’ambito morale le azioni vengono valutate sulla base della coscienza
universale e le regole sono espressione di imperativi categorici, che impongono
l’obbedienza al di sopra di ogni considerazione di convenienza14.
A questo proposito, è opportuno sottolineare come in ambito giuridico e sociale
l’esistenza della norma presuppone la possibilità di violarla15. Il fondamento della legge
e delle sanzioni è connesso a questa possibilità. Nell’ipotesi in cui ciò venga meno, si
perderebbe l’utilità e la ragione di essere della norma giuridica16.
La libertà di scelta tra rispettare o meno la norma rappresenta, infatti, un
presupposto funzionale dell’ordinamento giuridico. La funzione delle regole giuridiche
ed etico - sociali presuppone una libertà di scelta del singolo, che non può essere ristretta
a puro determinismo17. La libertà di scelta non può essere valutata a livello scientifico e
teoretico sul piano dei rapporti causa – effetto18.
Seguendo questa linea si apre un discorso filosofico sulla responsabilità, che vede
come «apriori dommatico» la norma – comando, la cui violazione determina una
sanzione a carico del soggetto agente19.
Le considerazioni sopra svolte potrebbero riassumersi nel seguente ragionamento:
non c’è ordinamento senza regole, non ci sono regole senza violazione, se non ci sono
violazioni non ci sono regole e senza regole non esiste ordinamento20.
Secondo un’altra dottrina, la responsabilità civile indica la soggezione del
patrimonio di una persona alla soddisfazione di una pretesa altrui 21 . Esiste un
collegamento stretto tra la responsabilità, che deve essere intesa come fatto produttivo di
13
R. SCOGNAMIGLIO, voce Responsabilità civile, cit., 633.
R. SCOGNAMIGLIO, voce Responsabilità civile, cit., 633.
15
L. BAGOLINI, Responsabilità e analisi del linguaggio, in Riv. trim. dir. proc. civ., 1958, 596.
16
L. BAGOLINI, Responsabilità e analisi del linguaggio, cit., 596.
17
L. BAGOLINI, Responsabilità e analisi del linguaggio, cit., 596.
18
L. BAGOLINI, Responsabilità e analisi del linguaggio, cit., 596 ss.: «(…) in quanto funzionalmente
postulata dall’ordinamento giuridico, la libertà di scelta non è un elemento che si possa porre e risolvere
sul piano di una considerazione teoretica e scientifica. La libertà di scelta è sì implicata imprescindibilmente
nella complessità causale delle situazioni in cui si manifesta, ma vi è implicata come in sé irriducibile alla
considerazione scientifica, causale, ed anche probabilistica, di tali situazioni. La considerazione scientifica
può solo postulare la libertà di scelta come in ciò in sé e per sé appartiene ad un livello di consapevolezza
che fuoriesce dalla sfera della razionalità scientifica in senso specifico».
19
C.MAIORCA, I fondamenti della responsabilità, cit., 22.
20
C.MAIORCA, I fondamenti della responsabilità, cit., 22: «La sequenza (…) è ciò che si dice un
ragionamento circolare tipicamente dommatico».
21
M. FRANZONI, L’illecito, cit., 6.
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obbligazione e le conseguenze sul patrimonio di un determinato soggetto22.
Questa concezione della responsabilità riguarda sia il fatto illecito di cui
all’articolo 2043 cod. civ., sia l’illecito che deriva dall’inadempimento dell’obbligazione23.
Nelle due ipotesi c’è sempre un soggetto obbligato al risarcimento del danno, ciò
che differisce è il presupposto della responsabilità. In particolare, nel primo caso si
verifica un fatto produttivo di danno risarcibile che coincide con il sorgere della
responsabilità;
nel
secondo
caso,
invece,
la
responsabilità
è
conseguenza
dell’inadempimento24.
Il nesso tra responsabilità e patrimonio potrebbe far pensare ad un’analogia tra la
responsabilità civile e la responsabilità patrimoniale di cui all’articolo 2740 cod. civ. La
responsabilità patrimoniale, infatti, si presenta come una situazione del tutto autonoma
rispetto al rapporto obbligatorio da cui trae origine. Non è una fase necessaria ed attuale
dell’obbligazione25.
Invece, nell’ipotesi di cui agli articoli 1218 cod. civ. e 2043 cod. civ. la
responsabilità è connaturata all’obbligazione e la individua sotto due aspetti: identifica il
soggetto responsabile e la rende esistente26.
La diversità tra le due forme di responsabilità trova conferma anche nel fatto che
possono coesistere in un’unica fattispecie27.
22
M. FRANZONI, L’illecito, cit., 6. La relazione tra responsabilità e patrimonio, sostenuta da M. FRANZONI,
si ritrova, limitatamente all’ambito contrattuale, nel pensiero illustre di F. CARNELUTTI, Diritto e processo
nella teoria delle obbligazioni, in Studi di diritto processuale, II, Padova, 1928, 283: «(…) se il debitore
non adempie non perde più il suo corpo, cioè la libertà o la vita, ma tutto il suo patrimonio» e 289 ss.:
«L’elemento comune tra le due responsabilità sta in ciò che l’una e l’altra significano soggezione alla
sanzione; che la sanzione, sia civile o penale, riguarda appunto la differentia specifica tra le due forme di
un unico genus (…) La sanzione colpisce la persona in un suo bene, che può essere il corpo o una cosa» e
E. BETTI, Teoria generale delle obbligazioni, II, Struttura dei rapporti d’obbligazione, Milano, 1953, 28 ss.
e in particolare 36 ss., che definisce la responsabilità come «(…) quella particolare posizione giuridica di
una persona che risulta dalla destinazione giuridica di un bene ad essa pertinente, a servire di soddisfazione
a un’altra persona per un evento da questa atteso o temuto: destinazione indipendente dalla volontà del
titolare del bene e individualizzata così dal bene stesso come dall’evento». M. FRANZONI, però, muovendo
da questa impostazione, individua un’unica nozione di responsabilità, valida in ambito contrattuale ed
aquiliano.
23
M. FRANZONI, L’illecito, cit., 6.
24
M. FRANZONI, L’illecito, cit., 6: «Ciò che distingue le due norme non si misura sul piano degli effetti,
bensì il relazione al loro presupposto: in un caso si è in presenza di un fatto produttivo di un danno risarcibile
che nasce proprio con la responsabilità (art. 1173 c.c.), nell’altro la responsabilità è conseguente ad una
inattuazione di un rapporto qualificabile come inadempimento. In entrambe, peraltro, c’è sempre un
soggetto tenuto a rispondere con l’obbligazione risarcitoria».
25
M. FRANZONI, L’illecito, cit., 7.
26
M. FRANZONI, L’illecito, cit., 7.
27
M. FRANZONI, L’illecito, cit., 7: «Si consideri l’ipotesi di chi subisce un grave danno, a causa del fatto di
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La distinzione più marcata riguarda, però, la funzione. Infatti, la responsabilità
civile è «una tecnica per collegare ad un soggetto un evento dannoso, con l’ausilio di un
criterio di imputazione (…) sussistendo il rapporto di causalità» 28 . Al contempo,
costituisce il modo attraverso cui diventa rilevante l’evento dannoso nella forma del
danno ingiusto e del danno risarcibile 29 . Al contrario la responsabilità patrimoniale
garantisce la soddisfazione del creditore30.
Il risarcimento del danno, pur ponendosi in un rapporto di causa – effetto rispetto
alla responsabilità civile 31 , deve essere rigorosamente distinto. Infatti, attraverso il
risarcimento si stima l’entità del danno subito dal danneggiato e si individuano le modalità
della riparazione32.
Il carattere di attualità o potenzialità della responsabilità (sopra accennato in
riferimento al rapporto con la responsabilità patrimoniale) è stato al centro di un’analisi,
che ha riguardato tutte le situazioni di responsabilità previste dal codice civile.
Attraverso le disposizioni normative la dottrina è riuscita a catalogare quattro
diverse ipotesi di responsabilità.
Nel primo gruppo, di cui l’articolo 2740 cod. civ. è l’esempio tipico, la
responsabilità è il mezzo di tutela del diritto del creditore Si tratta della responsabilità
patrimoniale, che è lo strumento per la realizzazione coattiva del diritto di credito e una
delle sanzioni previste per l’inadempimento33.
Nella responsabilità patrimoniale manca il carattere dell’attualità e potenzialità,
perché vi sono i mezzi di conservazione della garanzia patrimoniale, che sono preordinati
un terzo e che, in seguito al fatto, incomincia un giudizio volto ad accertarne la responsabilità civile. Si
ipotizzi che dopo l’inizio della controversia il terzo, temendo le conseguenze sfavorevoli di una condanna,
si spogli dei beni del suo patrimonio, così compromettendo la garanzia di solvibilità nei confronti del
danneggiato. Quest’ultimo, nelle more del giudizio di responsabilità civile, potrà chiedere un sequestro
conservativo nei confronti del danneggiante sul presupposto del venir meno della sua responsabilità
patrimoniale».
28
M. FRANZONI, L’illecito, cit., 7.
29
M. FRANZONI, L’illecito, cit., 8.
30
M. FRANZONI, L’illecito, cit., 7.
31
M. FRANZONI, L’illecito, cit., 8: «Dall’accertamento della responsabilità nasce il diritto al risarcimento
del danno, sicché si può affermare che l’una è causa dell’altro».
32
M. FRANZONI, L’illecito, cit., 8: «La funzione del risarcimento del danno, invece, consiste nel risolvere
il problema del quanto e del modo in cui compensare il danneggiato. Quanto, nel senso che occorre stimare
e liquidare l’entità del pregiudizio inflitto alla vittima (art. 2056 c.c.); modo, nel senso che la riparazione
può avvenire per equivalente, com’è nella normalità delle ipotesi, oppure mediante reintegrazione in forma
specifica, nei limiti dell’art. 2058 c.c.».
33
S. RODOTÀ, Il problema della responsabilità civile, Milano, 1964, 44 ss.:
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alla tutela della responsabilità34.
L’elemento dell’eventualità caratterizza, invece, il secondo gruppo di disposizioni.
Si tratta dei casi in cui il sorgere della responsabilità è subordinato alla violazione di
obblighi specifici da parte di determinati soggetti35.
Il terzo gruppo di norme è rappresentato dalle disposizioni in materia di
responsabilità extracontrattuale artt. 2043 cod. civ.- 2059 cod. civ.
La responsabilità extracontrattuale è sempre una situazione attuale e mai
potenziale. Non ha il carattere della strumentalità, cioè non è subordinata al verificarsi di
una situazione ulteriore. Inoltre è un criterio di collegamento del fatto al soggetto e al
contempo un elemento di qualificazione del fatto stesso36.
Infine, il quarto gruppo è rappresentato dall’articolo 1218 cod. civ, in materia di
responsabilità contrattuale. Le differenze rispetto all’articolo 2043 sono riconducibili al
criterio di individuazione del soggetto responsabile. Nell’articolo 1218 cod. civ., infatti,
la legge ha già provveduto ad indicare il soggetto responsabile37.
Una volta raggruppate le disposizioni normative nelle quattro categorie descritte,
34
S. RODOTÀ, Il problema della responsabilità civile, cit., 45: «Non c’è bisogno di sottolineare che questa
responsabilità patrimoniale del debitore non si realizza unicamente nel momento della eventualità o
potenzialità, poiché viene immediatamente in essere tutta una serie di strumenti a loro volta coordinati alla
tutela della stessa situazione di responsabilità (mezzi di conservazione della garanzia patrimoniale)».
35
S. RODOTÀ, Il problema della responsabilità civile, cit., 45 ss.: «Il carattere della eventualità o potenzialità
è, invece, dominante nella seconda serie di casi che si incontrano passando in rassegna le disposizioni del
codice. Casi in cui si fan gravare su di un soggetto obblighi specifici, di volta in volta determinati in base
ad una situazione o ad un rapporto concretamente assunti, ed alla violazione di essi si ricollega il sorgere
della responsabilità: dal caso di soggetti investiti di una specifica funzione (…) a quello dell’assunzione di
obblighi conseguenti ad un certo rapporto (…) od allo svolgimento di una determinata attività (…). Gli
elementi comuni a queste varie ipotesi non sono difficili da scorgere, consistendo appunto nella mancanza
di una situazione attuale di responsabilità e, quindi, di ogni attribuzione di potere in soggetti diversi dal
potenziale responsabile nel tempo precedente la violazione dell’obbligo».
36
S. RODOTÀ, Il problema della responsabilità civile, cit., 48 ss. Come si vedrà nel proseguo, l’Autore
distingue la responsabilità contrattuale e quella aquiliana dal punto di vista strutturale, non sulla base dello
stato attuale o potenziale della responsabilità. In particolare, è opportuno mettere in evidenza, che la
responsabilità contrattuale, a differenza di quella aquiliana, non viene definita in termini di potenzialità o
attualità (la concezione della responsabilità contrattuale come stato potenziale è, invece, affermata in
maniera netta da E. BETTI, Teoria generale delle obbligazioni, II, Struttura dei rapporti d’obbligazione, cit.,
35: «(…) la responsabilità è uno stato potenziale (stato di pericolo pel responsabile): uno stato cioè in cui
le conseguenze giuridiche non sono realizzabili, senz’altro, immediatamente dal suo sorgere».
37
S. RODOTÀ, Il problema della responsabilità civile, cit., 46 ss.: «(…) nell’ipotesi prevista dall’art. 1218
la legge, prendendo le mosse dall’inadempimento ha già compiutamente definito il criterio
d’individuazione del soggetto responsabile; mentre, nell’altra ipotesi la diversa rilevanza giuridica della
situazione di partenza (evento dannoso) fa si che sia proprio la definizione generale del criterio, in base al
quale far gravare su di un soggetto determinato le conseguenze, a costituire il problema preliminare».
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la dottrina ha tracciato la distinzione dal punto di vista funzionale38.
Nel primo gruppo, rappresentato dall’articolo 2740 cod. civ., la responsabilità è
autonoma rispetto al rapporto obbligatorio ed è quindi attuale. Nel secondo gruppo, al
contrario, deve essere esclusa la responsabilità, perché si tratta di obblighi. Tra la
responsabilità contrattuale e la responsabilità extracontrattuale vi è, invece, una diversità
strutturale, che riguarda i criteri di individuazione del responsabile39.
I.2. Il concetto di illecito come trasgressione ad un comando o
dovere.
La concezione della responsabilità come reazione dell’ordinamento alla
violazione di una norma di condotta è connessa all’idea dell’illecito come trasgressione
ad un comando o ad un dovere.
Gli atti compiuti dall’uomo possono presentarsi del tutto indifferenti rispetto
all’ordinamento giuridico, prendendo la denominazione di “agiuridici” oppure possono
essere rilevanti. In quest’ultimo caso l’elemento di relazione tra l’atto e l’ordinamento
giuridico è rappresentato dalla norma. Nel momento in cui si pone in rapporto con la
norma giuridica l’atto può presentarsi come giuridico o antigiuridico40. Non si tratta di
elementi strutturali connaturati all’atto stesso, ma di qualifiche contigenti41.
La condizione di antigiuridicità può essere intesa in due modi, in un significato
che potremmo dire soggettivo oppure da un punto di vista oggettivo42.
Procediamo, quindi, ad analizzare il termine secondo la prima accezione.
Quando si parla di antigiuridicità in senso soggettivo si indica una situazione di
contrarietà od opposizione rispetto all’ordinamento giuridico. Questo contrasto si
specifica come contrarietà dell’atto rispetto alla norma giuridica. L’antigiuridicità si pone,
nello specifico, come «criterio di valutazione tra ciò che è e ciò che deve essere»43.
38
S. RODOTÀ, Il problema della responsabilità civile, cit., 50: «(…) l’indagine funzionale costituisce la via
metodologicamente più corretta per cogliere il significato di alcuni complessi normativi e che, lungi dal
travisarne la realtà strutturale riesce piuttosto a coglierne gli indici più significativi».
39
S. RODOTÀ, Il problema della responsabilità civile, cit., 50.
40
G. SCADUTO, D. RUBINO, voce Illecito (atto) (diritto moderno), in Nuovo dig. it., VI, Torino, 1939, 703.
41
G. SCADUTO, D. RUBINO, voce Illecito (atto) (diritto moderno), cit., 703, nota n. 2: «(…) la giuridicità,
in senso lato e in senso stretto, e la antigiuridicità non sono, anche di fronte al diritto positivo, qualifiche
ontologiche dell’atto (…), sibbene solo qualifiche contigenti».
42
G. SCADUTO, D. RUBINO, voce Illecito (atto) (diritto moderno), cit., 703.
43
G. SCADUTO, D. RUBINO, voce Illecito (atto) (diritto moderno), cit., 703.
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Fatta questa premessa, antigiuridico può essere solamente un comportamento
dell’uomo, che sia in grado di intendere e di volere. Solo in questo caso potrà verificarsi
il contrasto sopra delineato. Antigiuridicità, torto e atto illecito diventano quindi
sinonimi44.
Atto illecito sia esso reato oppure illecito civile trova, infatti, il suo fulcro nella
trasgressione della norma giuridica, a prescindere dalle conseguenze previste
dall’ordinamento, che rileveranno, invece, in tema di antigiuridicità obiettiva45.
Con quest’ultima accezione si indica la reazione che l’ordinamento giuridico
appresta di fronte all’atto e che si esprime nella rimozione della situazione creata oppure
nella previsione di misure finalizzate a ripristinare l’equilibrio turbato. Non viene
compiuta alcuna valutazione in ordine alla relazione tra atto e ordinamento giuridico, ma
viene considerato l’atto in sé e per sé nella sua obiettività, senza analizzare in quale modo
si rapporta al soggetto agente. Si parla, infatti, in questo caso di fatto antigiuridico46.
È opportuno soffermarsi su quale sia il ruolo del danno secondo la nozione di
antigiuridicità intesa nei due sensi sopra individuati.
L’atto illecito o il fatto antigiuridico possono determinare uno stato di fatto, che
di riflesso determina la lesione di un diritto soggettivo. Lesione che deve essere intesa
come estinzione o impossibilità che il diritto possa esplicarsi in maniera piena, così come
avveniva in precedenza alla sua lesione47.
Il concetto di danno è circoscritto alle ipotesi in cui si verifichino degli effetti
irremovibili in conseguenza dell’atto o fatto antigiuridico. L’ordinamento può intervenire,
apprestando delle misure, che determinano degli effetti contrari o uguali, in equivalenza
44
G. SCADUTO, D. RUBINO, voce Illecito (atto) (diritto moderno), cit., 703.
G. SCADUTO, D. RUBINO, voce Illecito (atto) (diritto moderno), cit., 703.
46
G. SCADUTO, D. RUBINO, voce Illecito (atto) (diritto moderno), cit., 703: «(…) la antigiuridicità può
assumersi come espressione di una particolare rilevanza giuridica di un atto, per denotare che ad esso
l’ordinamento giuridico reagisce, rimuovendo la situazione creata per ripristinare la preesistente situazione,
o apprestando comunque misure uguali o contrarie, per ripristinare l’equilibrio turbato dall’ordinamento
stesso. (…) la reazione dell’ordinamento giuridico (…) assume l’atto nella sua mera entità obiettiva,
prescindendo da ogni rapporto di causalità con il soggetto agente; considera l’atto come fatto (in senso
stretto)».
47
G. SCADUTO, D. RUBINO, voce Illecito (atto) (diritto moderno), cit., 706: «(…) l’atto illecito o il fatto
antigiuridico determinano uno stato di fatto che, di riflesso, la estinzione del diritto o comunque la
impossibilità che il diritto sia rimesso in grado di esplicarsi, per il futuro, così come prima della sua
violazione: la distruzione della cosa produce l’estinzione del diritto di proprietà; la sua efficace alienazione
da parte del non proprietario (…) produce la perdita del diritto per il proprietario (…)».
45
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o compensazione con gli effetti precedenti48.
Nel momento in cui si verifica un danno giuridicamente rilevante (laddove la
lesione del diritto sia presa in considerazione dall’ordinamento giuridico) la reazione
apprestata dall’ordinamento è quella del risarcimento49.
Il rapporto tra danno e atto illecito è il seguente. Il danno non è un requisito
sufficiente e neppure necessario dell’atto illecito. L’ordinamento giuridico, infatti, può
intervenire attraverso il ripristino dello status quo, in modo tale da evitare il verificarsi
stesso della lesione e quindi il sorgere del danno50.
La definizione di atto illecito come violazione della norma giuridica trova le
proprie basi nella concezione “imperativistica” della norma.
Questa teoria è propria delle dottrine illuministiche e razionalistiche del XVIII
secolo, che sono state recepite in Germania dal movimento pandettistico, in particolare
nella fase di introduzione del sistema dommatico51.
Si tratta di una posizione (recepita anche in Italia in ambito romanistico e
privatistico) incentrata sull’idea di norma come comando imposto a tutti i cittadini dalla
voluntas legis. L’iniuria viene definita come atto illecito a partire da una concezione di
licere, inteso come obbedienza al comando52.
Il comando è una manifestazione di volontà, che è finalizzata ad ottenere dal
destinatario una determinata condotta53.
48
G. SCADUTO, D. RUBINO, voce Illecito (atto) (diritto moderno), cit., 707: «(…) restando circoscritto agli
effetti irremovibili dell’atto o fatto antigiuridico, per cui all’ordinamento non rimane che apprestare misure,
le quali determinano effetti contrari e (possibilmente uguali), in equivalenza o (almeno)in compensazione
con i precedenti effetti».
49
G. SCADUTO, D. RUBINO, voce Illecito (atto) (diritto moderno), cit., 707. Gli Autori evidenziano
ulteriormente che, laddove il danno giuridicamente rilevante, sia derivato da un fatto obiettivamente
antigiuridico, è preferibile parlare di indennità e non di risarcimento. Questo perché la reazione apprestata
dall’ordinamento giuridico è indifferente ad ogni elemento volitivo e di conseguenza la reazione
dell’ordinamento è commisurata unicamente all’entità obiettiva del danno.
50
G. SCADUTO, D. RUBINO, voce Illecito (atto) (diritto moderno), cit., 707: «(…) il danno, non è (…)
requisito sufficiente, neanche è requisito necessario dell’atto illecito: la rimessione delle cose nel primiero
stato può essere reazione sufficiente, perché gli effetti irremovibili dell’atto possono, nella infinita varietà
delle vicende umane, neanche presentare quella lesione di interesse, quel danno economico, o meglio
materiale, che è pur sempre presupposto necessario del danno giuridicamente rilevante. In tema di non
esatto adempimento di obbligazioni, si consideri il caso del ritardo di una fornitura di merci ad un
commerciante, ove nel frattempo sia sopravvenuto un aumento nei prezzi: il commerciante avrà azione per
la risoluzione del contratto, ma non per il risarcimento dei danni (…)». Sul punto v. anche W. CESARINI
SFORZA, Risarcimento e sanzione, in Scritti giuridici per Santi Romano, I, Padova, 1940, 149.
51
Per un ricostruzione esaustiva di questa teoria: C. MAIORCA, I fondamenti della responsabilità, cit., 272.
52
C. MAIORCA, I fondamenti della responsabilità, cit., 272.
53
G. CIAN, Antigiuridicità e colpevolezza, Padova, 1966, 352: «(…) per comando intendo una
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Elemento imprescindibile per l’esistenza di un comando è la sanzione, che ha un
effetto di stimolo sulla psiche del destinatario54. La sanzione deve essere intesa in generale
come una conseguenza sfavorevole per il trasgressore55.
L’idea dell’illiceità come contrarietà alla norma giuridica è ancora oggi sostenuta
da autorevolissima dottrina.
L’illiceità è la violazione di una norma, la cui sanzione è rappresentata dal
risarcimento del danno 56 . Non viene fatta alcuna distinzione tra le due categorie
dell’antigiuridicità obiettiva e soggettiva, ma viene formulata una nozione generale di
antigiuridicità che coincide con quella di illiceità57. Questa impostazione trova compiuta
rispondenza nelle fonti romane. L’ “iniuria” è il fatto non autorizzato dall’ordinamento
giuridico e non sussiste laddove manchi dolo o colpa del soggetto agente58.
Il rapporto di identità, che si viene a creare tra illiceità e antigiuridicità, è stato
criticato alla luce di una nozione generale di antigiuridicità, che indica «qualsiasi fatto o
situazione che non sia conforme a diritto»59.
All’interno di questa categoria rientrerebbero fattispecie molto diverse tra di loro
come l’arricchimento senza causa e il danno arrecato con un atto lecito, che sia fonte di
responsabilità 60 . Si tratterebbe di fatti e situazione differenti, che non sarebbe utile
accostare all’atto illecito61.
I.3. La nozione
extracontrattuale.
unitaria
di
illecito
contrattuale
ed
I.3.1. La posizione della dottrina sotto il codice civile del 1865 con particolare
manifestazione di volontà diretta ad ottenere da una persona una determinata condotta, sia che costei
desideri sia che non desideri soddisfare chi la richiede».
54
G. CIAN, Antigiuridicità e colpevolezza, cit., 358 ss. Il fatto che la sanzione minacciata venga attuata, è
secondo l’Autore, del tutto irrilevante rispetto all’esistenza del singolo comando violato.
55
G. CIAN, Antigiuridicità e colpevolezza, cit., 358, nota n. 15.
56
C. M. BIANCA, Diritto civile, V, La responsabilità, II ed., Milano, 2012, 545.
57
C. M. BIANCA, Diritto civile, V, La responsabilità, cit., 557.
58
C. M. BIANCA, Diritto civile, V, La responsabilità, cit., 557, nota n. 38: «Su questo fatto possono essere
intese le fonti romane, le quali identificano la iniuria nel fatto non autorizzato dall’ordinamento giuridico
(Iustianiani Inst., 4.3.2: iniuria autem occidere intellegitur, qui nullo iure occidit), e dall’altro la escludono
se manca il dolo o la colpa (Gai Inst., 3.211: is iniuria autem occidere intellegitur, cuius dolo aut culpa id
acciderit)».
59
P. TRIMARCHI, voce Illecito (dir. priv), in Enc. dir., XX, Milano, 1970, 94.
60
P. TRIMARCHI, voce Illecito (dir. priv), cit., 94.
61
P. TRIMARCHI, voce Illecito (dir. priv), cit., 94.
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riguardo al pensiero di G. P. Chironi.
Uno dei maggiori esponenti della teoria della responsabilità come sanzione per la
violazione di un dovere giuridico è stato G. P. Chironi nei primi anni del 1900.
Chironi afferma che «qualunque fatto inducente la violazione di un dovere, che
abbia la sua ragione di essere nella volontà o nella legge, è fatto illecito; e l’agente deve
risponderne per via di rapporto speciale, quando all’elemento oggettivo, ch’è l’atto
commesso ingiustamente (non iure), sia unito il soggettivo, lo stato cioè particolare
dell’animo suo in relazione all’iniuria data» 62.
Il fatto illecito è costituito dal concorrere di un elemento oggettivo, rappresentato
dalla violazione di una norma giuridica, che determina un’offesa al diritto altrui63, e di un
elemento soggettivo, che riguarda lo stato d’animo in relazione all’atto ingiurioso64.
Il fatto può essere posto in essere dall’agente con la diretta intenzione di recare un
nocumento e allora sarà compiuto con dolo, oppure, laddove tale volontà manchi, si avrà
la colpa del soggetto agente65.
Il sorgere della responsabilità in capo al soggetto agente è dunque subordinata al
concorre dei due elementi di cui si compone il fatto illecito: la lesione ingiustamente
inferta al diritto e il dolo o la colpa dell’agente, accomunati sotto l’espressione “illiceità
soggettiva”66.
Nella sua opera l’illustre giurista utilizza il concetto di colpa secondo due modalità.
Ne individua un’accezione che potrebbe definirsi astratta e che indica la violazione della
regola di condotta imputabile all’agente 67 . In un secondo significato, che potrebbe
definirsi tecnico, esprime, invece, il particolare stato d’animo, che rappresenta l’elemento
soggettivo del fatto illecito68.
62
G. P. CHIRONI La colpa nel diritto civile odierno, La colpa contrattuale, II ed. interamente rifatta, Torino,
1925, 1 ss. Il Chironi parla di fatto illecito, senza compiere alcuna distinzione tra atto illecito e fatto illecito
(differenza specificata nel paragrafo precedente).
63
G. P. CHIRONI La colpa contrattuale, cit., 1, nota n. 1. Sui due elementi del fatto illecito v. anche G. P.
CHIRONI e L. ABELLO, Trattato di diritto civile italiano, Torino, 1904, 510 ss.
64
G. P. CHIRONI La colpa contrattuale, cit., 4.
65
G. P. CHIRONI La colpa contrattuale, cit., 4 ss, specifica che: «Quando l’atto come ingiurioso, e perché
tale non sia voluto dall’agente; oppure s’è voluto l’atto, non ingiurioso per sé, ma non se ne vollero le
conseguenze, perché non prevedute, o perché se pur prevedute n’è parso impossibile l’avverarsi, si dirà che
l’agente è in colpa, che l’azione è colposa«».
66
G. P. CHIRONI e L. ABELLO, Trattato di diritto civile italiano, cit., 515 ss.
67
G. P. CHIRONI La colpa contrattuale, cit., 1, nota n. 1.
68
G. P. CHIRONI La colpa contrattuale, cit., 4
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Il concetto di colpa può essere individuato nella violazione della regola di
condotta, ma può anche essere indicato come violazione imputabile del diritto altrui69.
Il diritto può trovare origine sia nell’obbligazione contratta dalle parti sia nella
legge in generale. Nel primo caso si tratterà di colpa contrattuale, nel secondo si parlerà,
invece, di colpa extracontrattuale70.
Il fatto che l’offesa sia perpetrata nell’esecuzione di un rapporto obbligatorio
oppure al di fuori di ogni vincolo tra le parti non influisce sull’entità della colpa, ma
solamente sul modo di valutarne l’estensione e la quantità di danno risarcibile71.
Muovendo, quindi, dalla nozione unitaria di colpa, che si è delineata, la
responsabilità civile è la conseguenza della colpa sia essa contrattuale o extracontrattuale.
Di conseguenza, Chironi rifiuta la nozione di responsabilità civile relegata ai soli
delitti e quasi delitti72. Posto, infatti, che la responsabilità discende dalla colpa e che la
69
G. P. CHIRONI La colpa contrattuale, cit., 1, nota n. 1: «La nozione posta qui a fondamento della colpa,
riferisce la violazione, ch’è sostrato del rapporto (…) al dovere giuridico gravante sul debitore: certamente
i testi e la concezione stessa sulla quale è intessuto il presente studio riferiscono la colpa all’ingiuria, alla
violazione del diritto (…), ma siccome la sostanza dei due modi di costruire il concetto non è diversa (…)
Questa violazione di condotta induce offesa al diritto di altri (…)».
70
G. P. CHIRONI La colpa nel diritto civile odierno, I, La colpa extra - contrattuale, II ed. interamente rifatta,
Torino, 1903, 1 ss.
71
G. P. CHIRONI La colpa extra - contrattuale, cit., 1 ss: «La colposa lesione del diritto altrui, induce la
responsabilità: ecco il principio: che l’offesa sia data nell’esecuzione di un rapporto obbligatorio
preesistente, oppure all’infuori di esso o all’infuori di qualsiasi rapporto obbligatorio, non importa, poiché
l’esistenza di questo vincolo non influisce modificando l’entità della colpa, ma soltanto nel modo di
valutarne l’estensione e di determinare la quantità di danno risarcibile».
72
Per comprendere la distinzione tra delitti e quasi delitti è necessario ripercorrere l’evoluzione nella
classificazione delle fonti delle obbligazioni. La prima summa divisio delle obbligazioni venne compiuta
da Gaio nelle sue Institutiones «omnis enim obligatio vel ex contractu nascitur vel ex delicto» (Gai. 3, 88).
L’inserimento del delitto (fatto illecito di diritto privato punito con sanzione penale privata) tra le fonti delle
obbligazioni rappresentò la novità più significativa della ripartizione gaiana. Nella classificazione effettuata
da Gaio non venivano, però, indicati i casi in cui l’obbligazione nasce in re ipsa, cioè senza il concorso di
una volontà umana conforme o difforme. Nella sua opera successiva Res cottidianae Gaio corresse la
divisione sopra indicata, adottando una tripartizione delle fonti: «obligationes aut ex contractu nascuntur
aut ex delicto aut proprio quodam iure ex variis causarum figuris» (D. 44.7.1 pr.). La categoria di
obbligazioni nascenti da ex variis causarum figuris era di tipo residuale, perché comprendeva tutti i casi
non classificabili come contratto o delitto. Successivamente nelle Institutiones imperiali la tripartizione
gaiana venne sostituita da una quadripartizione delle fonti (I. 3.13.1.): «ex contractu au quasi ex contractu
aut ex maleficio aut ex quasi maleficio». La distinzione tra delitti e quasi delitti (aut ex maleficio aut ex
quasi maleficio), che compare nell’opera giustinianea (l’utilizzo dei termini specifici “delicti et quasi
delicti”è di epoca bizantina), è di difficile individuazione. L’unico dato certo è che nei delitti ricorrono
esclusivamente le azioni civili, mentre nei quasi delitti le azioni pretorie (per una ricostruzione delle fonti
nel diritto romano: C. FERRINI, voce Illecito (in genere), in Nuovo dig. it., VI, Torino, 1938, p. 657 ss.; G.
FORMICA, voce Delitti e quasi delitti (lat. Obligationes quae ex delicto vel quasi ex delicto nascuntur: fr.
délits et quasi – délits) art. 1151 – 1156 Cod. civ., in Diz. prat. dir. priv., II, Milano, s. d., p. 589 ss.; M.
TALAMANCA, Elementi di diritto privato romano, II ed., Milano, 2013, 258 ss. e 311 ss.). La
quadripartizione delle fonti di origine giustinianea venne ripresa dai due grandi ispiratori del code civil: J.
DOMAT (Des dommages, & c. Tit. IX. Sec. IV. 131, Des autres especes de dommages causés par des fautes
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colpa può essere sia contrattuale sia extracontrattuale, così la responsabilità civile può
derivare da colpa contrattuale ed extracontrattuale73.
Chironi rifiuta, quindi, l’idea elaborata dalla dottrina d’Oltralpe, per cui la colpa
contrattuale darebbe origine a una condizione di garanzia e non di responsabilità, a
differenza di quanto avvenga in ambito extracontrattuale. La garanzia, infatti, secondo la
visione dell’Autore, è l’effetto dell’obbligo di comportarsi secondo buona fede
anteriormente alla costituzione del vincolo obbligatorio74. La violazione di questo obbligo
darebbe origine alla cosiddetta culpa in contraendo75.
Per effetto della colpa contrattuale l’obbligato risponde del proprio
inadempimento, che è fatto od omissione che lede il diritto. In ambito extracontrattuale,
invece, si verifica un danno ingiusto e quindi anche in questo caso vi è una violazione del
sans crime ni délit, in Les loix civiles dans leur ordre naturel, II, II éd., Paris, 1697), che fornì una
definizione generale di illecito, «Toutes les pertes et tous les dommages qui peuvent arriver par le fait de
quelque personne, soit imprudence, légèreté, ignorance de ce qu’on doit savoir, ou autres fautes semblables,
si légères qu’elles puissent être, doivent être réparées par celui dont l’imprudence ou autre faute y a donné
lieu», ripresa successivamente dall’art. 1382 del Code civ («Tout fait quelconque de l'homme, qui cause à
autrui un dommage, oblige celui par la faute duquel il est arrivé à le réparer»); e R. J. POTHIER nella sua
opera Traité des obligations, (in Oeuvres de Pothier contenant les traités du droit français. Dissertation
sur Pothier. Traité des obligations, Nouvelle édition mise en meilleur ordre et publiée par les soins de M.
DUPIN, augmentée d'une dissertation sur la vie et les ouvrages de ce célèbre jurisconsulte par le même, I,
Paris, 1924, 3 e 62 ss.), che distinse i delitti dai quasi delitti in base all’elemento soggettivo. Nei delitti si
parla di dolo e malevolenza, i quasi delitti, sono, invece, caratterizzati dal requisito dell’imprudenza: «Les
délits sont la troisième cause qui produit les obligations, et les quasi-délits la quatrième.On appelle délit
le fait par lequel une personne, par dol ou malignité , cause du dommage ou quelque tort à une autre. Le
quasi-délit est le fait par lequel une personne, sans mali- » gnité, mais par une imprudence qui n'est pas
excusable, cause quelque tort à un autre. Les délits ou quasi-délits diffèrent des quasi-contrats, en ce que
le fait, d'où résulte le quasi-contrat, est un fait permis j par les lois ; au lieu que le fait, qui forme le délit
ou quasi-délit y est un fait condamnable» (per un’analisi della concezione di delitti e quasi delitti nella
concezione romana e in quella francese, v. G. DEMOLOMBE, Des contrats ou des obligations
conventionnelles en général, in Traité des engagements qui se forment sans convention, VIII, Paris, 1882,
390 ss.). Anche le teorizzazioni di Pothier influenzarono l’elaborazione del Code civil del 1804, in
particolare nell’art. 1383, secondo il quale: «Chacun est responsable du dommage qu'il a causé non
seulement par son fait, mais encore par sa négligence ou par son imprudence». Le influenze d’Oltralpe si
riversarono anche nel codice civile italiano del 1865 all’articolo 1197, che riprendeva espressamente la
quadripartizione delle fonti: contratto, quasi contratto, delitto e quasi delitto. La dottrina italiana, in
particolare G. P. CHIRONI, La colpa extra - contrattuale, cit., 48 ss., motivava la distinzione tra delitti e
quasi delitti in base all’elemento soggettivo: il dolo nel primo caso, la colpa nei quasi delitti (un’analisi
esaustiva dei vari passaggi storici è compiuta da C. A. CANNATA, Sulle fonti delle obbligazioni, in G.
VISINTINI (diretto da), Tratt. resp. contr., I, Inadempimento e rimedi, Milano, 2009, 32 ss.).
73
G. P. CHIRONI, La colpa extra - contrattuale, cit., 13.
74
G. P. CHIRONI, La colpa extra - contrattuale, cit., 9.
75
G. P. CHIRONI, La colpa extra - contrattuale, cit., 9; vedi in particolare anche 8: «La “garanzia” non nasce
da “colpa”, non la presuppone quale suo termine costitutivo, e dichiara soltanto l’obbligo imposto, a chi
concorre a costituire un negozio giuridico, di accertare l’esistenza reale dei termini giustificanti il suo
concorso, perché la serietà delle contrattazioni la presuppone necessariamente (…)».
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diritto, un fare contra ius, ma non l’inesecuzione di un rapporto obbligatorio76.
La norma di riferimento, in quest’ultima ipotesi, è l’articolo 1151 cod. civ. prev.,
che esprime la nozione ampia di colpa sopra delineata. Questa disposizione stabilisce che
«Qualunque fatto dell’uomo che arreca danno ad altri obbliga quello per colpa del quale
è avvenuto a risarcire il danno».
È la colpa a determinare la responsabilità del soggetto agente e il conseguente
obbligo di risarcimento. Infatti, il fulcro della norma non si ritrova nell’espressione
«qualunque fatto», ma nella colpa stessa, che permette di individuare i fatti illeciti che
danno origine a responsabilità del soggetto agente77.
Nell’ipotesi di colpa contrattuale l’agente viola direttamente «la legge del
contratto», che adotta, restringendone oppure ampliandone la portata, la stessa norma
generale che vieta di commettere l’iniuria78.
Questa norma avrebbe un’applicazione residuale, perché si applicherebbe in tutti
i casi in cui si verifichi un fatto ingiurioso imputabile al soggetto agente, al di fuori di
qualsiasi rapporto obbligatorio79.
Si deve necessariamente parlare di rapporto obbligatorio preesistente e non di
rapporto contrattuale, perché, come sottolinea Polacco, i principi in materia di colpa
contrattuale vanno ad applicarsi anche in caso di obbligazioni derivanti da un quasi
contratto80. Ciò è esatto, anche se, come sottolinea il Polacco, molte differenze disciplinari
paiono plausibili solo nel caso in cui l’obbligazione preesistente sia di natura
contrattuale81.
L’esistenza del rapporto obbligatorio come elemento di discrimine tra colpa
76
G. P. CHIRONI, La colpa extra - contrattuale, cit., 11.
G. P. CHIRONI, La colpa extra - contrattuale, cit., 36: «La dottrina pone giustamente in rilievo questo ch’è
concetto fondamentale dell’istituto, avvertendo che la voce “colpa” nella disposizione ricordata, è spiccata
caratteristica del fatto illecito. Che cioè la virtù della norma non si contiene nell’espressione “qualunque
fatto”, sibbene nell’altra di “colpa”, che limitando l’ampiezza della voce “qualunque”, designa quali fatti
illeciti diano nascita alla responsabilità».
78
G. P. CHIRONI, La colpa extra - contrattuale, cit., 13.
79
G. P. CHIRONI, La colpa extra - contrattuale, cit., 13.
80
V. POLACCO, Le obbligazioni nel diritto italiano, I, II ed. riveduta ed ampliata, Roma, 1915, 393:
«Fondamentale in siffatta materia (…) è parsa la distinzione della colpa in contrattuale e colpa
extracontrattuale (…). La prima presuppone esistente un’obbligazione ed incorsa una colpa in riguardo ad
essa. E badisi che dico preesistente un’obbligazione e non un contratto, perché questo concetto e questo
nome (…) si applicano anche se l’obbligazione esistente proviene da un'altra fonte, per esempio da un quasi
contratto».
81
V. POLACCO, Le obbligazioni nel diritto italiano, cit., 393.
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contrattuale ed extracontrattuale ha una varietà di conseguenze a livello disciplinare,
finalizzate ad adattare il concetto unitario di colpa alla presenza del vincolo obbligatorio,
che riguardano in particolare la cosiddetta graduabilità della colpa e l’onere probatorio82
(oggetto di approfondimento nel capitolo II).
Ciò comporta la non fungibilità delle norme disciplinanti colpa contrattuale ed
extracontrattuale, proprio in virtù dell’elemento speciale che caratterizza la colpa
contrattuale83.
Passiamo ad analizzare il rapporto tra la colpa così delineata e l’obbligazione di
risarcimento, in cui prende forma la responsabilità del soggetto agente.
A questo proposito Vittorio Polacco ha messo in evidenza la distinzione che
intercorre, da questo punto di vista, tra colpa contrattuale e colpa extracontrattuale.
La colpa contrattuale darà vita alla prestazione di risarcimento dei danni, che si
presenta aggiuntiva e successiva rispetto a quella dovuta in base all’obbligazione
preesistente (regolata dagli articoli 1224, 1227 e 1228 cod. civ. prev.).
In ambito extracontrattuale, invece, la colpa si presenta come la fonte primaria di
una nuova obbligazione tra danneggiato e danneggiante. I due soggetti, infatti, si
presentano inizialmente estranei l’uno rispetto all’altro e sono legati solamente dal
generico dovere del neminem laedere84, che lega tutti i consociati (regolata dagli articoli
1151 e seguenti cod. civ. prev.). La colpa va, dunque, a creare un nuovo nesso obbligatorio
tra due soggetti85.
In questo senso si può dire che la colpa può modificare il rapporto tra persone già
legate da un vincolo obbligatorio per effetto della nuova obbligazione di risarcimento;
oppure può creare l’obbligazione stessa di risarcimento mettendo in diretto rapporto il
danneggiato e il danneggiante86.
82
G. P. CHIRONI, La colpa extra - contrattuale, cit., 53 ss.
G. P. CHIRONI La colpa extra - contrattuale, cit., 56.
84
V. POLACCO, Le obbligazioni nel diritto italiano, cit., 394: «L’altra si ha quando si reca danno ad una
persona verso la quale non si è legati da alcuna speciale obbligazione, oltre a quel dovere generico che si
ha verso tutti del neminem laedere».
85
V. POLACCO, Le obbligazioni nel diritto italiano, cit., 394: «Nella prima dunque siamo sul terreno di
un’obbligazione che già esiste ed è quella pertanto che ora qui ci interessa: la colpa genererà bensì
un’obbligazione, quella del risarcimento dei danni, ma quale prestazione succedanea o accessoria a quella
che già si doveva. Nella seconda la colpa è essa la fonte prima di un nesso obbligatorio fra le due persone
del danneggiato e del danneggiante prima estranee fra di loro».
86
P. CARADONNA, Concorso di colpa contrattuale ed extracontrattuale, in Riv. dir. comm., 1922, I, 264:
«(…) la colpa si comporta sempre in uno di questi modi: o modifica un rapporto tra persone note
83
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Partendo dall’idea che il concetto di colpa è unico87, il Pacchioni ha spostato la
propria indagine sul piano degli interessi che vengono concretamente lesi per effetto della
colpa contrattuale ed extracontrattuale.
Nel primo caso la colpa causa l’inadempimento di un’obbligazione contrattuale e
cagiona un danno al terzo. Il danno colpisce i vantaggi che il soggetto attendeva
dall’esecuzione del contratto, validamente concluso tra le parti
88
. La colpa
extracontrattuale, invece, colpisce i vantaggi che il terzo era in grado di conseguire dai
propri beni e dalla propria integrità personale al di fuori di qualsiasi rapporto contrattuale89.
Nel pensiero di Pacchioni si potrebbe individuare una delimitazione della colpa
contrattuale al solo settore dell’inadempimento delle obbligazioni contrattuali. In realtà,
come è chiaro nel contesto della sua opera, questa impostazione è propedeutica rispetto
al problema del concorso o cumulo di colpa contrattuale ed extracontrattuale (oggetto di
analisi successiva)90.
A partire da questa analisi è possibile compiere le seguenti considerazioni.
La posizione degli Autori muove da un unico concetto di illecito inteso come
violazione di un dovere giuridico. Elemento imprescindibile dell’iniuria è l’offesa al
diritto soggettivo tutelato dalla norma violata. Il verificarsi del danno è necessario perché
nell’obbligazione succedanea del risarcimento (colpa contrattuale) o crea l’obbligazione del risarcimento,
mettendo in diretto rapporto il danneggiante col danneggiato (colpa aquiliana). Sono i due modi di essere
della colpa che per la loro portata generale non possono confondersi ed hanno esigenze pratiche differenti».
87
G. PACCHIONI, Colpa contrattuale e colpa aquiliana, nota a Cass. Roma, 27 settembre 1904, in Riv. dir.
comm., 1905, I, 262: «La colpa per sé stessa non è né contrattuale né extracontrattuale, giacché è qualcosa
di negativo, cioè è mancanza di diligenza». Nelle sua opera intitolata Diritto civile italiano, parte seconda,
Diritto delle obbligazioni, IV, Dei delitti e dei quasi delitti, Padova, 1940, 159, G. PACCHIONI precisa che
la mancanza di diligenza consiste nella «violazione del dovere di tenere un certo contegno doveroso».
88
G. PACCHIONI, Colpa contrattuale e colpa aquiliana, cit., 262: «Essa viene detta contrattuale quando
causa l’inadempimento di un’obbligazione contrattuale e arreca un danno ad un terzo in relazione ai
vantaggi che questo terzo aveva ragione di attendersi dalla esecuzione del contratto da lui validamente
conchiuso».
89
G. PACCHIONI, Colpa contrattuale e colpa aquiliana, cit., 262: «Viene invece detta extracontrattuale
quando arreca un danno ad un terzo in relazione ai vantaggi che egli ha ragione di ritrarre dai suoi beni e
dalla sua propria integrità personale indipendentemente da qualsiasi rapporto contrattuale».
90
Vedi in particolare Dei delitti e dei quasi delitti, cit., 159 dove G. PACCHIONI segue la stessa linea sopra
delineata, per cui la colpa contrattuale nasce dalla violazione dell’obbligo specifico sorto in virtù del
contratto o di qualsiasi altro rapporto obbligatorio tra le parti, la colpa extracontrattuale, invece, si verifica
dalla lesione dell’obbligo generico rivolto a tutti i consociati di “neminem laedere, honeste vivere e suum
quique tribuere”. Sulla differente natura degli obblighi violati v. G. ROTONDI, Dalla lex aquilia all’articolo
1151 cod. civ, in Riv. dir. comm., 1917, I, 286: «In realtà ciò che caratterizza la responsabilità contrattuale
di fronte alla extracontrattuale è la diversa natura del dovere giuridico violato, ossia la diversa natura
dell’elemento oggetto dell’iniuria: dovere positivo e specifico nel primo caso, generico nel secondo».
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all’atto illecito consegua l’obbligazione di risarcimento in capo al soggetto agente91.
La violazione del diritto costituisce, infatti, come sottolineato da Chironi,
l’elemento materiale dell’illecito 92 . La materialità della lesione ingiuriosa sussiste sia
nell’ipotesi in cui il fatto sia illecito in sé, cioè contenga in sé la violazione suddetta, sia
nel caso in cui la lesione sia una sua conseguenza (e quindi l’atto sia di per sé lecito)93.
I.3.2. La dottrina contemporanea.
Le premesse poste dalla dottrina sopra analizzata hanno trovato autorevoli
sostenitori anche successivamente all’emanazione del codice civile del 1942.
Il dato di fondo che accomuna responsabilità contrattuale e responsabilità
extracontrattuale è la nozione di responsabilità intesa come sanzione per la violazione di
un dovere sancito da una norma giuridica94.
La diversità, però, risiede nella differente tipologia di doveri violati (così già
sostenuto da Rotondi95): obbligo specifico in ambito contrattuale e dovere generico in
campo extracontrattuale. Si tratta del dovere di rispetto altrui nella vita di relazione96.
Il fatto che anche l’illecito civile (così denominato l’illecito extracontrattuale nel
codice civile) consista nella trasgressione di una norma giuridica trova una propria
giustificazione a livello normativo nell’articolo 1173 cod. civ. In questa disposizione, che
disciplina le fonti delle obbligazioni, il fatto illecito è contrapposto alle fattispecie legali,
cioè agli atti o fatti idonei a produrre effetti obbligatori in conformità all’ordinamento
giuridico97.
91
G. ROTONDI, Dalla lex aquilia all’articolo 1151 cod. civ., cit., 286.
G. P. CHIRONI, La colpa contrattuale, cit., 2, nota n. 1: «La violazione del diritto, qualunque sia la forma
con la quale questo ha esistenza, si riferisca cioè ad un ordinamento d’interesse giuridico particolare o ad
un precetto, d’interesse generale, costituisce la materialità dell’iniuria: su tale concetto in cui non si tiene
calcolo della diversità delle conseguenze giustamente differenziate secondo l’entità della norma giuridica
violata, si può costruire l’idea generale dell’ingiuria nel diritto penale e nel privato».
93
G. P. CHIRONI, La colpa contrattuale, cit., 3, nota n. 1: «(…) la distinzione tra il caso che il fatto sia
illecito in sé, contenendo per la ragion stessa di sua esistenza, la violazione del diritto altrui, e l’altro che
tale violazione sia contenuta soltanto nella conseguenza di un fatto di per sé lecito. La materialità
dell’iniuria, la lesione ingiuriosa, esiste in ambi i casi, e la distinzione accennata può avere notevole rilievo
nel porre i criteri di prova dell’elemento soggettivo, per cui l’atto ingiurioso è colposo, (…) e induce con
ciò la responsabilità dell’agente: se nel primo caso la colpa inest in re ipsa (…), nel secondo la prova
dev’essere fatta in modo più specifico».
94
C. M. BIANCA, Diritto civile, V, La responsabilità, cit., 559.
95
G. ROTONDI, Dalla lex aquilia all’articolo 1151 cod. civ., cit., 286.
96
C. M. BIANCA, Diritto civile, V, La responsabilità, cit., 559.
97
C. M. BIANCA, Diritto civile, V, La responsabilità, cit., 545.
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Di conseguenza, l’illecito extracontrattuale è un fatto posto in essere in contrasto
con l’ordinamento giuridico, quindi in violazione di una norma98. Nella categoria dei fatti
illeciti rientrano, quindi, sia l’inadempimento imputabile sia il fatto illecito
extracontrattuale99.
L’accezione di responsabilità, come sopra delineata, spiega perché le due figure
abbiano in comune il rimedio principale, cioè il risarcimento del danno e altri istituti
riguardanti le cause di esonero di responsabilità, come ad esempio la forza maggiore e lo
stato di necessità100.
L’attribuzione della qualifica di “illecito” al comportamento lesivo si atteggia
diversamente all’interno e al fuori di un rapporto obbligatorio. Nel primo caso il
comportamento lesivo del soggetto agente trae la propria qualifica di illecito da un fatto,
l’inadempimento, che attiene al rapporto obbligatorio stesso 101 . Nell’obbligazione che
deriva da fatto illecito extracontrattuale, invece, precede il sorgere del rapporto
obbligatorio tra le parti. La qualifica di fatto illecito viene, infatti, fornita direttamente
dalla legge o da qualsiasi altra fonte autoritativa102.
Nell’obbligazione da contratto, e in generale nelle obbligazioni da fatto lecito,
l’illecito consiste nell’inadempimento dell’obbligazione contratta. Affinché si possa
verificare il fatto illecito è necessario che si realizzi il fatto fonte dell’obbligazione violata.
Nell’obbligazione da fatto illecito, invece, l’illecito coincide con la realizzazione del fatto
da cui deriva l’obbligazione stessa103.
98
C. M. BIANCA, Diritto civile, V, La responsabilità, cit., 545. L'idea di una nozione unica di responsabilità
si ritrova anche nella dottrina d'oltralpe, in particolare nel pensiero di P. ESMEIN, Le fondement de la
responsabilité contractuelle rapprochée de la responsabilité délictuelle, in Rev. trim. dr. civ., 1933, 692:
«La responsabilité délictuelle et la responsabilité contractuelle sont rationellement, régies, par le memes
principes, parceque l'ideé de la responsabilité est une. Elle est la sanction de la faute, qui consiste à n'avoir
pas rempli une obligation».
99
C. M. BIANCA, Diritto civile, V, La responsabilità, cit., 2 ss. A questo proposito l’Autore afferma che
l’inadempimento non imputabile è un fatto obiettivamente antigiuridico. I rimedi apprestati
dall’ordinamento giuridico sono dei rimedi obiettivi, finalizzati a «preservare la posizione creditoria contro
l’alterazione dell’equilibrio contrattuale». Sulla stessa linea v. anche U. BRECCIA, Le obbligazioni, in G.
IUDICA e ZATTI (a cura di), Tratt. dir. priv., Milano, 1991, 666: «(…) gli aspetti d’identità (….) sono legati
alla finalità quale si manifesta nella reazione dell’ordinamento ad un comportamento dannoso (che è illecito
sia quando si attui per il tramite della violazione di uno specifico obbligo sia quando ne prescinda ma pur
sempre si risolva nella lesione antigiuridica di un interesse altrui tutelato dall’ordinamento)».
100
C. M. BIANCA, Diritto civile, V, La responsabilità, cit., 559.
101
C. A. CANNATA, Sulle fonti delle obbligazioni, cit., 67.
102
C. A. CANNATA, Sulle fonti delle obbligazioni, cit., 67
103
C. A. CANNATA, Sulle fonti delle obbligazioni, cit., 67.
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Questo aspetto necessità di un’ulteriore specificazione.
Prendendo in considerazione nello specifico l’obbligazione contrattuale, è
possibile individuare due momenti in cui si articola la vicenda obbligatoria. Un primo
momento è quello della conclusione del contratto, in cui si verifica il fatto fonte
dell’obbligazione, si forma l’obbligazione e sorge contemporaneamente l’azione
contrattuale. In un secondo momento, in caso di inadempimento dell’obbligazione
contrattuale, si verifica il fatto illecito ed è esperibile l’azione contrattuale104.
Al contrario dell’obbligazione contrattuale, la vicenda relativa all’obbligazione da
fatto illecito extracontrattuale si esaurisce in un unico momento. Con il realizzarsi del
fatto fonte dell’obbligazione, che coincide con il fatto illecito, si ha la nascita
dell’obbligazione, dell’azione a tutela del soggetto danneggiato e della sua esperibilità
nei confronti del danneggiante105.
Il conceto di inadempimento come fatto illecito è stato oggetto di critica.
Innanzitutto, si è affermato che si tratterebbe di un libero atto di scelta da parte del
debitore 106 . Quest’ultimo effettua, infatti, un’opzione tra due possibilità: prestare il
quantum dedotto nel rapporto obbligatorio oppure il quanti ea res est, ovvero
l’equivalente della res debita-credita107.
Nel momento in cui il debitore decide di non adempiere la propria obbligazione
compie un atto volontario, ovvero sceglie liberamente di non adempiere la propria
obbligazione108. Quando si parla di volontarietà dell’inadempimento da parte del debitore
104
C. A. CANNATA, Sulle fonti delle obbligazioni, cit., 67: «Da tutto ciò possiamo desumere che la vicenda
di un’obbligazione contrattuale è composta dai seguenti due momenti (a-b): a) il momento della
conclusione del contratto, il quale è il momento (1) del verificarsi del fatto fonte d’obbligazione e (2) del
formarsi dell’obbligazione, nonché (3) del sorgere dell’azione contrattuale a tutela di tale obbligazione; b)
il momento dell’inadempimento, il quale è il momento (1) del fatto illecito consistente nella violazione
dell’obbligazione formatasi in a2 e (2) nel quale diviene esperibile l’azione sorta in a3”. (L’Autore alla nota
n. 63 specifica che quanto sostenuto in materia di obbligazioni da contratto vale per qualunque obbligazione
da fatto lecito)».
105
C. A. CANNATA, Sulle fonti delle obbligazioni, cit., 67.: «Consideriamo adesso un’obbligazione da fatto
illecito extracontrattuale, per esempio l’obbligazione del danneggiante D che ha dato fuoco per colpa ad
un veicolo che appartiene al proprietario P, e pertanto risulta obbligato a risarcire il danno a In questo caso
P potrà direttamente chiamare in giudizio D con l’azione da fatto illecito. Dal che si desume che la vicenda
dell’obbligazione da fatto illecito extracontrattuale si riduce ad un solo momento, il quale è insieme quello
del verificarsi del fatto fonte d’obbligazione (che coincide con la realizzazione dell’illecito), della nascita
dell’obbligazione, del sorgere dell’azione a tutela di tale obbligazione e dell’esperibilità dell’azione stessa».
106
C. MAIORCA, I fondamenti della responsabilità, cit., 436.
107
C. MAIORCA, I fondamenti della responsabilità, cit., 436.
108
C. MAIORCA, I fondamenti della responsabilità, cit., 436.
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non deve però confondersi con la volontà del dolo di cui all’articolo 1225 cod. civ. Si
tratterebbe in questo caso del dolus incidens, che non è un elemento strutturale del
rapporto obbligatorio109.
Uguali critiche sono state rivolte al rapporto di causa effetto (ma anche di
identificazione) tra illecito e responsabilità extracontrattuale (denominata anche
“responsabilità civile”). Il riferimento al concetto di illecito (inteso come trasgressione di
un dovere) è stato ritenuto improprio. Infatti, vi sono casi in cui un danno deve
necessariamente accadere e di conseguenza non sussiste, in capo al responsabile, un
dovere di tenere indenne un altro soggetto110. In ipotesi di questo genere, l’illecito non
potrebbe costituire l’origine della responsabilità, a meno che in tali fattispecie si escluda
la responsabilità stessa111.
Si è contestata, inoltre, la funzione afflittiva della responsabilità civile, di
riprovazione della condotta, che è alla base della teoria criticata. L’accentuazione di
questa finalità non sarebbe in linea con gli sviluppi della responsabilità all’interno del
nostro ordinamento. L’orientamento funzionale non è, infatti, più concentrato solo sulla
condotta del soggetto agente112.
I.3.3 Le critiche dottrinarie al dovere di neminem laedere come dovere generico
di non arrecare danno agli altri.
La concezione della responsabilità extracontrattuale come reazione alla violazione
del dovere generico di neminem laedere (o meglio alterum non laedere) è stata oggetto
di fortissime critiche già dalla sua elaborazione iniziale.
109
C. MAIORCA, I fondamenti della responsabilità, cit., 436.
S. RODOTÀ, Il problema della responsabilità civile, cit., 51.
111
S. RODOTÀ, Il problema della responsabilità civile, cit., 52.
112
S. RODOTÀ, Il problema della responsabilità civile, cit., 54 ss.: «Non è soltanto ad un equivoco
costruttivo che deve essere ricondotta l’identificazione corrente di responsabilità ed illecito civile (o la loro
costruzione come effetto e causa): essa è frutto dell’accentuazione di un particolare profilo funzionale, dal
quale si continuano a desumere ragioni sistematiche, anche quando risulta evidente l’impossibilità di
considerarlo riferimento esclusivo nella nuova situazione legislativa. Non per questo si dovrà dire che un
profilo afflittivo, una riprovazione della condotta, debba comunque ritenersi incompatibile con la disciplina
della responsabilità civile: esso potrà ben dimostrarsi coerente con un sistema diverso da quello vigente in
Italia, il quale testimonia, invece, un orientamento funzionale non più riferibile alla considerazione della
sola posizione dell’autore del danno. Quando (…) si mantiene immutato l’antico punto di vista, non soltanto
risulta travisato il senso dell’ordinamento attuale della responsabilità civile, ma pure preclusa la possibilità
di una compiuta sistemazione della materia, destinata a perdersi in tanti rivoli quanti sono i criteri di
responsabilità (…)».
110
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L’origine del neminem laedere deve essere ricondotta al noto passo di Ulpiano (D.
1,1,10.1.): Iuris praecepta sunt haec: honeste vivere, alterum non laedere, suum cuique
tribuere, (Questi sono i precetti del diritto: vivere onestamente, non offendere nessuno,
dare a ciascuno il suo).
Il passo di Ulpiano fu recuperato durante il giusnaturalismo. I giusnaturalisti
indagarono i tratti comuni alle varie fattispecie di illecito e riuscirono a ricondurle ad un
principio comune: il neminem laedere. Questo principio si è poi concretizzato in varie
codificazioni europee e anche nel nostro ordinamento con l’articolo 2043 cod. civ113.
Si può dire che il neminem laedere riassume in sé la clausola generale di cui
all’articolo 2043 cod. civ., stabilendo sia una regola di comportamento, sia un precetto la
cui violazione determina una sanzione114.
Francesco Carnelutti è stato tra i primi ad aver dubitato dell’esistenza del neminem
laedere come dovere generico nei confronti di tutti i consociati.
Egli ha accettato l’idea (elaborata da Polacco) che la colpa contrattuale (intesa
sempre come violazione di un obbligo, accompagnata dall’elemento soggettivo
dell’intenzionalità o negligenza115) debba essere allargata al di fuori del contratto116 in base
all’articolo 1097 cod. civ. prev 117 . Carnelutti,. però, non ammette che l’elemento di
discrimine tra colpa contrattuale e colpa extracontrattuale risieda nella violazione di un
obbligo specifico o del dovere generico di neminem laedere118.
L’Autore ha qualificato il neminem laedere come una “Fata Morgana”, che ha
113
M. SELLA, Sub art. 2043, in P. CENDON (a cura di), in Comm. cod. civ., artt. 2043 – 2053, Fatti illeciti, I:
generalità, responsabilità per fatto altrui, attività pericolose, danni da cose, da animali, da rovina di
edificio, Milano, 2008, 9; sul punto vedi la ricostruzione storica di P. STANZIONE, La responsabilità civile:
principi generali, in P. STANZIONE (diretto da), Tratt. resp. civ., I, Responsabilità contrattuale, Padova,
2012, 16.
114
G. ALPA, La responsabilità civile. Parte generale, Torino, 2010, 220.
115
F. CARNELUTTI, Sulla distinzione tra colpa contrattuale e colpa extracontrattuale, nota a App. Venezia,
5 luglio 1912, in Riv. dir. comm., 1912, II, 744: «(...) secondo che si intenda o non per colpa il fatto stesso
della violazione, non altro è che la violazione di quell’obbligo qualificato da un certo stato suriettivo del
violatore (intenzionalità o negligenza)».
116
F. CARNELUTTI, Sulla distinzione tra colpa contrattuale e colpa extracontrattuale, cit., 743: «(…)
un’obbligazione non preesiste tra le parti solo per causa di contratto (…). Impostata dunque la distinzione
così, bisogna allargare la colpa contrattuale fuori dal contratto. Il Polacco stesso lo riconosce con piena
sincerità (…)».
117
Art. 1097 cod. civ. prev.: «Le obbligazioni derivano dalla legge, da contratto o quasi contratto, da delitto
o quasi delitto».
118
F. CARNELUTTI, Sulla distinzione tra colpa contrattuale e colpa extracontrattuale, cit., 744 ss.
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illuso e continua ad illudere i giuristi119. Non si tratta, infatti, di un dovere generico, bensì
della sintesi di tutti i doveri specifici imposti a ciascun consociato. Non si può essere in
grado di sapere se l’atto viola un dovere generico senza essere a conoscenza della lesione
di un obbligo specifico120.
Secondo Carnelutti, la colpa non può esistere senza violazione di un obbligo
specifico da parte del soggetto agente e ciò troverebbe conferma nella stessa nozione di
fatto illecito. Il primo elemento che contraddistingue l’illecito è, infatti, la violazione della
norma giuridica, cioè l’inadempimento dell’obbligo imposto da quella norma121.
La colpa contrattuale e quella extracontrattuale, di conseguenza, consistono
entrambe nella violazione di un obbligo preesistente imputabile all’agente122. Il fatto che
l’articolo 1151 cod. civ. prev. non fosse chiaro su questo punto sarebbe stato un elemento
positivo per Carnelutti, perché avrebbe consentito un’opera di continuo rinnovamento
giuridico123.
In conseguenza di questo, la colpa extracontrattuale (quindi anche quella
contrattuale) non avrebbe creato un nuovo rapporto tra le parti, così come sostenuto da
Polacco, ma avrebbe modificato il rapporto già esistente. Il rapporto originario viene
trasformato in un rapporto secondario. Si surroga all’obbligo primitivo l’obbligo di
risarcimento. L’unica differenza è che, nel caso di colpa contrattuale, questa
trasformazione risulterebbe più visibile rispetto a quanto avvenga in ambito
extracontrattuale124.
119
F. CARNELUTTI, Sulla distinzione tra colpa contrattuale e colpa extracontrattuale, cit., 744.
F. CARNELUTTI, Sulla distinzione tra colpa contrattuale e colpa extracontrattuale, cit., 744.: «Non si
può dunque decidere che un atto aliquem laedit, se non si stabilisce che chi lo compie iure suo non utitur,
e non si può stabilir questo senza stabilire se egli ha o non ha l’obbligo di astenersene; cioè non si può
decidere se l’atto viola il dovere generico senza sapere se infrange un dovere specifico!».
121
F. CARNELUTTI, Sulla distinzione tra colpa contrattuale e colpa extracontrattuale, cit., 744: «Colpa
senza preesistenza di un obbligo speciale non esiste, non può esistere; il che in sostanza è ammesso da tutti
quanti insegnano che primo elemento del fatto illecito è la contraddizione allo ius, cioè la violazione di una
norma giuridica, cioè l’inadempimento dell’obbligo imposto da quella norma; che poi la violazione si
intenda della colpa o del danno, è semplice questione di costruzione e perfino di terminologia scientifica».
122
F. CARNELUTTI, Sulla distinzione tra colpa contrattuale e colpa extracontrattuale, cit., 744.
123
F. CARNELUTTI, Sulla distinzione tra colpa contrattuale e colpa extracontrattuale, cit., 745:
«L’imperfezione di quel testo e l’errore o almeno la incompletezza del concetto di colpa extracontrattuale
che esso, a vicenda, rispecchia ed agevola gli permette di essere una fonte di rinnovamento giuridico. E se
Polacco ha efficacemente additato nell’articolo 1124 del cod. civ. un organo respiratorio del diritto, io direi
che l’articolo 1151 gli fa il paio e costituisce il secondo polmone del nostro codice. Pochi errori hanno tante
benemerenze quanto quel trasparentissimo dovere generico del neminem laedere!».
124
F. CARNELUTTI, Sulla distinzione tra colpa contrattuale e colpa extracontrattuale, cit., 745: «La colpa
contrattuale o non contrattuale, non crea, ma modifica il rapporto; trasforma il rapporto originario in un
120
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Questa conclusione di Carnelutti si basa espressamente sulla natura sanzionatoria
dell’articolo 1151 cod. civ. prev., che si limiterebbe a determinare la sanzione di tutti i
fatti illeciti125 (questo tema sarà oggetto di analisi successiva).
Le argomentazioni sono state riprese anche dopo la codificazione del 1942. In
particolare, si è affermato che i doveri specifici, di cui il principio di neminem laedere è
una sintesi terminologica, sono quelli connessi ai fatti costitutivi dei diritti assoluti126.
Inoltre, i doveri di non ingerenza che incombono su ciascun consociato hanno un
contenuto differenziato a seconda dei diritti assoluti di cui sono il riflesso127.
I.4. L’illecito come violazione dell’obbligo di risarcimento del
danno.
La teoria che individua l’illecito nella violazione dell’obbligo di risarcimento dei
danni muove innanzitutto dal concetto di “sanzione”.
La sanzione è il rimedio all’antigiuridicità di un determinato comportamento128.
rapporto secondario; surroga all’obbligo primitivo l’obbligo di risarcimento. Vi è solo questo, in materia di
contratti e in genere di diritti personali: che l’obbligo originario è più visibile e la trasformazione ha maggior
rilievo. Se io licenzio illegittimamente il mio servitore, la modificazione dell’obbligo di tenerlo al mio
servizio e pagargli la mercede in denaro o in natura, nell’obbligo di pagargli una somma a forfait per
risarcimento del danno è marcatissima. Se io lo bastono, la sostituzione del mio obbligo di non ledere la
sua integrità personale con l’obbligo di rifondergli il quanti interest passa quasi inosservata, perché
l’obbligo negativo inerente ai diritti assoluti si avverte poco, anzi può dirsi che sia avvertito solo attraverso
quell’obbligo secondario, in cui si trasforma e si deforma la sua violazione».
125
F. CARNELUTTI, Sulla distinzione tra colpa contrattuale e colpa extracontrattuale, cit., 746: «La
differenza è dunque tutta esteriore a attiene solo alla struttura delle norme mediante le quali l’obbligo è
imposto e il diritto riconosciuto; vi sono obblighi posti da una norma e sanzionati da un’altra; vi sono
obblighi presupposti dalla norma stessa che li sanziona. (…) l’articolo 1151, non considerando illeciti dati
fatti e determinandone le sanzioni, ma limitandosi a determinar la sanzione di tutti i fatti illeciti, esige
logicamente una previa statuizione sulla illiceità del dato fatto, e questa non può ricadere se non da una
norma diversa».
126
L. MENGONI, Sulla natura della responsabilità precontrattuale, nota a Cass. Civ., 5 maggio 1955, n.
1259, in Riv. dir. comm., 1956, II, 361 ss.
127
L. MENGONI, Sulla natura della responsabilità precontrattuale, cit., 362: «L’assoggettamento dei beni
di appartenenza altrui alla concreta possibilità di danneggiamento da parte nostra è solo una condizione di
fatto della violazione dei corrispondenti doveri (assoluti) di non ingerenza che a noi incombono: non è né
un presupposto costitutivo di essi, né un criterio di determinazione del loro contenuto, che è già, fin
dall’origine, individuato e differenziato in relazione al vario contenuto dei diritti assoluti di cui questi doveri
sono il riflesso». Negli stessi termini vedi anche R. SCOGNAMIGLIO, In tema di risarcibilità di danni
derivanti dalla lesione di interessi legittimi da parte della pubblica amministrazione, in Riv. dir. civ. 1963,
I, 157, da tali considerazioni l’Autore prende le mosse per la costruzione della teoria dell’illecito come
danno ingiusto.
128
W. CESARINI SFORZA, Risarcimento e sanzione, cit., 150: «(…) la sanzione concepita unitariamente non
è altro che il rimedio all’antigiuridicità di un umano comportamento, cioè al verificarsi di un torto, di un
comportamento contrario a quella che la norma giuridica prevede o impone».
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25
Un comportamento si può definire antigiuridico (cosiddetto torto) in caso di contrarietà a
ciò che la norma giuridica impone oppure vieta129.
Mentre le conseguenze derivanti dall’atto antigiuridico possono essere
irrimediabili, all’atto antigiuridico è possibile porre un rimedio, volto a ristabilire
l’impero della giustizia130. Questo rimedio è rappresentato dalle sanzioni.
Le sanzioni, siano esse civili oppure penali, hanno la funzione di ripristinare la
giustizia. Ad esempio, in ambito civile, l’esecuzione del creditore sui beni del debitore,
riequilibra quel rapporto tra gli interessi di ognuno, che il debitore aveva cercato di
alterare con il proprio inadempimento. Si ricrea, quindi, l’equilibrio infranto attraverso la
violazione del dovere giuridico131.
La differenza tra le sanzioni civili e le sanzioni penali è che le prime intervengono
in caso di violazione di un dovere volontario, mentre le seconde vengono applicate
laddove il dovere violato sia necessario132.
Ciò ha dei riflessi sul modo di operare concreto della sanzione. Infatti, nel primo
caso la sanzione non agisce sulla volontà dell’obbligato, che è libera. Nel caso in cui,
invece, venga applicata una sanzione penale, questa condiziona la volontà del
destinatario133.
Una volta che sia stata applicata la sanzione (sia essa civile o penale) e ristabilita
la giustizia, può essere necessario intervenire per eliminare le conseguenze del torto (cioè
del comportamento antigiuridico) che si presentano rimediabili attraverso il risarcimento
del danno134.
Il risarcimento e la sanzione operano su piani diversi, nel senso che svolgono delle
funzioni differenti. Nello specifico, il risarcimento è un rimedio alle conseguenze dannose
129
W. CESARINI SFORZA, Risarcimento e sanzione,cit., 150.
W. CESARINI SFORZA, Risarcimento e sanzione,cit., 150.
131
W. CESARINI SFORZA, Risarcimento e sanzione,cit., 151. In ambito penale ugualmente la pena è
finalizzata a ripristinare l’equilibrio infranto, in particolare l’Autore sostiene che: «(…) la legge della
giustizia correttiva (…) è soddisfatta quando con l’infliggere un male al reo si parifica la situazione di
costui a quella della vittima, mentre quella legge sarebbe offesa soltanto se la vittima dovesse soffrire».
132
W. CESARINI SFORZA, Risarcimento e sanzione,cit., 151.
133
W. CESARINI SFORZA, Risarcimento e sanzione,cit., 152. L’Autore mette in evidenza che, in caso di
dovere volontario, un vincolo all’obbligato può derivare solo da una causa estrinseca come ad esempio la
fede religiosa. Nello specifico l’Autore sostiene che: «(…) il soggetto può ritenersi veramente impegnato a
non mutare la sua volontà, solo quando ha chiamato Dio o gli dei a testimoni e depositari dell’impegno che
ha assunto. In questo caso si comprende come l’impegno dell’obbligato sembri voluto non da costui, ma
dalla divinità (…)».
134
W. CESARINI SFORZA, Risarcimento e sanzione,cit., 151.
130
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dell’atto illecito, laddove l’atto leda un interesse di natura morale o patrimoniale135.
Da quanto sopra esposto, deriva che illecito è la fattispecie che dà origine
all’applicazione della sanzione e l’illecito è civile o penale in conseguenza della sanzione
che viene applicata. Un’ipotesi di illecito civile è quella che prevede come sanzione il
prelevamento coatto, dal patrimonio di un soggetto, di un’utilità patrimoniale, equivalente
all’ammontare di una prestazione inadempiuta. Questa prestazione ha ad oggetto il
risarcimento dei danni136.
L’obbligo di risarcimento dei danni può essere imposto direttamente dalla legge
in virtù dell’articolo 2043 cod. civ. oppure come conseguenza dell’inadempimento di
un’obbligazione preesistente ex art. 1218 cod. civ137.
L’illecito sia contrattuale che extracontrattuale consisterebbe nella violazione di
questo obbligo. L’illecito non corrisponderebbe, quindi, al verificarsi della fattispecie da
cui deriva l’obbligazione di risarcimento, che non è una sanzione138.
Quest’ impostazione ha provocato reazioni divergenti nella dottrina.
Da un lato è stata definita come «il più coerente tentativo di identificazione dei
due tipi di responsabilità»139, dall’altro lato è stata considerata come una soluzione non
risolutiva nell’identificazione dell’illecito140. Infatti, nel caso in cui venga violato il diritto
al risarcimento del danno, viene leso un diritto soggettivo, così come avviene in caso di
inadempimento o di violazione del neminem laedere. Detto ciò, secondo i critici, non
avrebbe senso qualificare come illecito l’inadempimento all’obbligo risarcitorio ed
escludere questa connotazione negli altri casi141.
135
W. CESARINI SFORZA, Risarcimento e sanzione,cit., 158: «Se ora si considera la funzione cui adempie il
risarcimento, si vede che nulla ha a che fare con quella che caratterizza le sanzioni. Non alla illiceità il
risarcimento è rimedio, ma alle dannose conseguenze dell’atto illecito, ove questo leda un interesse
patrimoniale patrimoniale o morale. Risarcimento e sanzioni operano di piani diversi».
136
E. CASETTA, L’illecito degli enti pubblici, Torino, 1953, 84 ss.
137
E. CASETTA, L’illecito degli enti pubblici, cit., 85: «Tale prestazione potrà essere imposta direttamente
dalla legge es art. 2043 cod. civ. quanto derivare da fonte diversa, ossia dall’inadempimento di
un’obbligazione preesistente es. art. 1218 cod. civ.: onde la fondamentale unità dogmatica dell’illecito
contrattuale ed extracontrattuale».
138
E. CASETTA, L’illecito degli enti pubblici, cit., 85.
139
S. RODOTÀ, Il problema della responsabilità civile, 47, nota n. 15.
140
M. S. GIANNINI, Recensione a E. CASETTA, L’illecito degli enti pubblici, Torino, 1953, in Riv. trim. dir.
pubbl., 1954, 874.
141
M. S. GIANNINI, Recensione a E. CASETTA, cit., 874: «E non vi è alcuna ragione plausibile per isolare
tale accadimento da tutti gli altri che presentano gli stessi identici caratteri – es. se non altro da qualsiasi
altro inadempimento di obbligazione -, e riservare solo ad esso la denominazione (che a non più di un
nomen si ridurrebbe) di illecito».
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I.5. La responsabilità extracontrattuale da reazione all’illecito a
reazione verso il danno ingiusto.
Il capostipite della teoria che afferma la responsabilità extracontrattuale come
sanzione per la violazione di un danno ingiusto è stato Renato Scognamiglio.
Scognamiglio rifiuta l’idea per cui chi arreca danno ad altri commette un illecito,
perché viola il dovere generico del neminem laedere142 e di conseguenza la sua comunanza
con la responsabilità contrattuale, conseguente alla violazione di un obbligo143.
Egli dubita dell’esistenza di un dovere di neminem laedere in capo ai singoli
consociati. Questo dovere corrisponderebbe ad una tendenza ideale dell’ordinamento
giuridico e non avrebbe la natura e l’efficacia di una norma di condotta144. Appoggia a
questo proposito il pensiero di Carnelutti, per cui il neminem laedere sarebbe una finzione
ricostruttiva145.
L’infondatezza (da lui sostenuta) della teoria che riconduce la responsabilità
extracontrattuale a sanzione dell’illecito viene spiegata alla luce della disciplina codistica.
Vi sono, infatti, delle ipotesi di responsabilità extracontrattuale (come ad esempio la
responsabilità per fatto altrui e per rovina di edificio), in cui il risarcimento del danno non
dipende dal compimento di un atto antigiuridico, bensì dal rapporto con la cosa, l’animale
o l’edificio produttivo del danno146.
Passando, quindi, all’analisi del rapporto tra responsabilità contrattuale ed
extracontrattuale Scognamiglio ne sottolinea la differenza nei fondamenti e nella funzione.
La responsabilità contrattuale trova la propria origine nel concetto di obbligazione,
che in caso di inadempimento del debitore si riafferma nella prestazione risarcitoria (ove
non sia possibile l’esecuzione in forma specifica)147. Viene in questo modo soddisfatto
142
R. SCOGNAMIGLIO, voce Responsabilità contrattuale ed extracontrattuale, in Noviss. dig. it., XV, Torino,
1968, 671.
143
R. SCOGNAMIGLIO, voce Responsabilità contrattuale ed extracontrattuale, cit., 671: «Ci si vuole riferire
alla teoria (…) secondo cui chi arreca danno ad altri commette un illecito ed incorre nella relativa
responsabilità in quanto viola il dovere generico del neminem laedere. Sulla quale si poggia il criterio di
distinzione, che offre la seduzione di una sicura quanto elegante simmetria, secondo cui la responsabilità
cosiddetta contrattuale, al contrario, si fonda e si commisura sull’inadempimento di una preesistente
obbligazione».
144
R. SCOGNAMIGLIO, voce Responsabilità civile, cit., 637.
145
R. SCOGNAMIGLIO, voce Responsabilità contrattuale ed extracontrattuale, cit., 671.
146
R. SCOGNAMIGLIO, voce Responsabilità civile., cit., 638.
147
R. SCOGNAMIGLIO,voce Responsabilità contrattuale ed extracontrattuale, cit., 672: «(…) la
responsabilità cosiddetta contrattuale rinviene la sua scaturigine nella stessa nozione di obbligazione; che
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l’interesse, dedotto in obbligazione e pregiudicato dalla mancata cooperazione del
debitore, e al tempo stesso il creditore viene ristorato delle conseguenze pregiudizievoli
conseguenti all’inadempimento. In questo modo si ristabilisce la forza fattuale del vincolo
obbligatorio (previsto dal contratto o dalla legge) in seguito all’inadempimento del
debitore148.
Nella
responsabilità
extracontrattuale,
invece,
l’elemento
pregnante
è
rappresentato dal verificarsi del danno ingiusto, a cui si commisura l’obbligazione di
risarcimento del danno in capo al soggetto agente
149
. Affinché possa sorgere
l’obbligazione di risarcimento, è necessario che ricorrano le altre componenti della
fattispecie, culminante nel danno, quali i presupposti soggettivi, il nesso di causalità e
l’evento pregiudizievole150.
Si viene a creare un nuovo rapporto obbligatorio tra il danneggiante e il
danneggiato, che è finalizzato a comporre il conflitto ispirandosi ad una nuova solidarietà
tra i due soggetti151.
In definitiva è possibile che le qualifiche di lecito ed illecito, permesso o vietato
siano totalmente estranee alla responsabilità extracontrattuale152. La funzione della norme
che disciplinano la responsabilità extracontrattuale non consiste nel permettere o vietare
un determinato comportamento. La loro finalità è quella di stabilire i criteri di traslazione
del danno derivante da un determinato fatto153. Gli artt. 2043 e seguenti del codice civile
non sanzionano, quindi, le condotte lesive del principio di neminem laedere, ma
in caso di inadempimento ha modo di riaffermare la sua caratteristica essenza di vincolo, perpetuantesi
nella pretesa risarcitoria, ove non sia possibile procedere addirittura alla sua realizzazione in forma specifica
(esecuzione forzata)».
148
R. SCOGNAMIGLIO, voce Responsabilità contrattuale ed extracontrattuale, cit., 673.
149
R. SCOGNAMIGLIO, voce Responsabilità contrattuale ed extracontrattuale, cit., 673. «Laddove preesista
un rapporto obbligatorio, che derivi dall’autonomia contrattuale o dalla stessa legge, questa costituisce la
stregua su cui si realizza l’assetto degli interessi delle parti (coinvolte nel rapporto); e la responsabilità
viene in considerazione solo per la inosservanza del vincolo e come mezzo succedaneo per ristabilirne la
forza fattuale».
150
R. SCOGNAMIGLIO, voce Responsabilità civile, cit., 638.
151
R. SCOGNAMIGLIO, voce Responsabilità contrattuale ed extracontrattuale, cit., 673: «Se si verifica
invece un danno ingiusto e ricorrono tutti gli altri presupposti di legge perché sia accollato ad altri, si
produce, con la statuizione di responsabilità, l’obbligazione avente ad oggetto il ristoro di tutti i danni
rilevanti (giuridicamente), secondo l’esigenza e per il fine di comporre, nei termini di una nuova solidarietà,
il conflitto di interessi tra leso e danneggiante».
152
C. SALVI, La responsabilità civile, in G. IUDICA e ZATTI (a cura di), Tratt. dir. priv., II ed., Milano, 2005,
6.
153
C. SALVI, La responsabilità civile, cit., 6.
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assicurano il risarcimento del danno ingiusto154.
Il pensiero di Scognamiglio ha costituito le basi per la «demarcazione funzionale»
155
tra le obbligazioni derivanti da contratto e quelle aventi fonte diversa 156 . Questa
posizione si basa su una lettura non formalistica del sistema delle fonti, incentrata
sull’analisi della funzione svolta dalle obbligazioni157.
L’obbligazione contrattuale successiva all’inadempimento si caratterizza per un
contenuto programmatico. Ciò si manifesta nel fatto che l’obbligazione è in grado di
garantire la spettanza di un bene della vita158. L’obbligazione contrattuale, a differenza
delle obbligazioni restitutorie e quelle derivanti da fatto illecito, ha una funzione dinamica,
avente ad oggetto la distribuzione di ricchezza159. Le obbligazioni restitutorie o da fatto
illecito, infatti, hanno una funzione meramente correttiva di ricchezza160.
L’origine di questa differenza tra le due tipologie di obbligazioni va ricercata nel
diverso interesse sotteso al contratto. In particolare, l’interesse giuridicamente protetto
dal contratto consiste nell’aspettativa di determinati beni ed utilità di ordine economico.
L’obbligazione contrattuale, è, infatti, diretta a proteggere questo interesse 161 . La sua
finalità è quella di porre il soggetto nella stessa condizione in cui si sarebbe trovato se il
contratto fosse stato eseguito162.
154
C. SALVI, La responsabilità civile, cit., 6: «Gli articoli 2043 ss. non definiscono la forma generale di
protezione del diritto dei privati, diretta a sanzionare le violazioni colpevoli del principio di neminem
laedere, ma prevedono una. Tra le tecniche di tutela civile degli interessi: quella che ha il compito specifico
di assicurare, ricorrendone i presupposti normativi, la riparazione del danno ingiusto».
155
C. ROSSELLO, Responsabilità contrattuale ed extracontrattuale, in G. ALPA e M. BESSONE (diretta da),
La responsabilità civile, una rassegna di dottrina e giurisprudenza, in W. BIGIAVI (fondata da), Giur. sist.
dir. civ. comm. Torino, 1987, 298.
156
A. DI MAJO, Delle obbligazioni in generale, artt. 1173- 1176, in F. GALGANO (a cura di), Comm. cod.
civ. Scialoja – Branca, Bologna – Roma, 1988, 244.
157
A. DI MAJO, Delle obbligazioni in generale, artt. 1173- 1176, cit., 244.
158
A. DI MAJO, Delle obbligazioni in generale, artt. 1173- 1176, cit., 244 ss.: «(…) il contratto in quanto
promessa o sintesi di promesse vincolanti, genera aspettative di beni o utilità. L’interesse dunque
giuridicamente protetto dal contratto è l’aspettativa di beni o di concrete utilità di carattere economico.
L’obbligazione che si definisce contrattuale è dunque fondamentalmente volta a proteggere questo interesse.
Essa, vista nel suo aspetto coercitivo, ossia di concreto rimedio contro l’inadempimento, è diretta a porre il
soggetto (non inadempiente) nella stessa situazione in cui si sarebbe trovato se il contratto fosse stato
eseguito. (…) il rimedio contrattuale per definizione è quello diretto a far conseguire al soggetto non
inadempiente lo stesso bene od utilità che avrebbe conseguito se il contratto fosse stato adempiuto».
159
A. DI MAJO, Delle obbligazioni in generale, artt. 1173- 1176, cit., 244.
160
A. DI MAJO, Delle obbligazioni in generale, artt. 1173- 1176, cit., 244.
161
A. DI MAJO, Delle obbligazioni in generale, artt. 1173- 1176, cit., 245: «Il contratto, in quanto promessa
o sintesi di promesse vincolanti, genera aspettative di beni o di utilità. L’interesse dunque giuridicamente
protetto dal contratto è l’aspettativa di beni o di concrete utilità di carattere economico. L’obbligazione, che
si definisce contrattuale è dunque fondamentalmente volta a proteggere questo interesse».
162
A. DI MAJO, Delle obbligazioni in generale, artt. 1173- 1176, cit., 245.
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Laddove ciò non sia possibile, interviene il risarcimento del danno, che
comprende non solo le aspettative non realizzate, ma anche il danno economico subito
per aver confidato nell’adempimento del contratto163.
Lo scopo fondamentale cui tende, invece, qualsiasi obbligazione da fatto illecito
è quello di porre il soggetto danneggiato nella condizione anteriore al verificarsi del danno
In questa prospettiva, quindi, viene tutelato il mantenimento dello statu quo Il soggetto
danneggiato si trova nella stessa condizione in cui si sarebbe trovato se il danno non si
fosse verificato164.
I.6. Differenze e unità disciplinari tra responsabilità contrattuale
ed aquiliana.
I.6.1. La colpa.
La distinzione tra la colpa contrattuale ed extracontrattuale rappresentava uno dei
capisaldi del pensiero dottrinale sotto il codice civile abrogato.
La dottrina muoveva dall'idea per cui la colpa sia in senso contrattuale sia in senso
extracontrattuale consisteva nella violazione di un obbligo giuridico165.
Nonostante la base comune, venivano individuate delle differenze tra le due colpe
collegate alla loro struttura originaria.
Infatti, nel primo caso l'obbligazione violata nasce da un contratto e quindi
presuppone un accordo tra le parti. Questo patto riguarda la natura e l'estensione
dell'obbligazione e in alcuni casi determina anche l'estensione della colpa. Da ciò nasce
l'esigenza di determinare delle regole relative alla graduazione della colpa stessa166.
In ambito extracontrattuale, invece, manca un accordo tra i soggetti, posto che alla
base della responsabilità, come visto nel precedente capitolo, vi è la violazione del
163
A. DI MAJO, Delle obbligazioni in generale, artt. 1173- 1176, cit., 245.
A. DI MAJO, Delle obbligazioni in generale, artt. 1173- 1176, cit., 246: «(…) ad essere tutelato dunque
da tale obbligazione non è il conseguimento di aspettative ma il mantenimento dello statu quo, ossia delle
condizioni, personali e patrimoniali del soggetto, preesistenti all’illecito».
165
G. GIORGI, Teoria delle obbligazioni nel diritto moderno italiano, V, Firenze, 1926, 219.
166
G. GIORGI, Teoria delle obbligazioni nel diritto moderno italiano, cit., 219: «Tanto la colpa contrattuale
(…), quanto quella fuori di contratto sono violazioni di un obbligo giuridico. Ma differiscono nell'obietto.
L'obbligazione violata con la prima nasce da un contratto e presuppone perciò un patto preesistente che
determina la natura particolare e l'estensione dell'obbligazione, e talvolta gradua la colpa. Quindi la
necessità di regole relative alla gradazione della colpa contrattuale».
164
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principio di neminem laedere. Di conseguenza, non vi alcun accordo in ordine alla
graduazione della colpa e per questo motivo interviene la legge, che supplisce per
l'appunto alla mancanza di regole poste dalle parti167.
La prima differenza riguarda, quindi, il grado della colpa, o meglio la diversa
entità della colpa extracontrattuale rispetto a quella contrattuale.
Mentre nella responsabilità contrattuale l'entità della colpa viene regolata dalle
parti, seppur con dei limiti, in ambito extracontrattuale, invece, nell'individuazione del
grado di colpa (in assenza dell'indicazione legislativa) si fa ricorso al noto brocardo «in
lex Aquilia et levissima culpa venit»168.
Ulteriori differenze, oltre l'entità della colpa, venivano individuate, nella misura
del risarcimento, nella diversità dei soggetti danneggianti e delle parti lese, in tema di
onere della prova, ma soprattutto in materia di valutazione della colpa stessa. Si parla a
questo proposito della nota distinzione tra culpa in concreto e culpa in abstracto. La colpa
contrattuale doveva essere intesa in senso oggettivo, paragonandola ad un modello
astratto di condotta che doveva essere tenuto. La colpa extracontrattuale, invece, veniva
concepita sotto una chiave prettamente psicologica e concreta169 proprio per giustificare
la responsabilità anche in materia di culpa levissima170.
La distinzione tra colpa contrattuale ed extracontrattuale inizia a scemare
lentamente, quando, con l'entrata in vigore del codice civile del 1942, si ha chiaramente
l'affermazione di un unico parametro di valutazione, facendo così venir meno le diverse
graduazioni della colpa.
Ciò è espresso chiaramente nella relazione al Codice civile del 1942, precisamente
al n. 794. Il legislatore esprime la volontà di utilizzare un unico criterio misuratore nella
167
G. GIORGI, Teoria delle obbligazioni nel diritto moderno italiano, cit., 219: «Tuttociò non avviene,
quando manca il contratto, e la colpa promana ex nunc da una violazione dell'obbligo sociale di non ledere.
Mancando il patto, esula la possibilità di una graduazione concordata fra le parti, o almeno, richiesta dalla
particolare natura di certi contratti. Ed ecco perciò fra regole comuni a tutte le colpe contrattuali o non
contrattuali, si conoscono delle regole particolarmente ristrette alla colpa contrattuale».
168
G. P. CHIRONI Colpa extra - contrattuale, cit., 139: « (…) qualsiasi mancanza di diligenza nel prevedere
le conseguenze del fatto che si compie dà origine al q. delitto, in corrispondenza così alla massima in lex
Aquilia et levissima culpa venit (...)».
169
G. GIORGI, Teoria delle obbligazioni nel diritto moderno italiano, cit., 151.
170
M. FRANZONI, L'illecito, cit., 1090: «La teoria dei diversi gradi (di rilevanza) della colpa (…) nasce come
corollario della concezione tradizionale che assegna alla colpa il contenuto esclusivamente soggettivo di
uno stato d'animo riprovevole (...)»; cita A. DE CUPIS, Il danno: teoria generale della responsabilità civile,
I, III ed, Milano, 1979, 183.
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32
valutazione della colpa contrattuale ed extracontrattuale. Il metro di valutazione è
rappresentato dalla diligenza del buon padre di famiglia di cui all'articolo 1176 cod. civ.
Nella relazione si specifica che si tratta di un criterio generale e oggettivo, che richiama
«il modello del cittadino e del produttore che a ciascuno è offerto dalla società in cui
vive» e che va comunque commisurato al tipo speciale di rapporto, come previsto dal
secondo comma dell'articolo 1176 cod. civ.171.
Si afferma così un unico metro di valutazione valido in ambito contrattuale ed
extracontrattuale. In entrambi i casi la colpa scaturisce dalla violazione del medesimo
dovere giuridico: quello di adottare nei rapporti con chiunque (art 2043 cod. civ.) o nei
confronti del creditore (art. 1176 cod. civ.) la condotta cauta e corretta dell'uomo
normale172.
L'individuazione di unico standard di valutazione per la colpa contrattuale ed
extracontrattuale porta ad abbandonare la concezione soggettiva della colpa aquiliana a
cui si ancora l'idea della graduabilità173.
Tuttavia una parte della dottrina ha continuato a sostenere la necessità di una
valutazione soggettiva della colpa sia mantenendo l'unicità del criterio misuratore174, sia
appoggiando nuovamente la graduabilità della colpa175.
É stata altresì elaborata una linea di pensiero, che potremmo definire intermedia
rispetto alla teoria oggettiva e soggettiva della responsabilità. La colpa presenta due
171
Relazione del ministro guardasigilli (Grandi) alla maestà del re imperatore, presentata nell’udienza del
16 marzo 1942-XX per l’approvazione del testo del codice civile, n. 794: «(…) Nel nuovo codice si è tenuta
presente l’unità del criterio misuratore della colpa, sia contrattuale, sia extracontrattuale. Per entrambe si
ha riguardo al comportamento dell’uomo di media o normale diligenza e cioè del buon padre di famiglia,
che va adeguato, come si è detto (n. 559), alla natura del rapporto cui si ricollega il dovere di condotta».
172
L. BARASSI, Teoria generale delle obbligazioni, III, Milano, 1948, 16.
173
M. FRANZONI, L'illecito, cit., 1090: «La c. d. concezione oggettiva della colpa, si rifà all'esigenza –
sollevata dalla stessa Relazione al codice in antitesi alla “teoria della graduabilità”- di affermare l'unità del
criterio misuratore della colpa sia contrattuale sia extracontrattuale avendo riguardo al comportamento
dell'uomo di media e normale diligenza, cioè del “buon padre di famiglia”».
174
A. DE CUPIS, Il danno, cit., 183.
175
D. BARBERO, Sistema del diritto privato italiano, II, Obbligazioni e contratti, VI ed. riveduta e
aumentata, Torino, 1965, 60 ss: « La ragione del distinguere c'è e può essere così indicata: quando un
soggetto entra in rapporto, contrattuale, con un altro, sceglie il proprio debitore, così come quest'altro
sceglie il proprio creditore (…). Nell'altra ipotesi non c'è scelta: l'obbligo di non ledere grava
indistintamente su tutti e per tutti(...). Così, mentre nel primo caso (…) il creditore è minacciato da una data
persona (…) e può difendersi ovviando, se avverte un manco di diligenza, con l'aumentare la propria
vigilanza, nel secondo caso ciascuno è minacciato da tutti e non c'è aumento di accortezza che possa
difenderlo adeguatamente, se tutti non mettono dal canto loro la massima diligenza nell'evitare ogni offesa.
É giusto perciò che la legge – e in questo caso credo che risieda la saggezza dell'antica massima- faccia
carico a ciascuno anche della colpa lievissima».
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componenti: un elemento oggettivo e un elemento soggettivo. L'elemento soggettivo è
rappresentato dalla coscienza e volontà della condotta posta in essere da un soggetto
capace di intendere e volere (le disposizioni di riferimento sono: l'articolo 42, comma 1,
cod. pen., 85 cod. pen. e 2046 cod. civ.). La componente oggettiva corrisponde alla
necessità di valutare la condotta in termini di negligenza ed imprudenza. Si tratta di una
valutazione che non può in ogni caso prescindere da una concretizzazione del giudizio,
necessaria perché la colpa mantenga la sua connotazione psicologica e soggettiva176.
Sulla necessità di mantenere il criterio di graduabilità della colpa aquiliana, è
opportuno segnalare l'opinione della Visintini, per la ricchezza dell'analisi effettuata. In
particolare, l'Autrice critica l'indagine basata su formalismo e concettualismo, che ha
allontana gli interpreti dalla reale intenzione del legislatore. Intenzione che coincide con
la volontà di mantenere ampi spazi ed evitare dunque interpretazioni restrittive,
permettendo, quindi di estendere l'applicazione dell'articolo 2043 cod. civ. a qualsiasi tipo
di imprudenza anche non previamente codificata177.
Il fatto di modellare un modello unitario di colpa valido in entrambi i campi viene
concepito dall'Autrice come privo di qualsiasi fondamento razionale, sopratutto a livello
dei dati legislativi e delle prospettive storiche. La volontà di ridurre ad unità il concetto
di colpa porta, secondo la Visintini, ad una pluralità di conseguenze negative; prima tra
tutte la ricerca di un obbligo giuridico violato, cioè di un comportamento antigiuridico da
cui far scaturire la colpa. Da ciò deriverebbe la tipizzazione degli illeciti in base
all'elemento soggettivo e la combinazione tra elemento soggettivo e oggettivo, che appare
lontana dagli obiettivi previsti dal legislatore178.
L'interpretazione che la Visintini offre dell'articolo 2043 cod. civ. in armonia con
quanto detto finora è la seguente: «se dalle proprie azioni deriva un danno ad altri, si
176
M. FRANZONI, L'illecito, cit., 1090: «Vi è innanzitutto una imprescindibile componente soggettiva (…)
che si concretizza nell'imputabilità di una condotta posta in essere da un soggetto capace di intendere e di
volere (…). Sulla componente soggettiva si innesta una componente oggettiva, insita in un giudizio, che è
non di mera riprovevolezza, ma che mira a qualificare come negligente e imprudente (…) la condotta del
soggetto stesso».
177
G. VISINTINI, Trattato breve della responsabilità civile, Fatti illeciti. Inadempimento. Danno risarcibile.,
III ed., Padova, 2005, 62 ss.
178
G. VISINTINI, Trattato breve della responsabilità civile, cit., 65: «Infatti l'esasperato concettualismo e lo
sforzo di ridurre ad unità il concetto di colpa comporta la ricerca della violazione di un obbligo preciso da
cui far scaturire l'antigiuridicità della condotta danneggiante e avvia un processo di tipizzazione degli illeciti
con riferimento all'elemento soggettivo, e alla combinazione tra elemento soggettivo e oggettivo,
palesemente in contrasto con la direttiva legislativa».
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deve risarcirlo anche se non si è voluto causarlo e se l'azione è improntata ad una minima
leggerezza o trascuratezza» 179.
L'opinione espressa strenuamente dalla Visintini non ha, però, alcun riscontro
normativo e nemmeno risponde ad esigenze di razionalità. Non vi è alcuna ragione
razionale per far gravare su un soggetto un obbligo di diligenza nella vita di relazione,
maggiore rispetto a quello richiesto nei rapporti obbligatori180.
Inoltre, è opportuno chiarire che la normale diligenza è sempre una diligenza di
grado elevato. Il riferimento al buon padre di famiglia e nei rapporti professionali al buon
professionista (ex art. 1176, comma 2 cod. civ.) è uno standard che può essere assunto a
modello di condotta, che è ben lontano dall'idea di mediocrità181.
Il ruolo della colpa nella responsabilità contrattuale tra teorie oggettive e
soggettive.
Nell'atto illecito sia esso contrattuale o extracontrattuale l'elemento soggettivo è
rappresentato principalmente dalla colpa e a volte dal dolo. La colpa è considerata, infatti,
sufficiente a perfezionare l'atto illecito, mentre il dolo rileva solamente in materia di
illecito contrattuale per ciò che concerne il risarcimento dei danni imprevedibili (art. 1225
cod. civ.)182.
In ambito contrattuale, però, si sono formate diverse opinioni dottrinali sul ruolo
della colpa nell'imputazione della responsabilità, dando vita a teorie oggettive e
soggettive della responsabilità.
Secondo l'articolo 1218 cod. civ. «Il debitore che non esegue esattamente la
prestazione è tenuto al risarcimento del danno, se non prova che l’inadempimento o il
ritardo è stato determinato da impossibilità della prestazione derivante da causa a lui non
imputabile».
Questa disposizione stabilisce la regola di imputazione dell’inadempimento. La
fattispecie dell’inadempimento ha, infatti, una diversa rilevanza giuridica a seconda che
sia o meno imputabile al debitore. L’imputabilità, secondo quanto stabilito dall’articolo
1218 cod. civ., determina la responsabilità del debitore, che è obbligato al risarcimento al
179
G. VISINTINI, Inadempimento e mora del debitore. Artt. 1218-1222, in P. SCHLESINGER (fondato e già
diretto), F.D. BUSNELLI (continuato da), Cod. civ. com., Milano, 2006, 166.
180
C. M. BIANCA, La responsabilità, cit., 582.
181
C. M. BIANCA, La responsabilità, cit., 582.
182
P. FORCHIELLI, (voce) Colpa 1), in Enc. giur. Trecc., VI, Milano, 1988, 1.
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danno. Laddove, invece, l’inadempimento non sia imputabile, il soggetto obbligato non
è responsabile ed è liberato dall’obbligazione, ma non può godere dei vantaggi connessi
all’esatta esecuzione della prestazione183.
Il fondatore della teoria oggettiva della responsabilità è stato Osti. L’Autore sotto
il codice civile abrogato affermava che «La responsabilità per inadempienza delle
obbligazioni non ha per fondamento la colpa, bensì è immediatamente collegata al
momento oggettivo dell'inadempienza, ed è esclusa solo dall'impossibilità obiettiva ed
assoluta di adempiere che non sia imputabile a colpa dell'obbligato» 184.
Finché la prestazione è possibile in senso obiettivo ed assoluto, il debitore è
responsabile per il solo fatto dell'inadempimento. Nel caso, invece, in cui la prestazione
divenga oggettivamente e assolutamente impossibile, il debitore non è responsabile, a
meno che l'impossibilità sopravvenuta della prestazione non gli sia imputabile per colpa185.
L'impossibilità è idonea a determinare il caso fortuito, laddove presenti i requisiti
di assolutezza e oggettività. Ciò significa che gli impedimenti di natura soggettiva e le
semplici difficoltà di esecuzione non hanno alcuna efficacia liberatoria a favore del
debitore186.
Il ruolo della colpa è limitato alla responsabilità per impossibilità sopravvenuta
della prestazione, che deve essere necessariamente oggettiva ed assoluta. L'elemento
soggettivo non svolge, di conseguenza, alcun ruolo nell'ambito della responsabilità per
inadempienza187.
Un ruolo preponderante viene, invece, svolto dalla colpa nell’ambito della
responsabilità extracontrattuale. Qui la colpa è effettivamente, secondo Osti, il
183
C. M. BIANCA, Diritto civile, V, La responsabilità, cit., 13.
G. OSTI, Revisione critica della teoria sull'impossibilità della prestazione, in Riv. dir. civ. 1918, 469. Nel
codice civile abrogato le disposizioni di riferimento in materia di responsabilità debitoria erano gli articoli
1224 ss. cod. civ.
185
G. OSTI, Revisione critica della teoria sull'impossibilità della prestazione, cit., 344.
186
G. OSTI, Revisione critica della teoria sull'impossibilità della prestazione, cit., 343: «Che poi
l'impossibilità sia ritenuta idonea a costituire il fortuito solo in quanto sia obiettiva ed assoluta e che quindi
non abbiano efficacia liberatoria gli impedimenti di carattere subiettivo né le semplici difficoltà di
prestazione che non costituiscano impossibilità se non in senso relativo (…) il più delle volte è
esplicitamente affermato come principio corrispondente alla communis opinio».
187
G. OSTI, Revisione critica della teoria sull'impossibilità della prestazione, cit., 344: «Ciò significa che
il realtà la colpa è ritenuta fondamento non della responsabilità per inadempienza, bensì della responsabilità
per sopravvenuta impossibilità (obiettiva ed assoluta) della prestazione; e l'equivoco dottrinale, al quale più
sopra accennavo, dipende da ciò, che là dove l'inadempienza è determinata da impedimenti che non danno
luogo a impossibilità assoluta ed obiettiva della prestazione, si introduce una mera finzione di colpa».
184
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fondamento della responsabilità. In campo extracontrattuale il dovere generico di
neminem laedere comporta che ogni persona debba regolare la propria condotta, in modo
da evitare lesioni all’autonomia patrimoniale e personale degli altri soggetti. Per
affermare la responsabilità di un soggetto non è, però, sufficiente, constatare la lesione
all’integrità altrui, bensì è necessario analizzare intrinsecamente il comportamento
dannoso per constatarne l’imputabilità o meno all’agente188.
La posizione di Osti è stata recepita chiaramente nella nuova formulazione del
codice civile (articoli 1218 cod. civ. e 1256 cod. civ.), con riferimento particolare al
collegamento tra impossibilità sopravvenuta obiettiva ed assoluta della prestazione e
responsabilità del debitore.
Ciò si evince chiaramente dalla relazione al codice civile del Ministro
Guardasigilli189 e viene ribadito da Osti nei contributi successivi190. Deve essere, quindi,
fatta una distinzione tra responsabilità derivante da inadempimento e la responsabilità del
debitore causata da impossibilità sopravvenuta oggettiva ed assoluta della prestazione. In
un primo caso, l'inadempimento riguarda un'obbligazione, che sia obiettivamente
possibile, nel secondo caso, invece, la prestazione è divenuta obiettivamente impossibile.
La colpa può essere un presupposto soggettivo imprescindibile solo nella misura in cui
sia sopravvenuta un'impossibilità oggettiva della prestazione191.
Inoltre, l'inosservanza della diligenza, prevista dall'articolo 1176 cod. civ.,
costituisce elemento integrante dell'inesatto adempimento e non un presupposto
soggettivo della responsabilità. Ciò significa che la mancanza della normale diligenza
determina l'inesatto adempimento e di conseguenza l'applicazione dell'articolo 1218192.
188
G. OSTI, Revisione critica sulla teoria dell’impossibilità della prestazione, 121.
Relazione del ministro guardasigilli (Grandi) alla maestà del re imperatore, presentata nell’udienza del
16 marzo 1942-XX per l’approvazione del testo del codice civile, n. 571: «Ora l'articolo 1218, logicamente
connesso all'articolo 1256 che disciplina l'estinguersi dell'obbligazione per impossibilità sopravveniente
della prestazione, subordinando l'esonero da responsabilità alla condizione che l'inadempimento o il ritardo
siano stati determinati da impossibilità della prestazione in sé e per sé considerata. (…) non può, agli effetti
liberatorii, essere presa in considerazione l'impossibilità di adempiere l'obbligazione, originata da cause
inerenti alla persona del debitore o alla sua economia, che non siano obiettivamente collegate alla
prestazione dovuta; mentre d'altra parte, anche gli impedimenti che si verifichino nella persona o
nell'economia del debitore dovranno vere rilievo quando incidano sulla prestazione considerata in sé e per
sé, nella sua sostanza o nei suoi obiettivi presupposti (…)».
190
G. OSTI, Deviazioni dottrinali in tema di responsabilità per inadempimento delle obbligazioni, in Riv.
trim. dir. proc. civ., 1954, 603.
191
G. OSTI, Deviazioni dottrinali in tema di responsabilità per inadempimento delle obbligazioni, cit., 603.
192
G. OSTI, Deviazioni dottrinali in tema di responsabilità per inadempimento delle obbligazioni, cit., 603:
«(…) l'inosservanza della diligenza prescritta dall'articolo 1176 nel compimento del facere che sia in
189
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Seguendo la tesi di Osti, quindi, la causa di impossibilità della prestazione è
imputabile nella misura in cui venga a mancare la diligenza del buon padre di famiglia.
Di conseguenza non si può rapportare la responsabilità contrattuale e la colpa contrattuale
in un rapporto di causa - effetto.
A partire dalla formulazione di Osti sono state elaborate diverse teorie, che
appaiono finalizzate a mitigare in qualche misura la rigidità dell'impostazione
oggettivistica.
Si è ad esempio affermato che l'impossibilità che esonera il debitore da
responsabilità è oggettiva, ma è relativa in relazione al rapporto obbligatorio cui si
riferisce. Ogni rapporto obbligatorio esige, infatti, un'intensità di sforzo da parte del
debitore differente a seconda della tipologia. L'unica ipotesi di impossibilità assoluta
riguarda le obbligazioni per le quali viene richiesto uno sforzo maggiore, come nelle
obbligazioni generiche 193 . Detto ciò, l'impossibilità oggettiva è l'impossibilità di
adempimento in relazione all'impegno di cooperazione richiesto dalla natura del rapporto
obbligatorio194.
In questa linea di pensiero manca, però, l'individuazione del criterio in base al
quale valutare l'impegno di cooperazione, che è il limite al sacrificio del debitore195.
Altri, invece, muovendo da una concezione oggettiva della responsabilità
contrattuale, hanno elaborato l'equiparazione tra impossibilità ed inesigibilità della
prestazione in base al giudizio di buona fede ex artt. 1175 e 1375 cod. civ. Nello specifico,
è contrario al principio di buona fede e correttezza il comportamento del creditore, che
esiga dal debitore l'adempimento con mezzi eccezionali o con uno sforzo non compatibile
obligatione costituisce inesatto adempimento: ma la “colpa del debitore”, intesa appunto come mancanza
della diligenza dovuta, in questa ipotesi in cui la prestazione è in tutto o in parte costituita proprio da attività
del debitore, è né più né meno che un elemento integrante dell'inesatto adempimento, vale a dire del
presupposto obiettivo della responsabilità, non una condizione soggettiva che al presupposto obiettivo si
aggiunga a costituire il fondamento di quella. (…) la violazione dell'articolo 1176 apre l'adito
all'applicazione dell'art. 1218 (…) in quanto ne pone in essere la condizione obiettiva, inesatto
adempimento, soggetto alla sanzione della stessa responsabilità che è collegata al totale inadempimento,
salva naturalmente l'eventuale diversa estensione della medesima (…)».
193
E. BETTI, Teoria generale dell'obbligazione, I, Prolegomeni: funzione economico – sociale dei rapporti
d’obbligazione, Milano, 1953, 112 ss.
194
E. BETTI, Teoria generale dell'obbligazione, I, cit., 112: «(...) l'impossibilità giuridicamente rilevante in
confronto del creditore è solo quella oggettiva; ma essa è essenzialmente relativa al rapporto obbligatorio
di cui si tratta. (…) tali rapporti richiedono una intensità di sforzo, di impegno, che varia secondo il tipo cui
appartengono».
195
C. M. BIANCA, Diritto civile, V, La responsabilità, cit., 17.
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con il contenuto e la natura dell'obbligo assunto196.
Accanto alla teoria oggettiva sopra delineata, si colloca la teoria soggettiva della
responsabilità debitoria. Al suo interno rientrano le varie linee di pensiero caratterizzate
dall'individuazione di un nesso tra la colpa – negligenza e la responsabilità per
inadempimento197.
Giorgianni, la cui elaborazione è stata la più significativa, afferma che l'intero
sistema della responsabilità in capo al debitore è fondato (salvo alcune specifiche
eccezioni) sulla violazione di una regola di condotta. Questa regola impone al debitore di
porre in essere l'attività idonea al soddisfacimento dell'interesse creditorio e di mantenere
la possibilità della prestazione198. Nel primo caso la regola di condotta trova una propria
regolamentazione nell'articolo 1176 cod. civ., mentre nel secondo caso la norma di
riferimento è l'articolo 1218 cod. civ.
Giorgianni, sulla base della duplice funzione della regola di condotta, effettua una
distinzione tra due tipologie di obbligazioni. Nelle prime (obbligazioni di consegnare o
trasferire una cosa determinata) l'inadempimento si sostanzia nel perimento o
deterioramento della cosa oggetto della prestazione, quindi, il debitore deve adoperarsi
per conservare la possibilità della prestazione. Negli altri casi, invece, è maggiormente
rilevante il soddisfacimento dell'interesse creditorio199.
Il pensiero di Giorgianni viene, però, rielaborato dal suo allievo C. M. Bianca, il
quale formula la regola generale per cui il dolo e la colpa rappresentano il fondamento
della responsabilità debitoria. Il dolo è caratterizzato dall'intenzionalità del debitore
rispetto alla volontà di non adempiere oppure di adempiere inesattamente la prestazione.
La colpa, invece, è individuata sotto l'aspetto oggettivo, come inosservanza della normale
diligenza, cioè dello sforzo tecnico e volitivo adeguato al soddisfacimento dell'interesse
creditorio200.
Si tratta in particolare della diligenza del buon padre di famiglia ex art. 1176 cod.
civ., ossia della diligenza improntata al canone della normalità, ovvero normalmente
196
G. VISINTINI, Trattato breve della responsabilità civile, cit., 184 ss. Già prima: L. MENGONI, (voce)
Responsabilità contrattuale (dir. vig.), in Enc. dir., XXIX, Milano, 1988, 1089.
197
G. VISINTINI, Inadempimento e mora del debitore, cit., 121.
198
M. GIORGIANNI, L'inadempimento. Corso di diritto civile, III ed. riveduta, Milano, 1975, 290.
199
M. GIORGIANNI, L'inadempimento, 290 ss.; C. M. BIANCA, La responsabilità, cit., 15, colloca la teoria
di M. GIORGIANNI come intermedia tra l'impostazione soggettiva e quella oggettiva della responsabilità.
200
C. M. BIANCA, Diritto civile, V, La responsabilità, cit., 23 ss.
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adeguata al fine201. Può essere più precisamente definita come «l'impiego normalmente
adeguato delle energie e dei mezzi utili al soddisfacimento dell'interesse del creditore»202.
Inoltre, la diligenza professionale di cui parla il secondo comma dell'articolo 1176
comma 2, cod. civ., è pur sempre la diligenza media della categoria professionale cui il
debitore, che assume l'obbligazione, appartiene o deve appartenere203.
La diligenza diventa così nel pensiero di Bianca sia criterio di determinazione
della prestazione, sia criterio di responsabilità. Nella prima accezione la diligenza indica
un modello di precisione e abilità tecnica, che il debitore deve seguire nell'adempiere
l'obbligazione. Nella seconda definizione, invece, esprime lo sforzo che il debitore deve
affrontare, per evitare di incorrere nella responsabilità conseguente alla mancata o inesatta
esecuzione della prestazione204.
La teoria soggettiva elaborata da Bianca è stata criticata da una parte della dottrina
in merito alla metodologia adottata e ai risultati ottenuti. In particolare, Bianca, così come
il suo maestro, ha effettuato, secondo i critici, una sovrapposizione tra due problematiche
completamente distinte: la nozione di impossibilità della prestazione e il concetto di causa
non imputabile (cosiddetto fortuito)205. Bianca, infatti, evidenzia, secondo la critica, la
posizione giurisprudenziale secondo cui l'impossibilità sopravvenuta è l'impegno non
prevedibile né evitabile con la dovuta diligenza206.
Il secondo punto di critica riguarda l'analisi giurisprudenziale compiuta da Bianca.
In particolar modo si contesta la scelta di attribuire maggiore rilevanza al dato
giurisprudenziale rispetto al dato normativo e l'insufficiente analisi delle motivazioni alla
base di questa scelta, soprattutto in considerazione del modo di formulazione delle
massime giurisprudenziali207.
Il ruolo attuale della colpa nella responsabilità extracontrattuale.
201
C. M. BIANCA, Diritto civile, IV, L'obbligazione, Milano, 1994, 91.
C. M. BIANCA, Diritto civile, IV, L'obbligazione, cit., 90.
203
C. M. BIANCA, Diritto civile, IV, L'obbligazione, cit., 91.
204
C. M. BIANCA, Diritto civile, V, La responsabilità, cit., 24, nota n. 2: «La diligenza (…) è insieme
criterio di determinazione della prestazione obbligatoria e criterio di responsabilità. Come criterio di
determinazione della prestazione essa indica il modello di precisione e di abilità tecnica cui il
comportamento deve conformarsi; come criterio di responsabilità la diligenza indica lo sforzo che il
debitore deve impiegare per evitare l'inadempimento o l'inesattezza dell'adempimento (...)».
205
G. VISINTINI, Inadempimento e mora del debitore, cit., 143.
206
C. M. BIANCA, Diritto civile, V, La responsabilità, cit, 25 (v. note n. 45 e seguenti per la giurisprudenza
di riferimento).
207
G. VISINTINI, Inadempimento e mora del debitore, 144 ss.
202
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A partire dagli anni sessanta del secolo scorso una parte della dottrina ha
incominciato ad interrogarsi sul ruolo da attribuire alla colpa nell'ambito della
responsabilità extracontrattuale. Si è parlato, appunto, di un ridimensionamento del ruolo
della colpa nel sistema della responsabilità aquiliana, finalizzato ad un superamento del
principio per cui non vi può essere responsabilità senza colpa del soggetto agente208.
Una prima posizione si caratterizza per l'elaborazione di un sistema di
responsabilità oggettiva accanto al sistema di responsabilità per colpa. Questa linea di
pensiero venne elaborata da Trimarchi nella sua nota monografia intitolata “Rischio e
responsabilità oggettiva”. L'Autore prende atto, innanzitutto, della posizione espressa dal
legislatore italiano nella Relazione al Codice Civile, dove si esprime chiaramente a favore
della responsabilità di stampo soggettivo. Tuttavia, agli obiettivi teorici espressi da parte
del legislatore non corrispondono le linee concrete su cui la normativa del codice è stata
costruita. In particolare, Trimarchi afferma che vi sono casi specifici in cui l'imprenditore
risponde oggettivamente del rischio di impresa. Gli esempi forniti sono rappresentati
dagli articoli 2049 cod. civ. in materia di responsabilità di padroni e di committenti per
danni causati dai loro domestici e commessi nell'esercizio delle loro incombenze e 2051
cod. civ. per quanto concerne i danni causati da cose in custodia209. È proprio l'articolo
2049 cod. civ. a costituire uno dei cardini del sistema di “responsabilità per rischio di
impresa”.
L'Autore rivolge alcune critiche rispetto all'operato del legislatore, in relazione al
fatto che non è stata compiuta una scelta chiara e netta tra la responsabilità per colpa, di
cui il legislatore si fa propugnatore e la responsabilità oggettiva210.
Passiamo, quindi, brevemente ad analizzare la funzione svolta da questo sistema
di responsabilità e il suo ambito di applicabilità. La sua finalità principale è quella di
ridurre il rischio che si verifichino dei danni nell'esercizio dell'attività. Infatti, imputare
la responsabilità a chi ha un maggior controllo delle condizioni generali del rischio si
rivela molto più efficace per ridurre i danni rispetto a imputare la responsabilità per colpa.
Questo sistema di responsabilità concerne unicamente le attività economiche e
mai quelle biologiche, salvo alcune eccezioni. Le attività biologiche sono, infatti, attività
208
F. D. BUSNELLI – S. PATTI, Danno e responsabilità civile, III ed., Torino, 2013, 152 ss.
P. TRIMARCHI, Rischio e responsabilità oggettiva, Milano, 1961, 1 ss.
210
P. TRIMARCHI, Rischio e responsabilità oggettiva, cit., 3.
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necessarie e, inoltre, è raro il fenomeno del rischio permesso. Nel senso che, una volta
adottata la dovuta diligenza, il rischio che si verifichino dei danni è raro rispetto a quanto
avvenga in ambito economico211.
In quest'ottica l'ambito di applicazione dell'articolo 2043 cod. civ. viene ridotto al
settore biologico dell'attività umana, escludendo totalmente quello economico212.
Fatta questa premessa, si potrebbe affermare che, nell'ambito delle attività
economiche di impresa, la responsabilità contrattuale e quella extracontrattuale si fondino
in un'identità di presupposti e di discipline213.
Contemporaneo alla costruzione dottrinale, elaborata da Trimarchi, si colloca il
pensiero di Rodotà, volto anch'esso ad una nuova collocazione della colpa nel sistema
della responsabilità aquiliana. Rodotà rifiuta l'idea che alla colpa spetti un ruolo
particolare nell'ambito del sistema della responsabilità civile, tale da considerare gli altri
criteri come delle eccezioni del criterio generale. Tutti i criteri di imputazione del danno
(la colpa e i criteri di imputazione oggettiva di cui agli articoli 2049 ss.) hanno il
medesimo effetto: quello di imputare un evento determinato, cioè il fatto dannoso, ad un
soggetto. La valutazione circa la sussistenza della colpa, così come di tutti gli altri criteri
di imputazione, determina il sorgere dell'obbligazione di risarcimento214.
Rodotà costruisce, quindi, un sistema unitario, in cui i diversi criteri di
imputazione sono collocati sullo stesso piano, perché operano nello stesso modo per la
produzione dell'effetto giuridico suddetto215.
Questa soluzione è apparsa ai commentatori odierni coerente rispetto
all'evoluzione del sistema odierno della responsabilità civile. Il quadro elaborato da
Rodotà si basa sull'unitarietà del fatto dannoso, accompagnato dalla pluralità dei criteri
di imputazione. Ciò apparirebbe, secondo i suoi sostenitori, conforme alla realtà odierna,
perché sono molteplici le ragioni per le quali l'ordinamento garantisce la traslazione del
danno da un soggetto ad un altro e presceglie il destinatario216.
211
P. TRIMARCHI, Rischio e responsabilità oggettiva, cit., 43.
F. GIARDINA, Responsabilità contrattuale e responsabilità extracontrattuale. Significato attuale di una
distinzione tradizionale, Milano, 1993, 53.
213
F. GIARDINA, Responsabilità contrattuale e responsabilità extracontrattuale. Significato attuale di una
distinzione tradizionale, cit., 56.
214
S. RODOTÀ, Il problema della responsabilità civile, 151.
215
S. RODOTÀ, Il problema della responsabilità civile, 150.
216
C. SALVI, La responsabilità civile, cit., 154.
212
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Vi è, infine, un'altra linea di pensiero, che individua il sistema della responsabilità
civile fondato su una regola generale dell'imputazione per colpa di cui all'articolo 2043
cod. civ. e delle ipotesi normative speciali contenute sia nel codice civile sia in apposite
leggi. Si tratta di un criterio di imputazione che trova applicazione tutte le volte in cui il
fatto non sia collocabile all'interno delle disposizioni di legge speciale217.
I.6.2. Presunzione di colpa e ripartizione dell'onere probatorio in campo
contrattuale ed extracontrattuale.
La divergenza tra responsabilità contrattuale ed extracontrattuale per quanto
concerne la ripartizione dell'onere probatorio riguarda esclusivamente l'elemento
soggettivo della responsabilità. Inoltre, le costruzioni dottrinali in materia di onere
probatorio contrattuale riflettono le diverse concezioni oggettive e soggettive della
responsabilità contrattuale sopra descritte.
Bisogna, anzitutto, premettere che le ipotesi di responsabilità richiamano la
ripartizione dell'onere probatorio sancito dalla regola generale di cui all'articolo 2697 cod.
civ. Il danneggiato deve provare i fatti costitutivi della propria pretesa. In materia di
responsabilità extracontrattuale, quindi, l'attore deve dimostrare il fatto dannoso, il nesso
di causalità e la colpa218. Per quanto riguarda l'onere probatorio in ambito contrattuale,
invece, il discorso è complicato dalla sussistenza di diverse posizioni, che riflettono la
concezione oggettiva o soggettiva della responsabilità sopra analizzata.
Una prima teoria ritiene che con l'articolo 1218 cod. civ. si realizzi un'inversione
dell'onere probatorio rispetto alla regola generale di cui all'articolo 2697 cod. civ. Questa
inversione è realizzata attraverso la presunzione di colpa219. Per tutti gli altri elementi
continuerebbe ad applicarsi la regola generale di cui all'articolo 2697 cod. civ.220
Che cosa comporta la presunzione di colpa? Il creditore deve solamente
dimostrare l'inadempimento dell'obbligazione da parte del debitore. Sul debitore ricade,
invece, l'onere di dimostrare la non imputabilità dell'inadempimento. Il debitore deve
217
M. FRANZONI, L'illecito, cit., 1191.
F. GIARDINA, La distinzione tra responsabilità contrattuale ed extracontrattuale, cit., 90.
219
C. M. BIANCA, Dell'inadempimento delle obbligazioni, cit., 166.
220
S. PATTI, Le prove. Parte generale, in G. IUDICA – P. ZATTI (a cura di), Tratt dir. priv., Milano, 2010, 155
ss.
218
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43
quindi provare che l'inadempimento è stato causato da un evento non prevedibile né
evitabile con la dovuta diligenza. Ciò significa che il debitore dovrà dimostrare l'assenza
di colpa221.
Alla base della presunzione di colpa vi è la constatazione che la lesione è il
risultato di un comportamento negligente da parte dell'obbligato e che solo in casi
eccezionali la diligenza non porta al risultato sperato222.
Si tratta di una presunzione impropria, nel senso che l'articolo 1218 cod. civ. si
limita a ripartire l'onere probatorio tra creditore e debitore, prescindendo da qualsiasi
illazione legislativa tra fatto noto (inadempimento) e fatto ignoto (colpa)223.
Il debitore, inoltre, non è tenuto a dimostrare la causa specifica del non
adempimento per andare esente da responsabilità. L'obbligato deve semplicemente
provare la non imputabilità dell'inadempimento, anche quando la causa non sia
identificabile224.
Vi sono, però delle eccezioni rispetto al principio sancito dall'articolo 1218 cod.
civ., che riguardano alcune tipologie di rapporti contrattuali, tra cui il trasporto (il tema
specifico sarà oggetto di apposita trattazione nel capitolo IV) e la custodia. In questi casi,
il debitore per non incorrere in responsabilità deve dimostrare il fatto specifico che ha
causato l'inadempimento. Si tratta di eccezioni alla regola generale di cui all'articolo 1218
cod. civ., per le quali il debitore è responsabile anche per causa ignota225.
Secondo questa impostazione, la colpa in ambito extracontrattuale deve sempre
essere oggetto di prova da parte del danneggiato, perché rappresenta un elemento
costitutivo del diritto al risarcimento del danno e non un impedimento alla
responsabilità226.
Alcuni sostenitori della teoria oggettiva della responsabilità ritengono, invece, che
221
C. M. BIANCA, Dell'inadempimento delle obbligazioni, cit., 166, contra L. BARASSI, Teoria generale
delle obbligazioni, III, 348.
222
C. M. BIANCA, Dell'inadempimento delle obbligazioni, cit., 166: «(…) il fondamento della regola
probatoria sembra doversi ravvisare in una massima di comune esperienza: che cioè la lesione dell'altrui
diritto è di regola il risultato di un comportamento negligente e che solo eccezionalmente l'applicazione
della dovuta diligenza non raggiunge l'effetto previsto per il verificarsi di un impedimento inevitabile».
223
F. D. BUSNELLI - S. PATTI, Danno e responsabilità, cit., 212.
224
S. PATTI, Le prove. Parte generale, cit., 157.
225
S. PATTI, Le prove. Parte generale, cit., 157. Per un'analisi delle singole ipotesi in cui la responsabilità
del debitore è aggravata dall'onere di provare la causa specifica dell'inadempimento v. M. GIORGIANNI,
L'inadempimento, cit., 254 ss.
226
F. D. BUSNELLI - S. PATTI, Danno e responsabilità, cit., 213.
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la diversità di regime probatorio tra le due forme di responsabilità nasca da un vero e
proprio equivoco terminologico227.
Quest'idea discende dalle basi della teoria oggettiva per cui la colpa contrattuale
deve essere concepita in termini di inadempimento e non di negligenza. Da ciò consegue
che sia in ambito contrattuale sia in ambito extracontrattuale è sempre l'attore (creditore
o danneggiato) a dovere dimostrare la colpa, intesa come condotta o attività non conforme
a quella dovuta228.
La differenza tra le due tipologie di responsabilità attiene unicamente il concetto
stesso di colpa, nel senso che la colpa extracontrattuale conserva una connotazione di tipo
psicologico e di conseguenza comporta un giudizio individualizzato; al contrario la colpa
contrattuale rileva in relazione ad un modello di astratto di condotta. Si tratta
semplicemente di una differenza strutturale e non normativa tra le due responsabilità,
perché in entrambi i casi il soggetto leso deve provare il fatto costitutivo del diritto al
risarcimento del danno229. Il fatto costitutivo che il soggetto danneggiato deve provare in
giudizio coincide con l'antigiuridicità della condotta tenuta dal convenuto230.
Dal punto di vista dell'onere probatorio in capo al convenuto, si è, inoltre,
affermato che la prova contraria finalizzata a vincere la presunzione, di cui i sostenitori
della teoria soggettiva parlano, non ha ad oggetto l'assenza di colpa in capo al convenuto.
Quest'ultimo, infatti, per andare esente da responsabilità deve dimostrare l'esistenza di un
caso fortuito, fatto del terzo, o dello stesso creditore, che ha determinato l'interruzione del
nesso di causalità231.
Di conseguenza, laddove il creditore abbia dimostrato l'inadempimento da parte
del debitore, quest'ultimo potrà esonerarsi da responsabilità provando che l'impossibilità
della prestazione è dipesa da causa a lui non imputabile, che deve essere intesa non come
assenza di colpa, ma come estraneità del fatto alla sfera di controllo del debitore232.
227
G. VISINTINI, Inadempimento e mora del debitore, cit., 43.
G. VISINTINI, Inadempimento e mora del debitore, cit., 43; G. VISINTINI, voce Responsabilità
contrattuale ed extracontrattuale, in Enc. giur. Treccani, XXVI, Milano, 1990, 3. Sulla stessa linea v. U.
BRECCIA, Le obbligazioni, cit., 666.
229
G. VISINTINI, Responsabilità contrattuale ed extracontrattuale, in Rass. dir. civ., 1983, 1082.
230
G. VISINTINI, Due note in tema di responsabilità. Colpa contrattuale: un falso concetto?, in Contratto
impr., 2004, 26.
231
F. GALGANO, Trattato di diritto civile, II, Padova, 2010, 816.
232
M. FRANZONI, L'illecito, cit., 1290.
228
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Unica eccezione è rappresentata dalle obbligazioni di mezzi 233 . Solamente in
questo caso si potrà parlare correttamente di presunzione di colpa234. Nell'ipotesi suddetta,
infatti, dal mancato raggiungimento del risultato si presume la colpa del debitore. Il
debitore non è obbligato al raggiungimento di un determinato risultato e ciò implica che,
per andare esente da responsabilità dovrà dimostrare di aver tenuto un comportamento
diligente, quindi non colposo235.
Come si è visto, l'onere probatorio in ambito contrattuale varia in relazione al
ruolo che alla colpa può attribuirsi nella struttura del fatto costitutivo o estintivo della
responsabilità.
In questo modo, sulla base della nozione di causa non imputabile come evento
esterno alla cerchia di attività del debitore ed inevitabile con tutte le misure
economicamente e ragionevolmente possibili, si verifica un avvicinamento tra
responsabilità contrattuale ed extracontrattuale. Quest'assimilazione riguarda i casi in cui
è prevista una concezione oggettiva del caso fortuito e in particolare, le ipotesi di
presunzione di imputabilità del danno correlate alla qualità dei soggetti oppure al tipo di
attività che viene esercitata236.
I.6.3. L'applicabilità dell'articolo 1225 cod. civ. alla responsabilità
extracontrattuale.
Il nostro sistema giuridico si caratterizza per la mancata elaborazione di una
disciplina generale in materia di delimitazione del danno risarcibile, a differenza di quanto
233
Nelle obbligazioni di mezzi il debitore è tenuto a svolgere un’attività a prescindere dal raggiungimento
di un determinato risultato. Un esempio tipico è rappresentato dall’attività del medico, che è obbligato a
prestare la propria opera e non a guarire il paziente (C. M. BIANCA, Diritto civile, IV, L’obbligazione,
Milano, 1993, 71 ss.; le obbligazioni di mezzi e le obbligazioni di risultato saranno oggetto di
approfondimento specifico nel paragrafo III.2.2.).
234
F. GALGANO, Trattato di diritto civile, cit., 816: «Si fa un uso appropriato del concetto di presunzione
(…) quando la colpa viene presunta dai giudici, laddove, come nel caso delle obbligazioni di mezzi, è
davvero il presupposto della responsabilità contrattuale (…). Qui la prova contraria verte effettivamente
sull'assenza di colpa (…); qui correttamente si parla di presunzioni (…)».
235
M. FRANZONI, Dei fatti illeciti: art. 2043-2049, in F. GALGANO (a cura di), Comm. Cod. Civ. ScialojaBranca: Libro IV, Delle Obbligazioni, Bologna-Roma, 1993, 147: «L'unico caso in cui l'inadempimento
del debitore può effettivamente essere misurato in termini di colpa riguarda le prestazioni di fare consistenti
in prestazioni di mezzi. Qui effettivamente dal mancato raggiungimento del risultato si presume
l'inadempimento del debitore, il quale, proprio perché il risultato non è dovuto, può esonerarsi dalla
responsabilità, dimostrando la propria diligenza, dunque il proprio adempimento». Analogamente v. F.
GALGANO, Trattato di diritto civile, cit., 816.
236
G. VISINTINI, Due note in tema di responsabilità. Colpa contrattuale: un falso concetto?, cit., p.26.
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avvenuto nel sistema tedesco con gli § 249 e seguenti del BGB. Il legislatore ha preferito
dettare norme specifiche in materia di responsabilità contrattuale: gli articoli 1223 – 1229
del codice civile. Alcune di queste disposizioni, gli articoli 1223, 1226 e 1227, sono
applicabili anche alla responsabilità extracontrattuale in virtù del richiamo operato
dall'articolo 2056 cod. civ. Da ciò risulta che, ad eccezione delle disposizioni indicate, vi
sono delle norme che si applicano esclusivamente all'una o all'altra responsabilità237.
Dal testo normativo emerge che gli articoli 1224, 1225, 1228 e 1229 cod. civ. non
troverebbero applicazione nell'ambito della responsabilità extracontrattuale. In merito
all'esclusione dell'articolo 1224 cod. civ. non sono sorti particolari dubbi dottrinali e
giurisprudenziali. La non estensione all'ambito extracontrattuale si spiega, perché gli
interessi di mora e la condanna al risarcimento del maggior danno possono conseguire
solamente all'inadempimento di un debito di valuta238.
I problemi maggiori sono, invece, sorti in ordine all'applicabilità dell'articolo 1225,
che sancisce il criterio della prevedibilità del danno, e dell'articolo 1229 cod. civ. in
materia di clausole di esonero da responsabilità, posto che l'articolo 1228 che riguarda
responsabilità per fatto degli ausiliari trova il suo corrispondente in ambito
extracontrattuale nell'articolo 2049 cod. civ.
In particolare, l’articolo 1225 cod. civ. stabilisce che: «Se l'inadempimento o il
ritardo non dipende da dolo del debitore, il risarcimento è limitato al danno che poteva
prevedersi nel tempo in cui è sorta l'obbligazione». Dottrina e giurisprudenza si sono
interrogate a lungo sulla possibilità o meno di estendere l'applicazione della norma anche
alla responsabilità extracontrattuale. Per poter dare una risposta al problema è necessario
innanzitutto analizzare quali siano i presupposti e sopratutto i principi e le ragioni che ne
hanno ispirato l'elaborazione.
La migliore dottrina, oggi, afferma che, alla base del principio di prevedibilità del
danno, vi è l'idea che «il vincolo obbligatorio importa l'assunzione di un sacrificio
contenuto entro limiti di normalità» 239 . Applicando il limite della prevedibilità, si
circoscrive l'entità del risarcimento entro il normale significato di utilità che la prestazione
237
238
F. D. BUSNELLI – S. PATTI, Danno e responsabilità civile, cit., 25 ss.
M. FRANZONI, Il danno risarcibile, in M. FRANZONI (diretto da), Tratt. resp. civ., II, II. ed., Milano, 2010,
11.
239
C. M. BIANCA, Diritto civile, V, La responsabilità, cit., 172.
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ha per il creditore 240. Laddove, però, l'inadempimento sia connotato dal dolo del debitore,
viene meno il fondamento della norma e quindi l'esigenza di proporzionare il risarcimento
alla normale utilità della prestazione241.
La maggioranza della dottrina, seguita dalla giurisprudenza242, si è pronunciata
contro
l'estensibilità
dell'articolo
1225
cod.
civ.
anche
alla
responsabilità
extracontrattuale 243 . Il primo argomento viene tratto dalla Relazione al Re sul testo
definitivo del Codice Civile al n. 801244: «L'articolo 2056 regola la valutazione dei danni
con gli stessi criteri stabiliti nel caso di inadempimento di un'obbligazione preesistente.
Il mancato richiamo dell'articolo 1225 crea però una differenza ed è questa: se
l'inadempimento è colposo non debbono essere risarciti i danni non prevedibili; invece,
se il fatto illecito è doloso o colposo, il danno (…) deve essere risarcito per intero, sempre
che tra fatto e danno corra il nesso di causalità. Non si è accolto così il principio di
commisurare il risarcimento al grado di colpa».
Inoltre, la riconducibilità dell'articolo 1225 cod. civ. esclusivamente allo schema
strutturale dell'obbligazione si basa su due argomenti. Il primo è rappresentato dalla
240
C. M. BIANCA, Diritto civile, V, La responsabilità, cit., 172. Sulla stessa linea recentemente: A. G.
CIANCI, Sub art. 1225 c.c., in V. CUFFARO (a cura di), Delle obbligazioni, II, artt. 1218-1276 c.c., in E.
GABRIELLI (cura di), Comm. cod. civ., Torino, 2013, 239; V. DI GRAVIO, Prevedibilità del danno e
inadempimento doloso, Roma, 1999, 98; M. FRANZONI, Il danno risarcibile, cit., 11; contra D. BARBERO,
Sistema del diritto privato, cit., 68: « (…) non si può non rintracciare in una base di equità, nel senso che
esso mira ad attenuare la responsabilità del debitore inadempiente (che non sia in dolo o in mala fede),
considerando, con indulgenza, che se gli eventi, che aggravano il contenuto della responsabilità, fossero
stati prevedibili, quand'ha assunto l'obbligazione l'avrebbero forse trattenuto dall'assumere un impegno, al
cui impegno, al cui inadempimento, anche per colpa leggera, fosse connesso un tal rischio di responsabilità»;
P. TRIMARCHI, Causalità giuridica e danno, in G. VISINTINI (a cura di), Risarcimento del danno contrattuale
ed extracontrattuale, Milano, 1984, 5: «Maggiore rilevanza pratica ha il problema di adeguare il peso della
responsabilità alla gravità dell'inadempimento. Qui la legge stabilisce che il debitore, alvo il caso di
inadempimento doloso, non è responsabile delle conseguenze imprevedibili al momento in cui ha assunto
l'obbligazione»
241
C. M. BIANCA, Diritto civile, V, La responsabilità, cit., 172.
242
Tra le altre: Cass. Civ., 28 aprile 1979, n. 2488, in Giust. civ., 1979, I, 2131; Cass. Civ., 15 ottobre 1999,
n. 11629, in Danno resp., 2000, 257, con commento di O. TROIANO, Responsabilità della banca per
inadempimento di un ordine di bonifico e problema dei danni risarcibili; Cass. Civ., 30 marzo 2005, n.
6725, in Danno resp., 2005, 792; Cass. Civ., 31 maggio 2005, n. 11609, in Foro amm. CDS, 2005, 2499;
Cass. Civ., 16 ottobre 2007, n. 21619, in Corr. giur., 2008, 35, con nota di M. BONA, Causalità civile: il
decalogo della Cassazione “a due dimensioni di analisi”; Cass. Civ., 11 gennaio 2008, n. 576, in Giust.
civ., 2009, I, 2533; Cass. Civ., 3 settembre 2010, n. 19045, in Danno resp., 2011, 96; Trib. Reggio Emilia
28 gennaio 2008, in Pluris Utet Cedam, 2008.
243
C. M. BIANCA, Diritto civile, V, La responsabilità, cit., 560.
244
A. DE CUPIS, Il danno, I, cit., 289; l'Autore critica, però, la scelta legislativa: «(...) come noi riteniamo,
che l'influenza della colpa sul danno sia saldamente fondata sull'equità, non può che concludersi, de iure
condendo, per un'estensione di tale influenza alla sfera extracontrattuale».
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qualità di debitore in capo al soggetto danneggiante, che rappresenta un elemento
distintivo rispetto all'elemento soggettivo della colpa che unisce la responsabilità
contrattuale e quella extracontrattuale. Ciò non deve far pensare ad una scelta legislativa
orientata in un ottica di protezione del debitore. Questo perché non devono compararsi le
due posizioni di debitore e di creditore, ma le due fattispecie dell'inadempimento
dell'obbligazione e della responsabilità extracontrattuale245.
Il secondo elemento su cui si motiva la non estensibilità dell'articolo 1225 cod.
civ. attiene, invece, al profilo temporale rispetto al quale deve essere effettuato il giudizio
di prevedibilità. La norma, infatti, stabilisce che il «(…) il risarcimento è limitato al danno
che poteva prevedersi nel tempo in cui è sorta l'obbligazione». Questa scelta legislativa
rafforza l'idea della doverosità del soddisfacimento dell'interesse creditorio, anche in caso
di risarcimento del danno (in assenza di dolo nell'inadempimento)246.
Ciò significa, che, seguendo un discorso prettamente tecnico, nell'illecito
aquiliano manca la volontà di costituire un vincolo obbligatorio cui riferire
temporalmente il giudizio di prevedibilità del danno247. La relazione tra le parti, inoltre, si
determina con il verificarsi dell'evento dannoso a seguito del giudizio di imputazione e
quindi non si avverte l'esigenza di limitare il risarcimento del danno collegato al torto248.
Agli argomenti tecnici e letterali sopra evidenziati si sono opposte le seguenti
considerazioni. Innanzitutto, la stessa formula legislativa «al tempo in cui è sorta
l'obbligazione» farebbe propendere per un'estensione della disposizione all'illecito
extracontrattuale e all'inadempimento di obbligazioni ex lege249. Inoltre, a livello storico
il dolo del debitore veniva inteso come fatto illecito e di conseguenza, seguendo questa
linea, il riferimento al dolo determina il rinvio alle norme in materia di illecito250.
245
A. G. CIANCI, Sub art. 1225 c.c., cit., 244 ss.
A. G. CIANCI, Sub art. 1225 c.c., cit., 245.
247
M. FRANZONI, Il danno risarcibile, cit., 11. In linea con le considerazioni precedenti v. già C. TURCO,
Brevi considerazioni sul principio di prevedibilità del danno come profilo distintivo tra responsabilità
contrattuale ed extracontrattuale, in Riv. crit. dir. priv., 1987, 104 ss.
248
F. D. BUSNELLI – S. PATTI, Danno e responsabilità civile, cit., 28.
249
G. VISINTINI, Responsabilità contrattuale ed extracontrattuale (una distinzione in crisi?), in Rass. dir.
civ., 1983, 1084.
250
G. VISINTINI, Responsabilità contrattuale ed extracontrattuale (una distinzione in crisi?), cit., 1084:
«(...) la responsabilità aggravata ex art. 1225 per i danni imprevedibili si giustifica proprio con la particolare
gravità della condotta tale da integrare un illecito doloso. E a quale illecito si riferisce? Evidentemente a
quei raggiri, false dichiarazioni e a, ogni attività ingannatoria perpetrati al tempo in cui sorge l'obbligazione
e tali da influire sul rapporto obbligatorio».
246
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49
Questa differenza tra responsabilità contrattuale ed extracontrattuale risulta però
attenuata se si considera la teoria della causalità adeguata nella valutazione del nesso di
causalità. Si tratta di un criterio che limita il risarcimento a quei danni che siano
conseguenze normali dell'illecito 251 . Per meglio specificare, il criterio della causalità
adeguata esclude dal risarcimento quelle conseguenze, che non rientrino nella portata
della media prevedibilità umana252. L'applicazione del criterio della regolarità causale ha
come conseguenza l'applicazione del criterio di prevedibilità anche in materia
extracontrattuale253.
I.6.4. La costituzione in mora e la prescrizione dell'azione.
Gli ultimi due elementi di differenza tra responsabilità contrattuale ed
extracontrattuale riguardano l'onere di costituzione in mora e i termini prescrizionali per
l'esercizio dell'azione.
Ai sensi dell'articolo 1219, comma 1, cod. civ. non è necessaria la costituzione in
mora quando il debito deriva da fatto illecito. Si presume inammissibile, infatti, che il
danneggiato tolleri il ritardo del danneggiante nel riparare l'ingiusta lesione. Alla base di
questa previsione vi è lo sfavore sociale, che colpisce il fatto illecito e che, quindi, si
traduce nella mora a carico del soggetto danneggiato fin dal momento in cui si verifica la
lesione254.
Per quanto concerne la prescrizione dell'azione, in generale, il termine di
prescrizione risulta più favorevole per il danneggiato in ambito contrattuale. Infatti,
l'azione contrattuale è soggetta al regime ordinario di prescrizionale decennale ex art.
251
C. M. BIANCA, Diritto civile, V, La responsabilità, cit., 144.
C. M. BIANCA, Dell’inadempimento delle obbligazioni: art. 1218-1219, in Comm. cod. civ. ScialojaBranca, II ed., Bologna-Roma, 1979, 373.
253
C. M. BIANCA, Diritto civile, V, La responsabilità, cit., 144. Nel senso, invece, che non vi è differenza
tra l'articolo 1223 cod. civ. (risarcibilità danni immediati e diretti) che si applica alla responsabilità
extracontrattuale e l'articolo 1225 cod. civ. che ne sarebbe escluso v.: P. CENDON, Danno imprevedibile ed
illecito doloso, in G. VISINTINI (a cura di), Risarcimento del danno contrattuale ed extracontrattuale,
Milano, 1984, 26: « (…) a me sembra che questa esclusione nell'articolo 2056 dell'art. 1225 non abbia un
grosso significato (…) non è affatto vero che nell'ambito extracontrattuale il danneggiante risponda in modo
diverso, cioè non è vero che debba rispondere sempre anche nel caso di danni imprevedibili; in realtà non
risponde dei danni imprevedibili, perché sono danni indiretti e perciò non ne risponde neanche a livello di
colpa. Non vi è perciò differenza di trattamento rispetto all'inadempiente doloso».
254
C. M. BIANCA, Dell’inadempimento delle obbligazioni, cit., 208.
252
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50
2946 cod. civ., mentre l'azione extracontrattuale si prescrive nel termine di 5 anni secondo
quanto previsto dall'articolo 2947, comma 2, cod. civ.
In materia di trasporto sono, però, stabiliti dei termini prescrizionali più brevi. Si
è detto a tal proposito che «la regola generale è sovvertita dal gioco delle eccezioni» 255.
Secondo quanto stabilito dall'articolo 2951 cod. civ., i diritti derivanti dal trasporto,
regolato dalle norme del codice, si prescrivono in un anno oppure in diciotto mesi nel
caso in cui il trasporto abbia inizio o termini fuori d'Europa. Ugualmente brevi sono i
termini stabiliti dal codice della navigazione. In materia di trasporto marittimo di
passeggeri, secondo l'articolo 418 cod. nav., i diritti derivanti dal contratto di trasporto di
persone e dei bagagli non registrati si prescrivono in sei mesi dall'arrivo del passeggero
o, in caso di mancato arrivo, dal giorno in cui il passeggero avrebbe dovuto arrivare, salva
l'ipotesi in cui si tratti di trasporti che hanno inizio o termine fuori dall'Europa o dei paesi
bagnati dal Mediterraneo. In quest'ultimo caso la prescrizione si compie con decorso di
un anno.
La diversità dei termini prescrizionali è stata ricondotta alla struttura disciplinare
che caratterizza il diritto al risarcimento dei danni in campo contrattuale ed
extracontrattuale. Infatti, in ambito contrattuale il diritto al risarcimento del danno
risentirebbe della disciplina stabilita dalle parti per la prestazione dovuta. Al contrario, in
ambito aquiliano ciò non avviene, perché il diritto al risarcimento presenterebbe una
regolamentazione autonoma rispetto al diritto violato256.
Si è affermato, inoltre, che la diversità dei termini prescrizionali non rispecchia il
diverso fondamento dei due ordini di responsabilità, così come gli altri elementi di
distinzione. I diversi termini prescrizionali non sarebbero altro che «meri accidenti
normativi», fonti di distorsioni interpretative e del ricorso ad espedienti dottrinali non
giustificabili257.
255
F. GIARDINA, La distinzione tra responsabilità contrattuale e responsabilità extracontrattuale, cit., 91.
U. MAJELLO, Responsabilità contrattuale e responsabilità extracontrattuale, in Rass. dir. civ., 1988, 119
ss.: «La differenza concernente il termine prescrizionale è giustificata per tanto dal fatto che nella
responsabilità contrattuale il diritto al risarcimento del danno risente della disciplina prevista per la
prestazione originariamente dovuta, mentre invece nella responsabilità aquiliana il corrispondente diritto al
risarcimento ha disciplina autonoma dal diritto leso. Si tratta quindi di una differenza normativa che attiene
esclusivamente al fatto che il diritto al risarcimento del danno aquiliano è autonomo rispetto al diritto leso,
mentre il diritto al risarcimento del danno contrattuale è la riproduzione – con oggetto diversodell'originario diritto alla prestazione dovuta».
257
F. GIARDINA, La distinzione tra responsabilità contrattuale e responsabilità extracontrattuale, cit., 92.
256
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CAPITOLO II
RESPONSABILITÀ CONTRATTUALE ED AQUILIANA IN
CONCORSO. INQUADRAMENTO GENERALE DEL PROBLEMA
II.1. La necessità di mantenere ferma la distinzione tra
responsabilità contrattuale ed extracontrattuale.
Come analizzato nel capitolo precedente, il punto in comune tra responsabilità
contrattuale ed extracontrattuale risiede, secondo la migliore dottrina, nella nozione stessa
di responsabilità intesa come violazione di un dovere giuridico. In particolare, alla base
della responsabilità contrattuale vi è la violazione dell'obbligo posto in capo al debitore
nell'interesse del creditore, mentre la responsabilità aquiliana scaturisce dalla violazione
del dovere di alterum non laedere di origine romanistica.
Il tipo di analisi sul rapporto tra le due forme di responsabilità all'interno
dell'ordinamento italiano è influenzato dalla valutazione delle esperienze estere e dalle
prospettive europee in tema di responsabilità civile 258 , che sono caratterizzate da una
considerazione unitaria del danno e che sembrano estranee da differenziazioni di natura
metodologica. L'influenza della normativa europea di settore porta gli Autori ad
interrogarsi sulla necessità di adeguare il settore interno della responsabilità civile al
sistema europeo, che appare meno articolato e frammentato rispetto al nostro259.
Già a partire dagli anni settanta del secolo scorso era stata affermata la possibilità
di trattare congiuntamente la responsabilità contrattuale e quella extracontrattuale. I due
sistemi, infatti, si consideravano costruiti in maniera speculare. Ciò dimostrava
l'elaborazione di un sistema di responsabilità in cui ad esigenze comuni si davano eguali
risposte260.
Gli esempi forniti riguardavano diversi profili: dall'elemento soggettivo della
responsabilità di cui agli articoli 1176 cod. civ. e 2043 cod. civ. alla responsabilità per
l'operato degli ausiliari ex artt. 2049 e 1228 cod. civ., fino all'esercizio di attività
258
Su tale tematica v. tra gli altri: G. ALPA, La responsabilità civile, cit., 1028 ss. e F. D. BUSNELLI – S.
PATTI, Danno e responsabilità civile, cit., 221 ss.
259
F. GIARDINA, La distinzione tra responsabilità contrattuale ed extracontrattuale, in G. VISINTINI (diretto
da), Tratt. resp. contr.,I; Inadempimento e rimedi, Padova, 2009, 74.
260
G. SBISÀ, Responsabilità contrattuale ed extracontrattuale. Realtà contrapposte o convergenza di
presupposti o di scopi?, in Resp. civ. prev., 1977, 724.
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pericolose e alla responsabilità da cose in custodia, dove veniva individuata la simmetria
tra gli articoli 2050 e 1681 cod. civ. da un lato e gli artt. 2051, 2052 cod. civ. e 1693, 1784
e 1839 cod. civ. dall'altro261.
Sulla base delle similitudini individuate il settore della responsabilità civile
avrebbe dovuto avere una trattazione unitaria. Ciò avrebbe trovato giustificazione anche
alla luce di alcune fattispecie, come ad esempio la responsabilità del produttore, che
potevano essere trattate su base contrattuale oppure aquiliana262.
Sempre in quegli anni una parte della dottrina si era spinta fino ad elaborare l'idea
di una categoria generale di responsabilità
263
, derivante dall'inadempimento di
un'obbligazione o dalla lesione di un diritto assoluto ai sensi dell'articolo 2043 cod. civ.
La costruzione di una categoria unitaria di responsabilità ha delle conseguenze di grande
rilievo. Innanzitutto viene individuata una disciplina di base, che nemmeno l'autonomia
dei privati è in grado di modificare. Allo stesso tempo viene consentita un'integrazione
della disciplina legislativa, a condizione che non vengano intaccati i principi fondamentali
su cui si basa la normativa unica264.
Il fondamento di questa linea di pensiero risiederebbe nell'analisi della disciplina
elaborata per le due forme di responsabilità. La normativa sarebbe completamente
unitaria a parte delle piccole sconnessioni dettate dalle specificità strutturali. Unica vera
261
G. SBISÀ, Responsabilità contrattuale ed extracontrattuale, cit., 724.
G. SBISÀ, Responsabilità contrattuale ed extracontrattuale, cit., 727: « (...) vi sono temi di grande
rilevanza pratica che vengono affrontati in entrambe le prospettive. Un esempio è offerto proprio dalla
responsabilità del produttore (….) che viene impostato e risolto sia su base contrattuale (…) sia su base
extracontrattuale: il che sembra confermare la fungibilità o complementarietà dei due rami della
responsabilità civile».
263
In Francia una concezione unitaria della responsabilità si formò a partire dalla fine del XIX secolo e
venne poi abbandonata negli anni trenta del 1900 per abbracciare la teoria dualistica; per l'indirizzo unitario
v. J. GRANDMOULIN, Nature délictuelle de la responsabilité pour violation des obligations contractuelles,
Rennes, 1892, 7: «L'analyse et l'histoire démontrent donc l'identité de nature de la loi et du contrat. Aussi,
légales ou contractuelles, les obligations ne présentent aucune différence essentielles ni dans leurs subjets,
ni dans leurs objet, ni dans leur force obligatoire (…). La contravention au contrat équivaut à la
contravention à la loi. (…). L'unité de principe de la loi et du contrat, de l'obligation, soit contractuelle,
soit légale, conduit donc à l'unité de responsabilité» e M. PLANIOL, Traité élémentaire de droit civil
conforme aux programme officiel de faculté de droit, IX ed., Paris, 1922, 281 ss., secondo il quale colpa
contrattuale ed extracontrattuale sono accomunate dalla medesima natura. Sulla tesi dualistica v. A. BRUN,
Rapports et domaines de responsabilité contractuelle et délictuelle, thèse de doctorat, Lyon, 1931, 93 ss.;
in generale sul tema e per una ricostruzione del rapporto tra le due responsabilità v. R. O DALCQ, Traité de
la responsabilité civile, I, Les causes de responsabilité, Bruxelles, 1967, p. 113 ss.
264
A. RAVAZZONI, Responsabilità contrattuale e responsabilità extracontrattuale, in Studi in memoria di
Guido Donatuti, II, 1973, 989.
262
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differenza sarebbe rappresentata dal termine di prescrizione dell'azione265. In ogni caso,
la diversa collocazione delle norme prevista dal legislatore non costituirebbe ostacolo alla
considerazione unitaria della responsabilità266.
La necessità di elaborare una nozione unitaria di responsabilità dal punto di vista
disciplinare ha trovato eco anche nella dottrina recente, pur se in maniera non
particolarmente approfondita. Secondo questa dottrina, l'elaborazione di principi comuni
alle due aree, pur mantenendo la diversità disciplinare, potrebbe condurre all'unificazione
o all'armonizzazione delle regole di responsabilità267. Si dovrebbe passare, secondo questa
posizione, dalla distinzione tra responsabilità contrattuale ed extracontrattuale a quella tra
responsabilità per colpa e oggettiva, a cui vanno ad aggiungersi i modelli intermedi di
“presunzione di responsabilità”268.
Inoltre, l'emergere di zone di confine tra le due responsabilità, cioè di ipotesi
difficilmente collocabili in una o nell'altra area, ha condotto a due diversi atteggiamenti
da parte della dottrina attuale. Il problema riguarderebbe quei rapporti i cui interessi non
sono catalogabili in maniera netta come contrattuali o extracontrattuali. In queste ipotesi
si è affermata, innanzitutto, la necessità di un'assimilazione tra le due normative, per
rendere meno vistoso il fenomeno dello straripamento di una disciplina verso l'altra269.
Dall'altro lato, invece, la dottrina sostiene la necessità di mantenere ferma la
distinzione anche riguardo a questi casi, alla luce della diversità disciplinare e della stessa
265
A. RAVAZZONI, Responsabilità contrattuale e responsabilità extracontrattuale, cit., 988: «Dall'esame
dei vari, pretesi punti di rilevanza di tale distinzione si può trarre tranquillamente il risultato della
inesistenza di differenziazioni di particolare rilievo; suscettibili, cioè, di caratterizzare in un certo modo le
due apparentemente contrapposte nozioni di responsabilità contrattuale e responsabilità extracontrattuale.
(…) la disciplina (…) sia sostanzialmente uniforme, con l'avvertenza che la loro differenziazione strutturale
può importare nell'applicazione della (ripeto)identica disciplina alcune sconnessioni non altrimenti rilevanti.
(…) un reale differenza normativa (…): quella relativa al diverso termine prescrizionale (...)».
266
A. RAVAZZONI, Responsabilità contrattuale e responsabilità extracontrattuale, cit., 990.
267
A. PROCIDA MIRABELLI DI LAURO, M. FEOLA, La responsabilità civile, Torino, 2008, 15.
268
A. PROCIDA MIRABELLI DI LAURO, M. FEOLA, La responsabilità civile, cit., 15: «Piuttosto che continuare
a suddividere il campo della responsabilità civile in due modelli, rigorosamente non comunicanti, ispirati
al dato formale delle fonti, può farsi strada l'idea che in entrambi gli ambiti la partizione ordinante sia quella
tra responsabilità per colpa e responsabilità oggettiva, pur nella consapevolezza di modelli intermedi
caratterizzati da “presunzioni di responsabilità”».
269
A. DI MAJO, Le tutele contrattuali, Torino, 2009, 122: «(...) l'applicazione di regole contrattuali o
extracontrattuali di responsabilità corre lungo un confine mobile. A seconda delle esigenze si assiste allo
“straripamento” di regole contrattuali di tutela in settori che hanno riguardo ad interessi che non possono
dirsi strictu senso contrattuali o viceversa. Il che potrebbe dimostrare come sovente, almeno per talune
categorie di interessi, le “fonti” possano essere quasi fungibili. Potrebbe allora raccomandarsi che le diverse
discipline abbiano ad avvicinarsi per rendere meno vistoso l'effetto di “straripamento” dell'una (disciplina)
verso l'altra».
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quadripartizione delle fonti, che caratterizzano il nostro ordinamento giuridico270.
La contrapposizione tra le due forme di responsabilità appartiene, infatti, a tutte
le esperienze giuridiche contemporanee, oltre che al dato normativo e alla tradizione
giuridica, e non può considerarsi odiernamente superata, per ragioni di carattere formale
e sostanziale271. Il primo elemento che induce a mantenere la distinzione è sempre il dato
normativo, quindi le differenze disciplinari, analizzate nel capitolo precedente. Il secondo
ordine di ragioni emergerebbe dalla diversità strutturale, che caratterizza, secondo una
parte della dottrina, le due forme di responsabilità: l'esistenza o meno di un obbligo
preesistente in capo al danneggiante272.
II.2. La possibile sovrapposizione tra responsabilità contrattuale
ed extracontrattuale e il rimedio del concorso.
Ferma restando la distinzione tra le due forme di responsabilità contrattuale ed
aquiliana, vi sono dei casi in cui si verifica la “sovrapposizione” tra illecito aquiliano e
inadempimento e delle altre ipotesi, che costituiscono di per sé illecito civile, ma che
vengono qualificate come illecito contrattuale273.
Nella prima ipotesi rientrano le obbligazioni contrattuali in cui la prestazione
coinvolge direttamente «come luogo di applicazione» la persona o i beni del creditore. Si
270
G. ALPA, La responsabilità civile, cit., 126: «Le differenze più rilevanti, sorrette dal testo normativo,
riguardano oggi il regime della prova e la nozione di caso fortuito, oltre che il regime della prescrizione.
D’altra parte, anche la quadripartizione delle fonti delle obbligazioni ex art. 1173 c.c. (legge, contratto, altri
atti o fatti) depone a favore della distinzione tra la responsabilità che nasce dalla violazione di un obbligo
contrattuale e la responsabilità che nasce da atto illecito. La circostanza che si riscontrino nella prassi ipotesi
di confine o catalogabili nell’una o nell’altra area non impedisce di considerarle ancora distinte. Si tratta di
ipotesi di cui si tratterà specificamente in seguito che ineriscono alla responsabilità da prospetto, alla
responsabilità del prestatore di servizi, alla responsabilità della banca, e così via, collocate, come si e` detto
in termini suggestivi, in una ‘‘terra di nessuno’’».
271
C. SALVI, La responsabilità civile, cit., 11.
272
C. SALVI, La responsabilità civile, cit., 12: «La distinzione tra le due figure di responsabilità non può in
effetti considerarsi superata, anzitutto per le differenze di regime giuridico (ancorché non tutte
incontrovertibili) previste dalla legge (…). ma quella distinzione (e del resto almeno una parte di differenze
di disciplina ora ricordate)discende anche da ragioni più sostanziali, connesse alla differente qualità
funzionale della protezione dell'interesse. (…) una volta abbandonata la ricostruzione di entrambe le figure
di responsabilità intorno allo schema di illecito,emerge una diversità di struttura e di funzioni,
corrispondente al carattere proprio dell'istituto aquiliano, di ordinamento dei casi in cui un contatto sociale
avviene al di fuori di un precedente “progetto” tra le parti. La qualificazione ex post del fatto ne copre così
l'intera dimensione, aprendo al giudizio di responsabilità spazi sempre più nuovi estranei all'altra figura,
nella quale l'obbligo risarcitorio sorge sempre come specificazione di un obbligo preesistente».
273
C. CASTRONOVO, La nuova responsabilità civile, III ed., Milano, 2006, 565 ss.
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tratta ad esempio del rapporto medico – paziente e del trasporto di persone o cose. In
questo caso l'inadempimento del debitore (rispetto all'obbligo contrattuale di tutelare
l'integrità personale del creditore o i suoi beni) configura la violazione di una situazione
soggettiva, rilevante a prescindere dall'esistenza del rapporto obbligatorio274.
Il secondo caso riguarda, invece, le fattispecie in cui la condotta posta in essere
dal debitore violi interessi del creditore, che siano differenti rispetto all'oggetto della
prestazione. In queste fattispecie l'esistenza del contratto costituisce la conditio sine qua
non della lesione. Ciò significa che la violazione di quel determinato interesse non si
sarebbe verificata in assenza del vincolo contrattuale tra danneggiante e danneggiato. Per
questi motivi la lesione, che normalmente ricadrebbe sotto l'art. 2043 cod. civ., dà luogo
ad una responsabilità di natura contrattuale275. In alcuni casi è la stessa legge a prevederlo
esplicitamente. Ciò avviene ad esempio nell'ambito dei rapporti di lavoro in caso di
violazione dell'art. 2087 cod. civ, ovvero nell'ipotesi in cui il datore di lavoro non abbia
adottato le misure volte a tutelare l'integrità fisica e morale del lavoratore276.
In altri, invece, la riconduzione di questi tipi di illecito all'area contrattuale è
possibile attraverso il ricorso alla categoria di origine tedesca dei doveri di protezione
274
C. CASTRONOVO, La nuova responsabilità civile, cit., 566: «In via di principio (…) l'inadempimento non
può essere qualificato fatto illecito; se ciò fosse possibile la distinzione fondamentale tra responsabilità
contrattuale ed extra – contrattuale non avrebbe senso. C'è, però, una specie di obbligazioni, nelle quali la
condotta del debitore comporta la violazione di una situazione soggettiva che è rilevante a prescidere
dall'esistenza di un rapporto obbligatorio. Questo rende la medesima condotat suscettibile di qualificazione
sia dalla prospettiva del rapporto obbligatorio sia da quella della tutela per così dire generale della sfera
soggettiva: è in questo caso che si verifica una coincidenza tra responsabilità contrattuale e responsabilità
aquiliana. Il caso tipico è quello in cui la prestazione ha come suo luogo di applicazione la persona o i beni
del creditore, come accade nelle cure mediche o nei contratti di trasporto o di deposito o ancora nel contratto
d'opera che debba essere eseguito esercitando l'arte su una cosa o sulla persona del creditore».
275
C. CASTRONOVO, La nuova responsabilità civile, cit., 567: «La seconda modalità in cui le due
responsabilità si presentano come idonee a qualificare uno stesso fatto è quella (...) nella quale la condotta
del debitore viola interessi del creditore altri da quello della prestazione, i quali sarebbero tutelati anche al
di fuori del rapporto obbligatorio, dando luogo ad un illecito. In tali ipotesi, la questione non è quella di una
possibile sovrapposizione della responsabilità extracontrattuale a quela contrattuale, ma al contrario
riguarda la possibilità di adottare il modello contrattuale, realtivamente a fatti che di per sé costituiscono
illecito, fondando la responsabilità su un rapporto preesistente tra danneggiante e danneggiato. (…) se si
accetta quella che ormai in Italia è un'idea acquisita: che interessi diversi dalla prestazione possano essere
tutelati sul piano contrattuale adottando la categoria delle Schutzpflichten, risulta in re ipsa la qualificazione
contrattuale. Ci deve essere però una ragione sufficiente al di là della pura e semplice relazione di
obbligazione (…) Tale ragione può essere ricavata da una speciale qualificazione del fatto nei termini
seguenti: che la violazione dell'interesse protetto, la quale di per sé ammonterebbe a fatto illecito, si verifica
a causa dell'esistenza di un rapporto obbligatorio, la cui attuazione, più precisamente, costituisca conditio
sine qua non della lesione. Facendo rilevare questo aspetto, talora la legge provvede a fissare espressamente
come contrattuale la responsabilità. Un esempio chiaro in questo senso è costituito dall'art. 2087 (...)».
276
C. CASTRONOVO, La nuova responsabilità civile, cit., 568.
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(Schutzpflichten) 277 , che sarà oggetto di approfondimento specifico al paragrafo III.2.
L'origine degli obblighi di protezione è da ricondurre al principio di buona fede oggettiva,
che deve essere inteso come «canone di condotta leale e corretta, che deve caratterizzare
le prestazioni di due soggetti posti formalmente sullo stesso piano»278.
Le ipotesi considerate rappresentano le fattispecie tipiche in cui opera il concorso
di responsabilità contrattuale ed aquiliana279. Il concorso si verifica, infatti, in caso di
lesione degli obblighi di protezione, che dovrebbe ricadere nell'ambito della tutela
contrattuale e non aquiliana280.
L'obiettivo centrale dell'istituto appare esclusivamente quello di accrescere la
tutela nei confronti del soggetto danneggiato. Il concorso (e il cumulo intesi nel
significato sotto analizzato) mirerebbe ad evitare il rischio che il danneggiato subisca una
disparità di trattamento nelle fattispecie di incerta qualificazione sotto l'una o l'altra forma
di responsabilità281. La disparità di trattamento è originata dalle differenze disciplinari (in
particolare in materia di onere probatorio e di prescrizione), che caratterizzano l'una e
l'altra responsabilità e che una parte della dottrina ha giudicato incoerenti e frutto di scelte
legislative arbitrarie282.
In questo senso si può affermare che la necessità di accostare le due figure e di
conseguenza la loro disciplina nasce dalla particolarità del bene, che viene leso nelle
ipotesi tipiche di concorso: l'integrità fisica e morale della persona. Si è detto, infatti, che
le esigenze di protezione esigono delle soluzioni di carattere equitativo e pratico, qual è
per l'appunto il rimedio del concorso283.
L'obiettivo di tutelare al massimo il danneggiato è particolarmente evidente nel
contratto di trasporto, per ciò che concerne il termine prescrizionale. Per le azioni
277
C. CASTRONOVO, La nuova responsabilità civile, cit., 567 ss.
G. VISINTINI, Inadempimento e mora del debitore (artt. 1218-1222), cit., 274. Il principio di buona fede
oggettiva è sancito dall'articolo 1175 del codice civile, secondo il quale il debitore e il creditore devono
comportarsi secondo correttezza, e viene ribadito come canone di comportamento in sede di esecuzione del
contratto dall'articolo 1375 cod. civ.
279
G. VISINTINI, Trattato breve della responsabilità civile, cit., 264 ss.
280
G. VISINTINI, La lesione del credito da parte di terzi e il concorso di azioni, in G. VISINTINI (diretto da),
Tratt. resp. contr., Inadempimento e rimedi, Padova, 2009, 728.
281
F. GIARDINA, La distinzione tra responsabilità contrattuale e responsabilità extracontrattuale, cit., 171.
282
F. GIARDINA, La distinzione tra responsabilità contrattuale e responsabilità extracontrattuale, cit. 172.
283
G. PONZANELLI, Il concorso di responsabilità: le esperienze italiana e francese a confronto, in Resp.
civ. prev.,, 1984, 45, che riprende sul punto l'espressione di A. TOSCANO, Responsabilità civile, in Riv. dir.
civ., 1956, II, 268: «(...) considerazioni di carattere equitativo e pratico (...)».
278
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contrattuali derivanti ex art. 1681 cod. civ. viene stabilito un termine prescrizionale di un
anno (2951 cod. civ.) Attraverso il concorso il danneggiato ha la possibilità di godere di
una maggiore protezione, perché può esercitare l'azione aquiliana nel più ampio termine
prescrizionale di cinque anni284.
II.3. Il concorso e cumulo di responsabilità: definizioni
problematiche.
Sotto il codice civile abrogato del 1865 Gabba fornisce una definizione di
concorso e cumulo di responsabilità contrattuale ed extracontrattuale285.
Prima di analizzare il pensiero dell'illustre Autore, bisogna premettere (ciò vale
anche gli altri indirizzi che verranno analizzati) che, sebbene si parli di azioni, la materia
è pur sempre inquadrata in ambito sostanziale e non processuale.
Come è stato correttamente rilevato, infatti, il problema del concorso è di natura
sostanziale. Si tratta di verificare se da un unico fatto lesivo consistente nella violazione
dell'obbligo contrattuale possa sorgere, oltre il diritto al risarcimento del danno fondato
su questa obbligazione, anche il diritto al risarcimento ex art. 2043 cod. civ. Si tratta,
quindi, di attestare se dall'unico fatto dannoso possano sorgere due diritti al risarcimento
del danno e di conseguenza due distinte azioni286.
284
G. PONZANELLI, Il concorso di responsabilità: le esperienze italiana e francese a confronto, cit., 45.
E GABBA, Nuove questioni di diritto civile, II, Torino, 1906, 280 ss.
286
R. RUSSO, Concorso dell'azione aquiliana con la contrattuale nel contratto di trasporto, in Riv. trim. dir.
proc. civ., 1950, 965; l'Autore riprende sul punto il pensiero di E. T. LIEBMANN, Azioni concorrenti, in Studi
in memoria di V. Ratti, Milano, 1934, 668: « Deriva da queste premesse che il concursus actionum si
presenta in diritto moderno, almeno nel suo nucleo centrale, sub specie di un concorso di diritti. La
sensibilità propria dei nostri tempi per la precisione dei concetti e della loro formulazione anche verbale
vuole dunque che si determini con esattezza se accanto ad esse possa ancora parlarsi di un concorso di
azioni. Ma a me pare chiaro che la distinzione tra diritto ed azione può avere come massima conseguenza
quella di duplicare la figura primitiva, perché ad ogni concorso di diritti corrisponderà un concorso di azioni.
E se è vero che, per le ragioni indicate, le azioni concorrenti subiranno la sorte dei diritti cui corrispondono,
ciò non toglie che esse possano presentare, ed effettivamente presentino, alcuni loro problemi non privi di
particolare interesse». Sulla natura squisitamente sostanziale e non processuale del problema v. anche E.
HEINITZ, Responsabilità contrattuale e responsabilità aquiliana, nota a Cass. Regno, 17 giugno 1936, n.
2107, in Foro it., 1936, 1562: «Non si deve perdere di vista che il processo rappresenta soltanto una delle
forme nelle quali si compie l'attuazione del diritto. La maggior parte dei rapporti giuridici si sviluppa ed è
condotta regolarmente a termine senza portare alla necessità di una lite temeraria. I diritti e gli obblighi
reciproci delle parti debbono essere suscettibili di essere fissati al di fuori di un processo ed
indipendentemente da esso. La questione principale e fondamentale è sempre quella, quali rapporti
intercorrano tra le parti in base al diritto sostanziale. Sotto quali presupposti e in quali forme poi il titolare
di un diritto possa agire in via giudiziaria contro colui che lo violi o non adempia ad un suo obbligo, è un
problema diverso (...)».
285
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Non deve trarre in inganno l'improprietà del linguaggio utilizzato, che spesso parla
di concorso di azione contrattuale ed extracontrattuale. Si tratta, infatti, non di azione ma
di diritto soggettivo sostanziale287.
Gabba muove le proprie considerazioni da una nozione astratta di concorso di
azioni, inteso come pretesa di una medesima prestazione sulla base di titoli differenti. Si
tratta di un'ipotesi che, secondo Gabba, si verifica in due casi diversi288.
In primo luogo, si può parlare di concorso di azioni quando un identico fatto o
rapporto giuridico può essere considerato da più punti di vista e di conseguenza essere
inquadrato sotto diversi aspetti giuridici. Il secondo caso, invece, l'ipotesi in cui vi siano
una pluralità di fatti o rapporti giuridici differenti, che danno luogo ad un solo diritto289.
Nel primo caso considerato rientrerebbero, secondo l'illustre Autore, quelle
fattispecie in cui un identico diritto o divieto viene inquadrato da due distinte leggi. Di
conseguenza, è possibile per l'avente diritto agire in giudizio invocando l'una o l'altra
disciplina290.
Il rapporto tra responsabilità contrattuale ed aquiliana può essere inserito in questa
tipologia di concorso: uno stesso fatto dannoso presenta due duplici aspetti, contrattuale
ed extracontrattuale, che ricadono ciascuno nella normativa specifica di riferimento291.
Il cumulo di azioni riguarderebbe, invece, la possibilità di cumulare i vantaggi
dell'una e dell'altra azione o di esperirne una successivamente all'altra, per far valere uno
stesso diritto. Ciò può avvenire sia nel caso in cui le due azioni provengano da un
medesimo titolo oppure da titoli differenti292.
Altri Autori hanno specificato la nozione di concorso di azioni arrivando ad
287
E. HEINITZ, Responsabilità contrattuale e responsabilità aquiliana, cit., 1563.
E GABBA, Nuove questioni di diritto civile, 279.
289
E GABBA, Nuove questioni di diritto civile, cit., 279: «In linea astratta può dirsi che si ha concorso di
azioni tutte le volte che per diversi titoli richiedesi una prestazione medesima in qualità e quantità. E ciò
può accadere sia perché un medesimo fatto o rapporto giuridico possa essere considerato da più punti di
vista, sotto più aspetti giuridici differenti, sia perché fatti e rapporti giuridici distinti e diversi ingenerino
tuttavia un solo e medesimo diritto, con un solo e medesimo oggetto».
290
E GABBA, Nuove questioni di diritto civile, cit., 279.
291
E GABBA, Nuove questioni di diritto civile, cit., 284: «(...) questo concorso appartiene alla prima
categoria da me notata sopra, cioè ha aspetto di duplicità di azioni nascenti da un medesimo fatto, il quale
avrebbe due aspetti e quindi sotto due distinte leggi e canoni giuridici cadrebbe: aspetto contrattuale,
cadente sotto la legge regolatrice del danno contrattuale; aspetto delittuoso o aquiliano,cadente sotto la
legge regolatrice del danno aquiliano».
292
E GABBA, Nuove questioni di diritto civile, cit., 282 – 283.
288
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affermare il «concorso elettivo»293.
Si parla di concorso elettivo quando il soggetto danneggiato può esperire più
azioni per la tutela di uno stesso diritto leso. Il danneggiato, però, deve scegliere se
esperire l'una o l'altra azione. Una volta effettuata la scelta, non è più possibile esercitare
la seconda azione294.
Si è parlato di concorso elettivo in riferimento al concorso di responsabilità
contrattuale ed aquiliana. In una nozione generale di azioni concorrenti, infatti, è prevista
la possibilità di scelta tra le due azioni (proponendole in via principale e in via subordinata)
oppure l'eventualità di esperirle contemporaneamente nel medesimo giudizio, cioè di
cumularle295.
Nella dottrina processualistica è importante, inoltre, accennare al pensiero di
Chiovenda, che è stato ripreso da alcuni civilisti sotto l'egida del nuovo codice civile.
Chiovenda nella sua opera intitolata “Principi di diritto processuale civile”
enuncia il principio per cui nel rapporto tra responsabilità contrattuale ed
extracontrattuale si può parlare esclusivamente di concorso apparente di azioni o meglio
di concorso di norme 296 . Lo stesso fatto cade sotto l'applicazione di norme differenti.
L'azione è una sola, perché tende al risarcimento dei danni e ha come causa il fatto
dannoso, che può essere qualificato dal punto di vista contrattuale o aquiliano. La
responsabilità è unica e deriva dal fatto, che può avere una duplice qualificazione. Il
risarcimento del danno non può, quindi, perseguirsi con due distinti giudizi, a seconda del
tipo di qualificazione che viene effettuato in senso contrattuale o meno297.
293
P. CARADONNA, Concorso di colpa contrattuale ed extracontrattuale, cit., 266.
P. CARADONNA, Concorso di colpa contrattuale ed extracontrattuale, cit., 265: « Si suol dire che si
verifica concorso di azioni quando esistono più azioni spettanti ad una sola persona per la tutela del
medesimo diritto e tali che l'esercizio dell'una impedisca in tutto o in parte quello dell'altra. Se, cioè, da
uno stesso fatto giuridico derivano più azioni capaci dei medesimi effetti, avviene che è in facoltà del
danneggiato di perseguire l'una o l'altra delle azioni, ma l'esercizio dell'una influisce sull'esistenza dell'altra,
estinguendola».
295
P. CARADONNA, Concorso di colpa contrattuale ed extracontrattuale, cit., 265 – 266: «Le azioni
concorrenti possono essere alternative – electa una via non datur recursus ad alteram – o tali che ne sia
possibile l'esercizio: proponendole: l'una in via in principale, l'altra in via subordinata o anche cumulandole,
cioè sperimentandole tutte nel medesimo giudizio, in modo da ricavare dall'una il maggior vantaggio non
avuto dall'altra. Esempi di azioni, che esistono contemporaneamente, per lo stesso obietto, si hanno nel
nostro diritto positivo, nel caso del venditore, cui non sia stata pagata la cosa venduta (una per la risoluzione
del contratto, l'altra per pagamento del prezzo); del compratore per i vizi occulti della cosa acquistata (...)».
296
G. CHIOVENDA, Principii di diritto processuale civile, Le azioni . Il processo di cognizione, Ristampa
inalterata con prefazione di V. ANDRIOLI, Napoli, 1965, 288.
297
G. CHIOVENDA, Principii di diritto processuale civile, Le azioni. Il processo di cognizione, cit., 288:
294
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Sebbene il pensiero di Chiovenda si riferisse al profilo strettamente processuale,
la dottrina civilistica ha criticato le sue posizioni. Si è affermato che uno stesso fatto non
può mai ricadere sotto l'ambito di applicazione sia della disciplina contrattuale sia di
quella extracontrattuale298. In uguale posizione critica, si è successivamente sostenuto che
l’elaborazione di Chiovenda non risolve il problema, ma lo sposta unicamente su un altro
piano. Il fulcro della problematica in materia di concorso e cumulo di responsabilità
contrattuale ed extracontrattuale non è quello di individuare quale normativa sia
applicabile rispetto ad un determinato fatto lesivo. Il nucleo centrale del dibattito è, invece,
quello di sapere se accanto alla normativa in materia di responsabilità contrattuale è
possibile invocare alternativamente o cumulativamente quella extracontrattuale299.
Inoltre, secondo questa critica, le due azioni si differenziano in base alla causa
petendi. Infatti, anche se vi è identità nel fatto lesivo, i diritti soggettivi lesi sono distinti:
obbligo contrattuale e generico dovere di neminem laedere300.
«Concorso di sole norme si ha quando lo stesso fatto può cadere sotto diverse norme e si tratta di vedere
qual è la norma applicabile, ciò che incombe in ogni caso di decidere al giudice (…); tale è il caso,
dell'apparente concorso, ad esempio, dell'azione aquiliana colle azioni contrattuali, quando pure il vincolo
obbligatorio importi diverse responsabilità (…). L'azione è qui una sola: essa tende al risarcimento dei
danni ed ha per causa il fatto dannoso: questo può essere qualificato dal vincolo contrattuale, ma la
responsabilità è una sola, quella derivante dal fatto qualificato., e non può perseguirsi con due successivi
giudizii, sol perché in uno si affermi la qualifica, nell'altro no».
298
P. CARADONNA, Concorso di colpa contrattuale ed extracontrattuale, cit., 266: «(...) questo
processualmente è esatto; ma dal punto di vista del diritto sostantivo mi sembra da escludere che lo stesso
fatto possa cadere tanto nella sfera delle norme che regolano la colpa contrattuale quanto in quella delle
norme che regolano la colpa aquiliana».
299
R. RUSSO, Concorso dell'azione aquiliana con la contrattuale nel contratto di trasporto, cit., 965: «. Il
rilievo è esatto, ma non risolve il problema: semplicemente lo sposta. Giacché il problema non è vedere
quale norma sin applicabile n quel fatto lesivo; il problema è sapere se un fatto lesivo, cui è applicabile una
norma (la. contrattuale), possa essere applicata (cumulativamente o alternativamente) l'altra(la
extracontrattuale). Si tratta di sapere in sostanza se, respinta la mia domanda in base ad una norma, possa
riproporla in base all'altra norma. E allora perché non continuare a parlare di concorso di azioni?».
300
R. RUSSO, Concorso dell'azione aquiliana con la contrattuale nel contratto di trasporto, cit., 965: «A
ben guardare, infatti, appare evidente che nell'una e nell'altro. ipotesi ci si trovi in presenza di una diversa
causa petendi e che proprio di azioni diverse si debba parlare. È vero che le due cause hanno un elemento
comune (il fatto lesivo), ma è diverso in esse il diritto soggettivo leso, in base al quale si invoca il
risarcimento (obbligo contrattuale nell'una. ipotesi; dovere generico nell'altra). Né si può dire. a mio
sommesso avviso, che Il fatto lesivo sia l'elemento comune che conferisca individualità all'azione. Per
affermare ciò sarebbe necessario dimostrare. come da altri autori è stato tentato di fare. che tra responsabilità
contrattuale e e responsabilità extracontrattuale non corra, nel sistema positivo, alcuna differenza». RUSSO
riprende la posizione espressa circa dieci anni prima da E. HEINITZ, Responsabilità contrattuale e
responsabilità aquiliana, cit., 1568: « (…) fra i due diritti, quello derivante dalla violazione del vincolo
contrattuale e quello derivante da illecito civile corrano numeroso differenze, anche qualora essi mirino allo
stesso scopo economico. Ciò si rispecchia nell'ambito del diritto processuale di modo che è escluso
confondere comunque le due azioni o ritenere sussistente una sola pretesa processuale, quando siano fatti
valere ambedue i diritti. (…) Non è possibile a nostro avviso ritenere sussistente concorso di sole norme
quando siano fatti valere diritti sostanziali distinti e diversi».
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Nonostante ciò, una parte della dottrina successiva, ha coniato l'accezione
formulata dal Chiovenda. In particolare si è affermato che si tratterebbe di un concorso di
norme, inteso come concorso di norme violate e delle norme regolatrici della
responsabilità301.
Si parla di concorso di norme violate in riferimento alle diverse norme volte a
proteggere lo stesso interesse: in ambito obbligatorio e nell'ambito di applicazione del
neminem laedere. Oltre che concorso di norme violate, si ha concorso delle norme che
disciplinano la responsabilità contrattuale ed extracontrattuale in riferimento ai diversi
campi in cui l'interesse stesso viene tutelato302. Il fatto che le norme siano concorrenti tra
di loro, nella duplice veste sopra accennata, si riflette sulla nozione stessa di concorso.
Infatti, la concorrenza delle norme porta alla necessità di optare tra le une e le altre303.
Il danneggiato, quindi, deve necessariamente scegliere se invocare le norme in
materia di responsabilità contrattuale o quelle che regolano la responsabilità
extracontrattuale. La scelta, ovviamente, è rimessa unicamente al danneggiato, che dovrà
effettuare delle valutazioni in termini di maggiore o minore convenienza. É esclusa,
quindi, la possibilità di cumulare le norme, cioè di applicarle entrambe senza effettuare la
scelta suddetta304.
Il potere di scelta di cui si è detto può essere esercitato in tutti e tre i gradi del
giudizio. Ciò comporta che il danneggiato può, in appello, invocare le norme in materia
di responsabilità contrattuale, diversamente da quanto effettuato nel primo grado di
giudizio305.
301
A. DE CUPIS, Il problema del cumulo della responsabilità contrattuale ed extracontrattuale, in Ann. dir.
comp., 1963, 253.
302
A. DE CUPIS, Il problema del cumulo della responsabilità contrattuale ed extracontrattuale, cit., 253.
303
A. DE CUPIS, Il problema del cumulo della responsabilità contrattuale ed extracontrattuale, cit., 255: «
(…) intendiamo ribadire che è più esatto parlare di concorso, che di cumulo, della responsabilità
contrattuale e della responsabilità extracontrattuale. Riferendo il discorso alle norme , va chiarito che norme
diverse, concorrenti, possono essere invocate dal soggetto danneggiato: che tali norme siano concorrenti
significa che spetta al soggetto (danneggiato) scegliere alternativamente quelle tra di esse di cui si vuole
l'applicazione – vale a dire quelle concernenti la responsabilità contrattuale, ovvero, rispettivamente, quelle
concernenti la responsabilità extracontrattuale».
304
A. DE CUPIS, Il problema del cumulo della responsabilità contrattuale ed extracontrattuale, cit., 255:
«Non può cumularsi l'applicazione delle une e delle altre. Il concorso comporta semplicemente un potere
di scelta alternativa spettante al soggetto dell'interesse leso (danneggiato), il quale è arbitro di valutare se
gli convenga maggiormente invocare le norme sulla responsabilità contrattuale ovvero quelle sulla
responsabilità extracontrattuale»
305
A. DE CUPIS, Il problema del cumulo della responsabilità contrattuale ed extracontrattuale, cit., 255: «
Vale a dire che, essendo unica l'azione, non è vietato al danneggiato di invocare, in successivo grado di
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La definizione di concorso di norme deve essere, quindi, intesa secondo questo
indirizzo, come possibilità per l'attore di invocare, secondo la propria volontà, le norme
in materia di responsabilità contrattuale oppure quelle che riguardano la responsabilità
aquiliana306. Si parla, invece, di cumulo, detto anche concorso di azioni, al fine di indicare
l'ipotesi opposta, ovvero la situazione in cui il danneggiato non è tenuto ad effettuare la
scelta e di conseguenza può invocare contemporaneamente entrambe le disposizioni
suddette307. Questa distinzione tra concorso e cumulo di responsabilità è stata interpretata
come coincidente a quella tra concorso di norme e concorso di azioni, che risulterebbe di
stampo più prettamente processualistico308.
Nel pensiero di altri Autori in merito alla distinzione tra concorso e cumulo di
responsabilità è, invece, possibile ravvisare l'influenza della dottrina d'Oltralpe,
sviluppatasi negli anni trenta del secolo scorso.
Secondo questo indirizzo, a mio avviso più chiaro rispetto a quelli precedenti, nel
concorso di responsabilità contrattuale ed aquiliana vi è la possibilità per il danneggiato
di optare tra le norme in materia di responsabilità contrattuale e quelle che disciplinano
la responsabilità extracontrattuale. Nel caso del cumulo, invece, il danneggiato ha la
possibilità di esercitare contemporaneamente le due azioni309.
Il concorso di responsabilità deve essere inteso correttamente come opzione tra le
due forme di responsabilità. Il creditore/danneggiato non può, quindi, cumulare i vantaggi
delle due azioni, ma ha solo due strade percorribili, e deve necessariamente esprimere
quale delle due intenda seguire310.
giudizio, una norma diversa da quella di cui egli ha precedentemente chiesto l'applicazione (...)».
306
R. SACCO, Concorso delle azioni contrattuale ed extracontrattuale, in G. VISINTINI (a cura di)
Risarcimento del danno contrattuale ed extracontrattuale, Milano, 1984, 155.
307
R. SACCO, Concorso delle azioni contrattuale ed extracontrattuale, cit., 155: « Si adopera (…) invece il
termine cumulo, o concorso di azioni, per indicare la soluzione per cui l'attore può intentare tanto l'una
quanto l'altra azione, anche successivamente l'una all'altra (così ad esempio se prima è respinta per
prescrizione, mentre la seconda non è ancora prescritta).
308
C. ROSSELLO, Concorso di responsabilità contrattuale ed extracontrattuale, in Nuova giur. civ. comm.
1985, II, 317. D. FRENDA, Il concorso di responsabilità contrattuale ed extracontrattuale, II ed., Padova,
2013, 19, nota n. 32, critica le conclusioni di Rossello: « (…) anche muovendo dalla teoria del concorso di
norme è possibile al danneggiato di avvalersi, una dopo l'altra, di entrambe le discipline, anche se detta
operazione è ammessa limitatamente allo stesso giudizio, tra il primo e il secondo grado (…) non è
nemmeno vero che il concorso di responsabilità rispecchi necessariamente lo schema del concorso di norme
(…).
309
A. TOSCANO, Responsabilità civile,cit. 251.
310
G. PONZANELLI, Il concorso di responsabilità: le esperienze italiana e francese a confronto, cit., 36:
«Più che di cumulo, a ben vedere, si dovrebbe correttamente parlare di concorso di responsabilità, o, meglio
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Questa impostazione si ritrova nel pensiero degli illustri Autori francesi Esmein e
Brun. Secondo i due autori, in virtù dell'opzione suddetta, la vittima di un danno potrà
scegliere se presentarsi come contraente o come cittadino qualunque, avvalendosi delle
disposizioni in materia contrattuale oppure extracontrattuale 311 . Inoltre, i due Autori
portano avanti l'idea per cui l'accezione di cumulo, nel senso di opzione tra le due
responsabilità, sarebbe il frutto di un errore terminologico. La definizione più corretta
sarebbe quella di concorso, che non evoca, al contrario del cumulo, l'idea di sommare i
vantaggi e benefici previsti in materia di responsabilità contrattuale ed extracontrattuale312.
Secondo un altro indirizzo seguito dalla dottrina recente, i due momenti del
concorso e del cumulo di responsabilità sono accomunati dallo stesso presupposto: vi è
un'area comune in cui il fatto illecito presenta il duplice carattere di inadempimento e di
illecito extracontrattuale 313 . Nello specifico, alla base del concorso e del cumulo di
responsabilità, vi è un'unica condotta che lede un interesse tutelato sia in ambito
contrattuale sia in ambito extracontrattuale314.
In questo caso al danneggiato viene data la possibilità di scegliere la normativa a
lui più favorevole (concorso di azioni) oppure di perseguire un beneficio che con
l'esercizio di una delle due azioni non è stato possibile raggiungere (cumulo di azioni)315.
ancora, di opzione fra le due forme di responsabilità: il creditore non può, cioè, cumulare il beneficio delle
due azioni, ha solo due strade potenzialmente percorribili, tra le quali gli è concessa una potenziale scelta
che deve necessariamente manifestare».
311
A. BRUN, Rapports et domaines de responsabilité contractuelle et délictuelle, cit., 137: «(...) l'école de
l'incompatibilité reconnait au demandeur de l'action en indemnité le droit d'option. Tout en respectant les
conditions requises pour l'exercise de l'action délictuelle ou de l'action contractuelle, , la victime pourra
choisir à sa guise. Il lui sera loisible de se prevaloirdes régles du règime contractuel ou de faire abstraction
de la convention intevenue et de se placer sous la protection du régime délictuel (…).En d'autres termes,
selon son intérêt, la victime pourra se présenter, en face de son co – contractant comme contractant ou
changer a qualité et faire figure d'un citoyen quelconque (…)».
312
P. ESMEIN, Trois problèmes de responsabilité civile. Causalité – concours de responsabilité –
conventions d'irresponsabilité, in Rev. trim. dr. civ.,1934, 339: «La thèorie qui l'y admet est dénommée
thèorie du cumul de responsabilité. Il vaut mieux dire concours de responsabiliés, car on est d'accord pour
dire que le crèancier ne peut cumuler le bénéfice pécuniare de deux actions au déla de la réparation du
prejudice total que la dispotion la plus favorable lui permet d'invoquer. Le mot concours suggère moins
que l'autre idée d'un cumul de bénéfices»; A. BRUN, Rapports et domaines de responsabilité contractuelle
et délictuelle, cit., 137: «Par suite d'une analyse superficielle due problème des domaines de deux
responsabilité on a confondu “cumul” et “option”».
313
G. VISINTINI, Trattato breve della responsabilità civile, cit., 264: «La regola presuppone l'esistenza di
un'area comune, un'area cioè in cui lo stesso fatto può presentare il duplice carattere di inadempimento e e
fatto illecito (...)».
314
F. GIARDINA, Responsabilità contrattuale ed extracontrattuale. Significato attuale di una distinzione
tradizionale, cit., 162.
315
G. VISINTINI, Trattato breve della responsabilità civile, cit., 264: « (…) comporta la facoltà per il
danneggiato di scegliere in via alternativa la normativa che gli è più favorevole (e allora si parla
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In realtà la denominazione di cumulo di azioni non risponde a canoni
terminologici precisi. Con l'espressione cumulo non si indica, infatti, la possibilità di
sommare le due richieste risarcitorie. È solamente prevista la possibilità di scegliere se
agire in via contrattuale o extracontrattuale oppure agire successivamente con la seconda
azione316.
Seguendo questa linea, si è specificato che concorso e cumulo si collocano in due
momenti temporalmente differenti. Il concorso si verifica in una prima fase, in cui è
ancora possibile per il danneggiato scegliere quale delle due forme di responsabilità
invocare in giudizio. Il cumulo, invece, si colloca in una fase successiva, che viene
definita come eventuale. Si può, infatti, verificare in due casi: quando è rimasta un'unica
azione esperibile oppure quando l'esercizio precedente di una delle due azioni non abbia
permesso al danneggiato di conseguire il risultato sperato317.
È stata così coniata l'idea per cui esiste un principio generale denominato concorso
di responsabilità contrattuale ed extracontrattuale, a cui si richiamano i due istituti del
concorso e del cumulo di responsabilità, inteso nell'accezione sopra indicata318.
Passiamo quindi ad analizzare la terminologia utilizzata in sede giurisprudenziale.
Nella giurisprudenza vi è la tendenza a non distinguere tra concorso e cumulo di
responsabilità contrattuale ed aquiliana. A prescindere dai presupposti applicativi, oggetto
di analisi successiva, la nozione di concorso viene utilizzata indistintamente per indicare
sia la facoltà di scelta tra le due forme di responsabilità319, sia la possibilità di esercitare
preferibilmente di concorso di azioni) o di perseguire un vantaggio che con una delle due azioni non è stato
raggiunto (ed allora si si parla preferibilmente di cumulo di azioni).
316
G. VISINTINI, Responsabilità contrattuale ed extracontrattuale (una distinzione in crisi?), cit., 1077: «
la giurisprudenza e la dottrina parlano, impropriamente, di concorso o cumulo delle azioni di responsabilità
contrattuale ed extracontrattuale. Dico 'impropriamente' perché in realtà, in questi casi, la giurisprudenza
può accordare la legittimazione ad agire in via alternativa a titolo di responsabilità contrattuale od
extracontrattuale, e in conseguenza di ciò il danneggiato .sceglierà fra le due la via più vantaggiosa, oppure
potrà agire in via successiva con la seconda azione per perseguire un bene che non ha ottenuto con la prima
azione, ma non potrà ovviamente cumularle». Questa posizione della Visintini non appare in linea con
quanto sostenuto nelle sue opere successive (v. nota precedente) dove la stessa autrice continua ad utilizzare
la denominazione di concorso e di cumulo di azioni.
317
D. FRENDA, Il concorso di responsabilità contrattuale ed extracontrattuale, cit., 22: che riprende
approfondendolo in pensiero di F. GIARDINA, La distinzione tra responsabilità contrattuale e responsabilità
extracontrattuale, cit., 9
318
La terminologia è di D. FRENDA, Il concorso di responsabilità contrattuale ed extracontrattuale, cit., 1.
319
Nella giurisprudenza di legittimità: Cass. Civ., 25 settembre 2002, n. 13942, in Arch. civ.., 2003, 820;
Cass. Civ., 29 settembre 2004, n. 19560, in Danno resp., 2005, 213, Nel merito: Trib. Reggio Calabria 30
ottobre 2003, in Pluris Utet Cedam;2003 Trib. Roma, 8 aprile 2011, in Pluris Utet Cedaam, 2011.
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la seconda azione nell'ipotesi in cui sia venuta meno l'altra, come ad esempio nel caso di
prescrizione320.
La terminologia da preferire tra quelle descritte è, a mio avviso, quella adottata
dalla giurisprudenza. Con l'accezione di concorso di responsabilità si va ad indicare sia
la facoltà di scelta in capo al danneggiato tra responsabilità contrattuale ed
extracontrattuale, sia la possibilità di proporre l'altra azione laddove la prima sia venuta
meno321
II.4. I presupposti giuridici del concorso di responsabilità secondo
la dottrina favorevole.
I due maggiori esponenti dell'indirizzo favorevole al concorso di responsabilità
contrattuale ed extracontrattuale sono Pacchioni, per la dottrina anteriore al codice civile
del 1942 e De Cupis per il periodo successivo.
La particolarità dei due Autori è stata quella di individuare i presupposti della
responsabilità contrattuale ed aquiliana, per poi delineare le condizioni specifiche in cui
può verificarsi il concorso delle due responsabilità.
Innanzitutto Pacchioni rifiuta l'idea per cui l'individuazione delle due forme di
responsabilità passa attraverso il rapporto tra l'atto lesivo e il contratto322. Se l'atto colposo
viene commesso in occasione del contratto, come modalità di esplicazione del contratto
320
Cass. Civ., 13 ottobre 1953 n. 3340; Cass. Civ., 16 ottobre 1957, n. 3860, in Temi nap., I, 146; Cass. Civ.,
20 febbraio 1958, n. 554, in Resp. civ. prev.,, 1958, 70 ss.; Cass. Civ., 5 dicembre1975, n. 4032, in Mass.
foro it. 1975, 961; Cass. Civ., 9 gennaio 1979, n. 119, in Arch. civ., 1979, 330; Cass. SS. UU., 14 maggio
1987, n. 4441, in Giust. civ., 1987, I, 1628: «La configurabilità del concorso dell'azione extracontrattuale e
di quella contrattuale - quando si tratti del medesimo fatto che violi contemporaneamente sia diritti che
spettano alla persona in base al precetto del "neminem laedere" sia diritti che scaturiscano da un contratto
o comunque da un particolare vincolo giuridico - costituisce ormai un affermato principio della
giurisprudenza di questa Suprema Corte che ne ha tratto le relative conseguenze giuridiche considerando
in particolare che, venuta meno una delle due azioni per ragioni ad essa relative quale la prescrizione,
rimane ferma l'altra azione fondata sui medesimi presupposti di fatto e parimenti diretta a conseguire il
risarcimento del danno e che è soggetta al suo proprio correlativo termine prescrizionale»; Cass. Civ., Sez.
Lav., 23 giugno 1994, n. 6064, in Giur. it., 1995, I, 412; Cass. Civ., Sez. Lav., 5 ottobre 1994, n. 8090, in
Dir. prat. lav., 1995, 453 e in Danno resp., 1996, 614 con nota di R. SIMONE, Concorso di responsabilità:
a proposito di un ritorno alla tipicità dei fatti illeciti - commento; nel merito: App. Milano, 16 aprile .1954,
in Foro it., 1354, I, 1312; App. Napoli, 2 settembre .2009, in Pluris Utet Cedam, 2009.
321
C. M. BIANCA, Diritto civile, V, La responsabilità, cit., 565 ss. L'Autore elabora la propria definizione
proprio a partire dalla valutazione del dato giurisprudenziale, che è stata precedentemente analizzata.
322
G. PACCHIONI, Colpa contrattuale e colpa aquiliana, cit., 262: « In questa ricerca, si è partiti spesso da
un criterio che mi sembra fallace, cioè dal rapporto in cui il fatto colposo trovasi in riguardo
all'adempimento del contratto».
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stesso, allora la responsabilità è di tipo contrattuale e non extracontrattuale. In tutti gli
altri casi, il danneggiante incorre, invece, nella responsabilità aquiliana323.
Le motivazioni, che spingono il Pacchioni a rifiutare questa tesi, sono le seguenti.
Vi possono essere dei fatti dannosi, che sono estranei al contratto, ma che danno
luogo a responsabilità contrattuale, perché il danneggiato/obbligato non è più nelle
condizioni di eseguire la propria prestazione. L'esempio è rappresentato dall'uccisione del
passeggero da parte del vettore. In questo caso l'omicidio del viaggiatore rende
impossibile l'esecuzione stessa del contratto. Al contempo, laddove la lesione
dell’integrità fisica dipenda dall’esecuzione di un contratto, il danneggiante potrà essere
ritenuto responsabile a titolo extracontrattuale324.
Fatte queste considerazioni, Pacchioni elabora una propria teoria, che si basa sulla
tipologia di interessi lesi attraverso l'atto colposo. Si avrà responsabilità contrattuale,
laddove gli interessi siano collocati sotto la tutela contrattuale. Se, invece, ciò non si
verifica, perché gli interessi non ricadono esclusivamente in ambito contrattuale, allora il
danneggiante incorrerà nella duplice responsabilità: aquiliana e contrattuale325. L’esempio
utilizzato da Pacchioni per spiegare la suddetta teoria è il seguente. Un pittore spedisce
un proprio quadro per un’esposizione. Laddove il quadro venga consegnato in ritardo, il
vettore sarà solamente responsabile a titolo contrattuale. Se il quadro, consegnato in
ritardo, presenta anche dei danni, il vettore sarà responsabile a titolo contrattuale ed
extracontrattuale326.
Proprio questo esempio è stato oggetto di analisi da parte degli oppositori del
concorso. Si è affermato che: «(...) quando il pittore spedisce un quadro sa, e deve sapere,
che il suo lavoro corre il pericolo di smarrirsi di deteriorarsi, di arrivare in ritardo; se
ciò non ostante addiviene alla spedizione, cioè stipula il contratto, non può nei confronti
del vettore, suo contraente, far valere altri diritti oltre quelli nascenti dalla legge del
contratto (...)»327.
323
G. PACCHIONI, Colpa contrattuale e colpa aquiliana, cit., 262 ss.
G. PACCHIONI, Colpa contrattuale e colpa aquiliana, cit., 263.
325
G. PACCHIONI, Colpa contrattuale e colpa aquiliana, cit., 263: «Se sono stati lesi esclusivamente quegli
interessi che la parte danneggiata aveva posto sotto la tutela contrattuale, l'azione di risarcimento è la
contrattuale. Se sono stati lesi anche interessi comunque non posti principaliter sotto la tutela contrattuale,
sorge anche e concorre l'azione aquiliana».
326
G. PACCHIONI, Colpa contrattuale e colpa aquiliana, cit., 263
327
P. CARADONNA, Concorso di colpa contrattuale ed extracontrattuale, cit., 276.
324
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67
Ciò significa, secondo i critici, che il danno trova la propria origine e il proprio
fondamento solamente nel contratto e non potrà mai essere invocata la tutela aquiliana328.
Riprendendo il pensiero di Pacchioni, l'azione aquiliana è posta a tutela generale
dell'individuo contro ogni illecito altrui, che produca un danno. Si tratta di un principio
di ordine pubblico, che va ad applicarsi ogni qual volta si verifichi un illecito, anche in
caso di violazione di un obbligo contrattuale o legale. Il concorso si verifica, quindi, in
quelle ipotesi in cui il contratto abbia imposto alla parte un dovere, che può essere già
considerato esistente indipendentemente dal contratto stesso329.
Il fatto lesivo è unico dal punto di vista materiale, ma lede due distinti diritti –
doveri e di conseguenza dà luogo a due distinte responsabilità: contrattuale ed
extracontrattuale. Riprendendo il classico esempio del vettore, che ha distrutto il quadro,
si può affermare che con il suo comportamento ha leso due distinti diritti, quello
contrattuale di tutelare l'integrità del bene trasportato e quello generico (aquiliano) di
rispettare la proprietà materiale ed artistica altrui330.
Pacchioni ammette, così, la necessità del concorso, che definisce cumulativo. Il
significato da attribuire a questo aggettivo è il seguente. In caso di prescrizione dell'azione
contrattuale, il danneggiato potrà altresì agire in via extracontrattuale e anche se abbia
ottenuto il risarcimento ex contractu, potrà sempre agire in via aquiliana per ottenere la
differenza. Fatte queste premesse, solo il concorso cumulativo può tutelare seriamente il
contraente danneggiato331.
Quest'ultima affermazione è stata considerata eccessiva da parte della dottrina
successiva, perché il fine delle due azioni è sempre la reintegrazione del danno subito e
328
P. CARADONNA, Concorso di colpa contrattuale ed extracontrattuale, cit., 276.
G. PACCHIONI, Dei delitti e dei quasi delitti, cit., 162 ss.: «Per diritto moderno infatti l'azione dell'art.
1151 cod. civ. è data come difesa e tutela generale dell'individuo (…).Esso sancisce un principio che i
compilatori del code civil consideravano di diritto pubblico (…). Dato ciò, ove un danno venga da alcuno
arrecato ad altri in violazione dell'art. 1151 cod. civ., la relativa azione sorge anche se l'atto, illecito a termini
dell'art. 1151 cod. civ., sia tale anche per violare uno speciale dovere assunto contrattualmente o quasi
contrattualmente, o imposto dalla legge. (…) ma ove contrattualmente venga imposto un dovere, che già
può essere considerato esistente indipendentemente dal contratto, questo in sostanza non fa ripeterlo e
confermarlo, onde non saprebbe vedersi perché la violazione del medesimo, non avesse, ad un tempo, a
dar nascita contemporaneamente e concorrentemente alle due azioni (...)».
330
G. PACCHIONI, Dei delitti e dei quasi delitti, cit., 164: «Il fatto dannoso, nella sua materialità, è uno: ma
lede due diversi e distinti doveri, e costituisce la base di due azioni, una contrattuale, l'altra extra contrattuale,
azioni che si sovrappongono e si sommano senza confondersi. Il vettore, che per dolo o incuria distrugge
un quadro che avrebbe dovuto trasportare e consegnare ad una esposizione, non solo viola il suo dovere
contrattuale, ma viola anche il dovere suo generico di rispettare la proprietà patrimoniale ed artistica altrui».
331
G. PACCHIONI, Dei delitti e dei quasi delitti, cit., 164.
329
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68
nessun principio di diritto impone che il danno debba essere sempre risarcito332.
Passiamo, quindi, ad analizzare il pensiero del De Cupis che, a differenza di
Pacchioni, fornisce una chiave di lettura del problema più analitica e forse più settoriale.
La prima considerazione di De Cupis è che il problema del concorso di
responsabilità contrattuale ed extracontrattuale si fonda, innanzitutto, sulla differenza
disciplinare e strutturale tra le due forme di responsabilità. Laddove, infatti, la distinzione
venisse superata, il dibattito sul concorso cesserebbe di esistere333.
Il divario tra le due responsabilità si riscontra innanzitutto a livello strutturale. Il
rapporto obbligatorio sussiste già prima che vi verifichi l'inadempimento, quindi la
violazione
dell'obbligo
contrattuale.
Nella
fase
antecedente
al
verificarsi
dell'inadempimento esiste già la figura del debitore, obbligato all'esecuzione della
prestazione. In presenza di qualsiasi altro illecito, invece, vi è un numero indefinito di
soggetti tenuti al rispetto del dovere di neminem laedere334. É proprio a partire da questa
differenza strutturale, che si costruisce la diversità normativa, disciplinare tra le due forme
di responsabilità335.
Il concorso delle due forme di responsabilità sussiste nelle ipotesi in cui il diritto
all'integrità fisica, così come il diritto alla vita, assuma una connotazione peculiare
all'interno di determinati rapporti obbligatori336.
332
R. RUSSO, Concorso dell'azione aquiliana con la contrattuale nel contratto di trasporto, cit., 976: «Se
poi si vuole dire che al danneggiato possa spettare anche un'azione, quando la crede a lui più favorevole,
oppure quando non abbia abbia esperimentato infruttuosamente la prima, mi sembra che io costituisca
un'estensione pericolosa all'ammissibilità delle due azioni, non essendovi motivo per negarla in tutto il
campo delle responsabilità, unico essendo, come si è detto, il fondamento di questa. Dire che negando ciò,
si potrebbe mancare al fine cui sono intese le due azioni, sembra poi per lo meno eccessivo, giacché si
dimentica proprio che fine cui esse tendono è unico, precisamente la reintegrazione del danno subito, e
nessun principio di diritto impone che i1 danno debba essere risarcito in ogni caso. Il sistema positivo, anzi,
detta particolari condizioni, che sono diverse a seconda del particolar modo in cui i1 danno è stato prodotto».
333
A. DE CUPIS, Il problema del cumulo della responsabilità contrattuale ed extracontrattuale, cit., 249.
Le stesse considerazioni vengono svolte successivamente dall'Autore in A. DE CUPIS, Il danno, I, cit., 113
ss.
334
A. DE CUPIS, Il problema del cumulo della responsabilità contrattuale ed extracontrattuale, cit., 251: «
(…) pur non dovendosi esagerare la differenza strutturale tra illecito – inadempimento e illecito diverso
dall'inadempimento, il divario rimane. Prima dell'inadempimento, già v'è il debitore, esso, specificatamente
esso, astretto dall'obbligo la cui esecuzione è produttiva di responsabilità (contrattuale); prima, invece, di
ogni altro illecito, non v'è ancora debitore, ma una indefinita generalità di soggetti tenuti a non ledere l'altrui
diritto: parlare di debitore sarà possibile solo nell'ambito dell'insorgente responsabilità (extracontrattuale)».
335
A. DE CUPIS, Il problema del cumulo della responsabilità contrattuale ed extracontrattuale, cit., 251.
336
A. DE CUPIS, Il problema del cumulo della responsabilità contrattuale ed extracontrattuale, cit., 252: «
(…) il diritto all'integrità fisica, al pari del diritto alla vita, oltre che essere un diritto assoluto esigente il
rispetto di tutti, può assumere anche una direzione particolare e determinata in quanto si inserisca in certi
rapporti obbligatori, come il rapporto derivante dal contratto di trasporto di persone, il rapporto attinente
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Infatti il diritto all'incolumità fisica è un diritto unico, perché è unico il bene
oggetto di tutela, ma può essere sottoposto ad una duplice protezione. Viene, innanzitutto,
tutelato in via generale, in virtù del dovere generico di neminem laedere. Allo stesso
tempo, però, può inserirsi in particolari rapporti contrattuali, dove diventa un obbligo
tutelato positivamente. In particolare, la legge impone l'adozione di determinate misure,
volte ad evitare il verificarsi di una lesione in relazione all'ambiente e alle specifiche
condizioni in cui i rapporti trovano origine337.
I rapporti cui De Cupis si riferisce sono quello relativo al contratto di trasporto, il
rapporto tra il medico e il paziente, che deriva dal contratto d'opera, e infine il rapporto
di lavoro. Il danno che il vettore, il medico o il datore di lavoro cagionano al passeggero,
al paziente e al proprio dipendente è lesivo dell'obbligo contrattuale e allo stesso tempo
del diritto assoluto alla vita e all'integrità fisica. Posto che la responsabilità deriva dalla
violazione dell'obbligo contrattuale e del dovere generale di neminem laedere, è sia
contrattuale sia extracontrattuale338.
Il concorso è finalizzato, secondo De Cupis, ad accrescere, a rafforzare e ad
integrare la tutela del diritto all'integrità fisica. Il fatto che le parti abbiano stipulato un
contratto non significa che il creditore abbia inteso rinunciare alla difesa generale, che gli
spetta come consociato. Questa posizione rispecchia la stessa volontà del legislatore, che
ha costruito una tutela specifica di determinati diritti, attribuendo al danneggiato uno
strumento ulteriore di difesa in via contrattuale339.
Se, quindi, esiste un'unica fattispecie che presenta entrambi i presupposti della
responsabilità contrattuale e di quella aquiliana, la vittima deve poter scegliere tra la
propria pretesa come creditore e l'azione che la legge gli attribuisce (indipendentemente
allo svolgimento dell'attività sanitaria sul paziente, e il rapporto di lavoro».
337
A. DE CUPIS, Il problema del cumulo della responsabilità contrattuale ed extracontrattuale, cit., 254.
338
A. DE CUPIS, Il problema del cumulo della responsabilità contrattuale ed extracontrattuale, cit., 252:
«Il danno, dunque, che tali soggetti cagionano, deriva da un fatto che costituisce violazione di un obbligo
contrattuale: ma il medesimo fatto è anche lesivo del diritto assoluto alla vita o all'integrità fisica. E quindi,
sembrerebbe anche qui doversi concludere per il concorso della responsabilità contrattuale con quella
extracontrattuale»339
A. DE CUPIS, Il problema del cumulo della responsabilità contrattuale ed extracontrattuale, cit., 254; la
stessa posizione viene ripresa da R. SCOGNAMIGLIO, voce Responsabilità contrattuale ed extracontrattuale,
cit., 678: « Qui invece ci si trova di fronte alla coincidenza e convergenza allo stesso oggetto di due rimedi,
ciascuno spettante alla stregua dei suoi autonomi requisiti; cosicché nessuna ragione sussiste per cui, in
mancanza di una statuizione di tale contenuto, l'un rimedio dovrebbe escludere l'altro (...)»MARIA TERESA NURRA
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dal vincolo obbligatorio) per aver subito un danno ingiusto340.
La posizione di De Cupis riflette il suo pensiero in ordine alla distinzione tra danno
contrattuale e danno extracontrattuale. Il danno contrattuale si verifica, secondo l'Autore,
nell'ipotesi in cui vengano lesi dei diritti relativi; al contrario, il danno extracontrattuale
si verifica in seguito alla violazione di diritti assoluti341. Il danno contrattuale è un danno
antigiuridico, che colpisce l'interesse del creditore. L'inadempimento determina la
violazione della norma, da cui trae forza l'obbligo giuridico, e di conseguenza si verifica
la lesione del diritto soggettivo relativo (di credito), di cui è titolare il creditore342. Nel
danno extracontrattuale, invece, l'antigiuridicità si esplica come contrarietà rispetto al
diritto soggettivo assoluto, tutelato dalla norma violata343.
La particolarità del pensiero di De Cupis è che, sebbene espanda la tutela aquiliana
a tutti i diritti assoluti compreso il diritto di proprietà, limita di fatto l'applicabilità del
concorso alla violazione del diritto all'incolumità fisica. Probabilmente la sua posizione
trova origine dallo stessa applicazione del concorso in sede giurisprudenziale.
II.5. Teorie che escludono o limitano il concorso di responsabilità
contrattuale ed extracontrattuale.
II.5.1. La responsabilità contrattuale: teoria della prevalenza e teoria
dell'assorbimento.
L'opinione dottrinale contraria all'idea del concorso di responsabilità contrattuale
ed extracontrattuale344 vede al suo interno due diversi filoni: la teoria della prevalenza e
340
R. SCOGNAMIGLIO, voce Responsabilità contrattuale ed extracontrattuale, 678, che riprende la
posizione di A. DE CUPIS, v. in particolare la nota n. 3.
341
A. DE CUPIS, Il danno, cit., 73 ss.;
342
A. DE CUPIS, Il danno, cit., 77.
343
A. DE CUPIS, Il danno, cit., 78 ss. La problematica della tutela aquiliana dei diritti assoluti verrà affrontata
nei paragrafi successivi, in merito alla posizione della giurisprudenza rispetto al concorso di responsabilità
contrattuale ed aquiliana.
344
Si denota in generale la vicinanza della dottrina italiana contraria al concorso di responsabilità
contrattuale ed aquiliana con il pensiero formatesi nella dottrina d'oltralpe a partire dalla fine del XIX secolo.
In particolare tra i primi assertori del non – cumul de responsabilité contractuelle et délituelle , v. E. BONNET,
Responsabilité délictuelle et contrat, in Rev. crit. lég. jur., 1912, 433: «L'obligation pour chaque individu
de ne pas agir méchamment envers les autres est érigée par le droit, ce n'est pas douteux, en une règle
absolue, parce qu'elle est nécessaire à la paix sociale. Mais, pour assurer le respect de celle obligation
dans le domaine du contrat, il n'est aucunement nécessaire on ne l'a peut-être pas toujours remarqué de
faire appel à la notion de délit. La responsabilité contractuelle n'a jamais besoin d'être complétée par la
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la teoria dell'assorbimento.
Il carattere distintivo tra i due indirizzi è rappresentato dalla coesistenza o meno
delle due forme di responsabilità a partire da un medesimo fatto dannoso. L'elemento
comune è rappresentato, invece, dalla prevalenza della volontà delle parti e
dell'autonomia privata345 rispetto a quanto stabilito in via generale dal legislatore.
La premessa da cui muovono le due posizioni (coesistenza o no delle due
responsabilità) è, dunque, differente, mentre sono identiche le conclusioni cui pervengono
gli Autori. Proprio per questi motivi si è scelto di trattarle congiuntamente.
Secondo il primo filone dottrinale che sostiene l'unicità della responsabilità: «La
violazione del contratto dà luogo ad una sola azione, che è di danno contrattuale. Quella
aquiliana non ha origine, perché tutto ciò che il contraente fa o non fa nell'esecuzione
del contratto è sempre ed esclusivamente regolato dalla legge che le parti liberamente
prescelsero per i loro rapporti. Anche nel caso più grave, che è quello in cui il fatto
costituisce reato, le due azioni non coesistono (...)»346.
La conclusione di un contratto implica che le parti assumano le diverse garanzie
stabilite dalla disposizioni in materia contrattuale. Di conseguenza, le parti, in caso di
violazione dell'obbligo contrattuale, restano soggette alla responsabilità prevista in seno
al contratto. Se così non fosse, tutti i danni rientrerebbero nella responsabilità aquiliana e
il regime contrattuale si applicherebbe solo in presenza di danni, che non colpiscano
l'incolumità della persona oppure la proprietà del soggetto danneggiato347.
Alla base di queste considerazioni vi è l'idea per il cui il regolamento contrattuale
si sostituisce alla legge generale, ampliando o restringendo la portata di quanto stabilito
in via generale dal legislatore. Il rinvio alla clausola generale di buona fede, nonché agli
délictuelle pour la répression du dol dans le domaine du contrat»; Successivamente tra gli altri: H. LALOU,
La responsabilité civile : principes élémentaires et applications pratique, Paris, 1932, 338 E. MAZEAUD,
Responsabilité délictuelle et responsabilité contractuelle, in Rev. trim. droit. civ., 1929, 550; L. JOSSERAND,
note a Cours d'Anger, 13 mai 1929, in D.P., 1929, 162 .
345
L'espressione utilizzata è di C. ROSSELLO, Responsabilità contrattuale ed extracontrattuale, in G. ALPA
e M. BESSONE (diretta da), La responsabilità civile, una rassegna di dottrina e giurisprudenza, cit., 322.
346
P. CARADONNA, Concorso di colpa contrattuale ed extracontrattuale, cit., 276. Su questa linea in
giurisprudenza: Cass. Torino, 23 settembre 1886, in Giur. it., 1886, I, 580.
347
P. CARADONNA, Concorso di colpa contrattuale ed extracontrattuale, cit., 270: « Assumere in una parola
patti contrattuali equivale ad assumere tutte le garanzie che la legge del contratto contiene e non occorre
quindi cercare fuori del contratto il fondamento di una responsabilità di natura diversa: se così non fosse,
si arriverebbe alla paradossale, ma ineluttabile conseguenza di far rientrare quasi ogni danno colposo nella
tutela dell'art. 1151 e di ammettere la colpa contrattuale praticamente possibile nel solo caso in cui non si
rechi danno alla persona o alla cosa di proprietà del danneggiato».
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usi e all'equità implica il sorgere di determinati doveri in capo ai soggetti contraenti,
imposti «dalla morale e dall'universale sentimento di giustizia»348.
Inoltre, nel rapporto contrattuale le parti hanno la possibilità di valutare le
reciproche posizioni e in virtù del consenso manifestato assumono unicamente la
responsabilità inerente il tipo di contratto che hanno posto in essere349.
Una volta che le parti abbiano affermato contrattualmente la propria responsabilità
in un dato rapporto contrattuale, non è mai ammesso l'intervento della responsabilità
aquiliana, che viene concepito come una vera e propria violazione del patto contrattuale350.
Sebbene il dovere di neminem laedere si esplichi nel regolamento contrattuale e
imponga di non violare l'obbligo contrattuale, il contenuto di quest'ultimo è comunque
rimesso totalmente alla volontà delle parti, che ne disciplinano modalità
dell'adempimento e conseguenze della violazione351.
348
P. CARADONNA, Concorso di colpa contrattuale ed extracontrattuale, cit., 271: «(...) se un contratto deve
eseguirsi in buona fede, ciò implica che deve usarsi tutta la diligenza e accuratezza possibile; se obbliga
non solo a quanto è in esso espresso, ma a tutte le conseguenze che secondo l'uso e l'equità ne derivano, ciò
importa che la legge e l'equità concorrono a determinare il contenuto del contratto, non escludendo la
responsabilità contrattuale, ma sottoponendo al regime di essa fatti che, se non esistesse il contratto
costituirebbero un damnum iniuria datum».
349
D. R. PERETTI GRIVA, Sul concorso della responsabilità contrattuale ed extra – contrattuale del medico,
nota a Cass. Civ., 15 giugno 1954, n. 2016, in Giur. it., 1955, 275: «In linea di principio, può sempre
considerarsi che, quando sussiste un rapporto volontario, anche quando non sia prospettabile un
sinalagmattismo fondato sul do ut des, sul do ut facias o sul facio ut des o sul facio ut dacias; il solo fatto
che la esclusione bilaterale sia consentita, crea automaticamente il rapporto contrattuale, essendo questo
per esclusione, il rapporto non voluto. Nel rapporto consentito le parti hanno modo di valutare le reciproche
posizioni e, a cagione del consenso dato, assumono, quindi, tutta e sola la responsabilità inerente al tipo di
contratto posto in essere».
350
G. P. CHIRONI, Ancora sul concorso della colpa contrattuale con la extra – contrattuale, nota a Cass.
Torino, 21 novembre 1916 e Cass. Torino, 3 marzo 1917, in Giur. it., 1917, 1020. La sua posizione viene
accolta espressamente nella dottrina d'oltralpe da R. DEMOGUE, Traité des obligations en général, I, t. V.,
Paris, 1925, 554.
351
G. P. CHIRONI, Colpa extra - contrattuale, cit., 62 ss.: « (…) ma è appunto questo dovere, secondo è a
lui imposto nella valida legge contrattuale, che non gli può permettere di violare il diritto dell'obbligato a a
che non sia aggravata l'obbligazione che s'è assunto. Questo “dovere comune” è cioè determinato da norme
speciali al vincolo contrattuale rispetto a cui viene fissato e misurato: disamina e misura fatta espressamente
dagli interessati, o per via di tacito riferimento loro alla legge, dichiarante quale sia la diligenza dovuta
nell'adempimento dell'obbligazione , e la cui inosservanza designa perciò quando si abbia iniuria». Sulla
stessa linea: G. GUICCIARDI, - Contratto di trasporto – responsabilità del vettore per sinistro – Azione per
colpa contrattuale o extracontrattuale, in Foro it., 1958, 242: «Libere, liberissime le parti di vincolarsi o
meno; ma che, una volta fermati contrattualmente in un dato rapporto, i termini della responsabilità, le
premesse e le conseguenze possano subire alterazioni a causa dell'inserimento di altro ordinamento estraneo
al contratto, è processo manifestamente illegittimo; (…) consentire la violazione del patto significa
sconvolgere gli ordinamenti sulla colpa e sulla responsabilità alla cui base risiede l'ineluttabile principio
che, quando l'obbligazione nascente da una lesione attiene direttamente ad un rapporto consensuale, ad esse
non sia consentito attribuire altro carattere che quello contrattuale, ed alla relativa responsabilità altra veste
che quella contrattuale».
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Nello specifico si è affermato che il dovere generico di neminem laedere è già
insito nel contratto, proprio perché le parti fanno riferimento (anche se non espressamente)
alla disposizione legislativa che impone di osservare la dovuta diligenza nell'esecuzione
del contratto352. Si potrebbe, quindi, parlare, di un rapporto di derivazione tra il dovere di
diligenza e quello di neminem laedere.
In realtà, sul rapporto tra il dovere generico e l'obbligo assunto in via contrattuale
appare più corretta la posizione adottata dall'Asquini, uno dei maggiori esponenti
dell'indirizzo in esame (nell'ambito del diritto dei trasporti).
Asquini muove dalla premessa per cui la responsabilità aquiliana ha
un'applicazione residuale. Il danno rientra nell'ambito aquiliano tutte le volte in cui il
dovere di neminem laedere non inerisca a particolari rapporti contrattuali o legali353.
L'esempio fornito è relativo al dovere di custodia. L'illustre Autore afferma a
questo proposito che l'obbligo di non danneggiare la cosa altrui rientra nel dovere
generico alla base della responsabilità aquiliana. Nell'ipotesi in cui questo dovere venga
imposto in virtù di un rapporto contrattuale, allora il dovere generico del neminem laedere
si trasforma in un obbligo contrattuale di custodia e di conseguenza la sua violazione darà
luogo a responsabilità contrattuale e non aquiliana354.
Si è, inoltre, affermato che le due categorie di doveri, l'obbligo contrattuale e il
dovere di neminem laedere, non possono mai coesistere nello stesso caso concreto e tra
le stesse parti 355 . Ciò potrebbe accadere solamente nell'ipotesi in cui il soggetto
352
G. GUICCIARDI, - Contratto di trasporto – responsabilità del vettore per sinistro – Azione per colpa
contrattuale o extracontrattuale, cit., 244: «In favore della dottrina propugnante la indipendenza delle due
forme di responsabilità si è osservato che, per quanto non si possa misconoscere la esistenza del dovere
comune di non offendere, tuttavia è da rilevare che siffatto dovere comune è già previsto nel contratto,
anche se non espressamente, per il tacito riferimento delle parti alla disposizione legislativa circa la
diligenza da porre nell'esecuzione della obbligazione».
353
A. ASQUINI, La responsabilità del vettore per infortunio del viaggiatore, nota a Cass. Roma, 14
novembre 1918, in Riv. dir. com., 1919, II ., 358.
354
A. ASQUINI, La responsabilità del vettore per infortunio del viaggiatore, cit., 358: «Il principio generale
del neminem laedere su cui riposa immediatamente la responsabilità extracontrattuale comprende
naturalmente l'obbligo di non danneggiare la cosa altrui. Ma qualora si tratti non di una cosa altrui qualsiasi,
ma di una cosa altrui di cui si abbia la detenzione in forza di un particolare rapporto con altri, l'obbligo
generico di neminem laedere si trasforma in un particolare obbligo contrattuale di custodia e la generica
responsabilità extra – contrattuale per danneggiamento si trasforma in responsabilità contrattuale per
custodia».
355
L. BARASSI, Teoria generale delle obbligazioni, II, Milano, 1948, 674: «Nonostante l'identità
concettuale, o fors'anche per questa quelle due categorie di doveri non possono coesistere nel medesimo
caso concreto e tra le stesse parti».
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danneggiante fosse un terzo rispetto alle parti del rapporto contrattuale. Un esempio è
quello del terzo che abbia indotto una delle parti a stipulare un contratto non vantaggioso.
In questo caso il contraente potrà agire in via extracontrattuale nei confronti del cattivo
consigliere 356 . In questo caso il terzo incorrerà nella responsabilità da informazioni
inesatte357.
Nella teoria dell'assorbimento le due responsabilità ipoteticamente vengono a
coesistere 358 . La presenza del contratto esclude, però, il sorgere della forma di
responsabilità aquiliana in capo ai soggetti contraenti. Le ragioni sono da ricercare nel
fatto che il contratto sposta i limiti dei diritti primari o meglio disciplina in maniera più
356
L. BARASSI, Teoria generale delle obbligazioni, II, 674.
La configurazione della responsabilità da informazioni inesatte in termini aquiliani è argomento di
particolare interesse. Ormai costantemente la giurisprudenza afferma la risarcibilità del danno aquiliano in
capo al soggetto che, occupando una posizione particolarmente qualificata, abbia ingenerato nel terzo un
affidamento incolpevole con il proprio comportamento imprudente e negligente. Ciò può avvenire, ad
esempio, nel caso in cui la banca fornisca informazioni inesatte circa la solvibilità di un proprio cliente (v.
in generale sull’argomento, tra le altre: Cass. Civ., 28 febbraio 2012, n. 3003, in CED Cass., 2013, n. 621538;
Cass. Civ., 25 settembre 2008, n. 24084, in Resp. civ. prev.,, 2008, 1042; Cass. Civ., 9 giugno 1998, n. 5659,
in Foro it., 1999, I, 660 con nota di L. LAMBO, Informazioni inesatte e responsabilità civile della banca).
Il danno prodotto al contraente a causa delle informazioni inesatte è un danno meramente patrimoniale, che
non presenta un preciso riferimento ad una situazione giuridica soggettiva. Al fine di giustificare la
risarcibilità in via aquiliana di questa tipologia di danno, la giurisprudenza ha, così, individuato un diritto
dal contenuto generalissimo, quale «il diritto a determinarsi liberamente nello svolgimento dell’attività
negoziale relativa al patrimonio» (F. D. BUSNELLI, S. PATTI, Danno e responsabilità civile, cit., 321 ss., F.
GIARDINA, La distinzione tra responsabilità contrattuale ed extracontrattuale, cit., 79 ss.). Un primo
riconoscimento di questo diritto riguarda il noto caso “De Chirico” del 1982. Il famoso pittore aveva
apposto la propria firma su un dipinto non autentico. Una volta accortosi della falsità del quadro,
l’acquirente agì in giudizio nei confronti del maestro per ottenere il risarcimento del danno. Con la
pronuncia del 4 maggio 1982, n. 2765 la Corte di Cassazione riconobbe come danno ingiusto, risarcibile ex
art. 2043 cod. civ., anche il danno al «diritto all’integrità del patrimonio», cioè al «diritto di determinarsi
liberamente nello svolgimento dell’attività negoziale relativa al patrimonio» (Giust. civ., 1982, 1745 ss.,
con nota di A. DI MAJO, Ingiustizia del danno e diritti non nominati; in Giust. civ., 1982, 3102 ss., con nota
di A. DE CUPIS, Il diritto di libertà negoziale; in Giur. it., 1983, I, 783; analogamente v. Cass. Civ., 25 luglio
1986, n. 4755, in Nuova giur. civ. comm., 1986, con nota di M. LIBERTINI). L’interesse, che viene tutelato,
ha ad oggetto la libera determinazione nello svolgimento di un’attività negoziale, laddove tale attività abbia
delle conseguenze a livello patrimoniale (sul tema v. la ricostruzione in chiave comparatista di B.
GARDELLA TEDESCHI, L’interferenza del terzo nei rapporti contrattuali. Un’indagine comparatistica,
Milano, 2008, 309 ss. e in posizione critica, F. GALGANO, Le mobili frontiere del danno ingiusto, in
Contratto impr., 1985, I, 10 ss. e più recente M. MAGGIOLO, Il risarcimento della pura perdita patrimoniale,
Milano, 2003, p. 61 ss.). Nel diritto della navigazione una responsabilità da informazioni inesatte potrebbe
riconoscersi in capo alle società di classificazione, relativamente ai danni subiti dai terzi sulla base delle
informazioni contenute nei certificati di classe; sul tema specifico v. l’indagine condotta da M. M.
COMENALE PINTO, La responsabilità delle società di classificazione delle navi, in Dir. mar., 2003, 3 ss.
358
Sulla coesistenza delle due responsabilità v. quanto sostenuto criticamente da E GABBA, Nuove questioni
di diritto civile, cit., 285: «Dov'è danno contrattuale, non vi ha danno aquiliano, né quindi può questo venire
assorbito da quello» e da P. CARADONNA, Concorso di colpa contrattuale ed extracontrattuale, cit., 276:
«La violazione del contratto dà luogo ad una sola azione che è di danno contrattuale. Quella aquiliana non
ha origine (...)».
357
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esauriente i rapporti tra le parti contrattuali359.
L'esistenza di un accordo contrattuale, quindi, elimina totalmente la possibilità di
una sovrapposizione della legge rispetto a quanto voluto dalle parti360. Sarebbe, infatti,
illogico e antigiuridico che un soggetto, vincolato contrattualmente e quindi sottoposto
ad una determinata tutela giuridica, non potesse godere di nessuna protezione in virtù
della sovrapposizione di altre forme di protezione (mezzi di tutela previsti in via generica
al di fuori e indipendentemente dall'accordo contrattuale)361.
Seguendo quanto detto finora, si può affermare validamente per entrambi gli
indirizzi che non è ammesso nessun tipo di commistione tra le norme in materia di
responsabilità contrattuale e quelle che regolano la responsabilità extracontrattuale. Se
così non fosse, infatti, il regolamento contrattuale non avrebbe più alcuna influenza tra
le parti362.
La motivazione per cui a differenza del diritto romano, il diritto moderno non può
ammettere il concorso di responsabilità contrattuale ed extracontrattuale, che viene
fornita dagli oppositori al concorso è la seguente.
Nel diritto romano la lex aquilia, sia nella sua formulazione sia
nell'interpretazione fornita dai Giudici, disciplinava in maniera unitaria il danno illecito
in generale. Non veniva, dunque, fatta nessuna distinzione a seconda che il danno si fosse
verificato o meno nell'ambito di un contratto. Nel diritto moderno, invece, i due concetti
359
L. BARASSI, Teoria generale delle obbligazioni, II, 65, v. in particolare nota n. 1. Barassi si fa portavoce
della teoria dell'assorbimento, ma in realtà è dell'idea per cui le due responsabilità non possano mai
coesistere, contrariamente all'interpretazione della suddetta teoria fornita da E GABBA, Nuove questioni di
diritto civile, II, 285 e da P. CARADONNA, Concorso di colpa contrattuale ed extracontrattuale, cit., 276 (v.
sul punto nota n. 325).
360
F. BIANCHI, nota a Cass. Torino, 14 febbraio 1896, in Giur. it., 1896, 647: «(…) pei danni di
inadempimento contrattuale le parti possono prevedere e provvedere come meglio credono (norme di legge
meramente suppletive), mentre per le obbligazioni derivanti da fatto illecito si diventa creditori senza
volerlo, epperò la legge deve in altro modo tutelare il danneggiato; da ciò l'idea che quando vi è convenzione
la volontà delle parti debba essere guida necessaria e sufficiente cioè esclusiva». Vedi sul punto la critica
di G. PACCHIONI, Colpa contrattuale e colpa aquiliana, cit., 260: «Dire che in questi casi la colpa
contrattuale assorbisce quella aquiliana (…) gli è cadere in un circolo vizioso di argomentazione, giacché
appunto su ciò verte la discussione, se il contratto abbia implicato la rinunzia alla tutela dell'art. 1151».
361
G. GUICCIARDI, - Contratto di trasporto – responsabilità del vettore per sinistro – Azione per colpa
contrattuale o extracontrattuale, cit., 242: «Sarebbe illogico e antigiuridico che colui, il quale ha inteso
assicurarsi contrattualmente una particolare tutela giuridica, debba domani rimanere allo scoperto per la
sovrapposizione di altra specie di tutela che la legge accorda in via generica, al di fuori ed
indipendentemente dal vincolo pattizio, la cui esistenza, invece, e la per la cogente inderogabilità del
rapporto posto a delimitare i confini di protezione dei rispettivi interessi ne avrebbe postulato la
disapplicazione».
362
G. P. CHIRONI, Colpa extra - contrattuale, cit., 64.
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di danno contrattuale ed extracontrattuale sono ben chiari e distinti363.
II.5.2. L'ammissione del concorso solo nell'ipotesi di reato.
Accanto agli indirizzi che negano la possibilità di concorso di responsabilità
contrattuale ed extracontrattuale in base alla prevalenza della volontà delle parti e
dell'autonomia privata, si colloca un secondo indirizzo minoritario, che ammette il
concorso di responsabilità solo nel caso in cui l'inadempimento integri un reato.
Il duplice carattere contrattuale o extracontrattuale della responsabilità può aversi
solamente nell'ipotesi in cui l'inadempimento dell'obbligo contrattuale consista in un reato,
che sia perseguibile a querela di parte oppure d'ufficio364. Laddove l'inadempimento non
presenti questa caratteristica, allora le due forme della responsabilità contrattuale ed
extracontrattuale saranno completamente distinte. Il discrimine è sempre rappresentato
dal tipo di obbligo che viene violato, contrattuale o non contrattuale365.
Le motivazioni formulate originariamente si basano sulla scelta compiuta dal
legislatore. Si afferma, infatti, che se il legislatore ha attribuito ad un inadempimento
contrattuale il carattere di reato, lo ha valutato e considerato in maniera particolarmente
363
E GABBA, Nuove questioni di diritto civile, II, 285; sulla stessa linea G. ROTONDI, Dalla lex aquilia
all’articolo 1151 cod. civ., cit., 286: «Senza dire poi che il disposto dell'art. 1151 è così generale che che
anche il danno cagionato dalla violazione d'impegni contrattuali finirebbe per rientrarvi, se la collocazione
sistematica non imponesse un'interpretazione più ristretta e se d'altra parte il regolamento specifico dettato
dal legislatore per la responsabilità contrattuale non mostrasse la necessità di distinguere»; contra G.
PACCHIONI, Colpa contrattuale e colpa aquiliana, cit., 259: «La più marcata distinzione che si suole fare
in diritto moderno fra danno aquiliano e danno contrattuale non ha (...)che un'importanza sistematica: e
quindi non mi sembra possibile fondare su di essa una dottrina di tanta importanza pratica quale è quella
sostenuta dal Gabba (…). Nel diritto romano infatti l'actio legis aquiliae era sempre fondata sopra un diritto
reale spettante all'attore sulla cosa danneggiata: la sua sfera di applicazione era assai ristretta e in sostanza
si sarebbe compreso che i giuristi romani escludessero il suo concorso con l'azione contrattuale in quanto
ben più a proposito che ciò non sia per il diritto moderno essi avrebbero potuto ragionare che, colui, il
quale aveva affidate le sue cose ad un terzo contrattualmente, doveva poi contentarsi di ripeterla e difenderla
contro gli atti dannosi di costui con la sola azione contrattuale. Ma per il diritto moderno ove l'actio legis
Aquiliae ha assunto il carattere di un'azione di indole e portata generalissima a difesa dei più svariati
interessi dell'individuo non sa facilmente vedersi come essa possa venirgli meno in seguito alla conclusione
di un singolo contratto riguardante certe specialissime determinazioni della propria persona, come ad
esempio il trasporto della medesima da un luogo all'altro».
364
G. GIORGI, Teoria delle obbligazioni nel diritto moderno italiano, cit., 225: « Il doppio carattere
contrattuale ed extracontrattuale può concorrere nella colpa, quando l'inadempimento del contratto
costituisce un reato punibile, sia a querela pubblica, sia a querela di parte».
365
G. GIORGI, Teoria delle obbligazioni nel diritto moderno italiano, cit., 225 ss: «Se il fatto colposo non
costituisce reato, non può mai rivestire duplice carattere. È colpa contrattuale, qualora consista
nell'inadempimento di qualche obbligo contrattuale, sebbene corrispondente ad un'obbligazione di non
violare diritti o doveri già preesistenti; è colpa Aquiliana, qualora non costituisce inadempimento
contrattuale, quantunque sia stata commessa in occasione del contratto».
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grave. Fatta questa premessa, non è razionale pensare che una volta attribuita la qualifica
di reato all'inadempimento, il contraente leso non possa più utilizzare gli altri strumenti
previsti dalla legge a sua tutela366.
Questa posizione ha, però, necessità di ulteriori specificazioni.
Secondo la teoria in esame, il duplice carattere contrattuale ed extracontrattuale
coesiste in presenza di un'unica fattispecie, quando l'inadempimento del contratto è
previsto come reato. Infatti, il delitto penale comprende in sé il delitto civile e il titolo per
l'esercizio dell'azione è rappresentato dalla violazione della norma penale, che dà luogo
ad un'azione di indennizzo367.
Anche in questo caso, però, la concezione di concorso non muta, perché il
danneggiato ha sempre la necessità di optare tra l'azione ex delicto oppure l'azione ex
contractu. Una volta che abbia ottenuto il risarcimento, non può agire proponendo la
seconda azione368. L'unica ipotesi in cui viene ammessa la possibilità di presentare una
nuova domanda riguarda il caso in cui l'azione esperita non abbia trovato accoglimento369.
Laddove l'inadempimento costituisca al contempo un reato, le conseguenze civili
della responsabilità penale concorrono con gli effetti conseguenti alla violazione degli
obblighi contrattuali. Ciò avviene perché le sanzioni civili, che sono connesse ai reati,
366
G. GIORGI, Teoria delle obbligazioni nel diritto moderno italiano, cit., 226: «Quando il legislatore
considera tanto grave un dato inadempimento contrattuale da colpirlo di pena, gli imprime il carattere di un
delitto penale, che a fortiori comprende il delitto civile. E sarebbe irragionevole pensare che con ciò abbia
inteso privare il creditore degli altri diritti assicuratigli dal contratto». Gli esempi forniti dall'Autore sono
numerosi tra questi: l'incendio dolosamente appiccato dall'inquilino di casa; la truffa o la frode commessa
dal venditore; qualunque tipologia di lesione personale e l'omicidio che vengano commessi nell'esecuzione
di un contratto di trasporto.
367
U. BRASIELLO, In tema di responsabilità contrattuale ed extracontrattuale, nota contraria a Cass. Civ.,
16 aprile 1951, n. 933, in Giur. compl. cass. civ., 1952, II, 76: «Un'importante eccezione devesi riconoscere,
e diciamo eccezione adoperando un'accezione impropria, perché di eccezione invero non può parlarsi, ben
diverso essendo il principio su cui si fonda l'ammissibilità dell'azione aquiliana. Quando un fatto violatore
del contratto viola altresì una norma dettata da una legge penale devesi riconsocere consentito al
danneggiato contraente di esperire l'azione civile derivante da delitto penalmente perseguibile, trovi questo
il fondamento nel dolo, lo trovi nell'imprudenza o negligenza come considerate dalla legge penale (…). In
altri termini, il carattere di contrattuale ed extra contrattuale concorre nella colpa quando l'inadempimento
del contratto costituisce un reato punibile, sia d'ufficio, sia ad istanza di parte. Il delitto penale comprende
e riassume in sé il delitto civile, e il titolo per l'azione è costituito non dall'inadempienza contrattuale, ma
dalla violazione della norma penale, che genera e produce sempre, quando danno si è verificato, un'azione
di indennizzo».
368
G. GIORGI, Teoria delle obbligazioni nel diritto moderno italiano, cit., 226.
369
G. GIORGI, Teoria delle obbligazioni nel diritto moderno italiano, cit., 227: «Se per altro l'azione
sperimentata non abbia trovato accoglimento, perché nel dubbio il giudice ha trovato che non concorrevano
gli estremi (...)».
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sono norme di diritto pubblico e per questo motivo prevalgono sulle pattuizioni private370.
Questa fattispecie riguarda i casi in cui l'inadempimento leda non solo l'interesse in capo
al creditore, ma altresì un interesse penalmente tutelato.
La teoria analizzata, di limitata applicazione a livello giurisprudenziale371, ricalca
quanto sostenuto da René Savatier nel suo Traité de la responsabilité civile372.
Savatier individua una serie di condizioni, che devono essere presenti, affinché il
soggetto danneggiato possa scegliere se esercitare l'azione contrattuale o quella aquiliana.
Secondo Savatier l'inadempimento deve dipendere da dolo, colpa grave oppure deve
integrare gli estremi di un reato. In tutte queste ipotesi si verifica la violazione di un
dovere legale indipendente dalla semplice esecuzione del contratto. Il mancato rispetto di
tale dovere determina il sorgere della responsabilità extracontrattuale in capo al
contraente373.
370
E. BONASI BENUCCI, La responsabilità civile, Milano, 1955, 13: « In verità quando l'inadempimento
costituisce anche reato si può ammettere che le conseguenze civili della responsabilità penale concorrano
con gli effetti della mera violazione contrattuale, in vista dei principi di ordine pubblico che presiedono alla
formulazione delle sanzioni civili connesse agli illeciti penali, sanzioni che possono sicuramente sostituirsi
o prevalere rispetto alla regolamentazione privata del rapporto»; riprende sul punto App. Milano, 16 aprile
1954, in Foro it., 1954, I, 1312. Analogamente: U. BRASIELLO, Concorso di colpa contrattuale ed
extracontrattuale. Svalutazione monetaria. Trasporto merci, in Giur. compl. cass. civ., 1952, 300.
371
Le pronunce che applicano questo indirizzo sono piuttosto risalenti nel tempo, v.: Trib. Nicastro, 26
giugno.1952, in Foro pad,., 1953, I, 1189 e in Dir. giur., 1953, 385: « (…) l'illecito penale, che si inserisce
in un rapporto contrattuale, viene a creare un nuovo ed indipendente titolo per l'indennizzo, con la
regolamentazione propria più o meno ampia della responsabilità extranegoziale conseguente alla violazione
di norme di ordine pubblico. É naturalmente necessario che, nel momento in cui il contraente danneggiato
invochi tale forma di responsabilità sussista un accertamento dell'illecito penale, doloso o colposo, di guisa
che il titolo dell'azione risulti identificabile e non solo ipotetico. Nel caso invece in cui non sia configurabile
il fatto reato, l'obbligo generico (...) va ricondotto tra le persone vincolate da un negozio giuridico alla colpa
contrattuale, a cui le parti si sono volontariamente assoggettate attraverso la stipulazione» e Trib. Reggio
Emilia, 12 febbraio 1959, in Foro pad., 1960, 640, con nota di D. R. PERETTI GRIVA. L’orientamento più
recente della giurisprudenza è quello di inserire l’ipotesi esaminata (l’inadempimento che costituisca al
contempo un reato) tra i casi di ammissibilità del concorso, non considerandola più come una fattispecie
esclusiva, v. Cass. Civ., 22 settembre 1983, n. 5638, in Mass. giur. it., 1983, 1499, (in merito all'azione
risarcitoria proposta dalla P.A. nei confronti di un appaltatore relativamente a degli illeciti commessi nel
trasporto di detenuti; si trattava nello specifico dell'alterazione dei documenti e dei chilometraggi effettuati);
Cass. SS. UU., 14 maggio 1987, n. 4441, in Giust. civ., 1987, I, 1628, in Foro it.,1988, I, 2685 e in Foro
amm., 1987, 2516. Quest’ultimo caso riguardava un'ipotesi di infortunio subito dal lavoratore dipendente.
Il datore di lavoro non aveva rispettato le norme in materia di prevenzione degli infortuni sul lavoro, la cui
violazione integra gli estremi di un illecito penale. La tutela delle condizioni di lavoro è, quindi, oggetto di
un obbligo contrattualmente assunto in forza dell'articolo 2087 cod. civ. ed è sanzionato penalmente. La
violazione di questo obbligo determina la responsabilità contrattuale ed extracontrattuale del datore di
lavoro in concorso tra loro. La condizione per cui l'inadempimento del datore di lavoro costituisce altresì
un reato non muta, così, l'applicazione del principio generale in tema di concorso di responsabilità
contrattuale ed extracontrattuale.
372
R. SAVATIER, Traité de la responsabilité civile en droit français. Préface de G. RIPERT, I, Les sources de
la responsabilité civile, Paris, 1939, 201.
373
R. SAVATIER, Traité de la responsabilité civile en droit français. Préface de G. RIPERT, I, Les sources de
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A quanto detto, si è obiettato che la qualificazione di illecito penale può essere
attribuita sia ad un inadempimento contrattuale sia ad un illecito ex art. 2043 cod. civ..
Questo perché l'ordinamento penale e quello civile effettuano delle valutazioni diverse di
un determinato fatto. Ciò comporta che non sempre un illecito penale integra un illecito
rilevante in sede aquiliana374.
II.5.3. La tesi di Heinitz. Obblighi contrattuali tipici ed atipici.
Una tesi che viene definita intermedia 375 tra ammissione ed esclusione del
concorso è quella che è stata formulata da Ernesto Heinitz.
L'Autore effettua una distinzione tra i diversi obblighi contrattuali, che derivano
dal dovere generale di neminem laedere. Tali obblighi possono essere distinti in accessori
e atipici e in tipici e principali rispetto al contenuto del contratto 376. Vi sono cioè degli
obblighi principali che caratterizzano e differenziano il tipo contrattuale, altri, invece, che
si presentano come secondari. Si tratta in quest'ultimo caso di quegli obblighi che, pur
essendo impliciti, non costituiscono il contenuto tipico del contratto e non lo
la responsabilité civile, cit., 201: «Si le dol consiste simplement dans la mauvaise volonté apportée par un
contractant à executer ces engagements, il s'engendre, croyons – nous, qu'une responsabilité contractuelle.
A fortiori en est-il de même de la faute lourde. Mais si l'acte dolosif comprend un élément qui eût constitué
un mensonge, une violence, ou un fait de méchanceté contarie à un devoir existant indépendamment même
du contrat, la violation de ce devoir devient une source de responsabiité délictuelle, pourvu qu'elle ait
engendré un dommage indépendant de simple inexécution du contrat. Quant à l'existence d'une infraction
pénale, elle suppose, par elle même , la violation d'un devoir légal indépendent. Cette violation est un
principe de responsabilité délictuelle, pouvru qu'elle ait entraîné un dommage distinct de la simple
inéxecution du contrat».
374
G. PONZANELLI, Il concorso di responsabilità: le esperienze italiana e francese a confronto, cit., 42 ss.:
«In altri termini, la qualificazione in termini di illecito penale - rilevante ai fini dell'esercizio dell'azione
civile nel giudizio penale - può essere attribuita sia ad un inadempimento contrattuale sia ad un fatto
illecito ex art. 2043 c.c. perché i due ordinamenti giuridici, penale e civile, possono qualificare anche in
modo autonomo e, quindi, apparentemente confliggente fra loro, gli stessi fatti antigiuridici. Non è quindi
detto che un fatto che costituisca un illecito rilevante in sede penale integri, in modo perfettamente
simmetrico, un fatto illecito di natura aquiliana».
375
C. ROSSELLO, Responsabilità contrattuale ed extracontrattuale, cit.,
376
E. HEINITZ, Responsabilità contrattuale e responsabilità aquiliana, cit., (la sentenza annotata riguarda
la responsabilità medica, in particolare viene riconosciuto il concorso di responsabilità contrattuale ed
extracontrattuale nel caso di negligenza ed imperizia addebitate al medico curante e tali da integrare gli
estremi di un delitto colposo): «Bisogna esaminare, quindi, cautamente se la legge col dettare una norma
sulla responsabilità contrattuale abbia voluto escludere con ciò il concorso della responsabilità aquiliana.
Tale illazione sarà esclusa tutte le volte in cui l'obbligo di aver cura dei beni elencati nell'art. 1151 non
costituisca l'unico e principale contenuto dell'obbligazione. (…) obbligo accessorio e non tipico, in un certo
senso secondario: non di importanza si capisce, ma in confronto al contenuto principale che determina il
carattere specifico del contratto e che lo differenzia da altri contratti nei quali sussiste lo stesso obbligo
contrattuale di un contraente di assicurare l'incolumità dell'altro».
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contraddistinguono rispetto alle altre tipologie377.
I tipi contrattuali in cui gli obblighi derivanti dal dovere generico di neminem
laedere costituiscono il contenuto tipico del contratto sono i seguenti: tra medico e
paziente; tra depositante e depositario e tra vettore e passeggero378.
Heinitz afferma che, in presenza di tale tipologia di obblighi contrattuali, non si
potrà verificare il concorso di responsabilità contrattuale ed extracontrattuale. In questi
casi, infatti, la legge interviene al fine di regolamentare le conseguenze della violazione,
i presupposti della responsabilità e le modalità di esercizio dell'azione, per quanto
concerne ad esempio la diligenza richiesta e la prescrizione dell'azione379.
Per questo motivo, ammettendo la possibilità di un concorso, si vanificherebbe lo
scopo perseguito dal legislatore attraverso i limiti e le condizioni di responsabilità previsti
per quel tipo contrattuale380.
La situazione muta totalmente nell'ipotesi opposta, ovvero in presenza di obblighi
atipici ed accessori rispetto al contenuto del contratto381. In questo caso il concorso delle
due responsabilità viene ammesso e quindi la sfera di protezione della legge aquiliana
viene estesa anche ai contraenti382.
377
E. HEINITZ, Responsabilità contrattuale e responsabilità aquiliana, cit., 1567.
E. HEINITZ, Responsabilità contrattuale e responsabilità aquiliana, cit., 1567.
379
E. HEINITZ, Responsabilità contrattuale e responsabilità aquiliana, cit., 1567.
380
E. HEINITZ, Responsabilità contrattuale e responsabilità aquiliana, cit., 1567 ss.: «La regola del
concorso cumulativo dei due diritti, ciascuno dei quali segue esclusivamente la propria legge, soffre
eccezione soltanto nei casi in cui così sarebbe reso illusorio lo scopo perseguito dalla legge coll'apportare
una determinata restrizione, e soltanto a misura dello scopo medesimo».
381
E. HEINITZ, Responsabilità contrattuale e responsabilità aquiliana, cit., 1567 «esiste certamente
l'obbligo di provvedere all'incolumità fisica degli spettatori, ma si tratta intanto di un obbligo accessorio e
non tipico, in un certo senso secondario (...)». Il riferimento è a quanto sostenuto da A. SACCO, Colpa
contrattuale e aquiliana: concorso o incompatibilità, in Mon. trib., 1926, 802 ss., che individua alcune
ipotesi in cui è chiaro quale tipo di responsabilità incorra nella violazione del diritto all'incolumità personale:
«Chi prende il biglietto del teatro non stipula di uscire senza bombe; ma stipula di godere di uno spettacolo.
Chi sale nel tram non ha ancora il biglietto e non ha quindi ancora il contratto; ma se lo sbattono già ha
l'azione aquiliana?». Gli esempi forniti da E. Heinitz, sono stati oggetto di critica da parte di G. MONATERI,
Cumulo di responsabilità contrattuale ed extracontrattuale. (Analisi comparata di un problema), Padova,
1989, 156,( v. anche nota n. 100) che afferma: «Naturalmente rispetto a queste tesi si mostra sempre come
sia labile, troppo labile, il confine tra contratto e responsabilità delittuale. Un autore francese avrebbe visto
magari in tale esempio un caso di danno recato “in occasione” dell'inadempimento e perciò l'avrebbe
qualificato non come un caso di cumulo, ma proprio come un caso di applicazione della sola responsabilità
aquiliana. (…) e le parti avessero esplicitamente in inserito tale pericolo nel contratto, esso non sarebbe
perciò forse divenuto tipico e principale? O meglio, non è forse vero che solo in quel caso esso avrebbe
rappresentato l'oggetto di una volizione contrattuale?».
382
E. HEINITZ, Responsabilità contrattuale e responsabilità aquiliana, cit., 1568: «Così si evitano i due
estremi, ugualmente da respingere, né si rende illusoria per ragioni aprioristiche, la volontà chiara della
legge, quand'essa in rapporti obbligatorii metta alcune restrizioni alla responsabilità, né d'altra parte si toglie
378
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L'inquadramento fornito da Heinitz non ha avuto alcuna fortuna tra i giuristi
successivi, che hanno affrontato il problema del concorso.
In particolare la distinzione tra le due tipologie di obblighi è stata considerata
piuttosto labile. Non si comprende perché l'obbligo di tutelare l'incolumità fisica venga
qualificato come tipico nel trasporto e invece atipico nel contratto di compravendita. Il
secondo punto che viene criticato riguarda l'estensione della regolamentazione
contrattuale sostenuta da Heinitz nell'ipotesi in cui il fatto possa considerarsi illecito
indipendentemente dall'esistenza o meno del contratto383. Questo tipo di argomentazione
varrebbe ad escludere qualsiasi dibattito sul concorso, perché le due azioni porterebbero
di fatto a gli stessi risultati384.
Inoltre, la distinzione tra obblighi tipici e atipici proposta da Heinitz finirebbe per
ricondurre la distinzione tra responsabilità contrattuale ed extracontrattuale all'esclusiva
volontà dell'interprete. A quest'ultimo, infatti, viene affidato il compito di individuare
quali obblighi possano essere inseriti all'interno dell'area contrattuale e quali, invece,
possano essere ricondotti esclusivamente in ambito aquiliano385
In questo modo si finisce per allontanarsi dalla reale volontà delle parti,
manifestata ed esplicitata nel regolamento contrattuale, provocando quello che è stato
definito «un conflitto tra questo ambito e quello aquiliano» 386.
II.6. La tesi dottrinale che distingue tra concorso proprio e
concorso improprio.
La definizione di concorso proprio e in senso stretto è esclusivamente frutto
senza ragione valida la protezione della legge aquiliana, aperta a tutti, a colui che ha stipulato il contratto».
383
R. RUSSO, Concorso dell'azione aquiliana con la contrattuale nel contratto di trasporto, cit., 985.
384
A. TOSCANO, Responsabilità civile, cit., 254 ss., secondo il quale: «(…) si tratterebbe solo di qualificare
con un nome diverso la azione contrattuale, che unica, entrerebbe effettivamente in applicazione».
385
G. MONATERI, Cumulo di responsabilità contrattuale ed extracontrattuale. (Analisi comparata di un
problema), cit., 156 ss.: «In sostanza o si restringe l'area del contratto al voluto esplicito, concreto,
storicamente accertabile delle parti, ed allora il confine con l'area aquiliana può avere qualche certezza; o
si vogliono ricondurre al contratto anche altri contenuti, obblighi imposti dalla legge, ricostruiti dagli
interpreti, inventati dai giudici, ed allora il confine tra i due ambiti diviene sempre più incerto, nel senso di
dipendere sempre più dalle preferenze dell'interprete. Evidentemente tali preferenze dominano la scena
proprio se si mira a ricostruire quali sono gli obblighi tipici e propri rispetto a quelli atipici ed impropri. La
necessità di ricorrere alle nozioni contrattuali delle parti, provoca necessariamente un conflitto tra questo
ambito e quello aquiliano».
386
G. MONATERI, Cumulo di responsabilità contrattuale ed extracontrattuale. (Analisi comparata di un
problema), cit., 157.
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dell'elaborazione dottrinale, che si è basata sul dato giurisprudenziale.
In particolare, la terminologia si deve a Rossello, che individua il concorso proprio
e in senso stretto nel caso in cui «dal punto di vista oggettivo un unico fatto lesivo
(proveniente dal medesimo autore) si configuri al contempo come inadempimento
dell'obbligazione e come illecito aquiliano, con perfetta coincidenza - sotto il profilo
soggettivo - fra le figure di autore del danno/debitore da un lato e danneggiato/creditore
dall'altro»387.
La distinzione tra concorso proprio e concorso improprio è imperniata sulla
situazione di eguaglianza tra l’autore del danno e il debitore dell’obbligazione
contrattuale da un lato e tra danneggiato e creditore dall’altro388.
Alla base di tale assunto vi è la sentenza della Corte di Cassazione n. 2773 del
1979389. Secondo i Giudici, il primo presupposto perché possa parlarsi di concorso di
responsabilità è rappresentato dall'esistenza di una relazione obbligatoria tra i due soggetti.
Il comportamento del debitore in caso di concorso presenta una duplice qualificazione dal
punto di vista giuridico: inadempimento dell'obbligo contrattuale ed atto illecito,
riconducibile se considerato separatamente nell'ambito di tutela aquiliana390.
387
C. ROSSELLO, Responsabilità contrattuale ed aquiliana: il punto sulla giurisprudenza, in Contratto
impr., 1996, 659 e già prima: C. ROSSELLO, Concorso di responsabilità contrattuale ed extracontrattuale,
cit., 317 ss. Secondo R. RUSSO, Concorso dell'azione aquiliana con la contrattuale nel contratto di
trasporto, cit., 90 ss., che è contrario al concorso, l'identità di cui parla Rossello determinerebbe
l'applicazione della responsabilità contrattuale, laddove il danno fosse conseguenza immediata e diretta
dell'inadempimento ad un obbligo contrattuale. Affinché si abbia responsabilità contrattuale devono, infatti,
essere presenti entrambe le condizioni, soggettiva ed obiettiva. La loro mancanza determina, invece,
l'ambito di applicazione della responsabilità aquiliana».
388
Similarmente, nel diritto dei trasporti, la dottrina italiana, ispirandosi alla scuola tedesca, ha elaborato la
distinzione tra le pretese parallele e pretese non parallele. Il primo caso riguarda le azioni extracontrattuali
fatte valere nei confronti del vettore da parte dell’avente diritto; la seconda ipotesi concerne, invece,
l’esercizio dell’azione aquiliana da parte di un terzo estraneo al contratto di trasporto; v. G. FERRARINI, In
particolare nel settore dei trasporti internazionali, in G. VISINTINI, (a cura di) Risarcimento del danno
contrattuale ed extracontrattuale, Milano, 1984, 171.
389
Cass. Civ., 14 maggio 1979, n. 2773, in Giust. civ. 1979, I, 1899 e in Resp. civ. e prev., 1980, 403.
390
«Sotto il profilo dell'effetto, la bivalenza si manifesta quale duplice responsabilità, nell'aspetto
contrattuale e nell'aspetto extracontrattuale. Sotto il profilo dell'atto, cioè del comportamento soggettivo,
questo, pur essendo unica individualità nella realtà concreta, nella qualificazione giuridica si sdoppia in due
entità ontologicamente diversificate. Il comportamento soggettivo è tenuto, e va perciò anzitutto qualificato,
nell'ambito della fattispecie obbligatoria esistente fra due soggetti determinati. Fattispecie, questa,
caratterizzata da un rapporto che lega i due soggetti ed in virtù del quale l'un soggetto è obbligato verso
l'altro soggetto all'esecuzione di una prestazione: obbligazione dell'uno alla quale è correlato il diritto di
credito dell'altro, aventi per contenuto un comportamento, commissivo od omissivo, del debitore costituente
appunto la prestazione, la cui esecuzione fa conseguire una utilità al creditore. E fattispecie nell'ambito
della quale il comportamento del debitore, contrario a quello cui era vincolato, si qualifica come
inadempimento».
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L'analisi svolta nella pronuncia in esame porta ad individuare come elemento
fondamentale del concorso proprio l'identità di cui si è parlato precedentemente Si può
parlare di concorso, quindi, solo nell'ipotesi in cui il comportamento dannoso, avente la
duplice qualificazione di cui si è parlato (cd. sdoppiamento in due entità ontologicamente
diversificate391) venga arrecato dal debitore al creditore.
L'elemento distintivo tra concorso proprio e concorso improprio viene fatto
risalire dal Rossello alla presenza o meno dell'identità soggettiva descritta.
Accanto alla definizione basata sull'interpretazione del dato giurisprudenziale, si
colloca una differente terminologia, che pare richiamare esclusivamente il dato
processuale e non quello sostanziale. Questa differente impostazione è riconducibile a
Monateri. L'Autore, che opera soprattutto nell'ambito del diritto comparato, identifica il
concorso in quelle situazioni in cui il petitum sostanziale delle azioni sia il medesimo. Si
avrebbe, invece, concorso improprio nelle ipotesi in cui le azioni nascono da un unico
fatto, ma propongono dei petita differenti392.
Quest'ultima affermazione elaborata da Monateri è stata giudicata poco chiara e
fonte di fraintendimenti393. Innanzitutto, non viene considerata la possibilità, in caso di
cumulo improprio, che vi siano più condotte e non solo una. In secondo luogo, anche in
caso di concorso proprio le due domande risarcitorie potrebbero non coincidere. Ciò può
avvenire, ad esempio in relazione alla risarcibilità dei danni imprevedibili ammessa
sempre in via aquiliana394.
Vi è, infine, un’ultima tesi, che fa leva sulla duplicità – unicità degli interessi lesi395.
391
«Siffatto comportamento può essere bivalente, cioè, pur essendo unica individualità nella realtà concreta,
nella qualificazione giuridica può sdoppiarsi in due entità ontologicamente diversificate, quando sia
strutturalmente configurabile anche come atto illecito».
392
G. MONATERI, Le fonti delle obbligazioni, 3, La responsabilità civile, in R. SACCO (diretto da), Tratt. dir.
civ., Torino, 1998, 683 ss.
393
D. FRENDA, Il concorso di responsabilità contrattuale ed extracontrattuale, cit., 25.
394
D. FRENDA, Il concorso di responsabilità contrattuale ed extracontrattuale, cit., 25: «Se, invero, essa
presenta il pregio di consentire un'immediata valutazione della differenza tra le nozioni di cumulo proprio
e cumulo improprio, così espressa è tuttavia imprecisa in primo luogo perché, se l'espressione “unico fatto”
indica il concetto di”unico fatto lesivo” e, quindi, di “unica condotta”, essa trascura il dato, che, in alcuni
casi di cumulo improprio, le condotta (…) possono essere più di una (…); non considera che l'oggetto della
domanda risarcitoria potrebbe non essere esattamente lo stesso neppure nel caso di concorso o cumulo cd.
proprio (…). Al riguardo, si pensi, ancora una volta, all'esempio della differenza tra il risarcimento
ottenibile per via aquiliana e quello ottenibile per via contrattuale nell'ipotesi di pregiudizio commesso con
colpa del danneggiante – debitore, con riferimento al parametro del danno imprevedibile di cui all'art. 1225
cod. civ. (...)».
395
D. FRENDA, Il concorso di responsabilità contrattuale ed extracontrattuale, cit., 25 ss.
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Secondo questa teoria, che appare priva di forti argomentazioni. il cumulo proprio
si verifica nel caso in cui venga leso un unico interesse. Il titolare di tale interesse può
assumere la qualifica di creditore o quello di danneggiato in generale a seconda del diritto
che viene leso; in caso di cumulo improprio, invece, vengono lesi più interessi, che
possono ricondursi ad unico titolare oppure ad una pluralità di soggetti396.
Passiamo, quindi, ad analizzare brevemente le varie fattispecie, che appaiono,
secondo Rossello, riconducibili al cd. concorso improprio di responsabilità, per le quali
si è parlato di «situazioni affini di interferenza tra le due responsabilità» 397.
Queste ipotesi possono essere distinte in due categorie principali. Nella prima
fattispecie rientrano i casi in cui il debitore abbia cagionato un danno contrattuale al
creditore e un danno extracontrattuale ad un soggetto terzo estraneo al rapporto
obbligatorio398. La seconda categoria di concorso improprio riguarda le varie fattispecie
in cui al creditore sia stato cagionato un danno di cui rispondono a diverso titolo soggetti
diversi399. Si tratta, quindi, di tutti i casi in cui il fatto dannoso è imputabile a più persone,
ciascuna responsabile ad un titolo diverso. Ipotesi fondamentale che rientra, secondo
Rossello, nella categoria considerata, riguarda il danno al paziente cagionato da un errore
terapeutico oppure diagnostico da parte di un medico dipendente di un ente ospedaliero400.
II.7. La giurisprudenza e l'ammissibilità del concorso in caso di
396
D. FRENDA, Il concorso di responsabilità contrattuale ed extracontrattuale, cit., 25 – 26: «(...) nella
prima ipotesi, ad essere leso, è un unico interesse facente capo ad un soggetto che assume, per la
particolarità del caso, sia la qualifica di creditore, sia quella di un qualsiasi danneggiato (e dunque si vede
violato sia un diritto di credito, sia un diritto assoluto o un interesse di fatto tutelato dall'ordinamento come
il possesso), nella seconda, invece, ad essere lesi sono più interessi meritevoli di tutela (e che a seconda
delle circostanze, sono riferibili ciascuno ad un diverso soggetto, ovvero tutti al medesimo)».
397
C. ROSSELLO, Responsabilità contrattuale ed aquiliana: il punto sulla giurisprudenza, cit., 659.
398
C. ROSSELLO, Responsabilità contrattuale ed aquiliana: il punto sulla giurisprudenza, cit., 659. Ipotesi
classiche, che Rossello riconduce a questa categoria, riguardano prettamente il diritto societario: mala
gestio degli amministratori di società, che rispondono a titolo contrattuale verso i soci e a titolo
extracontrattuale verso i creditori sociali e nei confronti dei terzi direttamente danneggiati dagli atti degli
amministratore; responsabilità dell'istituto di vigilanza in caso di furto delle cassette di sicurezza avvenuto
con la complicità della guardie addette alla vigilanza; responsabilità delle società di revisione contabile.
399
C. ROSSELLO, Responsabilità contrattuale ed aquiliana: il punto sulla giurisprudenza, cit., 659.
400
Sul concorso improprio di responsabilità in ambito sanitario v. tra gli altri: C. CASSANO, L'obbligo di
informazione, relazione medico-paziente, difficoltà della prestazione e concorso di responsabilità commento a Cass. Civ., 16 maggio 2000, n. 6318, in Danno resp., 2001, 154; R. DE MATTEIS, Il cumulo di
responsabilità contrattuale ed extracontrattuale: una regola di formazione giurisprudenziale, in G.
VISINTINI (a cura di), Risarcimento del danno contrattuale ed extracontrattuale, Milano, 1999, 413 ss.
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lesione di diritti assoluti.
II.7.1. La posizione oscillante dei Giudici sotto il codice civile abrogato.
Come analizzato nei paragrafi precedenti, l'orientamento dottrinario originario è
nettamente contrario al concorso di responsabilità contrattuale ed extracontrattuale per i
motivi precedentemente analizzati. In giurisprudenza, invece, dopo varie posizioni
altalenanti tra l'ammissibilità e l'inammissibilità, si è giunti, soprattutto a partire dai primi
anni cinquanta del secolo scorso, ad un atteggiamento di totale favore nei confronti di
questo istituto.
Innanzitutto analizziamo brevemente la pronunce contrarie al concorso.
Una delle pronunce più note è quella della Cassazione, pronunciata il 16 gennaio
del 1926401. Si era verificata la morte per asfissia di tutti i passeggeri di un biplano durante
un raid aereo dimostrativo Milano - Venezia, che era stato organizzato dalla Società per
lo sviluppo dell'aviazione, costruttrice del biplano.
Gli eredi dei viaggiatori defunti presentarono richiesta di risarcimento, che venne
accolta sia in primo sia in secondo grado. La Corte di Cassazione accolse il ricorso
presentato dalla società, enunciando diversi importanti principi in materia di concorso.
Il presupposto per l'operatività del concorso tra «colpa aquiliana» e «colpa
contrattuale» è la diversità dei fatti lesivi. Affinché tra le stesse persone possano
concorrere le due responsabilità, è, quindi, necessario che i fatti lesivi siano diversi. Non
può, perciò, ammettersi il concorso quando il fatto sia unico. La presenza del vincolo
contrattuale si contrappone al rapporto generale tra consociati e gli obblighi che ne
derivano sono speciali rispetto al dovere generico di neminem laedere. Il mancato rispetto
dei suddetti obblighi fa sorgere unicamente la responsabilità contrattuale in capo al
debitore e mai quella aquiliana, anche se gli obblighi violati potrebbero sussistere
indipendentemente dall'esistenza del contratto402.
401
In Foro it., 1926, 42. Mentre nel diritto italiano la giurisprudenza fino al 1949 mostra una posizione
oscillante tra l'ammissibilità e non ammissibilità del concorso di responsabilità contrattuale ed aquiliana,
nel diritto francese ciò non si verifica. La posizione dei Giudici a partire dal 1890 è di chiara preferenza per
il cd. principio del non – cumul, v. in particolare: Civ. 21 janvier 1890, in D. P., 1891, I, 380, Civ. 11 janvier
1922, in D.P., 1922, I, 16; Civ. 6 avril 1927, in S., 1927, 201, note de M. MAZEAUD.
402
«Ma quando unico è il fatto, tale concorso non può essere ammesso: se questo fatto si riferisce alle
obbligazioni nascenti dallo speciale rapporto che per mutuo consenso o per disposizione di legge si è tra le
parti costituito, non può parlarsi che di colpa contrattuale, anche quando si tratti di obblighi che per
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Nel caso specifico, la Suprema Corte aveva per l'appunto ravvisato l'unicità del
fatto lesivo addebitato alla società: la cattiva esecuzione del rapporto contrattuale, che
comprende sia la fase preparatoria, sia le fasi successive compiute per mezzo dei propri
dipendenti. Con la stipula del contratto la società si era impegnata a fornire un mezzo
idoneo al trasporto e a tutelare l'integrità dei passeggeri, facendo in modo che giungessero
incolumi a destinazione. In conseguenza della violazione degli impegni contrattuali la
società era responsabile contrattualmente verso le vittime e i loro eredi.403.
Così argomentando, la Suprema Corte cassò la sentenza emessa dalla Corte di
Appello di Milano, che si era schierata a favore del concorso basandosi sulla duplicità del
fatto lesivo. Si trattava, infatti, secondo i Giudici d'appello, di due diversi fatti: la
negligenza della società nella preparazione del raid (colpa contrattuale) e al contempo la
negligenza dei dipendenti nell'esecuzione del trasporto (colpa aquiliana ex artt. 1152 e
1153 cod. civ. abrog.).
La Suprema Corte seguì - approfondendolo dal punto di vista del rapporto tra
obblighi contrattuali e dovere di neminem laedere- l'orientamento espresso dalle SS.UU.
della Corte di Cassazione di Roma nella sentenza del 3 marzo 1914.
Le SS.UU. avevano, così, statuito: «Se unico è il fatto generatore del danno, esso
non può avere che un'unica figura giuridica. Sarà un delitto punito dalla legge penale;
sarà un delitto e quasi delitto generatore di azione di risarcimento a norma degli art.
1151 e segg. cod. civ; sarà un inadempimento contrattuale; ma quando le parti lo hanno
considerato sotto quest'ultimo aspetto, non si può più invocare l'azione conferita dalla
legge per il ristoro del danno aquiliano»404.
avventura avrebbero nella loro essenza sussistere senza il detto rapporto»; sulla stessa linea si era espressa
qualche giorno prima la Cassazione del Regno con la sentenza del 12 gennaio del 1926, in Foro it., 1926,
I, 325, (incaglio del piroscafo Serafino) che riguardava anch'essa il danno subito dal passeggero e dalle
merci nel corso del trasporto: « (…) l'affermazione che il principio di neminem laedere è al di fuori e al di
sopra del contratto, è vuota di contenuto giuridico, perché non vi è norma né principio di r agione che valga
a far attribuire la dedotta prevalenza legislativa sulla legge del contratto». Per un'analisi dettagliata ed
esaustiva di queste pronunce anche in rapporto tra loro v. G. MONATERI, Cumulo di responsabilità
contrattuale ed extracontrattuale. (Analisi comparata di un problema), cit., 143 ss.
403
« Ma il fatto alla società addebitato non è che uno: mala esecuzione del rapporto da lei creato con gli
infelici che rimasero vittime del luttuoso avvenimento, con all'ammetterli da lei organizzato, mala
esecuzione, che comprende tanto i preparativi, a cui da lei direttamente si attese, quanto le opere da lei poi
compiute per mezzo dei suoi dipendenti (…). Se a tale obbligazione la Società venne in qualche modo a
mancare, incorre in confronto delle vittime e con coloro che dalla loro morte pretendono derivare qualche
diritto, in una colpa contrattuale (...)».
404
SS. UU. Cass. Roma, 14 marzo .1914, in Foro it., 1914, 915 contra Cass. Napoli, 25 aprile 1912, in
Foro it., 1912 precedenti pronunce, 1523. Tra le contrarie al concorso v.: Cass. Napoli, 29 agosto 1894, in
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La posizione delle SS.UU. si basava anch'essa sulla prevalenza della volontà
contrattuale e sull'applicazione esclusiva del regolamento pattizio in caso di
inadempimento agli obblighi contrattuali405.
Allo stesso tempo la pronuncia del 1926 rovesciò totalmente quanto sostenuto in
altre sentenze precedenti, in cui l'ammissibilità del concorso faceva leva sull'unicità del
fatto lesivo, senza indugiare sulla prevalenza o meno del regolamento contrattuale rispetto
al dovere generico di neminem laedere.
I Giudici con la pronuncia del 1926 non avvertirono più la necessità di tutelare
massimamente il diritto all'incolumità fisica, che era stato oggetto di grande
preoccupazione nel periodo precedente.
A questo proposito le Corti di Cassazione avevano affermato che il diritto
all'integrità fisica è fondato su un un principio di ragione naturale, preesistente a qualsiasi
pattuizione contrattuale. La natura di questo diritto impone la massima tutela, a
prescindere dal fatto che «il fatto dannoso contenga ad un tempo violazione di un
contratto e colposa infrazione di altri rapporti di diritto» 406 .La tutela del diritto
Foro it., 1894, 1228 (caso naufraghi dell'Utopia); Cass. Napoli, 25 maggio 1895, in Foro it., 1895, 618.
405
«Il contratto è legge fra le parti, ed esclusivamente esso, in quanto non offende l'ordine pubblico, i buoni
costumi o la legge generale, deve regolare le conseguenze dell'inadempimento ai patti che vi furono
stabiliti».
406
Cass. Torino, 07 aprile 1911, in Foro it., 1911, 1000: «Fondato, com'è su principio di ragione naturale,
preesiste e sussiste indipendentemente da qualsivoglia stipulazione (…). Trattandosi di danno vitando,
giustizia e ragione concordano nel ritenere che debba sopportare il danno quegli che con la sua colpa vi ha
dato causa, e non potrebbe valere ad esimerlo (nemmeno in parte) la circostanza che il fatto il dannoso
contenga ad un tempo violazione di un contratto e colposa infrazione di altri rapporti di diritto»; sulla stessa
linea, ma priva di simili argomentazioni: Cass. Napoli, 25 aprile 1912, cit.: «(...) non può punto
disconoscersi che in certi fatti possono concorrere due ragioni, pur dando luogo ad una sola azione (…)
nell'unico fatto concorrevano due ragioni, l'una che sorgeva dalla violazione del contratto di trasporto per
essersi in dipendenza dello stesso verificatesi le lesioni in persona (…); e l'altra ragione la sentenza
medesima la riscontrava in una colpa aquiliana, perché osservò che per colpa dei dipendenti
dell'Amministrazione ferroviaria, di cui essa doveva rispondere, l'urtò si verificò (...)»; già prima Cass.
Torino, 17 dicembre 1898, in Foro it., 1899, 926, (si trattava di un contratto di compravendita, in cui il
venditore aveva consegnato al compratore acqua colorata al posto del vino e dei liquori pattuiti) nota
contraria di C. F. GABBA,: «(...) i patti e le garanzie generali sanciti per assicurare l'esecuzione di un contratto,
non possono interpretarsi come rinuncia od esclusione alle garanzie generali date a chi sia stato danneggiato
da azione delittuosa, comunque commessa. La possibile coesistenza ed efficacia di diverse azioni per
conseguire un medesimo obietto non fu mai contestata: «si is cui commodata res erat fortum ipsius admisit,
agi cum eo et furti et commodati potest» diceva già il giureconsulto romano»; successivamente alla
pronuncia delle SS.UU. del 1914, v. tra le altre Cass. Torino, 21 novembre1916 e Cass. Torino, 3 marzo
1917, in Giur. it., 1917, 1012, con nota contraria di G. P. CHIRONI, Ancora sul concorso della colpa
contrattuale con la extra – contrattuale. In queste ultime pronunce la Cassazione di Torino si era espressa
a favore del concorso delle due responsabilità nell'ambito del contratto di locazione. Nello specifico si era
trattato dei danni cagionati al conduttore e subconduttore dalla rovina dell'edificio.
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all'incolumità non può, quindi, venir meno, quando il diritto sia stato leso in occasione
dell'esecuzione di un contratto. In caso di lesione, l'indennizzo deve essere idoneo a
risarcire in maniera adeguata il danno che è stato arrecato407.
A differenza della Corte di Suprema di Cassazione, nelle pronunce di merito non
si registrò l'oscillazione tra posizione a favore e posizioni contrarie al concorso di
responsabilità, perché quasi unanimemente le Corti d'Appello si erano pronunciate per la
sua ammissibilità. Si era affermato che l'azione posta a tutela generale del neminem
laedere non può venire in nessun caso soffocata dall'azione contrattuale. I contraenti,
infatti, non rinunciano ai maggiori diritti, che possono derivare indipendentemente dal
contratto, ma che sono sorti in occasione o nello svolgimento del contratto stesso 408 .
Ovviamente anche in sede di appello venne mantenuta l'idea, salvo rare eccezioni409, che
il creditore/danneggiato deve scegliere se esercitare l'azione ex delicto oppure ex
contractu410.
In linea generale, si deve, inoltre, ravvisare la tendenza dei Giudici ad escludere
l'operatività del concorso in caso di infortunio del lavoratore. Tale rapporto veniva, infatti,
inquadrato all'interno della locatio operis, di cui all'art. 1570 cod. civ. abrog. e pertanto,
in virtù di questa disposizione, il conduttore non aveva l'obbligo di tutelare la vita e
l'incolumità personale dell'operaio addetto. Di conseguenza, l'operaio/locatore poteva
agire solamente ex delicto o ex quasi delicto nei confronti del conduttore411.
II.7.2. L'orientamento della giurisprudenza a partire dagli anni cinquanta.
Nel periodo a cavallo tra gli anni e quaranta del secolo scorso sono pochissime le
pronunce che si occupano del concorso in senso favorevole e sfavorevole. Solamente a
407
«I suoi effetti si traducono in una ragione di indennizzazione per quegli a cui detrimento venne leso. E
tale indennizzo per rispondere alla funzione sua dev'essere atto ad adeguatamente risarcire il danno che è
destinato a riparare».
408
App. Genova, 30 maggio 1905, in Temi gen., 1905, 626 ss; già prima: App. Genova, 31 ottobre 1898, in
Temi gen., 1899, 649; App. Genova, 4 novembre 1901, in Temi gen., 1901, 600.
409
App. Palermo, 28 agosto 1896 («Possono cumularsi e coesistere l'indennizzo dei danno derivanti dalla
colpa e di quelli derivanti dall'inadempimento dell'obbligazione»).
410
App. Genova, 23 dicembre 1907, in Temi gen., 1908, 27: « (…) il principio che la colpa aquiliana può
innestarsi anche nell'esecuzione di un contratto diguisaché è in facoltà della parte attrice di scegliere,
secondoché più gli conviene, o l'una o l'altra azione»; sulla stessa linea precedentemente: App. Bologna, 9
febbraio 1907; App. Bologna, 5 luglio 1907, in Temi gen., 1907, 470.
411
Cass. Firenze, 26 marzo 1896, in Foro it., 1896, 608; Cass. Firenze, 16. Novembre 1897, in Foro it.,
1897, c. 81; Cass. Palermo, 26 luglio 1900, in Foro sic., 1900, 507.
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partire dall'inizio degli anni cinquanta si assiste ad una moltiplicazione delle decisioni
all'interno dei massimari. Da questo momento in poi la giurisprudenza si schiera in
maniera pressoché unanime a favore del concorso.
La massima è stato ripetuta dai Giudici in un numero elevato di pronunce e ciò ha
determinato, secondo alcuni interpreti, il sorgere di una vera e propria massima normativa,
considerata come giurisprudenza costante in tutti i gradi di giudizio412.
Il ruolo del precedente in relazione al concorso di responsabilità, è stato, invece,
fortemente criticato dal Peretti Griva, il quale parla addirittura di “idolatria” da parte dei
Giudici413.
Già nel 1955 Peretti Griva contesta il perseverare dei Giudici nel ripetere
asetticamente la regola in materia di concorso. Il precedente, infatti, non sempre è frutto
di un'attenta riflessione, ma spesso deriva da un'analisi parziale di una questione, che alle
volte non è neppure essenziale rispetto alla soluzione della controversia stessa. Il sistema
dell'intoccabilità
del
precedente
viene
considerato
come
«inintelligente
e
antievoluzionista» 414.
La prime pronunce hanno ad oggetto il concorso della responsabilità contrattuale
ex art. 1681 cod. civ. e della responsabilità aquiliana ex art. 2049 cod. civ. (responsabilità
dei padroni e dei committenti) in capo al vettore per danni arrecati al passeggero. Il
principio che viene espresso è il seguente: «Il concorso è ammissibile quando si tratti di
un medesimo fatto che violi, non solo i diritti derivanti dal contratto, ma anche diritti che
alla persona offesa spettino indipendentemente dal contratto stesso. Invero, se il fatto
produttivo del danno ed unico nella sua genesi, costituisca tuttavia violazione di un
duplice e distinto diritto, quello particolare derivante dall'accordo contrattuale e quello
generale derivante dalla protezione di un bene garantito dall'ordine giuridico, non si
comprerebbe logicamente in tali ipotesi, l'assorbimento e la consumazione di un'azione
412
R. SACCO, Concorso delle azioni contrattuale ed extracontrattuale, cit., 157: «Non potendo sempre
conoscere a quali fatti siano state applicate queste decisioni, ritengo che una massima ripetuta in un numero
così elevato di casi diventi veramente normativa per il modo stesso com'è formulata, e che un giudice di
merito e lo stesso giudice della Corte Suprema, di fronte ad una massima oramai etichettata come
giurisprudenza costante, non esisterebbe ad applicare questa massima per tutto quanto il contenuto che le
sue parole importano».
413
D. R. PERETTI GRIVA, A proposito di “massimario” e di concorso della responsabilità contrattuale ed
extracontrattuale, nota contraria a Cass. Civ., 15 giugno 1954, n. 2016, in Foro pad., 1955, 152.
414
D. R. PERETTI GRIVA, A proposito di “massimario” e di concorso della responsabilità contrattuale ed
extracontrattuale, cit., 153.
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nell'altra. Si tratta, invece, di azioni da considerare diverse e distinte, come sono diversi
e distinti i diritti, in relazione ai quali sono accordate, e si tratta, altresì di azioni regolate
ciascuna da norme giuridiche e da discipline proprie; per cui va escluso che venuta meno
l'una azione per cause particolari ad essa inerenti, non permanga l'efficacia dell'altra»415.
A detta della Corte, l'operatività del concorso non trova neppure ostacoli per ciò
che concerne l'elemento soggettivo della responsabilità. Infatti, il codice civile vigente
fissa un unico criterio misuratore della colpa: la diligenza del buon padre di famiglia, che
deve essere rapportata al tipo di rapporto contrattuale cui si applica. L'unicità del criterio
misuratore della colpa evita il pericolo che, con l'esercizio dell'azione aquiliana, il
danneggiato possa pretendere un grado di diligenza maggiore rispetto a quella richiesta
in sede contrattuale416.
L'operare del principio del concorso così delineato è limitato inizialmente a quelle
ipotesi in cui si sia verificata una lesione all'integrità personale del debitore/danneggiato.
Infatti, si afferma il concorso anche in riferimento al rapporto medico – paziente. La
Suprema Corte sostiene, a questo proposito, che l'integrità personale e la salute sono
protette non solo contrattualmente, ma anche da tutte le disposizioni sanitarie, nonché
dalla legge penale, quindi non si può dubitare che esistano le ragioni logiche e giuridiche
per ammettere il concorso417.
II.7.3. L'evoluzione del concetto di ingiustizia del danno e la lesione dei diritti
assoluti quale presupposto del concorso di responsabilità.
É interessante analizzare quali siano i presupposti specifici, cui le pronunce
subordinano l'operatività del concorso dal punto di vista della tutela aquiliana. Questo
discorso si incrocia, infatti in maniera significativa con il dibattito sull'ingiustizia del
415
Cass. Civ., 16 aprile 1951, n. 933, in Foro it., 1951, 1190, con nota contraria di R. RUSSO, Concorso di
responsabilità contrattuale ed extracontrattuale e fatto illecito dei commessi. Questa pronuncia richiama
espressamente Cass. Civ., 23 dicembre 1949. n. 2630, in Foro it. rep., 1949, voce Trasporto n. 50; Cass.
Civ. 18 marzo 1950, n. 740, in Resp. civ. prev.,, 1950, 313, con nota di G. GENTILE, La prescrizione nel
trasporto di persone – Concorso di norme e non di azioni; sulla stessa linea in tema di responsabilità del
vettore: Cass. Civ., 16 marzo 1953, n. 633, in Riv. giur. circ. trasp., 1953, 825, in Riv. giur. circ. trasp., 1953,
con nota contraria di M. MASSARI, Responsabilità contrattuale ed extracontrattuale del vettore ordinario e
ferroviario per i danni subiti dal viaggiatore nel corso del trasporto; nel merito: App. Firenze, 08 settembre
1954, in Giur. tosc. 1954, 770.
416
Cass. Civ., 13 ottobre 1953, n. 3340, in Riv. giur. circ. trasp., 1953, 103, con nota redazionale.
417
Cass. Civ., 15 giugno 1954, n. 2016, in Giur. it., 1955, 275, con nota contraria di D. R. PERETTI GRIVA,
Sul concorso della responsabilità contrattuale ed extra contrattuale del medico.
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danno, che costituisce una delle quattro componenti dell'illecito aquiliano418.
Per poter analizzare correttamente le condizioni di applicabilità del concorso, è
necessario compiere una breve analisi sull'evoluzione del concetto di ingiustizia a livello
dottrinale e disciplinare.
Questo elemento è stata inserito ex novo nella formulazione dell'art. 2043 cod. civ.
e non è possibile rinvenire delle formulazioni analoghe negli altri ordinamenti giuridici419.
La volontà del legislatore, espressa nella Relazione del Ministro Guardasigilli al Codice
Civile, al n. 267, è stata quella di sottolineare la distinzione tra culpa e iniuria. La
responsabilità, infatti, sorge quando il fatto o l'omissione siano connotati da dolo o colpa
del soggetto agente e venga cagionata la lesione dell'altrui sfera giuridica420.
Vi sono due indirizzi principali sulla concezione di ingiustizia del danno. Un
primo indirizzo identifica l'ingiustizia nell'antigiuridicità (illiceità) 421 . Se l'atto è
antigiuridico, cioè compiuto in violazione del diritto, allora il danno che ne deriva è
anch'esso antigiuridico (ingiusto). L'ingiustizia è, quindi, la contrarietà al diritto, intesa
come violazione della norma giuridica e dell'obbligo, finalizzati alla protezione di un
determinato interesse422. Il fatto può essere lesivo sia della norma giuridica, sia del diritto
soggettivo, quando l'interesse viene tutelato dalla norma nella forma del diritto soggettivo.
Si può trattare solamente di diritti soggettivi assoluti. Il fatto illecito contrattuale, è,
invece, lesivo del diritto di credito (diritto relativo)423.
418
C. M. BIANCA, Diritto civile, V, La responsabilità, cit., 584. Gli elementi costitutivi dell'illecito
aquiliano sono: il fatto, il dolo o la colpa, il danno ingiusto e il nesso di causalità tra il fatto e il danno.
419
G. VISINTINI, Trattato breve della responsabilità civile, cit., 425 ss. Secondo l'Autrice, il fatto che il
requisito dell'ingiustizia non sia riscontrabile all'interno dell'ordinamento tedesco e francese, non esclude,
però, un parallelismo tra il sistema italiano e quello francese e delle similitudini rispetto a quello tedesco
(sul punto v. 422 ss.).
420
«Perché il fatto doloso o colposo sia fonte di responsabilità occorre che esso produca un danno ingiusto.
Si precisa così, conferendo maggior chiarezza alla norma dell'art. 1151 cod. civ. del 1865, che la culpa e la
iniuria sono concetti distinti; quindi si esige che il fatto o l' omissione: per essere fonte di responsabilità
debba essere doloso o colposo (omissis) e debba inoltre essere compiuto mediante la lesione dell'altrui sfera
giuridica» . V. sul punto G. VISINTINI, Trattato breve della responsabilità civile, cit., 427.
421
Sull'identità tra i concetti di illiceità e antigiuridicità sostenuta da una parte della dottrina v. il primo
capitolo della presenta trattazione.
422
A. DE CUPIS, Dei fatti illeciti, Art. 2043 – 2059, in Comm. cod. civ. Scialoja – Branca, Bologna – Roma,
1971, 4 ss.: «Illiceità del fatto e ingiustizia del danno sono termini correlativi: se un fatto è illecito (contra
ius), il danno che ne deriva è ingiusto, in quanto colpisce l'interesse protetto dalla norma violata».
423
A. DE CUPIS, Dei fatti illeciti, Art. 2043 – 2059, cit., 12: «Il fatto illecito può esser lesivo, oltra che della
norma giuridica, anche del diritto soggettivo: ciò si verifica quando l'interesse è tutelato dalla norma nella
forma del diritto soggettivo. (…) il fatto illecito extracontrattuale, in quanto lesivo di un diritto soggettivo,
può essere soltanto lesivo di un diritto soggettivo assoluto, ossia rivolto verso la generalità dei soggettiva;
laddove il fatto illecito contrattuale (inadempimento) è lesivo di diritto soggettivo relativo (diritto di
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A ciò si oppone l'idea per cui il principio di neminem laedere di cui all'art. 2043
cod. civ. ha una portata generale, perché volto a tutelare tutta la sfera giuridica di una
persona, non solo dei suoi diritti, assoluti o relativi, ma anche delle sue capacità, posizioni,
qualità ed interessi giuridici 424 . Il passaggio da una tutela aquiliana ristretta ad un
ampliamento della sfera di protezione passa attraverso una diversa concezione
dell'ingiustizia, intesa non più in riferimento alla condotta, ma in relazione al danno. Il
danno ingiusto diventa così secondo questa dottrina la lesione di un interesse del
danneggiato425.
I criteri formulati da questo indirizzo al fine di individuare gli interessi protetti in
via aquiliana sono diversi426. Ad esempio si è fatto riferimento al principio di solidarietà,
nel senso che «il danno sarà rilevante attraverso la comparazione del modo in cui la
situazione si sarebbe presentata senza violazione del principio di solidarietà e quello in
cui si trova a violazione avvenuta»427. Altri hanno limitato la risarcibilità aquiliana alle
ipotesi in cui il danno si sia verificato non iure, ovvero in assenza di un diritto del
danneggiante al compimento dell'atto428. La tesi preferibile è, però, quella che identifica
gli interessi protetti in quelli giuridicamente tutelati nella vita di relazione429. Questo tipo
di valutazione impone un'analisi del diritto effettivo, concretamente attuato nell'ambito
delle pronunce giurisprudenziali430.
L'orientamento tradizionale che configura l'ingiustizia del danno in termini di
antigiuridicità, limitando la tutela ai diritti assoluti, ha trovato eco nella nostra
credito)».
424
F. D. BUSNELLI, Lesione del credito da parte di terzi, Milano, 1964.
425
Questa posizione è sostenuta tra gli altri da: S. RODOTÀ, Il problema della responsabilità civile, cit., 45;
R. SACCO, L'ingiustizia di cui all'art. 2043, in Foro pad., 1960, I, c. 1422; G. VISINTINI, Trattato breve della
responsabilità civile, cit., 434;
426
Per una panoramica di questi criteri in posizione critica v. C. M. BIANCA, Diritto civile, V, La
responsabilità, cit., 586 ss. e F. D. BUSNELLI – S. PATTI, Danno e responsabilità civile, cit., 153 ss.
427
S. RODOTÀ, Il problema della responsabilità civile, cit., 113.
428
P. SCHLESINGER, La «ingiustizia» del danno nell'illecito civile, in Jus, 1960, 342 – 343.
429
C. M. BIANCA, Diritto civile, V, La responsabilità, cit., 587.
430
C. M. BIANCA, Diritto civile, V, La responsabilità, cit., 587: «Quali siano questi interessi va pertanto
accertato prescindendo dalla ipotesi di soluzioni astrattamente preferibili. Occorre piuttosto verificare le
soluzioni del diritto vigente nella realtà del suo operare, cioè del diritto effettivo, come si manifesta
principalmente negli orientamenti giurisprudenziali. Gli interessi tutelati nella vita di relazione risultano in
primo luogo essere anzitutto gli interessi concernenti la persona e la proprietà. Questi interessi sono
giuridicamente qualificati nei diritti fondamentali e nei diritti reali, sicché la loro tutela si immedesima nella
tutela di tali diritti, potendosi parlare indifferentemente di danno ingiusto come lesione dell'interesse o del
diritto».
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giurisprudenza
fino
agli
settanta.
L'esempio
giurisprudenziale
maggiormente
significativo di questo indirizzo è rappresentato dalle pronunce riguardanti il disastro
aereo di Superga. Nel 1949 l'intera squadra calcistica del Torino, di ritorno da una trasferta
in Portogallo, perse la vita in un incidente aereo.
La società calcistica del Torino aveva agito in via aquiliana nei confronti della
compagnia aerea, per il risarcimento del danno derivante dalla perdita dei diciotto
giocatori, dei dirigenti e dei tecnici.
Nel primo grado di giudizio, il Tribunale di Torino respinse la richiesta di
risarcimento sulla base delle seguenti argomentazioni 431 . Il rapporto tra la società e i
singoli calciatori era un contratto di prestazione d'opera, in forza del quale i calciatori si
erano impegnati a svolgere una determinata attività per un determinato lasso di tempo.
La morte dei giocatori, ascrivibile a colpa del terzo, non aveva cagionato la violazione di
un diritto di natura reale in capo alla società attrice. Il giocatore non può essere
considerato un bene di proprietà della società calcistica e la sua posizione non si
diversifica da quella di qualsiasi altro prestatore d'opera432.
La richiesta di risarcimento del danno venne ugualmente rigettata in sede di
appello433. La Corte d'Appello di Torino rifiutò la qualificazione della squadra come bene
giuridico unitario, indicato sotto il profilo giuridico come azienda. Il pregiudizio sofferto
dal Torino, quindi, non era rappresentato dalla perdita dell'azienda, bensì
dall'impossibilità evidente di ottenere le prestazioni sportive da parte dei propri giocatori.
431
Trib. Torino, 15 settembre 1950, in Foro it., I, 1950, 1280. La vicenda relativa al disastro aereo di
Superga sarà oggetto di analisi specifica nel capitolo III, dedicato al concorso di responsabilità nell'ambito
del trasporto. In questo paragrafo ci si limiterà ad analizzare i risvolti delle pronunce dal punto di vista della
tutela in via aquiliana dei diritti di credito.
432
« Il contratto che legava la società calcistica ai calciatori (e naturalmente, anche all'allenatore e al
direttore tecnico) era un contratto di prestazione d'opera. Esso può essere assimilato al contratto tra
l'impresario teatrale e in genere di pubblici spettacoli e gli artisti “scritturati” (…). La permanenza in vita
dei giocatori, così come la lor integrità personale, non era stata dedotta in contratto, ma era soltanto un
presupposto fisica dell'esercizio di quella particolare attività sportiva, su cui la Società faceva assegnamento,
e che costituiva l'unica res volontariamente messa a disposizione dell'Associazione. (…) il diritto del Torino
(…) dipendeva dalla volontà, non dalla vita dei giocatori. (…) il giocatore non diventa una res
dell'associazione né giuridicamente la sua posizione si diversifica da quella di ogni altro prestatore d'opera
(…). Ma altro essi non sono di fronte all'associazione che prestatori d'opera (…) la loro loro uccisione per
colpa di un terzo, non costituisce, pertanto, una diretta violazione della sfera giuridica dell'assuntore di
questa loro attività. Nessun bene dell'attrice è stato leso direttamente dalla convenuta. Soltanto i calciatori,
non i piloti dell'A.l.i., potevano violare i diritti patrimoniali del Torino; poiché nessun vincoli all'infuori di
quella della prestazione d'operali legava e il preteso collaterale rapporto di appartenenza non ha la
consistenza di un diritto reale valevole erga omnes (...)».
433
App. Torino, 23 gennaio 1952, in Foro it., 1952, I, 219.
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Pregiudizio, che non poteva essere risarcito in via aquiliana434.
Non trovarono accoglimento le posizioni dirette a superare la dicotomia diritti
assoluti – diritti relativi435, espresse da diversi giuristi nei pareri pro veritate presentati dal
Torino Calcio436.
Con uguali argomentazioni la Corte di Cassazione rigettò il ricorso presentato
dall'A. C. Torino, continuando a far proprio il principio tradizionale di irrisarcibilità in
via aquiliana dei danni relativi437.
Quasi vent'anni dopo, la Corte di Cassazione a Sezioni Unite mutò la propria
posizione, aprendo la strada alla tutela aquiliana dei diritti di credito. Anche in questo
caso la parte attrice è la società calcistica del Torino: Luigi Meroni, un giocatore del
Torino, perse la vita in seguito ad un incidente automobilistico438.
Secondo le Sezioni Unite il danno per poter essere qualificato come ingiusto deve
essere non ius e contra iure, cioè il fatto produttivo del danno non deve essere giustificato
434
«(...) perché vi sia un'azienda in senso tecnico e siano invocabili i particolari principi che per essa sono
dettati, è necessario che vi sia un'impresa e alla qualificazione di questa si richiede (…) il fine di lucro. (…)
Tale caratteristica (…) appare dubbia nelle società calcistiche (…) non si può affermare che nel disastro di
Superga sia stata distrutta l'azienda dell'A. C. Torino (...)».
435
«Il riconoscimento di questo generico dovere; cui viene per l'appunto assegnato una fonte positiva
nell'art. 2043 cod.. civ., non possa essere così esteso da annullare nella sua portata effettiva la stessa
differenziazione strutturale che il nostro sistema giuridico ha stabilito fra i diritti assoluti e quelli. relativi.
Quel generico dovere cioè non può non specificarsi e individuarsi in obbligo di rispetto dei diritti altrui,
diversamente, a seconda delle situazioni giuridiche che incontra, governate dall'una o dall'altra categorie di
diritti».
436
D. BARBERO, Responsabilità aquiliana per lesione di rapporto personale, in Foro pad., 1951, III, 157:
« (…) il credito è come il rapporto reale come ogni rapporto direttamente protetto, un rapporto anch'esso
assoluto, assoluto non nel senso che tutti i terzi siano chiamati ad adempierlo, ma nel senso che tutti i terzi
sono chiamati a rispettarlo (...)»; W. BIGIAVI, L'Associazione Calcio Torino e il disastro di Superga, in Giur.
it., 1951, IV, 83: «(...) la violazione da parte di un terzo di un diritto altrui può risolvesi (secondo qualcuno)
nella violazione di un diritto assoluto altrui, e precisamente nella violazione del diritto alla libera
esplicazione della propria attività (…) se come ammette la difesa dell' A.l.i. La violazione di ogni diritto
assoluto, come il diritto all'onore e quello alla libertà personale in genere, legittima la richiesta di emenda
a carico del terzo violatore, come non potrà legittimarla quella richiesta, la violazione del più specifico
diritto alla libera esplicazione della propria attività?»; GRECO, Se un'associazione calcistica ha diritto al
risarcimento del danno aquiliano per la perdita della sua squadra avvenuta durante un trasporto aereo, in
Riv. dir. comm., 1951, I, 422; E. REDENTI, Aspetti giuridici della tragedia di Superga (perimento della
squadra dell'A. C. Torino), in Giur. it., 1951, IV, 49; (contra per la società A.l.i.: E. BETTI, Sui limiti giuridici
della responsabilità aquiliana, in Nuova Riv. dir. comm., 1951, 143).
437
Cass. Civ., 04 luglio 1953, n. 2085, in Giust. civ., 1953, I, 2225;
438
Cass. SS.UU., 26 gennaio 1971, n. 174, in Giur. it., 1971, I, 680, con nota di G. VISINTINI, In margine
al caso "Meroni", in Foro it., 1971, I, 1284 con note di A. C. JEMOLO, Allargamento di responsabilità per
colpa aquiliana, e F. D. BUSNELLI, Un clamoroso "révirement" della Corte di Cassazione: dal caso
"Superga" al caso "Meroni", e in Giust. civ., 1971, I, 199, con nota di F. SANTOSUOSSO, La nuova frontiera
della tutela aquiliana del credito; vedi anche tra gli altri: G. CIAN, La virata della Cassazione sulla tutela
aquiliana del credito. Dal caso di Superga al caso Meroni, in Riv. dir. civ. 1971, II, 199, G. FERRANDO, La
lesione del diritto di credito da parte di terzi, in Nuova giur. civ. comm., 1985, II, 332.
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dall'ordinamento e al contempo deve ledere una situazione riconosciuta e tutelata
dall'ordinamento come diritto soggettivo in generale, senza alcuna discriminazione tra le
due categorie. Si giunge, quindi, ad affermare il seguente principio di diritto «Chi con il
suo fatto doloso o colposo cagiona la morte del debitore altrui è obbligato a risarcire il
danno subito dal creditore, qualora quella morte abbia determinato l’estinzione del
credito ed una perdita definitiva ed irreparabile per il creditore medesimo».
Un'ulteriore tappa fondamentale nella definizione di danno ingiusto è segnata
dalla sentenza delle Sezioni Unite n. 500 del 1999 439 . I Giudici della Corte Suprema
sostennero che il danno è contra ius non solo quando deriva da una violazione di un diritto
soggettivo, ma anche quando si verifichi la lesione di un interesse rilevante per
l'ordinamento giuridico (in questo modo venne affermata la tutela aquiliana degli interessi
legittimi). Di conseguenza, la norma sulla responsabilità aquiliana non è una norma
secondaria, che ha una finalità sanzionatoria, bensì una norma primaria volta ad
«apprestare una riparazione del danno ingiustamente sofferto per effetto dell'attività
altrui»440.
Passiamo ad analizzare i presupposti per l'operatività del concorso individuati
dalla giurisprudenza.
In alcune pronunce successive al revirement della Cassazione operato con la
sentenza Meroni, i Giudici adottano una formula che rispecchia una concezione ampia e
non restrittiva dell'ambito di tutela coperto dal neminem laedere : «è pienamente
ammissibile
il
concorso
di
responsabilità
contrattuale
con
responsabilità
extracontrattuale, quando si tratti di un medesimo fatto che violi contemporaneamente
sia diritti che alla persona spettano indipendentemente da un contratto o da un rapporto
giuridico preesistente, sia diritti che derivano da un contratto o comunque da un
vinculum iuris già esistente, ed in tal caso la pretesa del danneggiato può trovare il suo
439
Cass. Civ., SS. UU., 22 luglio 1999, n. 500, in Foro amm., 1999, 1990 ss., con nota di B. DELFINO, La
fine del dogma dell'irrisarcibilità dei danni per lesione di interessi legittimi : luci ed ombre di una svolta
storica: nota a Cass., sez.un., 22 luglio 1999 n. 500; in Contratti, 1999, 869, con nota di V. MOSCARINI,
Appunti su una 'svolta epocale' in merito ad un'interpretazione costituzionalmente orientata sulla pari
dignità tra diritto soggettivo ed interesse legittimo: una decisione a futura memoria : nota a Cass., sez.un.,
22 luglio 1999 n. 500; in Foro amm., 2000, 305, con nota di G. SORICELLI, Appunti su una 'svolta epocale'
in merito ad un'interpretazione costituzionalmente orientata sulla pari dignità tra diritto soggettivo ed
interesse legittimo: una decisione a futura memoria : nota a Cass., sez.un., 22 luglio 1999 n. 500.
440
Per un'analisi critica dei vari punti toccati dalle Sezioni Unite v. F. D. BUSNELLI – S. PATTI, Danno e
responsabilità civile, cit., 287 ss.
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fondamento, oltre che nel generale precetto del neminem laedere, anche nel contratto,
con la conseguenza che, venuta meno una delle due azioni per ragioni ad essa relative,
come per prescrizione, rimane ferma l'altra azione, fondata è sui medesimi presupposti
di fatto e parimenti diretta a conseguire il risarcimento del danno, soggetta al proprio
correlativo termine prescrizionale (...)» 441.
In altre decisioni, anche recenti, viene ristretto l'ambito di applicazione del
concorso ai casi in cui l'inadempimento dell'obbligo contrattuale costituisca al contempo
violazione di un diritto primario, tutelato dall'ordinamento in maniera assoluta, quali il
diritto di proprietà, il diritto alla vita, alla salute ecc.442.
Nella metà degli anni ottanta una parte della dottrina aveva evidenziato il
contrasto tra l'ambito di tutela aquiliana non più ristretto ai diritti soggettivi assoluti e i
presupposti di operatività del concorso limitati alla lesione dei diritti primari.
Rodolfo Sacco ha dedicato un saggio a questa problematica, mostrando profonda
perplessità verso l'atteggiamento bivalente delle giurisprudenza, che in caso di concorso
non applica i principi generali acquisiti in materia aquiliana443.
Nonostante un'analisi che potrebbe apparire a tratti critica, Sacco arriva alla
conclusione che non può essere abbandonata la limitazione del concorso (di azioni detto
anche cumulo dall'Autore) alla sola violazione dei diritti assoluti. Le motivazioni fornite
441
Cass. Civ., 5 dicembre 1975, n. 4032, in Mass. foro it., 1975, 961; per le pronunce successive al caso
Meroni: Cass. Civ., 9 gennaio 1979, n. 119, in Arch. civ., 1979, n. 330; Cass. Civ. 22 settembre 1983, n.
5638, cit.; Cass. Civ. 26 ottobre 1995, n. 11120, in Mass. giur. it., 1995, 10; Cass. Civ. 19 gennaio 1996, n.
418, in Danno resp., 1996, 611, con nota di R. SIMONE, Concorso di responsabilità: a proposito di un
ritorno alla tipicità dei fatti illeciti; Cass. Civ., 20 giugno 2001, n. 8331, in Danno resp., 2001, 111; Cass.
Civ. 18 marzo 2003, n. 3980, in Guida dir., 21, 52; nel merito: Trib. Roma, 8 aprile 2011, in Pluris Utet
Cedam, 2011; Trib. Novara, 22 settembre 2011, in sito internet NovaraIUS.it;
442
Cass. Civ. 7 agosto 1962, n. 2441, in Foro it. 1962, I, 1644; Cass. Civ., 17 giugno 1967, n. 1430, in Mass.
giur. it., 1967, 549, Cass. Civ., 21 dicembre 1968, n. 4043, Giust. civ. mass., 1968, 2125 (responsabilità
dell'albergatore per danni accorsi ai propri clienti); Cass. Civ., 28 gennaio 1972, n. 226, in Giur. it., 1972,
I, 1797; Cass. Civ., 30 aprile 1980, n. 1696, in Mass. foro it. 1980, 334; Cass. Civ. 28 luglio 1986, n. 4833,
in Mass. foro it. 1986, 858; Cass, Civ., 6 marzo 1995, n. 2577, in Dir. ind., 1995, con nota di M. ANDREOLINI,
Concorso di responsabilità e decorrenza degli interessi; Cass. Civ. 11 febbraio 2014, n. 3021, in CED
Cassazione, 2014, n. 629958 . Nel merito: App. Napoli, 1° ottobre 1952, in Foro it.,1952, I, 1708; Trib.
Roma, 30 aprile 1986, in Giust. civ.,1987, I, 1847; Trib. Torino, 16 febbraio 1998, in Giur. it., 2000, 320;
Trib. Vicenza, 27 gennaio 1990, in Nuova giur. civ. comm. 1990, I, 734 con nota di V. DI GREGORIO,
Questioni in tema di responsabilita' civile del medico e delle P. A.
443
R. SACCO, Concorso delle azioni contrattuale ed extracontrattuale, cit., 159. L'Autore si pone in una
posizione interlocutoria nei confronti dei Giudici, formulando il seguente quesito: «Quando voi parlate di
cumulo delle due responsabilità, la responsabilità delittuale è governata dai normali principi che governano
la responsabilità delittuale; e allora come fate, in questi casi, a predicare che non scatta la responsabilità
delittuale se non c'è stata lesione del diritto soggettivo della vittima e poi a prescidenre da questa regola in
tutte le altre controversie in tema di responsabilità?».
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dall'Autore sono le seguenti.
Il debitore inadempiente rispetto all'obbligo contrattuale non incorre in
responsabilità aquiliana, laddove non abbia violato un diritto assoluto del creditore.
Nell'ipotesi in cui non operasse la limitazione del concorso suddetta, allora il debitore
inadempiente incorrerebbe sempre nella responsabilità aquiliana
444
. Per maggior
chiarezza di tale assunto Sacco afferma che: «(...) se noi svincoliamo la responsabilità
aquiliana dal requisito della lesione del diritto soggettivo assoluto della vittima (e
ammettiamo il cumulo), troveremo sempre che quando il debitore non adempie
l'obbligazione egli cagiona contemporaneamente un danno ingiusto e deve rispondere ex
art. 2043»445.
Ammettendo la nozione di concorso al di fuori della lesione dei diritti assoluti,
l'inadempimento allo stato puro non esisterebbe più446. Lo scollamento tra l'ambito di
tutela aquiliana e l'operatività del concorso non può, quindi, essere superato, se non a
condizione di negare il concorso stesso, limitare la tutela aquiliana ai diritti assoluti
oppure estenderla a tutti i diritti di credito indistintamente. Queste soluzioni sono
inammissibili nella realtà concreta447.
Dall'analisi del dato giurisprudenziale emergono ulteriori profili, che hanno
destato profonde perplessità da parte della dottrina attuale. L'applicazione del concorso
risulta limitata a settori ben ristretti448, quali la responsabilità medica, la responsabilità del
444
R. SACCO, Concorso delle azioni contrattuale ed extracontrattuale, cit., 160: «Là dove la responsabilità
aquiliana è limitata alla lesione del diritto soggettivo assoluto, il debitore inadempiente non incappa nella
responsabilità aquiliana per fatto stesso che non ha violato un diritto soggettivo assoluto della vittima. Ma
se non si può affermare che incappa nella responsabilità per questo motivo, e si ammette il principio del
cumulo, non troveremo mai un debitore inadempiente che non sia nello stesso tempo responsabile per
lesione aquiliana»; C. ROSSELLO, Concorso di responsabilità contrattuale ed extracontrattuale, cit., 322,
riprende espressamente sul punto quanto sostenuto da R. SACCO.
445
R. SACCO, Concorso delle azioni contrattuale ed extracontrattuale, cit., 160.
446
R. SACCO, Concorso delle azioni contrattuale ed extracontrattuale, cit., 160
447
G. PONZANELLI, Il concorso di responsabilità: le esperienze italiana e francese a confronto, cit., 42: «Se
si volesse operare un raccordo tra i nuovi confini della responsabilità extracontrattuale e le affermazioni
favorevoli all'operatività del cumulo, si dovrebbe conseguentemente negare uno dei due punti di riferimento:
o la responsabilità extracontrattuale tornerà a tutelare i soli diritti soggettivi assoluti (rendendosi coerente
il richiamo delle sue norme in materia di cumulo) oppu- re si dovrà — in omaggio ad un principio di
coerenza dell'ordinamento — negare il cumulo. Entrambe le soluzioni non sembrano essere dotate di
sufficiente realismo: esse, infatti, non sembrano in grado di determinare un'inversione di rotta della corrente
giurisprudenziale ormai consolidata nel ritenere ammissibile quanto la lesione aquiliana di un diritto di
credito, tanto il concorso delle due forme di responsabilità (12-bis). Allo stesso modo poco attuabile, e
caldamente da evitare, pena un'inammissibile incertezza dei traffici giuridici, sarebbe una terza soluzione
per la quale il cumulo dovrebbe essere applicato ad ogni lesione di diritti contrattuali».
448
R. SACCO, Concorso delle azioni contrattuale ed extracontrattuale, cit., 157; sullo stesso punto v. anche
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vettore e gli infortuni sul lavoro. Ciò contrasta con la formula fornita dalla giurisprudenza
che, come abbiamo visto nell'analisi delle massime, potrebbe avere un'applicazione
generalizzata449.
Allo stesso tempo il concorso emerge come rimedio in caso di prescrizione di una
delle azioni450. Ciò ha portato una parte della dottrina, poco fiduciosa nel ruolo svolto dal
concorso, ad affermare che: «(...)i danni alla persona subiti dai contraenti sono
conseguenti alla violazione di obblighi di protezione della persona del contraente e,
quindi, dovrebbero essere soggetti al regime contrattuale, ma i giudici, muovendo da un
generico favore verso il danneggiato, ricorrono alla regola del cumulo delle azioni per
consentire il risarcimento che altrimenti sarebbe prescritto. Si può dunque supporre che,
se fossero eliminate legislativamente le differenze di regime in tema di prescrizione, il
problema in esame sarebbe destinato a perdere di importanza»451.
La diversità prescrizionale sarebbe secondo questi Autori il solo motivo, che
G. VISINTINI, Trattato breve della responsabilità civile, cit., 264 ss.
449
Un'ipotesi non ricompresa tra quelle indicate per via della sua minore applicazione riguarda la
responsabilità del venditore per difetti della cosa venduta: Cass. Civ., 13 marzo 1980, n. 1696, cit.; «Il
principio della possibilità del concorso della responsabilità contrattuale ed extracontrattuale, in relazione
ad un evento dannoso, unico nella sua genesi soggettiva e risalente ad un unico comportamento del
medesimo autore, che leda non solo i diritti specifici derivanti dal contraente delle clausole contrattuali ma
anche i diritti assoluti (concernenti l'onere, l'incolumità, la proprietà) del contraente medesimo, e operante
anche in tema di responsabilità per i vizi della cosa venduta, giacché il raggio di applicazione del comma 2
dell'art. 1494 c.c. non è comprensivo di qualsiasi danno giuridicamente rilevante derivato dai vizi della cosa,
ma riguarda pur sempre la lesione di interessi connessi col vincolo negoziale (e, cioè, a titolo
esemplificativo, il danno derivante dal minor valore obiettivo del bene o dalla sua distruzione o dalla
mancata realizzazione del lucro nella rivendita del bene stesso), con esclusione, quindi, del pregiudizio
(quale la distruzione o il deterioramento di cose diverse da quella acquistata, il danno alla salute del
compratore e simili) arrecato ad interessi del compratore nati e svolgentisi al di fuori del contratto ed aventi,
perciò, la consistenza di diritti assoluti» e Cass. Civ., 28 luglio 1986, n. 4833, in Mass. foro it., 858: «Il
principio del concorso della responsabilità contrattuale ed extracontrattuale in relazione a un evento
dannoso che, unico nella sua genesi soggettiva e risalente allo stesso comportamento del suo autore, leda,
oltre ai diritti acquisiti dalla parte in base al contratto, anche i diritti assoluti della medesima, è operante
pure in tema di responsabilità per i vizi della cosa venduta, giacché il 2° comma dell'art. 1494 c. c. non
riguarda qualsiasi danno giuridicamente rilevante causato dai vizi della cosa, ma si riferisce alla sola lesione
degli interessi connessi con il vincolo negoziale e con esclusione, quindi, del pregiudizio arrecato agli
interessi del compratore che, essendo sorti al di fuori del contratto, hanno la consistenza di diritti assoluti»;
tra le pronunce recenti: Cass. Civ. 11 febbraio .2014, n. 3021, cit.; Trib. Novara, 22 settembre 2011, cit.
Un'ipotesi ulteriore riguarda la responsabilità dell'albergatore per danni cagionati agli ospiti struttura, v.
recenti: Trib. Roma, 1° luglio 2011, in Pluris Utet Cedam, 2011, (il caso riguardava la responsabilità
dell'albergatore per danni ai villeggianti cagionati dall'omessa manutenzione della struttura sportive).
450
Tra le altre: Cass. Civ., 9 gennaio 1979, n. 119, cit.; Cass. Civ. 22 settembre 1983, n. 5638, cit.; Cass.
Civ. SS.UU., 14 maggio1987, n. 4441, cit., Cass. Civ., Sez. lavoro, 5 ottobre1994, n. 8090, cit.; App. Napoli,
2 settembre .2009, cit.
451
G. VISINTINI, La lesione del credito da parte di terzi e il concorso di azioni, cit., 728.
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99
spinge i Giudici ad applicare i concorso452. Questa posizione è connessa ad un'idea di base,
secondo la quale l'istituto in esame non può superare le incoerenti ed arbitrarie differenze
tra i due regimi di responsabilità, ma può solamente attenuarle453.
Sempre nell'ambito di questo indirizzo, è stato proposta una razionalizzazione
della giurisprudenza in materia di concorso. Nello specifico, è stato ipotizzato il
riconoscimento della responsabilità aquiliana nelle fattispecie ricondotte normativamente
in ambito contrattuale, con la conseguente applicazione dei termini di prescrizione
previsti in materia aquiliana454.
Questa soluzione, però, avrebbe come conseguenza l'abbandono forzato della
teoria degli obblighi di protezione ormai radicata all'interno del nostro ordinamento.
II.8. Cenni sui profili processuali del concorso di responsabilità
contrattuale ed aquiliana.
Per completare l'analisi generale in materia di concorso di responsabilità
contrattuale ed extracontrattuale è necessario analizzare alcuni aspetti, che attengono
all'ambito prettamente processuale.
Bisogna, anzitutto, premettere che l'oggetto del processo è rappresentato dal
diritto materiale dedotto in giudizio455. Per ciò che concerne l'individuazione del diritto
sostanziale, la migliore dottrina ha superato il criterio tradizionale, soggetti, petitum e
452
F. GIARDINA, Responsabilità contrattuale e responsabilità extracontrattuale, cit., 162 ss. e F. GIARDINA,
La distinzione tra responsabilità contrattuale ed extracontrattuale, cit., 92: «A ben vedere, la diversità dei
termini di prescrizione costituisce la ragione che meglio spiega la « contrattualizzazione » di vaste aree di
responsabilità, nonché la creazione della regola giurisprudenziale del concorso di responsabilità, che
consente al danneggiato di scegliere tra i due regimi il più favorevole oppure, quando una delle due azioni
sia preclusa, di ricorrere all’altra».
453
F. GIARDINA, Responsabilità contrattuale e responsabilità extracontrattuale, cit., 162: «L'ammissibilità
o meno del concorso o cumulo di azioni risarcitorie può evitare le conseguenze inique dell'arbitraria
diversità di regime, ma non può sanare, quando esiste, l'incoerenza delle soluzioni normative; soprattutto
non può offrire rigore a distinzioni (come quella in tema di prescrizione) che ne risultano del tutto prive».
454
G. VISINTINI, La lesione del credito da parte di terzi e il concorso di azioni, cit., 728: «Come si può
notare, la casistica principale qui riportata, riguarda l’area dei contratti in cui la persona fisica di uno dei
contraenti è particolarmente coinvolta nell’esecuzione del contratto (trasporto, lavoro, cura e albergo) e,
quindi, si conferma che la regola del cumulo ha una portata solamente settoriale. Tale giurisprudenza, inoltre,
potrebbe essere razionalizzata nel senso del riconoscimento della natura aquiliana della responsabilità in
gioco nonostante la previ sione della fattispecie nella sede della disciplina specifica dei contratti e con la
conseguente applicazione del regime sulla prescrizione concernente la responsabilità extracontrattuale, e
non di quello dettato specificamente per le azioni contrattuali, le azioni cioè volte a porre rimedio agli
squilibri contrattuali e a risarcire il danno tipicamente contrattuale».
455
C. CONSOLO, voce Domanda giudiziale, in Dig. disc. priv., sez. civ., VII, Torino, 1991, 71.
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causa petendi, ma ha optato per un'identificazione diretta del diritto affermato456.
Nell'ipotesi dei diritti eterodeterminati
457
l'individuazione della situazione
giuridica sostanziale avviene attraverso l'enucleazione del fatto storico costitutivo458. Il
diritto viene considerato l'effetto giuridico del fatto generatore459, quindi è lo «strumento
di assicurazione del bene della vita ricercato»460.
L'attore attraverso la proposizione della domanda deduce il fatto costitutivo del
diritto, che può essere inquadrato all'interno di una molteplicità di fattispecie normative.
Il problema che si pone è quello di verificare se, pur in presenza di una molteplicità di
fattispecie normative, sia individuabile un unico fatto generatore e di conseguenza un
unico diritto, ovvero «(...) se la presenza di più fattispecie non escluda che unico sia il
bene della vita cui possono aspirare le parti»461.
Ciò dipende dal modo in cui le norme si rapportano tra loro e ci verifica in tre casi:
relazione di esclusione, relazione di specialità e sussidiarietà e relazione di
assorbimento462. Il concorso di responsabilità contrattuale ed aquiliana è riconducibile al
secondo caso indicato. La moderna dottrina processuale ha, però, distinto a seconda che
gli obblighi contrattuali violati formino o meno oggetto di norme speciali, disciplinanti la
responsabilità contrattuale. Nel primo caso (es. responsabilità del vettore ex art. 1681 cod.
456
C. CONSOLO, voce Domanda giudiziale, cit., 71:«Nella tradizione sistematica, (…) l'azione, e quindi ora
meglio diremmo il diritto sostanziale fatto valere, si identifica in riferimento ai noti «tria»: soggetti, causa
petendi e petitum; quest'ultimo a sua volta poi articolato in mediato- bene della vita oggetto di aspirazione
– o immediato – il proveddimento giudiziale richiesto. La più recente elaborazione ha di fatto superato una
simile ricostruzione, tuttora utile sul piano scolastico o nella prassi curiale, e si incentra piuttosto per via
diretta sulla individuazione del diritto sostantivo, secondo le linee appresso richiamate».
457
Un diritto è autodeterminato, quando la sua individuazione non può prescindere dalla specificazione dei
fatti costitutivi. Si tratta, infatti, di diritti che possono ripetersi in un numero indefinito di casi, come il
diritto al pagamento di una somma di denaro. L’attore potrà far valere questo diritto ad esempio in virtù di
un contratto di mutuo o come corrispettivo di un contratto di locazione. In queste ipotesi, quindi, la
modificazione del fatto costitutivo determina la deduzione in giudizio di un diritto diverso. Si parla, invece,
di diritti autodeterminati nell’ipotesi opposta, e cioè quando per la loro identificazione è sufficiente
l’indicazione del petitum, come ad esempio avviene per il diritto di proprietà. In presenza di tali diritti il
variare dei fatti costitutivi non incide sull’identità dei diritti stessi (G. BALENA, Istituzioni di diritto
processuale civile, I, I principi, Torino, 2014, 82 ss.).
458
C. CONSOLO, voce Domanda giudiziale, cit., 73.
459
C. CONSOLO, voce Domanda giudiziale, cit., 73.
460
C. GAMBA, Domande senza risposta. Studi sulla modificazione della domanda nel processo civile,
Padova, 2008, 19.
461
C. CONSOLO, voce Domanda giudiziale, cit., 74.
462
S. MENCHINI, I limiti oggettivi del giudicato, Milano, 1987, 248 ss.; il tema viene successivamente
ripreso da S. MENCHINI, Il giudicato civile, II ed., con la collaborazione di C. CARIGLIA, in A. PROTO PISANI
(diretta da), Giur. sist. dir. civ. comm. dir. proc. civ., Torino, 2002, 129; lo riprende poi C. CONSOLO, voce
Domanda giudiziale, cit., 75.
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101
civ.) sussiste un rapporto di specialità tra le norme contrattuali e l'art. 2043 cod. civ. e ciò
escluderebbe la sussistenza di più pretese risarcitorie463.
Nell'ipotesi opposta si tratta esclusivamente della relazione tra l'art. 1218 cod. civ.
e l'art. 2043 cod. civ. L'art. 2043 cod. civ. detta una disciplina sussidiaria e subordinata
rispetto a quella che regola i rapporti contrattuali. Si applica, quindi, in tutti i casi in cui
l'interesse del soggetto danneggiato non sia diversamente tutelato464.
In entrambe le fattispecie individuate non sussiste il concorso di responsabilità
contrattuale ed extracontrattuale, perché si andrebbe ad applicare solamente la disciplina
contrattuale (l'art 1218 cod. civ. o le disposizioni di legge speciale). Detto ciò: «(...) una
soltanto è la fattispecie applicabile all'accadimento storico, il quale sia idoneo a
soddisfare contemporaneamente gli estremi della responsabilità aquiliana e di quella ex
contractu, ed unico è, di conseguenza, il diritto al risarcimento che sorge, ossia quello
contrattuale»465.
L'esistenza di un unico diritto comporta l'esistenza di una sola azione a favore del
danneggiato. Ciò determina la possibilità sia per le parti, sia per il Giudice, di passare da
una all'altra figura in corso di causa466.
Passiamo ad analizzare la posizione della giurisprudenza in merito alla
qualificazione dei fatti e alla sua eventuale modificazione nel corso del procedimento.
Nell’ambito del concorso di responsabilità contrattuale ed aquiliana, la Corte di
Cassazione ha affermato che il debitore risponde a duplice titolo, contrattuale ed
extracontrattuale. Si verifica, inoltre, l'identità degli elementi di fatto oggettivi (condotta
antigiuridica e danno) e soggettivi (dolo o colpa), che hanno determinato le due
responsabilità. Da queste considerazioni deriva che la pretesa risarcitoria, essendo fondata
sulla stessa causa petendi, è unica per entrambe le azioni La deduzione degli elementi
oggettivi e soggettivi è sufficiente ad indicare la causa petendi per far valere entrambe le
463
S. MENCHINI, I limiti oggettivi del giudicato, cit., 256 ss.
S. MENCHINI, I limiti oggettivi del giudicato, cit., 257 ss.
465
S. MENCHINI, I limiti oggettivi del giudicato, cit., 256 ss.
466
C. CONSOLO, voce Domanda giudiziale, cit., 76, S. MENCHINI, I limiti oggettivi del giudicato, cit., 263
ss., : «(...) all'unico diritto corrisponde anche una sola azione a favore del danneggiato per far valere la
pretesa risarcitoria; da ciò segue che non soltanto è possibile per le parti il mutamento del titolo di
responsabilità in corso di causa e per il giudice accogliere la domanda fondata, ad esempio, sull'illecito
contrattuale, facendo leva su quello aquiliano, ma soprattutto il giudicato formatosi sul diritto al
risarcimento esclude la riproponibilità dell'azione, anche se basata su una fattispecie diversa da quella
dedotta in precedenza». v. anche C. GAMBA, Domande senza risposta, cit., 22.
464
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102
azioni. In caso di impugnazione della sentenza che abbia rigettato la domanda di
risarcimento, è sufficiente la deduzione degli elementi di fatto e l'invocazione delle norme
codicistiche, che riguardano entrambe le responsabilità, «per evitare che il giudizio del
gravame resti limitato ad una sola delle due forme di responsabilità»467.
Merita particolare approfondimento un profilo ulteriore, connesso al concorso di
responsabilità contrattuale ed aquiliana, che riguarda la qualificazione giuridica della
domanda da parte del giudice.
Se una parte ha dedotto dei fatti, che possono determinare entrambe le forme di
responsabilità, e allo stesso tempo si sia riferita alle disposizioni in materia di
responsabilità aquiliana, il riferimento non impedisce al giudice di qualificare
diversamente la domanda senza incorrere nel vizio di ultrapetizione. L'unica condizione
è che i fatti rimangano inalterati e che non vengano in rilievo elementi disciplinari delle
due responsabilità, che non siano stati oggetto di contraddittorio468.
La giurisprudenza ha, inoltre, individuato delle regole peculiari inerenti la
qualificazione giuridica dell’azione di responsabilità proposta dal dipendente pubblico
nei confronti del proprio datore di lavoro. Secondo l’orientamento costante delle Sezioni
Unite469, è irrilevante la qualificazione formale in termini contrattuali o extracontrattuali,
467
Cass. Civ., sez. lav., 23 giugno 1994, n. 6064, in Foro it., 1995, I, 201 e Giur. it., 1995, I, 412; Cass. Civ.
5 ottobre 1994, n. 8090, in Mass. foro it. 1994, 764; Dir. prat. lav., 1995, 453; Cass. Civ. 19 settembre 2004,
n. 19560, in Danno resp., 2005, 213; Cass. Civ., 11 maggio 2007, n. 10830, in Giust. civ. mass., 2007, 4602.
468
Cass. Civ., 8 febbraio 2007, n. 2746, in Giust. civ. mass., 2007, 2, e in CED Cass., 2007, n. 596386;
Cass. Civ., 31 marzo 2007, n. 8067, in Foro it., 2007, I, 3468; Cass. Civ., 11 maggio 2007, n. 10830, cit.;
Cass. Civ., 18 luglio 2008, n. 19938, in CED Cass., 2008, n. 604563; Cass. Civ., 11 giugno 2012, n. 9437,
in Resp. civ. on line, 2012; Trib. Salerno, 24 settembre 2009, in Pluris Utet Cedam, 2009; App. Firenze, 12
febbraio 2013, in Danno resp., 2013, 444; Trib. Salerno, 23 gennaio 2013, Pluris Utet Cedam, 2013; Trib.
Salerno, 21 febbraio 2014, Pluris Utet Cedam, 2014.
469
V. tra le altre: Cass. Civ., SS. UU., 14 dicembre 1999, n. 900, in Danno resp., 2000, 436: «(…) stante la
autonoma e prioritaria tutela del diritto assoluto alla vita ed all'integrità fisica, si deve ritenere proposta
l'azione di responsabilità extracontrattuale tutte le volte che non emerga una precisa scelta del danneggiato
in favore di quella contrattuale; quindi, ad esempio, quando il danneggiato invochi la responsabilità
aquilana, oppure chieda, genericamente, il risarcimento del danno alla propria integrità fisica, il che implica
la mancata deduzione di una specifica obbligazione contrattuale.Correlativamente, si può ritenere proposta
l'azione di responsabilità contrattuale, sol quando la domanda di risarcimento danni sia espressamente
fondata sull'inosservanza, da parte del datore di lavoro, di una precisa obbligazione contrattuale. (…)
Peraltro, la semplice prospettazione dell'inosservanza del precetto dettato dall'art. 2087 Cod. civ. o delle
altre disposizioni legislative strumentali alla protezione delle condizioni di lavoro del dipendente, non
depone in modo univoco per la proposizione dell'azione contrattuale, in quanto tale prospettazione, di per
sè sola considerata, è intrinsecamente neutra, potendo essere stata effettuata in funzione esclusiva della
dimostrazione della sussistenza dell'elemento soggettivo del reato di lesioni colpose e della configurabilità
del fatto come illecito extracontrattuale (…)»; Cass. Civ., SS. UU., 12 marzo 2001, n. 99, in Danno resp.,
2001, 380, con nota di M. BONA, Malattia professionale del pubblico dipendente e successivo decesso:
giurisdizione e competenza nelle azioni risarcitorie promosse iure proprio e iure successionis; Cass. Civ.,
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fornita dal danneggiato anche attraverso il riferimento alle disposizioni legislative (art.
2087 o art. 2043 cod. civ.). Il Giudice deve effettuare un’indagine specifica sull’elemento
materiale dell’illecito, che il lavoratore danneggiato ha posto alla base della domanda
risarcitoria. Nello specifico, il giudice deve verificare se la condotta denunciata dal
lavoratore consista nella violazione del dovere generico di neminem laedere, oppure nella
violazione degli obblighi specifici inerenti il rapporto di lavoro. Nel primo caso la
responsabilità del datore di lavoro avrà natura extracontrattuale; nel secondo caso, si
tratterà, invece, di responsabilità contrattuale. Il Giudice potrà qualificare come
extracontrattuale l’azione di responsabilità proposta dal lavoratore, solo nel caso in cui
l’indagine suddetta non conduca ad una sua precisa identificazione.
SS. UU., ord., 5 agosto 2002, n. 11756, in Arch. civ., 2003, 673; Cass. Civ., SS.UU., 8 luglio 2008, n. 18623;
in CED Cass., n. 606184; Cass. Civ., SS.UU., 27 gennaio 2011, n. 1875, in CED Cass., 2011, n. 616206;
Cass. Civ., SS. UU., 29 luglio 2011, n. 16630; Cass. Civ., SS. UU., 19 novembre 2012, n. 20224; Cass. Civ.,
SS.UU., 27 febbraio 2013, n. 4850, CED Cass., 2013, n. 625163; Cass. Civ., SS. UU., 17 maggio 2013, n.
12103, in CED Cass., 2013, n. 626193; Cass. Civ., SS. UU., ord., 5 maggio 2014, n. 9573; sulla stessa linea
delle Sezioni Unite v. tra le altre: Cass. Civ., 17 aprile 2013, n. 9240, in CED Cass., 2013, n. 626040; Cass.
Civ., 18 luglio 2013, n. 17579, in Pluris Utet Cedam, 2013; Trib. Milano, 9 gennaio 2010, in Pluris Utet
Cedam, 2010; Trib. Perugia, sez. lavoro, 14 luglio 2010, in Pluris Utet Cedam, 2010.
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CAPITOLO III
IL CONCORSO DI RESPONSABILITÀ CONTRATTUALE ED
EXTRACONTRATTUALE NEL TRASPORTO
PARTE I: L’OBBLIGO DI PROTEZIONE DEL PASSEGGERO E LE
CONSEGUENZE DELLA SUA VIOLAZIONE.
III.1. Premesse. Il contratto di trasporto e le sue species: il
trasporto di persone.
Il contratto di trasporto si caratterizza per la prestazione del vettore, avente ad
oggetto il trasferimento di persone o cose da un luogo ad un altro. Questa contratto
presenta carattere unitario, perché comprende qualunque tipo di trasferimento a
prescindere dall’oggetto, che può essere una persona o una cosa, e dal tipo di veicolo
impiegato dal vettore 470 . Seguendo una tendenza già esistente nella precedente
codificazione, il legislatore ha ridotto ad unità le varie forme di trasporto, nel senso che
non integrano delle figure contrattuali autonome, ma sono species di un unico genus
contrattuale471.
Il legislatore ha realizzato l’obiettivo di creare un unico tipo contrattuale
attraverso tre diversi strumenti definiti «unificanti» 472. Innanzitutto l’articolo 1678 cod.
civ. fornisce una definizione scarna ed essenziale di contratto di trasporto («Con il
contratto di trasporto il vettore si obbliga, verso corrispettivo, a trasferire persone o cose
da un luogo ad un altro»), che si adatta a qualsiasi forma di trasporto con qualunque mezzo
470
G. ROMANELLI, Il trasporto aereo di persone. Nozione e disciplina, Ristampa, Milano, 1966, 10.
G. ROMANELLI, Il trasporto aereo di persone, cit., 9 ss.; sulla stessa linea: A. FIORENTINO, I contratti
navali, Napoli, 1959, 35. Più recentemente: S. BUSTI, Il contratto di trasporto di persone, in V.
FRANCESCHELLI , F. MORANDI, Manuale di diritto del turismo, IV ed., coordinato da G. TASSONI, Torino,
2010, 171; M. M. COMENALE PINTO, Il trasporto marittimo di passeggeri: disciplina attuale e prospettive,
in U. LA TORRE, G. MOSCHELLA, F. PELLEGRINO, M. RIZZO, G. VERMIGLIO (a cura di), Studi in memoria di
Elio Fanara, II, Milano, 2008, 63; U. LA TORRE, La definizione di contratto di trasporto, Napoli, 2000,
154; S. POLLASTRELLI, Il contratto di trasporto marittimo di persone, Milano, 2008, 145; S. ZUNARELLI,
A. ROMAGNOLI, Contratto di trasporto marittimo di persone, in A. CICU, F. MESSINEO, L. MENGONI (già
diretto da), P. SCHLESINGER (continuato da), Tratt. dir. civ. comm., Milano, 2012, 5; in disaccordo con la
teoria maggioritaria: D. GAETA, Del trasporto in generale, in Dir. trasp., 1993, I, 7.
472
U. LA TORRE, La definizione di contratto di trasporto, Napoli, 2000, 155.
471
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105
venga eseguita 473. Il secondo strumento utilizzato dal legislatore è rappresentato dalla
normativa in materia di trasporto pubblico di linea, contenuta nell’articolo 1679 cod.
civ.474, che è volta a tutelare gli interessi degli utenti e ad attenuare i privilegi del vettore
monopolista. Si tratta di una disposizione di portata generale e non limitata al settore del
trasporto terrestre in cui è contenuta. Il legislatore, infatti, di fronte all’emergere del
trasporto come fenomeno di massa ha dettato alcune regole a tutela del passeggero, che è
la parte debole del rapporto contrattuale. Ultimo mezzo di unificazione è la norma di
raccordo, contenuta nell’articolo 1680 cod. civ., secondo il quale: «Le disposizioni di
questo capo si applicano anche ai trasporti per via d’acqua o per via d’aria e a quelli
ferroviari e postali, in quanto non siano derogate dal codice della navigazione e dalle leggi
speciali»475. Attraverso l’articolo 1680 cod. civ. la normativa del codice civile può essere
considerata il diritto comune del contratto di trasporto, ma nel rispetto della disciplina
speciale prevista per le singole species. In questo modo si costruisce uno «stabile
collegamento fra il “centro” (il trasporto) e la “rete periferica” (i trasporti)»476.
La dottrina si è a lungo interrogata sul rapporto tra l’art. 1680 cod. civ. e l’art. 1
cod. nav.: «In materia di navigazione, marittima, interna ed aerea si applicano il presente
codice, le leggi i regolamenti e gli usi ad essa relativi. Ove manchino disposizioni del
diritto della navigazione e non ve ne siano applicabili per analogia, si applica il diritto
civile». Secondo un primo indirizzo interpretativo il rinvio al codice della navigazione,
473
U. LA TORRE, La definizione di contratto di trasporto, cit. 155 ss. L’Autore specifica che le discipline
del trasporto aereo e di quello marittimo contenute nel codice della navigazione non contengono la
definizione del contratto di trasporto. Si ritiene, quindi, valida la definizione generale adottata dall’articolo
1678 cod. civ. Su questo punto v. anche S. ZUNARELLI, M. M. COMENALE PINTO, Manuale di diritto della
navigazione e dei trasporti, I, II ed., Padova, 2013, 286.
474
Articolo 1679 cod. civ.: «Coloro che per concessione amministrativa (2597) esercitano servizi di linea
per il trasporto di persone o di cose sono obbligati ad accettare le richieste di trasporto che siano compatibili
con i mezzi ordinari dell'impresa, secondo le condizioni generali stabilite o autorizzate nell'atto di
concessione e rese note al pubblico (2951). I trasporti devono eseguirsi secondo l'ordine delle richieste; in
caso di più richieste simultanee, deve essere preferita quella di percorso maggiore. Se le condizioni generali
ammettono speciali concessioni, il vettore è obbligato ad applicarle a parità di condizioni a chiunque ne
faccia richiesta. Salve le speciali concessioni ammesse dalle condizioni generali, qualunque deroga alle
medesime è nulla (1421 e seguenti), e alla clausola difforme è sostituita la norma delle condizioni generali
(1339, 1419)».
475
U. LA TORRE, La definizione di contratto di trasporto, cit., 158. L’opinione dottrinale, che individua
nell’articolo 1680 cod. civ. uno degli strumenti «unificanti» utilizzati dal legislatore, si basa sull’idea per
cui la disposizione in esame è una norma di diritto della navigazione, con le conseguenze, che verranno
trattate in proseguo.
476
U. LA TORRE, La definizione di contratto di trasporto, cit. 158; sul punto già: G. ROMANELLI, I contratti
di utilizzazione della nave e dell’aeromobile, in L. TULLIO e M. DEIANA (a cura di), Il cinquantenario del
codice della navigazione (Cagliari 28-30 marzo 1992), Cagliari, 1993, 226 ss.
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106
che è contenuto nell’articolo 1680 cod. civ., si riferisce anche all’articolo 1 del codice
della navigazione e, di conseguenza, al sistema delle fonti previsto da questa disposizione.
Prima di applicare le norme di diritto comune, si dovrà verificare l’esistenza di norme di
diritto della navigazione, che siano applicabili in via analogica. In ogni caso le
disposizioni previste dal codice civile non dovranno contrastare né direttamente né
indirettamente con le norme di diritto della navigazione, che regolano il rapporto 477. In
conclusione l’articolo 1680 cod. civ. non integra la disciplina del trasporto marittimo ed
aereo, ma semplicemente delimita l’ambito di applicazione delle norme di diritto
comune478.
Altri, invece, qualificano l’articolo 1680 cod. civ. come una norma di diritto della
navigazione. Di conseguenza le disposizioni contenute nel codice civile si collocano al
primo posto nella gerarchia delle fonti, prevista dall’articolo 1 del codice della
navigazione. La disciplina di diritto comune prevale, secondo questo indirizzo, sulle fonti
consuetudinarie e regolamentari e sull’applicazione analogica prevista dall’articolo 1 cod.
nav.479.
Attualmente si assiste al recepimento nel diritto interno della navigazione di interi
complessi normativi di fonte internazionale. Ciò sottolinea il carattere di specialità del
diritto della navigazione, che viene sostenuto dal primo indirizzo dottrinale esaminato.
Alla luce delle tendenze attuali il ricorso al diritto comune del trasporto in caso di lacune
normative sarebbe insoddisfacente. Appare, infatti, preferibile far ricorso all’applicazione
analogica delle norme di diritto della navigazione, che fanno parte dello stesso substrato
477
G. ROMANELLI, Il trasporto aereo di persone, cit., 140 ss.
M. GRIGOLI, Il trasporto, in P. RESCIGNO (diretto da), in Tratt. dir. priv., XI, Obbligazioni e contratti,
Milano, 1984, 754; sulla stessa linea recente: S. POLLASTRELLI, Il contratto di trasporto marittimo di
persone, cit., 132: «Prima di procedere all’applicabilità delle norme del codice civile, si dovrà fare ricorso
(…) al principio dell’analogia “prioritaria”, e se ciò, nondimeno, la lacuna dovesse permanere dovrà farsi
ricorso alle norme del codice civile sul contratto di trasporto in generale (…) e sul trasporto di persone
(…)».
479
La dottrina a sostegno di questo indirizzo interpretativo può considerarsi maggioritaria, v. tra gli altri: F.
M. DOMINEDÒ, Principi del diritto della navigazione, I, Padova, 1957, 101; S. FERRARINI, I contratti di
utilizzazione della nave e dell’aeromobile, Roma, 1947, 71; D. FIORENTINO, I contratti navali, cit., 56;
nella dottrina tra gli altri: U. LA TORRE, La definizione di contratto di trasporto, cit. 161 ss., che ha
esaustivamente trattato gli argomenti a sostegno della tesi esposta; in particolare l’Autore afferma che: «(…)
unità (intesa come unità dei trasporti) sarebbe infranta se nel momento stesso in cui è costituita, dovesse
restare subordinata in modo così drastico all’autonomia del diritto della navigazione intesa nel senso della
più chiusa separatezza dall’ordinamento di cui pur fa parte (…); E. G. ROSAFIO, Il trasporto aereo di cose.
Riflessioni sul nuovo regime legale, Milano, 2007, 193 ss.; L. TULLIO, Contratto di noleggio, Milano. 2006,
380.
478
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giuridico in cui sono nate le norme di diritto uniforme, che sono entrate a far parte del
diritto interno480.
In ogni caso l’adesione all’uno o all’altro degli indirizzi interpretativi descritti non
fa venir meno la funzione dell’articolo 1680 cod. civ. La finalità legislativa è stata quella
di «assicurare alla complessa disciplina dei trasporti l’unità del sistema e (…) evitare
che ogni particolare ramo della disciplina dei trasporti formi un vaso chiuso, a sé
stante»481.
Da quanto si evince dalla definizione generale fornita dall’art. 1678 cod. civ., il
contratto di trasporto è un contratto a prestazioni corrispettive, in forza del quale una parte
si obbliga al versamento di una somma di denaro, mentre l’altra si impegna a trasferire
persone o cose da un luogo ad un altro. La prestazione di trasferimento eseguita dal
vettore caratterizza questa tipologia contrattuale. Non assume nessuna rilevanza l’entità
fisica ed economica dell’oggetto trasportato e nemmeno la lunghezza e la complessità del
trasferimento482. Inoltre, il luogo del trasferimento può coincidere con il luogo di partenza.
Il trasferimento, infatti, implica lo spostamento fisico e materiale da un luogo ad un altro,
ma non il ritorno allo stesso luogo483.
Il contratto di trasporto assume, però, aspetti peculiari a seconda che il
trasferimento abbia ad oggetto persone o cose, del mezzo di trasporto utilizzato da parte
del vettore e dell’ambiente in cui viene effettuato484. L’oggetto trasportato e il tipo di
veicolo utilizzato per il trasferimento determinano l’individuazione di specifici sottotipi
del contratto di trasporto, cui si è già accennato (es. trasporto marittimo, aereo,
ferroviario)485.
480
S. ZUNARELLI, C. ALVISI, Trasporto, in G. DE NOVA (a cura di), Comm. cod. civ. Scialoja- BrancaGalgano, Libro quarto: Obbligazioni, art. 1678 – 1702, Bologna, 2014, 76 ss.
481
A. ASQUINI, voce Trasporto (in genere), in Noviss. dig. it., XIX, Torino, 1973, 566.
482
M. RIGUZZI, Il contratto di trasporto, M. BESSONE (diretto da), Tratt. dir. priv., XIV, Torino, 2006, 3; sul
punto anche S. ZUNARELLI, C. ALVISI, Trasporto, cit., 2 ss. Gli Autori fanno proprie le considerazioni di G.
ROMANELLI, Il trasporto aereo di persone, cit., 6.
483
G. ROMANELLI, Il trasporto aereo di persone, cit., 5 ss. Sulla nozione di trasporto nella dottrina
d’oltralpe v. per riferimenti dottrinali e giurisprudenziali: C. PAULIN, Contrat de transport, in Jurisclasseur
Transport, fasc. 610, n. 5/2008 e anche P. LE TOURNEAU, Contrat de transport, in RCiv. Dalloz, avril 2007;
B. MERCADAL, Contrat de transport, Rec. V transport terrestres, in RCom. Dalloz, octobre 1995.
484
M. RIGUZZI, Il contratto di trasporto, cit., 7.
485
S. BUSTI, Il contratto di trasporto di persone, cit., 170- 171: «È poi il veicolo impiegato per la materiale
esecuzione di tale prestazione a caratterizzare il negozio in oggetto all'interno del tipo «contratto di
trasporto», e non l'elemento fisico-naturale in o su cui si viene a trovare la persona o cosa trasportata. In
altri termini, nella considerazione sociale è proprio il particolare veicolo impiegato a caratterizzare o
sottotipizzare il rapporto in questione nell'ambito del generale contratto di trasporto».
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Sotto il primo aspetto (oggetto del trasporto) si collocano il trasporto di persone e
il trasporto di cose. Nel trasporto di persone viene trasferita una persona fisica, cioè un
soggetto di diritti e non un oggetto inerte. Deve trattarsi di una persona fisica, che sia
dotata di capacità giuridica. Deve essere una persona vivente e non un cadavere (il cui
trasferimento rientra nel trasporto di cose) 486. Non è, però, necessario, che la persona
trasportata sia dotata della capacità d’agire, posta la possibilità di trasportare persone
totalmente incapaci come ad esempio i minori e gli interdetti487.
Nel trasporto di cose, la peculiarità dell’oggetto trasportato si riflette sulla
struttura soggettiva del contratto. Infatti, il contratto presenta una struttura trilaterale,
composta dai due contraenti, vettore e mittente, e da un terzo soggetto, che è il destinatario
della merce488. Secondo l’indirizzo prevalente, se il mittente è una persona differente dal
destinatario della merce e non è stato emesso un titolo rappresentativo della merce, il
trasporto di cose può configurarsi con un contratto a favore di terzo489.
Il contratto di trasporto conserva la stessa natura giuridica sia nel trasporto di
persone sia nel trasporto di cose. La causa del contratto è identica in entrambi i casi e
consiste nel trasferimento di una persona o di una cosa da un luogo ad un altro490. La
486
G. ROMANELLI, Il trasporto aereo di persone, cit., 41 ss.; riprendono questa nozione tra gli altri: S. BUSTI,
Il contratto di trasporto terrestre, in A. CICU, F. MESSINEO (già diretto da), L. MENGONI, (continuato da) P.
SCHLESINGER, Tratt. dir. civ.. comm. Milano, 2007, 168; F. MORANDI, S. VERNIZZI, Il trasporto e i contratti
affini, in V. FRANCESCHELLI. F. MORANDI, AA. VV., M. MALO, G. TASSONI (coordinato da), Manuale di
diritto del turismo, V ed. Torino, 2013, 236; S. ZUNARELLI, M. M. COMENALE PINTO, Manuale di diritto
della navigazione e dei trasporti, cit., 302. Sull’oggetto del trasporto v. anche A. FIORENTINO, Diritto della
navigazione , cit., 179 : «Non è, quindi, esatta l’affermazione che nel trasporto di cose manchi la cosa,
oggetto del trasporto, perché solo si può dire che oggetto del trasporto non è una cosa in senso giuridico,
ma un oggetto di esso esiste per sempre»; conclusioni identiche in F. M. DOMINEDÒ, Saggi di diritto della
navigazione, cit., 252.
487
G. ROMANELLI, Il trasporto aereo di persone, cit., 42.
488
Nel trasporto di cose, a differenza del trasporto di persone, avviene una «scissione», in seno alla figura
del creditore, tra mittente e destinatario; v. G. ROMANELLI, Il trasporto aereo di persone, cit., 52 ss.
489
A. ASQUINI, Del contratto di trasporto, in L. BOLAFFIO, A. ROCCO, C. VIVANTE (a cura di), Il codice di
commercio commentato, Torino, 1925, 128 ss.; S. BUSTI, Il contratto di trasporto terrestre, cit., 115 ss.; G.
CATURANI – A. SENSALE, Il trasporto, Napoli, 1960, 121 ss. A. LEFEBVRE D'OVIDIO - G. PESCATORE - L.
TULLIO, Manuale di diritto della navigazione, XIII ed., Milano, 2013, 504 ss.; G. ROMANELLI, Il trasporto
aereo di persone. Nozione e disciplina, cit., 52 ss.; E. G. ROSAFIO, Il trasporto aereo di cose. Riflessioni
sul nuovo regime legale, cit., 337 ss.; contra: G. SILINGARDI, Contratto di trasporto e diritti del destinatario,
Milano, 1980, 81 ss., secondo il quale il contratto di trasporto di cose sarebbe una delegazione di pagamento;
sul tema v. la ricostruzione di C. ALVISI, Il trasferimento dei diritti nel contratto di trasporto di cose,
Bologna, 2008, 5 ss. e in generale: L. V. MOSCARINI, Il contratto a favore di terzi, Artt. 1411 – 1413, in P.
SCHLESINGER (fondato da), F. D. BUSNELLI (diretto da), Cod. civ. comm., II ed., Milano, 2012, 49 ss.
490
A. FIORENTINO, Diritto della navigazione, Napoli, 1954, 179; v. anche F. M. DOMINEDÒ, Saggi di diritto
della navigazione, Padova, 1951, 252: «(…) questo divario non concerne ancora l’oggetto negoziale in
senso tecnico, dal momento che la prestazione resta, come tale, giuridicamente identica (opera materiale ed
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diversità dell’oggetto trasportato determina diverse conseguenze. Innanzitutto nel
trasporto di cose il rapporto tra il vettore e il bene che viene trasportato è un rapporto di
detenzione, che si instaura tra un soggetto e un oggetto di diritto. Viceversa nell’ambito
del trasporto di persone, il rapporto tra il vettore e il passeggero è un rapporto giuridico
tra due soggetti di diritto491.
Inoltre, nel trasporto di persone, al contrario di quanto avviene nel trasporto di
cose, il creditore verifica la correttezza della prestazione contestualmente alla sua
esecuzione. In virtù di questa situazione il passeggero deve cooperare con il vettore
nell’esecuzione del trasferimento e non solo nel momento iniziale e finale, come avviene
nel trasporto di cose con la consegna e riconsegna delle merci492.
La distinzione tra le due specie di trasporto dal punto di vista dell’oggetto
trasportato si ripercuote anche sull’esecuzione della prestazione principale e sulle
prestazioni accessorie al trasferimento. Per quanto concerne il primo punto, nel trasporto
di cose i beni vengono consegnati dal mittente al vettore. L’esecuzione della consegna,
sebbene non sia prevista come inderogabile ed essenziale, costituisce il presupposto della
disciplina del trasporto di cose sia nel codice civile, sia nelle disposizioni del codice della
navigazione e nelle leggi speciali493. In questo modo il vettore acquista la detenzione dei
beni e al contempo assume l’obbligo di custodia. La consegna dei beni è un elemento
distintivo fondamentale tra i due sottotipi, che non è concepibile nel trasporto di persone
e che si ripercuote sul regime di responsabilità in capo al vettore494. A questo proposito
indivisibile del trasporto), quale che sia il diverso corpo cui si riferisca (trasporto di cose o di persone) (…)»
e M. STOLFI, Appalto- trasporto, in GIUSEPPE GRASSO e FRANCESCO SANTORO-PASSARELLI (diretto da),
Tratt. dir. civ., II ed., Milano, 1966, 82.
491
A. ASQUINI, Il contratto di trasporto terrestre di persone: parte generale, Padova, 1915, 118.
492
A. ASQUINI, Il contratto di trasporto terrestre di persone: parte generale, cit., 120: «Mentre nel contratto
di trasporto di cose la prestazione del trasporto viene ricevuta e controllata dal creditore del trasporto, al
luogo d’arrivo delle cose e al momento della riconsegna, nel contratto di trasporto di persone la prestazione
di trasporto viene ricevuta e controllata dal creditore del trasporto in modo continuativo e
contemporaneamente alla sua produzione. Onde due importanti corollari: 1) Nel trasporto di persone la
cooperazione del creditore del trasporto nell’adempimento della prestazione del trasporto è necessaria, in
modo uniforme e continuato, durante tutta l’esecuzione del trasporto (presenza nella vettura) e non solo al
momento iniziale e terminale del trasporto (consegna e riconsegna delle merci) come nel contratto di
trasporto di cose. 2) Nel trasporto di persone spariscono le due posizioni del creditore del trasporto come
mittente e come destinatario della merce, caratteristiche del contratto di trasporto di cose».
493
G. ROMANELLI, Il trasporto aereo di persone, cit., 44. L’Autore specifica come la consegna delle cose
possa in alcuni casi mancare nell’esecuzione del contratto. Ciò avviene ad esempio nel trasporto di cosa
custodita da creditore del trasporto o da un suo preposto (v. in particolare note n. 14 e 15).
494
G. ROMANELLI, Il trasporto aereo di persone, cit., 44.
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un’autorevole dottrina ha affermato che: «il viaggiatore è presente durante il viaggio con
la sua intelligenza e con la sua volontà e resta sempre consegnato anzitutto a sé stesso»495.
Il tratto distintivo della consegna delle merci si riflette sul momento di decorrenza
della responsabilità in capo al vettore. Nel trasporto di cose il momento della consegna
coincide con l’assunzione della responsabilità; nel trasporto di persone è, invece, il
passeggero che deve presentarsi all’imbarco e la responsabilità del vettore si esplica
dall’inizio delle operazioni di imbarco fino allo sbarco del viaggiatore496.
Uguali considerazioni possono essere compiute per quanto riguarda le prestazioni
accessorie del trasporto di persone, come ad esempio il vitto, l’assistenza sanitaria,
l’utilizzo dei locali comuni, che non sono concepibili e non trovano nessun equivalente
nel trasporto di cose497.
III.2. L’obbligo di protezione del passeggero.
III.2.1. L’obbligo di protezione e la buona fede contrattuale.
Alla base degli obblighi di protezione vi è il concetto di buona fede. La buona
fede indica «un atteggiamento di cooperazione, rivolto ad adempiere in modo positivo
l’aspettativa dell’altra parte»498. Si tratta di un contegno generale che ciascun contraente
deve osservare nei confronti dell’altro499.
I riferimenti normativi alla buona fede sono contenuti nell’art. 1175 cod. civ. per
la disciplina generale delle obbligazioni500, e negli articoli 1337, 1358, 1366 e 1375 cod.
civ. per quanto concerne le obbligazioni contrattuali501. La buona fede riguarda tutte le
fasi in cui si articola la vicenda contrattuale: le trattative, la pendenza della condizione,
495
A. ASQUINI, voce Trasporto di persone (contratto di), in Noviss. dig. it., XIX, Torino, 1973, 613.
S. ZUNARELLI, M. M. COMENALE PINTO, Manuale di diritto della navigazione e dei trasporti, cit., 303.
497
G. ROMANELLI, Il trasporto aereo di persone, cit., 43.
498
E. BETTI, Teoria generale delle obbligazioni, I, Milano, 1953, 93. Per una panoramica dottrinale sugli
obblighi di protezione vedi L. LAMBO, Obblighi di protezione, Padova, 2007, 63 ss.
499
E. BETTI, Teoria generale delle obbligazioni, I, cit., 92.
500
Art. 1175: «Il debitore e il creditore devono comportarsi secondo le regole della correttezza». I concetti
di buona fede oggettiva e di correttezza possono essere considerati dei sinonimi v. sul punto tra gli altri: C.
M. BIANCA, Diritto civile, IV, L'obbligazione, cit., 86, nota n. 28; contra E. BETTI, Teoria generale delle
obbligazioni, I, cit., 68: «La differenza fra l’uno e l’altro criterio consiste soprattutto in ciò: la correttezza
impone normalmente solo doveri di carattere negativo; la buona fede impone degli obblighi di carattere
negativo. (…) è da tener presente (…) che il criterio della correttezza non si identifica con quel criterio
della buona fede (…)».
501
Art. 1375 cod. civ.: «Il contratto deve essere eseguito secondo buona fede».
496
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111
l’interpretazione e l’esecuzione del contratto502. Si concretizza in sede di esecuzione del
contratto come affidamento, fedeltà, impegno, capacità di sacrificio, prontezza nel
soccorso della controparte. In sede di formazione del contratto la buona fede implica,
invece, l’impegno a comportarsi secondo lealtà e veridicità verso la controparte503.
Si tratta della buona fede oggettiva504, che è espressione del principio solidaristico,
sancito a livello costituzionale
505
e inteso come superamento degli interessi
individualistici all’interno del contratto506. La buona fede ha, quindi, una connotazione
peculiare, che la pone come uno strumento di salvaguardia del contratto e dell’interesse
della controparte507. In ossequio al principio di buona fede il debitore dovrà fare tutto il
necessario per assicurare alla controparte l'utilità della prestazione508. Allo stesso tempo
la buona fede vieta al creditore di abusare del proprio diritto e gli impone di attivarsi
nell’interesse del debitore, per evitare o limitare le conseguenze derivanti
dall’inadempimento della prestazione509.
Dato il suo ruolo, la buona fede oggettiva opera come fonte di integrazione del
contratto, imponendo alle parti obblighi accessori, che sono volti al perseguimento delle
finalità sopra indicate. La buona fede svolge, dunque, la funzione di integrare gli obblighi
contrattuali 510 , ricoprendo una parte attiva nella determinazione del regolamento
contrattuale511. Gli obblighi integrativi possono essere distinti a seconda della minore o
502
C. M. BIANCA, Diritto civile, IV, L'obbligazione, Milano, 1994, 87.
E. BETTI, Teoria generale delle obbligazioni, I, cit., 92.
504
La buona fede oggettiva non deve essere confusa con la buona fede soggettiva, che è l’ignoranza di
ledere l’altrui diritto (v. sul punto C. M. BIANCA, Diritto civile, IV, L'obbligazione, cit., 87, nota n. 30).
505
C. M. BIANCA, Diritto civile, IV, L'obbligazione, cit., 86.
506
G. M. UDA, La buona fede nell’esecuzione del contratto, Torino, 2004, 46 ss.
507
G. M. UDA, La buona fede nell’esecuzione del contratto, cit., 67 ss.
508
E. BETTI, Teoria generale delle obbligazioni, I, cit., 94 ss; C. M. BIANCA, Diritto civile, IV,
L'obbligazione, cit., 87 ss.; sul punto G. M. UDA, La buona fede nell’esecuzione del contratto, cit., 84 ss.
509
C. M. BIANCA, Diritto civile, IV, L'obbligazione, cit., 87: «La buona fede incide sulla posizione del
creditore vietandogli di abusare del suo diritto e obbligandolo ad attivarsi nell’interesse del debitore al fine
di evitare o contenere gli imprevisti aggravi della prestazione o le conseguenze dell’inadempimento»;
contra la funzione integrativa della buona fede: U. NATOLI, L'attuazione del rapporto obbligatorio, I, Il
comportamento del creditore, Milano, 1974, 24 ss. e 35 ss., in particolare v. 27: «(…) le regole della
correttezza e della buona fede ex artt. 1175 e 1375 esplicano la loro rilevanza soltanto nella fase di
attuazione del rapporto obbligatorio, influendo sulle modalità concrete di essa e, più, specificatamente,
imponendo al giudice di valutare il comportamento delle parti non soltanto sulla base del mero criterio
formale offerto dalla regula iuris applicabile alla fattispecie, ma anche sotto l’angolo visuale della sua
congruità rispetto a certe esigenze, che le circostanze del caso possono rilevare».
510
E. BETTI, Teoria generale delle obbligazioni, I, cit., 94.
511
G. M. UDA, La buona fede nell’esecuzione del contratto, cit., 92 ss.
503
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112
maggiore vicinanza rispetto agli obblighi principali stabiliti nel contratto512. In posizione
maggiormente ravvicinata si collocano gli obblighi di custodia e di cura, che integrano in
maniera immediata e diretta gli obblighi principali 513 . Tra gli obblighi integrativi gli
obblighi di protezione sono, invece, quelli più distanti dall’obbligo principale. Si tratta di
obblighi volti a conservare in via generale l’interesse della controparte. Nello specifico
essi sono finalizzati a prevenire e allontanare i danni dalla sfera di interessi dell’altro
contraente. L’esistenza dell’obbligazione determina, infatti, la possibilità di pregiudicare
l’altrui sfera giuridica514.
Gli obblighi di protezione si affiancano all’obbligo principale di prestazione nella
determinazione del contenuto del contratto. Il rapporto obbligatorio presenta una struttura
complessa, che è formata dalle due tipologie di obblighi515. In questo modo viene superata
la concezione tradizionale di obbligazione, avente ad oggetto solamente la prestazione
dedotta in contratto516.
La violazione degli obblighi di protezione dà luogo alla responsabilità del debitore
per danni ex art. 1218 cod. civ. Il sistema della responsabilità per danni di cui alla
disposizione citata è costruito sul concetto di inadempimento. Presupposto per
l’applicazione dell’articolo 1218 cod. civ. è, infatti, la violazione dell’obbligazione in
qualunque forma e rispetto a qualunque obbligo di manifesti517.
A questo proposito è stato affermato che la funzione propria degli obblighi di
protezione è analoga a quella svolta dal principio generale di alterum non laedere. Gli
obblighi di protezione, infatti, estendono la tutela contrattuale alla sfera soggettiva della
parte nel suo complesso. Di conseguenza la violazione di un obbligo di protezione è un
512
E. BETTI, Teoria generale delle obbligazioni, I, cit., 99: «Secondo un terzo criterio della civilistica
tedesca (…) gli obblighi integrativi che derivano come corollari dal principio della buona fede vengono
differenziati secondo il criterio della maggiore o minore vicinanza in cui essi si trovano rispetto agli
obblighi principali cui si riferiscono. La contiguità può essere maggiore o minore».
513
E. BETTI, Teoria generale delle obbligazioni, I, cit., 99.
514
E. BETTI, Teoria generale delle obbligazioni, I, cit., 99: «(…) nella posizione più distanziata dall’obbligo
principale alla prestazione vi sono obblighi generali di conservazione dell’interesse della controparte, che
si chiamano con una espressione ormai tecnica obblighi di protezione (…) e sono rivolti a prevenire ed
allontanare danni dalla sfera di interessi della controparte; giacché per il solo fatto che esiste un rapporto di
obbligazione l’una parte viene a contatto con la sfera giuridica dell’altra e ha la possibilità di pregiudicarla».
515
C. CASTRONOVO, Obblighi di protezione, in Enc. giur. Treccani, XXI, Milano, 1991, 4.
516
G. VISINTINI, Inadempimento e mora del debitore, cit., 34.
517
L. MENGONI, Obbligazioni di mezzi e obbligazioni di risultato, in Riv. dir. comm., 1954, I, 374; ripreso
anche da C. CASTRONOVO, Problema e sistema nel danno da prodotti, Milano, 1979, 502 ss. Su questo
tema, in particolare sulla ripartizione dell’onere probatorio in caso di lesione degli obblighi di protezione,
v. recente: L. LAMBO, Responsabilità civile e obblighi di protezione, in Danno resp., 2008, 137 ss.
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illecito sottratto all’ambito di responsabilità aquiliana, che diventa perciò oggetto di tutela
contrattuale518.
L’inserimento della clausola generale di buona fede nel diritto delle obbligazioni
(art. 1175 cod. civ.) ha il compito di integrare il contenuto del contratto attraverso gli
obblighi di protezione. Il contratto non costituisce, dunque, l’occasione per il compimento
di illeciti commessi dai contraenti a danno gli uni degli altri519. Attraverso gli obblighi di
protezione viene assicurata la tutela contrattuale anche ad interessi non contrattuali
oppure non dedotti nel contratto, che proteggono la persona e i suoi beni520. In base a
queste ultime considerazioni la tutela offerta attraverso gli obblighi di protezione non può
estendersi fino a quei casi in cui esiste un nesso di mera occasionalità tra l’esecuzione del
contratto e il danno521.
Gli obblighi di protezione possono essere distinti in quattro categorie: obblighi
d’informazione accessori a prestazioni di natura diversa; obblighi di custodia e di
conservazione; obblighi di salvataggio e infine obblighi di sicurezza522. Alcuni di questi
sono previsti espressamente dalla legge e l’ipotesi tipica è l’art. 1681 cod. civ. in materia
di trasporto di persone523. In altri casi, invece, il riconoscimento degli obblighi integrativi
di buona fede avviene attraverso l’opera interpretativa dei giudici a partire dall’art. 1175
518
C. CASTRONOVO, Obblighi di protezione, cit., 4: «Se gli obblighi di protezione estendono la tutela
contrattuale alla sfera soggettiva delle parti nel suo complesso, la loro funzione è analoga a quella svolta
dallo stesso principio di alterum non laedere che presiede alla responsabilità aquiliana. Ne deriva che la
violazione degli obblighi di protezione è un illecito sottratto al regime di quest’ultima e ascritto all’ambito
della responsabilità contrattuale, proprio perché mediato dalla violazione di un obbligo. Che tale violazione
costituisca il pendant contrattuale dell’illecito extracontrattuale, è confermato da un’ulteriore lettura delle
norme che sono state poste ad ampliare lo spettro del rapporto obbligatorio».
519
G. VISINTINI, Inadempimento e mora del debitore, cit., 35: «(…) un comportamento che viola gli
obblighi integrativi di buona fede, anche se può presentare affinità con i fatti illeciti, va qualificato fonte di
responsabilità contrattuale perché l’inserzione nel nostro sistema del diritto generale delle obbligazioni
della clausola della buona fede non può avere altro significato che quello di una integrazione dell’autonomia
dei privati. Il rapporto contrattuale si arricchisce nella sua stessa struttura della presenza di questi obblighi
e non costituisce soltanto l’occasione per il compimento di illeciti in danno dell’uno o dell’altro contraente».
520
A. DI MAJO, Le tutele contrattuali, cit., 120 ss.
521
R. SCOGNAMIGLIO, voce Responsabilità contrattuale ed extracontrattuale, cit., 676.
522
F. BENATTI, Osservazioni in materia di «doveri di protezione», in Riv. trim. dir. proc. civ., 1960, II, 476.
523
G. VISINTINI, Inadempimento e mora del debitore, cit., 34. Altri casi previsti dalla legge sono ad esempio:
l’art. 2087 cod. civ., che statuisce l’obbligo di tutelare l’incolumità del dipendente da parte del datore di
lavoro; l’art. 1693 in materia di trasporto di cose, l’art. 1718, comma 1, cod. civ., in materia di mandato; v.
sul punto R. SCOGNAMIGLIO, voce Responsabilità contrattuale ed extracontrattuale, cit., 676: «Dal che si
può argomentare nel senso dell’estensione di obblighi siffatti di salvaguardia dei beni, e dunque, della
responsabilità contrattuale, a tutti i casi in cui la natura del contrato, e l’oggetto dell’obbligazione postulano
l’ingresso della persona nei locali o la sua inserzione in organizzazioni di attività, servizi ecc., predisposti
da chi deve effettuare o anche ricevere la prestazione; ovvero la sistemazione nei suoi locali, ed il relativo
affidamento a lui delle proprie cose».
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cod. civ. Nell’individuazione degli obblighi, i Giudici tengono conto di alcuni fattori
ancillari, quali la natura della prestazione principale, gli usi sociali, e possono fare altresì
ricorso ai criteri di analogia in riferimento alle disposizioni specifiche previste per i
contratti tipici524.
III.2.2. L’obbligo di tutelare l’incolumità del passeggero.
All’interno del nostro ordinamento giuridico, l’obbligo di protezione del
passeggero è stabilito dalla legge. La previsione normativa è contenuta negli articoli 1681
cod. civ. per il trasporto terrestre525, 409 cod. nav. in materia di trasporto marittimo526 e,
infine, nell’art. 942 cod. nav., per la navigazione aerea, nella formulazione antecedente
all’emanazione dei decreti legislativi n. 96/2005 e 151/2006
527
. La previsione legale
dell’obbligo di protezione del viaggiatore è stata spiegata alla luce del coinvolgimento
diretto della persona e della sua integrità fisica nell’esecuzione del contratto. La
particolare natura del bene, coinvolto nell’adempimento del contratto, giustifica
l’intervento della legge nella determinazione del regolamento contrattuale528.
524
G. VISINTINI, Inadempimento e mora del debitore, cit., 35: «Ne consegue (…) l’estensione della
disciplina della responsabilità contrattuale non solo a ipotesi di inadempimento a obblighi di correttezza
previsti esplicitamente da norme specifiche di legge, ma anche a quelle individuate dai giudici sulla base
della clausola generale dell’art. 1175, che trascende per la sua collocazione i rapporti contrattuali, ma che,
in relazione ad essi, funziona da fonte di integrazione del regolamento contrattuale, Il che avviene attraverso
un ampliamento delle obbligazioni ex lege ad opera dei giudici (…)».
525
Art. 1681 cod. civ.: «Salva la responsabilità per il ritardo e per l’inadempimento nell’esecuzione del
trasporto, il vettore risponde dei sinistri che colpiscono la persona del viaggiatore durante il viaggio e della
perdita e dell’avaria delle cose che il viaggiatore porta con sé, se non prova di aver adottato tutte le misure
idonee ad evitare il danno».
526
Art. 409 cod. nav.: «Il vettore è responsabile per i sinistri che colpiscono la persona del passeggero,
dipendenti da fatti verificatisi dall’inizio dell’imbarco fino al compimento dello sbarco, se non prova che
l’evento è derivato da causa a lui non imputabile».
527
Art. 942 cod. nav. formulazione originaria: «Il vettore risponde del danno per il ritardo e per
l'inadempimento nell'esecuzione del trasporto, nonché per i sinistri che colpiscono la persona del
passeggero, dall'inizio delle operazioni di imbarco al compimento di quelle di sbarco, a meno che provi che
egli e i suoi dipendenti e preposti hanno preso tutte le misure necessarie e possibili, secondo la normale
diligenza, per evitare il danno». A tale disposizione, nel testo vigente, corrisponde la formula di rinvio alle
disposizioni di diritto internazionale e comunitario in vigore nella Repubblica di cui all’art. 941 cod. nav.,
come modificato a seguito della riforma della parte aeronautica del codice della navigazione.
528
G. MASTRANDREA, L'obbligo di protezione nel trasporto aereo di persone, Padova, 1994, 10: «Il
possibile coinvolgimento diretto dell’integrità fisica della persona nell’esecuzione del contratto, e pertanto
la particolare rilevanza dell’interesse da tutelare (integrità della persona umana, giustificano la singolare
forza che assume il controllo legale sul contenuto del contratto di trasporto di persone. Un penetrante
controllo legale il quale fa sì che il fondamentale obbligo di protezione, di natura contrattuale a carico del
vettore di persone, goda di una esplicita e cogente previsione legale (si può richiamare soprattutto l’art.
1681 c. civ., ma anche l’art. 409 c. nav. è rilevante in merito».
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L’obbligo di protezione del viaggiatore viene inserito legalmente nel contenuto
del contratto, estendendo l’obbligazione dovuta dal vettore, e si configura come una vera
e propria prestazione contrattuale. L’obbligo di tutelare l’incolumità del passeggero
acquisisce in questo modo una tutela maggiore rispetto a quella di cui godono gli altri
obblighi di protezione. Il legislatore, infatti, non solo ha attribuito una tutela di natura
contrattuale, ma ha anche previsto una sanzione specifica nel caso in cui venga violato
l’obbligo suddetto529.
In capo al vettore sussistono così due differenti obblighi: un obbligo di prestazione,
che ha ad oggetto l’obbligazione principale di trasferimento del passeggero da un luogo
ad un altro, e un obbligo di protezione, che consiste nel tutelare il trasportato da danni e
da qualsiasi pregiudizio durante l’esecuzione del trasferimento530.
Alcuni sostengono l’equiparazione tra l’obbligo di protezione del passeggero e
l’obbligo di custodia, che incombe sul vettore nel trasporto di cose. Entrambi sarebbero
espressione dell’obbligo di vigilanza del vettore, che è una prestazione essenziale di
qualunque trasporto531. Il vettore deve adoperarsi affinché l’oggetto trasportato (persone
o cose) giunga incolume a destinazione. Se ciò non avvenisse, il trasporto diventerebbe
una fonte di danno e non soddisferebbe alcun interesse del creditore532.
Secondo questa teoria, l’obbligo di vigilanza assume caratteri diversi a seconda
che si tratti di trasporto di persone oppure di cose. Nel trasporto di persone e in quello di
cose non consegnate, l’obbligo in esame si presenta «allo stato puro». Al contrario, nel
trasporto di cose consegnate l’obbligo di vigilare si trova unito e assorbito
nell’obbligazione accessoria della custodia533. L’obbligo di vigilanza e quello di custodia
529
A. ZAMPONE, Il rischio dell’impossibilità nel contratto di passaggio, Napoli, 2008, 36 ss. L’Autore
mette in luce il fatto che alcuni obblighi di protezione, seppure siano previsti in disposizioni di legge
mancano di una sanzione specifica. A tal proposito l’Autore indica il danno alla salute del prestatore del
lavoro, inizialmente inquadrato in termini extracontrattuali in quanto lesione di un diritto assoluto, e
successivamente ricondotto in ambito contrattuale attraverso il riferimento all’art. 2087 cod. civ. (per
riferimenti giurisprudenziali v. note n. 62 e 63).
530
S. ZUNARELLI, A. ROMAGNOLI, Contratto di trasporto marittimo di persone, cit., 112.
531
G. ROMANELLI, Il trasporto aereo di persone, cit., 45. Sulla stessa linea A. Lefebvre D’Ovidio – G.
Pescatore – L. Tullio, Manuale di diritto della navigazione, cit., 452 ss.; prima: F. M. DOMINEDÒ, Saggi di
diritto della navigazione, cit., 252.
532
G. ROMANELLI, Il trasporto aereo di persone, cit., 46: «(…) è ben ovvio invero che al creditore del
trasporto interessa non solo il trasferimento dell’oggetto trasportato ma anche, e soprattutto (…) l’arrivo
del medesimo a destinazione in stato di assoluta integrità; chi trasporta deve trasferire incolume a
destinazione l’oggetto trasportato divenendo altrimenti il trasporto fonte di danno anziché di vantaggio per
il creditore del trasporto stesso. Si tratta perciò di un’obbligazione essenziale (…)».
533
G. ROMANELLI, Il trasporto aereo di persone, cit., 46. L’Autore specifica come l’obbligo di custodia del
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sono considerati unitariamente dalla legge e costituiscono così un’unica obbligazione, che
dà luogo a responsabilità ex recepto del vettore534.
Sebbene l’obbligo di protezione sia stato previsto espressamente dalla legge, la
dottrina continua a dibattere sulla natura autonoma oppure accessoria di quest’obbligo in
rapporto all’obbligo principale di trasferimento. Secondo il primo indirizzo citato535, la
violazione dell’obbligo di protezione determina la responsabilità del vettore a prescindere
dalle modalità di esecuzione del trasferimento 536 . L’autonomia non esclude, però, il
rapporto di connessione o strumentalità tra l’obbligo di protezione e l’obbligo di
trasferimento537. L’obbligo di tutelare l’incolumità del passeggero, infatti, concorre con
l'obbligo di trasferimento a realizzare lo scopo complessivo del rapporto obbligatorio538.
In particolare, l’obbligo di trasferimento si colloca in posizione di complementarietà
rispetto all'obbligo di protezione, rappresentando «il limite spazio - temporale del
coefficiente di doverosità» 539 . A sostegno dell’autonomia dell’obbligo di protezione
interviene anche la disposizione di cui all’art. 1681 cod. civ., comma 2, cod. civ., che
vettore supera i limiti della vera e propria custodia, come ad esempio avviene in caso di deposito. Il vettore,
infatti, deve fare viaggiare la merce e deve proteggerla da tutti i rischi del trasporto.
534
G. ROMANELLI, Il trasporto aereo di persone, cit., 47.
535
G. MASTRANDREA, L'obbligo di protezione nel trasporto aereo di persone, cit., 83: «Risulta in sintesi
ammissibile la configurazione inderogabile ex lege di un autonomo obbligo di protezione a carico del
vettore di persone di cui è da negare recisamente l’accessorietà» e analogamente G. MASTRANDREA, Il
trasporto marittimo di persone, in (coordinato da) A. ANTONINI, Trattato breve di diritto marittimo, II,
Contratti di utilizzazione della nave e dell’aeromobile, Milano, 2008, 67 ss.; v. sul punto l’analisi esaustiva
a favore dell’autonomia dell’obbligo di protezione di S. ZUNARELLI, A. ROMAGNOLI, Contratto di trasporto
marittimo di persone, cit., 106 ss.; recente: G. TAGLIARINI, M. CASANOVA, M. BRIGNARDELLO,
Responsabilità del vettore nel trasporto marittimo di persone, in Le sanzioni in materia di trasporto
marittimo, aereo, terrestre e codice della strada, Torino, 2012, 138.
536
G. VISINTINI, Inadempimento e mora del debitore, cit., 34; sull’argomento anche G. MASTRANDREA,
L'obbligo di protezione nel trasporto aereo di persone, cit., 83. D. GAETA, Recensione a G. MASTRANDREA,
L'obbligo di protezione nel trasporto aereo di persone, cit., in Dir. trasp., 1994, 763, critica fortemente le
argomentazioni svolte da Mastrandrea per spiegare l’autonomia dell’obbligo di protezione. Gaeta ritiene
che, in caso di previsione legislativa dell’obbligo di protezione suddetto (come nel caso in esame), la buona
fede non possa svolgere alcuna funzione integrativa degli obblighi contrattuali. L’autonomia dell’obbligo
di protezione non può, quindi, trovare alcun fondamento nella predetta clausola generale; per un’analisi
generale sulla tematica degli obblighi di protezione nel trasporto e in particolare su quest’aspetto v. L.
TULLIO, L’obbligazione di protezione nel trasporto marittimo ed aereo, in Dir. trasp.,2013, II, 389 ss.
537
G. VISINTINI, Inadempimento e mora del debitore, cit., 34. Connessione e strumentalità sono termini
analoghi come si deduce da G. MASTRANDREA, L'obbligo di protezione nel trasporto aereo di persone, cit.
62: «(...) si può in conclusione affermare l'esistenza di un nesso di mera connessione tra la protezione e la
prestazione tipica e tra gli obblighi ad esse relativi, nel senso che costituiscono strumenti per un
adempimento del rapporto inteso in senso complessivo».
538
G. RIGHETTI, Per un inquadramento sistematico della responsabilità del vettore, cit., 62.
539
A. ZAMPONE, Il contratto di trasporto marittimo di persone, in L. TULLIO, M. DEIANA, Codice dei
trasporti, Milano, 2011, 485.
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prevede la nullità delle clausole limitative di responsabilità del vettore per sinistri ai
passeggeri. Se non si ammettesse l’autonomia dell’obbligo di protezione, la disposizione
suddetta non avrebbe alcun significato concreto 540 . È possibile, inoltre, pervenire ad
identiche conclusioni considerando l’art. 415 cod. nav., che sancisce l’inderogabilità
dell’art. 409 cod. nav. in materia di infortuni del passeggero541.
La natura autonoma dell’obbligo di protezione è stata riconosciuta in sede
giurisprudenziale. A questo proposito è importante citare la nota sentenza del Tribunale
di Napoli del 19 novembre 1959. Questa pronuncia è stata la prima ad ammettere
espressamente l’esistenza dei due obblighi in capo al vettore: obblighi di prestazione e
obblighi di protezione. I primi comprendono l’obbligo di trasportare e gli obblighi
correlativi di alloggio e vitto; i secondi «si riferiscono essenzialmente alla prevenzione
dei danni che derivano dalla particolare incidenza che si verifica nella sfera giuridica
altrui in occasione della preparazione e dell’esecuzione del trasporto»542.
I sostenitori della natura accessoria seguono, invece, il pensiero formulato da
Alberto Asquini, anteriormente all’emanazione del codice civile del 1942 e dunque in
assenza di un’esplicita previsione legislativa dell’obbligo di protezione543. Alla base di
questa posizione vi è il principio generale per cui il debitore di un’obbligazione è tenuto
ad eseguire tutte le obbligazioni accessorie, che «(…) rappresentano il mezzo necessario
per il raggiungimento dello scopo economico dell’obbligazione principale» 544 . Le
argomentazioni a sostegno di tale assunto sono le seguenti. Innanzitutto il contratto di
trasporto è un contratto di locazione d’opera. In questa tipologia contrattuale il conduttore
deve compiere tutte le prestazioni necessarie, affinché l’opus abbia l’utilità voluta. Nel
trasporto di persone l’opus consiste in una modificazione del modo di essere della persona
540
C. CASTRONOVO, Obblighi di protezione e tutela del terzo, in Jus, 1976, 146; sulle stesse posizioni v.
anche C. VIGNALI, Il trasporto terrestre verso una responsabilità oggettiva, cit., 78; A. ZAMPONE, Il rischio
dell’impossibilità nel contratto di passaggio, cit., 40.
541
Art. 415 cod. nav.: «Non sono derogabili a favore del vettore gli articoli 409; da 412 a 414».
542
Trib. Napoli, 19 novembre 1959, con nota di M. CAPODANNO, In tema di responsabilità del vettore
marittimo di persone, in Riv. dir. nav., 1960, II, 230 ss.
543
A. ASQUINI, La responsabilità del vettore per infortunio del viaggiatore, nota a Cass. Roma, 14
novembre 1918, in Riv. dir. comm., 1919, II, 359. In quel particolare momento storico il problema della
responsabilità del vettore nasceva dalla mancanza di una disciplina specifica in materia di trasporto terrestre
di persone, a parte alcune norme in materia di trasporto ferroviario (questa problematica sarà oggetto di
approfondimento successivo). In particolare sul punto v. A. ASQUINI, La responsabilità del vettore per
infortunio del viaggiatore, cit., 351 ss.).
544
A. ASQUINI, La responsabilità del vettore per infortunio del viaggiatore, cit., 359.
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umana (il suo trasferimento) e perché questa modificazione sia utile è necessario che non
venga intaccata l’incolumità della persona545. Di conseguenza il vettore è obbligato ad
eseguire il trasporto in modo da fare arrivare incolume il viaggiatore al luogo di
destinazione546.
A ciò si è obiettato che l’incolumità non può costituire l’oggetto di
un’obbligazione, perché può solamente rappresentare il fine pratico della prestazione
dovuta. Se si identifica l’incolumità con l’oggetto dell’obbligazione, si confonde lo scopo
dell’obbligazione con l’oggetto e il fine con il mezzo predisposto per realizzarlo. Si
dovrebbe di conseguenza parlare, non di un obbligo di rendere incolume il viaggiatore,
ma di un obbligo di vigilanza, che è finalizzato a preservare l’incolumità del passeggero547.
Applicando la teoria dell’accessorietà, il vettore avrebbe l'obbligo di trasportare il
viaggiatore a destinazione senza alcun danno alla sua persona548. La previsione di una
responsabilità del vettore per danni ai passeggeri, distinta da quella per inesecuzione o
ritardo del trasferimento, non farebbe venir meno il contenuto unitario della prestazione549.
545
A. ASQUINI, La responsabilità del vettore per infortunio del viaggiatore, cit., 359 - 360: «Il conduttore
di opera in particolare è tenuto a tutte le obbligazioni accessorie, che rappresentano il mezzo indispensabile
per l’opus compiuto abbia l’utilità voluta. Così nei contratti di locazione d’opera , nei quali l’opus promesso
consiste in una modificazione di una cosa materiale, il conduttore di opera è obbligato alla conservazione
della cosa materiale (…). Ora, perché dovrebbe aversi una diversa situazione nei contratti di locazione
d’opera nei quali l’opus consiste in una modificazione attinente alla persona umana (cura medica,
insegnamento, trasporto, ecc.)? Anche in questi contratti il conduttore deve considerarsi onerato dalla legge
di quelle obbligazioni accessorie che rappresentano il mezzo indispensabile, perché l’opus promesso abbia
l’utilità voluta. E, poiché l’opus promesso consiste in una data modificazione del modo di essere della
persona umana, modificazione che in tanto è utile e in tanto può essere voluta dalle parti in quanto la persona
umana esca incolume dal rapporto, le obbligazioni accessorie cui si allude, devono essenzialmente
comprendere l’obbligazione di curare l’incolumità della persona umana, durante l’intero svolgimento del
trasporto».
546
A. ASQUINI, La responsabilità del vettore per infortunio del viaggiatore, cit., 359 - 360:
547
A MAJELLO, Custodia e deposito, Napoli, 1958, 126 – 127. Descrive compiutamente le due posizioni,
in posizione critica verso Majello: F. BENATTI, Osservazioni in materia di «doveri di protezione», cit., 481.
548
U. NATOLI, L'attuazione del rapporto obbligatorio, I, Il comportamento del creditore, Milano, 1964, 18
ss; I. ABBATE, Questioni in tema di ripartizione dell'onere della prova nel contratto di passaggio, nota a
Cass. Civ., 7 febbraio 1962, n. 244, in Dir. mar., 1962, 557. In posizione critica rispetto alla teoria prevalente
anche S. BUSTI, Il contratto di trasporto terrestre, cit., 837: «(...) il dovere di protezione è soltanto funzionale
all'esecuzione dell'obbligazione, tipica ed unica, di realizzare tale trasferimento, traendo origine dal
contratto in questione e restando in quella assorbito» e O. CAGNASSO, C. COTTINO, I contratti commerciali,
II ed., in O. CAGNASSO, C. COTTINO (diretto da) , Tratt. dir. comm., IX, Padova, 2009, 411: «Trasportare
indenni fa parte della prestazione dovuta in base ad un contratto di trasporto; è il risultato promesso con la
sua stipulazione dal vettore. Sicché può apparire superfluo e un poco astratto l’interrogativo se considerarla
una prestazione accessoria a quella principale di trasportare oppure (…) l’oggetto (…) di un dovere di
protezione (…)».
549
U. NATOLI, L'attuazione del rapporto obbligatorio, I, cit., 19: «Si tratta, piuttosto, dei diversi aspetti
dell'inadempimento, della medesima obbligazione, che, per comodità di analisi, possono anche essere
distinti, ma che non valgono a spezzare il contenuto unitario della prestazione».
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Seguendo la teoria elaborata da Asquini, l'azione del passeggero danneggiato
verrebbe esclusa, laddove il vettore abbia compiutamente realizzato l'obbligo di
trasferimento. La legittimazione ad agire del danneggiato sarebbe, così, limitata ai danni
derivanti da inadempimento della prestazione di trasferimento 550 . Questa soluzione
ricostruttiva, non rispondente alla previsione legislativa, sarebbe inadeguata rispetto ad
«una lettura costituzionalmente orientata del dato normativo»551.
Esistono opinioni dottrinali contrapposte in merito alla qualificazione dell’obbligo
di protezione del passeggero come obbligazione di mezzi oppure come obbligazione di
risultato. Le due tipologie di obbligazioni, la cui elaborazione in Italia è da attribuire a
Luigi Mengoni552, si distinguono per il loro contenuto. In particolare, nelle obbligazioni
di mezzi la prestazione dovuta prescinde dall’esito positivo dell’attività del debitore, e di
conseguenza il debitore adempie esattamente la propria prestazione se svolge l’attività
dovuta nel modo stabilito. Nella seconda tipologia di obbligazioni, invece, è dovuto un
determinato risultato e l’adempimento esatto della prestazione coincide con il
raggiungimento di quel risultato553.
La distinzione tra le due categorie di obbligazioni si riflette sul regime di
responsabilità applicabile. Nelle obbligazioni di mezzi si applica il regime di
responsabilità per colpa. Il debitore di conseguenza non è responsabile se dimostra di
essersi comportato diligentemente. Al contrario, l’inadempimento delle obbligazioni di
risultato è regolato dalla responsabilità oggettiva: il debitore è responsabile se non ha
raggiunto il risultato dedotto nel contratto. Questa distinzione è errata alla radice della sua
formulazione. Innanzitutto, non esistono delle obbligazioni in cui sia dovuto
esclusivamente il risultato e non lo sforzo necessario per conseguirlo. Al contempo
l’articolo 1176 cod. civ., che sancisce la regola della diligenza nell’adempimento delle
obbligazioni, è una regola generale, che deve essere applicata per tutte le obbligazioni.
Inoltre, l’obbligo di realizzare il risultato implica sempre l’esecuzione di un’attività
preparatoria, che rappresenta un momento inseparabile della prestazione554.
550
S. ZUNARELLI, A. ROMAGNOLI, Contratto di trasporto marittimo di persone, cit., 111 ss.; sul punto vedi
anche G. MASTRANDREA, L'obbligo di protezione nel trasporto aereo di persone, cit., 73.
551
S. ZUNARELLI, A. ROMAGNOLI, Contratto di trasporto marittimo di persone, cit., 112.
552
L. MENGONI, Obbligazioni di mezzi e obbligazioni di risultato, cit., 280 ss.
553
C. M. BIANCA, Diritto civile, IV, L'obbligazione, cit., 72.
554
C. M. BIANCA, Diritto civile, IV, L'obbligazione, cit., 74 ss.
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La dottrina trasportistica ha, però, accolto la distinzione elaborata da Mengoni e
l’ha applicata anche all’obbligo di protezione del passeggero555. Alcuni hanno qualificato
l’obbligo di tutelare l’incolumità del viaggiatore come un’obbligazione di risultato.
Affinché il vettore possa esonerarsi da responsabilità non è, dunque, sufficiente che
dimostri di aver utilizzato la dovuta diligenza nell’adempimento dell’obbligazione 556 .
Secondo questo indirizzo, il criterio della diligenza non può essere utilizzato per valutare
la condotta del vettore. L’inadempimento del vettore può essere dimostrato provando
l’esistenza oggettiva del danno avvenuto durante il trasporto e il nesso di causalità557. Una
dottrina recente ha appoggiato questa interpretazione, basandosi sulla concezione unitaria
della prestazione dovuta dal vettore, che non può essere scissa in obbligazioni principali
ed accessorie. Il vettore è tenuto a trasportare il passeggero incolume sino al luogo di
destinazione e questa prestazione costituisce sempre un’obbligazione di risultato558.
Queste considerazioni non possono essere accettate, perché è indubbio che
l’obbligo generale di protezione del passeggero non fa gravare sul vettore il risultato di
condurlo incolume a destinazione. L’oggetto dell’obbligo di protezione consiste
nell’adozione di un determinato comportamento da parte del vettore ovvero nell’adozione
555
Sul tema specifico v.: G. RIGHETTI, Per un inquadramento sistematico della responsabilità del vettore,
cit., 70 e G. ROMANELLI, Il trasporto aereo di persone, cit., 29; anche S. BUSTI, Contratto di trasporto
aereo, in A. CICU, F. MESSINEO, L. MENGONI (già diretto da), (continuato da) SCHLESINGER, Tratt. dir. civ.
comm., Milano, 2001, 162 e più recente: S. BUSTI, Il contratto di trasporto di persone su strada, in F.
MORANDI (diretto da), I contratti del trasporto, Dottrina, Casi, Sistemi, II, Nautica da diporto, trasporto
terrestre e ferroviario, Bologna, 2013, 1073 ss.; per una ricostruzione generale della problematica: S.
POLLASTRELLI, Il contratto di trasporto marittimo di persone, cit., 147 ss.; S. ZUNARELLI, A. ROMAGNOLI,
Contratto di trasporto marittimo di persone, cit., 270 ss.; Nella dottrina d’Oltralpe, sulla natura
dell’obligation de sécurité: B. MERCADAL, Droit de transports terrestres et aériens, Paris, 1996; J. DE LA
GARDE, Existe-t-il toujours une obligation de sécurité incombant à la SNCF à l'égard des usagers
empruntant une gare et ses installations ? Dans l'affirmative, quelle en serait la nature?, in Sem. jur. éd.
gén., 2002, II, 100032; Y. LAMBERT – FAIVRE, Fondement et régime de l’obligation de sécurité, in Rec.
dalloz, 1994, 81 ss.; P. JOURDAIN, Obligation de sécurité: la valse hésitation de la Cour de cassation, in
RTDCivil, 1998, 116; C. MASCALA, Accidents de gare: le « déraillement » de l'obligation de sécurité , in
Rec. Dalloz, 1991, 80; G. VACHET, Obligation de sécurité: quelles consequences?, in Le cahiers du DRH,
2011, n. 178, S. PECH LE GAC, De l'obligation de sécurité du transporteur aérien, durant une escale, après
les opérations de débarquement, in Rec. dalloz, 2000, 283.
556
E. BETTI, Teoria generale dell'obbligazione, I, cit., 129.
557
L. MENGONI, Obbligazioni di mezzi e obbligazioni di risultato, cit., 380; l’Autore mette in luce la
differente formulazione degli artt. 412, comma 3, e 944, comma 1, cod. nav. rispetto all’art. 1681 cod. civ.
Queste disposizioni in cui si confonde, secondo Mengoni, la prova della diligenza con la prova della colpa,
modificano il principio stabilito dall’articolo 1681 cod. civ. per cui l’obbligo di protezione del passeggero
è un obbligo di risultato.
558
S. BUSTI, Contratto di trasporto aereo, cit., 162 e analogamente: S. BUSTI, Il contratto di trasporto di
persone su strada, cit., 1073 ss.
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di tutte le misure idonee ad evitare il danno559.
L’esistenza dell’obbligo di protezione in capo al vettore non esclude la necessità
che il passeggero svolga un ruolo attivo nella protezione della propria incolumità. Si
afferma a questo proposito l’esistenza di un dovere di autoprotezione del trasportato560,
che viene riconosciuto anche in sede giurisprudenziale come dovere minimo di prudenza
e di senso di responsabilità561. I due obblighi di protezione e autoprotezione sono però
concorrenti e non si escludono a vicenda, essendo entrambi finalizzati a tutelare
l’incolumità della persona562. La configurazione dell’obbligo di autoprotezione porta alla
luce il «principio di autoresponsabilità», che implica l’esistenza di un onere, nel senso
che il comportamento del soggetto, omissivo o commissivo, si ripercuote in maniera
negativa sulla propria sfera giuridica563. Il viaggiatore ha l’onere di agire e di attivarsi a
559
G. ROMANELLI, Il trasporto aereo di persone, cit., 29, in particolare nota n. 27. La prestazione di
trasferimento, al contrario dell’obbligo di protezione del passeggero, può essere considerata come
un’obbligazione di risultato; sulla stessa linea: G. RIGHETTI, Per un inquadramento sistematico della
responsabilità del vettore, cit., 70.
560
S. CICCARELLO, Dovere di protezione e valore della persona, Milano, 1988, 109.
561
Cass. Civ., 19 giugno 1950, 1561, in Riv. giur. circ. trasp., 1951, 685; Cass. Civ., 16 luglio 1950, n. 1964,
in Giur. it., I, 1951, 429; Cass. Civ., 29 marzo 1979, n. 1803, in Giur. it. 1980, I,1, 688; più recente v. Cass.
Civ., 1° marzo 1994, n. 2020, in Ass., 1995, II, 9; Cass. Civ., 15 febbraio 2006, n. 3285, in Dir. trasp., 2007,
II, 507, con nota di W. PAGLIEI, La colpa del passeggero nel trasporto aereo: « (…) la presunzione di
responsabilità a carico del vettore, ai sensi dell'art. 1681 c.c. e art. 409 c.n., opera quando sia provato il
nesso causale tra il sinistro occorso al viaggiatore e l'attività del vettore nell'esecuzione del trasporto,
restando esclusa quando sia accertata la mancanza di una sua colpa, come quando il predetto sinistro sia
dovuto al fatto stesso del viaggiatore, dal quale il vettore ha ragione di pretendere un minimo di diligenza,
prudenza e senso di responsabilità nella salvaguardia della propria incolumità»; Cass. Civ., 25 febbraio
2009, n. 4482, in Dir. trasp., 2010, I, 207 (s.m).
562
S. CICCARELLO, Dovere di protezione e valore della persona, cit., 109: «Nel trasporto il viaggiatore
rimane sostanzialmente padrone di sé stesso, in grado di assicurarsi una certa tutela e quindi è tenuto a
concorrere alla protezione della sua persona. Con ciò in certo modo si crea un particolare collegamento tra
il dovere di protezione del vettore che si pone in termini di responsabilità e il conseguente dovere di
autoprotezione, che opera nella dimensione della responsabilità: l’uno comincia dove finisce l’altro e
insieme concorrono ad assicurare il valore fondamentale di tutela della persona»; sulla stessa linea già prima
G. ROMANELLI, Il trasporto aereo di persone, cit., 560; M. RIGUZZI, Il contratto di trasporto, in M.
BESSONE (diretto da), Tratt. dir. priv., XIV, Torino, 2006, 59. Sulla definizione del principio di
“autoresponsabilità” v.: S. PUGLIATTI, voce Autoresponsabilità, in Enc. dir., IV, Milano, 1959, 454: «Si
deve insistere, per evitare confusioni, nel sottolineare il presupposto essenziale in base al quale il concetto
di “autoresponsabilità” può presentarsi come concetto autonomo, rispetto a quello di responsabilità verso
terzi (o, si può dire, seguendo un criterio terminologico diffuso, «eteroresponsabilità»): cioè che deve
trattarsi di conseguenza di un comportamento che non incida nella tutela di un interesse alieno o di un
interesse generale. La distinzione, dunque, si fonda con riferimento al rapporto tra il comportamento e
l'interesse tutelato, e non già sulle conseguenze del comportamento medesimo. Così non si parlerà di
autoresponsabilità nelle ipotesi nelle quali, anziché una lesione attuale di diritti subbiettivi altrui, e quindi
una violazione del precetto finale posto a loro tutela, si ha soltanto un pericolo di lesione o di danno, per
cui si può fare ricorso ai rimedi preventivi o cautelativi. Qui si tratta, infatti, di responsabilità verso altri, in
ordine al pericolo (attuale) o al danno possibile».
563
S. CICCARELLO, Dovere di protezione e valore della persona, cit., 110; parla di onere anche S.
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tutela della propria integrità. Il mancato assolvimento di quest’onere si riflette
sull’accertamento della responsabilità del vettore in caso di sinistro 564 . Infatti, il
comportamento del passeggero, che si ponga come causa esclusiva o concorrente del
danno, può incidere sulla responsabilità del vettore, secondo il principio generale di cui
all’art. 1227, comma 2, cod. civ.: «Il risarcimento non è dovuto per i danni che il creditore
avrebbe potuto evitare usando l’ordinaria diligenza»565.
III.3. La responsabilità del vettore per infortunio del passeggero.
III.3.1. La responsabilità del vettore secondo il codice civile.
L’articolo 1681 cod. civ. dispone che: «Salva la responsabilità per
l’inadempimento e per il ritardo nell’esecuzione del contratto di trasporto, il vettore
risponde dei sinistri che colpiscono il viaggiatore durante il viaggio e delle perdita o
dell’avaria delle cose che il viaggiatore porta con sé, se non prova di aver adottato tutte
le misure idonee ad evitare il danno. Sono nulle le clausole che limitano la responsabilità
del vettore per i sinistri che colpiscono il viaggiatore. Le norme di questo articolo si
applicano anche nei contratti di trasporto gratuito».
L’articolo 1681 cod. civ. ha la finalità di tutelare e garantire l’integrità del
passeggero ed individua a carico del vettore una presunzione iuris tantum di
responsabilità per i sinistri, che colpiscono il passeggero durante il trasporto566.
POLLASTRELLI, Il contratto di trasporto marittimo di persone, cit., 163. L’inquadramento
dell’autoresponsabilità nella categoria giuridica dell’onere si deve a S. PUGLIATTI, voce Autoresponsabilità,
cit., 455: «L'autoresponsabilità, come è stata caratterizzata, si circoscrive nella sfera degli interessi del
soggetto agente. Così che appare più proprio il richiamo al concetto di onere, che non implica l'idea di un
vinculum iuris verso altri, ma, se mai, quella di una valutazione in lato senso economica della opportunità
di tenere un determinato comportamento per il conseguimento di un dato risultato». Per una ricostruzione
del concetto di autoresponsabilità e della sua valenza come principio generale dell’ordinamento v.: V.
CAREDDA, Autoresponsabilità e autonomia privata, Milano, 2004, in particolare (in riferimento agli
argomenti trattati nel testo) 44 ss. e 85 ss.
564
S. CICCARELLO, Dovere di protezione e valore della persona, cit., 110 ss.
565
S. BUSTI, Il contratto di trasporto di persone, cit., 193; S. POLLASTRELLI, Il contratto di trasporto
marittimo di persone, 163; M. RIGUZZI, Il contratto di trasporto, cit., 71; in giurisprudenza v. ad esempio
Cass. Civ., 1° marzo 1994, n. 2020, cit., (riguardava il caso dei passeggeri di un autobus, che avevano subito
un danno nel tentativo di salire sull’automezzo), in cui viene accertata la responsabilità della parte
danneggiata. Sulla tematica per riferimenti giurisprudenziali e dottrinali v. l’analisi di M. COLAGRANDE,
Condizioni e limiti della tutela risarcitoria del passeggero vittima di sinistro durante il trasporto stradale,
in Dir. trasp., 2011, 408 ss.
566
S. ZUNARELLI, C. ALVISI, Trasporto, in G. DE NOVA (a cura di), Comm. cod. civ. Scialoja- BrancaGalgano, Libro quarto: Obbligazioni, art. 1678 – 1702, Bologna, 2014, 86.
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123
La responsabilità del vettore si estrinseca per tutto il tempo in cui il passeggero
affida la propria persona al vettore, affinché questi ponga in essere la prestazione di
trasferimento, la esegua e la porti a termine regolarmente567. Il lasso di tempo descritto ha
inizio dal momento in cui il passeggero sale sul mezzo di trasporto fino al momento in
cui scende dal mezzo, «compresi i pochi passi necessari per superare l’effetto inerziale
di tale movimento». In questo arco temporale è compreso, ovviamente, il periodo in cui
il trasportato si trova all’interno del mezzo, anche solo per occupare il posto o sistemare
il proprio bagaglio568.
L’impostazione dottrinale delineata ha consentito di estendere la responsabilità
del vettore anche alle operazioni preparatorie ed accessorie rispetto all’attività di
trasporto569. La giurisprudenza ha fornito in alcuni casi un elenco delle suddette attività:
la salita o la discesa dal mezzo, il carico dei bagagli, l'obliterazione del titolo di viaggio
che avvenga sul veicolo, l'apertura e la chiusura delle porte o dei finestrini, lo spostamento
all'interno del mezzo, la sistemazione ai posti, ma non la discesa sulla scala di accesso
alla stazione metropolitana570. L’elencazione fornita dalla giurisprudenza non deve, però,
essere indicata come tassativa. Nel termine viaggio, che viene utilizzato dall’art. 1681
cod. civ., devono essere ricomprese anche le soste del veicolo, a condizione che il
passeggero rimanga a bordo dello stesso, e in generale rientrano tutte le attività compiute
dal passeggero, che integrino, anche in senso lato, il trasferimento della propria persone
567
G. ROMANELLI.- G. SILINGARDI, voce Trasporto terrestre, in Enc. giur., XXI, Roma, 1994, 10.
S. BUSTI, Il contratto di trasporto di persone su strada, in F. MORANDI (diretto da), I contratti del
trasporto, Dottrina, Casi, Sistemi, II, Nautica da diporto, trasporto terrestre e ferroviario, Bologna, 2013,
1083.
569
F. ROMANELLI. G. SILINGARDI, voce Trasporto terrestre, cit., 10; su questa tematica v. nella dottrina
d’Oltralpe: P. MALAURIE, Accident de quai: obligation de sécurité pendant le transport, in Rec. Dalloz,
1991, 1 ss; C. PAULIN, Champ d’application de l’obligation de sécurité, in Rev. dr. tr., n. 4, 2007, comm.
80. (in entrambi i casi si tratta di sentenze attinenti il trasporto ferroviario di persone) e nello specifico per
il trasporto marittimo di persone e bagagli v. Y. TASSY, A propos du transport de passagers, in Dr. mar. fr.,
1998, 883 ss.
570
Sul punto v.: Cass. Civ., 17 luglio 2003, n. 11194 in Danno resp, 2003, 1187, con nota di A. GIORDO,
Operazioni accessorie al trasporto e responsabilità del vettore; Cass. Civ., 3 agosto 2004, n. 14812, in
Danno resp., 2005, 369, con commento di M. FLICK, Responsabilità del vettore nel trasporto per seggiovia,
(questo caso riguardava un sinistro occorso ad un sciatore nel trasferimento mediante seggiovia, posto che
il contratto di risalita in seggiovia viene inquadrato nell’ambito del contratto di trasferimento di persone; la
responsabilità del vettore decorre in questa fattispecie dal momento del “primo contatto” del passeggero
con il mezzo in movimento); Cass. Civ., 20 luglio 2010, n. 16893, in CED Cassazione, 2010, n. 614409;
Cass. Civ. 30 aprile 2011, ord., in CED Cassazione, 2011, n. 9593, n. 618007; nel merito: G. Pace Napoli,
14 gennaio 2005, in Pluris Utet Cedam, 2005; Trib. Ivrea, 26 maggio 2010, in Pluris Utet Cedam, 2010;
Trib. Milano 13 maggio 2011, in Pluris Utet Cedam, 2011.
568
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124
o del bagaglio al seguito571. Con la nozione di sinistro, invece, il legislatore ha inteso
indicare qualunque evento inusuale, che «dall’esterno colpisce e danneggia (…) il
viaggiatore» e che non deve presentare necessariamente gli elementi della repentinità ed
imprevedibilità 572 . Il sinistro non deve dipendere necessariamente da anomalie o
malfunzionamento dell’attività di trasporto, ma comprende anche gli eventi lesivi dovuti
a carenze organizzative ed esecutive da parte del vettore573.
Per quanto concerne l’onere probatorio richiesto al vettore per escludere la propria
responsabilità nel caso di sinistro del viaggiatore, l’articolo 1681 cod. civ. è ispirato
all’articolo 20, comma 1, della Convenzione di Varsavia del 1929 (Convention pour
l'unification de certain règles relatives au Transport aérien international, signée à
Varsovie, le 12 Octobre 1929), secondo il quale: «Le transporteur n'est pas responsable
s'il prouve que lui et ses préposés ont pris toutes les mesures nécessaires pour éviter le
dommage ou qu'il leur était impossible de les prendre» 574 . Dalla formulazione
dell’articolo 1681 cod. civ., così come nell’articolo 20 della Convenzione di Varsavia, del
1929, si evince il mancato riferimento al criterio della diligenza vettoriale. Questo
riferimento era, invece, presente nell’articolo 942 cod. civ. in materia di trasporto aereo
nella versione antecedente alla riforma della parte aeronautica del codice della
navigazione, attuata con i due decreti legislativi n. 96/2005 e n. 151/2006. Ciò ha destato
diverse perplessità in ordine alla portata del carico probatorio del vettore terrestre rispetto
alla disciplina generale posta dall’articolo 1218 cod. civ. in materia di responsabilità
debitoria575.
Secondo una parte della dottrina l’articolo 1681 cod. civ. imporrebbe al vettore la
dimostrazione di aver utilizzato tutte le misure atte in concreto ad evitare il danno. Ciò
significa che il vettore deve provare di aver apprestato le misure idonee ad evitare il danno
in relazione non solo alle norme regolamentari di sicurezza, imposte per il servizio
571
S. BUSTI, Il contratto di trasporto di persone su strada, cit., 1083.
S. BUSTI, Il contratto di trasporto di persone su strada, cit., 1084: «(…) fattori che altrimenti dovrebbero
essere dimostrati dal danneggiato, mentre, invece, entrano nel gioco della prova che il vettore è chiamato a
fornire per superare la presunzione di responsabilità a proprio carico (…)».
573
S. ZUNARELLI, C. ALVISI, Trasporto, cit., 86; sulla stessa linea S. BUSTI, Il contratto di trasporto di
persone su strada, 1084 e già F. ROMANELLI. G. SILINGARDI, voce Trasporto terrestre, 8; contra M.
IANNUZZI, Del trasporto, cit., 89.
574
M. STOLFI, Appalto- trasporto, cit., 112; S. ZUNARELLI, M. M. COMENALE PINTO, Manuale di diritto
della navigazione e dei trasporti, cit, 313
575
S. ZUNARELLI, M. M. COMENALE PINTO, Manuale di diritto della navigazione e dei trasporti, cit, 313
572
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125
prestato, ma anche quelle imposte dal caso concreto 576 . Secondo questo indirizzo la
previsione in esame non richiederebbe da parte del vettore la prova della diligenza del
buon padre di famiglia e neppure l'identificazione della causa del sinistro. Il vettore dovrà
dimostrare di aver adottato tutte le precauzioni necessarie ad evitare il danno, facendo
riferimento alla natura e alla pericolosità dell'attività esercitata577. Si tratterebbe, quindi,
di un regime di responsabilità in cui sono aggravati i doveri e gli oneri in capo al vettore578.
Questa interpretazione dell’art. 1681 cod. civ. conduce ad un parallelismo con
l’art. 2050 cod. civ., che disciplina la responsabilità extracontrattuale derivante
dall’esercizio di attività pericolose. In entrambi i casi l’interprete non deve accertare se la
misura adottata sia conforme alla diligenza del buon padre di famiglia, ma deve verificare
che essa sia intrinsecamente idonea ad evitare il prodursi del danno. Seguendo questa
impostazione, si arriverebbe quasi ad una responsabilità oggettiva del vettore per
infortunio del viaggiatore, o meglio ad una responsabilità per rischio di impresa579.
La seconda linea di pensiero si basa, invece, sulla necessità di delimitare l'articolo
1681 cod. civ. in base al principio generale di diligenza, di cui all'articolo 1176 cod. civ.,
che al secondo comma opera una graduazione della diligenza in base all'attività
576
A. ASQUINI, Del trasporto, 424; G. CATURANI – A. SENSALE, Il trasporto, cit., 44 ss.
G. COTTINO, Impossibilità sopravvenuta della prestazione e responsabilità del debitore, Milano, 1955,
332; in questo senso come riferisce l’Autore si era espressa anche la Relazione al Codice Civile del 1942,
in particolare nn. 571 e 795. In giurisprudenza v. analogamente: Cass. Civ., 27 ottobre 1993, n. 10680, in
Mass. foro it., 1993, 971; Trib. Milano, 20 luglio 2000, in Pluris Utet – Cedam, 2000.
578
G. COTTINO, Impossibilità sopravvenuta della prestazione e responsabilità del debitore, cit. 335, in
particolare, v. nota n. 311. Sulla stessa linea: G. CATURANI – A. SENSALE, Il trasporto, cit., 44 ss; di recente
v. anche F. M. PAOLUCCI, Il trasporto di persone, in W. BIGIAVI (fondata da), Giur. sist. dir. civ. comm., II
ed., Torino, 1999, 158: « La formula adottata è meno rigorosa di quella del receptum prevista nel trasporto
di cose (…), ma è sensibilmente più rigorosa di quella di cui all'articolo 1218: (…) infatti secondo
quest'ultimo, il debitore è liberato quando prova di adottato le misure normali per evitare il danno, mentre,
per l'art. 1681, il vettore per essere liberato deve provare di aver adottato tutte le misure atte in concreto ad
evitare il danno, cioè non soltanto le misure idonee in relazione alle norme regolamentari di sicurezza del
tipo di servizio prestato, ma anche le misure idonee in relazione alle circostanze specifiche di ogni singolo
caso». Sulla sussistenza di una responsabilità aggravata v.: P. GONNELLI, G. MIRABELLI, voce Trasporto
(contratto) (dir. priv.), in Enc. dir., XLIV, Milano, 1992, 1156.
579
G. COTTINO, Impossibilità sopravvenuta della prestazione e responsabilità del debitore, cit. 334;
ribadisce questa posizione successivamente in O. CAGNASSO, C. COTTINO, I contratti commerciali, cit., 453.
Sulla stessa linea v. anche M. COMPORTI, Fatti illeciti: le responsabilità oggettive. (artt. 2049 – 2053)in
(diretto da) SCHLESINGER, Cod. civ. comm., Milano, 2009, 237: «Analogamente all’art. 2050, l’art. 1681
rientra nel sistema della responsabilità oggettiva intesa in senso lato». In linea con una concezione oggettiva
della responsabilità: C. DE MARCO, La responsabilità civile nel trasporto di persone e di cose, Milano,
1985, 182, che ha elaborato la teoria della cd. responsabilità oggettiva relativa in capo al vettore. In forza
di questa teoria il vettore per liberarsi da responsabilità deve dimostrare il caso fortuito, cioè un fatto
estraneo alla sfera della propria attività, che ha determinato l’interruzione del nesso eziologico; riprende la
sua posizione C. VIGNALI, Il trasporto terrestre verso una responsabilità oggettiva, cit., 78.
577
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professionale svolta 580 . La diligenza, infatti, presenta il carattere della relatività e ciò
comporta che la sua valutazione debba tenere in considerazione il tipo di rapporto, la
natura dell'attività esercitata e le circostanze concrete in cui la prestazione viene o deve
essere eseguita581.
Secondo la giurisprudenza, invece, l’articolo 1681 cod. civ. pone una presunzione
di responsabilità del vettore nell’ipotesi in cui venga dimostrata l’esistenza di un nesso
eziologico tra il sinistro e l’attività di trasporto. Il nesso di causalità non sussiste e di
conseguenza non opera la presunzione di responsabilità, in caso in cui venga accertata
l’origine del sinistro da fatto del terzo o dello stesso danneggiato582. La prova liberatoria
richiesta al vettore – l’aver utilizzato tutte le misure idonee ad evitare il danno – può
derivare anche indirettamente dalla prova che il sinistro è ascrivibile a fatto del terzo o
del trasportato, facendo venir meno il nesso di causalità suddetto 583 . In ogni caso al
danneggiato non è richiesta la prova dell’anormalità dell’attività di trasporto svolta dal
vettore584.
La tesi contraria, che esige dal passeggero la prova dell’anormalità dell’attività e
che viene appoggiata dalla giurisprudenza di merito 585 , non trova alcun riscontro
normativo e rappresenta una vera e propria restrizione nell’interpretazione e applicazione
580
M. IANNUZZI, Del trasporto, cit., 85.
U. NATOLI, L'attuazione del rapporto obbligatorio, II, Il comportamento del debitore, Milano. 1984, 98.
Sulla stessa linea: L. MENGONI, (voce) Responsabilità contrattuale, (diritto vigente), in Enc. dir., XXXIX,
Milano, 1988, 1098: «(…) spetta al vettore, che nega di essere responsabile, dimostrare «di avere adottato
tutte le misure idonee a evitare il danno», ossia il caso fortuito nel senso (soggettivo) dell'art. 1218 integrato
dall'art. 1176. Il parametro della “normale diligenza”, espressamente richiamato dall'art. 942 c. nav. in tema
di responsabilità del vettore nel trasporto aereo di persone, è dalla giurisprudenza costante ritenuto implicito
anche nell'art. 1681 c.c. Questa interpretazione è confermata dall'art. 1 l. 7 ottobre 1977, n. 754, la quale,
volendo riportare la responsabilità dell'amministrazione ferroviaria sotto la regola del codice civile, indica
l'onere di prova a carico del vettore con la medesima formula dell'art. 1218». In giurisprudenza seguono
questa linea tra le altre: Cass. Civ., 1° marzo 1994, n. 2020, cit.: Trib. Bari, 6 ottobre 2008, in Pluris Utet
Cedam, 2008.
582
Tra le altre: Cass. Civ., 25 febbraio 2009, n. 4482, cit.; Cass. Civ., 23 settembre 2009, n. 4343, in Arch.
giur. circ. sin., 2009, 1001; Cass. Civ., 15 febbraio 2006, n. 3285, in Dir. trasp., 2007, II; 507 (s.m.), con
nota di W. PAGLIERI; La colpa del passeggero nel trasporto aereo; Cass. Civ., 17 luglio 2003, n. 11194 , in
Danno resp, 2003, 1187, con nota di A. GIORDO, Operazioni accessorie al trasporto e responsabilità del
vettore; Cass. Civ., 15 gennaio 2001, n. 491, in Dir. trasp., 2003, III, 1077; nel merito: Trib. Milano, 11
marzo 2009, in Pluris Utet Cedam, 2009; Trib. Ivrea, 26 maggio 2010, in Pluris Utet Cedam, 2010.
583
Cass. Civ., 19 maggio 2008, n. 12694, in Dir. trasp., 2009, II, 553 (s.m); contra Cass. Civ., 12 novembre
1997, n. 11161, in Dir. mar., 1998, 693.
584
Cass. Civ., 13 luglio 1999, n. 7423, in Contratti, 2000, 243, con commento di C. SEVERONI, Onere
probatorio in capo al danneggiato nel trasporto stradale di persone. Nella dottrina: G. CATURANI – A.
SENSALE, Il trasporto, cit., 37; R. ROVELLI, Il trasporto di persone, cit., 11.
585
Trib Bari. 2 giugno 2013, in Pluris Utet Cedam, 2013; Trib. Firenze, 6 giugno 2013, in Pluris Utet
Cedam, 2013; contra Trib. Genova, 18 gennaio 2006, in Pluris Utet Cedam. 2006.
581
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127
dell’articolo 1681 cod. civ. Le origini di questo indirizzo sono da ricercare nella disciplina
attinente il trasporto ferroviario, in particolare nell’art. 13 delle Condizioni e Tariffe
ferroviarie, prima della modifica attuata con la legge del 7 ottobre del 1977 n. 754586.
Questa disposizione limitava, infatti, la responsabilità del vettore ai danni derivanti da
anormalità del servizio587. Imputando al passeggero la prova inerente l’anormalità del
servizio, lo si costringerebbe a valutare il comportamento del vettore dal punto di vista
soggettivo. Ciò contrasterebbe con la presunzione di colpa del vettore sancita dall’articolo
1681 cod. civ. Da ciò consegue che il passeggero deve solamente dimostrare l’esistenza
del sinistro e il nesso di causalità tra sinistro e attività del vettore, che deve essere intesa
in termini prettamente oggettivi588.
Anche nell’ambito del trasporto terrestre, oltre che nel trasporto marittimo589, la
giurisprudenza ha elaborato la distinzione tra “danni a causa del trasporto” e “danni in
occasione del trasporto” (oggetto di approfondimento nella parte dedicata alla
responsabilità del vettore marittimo). I “danni a causa del trasporto” sono i sinistri che
derivano direttamente dall’attività di trasporto. In queste ipotesi il passeggero deve
dimostrare non solo l’esistenza di un nesso eziologico tra il danno e l’attività di trasporto,
ma anche la causa specifica del danno stesso. La prova liberatoria del vettore consiste,
invece, nel provare l’inevitabilità e imprevedibilità dell’evento dannoso secondo
l’ordinaria diligenza 590 . Seguendo questa interpretazione si finirebbe per richiedere al
586
Art. 13, par. 4 R. D. 11 ottobre 1934, n. 1948, Nuovo testo delle condizioni e tariffe per trasporto delle
persone sulle ferrovie dello Stato, convertito nella legge 4 aprile 1935, n. 911: «Se il viaggiatore subisce un
danno nella persona in conseguenza di anormalità verificatasi nell'esercizio ferroviario, l'Amministrazione
ne risponde, a meno che provi che l'anormalità è avvenuta per caso fortuito o forza maggiore»; versione
successiva alla modifica apportata con legge 7 ottobre 1977, n. 754: «Se il viaggiatore, durante la
permanenza sui veicoli ferroviari ovvero al momento in cui vi sale o ne discende, subisce un danno alla
persona in conseguenza di un incidente che sia in relazione con l'esercizio ferroviario, l'amministrazione
ne risponde a meno che provi essere l'incidente avvenuto per causa ad essa non imputabile».
587
Sull’applicabilità giurisprudenziale dell’art. 13 suddetto anche nel trasporto stradale di persone, v. O.
CAGNASSO, C. COTTINO, I contratti commerciali, cit., 451.
588
C. DE MARCO, La responsabilità civile nel trasporto di persone e di cose, cit, 186 ss.
589
L’orientamento giurisprudenziale, che distingue tra danni a causa e danni in occasione del trasporto
trova la propria origine nell’ambito del trasporto marittimo di persone e viene successivamente ripreso
anche nell’applicazione dell’articolo 1681 cod. civ. (sull’influenza della giurisprudenza marittimistica nel
trasporto terrestre v. A. ZAMPONE, Il contratto di trasporto marittimo di persone, in L. TULLIO, M. DEIANA,
Codice dei trasporti, Milano, 2011, 495 ss.).
590
Cass. Civ., 20 luglio 2010, n. 16893, con nota di A. TAMBURRO, L’onere della prova del nesso eziologico
tra sinistro ed attività del vettore nel trasporto stradale, in Dir. mar., 2010, 601 ss.; Cass. Civ., 17 luglio
2003, n. 11194, cit.; App. Roma, 14 giugno 2011, con nota di A. TAMBURRO, Sull’onere probatorio a carico
del passeggero nel trasporto stradale di persone, in Dir. trasp., 2012, I, 227 ss; Trib. Bari, 6 ottobre 2008,
cit.
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danneggiato di dimostrare il fatto “anormale” del vettore o addirittura la colpevolezza
della controparte. In questo modo si legittimerebbe la prova dell’“anomalia del servizio” ,
di cui si è parlato, stravolgendo la portata applicativa dell’articolo 1681 cod. civ.591
I diritti derivanti dal contratto di trasporto sono soggetti al termine prescrizionale
stabilito dall’articolo 2951 cod. civ. Il termine prescrizionale è di un anno e viene elevato
a diciotto mesi per i trasporti, che abbiano inizio o termine fuori d’Europa. Il momento di
decorrenza del termine coincide con l’arrivo a destinazione della persona, o in caso di
sinistro dal giorno in cui la persona sarebbe dovuta arrivare oppure sarebbe dovuta
avvenire la riconsegna della cosa al luogo di destinazione.
Sulla disciplina in materia di responsabilità del vettore prevista dal codice civile
incide, seppur in maniera non rilevante, il Reg. (UE) n. 181/2011 del 16 febbraio del 2011,
che disciplina i diritti dei passeggeri in caso di trasporti effettuati con autobus, rientranti
nel campo di applicazione previsto dall’art. 2 del Regolamento. Nelle premesse
introduttive il legislatore europeo individua gli obiettivi cui è finalizzata l’emanazione
del regolamento. Il legislatore persegue anzitutto la finalità di migliorare la condizione
dei passeggeri, che utilizzano questo mezzo di trasporto, equiparandola alle disposizioni
previste a tutela del passeggero per le altre tipologie di trasporto e tenendo conto delle
peculiarità che contraddistinguono il settore. Si tiene, inoltre, in considerazione la
debolezza contrattuale che caratterizza il passeggero nel contratto di trasporto con
autobus592. Rientrano nell’ambito di tutela europea i passeggeri che viaggiano «con servizi
regolari per categorie di passeggeri non determinate il cui punto d’imbarco o sbarco è
situato nel territorio di uno Stato membro e la distanza prevista del servizio è pari o
superiore a 250 km»593.
La responsabilità del vettore in caso di incidente del passeggero è disciplinata
591
O. CAGNASSO, C. COTTINO, I contratti commerciali, cit., 451.
Reg. (UE) n. 181/2011: «1) L’azione dell’Unione nel settore del trasporto con autobus dovrebbe mirare,
tra l’altro, a garantire un livello elevato di protezione dei passeggeri, comparabile a quello offerto da altri
modi di trasporto, qualunque sia la loro destinazione. Occorre inoltre tenere in debita considerazione le
esigenze relative alla protezione dei consumatori in generale. 2) Dal momento che il passeggero che viaggia
con autobus è la parte più debole nel contratto di trasporto, è opportuno garantirgli un livello minimo di
protezione. 3) Le misure dell’Unione volte a migliorare i diritti dei passeggeri nel settore del trasporto con
autobus dovrebbero tener conto delle caratteristiche specifiche di tale settore, che è costituito essenzialmente da piccole e medie imprese (…)».
593
Per un’analisi della normativa in esame: S. BUSTI, Il contratto di trasporto di persone su strada, cit.,
1050 ss.; e anche A. CLARONI, La tutela del passeggero nel trasporto effettuato con autobus nell’ambito
del Reg. (UE) n. 181/2011 del 16 febbraio 2011, in Dir. trasp., 2011, II, 508 ss.
592
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129
dall’articolo 7 del Reg. (UE) n. 181/2011. Il diritto al risarcimento del danno per morte e
lesioni del passeggero è azionato secondo il diritto nazionale. Sebbene l’importo del
risarcimento vada calcolato secondo il diritto interno, vengono previsti dei limiti
quantitativi che devono essere rispettati pari a 220.000 euro per passeggero e 1.200 per
bagaglio, con la particolarità in quest’ultimo caso che, laddove si tratti di sedie a rotelle
o di attrezzature per la mobilità o dispositivi di assistenza, l’importo del risarcimento è
sempre pari all’attrezzatura danneggiata oppure perduta. Inoltre, analogamente a quanto
previsto in materia di trasporto aereo dall’articolo 28 della Convenzione di Montreal del
1999594, l’articolo 8 del regolamento disciplina il dovere di assistenza nei confronti del
passeggero595. L’assistenza comprende la sistemazione, la fornitura di cibo, di indumenti,
il trasporto e l’agevolazione della prima assistenza596.
Per ciò che concerne i limiti minimi di risarcimento previsti dall’articolo 7, è
opportuno rilevare che all’interno del nostro codice civile non viene previsto alcun limite
risarcitorio per ciò che concerne la responsabilità del vettore597. Il regolamento, quindi,
non incide in maniera significativa sulla responsabilità del vettore per sinistro al
passeggero, come regolata dal codice civile598.
III.3.2. La responsabilità del vettore nel trasporto marittimo.
I trasporti marittimi regolati dal codice della navigazione.
Nell’ordinamento italiano il contratto di trasporto marittimo di persone è regolato
dalle norme del codice della navigazione, articoli 396-418, e dal diritto internazionale
uniforme. Il Reg. (CE) n. 392/2009 (applicabile dal 31 dicembre 2012) richiama, infatti,
594
Art. 28 della Convenzione di Montreal del 1999: «In caso di incidente aereo che provochi la morte o la
lesione del passeggero, il vettore, se vi è tenuto dalla propria legislazione nazionale, provvede senza indugio
agli anticipi di pagamento a favore della persona o delle persone fisiche aventi diritto al risarcimento per
far fronte alle loro immediate necessità economiche. Un anticipo di pagamento non costituisce
riconoscimento di responsabilità e può essere detratto da qualsiasi ulteriore importo successivamente pagato
dal vettore a titolo di risarcimento».
595
S. ZUNARELLI, M. M. COMENALE PINTO, Manuale di diritto della navigazione e dei trasporti, cit., 316.
596
A. CLARONI, La tutela del passeggero nel trasporto effettuato con autobus nell’ambito del Reg. (UE) n.
181/2011 del 16 febbraio 2011, cit., 513, mette in evidenza come nella formulazione dell’articolo 8 manchi
l’esplicazione del concetto di incidente al contrario dell’articolo 7 e ne sottolinea a questo proposito le
difficoltà interpretative.
597
Sul punto v. S. ZUNARELLI, M. M. COMENALE PINTO, Manuale di diritto della navigazione e dei trasporti,
cit., 316 e anche A. CLARONI, La tutela del passeggero nel trasporto effettuato con autobus nell’ambito del
Reg. (UE) n. 181/2011 del 16 febbraio 2011, cit., 512.
598
S. ZUNARELLI, M. M. COMENALE PINTO, Manuale di diritto della navigazione e dei trasporti, cit., 316.
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in materia di responsabilità nei confronti dei passeggeri, del bagaglio e dei veicoli,
assicurazione e garanzie finanziarie, alcune disposizioni della Convenzione di Atene del
1974599, così come modificata dal Protocollo di Londra del 2002, nonché gli orientamenti
IMO del 2006 per l'attuazione della Convenzione di Atene600.
Il Reg. (CE) n. 392/2009, inoltre, estende l'applicazione delle disposizioni indicate
anche ai trasporti interni degli stati membri in presenza di determinati presupposti601. In
seguito alla sua entrata in vigore le norme del codice della navigazione hanno
un'applicazione del tutto residuale 602 . Dall’analisi dell'articolo 2 del regolamento 603 ,
emerge, infatti, che solamente i trasporti eseguiti con navi delle categorie C e D (che
effettuano il trasporto ad una distanza inferiore alle 5 miglia dalla costa)604 trovano la loro
fonte normativa principale nel diritto nazionale 605 . In virtù di tale disciplina, alcune
599
La Convenzione di Atene del 1974 non è mai stata ratificata da parte dell’Italia. A. DANI, La
Convenzione di Atene del 1974 sul trasporto marittimo di passeggeri e di bagaglio, in Trasporti, 1976, 8,
112, afferma che le ragioni della mancata ratifica da parte dell'Italia sarebbero legate alla posizione di favore,
che viene riservata al vettore dal punto di vista dell'imputazione di responsabilità e dei limiti di indennizzo.
600
Art. 3, Reg. CE n. 392/2009: «1.Il regime di responsabilità nei confronti dei passeggeri, del loro bagaglio
e dei loro veicoli e le norme in materia di assicurazione e altre garanzie finanziarie sono disciplinate dal
presente regolamento, dagli articoli 1 e 1bis, dall'articolo 2, paragrafo 2, dagli articoli da 3 a 16 e dagli
articoli 18, 20 e 21 della Convenzione di Atene figurante nell'allegato I e dalle disposizioni degli
orientamenti IMO figuranti nell'allegato II. 2. Gli orientamenti IMO figuranti nell'allegato II sono
vincolanti».
601
Art 1, comma 2, Reg. CE n. 392/2009: «Inoltre, il presente regolamento estende l'ambito di applicazione
di tali disposizioni al trasporto di passeggeri via mare effettuato all'interno di un singolo Stato bordo di
navi appartenenti alle classi A e B ai sensi dell'articolo 4 della direttiva 98/18/CE e stabilisce taluni requisiti
supplementari».
602
M. M. COMENALE PINTO, Le tendenze unificatrici nella disciplina del trasporto di persone, in Scritti in
onore di Francesco Berlingieri, I, Genova, 2010, 393 ss.; S. ZUNARELLI, M. M. COMENALE PINTO, Manuale
di diritto della navigazione e dei trasporti, cit., 378 ss. Secondo gli Autori dovrebbe ammettersi una
persistente vigenza delle previsioni, dettate dal codice della navigazione, in materia di ritardo e di
mutamento di itinerario, di cui agli articoli 408 e 403 cod. nav. Si tratta, infatti, di aspetti non trattati dalla
Convenzione di Atene del 1974. Secondo M. LOPEZ DE GONZALO, La responsabilità del vettore marittimo
di persone dal Codice della Navigazione al Regolamento (CE) 392/2009, in Dir. mar., 2012, 756, ciò
confermerebbe il diritto della navigazione come un «polisistema caratterizzato dal sovrapporsi di una
pluralità di livelli normativi».
603
Art. 2, Reg. CE. n. 392/2009: «Il presente regolamento si applica a qualsiasi trasporto internazionale ai
sensi dell'articolo 1, punto 9, della Convenzione di Atene e al trasporto via mare effettuato all'interno di un
singolo Stato membro a bordo di navi appartenenti alle classi A e B ai sensi dell'articolo 4 della direttiva
98/18/CE, se: a) la nave batte bandiera di uno Stato membro o è registrata in uno Stato membro; b) il
contratto di trasporto è stato concluso in uno Stato membro; o c) il luogo di partenza o di destinazione, in
base al contratto di trasporto, è situato in uno Stato membro. Gli Stati membri possono applicare il presente
regolamento a ogni trasporto via mare effettuato all'interno di un singolo Stato membro».
604
Vedi art. 4, della Direttiva 98/18/CE del Consiglio del 17 marzo 1998, relativa alle disposizioni e norme
di sicurezza per le navi da passeggeri, in GU L 144 del 15 maggio 1998, 1.
605
M. M. COMENALE PINTO, Le tendenze unificatrici nella disciplina del trasporto di persone, cit., 393 ss.;
S. ZUNARELLI, M. M. COMENALE PINTO, Manuale di diritto della navigazione e dei trasporti, cit., 378 ss.
Sul punto anche E. FOGLIANI, Trasporto marittimo di persone: le semplici norme comunitarie a tutela dei
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tipologie di trasporti nazionali sono regolate dal diritto interno, mentre altre sono
disciplinate dalle norme UE e di diritto uniforme. L’uniformità normativa nel trasporto
marittimo di persone potrebbe essere realizzata con l’introduzione di una disposizione
analoga all'articolo 941 cod. nav. in materia di trasporto aereo, come modificata in seguito
alla riforma della parte aeronautica del codice della navigazione attuata con i D. lgs. n.
96/2005 e n. 151/2006 (di cui si tratterà diffusamente nel paragrafo successivo)606.
Per quanto riguarda i trasporti regolati dal diritto interno, l’articolo 409 cod. nav.
pone il principio della presunzione di colpa del vettore, analogamente a quanto previsto
dall'articolo 1218 cod. civ., in materia di responsabilità generale del debitore 607 . Ciò
significa che il verificarsi del sinistro, entro il lasso di tempo indicato dalla norma, fa
presumere la responsabilità del vettore. Questa presunzione è superabile, provando che la
causa del sinistro è riconducibile a caso fortuito o forza maggiore, cioè ad eventi non
evitabili o prevedibili da parte del vettore, e dei suoi dipendenti e preposti. Il vettore deve
dimostrare la ricorrenza di una causa specifica, estranea alla propria condotta, che abbia
reso impossibile l'esecuzione della prestazione.
La maggioranza della giurisprudenza 608 , allontanandosi dal dato normativo,
distingue i “danni in occasione del trasporto” dai “danni a causa del trasporto”,
attribuendo al vettore un diverso onere probatorio a seconda dei casi 609. Le origini di
passeggeri, in Dir. trasp., 2012, III, 689.
606
M. M. COMENALE PINTO, Le tendenze unificatrici nella disciplina del trasporto di persone, cit., 393 ss.;
M. LOPEZ DE GONZALO, La responsabilità del vettore marittimo di persone dal Codice della Navigazione
al Regolamento (CE) 392/2009, cit., 758.
607
A. LEFEBVRE D'OVIDIO - G. PESCATORE - L. TULLIO, Manuale di diritto della navigazione, cit., 471 ss.;
S. POLLASTRELLI, Il contratto di trasporto marittimo di persone, cit., 180 ss.; S. ZUNARELLI, M. M.
COMENALE PINTO, Manuale di diritto della navigazione e dei trasporti, I, cit., 367. G. ROMANELLI, In tema
di responsabilità del vettore per danni alla persona, cit., 270, ritiene, invece, che l'articolo 409 cod. nav,
abbia una portata identica agli articoli 1681 cod. civ. e 942 cod. nav. Di conseguenza, il vettore può andare
indenne da responsabilità, fornendo la prova della propria diligenza; contra recentemente: S. ZUNARELLI,
M. M. COMENALE PINTO, Manuale di diritto della navigazione e dei trasporti, cit., 367.
608
Cass., 7 febbraio 1962, n. 244, in Riv. dir. nav., 1962, II, 15 ss. e in Dir. mar., 1962, 557, con nota di I.
ABBATE, Questioni in tema di ripartizione dell'onere della prova nel contratto di passaggio; Cass., 9 agosto
1972, n. 2685, in Dir. mar., 1974, 137; Cass., 3 luglio 1978, n. 3285, in Porti mare terr., 1979, 119, con nota
di E. TURCO BULGHERINI, Sinistri a causa e sinistri in occasione del trasporto marittimo; Cass., 29 marzo
1979, n. 1803, in Giur. it., 1980, I, 688; Cass., 29 marzo 1980, in Resp. civ. prev., 1980, 88; nel merito: App.
Napoli, 27 febbraio 1981, in Dir. mar., 1981, 385, con nota di A. DANI, Sulla distribuzione dell'onere della
prova nel contratto di trasporto di persone; Trib. Napoli, 7 maggio 1983, in Dir. mar., 1984, 896 ss.; Trib.
Genova, 17 ottobre 2002, in Dir. mar., 2004, 515 ss.; Trib. Genova, 9 novembre 2005, in Dir. trasp, 2007,
II, 626.; sull’evoluzione della giurisprudenza in materia di onere probatorio ex art. 409 cod. nav. v. L.
TULLIO, La tutela del passeggero nel contratto di trasporto marittimo, in G. SILINGARDI e V. ZENO –
ZENCOVICH (a cura di), La tutela del turista, Milano, 1992, 226 ss.
609
S. ZUNARELLI, A. ROMAGNOLI, Il contratto di trasporto marittimo di persone, cit., 271.
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questo orientamento risalgono ad una dottrina piuttosto risalente, elaborata da Adriano
Fiorentino610. La teoria elaborata da Fiorentino muove dalla disciplina ormai superata in
materia di trasporto ferroviario, l’art. 11 R.D.L. 11 ottobre 1934, n. 1948, a cui si è
accennato nei paragrafi precedenti, che limitava la responsabilità dell’amministrazione
ferroviaria ai danni, che fossero avvenuti in occasione di un'anormalità nell'esercizio
ferroviario, salvo le ipotesi di caso fortuito e forza maggiore611.
Nei “danni a causa del trasporto” sono compresi gli eventi connessi all'attività del
vettore o dei suoi dirigenti e preposti. Si tratta dei cosiddetti “accidenti di trasporto”.
L'evento lesivo deriva direttamente dall'inesecuzione dell'obbligo di protezione da parte
del vettore, che non è responsabile nel caso di imprevedibilità o inevitabilità dell'evento612.
Il vettore è tenuto a dimostrare che il danno è derivato da caso fortuito oppure forza
maggiore. I “danni in occasione del trasporto” sono, invece, gli eventi lesivi originati da
una causa estranea al vettore, collegati al fatto del danneggiato o di un terzo estraneo al
rapporto contrattuale. In questo caso la prova liberatoria ha ad oggetto l'assenza di colpa
del vettore stesso, ovvero l'aver adottato tutte le misure idonee ad evitare il danno secondo
la diligenza del buon padre di famiglia613. L’ onere probatorio del passeggero risulta, però,
aggravato, perché deve dimostrare non solo l'esistenza del sinistro, ma anche la causa
specifica dello stesso, riconducibile ad un’anomalia del trasporto 614 . Il vettore non è,
610
A. FIORENTINO, Il contratto di passaggio marittimo, Firenze, 1940, 116 - 117 e poi in termini analoghi
A. FIORENTINO, I contratti navali, Napoli, 1959, 56.
611
Come già accennato nel paragrafo dedicato al trasporto stradale di persone, il r.d.l. 10 novembre 1934,
n. 1948, convertito con l. 4 aprile 1935, n. 911, stabiliva originariamente le condizioni generali e le tariffe
relative al trasporto ferroviario di persone. Queste disposizioni sono state successivamente modificate dalla
l. 7 ottobre 1977, n. 754. In seguito alla riforma legislativa è venuta meno la previsione di cui all’articolo
11 citato, che imponeva al danneggiato di dimostrare l’anomalia del servizio ferroviario quale causa del
danno subito. Nonostante l’avvenuta modifica legislativa, la giurisprudenza continua in alcuni casi ad
applicare la regola probatoria ormai superata (su questo punto specifico: G. MASTRANDREA, L’anormalità
del servizio nel trasporto ferroviario di persone: un addio sofferto, nota a Cass. 14 luglio 1989, n. 3303, in
Dir. trasp., 1991, 158, e in generale sull’evoluzione della disciplina normativa in materia di trasporto
ferroviario di persone: S. ZUNARELLI, M. M. COMENALE PINTO, Manuale di diritto della navigazione e dei
trasporti, I, cit., 333 ss.). In seguito alla riforma, le lesioni o la morte del passeggero, conseguenti ad un
incidente avvenuto all’interno della carrozza o nella fasi di salita o discesa dal mezzo, sono imputate
presuntivamente al vettore (S. BUSTI, Il contratto di trasporto terrestre, cit., 807, in particolare nota 37).
612
A. FIORENTINO, Il contratto di passaggio marittimo, cit., 117 e A. FIORENTINO, I contratti navali, cit.,
56.
613
A. FIORENTINO, Il contratto di passaggio marittimo, cit., 116. L'autore cita il caso del passeggero che
cade in mare. In questo caso il vettore potrà andare esente da responsabilità, laddove riesca a dimostrare
che il parapetto della nave era in buono stato di manutenzione, in conformità alle regole dell'ordinaria
esperienza e buona tecnica e alle eventuali norme legislative e regolamentari.
614
Sul punto: A. ZAMPONE, Il trasporto marittimo di persone, in F. MORANDI (a cura di), I contratti del
trasporto, I; Trasporto aereo e marittimo, Bologna, 2013, 468.
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133
quindi, responsabile per tutti i sinistri derivanti da causa ignota615.
La maggioranza della dottrina non accoglie questa distinzione soprattutto perché
non rispondente al dato normativo. Nell'articolo 409 cod. nav. non viene fatto alcun
riferimento alle due diverse categorie di danni sopra delineate616. Inoltre, attribuendo al
passeggero l'onere di provare la causa dell'infortunio, si finirebbe per aggravare
nettamente la sua posizione. Infatti, nell'ipotesi in cui il danneggiato non riesca ad
individuare la causa dell'infortunio, non potrebbe dimostrare il nesso di causalità e
rimarrebbe privo di tutela risarcitoria617. Si avrebbe, di conseguenza, una seria contrazione
dell'ambito di responsabilità vettoriale con «ampliamento del settore dell'inattuazione
non imputabile»
618
. L’orientamento della giurisprudenza rende particolarmente
difficoltosa la tutela del passeggero rispetto a quella del vettore, che rimane esente da
ogni responsabilità anche per i sinistri da causa ignota619.
Il termine di prescrizione dei diritti derivanti dai contratti di trasporto marittimo
di persone, che sono sottoposti al diritto nazionale, è regolato dall’articolo 418 cod. nav.
Questa disposizione stabilisce un termine prescrizionale più breve rispetto a quanto
previsto per i trasporti regolati dal codice civile. Infatti: i diritti derivanti dal contratto di
trasporto di persone e dei bagagli non registrati si prescrivono in sei mesi dall'arrivo del
615
Sulla necessità di esimere in questi casi il vettore dalla prova sinistro (anche se non muta la sua posizione
critica): S. POLLASTRELLI, Il contratto di trasporto marittimo di persone, cit., 192.
616
LEFEBVRE D'OVIDIO - G. PESCATORE - L. TULLIO, Manuale di diritto della navigazione, cit., 471, nota n.
131; S. POLLASTRELLI, Il contratto di trasporto marittimo di persone, cit., 192 (anche se con alcune remore
dal punto di vista della posizione del vettore); A. ZUNARELLI, voce Trasporto marittimo (contratto di), in
Enc. dir., XLIX, Torino, 1992, 1204.
617
A. ZAMPONE, Il trasporto marittimo di persone, cit., 468: «Il passeggero, pertanto, si trova esposto al
rischio di dovere sopportare il danno subito alla propria persona nel caso in cui non riesca a governare
positivamente l'onere di individuazione della causa del danno stesso. Il danneggiato, pertanto,
sopporterebbe il rischio dell'individuazione del nesso tra causa e danno. Mancando l'individuazione della
prima, gli rimarrà preclusa la dimostrazione del medesimo rapporto causale con la lesione subita e di
accedere all'accertamento della responsabilità del vettore ed alle conseguenti misure risarcitorie».
Probabilmente alla base di tale teoria vi è stato proprio l'intento di favorire il vettore nell'assolvimento del
proprio onere probatorio per quanto riguarda i sinistri in occasione del trasporto, dove il nesso di causalità
è meno evidenziabile (su questo punto v. M. SCARDIGLI, Sinistri “a causa” e sinistri “in occasione” del
trasporto di persone, in Riv. trim. proc. civ., 1963, 1727). Non sono mancate, però posizioni favorevoli
all'orientamento giurisprudenziale delineato: G. RIGHETTI, Trattato di diritto marittimo, II, Milano, 1990,
434, parla di "giurisprudenza evolutiva", anche se non consiglia l'adozione definitiva della soluzione accolta
dalla giurisprudenza, perché penalizzerebbe il passeggero italiano rispetto a quanto stabilito dal diritto
uniforme; in totale accordo con la posizione giurisprudenziale, perché conforme a quanto stabilito dal diritto
internazionale uniforme: S. FERRARINI, G. RIGHETTI, Appunti di diritto della navigazione (diritto
marittimo), Parte speciale, I, I contratti di utilizzazione della nave, Torino, 1991, 48.
618
A. ZAMPONE, Il trasporto marittimo di persone, cit., 468.
619
S. POLLASTRELLI, Rassegna di giurisprudenza in tema di trasporto marittimo di persone (1960- 2010),
Estratto da Riv. dir. nav., 2011, I, 252.
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passeggero o, in caso di mancato arrivo, dal giorno in cui il passeggero avrebbe dovuto
arrivare, salva l'ipotesi in cui si tratti di trasporti che hanno inizio o termine fuori
dall'Europa o dei paesi bagnati dal Mediterraneo. In quest'ultimo caso la prescrizione si
compie con decorso di un anno620. L’articolo in esame si applica unicamente ai diritti
derivanti dal contratto di trasporto. I diritti derivanti dal trasporto amichevole, che è privo
dell’elemento negoziale, saranno sottoposti al termine di prescrizione quinquennale
previsto dall’articolo 2947, comma 1, cod. civ. in materia di responsabilità aquiliana,
salvo che il fatto non costituisca reato e per esso venga prevista una prescrizione più
lunga621.
I trasporti regolati dal diritto internazionale uniforme.
Secondo alcuni autori, il regime di responsabilità, delineato dalla giurisprudenza
nazionale in materia di trasporto marittimo di persone, non si discosta da quanto previsto
dalla Convenzione di Atene del 1974 nel suo impianto originario622. L’articolo 3 della
Convenzione, nella sua formulazione originaria623, prevedeva che la responsabilità del
620
Una delle imprecisioni rilevate dalla dottrina nella formulazione dell’articolo 418 cod. nav. riguarda la
disciplina del bagaglio. In particolare il legislatore sembrerebbe aver equiparato il bagaglio registrato a
quello consegnato e il bagaglio non registrato a quello con consegnato. Le due definizioni, invece, non sono
coincidenti, perché parte del bagaglio registrato può anche rimanere presso il passeggero, mentre parte del
bagaglio non registrato può essere consegnato al vettore. Sul punto e il generale sulla prescrizione regolata
dall’articolo 418 cod. nav. v. E. FOGLIANI, Prescrizione e decadenza nel trasporto marittimo, in (coordinato
da) A. ANTONINI, Trattato breve di diritto marittimo, III, Le obbligazioni e le responsabilità nella
navigazione marittima, Milano, 484 ss e anche E. FOGLIANI, La prescrizione dell’azione risarcitoria, in
"Atti del convegno su "La responsabilità del vettore di persone. Trasporto marittimo ed aereo a confronto",
Lecce, 15 - 16 giugno 2012, in Dir. trasp., 2012, III, 662 ss.; in generale sul tema v. anche E. TURCO
BULGHERINI, voce Prescrizione marittima ed aeronautica, in Dig. disc. priv. sez. comm., XI, Torino, 1994.
621
L’esclusione del trasporto amichevole marittimo di persone dall’ambito di applicazione dell’articolo 418
cod. nav. è stata specificata da parte della giurisprudenza; v. App. Trieste, 16 gennaio 1964, in Arch. giur.
circ., 1964, 120; Trib. Roma 9 luglio 1970, in Riv. dir. nav., 1970, II, 270 (sul punto ZUNARELLI S.,
COMENALE PINTO M. M., Manuale di diritto della navigazione e dei trasporti cit., 30, in particolare nota n.
29;
622
Sul punto: M. M. COMENALE PINTO, Il passaggio marittimo fra codice della navigazione, convenzioni
non ratificate e prospettive comunitarie, cit., 68 ss.; F. PERSANO, Problematiche concernenti
l'incorporazione della Convenzione di Atene del 2002 in materia di responsabilità dei vettori marittimi di
persone nel diritto comunitario, in Dir. comm. intern., 2007, 221-222; vedi anche: A. ANTONINI,
Considerazioni conclusive, in Atti del convegno su "La responsabilità del vettore di persone. trasporto
marittimo ed aereo a confronto", Lecce, 15 - 16 giugno 2012, in Dir. trasp., 2012, III, 679 ss.; in posizione
critica: M. LOPEZ DE GONZALO, La responsabilità del vettore marittimo di persone dal Codice della
Navigazione al Regolamento (CE) 392/2009, cit., 760 ss. e L. TULLIO, Responsabilità civile e diritto della
navigazione, in Scritti in onore di Francesco Berlingieri, II, Genova, 2010, 1089 ss.
623
Art. 3, Convenzione di Atene 1974 (formulazione originaria): «.1. The carrier shall be liable for the
damage suffered as a result of the death of or personal injury to a passenger and the loss of or damage to
luggage if the incident which caused the damage so suffered occurred in the course of the carriage and was
due to the fault or neglect of the carrier or of his servants or agents acting within the scope of their
employment. 2. The burden of proving that the incident which caused the loss or damage occurred in the
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vettore fosse basata sulla colpa, che veniva presunta in caso di danni derivanti da difetto
di navigabilità̀ e in cinque ipotesi tratte dalla prassi assicurativa: naufragio, collisione,
incendio, esplosione, arenamento (danni a causa del trasporto)624. Invece, negli altri casi
(danni in occasione del trasporto) era il passeggero a dover dimostrare la colpa del
vettore625. Si ha così un doppio sistema di responsabilità: contrattuale per i danni a causa
del trasporto («Fault or neglect of the carrier or of his servants or agents acting within
the scope of their employment shall be presumed, unless the contrary is proved, if the
death of or personal injury to the passenger or the loss of or damage to cabin luggage
arose from or in connexion with the shipwreck, collision, stranding, explosion or fire, or
defect in the ship») e extracontrattuale per i danni in occasione del trasporto («In all other
cases the burden of proving fault or neglect shall lie with the claimant»)626.
course of the carriage, and the extent of the loss or damage, shall lie with the claimant. 3. Fault or neglect
of the carrier or of his servants or agents acting within the scope of their employment shall be presumed,
unless the contrary is proved, if the death of or personal injury to the passenger or the loss of or damage
to cabin luggage arose from or in connexion with the shipwreck, collision, stranding, explosion or fire, or
defect in the ship. In respect of loss of or damage to other luggage, such fault or neglect shall be presumed,
unless the contrary is proved, irrespective of the nature of the incident which caused the loss or damage. In
all other cases the burden of proving fault or neglect shall lie with the claimant». In generale per un’analisi
della Convenzione di Atene del 1974 anteriormente alle modifiche v.: C. LEGENDRE, La convention d’Athen
relatif au transport par mer des passagers et de leurs bagages, in Dr. mar. fr., 1976, 451 ss.; D. J.
MARKIANOS, The Athens Convention relating to the carriage of passengers and thier luggage by the sea,
1974, in Dir. mar., 1975, 135 ss.; F. X. PIERRONNET, Transport maritime de passagers et de leurs bagages,
in JurisClasseur Transport, Fasc, 1278, n. 3/2012 (che analizza in maniera esaustiva tutta la normativa);
anche la Francia non ha ratificato la Convenzione di Atene del 1974 e il trasporto di passeggeri veniva
regolamentato dalla loi 18 juin 1966 (art. 33 à 49), che presenta dei punti di contatto con la disciplina posta
dalla Convenzione di Atene del 1974, sul punto v, gli approfondimenti di F. X. PIERRONNET, A. LUQUIAU,
L’indemnisations de dommages subis par les passagers par mer: de nouvelles voies possibles?, in ADMO,
2000, 265 ss.
624
Art. 3, comma 3, Convenzione di Atene del 1974: «Fault or neglect of the carrier or of his servants or
agents acting within the scope of their employment shall be presumed, unless the contrary is proved, if the
death of or personal injury to the passenger or the loss of or damage to cabin luggage arose from or in
connexion with the shipwreck, collision, stranding, explosion or fire, or defect in the ship. In respect of loss
of or damage to other luggage, such fault or neglect shall be presumed, unless the contrary is proved,
irrespective of the nature of the incident which caused the loss or damage (…)».
625
Art. 3, comma 3, Convenzione di Atene del 1974: «(…) In all other cases the burden of proving fault or
neglect shall lie with the claimant».M. M. COMENALE PINTO, Il trasporto marittimo di passeggeri:
disciplina attuale e prospettive, cit., 68 ss. Fortemente critici su questo punto: G. MASTANDREA, Il trasporto
marittimo di persone, in Trattato breve di diritto marittimo, cit., 81: «Un'occasione che poteva essere utile
per ricondurre ad omogeneità il regime di responsabilità contrattuale presunta del vettore marittimo di
passeggeri per violazione dell'obbligo di protezione, evitando l'applicazione di regole e principi ormai
antiquati e di distinzione, come quella tra i sinistri a causa od in occasione del trasporto, di ben complessa
attuabilità concreta», e M. LOPEZ DE GONZALO, La responsabilità del vettore marittimo di persone dal
Codice della Navigazione al Regolamento (CE) 392/2009, cit., 760, «Ciò che avrebbe dovuto uscire dalla
porta di un’interpretazione coerente con il dato letterale dell’art. 409 cod. nav. rientra così dalla finestra con
l’autorevole sigillo della normativa di origine internazionale - comunitaria».
626
A. DANI, La Convenzione di Atene del 1974 sul trasporto marittimo di passeggeri e di bagaglio, cit.
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Anche in seguito alle modifiche apportate con il protocollo di Londra del 2002 è
rimasta ferma la distinzione tra danni “in occasione del trasporto” (caused by a shipping
incident) e danni “a causa del trasporto”, (not caused by a shipping incident). Tuttavia,
sono state introdotte alcune modifiche significative al sistema di responsabilità
originario 627 . Nella nozione di shipping incident è stata inserita l'ulteriore ipotesi del
capovolgimento della nave (capsizing), ma soprattutto è stato formulato un regime
probatorio particolare per i danni “a causa del trasporto”. Con il protocollo del 2002, è
stato, infatti, adottato un regime di responsabilità su due livelli
628
ispirato alla
Convenzione di Montreal del 1999629, che sarà oggetto di approfondimento nel paragrafo
successivo. Fino a 250.000 DSP il vettore può esonerarsi da responsabilità, provando la
ricorrenza di una delle due categorie di eventi anomali previsti dall'articolo 3 § 1. Per
quanto riguarda, invece, i danni non derivanti da un l'onere probatorio ricade sul soggetto
trasportato630, così come quello per i danni che eccedono i 400.000 D.S.P.
La prescrizione dei diritti derivanti dai trasporti nazionali sottoposti al diritto
107.
627
Sul punto vedi: F. BERLINGIERI, Le convenzioni internazionali di diritto marittimo e il codice della
navigazione, Milano, 2009, 1145 ss.; M. M. COMENALE PINTO, Il trasporto marittimo di passeggeri:
disciplina attuale e prospettive, cit., 67 ss.
628
Art. 3, comma 1, Convenzione di Atene del 1974 come emendato dal protocollo di Londra del 2002: «
1. For the loss suffered as a result of the death of or personal injury to a passenger caused by a shipping
incident, the carrier shall be liable to the extent that such loss in respect of that passenger on each distinct
occasion does not exceed 250,000 units of account, unless the carrier proves that the incident: (a) resulted
from an act of war, hostilities, civil war, insurrection or a natural phenomenon of an exceptional, inevitable
and irresistible character; or (b) was wholly caused by an act or omission done with the intent to cause the
incident by a third party. If and to the extent that the loss exceeds the above limit, the carrier shall be further
liable unless the carrier proves that the incident which caused the loss occurred without the fault or neglect
of the carrier».
629
Per quanto concerne il doppio livello di responsabilità, in rapporto alla Convenzione di Montreal del
1999: C. PERRELLA, Convenzione di Atene e Regolamento (CE) 392/2009: alcune questioni aperte in
materia di risarcimento del danno alla persona, in Dir. mar., 2012, 813 ss.; A. ZAMPONE, Il doppio livello
di responsabilità per morte o lesioni del passeggero, in "Atti del convegno su "La responsabilità del vettore
di persone. trasporto marittimo ed aereo a confronto", Lecce, 15 - 16 giugno 2012, in Dir. trasp., 2012, III,
630 ss.
630
Secondo alcuni, in quest'ultimo caso, vi sarebbe una deroga rispetto ai principi generali in materia di
obbligazioni. Infatti, si avrebbe una responsabilità del vettore senza inversione dell'onere probatorio: il
creditore della prestazione dovrebbe dimostrare la colpa del debitore (A. ANTONINI, Considerazioni
conclusive, cit., 680; L. TULLIO, Responsabilità civile e diritto della navigazione, cit., 1090, secondo il
quale la responsabilità del vettore andrebbe qualificata come extracontrattuale). Questa deroga è stata
definita come una vera e propria peculiarità del diritto della navigazione, che non trova alcun riscontro
nell'ordinamento generale (A. ANTONINI, Considerazioni conclusive, cit., 680: «Esso segnala, nuovamente,
il diritto della navigazione per la sua assoluta peculiarità, che abbiamo espresso e ribadiamo in termini di
autonomia»).
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uniforme è regolata dall’articolo 16 della Convenzione di Atene del 1974631. È previsto
un termine di prescrizione di durata biennale per l’esercizio dell’azione di risarcimento
dei danni derivanti da morte o lesioni personali del passeggero oppure da perdita ed avaria
dei bagagli (art. 16, punto 1). È piuttosto articolato il sistema previsto dalla disposizione
per il calcolo del termine di prescrizione. Nell’ipotesi in cui il passeggero abbia subito
delle lesioni personali il termine viene calcolato dalla data dello sbarco. In caso di morte
del passeggero il termine iniziale è differente a seconda che la morte sia avvenuta durante
il trasporto o dopo lo sbarco. Nel primo caso il termine decorre dalla data in cui il
passeggero sarebbe dovuto sbarcare. È, infatti, in questo momento (se non prima) che i
suoi aventi causa vengono informati delle morte. Se la morte è sopraggiunta dopo lo
sbarco a causa delle lesioni personali subite durante il trasporto, il termine biennale
decorre a partire dalla data della morte, purché questa abbia avuto luogo entro il termine
di un anno dallo sbarco del passeggero. In questa ultima fattispecie la durata massima
della prescrizione è di tre anni. Infine, in caso di perdita o di danno ai bagagli il calcolo
del termine ha inizio dal momento dello sbarco o se successivo dalla data in cui sarebbe
dovuto avvenire lo sbarco. Nell’ultima ipotesi la decorrenza del termine è unica, ma non
è chiaro se il legislatore abbia voluto riferirsi allo sbarco del passeggero oppure allo
sbarco del proprio bagaglio (art. 16, punto 2)632.
La Convenzione di Atene introduce però, un ulteriore sbarramento temporale.
Viene, infatti, previsto che il termine massimo per l’esercizio dell’azione non può
superare per effetto di sospensione ed interruzioni (regolati dalla lex fori; v. art. 16 punto
3) il termine massimo di cinque anni, che decorrono dalla data dello sbarco o dalla data
in cui sarebbe dovuto avvenire lo sbarco con preferenza per la data posteriore tra le due
(v. art. 16 punto 3 lett. a). Nell’ipotesi in cui l’avente diritto abbia avuto conoscenza o
631
La natura giuridica del termine previsto per l’esercizio dell’azione ha natura prescrizionale, sia perché
questo termine è utilizzato dalla disposizione, sia perché prevede un rinvio alla lex fori per quanto concerne
gli istituti della interruzione e della sospensione, che sono propri della prescrizione e non della decadenza
(sul punto F. BERLINGIERI, Le convenzioni internazionali di diritto marittimo e il codice della navigazione,
cit., 1179; v. anche E. FOGLIANI, Prescrizione e decadenza nel trasporto marittimo, cit., 485, che mette in
evidenza le problematiche qualificatorie derivanti dall’utilizzo del termine prescrizione nel testo francese,
e decadenza, invece, in quello inglese, optando, però, per la prima accezione). Il fatto che venga inquadrato
come un termine prescrizionale esclude la possibilità di concorrenza con l’articolo 418 del codice della
navigazione ( E. FOGLIANI, Prescrizione e decadenza nel trasporto marittimo, cit., 486).
632
F. BERLINGIERI, Le convenzioni internazionali di diritto marittimo e il codice della navigazione, cit.,
1181.
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avrebbe potuto avere ragionevole conoscenza delle perdite, lesioni o danni causati
dall’incidente dopo lo sbarco (o dalla data in cui sarebbe dovuto sbarcare) e prima del
termine quinquennale, avrà diritto ad esercitare l’azione in un termine eccedente rispetto
a quello quinquennale, ma non superiore ai tre anni dal momento in cui l’avente diritto
abbia avuto conoscenza (o avrebbe avuto conoscenza) delle perdite, lesioni o danni di cui
si è detto (v. art. 16, punto 3, lett. b)633. È, infine, prevista la possibilità di proroga del
termine di prescrizione sia attraverso un accordo bilaterale tra le parti, sia attraverso una
dichiarazione scritta del vettore (art. 16, punto 4)634.
III.3.3. La responsabilità del vettore per sinistri al passeggero nel trasporto
aereo.
Con l’articolo 2 della l. 9 novembre 2004 n. 265 il governo è stato delegato a
riformare la parte aeronautica del codice della navigazione. La riforma, secondo quanto
traspare dall’articolo 2, comma 1, citato, aveva la finalità principale di migliorare il livello
di tutela dei diritti del passeggero e al contempo di razionalizzare e semplificare l’assetto
normativo e regolamentare nel settore dell’aviazione civile e della gestione
aeroportuale635. In attuazione della legge delega sono stati promulgati i decreti legislativi
9 maggio 2005 n. 96 “Revisione della parte aeronautica del codice della navigazione” e
il decreto legislativo 15 marzo 2006, n. 151 “Disposizioni correttive ed integrative al
decreto legislativo 9 maggio 2005 n. 96, recante la revisione della parte aeronautica del
codice della navigazione (ai sensi dell’art. 2, comma 3 della legge delega636). Nell’ambito
633
Per ulteriori approfondimenti su questo punto: F. BERLINGIERI, Le convenzioni internazionali di diritto
marittimo e il codice della navigazione, cit., 1182. Si tratta, secondo E. FOGLIANI, La prescrizione
dell’azione risarcitoria, cit., 665, di termini di natura decadenziale e non prescrizionale. Ciò viene dedotto
esclusivamente dall’interpretazione letterale del testo.
634
E. FOGLIANI, La prescrizione dell’azione risarcitoria, cit., 665, mette in evidenza che anche il termine
quinquennale finale, che egli considera come previsto a pena di decadenza, possa essere oggetto di proroga.
Afferma l’Autore, che, sebbene forzata dal punto di vista letterale, questa interpretazione è conforme ad
altre analoghe norme di diritto internazionale dei trasporti.
635
Articolo 2, comma 1, l. n. 265/2004: «Al fine di migliorare il livello di tutela dei diritti del passeggero e
di sicurezza del trasporto aereo, di razionalizzare e semplificare l’assetto normativo e regolamentare nel
settore dell’aviazione civile e delle gestioni aeroportuali, il Governo è delegato ad adottare, senza nuovi o
maggiori oneri per la finanza pubblica e nel rispetto delle prerogative costituzionali delle regioni e delle
province autonome di Trento e di Bolzano, entro sei mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge,
previa deliberazione del Consiglio dei ministri, su proposta del Ministro delle infrastrutture e dei trasporti,
uno o più decreti legislativi per la revisione della parte aeronautica del codice della navigazione»; sulle
finalità legislative v. in particolare E. G. ROSAFIO, Il trasporto aereo di cose. Riflessioni sul nuovo regime
legale, cit., 20 ss.
636
Art.2, comma 3, legge n. 265/2004: «Entro un anno dalla data di entrata in vigore dei decreti legislativi
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della riforma riveste particolare importanza il nuovo regime di responsabilità del vettore
aereo di persone e di bagagli, che risulta allineato a quello previsto a livello internazionale
dalla Convenzione di Montreal del 1999 (resa esecutiva in Italia con la l. 10 gennaio 2004,
n. 12). La Convenzione di Montreal era, in realtà, già operante sia a livello comunitario
sia a livello interno per effetto del Reg. (CE) n. 2027/97 del Consiglio del 9 ottobre 1997,
come modificato dal Reg. (CE) n. 889/2002 del Parlamento Europeo e del Consiglio del
13 maggio 2002637. Il nuovo articolo 941 cod. nav. individua così la normativa applicabile
al trasporto aereo di persone e di bagagli: «Il trasporto aereo di persone e di bagagli,
compresa la responsabilità del vettore per lesioni personali del passeggero, è regolato
dalle norme internazionali e comunitarie in vigore nella Repubblica. Al trasporto di
bagagli si applica, inoltre, l’art. 953»638.
La tecnica utilizzata dal legislatore per regolare la materia del trasporto di persone
e di bagagli è il rinvio alle norme internazionali e comunitarie in vigore nella Repubblica.
Si tratta di un rinvio “dinamico” alla normativa internazionale. Ciò significa che la
disciplina interna, nel cui ambito opera il rinvio, verrà automativamente aggiornata,
laddove venga introdotto all’interno dell’ordinamento nazionale un nuovo strumento di
di cui al comma 1, nel rispetto dei princìpi e dei criteri direttivi indicati e con le medesime procedure
stabilite dal presente articolo, possono essere emanate disposizioni correttive e integrative dei decreti
legislativi stessi».
637
La Comunità Europea, successivamente all’approvazione della Convenzione di Montreal del 1999 da
parte della Conferenza diplomatica, ha revisionato il Reg. (CE) n. 2027/97, con il Reg. (CE) n. 889/2002
del Parlamento e del Consiglio del 13 maggio 2002, la cui operatività è stata subordinata all’entrata in
vigore della Convenzione di Montreal del 1999 (entrata in vigore sul piano internazionale nel novembre
2003 con il deposito della trentesima ratifica da parte del Camerun e in Italia il 28 giugno 2004); sul tema
v. tra gli altri: L. PIERALLINI, Il nuovo intervento normativo verso l’omogeneizzazione della responsabilità
del vettore aereo, in Nuove leggi civ. comm., 2002, 699; F. TAMBURRINI, Le novità introdotte dal Reg. (CE)
n. 889/2002 e le ragioni connesse ad una sua adozione, in Dir. trasp., 2003, I, 231 ss. e per ulteriori
riferimenti dottrinali sul problema del coordinamento tra la Convenzione di Montreal del 1999 e il Reg.
(CE) n. 889/2002: E. G. ROSAFIO, Il trasporto aereo di cose. Riflessioni sul nuovo regime legale, cit., 11,
nota n. 21.
638
Sul punto e in generale sulla riforma v. l’esposizione esaustiva di E. TURCO BULGHERINI, La riforma del
codice della navigazione parte aerea, in Nuove leg. civ. comm., 2006, 1341 ss. e in particolare v. 1361 ss.;
v. anche G. MASTRANDREA, L. TULLIO, Revisione della parte aeronautica del Codice della Navigazione, in
Dir. mar.. 2005, 1201 ss. e G. MASTRANDREA, L. TULLIO, Il compimento della revisione della parte
aeronautica del codice della navigazione, in Dir. mar., 2006, 699 ss.; S. ZUNARELLI, M. M. COMENALE
PINTO, Manuale di diritto della navigazione e dei trasporti, cit., 431, sottolineano che la tecnica del rinvio
non è originale. Vi sono, infatti, altri ordinamenti in cui sono state promulgate norme di estensione della
Convenzione di Varsavia del 1929 anche a trasporti privi dei requisiti indicati dalla Convenzione. Una
situazione analoga si è verificata, inoltre, negli ordinamenti degli stati comunitari per effetto del Reg. CE
n. 2027/1997, come modificato dal Reg. CE n. 889/2002 con cui si estesa l’applicazione della Convenzione
di Montreal del 1999 a tutti i trasporti effettuati da vettori comunitari, inclusi i trasporti interni,
limitatamente alla responsabilità del vettore nel trasporto di persone e di bagagli.
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diritto uniforme, che regola la materia cui il rinvio si riferisce. La tecnica del rinvio
“dinamico” impedisce che si verifichi uno “sfasamento” tra una previsione di diritto
interno e la disciplina convenzionale, che è soggetta a provvedimenti modificativi639. Un
analogo rinvio è effettuato dal legislatore anche per il trasporto aereo di cose ai sensi
dell’articolo 951 cod. nav.640: “Il trasporto aereo di cose, compresa la sua documentazione
tramite lettera di trasporto aereo, è regolata dalla norme internazionali in vigore nella
Repubblica, che si estendono anche ai trasporti di cose ai quali non si applicherebbero per
forza propria”.
Per effetto del rinvio contenuto nell’art. 941 cod. nav., la Convenzione di Montreal
del 1999 si applica anche ai trasporti interni di persone e di bagagli e non esclusivamente
ai trasporti internazionali, che siano assunti a titolo oneroso o, se gratuiti, siano eseguiti
da un’impresa di trasporto aereo (v. art. 1, par. 1 della Convenzione di Montreal del 1999:
«La presente convenzione si applica ad ogni trasporto internazionale di persone, bagagli
o merci, effettuato con aeromobile a titolo oneroso. Essa si applica altresì ai trasporti con
aeromobile effettuati a titolo gratuito da un'impresa di trasporto aereo»). La Convenzione
di Varsavia del 1929 (ratificata e resa esecutiva in Italia con la l. 19 maggio 1932 n. 841)
ed i successivi accordi modificativi continua, invece, ad applicarsi ai trasporti
internazionali, per i quali non sia applicabile la Convenzione di Montreal del 1999641.
Il testo originario della Convenzione di Varsavia del 1929 prevedeva un sistema
di responsabilità del vettore aereo per danni alla persona del passeggero642: soggettiva,
basata sulla presunzione di colpa in capo al vettore, limitata ed inderogabile. Il carattere
soggettivo della responsabilità era collegato ad una scelta compiuta in occasione del
639
E. G. ROSAFIO, Il trasporto aereo di cose. Riflessioni sul nuovo regime legale, cit., 24 ss.
E. G. ROSAFIO, Il trasporto aereo di cose. Riflessioni sul nuovo regime legale, cit., 26 ss.; v. a tal
proposito anche l’art. 965 cod. nav. in materia di responsabilità dell’esercente per danni a terzi sulla
superficie («La responsabilità dell’esercente per i danni causati dall’aeromobile a persone ed acose sulla
superficie è regolata dalle norme internazionali in vigore nella Repubblica, che si applicano anche ai danni
provocati sul territorio nazionale da aeromobili immatricolati in Italia. La stessa disciplina si applica anche
agli aeromobili di stato ed a quelli equiparati, di cui agli articoli 744 e 746»).
641
S. ZUNARELLI, M. M. COMENALE PINTO, Manuale di diritto della navigazione e dei trasporti, cit., 427.
Ciò può avvenire in due casi: gli Stati oppure lo Stato in cui avviene il trasporto sono parti della
Convenzione di Varsavia del 1929 oppure almeno uno non è parte della Convenzione di Montreal del 1999.
642
La norma di riferimento della responsabilità del vettore per infortunio o morte del passeggero è l’art. 17
della Convenzione di Varsavia del 1929: «Le transporteur est responsable du dommage survenu en cas de
mort, de blessure ou de toute autre lésion corporelle subie par un voyageur lorsque l'accident qui a causé
le dommage s'est produit à bord de l'aéronef ou au cours de toutes opérations d'embarquement et de
débarquement».
640
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primo Congresso di diritto aeronautico internazionale tenutosi a Parigi del 1925 643. A
differenza della responsabilità oggettiva per danni a terzi in superficie venne previsto un
sistema di responsabilità soggettiva, ma presunta con onere della prova liberatoria in capo
al vettore644. L’onere probatorio del vettore consisteva nel dimostrare di aver adottato tutte
le misure idonee ad evitare il danno, secondo quanto stabilito dall’art. 20 645 . La
responsabilità del vettore era sottoposta ad un limite, pari originariamente a 125.000
DSP646 (art. 22). Il vettore, però, sarebbe decaduto dal beneficio del termine nell’ipotesi
643
MINISTÈRE DES AFFAIRES ÉTRANGÈRES, FRANCE, Conférence internationale de droit privé aérien (27
octobre-6 novembre 1925), Paris, 1926, 55 ss.: «L'opinion générale est que, tandis que la responsabilité
civile à l'égard des tiers, doit comporter l'application de la théorie du risque, en revanche, dans la
responsabilité du transporteur à l'égard des passagers et des marchandises, il faut admettre la théorie de
la faute. Ce premier point acquis, on peut se demander à qui incombe le fardeau de la preuve; il a paru
équitable de ne pas imposer cette lourde charge au lésé et tfon a admis la présomption de faute à la charge
du transporteur. Mais comme ce n'est qu'une présomption, le transporteur à évidemment le droit de
rapporter la preuve contraire et l'on doit alors établir nettement la limite de la faute; où commence celleci ? Que peut-on exiger du transport aérien? Une organisation normale de son exploitation, un choix
judicieux de son personnel, une surveillance constante dé ses agents et préposés, un contrôle sérieux de
ses appareils accessoires et des matières employées. Il faut bien admettre que celui qui utilise un aéronef
n'ignore pas les risques inhérents à un mode de circulation qui n'a pas encore atteint le point de perfection
que cent années ont donné aux chemins de fer. Il est donc juste de ne pas imposer au transporteur une
responsabilité absolue et de le dégager de toute responsabilité lorsqu'il a pris les mesures raisonnables et
normales pour éviter le dommage ; c'est la diligence que l'on peut exiger du bon père de famille. Dans l'état
actuel de l'aéronautique il semble indiqué de s'en tenir là, tout en prévoyant pour un avenir peut-être
lointain, une assimilation possible avec la responsabilité du chemin de fer».
644
L’art. 3, comma 2, della Convenzione di Varsavia del 1929 stabilisce che: «L'absence, l'irrégularité ou
la perte du billet n'affecte ni l'existence, ni la validité du contrat de transport, qui n'en sera pas moins
soumis aux règles de la présente Convention. Toutefois si le transporteur accepte le voyageur sans qu'il ait
été délivré un billet de passage, il n'aura pas le droit de se prévaloir des dispositions de cette Convention
qui excluent ou limitent sa responsabilité». Su questo punto: G. ROMANELLI, Il regime di responsabilità de
vettore per infortunio del passeggero in base al Regolamento CE del Consiglio n. 2027, in Studi in memoria
di Maria Luisa Corbino, Milano, 1999, 752 ss.; v. prima G. ROMANELLI, Il trasporto aereo di persone, cit.,
185 ss.
645
Art. 20 della Convenzione di Varsavia del 1929: «Le transporteur n'est pas responsable s'il prouve que
lui et ses préposés ont pris toutes les mesures nécessaires pour éviter le dommage ou qu'il leur était
impossible de les prendre. 2. Dans les transports de marchandises et de bagages, le transporteur n'est pas
responsable, s'il prouve que le dommage provient d'une faute de pilotage, de conduite de l'aéronef ou de
navigation, et que, à tous autres égards, lui et ses préposés ont pris toutes les mesures nécessaires pour
éviter le dommage».
646
Art. 22 della Convenzione di Varsavia del 1929: «1. Dans le transport des personnes, la responsabilité
du transporteur envers chaque voyageur est limitée à la somme de cent vingt cinq mille francs. Dans le cas
où, d'après la loi du tribunal saisi, l'indemnité peut être fixée sous forme de rente, le capital de la rente ne
peut dépasser cette limite. Toutefois par une convention spéciale avec le transporteur, le voyageur pourra
fixer une limite de responsabilité plus élevée. 2. Dans le transport de bagages enregistrés et de
marchandises, la responsabilité du transporteur est limitée à la somme de deux cent cinquante francs par
kilogramme, sauf déclaration spéciale d'intérêt à la livraison faite par l'expéditeur au moment de la remise
du colis au transporteur et moyennant le paiement d'une taxe supplémentaire éventuelle. Dans ce cas, le
transporteur sera tenu de payer jusqu'à concurrence de la somme déclarée, à moins qu'il ne prouve qu'elle
est supérieure à l'intérêt réel de l'expéditeur à la livraison. 3. En ce qui concerne les objets dont le voyageur
conserve la garde, la responsabilité du transporteur est limitée à cinq mille francs par voyageur. 4. Les
sommes indiquées ci-dessus sont considérées comme se rapportant au franc français constitué par
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di illecito proprio o dei propri dipendente e preposti e commesso con dolo o colpa
equivalente secondo il Giudice adito647 (art. 25). Ugualmente al vettore era preclusa la
possibilità di avvalersi del beneficio del termine nell’ipotesi di mancata o irregolare
emissione del biglietto (art. 3, comma 2).
La formulazione dell’articolo 20 della Convenzione di Varsavia del 1929, che
disciplina la responsabilità del vettore aereo, ispirò il nostro legislatore interno nella
stesura degli articoli 942 e 951 cod. nav. (nella forma antecedente alla riforma della parte
aeronautica del codice della navigazione) e nell’elaborazione dell’articolo 1681 cod. civ.,
analizzato precedentemente, che disciplina la responsabilità del vettore terrestre di
persone648. In particolare l’articolo 942 cod. nav. aveva sintetizzato in un’unica formula
gli articoli 17, 18 e 19 della Convenzione di Varsavia del 1929649.
La Convenzione venne successivamente emendata dal Protocollo dell’Aja del
1955, che, però, non venne ratificato dagli Stati Uniti d’America. Con questo intervento
legislativo (art. XI Protocollo dell’Aja) venne modificato l’art. 22 della Convenzione di
Varsavia, raddoppiando il limite risarcitorio a 250.000 franchi oro Poincaré 650 e tra le
soixante-cinq et demi milligrammes d'or au titre de neuf cents millièmes de fin. Elles pourront être
converties dans chaque monnaie nationale en chiffres ronds».
647
Art, 25 della Convenzione di Varsavia del 1929: «Le transporteur n'aura pas le droit de se prévaloir des
dispositions de la présente Convention qui excluent ou limitent sa responsabilité, si le dommage provient
de son dol ou d'une faute qui, d'après la loi du tribunal saisi, est considérée comme équivalente au dol. 2.
Ce droit lui sera également refusé si le dommage a été causé dans les mêmes conditions par un de ses
préposés agissant dans l'exercice de ses fonctions».
648
Sul punto M. M COMENALE PINTO, La responsabilità del vettore dalla Convenzione di Varsavia del 1929
alla Convenzione di Montreal del 1999, cit., 74, che riprende sul punto G. ROMANELLI, Il trasporto aereo
di persone, cit., 226; v. anche C. M. BIANCA, La responsabilità aeronautica: convergenze e divergenze
rispetto ai principi civilistici, in Dir. trasp., I, 1992, 2 ss. L’Autore rileva che la non coincidenza delle
disposizioni del codice della navigazione (artt 942 e 951) con le norme sulla responsabilità debitoria sia
apparente. Infatti, l’articolo 1218 cod. civ. viene interpretato dai Giudici, ravvisando l’impossibilità della
prestazione nell’utilizzo da parte del debitore di tutte le misure idonee ad evitare il danno secondo la
normale diligenza.
649
G. ROMANELLI, Il trasporto aereo di persone, cit., 226.
650
Art. 22 della Convenzione di Varsavia del 1929, come emendata dal protocollo dell’Aja del 1955: «Dans
le transport des personnes, la responsabilité du transporteur relative à chaque passager est limitée à la
somme de deux cent cinquante mille francs. Dans le cas où, d’après la loi du tribunal saisi, l’indemnité
peut être fixée sous forme de rente, le capital de la rente ne peut dépasser cette limite. Toutefois par une
convention spéciale avec le transporteur, le passager pourra fixer une limite de responsabilité plus élevée.
Dans le transport de bagages enregistrés et de marchandises, la responsabilité du transporteur est limitée
à la somme de deux cent cinquante francs par kilogramme, sauf déclaration spéciale d’intérêt à la livraison
faite par l’expéditeur au moment de la remise du colis au transporteur et moyennant le paiement d’une taxe
supplémentaire éventuelle. Dans ce cas, le transporteur sera tenu de payer jusqu’à concurrence de la
somme déclarée, à moins qu’il ne prouve qu’elle est supérieure à l’intérêt réel de l’expéditeur à la
livraison.b. En cas de perte, d’avarie ou de retard d’une partie des bagages enregistrés ou des
marchandises, ou de tout objet qui y est contenu, seul le poids total du ou des colis dont il s’agit est pris en
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cause di decadenza dal beneficio del termine previste dall’art. 25, il dolo e la colpa
equiparata al dolo vennero sostituiti con la nozione di colpa temeraria e consapevole651
del vettore e dei suo dipendenti. Inoltre, il protocollo dell’Aja del 1955 inserì come ipotesi
specifica di decadenza dal beneficio del termine il mancato richiamo del sistema di
responsabilità e dei limiti risarcitori nel documento di trasporto652. In questo modo l’utente
considération pour déterminer la limite de responsabilité du transporteur. Toutefois, lorsque la perte,
l’avarie ou le retard d’une partie des bagages enregistrés ou des marchandises, ou d’un objet qui y est
contenu, affecte la valeur d’autres colis couverts par le même bulletin de bagages ou la même lettre de
transport aérien, le poids total de ces colis doit être pris en considération pour déterminer la limite de
responsabilité.3. En ce qui concerne les objets dont le passager conserve la garde, la responsabilité du
transporteur est limitée à cinq mille francs par passager. 4. Les limites fixées par le présent article n’ont
pas pour effet d’enlever au tribunal la faculté d’allouer en outre, conformément à sa loi, une somme
correspondant à tout ou partie des dépens et autres frais du procès exposés par le demandeur. La disposition
précédente ne s’applique pas lorsque le montant de l’indemnité allouée, non compris les dépens et autres
frais de procès, ne dépasse pas la somme que le transporteur a offerte par écrit au demandeur dans un
délai de six mois à dater du fait qui a causé le dommage ou avant l’introduction de l’instance si celle-ci est
postérieure à ce délai. 5. Les sommes indiquées en francs dans le présent article sont considérées comme
se rapportant à une unité monétaire constituée par soixante-cinq milligrammes et demi d’or au titre de neuf
cents millièmes de fin. Ces sommes peuvent être converties dans chaque monnaie nationale en chiffres
ronds. La conversion de ces sommes en monnaies nationales autres que la monnaie-or s’effectuera en cas
d’instance judiciaire suivant la valeur-or de ces monnaies à la date du jugement».
651
Art. 25 della Convenzione di Varsavia del 1929 (con le modifiche attuate con il Protocollo dell’Aja del
1955): «Les limites de responsabilité prévues à l’art. 22 ne s’appliquent pas s’il est prouvé que le dommage
résulte d’un acte ou d’une omission du transporteur ou de ses préposés fait, soit avec l’intention de
provoquer un dommage, soit témérairement et avec conscience qu’un dommage en résultera probablement,
pour autant que, dans le cas d’un acte ou d’une omission de préposés, la preuve soit également apportée
que ceux-ci ont agi dans l’exercice de leurs fonctions». La nozione di “colpa temeraria e consapevole” ha
presentato diverse difficoltà di inquadramento, Vengono, infattim descritti atteggiamenti psicologici
particolarmente complessi, che non sono riconducibili direttamente alla bipartizione di origine romanistica
tra dolo e colpa. Si tratta di nozioni che possono essere più facilmente collocate nell’area della
semintenzionalità, conosciuta nei paesi di common law. L’articolo 25, ai fini della decadenza dal beneficio
del limite, impone la sussistenza di un elemento psicologico, la consapevolezza della probabile causazione
di un danno e un elementooggetttivo, la temerarietà. È possibile valutare la sussistenza della condotta
descritta da un punro di vista oggettivo e soggettivo; l’opzione per la valutazione di natura soggettiva è
maggiormente favorevole al danneggiato nell’ambito del trasporto di persone: v. A. ZAMPONE, La condotta
temeraria e consapevole, in Studi in onore di Gustavo Romanelli, cit., 1287 ss. e in maniera più approfondita
A. ZAMPONE, La condotta temeraria e consapevole nel diritto uniforme dei trasporti (ipotesi di illecito tra
dolo e colpa), Padova, 1999, 25 ss; v. sul punto anche una recente sentenza: United States Court of Appeal,
Eleventh Circuit, 15 giugno 1999, con nota di A. ZAMPONE, Sulla nozione di wilful misconduct nella
giurisprudenza statunitense alla luce dell’entrata in vigore del protocollo di Montreal n. 4, in Dir. trasp.,
2001, I, 215 ss.; per una descrizione delle due teorie interpretative della nozione di condotta temeraria e
consapevole: oggettiva (che rapporta la condotta del vettore ad un determinato standard) e soggettiva (che
valuta la rappresentazione della realtà e la volizione concreta del soggetto agente) v. M. M COMENALE
PINTO, La responsabilità del vettore dalla Convenzione di Varsavia del 1929 alla Convenzione di Montreal
del 1999, cit., 83.
652
Art. 3 della Convenzione di Varsavia del 1929 (dopo le modifiche apportate con il protocollo dell’Aja
del 1955): «Dans le transport de passagers, un billet de passage doit être délivré, contenant:a. ’indication
des points de départ et de destination; b. Si les points de départ et de destination sont situés sur le territoire
d’une même Haute Partie Contractante et qu’une ou plusieurs escales soient prévues sur le territoire d’un
autre Etat, l’indication d’une de ces escales. c. Un avis indiquant que si les passagers entreprennent un
voyage comportant une destination finale ou une escale dans un pays autre que le pays de départ, leur
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del trasporto aveva la possibilità di conoscere effettivamente il regime di responsabilità
applicabile ed eventualmente di avvalersi di un sistema assicurativo653. Successivamente
venne emanata la Convenzione di Guadalajara del 1961 (che sarà oggetto di
approfondimento successivo), che estese il regime di responsabilità previsto per il vettore
contrattuale al vettore di fatto654.
L’evoluzione successiva della Convenzione di Varsavia del 1929 fu caratterizzata
da una forte disomogeneità delle ratifiche relative al Protocollo di Guatemala City del
1961 e ai successivi quattro protocolli di Montreal del 25 settembre 1975. La previsione
maggiormente contestata della Convenzione di Varsavia del 1929 riguardò il limite
risarcitorio previsto in caso di responsabilità vettoriale. In particolare la previsione di un
limite di risarcimento si scontrava con la necessità di garantire un adeguato ristoro dei
pregiudizi arrecati alla salute e all’integrità fisica dei passeggeri, che rappresentano i
diritti fondamentali dell’individuo655.
Il limite risarcitorio, stabilito dall’articolo 22 della Convenzione di Varsavia del
1929, era connesso alla necessità di contemperare gli equilibri tra le due parti contrattuali.
Sebbene la limitazione debitoria fosse stata vista con qualche riluttanza dai redattori,
perché in contrasto con le norme interne di alcuni Paesi che prevedevano il risarcimento
integrale del danno, alla fine venne accettata soprattutto per ragioni di opportunità
economica656. Alcune di queste erano legate alle ridotte dimensioni del traffico aereo di
transport peut être régi par la Convention de Varsovie qui, en général, limite la responsabilité du
transporteur en cas de mort ou de lésion corporelle, ainsi qu’en cas de perte ou d’avarie des bagages.2.
Le billet de passage fait foi, jusqu’à preuve contraire, de la conclusion et des conditions du contrat de
transport. L’absence, l’irrégularité ou la perte du billet n’affecte ni l’existence ni la validité du contrat de
transport, qui n’en sera pas moins soumis aux règles de la présente Convention. Toutefois, si du
consentement du transporteur, le passager s’embarque sans qu’un billet de passage ait été délivré, ou si le
billet ne comporte pas l’avis prescrit à l’al. 1c du présente article, le transporteur n’aura pas le droit de se
prévaloir des dispositions de l’art. 22».
653
M. M COMENALE PINTO, La responsabilità del vettore dalla Convenzione di Varsavia del 1929 alla
Convenzione di Montreal del 1999, cit., 79.
654
Per un’evoluzione del quadro dalla Convenzione di Varsavia del 1929 fino alla Convenzione di Montreal
del 1999 v. G. CANNIZZARO, Il risarcimento del danno nel trasporto aereo, Milano, 1980, 16 ss.; A.
ZAMPONE, Le nuove norme sulla responsabilità del vettore nel trasporto aereo internazionale di passeggeri,
in Dir. trasp., I, 2000, 10 ss.; v. anche A. ANTONINI, Il risarcimento del danno alla persona nel trasporto
aereo: contenuto e soggetti dell’obbligazione risarcitoria, in Trasp., 2000, n. 81, 19 ss.
655
A. ZAMPONE, La limitazione del debito del vettore, (a cura di) L. TULLIO, La nuova disciplina del
trasporto aereo. Commento alla Convenzione di Montreal del 28 maggio 1999, Napoli, 2006, 188 ss.
656
U. LA TORRE, Trasporto aereo di persone e responsabilità del vettore, in R. TRANQUILLI LEALI E R.
ROSAFIO (a cura di), Il trasporto aereo tra normativa comunitaria ed uniforme, cit., 3 ss.
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quelli anni e all’elevato livello di rischio nell’esercizio dell’attività657.
Nell’applicazione concreta il sistema della limitazione del debito non era
accompagnato da un meccanismo di adeguamento all’inflazione e al livello reale di
reddito. Infatti, l’esiguità del limite risarcitorio era ovviamente più avvertita nei paesi ad
elevato tenore di vita, come ad esempio gli Stati Uniti d’America658. Un meccanismo di
adeguamento probabilmente non era nemmeno pensabile data la diversità sul piano
economico dei paesi ratificanti 659. Il limite risarcitorio si presentava, quindi, come un
elemento che minava «(…) il fondamentale elemento dell’uniformità della Convenzione
di Varsavia, che doveva applicarsi in modo omogeneo in tutti i paesi che ne facevano
parte»660.
In virtù di questa situazione a partire dagli anni sessanta si verificò una vera e
propria crisi del sistema di Varsavia, che culminò con la denuncia della Convenzione di
Varsavia del 1929 da parte degli USA661. Gli Stati Uniti acconsentirono al ritiro della
denuncia solo successivamente al Montreal Agreement del 1966 662 . Si trattava di un
accordo tra le compagnie aeree operanti negli Usa e il Civil Aeronautical Board, avente
ad oggetto l’elevazione dei limiti risarcitori in caso di morte e lesioni dei passeggeri663.
In risposta a questa esigenza venne innanzitutto emanato il protocollo di
Guatemala City del 1971. Con questa convenzione veniva introdotto definitivamente un
regime di responsabilità oggettiva in caso di morte e lesioni del passeggero e un limite
risarcitorio invalicabile pari a 1.500.000 franchi oro. La Convenzione mantenne, però, la
657
G. ROMANELLI, La responsabilità del vettore per infortunio del passeggero, cit., 754.
G. ROMANELLI, Il regime di responsabilità del vettore per infortunio al passeggero in base al
Regolamento Ce del Consiglio n. 2027/97, cit., 755.
659
U. LA TORRE, Trasporto aereo di persone e responsabilità del vettore, cit., 84 ss.; in particolare l’Autore
afferma che: «Tutta la storia della Convenzione di Varsavia ruota intorno alla necessità di trovare un punto
d’incontro tra le istanze delle nazioni più ricche, dirette ad ottenere un più elevato ristoro in caso di danno
ai passeggeri e le resistenze opposte dai paesi più poveri, preoccupati di salvaguardare gli interessi
economici delle compagnie aeree da costi forse insostenibili».
660
U. LA TORRE, Trasporto aereo di persone e responsabilità del vettore, cit., 85.
661
Sulla crisi del “sistema di Varsavia” v. L. M. BENTIVOGLIO, La crisi del sistema di Varsavia ed il
problema della responsabilità del vettore aereo, in Annali dell’istituto di diritto aeronautico, I, Milano,
1969, in particolare sul problema dei massimali v. 16 ss.
662
M. M COMENALE PINTO, La responsabilità del vettore dalla Convenzione di Varsavia del 1929 alla
Convenzione di Montreal del 1999, cit., 90 ss.
663
Con questo accordo le compagnie aeree si impegnavano per i voli in partenza, sosta o arrivo negli Usa
ad innalzare spontaneamente il limite di responsabilità fino a 75.000 dollari e rinunciavano ad avvalersi dei
mezzi di difesa previsti dall’art. 20 della Convenzione di Varsavia. Il principio della presunzione di colpa
veniva quindi sostituito da una responsabilità di tipo oggettivo: v. G. CANNIZZARO, Il risarcimento del
danno nel trasporto aereo, cit., 21 ss.
658
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possibilità per ciascuno stato di introdurre dei meccanismi complementari di indennizzo,
che dovevano rispondere a diversi requisiti. Innanzitutto non dovevano aggravare la
responsabilità del vettore e dei suoi agenti e preposti; in secondo luogo non potevano
imporre al vettore ulteriori oneri finanziari o amministrativi oltre quello di provvedere a
raccogliere i contributi dei passeggeri e infine non potevano prevedere alcuna
discriminazione tra i passeggeri e al contempo dovevano essere previsti anche a favore
delle persone, che avessero subito dei danni a causa della morte o delle lesioni personali
subite dal passeggero664. In questo modo veniva scardinato l’attaccamento al concetto di
responsabilità per colpa presunta, che era stato difeso precedentemente (Convenzione di
Varsavia del 1929, Protocollo dell’Aja del 1955 e Montreal Agreement del 1966).
Nonostante il carattere innovativo a favore dei cittadini dei Paesi con più alto tenore di
vita, il protocollo non entrò mai in vigore per opposizione degli USA665 .
L’ICAO successivamente prese atto di un generale consenso degli Stati ad una
modifica del regime uniforme di responsabilità del vettore ed elaborò i quattro protocolli
di Montreal del 1975. I primi tre riproducono rispettivamente il testo della Convenzione
di Varsavia nel testo originario, quello successivo alla modifica con il Protocollo dell’Aja
del 1955 e il testo della Convenzione modificato dal protocollo di Guatemala City del
1971. Infine il quarto protocollo disciplina la responsabilità del vettore aereo per trasporto
di merci, improntata a criteri di tipo oggettivo. In concreto ciascuno Stato avrebbe dovuto
scegliere il testo della Convenzine più conforme alle proprie esigenze, ma l’obiettivo non
venne realizzato per la riluttanza mostrata dagli Stati alla limitazione del debito
664
Art. 35 A Convenzione di Varsavia, come modificato dal Protocollo di Guatemala City del 1971: « No
provision contained in this Convention shall prevent a State from establishing and operating within its
territory a system to supplement the compensation payable to claimants under the Convention in respect of
death, or personal injury, of passengers. Such a system shall fulfil the following conditions: (a) it shall not
in any circumstances impose upon the carrier, his servants or agents, any liability in addition to that provided under this Convention; (b) it shall not impose upon the carrier any financial or administrative burden
other than collecting in that State contributions from passengers if required so to do; c) it shall not give
rise to any discrimination between carriers with regard to the passengers concerned and the benefits available to the said passengers under the system shall be extended to them regardless of the carrier whose
services they have used; (d) if a passenger has contributed to the system, any person suffering damage as
a consequence of death or personal injury of such passenger shall be entitled to the benefits of the system».
665
G. CANNIZZARO, Il risarcimento del danno nel trasporto aereo, cit., 24 ss. E. TURCO BULGHERINI, Il
limite risarcitorio nell’esperienza aeronautica, cit., 334, mette in luce la funzione prettamente risarcitoria
riconosciuta alla responsabilità civile dalle suddette modifiche legislative; sul punto anche G. ROMANELLI,
Il regime di responsabilità del vettore per infortunio al passeggero in base al Regolamento Ce del Consiglio
n. 2027/97, cit., 756.
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risarcitorio a favore del vettore666.
In generale la limitazione del debito, prevista dall’articolo 22 della Convenzione
di Varsavia, modificata successivamente dal Protocollo dell’Aja del 1955, introduce una
deroga al principio di diritto comune per cui il debitore e il responsabile civile rispondono
rispettivamente del proprio debito e del danno cagionato con tutto il loro patrimonio667.
All’interno del nostro ordinamento la Corte Costituzionale ha vagliato la legittimità
costituzionale dell’art. 22 della Convenzione di Varsavia del 1929 rispetto all’art. 2 della
Costituzione. La Corte nella sentenza n. 132/1985668 affermò che il limite risarcitorio è
pienamente legittimo nella misura in cui soddisfi i requisiti di certezza e di adeguatezza
in riferimento alle garanzie riconosciute in sede di diritto uniforme e non entrate in vigore.
I Giudici, però, non riconobbero l’esistenza di questi requisiti nel limite previsto
dall’articolo 22 della Convenzione di Varsavia. Per questo motivo pronunciarono la
dichiarazione di illegittimità costituzionale delle disposizioni interne, che avevano
recepito la Convenzione di Varsavia del 1929 e il successivo protocollo dell’Aja del 1955,
rispetto all’articolo 2 della Costituzione669. Con la successiva emanazione della legge n.
666
G. ROMANELLI, Il regime di responsabilità del vettore per infortunio al passeggero in base al
Regolamento Ce del Consiglio n. 2027/97 , cit., 757.
667
G. ROMANELLI, La limitazione nella giurisprudenza costituzionale, 28 ss.
668
Corte Cost., 6 maggio 1985, n. 132, in Foro it., 1985, I, 1585 con nota di R. PARDOLESI; in Nuove leg.
civ. comm., 1985, 887, con nota di T. BALLARINO, Limiti di responsabilità del vettore aereo; in Dir. mar.,
1985, 722, con nota di E. FOGLIANI, La limitazione della responsabilità del vettore aereo internazionale di
persone nel giudizio della Corte Costituzionale; in Giust. civ., 1985, I, 2240, con nota di M. GRIGOLI, Luci
ed ombre della sentenza della Corte Costituzionale sulla parziale illegittimità della legge di esecuzione
della Convenzione di Varsavia e del Protocollo dell’Aja relativi al trasporto aereo internazionale;
669
« 6. Le osservazioni fin qui svolte sugli sviluppi della normativa pattizia e della nostra legislazione
interna conducono al seguente risultato: la limitazione della responsabilità del vettore si appalesa
giustificata solo in quanto siano al tempo stesso predisposte adeguate garanzie di certezza od adeguatezza
per il ristoro del danno. Questo requisito è, dunque, ormai considerato come irrinunziabile nella cerchia dei
soggetti che concorrono alla produzione della disciplina uniforme del trasporto aereo; esso deve allora,
secondo i criteri sopra posti (si veda sopra n. 4.3), risultare soddisfatto anche ai fini della presente decisione.
La scelta dei mezzi meglio adatti allo scopo è rimessa, beninteso, alla determinazione delle competenti fonti
normative. Nella specie, però, difetta del tutto la tutela del danneggiato che poteva, e doveva, comunque
esser prevista. La disciplina censurata, come si è detto, non è più sorretta dalle ragioni sottostanti
all'originario assetto della Convenzione di Varsavia, e non è, d'altra parte, compensata, o accompagnata, da
alcuna misura del tipo dianzi ricordato, in punto di salvaguardia della pretesa risarcitoria. Nei termini in cui
essa è configurata, la norma che di fronte alle lesioni corporee - e addirittura, come qui accade, di fronte
alla perdita della vita umana - esclude il ristoro integrale del danno non è assistita da un idoneo titolo
giustificativo. Occorre quindi concludere che essa lede la garanzia eretta dall'art. 2 Cost. a presidio
inviolabile della persona. Con ciò resta assorbito ogni residuo profilo della questione. La pronuncia della
Corte concerne, si deve infine precisare, esclusivamente le disposizioni di legge che hanno conferito
efficacia interna alle clausole pattizie in esame. Va dunque dichiarata la illegittimità costituzionale dell'art.
1 della legge 19 maggio 1932 n. 841 e dell'art. 2 della legge 3 dicembre 1962 n. 1832, nella parte in cui
danno esecuzione all'art. 22/1 della Convenzione di Varsavia, come sostituito dall'art. XI del Protocollo
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274/1988 venne reintrodotto il limite risarcitorio secondo le indicazioni fornite dalla
Corte Costituzionale. In particolare venne elevato il limite risarcitorio a 100.000 DSP e
venne previsto l’obbligo assicurativo per il vettore pari alla somma limite. In realtà il tipo
di tutela introdotta differì rispetto al sistema di responsabilità oggettiva prospettato dalla
Corte Costituzionale. In ogni caso, se l’Italia non avesse elaborato tale legge, sarebbe
stata costretta a denunziare la Convenzione di Varsavia, perché non poteva più assicurarne
l’applicazione670.
La revisione a livello mondiale della Convenzione di Varsavia del 1929
apparivain quegli anni particolarmente difficoltosa. Questa constatazione, unita alla
crescente attenzione verso le esigenze e la protezione del consumatore, che è parte debole
del rapporto contrattuale, condusse all’emanazione del Reg. (CE) n. 2027/97 del
Consiglio del 9 ottobre 1997671. La disciplina elaborata in sede comunitaria era innovativa
su quattro punti: abolizione del limite risarcitorio per i danni subiti dal passeggero (art. 3,
n. 1, lett. a); responsabilità oggettiva per i danni fino a concorrenza di un importo pari
all’equivalente in ECU di 100.000 DSP (art. 3, n. 2); obbligo di copertura assicurativa
(art. 3, n. 1, lett. b); obbligo di versamento di un anticipo in denaro, cioè la c.d. lump sum
(art. 5)672.
Con la successiva Convenzione di Montreal del 1999 si è proceduto
all’eliminazione del limite di responsabilità che fino a quel momento caratterizzava il
trasporto aereo di persone e si è costruito un sistema di responsabilità del vettore basato,
dell'Aja». Un’analisi accurata della sentenza e delle pronunce successive in materia di limitazione del debito
è svolta da T. BALLARINO, La limitazione del debito del vettore marittimo ed aereo, in (a cura di) L. TULLIO
e M. DEIANA, Il cinquantenario del codice della navigazione (Cagliari 28-30 marzo 1992), Cagliari, 1993,
226 ss. Sulla tematica in generale della legittimità costituzionale delle disposizioni internazionali sulla
responsabilità del vettore aereo v. G. CANNIZZARO, Disciplina internazionale del vettore aereo e
Costituzione, in Riv. dir. int., 1984, 249 ss.
670
G. ROMANELLI, La limitazione nella giurisprudenza costituzionale, cit., 31 ss. Favorevole al
mantenimento dei limiti risarcitori si era espresso C. MEDINA, In difesa della limitazione di responsabilità,
289 ss., ma soprattutto 291 ss., che indica a sostegno della propria tesi la funzione deterrente svolta dal
limite risarcitorio.
671
Reg. (CE) n. 2027/97 del Consiglio del 9 ottobre 1997, successivamente modificato dal Reg. (CE) n.
889/2002 del Parlamento europeo e del Consiglio del 13 maggio 2002. In particolare l’art. 3.1. del Reg.
(CE) n. 2027/1997 ha previsto che: «La responsabilità di un vettore aereo comunitario in relazione ai
passeggeri e ai loro bagagli è disciplinata dalle pertinenti disposizioni della convenzione di Montreal».
672
Un’analisi specifica della normativa comunitaria è fornita da: G. ROMANELLI, Il regime di responsabilità
del vettore per infortunio al passeggero in base al Regolamento Ce del Consiglio n. 2027/97, cit., 757 ss. e
G. SILINGARDI, Reg. (CE) 2027/97 e nuovo regime di responsabilità del vettore aereo di persone, in Dir.
trasp., 1998, III, 623 ss.
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così come il Reg. (CE) 2027/97, sulla two – tier liability. Salvo che il danno non sia dipeso
da colpa del danneggiato, per i danni fino a 113.000 DSP (il valore originario era di
100.000 DSP, ma è stato innalzato a decorrere dal 30 dicembre 2009, in virtù dell’articolo
24 della Convenzione di Montreal del 1999) il vettore non può esimersi da responsabilità
ai sensi dell’art. 21, par. 1 della Convenzione («For damages arising under paragraph 1
of Article 17 not exceeding 100,000 Special Drawing Rights for each passenger, the
carrier shall not be able to exclude or limit its liability»); invece, per i danni che eccedono
i 113.000 DSP il vettore può esonerarsi provando che «(a) such damage was not due to
the negligence or other wrongful act or omission of the carrier or its servants or agents;
or (b) such damage was solely due to the negligence or other wrongful act or omission of
a third party» (art. 21, par.2) 673 . La prova liberatoria posta in capo al vettore viene
formulata in termini negativi e non positivi a differenza di quanto avvenga in base
all’articolo 19 della Convenzione per l’ipotesi di ritardo («The carrier is liable for
damage occasioned by delay in the carriage by air of passengers, baggage or cargo.
Nevertheless, the carrier shall not be liable for damage occasioned by delay if it proves
that it and its servants and agents took all measures that could reasonably be required to
avoid the damage or that it was impossible for it or them to take such measure»)674.
Un’attenuazione del particolare rigore dell’imputazione della responsabilità in
capo al vettore è rappresentato dalla previsione di cui all’art. 20 («If the carrier proves
that the damage was caused or contributed to by the negligence or other wrongful act or
omission of the person claiming compensation, or the person from whom he or she derives
his or her rights, the carrier shall be wholly or partly exonerated from its liability to the
claimant to the extent that such negligence or wrongful act or omission caused or
contributed to the damage. When by reason of death or injury of a passenger
compensation is claimed by a person other than the passenger, the carrier shall likewise
be wholly or partly exonerated from its liability to the extent that it proves that the damage
673
Su questo punto vedi l’analisi di A. ZAMPONE, La responsabilità del debito del vettore, in Nuova
disciplina del trasporto aereo, cit., 198 ss., secondo il quale la somma di 110.000 DSP (ora 113.000 DSP)
rappresenta nel primo livello di responsabilità una vera e propria limitazione del rischio, ovvero della
situazione potenziale del vettore di soggezione alle conseguenze risarcitorie. Nell’ambito del secondo
livello di responsabilità, in caso di esonero di responsabilità, la somma limite assume la natura giuridica di
un’indennità.
674
M. M. COMENALE PINTO, Riflessioni sulla nuova Convenzione di Montreal del 1999 sul trasporto aereo,
in Dir. mar., 2000, 823.
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150
was caused or contributed to by the negligence or other wrongful act or omission of that
passenger. This Article applies to all the liability provisions in this Convention, including
paragraph 1 of Article 21»). In forza di questa previsione il vettore può usufruire di una
prova liberatoria di carattere generale, che si applica rispetto a qualsiasi imputazione
risarcitoria prevista dalla Convenzione di Montreal del 1999 e che consiste nel dimostrare
che il danno è stato cagionato in tutto o in parte da colpa del danneggiato 675.
La responsabilità oggettiva del vettore fino alla soglia dei 113.000 DSP non è
assoluta, perché si applica anche in questo caso l’articolo 20 citato, che prevede la causa
di esonero generale del vettore da responsabilità nel caso in cui il danno sia stato
provocato da negligenza, atto illecito od omissione del passeggero. Nei regimi di
responsabilità oggettiva, come quello descritto, si rende necessaria la specificazione
legislativa in ordine alla rilevanza o meno della colpa del danneggiato ai fini
dell’imputazione di responsabilità. Al contrario nei regimi di responsabilità per colpa
presunta la specificazione non è necessaria, perché intervengono norme di carattere
generale come l’articolo 1227 cod. civ., che attribuiscono rilevanza alla condotta del
soggetto danneggiato676.
Il diritto al risarcimento dei danni si estingue, secondo l’art. 35, n. 1, della
Convenzione di Montreal del 1999, decorsi due anni dal momento dello sbarco o dalla
data in cui lo sbarco sarebbe dovuto avvenire o dal giorno in cui il trasporto è stato
interrotto: «The right to damages shall be extinguished if an action is not brought within
a period of two years, reckoned from the date of arrival at the destination, or from the
date on which the aircraft ought to have arrived, or from the date on which the carriage
stopped» (analogamente v. art. 29 Convenzione di Varsavia del 1929677). L’articolo 949
ter cod. nav., che è stato introdotto dall’art. 14, comma 1, D.lgs. n. 151/2006, stabilisce
che: «I diritti derivanti dal contratto di trasporto di persone e di bagagli sono assoggettati
alle norme sulla decadenza previste dalla normativa internazionale di cui all’art. 941. Gli
stessi diritti non sono assoggettati alle norme che regolano la prescrizione». Dalla
675
S. ZUNARELLI, M. M. COMENALE PINTO, Manuale di diritto della navigazione e dei trasporti, cit., 445.
A. ZAMPONE, Le nuove norme sulla responsabilità del vettore nel trasporto aereo internazionale di
passeggeri, cit., 22 ss.
677
Art. 29 della Convenzione di Varsavia del 1929: «L'action en responsabilité doit être intentée, sous peine
de déchéance, dans le délai de deux ans à compte de l'arrivée à destination ou du jour où l'aéronef aurait
dû arriver, ou de l'arrêt du transport. Le mode du calcul du délai est déterminé par la loi du tribunal saisi».
676
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151
disposizione in esame si deduce che il termine previsto dal diritto internazionale uniforme,
che il legislatore indica come decadenziale, si estende anche ai trasporti nazionali, e non
solo a quelli internazionali previsti dall’art. 1 della Convenzione e riguarda, non
solamente le azioni di responsabilità, ma qualsiasi diritto derivante dal contratto di
trasporto, restando preclusa l’applicabilità dell’art. 418 cod. nav.678
In riferimento alla qualificazione del termine come decadenziale, operata dal
legislatore nazionale, è opportuno evidenziare che già sotto il vigore dell’art. 29 della
Convenzione di Varsavia del 1929 - che dispone in maniera analoga all’ 35 della
Convenzione Montreal del 1999 - la dottrina e la giurisprudenza si erano interrogate a
lungo sulla natura prescrizionale o decadenziale. Sebbene la giurisprudenza prevalente679
propendesse e propenda tuttora per la natura decadenziale, la qualificazione come
prescrizionale appare la più corretta, anche di fronte all’indicazione fornita dal legislatore.
Infatti, laddove si trattasse di un termine decadenziale la sua applicazione non
escluderebbe il contemporaneo assoggettamento delle disposizioni di diritto interno in
materia di prescrizione. Si tratterebbe di un caso raro di applicazione di un termine
prescrizionale semestrale considerevolmente più breve rispetto al termine decadenziale
di diritto uniforme680.
678
M. M. COMENALE PINTO, Il termine per l’esercizio dell’azione nel trasporto aereo fra prescrizione
decadenza (e fra vecchio e nuovo testo del codice della navigazione), nota a Cass. Civ., 20 maggio 2009,
n. 11104, in Giust. civ., 2010, 383 ss.
679
Cass. Civ., 21 giugno 1996, n. 5768, in Dir. mar., 1998, 785, con nota di S. POLLASTRELLI; Riflessioni
sull’art. 26 della Convenzione di Varsavia nei casi di perdita parziale di merci; Cass. Civ., 25 settembre
2001, n. 12015, in Foro it, I, 2759; App. Roma, 17 dicembre 1986, in Dir. mar., 1988, 756, con nota di P.
IVALDI, Approccio c. d. sistematico e “integrazione” della disciplina internazionale uniforme appliabile ai
trasporti; Trib. Pisa, 6 agosto 2002, in Dir. trasp., 2004, I, 276; App. Roma, 25 settembre 2003, in Dir.
trasp., 2004, 885, con nota adesiva di C. DE MARZI, Concorrenza di prescrizione del diritto e decadenza
dall'azione nel trasporto aereo internazionale (nella sentenza viene affermato per la prima volta il principio
di concorrenza del termine); Trib. Genova, 16 maggio 2005, in Pluris Utet Cedam, 2005; Trib. Genova, 22
febbraio 2006, in Pluris Utet Cedam, 2006; contra Cass. Civ., 12 novembre 2004, n. 21525, in Mass. foro
it., 2004, 1600; propende per una qualificazione in termini prescrizionali e non decadenziali anche la
giurisprudenza comunitaria (il riferimento è all’articolo 29 della Convenzione di Varsavia e all’articolo 35
della Convenzione di Montreal del 1999): Corte Giust. UE sez. II, 22 novembre 2012, n. 139/11, in Riv. dir.
int. priv. proc., 2013, 193.
680
M. M. COMENALE PINTO, Il termine per l’esercizio dell’azione nel trasporto aereo fra prescrizione
decadenza (e fra vecchio e nuovo testo del codice della navigazione), cit., 386 e per considerazioni analoghe:
M. M. COMENALE PINTO, Spunti in tema di prescrizione dei diritti del trasporto aereo e specialità del diritto
della navigazione, nota a Cass. Civ., 31 luglio 2006, n. 17444, in Giust. civ., 2007, 636 ss.; contra a favore
della natura decadenziale e della concorrenza della prescrizione breve sancita dal codice della navigazione
e della decadenza di cui all’art. 35 Convenzione di Montreal del 1999: E. FOGLIANI, La decadenza
all’azione, in L. TULLIO (a cura di), La nuova disciplina del trasporto aereo. Commento alla Convenzione
di Montreal del 28 maggio 1999, Napoli, 2006, 33 ss e in particolare 343 ss. L’applicabilità concorrente
delle disposizioni sarebbe avvalorata dalla presenza di altre disposizioni di diritto internazionale (v.
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152
Di fronte alla possibilità di un’interpretazione della disposizione aperta alla
concorrenza tra termine prescrizionale e termine decadenziale, il legislatore ha inteso
ovviare attraverso la formulazione del secondo comma dell’art. 949 ter cod. nav., per cui
i diritti assoggettati al termine decadenziale non sono sottoposti alle norme che regolano
la prescrizione. Questa scelta legislativa ha comportato la creazione di una categoria sui
generis di diritti relativi derivanti dal trasporto aereo, non suscettibili di prescrizione, che
non trova precedenti nell’ordinamento giuridico681.
Convenzione di Roma di Roma del 1952, sulla responsabilità del vettore per danni a terzi sulla superficie),
in cui è previsto esplicitamente un termine prescrizionale più breve ed un termine più lungo di decadenza
entro il quale il diritto deve essere azionato, anche se la prescrizione deve essere interrotta. È interessante
notare che i sostenitori della qualificazione decadenziale del termine in riferimento all’art. 29 della
Convenzione di Varsavia del 1929, rifiutassero la concorrenza dei due termini, ma parlassero di applicabilità
alternativa v. sul punto E. TURCO BULGHERINI, voce Prescrizione marittima ed aeronautica, cit., 236.
681
M. M. COMENALE PINTO, Il termine per l’esercizio dell’azione nel trasporto aereo fra prescrizione
decadenza (e fra vecchio e nuovo testo del codice della navigazione), cit., 386.
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153
PARTE II: IL CONCORSO DI RESPONSABILITÀ CONTRATTUALE ED AQUILIANA
NEL DIRITTO INTERNO E NELLE CONVENZIONI INTERNAZIONALI DI DIRITTO
UNIFORME.
III.4. Termine di estinzione dell’azione e concorso
responsabilità contrattuale ed aquiliana nel trasporto.
di
Riprendendo le analisi effettuate nel capitolo II dedicato al concorso in generale,
emerge che la differenza disciplinare più significativa tra responsabilità contrattuale ed
aquiliana riguarda i termini di prescrizione dell’azione. L’azione contrattuale è
generalmente soggetta all’ordinario termine decennale previsto dall’articolo 2946 cod.
civ.682 Al contrario l’azione aquiliana deve essere esercitata entro il termine di cinque anni
dal giorno il fatto si è verificato ai sensi dell’art. 2947, comma 1, cod. civ. Nell’ipotesi,
invece, il cui il danno sia prodotto dalla circolazione dei veicoli, l’azione di risarcimento
deve essere presentata entro un termine biennale. L’ultimo comma dell’art. 2947 cod. civ.
disciplina l’ipotesi in cui il fatto illecito costituisca reato e stabilisce che: “In ogni caso,
se il fatto è considerato dalla legge come reato e per il reato è stabilita una prescrizione
più lunga, questa si applica anche all'azione civile. Tuttavia, se il reato è estinto per causa
diversa dalla prescrizione o è intervenuta sentenza irrevocabile nel giudizio penale, il
diritto al risarcimento del danno si prescrive nei termini indicati dai primi due commi,
con decorrenza dalla data di estinzione del reato o dalla data in cui la sentenza è divenuta
irrevocabile”.
Come accennato nella prima parte del presente capitolo, nel contratto di trasporto
il rapporto cronologico tra responsabilità contrattuale ed aquiliana in materia di
prescrizione si ribalta683. Ciò emerge chiaramente dagli articoli 2951 cod. civ. e 418 cod.
nav., per i trasporti terrestri e quelli marittimi sottoposti al diritto interno, e dagli articoli
16 della Convenzione di Atene del 1974 e 35 della Convenzione di Montreal del 1999,
per i trasporti marittimi e aerei, disciplinati dalla normativa di diritto uniforme.
La dottrina ha sottolineato la rilevanza del termine prescrizionale in ordine
all’ammissibilità del concorso di responsabilità contrattuale ed aquiliana nel contratto di
682
Art. 2946 cod. civ.: «Salvi i casi in cui la legge dispone diversamente i diritti si estinguono per
prescrizione con il decorso di dieci anni».
683
G. MASTRANDREA, L'obbligo di protezione nel trasporto aereo di persone, cit., 97.
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154
trasporto. È stata addirittura affermato che la teoria del concorso è unicamente finalizzata
ad eludere i termini prescrizionali stabiliti dall’art. 2951 cod. civ.684.
La brevità dei termini prescrizionali previsti per l’esercizio dell’azione
contrattuale è connessa all’esigenza di evitare «speculazioni tardive sui sinistri»685. Infatti,
una volta decorso il termine di un anno (o i termini diversi previsti per le varie specie di
trasporto) sarebbe più difficile per il danneggiante fornire la prova liberatoria e una
costrizione in tal senso porterebbe a una situazione di iniquità686. Seguendo questa linea,
l’ammissione del concorso di responsabilità contrattuale ed aquiliana e il conseguente
termine quinquennale di prescrizione porterebbero ad un aggravamento della posizione
del vettore. A ciò si aggiunge il fatto che le parti si troverebbero a sottostare ad una
normativa che esula dal regolamento contrattuale e quindi dalla loro sovrana autonomia687.
Alla base della diversità dei termini prescrizionali vi è una precisa ratio legislativa,
che delegittima la teoria del concorso di responsabilità contrattuale ed aquiliana. La
possibilità per il danneggiato di esercitare l’azione aquiliana servirebbe solamente a «(…)
premiare la colpa del viaggiatore di non aver provveduto a promuovere l’azione di danni
nel termine stabilito dalla legge generale (…)»688. Si tratterebbe di una vera e propria
restitutio in terminis per il passeggero, che poco diligentemente ha lasciato trascorrere il
termine di prescrizione senza esercitare l’azione risarcitoria o compiere idonei atti
interruttivi. Inoltre, ammettendo l’esperibilità dell’azione aquiliana una volta prescritta
quella contrattuale, si lederebbe il principio di «certezza del diritto689.
684
Sul punto v. G. GUICCIARDI, Contratto di trasporto - Responsabilità del vettore per sinistro - Azione per
colpa contrattuale o extracontrattuale, cit., c. 241; per una ricostruzione di questa problematica con ampi
riferimenti giurisprudenziali v. M. LOPEZ DE GONZALO, La responsabilità extracontrattuale del vettore, in
G. ALPA M. BESSONE, La responsabilità civile, IV, Torino, 1987, 37 ss. e anche per ulteriori riferimenti
giurisprudenziali: G. SILINGARDI, Concorso di responsabilità contrattuale ed aquiliana, in G. SILINGARDI
(a cura di), Il contratto di trasporto, in Diritto privato. Casi e questioni. Collana diretta da M. BESSONE,
Milano, 1997, 351 ss. Sul ruolo della prescrizione come reale motivazione della teoria del concorso v.: C.
DE MARCO, La responsabilità civile nel trasporto di persone e di cose, cit, 156 ss.
685
A. ASQUINI, Massime non consolidate in tema di responsabilità nel trasporto di persone, cit., 10 e A.
TOSCANO, Responsabilità civile, cit., 266 ss.
686
A. TOSCANO, Responsabilità civile, cit., 267.
687
E. BONASI BENUCCI, La responsabilità civile, Milano, 1955, 13; v. in aderenza a quanto detto: M.
IANNUZZI, Del trasporto, artt. 1678 -1702, in Comm. cod. civ. Scialoja – Branca,, Bologna - Roma, 1961,
88: « (…) la legge non può aver ammesso la possibilità dell’elusione di una così precisa limitazione
attraverso la scappatoia dell’azione extracontrattuale».
688
M. MASSARI, Responsabilità contrattuale ed extracontrattuale del vettore ordinario e ferroviario per i
danni subiti dal viaggiatore nel corso del trasporto, nota a Cass. Civ., 16 marzo 1953, n. 633, in Riv. giur.
circ. trasp., 1953, 826.
689
C. DE MARCO, La responsabilità civile nel trasporto di persone e di cose, cit, 159; contra G. CATURANI
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155
La dottrina ha individuato un’unica ipotesi in cui sarebbe possibile ovviare alla
brevità dei termini prescrizionali. Si tratta del caso in cui il fatto imputabile al vettore
rivesta la qualifica di reato. In questa fattispecie sarebbe applicabile la disposizione di cui
all’art. 2947, comma 3, cod. civ. La prescrizione più lunga prevista per il reato si estende,
quindi, per ragioni di coordinamento anche all’azione civile sia nell’ipotesi in cui il danno
derivi da delitto, sia nel caso in cui derivi da contratto690. In questo caso le conseguenze
civili della responsabilità penale derogano alle regolamentazione privata del rapporto
contrattuale, con la conseguenza che, una volta riconosciuta la responsabilità ex delicto,
il termine di prescrizione è protratto per legge691.
La giurisprudenza, nonostante le incertezze portate avanti dalla dottrina circa
l’ammissibilità del concorso, si è inizialmente mostrata nettamente a favore
dell’operatività di questo istituto692 con l’eccezione del trasporto marittimo di cose (che
– A. SENSALE, Il trasporto, 63 ss (i due Autori qualificano il concorso di responsabilità contrattuale ed
aquiliana a partire dal differente termine di prescrizione previsto per l’esercizio elle due azioni); M. STOLFI,
Appalto- trasporto, cit., 116; M. RIGUZZI, I contratti speciali. Il contratto di trasporto, cit., 72 ss.; l’Autore
indica come termine prescrizionale per l’esercizio dell’azione aquiliana quello biennale, previsto dall’art.
2947, comma 2, cod. civ. Si desume, quindi, il riferimento al concorso tra responsabilità contrattuale e
responsabilità aquiliana ex art. 2054 cod. civ.
690
A. ASQUINI, Massime non consolidate in tema di responsabilità nel trasporto di persone, cit., 10;
riprende G. AZZARITI, In tema di responsabilità contrattuale ed aquiliana, cit., 482 e E. BONASI BENUCCI,
La responsabilità civile, cit., 13. L’estensione analogica dell’articolo 2947, comma 3, cod. civ. nell’ipotesi
in cui l’illecito contrattuale costituisca anche un reato è espressa anche da Cass. Civ., 1° marzo 1994, n.
2012, in Giust. civ. mass., 2012, 154: «In base al comma 3 dell'art. 2947 c.c., il diritto al risarcimento del
danno da fatto illecito, che sia considerato dalla legge come reato, si prescrive nello stesso termine di
prescrizione del reato se quest'ultimo si prescrive in un termine superiore ai cinque anni, mentre si prescrive
in cinque anni se per il reato è stabilito un termine uguale o inferiore, nel qual caso il termine di prescrizione
dell'azione civile decorre dalla data di consumazione del reato e non assumono rilievo eventuali cause di
interruzione o sospensione della prescrizione relative al reato, essendo ontologicamente diversi l'illecito
civile e quello penale. Tale disposizione va riferita sia al danno da fatto illecito contrattuale sia
extracontrattuale, purchè sia considerato dalla legge come reato».
691
S. BUSTI, Contratto di trasporto aereo, cit., 443.
692
Nella giurisprudenza di legittimità: Cass., 18 aprile 1951, n. 933, in Giur. it., 1952, 290, con nota
contraria di D. R. PERETTI GRIVA, Ancora sul concorso della responsabilità contrattuale ed
extracontrattuale; in Riv. giur. circ. trasp., 1951, 17, con nota contraria di G. ROSSO, Responsabilità del
vettore per danni ai viaggiatori durante il trasporto; Cass. 16 marzo 1953, n. 633, in Giust. civ., 1953, 873;
Cass., 7 agosto 1962, n. 2441, in Foro it., 1962, I, 1644; Cass., 17 marzo 1964, n. 614, in Giust. civ., 1964,
I, 1615; Cass., 21 dicembre 1968, n. 4043, in Mon. trib., 1969, 499; Cass., 22 settembre 1968, n. 2925, in
Resp. civ. prev., 1969, 473; Cass., 28 gennaio 1972, n. 226, in Giur. it., 1972, I, 1797; Cass., 5 dicembre
1975, n. 4032, cit.; Cass., 19 marzo 1979, n. 1593, in Arch. civ., 1979, 937; Cass., 9 giugno 1979, n. 119,
in Arch. civ., 1979, 330; Cass., 27 febbraio 1980, n. 1376, in Giur. it., 1980, I., 1459; Cass., 29 marzo 1983,
n. 2278, in Riv. giur. circ. trasp., 1983, 709; Cass., 20 aprile 1989, n. 1855, in Foro it., 1990, 1790 (con nota
di L. CARBONE, Vettore per caso); Cass., 3 ottobre 1996, n. 8656, in Danno resp., 1997, 258. Nella
giurisprudenza di merito: App. Milano, 12 gennaio 1951, in Giur. it., 1951, I, 290, (con nota di D. R.
PERETTI GRIVA, Concorso di responsabilità contrattuale ed extracontrattuale?); App. Venezia, 21 marzo
1952, in Corti Brescia e Venezia, 1952, 270; App. Napoli, 10 luglio 1952, in Dir. giur., 1952, 345 (s.m.);
App. Napoli, 22 gennaio 1954, in Dir. giur., 1954, 67 (s.m); Trib. Milano, 24 febbraio 1972, in Giur. it.,
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156
sarà oggetto di approfondimento successivo). I Giudici, soprattutto nelle prime pronunce,
motivano il concorso di responsabilità contrattuale ed aquiliana nell’ambito del trasporto,
oltre che nella ragioni dogmatiche analizzate nella parte generale (fatto lesivo costituente
al contempo inadempimento contrattuale e lesione del neminem laedere), nella necessità
concreta di superare la prescrizione dell’azione contrattuale e consentire così al
danneggiato di ottenere il risarcimento dal danno: «(…)il concorso di responsabilità
contrattuale con responsabilità extracontrattuale è ammissibile quando si tratti di un
medesimo fatto che violi non soltanto i diritti derivanti da contratto, ma anche i diritti
che alla persona offesa spettano indipedentemente dal contratto stesso. Tale principio
trova applicazione nell’ipotesi di danni che colpiscono la persona del viaggiatore o le
sue cose, potendo, in tal caso, la pretesa del danneggiato, trovare il suo fondamento, oltre
che nel contratto di trasporto, nel generale precetto di non recare danno ad alcuno,
contenuto nell’art. 2043 c. c. Pertanto, in tale ipotesi, venuta meno l’azione contrattuale
per cause particolari (es. prescrizione) rimane proponibile l’altra azione (…)693».
1973, I, 298; Trib. Milano, 26 gennaio 1995, in Danno resp., 1996, 612, con nota di R. SIMONE, Concorso
di responsabilità: a proposito di un ritorno alla tipicità dei fatti illeciti. Nel trasporto marittimo di persone,
vedi recenti: Cass., 15 febbraio 2007, n. 3462, in Dir. trasp., 2007, III, 876, con nota di L. TULLIO,
Responsabilità del vettore di persone in caso di mancata partenza; Trib. Reggio Calabria. 8 luglio 2006, in
Dir. mar., 2008, 542, con nota di R. ABBATE, Profili di responsabilità del vettore marittimo nel trasporto
passeggeri e danni risarcibili alla luce delle più recenti innovazioni legislative e regolamentari; Trib.
Genova, 17 gennaio 2011, in Pluris Utet- Cedam, 2011.
693
Cass. Civ., 9 gennaio 1979, n. 119, in Arch. civ.., 1979, 330; Cass. Civ., 5 dicembre 1975, n. 4032, cit.;
Cass. Civ., 28 febbraio 1966, n. 614, in Mass. foro it. 1966, 206 («L'azione di responsabilità contrattuale e
quella di responsabilità extracontrattuale, pur in caso di concorso, restano soggette ciascuna alla propria
disciplina, anche per quanto concerne la prescrizione; pertanto, il diritto al risarcimento dei danni per
responsabilità contrattuale del vettore si prescrive se la relativa azione sia stata esercitata dopo la scadenza
del termine annuale di cui all'art. 2951 c.c., nonostante che sia ancora proponibile l'azione di responsabilità
extracontrattuale»); Cass. Civ., 13 ottobre 1953, n. 3340, in Riv. giur. circ. trasp., 106 ss.: «La maggiore
convenienza che, agli effetti del più breve termine di consunzione, il vettore può avere all’esercizio nei suoi
confronti dell’azione contrattuale – peraltro temperata dal maggior onere di prova- non può valere ad
escludere il diritto del viaggiatore danneggiato di richiamarsi alla responsabilità aquiliana, che l’ordine
giuridico gli garantisce al di fuori ed indipendentemente dal vincolo pattizio»; Cass. Civ., 16 marzo 1953,
n. 633, in Riv. giur. circ. trasp. 1953, 825, cit.; Cass. Civ., 16 aprile 1951, n. 933, in Foro it., 1951, 1190,
con nota contraria di R. RUSSO, Concorso di responsabilità contrattuale ed extracontrattuale e fatto illecito
dei commessi. Questa pronuncia richiama espressamente Cass. Civ., 23 dicembre 1949. n. 2630, in Foro it.
rep., 1949, voce Trasporto n. 50; Cass. Civ., 18 marzo 1950, n. 740 in Riv. giur. circ. trasp., 1951, 16 ss.,
con nota di G. ROSSO, Responsabilità del vettore per i danni al viaggiatore durante il trasporto e in Resp.
civ. prev., 1950, 313, con nota di G. GENTILE, La prescrizione nel trasporto di persone – Concorso di norme
e non di azioni (sulla base dell’idea per cui il concorso di responsabilità contrattuale ed aquiliana sia un
concorso di norme e non di azioni, la Cassazione ha affermato che: «(…) la prescrizione applicabile sarà
quella speciale o quella ordinaria, a seconda che la parte o il giudice riterranno di applicare le norme del
contratto o quelle del fatto illecito. (…) Nella presente contestazione, la parte chiese e il magistrato applicò
le norme sulla responsabilità per fatto illecito in quanto si era prescritta l’azione contrattuale. (…)»; nel
merito: App. Firenze, 8 settembre 1954, in Giur. tosc. 1954, 770.
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III.5. La natura contrattuale della responsabilità del vettore.
L’esclusione del concorso di responsabilità contrattuale ed
aquiliana da parte della dottrina maggioritaria.
Il dibattito sulla qualificazione della responsabilità del vettore per infortuni del
passeggero in termini contrattuali o aquiliani è sorto anteriormente alle codificazioni degli
anni quaranta 694 . Il primo esponente per importanza della teoria contrattuale, a cui si
694
Nell'ordinamento francese la responsabilità per danni del vettore verso il passeggero viene inquadrata in
termini contrattuali a partire dal 1911. Al contrario dell’ordinamento italiano, dove è previsto espressamente
l’obbligo di protezione, in Francia l’obligation de sécurité è stata elaborata dai Giudici. Il primo
riconoscimento dell’obbligo di tutelare l’incolumità del passeggero si deve ad una sentenza pronunciata
dalla Cassazione Civile il 21 novembre del 1911 (Cass. civ., 21 novembre 1911, in D. P., 1913, I, 249 ss.,
note de L. SARRUT; in S., 1912, I, 73, note de C. LYON-CAEN). I Giudici ritennero che: «vu l'article 1134
du Code civile, l'exécution du contrat de transport comporte l'obligation de conduire sain et sauf le voyager
à destination». Si tratta di un'obbligazione accessoria che i Giudici hanno incorporato nel regolamento
contrattuale (E. D. MARTINE, L'option entre la responsabilité contractuelle et la responsabilité délictuelle,
Parigi, 1957, 37 ss.). L'inquadramento contrattuale della responsabilità del vettore per danni ai passeggeri
ha avvantaggiato il viaggiatore nell'esercizio dell'azione (precedentemente si riteneva che la responsabilità
del vettore nei confronti del viaggiatore fosse di tipo delittuale: Cass. Civ., 10 novembre 1884, D., 1885, I,
433, note de L. SARRUT; S. 1885, I, 129, note de M. LYON CAEN). Il trasportato, infatti, non dovrà dimostrare
la colpa del vettore, poiché vige la presunzione di colpa per gli incidenti verificatisi «par l'effet et à
l'occasion du transport» (M. H. MAZEAUD, Responsabilité délictuelle et responsabilité contractuelle, in
Revue trim. droit civ., 1929, 614 ss; in generale sulle conseguenze della responsabilità contrattuale: L.
JOSSERAND, Les transports en service intérieur et en service international, (transports ferroviaires, roulage,
navigation intérieure et navigation aérienne), à l'exclusion des transports maritimes, Paris, 1926, 933 ss.).
Pur essendo uno dei pilastri del diritto comune, la responsabilità contrattuale del vettore è stata oggetto di
alcune critiche. In particolare, si è contestata l'assimilazione tra trasporto di merci e trasporto di persone
alla base della definizione in termini contrattuali della responsabilità. Innanzitutto, persone e cose non
possono essere trattate allo stesso modo, perché il viaggiatore non è un oggetto inerte consegnato al vettore.
Inoltre, nel trasporto di persone non si può sapere a priori se il danno derivi da fatto del viaggiatore o del
vettore. Infatti, laddove il passeggero sia ferito, non si può suppore che il danno si sia verificato nel corso
del trasporto (per quanto concerne nello specifico il diritto marittimo: G. RIPERT, Droit maritime, quatrième
édition, Tome II, Crédit maritime - Fortune de mer - Transports maritimes, Parigi, 1952, 82 ss.; contra R.
RODIÈRE, Traité général de droit maritime, Affrétements et trasports, Tome III, acconage, consignation,
transit, transports successifs et combinés, transports de passagers, remorquage, Paris, 1970, 71 ss.). Un
quadro esaustivo dell’evoluzione di quest’obbligo è fornito da: P: BONASSIES e CHRISTIAN SCAPEL, Droit
maritime, 2e édition, Paris, 2010, 860 ss.; F - X. PIERRONNET, Responsabilité civile et passagers maritimes,
Tome I, Aix - en - Provence, 2004, 159 ss.). Tuttavia, in due significative pronunce giurisprudenziali della
Corte di Cassazione, attinenti il trasporto marittimo, si ha un mutamento di rotta per ciò che concerne gli
aventi diritti del passeggero deceduto. Si tratta dei casi conosciuti comunemente come "Lamoricière" (Cass.
comm., 19 juin 1951, in D. 1951, 717, note de G. RIPERT; in JCP, 1951, 6426, note de E. BECQUÉ; in S.,
1952, I, 89, note de R. NERSON; in DMF, 1952, 283, note de M. DE JUGLART, Les arrêts "Lamoricière") e
"Champollion" (Cass. civ. 23 gennaio 1959, in D., 1959, 81, note de R. RODIÈRE, in D M F, 1959, 277, note
de R. RODIÈRE e in JCP, 1959, II, 11002, note de M. DE JUGLART). Con queste due pronunce, i Giudici
riconoscono agli aventi diritto del trasportato la possibilità di agire in via extracontrattuale. Viene, infatti,
ammessa la possibilità di rinunciare alla stipulation pour autrui tacite, che consentiva loro di agire in via
contrattuale. L'obiettivo è quello di sfuggire alle clauses de non - responsabilité ou limitatives de
responsabilité, inserite nel contratto di trasporto. Questa previsione è stata aspramente criticata da parte
della dottrina, perché creava delle condizioni di maggiore vantaggio per gli aventi diritto rispetto al
passeggero ferito, che poteva agire solo in via contrattuale (G. RIPERT, Droit maritime, cit., 886 ss.; R.
RODIÈRE, Traité général, cit., 273 ss.). Questo problema è stato risolto alla radice dall'articolo 42 loi n. 66MARIA TERESA NURRA
Il concorso di responsabilità contrattuale ed extracontrattuale nel trasporto
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158
riferiscono gli Autori successivi, è stato Alberto Asquini. Bisogna anzitutto premettere
che nel momento in cui si colloca la teoria di Asquini mancava un’espressa previsione
legislativa in materia di trasporto terrestre di persone. Il Titolo XIII del libro I del Codice
Commercio regolava solamente il trasporto di cose. Unici riferimenti al trasporto di
persone erano contenuti negli articoli 3, n. 13 del Codice del Commercio, che lo inserisce
tra gli atti del commercio (le imprese di trasporto di persone e di cose per terra o per
acqua) e 1627, n. 2 del Codice Civile, che menzionava i «vetturini per terra, come per
acqua che si incaricano del trasporto delle persone o delle cose»695. La mancanza di una
disciplina normativa spingeva l’Autore ad applicare le norme generali in materia di
locazione d’opera, facendo salve le leggi speciali in materia di trasporto ferroviario e
servizi pubblici automobilistici 696 . L’Autore rifiutava, in questo modo, l’applicazione
analogica delle disposizioni inerenti la responsabilità per perdita ed avaria delle cose
trasportate, sostenuta dalla maggior parte dei “contrattualisti”697. Le motivazioni fornite
da Asquini attenevano al differente oggetto del trasporto che caratterizza i due sottotipi,
che si riverbera nelle conseguenze analizzate in premessa al presente capitolo: rapporto
di detenzione e obbligo di custodia nel trasporto di cose; ruolo attivo del passeggero nel
verificare la corretta esecuzione del trasferimento e inesistenza della posizioni di mittente
e destinatario nel trasporto di persone; differenti modalità di esecuzione del trasporto per
entrambi i sottotipi698.
La ricostruzione della responsabilità del vettore attraverso la disciplina generale
della locatio operis portò l’Autore ad elaborare il concetto di obbligazione accessoria, di
cui si è parlato nel paragrafo precedente. La tutela dell’incolumità del passeggero è
420 du 19 juin 1966 (che riproduce l'articolo 10, comma 1, della Convenzione di Bruxelles del 1961),
secondo il quale: «Toute action en responsabilité, à quelque titre que ce soit, ne peut être exercée que dans
les conditions et limites du présent chapitre» (sul punto: M. RÉMOND GOUILLOUD, Droit maritime, II ed.,
Paris, 1993, 419 ss.).
695
A. ASQUINI, Del contratto di trasporto, in L. BOLAFFIO, A. ROCCO, C. VIVANTE (a cura di), Il codice di
commercio commentato, Torino, 1925, 62 ss.
696
A. ASQUINI, Del contratto di trasporto, cit., 63.
697
A. ASQUINI, La responsabilità del vettore per infortunio del viaggiatore, cit., 362. Sostengono
l’applicazione delle disposizioni in materia di trasporto di cose e quindi la natura contrattuale della
responsabilità, tra gli altri: G. CESAREO – CONSOLO, Trattato sul risarcimento del danno in materia di delitti
e quasi delitti, Torino, 1908, 476: «(…) in ordine alla prova riteniamo altresì che ben possa invocarsi la
presunzione stabilita negli articoli 1631 Codice Civile e 400 Codice Commerciale».; G. P. CHIRONI, La
colpa contrattuale, cit., 415; E. VIDARI, Corso di diritto commerciale, IV ed., migliorata ed accresciuta, IV.,
Milano, 1895, 165 ss.
698
Si vedano i riferimenti contenuti nel paragrafo III.1. e anche A. ASQUINI, Del contratto di trasporto, cit.,
65.
MARIA TERESA NURRA
Il concorso di responsabilità contrattuale ed extracontrattuale nel trasporto
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159
finalizzata alla corretta esecuzione dell’obbligazione di trasferimento. L’obbligazione,
sancita dalla legge sul presupposto di un particolare rapporto contrattuale e finalizzata
all’esecuzione di questo rapporto, è a tutti gli effetti un’obbligazione di natura
contrattuale699.
Una volta inquadrata in ambito contrattuale la responsabilità del vettore per
infortunio del passeggero, Alberto Asquini si mostrò fermamente contrario alla possibilità
di un concorso tra responsabilità contrattuale e responsabilità extracontrattuale del vettore
in relazione ad un unico evento lesivo.
Egli elaborò la teoria dell’assorbimento della responsabilità aquiliana in quella
contrattuale, che portò avanti anche sotto il vigore del nuovo codice civile del 1942. La
responsabilità del vettore verso il passeggero per violazione dell'obbligo di vigilanza si
fonda sulla legge (articolo 1681 cod. civ., art. 409 cod. nav. per il trasporto marittimo di
passeggeri), che integra il regolamento contrattuale ai sensi dell’articolo 1374 cod. civ.700
Il diritto soggettivo del contraente rientra nell'ambito di tutela contrattuale e al contempo
nella sfera di applicazione del neminem laedere701. Il fatto generatore della responsabilità
è identico sia in ambito contrattuale sia in ambito extracontrattuale (la violazione del
diritto soggettivo del passeggero) e la fonte regolatrice è sempre la legge. Ciò detto, egli
affermò il rapporto di complementarietà delle norme sulla responsabilità contrattuale ed
extracontrattuale, che esclude la coesistenza delle due forme di responsabilità702. Secondo
questa teoria, tra vettore e passeggero può sorgere unicamente la responsabilità
contrattuale, che assorbe quella extracontrattuale703. Il danno che si verifica nel rapporto
699
A. ASQUINI, La responsabilità del vettore per infortunio del viaggiatore, cit., 359 – 360. In
giurisprudenza sostengono la responsabilità contrattuale in generale: Cass. Firenze, 10 dicembre1896, in
Giur. it., 1897, I, 121 ss. : «Fra gli obblighi che l’amministrazione ferroviaria si assume mediante il contratto
di trasporto, oltre a quelli surricordati di trasportare cioè le persone nel tempo e col mezzo promesso, havvi
pur quello di tutelare e conservare (…) la personale integrità del viaggiatore durante il viaggio. (…)
ogniqualvolta un viaggiatore viene leso nel tragitto che percorre per un fatto comunque imputabile
all’amministrazione ferroviaria, l’azione che ne deriva pel risarcimento del danno arrecato, trae sempre il
suo fondamento dal contratto di trasporto (…); Cass. Firenze, 6 febbraio 1918 (che, però, sostiene
l’applicabilità delle disposizioni in materia di trasporto di merci); Cass. Firenze, 25 marzo 1918, in Giur.
it., I, c. 1027 ss.; App. Bologna, 13 gennaio 1913, con nota di U. SALTINI, L’onere della prova nell’azione
in responsabilità contro il vettore per infortunio del viaggiatore, in Giur. it., 1913, 589;
700
A. ASQUINI, Massime non consolidate in tema di responsabilità nel trasporto di persone, nota contraria
a Cass. Civ., sez. I, 16 aprile 1951, n. 933, e a Cass. Civ., sez. II, 13 ottobre 1951, n. 2635, in Riv. dir. comm.,
1951, II, 2 ss. Il discorso di Asquini appare applicabile a tutte le sottospecie di trasporto.
701
A. ASQUINI, Massime non consolidate in tema di responsabilità nel trasporto di persone, cit., 4.
702
A. ASQUINI, Massime non consolidate in tema di responsabilità nel trasporto di persone, cit., 4.
703
A. ASQUINI, Massime non consolidate in tema di responsabilità nel trasporto di persone, cit., 4: " (...)
MARIA TERESA NURRA
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160
tra due contraenti è solo contrattuale e non può essere mai considerato come fondamento
dell'azione aquiliana704.
Dall’analisi di questi principi risulta che l’articolo 2043 cod. civ. ha un’applicazione
del tutto residuale. La norma generale in materia di responsabilità aquiliana andrebbe ad
applicarsi nei casi in cui il principio del neminem laedere non sia stato concretizzato in
una precisa obbligazione contrattuale o legale 705 . L’evento relativo alla morte o alla
lesione del passeggero è regolato dalle norme particolari dettate in materia di trasporto.
Sarebbe «(…) incongruo far rivivere il precetto generale dci neminem laedere e la
generale disciplina che ad esso è connessa in un’ipotesi in cui la legge, adattando il
precetto generale alle particolari esigenze del rapporto regolato, ha posto la sua
specifica disciplina»706.
È, quindi, inimmaginabile che, in presenza di un obbligo di protezione ex lege come
nel contratto di trasporto, la normativa specifica possa essere derogata dall’art. 2043 cod.
civ., che riguarda tutti gli illeciti civili. L’applicazione dell’articolo 2043 cod. civ. è,
dunque, limitata a quei casi in cui manchi una specifica disposizione posta a tutela di un
determinato diritto a prescidere dalla specifica natura (assoluto, relativo, reale od
obbligatorio ecc.) 707.
In conclusione si può affermare che la funzione svolta dall’art. 2043 cod. civ. (come
già accennato nel testo) è di natura residuale, al pari di qualsiasi altra regola generale in
relazione ad un oggetto che ricada nella disciplina posta dalla legge speciale Ciò non
equivale a negare la natura pubblicistica della disposizione, ma rispetta il principio di
prevalenza della volontà delle parti in ambito contrattuale 708 . A sostegno di questa
posizione si è affermato che anche l’art. 1374 cod. civ., espressione del principio generale
la responsabilità del vettore per infortunio del viaggiatore, inserendosi nel contratto di trasporto non possa
non acquistare la disciplina contrattuale, e come, per effetto di tale assorbimento non vi sia più luogo alla
coesistenza tra i contraenti di una responsabilità extracontrattuale". Questi principi sono identici a quelli
già espressi dall'Autore sotto i codici previgenti, in particolare A. ASQUINI, La responsabilità del vettore
per infortunio del viaggiatore, cit., 358 ss.
704
G. GUICCIARDI, Contratto di trasporto - Responsabilità del vettore per sinistro - Azione per colpa
contrattuale o extracontrattuale, in Foro it., 1958, 241 ss.
705
R. RUSSO, Concorso dell'azione aquiliana con la contrattuale nel contratto di trasporto, cit., 990, v. in
particolare nota n. 113.
706
F. VASSALLI, Responsabilità contrattuale ed extracontrattuale per morte del passeggero nel trasporto
aereo, in Riv. dir. nav., 1952, I, 170 (il caso oggetto di analisi da parte dell’Autore riguarda la tragedia di
Superga, che sarà oggetto di approfondimento successivo).
707
S. BUSTI, Contratto di trasporto aereo, cit., 555.
708
S. BUSTI, Contratto di trasporto aereo, cit., 555 ss.
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pacta sunt servanda presenta il carattere di inderogabilità al pari dell’articolo 2043 cod.
civ.709.
La dottrina contraria al concorso ritiene, inoltre, che la possibilità per il danneggiato
di agire in via contrattuale e in via aquiliana determinerebbe un forte squilibrio
nell’assetto di interessi dei soggetti coinvolti, soprattutto dal punto di vista del vettore710.
Queste considerazioni sono state oggetto di forti critiche. Si è, infatti, affermato, che il
riconoscimento dell'azione extracontrattuale non altera la regolamentazione degli
interessi, elaborata dalla legislazione speciale 711. Ciò troverebbe conferma nel diverso
regime probatorio, che caratterizza l'azione extracontrattuale rispetto a quella contrattuale
regolata dal codice della navigazione e dal codice civile. Il regime probatorio si presenta
maggiormente rigoroso per il passeggero, laddove intenda agire in via aquiliana. La
diversa ripartizione dell’onere probatorio giustificherebbe, secondo l’indirizzo in esame,
l’ammissibilità del concorso di responsabilità contrattuale ed aquiliana712.
III.6. La qualificazione extracontrattuale della responsabilità del
vettore e l’esclusione del concorso. L’orientamento minoritario.
Per quanto riguarda la teoria aquiliana è utile analizzare il pensiero di Gabba.
709
D. MALTESE, Limitazione del debito e concorso fra azione contrattuale ed extracontrattuale, in Trasp.,
1993, n. 61, 13.
710
L. TULLIO, Responsabilità civile e diritto della navigazione, cit., 1092. La situazione di squilibrio si
vericherebbe, secondo l’Autore, in diverse ipotesi; ad esempio nel trasporto marittimo di cose (oggetto di
analisi successiva) quando il danneggiato decida di agire in ex art. 2049 cod. civ. o in caso di vettore che
sia anche armatore in virtù dell’art. 274 cod. civ. In questa fattispecie verrebbe vanificato il regime di favore
previsto dal legislatore con la previsione dell’esonero da responsabilità per colpa nautica. Un altro caso
descritto riguarda il creditore che si avvalga del termine quinquennale previsto per l’esercizio dell’azione
aquiliana, laddove abbia lasciato decorrere il termine breve di prescrizione o decadenza previsto dal
legislatore.
711
S. ZUNARELLI, A. ROMAGNOLI, Contratto di trasporto marittimo di persone, cit., 368 ss. In particolare,
l'Autore sostiene che: «(...) il riconoscimento dell'azione aquiliana, il cui esercizio nel nostro ordinamento
presuppone l'assolvimento da parte dell'interessato di un onere probatorio ben più rigoroso rispetto a quello
previsto dal codice della navigazione, non comporta di per sé un'alterazione dell'assetto di interessi
prefigurati dal legislatore speciale, se non nella misura in cui lo stesso legislatore speciale abbia consentito
il sorgere (o il permanere) di una diversa disciplina delle due azioni. Ciò appare evidente dal confronto con
la normativa contenuta nelle convenzioni internazionali in materia, ove si stabilisce espressamente che
l'azione risarcitoria esercita dal passeggero nei confronti del vettore è assoggettata alla disciplina di diritto
uniforme "however founded"». Tra i sostenitori del concorso di responsabilità:; R. SCOGNAMIGLIO,
Responsabilità contrattuale ed extracontrattuale, cit., 670; G. SILINGARDI, Concorso di responsabilità
contrattuale ed extracontrattuale, in ( a cura di) G. SILINGARDI, Il contratto di trasporto, Milano, 1997,
352.
712
S. ZUNARELLI, A. ROMAGNOLI, Contratto di trasporto marittimo di persone, cit., 369.
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162
L’illustre autore muove dalle stesse premesse elaborate da Asquini, cioè l’inapplicabilità
in via analogica delle disposizioni inerenti trasporto di merci, giungendo a risultati
opposti. Egli affermò che solamente nel trasporto di cose è configurabile una
responsabilità contrattuale del vettore derivante dalla perdita e avaria delle merci
consegnate. Questa connotazione è motivata dal fatto che l’oggetto del trasporto è di
natura esclusivamente patrimoniale e il vettore è nelle condizioni di poter risarcire il
proprietario delle merci corrispondendo l’equivalente in danaro del danno subito 713 .
Gabba afferma che il dovere di tutelare l’incolumità del viaggiatore è estraneo e anteriore
a qualunque contratto e tutelato da sanzioni civili e penali, e la sua lesione non può mai
essere integralmente riparata 714 . Il dovere di trasportare il passeggero incolume a
destinazione è un dovere civile, di natura universale, che non può mai essere configurato
in termini contrattuali. Il contratto di trasporto rappresenta semplicemente l’occasione per
la violazione di questo dovere e il compimento di un delitto da parte del danneggiante715.
Con l’introduzione della disposizione specifica in materia di responsabilità
vettoriale (art. 1681 cod. civ.; art. 409 cod. nav. in materia di trasporto marittimo e infine
art. 942 cod. nav., formulazione antecedente) i problemi derivanti dall’incerta
qualificazione della responsabilità spariscono 716 . L’introduzione di queste norme
riconduce, infatti, la responsabilità del vettore ai principi generali in materia di
responsabilità contrattuale717.
713
E GABBA, Nuove questioni di diritto civile, cit., 136, analogamente E GABBA, Se il danno risentito dai
viaggiatori di un disastro ferroviario sia contrattuale, nota a App. Milano, 6 ottobre 1903, in Giur. it., 1904,
I, 467 ss. (la sentenza nello specifico aveva statuito il concorso di responsabilità aquiliana e contrattuale);
in particolare c. 472. Tra i sostenitori della responsabilità aquiliana, v. G. RISSETTI, nota a App.Roma, 10
giugno 1896, in Foro it., 1897, I, 310 (la pronuncia si riferiva a un sinistro, in cui era incorso un operaio
della ferrovie nello svolgimento delle proprie mansioni, che i Giudici avevano qualificato in termini
contrattuali; il commento negativo dell’autore si riferisce non solo al caso esaminato, ma anche a quello
analogo inerente i sinistri del passeggero). Nella giurisprudenza per l’applicazione degli artt. 1151 e 1152
cod. civ. abrog. v: . Cass. Napoli, 13 luglio 1895, in Giur. it., 1895, I; 816; Cass. Firenze, 6 febbraio 1908,
in Giur. it., 1908, 426 (nello specifico la Corte argomenta in ordine alla non applicabilità delle disposizioni
in materia di trasporto di merci).
714
E GABBA, Nuove questioni di diritto civile, cit., 137.
715
E GABBA, Nuove questioni di diritto civile, cit., 137: « (…) rispetto alla persona, invece, allorché questa
stipula dal vettore l’obbligo di trasportarla incolume, intende appellarsi al dovere civile universale, non
affatto contrattuale, incombente a qualsivoglia individuo, il quale è in grado e in potere di fare male all’altro,
di non farlo e di porre ogni studio per non farlo. (…) il altri termini il vettore commette sempre un delitto».
716
S. ZUNARELLI, C. ALVISI, Trasporto, in G. DE NOVA (a cura di), Comm. cod. civ. Scialoja- BrancaGalgano, Libro quarto: Obbligazioni, art. 1678 – 1702, Bologna, 2014, 86.
717
A. ASQUINI, Del trasporto, in M. D'AMELIO e G. FINZI (diretto da), Comm. cod. civ., Libro delle
Obbligazioni, Parte II, Firenze, 1942, 424; in realtà l’Autore si riferisce all’articolo 1681 cod. civ., ma un
discorso analogo può essere compiuto per quanto concerne le disposizioni corrispondenti in materia di
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163
La configurazione in termini contrattuali oggi è un dato assodato in dottrina e in
giurisprudenza e non è più oggetto di discussione718. È possibile tuttavia individuare due
uniche voci dissenzienti nel panorama dottrinale e giurisprudenziale. Per quanto concerne
il primo punto, il solo assertore della teoria aquiliana è Rovelli, che critica in maniera
piuttosto severa le posizioni espresse da Asquini nella sua opera Secondo Rovelli la
responsabilità del vettore costituisce un’ipotesi particolare di responsabilità aquiliana
espressa in ambito contrattuale. L’esistenza del rapporto contrattuale ha unicamente la
funzione di qualificare il soggetto responsabile della lesione 719 . L’Autore esclude
totalmente la configurabilità della responsabilità contrattuale, laddove vi sia la lesione di
diritti indisponibili della personalità, quali per l’appunto il diritto all’integrità fisica720.
Il passeggero non può sempre essere considerato un contraente e di conseguenza
la responsabilità non può essere qualificata in termini contrattuali. Un esempio è offerto
dall’ipotesi in cui l’interesse all’esecuzione del trasferimento non risieda nel soggetto
trasportato, ma faccia capo ad un soggetto estraneo rispetto al rapporto obbligatorio. Ciò
si verifica nel caso di contratto stipulato tra il datore di lavoro e il vettore, avente ad
oggetto il trasferimento dei dipendenti da un luogo ad un altro. In questa fattispecie non
si può configurare, secondo Rovelli, un contratto a favore di terzo, e vi è differenza tra il
danno subito dal viaggiatore e il danno subito dal datore di lavoro721.
Ulteriori argomentazioni poste da Rovelli e peraltro non particolarmente precise,
riguardano il diritto internazionale uniforme, in particolare la Convenzione di Varsavia
del 1929 sul trasporto aereo internazionale. L’Autore si riferisce in particolare all’art. 24
della Convenzione (oggi corrispondente all’art. 29 della Convenzione di Montreal del
1999), secondo il quale: «Nei casi previsti agli art. 18 e 19 ogni azione per responsabilità,
promossa per qualsiasi motivo, non può essere esercitata se non alle condizioni ed entro
i limiti previsti dalla presente Convenzione». Rovelli sostiene che, a fronte della difficoltà
di inquadrare la responsabilità nell’una o nell’altra forma, il legislatore elaborò una
trasporto marittimo e aereo.
718
Odiernamente la qualificazione in termini contrattuali della responsabilità vettoriale è un dato assodato
sia in dottrina sia in giurisprudenza: M. IANNUZZI, Del trasporto, artt. 1678 -1702, cit., 83; F. M. PAOLUCCI,
cit., 123 ss.; Cass., 22 aprile 1950, n. 1071, in Giur. compl. cass. civ., 1950, II, 366; Cass., 21 febbraio 1953,
n. 427, in Foro it., 1953, I, 798.
719
R. ROVELLI, Il trasporto di persone, Torino, 1970, 8.
720
R. ROVELLI, Il trasporto di persone, cit., 9.
721
R. ROVELLI, Il trasporto di persone, cit., 9.
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164
disposizione che prescindesse dal titolo contrattuale o extracontrattuale. L’Autore
prosegue le sue argomentazioni, affermando che il contratto di trasporto funge
unicamente da presupposto per l’applicazione della presunzione di responsabilità in capo
al vettore e non qualifica assolutamente la responsabilità come contrattuale722.
Le argomentazioni di Rovelli per quanto concerne il diritto internazionale
uniforme sono a mio avviso poco chiare. L’Autore non analizza fino in fondo i motivi per
cui, a fronte di una mancata qualificazione legislativa, si dovrebbe optare per la
responsabilità aquiliana. Le sue posizioni non hanno comunque trovato alcun eco nella
dottrina attuale, neppure con riferimento alle disposizioni di diritto internazionale
uniforme a cui si è riferito.
Anche nella giurisprudenza è possibile rinvenire un’unica voce dissenziente, che
è rappresentata dalla pronuncia del Tribunale di Venezia del 30 maggio 1959723. Secondo
i Giudici vi è un errore di fondo alla base della teoria contrattuale: l’obbligo di far arrivare
incolume il passeggero a destinazione non può far parte del regolamento contrattuale. La
tutela dell’integrità fisica del passeggero, per la sua natura, non è deducibile in un
contratto. Tale assunto trova riscontro nelle disposizioni penali, che configurano come
reati gli atti volti a ledere questo diritto e altresì nell’art. 5 del codice civile, che sottrae il
diritto all’integrità fisica dalla disponibilità dei loro titolari724.
722
R. ROVELLI, Il trasporto di persone, cit., 9: «(…) in tema di danni al passeggero nel trasporto aereo, in
sede di convenzioni internazionali l’inquadramento della responsabilità del vettore non sembrò rientrare
pacificamente nell’ambito della responsabilità contrattuale e si superò la questione con una disposizione
che prescindesse dal titolo (contrattuale ed extracontrattuale della responsabilità) (…)».
723
Trib. Venezia, 30 maggio1959, in Foro pad., 1959, 1146 ss., con nota di D.M. PERETTI GRIVA, In tema
di cumulabilità dell’azione extracontrattuale e contrattuale nel trasporto di persone. In realtà l’annotazione
dell’Autore non affronta nello specifico il tema della qualificazione, bensì quello del concorso o cumulo di
responsabilità contrattuale ed aquiliana, quindi la nota non può qualificarsi né come adesiva, né come
contraria alla teoria fatta propria dai Giudici.
724
Trib. Venezia, 30 maggio 1959, cit.,: «In tema di trasporto di persone l’errore essenziale, su cui si è
basata tutta intera la concezione contrattuale della responsabilità per danni alla persona del viaggiatore, è
che il vettore sia tenuto per contratto a far arrivare incolume costui a destinazione, laddove è chiaro, per
quanto può dedursi dal complesso del nostro ordinamento giuridico e dalle norme inderogabili in esso
esistenti, che trattasi di un obbligo legale non deducibile per sua natura in un contratto, essendo esso la
garanzia di un correlativo diritto soggettivo di cui lo stesso titolare può disporre. E invero, l’integrità della
persona trova diretta ed immediata tutela in tutte le norme penali che configurano come reati i
comportamenti dolosi o colposi atti a lederla in qualsiasi forma e con qualunque mezzo, consenziente o
meno la stessa persona; ed il divieto, in che si concreta ogni previsione criminosa, è ribadito ed eretto a
principio generale nell’art. 5 c. c., che sottrae con esplicita chiarezza alla disponibilità dei soggetti la loro
integrità fisica».
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III.7. L’invocabilità dell’articolo 2054 cod. civ. da parte del
trasportato.
L’articolo 2054 cod. civ. disciplina la responsabilità per danni da circolazione dei
veicoli. Si tratta di una forma di responsabilità aggravata, che rappresenta una vera e
propria novità rispetto al codice civile abrogato. L’origine di questa disposizione deve
essere ricondotta al codice della strada del 1933, che è stato approvato con R.D. dell’ 8
dicembre 1933. L’articolo 120 del codice della strada faceva gravare sul conducente la
colpa presunta nella guida e il rischio per difetto di manutenzione e di vizi nella
costruzione del veicolo 725 . La ratio legis dell’articolo 2054 cod. civ. è la stessa
dell’articolo 2050 cod. civ., che disciplina la responsabilità per l’esercizio di attività
pericolose («Chiunque cagiona danno ad altri nello svolgimento di un'attività pericolosa,
per sua natura o per la natura dei mezzi adoperati, è tenuto al risarcimento»), se non prova
di avere adottato tutte le misure idonee a evitare il danno. Questa connessione traspare
nella Relazione al Codice Civile (n. 796)726, in cui il legislatore configura l’articolo 2054
cod. civ. come un’applicazione del principio generale di cui all’art. 2050 cod. civ.727.
L’applicazione dell’articolo 2054 cod. civ. è normativamente limitata ai soli
veicoli senza guida di rotaie, cioè ai veicoli di trasporto terrestre a guida libera. Inoltre, la
responsabilità in esame riguarda solamente i danni, che si siano verificati durante la
circolazione dei veicoli, ovvero durante la circolazione nelle vie pubbliche o aperte al
pubblico728.
Secondo l’articolo 2054 cod. civ. la responsabilità per danni derivanti dalla
circolazione dei veicoli ricade innanzitutto sul conducente del veicolo. La responsabilità
del conducente è fondata alternativamente sulla colpa presunta e sul rischio. Il conducente
725
C. M. BIANCA, Diritto civile, V, La responsabilità, cit., 754.
Relazione del ministro guardasigilli (Grandi) alla maestà del re imperatore, presentata nell’udienza del
16 marzo 1942-XX per l’approvazione del testo del codice civile, n. 796: «Dettata dall’art. 2050 la regola
generale sopra esposta, di essa si fa applicazione nell’art. 2054, ove si regola la responsabilità per
circolazione dei veicoli, già disciplinata nell’art. 120 del codice della strada (…)».
727
Art. 2050 cod. civ.: «Chiunque cagiona danno ad altri nello svolgimento di un'attività pericolosa, per
sua natura o per la natura dei mezzi adoperati, è tenuto al risarcimento, se non prova di avere adottato tutte
le misure idonee a evitare il danno». Sul tema e in generale sul rapporto tra l’articolo 2050 cod. civ. e
l’articolo 2054 cod. civ. v. M. BONA, Sub art. 2054, in U. CARNEVALI (a cura di), Dei fatti illeciti, Artt. 2044
– 2059, in G. GABRIELLI (a cura di), Comm. cod. civ., Milano, 2013, 328 ss.
728
Sui presupposti applicativi dell’articolo 2054 cod. civ. v. per ampi richiami giurisprudenziali e dottrinali:
M. SERRA, La circolazione dei veicoli, in P. STANZIONE (a cura di), Tratt. resp. civ., II, Responsabilità
extracontrattuale, Padova, 2012, 948 ss.
726
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risponde per colpa se il danno deriva da negligenza ed imperizia (art. 2054, comma 1,
cod. civ.) mentre risponde oggettivamente se il danno deriva da difetto di costruzione o
di manutenzione, così come il proprietario del veicolo, l’usufruttuario o l’acquirente con
patto di riservato dominio (art. 2054, comma 4, cod. civ.) 729 . Il legislatore ha così
dividuato un’area di rischio che grava sul conducente del veicolo in caso di vizio di
costruzione o manutenzione del veicolo, al di fuori della quale vige il principio di
responsabilità per colpa presunta. Il conducente potrà esimersi da responsabilità provando
la mancanza di colpa nella guida del veicolo730.
La presunzione di colpa sancita dall’articolo 2054, comma 1, cod. civ. accomuna
la disposizione in esame di natura extracontrattuale con l’articolo 1681 cod. civ., che
sanziona la responsabilità contrattuale del vettore per infortunio del passeggero. Il
principio di presunzione della responsabilità in capo al vettore si ripercuote, infatti, sulla
ripartizione dell’onere probatorio tra danneggiato e danneggiante. Il danneggiato deve
unicamente dimostrare il danno e il nesso di causalità e, in caso di contratto di trasporto,
egli dovrà provare anche il titolo731.
Il successivo comma 2 della disposizione in esame riguarda unicamente l’ipotesi
in cui si sia verificato uno scontro tra veicoli. In questo caso si presume che ciascun
conducente abbia egualmente concorso alla causazione del danno. La presunzione
riguarda la misura del concorso nella produzione del danno da parte dei conducenti 732. Il
comma 3 prevede, invece, la responsabilità in solido del proprietario del veicolo
(usufruttuario, acquirente con patto di riservato dominio) con il conducente, se non prova
che la circolazione del veicolo è avvenuta contro la propria volontà. Si tratta, come
nell’ipotesi di cui al quarto comma, di una responsabilità oggettiva per fatto altrui, perché
il proprietario risponde in caso in cui l’illecito venga imputato al conducente733.
Fino alla nota sentenza della Cassazione n. 10698 del 1998, la giurisprudenza si
729
C. M. BIANCA, Diritto civile, V, La responsabilità, cit., 757; contra sulla qualificazione della
responsabilità in termini oggettivi senza alcuna distinzione tra le due ipotesi indicate v. F. GALGANO,
Trattato di diritto civile, cit., 218.
730
C. M. BIANCA, Diritto civile, V, La responsabilità, cit., 757.
731
M. BONA, Sub art. 2054, cit., 399 ss.
732
C. M. BIANCA, Diritto civile, V, La responsabilità, cit., 762.
733
C. M. BIANCA, Diritto civile, V, La responsabilità, cit., 757; v. anche l’analisi compiuta da R. MAZZON,
Le azioni a tutela del danneggiato da circolazione stradale, Milano, 2011, 112. Quest’ultimo mette in luce
l’eccezionalità della norma, che trova un’applicazione concreta anche per il locatario del veicolo in forza
dell’art. 91, comma 2, del D.lgs. n. 285/1992.
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167
era espressa in maniera negativa rispetto alla possibilità di applicare l’articolo 2054 cod.
civ. anche in favore dei terzi trasportati, a qualunque titolo, coinvolti in un incidente
stradale. Nelle pronunce si affermava in maniera costante che la presunzione di colpa del
conducente e anche del proprietario del veicolo prevista dall’art. 2054 cod. civ. non
poteva applicarsi ai terzi trasportati. Alla base di questa impostazione vi era l’idea per cui
i terzi trasportati non potevano essere assimilati ai terzi estranei alla circolazione del
veicolo. Di conseguenza i terzi trasportati, danneggiati da un sinistro avvenuto nel corso
della circolazione del veicolo, potevano solamente agire contrattualmente in virtù
dell’articolo 1681 cod. civ. nell’ipotesi di trasporto a titolo oneroso o a titolo gratuito,
mentre i trasportati a titolo di cortesia potevano unicamente invocare la tutela di cui
all’articolo 2043 cod. civ.734.
Questo orientamento trovò un’ulteriore legittimazione nella sentenza della Corte
Costituzionale n. 192 del 1981. Con tale pronuncia i Giudici Costituzionali rigettarono la
questione di legittimità costituzionale dell’articolo 2054, comma 3, cod. civ. rispetto
all’art. 3 della Costituzione. L’interpretazione giudiziaria di questa disposizione, che non
poteva essere invocata dai terzi trasportati, non poteva essere tacciata di illegittimità
costituzionale. La Corte affermò, infatti, che la presunzione di responsabilità ex art. 2054
cod. civ. è finalizzata a garantire una maggiore tutela ai terzi danneggiati estranei alla
circolazione stradale. Al contrario i terzi trasportati a qualunque titolo sono consapevoli
dei rischi della circolazione e sono in grado di prevedere ed evitare il danno. Non è, quindi,
riscontrabile nessuna condizione di omogeneità tra la situazione dei terzi estranei alla
circolazione e quella dei terzi trasportati735.
734
Cass. Civ., 19 novembre 1978, n. 5355, in Arch. giur. circ. sin., 1979, 279; Cass. Civ. 25 gennaio 1979,
n. 583, in Arch. giur. circ., 1979, 257; Cass. Civ. 25 marzo 1979, n. 1767, in Foro it., 1979, I, 912; Cass.
Civ., 21. Luglio 1979, n. 4389, in Mass. foro it., 1979, 891; Cass. Civ., 11 gennaio 1988, n. 39, in Arch. giur.
circ. sin., 1988, 423; Cass. Civ., 3 marzo 1995, n. 2471, in Giust. civ., 1995, p.; Cass. Civ., 12 novembre,
n. 9874, in Riv. giur. circ. trasp., 1996, 954; Cass. Civ., 19 marzo 1997, n. 2424, in Danno Resp., 1997, 515;
nel merito: Trib. Palermo, 27 luglio1987, in Ass., 1988, II, 44; Trib. Roma, 23 settembre 1981, in Riv. fin.
loc., 1982, 584; Trib. Cagliari, 24 luglio 1985, in Riv. giur. sard., 1986, 391; Trib. Brindisi, 20 gennaio 1989,
in Arch. giur. circ. sin., 1989, 487; App. Lecce, 26 maggio1993, in Arch. giur. circ. sin., 1993, 797.Trib.
Reggio Emilia, 12 ottobre 1993, in Arch. giur. circ. sin., 1994, 865.
735
Corte Cost., 17 dicembre 1981, n. 192, in Foro it., 1982, I, 6; in Giur. it., 1982, I, 591; in Giur. Cost.,
1981, I, 1904: «Giova premettere, che, come la dottrina e la giurisprudenza hanno costantemente
riconosciuto, la presunzione di responsabilità ex art. 2054 cod. civ. in materia di circolazione dei veicoli è
intesa ad offrire una particolare garanzia a favore dei terzi danneggiati che rimangono estranei alla
circolazione del veicolo e che, come tali, non sono in condizioni di prevedere ed evitare il danno.
L'operatività di tale particolare garanzia e stata invece esclusa per quanto riguarda i terzi trasportati a
qualsiasi titolo, ivi compreso il trasporto di cortesia, in quanto costoro hanno modo, usando la ordinaria
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Il trasportato veniva considerato maggiormente in grado di valutare i rischi
derivanti dal contratto di trasporto e non poteva essere assimilato al terzo estraneo alla
circolazione. Inoltre il terzo estraneo risultava avvantaggiato dalla presunzione di colpa
stabilita dall’art. 2054 cod. civ., perché la dimostrazione dell’elemento soggettivo sarebbe
stata per lui particolarmente difficoltosa736.
Questa posizione giurisprudenziale aveva suscitato diverse problematiche,
soprattutto rispetto al trasportato a titolo amichevole. In quest’ultimo caso, infatti, il
passeggero si trovava in una condizione di maggior sfavore rispetto al trasportato a titolo
contrattuale, perché poteva invocare solamente l’articolo 2043 cod. civ., che impone un
onere probatorio più gravoso rispetto all’articolo 1681 cod. civ. in materia di
responsabilità contrattuale. Tale esclusione determinava delle forti disparità di
trattamento per il trasportato a titolo di cortesia, a seconda che nel sinistro fossero
coinvolte due o più vetture o solamente quella in cui viaggiava il passeggero. Nei
confronti del proprio vettore era, infatti, esperibile solamente l’azione extracontrattuale
di cui all’art. 2043 cod. civ. Al contrario nei confronti del conducente e del proprietario
dell’altro veicolo era possibile avvalersi delle presunzioni previste dall’art. 2054, perché
rispetto a questi il trasportato poteva considerarsi terzo737.
diligenza, di prevedere ed evitare il danno e, comunque, sanno che richiedendo o accettando il trasporto,
possono andare incontro ai pericoli e danni derivanti dal fatto della circolazione del veicolo sul quale sono
trasportati, ed affrontano quindi scientemente i rischi del trasporto (Corte Costituzionale sent. n. 55 del
1975). E la Corte, con la stessa sentenza, ha già avuto occasione di affermare, conseguentemente, che, non
versando i terzi e le persone trasportate nella stessa situazione di vittime della strada e di danneggiati, non
è irrazionale che le dette rispettive posizioni vengano considerate non uguali e differentemente disciplinate
quanto al regime del risarcimento del danno».
736
Sul punto v. l’analisi di L. MASALA, Trasporto di cortesia e tutela del passeggero, nota a Cass. Civ., 26
ottobre 1998, n. 10629, cit., 370.
737
M. RIGUZZI, Il contratto di trasporto, cit., 65. La situazione del trasporto amichevole terrestre si
caratterizzava, inoltre, per la mancanza di una disciplina specifica (al contrario del trasporto amichevole
marittimo e del trasporto aereo). A questo proposito deve essere menzionata la problematica inerente
l’applicazione analogica dell’art. 414 cod. nav., al trasporto terrestre a titolo amichevole. La Relazione
Ministeriale al Codice Civile del 1942, forniva delle indicazioni in ordine ai principi applicabili per il
trasporto a titolo di mera amicizia e di cortesia. In particolare, la relazione prevedeva la necessità di
utilizzare criteri differenti in ordine all’imputazione della responsabilità in capo al vettore, in applicazione
del principio ispiratore di cui all’art. 414 cod. nav. Questa indicazione è stata spesso travisata o mal
interpretata da parte della dottrina e della giurisprudenza. Alcuni hanno dedotto da questa norma la
possibilità di applicazione analogica dell’art. 414 cod. nav., che individua nel trasporto amichevole una
sottospecie di rapporto extracontrattuale, caratterizzato da un’attenuazione della responsabilità, che
risponde al senso comune di giustizia (A. ASQUINI, Massime non consolidate in tema di responsabilità nel
trasporto di persone, cit., 13 ss.; E. BRACCIANTI, Ancora sulla responsabilità del vettore nel trasporto
amichevole di persone, nota a Trib. Bologna, 2 dicembre 1947, in Foro pad., 1948, 142 ss.; contra tra gli
altri: G. CATURANI – A. SENSALE, Il trasporto, cit., 78 ss.; C. DE MARCO, La responsabilità civile nel
trasporto di persone e di cose, cit, 100 ss.. Per un’analisi esaustiva v. L. MASALA, Trasporto gratuito e
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169
Da questa esclusione risultava fortemente svantaggiato anche il trasportato a titolo
contrattuale, che intendesse avvalersi dell’istituto del concorso di responsabilità
contrattuale ed aquiliana. In questa ipotesi, infatti, avrebbe ugualmente invocato l’articolo
2043 cod. civ., con le conseguenze previste in tema di onere probatorio. In virtù di questa
previsione (come analizzato nel capitolo II) il danneggiato avrebbe dovuto dimostrare
l’esistenza dell’elemento soggettivo, al contrario sarebbe stato esonerato da tale prova
laddove avesse agito in base all’art. 2054 cod. civ.738.
Con la sentenza della Corte di Cassazione n. 10629 del 1998739 si muta totalmente
questo indirizzo, che pareva ormai consolidata nella giurisprudenza di legittimità e di
merito. Con la sentenza citata la Corte ha emesso i seguenti principi: «In materia di
responsabilità derivante dalla circolazione di veicoli l’art. 2054 Codice civile esprime,
in ciascuno dei commi che lo compongono, principi di carattere generale, applicabili a
tutti i soggetti che da tale circolazione comunque ricevano danni, e quindi anche ai
trasportati, quale che sia il titolo del trasporto, di cortesia ovvero contrattuale (oneroso
o gratuito) Ove il trasporto sia avvenuto in base a titolo contrattuale, con l’azione
prevista dall’art. 1681 Codice civile - che stabilisce la responsabilità contrattuale del
(solo) vettore per i sinistri che colpiscono il viaggiatore durante il viaggio può infatti
concorrere quella extracontrattuale di cui all’art. 2054 Codice civile. Pertanto il
trasportato, indipendentemente dal titolo del trasporto, può invocare i primi due commi
trasporto amichevole: l'interesse alla compagnia quale elemento discriminante, in Dir. trasp., 1991, II, 121
ss.)
737
A. ZAMPONE, Riflessioni sul trasporto amichevole alla luce del ripensamento della Corte di Cassazione
sull’applicabilità dell’art. 2054 alle persone trasportate, cit., 241 ss.
738
Affronta compiutamente questa tematica: D. FRENDA, Il concorso di responsabilità contrattuale ed
extracontrattuale, cit., 150 ss.
739
Cass. Civ., 26 ottobre 1998, n. 10629, in Resp. civ. prev., 1999, p.72; in Riv. giur. circ. trasp., 1998, 965;
in Dir. ec. ass., 1999, 223, con nota di V. PETRONE, Il revirement della Cassazione in materia di risarcibilità
di danni causati da trasporto; in Ass., 1999, III, 31, con nota di F. ROSSETTI, Trasporto di cortesia e
presunzione di colpa del conducente: la Cassazione mette fine ad una cinquantennale ingiustizia; in
Studium juris, 1999, 327; in Contratti, 1999, 361, con nota di L. MASALA; in Danno e Resp., 1999, 36 con
nota di V. VIOLANTE, F. D’AQUINO, Trasporto di cortesia: dai rischi del “free rider” alla presunzione di
responsabilità; in Dir. trasp., 1999, II, 233, con nota di A. ZAMPONE, Riflessioni sul trasporto amichevole
alla luce del ripensamento della Corte di Cassazione sull’applicabilità dell’art. 2054 c.c. alle persone
trasportate; seguono questo indirizzo tra le altre: Cass. Civ., 18 gennaio 2006, n. 834, in Arch. giur. circ.,
2007, 84; Cass. Civ., 1° giugno 2006, n. 13130, in Danno resp., 2007, 291, con nota di C. SGANGA, La
Cassazione e l’unitarietà del danno biologico, il commento; Cass. Civ., 24 ottobre 2007, n. 22336, in Arch.
giur. circ., 2008, 682; Cass. Civ., 21 maggio 2014, n. 11270, in CED Cassazione, 2014, n. 631027, e in
Quotidiano giuridico, 2014; nel merito: Trib. Milano, 20 dicembre 2011, in Pluris Utet Cedam, 2011; Trib.
Salerno, 12 settembre 2011, Pluris Utet Cedam, 2012; Trib. Milano, 31 gennaio 2013, in Pluris Utet Cedam,
2013.
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della disposizione citata per far valere la responsabilità extracontrattuale del conducente
ed il terzo comma per far valere quella solidale del proprietario, che può liberarsi solo
provando che la circolazione del veicolo è avvenuta contro la sua volontà ovvero che il
conducente aveva fatto tutto il possibile per evitare il danno. Ai fini dell’affermazione
della responsabilità solidale del proprietario ai sensi del terzo comma dell’art. 2054 è,
in particolare, irrilevante che quella del conducente sia riconosciuta in via presuntiva ai
sensi dei primi due commi di cui all’art. 2054, ovvero sulla base di un accertamento in
concreto della colpa (ex art. 2043 Codice civile), giacché l’estensione della
responsabilità al proprietario mira a soddisfare la generale, fondamentale esigenza di
garantire il risarcimento al danneggiato».
In virtù del nuovo orientamento della Corte, viene ammessa la diretta applicabilità
dell’articolo 2054 cod. civ. a tutti i soggetti trasportati a qualunque titolo, contrattuale
(trasporto gratuito) o extracontrattuale (trasporto amichevole). Con questa nuova
posizione tutti i soggetti trasportati godono di una tutela simile a prescindere dal titolo del
trasporto. La Cassazione, inoltre, ammette espressamente la possibilità per il trasportato
a titolo contrattuale di cumulare le due azioni contrattuale ex art. 1681 e ed
extracontrattuale ex art. 2054 cod. civ.740.
Questa nuova interpretazione dell’articolo 2054 cod. civ. è stata oggetto di forti
critiche da una parte della dottrina. Le argomentazioni formulate sono le seguenti. Il
danno al trasportato deriva solo indirettamente dalla circolazione del veicolo, ma
direttamente dall’attività di trasporto. Inoltre, il trasportato, soprattutto se viaggia a titolo
amichevole, potrebbe influire sulla condotta del conducente e concorrere indirettamente
alla produzione del sinistro. Per questo motivo sarebbe assurdo far beneficiare il
trasportato di una presunzione di responsabilità rispetto a un sinistro, che egli ha concorso
a produrre741.
Alcuni hanno criticato l’estensione dell’articolo 2054 cod. civ. a favore dei terzi
trasportati a titolo oneroso e gratuito. Infatti, sebbene l’articolo 2054 cod. civ. si ponga
740
Sul punto specifico: «Ove il trasporto sia avvenuto in base a titolo contrattuale, con l’azione prevista
dall’art. 1681 Codice civile - che stabilisce la responsabilità contrattuale del (solo) vettore per i sinistri che
colpiscono il viaggiatore durante il viaggio può infatti concorrere quella extracontrattuale di cui all’art.
2054 Codice civile».
741
S. BUSTI, Il contratto di trasporto terrestre, 842 ss.; riprende le medesime considerazioni in S. BUSTI, Il
contratto di trasporto di persone su strada, cit., 1095.
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come una norma di favore nei confronti del trasportato a titolo amichevole, non altrettanto
può dirsi per il trasportato a titolo contrattuale. Questa considerazione si basa sulla
diversità di onere probatorio in capo al vettore, che contraddistingue l’articolo 1681 cod.
civ. dall’articolo 2054 cod. civ. Nell’articolo 1681 cod. civ., secondo la dottrina in esame,
si rasenta quasi una responsabilità di natura oggettiva in capo al vettore. Quest’ultimo,
infatti, deve dimostrare di aver adottato tutte le prescrizioni tecniche di sicurezza,
prevenzione e organizzazione della propria attività, che chi esercita la professione deve
essere in grado di adottare ed osservare. Nell’articolo 2054 cod. civ. il carico probatorio
imposto al vettore è, invece, imperniato sul criterio soggettivo della diligenza ex art. 1176
cod. civ. Fatta questa premessa, si afferma che l’obiettivo dei Giudici dovrebbe essere
quello di innalzare il livello di tutela per tutti i trasportati, e non quello di avvantaggiare
alcune categorie a danno di altre742.
Sebbene la Corte di Cassazione con la pronuncia del 1998 abbia espressamente
sancito la possibilità per il trasportato a titolo contrattuale di esercitare le due azioni ex
artt. 1681 cod. civ. e 2054 cod. civ., le pronunce giurisprudenziali in materia sono
piuttosto esigue743. Il principio stabilito dalla Suprema Corte viene ripetuto dai Giudici in
sede di statuizione, ma si potrebbe pensare che sul piano concreto l’articolo 2054 cod. civ.
non venga quasi mai invocato dal trasportato a titolo contrattuale in concorrenza con
l’articolo 1681 cod. civ. Probabilmente le ragioni potrebbero essere ricercate nell’eseguità
del termine prescrizionale previsto per l’esercizio dell’azione di cui all’articolo 2054 cod.
civ., che è di 2 anni secondo quanto previsto dall’articolo 2947, comma 2, cod. civ. Il
trasportato danneggiato, laddove intenda invocare entrambe le responsabilità, contrattuale
ed extracontrattuale, preferirebbe, quindi, esercitare l’azione ex art. 2043 cod. civ.
soggetta ad un termine prescrizionale di 5 anni, anche se il regime probatorio risulterebbe
a lui più sfavorevole rispetto a quanto previsto dall’articolo 2054 cod. civ.
742
O. CAGNASSO, C. COTTINO, I contratti commerciali, cit., 334 ss. Gli Autori citati, sebbene si mostrino
critici rispetto all’orientamento delineato per le ragioni indicate, rifiutano l’idea che l’applicabilità
dell’articolo 1681 cod. civ. possa di fatto venir meno a seguito dell’estensione applicativa dell’articolo 2054
cod. civ. Le due disposizioni hanno, infatti, come sostenuto dagli Autori, spettri applicativi e contenuti
probatori differenti.
743
Tra le altre: Cass. Civ., 14 gennaio 2000, n. 366, in Danno resp., 2000, 991 ss., con nota di P. LAGHEZZA,
Insidia e trabochetto nelle grotte di Castellana; Cass. Civ. 1° giugno, 2006, n. 13130, cit.; nel merito: Giud.
Pace Napoli, 25 gennaio 1999, 518, in Arch. giur. circ. sin., 1999, 518.
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III.8. La responsabilità aquiliana del vettore nel trasporto
amichevole.
I rapporti di cortesia sono doveri sociali, che la vita di relazione impone nei vari
momenti storici e culturali e che vengono qualificati in base a particolari intenti soggettivi
delle parti come amicizia, benevolenza e convivenza 744 . Si tratta di rapporti che si
collocano per loro natura al di fuori di ogni coazione normativa e la cui esecuzione è
affidata esclusivamente all’onore, alla lealtà e ai corretti rapporti sociali745.
La giuridicità di determinati rapporti può essere ricavata dall’elemento
dell’onerosità. Tipicamente, infatti, un rapporto oneroso è un rapporto giuridico. Tuttavia
non sempre è possibile riscontrare l’eguaglianza tra onerosità e giuridicità del rapporto.
Anche i rapporti gratuiti possono presentare il requisito della giuridicità, laddove le parti
siano mosse da un intento giuridico, che sia in grado di sostenere un contratto. Nell’ipotesi
in cui l’intento delle parti non sia giuridico, ma sia dettato dalla buona convivenza sociale,
il rapporto gratuito sarà un rapporto di cortesia746.
La differenza tra rapporti gratuiti di mera cortesia e rapporti gratuiti aventi natura
giuridica è di difficile individuazione nell’ambito del trasporto. Infatti, né la normativa
interna né il diritto internazionale uniforme definiscono il trasporto gratuito e il trasporto
amichevole o di cortesia747. Nel codice civile l’unico riferimento è contenuto nell’art. 1681,
comma 3, cod. civ., che estende al trasporto gratuito le disposizioni in materia di
responsabilità del vettore per infortunio del passeggero. Il codice della navigazione
contiene, invece, due disposizioni concernenti le fattispecie del trasporto gratuito e del
trasporto amichevole: l’art. 413 cod. nav.748, che dispone in maniera analoga all’art. 1681,
comma 3, cod. civ., per i trasporti marittimi gratuiti, e l’art. 414 cod. nav., che disciplina
in maniera specifica la responsabilità del vettore marittimo nel trasporto amichevole749.
Per quanto riguarda il trasporto aereo disposizioni analoghe agli art. 413 cod. nav. e all’art.
744
G. GHEZZI, voce Cortesia (prestazioni di), in Enc. dir., vol. X, Milano, 1962, 1048 ss.
V. PANUCCIO, voce Prestazioni di cortesia, in Dig. disc. priv., sez. civ., vol. XIV, Torino, 1996, 269 ss.
746
V. ROPPO, Il contratto di trasporto, in (a cura di) G. IUDICA e P. ZATTI ,Tratt. dir. priv. II ed., ,Milano,
2011, 12 ss.
747
Su questo problema specifico v.: S. BUSTI, Il contratto di trasporto terrestre, cit., 224 ss.
748
Art. 413 cod. nav.: «Le disposizioni degli articoli precedenti che regolano la responsabilità del vettore e
i limiti del risarcimento da questo dovuto si applicano anche al contratto di trasporto gratuito».
749
Art. 414 cod. nav.: «Chi assume il trasporto di persone e di bagagli a titolo amichevole è responsabile
solo quando il danneggiato provi che il danno dipende da dolo o colpa grave del vettore o dei suoi dipendenti
e preposti».
745
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173
1681, comma 3, cod. civ. sono contenute nell’art. 1 della Convenzione di Montreal del
1999, che non prevede, però, alcun riferimento al trasporto amichevole750.
Gli articoli sopra citati (art. 1681, comma 3, cod. nav.; art. 413 cod. nav. e art. 1
Convenzione di Montreal del 1999) prevedono l’applicazione al trasporto gratuito della
disciplina prevista per il trasporto oneroso. La dottrina si è interrogata a lungo
sull’inquadramento del trasporto gratuito come sottotipo del contratto di trasporto oppure
come tipo contrattuale autonomo. La diversa qualificazione si ripercuote, infatti, sulla
tipologia di norme applicabili per disciplinare gli aspetti negoziali diversi dalla
responsabilità del vettore751.
Bisogna, innanzitutto, premettere la differenza che esiste tra un contratto a titolo
oneroso e un contratto a titolo gratuito. Un contratto può essere definito a titolo oneroso
quando alla prestazione principale di una parte corrisponda una prestazione principale a
carico dell’altra. Rientrano in questa categoria sia i contratti a prestazioni corrispettive,
sia i contratti associativi. Un contratto è, invece, a titolo gratuito, quando conferisce un
bene o un servizio senza che vi sia una corrispondente prestazione a carico della parte
beneficiaria752. Fatta questa premessa, il contratto di trasporto gratuito si distingue dal
contratto di trasporto a titolo oneroso per la mancanza di un corrispettivo. A seconda che
il corrispettivo venga considerato un elemento essenziale o naturale del contratto di
trasporto, il trasporto gratuito potrà configurarsi come un sottotipo del contratto di
trasporto oppure come un contratto atipico753.
Alcuni ritengono che il contratto di trasporto non sia necessariamente un contratto
di scambio754. Ciò che rileva è unicamente la prestazione del vettore, avente ad oggetto il
trasferimento di persone e cose da un luogo ad un altro. L’esistenza o meno del
corrispettivo non determina il venir meno dell’unitarietà del tipo contrattuale di cui si è
750
Art. 1 Convenzione di Montreal del 1999: «La presente convenzione si applica ad ogni trasporto
internazionale di persone, bagagli o merci, effettuato con aeromobile a titolo oneroso. Essa si applica altresì
ai trasporti con aeromobile effettuati a titolo gratuito da un'impresa di trasporto aereo”; in termini analoghi
dispone anche l’art. 1 della Convenzione di Varsavia del 1929: “La presente Convenzione si applica ad ogni
trasporto internazionale di persone, bagagli o merci, effettuato con aeromobile dietro rimunerazione. Essa
si applica pure ai trasporti gratuiti effettuati con aeromobile da un’impresa di trasporti aerei».
751
V. BUSI, Il trasporto, in G. VISINTINI, Tratt. resp. contr., II, I singoli contratti, Milano, 2009, 266.
752
C. M. BIANCA, Diritto civile, III, Il contratto, Milano, 2000, 493 ss.
753
Sul confronto tra le varie teorie: U. LA TORRE, La definizione di contratto di trasporto, cit., 212 ss.
754
G. ROMANELLI, Il trasporto aereo di persone, cit., 102 ss.; successivamente S. BUSTI, Il contratto di
trasporto terrestre, cit., 227 ss.; A. FLAMINI, Il trasporto amichevole, Napoli. 1977, 126 ss.; S. SILINGARDI,
voce Trasporto aereo (contratto di), in Enc. dir., XLIV, Milano. 1992,
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174
parlato nelle premesse. La funzione del contratto di trasporto è esclusivamente quella di
garantire ai mittenti o ai passeggeri il trasferimento di persone o di cose. Solamente la
prestazione di trasferimento caratterizza il contenuto del contratto di trasporto755. Secondo
questo indirizzo la previsione di cui all’art. 1681, comma 3, cod. civ. (e dell’art. 413 cod.
nav.) confermerebbe quanto detto: il trasporto gratuito rientra nella tipologia unitaria del
contratto di trasporto 756 . Il contratto di trasporto gratuito, pur essendo caratterizzato
dall’assenza di corrispettivo, resta un vero e proprio contratto di trasporto, che è soggetto
integralmente alla disciplina prevista per il trasporto oneroso757. La figura del contratto di
trasporto gratuito di persone e (raramente di cose) si riscontra, laddove intervenga tra le
parti un accordo avente ad oggetto la prestazione di trasferimento, ma venga escluso
esplicitamente il pagamento di un corrispettivo a favore del vettore758.
A questa posizione si oppone l’idea che il contratto di trasporto abbia natura
essenzialmente onerosa e che di conseguenza il trasporto gratuito sia un contratto sui
generis, soggetto in difetto di norme speciali alle norme generali sulle obbligazioni
contrattuali759. Il contratto gratuito è considerato un contratto d’opera sui generis e la sua
causa non è un’operazione di scambio, ma un intento di liberalità senza l’attribuzione
patrimoniale della donazione 760 . Laddove il corrispettivo fosse configurato come
elemento naturale e non essenziale del contratto di trasporto, non si spiegherebbero le
previsioni di cui all’art. 1681, comma 3, cod. civ. (analogamente v. art. 413 cod. nav. e
art. 1 Convenzione di Montreal del 1999). In assenza della disposizione citata, infatti,
nessuna norma della disciplina in materia di trasporto oneroso è direttamente applicabile
755
S. BUSTI, Il contratto di trasporto terrestre, cit., 228; A. FLAMINI, Il trasporto amichevole, cit., 130: «Il
contenuto essenziale del contratto di trasporto di persone (oneroso o gratuito) consiste nell’obbligazione
assunta da un determinato soggetto (vettore) di trasferire persone o cose da un luogo all’altro, come si
desume dall’art. 1678 cod. civ.».
756
S. BUSTI, Il contratto di trasporto terrestre, cit., 227. L’Autore spiega come la ratio delle due
disposizioni citate sia quella di assoggettare ad un identico regime di responsabilità i soggetti, che effettuano
un’attività di trasporto in forza di un contratto, indipendentemente dal fatto che percepiscano o meno un
corrispettivo; si esprimono in termini analoghi anche S. ZUNARELLI, C. ALVISI, Trasporto, cit., 60.
757
G. ROMANELLI, Il trasporto aereo di persone, cit., 126 ss.
758
S. ZUNARELLI, C. ALVISI, Trasporto, cit., 60.
759
A. ASQUINI, voce Trasporto di persone (contratto di), cit., 616: «Il contratto di trasporto di persone è un
contratto essenzialmente oneroso. Tuttavia può configurarsi anche un contratto sui generis di trasporto
gratuito, soggetto, in difetto di norme speciali (l’Autore si riferisce in nota agli art. 1681, terzo comma, cod.
civ., 413 e 947 cod. nav.) alle norme generali sulle obbligazioni contrattuali».
760
A. ASQUINI, voce Massime non consolidate in tema di responsabilità nel trasporto di persone,cit., 12.
Sull’inquadramento del contratto di trasporto gratuito nello schema della donazione, che costituisce
un’opinione isolata nel panorama dottrinale: v. M. IANNUZZI, Del trasporto, artt. 1678 -1702, cit., 41 ss.
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a un trasporto gratuito761.
Il trasporto gratuito e il trasporto amichevole sono accomunati dalla mancanza di
un corrispettivo. Sebbene parte della giurisprudenza e dottrina dei primi anni cinquanta
sostenesse il contrario762, è ormai dato assodato che il trasporto amichevole non abbia
natura contrattuale come tutti i rapporti di cortesia763.
Vi è, però, una posizione minoritaria, non riscontrabile in giurisprudenza, che
configura un obbligo di protezione nel trasporto amichevole in base alla teoria del contatto
sociale764. La responsabilità da contatto sociale riguarda i danni causati da un operatore
nei confronti di un soggetto all’interno di una relazione qualificata, che non presenta, però,
carattere contrattuale. Al fine di favorire la posizione del danneggiato la giurisprudenza
ha riconosciuto l’esistenza di una responsabilità contrattuale del danneggiante, in forza
della relazione qualificata esistente tra le parti, che prende la denominazione di “contatto
761
U. LA TORRE, La definizione di contratto di trasporto, cit. 217: «Questa previsione, che sarebbe del tutto
superflua se fosse vera quella premessa, è un dato che depone contro e non a favore della tesi in esame,
poiché la sua stessa presenza (…) sta a significare: da un lato che, ai fini del voluto effetto estensivo, una
espressa disposizione di legge era necessaria; dall’altro e reciprocamente che, senza un’esplicita norma in
deroga, l’estensione non ha luogo».
762
L’opinione suddetta è minoritaria e si ritrova espressa in dottrina da U. BRASIELLO, Trasporto a titolo
gratuito, e trasporto amichevole o di cortesia, nota a App. Bologna, 4 febbraio 1954, in Giur. compl. cass.
civ.,1954, I, 353 ss., secondo il quale il trasporto amichevole alla stessa stregua del trasporto gratuito, da
cui all’applicazione anche in questo caso dell’art. 1681, comma 3, cod. civ. Questa posizione muove
dall’idea per cui è gratuito tutto ciò che si dà, o si fa senza pagamento, per puro spirito di liberalità, per
soddisfazione morale, per amicizia o per cortesia. Nel caso in cui intervenga un interesse economico e il
trasporto faccia parte di un prezzo anche implicitamente, non si può configurare un trasporto gratuito. In
questa fattispecie rientrano solamente le ipotesi del trasporto amichevole o di cortesia. Da ciò deriva che
non esiste alcuna distinzione tra trasporto gratuito o trasporto amichevole o di cortesia. Si applica, inoltre,
l’art. 1681, comma 3, cod. civ. e non l’art. 2043 cod. civ., perché nel trasporto di cortesia si crea sempre un
vincolo giuridico tra chi trasporta amichevolmente e chi è trasportato. Uguali considerazioni sulla natura
contrattuale del trasporto amichevole, ma in favore dell’applicabilità delle norme generali in tema di
responsabilità v.: D. R. PERETTI GRIVA, Sul trasporto amichevole o di cortesia, in Riv. dir. comm., 1948, I,
409 e A. MONTEL, Ancora in tema di responsabilità per trasporto terrestre a titolo di cortesia, in Riv. dir.
comm., 1948, I, 200; in giurisprudenza: Cass. Civ., 29 marzo 1950, in Foro it., 1950, I, 1010; Cass. Civ. 16
aprile 1951, in Giur. it., 1952, I, 290; nel merito tra le altre: Trib. Bologna, 10 dicembre 1946, in Foro pad.,
1948, I, 201; Trib. Bologna, 18 dicembre1946, in Foro it., 1947, I, 415.
763
Cass. Civ., 13 ottobre 1951, n. 2635, cit., in Resp. civ. prev.,1951, 401 con nota di G. GENTILE, Sul
trasporto amichevole; Cass. Civ., 14 giugno 1952, in Giur. compl. cass. civ., 1953, I, 28; Cass. Civ., 22
maggio 1953, n. 1492, in Giust. civ., 1953, I, 1693; recente: Cass. Civ., 8 febbraio 2009, n. 21389, in Giust.
civ., 2010, I, 2209, con nota di M. M. COMENALE PINTO, Una decisione molto sintetica sulla responsabilità
nel trasporto amichevole.
764
C. CASTRONOVO, La nuova responsabilità civile, cit., 443 ss.; nello specifico per il trasporto di cortesia
C. CASTRONOVO, Le due specie della responsabilità civile e il problema del concorso, in Eur. dir. priv.,
2004, 87 ss.; segue questa linea anche: V. VIOLANTE, Responsabilità del vettore in caso di trasporto aereo
a titolo di cortesia, nota a Trib. Roma, 5 febbraio 1997, in Danno resp., 1998, 595 ss; contra S. BUSTI,
Contratto di trasporto terrestre, 1096 ss., in particolare v. n. 653 e G. MASTRANDREA, L’obbligo di
protezione nel trasporto aereo di persone, 282.
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sociale”
765
. Le fattispecie in cui si è applicato questo principio riguardano
prevalentemente la responsabilità del medico dipendente di una struttura sanitaria
pubblica o privata nei confronti del paziente. L’esecuzione della prestazione di cura,
sebbene non dovuta contrattualmente da parte del medico, stabilisce una relazione con il
paziente, da cui scaturisce il dovere di protezione in capo al sanitario766.
Il problema che si pone è di indicare un criterio che permetta di individuare
l’esistenza di un contratto di trasporto nell’ipotesi in cui manchi il corrispettivo. La
giurisprudenza afferma, ormai costantemente, che si ha trasporto gratuito quando è
presente un interesse giuridicamente apprezzabile del vettore all’esecuzione del
trasferimento, che sia suscettibile di valutazione economica 767. Non meritano, peraltro
accoglimento le pronunce, che fanno coincidere l’esistenza di questo interesse con il
godimento dell’altrui compagnia da parte del vettore 768 . Le conseguenze pratiche di
questo orientamento sarebbero abnormi, perché le ipotesi di trasporto amichevole
sarebbero limitate ai casi di passeggero sgradito e trasportato di mala voglia dal vettore769.
Parte della dottrina ritiene, però, che la distinzione tra le due fattispecie non può
unicamente basarsi sulla presenza o assenza dell’interesse suddetto. La presenza
dell’interesse, infatti, non coincide sempre con l’obbligatorietà del vincolo, che si viene
a creare tra due soggetti. Un atto di cortesia può essere determinato anche da un interesse
economico della parte, mentre un atto di natura contrattuale, come ad esempio la
donazione, può essere connotato da uno spirito di liberalità770. Secondo questa dottrina la
distinzione tra trasporto di cortesia e trasporto amichevole si deve basare sull’esistenza
della volontà delle parti di obbligarsi contrattualmente771. Si dovrà, quindi, verificare se
765
V. ROPPO, Il contratto di trasporto, cit., 18; in generale sulla teoria del contatto sociale, in particolare
sulle origini e sulla sua applicazione S. ROSSI, Contatto sociale (fonte di obbligazione), in Dig. disc. priv.,
sez. civ., Agg. V., Torino, 2010, 346 ss.
766
F. GALGANO, Trattato di diritto civile, III, II ed., Padova, 2009, 301.
767
Nella giurisprudenza di legittimità tra le altre: Cass. Civ., 27 febbraio 1979, n. 1221, in Arch. giur. circ.
sin., 1979, 337; Cass. Civ., 1° ottobre 1986, n. 4924, in Riv. giur. circ. trasp., 1987, 84; Cass. Civ., 20
aprile1989, n. 1855, in Riv. giur. circ. trasp., 1989, 571; nel merito tra le altre: Trib. Milano, 11 marzo 1985,
in Foro pad., 1985, I, 218; App. Perugia, 28 maggio 1991, in Arch. giur. circ. sin., 1991, 758; Trib. Napoli,
25 ottobre 1997, in Riv. giur. cir. trasp., 1998, 726.
768
Cass. Civ., 15 settembre 1981, n. 5098, in Arch. giur. circ.sin. , 1981, 742; Cass. Civ., 5 luglio 1989, n.
3223, in Vita not., 1988, 1206; più recente: Trib. Napoli, 25 ottobre 1997, in Riv. giur. cir. Trasp., 1998, 726.
769
C. VIGNALI, Il trasporto terrestre verso una responsabilità oggettiva, cit., 144 ss.
770
G. ROMANELLI, Il trasporto aereo di persone, cit., 111.
771
M. IANNUZZI, Del trasporto, artt. 1678 -1702, cit., 51; segue le considerazioni di IANNUZZI anche U. LA
TORRE, La definizione di contratto di trasporto, cit., 226.
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le parti abbiano inteso attribuire alla propria volontà l’attitudine a produrre effetti
giuridici772.
Come già analizzato nel paragrafo precedente, in seguito alla sentenza della Corte
di Cassazione n. 10629 del 1998, l’articolo 2054 cod. civ., che riguarda i danni derivanti
dalla circolazione dei veicoli è invocabile da tutti i terzi trasportati a qualunque titolo.
Con il nuovo orientamento elaborato dalla Cassazione si affievolirebbe la distinzione tra
trasporto gratuito e trasporto amichevole dal punto di vista della tutela accordata
dall’ordinamento. Infatti, il trasporto a titolo di cortesia potrebbe proporre l’azione
risarcitoria in base al criterio di imputazione previsto dall’articolo 2054 cod. civ., che è
analogo a quello stabilito dall’articolo 1681 cod. civ. per il trasporto contrattuale oneroso
e gratuito773.
Questa “equiparazione” è riscontrabile solamente nel trasporto terrestre, perché
per il trasporto marittimo a titolo amichevole continua ad applicarsi l’articolo 414 cod.
nav. Secondo questa disposizione il vettore è responsabile, laddove dimostri il dolo o la
colpa grave del vettore o dei suoi dipendenti o preposti. L’onere probatorio richiesto al
passeggero è in questo caso analogo a quello previsto per la responsabilità da fatto illecito
ex art. 2043 cod. civ.774In questo modo il trasportato a titolo amichevole non può avvalersi
del regime probatorio, basato sulla presunzione di colpa, che si applica ai trasportati a
titolo contrattuale ai sensi dell’articolo 409 cod. nav.775 L’articolo 414 cod. nav. esclude
di fatto la responsabilità del vettore per colpa lieve, mentre nell’articolo 409 cod. civ. in
conformità ai principi generali in tema di responsabilità debitoria, la colpa viene sempre
intesa in senso oggettivo come mancanza di diligenza, senza operare alcuna graduazione
dal punto di vista soggettivo776.
La dottrina ha evidenziato che l’ambito di applicazione dell’articolo 414 cod. nav.
772
M. IANNUZZI, Del trasporto, artt. 1678 -1702, cit., 51; sulla stessa linea anche G. CATURANI – A.
SENSALE, Il trasporto. Esposizione critica di giurisprudenza e dottrina (Artt. 1678 – 1702 codice civile),
Napoli, 1960. 73: «Allorché si esegua un trasporto senza corrispettivo s’impone quindi un’indagine
sull’esistenza o meno di un animus obligandi da parte del vettore (…)». Di recente riprende le posizioni
degli Autori citati: v. G. MASTRANDREA, L'obbligo di protezione nel trasporto aereo di persone, cit., 282.
773
A. ZAMPONE, Riflessioni sul trasporto amichevole alla luce del ripensamento della Corte di Cassazione
sull’applicabilità dell’art. 2054 c.c. alle persone trasportate, cit., 244.
774
A. ZAMPONE, Il contratto di trasporto marittimo di persone, cit., 441.
775
S. ZUNARELLI, A. ROMAGNOLI, Contratto di trasporto marittimo di persone, cit., 393.
776
A. ANTONINI, Il trasporto amichevole: lineamenti generali ed inadeguatezza del codice della
navigazione, in Dir. trasp., 2004, I, 94.
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è limitato solamente alla navigazione mercantile e non riguarda il settore della nautica
effettuata con unità da diporto. L’art. 40 del D.lgs. n. 171/2005, recante il “Codice della
nautica da diporto” ha previsto, infatti, che in questo settore la responsabilità civile verso
terzi sia regolata dall’articolo 2054 cod. civ.777. In virtù di questa previsione e in aderenza
con quanto stabilito dalla Cassazione a partire dalla pronuncia n. 10629 del 1998,
l’articolo 2054 cod. civ. può essere essere applicato anche ai terzi trasportati a bordo di
imbarcazioni e natanti da diporto778.
Si è anche auspicata l’eliminazione dell’articolo 414 cod. nav., sospettato di
illegittimità costituzionale in virtù dell’ingiustificata disparità di trattamento e della
compressione del diritto fondamentale all’integrità fisica, che consegue alla sua
applicazione. L’art. 414 cod. nav. prevederebbe, infatti, un trattamento irragionevolmente
ingiustificato rispetto a quanto previsto in materia di trasporto terrestre779.
III.9. Il concorso di responsabilità contrattuale ed aquiliana nel
trasporto marittimo di cose.
III.9.1. Un quadro sintetico sulla responsabilità del vettore marittimo per
perdita e avaria delle cose trasportate.
Prima di affrontare la problematica inerente il concorso di responsabilità
contrattuale ed aquiliana nel trasporto marittimo di cose, è opportuno analizzare
brevemente la normativa cui è sottoposto tale trasporto all’interno del nostro ordinamento
giuridico.
In Italia la responsabilità del vettore marittimo di cose viene regolata, innanzitutto,
dalle Regole dell’Aja – Visby. Con questa denominazione si indica il sistema
777
S. ZUNARELLI, A. ROMAGNOLI, Contratto di trasporto marittimo di persone, cit., 393, n. 264. Art. 40
D.lgs. n. 171/2005 stabilisce che: «La responsabilità civile verso i terzi derivante dalla circolazione delle
unità da diporto, come definite dall'articolo 3, è regolata dall'articolo 2054 del codice civile e si applica la
prescrizione stabilita dall'articolo 2947, comma 2, dello stesso codice. 2. Ai fini dell'applicazione dell'articolo 2054, comma 3, del codice civile il locatario dell'unità da diporto è responsabile in solido con il proprietario e, in caso di locazione finanziaria, l'utilizzatore dell'unità da diporto è responsabile in solido con
il conducente in vece del proprietario» (analogamente già art. 47, l. 50/1971).
778
S. ZUNARELLI, M. M COMENALE PINTO, Manuale di diritto della navigazione e dei trasporti, cit., 266;
in giurisprudenza: Cass. Civ., 19 novembre 2013, n. 25902, in Giur. it., 2014, 1353, con nota di V. CINTIO,
L’operatività dell’art. 2054 nel trasporto amichevole da diporto.
779
A. ANTONINI, Il trasporto amichevole: lineamenti generali ed inadeguatezza del codice della
navigazione, cit., 97.
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convenzionale uniforme di responsabilità, composto dalla Convention International pour
l’unification de certains règles en matière de connaissement, sottoscritta a Bruxelles il 25
agosto 1924 e resa esecutiva in Italia con r.d.l. 6 gennaio 1928, n. 1958 (cd. Regole
dell’Aja) e dai suoi protocolli modificativi del 23 febbraio 1968 e del 21 dicembre 1979
(denominati comunemente Regole Aja- Visby), resi esecutivi nel nostro ordinamento
rispettivamente con leggi n. 243 e 244 del 1984. Il legislatore italiano, seguendo una linea
comune agli altri paesi ratificanti, recepì i principi contenuti nella Convenzione di
Bruxelles del 1924 all’interno del codice della navigazione. Ciò permise alle Regole
dell’Aja e in buona parte anche ai suoi Protocolli di avere un’applicazione pressoché
universale per lungo tempo780. Il quadro normativo di diritto uniforme è poi completato
dalla United Nations Convention of the Carriage of the Goods by the sea, firmata ad
Amburgo il 31 marzo 1978, che è entrata in vigore il 1° novembre del 1992, ma che ha
tutt’oggi un’applicazione piuttosto limitata a causa dello scarso numero di ratifiche
(anche l’Italia è tra i Paesi non ratificanti).
Inoltre, a partire dal settembre del 2009, è stato aperto alla firma degli Stati un
nuovo testo di diritto uniforme, cd. Rotterdam Rules, elaborato dall’UNCITRAL in
collaborazione con il Comité Maritime International, che però non è ancora entrato in
vigore781. Le Rotterdam Rules, pur ispirandosi ai principi contenuti nella Convenzione di
Bruxelles del 1924, hanno l’obiettivo di rendere la disciplina più organica e soprattutto in
780
S. ZUNARELLI, M. M. COMENALE PINTO, Manuale di diritto della navigazione e dei trasporti, 404 ss.;
analogamente v. S. ZUNARELLI, Trasporto marittimo di cose (responsabilità del vettore del), in M. DEIANA,
Diritto della navigazione, in N. IRTI (promossi da), Dizionari del diritto privato, Milano, 2010, 513 ss. A.
LEFEBVRE D'OVIDIO - G. PESCATORE - L. TULLIO, Manuale di diritto della navigazione, cit., 540, afferma
che il legislatore italiano ha recepito nella sostanza le norme contenute nella Convenzione di Bruxelles del
1924, ma ha adottato una formulazione differente. Ciò ha determinato delle discrasie, soprattutto in seguito
all’emanazione delle Regole dell’Aja – Visby, a cui non è seguita la modifica del codice della navigazione.
781
Si tratta della Convenzione sul trasporto internazionale di merci totalmente o parzialmente marittimo,
(United Nations Convention on contracts for the international carriage og goods wholly or partly by the
sea) che è stata adottata in data 11 dicembre 2008 in seno all’attività della United Nations Conference on
International Trade Law ed è stata aperta alla firma in data 23 settembre 2009 sulla base della risoluzione
approvata l’11 dicembre 2008 dalla 67° sessione plenaria dell’Assemblea della Nazioni Unite. Per
un’analisi della disciplina v.: F. BERLINGIERI, Il progetto UNCITRAL per la nuova regolazione del trasporto
marittimo internazionale di merci: ambito applicativo e libertà contrattuale, in (coordinato da) A.
ANTONINI, Trattato breve di diritto marittimo, II, Contratti di utilizzazione della nave e dell’aeromobile,
Milano, 2008, 209 ss.; F. BERLINGIERI, S. ZUNARELLI, C. ALVISI, La nuova convenzione UNCITRAL sul
trasporto marittimo internazionale di merci «wholly or partly by the sea», in Dir. mar., 2008, 36 ss. e F.
BERLINGIERI, Analisi comparata delle Regole dell’Aja – Visby e delle Regole di Rotterdam, Convegno
AIDIM-CCIA Genova-A.L.C.E. Genova 19-20 ottobre 2009: Dalle regole dell’Aja- Visby alle Regole di
Rotterdam effetti del cambiamento sul commercio marittimo, in www.aidim.org/documenti.html.
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linea con le evoluzioni del trasporto marittimo e del commercio internazionale782.
Attualmente, in materia di responsabilità del vettore marittimo di merci non vi è
una completa uniformità normativa. La materia è, infatti, regolata da due testi di diritto
uniforme: la Convenzione di Bruxelles del 1924 sulla polizza di carico con i due
Protocolli modificativi del 1968 e del 1979 e la Convenzione di Amburgo del 1978,
adottata prevalentemente dai Paesi in via di sviluppo. A ciò si aggiunge il fatto che vi
sono tre testi della Convenzione di Bruxelles in vigore nei diversi Paesi: il testo originale
del 1924 e i testi modificati dai due Protocolli indicati783.
In base al quadro normativo delineato, in Italia la responsabilità del vettore
marittimo di cose è regolata dal codice della navigazione e dalle Regole dell’Aja- Visby784,
che presentano carattere di specialità. Il codice della navigazione assume, quindi,
un’applicazione residuale, limitata ai casi in cui la legge italiana sia la legge regolatrice
del rapporto secondo le norme di diritto internazionale privato785.
L’elaborazione della Convenzione di Bruxelles del 1924 naque dall’esigenza di
temperare il conflitto, esistente all’epoca, tra i caricatori e il ceto armatoriale. I caricatori
erano considerati la parte debole del rapporto, esposta alla forza contrattuale dei gruppi
armatoriali. Quest’ultimi avevano rafforzato la loro posizione in relazione all’aumento
dei traffici marittimi e soprattutto in forza dell’atteggiamento delle corti inglesi, inclini a
riconoscere la validità delle clausole di esonero da responsabilità. La Convenzione di
Bruxelles cercò, quindi, di individuare un punto di equilibrio tra le esigenze opposte delle
782
S. ZUNARELLI, Trasporto marittimo di cose (responsabilità del vettore del), cit., 514.
F. BERLINGIERI, Verso un’ulteriore unificazione del diritto marittimo, in Dir. mar., 2010, 391.
784
L’applicazione delle Regole dell’Aja – Visby è limitata ai trasporti internazionali per i quali sia stato
emessa una polizza di carico in presenza di determinate circostanze indicate nell’art. 10 e solamente ai
danni per perdita o avaria della merce. Le Regole dell’Aja – Visby non si applicano: ai chaterparties (art. 5,
comma 2), ma soltanto ai contratti di trasporto documentati da una polizza di carico, e qualora la polizza
sia stata emessa in relazione ad un chaterparty, si applicano solamente ai rapporti tra il vettore e il terzo,
portatore del documento (art. 1, lett. b) né ai trasporti di animali vivi o di merce caricata sopra coperta, a
condizione che la caricazione sopra coperta sia indicata nel contratto (art. 1, lett. c). Per un’analisi esaustiva
sui presupposti applicativi delle Regole dell’Aja – Visby v. F. BERLINGIERI, Le convenzioni internazionali
di diritto marittimo e il codice della navigazione, Milano, 2009, 7 ss.
785
L. TULLIO, La responsabilità del vettore nel trasporto marittimo di cose, in A. ANTONINI (coordinato da),
Trattato breve di diritto marittimo, II, Contratti di utilizzazione della nave e dell’aeromobile, Milano, 2008,
163. L’autore mette in luce che le disposizioni contenute nelle Regole dell’Aja – Visby si applicano con
preferenza sul codice della navigazione non solo in virtù del principio di specialità, ma in relazione all’art.
117, comma 1, della Costituzione: «La potestà legislativa e' esercitata dallo Stato e dalle Regioni nel rispetto
della Costituzione, nonché dei vincoli derivanti dall'ordinamento comunitario e dagli obblighi
internazionali».
783
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parti contrattuali. Il sistema di responsabilità delineato dai redattori si caratterizzò, infatti,
per l’introduzione di clausole di esonero del vettore da responsabilità e per la limitazione
del debito in caso di perdita e avaria della merce, e per l’inderogabilità della disciplina
prevista in materia di responsabilità a tutela dei caricatori786.
Nel regime di responsabilità delle regole dell’Aja- Visby, regolato dagli articoli
IV e IV bis., vige il principio di presunzione di colpa. Ciò significa che il caricatore deve
solamente dimostrare che le merci sono arrivate al luogo di destinazione in uno stato di
conservazione oppure in una quantità differente rispetto al momento iniziale del trasporto,
e che la perdita e l’avaria della merce così delineata si sia verificata nell’arco temporale
compreso tra la ricezione delle merci da parte del vettore e la loro riconsegna al
destinatario. L’esistenza del danno può essere dimostrata attraverso un confronto tra le
condizioni di perdita e di avaria della merce al momento della consegna e le differenti
condizioni di integrità o stato sano esistenti all’atto della riconsegna. Analoga presunzione
è sancita all’interno del nostro ordinamento giuridico dell’art. 422, comma 1, cod. nav.:
«Il vettore è responsabile della perdita o delle avarie delle cose consegnategli per il
trasporto, dal momento in cui le riceve al momento in cui le riconsegna, nonché dei danni
per il ritardo, a meno che provi che la causa della perdita, delle avarIe o del ritardo non è
stata, nè in tutto nè in parte, determinata da colpa sua o da colpa commerciale dei suoi
dipendenti e preposti»787.
La dimostrazione della responsabilità del vettore è piuttosto agevole, laddove sia
stata emessa una polizza ricevuto per l’imbarco oppure una polizza di carico netta, che
attestino le condizioni della merce rispettivamente al momento della consegna e al
momento dell’imbarco788. Le perdite e l’avaria delle merci devono essere contestate, con
riserva scritta o in contraddittorio del comandante o del raccomandatario, all’atto della
riconsegna se apparenti, oppure entro tre giorni se si tratta di avarie o perdite non
apparenti. In mancanza della riserva scritta o della contestazione, si presume che la merce
sia stata riconsegnata in una condizione di conformità rispetto a quanto indicato nel
documento di trasporto (come previsto dall’art. 435 cod. nav. e dall’art. III, n. 6, delle
786
S. ZUNARELLI, M. M. COMENALE PINTO, Manuale di diritto della navigazione e dei trasporti, 409 ss.
S. ZUNARELLI, M. M. COMENALE PINTO, Manuale di diritto della navigazione e dei trasporti, 410.
788
A. LEFEBVRE D'OVIDIO - G. PESCATORE - L. TULLIO, Manuale di diritto della navigazione, cit., 545.
787
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Regole dell’Aja – Visby 789 ). Ai sensi dell’art. IV.2. il vettore può esonerarsi da
responsabilità se riesce a dimostrare che l’evento dannoso non è derivato da colpa sua o
dei suoi agenti o preposti (art. IV.2. lett. q790) e sarà uguamente ritenuto irresponsabile in
presenza dei cd. “pericoli eccettuati” elencati all’art. IV.2. lett. da a) a p)791, a meno che
l’interessato al carico dimostri che il danno è derivato da colpa del vettore oppure da un
evento diverso rispetto ai pericoli eccettuati792. Per quanto concerne i pericoli eccettuati è
stato affermato che solamente le cause indicate alle lettere a) e b) costituiscono delle vere
e proprie cause di esonero da responsabilità, che rappresentano un’eccezione rispetto alla
789
Art. 435 cod. nav.: «La perdita e le avarie subite durante il trasporto dalle cose trasportate devono essere
fatte constare dal destinatarIo, con riserva scritta o in contraddittorio del comandante della Nave o del
raccomandatario del vettore, non oltre il momento della riconsegna, se trattasi di perdita o di avarie
apparentI, ovvero entro tre giorni dalla riconsegna, se trattasi di perdita o di avarie non apparenti. In
mancanza della riserva scritta o della constatazione in contraddittorio, le merci si presumono riconsegnate
dal vettore in conformità delle indicazioni contenute nel documento del trasporto»; art. 3 n. 6 Regole
dell’Aja – Visby: «Unless notice of loss or damage and the general nature of such loss or damage be given
in writing to the carrier or his agent at the port of discharge before or at the time of the removal of the
goods into the custody of the person entitled to delivery thereof under the contract of carriage, or, if the
loss or damage be not apparent, within three days, such removal shall be prima facie evidence of the
delivery by the carrier of the goods as described in the bill of lading. The notice in writing need not be
given if the state of the goods has, at the time of their receipt, been the subject of joint survey or
inspection. Subject to paragraph 6bis the carrier and the ship shall in any event be discharged from all
liability whatsoever in respect of the goods, unless suit is brought within one year of their delivery or of the
date when they should have been delivered. This period, may however, be extended if the parties so agree
after the cause of action has arisen. In the case of any actual or apprehended loss or damage the carrier
and the receiver shall give all reasonable facilities to each other for inspecting and tallying the goods»
790
Art. IV.2. lett. q): «Any other cause arising without the actual fault or privity of the carrier, or without
the fault or neglect of the agents or servants of the carrier, but the burden of proof shall be on the person
claiming the benefit of this exception to show that neither the actual fault or privity of the carrier nor the
fault or neglect of the agents or servants of the carrier contributed to the loss or damage».
791
Art. IV.2. lett. da a) a p): «Neither the carrier nor the ship shall be responsible for loss or damage arising
or resulting from: (a) Act, neglect, or default of the master, mariner, pilot, or the servants of the carrier in
the navigation or in the management of the shi (b) Fire, unless caused by the actual fault or privity of the
carrier. (c) Perils, dangers and accidents of the sea or other navigable waters. (d) Act of God. (e) Act of
war. (f) Act of public enemies.(g) Arrest or restraint of princes, rulers or people, or seizure under legal
process.(h) Quarantine restrictions.(i) Act or omission of the shipper or owner of the goods, his agent or
representative.(j) Strikes or lockouts or stoppage or restraint of labour from whatever cause, whether
partial or general. (k) Riots and civil commotions.(l) Saving or attempting to save life or property at sea.(m)
Wastage in bulk of weight or any other loss or damage arising from inherent defect, quality or vice of the
goods. (n) Insufficiency of packing. (o) Insufficiency or inadequacy of marks. (p) Latent defects not
discoverable by due diligence». Per un’analisi completa dei pericoli eccettuati v. G. RIGHETTI, La
responsabilità del vettore marittimo nel sistema dei pericoli eccettuati, Padova, 1970, 79 ss. e anche F.
BERLINGIERI, Le convenzioni internazionali di diritto marittimo e il codice della navigazione, cit., 70 ss.
792
M. CASANOVA, M. BRIGNARDELLO, Diritto dei trasporti. II, la disciplina contrattuale, II ed.,, Milano,
2012, 283 ss., in particolare nota n. 215), evidenziano come la norma non abbia fornito una specificazione
chiara in ordine alla ripartizione dell’onere probatorio tra il vettore marittimo e l’avente diritto al carico. Su
questo punto la giurisprudenza e la dottrina dei vari stati contraenti ha assunto delle posizioni differenti.
Una prima tesi prevalente afferma che in presenza dei pericoli eccettuati sussiste la presunzione di
irresponsabilità del vettore marittimo, che non è tenuto a dimostrare la propria assenza di colpa. Sarà, invece,
l’avente diritto al carico a dovere dimostrare l’eventuale colpa del vettore nella produzione del danno.
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regola generale per cui il debitore risponde degli atti colposi dei suoi dipendenti. Le due
categorie di cause presentano, però, una differenza sostanziale. Gli excepted perils
indicati alla lett. a) riguardano i comportamenti dei preposti adottati in ambiti specifici
della loro attività, quali navigation or management of the ship, mentre le cause indicate
alla lett. b) (e analogamente anche i pericoli eccettuati elencati nelle lettere successive) si
riferiscono ad eventi specifici, che possono verificarsi senza concorso del vettore e dei
suoi preposti e possono, quindi, determinare la perdita o avaria delle merci senza il
concorso di un’altra causa a loro imputabile793.
L’art. 422 del codice della navigazione riproduce nella sostanza la disposizione di
diritto uniforme, anche se adotta una formulazione differente794. Nell’art. 422, comma 1,
cod. nav., assume rilievo preminente la fattispecie residuale indicata nell’art. IV.2. lett. q):
«Il vettore è responsabile della perdita o delle avarie delle cose consegnategli per il
trasporto, dal momento in cui le riceve al momento in cui le riconsegna, nonché dei danni
per il ritardo, a meno che provi che la causa della perdita, delle avarIe o del ritardo non è
stata, nè in tutto nè in parte, determinata da colpa sua o da colpa commerciale dei suoi
dipendenti e preposti». Il secondo comma dell’art. 422 cod. nav.795 contiene l’elencazione
specifica dei pericoli eccettuati sostanzialmente corrispondente all’art. IV.2. delle Regole
dell’Aja- Visby. La particolarità concerne la previsione della cd. prova di riscontro.
L’interessato al carico, infatti, può dimostrare che la causa del danno è stata causato da
793
F. BERLINGIERI, Le convenzioni internazionali di diritto marittimo e il codice della navigazione, cit., 69
ss.
794
Relazione al Codice della navigazione presentata all’udienza del 30 marzo 1942 per l’approvazione del
testo definitivo, n. 249: «Relativamente alla disciplina della responsabilità del vettore ho ritenuto opportuno
seguire la Convenzione di Bruxelles del 1924. Ciò non tanto per l’esistenza di tale accordo internazionale,
quanto perché i principi ivi consacrati sono ormai da tempo entrati nella prassi italiana, attraverso le clausole
delle polizze per il Nordamerica, e costituiscono quindi già il nostro diritto vivente (…) Le clausole della
Convenzione sono frammentarie e disorganiche, poiché derivano dalle cosidette “Regole dell’Aja”
concepite secondo lo schema di una polizza tipo, redatto da pratici sulla base di usuali formulari. Ho quindi
provveduto a raggruparle e fonderle in tre nuclei essenziali, che attengono rispettivamente al regime della
responsabilità in senso stretto, alla limitazione del debito, al problema della derogabilità delle norme».
795
Art. 422, comma 2, cod. nav.: «Deve invece l’avente diritto alla riconsegna provare che la causa della
perdita, delle avarie o del ritardo è stata determinata da colpa del vettore o da colpa commerciale dei di lui
dipendenti e preposti, quando il danno è stato prodotto da vizio occulto, o da innavigabilità della nave non
derivante da inadempimento agli obblighi di cui all’articolo precedente, da colpa nautica dei dipendenti o
preposti del vettore, da fortuna o pericoli di mare, incendio non determinato da colpa del vettore, pirateria,
fatti di guerra, sommosse e rivolgimenti civili, provvedimenti di autorità di diritto o di fatto, anche a scopo
sanitario, sequestri giudiziari, scioperi o serrate, impedimenti al lavoro generali o parziali, atti o tentativi di
assistenza o salvataggio ovvero deviazione del viaggio fatta a tale scopo, cattivo stivaggio, vizio proprio
della merce, calo di volume o di peso, insufficienza degli imballaggi, insufficienza o imperfezione delle
marche, atti od omissioni in genere del caricatore o dei suoi dipendenti o preposti».
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colpa del vettore o da colpa commerciale dei suoi ausiliari. Questa previsione è stata
inserita in ottemperanza a quanto previsto nel protocollo di firma delle Regole, dove è
consentito agli Stati introdurre la prova di riscontro in presenza dei pericoli eccettuati di
cui alle lett. c)- p. Il sistema di prova e di controprova delineato dal codice della
navigazione comporta che i pericoli eccettuati si presentino come presunzioni legali di
fortuito, superabili con la prova contraria fornita dall’interessato al carico796.
L’obbligazione risarcitoria del vettore, che sia riconosciuto responsabile, è
sottoposta ad una limitazione ex lege, che trova una propria regolamentazione negli art.
IV. 5 delle Regole dell’Aja – Visby e 423 del codice della navigazione. Il sistema di
limitazione delineato dal diritto uniforme si caratterizza per l’individuazione di un duplice
criterio di riferimento: l’importo del risarcimento non può eccedere i 666,66 DSP per
collo o altra unità ovvero i 2 DSP per ogni chilogrammo di peso della merce perduta o
danneggiata. Nella scelta tra i due criteri di calcolo indicati si dovrà optare per quello che
determina il limite maggiormente elevato797. A differenza di quanto stabilito nel codice
della navigazione, l’art. IV.5 delle Regole dell’Aja – Visby prevede espressamente la
decadenza del vettore dal beneficio del termine. Il soggetto danneggiato deve dimostrare
che il danno è derivato da un atto oppure un omissione del vettore compiuto con
l’intenzione di provocare un danno oppure temerariamente e con la coscienza che un
danno si sarebbe probabilmente verificato (art. IV. 5 lett. e798).
Il limite risarcitorio, che è previsto dall’art. 423 cod. nav., è pari all’importo
796
L. TULLIO, La responsabilità del vettore nel trasporto marittimo di cose, cit., 182 ss.
Art. IV.5., lett. a): «Unless the nature and value of such goods have been declared by the shipper before
shipment and inserted in the bill of lading, neither the carrier nor the ship shall in any event be or become
liable for any loss or damage to or in connection with the goods in an amount exceeding 666.67 units of
account per package or unit or 2 units of account per kilogramme of gross weight of the goods lost or
damaged, whichever is the highe». Il testo originario della Convenzione di Bruxelles del 1924 prevedeva
solamente il primo dei criteri indicati espressa in sterline (la misura non doveva eccedere le cento sterline
per collo oppure per unità di carico. Il Protocollo di Visby del 1969 con l’art. 2 lett. a) ha sostituito il
riferimento alla sterlina con il franco oro poincaré, definendo il franco come unità consistente in 65,5
milligrammi d’oro della finezza di novecento millesimi. Successivamente con il Protocollo di Bruxelles del
1979 è stato introdotto il sistema dei diritti speciali di prelievo, che hanno sostituio le sterline oro e il franco
poincaré. In seguito a queste modifiche è stato, inoltre, fissato il limite risarcitorio in 666,67 DSP per collo
o unità di carico o in due unità di conto per chilogrammo di merce danneggiata o perduta; v. per un’analisi
esaustiva dell’argomento: 225 ss.
798
Art. IV, lett. e): «Neither the carrier nor the ship shall be entitled to the benefit of the limitation of
liability provided for in this paragraph if it is proved that the damage resulted from an act or omission of
the carrier done with intent to cause damage, or recklessly and with knowledge that damage would probably
result».
797
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massimo di 103,29 euro per unità di carico ovvero pari alla maggior cifra corrispondente
al valore dichiarato dal caricatore anteriormente all’imbarco. Questa somma limite nav. è
stata oggetto di diverse pronunce della Corte Costituzionale. Fino al 2005 l’atteggiamento
della giurisprudenza costituzionale era volto a difendere l’assetto tradizionale del diritto
interno. Veniva attribuita una decisiva rilevanza alla dichiarazione di valore effettuata dal
caricatore. Secondo quanto affermato dalla Corte nella sentenza n. 401 del 1987, la
dichiarazione di valore costituiva per il caricatore un efficace strumento di tutela
all’interno del rapporto contrattuale799. Questa posizione non trovò nessun appoggio in
ambito dottrinale. Secondo autorevole dottrina, l’importanza attribuita dalla Corte
Costituzionale alla dichiarazione di valore determinava la nascita di due diversi regimi di
responsabilità a carico del vettore a seconda della presenza o meno della dichiarazione di
valore: nel primo caso si ha una responsabilità limitata che, l’esiguità del limite previsto
normativamente, porta ad una sostanziale irresponsabilità dell’obbligato, mentre si ha una
responsabilità piena del vettore nel secondo caso. Alla dichiarazione di valore,
scarsamente utilizzata nella pratica, veniva, quindi, attribuito un ruolo essenziale nella
discriminazione tra le due fattispecie di responsabilità vettoriale e ciò non poteva essere
accettato800.
Al contempo la Corte rifiutava ogni possibilità di comparazione tra le diverse
799
Corte Cost., 19 novembre 1987, n. 401 « (…) Le considerazioni fin qui svolte valgono a collocare in un
quadro ben definito le censure di costituzionalità, mosse dall'ordinanza di rimessione al sistema risarcitorio
ex art. 423 cod. nav..La mancata considerazione, nella determinazione del limite del risarcimento, "della
diversa capacità di reddito, in dipendenza della diversità delle condizioni economiche dei creditori della
prestazione di trasporto" non determina - al contrario di quanto ritiene il giudice "a quo" - violazione dell'art.
3 Cost..Non si realizza infatti la supposta ingiustificata disparità di trattamento delle categorie di caricatori,
poiché la misura del risarcimento, anche in mancanza di limite, è sempre obiettivamente determinata e non
rileva in alcun modo la diversità di condizione economica del caricatore; essa è estranea al meccanismo di
formazione del nolo e di determinazione del risarcimento.Inoltre, il sistema di risarcimento congegnato
dall'art. 423 cod. nav., lascia larga operatività all'autonomia dell'utente con riguardo all'interesse che egli
"dichiari" di avere al carico, specificandone il valore, anteriormente all'imbarco. E, sotto questo aspetto,
mentre risulta irrilevante la "diversa capacità di reddito, in dipendenza della diversità delle condizioni
economiche dei creditori della prestazione di trasporto" - come, al contrario, assume il giudice "a quo" - la
norma attribuisce un efficace strumento di tutela al soggetto del rapporto considerato più debole (caricatore).
Quanto alla prospettata violazione dell'art. 42 Cost., è da osservare che le garanzie, poste da questa norma
a tutela della proprietà privata, non si estendono alle obbligazioni pecuniarie (Corte cost. sent. n. 99 del
1976). Tanto meno l'estensione sarebbe giustificabile, nel caso di obbligazione risarcitoria del vettore
marittimo, alla determinazione della quale abbia contribuito la volontà del creditore della prestazione, con
un suo atto di autonomia(…)», in Dir. mar., 1988, 60, con nota di F. BERLINGIERI, Legittimità costituzionale
dell’art. 423 cod. nav.; in Dir. trasp., 1988, II, 196, con nota di M. M. COMENALE PINTO, Brevi
considerazioni sul limite del debito del vettore marittimo e sulla sua legittimità costituzionale; in Giur.
cost.., 1987, I, c. 2832; in Giust. civ., 1988, I, 327; Impresa, 1988, 240, in Vita not.,1988, 301.
800
G. ROMANELLI, La limitazione nella giurisprudenza costituzionale, cit., 38 ss.
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previsioni in materia di limitazione del debito previste per le diverse fattispecie di
trasporto e l’art. 423, comma 1, cod. nav. Dopo successive pronunce di rigetto e di
inamissibilità della questione di costituzionalità801, la Corte, con la sentenza n. 199 del
2005, rovesciò il suo originario indirizzo, dichiarando l’illegittimità costituzionale
dell’art. 422, comma 1, cod. nav., nella parte in cui non esclude il limite del risarcimento
dovuto dal vettore marittimo in caso di responsabilità determinata da dolo o colpa grave
sua o dei suoi dipendenti o preposti, con irragionevole discriminazione rispetto alle altre
ipotesi di limitazione risarcitoria previste dal legislatore nazionale in materia di trasporto
di merci802.
III.9.2. La responsabilità extracontrattuale del vettore marittimo di cose.
801
Si tratta delle seguenti pronunce: Corte Cost. (ord.) 10 gennaio 1991, n. 8, in Dir. mar., 1991, con nota
di F. BERLINGIERI, Il limite del debito del vettore secondo il codice della navigazione e la Convenzione di
Bruxlles a raffronto (in questa occasione la Corte afferma che: la questione di legittimità costituzionale
dell'art. 423 cod. nav. fondata sulla particolare difficoltà per un utente privato occasionale di evitare
l'applicazione del limite mediante dichiarazione di valore nonché sul minor favore per l'utente della
disciplina interna rispetto a quella uniforme è manifestamente inammissibile, quando dall'ordinanza di
rimessione, non risulta il carattere di utente privato occasionale del caricatore e la particolare difficoltà di
dichiarare il valore della merce, nonché la maggior tutela che nella fattispecie concreta la normativa
uniforme avrebbe accordato rispetto a quella di cui all'art. 423 cod. nav.) e Corte Cost., 14 marzo 2003 n.
71, in Dir. trasp., 2004, I, con nota di A. CUSMAI, La giusta.opportunità per l'utente-caricatone di esprimere
liberamente la dichiarazione di valore come presupposto della legittimità costituzionale dell'art. 423 e.
nav., che non solo riprende le argomentazioni precedenti, ma rifiuta al contempo la possibilità di qualsiasi
comparazione tra la legge interna e il diritto internazionale privato («La questione, sotto il profilo della
comparazione con il trasporto internazionale, appare manifestamente infondata per l'evidente diversità anche quanto alla fonte della disciplina - delle due situazioni e, in particolare, per non avere il rimettente
considerato che anche nel trasporto internazionale - come in quello interno - il limite di responsabilità non
è eliso dalla colpa grave, bensì soltanto «da un atto o da una omissione del vettore che ha avuto luogo sia
con l'intenzione di provocare un danno sia temerariamente e con la consapevolezza che un danno
probabilmente ne sarebbe risultato» (art. 4, comma 5, lett. e), Convenzione di Bruxelles del 1924, come
modificato dai Protocolli di Visby del 1968 e di Bruxelles del 1979»); per un’analisi dell’evoluzione
giurisprudenziale v. M. M. COMENALE PINTO, L’epilogo della querelle sulla rilevanza di dolo e colpa grave
nella limitazione del vettore marittimo di cose, cit., 370 ss.
802
Corte Cost. del 26 maggio del 2005 n. 199 in Foro it., 2005, I, 2263;in Dir. tur., 2005, 364 ss. con nota
di M. M. COMENALE PINTO, L’epilogo della querelle sulla rilevanza di dolo e colpa grave nella limitazione
del vettore marittimo di cose (l’autore, pur aderendo alla pronuncia dei Giudici Costituzionali, auspica
l’introduzione di un adeguamento del valore monetario previsto dall’art. 422, cod. nav., al fine di evitare
l’eccessiva crescita del contenzioso); in Giust. civ., 2005, I, 1721, con nota di M. GRIGOLI, Sulla parziale
illegittimità costituzionale del comma 1 dell’art. 423 cod. nav. e in Dir. trasp., 2005, III, 964, con nota di
E. FOGLIANI, Incostituzionale il limite di responsabilità del vettore marittimo nazionale di merci nel caso
di dolo e colpa grave. Con questa pronuncia la Corte Costituzionale, come rileva puntualmente M. M.
COMENALE PINTO, L’epilogo della querelle sulla rilevanza di dolo e colpa grave nella limitazione del
vettore marittimo di cose, cit., 372, effettua un mutamento di rotta rispetto alle sue precedenti pronunce, in
particolare la sentenza 71/2003. Con la sentenza n. 199 del 2005, infatti, la Corte effettua un’analisi
comparata della disciplina prevista per le altre fattispecie di trasporto, in ossequio al principio di unitarietà
del diritto dei trasporti elaborato da parte della dottrina.
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Esclusione del concorso di responsabilità contrattuale ed aquiliana.
Il caricatore in via ipotetica potrebbe decidere di agire in via aquiliana nei
confronti del vettore, per ottenere il risarcimento derivante dalla perdita o avaria delle
cose trasportate. Il danneggiato potrebbe agire ex art. 2043 cod. civ. in caso di
responsabilità propria del vettore oppure, in base agli articoli 274 cod. nav. e 2049 cod.
civ. (a seconda che il vettore sia o meno armatore), in caso di colpa dei dipendenti. La
scelta da parte del caricatore porterebbe a notevoli vantaggi, perché l’azione non sarebbe
soggetta ai limiti risarcitori e alle decadenze stabilite dal diritto uniforme, nonché agli
esigui termini di prescrizione previsti dall’art. 438 cod. nav.803 e dall’art. III.6., comma 4
delle Regole dell’Aja – Visby804. Come ribadito in tutte le opere, che trattano la tematica
del concorso di responsabilità contrattuale ed aquiliana nel trasporto, la giurisprudenza
nazionale ha pressoché costantemente escluso la possibilità per il danneggiato di esperire
entrambe le azioni. Il punto focale della questione ha riguardato l’esperibilità da parte del
danneggiato degli art. 274 cod. nav. e dell’art. 2049 cod. civ., che regolano le fattispecie
di responsabilità aquiliana del vettore per colpa dei propri dipendenti, a seconda che il
vettore sia o meno armatore.
In forza della sua particolare posizione, l’armatore acquisisce su di sé il rischio di
803
Art. 438 cod. nav.: «I diritti derivanti dal contratto di trasporto di cose si prescrivono col decorso di sei
mesi dalla riconsegna delle cose, e, in caso di perdita totale, dal giorno in cui le cose avrebbero dovuto
arrivare a destinazione o, nei trasporti di cose determinate, dal giorno indicato nell’articolo 456.
Nei trasporti che hanno inizio o termine fuori di Europa o dei paesi bagnati dal Mediterraneo, la prescrizione
si compie col decorso di un anno».
804
L. TULLIO, La responsabilità del vettore nel trasporto marittimo di cose, cit., 192. L’estinzione
dell’azione di responsabilità delle Regole dell’Aja – Visby è regolata dall’art. III. 6, comma 4 delle Regole
dell’Aja – Visby: «Unless notice of loss or damage and the general nature of such loss or damage be given
in writing to the carrier or his agent at the port of discharge before or at the time of the removal of the
goods into the custody of the person entitled to delivery thereof under the contract of carriage, or, if the
loss or damage be not apparent, within three days, such removal shall be prima facie evidence of the delivery by the carrier of the goods as described in the bill of lading. The notice in writing need not be given if
the state of the goods has, at the time of their receipt, been the subject of joint survey or inspection. Subject
to paragraph 6bis the carrier and the ship shall in any event be discharged from all liability whatsoever in
respect of the goods, unless suit is brought within one year of their delivery or of the date when they should
have been delivered. This period, may however, be extended if the parties so agree after the cause of action
has arisen.In the case of any actual or apprehended loss or damage the carrier and the receiver shall give
all reasonable facilities to each other for inspecting and tallying the goods»Il regime di responsabilità
dettato dalla disposizione delle Regole dell’Aja – Visby è molto più rigoroso rispetto all’analoga disposizione di cui all’art. 438 cod. nav. La disciplina prevista è assimilabile all’istituto della decadenza, perché
qualunque obbligo risarcitorio del vettore viene meno laddove l’azione giudiziaria non venga avviata entro
il termine di un anno (che può essere prorogato mediante accordo tra le parti) dalla data in cui le merci sono
state consegnate o sarebbero dovute essere consegnate: S. ZUNARELLI, M. M. COMENALE PINTO, Manuale
di diritto della navigazione e dei trasporti, cit., 422 ss.
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188
impresa. Questa condizione di riverbera sulla disciplina in materia di responsabilità
regolata dall’art. 274, comma 1, cod. nav.: «L’armatore è responsabile dei fatti
dell’equipaggio e delle obbligazioni contratte dal comandante della nave, per quanto
riguarda la nave e la spedizione». La responsabilità dell’armatore è di natura oggettiva e
si basa sullo stesso principio generale che soggiace all’articolo 2049 del codice civile:
l’equilibrata distribuzione dei rischi e dei relativi costi. Di conseguenza l’armatore non
risponde relativamente agli obblighi che il nostro ordinamento giuridico impone
direttamente al comandante della nave o all’equipaggio, ai sensi dell’art. 274, comma 2,
cod. nav.: «Tuttavia l’armatore non risponde dell’adempimento da parte del comandante
degli obblighi di assistenza e salvataggio previsti dagli articoli 489, 490, nè degli altri
obblighi che la legge impone al comandante quale capo della spedizione»805. L’art. 274
cod. nav. costituisce, quindi, la trasposizione nel diritto della navigazione del principio
generale di diritto civile, secondo cui «(…) il soggetto che pone in essere un’attività
organizzata nel proprio interesse deve – altresì- rispondere delle possibili conseguenze
sfavorevoli derivanti da tale attività»806. La formulazione delle due norme consente di
collocare l’art. 274 cod. nav. in rapporto di specialità rispetto all’art. 2049 cod. civ., che
individua il criterio di imputazione per padroni e committenti e non risulta, quindi,
applicabile alla figura dell’armatore (e analogamente dell’esercente ex art. 878 cod. nav.).
Non sussiste, invece, alcun rapporto di specialità rispetto agli articoli 2050 e 2051 cod.
civ., che disciplinano rispettivamente la responsabilità per danni derivanti dall’esercizio
di attività pericolose e per danni derivanti da cose in custodia807. L’articolo 274 cod. civ.,
infatti, come ha affermato la giurisprudenza, non esaurisce la disciplina in materia di
responsabilità aquiliana del vettore, che per le ipotesi restanti è sottoposta alle
disposizioni contenute nel codice civile808.
805
S. ZUNARELLI, E. ORRÙ, Le obbligazioni con fonte nel codice della navigazione, in (a cura di) M. FRANLe obbligazioni, III. Fatti ed atti fonti di obbligazioni, Torino, 2005, 712.
806
S. ZUNARELLI, M. M. COMENALE PINTO, Manuale di diritto della navigazione e dei trasporti, cit., 164.
807
S. ZUNARELLI, M. M. COMENALE PINTO, Manuale di diritto della navigazione e dei trasporti, cit., 164 e
anche LEFEBVRE D'OVIDIO - G. PESCATORE - L. TULLIO, Manuale di diritto della navigazione, cit., 313 ss.;
in materia di navigazione aerea l’applicabilità dell’art. 2050 cod. civ. per attività pericolose non è pacifica,
v. per riferimenti dottrinali e giurisprudenziali: R. ROSAFIO, Rilievi critici circa la riconduzione della
navigazione aerea nell’ambito della fattispecie di cui all’art. 2050 c.c., in R. TRANQUILLI – LEALI, E.
ROSAFIO, Sicurezza, navigazione, trasporto, Milano, 2008, 249 ss.
808
Cass. Civ., 15 luglio 1976, n. 2796, in Foro it., 1977, IV, 1767; Coll. Arbitr., 10 agosto 1984, in Dir. mar.,
1985, 853, con nota di C. ROSSELLO; Trib. Genova, 6 giugno 1990, in Dir. mar., 1990, 1102 (era stata
prevista l’applicazione dell’art. 2050 cod. civ. in capo all’armatore in relazione allo zavorramento di una
ZONI,
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189
Con la sentenza del 27 maggio 1960 n. 1378809, la Corte di Cassazione si espresse
per la prima volta contro il concorso di responsabilità contrattuale ed aquiliana
nell’ambito del trasporto marittimo di cose. Nelle sue motivazioni la Corte ammetteva in
linea generale la possibilità di concorso di responsabilità contrattuale ed aquiliana, nel
caso in cui un unico fatto lesivo costituisse al contempo inadempimento contrattuale e
lesione di un diritto assoluto quale il diritto di proprietà. Tuttavia, escluse la possibilità
che il proprietario della merce potesse agire ex art. 274 cod. nav. nei confronti del vettore
– armatore per un danno causato durante il trasporto da colpa nautica del comandante,
avvalendosi del termine prescrizionale di cinque anni previsto per le azioni derivanti da
fatto illecito. Le argomentazioni poste dalla Corte erano connesse alle origini dell’art. 422,
comma 2, cod. nav. in materia di pericoli eccettuati, che riproduce le clausole della
Convenzione di Bruxelles del 1924 «raggruppandole e fondendole». In particolare l’art.
IV.2 lett. a) della Regole dell’Aja stabilisce espressamente che né il vettore, né la nave
sono tenuti a rispondere per le colpe nautiche dell’equipaggio. L’esonero del vettore viene
concesso per liberare dal rischio il vettore e chi agisce per lui, facendolo ricadere sul
caricatore, e non per far ricadere la responsabilità sull’impresa di navigazione. La Corte
affermò che «quando l’armatore ha compiuto il suo dovere riguardo alla navigabilità
della nave non può essere tenuto per gli errori e le colpe nautiche del personale navigante,
che egli non ha la possibilità di controllare e sorvegliare».
L’armatore vettore rispondeva, quindi, nei confronti degli interessati al carico
solamente in virtù degli artt. 422 cod. nav. e IV.2. della Convenzione di Bruxelles del
1924, efficaci anche in ambito aquiliano. La responsabilità dell’armatore – vettore era di
conseguenza limitata ai danni verificatisi per colpa propria o per colpa commerciale dei
propri dipendenti e preposti. Conseguentemente il vettore non era responsabile in via
nave cisterna).
809
Cass. Civ., 27 maggio 1960, n. 1378, in Dir. mar., 1960, 401 ss., con nota di F. SOLVENI, Responsabilità
contrattuale ed extracontrattuale nel trasporto marittimo di cose; in Foro it., 1961, I, 95 ss., con nota di G.
RICCARDELLI, In tema di responsabilità dell’armatore vettore; in Dir. mar., 1961, 569, con nota di G.
RIGHETTI, Responsabilità contrattuale ed extracontrattuale del vettore marittimo e del noleggiante; in Riv.
dir. nav., 1961, II, 60, con nota di R. SULLAM, Responsabilità contrattuale ed extra contrattuale nel
trasporto marittimo di cose; su questa linea anteriormente alla pronuncia della Cass. Civ., 26 luglio 1983,
n. 5121, in Giur. it., 1984, I, 260, v.: Cass. civ., 21 febbraio 1970, n. 402, in Riv. dir. nav., 1970, II, 23; Cass.
civ., 14 maggio 1979, n. 2273, in Giust. civ., 1979, I, 1899; nel merito: App. Genova, 6 febbraio 1964, in
Riv. dir. nav., 1964, II, 277, con nota di R. RUSSO, In tema di rimorchio - trasporto; App. Genova 14 marzo
1964, in Dir. mar., 1965, 439; Trib. Genova, 29 giugno 1967, in Dir. mar., 1967, 237.
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190
aquiliana, laddove il fatto commesso dai suoi dipendenti o preposti fosse causa di
irresponsabilità sul piano contrattuale810.
Furono mosse diverse critiche alle argomentazioni portate avanti dalla Corte di
Cassazione nella sentenza in esame. Uno dei punti di dibattito riguardò il concorso di
responsabilità contrattuale ed aquiliana, che la Corte aveva ammesso in maniera del tutto
pacifica. In virtù di ciò il proprietario della merce avrebbe potuto agire in via aquiliana
nei confronti del vettore in virtù dell’art. 2043 cod. civ., avvalendosi del termine di
prescrizione quinquennale previsto dall’art. 2947 cod. civ. Questa possibilità, a detta dei
critici, avrebbe determinato di fatto l’inoperatività dell’art. 438 cod. nav. in materia di
prescrizione dei diritti derivanti dal contratto. Con questa norma, che dispone in maniera
più restrittiva rispetto al diritto uniforme a cui si ispira, si limita nel tempo l’accertamento
della responsabilità vettoriale811. Altre critiche hanno riguardato il rapporto di uniformità
individuato dalla Corte tra l’art. 422 cod. nav. e l’art. IV.2. della Convenzione di Bruxelles
del 1924. Infatti, l’art. IV. 2. della Convenzione si riferisce espressamente sia al vettore
sia all’armatore, mentre manca un’analoga indicazione nell’art. 422 cod. nav., che
riguarderebbe unicamente al vettore. Non si può, quindi, parlare di identità di contenuto
tra le due norme812.
Circa vent’anni dopo la Cassazione pronunciò un’altra importante sentenza, la n.
5121 del 1983813, in materia di concorso di responsabilità contrattuale ed aquiliana in capo
al vettore marittimo di cose. Con questa decisione, a differenza della precedente, la
Cassazione escluse l’applicabilità del concorso di responsabilità contrattuale ed aquiliana
nel trasporto marittimo di cose. Questa esclusione veniva spiegata alla luce della
disciplina specifica, che caratterizza tale tipologia contrattuale, in relazione alla
limitazione del danno risarcibile per package or unit e all’esonero da responsabilità in
810
V. l’analisi di G. RIGHETTI, Trattato di diritto marittimo, II, cit., 425 ss.
F. SOLVENI, Responsabilità contrattuale ed extracontrattuale nel trasporto marittimo di cose, cit., 405:
«Applicando i principi della Cassazione si assisterebbe, inoltre, all’assurdo che, pur esistendo in tutte le
legislazioni del mondo nel campo dei trasporti mercantili marittimi termini di prescrizione e di decadenza
brevi, generalmente non superiori ad un anno, nel nostro Paese l’autorità giudiziaria potrebbe riconoscere
pienamente operante in materia un termine di prescrizione di ben cinque anni!».
812
R. SULLAM, Responsabilità contrattuale ed extra contrattuale nel trasporto marittimo di cose, cit., 72 ss.
813
Cass. Civ., 26 luglio 1983, n. 5121, in Dir. mar., 1984, 845 ss., con nota di M. LOPEZ DE GONZALO,
Orientamenti della giurisprudenza in tema di concorso di responsabilità contrattuale ed extracontrattuale
nel trasporto marittimo di cose; in Arch. giur. circ., 1983, 729; in Giur. it., 1984, I, 260; in Giust. civ., 1984,
841 ss., con nota di M. GRIGOLI, Sull’ammissibilità del concorso dell’azione contrattuale e di quella
aquiliana contro il vettore marittimo di cose, che sia anche armatore della nave, utilizzata per il trasporto.
811
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191
caso di pericoli eccettuati814.
Queste considerazioni rimangono inalterate anche nell’ipotesi in cui l’azione
venga diretta contro il vettore armatore. In base a quanto stabilito dall’art. I, lett. a) delle
Regole dell’Aja il vettore può essere sia il proprietario armatore o l’armatore non
proprietario della nave, sia il noleggiatore non proprietario e non armatore. In quanto
possibili parti del contratto di trasporto con il caricatore nessuno dei due soggetti
(proprietario armatore e armatore non proprietario) risponde dei pericoli eccettuati (art.
IV.1. Regole dell’Aja) ed entrambi beneficiano della limitazione del debito di cui all’art.
V. Queste considerazioni si basano principalmente sul fatto che la responsabilità del
vettore in sede convenzionale è disciplinata in maniera unitaria ed esclusiva ed perciò
esclusa qualsiasi concorrenza con le normative nazionali in materia aquiliana 815 . Da
queste argomentazioni la Corte trae le seguenti conclusioni: «(…) l’armatore vettore
risponde del fatto dei dipendenti e dei preposti secondo il regime contrattuale del
trasporto marittimo di cose nei confronti del terzo creditore; risponde, invece, del
medesimo fatto (o di altri colposi) nei confronti dei terzi estranei al trasporto, secondo il
regime della responsabilità extracontrattuale dell’art. 274 cod. nav. (art. 2049 cod. civ.)».
Secondo alcuni l’operatività dell’art. 274 cod. nav. non poteva essere ristretta
all’ambito dei rapporti con i soggetti terzi, perché in questo modo veniva eliminata del
tutto l’autonomia dell’impresa di navigazione rispetto all’impresa di trasporto facente
capo al vettore. La coincidenza in capo ad un unico soggetto delle due qualità di vettore
ed armatore non poteva escludere l’applicabilità della disciplina specifica prevista per
ciascun tipo di rapporto 816 . A ciò si è ribadito che: «(…) l'appartenenza allo stesso
soggetto della veste sia di armatore sia di vettore comporta (…) la responsabilità per il
medesimo fatto secondo una diversa qualificazione giuridica nei confronti di soggetti
diversi e per distinti titoli: inadempienza contrattuale nei confronti del caricatore,
proprietario della merce; illecito aquiliano nei confronti del terzo estraneo al contratto,
814
Queste considerazioni sono state criticate da parte di C. ROSSELLO, Brevi rilievi sugli orientamenti della
giruisprudenza italiana in materia di concorso, in Dir. mar., 1986, 609: «(…) si tratta di rilievo che
accomuna qualsiasi ipotesi di concorso (…) che non prova nulla, oppure prova troppo, in quanto, laddove
accertato dovrebbe condurre ad escludere in via generalizzata la possibilità di concorso».
815
In relazione a questa parte della motivazione v. C. ROSSELLO, Brevi rilievi sugli orientamenti della
giruisprudenza italiana in materia di concorso, cit., 609 ss.
816
M. GRIGOLI, Sull’ammissibilità del concorso dell’azione contrattuale e di quella aquiliana contro il
vettore marittimo di cose, che sia anche armatore della nave, utilizzata per il trasporto, cit., 846.
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192
eventualmente danneggiato dallo stesso comportamento colposo del vettore armatore o
dei suoi dipendenti e preposti»817.
Attualmente alcuni sostengono l’esistenza di un cambiamento di rotta della Corte
di Cassazione successivo alla sentenza n. 5121 del 1983, che si è espressa per
l’inammissibilità del concorso di responsabilità contrattuale ed aquiliana nel trasporto
marittimo di cose e che continua ad essere richiamata da parte della giurisprudenza di
merito818. Il mutamento di orientamento viene ricondotto da alcuni Autori, sostenitori del
concorso nel trasporto marittimo di cose819, ad una sentenza pronunciata dalla Suprema di
Cassazione in data 21 gennaio 2005 n. 1312 820 . L’ammissibilità del concorso di
817
D. MALTESE, Limitazione del debito e concorso fra azione contrattuale ed extracontrattuale, in Trasp.,
1993,n. 61, 9. L’Autore indaga, inoltre, sull’effettiva applicabilità del principio del concorso all’interno del
nostro ordinamento giuridico, proponendosi di individuare degli ambiti di applicazione residuale di questo
principio. Muovendo dall’idea per cui il concorso di responsabilità deve essere limitato alle ipotesi in cui
l’inadempimento contrattuale costituisce reato, limita l’operatività del principio ai danni verificatisi nel
trasporto di persone regolato dal diritto interno. Si tratta, quindi, di una regola di portata estremamente
settoriale.
818
L’esclusione del concorso di responsabilità contrattuale ed aquiliana nel trasporto marittimo di cose,
sancita dalla pronuncia della Corte di Cassazione n. 5121/1983 è stata seguita dalla giurisprudenza di merito
prevalente: App. Ancona, 9 marzo 2005, in Dir. trasp., 2006, 1012; App. Palermo 29 novembre 2003, in
Dir. mar., 2005, 565, con nota di N. ROMANA, Su alcune questioni relative alla responsabilità del vettore
marittimo di cose; Trib. Napoli, 2 febbraio 2000, in Giur. nap., 2001, 38; Trib. Genova, 3 dicembre 1994,
in Dir. mar., 1996, 480; App. Genova, 22 gennaio 1992, in Dir. mar., 1993, 93; Trib. Livorno, 4 novembre
1987, in Dir. mar., 1989, 235, con nota di L. MODAFFARI, Sulla natura del termine previsto dall'art. 3 n. 6
della Convenzione di Bruxelles sulla polizza di carico, e in Dir. trasp., 1988, II, 277, con nota di G. LALLINI,
Orientamenti sul concorso dell’azione contrattuale ed extracontrattuale nel trasporto marittimo di cose;
App. Genova, 28 febbraio 1985, in Dir. mar., 1986, 109; contra App. Napoli, 26 febbraio 1990, in Dir. mar.,
1990, 1040 (con questa decisione i Giudici avevano riaffermato la possibilità di concorso dell’azione
contrattuale ed aquiliana nei confronti dell’armatore – vettore, prevedendo al contempo l’estensione dell’art.
423 cod. nav. sui limiti di risarcimento anche all’azione aquiliana; per un’analisi fortemente critica di questa
decisione v. L. TULLIO, Profili attuali della limitazione del debito del vettore marittimo, in (a cura di) E.
TURCO BULGHERINI, Studi in onore di Antonio Lefebvre D’Ovidio in occasione dei cinquant’anni del diritto
della navigazione, Milano, 1995, 1219 ss.: «La riesumazione del concorso delle due azioni riapre dunque
un problema che ci si augurava ormai chiuso. Infatti, ammesso (ma non concesso) l'esperimento dell'azione
extracontrattuale in un trasporto marittimo nazionale, non si può allo stesso tempo sostenere che si applichi
il limite risarcitorio dell'art. 423. La riconosciuta e auspicabile esigenza di uniformità della disciplina
interna con quella inter- nazionale può esprimersi soltanto a livello di interpretazione delle norme, ma non
può spingersi a ravvisare esistenti norme che non lo sono».
819
A. ANTONINI, Responsabilità contrattuale e responsabilità extracontrattuale: il diritto dei trasporti
banco di prova di una adeguata evoluzione del regime del concorso, in R. TRANQUILLI – LEALI, E. ROSAFIO
(a cura di), Sicurezza, navigazione, trasporto, Milano, 2008, 33,: «(…) la soluzione non è condivisibile,
perché l'esigenza di evitare l'applicazione del regime contrattuale non può di per sé giustificare l'esclusione
di una azione (e del corrispondente diritto), se ne sussistono gli elementi (…)» e S. M. CARBONE, Contratto
di trasporto marittimo di cose, in A. CICU, F. MESSINEO, L. MENGONI (già diretto da), P. SCHLESINGER ,
(continuato da) Tratt. dir. civ.. comm., II ed., interamente ampliata, riveduta ed aggiornata con la
collaborazione di A. LA MATTINA, Milano, 2010, 216
820
Cass. Civ., 21 gennaio 2005, n. 1312, in Dir. mar., 2006, 162; in Dir. trasp., 2006, II, 543; in Arch. giur.
cir. sin., 2005, 1115.
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responsabilità costituisce nella pronuncia indicata un vero e proprio obiter dictum, che
agli occhi dei Giudici appare come un principio del tutto pacifico. La Cassazione non dà
atto dell’orientamento contrario, che appare ormai consolidato nella giurisprudenza, e
neppure lo contesta. I Giudici si riferiscono unicamente all’orientamento favorevole al
concorso non riguardante l’ambito del trasporto marittimo di cose, ma solamente il
trasporto terrestre 821 . A mio avviso, data la scarsità di argomentazioni contenute nella
pronuncia indicata, la decisione non può essere qualificata come un mutamento di rotta
da parte della Corte di Cassazione.
A queste considerazioni si aggiunge il fatto che l’esclusione del concorso di
responsabilità contrattuale ed aquiliana troverebbe conferma nell’art. IV bis della
Convenzione di Bruxelles del 1924 («The defences and limits of liability provided for in
these Rules shall apply in any action against the carrier in respect of loss or damage to
goods covered by a contract of carriage whether the action be founded in contract or in
tort»), che è stato introdotto con il Protocollo di Bruxelles del 23 febbraio 1968. Questo
articolo venne introdotto per impedire ai caricatori di “bypassare” il regime di
responsabilità stabilito dalla Convenzione, soprattutto il limite annuale per l’esercizio
dell’azione e il limite di responsabilità, agendo in via aquiliana nei confronti del vettore822.
Il primo comma dell’art. IV bis, e analogamente l’art. 7 della Convenzione di
Amburgo del 1978 e l’art. 4, comma 1, delle Rotterdam Rules823, rende inutile il concorso
821
A questo proposito v.: Cass. Civ., 16 aprile 1951, n. 933, cit.; cass. Civ., 9 aprile 1952, n. 966, in Foro
pad., 1953, I, 1188; Cass. Civ., 13 ottobre 1953 n. 3340, in Foro it., 1954, I, 1441; Cass. Civ., 28 gennaio
1972, n. 226, in Giur. it., 1972, I, 1797; Cass. Civ.,11 novembre 1974, n. 3536, in Arch. giur. circ. sin., 1975,
305; Cass. Civ., 30 maggio 1980, n. 3565, in Riv. giur. circ. trasp., 1980, 1001; Cass. Civ., 27 marzo 1987,
n. 2980, in Giust. civ., 1987, I, 1946, con nota di M. M. COMENALE PINTO, Responsabilità extracontrattuale
del vettore per perdita della merce trasportata e legittimazione all’azione del vettore estraneo al contratto
di trasporto; Cass. Civ., 25 maggio 1993, n. 5831, in Arch. giur. circ. trasp., 1993, 878; Cass. Civ., 19
gennaio 1996, n. 418, in Dir. trasp., 1997, I, 154, con nota di B. D’ORAZIO, In tema di responsabilità
extracontrattuale dell’operatore di handling in solido col vettore aereo; Cass. Civ., 14 novembre 1996, n.
9984, in Foro it., 1997, I, 2569; Cass. Civ., 16 aprile 2003, n. 6099, in Dir. trasp., 2004, III, 99; nel merito:
App. Firenze, 27 febbraio 1959, in Giur. tosc., 1959, 345; Pret. Roma, 23 marzo 1988, in Dir. mar., 1989,
1138.
822
F. BERLINGIERI, Le convenzioni internazionali di diritto marittimo e il codice della navigazione, cit., 111
ss.; sulla conformità tra le soluzioni giurisprudenziali e il diritto uniforme v. anche: S. M. CARBONE,
Contratto di trasporto marittimo di cose, cit., 216 ss. e L. TULLIO, La responsabilità del vettore nel trasporto
marittimo di cose, cit., 192.
823
Art. 7, comma 1, della Convenzione di Amburgo del 1978 (United Nations Convention on the carriage
of Goods by Sea (The Hamburg Rules): «The defences and limits of liability provided for in this Convention
apply in any action against the carrier in respect of loss or damage to the goods covered by the contract of
carriage by sea, as well as of delay in delivery whether the action is founded in contract, in tort or otherwise”, e art. 4, comma 1, Rotterdam Rules: “Any provision of this Convention that may provide a defence
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di responsabilità contrattuale ed aquiliana, impedendo che l’applicazione delle normative
nazionali in tema di responsabilità extracontrattuale vanifichi l’operatività della
Convenzione. L’azione extracontrattuale viene sottoposta agli stessi limiti e condizioni
previsti dalla Convenzione, e di conseguenza il suo esercizio da parte del caricatore non
porta a nessun risultato utile824.
Con l’elaborazione di questa disposizione si è fatto un vero passo in avanti verso
l’uniformità della disciplina in materia di trasporti marittimi internazionali e verso
l’omogeneità tra le diverse convenzioni di diritto internazionale uniforme in materia di
trasporti (come verrà analizzato meglio nel paragrafo successivo). La Convenzione di
Bruxelles del 1924 era, infatti, l’unica in quel momento storico a non disciplinare
l’esercizio dell’azione aquiliana nei confronti del vettore825. Analoghe previsioni sono
contenute nelle seguenti disposizioni di diritto internazionale uniforme: art. 28 della
Convenzione di Ginevra del 19 maggio 1956, relativamente al trasporto internazionale di
merci su strada (CMR)826; art. 41 delle Regole CIM allegate alla Convenzione di Berna
del 9 maggio 1980, come modificata dal Protocollo di Vilnius del 3 giugno 1999827; art.
for, or limit the liability of, the carrier applies in any judicial or arbitral proceeding, whether founded in
contract, in tort, or otherwise, that is instituted in respect of loss of, damage to, or delay in delivery of
goods covered by a contract of carriage or for the breach of any other obligation under this Convention
against: (a) The carrier or a maritime performing party; (b) The master, crew or any other person that
performs services on board the ship; or (c) Employees of the carrier or a maritime performing party».
824
M. LOPEZ DE GONZALO, Il concorso di responsabilità contrattuale ed extracontrattuale nelle Hague –
Visby Rules e nelle altre convenzioni di diritto uniforme dei trasporti, cit., 611. Per la problematica del
concorso di responsabilità contrattuale ed aquiliana nel trasporto aereo di cose v. E. G. ROSAFIO, Il trasporto
aereo di cose. Riflessioni sul nuovo regime legale, cit., 176 ss., che sostiene l’esclusione del concorso in
base al rinvio contenuto nell’art. 951 cod. nav. alle norme internazionali in vigore nella Repubblica. In forza
di questa previsione le norme internazionali vengono estese anche al trasporto aereo di cose, a cui non si
applicherrebbero per forza propria. In virtù di questo rinvio è operante all’interno del nostro ordinamento
l’art. 29 della Convenzione di Montreal del 1999, che in maniera analoga all’art. IV bis delle Regole
dell’Aja Visby, citato, dispone che: «Nel trasporto di passeggeri, bagaglio e merci, ogni azione di
risarcimento per danni promossa a qualsiasi titolo in base alla presente convenzione o in base a un contratto
o ad atto illecito o per qualsiasi altra causa, può essere esercitata unicamente alle condizioni e nei limiti di
responsabilità previsti dalla presente convenzione, fatta salva la determinazione delle persone».
825
M. LOPEZ DE GONZALO, Il concorso di responsabilità contrattuale ed extracontrattuale nelle Hague –
Visby Rules e nelle altre convenzioni di diritto uniforme dei trasporti, in Dir. mar., 1986, 611; ripreso da G.
MASTRANDREA, L'obbligo di protezione nel trasporto aereo di persone, cit., 128.
826
Art. 28 della Convenzione di Ginevra del 19 maggio 1956 (CMR): «In cases where, under the law
applicable, loss, damage or delay arising out of carriage under this Convention gives rise to an extracontractual claim, the carrier may avail himself of the provisions of this Convention which exclude his
liability of which fix or limit the compensation due.2. In cases where the extra-contractual liability for loss,
damage or delay of one of the persons for whom the carrier is responsible under the terms of article 3 is in
issue, such person may also avail himself of the provisions of this Convention which exclude the liability of
the carrier or which fix or limit the compensation due».
827
Art. 41 delle Regole CIM allegate alla Convenzione di Berna del 9 maggio 1980, come modificata dal
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25 Convenzione di Bruxelles del 23 aprile 1970 (CCV), per il contratto di viaggio828 e art.
20 Convenzione di Ginevra del 23 maggio 1980, per il trasporto multimodale829.
III.10. L’ “inutilità” del concorso di responsabilità contrattuale ed
aquiliana nel trasporto regolato dalle convenzioni internazionali
di diritto uniforme.
Il principio affermato nell’art. IV bis della Regole dell’Aja – Visby, analizzato nel
paragrafo precedente, esprime una tendenza comune alla maggior parte della convenzioni
di diritto internazionale uniforme in materia di trasporto. I testi di diritto uniforme sono
accomunati dall’obiettivo di estendere il regime di responsabilità del vettore ad ogni
forma di responsabilità del vettore stesso, compresa quella aquiliana, nonché ad estendere
questo regime alla responsabilità di dipendenti e preposti del vettore e ad assoggettare
allo stesso regime di responsabilità sia il vettore contrattuale sia il vettore di fatto830.
La possibilità di assoggettare la responsabilità contrattuale ed extracontrattuale
del vettore e degli altri soggetti interessati ad un unico regime venne stabilita per la prima
Protocollo di Vilnius del 3 giugno 1999: «Autres actions - § 1 Dans tous les cas où les présentes Règles
uniformes s’appliquent, toute action en responsabilité, à quelque titre que ce soit, ne peut être exercée
contre le transporteur que dans les conditions et limitations de ces Règles uniformes.
§ 2 Il en est de même pour toute action exercée contre les agents et les autres personnes dont le transporteur
répond en vertu de l’article 40».
828
Art. 25 Convenzione di Bruxelles del 23 aprile 1970 (CCV), per il contratto di viaggio: «Lorsque la
responsabilité extra-contractuelle d’une des personnes dont l’organisateur de voyages ou l’intermédiaire
de voyages répondent en vertu des articles 12 et 21 est mise en cause, cette personne peut également se
prévaloir des dispositions de la présente Convention qui excluent la responsabilité de l’organisateur de
voyages ou de l’intermédiaire de voyages ou qui déterminent ou limitent les indemnités dues par eux, le
montant total des indemnités dues ne pouvant en tout cas pas dépasser les limites établies en vertu de la
présente Convention».
829
Art. 20 Convenzione di Ginevra del 23 maggio 1980, per il trasporto multimodale: «The defences and
limits of liability provided for in this Convention shall apply in any action against the multimodal transport
operator in respect of loss resulting from loss of or damage to the goods, as well as from delay in delivery,
whether the action be founded in contract, in tort or otherwise. 2. If an action in respect of loss resulting
from loss of or damage to the goods or from delay in delivery is brought against the servant or agent of the
multimodal transport operator, if such servant or agent proves that he acted within the scope of his
employment, or against any other person of whose services he makes use for the performance of the
multimodal transport contract, if such other person proves that he acted within the performance of the
contract, the servant or agent of such other person shall be entitled to avail himself of the defences and
limits of liability which the multimodal transport operator is entitled to invoke under this Convention. 3.
Except as provided in article 21, the aggregate of the amounts recoverable from the multimodal transport
operator and from a servant or agent or any other person of whose services he makes use for the
performance of the multimodal transport contract shall not exceed the limits of liability provided for in this
Convention».
830
G. ROMANELLI, Principi comuni nelle convenzioni internazionali in materia di trasporto, in Dir. mar.,
Atti del Convegno del Centenario, Genova, 1999, 209.
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volta dalla Convenzione di Varsavia del 1929, in particolare all’art. 24 del testo originario:
«Dans les cas prévus aux articles 18 et 19 toute action en responsabilité, à quelque titre
que ce soit, ne peut être exercée que dans les conditions et limites prévues par la présente
Convention. 2. Dans les cas prévus à l'article 17, s'appliquent également les dispositions
de l'alinéa précédent, sans préjudice de la détermination des personnes qui ont le droit
d'agir et de leurs droits respectifs». In sede di redazione della Convenzione di Varsavia
del 1929, che regolava sia il trasporto di persone sia il trasporto di cose, si era acceso un
dibattito sulla qualificazione della responsabilità vettoriale come contrattuale o come
aquiliana. Al fine di superare questo impasse si decise, quindi, di introdurre l’art. 24,
affermando il principio per cui: «il regime di responsabilità stabilita si applica a
qualunque titolo essa sia, riguardando percià la responsabilità sia contrattuale che
extracontrattuale». Questo principio venne accolto dall’art. 14 della Convenzione di
Atene del 1974831, e riprodotto successivamente nelle Regole dell’Aja – Visby, in quelle
di Amburgo e Rotterdam, analizzate precedentemente, e anche in materia di trasporto
ferroviario con gli articoli 41 delle Regole CIM allegate alla Convenzione di Berna del 9
maggio 1980, come modificata dal Protocollo di Vilnius del 3 giugno 1999, per il
trasporto ferroviario di cose e 52 delle Regole CIV allegate alla Convenzione di Berna
del 9 maggio 1980, come modificata dal Protocollo di Vilnius del 3 giugno 1999, per il
trasporto ferroviario di persone 832 . L’estensione di questo principio anche alle altre
tipologie di trasporto testimonia la tendenza dei testi di diritto uniforme ad influenzarsi
reciprocamente, creando un corpo speciale di norme, caratterizzato da principi comuni833.
In merito all’operatività o meno del concorso di responsabilità contrattuale ed
aquiliana in relazione a queste disposizioni la posizione degli interpreti è divisa.
Secondo autorevole dottrina, a cui ci si sente di aderire, le previsioni di diritto
uniforme “escluderebbero di fatto” la possibilità di concorso (e anche di cumulo) tra
azione contrattuale e azione aquiliana da parte del soggetto danneggiato. L’ “esclusione
di fatto” del concorso ha la finalità di rafforzare l’applicabilità del diritto uniforme, che
831
Art. 14 della Convenzione di Atene del 1974: «No action for damages for the death of or personal
injury to a passenger, or for the loss of or damage to luggage, shall be brought against a carrier or
performing carrier otherwise than in accordance with this Convention».
832
G. ROMANELLI, Principi comuni nelle convenzioni internazionali in materia di trasporto, Relazione al
convegno di Genova (22- 23 gennaio 1999) per il centenario della rivista “Il diritto marittimo”, in Dir. mar.,
1999, 207 ss. e anche G. ROMANELLI, I contratti di utilizzazione della nave e dell’aeromobile, cit., 233.
833
G. ROMANELLI, I contratti di utilizzazione della nave e dell’aeromobile, cit., 232.
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verrebbe altrimenti minata soprattutto in quelli aspetti quali il limite risarcitorio, la prova
liberatoria e il termine per l’esercizio dell’azione, che rappresentano un compromesso tra
le diverse parti contrattuali 834 . In questo modo si impedisce che il danneggiato possa
ottenere un risultato a lui più favorevole rispetto a quello previsto dal diritto
convenzionale835. L’esistenza di una disciplina unitaria stabilita a livello convenzionale
determina, quindi, l’impossibilità di invocare norma diverse a fondamento dell’azione di
responsabilità intentata nei confronti del danneggiante836.
Il problema del concorso continua ad essere rilevante per i trasporti sottoposti al
diritto interno (in misura non significativa per effetto del Reg. CE n. 392/2009 per il
trasporto marittimo di persone e per effetto del rinvio contenuto negli artt 941 e 951 cod.
nav. per il trasporto aereo di persone e di cose). L’esigenza del concorso nel diritto interno
è collegata alla mancanza di «una regola (di diritto interno) che assoggetti ad un’identica
disciplina l’azione del (o dei) danneggiato (i), qual che ne sia il fondamento)»837.
Altri, ritengono, invece, che la problematica del concorso sia ormai priva di
rilevanza a livello giuridico. Le motivazioni alla base di questa posizione solo le seguenti.
L’azione a qualsiasi titolo esercitata e a prescindere dal fatto che sia fondata sul contratto,
sul fatto illecito o su altro titolo, è sempre sottoposta alle regole della convenzione
applicabile alla determinata specie di trasporto cui si riferisce. L’azione risarcitoria e il
diritto sostanziale fatto valere sono, quindi, sottoposti ad un’unica disciplina, quella
834
E. ROSAFIO, L’azione extracontrattuale, in L. TULLIO (a cura di), La nuova disciplina del trasporto aereo,
Napoli, 2006, 257 ss.; riprende sul punto G. ROMANELLI, Principi comuni nelle convenzioni internazionali
in materia di trasporto, cit., 233 e M. M COMENALE PINTO, La responsabilità del vettore dalla Convenzione
di Varsavia del 1929 alla Convenzione di Montreal del 1999, cit., 76 ss.; questa posizione è sostenuta anche
da: S. BUSTI, Contratto di trasporto aereo, cit., 550 ss., secondo il quale le fonti convenzionali (il
riferimento è al trasporto aereo) escludono il concorso di responsabilità contrattuale ed aquiliana inteso in
senso proprio, ma non escludono la possibilità di concorso inteso in senso improprio: «(…) solo il concorso
in senso stretto trova appagamento nell’unità di disciplina, posta dalla normativa internazionaluniforme sul
trasporto, che aggira con l’eliminazione del concorso di norme e l’assolita unicità delle regole applicabiliin
tema di responsabilità del vettore, un problema invece concretamente rilevante nel diritto interno, in cui
manca una regola che assoggetti ad un’identica disciplina l’azione del (o dei) danneggiato (i), qual che ne
sia il fondamento) e da L. TULLIO, Responsabilità civile e diritto della navigazione, cit., 1092.
835
M. M COMENALE PINTO, La responsabilità del vettore dalla Convenzione di Varsavia del 1929 alla
Convenzione di Montreal del 1999, cit., 76 – 77.
836
S. ZUNARELLI, A. ROMAGNOLI, Contratto di trasporto marittimo di persone, cit., 379. Si potrebbe
ritenere che gli Autori sostengano un’esclusione “di fatto” del concorso di responsabilità contrattuale ed
aquiliana, perché viene affermato che: «(…) pur potendosi ammettere il concorso tra la responsabilità
contrattuale e quella aquiliana, l’esercizio dell’una o dell’altra azione da parte del passeggero non muta in
alcun modo la posizione in cui questi (così come il vettore) venga a trovarsi».
837
S. BUSTI, Contratto di trasporto aereo, cit., 551.
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contrattuale, stabilita dal diritto internazionale uniforme. Il regime unitario di
responsabilità, delineato dal diritto uniforme, consente di ovviare alla radice i problemi,
che caratterizzano il nostro ordinamento giuridico e che rendono evidente il prevalere
della forma, in riferimento al tipo di azione esercitata, sulla sostanza, cioè sul diritto del
danneggiato ad ottenere il risarcimento del danno. Attraverso il diritto convenzionale in
materia di trasporto, la responsabilità civile acquisisce una nuova forma, in cui la tutela
risarcitoria del danneggiato viene assicurata a prescindere dal tipo di strumento
processuale utilizzato e dal tipo di diritto fatto valere 838 . Le regole unitarie di
responsabilità, create in sede internazionale, si riferiscono alla responsabilità contrattuale,
il cui regime si differenzia in relazione alla specie di trasporto regolata839.
Sulla base di queste considerazioni il suddetto indirizzo dottrinale ritiene che il
diritto dei trasporti possa considerarsi come banco di prova di nuove regole e nuovi istituti,
che in esso si formano840.
Altri Autori, richiamando i principi espressi da autorevole dottrina841, affermano
che nel diritto uniforme si realizzerebbe l’assorbimento dell’azione aquiliana in quella
contrattuale, che viene disciplinata ex lege in forma cogente. La responsabilità regolata
dal diritto convenzionale uniforme è, secondo questa dottrina, una responsabilità di natura
contrattuale. La responsabilità del vettore viene regolata uniformemente a prescindere
dalla natura del soggetto responsabile e deriva dalla violazione di un autonomo obbligo
di protezione, che viene espressamente codificato dalla legge ed inserito
autoritativamente in ambito contrattuale842.
In base alla dottrina suddetta le norme di diritto internazionale uniforme non
escluderebbero il ricorso a rimedi di natura aquiliana, ma ridurrebbero l’interesse del
838
A. ANTONINI, Responsabilità contrattuale e responsabilità extracontrattuale: il diritto dei trasporti
banco di prova di una adeguata evoluzione del regime del concorso, cit., 39.
839
A. ANTONINI, Responsabilità contrattuale e responsabilità extracontrattuale: il diritto dei trasporti
banco di prova di una adeguata evoluzione del regime del concorso, cit., 40.
840
A. ANTONINI, Il concorso di responsabilità in materia di trasporto, in Resp. civ. prev., 2008, 8.
841
A. ASQUINI, La responsabilità del vettore per infortunio del viaggiatore, cit., 359 ss.; per ulteriori
riferimenti e approfondimenti si rimanda a quanto già esposto nel par. III.2.
842
G. MASTRANDREA, L'obbligo di protezione nel trasporto aereo di persone, cit., 154; l’Autore riprende
il pensiero di C. ROSSELLO, Concorso di responsabilità contrattuale ed extracontrattuale, cit., 325: « Nel
settore del trasporto regolato da convenzioni internazionali di dirino uniforme si rinvengono infatti norme
esplicitamente rivolte a risolvere il problema del concorso di responsabilità nel senso di prevedere
I'assorbimento della responsabilità aquiliana nella disciplina uniforme, e quindi l'applicazione, anche alla
fattispecie di responsabilità exstracontratuale, del sistema dei c.d. “pericoli eccettuati” e dei limiti
quantitativi di responsabilità vettoriale contemplati a proposito della responsabilità contrattuale (…)».
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danneggiato ad agire in via aquiliana. Ciò si verificherebbe a causa dell’assorbimento
dell’azione aquiliana in quella contrattuale regolata dal diritto uniforme. La finalità del
diritto internazionale uniforme sarebbe, secondo l’indirizzo in esame, quello di evitare
che «il modello legale di distribuzione dei rischi del trasporto (previsto in maniera
cogente) possa essere vanificato dal ricorso a rimedi di carattere extracontrattuale in
quelli ordinamenti che ammettono il concorso di azioni per contratto e per delitto in
materia di trasporto»843.
III.11. Il rapporto tra il passeggero/mittente e l’actual carrier nelle
convenzioni di diritto uniforme. Responsabilità contrattuale o
responsabilità aquiliana dell’actual carrier?
Nella definizione generale di trasporto la prestazione del vettore consiste in un
facere, che ha per oggetto il risultato del trasporto con l’assunzione del relativo rischio
Secondo l’interpretazione maggioritaria fornita da dottrina844, è irrilevante che il vettore
esegua direttamente la prestazione di trasferimento oppure la faccia eseguire da altri845. Il
vettore, infatti, può eseguire la propria obbligazione avente ad oggetto il trasferimento di
persone o cose sia direttamente, con lavoro prevalentemente personale oppure
avvalendosi di ausiliari, sia indirettamente attraverso l’operato di un subvettore, con il
quale stipula un contratto di subtrasporto. In questo secondo caso si costituisce un nuovo
rapporto giuridico contrattuale tra vettore e subvettore, che non coinvolge la posizione
del creditore originario del trasferimento. Il creditore della prestazione originaria può,
quindi, rivolgersi solo al vettore, con cui ha stipulato il contratto di trasporto. Il vettore
originario è il solo legittimato passivo delle azioni, che possono essere proposte contro di
lui da parte del passeggero o dall’avente diritto al carico846. Ciò si verifica non solamente
843
G. FERRARINI, In particolare nel settore dei trasporti internazionali, cit., 170.
In particolare tra gli altri: A. ASQUINI, voce Trasporto di persone (contratto di), cit., 566; M. IANNUZZI,
Del trasporto, cit., 14 ss.; M. RIGUZZI, Il contratto di trasporto, cit., 7; S. ZUNARELLI, C. ALVISI, Trasporto,
cit., 18 ss.; contra G. ROMANELLI, Il trasporto aereo di persone, cit., 7 ss., secondo il quale la prestazione
del vettore non è per sua natura fungibile, anche se vi sono alcuni contratti, come ad esempio i trasporti
marittimi di cose, in cui la prassi riserva al vettore la possibilità di sostituire altri a sé nell’esecuzione del
contratto, e sulla stessa linea S. BUSTI, Il contratto di trasporto di persone,cit., 1047. L’interpretazione
maggioritaria è, secondo U. LA TORRE, La definizione di contratto di trasporto, cit. 206, conforme ai lavori
preparatori al codice civile; ciò traspare in particolare dalla Relazione al Re sul libro delle obbligazioni, n.
175.
845
U. LA TORRE, La definizione di contratto di trasporto, cit. 205.
846
U. LA TORRE, La definizione di contratto di trasporto, cit. 206. Una delle eccezioni alla regola generale
844
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nell’ipotesi in cui il vettore abbia stipulato un contratto di subtrasporto, ma tutte le volte
in cui non vi sia coincidenza tra chi ha assunto l’obbligo del trasporto, cd. vettore
contrattuale e chi, invece, esegue materialmente il trasferimento, cd. vettore di fatto. Si
tratta di una regola generale, che però, subisce delle eccezioni847.
Una di queste è rappresentata dal trasporto aereo internazionale, in cui è sancito il
principio della responsabilità solidale tra vettore contrattuale (contracting carrier) e
vettore di fatto (actual carrier), in base alla Convenzione di Guadalajara del 18 settembre
1961, che ha integrato la Convenzione di Varsavia del 1929 (v. oggi artt. 39 – 48 della
Convenzione di Montreal del 1999).
La problematica inerente la ripartizione degli obblighi tra il vettore contrattuale e
il vettore di fatto è sempre stata evidente nell’ambito del trasporto aereo a causa del
frequente utilizzo di contratti di noleggio, locazione e charter di aeromobile, antesignani
del wet – lease, code – sharing e franchising848.
La Convenzione di Varsavia del 1929 non forniva alcuna indicazione per poter
individuare la figura di transporteur sottoposto al regime di responsabilità delineato.
Questa lacuna portava a delle discrasie evidenti tra paesi di common e civil law. Infatti,
nei paesi dell’europa continentale l’azione di responsabilità è generalmente qualificata
come contrattuale e di conseguenza il legittimato passivo è il soggetto contrattualmente
obbligato. Nei paesi di civil law, invece, l’azione viene considerata in tort e dunque deve
essere indirizzata nei confronti di chi esegue materialmente il trasporto849.
si ravvisa nel trasporto di cose. In questo caso vi è coincidenza tra destinatario del contratto di trasporto
originario e il destinatario del contratto di subtrasporto. Per questo motivo, in conseguenza dell’art. 1699,
comma 1, cod. civ., sarà legittimato ad agire nei confronti del subvettore dopo la richiesta di riconsegna: S.
ZUNARELLI, M. M. COMENALE PINTO, Manuale di diritto della navigazione e dei trasporti, cit., 297.
847
U. LA TORRE, La definizione di contratto di trasporto, cit. 207, in particolare v. nota n. 387.
848
P. GIRARDI, Vettore contrattuale e vettore di fatto: chi risponde dei danni nel trasporto aereo?, in Dir.
trasp., 1999, II, 537.
849
E. FANARA, Le assicurazioni aeronautiche, Reggio Calabria, 1976, 283 ss.; v. anche per una ricognizione
del tema: S. ZUNARELLI, Le figure del contracting carrier e del performing carrier nelle convenzioni di
Guadalajra, Atene ed Amburgo, in Dir. mar., 1986, 315 ss.; S. ZUNARELLI, La nozione di vettore, Milano,
1987, 142 e P. GIRARDI, Vettore contrattuale e vettore di fatto: chi risponde dei danni nel trasporto aereo?,
cit., 538. Secondo la dottrina la Convenzione di Varsavia del 1929 recepì il sistema giuridico dei pesi di
civil law. In virtù di ciò verosimilmente la nozione di transporteur doveva essere individuata nel soggetto
obbligato contrattualmente all’esecuzione del trasporto; sul tema v. M. M COMENALE PINTO, La
responsabilità del vettore dalla Convenzione di Varsavia del 1929 alla Convenzione di Montreal del 1999,
cit., 86; in particolare nota n. 45. L’Autore spiega che questa affermazione circa i presupposti di
elaborazione della Convenzione di Varsavia del 1929, non può essere applicata alle altre convenzioni
internazionali sul trasporto. Un esempio è offerto dalla Convenzione di Bruxelles del 1924 sulla polizza di
carico, che ha recepito le spinte evolutive manifestate prevalentemente nel diritto marittimo marittimo
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La Convenzione di Guadalajara del 1961 intervenne a colmare la lacuna, lasciata
intenzionalmente dalla Convenzione di Varsavia del 1929 in merito alla ripartizione delle
responsabilità tra vettore di fatto e vettore contrattuale 850 . Secondo l’art. II della
Convenzione di Guadalajara del 1961, la responsabilità del vettore di fatto, che su
autorizzazione del vettore contrattuale esegue tutto o parte del trasporto stabilito,(v. art.
III lett. c: «"actual carrier" means a person other than the contracting carrier, who, by
virtue of authority from the contracting carrier, performs the whole or part of the carriage
contemplated in paragraph (b) but who is not with respect to such part a successive
carrier within the meaning of the Warsaw Convention. Such authority is presumed in the
absence of proof to the contrary»), è soggetta alla disposizioni contenute nella
Convenzione di Varsavia del 1929, nel testo originario o in quello emendato con il
protocollo del 1955, limitatamente alla tratta che egli abbia eseguito851.
A tal proposito è opportuno sottolineare che l’internazionalità del trasporto, che è
necessaria ai fini dell’applicazione della Convenzione di Varsavia, deve essere valutata
in base al trasporto assunto dal vettore contrattuale, e non in riferimento alla frazione del
trasporto assunta dal vettore contrattuale852.
Il vettore contrattuale, cioè il soggetto che stipula il contratto di trasporto con il
passeggero o mittente, (art. II, lett. b: «"contracting carrier" means a person who as a
principal makes an agreement for carriage governed by the Warsaw Convention with a
passenger or consignor or with a person acting on behalf of the passenger or consignor»)
inglese e in quello nordamericano.
850
P. GIRARDI, Vettore contrattuale e vettore di fatto: chi risponde dei danni nel trasporto aereo?, cit., 538.
Per completezza è opportuno sottolineare che la disciplina inerente la responsabilità del vettore di fatto,
contenuta nel caV della Convenzione di Montreal del 1999 (artt. da 39 a 48) è rigorosamente mutuata da
quella posta dalla Convenzione di Guadalajara del 1961; sul punto v. S. BUSTI, Contratto di trasporto aereo,
cit., 529, nota n. 283.
851
Art. II della Convenzione di Guadalajara del 1961: «If an actual carrier performs the whole or part of
carriage which, according to the agreement referred to in Article I, paragraph (b), is governed by the
Warsaw Convention, both the contracting carrier and the actual carrier shall, except as otherwise provided
in this Convention, be subject to the rules of the Warsaw Convention, the former for the whole of the
carriage contemplated in the agreement, the latter solely for the carriage which he performs»
852
S. BUSTI, Contratto di trasporto aereo, cit., 521; S. ZUNARELLI, Le figure del contracting carrier e del
performing carrier nelle convenzioni di Guadalajara, Atene ed Amburgo, cit., 323, riconduce l’applicabilità
della Convenzione di Varsavia del 1929 alla posizione rivestita dal vettore di fatto nell’originario contract
of carriage; contra T. BALLARINO, S. BUSTI, Diritto aeronautico e spaziale, Milano, 1988, 690: «(…)
basterebbe por mente all’imperatività di tale disciplina per giustificare la predetta conseguenza senza dover
andare alla ricerca di un complesso rapporto contrattuale tra mittente/passeggero, vettore di fatto e vettore
contrattuale».
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è comunque responsabile per gli atti e le omissioni del vettore di fatto e dei suoi preposti
ai sensi dell’ art. III della Convenzione853.
Con la Convenzione di Guadalajara del 1961 sono, dunque, state individuate due
nuove figure di soggetti responsabili del trasporto: contracting carrier e actual carrier;
il primo sottoposto alla Convenzione di Varsavia del 1929 per la totalità del trasporto
previsto contrattualmente, il secondo, invece, per la sola tratta da lui eseguita854. In base
all’art. IV della Convenzione di Guadalajara del 1961855 il vettore contrattuale e il vettore
di fatto sono entrambi legittimati passivi rispetto alle azioni proposte dal danneggiato,
che può agire nei loro confronti alternativamente oppure cumulativamente. La
legittimazione passiva del vettore di fatto rappresenta un’assoluta novità nel panorama
del diritto internazionale uniforme856 . Questo principio è stato successivamente applicato
in altre convenzioni di diritto uniforme: art. 10 della Convenzione di Amburgo del 1978;
art. 4 della Convenzione di Atene del 1974857; artt. 39 – 41 della Convenzione di Montreal
del 1999; art. 27 delle Uniform Rules CIM- COTIF del 1999; art. 4 della Convenzione di
Budapest del 2000858.
Uno dei maggiori problemi individuati dalla dottrina in merito alla Convenzione
di Guadalajara del 1961 concerne il rapporto esistente tra il passeggero/mittente e l’actual
853
Art. III Convenzione di Guadalajara dal 1961: «The acts and omissions of the actual carrier and of his
servants and agents acting within the scope of their employment shall, in relation to the carriage performed
by the actual carrier, be deemed to be also those of the contracting carrier. 2 . The acts and omissions of
the contracting carrier and of his servants and agents acting within the scope of their employment shall, in
relation to the carriage performed by the actual carrier, be deemed to be also those of the actual carrier.
Nevertheless, no such act or omission shall subject the actual carrier to liability exceeding the limits
specified in Article 22 of the Warsaw Convention. Any special agreement under which the contracting
carrier assumes obligations not imposed by the Warsaw Convention or any waiver of rights conferred by
that Convention or any special declaration of interest in delivery at destination contemplated in Article 22
of the said Convention, shall not affect the actual carrier unless agreed to by him».
854
S. ZUNARELLI, Le figure del contracting carrier e del performing carrier nelle convenzioni di
Guadalajra, Atene ed Amburgo, cit., 326.
855
Art. IV Convenzione di Guadalajara del 1961: «Any complaint to be made or order to be given under
the Warsaw Convention to the carrier shall have the same effect whether addressed to the contracting
carrier or to the actual carrier. Nevertheless, orders referred to in Article 12 of the Warsaw Convention
shall only be effective if addressed to the contracting carrier»
856
M. M COMENALE PINTO, La responsabilità del vettore dalla Convenzione di Varsavia del 1929 alla
Convenzione di Montreal del 1999, cit., 88; in merito all’influenza della Convenzione di Guadalajara del
1961 sugli altri testi di diritto internazionale uniforme v. anche G. MASTRANDREA, L'obbligo di protezione
nel trasporto aereo di persone, cit., 153.
857
Per una comparazione tra l’art. 4 della Convenzione di Atene del 1974 e le disposizioni contenute nella
Convenzione di Guadalajara del 1961 v. S. ZUNARELLI, A. ROMAGNOLI, Contratto di trasporto marittimo
di persone, cit., 312 ss.
858
N. ROMANA, Individuazione del vettore, cit., 136.
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carrier. Un indirizzo espresso dalla dottrina italiana propende per una qualificazione in
termini contrattuali di questo rapporto. L’impostazione aquiliana è stata giudicata
inidonea a spiegare il regime di responsabilità delineato dalla Convenzione di
Guadalajara del 1961. Nello specifico l’esistenza di una responsabilità extracontrattuale
sarebbe in contrasto con la responsabilità solidale, che lega il contracting carrier e
l’actual carrier. In forza di questo regime, infatti, il vettore di fatto è chiamato a
rispondere per l’operato del vettore contrattuale, che abbia violato gli obblighi assunti
contrattualmente 859 . All’interno della Convenzione di Guadalajara del 1961 è, inoltre,
possibile individuare alcune previsioni normative a sostegno della contrattualità del
rapporto tra passeggero/mittente e actual carrier. Il primo esempio in questo senso è
offerto dall’art. I.2. della Convenzione, secondo il quale: «If an actual carrier performs
the whole or part of carriage which, according to the agreement referred to in Article I,
paragraph (b), is governed by the Warsaw Convention, both the contracting carrier and
the actual carrier shall, except as otherwise provided in this Convention, be subject to
the rules of the Warsaw Convention, the former for the whole of the carriage
contemplated in the agreement, the latter solely for the carriage which he performs».
Attraverso l’ultima parte della previsione indicata viene evitato che il vettore di fatto
possa essere sottoposto ad un regime di responsabilità più gravoso rispetto a quello
convenzionale, in conseguenza di pattuizioni contrattuali intervenute tra altri soggetti. Il
fatto che il vettore di fatto possa aderire a queste pattuizioni, «rende evidente come tale
qualifica non sia in alcun modo incompatibile con la qualifica di parte di un accordo
contrattuale con il passeggero». Ulteriori argomenti a sostegno della contrattualità del
rapporto tra actual carrier e utilizzatore del trasporto vengono tratti, secondo l’indirizzo
analizzato, dall’interpretazione fornita all’art. II della Convenzione di Guadalajara, che
legittima l’emissione da parte dell’actual carrier del documento di trasporto per la parte
da lui eseguita, anche qualora vi avesse già provveduto il vettore contrattuale860.
Un’altra dottrina di origine anglossassone identifica, invece, la figura del actual
carrier come préposé del vettore contrattuale. Questa qualificazione, limitata
859
S. ZUNARELLI, La nozione di vettore, 164; contra la qualificazione in termini contrattuali del rapporto
tra i due soggetti: T. BALLARINO, S. BUSTI, Diritto aeronautico e spaziale, 690 e G. RIGHETTI, Trattato di
diritto marittimo, II, cit., 672; v. sul punto anche: E. FANARA, Le assicurazioni aeronautiche, cit., 346: «(…)
per il passeggero, il rapporto interno tra vettore di fatto e quello contrattuale è res inter alios acta (…)».
860
S. ZUNARELLI, La nozione di vettore, Milano, 165 ss .
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204
concretamente agli ordinamenti di civil law 861, ha suscitato diversi dubbi da parte dei
commentatori italiani. Una qualificazione della nozione di préposé variabile a seconda
della lex fori determina forti perplessità, perché dalla qualificazione dipende il regime di
responsabilità applicabile e nello specifico i meccanismi di imputazione della
responsabilità, che costituiscono il nucleo fondamentale del diritto convenzionale 862 .
Inoltre, bisogna tener conto che l’articolo 25 A della Convenzione di Varsavia del 1929,
introdotto dal protocollo dell’Aja del 1955, estende ai préposé solo il regime delle
limitazioni di cui all’art. 22 della Convenzione di Varsavia. La Convenzione di
Guadalajara, invece, applica al vettore di fatto tutto il regime della Convenzione di
Varsavia del 1929863.
L’identificazione del vettore di fatto con il preposto del vettore contrattuale
vanificherebbe, inoltre, lo scopo stesso della Convenzione di Guadalajara del 1961. La
finalità di queste disposizioni è essenzialmente quella di «consentire al vettore di fatto di
avvalersi della limitazione di responsabilità prevista da per quello contrattuale».
Laddove il vettore di fatto venisse qualificato come préposé, non avrebbe più ragione di
esistere l’obiettivo posto dalla Convenzione, perché il Protocollo dell’Aja del 1955 ha,
già, introdotto l’art. 25 A alla Convenzione di Varsavia del 1929864. In virtù di queste
considerazioni, si è affermato che la figura del performing carrier, quale soggetto
impegnato materialmente nell’esecuzione del trasporto, è una figura giuridica del tutto
“nuova”, che non può essere assimilata non solo alla figura giuridica del preposto, di cui
si è parlato, ma nemmeno a quella più generale di mandatario del vettore contrattuale,
quale incaricato al compimento di una attività giuridica865.
861
R. H. MANKIEWICZ, From Warsaw to Montreal with certain intermediate stops; marginal note to Warsaw
system, in AASS, Issue 6, 252.
862
M. M. COMENALE PINTO, La responsabilità del vettore aereo dalla Convenzione di Varsavia del 1929
alla Convenzione di Montreal del 1999, cit., 89, in particolare v. anche nota n. 53.
863
M. M. COMENALE PINTO, La responsabilità del vettore aereo dalla Convenzione di Varsavia del 1929
alla Convenzione di Montreal del 1999, cit., 90.
864
S. BUSTI, Contratto di trasporto aereo, cit., 523; M. M. COMENALE PINTO, La responsabilità del vettore
aereo dalla Convenzione di Varsavia del 1929 alla Convenzione di Montreal del 1999, cit., 89, nota n. 53,
non è convinto delle argomentazioni utilizzate dall’Autore: «Ma a perplessità induce anche la tesi (che
vorrebbe definire l’ambito di applicazione della Convenzione di Varsavia sulla base di una disciplina
successiva (…)».
865
S. BUSTI, Contratto di trasporto aereo, cit., 530.
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III.12. Il caso “Superga” .
Come già analizzato nella parte generale, il concorso di responsabilità contrattuale
ed aquiliana si configura in senso “proprio”, quando il danneggiante e il danneggiato
coincidano rispettivamente con il debitore e il creditore della prestazione. Sono
riscontrabili due ipotesi in cui ciò non si verifica. Può accadere che il debitore cagioni un
danno di natura contrattuale al creditore della prestazione e un danno di tipo
extracontrattuale ad un terzo estraneo al rapporto contrattuale. In questo caso potranno
configurarsi due situazioni diverse, a seconda che il terzo danneggiato vanti o meno diritti
nei confronti del creditore del rapporto866. Nell’ipotesi in cui il terzo non sia titolare di
diritti nei confronti del creditore, non vi sono particolari problemi interpretativi. Può
essere fornito un esempio inerente il trasporto aereo. In un disastro aviatorio un aereo si
schianta contro un edificio. Sul vettore - esercente sussisterà un duplice titolo di
responsabilità: contrattuale nei confronti dei passeggeri, ed extracontrattuale nei confronti
dei terzi danneggiati in base al diritto nazionale, tenendo conto di quanto previsto dall’art.
972 cod. nav., secondo il quale: «Tutte le norme che regolano la limitazione del
risarcimento e la sua attuazione in caso di responsabilità per danni a terzi sulla superficie
si applicano anche alla responsabilità per danni da urto, spostamento d’aria o altra causa
analoga»867.
Il secondo caso prospettato, in cui manca la “coincidenza”, che caratterizza il
concorso inteso in senso “proprio”, riguarda l’ipotesi in cui A, debitore di B, cagioni un
danno a C, che è creditore di B. Il problema in questa fattispecie particolare consiste
nell’individuare il regime di responsabilità cui è sottoposta l’azione extracontrattuale del
terzo nei confronti del vettore”868.
Il caso “Superga”, analizzato precedentemente in relazione alla risarcibilità in via
aquiliana dei diritti di credito, è uno dei casi giurisprudenziali più significativi di
“concorso improprio” di responsabilità contrattuale verso il trasportato e di responsabilità
extracontrattuale nei confronti del terzo estraneo al contratto di trasporto, ma creditore
866
R. ROSAFIO, Riflessioni in margine all’art. 29 della Convenzione di Montreal del 1999, in Dir. tur., 2006,
130 e analogamente R. ROSAFIO, L’azione extracontrattuale, in L. TULLIO, La nuova disciplina del
trasporto aereo. Commento alla Convenzione di Montreal del 28 maggio 1999, Napoli, 2006, 271 ss.
867
R. ROSAFIO, Riflessioni in margine all’art. 29 della Convenzione di Montreal del 1999, cit., 130.
868
R. ROSAFIO, Riflessioni in margine all’art. 29 della Convenzione di Montreal del 1999, cit., 130.
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del passeggero danneggiato. La società calcistica del Torino agì in via extracontrattuale
nei confronti della società A.l.i. Flotte Riunite. Il Torino Calcio domandò al vettore il
risarcimento dei danni per lesione dei propri diritti nei confronti dei giocatori deceduti a
causa dell’incidente.
La soluzione al quesito è connessa all’interpretazione dell’art. 24 della
Convenzione di Varsavia del 1929 fornita dai Giudici della Corte di Cassazione.
Prima di analizzare la pronuncia, è opportuno premettere che l’art. 24 della
Convenzione di Varsavia del 1929 non venne riprodotto nel codice della navigazione e
ciò costituì una delle differenze più rilevanti dal punto di vista pratico tra il diritto interno
e le norme convenzionali 869 . Questa disposizione venne, infatti, ritenuta eccedente le
disposizioni in materia di responsabilità del vettore870.
Il mancato inserimento di una disposizione corrispondente all’art. 24 all’interno
del codice della navigazione determinò l’ammissibilità del concorso di responsabilità
contrattuale ed aquiliana nei trasporti regolati dal diritto interno. In caso di concorso il
vettore era, quindi, soggetto a responsabilità aquiliana, sottratta alle disposizioni in
materia di prescrizione, decadenza, competenza, vigenti in materia contrattuale ed anche
alla limitazione legale di responsabilità di cui all’art. 22 della Convenzione di Varsavia
del 1929 e agli artt. 942, 944 e 952 cod. nav.871
869
G. ROMANELLI, Le norme regolatrici del trasporto aereo internazionale nell’ordinamento italiano, in
Riv. dir. nav., 1954, I, 172.
870
A. LEFEBVRE D’OVIDIO, Studi per il diritto della navigazione, Milano, 1951, 164: «Queste disposizioni,
di alcune delle quali, come di quella dell’art. XXIV, non è neppure in tutto chiara la finalità precisa, o
eccedono l’ambito della statuizione del regime di responsabilità del vettore aereo nell’ordinamento italiano
ovvero sanciscono principii che sono per il nostro ordinamento ovvi e pacifici».
871
G. ROMANELLI, Le norme regolatrici del trasporto aereo internazionale nell’ordinamento italiano, cit.,
172; un’ipotesi significativa di concorso di responsabilità contrattuale ed aquiliana nel trasporto aereo regolato dal diritto interno: Cass. Civ., 20 aprile 1989, n. 1855, cit., (per le pronunce relative ai primi due
gradi di giudizio: Trib. Padova, 5 novembre 1982, in Trasp., 1982, 28, 173, con nota di E. FOGLIANI, e in
Dir. aereo, 1983, 141, con nota contraria di D. GAETA, Responsabilità del vettore aereo e dell’impresa
aeroportuale; App. Venezia, 19 aprile 1986, in Il diritto marittimo, 1988, 160 con nota di M. M. COMENALE
PINTO, Brevi cenni intorno al vettore di fatto e alla colpa grave di pilotaggio), in cui venne riconosciuta la
possibilità per i prossimi congiunti del defunto di agire in via aquiliana iure proprio nei confronti del vettore: «La individuazione, infatti, di un duplice e concorrente titolo odi responsabilità trova conforto, in linea
generale, nell'indirizzo costantemente seguito dalla giurisprudenza di questa Corte (cfr. nella motivazione
Cass. n° 2773 del 1979) a tenore del quale la responsabilità extracontrattuale può aggiungersi a quella
contrattuale allorché un evento dannoso, unico nella sua genesi soggettiva, risulti di per sé lesivo non solo
dei diritti specifici derivanti al contraente delle clausole contrattuali, ma anche dei diritti assoluti che alla
persona offesa spettano, di non subire pregiudizio alla propria incolumità personale (o di altri diritti primari
cfr. pure Cass. n° 261 del 1977 e n° 1953 del 1979). La possibilità, poi, che il vettore - sia oneroso o gratuito
il trasporto aereo promesso - possa essere chiamato a rispondere dei danni anche a titolo di responsabilità
extracontrattuale, riceve ulteriore e specifico avallo nella considerazione che i prossimi congiunti di una
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A differenza di quanto avvenuto nei precedenti gradi del giudizio la Corte di
Cassazione nella sentenza n. 2085 del 1953872 si pronunciò per l’applicabilità al caso in
esame della Convenzione di Varsavia del 1929. Nelle pronunce precedenti i Giudici, pur
trovandosi di fronte ad un tipico caso di trasporto internazionale, rientrante nell’ambito
di applicazione della Convenzione di Varsavia del 1929, avevano ragionato erroneamente
in base alle norme del codice della navigazione873.
La soluzione della controversia in ordine all’ammissibilità o meno dell’azione
extracontrattuale nei confronti del vettore ruotò intorno all’interpretazione fornita dalla
Corte rispetto all’articolo 24 della Convenzione di Varsavia. L’articolo 24 dispone che:
«Dans les cas prévus aux articles 18 et 19, toute action en responsabilité, à quelque titre
que ce soit, ne peut être exercée que dans les conditions et limites prévues par la présente
Convention. Dans le cas prévu à l’article 17, s’appliquent également les dispositions de
l’alinéa précédent sans préjudice de la détermination des personnes qui ont le droit
d’agir et de leurs droits respectifs». La Suprema Corte affermò che l’espressione «à
quelque titre que ce soit» doveva essere interpretata secondo la ratio legis della norma.
L’articolo 24 della Convenzione di Varsavia imponeva il rispetto delle condizioni e dei
limiti previsti dalla Convenzione per l’esercizio dell’azione di responsabilità sia in via
contrattuale sia in via aquiliana. L’obiettivo della Convenzione di Varsavia era, infatti,
quello di attuare una disciplina uniforme, armonizzando le disciplina legislative e le
elaborazioni giurisprudenziali dei vari Paesi.
Nell’elaborazione dell’art. 24 della Convenzione di Varsavia del 1929, secondo la
Corte, si era tenuta in considerazione l’ammissibilità del concorso di responsabilità
contrattuale ed aquiliana all’interno di molti ordinamenti nazionali. L’articolo 24 non
escludeva, quindi, la possibilità che il danneggiato potesse agire anche in via aquiliana
persona istantaneamente deceduta (come nella specie) in un disastro aereo si presentano come titolari di
una pretesa risarcitoria, derivante dall'evento letale non "jure hereditatis" bensì "jure proprio" (cfr. Cass. n°
1605 del 1972 nella motivazione) e come tali legittimati ad esperire azione da responsabilità "ex delicto"
perché direttamente lesi dall'illecito, oltreché ad esperire azione da responsabilità contrattuale perché aventi
causa da una delle parti del contratto».
872
Cass. Civ., 4 luglio 1953, n. 2085, in Giust. civ., 1953, I, 2225; in Ass., 1953, II, 116, con nota di S.
MARINO, Il vettore aereo internazionale di fronte ai terzi; in Riv. dir. comm., 1954, II, 17 ss., con nota di M.
FRAGALI, La responsabilità limitata del vettore aereo.
873
G. ROMANELLI, Le norme regolatrici del trasporto aereo internazionale nell’ordinamento italiano, cit.,
167; l’Autore critica le affermazioni della Corte di Cassazione circa la sostanziale identità tra le disposizioni
contenute nel codice della navigazione e quelle previste dalla Convenzione di Varsavia del 1929, tale da far
ritenere poco rilevante l’applicabilità dell’una o dell’altra normativa.
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nei confronti del vettore. La Corte individuò, però, una lacuna nella formulazione
legislativa. La Convenzione, infatti, non indicava i soggetti legittimati a proporre l’azione
extracontrattuale nei confronti del vettore. Questa lacuna, secondo la Suprema Corte,
poteva essere risolta ricorrendo alle disposizioni del diritto nazionale. Su questa base la
Corte ritenne non ammissibile l’esercizio dell’azione aquiliana da parte del Torino Calcio,
perché il danno subito dalla Società Calcistica non poteva ritenersi conseguenza
immediata e diretta del fatto lesivo ai sensi dell’articolo 1223 cod. civ., richiamato in
ambito aquiliano dall’articolo 2056 cod. civ.
La posizione assunta dai Giudici della Cassazione suscitò diverse critiche da parte
della dottrina.
Le premesse in ordine alla ratio legis della Convenzione di Varsavia vennero
considerate esatte, al contrario delle conclusioni a favore dell’ammissibilità dell’actio
aquiliana da parte dei terzi estranei al contratto. Il principio di armonizzazione delle
discipline legislative di cui parla la Corte non si sarebbe potuto realizzare ammettendo
l’esercizio dell’azione aquiliana, soggetta a presupposti e condizioni differenti rispetto a
quanto previsto dalla Convenzione soprattutto in tema di prescrizione dell’azione (art.
2947 cod. civ.) e di risarcibilità dei danni prevedibili (in virtù del mancato richiamo
dell’art. 1225 cod. civ. dall’art. 2056 cod. civ.)874.
I Giudici, inoltre, non valutarono l’intera portata applicativa dell’articolo 24 della
Convenzione di Varsavia. L’articolo 24, infatti, nell’identificazione delle azioni
proponibili si riferisce espressamente agli articoli 17, 18 e 19 della Convenzione, che
disciplinano rispettivamente la responsabilità del vettore per lesione del passeggero, per
874
S. MARINO, Il vettore aereo internazionale di fronte ai terzi, nota a Cass. Civ., 4 luglio 1953, n. 2085, in
Ass., 1953, II, 116 ss.; per una valutazione dei precedenti gradi del giudizio da parte dello stesso Autore v.
S. MARINO, Limiti e presupposti della responsabilità del vettore aereo nei confronti di terzi, in Ass., 1952,
II, 40 ss., nota a App. Torino, 24 gennaio 1952; in questa sede l’Autore critica l’applicazione delle
disposizioni di diritto interno da parte dei Giudici di appello. Dopo aver analizzato le disposizioni in materia
di responsabilità del vettore per danno ai passeggeri, contenute nella Convenzione di Varsavia del 1929,
giunge alle medesime conclusioni delineate in nota alla pronuncia della Corte di Cassazione: « (…) con
questa disposizione si è voluto evitare che - laddove singole legislazioni nazionale ammettessero un
concorso o cumulo di azioni nei confronti dello stesso soggetto danneggiato o una pluralità di azioni anche
in favore di altri soggetti – che venisse frustrato il principio della limitazione di responsabilità»;
anteriormente alla pronuncia della Corte di Cassazione, F. VASSALLI, Responsabilità contrattuale ed
extracontrattuale per morte del passeggero nel trasporto aereo, in Riv. dir. nav., 1952, I, 169 ss., era giunto
a medesime considerazioni, applicando, però, il diritto nazionale. Secondo questo Autore all’interno
dell’ordinamento giuridico italiano vi erano solamente due ipotesi, in cui terzi estranei al rapporto
contrattuale potevano agire in via aquiliana nei confronti del vettore: il danno ai terzi in superficie (artt. 964
– 973 cod. nav.) e il danno da urto (artt. 974 – 980 cod. nav.).
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perdita, distruzione o avaria del bagaglio registrato o della merce e infine per il ritardo
nel trasporto di passeggeri, bagagli o merci. Di conseguenza i soggetti legittimati ad agire
contro il vettore (oltre il passeggero) sono coloro che hanno subito un danno, che sia
collegato da un nesso di causalità con il danno subito dal passeggero. Possono, quindi,
agire contro il vettore solamente i figli, il coniuge e gli altri congiunti del passeggero
morto a causa di un sinistro aereo. I legittimati ad agire in via contrattuale sono cioè le
persone legate al passeggero deceduto da una particolare condizione giuridica. La
responsabilità del vettore nei confronti del passeggero si manifesta, infatti, come un
illecito anche nei confronti dei soggetti indicati. I legittimati così individuati possono
esercitare la medesima azione invocabile dal passeggero, nell’ipotesi in cui egli non sia
morto, ma abbia subito delle lesioni875.
In conclusione la dottrina critica afferma che l’articolo 24 della Convenzione di
Varsavia esclude l’esercizio di qualsiasi azione da parte del terzo estraneo al rapporto
contrattuale. La Convenzione ammette unicamente la possibilità per gli aventi diritto iure
sanguinis o iure successionis di esercitare la medesima azione contrattuale, che sarebbe
spettata al passeggero nel caso in cui non fosse morto, ma avesse subito unicamente delle
lesioni in conseguenza del sinistro. Non esiste nessuna lacuna nella Convenzione per ciò
che concerne l’individuazione dei soggetti legittimati ad agire in via aquiliana, proprio
perché è esclusa alla radice la possibilità di esercitare l’azione extracontrattuale876.
Non sono, però, mancate posizioni favorevoli all’interpretazione fornita dalla
Corte di Cassazione. Si è affermato che la Convenzione di Varsavia attraverso l’articolo
24 ha rinviato alla legge regolatrice del contratto (secondo i principi di diritto
internazionale privato) l’individuazione dei soggetti legittimati a proporre l’azione. Il
rinvio suddetto è espressione di tre punti cardine su cui si basa la Convenzione in materia
di responsabilità del vettore. Innanzitutto il rinvio è espressione del fatto che la
875
S. MARINO, Il vettore aereo internazionale di fronte ai terzi, cit., 111 ss.: «In caso di morte del passeggero,
fatto costitutivo della responsabilità del vettore rimane sempre di fronte a chiunque la di lui colpa
contrattuale (…). Legittimati ad causam saranno soltanto quelle persone che, per le loro relazioni giuridiche
con il passeggero, possano per la sua morte invocare quella colpa come un illecito nei loro confronti, ed
assumere quindi la qualifica di aventi diritto al risarcimento, allo stesso titolo che avrebbe potuto invocare
il passeggero, se solamente leso o ferito fosse rimasto in vita».
876
S. MARINO, Il vettore aereo internazionale di fronte ai terzi, cit., 121: «Il problema di una lacuna, seppure
si fosse presentato andava risolto nell’ambito dei principi dello specifico regolamento internazionale (…).
Ma lacuna non v’era perché l’art. 24 sbarra la strada a qualsiasi azione di un terzo estraneo al rapporto
contrattuale, salvo il caso degli aventi diritto iure sanguinis o iure successionis (…)».
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qualificazione del diritto come iure proprio o iure successionis è indifferente ai fini
perseguiti dalla Convenzione. La Convenzione, inoltre, esprime la volontà di non regolare
con norme uniformi l’entità concreta del diritto fatto valere e al contempo rimanda ai
Giudici nazionali il problema dell’ammissibilità o meno dell’azione da parte di terzi
estranei al contratto 877. Fatte queste considerazioni la valutazione sull’ammissibilità o
meno dell’azione aquiliana deve essere compiuta in base al diritto interno. Anche in caso
di ammissibilità del concorso debbono, però, essere rispettati i limiti e le condizioni
previste dalla Convenzione. Se ciò non avvenisse, allora gli estranei al rapporto
contrattuale godrebbero di un trattamento privilegiato rispetto al passeggero e ai suoi
aventi diritto, che agissero in via contrattuale878.
È opportuno, inoltre, sottolineare che i principi elaborati dalla Corte di Cassazione
con la sentenza n. 2085 del 1953 trovarono espresso accoglimento in una pronuncia della
Corte di Appello di Roma, di poco successiva. Si tratta della sentenza pronunciata in data
30 aprile 1954879. Il caso sottoposto al vaglio dei Giudici d’appello era analogo a quello
appena analizzato. Un aereo di linea, proveniente dall’India, che percorreva la tratta Il
Cairo- Roma, si schiantò dopo aver provato un atterraggio forzato nel deserto.
Nell’incidente morirono un ingegnere ed un carpentiere italiani, inviati in India dalla
società per cui lavoravano. Questa società, che intendeva iniziare una nuova attività in
India, agì in via aquiliana nei confronti del vettore. Venne presentata una richiesta di
risarcimento dei danni, derivanti dalla perdita delle prestazioni lavorative dei due
dipendenti, delle informazioni acquisite dall’ingegnere durante il viaggio di lavoro e delle
carte e documenti contenuti nei bagagli dei due passeggeri deceduti.
Anche in questo caso i Giudici partirono dall’errato presupposto, per cui il diritto
internazionale uniforme, in particolare l’art. 24 della Convenzione di Varsavia, rinvia al
877
M. FRAGALI, La responsabilità limitata del vettore aereo, nota a Cass. Civ. 4 luglio 1953, n. 2085, in
Riv. dir. comm., 1954, II, 179; analogamente: G. ROMANELLI, In tema di responsabilità extracontrattuale
del vettore aereo, nota a App. Roma, 30 aprile 1954, in Riv. dir. nav., 1954, II, 237, ritiene che l’art. 24 della
Convenzione di Varsavia del 1929 non arrivi a precludere l’esercizio dell’azione extracontrattuale, ma esige
che l’eventuale azione aquiliana sia sottoposta ai limiti e alla condizioni stabilite dalla Convenzione stessa,
in particolare all’art. 22.
878
M. FRAGALI, La responsabilità limitata del vettore aereo, cit., 181: «(…) è sempre la convenzione che
inquadra le azioni speciali che una legge nazionale può ammettere oltre quelle derivanti dal contratto, a
protezione del viaggiatore, dei suoi eredi e dei terzi, e il limite della responsabilità stabilito dal viaggiatore
deve essere sempre rispettato».
879
App. Roma, 30 aprile 1954, cit., 230 ss.
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diritto interno per l’individuazione dei soggetti, che possono presentare richiesta di
risarcimento in via aquiliana nei confronti del vettore. In base a queste considerazioni
potevano essere risarciti solamente i danni, che fossero una conseguenza immediata e
diretta del fatto lesivo. Per questo motivo, furono riconosciuti solamente i danni derivanti
dalla perdita delle carte e dei documenti, contenuti nei bagagli dei due dipendenti.
Solamente in questo caso la Corte ritenne sussistente il nesso di causalità tra il fatto lesivo
e il danno cagionato alla società880.
Questa pronuncia giurisprudenziale, così come la precedente, suscitò diverse
critiche riguardanti soprattutto la mancata applicabilità del diritto internazionale, in
particolare l’art. 24 della Convenzione di Varsavia del 1929, che richiama anche il
trasporto di cose, regolato dall’art. 18. La Corte d’Appello giudicò, infatti, in base al
diritto italiano, ammettendo la possibilità che il terzo potesse ottenere in via aquiliana il
risarcimento dei danni derivanti dalla perdita delle carte e dei documenti. Inoltre, come
evidenziato da autorevole dottrina, la generale possibilità per il terzo danneggiato di agire
in via aquiliana nei confronti del vettore, prospettata dalla Corte, esponeva di fatto
l’obbligato al pericolo di un doppio risarcimento881.
Una dottrina recente, che ha approfondito il problema in esame, ha fornito la
seguente interpretazione dell’articolo 24 della Convenzione di Varsavia. Al contrario di
quanto sostenuto dalla Corte di Cassazione nella sentenza esaminata, il regime
convenzionale è limitato alle fattispecie di concorso “proprio” di responsabilità,
caratterizzate dalla coincidenza tra danneggiante e danneggiato e le parti del rapporto
contrattuale. In virtù della Convenzione, il danneggiato creditore poteva agire in via
aquiliana, ma rispettando i limiti stabiliti dalla Convenzione882.
Il danneggiato estraneo al rapporto contrattuale (in questo ipotesi la società
calcistica del Torino) poteva agire solamente in via extracontrattuale secondo le norme di
diritto interno. Ovviamente l’esercizio dell’azione aquiliana ex articolo 2043 cod. civ.
risultava maggiormente favorevole rispetto alle condizioni e limiti cui era sottoposta
880
Nel precedente grado di giudizio, invece, il Tribunale di Roma con la sentenza del 18 agosto 1952 (Foro
it., 1953, I, 593) aveva ammesso la risarcibilità dei danni derivanti dal mancato utilizzo delle informazioni
acquisite dall’ingegniere durante il viaggio, v. sul punto l’analisi critica di S. MARINO, Il vettore aereo
internazionale di fronte ai terzi, cit., 112.
881
G. ROMANELLI, In tema di responsabilità extracontrattuale del vettore aereo, cit., 236.
882
R. ROSAFIO, L’azione extracontrattuale,cit., 275.
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l’azione di responsabilità secondo la Convenzione di Varsavia, in particolare per quanto
concerne i limiti del debito e il termine di decadenza per l’esercizio dell’azione. Tuttavia
l’attrazione anche dell’azione aquiliana da parte del terzo danneggiato all’interno della
Convenzione avrebbe avuto delle conseguenze decisamente sfavorevoli per il
danneggiato, data la concorrenza di più soggetti per il risarcimento del danno nei
confronti del vettore883. Questa soluzione «sarebbe stata certamente illogica in quanto
ne sarebbe risultato vulnerato il diritto assoluto del soggetto leso nella vita o
nell'integrità personale ad ottenere, in via preferenziale ed esclusiva, il risarcimento del
danno subito» 884 . In questo senso l’art. 24 della Convenzione di Varsavia del 1929
ammette solamente la possibilità di concorso “proprio” di responsabilità contrattuale ed
aquiliana e circoscrive al diritto interno l’esercizio dell’azione aquiliana del terzo
danneggiato.
La valutazione della Convenzione di Montreal del 1999 su questo punto differisce
su più fronti. Innanzitutto l’articolo 29 della Convenzione di Montreal del 1999 («In the
carriage of passengers, baggage and cargo, any action for damages, however founded,
whether under this Convention or in contract or in tort or otherwise, can only be brought
subject to the conditions and such limits of liabilities are set out in this Convention
without prejudice to the question as to who are the persons who have the right to bring
suit and what are their respective rights. In any such action, punitive, exemplary or any
other non-compensatory damages shall not be recoverable»). (corrispondente all’articolo
24 della Convenzione di Varsavia) deve essere letto in combinazione con l’articolo 20
(«If the carrier proves that the damage was caused or contributed to by the negligence or
other wrongful act or omission of the person claiming compensation, or the person from
whom he or she derives his or her rights, the carrier shall be wholly or partly exonerated
from its liability to the claimant to the extent that such negligence or wrongful act or
omission caused or contributed to the damage. When by reason of death or injury of a
passenger compensation is claimed by a person other than the passenger, the carrier shall
883
R. ROSAFIO, L’azione extracontrattuale,cit., 276: « L'opposta soluzione di attrarre ogni azione neila
disciplina convenzionale, sicuramente più favorevole per il vettore, avrebbe, tuttavia, comportato una
riduzione della possibilità per l'avente diritto al risarcimento di awalersi, in via esclusiva, sulla somma
limite, sulla quale avrebbero potuto concorrere tutti i soggetti astrattamente danneggiati dal suo ferimento
o decesso».
884
R. ROSAFIO, L’azione extracontrattuale,cit., 276.
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likewise be wholly or partly exonerated from its liability to the extent that it proves that
the damage was caused or contributed to by the negligence or other wrongful act or
omission of that passenger. This Article applies to all the liability provisions in this
Convention, including paragraph 1 of Article 21»)885.
Secondo quest’ultima disposizione il vettore può eccepire nei confronti dei terzi
estranei al rapporto contrattuale la contributory negligence del passeggero. Il vettore per
essere esonerato da responsabilità può dimostrare che il passeggero con la sua negligenza,
atto illecito od omissione abbia contribuito a causare il danno. Ciò potrebbe dimostrare
che anche le azioni proposte nei confronti del vettore da parte di terzi estranei al rapporto
contrattuale rientri nell’ambito di applicazione della Convenzione 886 . Bisogna, però,
sottolineare che le disposizioni in materia di responsabilità previste dalla Convenzione di
Montreal, al contrario della Convenzione di Varsavia, prevedono un regime più
favorevole per il terzo rispetto a quanto stabilito dal diritto interno (eliminazione dei limiti
di responsabilità
con riferimento a morte e lesioni personali del passeggero e
inasprimento del regime di responsabilità per i danni di valore uguale o eccedente i
110.000 DSP)887.
Un altro indirizzo dottrinale, invece, richiama in qualche misura le posizioni già
assunte dalla Corte di Cassazione della sentenza esaminata. Viene affermato che, sia nella
Convenzione di Varsavia del 1929, sia nella Convenzione di Montreal del 1999, il
legislatore ha inteso regolare in maniera unitaria le conseguenze del concorso di azioni,
senza però indicare i casi possibili di concorso, che sono lasciati alla determinazione della
lex fori888. Le norme di diritto internazionale uniforme risolvono in maniera unitaria le
ipotesi di concorso “proprio”, nonché le cd. “pretese non parallele”, cioè le azioni
intentate contro il vettore da un terzo estraneo al rapporto contrattuale (si tratta del
concorso “improprio”), e le azioni proposte sia da terzi sia dal contraente nei confronti
dei preposti del vettore e del vettore di fatto (v. nello specifico artt. 24 e 25 A della
Convenzione di Varsavia del 1929). Il diritto uniforme lascia, però, al diritto interno il
compito di individuare l’identità e il numero dei soggetti, che possono far valere queste
885
R. ROSAFIO, L’azione extracontrattuale,cit., 276 ss.
R. ROSAFIO, L’azione extracontrattuale,cit., 278.
887
R. ROSAFIO, L’azione extracontrattuale,cit., 278.
888
S. BUSTI, Contratto di trasporto aereo, cit., 549 ss.
886
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pretese889.
III.13. Il danno non patrimoniale da inadempimento.
III.13.1. Breve excursus sull’evoluzione del concetto di danno non patrimoniale.
L’interpretazione adeguatrice alla Costituzione dell’art. 2059 cod. civ.
Secondo la definizione più comune il danno non patrimoniale è «la lesione di
interessi non economici, ossia la lesione di interessi che alla stregua della coscienza
sociale sono insuscettibili di valutazione economica890».
Il codice civile vigente, a differenza del codice civile del 1865, prevede il danno
non patrimoniale, ma sancisce in linea generale la sua irrisarcibilità, perché l’art. 2059
cod. civ. in materia di responsabilità aquiliana ammette il risarcimento del danno non
patrimoniale nei soli casi determinati dalla legge. Alla base di questa impostazione
codicistica vi è la concezione tradizionale del diritto privato come ordinamento costituito
a tutela di interessi economici, la c. d. “concezione paneconomica”. Di regola gli interessi
non economici sono irrilevanti e la loro risarcibilità richiede un controllo normativo volto
ad evitare abusi dello strumento risarcitorio891.
Questa impostazione tradizionale del diritto privato è stata oggi superata e
rispecchiava una particolare condizione della società moderna, in cui il denaro
rappresentava lo strumento di misurazione dei beni – interessi della vita di natura
economica e in cui non assumevano rilevanza giuridica i beni – interessi della persona
umana. Con l’affermarsi dei principi di giustizia sociale questa situazione si è ribaltata e
889
S. BUSTI, Contratto di trasporto aereo, cit., 551 ss.
C. M. BIANCA, Diritto civile, V, La responsabilità, cit., 189. A. DE CUPIS, Il danno, cit., 61 ss. costruisce
la nozione di danno non patrimoniale in senso negativo. I danni non patrimoniali sono tutti quei danni, che
non rientrano nella nozione di danni patrimoniali, perché hanno per oggetto un interesse non patrimoniale,
cioè un interesse relativo ad un bene non patrimoniale; sulle diverse posizioni in ordine alla definizione di
danno non patrimoniale v. tra gli altri P. CENDON e R. ROSSI, Il quadro di riferimento, in P: CENDON, Il
risarcimento del danno non patrimoniale. I: Parte generale. Danno biologico - Danno morale - Danno
esistenziale, Torino, 2009, 38 ss., e anche M. ASTONE, Danni non patrimoniali. Art. 2059, in P.
SCHLESINGER (fondato da) e F. D. BUSNELLI (diretto da) , Cod. civ. Comm., Milano, 2012, 37 ss.).
891
C. M. BIANCA, Diritto civile, V, La responsabilità, cit., 189 ss. In Francia, sebbene mancasse un’esplicita
previsione normativa, una dottrina ormai risalente escludeva la risarcibilità del danno morale in ambito
aquiliano (e anche contrattuale), in base alla finalità propria della responsabilità civile di “réparer le
dommage”; sul punto v. H. L. MAZEAUD, J. MAZEAUD, F. CHABAS, Leçon de droit civil, II, prèmier volume,
Obligations, thèorie général, IX édition par F. CHABAS, Les IV et V éditions sont assurées par M. DE
JUGLART, Paris, 1998, 422 ss.
890
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215
i beni – interessi della persona hanno acquisito finalmente una propria dimensione
giuridica 892 . In particolare, la salvaguardia della persona umana è diventata «la stella
polare cui improntare l’applicazione dei vari rimedi di carattere civilistico, secondo una
prospettiva che ha visto affermarsi, in ossequio ai canoni costituzionali, un’indiscutibile
preminenza delle situazioni di carattere personale rispetto a quelle aventi contenuto
patrimoniale»893.
Quest’evoluzione ha influenzato l’interpretazione dell’art. 2059 cod. civ., che era
in origine piuttosto restrittiva e che è stata successivamente ampliata per garantire un
adeguato ristoro alla persona danneggiata. Secondo la teoria tradizionale i danni non
patrimoniali risarcibili erano solamente i danni morali. Con questa accezione si intendono
le sofferenze morali o patemi d’animo, che colpiscono la persona in conseguenza di un
evento dannoso. Questa tipologia di pregiudizi riguarda esclusivamente la sfera psichica
del soggetto, cioè il complesso dei suoi sentimenti, affezioni, che vengono colpiti dal
torto894. L’impostazione tradizionale circoscriveva, inoltre, la risarcibilità ai soli danni
morali derivanti da reato ex art. 185, comma 2, c. p. (“Ogni reato, che abbia cagionato un
danno patrimoniale o non patrimoniale, obbliga al risarcimento il colpevole e le persone
che, a norma delle leggi civili, debbono rispondere per il fatto di lui”). Questa limitazione
si basava sulla formulazione letterale dell’art. 2059 cod. civ., che limita la risarcibilità dei
danni non patrimoniali ai casi indicati espressamente dalla legge. L’articolo 185 cod. pen.
rappresentava, quindi, secondo i commentatori, l’ipotesi principale di risarcibilità dei
danni morali, avente una portata generale895.
La coincidenza tra danno morale soggettivo e danno non patrimoniale ex art. 2059
892
R. SCOGNAMIGLIO, Danni alla persona e danno morale, in Riv. dir. priv., 2008, 675: «Nell’era moderna,
caratterizzata dal progressivo superamento delle barriere tra i ceti sociali con l’affermazione del modello
democratico della società e dell’economia di mercato, il denaro diviene il criterio fondamentale di
misurazione dei beni-interessi della vita, che assumono pertanto una dimensione economica, dalla quale
risultano esclusi ancora una volta i beni-interessi della persona umana. Soltanto ai nostri giorni i valori della
persona vengono riconosciuti e si vanno consolidando attraverso l’affermazione degli ideali e la
realizzazione degli obiettivi della democrazia, imperniata sulla giustizia sociale. (…) E sotto la spinta di
questi principi e valori, si va affermando l’idea che i danni arrecati ai beni-interessi della persona assumano
rilevanza giuridica nella forma, principalmente, dell’attribuzione a titolo di risarcimento di una somma di
denaro, che per la difficoltà di individuare un parametro di equivalenza rispetto a beni-in- teressi non
patrimoniali, deve essere stabilita dal giudice, secondo criteri di equità».
893
P. ZIVIZ, I danni non patrimoniali, Torino, 2012, 4.
894
R. SCOGNAMIGLIO, Il danno morale, in Riv. dir. civ. 1957, 277 ss.
895
R. SCOGNAMIGLIO, Il danno morale, cit., 277 ss.; sui presupposti di risarcibilità del danno morale
derivante da reato v. C. SALVI, voce Risarcimento del danno, in Enc. dir., XL, Milano, 1989, 1101.
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216
cod. civ. venne accolta anche dalla Corte Costituzionale con la pronuncia n. 184 del
1986896.
In quell’occasione la Corte venne chiamata a decidere sulla questione di
legittimità costituzionale dell’art. 2059 cod. civ. nella parte in cui prevedeva la
risarcibilità del danno non patrimoniale derivante dalla lesione d'un diritto
costituzionalmente tutelato (salute) soltanto in conseguenza di reato.
La questione di legittimità costituzionale venne dichiarata non fondata in base ad
una valutazione del diritto vivente. L’art. 2059 cod. civ., come messo in evidenza dalla
Consulta, si riferisce solamente ai danni morali soggettivi, ma non esclude che altre
disposizioni stabiliscano la risarcibilità del danno biologico, inteso come menomazione
dell’integrità psicofisica del soggetto e integrante una lesione del diritto alla salute di cui
all’art. 32 della Costituzione897. L’art. 2043 cod. civ., correlato per l’appunto all’art. 32
della Costituzione, comprende il risarcimento non solo dei danni in senso stretto
patrimoniali, ma riguarda tutti i danni che, almeno potenzialmente, ostacolano le attività
realizzatrici della persona umana tra cui il danno biologico898.
La sentenza della Corte Costituzionale, nota comunemente come “sentenza
dell’Andro” dal nome del giudice relatore, rappresentò un’importante tappa verso
l’estensione dei pregiudizi risarcibili. Muovendo dall’interpretazione restrittiva dell’art.
896
Corte cost., 14 luglio 1986, n. 184, in Nuova giur. civ. comm. 1986, I, 534, con nota di G. ALPA, Danno
biologico. Questione di legittimità costituzionale dell'art. 2059 c.c.; in Foro it., 1986, I, 2976, con nota di
G. MONATERI, La Costituzione e il diritto privato: il caso dell’art. 32 Cost. e del danno biologico; in Foro
it., 1986, I, 2053, con nota di G. PONZANELLI, La Corte costituzionale, il danno non patrimoniale e il danno
alla salute; in Nuove leggi civ. comm., 1986, 6011, con nota di A. GIUSTI, Danno non patrimoniale e danno
alla salute di fronte alla Corte costituzionale; in Resp. civ. prev., 1986, 520, con nota di G. SCALFI,
Reminiscenze dogmatiche per il c.d. danno alla salute: un ripensamento della Corte Costituzionale; in
Amm. it., 1986, 2010; in Giust. civ., 1986, I, 2324; in Riv. giur. circ. trasp., 1986, 1007.
897
«Poiché le ordinanze di rimessione chiedono la dichiarazione d'illegittimità costituzionale dell'art. 2059
c.c., nella parte in cui prevede la risarcibilità del danno non patrimoniale derivante dalla lesione del diritto
alla salute soltanto in conseguenza di reato; poiché qui si è preso atto del diritto vivente, per il quale l'art.
2059 c.c. attiene esclusivamente ai danni morali subiettivi e non esclude che altre disposizioni prevedano
la risarcibilità, in ogni caso, del danno biologico, per sé considerato; poiché lo stesso diritto vivente
individua nell'art. 2043 c.c., in relazione all'art. 32 Cost., la disposizione che disciplina la risarcibilità, per
sé, in ogni caso, del danno biologico; mentre va dichiarata infondata la questione di legittimità
costituzionale, così come prospettata, dell'art. 2059 c.c., va dato atto che il combinato disposto dell'art. 32
Cost. e dell'art. 2043 c.c., consente la risarcibilità, in ogni caso, del danno biologico».
898
«È il collegamento tra l'art. 32 Cost. e l'art. 2043 c.c. che ha permesso a questa Corte d'affermare che,
dovendosi il diritto alla salute certamente ricomprendere tra le posizioni subiettive tutelate dalla
Costituzione, «non sembra dubbia la sussistenza dell'illecito, con conseguente obbligo della riparazione, in
caso di violazione del diritto stesso». L'ingiustizia del danno biologico e la conseguente sua risarcibilità
discendono di rettamente dal collegamento tra l'art. 32, primo comma, Cost. e l'art. 2043 c.c.; più
precisamente dall'integrazione di quest'ultima disposizione con la prima».
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2059 cod. civ., limitata ai soli danni morali soggettivi, venne tracciato il seguente schema
risarcitorio dei danni alla persona: danno biologico, inteso come danno – evento, danno
patrimoniale e danno morale soggettivo, qualificati come danni – conseguenza.
L’elemento di assoluta novità del modello risarcitorio descritto riguardava il
riconoscimento della risarcibilità del danno alla salute ex art. 2043 cod. civ. e 32 Cost.,
che comprende qualsiasi violazione dell’integrità fisica della persona899.
In base alla lettura costituzionalmente orientata dell’art. 2043 cod. civ. vennero,
quindi, inclusi tra i danni risarcibili anche quelli non aventi carattere patrimoniale, perché
attinenti alla dimensione non reddittuale della persona, quali per l’appunto i danni
biologici900.
Il dato giurisprudenziale successivo si caratterizzò per il riconoscimento di
pregiudizi che, seppur connessi al fare aredittuale del soggetto, si differenziavano
nettamente dal danno morale soggettivo e dal danno biologico. In linea generale si trattava
della diminuzione della possibilità del soggetto di esplicare normalmente la propria
personalità nelle attività quotidiane. In base alla valutazione del dato giurisprudenziale la
c. d. scuola triestina elaborò la figura del danno esistenziale901.
899
P. ZIVIZ, I danni non patrimoniali, cit., 72 ss.
P. CENDON e R. ROSSI, Il nuovo danno alla persona, in P. CENDON, Il risarcimento del danno non
patrimoniale. I: Parte generale. Danno biologico - Danno morale - Danno esistenziale, Torino, 2009, 9 ss.;
il primo riconoscimento del danno biologico in sede giurisprudenziale si deve alle pronuncie emanate dal
Tribunale di Genova alla fine degli anni settanta (v. in particolare Trib. Genova, 25 maggio 1974, in Giur.
it., 1975, I, 54; Trib. Genova, 20 ottobre 1975, in Giur. it., 1976, I, 443; Trib Genova, 15 dicembre 1974, in
Foro it., 1976, I, 1997). Le argomentazioni apprestate dai giudici genovesi sono analoghe a quelle fatte
proprie dalla Corte Costituzionale con la sentenza n. 184 del 1986. Precedentemente a questa pronuncia,
però, i giudici costituzionali, ancorarono la risarcibilità del danno biologico all’art. 2059 cod. civ., con le
conseguenti limitazioni risarcitorie. Con la sentenza del 26 luglio 1979, n. 88 (in Giur. it., 1980, I, 9) la
Consulta accolse una nozione ampia di danno non patrimoniale, comprendente il danno alla salute,
limitandone però la risarcibilità ai casi previsti dalla legge, quindi all’ipotesi di danno derivante da reato ex
art. 185 c. p.; sul progressivo riconoscimento del danno biologico e sull’interpretazione evolutiva della
Corte Costituzionale e dei Giudici di merito v. R. SCOGNAMIGLIO, Il danno morale mezzo secolo dopo, in
Riv. dir. civ. 2010, 611 ss. (che mette in evidenza le possibili influenze tra l’interpretazione fornita dalla
giurisprudenza genovese e le argomentazioni contenute nel suo scritto del 1957); v. anche P. CENDON e R.
ROSSI, Il nuovo danno alla persona,cit., 9 ss.; P. CENDON e R. FOFFA, Il danno esistenziale (1991 – 2008),
in S. PATTI (diretto da ) e S. DELLE MONACHE (a cura di), Responsabilità civile. Danno non patrimoniale,
Torino, 2010, 289 ss.; P. ZIVIZ, I danni non patrimoniali, cit., 93 ss.
901
Il primo provvedimento giurisdizionale, che preannuncia la nascita della nuova categoria di danno sopra
menzionata, è rappresentato da Cass. Civ., 11 novembre 1986, n. 6607, in Giust. civ., 1986. I, 3031. In
questa decisione, sebbene non si parlasse ancora di danno esistenziale, venne riconosciuta la risarcibilità
del danno lamentato da un marito, che in seguito ad un operazione della moglie, non aveva più potuto
condurre la propria vita sessuale a causa delle lesioni all’apparato riproduttivo subite dalla moglie.
L’elemento comune alle successive pronuncie individuato dalla dottrina, rappresentata dalla scuola triestina
(i maggiori esponenti sono Paolo Cendon e Patrizia Ziviz), fu il riconoscimento di pregiudizi legati ad un
900
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218
Si trattava di danni difficilmente qualificabili come patrimoniali o non
patrimoniali, che la giurisprudenza inizialmente ricomprese nell’alveo dell’art. 2043 cod.
civ., al fine di garantire in ogni caso il risarcimento 902 . Questa tendenza venne
successivamente rovesciata con la pronuncia delle SS. UU. n. 6572 del 2006, in cui il
danno esistenziale venne qualificato come danno non patrimoniale. La Cassazione fornì
una definizione precisa di danno esistenziale, indicandolo come «ogni pregiudizio che
l'illecito (…) provoca sul fare areddituale del soggetto, alterando le sue abitudini di vita
e gli assetti relazionali che gli erano propri, sconvolgendo la sua quotidianità e
privandolo di occasioni per la espressione e la realizzazione della sua personalità nel
mondo esterno. Peraltro il danno esistenziale si fonda sulla natura non meramente
emotiva ed ulteriore (propria del danno morale), ma oggettivamente accertabile del
pregiudizio, attraverso la prova di scelte di vita diverse da quelle che si sarebbero
adottate se non si fosse verificato l'evento dannoso»903.
Nonostante il riconoscimento del danno esistenziale come figura autonoma
rispetto alle altre categorie di danno, molte pronuncie successive della Corte di
peggioramento della propria esistenza quotidiana (v. sul punto P. CENDON, Il danno esistenziale, in P.
CENDON, Il risarcimento del danno non patrimoniale. I: Parte generale. Danno biologico - Danno morale
- Danno esistenziale, Torino, 2009, 74 ss.); contra la nascita di una nuova categoria di danno v. G.
PONZANELLI, I limiti del danno esistenziale. Postfazione al convegno triestino, in Danno resp., 1999, 360
ss.
902
Sul punto in senso critico v. S. PATTI, Le Sezioni Unite e la parabola del danno esistenziale, in Corr.
giur., 2009, 415 ss. e anche F. D. BUSNELLI, F. D. PATTI, Danno e responsabilità civile, cit., 90: «La tendenza
in quegli anni, era quindi quella di travasare, (…), fattispecie di confine dall’ambito dell’art. 2059 c. c. in
quello dell’art. 2043 c. c. o (…) mediante l’individuazione di un terzo genere di danno, o più semplicemente,
qualificando come danno patrimoniale pregiudizi di dubbia qualificazione. Così, ad esempio in quella fase
storica venne qualificato come danno patrimoniale il c. d. danno alla vita di relazione, al fine di dare in ogni
caso risarcimento economico alle lesioni subite da interessi e valori attinenti la persona umana».
903
In questo caso specifico le Sezioni Unite erano state chiamate a giudicare su un caso di
demansionamento o dequalificazione del lavoratore subordinato ed avevano riconosciuto la risarcibilità del
danno professionale, sia biologico, sia esistenziale: Cass. Civ., SS. UU., 24 marzo 2006, n. 6572, in Corr.
giur., 2006, 787, con nota di G. MONATERI, Danno esistenziale. Sezioni Unite: le nuove regole in tema di
danno esistenziale e il futuro della responsabilità civile; in Foro it., 2006, I, 2334, con nota di P. CENDON,
Voci lontane, sempre presenti sul danno esistenziale; in Riv. it. dir. lav., 2006, 796, con nota contraria di R.
SCOGNAMIGLIO, Le Sezioni Unite sull’allegazione e la prova dei danni cagionati da demansionamento o
dequalificazione («… mi sia consentito di dubitare della validità e/o opportunità della nozione di danno
esistenziale che, a differenza del danno all'immagine e alla vita di relazione, non trova un valido riscontro
nella esperienza reale»; tra le sentenze successive, successive, che individuano il danno esistenziale come
categoria autonoma v. Cass. Civ., 12 giugno 2006, n. 13546, in Danno resp., 2006, 843, con nota contraria
di G. PONZANELLI, Il danno esistenziale e la Corte di Cassazione – Il commento; Cass. Civ., 12 luglio 2006,
n. 15760, in Resciv., 2007, 9, con nota contraria di A. SCALISI, Gli obiter dicta della Cassazione tutti
contenuti in una stessa sentenza, in tema di danno esistenziale, danno tanalogico e cc.dd. Pacs.
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219
Cassazione non seguirono l’orientamento prospettato dalle Sezioni Unite904. Dall’altro
lato, soprattutto nella giurisprudenza di merito, si diffuse la tendenza a ravvisare il danno
esistenziale in ogni tipo di inconvenienti e disagi generati da disservizi e inadempienze
altrui, allontanandosi in questo modo dai criteri valutativi prospettati dai giudici di
Cassazione. Il riconoscimento del danno esistenziale aveva, quindi, condotto, in particolar
modo tra i Giudici di Pace, alla proliferazione delle liti c. d. bagatellari905.
In questo contesto si inserirono la sentenza n. 26972 e le pronuncie conformi n.
26973, 26974 e 26975, emanate dalle Sezioni Unite della Corte di Cassazione l’11
novembre 2008 906 . Le quattro sentenze delle Sezioni Unite, pur riguardando settori
differenti della responsabilità civile (responsabilità medica, responsabilità da incidenti
della circolazione stradale e responsabilità da immissioni intollerabile) si caratterizzarono
904
Tra le altre v.: Cass. Civ., 9 novembre 2006, n. 23918, in Resp. civ. prev., con nota di P. CENDON, Danno
esistenziale e ossessioni negazioniste; in Giur. it., 2007, 1110, con nota contraria di P. ZIVIZ, La sindrome
del vampiro («i giudici di legittimità nell'intento di affossare la categoria del danno esistenziale finiscono
per confondere due piani del discorso che devono, invece, essere tenuti rigorosamente distinti: quello
classificatorio, da un lato, e, sull'altro versante, quello riguardante la risarcibilità del danno non patrimoniale.
Le critiche rivolte al danno esistenziale - essendo imperniate sulla congettura, del tutto infondata, secondo
cui la qualificazione di una serie di conseguenze dannose nell'ambito di tale categoria ne implicherebbe
l'automatica risarcibilità- si rivelano frutto di un'impropria commistione tra la definizione dei contenuti
riconducili a tale figura e la rilevanza giu- ridica che alla stessa dovrà essere attribuita»).
905
Sul punto v. C. M. BIANCA, Diritto civile, V, La responsabilità, cit., 200; F. D. BUSNELLI – S. PATTI,
Danno e responsabilità civile, cit., 62 ss S. PATTI, Le Sezioni Unite e la parabola del danno esistenziale,
cit., 417 ss.
906
Cass. SS.UU. 11 novembre 2008, n. 26972, 26973, 26974 e 26975, in Danno resp., 2009, 19 ss., con
nota di A. PROCIDA MIRABELLI DI LAURO, Il danno non patrimoniale secondo le Sezioni Unite. Un “de
profundis” per il danno esistenziale, e S. LANDINI, Le Sezioni Unite fanno il punto sul “danno non
patrimoniale” – danno biologico e danno morale soggettivo nelle sentenze della Cass. SS.UU. 26972,
26973, 26974, 26975/2008; in Danno resp., 2009, 3, 279, con nota di M. GAZZARA, Danno non
patrimoniale da inadempimento. Le Sezioni Unite e le prime applicazioni nella giurisprudenza di merito –
Il commento;in Dir. fam., 2009, 73, con nota di F. GAZZONI, Il danno esistenziale, cacciato, come meritava,
dalla porta, rientrerà dalla finestra; in Fam. dir., 2009, 113, con nota di G. FACCI, Il danno non
patrimoniale nelle relazioni familiari dopo le sentenze delle Sezioni Unite dell11 novembre 2008; in Foro
it., 2009, I, c. 109 ss., con note di A. PALMIERI, La rifondazione del danno non patrimoniale, all'insegna
della tipicità dell'interesse leso (con qualche attenuazione) e unitarietà, R. PARDOLESI, R. SIMONE, Danno
esistenziale (e sistema fragile): «die hard», G. PONZANELLI, Sezioni unite: il «nuovo statuto» del danno
non patrimoniale e E. NAVARRETA, II valore della persona nei diritti inviolabili e la sostanza dei danni non
patrimoniali; in Giur. it., 2009, 10, 2196, con nota di A. ANGIULI, La riduzione delle poste risarcitorie come
effetto della configurazione del ''nuovo'' danno non patrimoniale; in Giur. it., 2009, 2, 317, con nota di V.
TOMARCHIO, L'unitarietà del danno non patrimoniale nella prospettiva delle Sezioni unite; in Giur. it., 2009,
6, 1380, con nota di M. VIZIOLI, Il c.d. ''danno esistenziale'' ancora di fronte le Sezioni unite della suprema
Corte di cassazione: in particolare la tutela della persona del lavoratore; in Nuova giur. civ. comm. 2009,
II, 71 ss., con nota di altresì l’analisi fortemente critica di P. CENDON, L’urlo e la furia; in Nuova giur. civ.
comm. 2009, 102, con nota di E. BARGELLI, Danno non patrimoniale: la messa a punto delle Sezioni Unite,
e M. DI MARZIO, Danno non patrimoniale: grande è la confusione sotto il cielo, la situazione non è
eccellente; in Riv. dir. civ. 2009, II, 97, con nota di F. D. BUSNELLI, Le Sezioni Unite e il danno non
patrimoniale.
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220
per una premessa comune, quella di chiarire e di rispondere ai molteplici quesiti
riguardanti il danno non patrimoniale, materia di forti dispute in sede dottrinale e
giurisprudenziale.
Il danno non patrimoniale, secondo il dictum delle Sezioni Unite, è il danno
derivante dalla lesione di interessi, inerenti la persona umana, non connotati da rilevanza
economica. Si tratta di una categoria unitaria, che non può essere suddivisa in
sottocategorie, se non con valenza meramente descrittiva; in particolare non può farsi
riferimento alla generica categoria di “danno esistenziale”, inteso come perdita del fare
aredittuale di una persona. La risarcibilità del danno non patrimoniale è limitata ai soli
casi “previsti dalla legge”, e cioè, secondo un'interpretazione costituzionalmente orientata
dell'art. 2059 cod. civ.: quando il fatto illecito sia astrattamente configurabile come reato;
quando ricorra una delle fattispecie in cui la legge espressamente consente il ristoro del
danno non patrimoniale anche al di fuori di un’ipotesi di reato (ad es., nel caso di illecito
trattamento dei dati personali o di violazione delle norme che vietano la discriminazione
razziale) e infine quando il fatto illecito abbia violato in modo grave diritti inviolabili
della persona, oggetto di tutela costituzionale. In quest’ultima ipotesi, la vittima avrà
diritto al risarcimento del danno non patrimoniale scaturente dalla lesione di tali interessi,
che, al contrario dei primi due casi, non sono individuati “ex ante” dalla legge, ma
dovranno essere selezionati di volta in volta dal giudice in relazione al caso concreto907.
«Il danno non patrimoniale di cui parla, nella rubrica e nel testo, l'art. 2059 c.c., si identifica con il danno
determinato dalla lesione di interessi inerenti la persona non connotati da rilevanza economica. Il suo risarcimento postula la verifica della sussistenza degli elementi nei quali si articola l'illecito civile extracontrattuale definito dall'art. 2043 c.c.. L'art. 2059 c.c., non delinea una distinta fattispecie di illecito produttiva di
danno non patrimoniale, ma consente la riparazione anche dei danni non patrimoniali, nei casi determinati
dalla legge, nel presupposto della sussistenza di tutti gli elementi costitutivi della struttura dell'illecito civile, che si ricavano dall'art. 2043 c.c. (e da altre norme, quali quelle che prevedono ipotesi di responsabilità
oggettiva), elementi che consistono nella condotta, nel nesso causale tra condotta ed evento di danno, connotato quest'ultimo dall'ingiustizia, determinata dalla lesione, non giustificata, di interessi meritevoli di
tutela, e nel danno che ne consegue (danno-conseguenza, secondo opinione ormai consolidata: Corte cost.
n. 372/1994; S.U. n. 576, 581, 582, 584/2008). 2.4. L'art. 2059 c.c., è norma di rinvio. Il rinvio è alle leggi
che determinano i casi di risarcibilità del danno non patrimoniale. L'ambito della risarcibilità del danno non
patrimoniale si ricava dall'individuazione delle norme che prevedono siffatta tutela.2.5. Si tratta, in primo
luogo, dell'art. 185 c.p., che prevede la risarcibilità del danno patrimoniale conseguente a reato ("Ogni reato,
che abbia cagionato un danno patrimoniale o non patrimoniale, obbliga al risarcimento il colpevole e le
persone che, a norma delle leggi civili, debbono rispondere per il fatto di lui"). 2.6. Altri casi di risarcimento
anche dei danni non patrimoniali sono previsti da leggi ordinarie in relazione alla compromissione di valori
personali (L. n. 117 del 1998, art. 2: danni derivanti dalla privazione della libertà personale cagionati dall'esercizio di funzioni giudiziarie; L. n. 675 del 1996, art. 29, comma 9: impiego di modalità illecite nella
raccolta di dati personali; D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 44, comma 7: adozione di atti discriminatori per
motivi razziali, etnici o religiosi; L. n. 89 del 2001, art. 2: mancato rispetto del termine ragionevole di durata
907
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221
La lettura costituzionalmente orientata dell’articolo 2059 cod. civ. permette di
ricostruire il sistema risarcitorio in senso bipolare: danno patrimoniale e danno non
patrimoniale; il primo connotato da atipicità, perché consistente nella lesione di qualsiasi
interesse giuridicamente rilevante; il secondo, invece, presenta il carattere di tipicità,
poiché risarcibile nei soli casi determinati dalla legge e in caso di lesione dei diritti
inviolabili della persona908. Infine, il problema dei danni bagatellari, a cui si è accennato
precedentemente, viene risolto dalle Sezioni Unite attraverso l’introduzione di un
ulteriore filtro ai danni risarcibili. La lesione deve, infatti, eccedere una certa soglia di
offensività, «rendendo il pregiudizio tanto serio da essere meritevole di tutela in un
sistema che impone un grado minimo di tolleranza». Si tratta, così come sottolineato dalla
dottrina, «di escludere in negativo pretese capricciose legate ad offese minime che urtano
solo l’ipersensibilità individuale, non colpiscono il nucleo inviolabile dell’interesse e
sono inidonee a superare il limite della tollerabilità»909.
III.13.2. La risarcibilità del danno non patrimoniale da inadempimento
del processo).2.7. Al di fuori dei casi determinati dalla legge, in virtù del principio della tutela minima
risarcitoria spettante ai diritti costituzionali inviolabili, la tutela è estesa ai casi di danno non patrimoniale
prodotto dalla lesione di diritti inviolabili della persona riconosciuti dalla Costituzione».
908
«2.8. La rilettura costituzionalmente orientata dell'art. 2959 c.c., come norma deputata alla tutela risarcitoria del danno non patrimoniale inteso nella sua più ampia accezione, riporta il sistema della responsabilità aquiliana nell'ambito della bipolarità prevista dal vigente codice civile tra danno patrimoniale (art.
2043 c.c.) e danno non patrimoniale ( art. 2059 c.c.) (sent. n. 8827/2003; n. 15027/2005; n. 23918/2006).
Sul piano della struttura dell'illecito, articolata negli elementi costituiti dalla condotta, dal nesso causale tra
questa e l'evento dannoso, e dal danno che da quello consegue (danno-conseguenza), le due ipotesi risarcitorie si differenziano in punto di evento dannoso, e cioè di lesione dell'interesse protetto.Sotto tale aspetto,
il risarcimento del danno patrimoniale da fatto illecito è connotato da atipicità, postulando l'ingiustizia del
danno di cui all'art. 2043 c.c., la lesione di qualsiasi interesse giuridicamente rilevante (sent. 500/1999),
mentre quello del danno non patrimoniale è connotato da tipicità, perchè tale danno è risarcibile solo nei
casi determinati dalla legge e nei casi in cui sia cagionato da un evento di danno consistente nella lesione
di specifici diritti inviolabili della persona (sent. n. 15027/2005; n. 23918/2006)». Il profilo della tipicità e
atipicità è stata oggetto di attento esame da parte di autorevole dottrina. In particolare, si è messo in evidenza
come il concetto di tipicità non indichi un numero chiuso, ma evochi, al contrario, un processo di tipizzazione ad opera del diritto vivente. A ciò si aggiunge che il catalogo dei diritti tutelati in virtù dell’art. 2 della
Costituzione, la cui interpretazione ha consentito la tutela di diversi interessi, seppur non previsti normativamente v.: F. D. BUSNELLI, Le Sezioni Unite e il danno non patrimoniale, cit., 107 ss. e successivamente
in F. D. BUSNELLI – S. PATTI, Danno e responsabilità civile, cit., 92 ss.; sul problema della bipolarità del
sistema risarcitorio v. F. D. BUSNELLI, … E venne l’estate di San Martino, in (a cura di) C. AMATO, Il
danno non patrimoniale. Guida commentata alle decisioni delle S. U. n. 26972/3/4/5 del 11 novembre 2008,
Milano, 2009, 94 ss.
909
E. NAVARRETTA, Danni non patrimoniali: il compimento della Drittwirkung e il declino delle antinomie,
in Nuova giur. civ. comm. 2009, 84. Sul tema v. tra gli altri C. SCOGNAMIGLIO, Il sistema del danno non
patrimoniale dopo le decisioni delle Sezioni Unite, in Resp. civ. prev., 2009, 267 ss.
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222
contrattuale. I rimedi per far fronte alla lacuna legislativa.
In materia di responsabilità contrattuale manca una disposizione analoga all’art.
2059 cod. civ., che, come già esaminato, sancisce la risarcibilità dei danni non
patrimoniali in materia di responsabilità aquiliana. Sin dagli albori del nuovo codice civile
la lacuna legislativa ha alimentato un forte dibattito dottrinale910. I contributi specifici in
materia sono, però, piuttosto esigui fino agli anni duemila, caratterizzati da interventi
giurisprudenziali particolarmente significativi.
Una prima autorevole posizione venne espressa da Renato Scognamiglio nel suo
contributo dedicato al danno morale risalente al 1957. L’illustre Autore muove
dall’interpretazione restrittiva dell’art. 2059 cod. civ. precedentemente analizzata: la
risarcibilità dei danni non patrimoniali è limitata ai danni morali derivanti da reato ex art.
185 cod. pen.911 Egli compie, però, un passo ulteriore, limitando la risarcibilità a quei
danni, che derivino da reati contro i beni della personalità, quali ad esempio l’omicidio,
le lesioni corporali, le offese alla libertà sessuale, la diffamazione e l’ingiuria. L’ambito
di applicazione è abbastanza ampio, perché comprende «tutti gli eventi lesivi, in
conseguenza dei quali, secondo la comune sensibilità sociale e le suggestioni della realtà
giuridica, il danno morale merita di essere preso in considerazione» 912 . Fatte queste
premesse, Scognamiglio esclude la rilevanza giuridica dei danni morali in ambito
contrattuale e di conseguenza la risarcibilità di questi danni in caso di inadempimento del
910
Sotto il vigore del codice civile abrogato, l’opinione contraria alla risarcibilità dei danni morali in ambito
contrattuale si basava sull’art. 1227 cod. civ.: «I danni sono in genere dovuti al creditore per la perdita
sofferta e per guadagno di cui fu privato, salve le modificazioni ed eccezioni in appresso stabilite»; sul
punto v. l’analisi critica di A. DALMARTELLO, Danni morali contrattuali, in Riv. dir. civ. 1933, 53 ss.; al
contrario, sostiene l’esclusione di tali danni in ambito contrattuale: N. COVIELLO, L’art. 185 del codice
penale e la risarcibilità dei danni morali in materia civile, in Riv. dir. civ. 1932, 317, nota n. 1: «Questo
articolo è, (…), decisivo per escludere la risarcibilità del danno morale in materia contrattuale, che a torto
è ammessa da MINOZZI, Danno non patrimoniale, parte VII, ca1, par. 12. Altra cosa è sapere se vi sia
possibilità di concorso tra colpa contrattuale e colpa extracontrattuale, se si ammette il concorso, i danni
morali potranno chiedersi non in base alla prima, ma alla seconda». Per un’analisi dell’evoluzione
dottrinaria in materia v. G. ALPA, Note sul danno contrattuale, in Riv. trim. dir. proc. civ., 2011, 376 ss. e
M. RABITTI, Il danno non patrimoniale da inadempimento contrattuale, in Studi in onore di Massimo
Cesare Bianca, Milano, 2006, 664 ss.
911
R. SCOGNAMIGLIO, Il danno morale, cit., 277 ss.; è opportuno sottolineare che l’Autore supera la
dicotomia tra danno patrimoniale e danno non patrimoniale. Egli, infatti, elabora la distinzione tra danno
giuridicamente rilevante (patrimoniale o personale), come tali in ogni caso risarcibili, salvo i limiti derivanti
dall’accertamento, e danni morali (non patrimoniali), che sono solo eccezionalmente rilevanti. I danni
personali riguardano la lesione a beni ideali, spirituali, quali ad esempio l’integrità fisica, la libertà sessuale,
la morale, l’onore, che devono essere risarciti ex art. 2043 cod. civ., così come avviene per qualsiasi bene
di natura economica, a prescindere dal fatto che producano delle conseguenze di natura patrimoniale.
912
R. SCOGNAMIGLIO, Il danno morale, cit., 316.
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223
debitore. I beni della personalità, infatti, non possono essere oggetto di obbligazioni913.
L’Autore si sofferma successivamente sulle fattispecie normative in cui
l’inesecuzione delle obbligazioni coincide con la lesione all’integrità fisica della persona.
Quest’ipotesi riguarda ad esempio la responsabilità del vettore in caso di sinistro del
passeggero. La lesione alla persona sembrerebbe coincidere con l’esistenza di un reato,
ma non può, comunque, riconoscersi l’esistenza di danni morali conseguenti
all’inadempimento di un’obbligazione. In questo caso, infatti, il danno morale, il cui
accertamento è incontestabile, non dipende dalla mancata esecuzione della prestazione,
ma dalla lesione all’integrità della persona, che ricade nell’art. 2043 cod. civ. Su queste
basi è possibili giustificare il concorso di responsabilità contrattuale ed aquiliana, in cui
il danno morale viene sempre riconosciuto su base extracontrattuale914.
Un’altra parte della dottrina, superando le difficoltà inerenti la collocazione del’art.
2059 cod. civ., ha affermato l’applicabilità di questa disposizione anche in ambito
contrattuale. Alla base di tale assunto vi sarebbe la volontà del legislatore di disciplinare
in via generale la problematica del danno non patrimoniale, superando i dissidi dottrinali
e giurisprudenziali precedenti. La previsione legislativa non potrebbe, quindi, essere
circoscritta esclusivamente all’ambito aquiliano data l’importanza della materia
regolata915. In ogni caso, però, il risarcimento del danno morale in ambito contrattuale è,
secondo questa dottrina, piuttosto raro, perché sono poco frequenti i casi in cui
l’inadempimento costituisca al tempo stesso un reato916.
913
R. SCOGNAMIGLIO, Il danno morale, cit., 316: «La ragione è che i danni morali, in senso tecnico, non
sono tutte le sensazioni dolorose, connesse al sacrificio di qualsiasi interesse giuridico protetto, ma, come
altrove si è stabilito, solo i dolori, i patemi ecc., conseguenti ad una lesione ai beni della personalità, che,
per loro natura, non sono configurabili come oggetto delle obbligazioni in senso proprio»; contra M
FRANZONI, Il danno morale e il danno non patrimoniale da inadempimento, in Resp. civ., 2009, 582.
914
R. SCOGNAMIGLIO, Il danno morale, cit., 316 ss.: «(…) qui si tratta a ben vedere di un equivoco che si
lascia abbastanza agevolmente dissipare: il danno morale, qui incontestabile, non dipende in linea
immediata dalla mancata esecuzione della prestazione ma dell’evento diverso, seppur connesso ed
addirittura coincidente, della lesione all’integrità della persona. Sul piano della responsabilità, il complesso
fenomeno si traduce nei termini del concorso tra colpa contrattuale ed aquiliana ed il danno morale
nell’alternativa va riferito sempre a quest’ultima e ricade così nell’area della responsabilità
extracontrattuale». Le argomentazioni dell’Autore vengono rafforzate sul piano del diritto positivo; in
particolare Scognamiglio si basa sul raffronto tra l’art. 2056 cod. civ., che rinvia alle norme in tema di
responsabilità contrattuale per la valutazione dei danni e l’art. 2059 che, al contrario, pone e risolve la
questione dei danni morali, esclusivamente nella sfera della responsabilità aquiliana.
915
A. DE CUPIS, Il danno, I, cit., 133 ss.; sulla stessa linea anche A. ASQUINI, Massime non consolidate in
tema di responsabilità nel trasporto di persone, cit., 9; L. BARASSI, Teoria generale delle obbligazioni,III,
cit., 467 – 468.
916
A. DE CUPIS, Il danno, I, cit., 132 (L’Autore muove dall’interpretazione restrittiva dell’art. 2059 cod.
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224
L’applicazione estensiva dell’art. 2059 cod. civ. è stata criticata in base ad
argomentazioni di carattere prettamente sistematico. In particolare si è fatto riferimento
all’art. 2056 cod. civ., che richiama gli articoli 1223, 1226, 1227 del codice civile, per la
quantificazione del danno extracontrattuale. L’art. 2056 cod. civ. esprime la volontà
legislativa di regolare la valutazione del danno aquiliano, basandosi sulle disposizioni
contrattuali citate. Fatta questa premessa, il legislatore, se avesse voluto considerare
risarcibile anche il danno non patrimoniale da contratto, avrebbe inserito l’art. 2059 cod.
civ. nel capo dedicato alla responsabilità contrattuale, e avrebbe richiamato tale
disposizione nell’art. 2056 cod. civ.917.
La riparabilità del danno non patrimoniale da inadempimento contrattuale
potrebbe, invece, essere affermata a prescindere dall’art. 2059 cod. civ. attraverso
un’analisi delle disposizioni in materia di responsabilità contrattuale. Infatti, una corretta
interpretazione dell’art. 1223 cod. civ. («Il risarcimento del danno per l' inadempimento
o per il ritardo deve comprendere così la perdita subita dal creditore come il mancato
guadagno, in quanto ne siano conseguenza immediata e diretta»), che potrebbe
rappresentare apparentemente una norma di chiusura, aprirebbe la strada alla risarcibilità
dei danni non patrimoniali nel contratto. Secondo questa dottrina, infatti, il concetto di
perdita, di cui all’art. 1223 cod. civ., deve essere inteso in senso ampio, come «privazione
di qualsiasi cosa o vantaggio, e perciò tanto di un bene che può valutarsi
pecuniariamente in via oggettiva, quanto di un bene che sfugge a tale caratteristica
perché non del mondo economico»918.
Un’ulteriore via, elaborata dalla dottrina, per ammettere la risarcibilità dei danni
non patrimoniali da inadempimento, si basa sull’art. 1174 cod. civ. Secondo questa
disposizione la prestazione che forma oggetto dell'obbligazione deve essere suscettibile
di valutazione economica e corrispondere a un interesse, anche non patrimoniale, del
civ. comune a quel tempo e sottolinea come la coesistenza di un interesse pubblico penalmente tutelato
rende possibile la protezione giuridica relativa ad un bene non patrimoniale); sulla stessa linea, ma contro
la risarcibilità del danno morale contrattuale: A. RAVAZZONI, La riparazione del danno non patrimoniale,
Milano, 1962, 222, che fornisce due esempi, quali l’art. 388 cod. pen., che regola la mancata esecuzione
dolosa di un provvedimento del giudice, e l’art. 509 cod. pen., che sanziona l’inosservanza delle norme
disciplinanti il rapporto di lavoro. Al di fuori di queste due ipotesi, sottolinea l’Autore, il risarcimento del
danno non patrimoniale esula naturalmente dall’ambito contrattuale.
917
G. BONILINI, Il danno non patrimoniale, Milano, 1983, 230.
918
G. BONILINI, Il danno non patrimoniale, cit., 232.
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225
creditore 919 . L’articolo 1174 cod. civ. stabilisce il requisito della patrimonialità della
prestazione e al contempo ammette che la prestazione possa soddisfare anche interessi di
natura non patrimoniale. Questa previsione, seppur di portata generalissima, contiene tutti
gli estremi per poter considerare rilevanti e risarcibili i danni non patrimoniali contrattuali.
Se il debitore inadempiente è tenuto a riparare i danni, conseguenti in maniera diretta ed
immediata dal suo comportamento, è impossibile respingere la domanda di riparazione
del danno non patrimoniale, quando l’interesse è di natura morale e la perdita coincide
con la sua mancata realizzazione920.
L’articolo 1174 cod. civ., come analizzato, riconosce in via generale la risarcibilità
dei danni non patrimoniali derivanti da contratto, ma vi sono altre disposizioni analoghe,
che riguardano specifici tipi contrattuali. Un esempio è rappresentato dagli articoli 2087
e 2105 cod. civ. (il primo già esaminato nella parte dedicata al concorso di responsabilità
contrattuale ed aquiliana in generale), che prevedono rispettivamente l’obbligo del datore
di lavoro di adottare le misure necessarie ad assicurare la salute fisica e l’integrità psico
– fisica del lavoratore, e l’obbligo alla fedeltà da parte del lavoratore stesso. In questi due
casi è chiaro l’emergere di interessi di natura morale alla base delle obbligazioni in capo
al datore di lavoro e al dipendente. Di conseguenza l’inadempimento di questi obblighi
dà luogo al risarcimento dei danni morali921. In via generale, al di fuori dei casi in cui sono
tipizzati (come quelli analizzati), gli interessi non patrimoniali possono assumere
rilevanza nel contratto, qualora non permangano nella sfera dei motivi, ma divengano
919
M. COSTANZA, Danno non patrimoniale e responsabilità contrattuale, in Riv. crit. dir. priv., 1987, 127
ss. L’Autrice intende espressamente superare l’impostazione tradizionale della dottrina, basata sulle
capacità estensive dell’articolo 2059 cod. civ. o sull’individuazione di norme “di cerniera” fra le discipline
della responsabilità contrattuale ed extracontrattuale (v. sul punto le note precedenti).
920
M. COSTANZA, Danno non patrimoniale e responsabilità contrattuale, cit., 128. M. MAGGIOLO, Il danno
non patrimoniale da inadempimento, in S. PATTI (diretto da ) e S. DELLE MONACHE (a cura di), Responsabilità civile. Danno non patrimoniale, Torino, 2010, 662, in particolare nota n. 16, afferma che la posizione
espressa dall’Autrice sia stata fatta propria dalle Sezioni Unite con la pronuncia del 11 novembre 2008, n.
26972, analizzata nel precedente paragrafo («4.2. Che interessi di natura non patrimoniale possano assumere rilevanza nell'ambito delle obbligazioni contrattuali, è confermato dalla previsione dell'art. 1174 c.c.,
secondo cui la prestazione che forma oggetto dell'obbligazione deve essere suscettibile di valutazione economica e deve corrispondere ad un interesse, anche non patrimoniale, del creditore. L'individuazione, in
relazione alla specifica ipotesi contrattuale, degli interessi compresi nell'area del contratto che, oltre a quelli
a contenuto patrimoniale, presentino carattere non patrimoniale, va condotta accertando la causa concreta
del negozio, da intendersi come sintesi degli interessi reali che il contratto stesso è diretto a realizzare, al di
là del modello, anche tipico, adoperato; sintesi, e dunque ragione concreta, della dinamica contrattuale
(come condivisibilmente affermato dalla sentenza n. 10490/2006»).
921
M. COSTANZA, Danno non patrimoniale e responsabilità contrattuale, cit., 129.
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oggetto della stipulazione922.
Questa posizione si scontra, però, con quanto già espresso precedentemente dalla
dottrina in ordine all’interpretazione dell’art. 1174 cod. civ. Affinché l’obbligazione possa
costituire un valido vincolo giuridico, deve avere ad oggetto una prestazione patrimoniale.
Alla base della prestazione vi è un interesse patrimoniale del creditore, la cui lesione
determina il risarcimento di un danno patrimoniale. Laddove l’oggetto dell’obbligazione
sia una prestazione non patrimoniale, manca un requisito stabilito normativamente e il
danno prodotto in seguito all’inadempimento non sarà risarcibile. L’esistenza di un
interesse non patrimoniale alla prestazione non esclude l’esistenza di un interesse
patrimoniale, anche nel caso in cui l’interesse non patrimoniale sia stato l’unico motivo a
contrarre. Solamente la lesione dell’interesse patrimoniale, però, dà luogo a risarcimento
del danno923.
In linea con queste ultime affermazioni, si può sostenere che, se la prestazione è
suscettibile di valutazione economica, esiste sempre un interesse di natura patrimoniale
in capo al creditore. Il significato corretto da attribuire all’art. 1174 cod. civ., sarebbe,
quindi, il seguente: «per l’esistenza dell’obbligazione è richiesta la permanenza
dell’interesse alla prestazione – sia questo interesse patrimoniale oppure non
patrimoniale»924.
Gli interpreti, oltre ai rimedi di natura sistematica fondati sull’interpretazione
delle disposizioni in materia di responsabilità, hanno individuato ulteriori meccanismi,
che, di fatto, consentono la risarcibilità dei danni non patrimoniali da inadempimento.
Il concorso di responsabilità contrattuale ed aquiliana, oggetto della presente
analisi, ha rappresentato, secondo un indirizzo dottrinale, un passaggio obbligato per
consentire «l’aggancio tra il danno non patrimoniale ex art. 2059 c. c. e le regole in
materia di risarcimento del danno da inadempimento del contratto, avuto riguardo alla
922
M. COSTANZA, Danno non patrimoniale e responsabilità contrattuale, cit., 131. L’Autrice si riferisce in
maniera piuttosto generica anche al trasporto di persone e di cose, sostenendo che in questo caso agli
interessi patrimoniali tipici possono aggiungersi anche interessi di indole non patrimoniale, che vengono
lesi in caso di inadempimento. A partire dalla argomentazioni dell’Autrice, si potrebbe dedurre che anche
in questo caso sia necessaria un’espressa pattuizione in tale senso e che quindi la legge (a differenza dei
casi sopra menzionati) non disponga in questo senso.
923
A. DE CUPIS, Il danno, I, cit., 131 ss.
924
A. RAVAZZONI, La riparazione del danno non patrimoniale, cit., 234 ss. e in particolare per le
considerazioni conclusive 239.
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natura dell’interesse leso»925. Attraverso il varco rappresentato dagli articoli 2043 e 2059
cod. civ. si consentiva la risarcibilità del danno biologico (come si è visto compreso
inizialmente nell’ambito di tutela di cui all’art. 2043 cod. civ.) e del danno morale
circoscritto alle sole ipotesi di reato926. Mediante il concorso di responsabilità contrattuale
ed aquiliana si sono, inoltre, raggiunti due obiettivi importanti: il ristoro dei danni non
patrimoniali nelle ipotesi di pregiudizio ad interessi primari e il rispetto del principio della
non irragionevole disparità di trattamento nei casi in cui sia stato leso il medesimo bene
giuridico (violazione del neminem laedere e violazione di un obbligo specifico)927.
Il rimedio del concorso di responsabilità contrattuale ed aquiliana si è, però,
affiancato ad una scarsa attenzione della dottrina e della giurisprudenza verso il problema
del danno non patrimoniale contrattuale. Ciò ha facilitato, secondo una parte della dottrina,
le opzioni interpretative, soprattutto giurisprudenziali, volte ad allargare la portata
applicativa dell’art. 2043 cod. civ. ed a restringere conseguentemente l’ambito di
applicazione dell’art. 2059 cod. civ.928
Il ruolo del concorso di responsabilità contrattuale ed aquiliana come strumento
volto a consentire il risarcimento dei danni non patrimoniali da contratto è destinato ad
essere ridimensionato in seguito alle nuove interpretazioni dell’art. 2059 cod. civ., che
sono state fornite dalla giurisprudenza di legittimità.
Già nel 2003 la Corte di Cassazione aveva aperto la strada ad una nuova visione
dell’articolo 2059 cod. civ. «agganciato alla tutela dei valori costituzionali per il tramite
dell’art. 2 della Costituzione», rompendo «il tradizionale collegamento tra funzione
punitivo – afflittiva e risarcibilità del solo danno non patrimoniale derivante da reato»929.
Con le note sentenze n. 8827 e 8828 del 31 maggio 2003930 , che trovarono pieno riscontro
925
C. AMATO, Danno non patrimoniale da inadempimento contrattuale, in Dig. disc. priv. sez. civ., VI agg.,
Milano, 2011, 304 ss. Il meccanismo del concorso di responsabilità contrattuale ed aquiliana per superare
il limite della risarcibilità dei danni non patrimoniali era già stato individuato sotto il codice civile abrogato
e viene criticato fermamente da A. DALMARTELLO, Danni morali contrattuali, cit., 60 ss., che riprende le
posizioni di Chiovenda, per sostenere l’inammissibilità del concorso.
926
C. AMATO, Danno non patrimoniale da inadempimento contrattuale, cit., 304 e già C. AMATO, Il danno
non patrimoniale da contratto, in G. PONZANELLI (a cura di), Il “nuovo” danno non patrimoniale, Milano,
2004, 147.
927
C. AMATO, Danno non patrimoniale da inadempimento contrattuale, cit., 304.
928
G. SAVORANI, Il danno non patrimoniale da inadempimento, in G. VISINTINI (a cura di), Tratt. resp.
contr., III, Il risarcimento del danno contrattuale. La responsabilità per ritardo e e per fatto degli ausiliari,
Milano, 2009, 258.
929
C. AMATO, Il danno non patrimoniale da contratto, cit., 149 ss.
930
Cass. Civ., 31 maggio 2003, n. 8827 e Cass. Civ., 31 maggio 2003, n. 8828, in Danno resp., 2003, 816,
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228
nella pronuncia della Corte Costituzionale n. 233 del 11 luglio 2003931, la Suprema Corte
afferma la necessità di interpretare l’art. 2059 cod. civ. in senso conforme alla
Costituzione. Di conseguenza, laddove l’atto leda gli interessi di una persona, aventi
valenza costituzionale, è ammessa la risarcibilità del danno non patrimoniale al di fuori
dei limiti previsti dalla disposizione932. Nonostante il silenzio delle sentenze, la regola
enunciata era apparsa potenzialmente in grado di adattarsi al contesto contrattuale 933. A
partire dal 2003 cade, quindi, l’ultimo ostacolo all’applicazione analogica degli articoli
2043 e 2059 cod. civ. alle ipotesi di inadempimento contrattuale, anche se permanevano
i rischi derivanti dall’inadeguatezza delle norme citate rispetto alle fattispecie di
inadempimento934.
I dubbi furono definitivamente dissipati con le pronuncie della Cassazione a
Sezioni Unite del 2008 (le sentenze “gemelle” di cui si è parlato nel paragrafo precedente),
che si occupano specificatamente del danno non patrimoniale da inadempimento. È
opportuno sottolineare come questo dictum delle Sezioni Unite non corrisponda a nessuna
delle causae petendi e dei petitum delle cause presentate e al contempo presenta soluzioni
coerenti con quanto accaduto in Germania in seguito alla riforma attuata con la legge del
25 luglio 2002,935 ed è altresì coerente con l’impianto dell’art. 7.4.2 dei Principi Unidroit
con note di F. D. BUSNELLI, Chiaroscuri d’estate. La Corte di Cassazione e il danno alla persona, G.
PONZANELLI, Ricomposizione dell’universo non patrimoniale: le scelte della Corte di Cassazione; A.
PROCIDA MIRABELLI DI LAURO, L’art. 2059 va in paradiso.
931
Corte Cost., 11 luglio 2003, n. 233, in Corr. giur., 2003, 1028, con nota di M. FRANZONI, Il danno non
patrimoniale e il danno morale: una svolta per il danno alla persona – Il commento; in Danno resp., 2003,
939, con nota di M. BONA, Il danno esistenziale bussa alla porta e la Corte Costituzionale apre (verso il
“nuovo” art. 2059), di G. CRISCENTI, Una diversa lettura dell’art. 2059 c. c., di G. PONZANELLI, La Corte
Costituzionale si allinea con la Corte di Cassazione, A. PROCIDA MIRABELLI DI LAURO, Il sistema di
responsabilità civile dopo la sentenza della Corte Costituzionale n. 233/2003.
932
«Venendo ora alla questione cruciale del limite al quale l’art. 2059 del codice del 1942 assoggetta il
risarcimento del danno non patrimoniale, mediante la riserva di legge, originariamente esplicata dal solo
art. 185 c.(ma v. anche l’art. 89 c.p.c.), ritiene il Collegio che, venendo in considerazione valori personali
di rilievo costituzionale, deve escludersi che il risarcimento del danno non patri- moniale che ne consegua
sia soggetto al limite derivante dalla riserva di legge correlata all’art. 185 c.Una lettura della norma
costituzionalmente orientata impone di ritenere inoperante il detto limite se la lesio- ne ha riguardato valori
della persona costituzionalmente garantiti. Occorre considerare, infatti, che nel caso in cui la lesione abbia
inciso su un interesse costituzional- mente protetto, la riparazione mediante indennizzo (ove non sia
praticabile quella in forma specifica) costituisce la forma minima di tutela, ed una tutela minima non é
assoggettabile a specifici limiti, poiché ci si risolve in rifiuto di tutela nei casi esclusi».
933
E. NAVARRETTA e D. POLETTI, Il danno non patrimoniale e la responsabilità contrattuale, in di E.
NAVARRETTA (a cura di), Il danno non patrimoniale: principi, regole e tabelle per la liquidazione, Milano,
2010, 53.
934
C. AMATO, Il danno non patrimoniale da contratto, cit., 150 (la riflessione è anteriore alla pronuncie
delle Sezioni Unite citate).
935
Con la legge del 25 luglio 2002 è stato abrogato il § 847 del BGB («Nel caso di lesione corporea o della
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dei contratti commerciali internazionali 2004936 e con l’art. 9:501 dei Principi di diritto
europeo dei contratti937 (Codice Lando) 938.
La Cassazione muove dall’interpretazione costituzionalmente orientata dell’art.
2059 cod. civ., per affermare espressamente la risarcibilità dei danni non patrimoniali da
inadempimento. Laddove l’inadempimento dell’obbligazione determini la lesione di un
diritto inviolabile del creditore, quest’ultimo potrà ottenere in via contrattuale il
risarcimento dei danni non patrimoniali, senza dover far ricorso al cumulo di azioni939.
Il cumulo di azioni (nell’accezione esaminata al capitolo II del presente lavoro)
non è più un passaggio obbligato per il creditore, che voglia ottenere il pieno ristoro dei
danni non patrimoniali subiti. Già cinque anni prima, un’attenta dottrina era giunta alle
medesime considerazioni in base all’interpretazione costituzionalmente orientata,
salute come anche nel caso di privazione della libertà il soggetto leso può pretendere un equo inden- nizzo
in denaro anche per il danno non patrimoniale. (2) Uguale pretesa compete alla donna nei cui confronti sia
stato commesso un reato o un illecito contro la moralità o che sia stata indotta a consentire ad un rapporto
sessuale extraconiugale con inganno o minaccia o con abuso di una relazione di dipendenza») ed è stato
introdotto un secondo comma al § 253 del BGB («Se deve essere risarcito un danno per una lesione del
corpo, della salu- te, della libertà o dell’autodeterminazione sessuale, può essere chiesto un equo
risarcimento in denaro anche per un danno non patrimoniale»). Sulla riforma del BGB v. G. CIAN, La
riforma del BGB in materia di danni immateriale e di imputabilità dell’atto illecito, in Riv, dir. civ., 2003,
125 ss.
936
Art. 7.4.2. Principi Unidroit: «(1) Il creditore ha diritto al risarcimento integrale del danno subito in
conseguenza dell’inadempimento. Il danno comprende sia ogni perdita sofferta che ogni mancato
guadagno,tenuto conto dei vantaggi economici che il creditore ha ottenuto evitando spese e danni.(2) Il
danno può essere di natura non pecuniaria e comprende, per esempio, la sofferenza fisica e morale».
937
Art. 9:501 Principi di diritto europeo dei contratti: «(2) La perdita di cui può essere domandato il
risarcimento comprende: (a) il danno non patrimoniale; e (b) la perdita futura che è ragionevolmente
prevedibile».
938
M. FRANZONI, Il danno morale e il danno non patrimoniale da inadempimento, cit., 588; sulle influenze
del diritto europeo sulla tematica in esame v. C. SCOGNAMIGLIO, Il danno non patrimoniale contrattuale,
in (a cura di) S. MAZZAMUTO, Il contratto e le tutele. Prospettive di diritto europeo, Torino, 2002, 467 ss.
939
«4.1. L'interpretazione costituzionalmente orientata dell'art. 2059 c.c., consente ora di affermare che
anche nella materia della responsabilità contrattuale è dato il risarcimento dei danni non patrimoniali. Dal
principio del necessario riconoscimento, per i diritti inviolabili della persona, della minima tutela costituita
dal risarcimento, consegue che la lesione dei diritti inviolabili della persona che abbia determinato un danno
non patrimoniale comporta l'obbligo di risarcire tale danno, quale che sia la fonte della responsabilità, contrattuale o extracontrattuale.Se l'inadempimento dell'obbligazione determina, oltre alla violazione degli obblighi di rilevanza economica assunti con il contratto, anche la lesione di un diritto inviolabile della persona
del creditore, la tutela risarcitoria del danno non patrimoniale potrà essere versata nell'azione di responsabilità contrattuale, senza ricorrere all'espediente del cumulo di azioni». Secondo A. PROCIDA MIRABELLI
DI LAURO, Il danno non patrimoniale secondo le Sezioni Unite. Un “de profundis” per il danno esistenziale,
nota a Cass. Civ., 11 novembre 2008, n. 26972, 26973, 26974 e 26975, del 2008, in Danno resp., 2009, 39,
critica l’utilizzazione del criterio di ingiustizia in ambito contrattuale, perché si tratta di un giudizio di
valore, che riguarda la sola responsabilità contrattuale; contra v. E. NAVARRETTA e D. POLETTI, Il danno
non patrimoniale e la responsabilità contrattuale, cit., 71 ss., secondo le quali il criterio indicato non altera
la fisionomia della responsabilità contrattuale. Laddove venga accertata una lesione ad un diritto inviolabile, ma manchi l’inadempimento, allora non vi sarà responsabilità contrattuale del debitore.
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dell’articolo 2059 cod. civ., che era stata prospettata dalla Cassazione con le sentenze del
2003. Una nuova interpretazione dell’art. 2059 cod. civ., che consentiva di ammettere la
risarcibilità dei danni derivanti da inadempimento del contratto940.
Secondo le Sezioni Unite la non patrimonialità dell’interesse è già giuridicamente
rilevante ai sensi dell’art. 1174 cod. civ., quindi all’interprete spetta verificare in maniera
concreta la sussistenza di questo interesse nella causa del contratto. Ciò riguarda i
contratti finalizzati alla realizzazione di interessi non patrimoniali del soggetto, oppure
quei casi in cui sia la legge stessa ad inserire tali interessi nel rapporto obbligatorio, come
accade nel trasporto di persone e nel rapporto di lavoro subordinato941. Se l’interesse non
patrimoniale del creditore è stato contrattualizzato dalla legge, il passaggio attraverso
l’articolo 2059 cod. civ. non è necessario; diversamente, in assenza di specifiche
disposizioni normative, l’interprete dovrà analizzare il contenuto del contratto, al fine di
delimitare la portata dell’obbligo assunto dal debitore942. In questa prospettiva devono
essere ritenuti legittimi, in virtù del principio di salvaguardia dell’autonomia contrattuale,
gli accordi tra le parti volti a determinare l’ammontare dei danni non patrimoniali
risarcibili in presenza o meno di una clausola penale943.
Per quanto concerne nello specifico il contratto di trasporto, le Sezioni Unite
evidenziano che la tutela dell’integrità fisica è prevista esplicitamente dalla legge e di
conseguenza, il vettore, in caso di lesione del passeggero, sarà obbligato a risarcire in via
contrattuale il danno biologico. Laddove l’inadempimento costituisca al contempo un
reato (ad esempio lesioni colpose), sarà dato risarcimento al danno non patrimoniale nella
sua ampia accezione944.
940
C. AMATO, Danno non patrimoniale da contratto, cit., 147 ss., in particolare v. nota n. 15.
«(....) che interessi di natura non patrimoniale possano assumere rilevanza nell'ambito delle obbligazioni
contrattuali, è confermato dalla previsione dell'art. 1174 c.c., secondo cui la prestazione che forma oggetto
dell'obbligazione deve essere suscettibile di valutazione economica e deve corrispondere ad un interesse,
anche non patrimoniale, del creditore. L'individuazione, in relazione alla specifica ipotesi contrattuale, degli
interessi compresi nell'area del contratto che, oltre a quelli a contenuto patrimoniale, presentino carattere
non patrimoniale, va condotta accertando la causa concreta del negozio, da intendersi come sintesi degli
interessi reali che il contratto stesso è diretto a realizzare, al di là del modello, anche tipico, adoperato;
sintesi, e dunque ragione concreta, della dinamica contrattuale. (...)L'esigenza di accertare se, in concreto,
il contratto tenda alla realizzazione anche di interessi non patrimoniali, eventualmente presidiati da diritti
inviolabili della persona, viene meno nel caso in cui l'inserimento di interessi siffatti nel rapporto sia opera
della legge».
942
C. AMATO, Danno non patrimoniale da inadempimento contrattuale, cit., 308.
943
F. D. BUSNELLI, Le Sezioni Unite e il danno non patrimoniale, cit., 112.
944
«4.6. Quanto al contratto di trasporto, la tutela dell'integrità fisica del trasportato è compresa tra le obbligazioni del vettore, che risponde dei sinistri che colpiscono la persona del viaggiatore durante il viaggio
941
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Il risarcimento del danno non patrimoniale da inadempimento è regolato dalle
disposizioni in materia di responsabilità contrattuale, che, però, come sottolineato dalle
Sezioni Unite, devono essere lette in senso costituzionalmente orientato. Il riferimento è
in particolare agli articoli 1218 cod. civ. e 1223 cod. civ. Ciò significa che il risarcimento
del danno, cui è tenuto il debitore in caso di inadempimento, deve ritenersi comprensivo
anche del danno non patrimoniale, qualora l’inadempimento abbia determinato la lesione
di diritti inviolabili della persona. Inoltre, tra le perdite e le mancate utilità risarcibili, in
quanto conseguenza immediata e diretta dell’inadempimento o ritardo del debitore,
devono essere inseriti anche i pregiudizi non patrimoniali derivanti dalla lesione di tali
diritti. La tutela risarcitoria in materia contrattuale è comunque soggetta, in caso di lesione
di diritti inviolabili, ai limiti di cui all’art. 1225 cod. civ., in materia di prevedibilità del
danno945 (analizzato nel capitolo I).
Seguendo i principi elaborati dalla Sezioni Unite, il creditore non dovrebbe più
ricorrere al concorso di responsabilità contrattuale ed aquiliana, al fine di ottenere il
risarcimento dei danni non patrimoniali. In quest’ambito il concorso di responsabilità non
rappresenta più il passaggio obbligato per ottenere il pieno ristoro dei danni subiti.
Tuttavia, ciò non esclude, secondo attenta dottrina, il ricorso al concorso in situazioni
definite estreme, quale per esempio l’estinzione di una delle due azioni per prescrizione946.
( art. 1681 c.c.). Il vettore è quindi obbligato a risarcire a titolo di responsabilità contrattuale il danno biologico riportato nel sinistro dal viaggiatore. Ove ricorra ipotesi di inadempimento-reato (lesioni colpose),
varranno i principi enunciati con riferimento all'ipotesi del danno non patrimoniale da reato, anche in relazione all'ipotesi dell'illecito plurioffensivo, e sarà dato il risarcimento del danno non patrimoniale nella sua
ampia accezione».
945
«Nell'ambito della responsabilità contrattuale il risarcimento sarà regolato dalle norme dettate in materia,
da leggere in senso costituzionalmente orientato. L'art. 1218 c.c., nella parte in cui dispone che il debitore
che non esegue esattamente la prestazione dovuta è tenuto al risarcimento del danno, non può quindi essere
riferito al solo danno patrimoniale, ma deve ritenersi comprensivo del danno non patrimoniale, qualora
l'inadempimento abbia determinato lesione di diritti inviolabili della persona. Ed eguale più ampio
contenuto va individuato nell'art. 1223 c.c., secondo cui il risarcimento del danno per l'inadempimento o
per il ritardo deve comprendere così la perdita subita dal creditore come il mancato guadagno, in quanto ne
siano conseguenza immediata e diretta, riconducendo tra le perdite e le mancate utilità anche i pregiudizi
non patrimoniali determinati dalla lesione dei menzionati diritti. D'altra parte, la tutela risarcitoria dei diritti
inviolabili, lesi dall'inadempimento di obbligazioni, sarà soggetta al limite di cui all'art. 1225 c.c. (non
operante in materia di responsabilità da fatto illecito, in difetto di richiamo nell'art. 2056 c.c.), restando, al
di fuori dei casi di dolo, limitato il risarcimento al danno che poteva prevedersi nel tempo in cui
l'obbligazione è sorta».
946
Questi principi vengono espressi da C. AMATO, Il danno non patrimoniale da contratto, cit., p.148, in
particolare nota n. 15. Queste considerazioni, seppur elaborate anteriormente alle sentenze “gemelle” del
2008, sono valide tutt’oggi, perché basate sull’interpretazioni costituzionalmente orientata dell’art. 2059
cod. civ. già prospettata dalla Corte di Cassazione nel 2003.
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Un problema, che è particolarmente evidente nell’ambito del trasporto di persone, come
precedentemente esaminato.
III.13.3. La risarcibilità del danno non patrimoniale nel trasporto aereo.
L’art. 17, comma 1, della Convenzione di Montreal del 1999, stabilisce che: “The
carrier is liable for damage sustained in case of death or bodily injury of a passenger
upon condition only that the accident which caused the death or injury took place on
board the aircraft or in the course of any of the operations of embarking or disembarking”.
Questa disposizione subordina letteralmente l’applicabilità del regime di responsabilità
del vettore aereo per danni al passeggero alla condizione che dall’accident siano seguite
la morte o le lesioni personali del trasportato.
Il problema fondamentale riguarda la possibilità di considerare risarcibili, secondo
il diritto internazionale uniforme, i danni meramente psichici o psicosomatici. Questo
dubbio era stato già oggetto di dibattito rispetto all’articolo 17 della Convenzione di
Varsavia del 1929, secondo il quale: «Le transporteur est responsable du dommage
survenu en cas de mort, de blessure ou de toute autre lésion corporelle subie par un
voyageur lorsque l'accident qui a causé le dommage s'est produit à bord de l'aéronef ou
au cours de toutes opérations d'embarquement et de débarquement». Oggetto di
discussione è stata la traduzione della nozione di “lésion corporelle” in “bodily
injury”oppure “personal injury”. La prima espressione, sebbene più corretta dal punto
di vista grammaticale, si presentava piuttosto restrittiva rispetto alla nozione di “personal
injury”, nel cui ambito potevano essere ricompresi i danni di carattere fisico e le
sofferenze psichiche. Sebbene in seno alla Conferenza preparatoria del Protocollo
dell’Aja del 1955 la delegazione greca avesse proposto l’espressa estensione dell’art. 17
anche ai danni psichici, l’espressione “lésion corporelle” venne mantenuta anche nel
Procollo dell’Aja del 1955 e nel successivo protocollo di Guatemala City nel 1971, mai
entrato in vigore947.
947
G. MASTRANDREA, L’obbligo di protezione nel trasporto aereo di persone, cit., 176, nota n. 37; v. anche
A. ZAMPONE, La risarcibilità del danno psichico nel trasporto aereo internazionale di persone, nota a
House of Lords, 28 febbraio 2002, in Dir. trasp., 2003, III, 1010 ss. Il Protocollo di Guatemala City del
1971 nella versione in lingua inglese utilizza l’espressione generica ed equivoca di “personal injury”,
letteralmente lesione personale. Questo termine veniva anche utilizzato dall’art. 1 del Reg. (CE) 97/2027
del Consiglio nel testo originario anteriore al Reg. (CE) n. 2002/889 ed attualmente viene riproposto anche
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La qualificazione dei danni risarcibili in base alla Convenzione di Varsavia del
1929 è stata particolarmente dibattuta nella giurisprudenza statunitense. L’indirizzo
prevalente, mantenuto anche successivamente all’entrata in vigore della Convenzione di
Montreal del 1999, riconosce la risarcibilità dei danni psichici o psicosomatici solamente
se legati a lesioni fisiche, secondo un rapporto di causalità individuato e condiviso dalla
scienza medica. Di conseguenza i danni meramente psicologici esulano dall’ambito di
risarcibilità secondo il diritto internazionale uniforme del trasporto aereo948.
Nel noto caso El Al Israel Airlines, Ltd v. Tsui Yuan Tseng, che segue l’indirizzo
restrittivo sopra delineato, i giudici della Corte Suprema degli Stati Uniti d’America
furono chiamati a giudicare sulla risarcibilità dei danni psichici (“emotional distress”)
subiti dalla signora Tsui Yuan Tseng, in seguito alle perquisizioni effettuate dagli agenti
di sicurezza prima dell’imbarco sul volo New York/Tel Aviv. In quell’occasione i Giudici,
in base all’art. 24 della Convenzione di Varsavia del 1929, esclusero la possibilità che il
danneggiato potesse agire secondo il diritto nazionale per ottenere il risarcimento dei
dall’art. 941 cod. nav., così come modificato dall’art. 14, comma 5, del D. lgs. n. 151/2006 (“Il trasporto
aereo di persone e di bagagli, compresa la responsabilità del vettore per lesioni personali del passeggero, è
regolato dalle norme comunitarie ed internazionali in vigore nella Repubblica”). Per un approfondimento
sull’utilizzo dei diversi termini nei testi normativi v.: S. BUSTI, La responsabilità per danni alla persona
nel trasporto aereo, in L. MASALA e E. G. ROSAFIO (a cura di), Trasporto aereo e tutela del passeggero
nella prospettiva europea, Milano, 2006, 75 e A. ZAMPONE, La risarcibilità del danno psichico nel
trasporto aereo internazionale di persone, cit., 1012, in particolare nota n. 2.
948
Tra le prime pronuncie che riconoscono la risarcibilità dei pregiudizi psichici, solamente se derivanti da
lesioni corporali: Rosman v. Trans World Airlines Inc., N.Y. Ct. Ap(1974) e Burnett v. Trans World Airlines
Inc., D. New Mex. (1973); successivamente tra le più significative: Eastern Airlines, Inc. v. Floyd, 499 U.
S. 530, (1991): «We conclude that an air carrier cannot be held liable under Article 17 when an accident
has not caused a passenger to suffer death, physical injury, or physical manifestation of injury. Although
Article 17 renders air carriers liable for "damage sustained in the event of ("dommage survenu en cas de")
such injuries, see 49 Stat. 3005, 3018, we express no view as to whether passengers can recover for mental
injuries that are accompanied by physical injuries. That issue is not presented here because respondents
do not allege physical injury or physical manifestation of injury»; segue la stessa linea El Al Israel Airlines,
Ltd v. Tsui Yuan Tseng,525 U.S. 155 (1999), in Dir. trasp., 2000, I, 222, con nota contraria di E. G. ROSAFIO,
In tema di ammissibilità di azioni risarcitorie da parte del passeggero al di fuori della Convenzione di
Varsavia; la prima sentenza successiva all’entrata in vigore della Convenzione di Montreal del 1999:
Meskill, Miner e Straub, Circuit Judges - Gary Ehrlich and Maryanne Ehrlich, v. American Airlines, Inc.,
American Eagle, Airlines, Inc. and Simmons Airlines, Inc., Unites States Court of Appeals, 2nd Circuit - n.
02-9462, (2004), cit. Per un’analisi approfondita dei due diversi orientamenti della giurisprudenza statunitense v. J. F. EASTON, J. E. TROCK, K. A. RADFORD, Post traumatic “lésion corporelle”: a continuum of
bodily injury under the Warsaw Convention, in JALC, 2003, 665 ss.; A. MERCER, Liability of Air Carriers
for Mental Injury under the Warsaw Convention, in AASL, 2003, 149 ss.; già G. MILLER, Compensable
damages under article 17 of Warsaw Convention, in AASL, 1975, 210 ss.; sul punto specifico v. anche
l’analisi di A. ZAMPONE, La risarcibilità del danno psichico nel trasporto aereo internazionale di persone,
cit., 1016 e nella dottrina d’oltralpe G. LÉGIER, L’application de la Convention de Varsovie par le Juridictions Américaines: èvolution de la Jurisprudence, in Rev. fr. dr. aèr., 1993, 135 ss.
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danni non contemplati dal diritto internazionale uniforme 949.
L’interpretazione fornita dalla Corte Suprema degli Stati Uniti d’America è stata
criticata sotto diversi punti di vista.
Innanzitutto, muove dalla considerazione per cui la Convenzione di Varsavia del
1929 ha la finalità di escludere l’applicazione delle normative nazionali. In realtà, la
normativa uniforme, al pari di altre convenzioni internazionali, non detta una disciplina
esaustiva del contratto di trasporto aereo internazionale. Infatti, non tutti gli aspetti della
responsabilità vettoriale ricadono nell’ambito di applicazione della Convenzione di
Varsavia del 1929, come ad esempio l’integrale inesecuzione della prestazione da parte
del vettore, regolata in base ai principi comuni in materia di inadempimento 950 . Ciò
emerge, inoltre, dal titolo stesso della Convenzione: “unification de certaines règles
relatives au transport aérien international”. L’utilizzo del termine “certaines” allude al
fatto che la Convenzione fornisce solamente una disciplina minima in materia di trasporto
internazionale, lasciando al diritto nazionale la regolamentazione degli aspetti non
previsti dal diritto uniforme951.
949
El Al Israel Airlines, Ltd v. Tsui Yuan Tseng, 525 U.S. 155 (1999), cit.,: «For the reasons stated, we hold
the the Warsaw Convention precludes a passangers from maintaining an action for personal injurury
damages under local law when her claim does not satisfy the conditions for liability under the Convention.
Accordingly, we reverse the judgement of The Second Circuit»; (per un’analisi della pronuncia e
dell’evoluzione del concetto di “bodily injury” sotto la Convenzione di Varsavia del 1929, v. D. G. RUSHING
e W. J. JANICKI, Treatment of posttraumatic stress disorder claims under the Warsaw Convention, in JALC,
2005, 435 ss.) Nello stesso periodo la Cassazione francese giunge a risultati opposti. Si tratta del famoso
caso dei passeggeri francesi che, allo scoppio della guerra del Golfo, furono presi in ostaggio e detenuti
dalla truppe irachene a Kuweit City. In quell’occasione i danni vantati dai passeggeri si erano verificati in
un arco temporale non compreso nell’ambito di applicazione della Convenzione di Varsavia del 1929 e la
Cour de Cassation con la sentenza 15 luglio 1999 riconobbe l’applicazione del diritto nazionale (in
particolare art. 1147 du code civil); la pronuncia è stata pubblicata in Dir. trasp., 2000, II, 531, con nota
adesiva di E. G. ROSAFIO.
950
E. G. ROSAFIO, In tema di ammissibilità di azioni risarcitorie da parte del passeggero al di fuori della
Convenzione di Varsavia, 225 cit.; l’Autrice argomenta le proprie posizioni in base a quanto
precedentemente espresso in particolare da G. ROMANELLI, Uniform rules of air carriage, in Dir. mar., 1992,
1036: «The convention does not contain all of the rules governing these matters and leaves many aspect of
air carriage to national law» e G. ROMANELLI, Il trasporto aereo di persone, cit., 230; T. BALLARINO, S.
BUSTI, Diritto aeronautico e spaziale, cit., 688: «Poiché la normativa posta dalla Convenzione (…) ivi
inclusa la limitazione quantitativa del debito da responsabilità del vettore (…), è applicabile soltanto alle
materie che espressamente regola, se ne deve concludere che numerosi aspetti del trasporto aereo
internazionale sono esclusi dall’ambito di applicazione del diritto uniforme, soprattutto riguardo al testo di
Varsavia (…): per essi si pone pertanto l’esigenza dell’individuazione di un regime internazionalprivatistico,
come avviene sempre per le fattispecie che abbiano certi elementi internazionali»; sul punto v. anche M.
DE JUGLART, Traité de droit aérien, I, Paris, 1989, 1160.
951
M. M. COMENALE PINTO, Sindrome della classe economica, in Diritto@Storia, Rivista internazionale
di scienze giuridiche e tradizione romana, n. 9, 2010.
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235
Inoltre, l’interpretazione dell’art. 24 della Convenzione di Varsavia del 1929
fornita dai Giudici della Corte Suprema non appare condivisibile (c. d. “exclusivity of
remedy”). Come già analizzato nei paragrafi precedenti, la disposizione in oggetto
stabilisce l’inderogabilità dei limiti e delle condizioni qualunque sia il titolo in base al
quale l’azione venga esperita e di fatto rende privo di utilità il concorso di responsabilità
contrattuale ed aquiliana. Tuttavia, la norma non esclude l’azione contro il vettore per il
risarcimento di danni non contemplati dalla Convenzione stessa, come per l’appunto i
danni psichici. Contrariamente alla lettura fornita dai Giudici, quindi, le domande di
risarcimento per lesioni di interessi differenti rispetti a quelli contemplati nella
Convenzione di Varsavia del 1929, non ricadono nell’ambito di applicabilità del diritto
uniforme, ma sono regolati dal diritto nazionale952.
Analogamente a quanto avvenuto per la Convenzione di Varsavia del 1929, la
Convenzione di Montreal del 1999 all’art. 17, comma 1, non tiene in considerazione i
danni meramente psichici o psicosomatici, subiti dal passeggero. In realtà delle
indicazioni in questo senso erano state prospettate durante i lavori preparatori alla
Convenzione di Montreal del 1999, ma si è comunque preferito non procedere ad un loro
riconoscimento esplicito953.
Secondo un’autorevole dottrina, la volontà legislativa, che emerge dai lavori
preparatori954, è, comunque, quella di non interferire con la giurisprudenza di alcuni Stati,
volta a riconoscere la risarcibilità dei danni psichici 955 . Nello specifico, il legislatore
952
E. G. ROSAFIO, In tema di ammissibilità di azioni risarcitorie da parte del passeggero al di fuori della
Convenzione di Varsavia,cit., 227; l’Autrice sottolinea come questa interpretazione sia in linea con quanto
affermato nei lavori preparatori alla Convenzione di Varsavia del 1929. In particolare, dalla loro analisi
emerge la volontà di far coesistere il diritto nazionale accanto al diritto uniforme; sul punto v. M. M.
COMENALE PINTO, La responsabilità del vettore aereo dalla Convenzione di Varsavia del 1929 alla
Convenzione di Montreal del 1999, cit., 109, che richiama espressamente le posizioni assunte dall’Autrice
nell’opera citata, e M. M. COMENALE PINTO, Sindrome della classe economica, cit.
953
M. M. COMENALE PINTO, Il risarcimento del danno psicologico: primo caso di applicazione della
Convenzione di Montreal del 1999, nota a Unites States Court of Appeals, 2nd Circuit - Sentenza dell’8
marzo 2004, n. 02-9462, Meskill, Miner e Straub, Circuit Judges - Gary Ehrlich and Maryanne Ehrlich, v.
American Airlines, Inc., American Eagle, Airlines, Inc. and Simmons Airlines, Inc., in Dir. tur., 2005, 61;
sull’andamento dei lavori preparatori v. R. I. R. ABEYRATNE, Mental distress in aviation claims – emergent
trends, in JALC, 2000, 257 ss.
954
Per i lavori preparatori v. A. GIANNINI, Nuovi saggi di diritto aeronautico, I, Milano, 1940, 73 ss. (sul
punto specifico v. le proposte della delegazione tedesca, inglese e sovietica).
955
V. sull’argomento specifico l’accurato approfondimento di S. BUSTI, La responsabilità per danni alla
persona nel trasporto aereo, cit., 89 ss. (l’Autore si riferisce nello specifico alla dichiarazione del Presidente
della Conferenza di Montreal del maggio 1999); contra D. G. RUSHING e W. J. JANICKI, Treatment of
posttraumatic stress disorder claims under the Warsaw Convention, cit., 464 ss.: «Article 17 of the Montreal
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internazionale ha inteso indirizzare l’interprete nella determinazione del concetto di
“bodily injury” in base alla nozione e alle regole della lex fori, non consentendo però la
sua identificazione con il puro insulto psichico. La risarcibilità dei danni meramente
psichici dipende, quindi, dall’ordinamento nazionale competente, che viene individuato
in base alle norme di conflitto956. Di conseguenza, l’art. 29 della Convenzione di Montreal
del 1999 (così come l’art. 24 della Convenzione di Varsavia) «(…) rende risarcibili i
danni non coperti dalla Convenzione di Montreal applicando il diritto interno e
consentendo l’azione o su base contrattuale, ove ne ricorrono gli estremi, o su base
extracontrattuale»957.
Recentemente la Corte di Giustizia europea si è espressa in merito alla risarcibilità
dei danni non patrimoniali nell’ambito del trasporto aereo, regolato dal diritto
internazionale uniforme. Si tratta delle pronunce del 6 maggio 2010, in causa C – 63/09,
Axel Walz c. Clickair S. A.958, e del 13 ottobre 2011, in causa C- 83/10 Aurora Sousa
Rodríguez e a. c. Air France SA. 959
Nella prima sentenza i giudici europei hanno affermato che la nozione di danno,
di cui all’art. 22, comma 2, della Convenzione di Montreal del 1999 («In the carriage of
baggage, the liability of the carrier in the case of destruction, loss, damage or delay is
Convention uses the same “bodily injury” language as the English translation of the Warsaw Convention,
and the expressed intent of the U. S. Senate in ratifyng the Montreal Convention was to leave unchanged
the judicial precedents interpreting article 17 of the Warsaw Convention».
956
S. BUSTI, La responsabilità per danni alla persona nel trasporto aereo, cit., 89 ss.
957
E. G. ROSAFIO, Riflessioni in margine all’art. 29 della Convenzione di Montreal del 1999, 133.
958
Corte Giust. UE, 6 maggio 2010, in causa C-63/09, in Dir. mar., 2011, 421, con nota di M.
BRIGNARDELLO, Il risarcimento limitato dei danni morali derivanti da perdita del bagaglio nel trasporto
aereo; in Riv. dir. nav., 2011, 267, con nota di N. LIBERATORSCIOLI, Nel caso di perdita dei bagagli, il
massimale di responsabilità del vettore aereo comprende i danni sia materiali sia morali; in Riv. it. dir. tur.,
3/2011, 49 con nota di F. CASOLARI, La Corte di giustizia interpreta la nozione di danno rilevante a
bagaglio nel trasporto aereo internazionale: un’occasione persa?, in Contratto impr. /Europa, 2010, n.2,
881, con nota di M. M. FRANCISETTI BROLIN, La Corte di giustizia riconosce (limitatamente) il danno
morale per perdita del bagaglio nel trasporto aereo. Nello specifico, si trattava dei danni derivanti dalla
perdita di un bagaglio consegnato dal passeggero al vettore nella tratta Barcellona/Oporto. Il passeggero
aveva chiesto il risarcimento dei danni patrimoniali e morali subiti; la compagnia aerea, di fronte alla
richiesta del danneggiato, aveva eccepito la violazione del limite di cui all’art. 22, comma 2, della
Convenzione di Montreal del 1999. Il Giudice adito decise, quindi, di sospendere il giudizio e di rimettere
la questione pregiudiziale alla Corte di giustizia.
959
Corte Giust. UE, 13 ottobre 2011, in causa C-83/10, in Foro it., 2011, IV, 550; in Nuova giur. civ. comm.
2012, 213, con nota di P.MANINETTI, Il vettore che cancella il volo risarisce anche i danni non patrimoniali:
diagi e fastidi sono giuridicamente irrilevanti a Roma, ma non a Strasburgo; in Resp. civ. prev., 2012, 92,
con nota di S. VERNIZZI, La Corte di Giustizia ed un caso di volo interrotto (secondo l’Autore la Corte di
Giustizia riconduce di fatto la fattispecie inerente la cancellazione del volo ad un’ipotesi di ritardo, piuttosto
che ad un caso di inadempimento del vettore non contemplato dalla Convenzione di Montreal del 1999).
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limited to 1,131 Special Drawing Rights for each passenger unless the passenger has
made, at the time when the checked baggage was handed over to the carrier, a special
declaration of interest in delivery at destination and has paid a supplementary sum if the
case so requires. In that case the carrier will be liable to pay a sum not exceeding the
declared sum, unless it proves that the sum is greater than the passenger's actual interest
in delivery at destination»), include tanto il danno materiale quanto il danno morale.
Secondo i giudici europei, le differenti limitazioni del risarcimento, contenute nel capo
III della Convenzione di Montreal del 1999, compresa quella di cui al suo art. 22, comma
2, devono essere applicate all'integralità del danno causato, indipendentemente dalla
natura materiale o morale di quest'ultimo.
La Corte di giustizia muove dalla considerazione per cui nella Convenzione di
Montreal del 1999 il legislatore internazionale non ha fornito alcuna definizione dei
termini “dommage” e “préjudice”, utilizzati per indicare i danni subiti dai passeggeri.
Queste nozioni devono essere, quindi, interpretate in base alle regole del diritto
internazionale generale, che si impongono all’Unione; nello specifico si ha riguardo
all’art. 31, comma 1, della Convenzione di Vienna del 1969 sul diritto dei trattati («Un
trattato deve essere interpretato in buona fede seguendo il senso ordinario da attribuire ai
termini del trattato nel loro contesto e alla luce del suo oggetto e del suo scopo») e all’art.
31 n. 2, degli Articoli sulla responsabilità degli Stati per atti internazionalmente illeciti,
elaborati dalla Commissione del diritto internazionale delle Nazioni Unite e dei quali
l’Assemblea generale ha preso nota con la risoluzione n. 56/83 del 12 dicembre 2001, (“Il
pregiudizio comprende ogni danno sia materiale che morale, cuastao dall’atto
internazionalmente illecito di uno stato”). In virtù di ciò, la Corte di Giustizia ha ritenuto
che i termini “dommage” e “préjudice” siano sinonimi e comprendano sia il danno
morale, sia il danno materiale 960.
960
«Va anzitutto precisato che il termine «préjudice» figurante tanto nel titolo del capo III quanto nel n. 1
dell’art. 17 della convenzione di Montreal, nella sua versione francese, deve essere considerato, ai fini
dell’interpretazione di tale convenzione, come sinonimo di «dommage», termine, quest’ultimo, menzionato
nel titolo e nel n. 2 dell’art. 17 della detta convenzione. (…) Per quanto riguarda poi il contesto nel quale il
termine «préjudice» viene menzionato dall’art. 17 della convenzione di Montreal si deve sottolineare, (…),
che tale termine figura parimenti nel titolo stesso del capo III di tale convenzione di cui la detta disposizione
fa parte. Di conseguenza, in mancanza di contrarie indicazioni figuranti in tale convenzione, il detto termine
deve assumere un significato identico dovunque viene utilizzato in tale capo. 26. Inoltre, l’art. 22 della
convenzione di Montreal, che fa pure parte del detto capo III e quindi del contesto pertinente, limita la
responsabilità del vettore in caso di distruzione, perdita, deterioramento o ritardo, il che implica che la
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Nella seconda sentenza, pronunciata in data 13 ottobre 2011, (causa C- 83/10), i
Giudici della Corte di Giustizia affermarono che: «La nozione di risarcimento
supplementare, di cui all'art. 12 del regolamento n. 261/2004, deve essere interpretata
nel senso che consente al giudice nazionale, alle condizioni previste dalla convenzione
per l'unificazione di alcune norme relative al trasporto aereo o dal diritto nazionale, di
concedere il risarcimento del danno, incluso quello di natura morale, occasionato
dall'inadempimento del contratto di trasporto aereo. Per contro, il giudice nazionale non
può utilizzare la nozione di risarcimento supplementare quale fondamento giuridico per
condannare il vettore aereo a rimborsare ai passeggeri, il cui volo ha subito un ritardo
oppure stato cancellato, le spese che gli stessi hanno dovuto sostenere a causa
dell'inadempimento da parte del citato vettore degli obblighi di sostegno e assistenza di
cui agli artt. 8 e 9 di tale regolamento». In base all’interpretazione fornita dalla Corte di
Giustizia, l’art. 12 del Regolamento (CE) n. 261/2004 del Parlamento europeo e del
Consiglio, che istituisce regole comuni in materia di compensazione ed assistenza ai
passeggeri in caso di negato imbarco, di cancellazione del volo o di ritardo prolungato961,
consente ai giudici nazionali di concedere al passeggero il risarcimento del danno anche
morale, derivante dall’inadempimento del contratto di trasporto, nel rispetto delle
condizioni previste dalla Convenzione di Montreal del 1999 o dal diritto nazionale. In
particolare, per quanto concerne l’applicabilità della Convenzione di Montreal del 1999,
natura del danno subito dal passeggero è a tal riguardo indifferente. 27. Infine, allo scopo di precisare il
senso comune da attribuire ai termini «préjudice» e «dommage» in applicazione della regola interpretativa
enunciata al punto 23 della presente sentenza, si deve ricordare che esiste effettivamente una nozione di
danno, di origine non convenzionale, comune a tutti i sistemi di diritto internazionale. Infatti, secondo l’art.
31, n. 2, degli Articoli sulla responsabilità degli Stati per atti internazionalmente illeciti, elaborati dalla
Commissione del diritto internazionale delle Nazioni Unite e dei quali l’Assemblea generale della detta
organizzazione ha preso nota con la risoluzione 56/83 del 12 dicembre 2001, «Il pregiudizio comprende
ogni danno sia materiale che morale (…)». 28 I due aspetti della nozione di danno, quali risultano dalla
summenzionata disposizione, la quale a questo proposito è precisamente intesa a codificare lo stato attuale
del diritto internazionale generale, possono essere intesi per tale ragione nel senso che esprimono
congiuntamente il senso comune da attribuire a tale nozione nel diritto internazionale. Si deve inoltre
rilevare che nulla nella convenzione di Montreal sta ad indicare che gli Stati contraenti abbiano inteso
attribuire alla nozione di danno, nel contesto di un regime di responsabilità armonizzato del diritto
internazionale privato aereo, un significato speciale e derogare al suo senso comune. Pertanto, la nozione
di danno, quale deriva dal diritto internazionale generale, resta applicabile, conformemente all’art. 31, n. 3,
lett. c), della citata convenzione sul diritto dei trattati nei rapporti tra le parti e la convenzione di Montreal».
961
Art. 12 del Reg. (CE) n. 261/2004 del Parlamento e del Consiglio: «Il presente regolamento lascia
impregiudicati i diritti del passeggero ad un risarcimento supplementare. Il risarcimento concesso ai sensi
del presente regolamento può essere detratto da detto risarcimento. 2. Fatti salvi principi e norme pertinenti
del diritto nazionale, inclusa la giurisprudenza, il paragrafo 1 non si applica ai passeggeri che hanno
rinunciato volontariamente ad una prenotazione ai sensi dell'articolo 4, paragrafo 1».
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la Corte ribadisce il proprio assunto, per cui le disposizioni contenute nel Reg. (CE) n.
261/2004 non escludono la possibilità che il danneggiato possa agire in base alle
disposizioni di diritto internazionale uniforme, per ottenere il risarcimento dei danni subiti
in caso di inadempimento del vettore 962
Entrambe le pronunce esaminate trattano la problematica dei danni non
patrimoniali derivanti dall’inadempimento del contratto di trasporto aereo. Le
argomentazioni dei Giudici, fornite nella prima sentenza (a cui si richiama espressamente
la successiva), fanno trasparire la convinzione che i danni non patrimoniali siano
contemplati dalla Convenzione di Montreal del 1999 e che rientrino pertanto nell’ambito
applicativo dell’art. 22, comma 2. Ciò si evince, in particolare, dall’affermata equivalenza
tra i concetti di “dommage” e di préjudice”, da intendersi nel senso che entrambe le
nozioni comprendono sia il danno morale sia il danno materiale963 .
Spostando l’analisi del problema sul piano prettamente nazionale, si registra
l’interpretazione fornita da alcuni Autori all’articolo 941 cod. civ., che rinvia alle
disposizioni internazionali e comunitarie in vigore nella Repubblica la disciplina della
responsabilità del vettore per lesioni personali del passeggero. Posto che i danni non
patrimoniali non sono contemplati dalla Convenzione di Montreal del 1999, l’articolo 941
cod. nav. avrebbe la funzione di estendere le norme di diritto internazionale uniforme
962
In merito all’applicabilità della Convenzione di Montreal del 1999, la Corte afferma che: «(…) le misure
uniformi e immediate adottate ai sensi del regolamento n. 261/2004 non ostano di per sé a che i passeggeri
interessati, nel caso in cui lo stesso inadempimento del vettore aereo dei suoi obblighi contrattuali causi
loro anche danni che facciano sorgere un diritto a indennizzo, possano intentare comunque le azioni di
risarcimento dei detti danni alle condizioni previste dalla convenzione di Montreal (v., in tal senso, sentenza
10 gennaio 2006, causa C-344/04, IATA e ELFAA, Racc. pag. I-403, punto 47). In particolare, le
disposizioni degli artt. 19, 22 e 29 della convenzione di Montreal, applicabili, in virtù dell'art. 3, n. 1, del
regolamento n. 2027/97, alla responsabilità di un vettore aereo stabilito sul territorio di uno Stato membro,
precisano le condizioni in cui, successivamente al ritardo o alla cancellazione di un volo, i passeggeri
interessati possono esperire le azioni dirette ad ottenere il risarcimento dei danni su base individuale da
parte dei vettori responsabili di un danno derivante dall'inadempimento del contratto di trasporto aereo. A
tal riguardo, occorre ricordare che, nella sua sentenza 6 maggio 2010, causa C-63/09, Walz (…), la Corte
ha dichiarato che i termini préjudice e dommage, contemplati al capitolo III della convenzione di Montreal,
nella sua versione francese, debbono essere intesi nel senso che includono tanto i danni di natura materiale
quanto quelli di natura morale. Ne consegue che il danno suscettibile di risarcimento, ai sensi dell'art. 12
del regolamento n. 261/2004, pu essere un danno di natura non solo materiale, ma anche morale».
963
E. G. ROSAFIO, Il danno non patrimoniale nel trasporto aereo di persone, in F. MORANDI, M. M.
COMENALE PINTO, M. O. FOLCHI (a cura di), XXXIV jornadas latinoamericanas de derecho aeronàutico y
espacial, Padova, 2010, 248; sulla nozione unica di danno di danno tratta dal diritto internazionale privato,
di cui parla la Corte di Giustizia nella sentenza del 6 maggio 2010, causa C -63/09, v. in posizione
fortemente critica: L. TULLIO, Il danno risarcibile nel trasporto aereo: il danno morale, in Dir. trasp., 2011,
III, 783 ss., e in aderenza M. PIRAS, Il danno non patrimoniale nel trasporto aereo, in Dir. trasp., 2012, II,
389 ss.
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anche ai danni non patrimoniali subiti in conseguenza del sinistro964. Di conseguenza,
laddove la legge italiana sia la legge applicabile al contratto, la Convenzione di Montreal
del 1999 si estende anche ai danni non patrimoniali subiti dal passeggero in virtù del
richiamo di cui all’art. 941 cod. nav. 965 In quest’ultima ipotesi, l’art. 941 cod. nav.
rappresenterebbe, quindi, «l’aggancio normativo» per applicare la Convenzione di
Montreal del 1999 anche ai danni non patrimoniali966.
L’analisi di questi dati ha condotto autorevole dottrina a formulare le seguenti
considerazioni. Seguendo la posizione dottrinale sopra analizzata, la responsabilità del
vettore per danni non patrimoniali derivanti da sinistro del passeggero non incontra alcun
tipo di limitazioni. La situazione muta, invece, laddove il passeggero domandi il
risarcimento dei danni non patrimoniali derivanti da ritardo nel trasporto o da perdita del
bagaglio, come sostenuto dalla Corte di Giustizia nelle due pronunce indicate. In questo
caso la responsabilità del vettore è una responsabilità limitata e ciò ha dei notevoli riflessi
dal punto di vista pratico. La somma del danno non patrimoniale e del danno patrimoniale
è, in questo caso, sottoposta al limite previsti dall’art. 22, comma 1 e 2 della Convenzione
di Montreal del 1999. Di conseguenza, il passeggero danneggiato riceverebbe sempre la
stessa somma, a prescindere dalla distinzione tra danno patrimoniale e danno non
patrimoniale, che finisce, così, per avere una rilevanza solamente teorica967.
964
G. MASTRANDREA, L. TULLIO, Revisione della parte aeronautica del Codice della Navigazione, cit.,
1229 ss. e G. MASTRANDREA, L. TULLIO, Il compimento della revisione della parte aeronautica del codice
della navigazione, cit., 728. Gli Autori affermano che la Convenzione di Montreal del 1999 presenta su
questo aspetto una lacuna, che viene per l’appunto colmata attraverso la previsione di cui all’art. 941 cod.
nav.
965
L. TULLIO, Il danno risarcibile nel trasporto aereo: il danno morale, cit., 779.
966
E. G. ROSAFIO, Il danno non patrimoniale nel trasporto aereo di persone,cit., 252.
967
E. G. ROSAFIO, Il danno non patrimoniale nel trasporto aereo di persone,cit., 252; sulla stessa linea, pur
evidenziando l’intento pregevole della Corte di Giustizia di offrire un’interpretazione uniforme ed
autonoma di danno, N. LIBERATORSCIOLI, Nel caso di perdita dei bagagli, il massimale di responsabilità
del vettore aereo comprende i danni sia materiali sia morali, cit., 283.
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