Schede sintetiche per lo scritto di Italiano
Tabù per gli scritti di Italiano
Posto che – come ormai tutti sanno – per me
1) l’errore oggettivo non esiste (tranne in ortografia e forse ai livelli più banali della sintassi);
2) l’errore è semplicemente “ciò che il destinatario percepisce come errore del mittente”;
3) la lingua è un organismo vivente che si evolve, purché nella chiarezza e accettabilità,
ne consegue che nello scritto puoi fare assolutamente tutto quello che vuoi, a condizione che quel che scrivi sia
• corretto = non mi faccia pensare che tu non sai neanche fare la firma con la croce;
• chiaro = non mi crei problemi di comprensione immediata o non mi faccia sentire deficiente o ignorante;
• piacevole = non mi faccia orripilare per la bruttezza, o sganasciare dalle risate per l’idiozia.
il Destinatario
Punteggiatura & ortografia
NO
• mai separare soggetto o oggetto dal verbo con la virgola
• non usare virgolette (o una parola è giusta, e lo è anche senza; o è sbagliata, e non diventa giusta perché ce le
hai messe); “virgolette” soltanto alle citazioni e ai titoli secondari; sottolineature alle parole strane o straniere e
ai titoli principali
• non usare punti esclamativi e interrogativi (retorica da strapazzo)
• non usare parentesi e frasi parentetiche: meno ce n’è, meglio è (il ragionamento deve essere il più possibile esplicito e collegato)
• non usare “de / ne” + un titolo (“de Il Giornale; ne I promessi sposi”: preposizioni che non esistono!)
• non usare parole TUTTO MAIUSCOLO (sembra che stai GRIDANDO! e vale anche per le e-mail)
• non usare “ed, od, ad” con la -d eufonica, se segue una vocale diversa da quella che precede
SÌ
• puntini sulle i (ebbene sì, io voglio i puntini su tutte le i – tranne le maiuscole!)
• -è (acc. grave, pronuncia aperta) = verbo essere e parole italiane di derivazione straniera (caffè. Mosè);
-é (acc. acuto, pronuncia chiusa) = tutte le altre (è utile saperlo, almeno per quando non c’è il correttore automatico)
• per tutte le altre vocali va bene l’accento grave (basta guardare qualunque tastiera)
• attenzione: dà / da; dì / di; là / la; lì / li; né / ne; sé / se (monosillabi che si confondono)
• sì (avvb. affermativo) si (pronome personale atono) scrive con l’accento (anche se sui media non si usa più)
• attenzione: do; so, sa; sto, sta; su; fa (non si confondono con niente, quindi niente accento)
• attenzione: da’ = da(i)!; fa’ = fa(i)!; sta’ = sta(i)!; di’ = di(ci)!; e anche po’ = po(co).
• virgola sempre prima di un’avversativa (ma, però...)
• virgola all’inizio e alla fine di una dipendente, soprattutto esplicita (finale, causale, temporale, concessiva, ...)
• virgola prima di una relativa estensiva (“gli studenti, che sanno il latino, ...” = lo sanno tutti [!?]), ma non prima di una relativa intensiva (“gli studenti che sanno il latino, ...” = solo quelli che lo sanno, non gli altri)
• due punti prima di infatti (prima, mica dopo!) o di una frase che introduce una spiegazione, o una dimostrazione, o un esempio di quanto detto in precedenza
• il corsivo (sottolineato nel manoscritto) va: 1) per i titoli di libri e opere in genere (distingue per es. l’Inferno
poema dall’inferno luogo; l’Amleto tragedia dall’Amleto personaggio); 2) per le parole straniere, dialettali,
gergali; 3) per le menzioni metalinguistiche (il tavolo ha 4 gambe; il tavolo ha 6 lettere); 4) per le citazioni di
testi altrui
• le virgolette possono sostituire il corsivo nei casi precedenti; sono obbligatorie quando si tratta di più di 2-3
parole (servono a indicare con precisione dove comincia e dove finisce il testo identificato)
• andare a capo a ogni articolazione del ragionamento (es. quando si cambia l’oggetto, o la proprietà analizzata)
Sintassi & connessioni
NO
• pronome anaforico (“questo, quello, ciò, esso, essa, egli, ...”) con referente più lontano delle ultime due righe
• stessa parola (specie un anaforico) con significati (o referenti) diversi nella stessa frase (fai una bella cosa: abi1
•
•
•
•
•
•
•
•
tuati a usare i pronomi il meno possibile: copiando, elimina o sostituisci sistematicamente quelli che hai messo
in brutta)
due o più avversative nella stessa frase (ma..., però..., tuttavia...: non ci può essere più di un contrario per volta)
cambiare improvvisamente soggetto senza indicare il soggetto nuovo
implicita (infinito, gerundio, participio) con soggetto diverso dalla reggente
gerundio non strettamente necessario (un gerundio non è mai strettamente necessario! - tranne nella perifrastica
con stare)
dipendenti a grappolo (= due o più proposizioni o complementi dello stesso tipo, subordinati uno all’altro)
ellissi (= esporre un’idea o un ragionamento, saltando degli elementi o dei passaggi)
referente mentale (= avere in testa un concetto, e pretendere che il lettore lo capisca senza esplicitarglielo)
proposizioni relative: in italiano devono avere l’antecedente (guai al referente lontano o alle prolessi) e essere
subordinate (guai ai nessi relativi)
ACHTUNG!
• “infatti, effettivamente” (e simili): introducono informazioni a conferma o integrazione dell’affermazione precedente (va preceduto da due punti)
• “quindi, dunque”: introducono la conclusione o conseguenza logica del ragionamento
• ((P ⇒ Q) ∧ P) ⇒ Q = modus ponens; ((P ⇒ Q) ∧ ¬Q) ⇒ ¬P = modus tollens; tutto il resto è fallacia
• ex falso quodlibet = da una premessa falsa (o scorretta), qualunque conclusione è vera, quindi il ragionamento
è perfettamente inutile
• “rasoio di Ockham” = entia non sunt multiplicanda praeter necessitatem (se puoi dire la stessa cosa con 3 o
con 2 parole, è meglio che la dici con 2; se ci sono più parole per dire la stessa cosa, la parola più breve è meglio di quella più lunga)
• c’è sempre un ordine nelle cose (se sei aristotelico), o nel pensiero (se sei cartesiano), ma comunque per la comunicazione linguistica non fa differenza, visto che è una cosa che esprime un pensiero sulle cose o sui pensieri: questo ordine deve essere rispettato e deve emergere nella tua esposizione (per lo meno il destinatario se
lo aspetta: spazio, tempo, causa, relazione, ...)
Lessico & locuzioni
NO
• prima persona singolare (embè, e chi sarai mai tu! - da evitare il più possibile)
• “mi piace / non mi piace; sono d’accordo / non sono d’accordo” (detto tra noi: e chi se ne frega!? specie se dici
“sono d’accordo con Dante... non sono d’accordo con Platone...”)
• “concludendo” (alla fine si conclude: ovvio - non sono mica scemo; e allora perché non “iniziando, continuando”?)
• “io, tu, lui personalmente” (perché, si può anche impersonalmente!?)
• espressioni in burocratese (“detto, suddetto, giuddetto, succitato, sunnotato, summenzionato, ...”)
• “quest’ultimo”: specie se non è in un elenco di almeno tre (che boiata è l’ultimo di due! o di uno solo!?)
• “grazie a...”: prego! (specie se non riguarda una causa positiva)
• “riguardo il...”: si dice “riguardo al...”
• “oggigiorno, spesse volte, solo ed esclusivamente, spesso e volentieri, entro e non oltre” (espressioni orrorose)
• “in fondo, al di là” (si scrivono separati! - tranne che all’inferno)
• “un qualcosa”: hai mai visto due o tre qualcosa!? (si dice “qualcosa”, e basta: ed è maschile, non femminile)
• citazioni della traccia dentro nel tema (non sono mica scemo: la traccia l’ho data io!)
• tautologie (es.: “la vita è la vita”) e pleonasmi (es.: “commedie teatrali”) non strettamente richiesti dallo stile
del testo
• proverbi, luoghi comuni, modi di dire senza significato (chi parla banale si mostra come una persona banale!)
• definizioni da vocabolario (zeppe: si capisce subito che servono solo a riempire il vuoto di idee)
• citazioni più lunghe di 2-3 righe (che vanno comunque virgolettate)
• “in verità, la vera verità è...”: sarai mica tu il maestro della verità?!
• espressioni apodittiche e spocchiose (“sempre, mai, tutto, niente, certamente, ovviamente, assolutamente, definitivamente, senza ombra di dubbio, ...”): ti immagini che figura ci fai, se ti stai sbagliando!?
• mimare il parlato in testi dove non è richiesto dallo stile (“boh, bah, beh, bih, buh, ...”)
• puntini di sospensione, eccetera, formule per dire che c’è altro da dire (ovvio che c’è sempre altro da dire, oltre
a quel che hai detto tu!)
• formule per dire che qualcosa l’hai già detto prima (“come dicevo sopra...”; chi legge pensa: “e allora che me
lo ridici a fare? son mica scemo!”)
• “citare” non è equivalente a “dire”: significa riportare parole di altri (se riporti parole tue, non stai citando!)
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