Curiosità e consigli sulle allergie da pollini

ARPA – Servizio Idrometeorologico – Area Agrometeorologia e Territorio
Curiosità e consigli sulle allergie da pollini
del Dr. Pietro Roversi (Modena, 5/6/2003)
Le principali manifestazioni dovute ad allergia da pollini sono le riniti, le congiuntiviti e l’asma allergico.
Sono sempre esistite le allergie?
L’ uomo è sempre stato esposto ai pollini: ne esistono tracce nelle tombe scoperte in Iraq, appartenenti a
persone vissute nel periodo dell’uomo di Neanderthal,: la prima descrizione clinica è attribuita a Leonardo
Botallo che parlò di “catarro delle rose” ossia sintomi come prurito al naso, starnuti a mal di testa , attribuite
al contatto con questi fiori.
La pollinosi è stata descritta in modo sistematico nel XIX secolo, come condizione patologica non frequente e
solo nel secolo seguente ha assunto la dimensione epidemica oggi conosciuta.
In molte famiglie di paesi industrializzati, i bambini soffrono di allergie anche se i loro genitori non sono
allergici. Questo giustifica l’opinione comune che le allergie siano in aumento. Il dato è supportato anche da
rilievi epidemiologici: un esempio viene dalla Svizzera dove la febbre da fieno era rara nel 1926 (0.28%), ma
aumentava nel 1954 (4.8%) e progressivamente nel 1986 (10%) e 1993 (13,.5%) (P.Matricardi, Pollenosis,
2000).
Perché sono in aumento le allergie?
Ciò è dovuto a cambiamenti che sono avvenuti nell’ambiente ma soprattutto nell’uomo.
Nei paesi industrializzati, i cambiamenti che riguardano l’uomo consistono in una accresciuta propensione
dell’organismo a produrre gli anticorpi specifici (detti IgE) responsabili delle manifestazioni cliniche
dell’allergia.
Non esiste una risposta certa ma alcune ipotesi: una di queste è la cosiddetta “Hygiene Hypotesis”
E’ noto che in ambienti igienicamente poco protetti (stato sociale basso, elevato numero di bambini in
famiglia, maggior probabilità di contrarre infezioni da germi comuni, contatti da ambiente rurale) si
riscontrano meno casi di allergia.
La produzione di IgE sarebbe pertanto in rapporto con il tipo di stimoli antigenici a cui il bambino è esposto:
vi sono evidenze a sostegno dell’ipotesi che infezioni batteriche comuni e contatti con allergeni dovuti a
cattive condizioni igieniche che si verificano nel primo anno di vita sposterebbero il tipo di risposta immune
riducendo la produzione di IgE .
Paradossalmente l’igiene e la protezione del bambino rispetto il mondo esterno giocherebbe un ruolo
negativo nei confronti della possibilità di sviluppare allergia.
L’allergia è una condizione ereditaria?
L’esperienza comune ci dice che le allergie ricorrono frequentemente in determinate famiglie piuttosto che in
altre e, contestualmente, studi su gemelli mono-ovulari hanno documentato una componente genetica delle
malattie allergiche. Le pollinosi e la altre malattie allergiche sono condizioni complesse, determinate da
fattori diversi, sia genetici che ambientali, che determinano l’espressione clinica della malattia. E’ sotto
l’influenza genetica la predisposizione ad aumentare la risposta individuale a determinati allergeni o a
sviluppare più o meno intensamente i sintomi dell’infiammazione o a rispondere in modo diverso al
trattamento con farmaci.
Orientativamente, è opinione condivisa che il bambino con un genitore allergico ha il 30-50% di probabilità
di essere egli stesso allergico e con entrambi i genitori allergici la probabilità sale a oltre il 70%.
L’oroscopo e le allergie
Non vi sono evidenze solide, ma alcuni studi confortano l’opinione popolare che il periodo di nascita possa
influenzare la possibilità di diventare allergici.
Uno studio svedese dimostra una correlazione tra nascita nei periodi di fioritura delle betulle e successiva
allergia al relativo polline, così come uno studio italiano evidenzia una correlazione tra allergia a graminacee
e nati in primavera.
L’allergià è influenzata dall’inquinamento ambientale?
Sono numerose le evidenze che documentano l’associazione tra inquinamento atmosferico e malattie
respiratorie, compresa l’asma. Per quanto riguarda le polveri fini, ma anche ossido nitrico e anidride
solforosa, presenti in concentrazioni elevate nei mesi autunno-invernali, esse contribuiscono ad aggravare i
sintomi di tutte le malattie respiratorie ostruttive, in particolari bronchiti croniche : è documentato un
incremento dei ricoveri, degli accessi al pronto soccorso per patologie respiratorie che correla con i livelli di
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inquinanti aerei.
Riguardo l’asma allergica, esiste una sinergia con l’inquinamento da ozono, caratteristico dei periodi caldi , in
quanto dovuto a processi fotodinamici, che determina iperreattività bronchiale e amplifica la sintomatologia
da ostruzione bronchiale nei pazienti asmatici.
Se esiste ancora dibattito circa il ruolo che l’inquinamento ha nel determinare l’aumento della
sensibilizzazione allergica, non vi sono dubbi sul fatto che l’espressione patologica delle allergie, in
particolare l’asma, è influenzata dall’inquinamento atmosferico.
Allergie stagionali e consigli utili per la prevenzione
Nella gestione delle malattie allergiche la prevenzione dell’esposizione e la desensibilizzazione specifica
rappresentano i principali strumenti unitamente alla terapia farmacologica. Prevenire o ridurre al minimo
l’esposizione e la conseguente inalazione di granuli pollinici rimane la misura più ovvia ma forse più efficace.
Utile a questo proposito la consultazione dei calendari pollinici, delle previsioni e delle diverse localizzazioni
nel programmare le proprie attività all’aria aperta.
Va tenuto presente il ruolo decisivo delle condizioni climatiche che possono influenzare la quota di pollini
aerodispersi, quindi inalabili: le giornate calde e ventose aumentano l’entità della concentrazione, al
contrario la pioggia la riduce.
Nelle giornate con elevata concentrazione pollinica (maggiore di 40-50 granuli/ metro cubo) va evitata o
ridotta al minimo la permanenza o l’attività sportiva in luoghi aperti specie se contigui ad ambiente rurale e
in particolare prati falciati di recente, tenere chiuse le finestre delle camere da letto, usare mascherine e filtri
antipolline che riducono la quota di pulviscolo inalata.
Va ricordato che i pollini sono in scarsa concentrazione o totalmente assenti in località marine e montane, in
funzione dell’altitudine e che sopra gli 800 s.l.m. la fioritura è in ritardo rispetto la pianura di circa un mese.
I temporali possono favorire l’insorgenza di attacchi d’asma in pazienti allergici a pollini.
Il fatto, acquisito nell’esperienza popolare, si ritiene possa essere dovuto al fatto che, durante i temporali
con fulmini, taluni pollini, tra cui quelli di graminacee, possano, a causa dell’umidità e delle condizioni
elettriche dell’atmosfera legate al temporale, frammentarsi per shock osmotico in particelle molto fini, del
diametro di pochi micron e divenire così più facilmente respirabili e penetrare nelle vie aeree distali.
Trattamento dell’asma : informazione ed educazione
Tra le malattie causate da allergia ai pollini, l’asma è indubbiamente la più importante sia per l’entità e la
possibile gravità dei sintomi che condizionano la qualità di vita e le normali attività lavorative, sia per i costi
sociali prodotti.
L’obiettivo della terapia è di ridurre al minimo i sintomi, consentire una buona qualità di vita e prevenire le
riacutizzazioni.
Nella gestione della malattia asmatica assume sempre più importanza la partecipazione attiva del paziente,
oltre che del nucleo familiare, che assume un ruolo indispensabile per mantenere sotto controllo la malattia.
A questo scopo sono nate , anche nel nostro paese esperienze denominate “scuola dell’asma” che si
prefiggono il compito di educare il paziente ed i familiari sulla natura della malattia, sulle modalità di
prevenzione e sui criteri per gestire, assieme ai medici il piano di cura
Si insegna, ad esempio, ad assumere i farmaci per il trattamento di fondo e quelli al bisogno, il corretto uso
degli erogatori, la misura del picco di flusso come strumento di monitoraggio del decorso.
Per quanto riguarda i costi oltre quelli dovuti alle spese sanitarie, devono essere considerati anche le
mancate giornate lavorative o scolastiche del paziente o dei familiari coinvolti nell’assistenza.
Si è visto che i costi maggiori (dovuti ai ricoveri in reparti di terapia intensiva o a visite in emergenza) sono
determinati da quella quota di pazienti più gravi (il 20% circa) che assorbe quasi l’80% del totale della spesa
prodotta.
Diventa pertanto prioritario una diagnosi corretta ed un trattamento adeguato al fine di prevenire la malattia,
in articolare le riacutizzazioni.
Anche a questo fine l’educazione gioca un ruolo importante.