Giornale 6.cdr

annuncio pubblicitario
Coolclub.it
Resto Nudo e Manifesto
Vorrei scrivere della voglia di non far niente, ma non c'ho voglia. Vorrei dire che sono un nullafacente,
che non me ne frega nulla di nulla. Che non ho problemi. Che passo le giornate a contare le farfalle.
Che quello che devo mangiare oggi non costituisce il mio pensiero fisso. Vorrei raccontare di una
lunghissima camminata a passo di lumaca lungo una spiaggia deserta. Vorrei dire che ho passato tutta
la giornata di ieri a parlare con il cielo. Vorrei dire che se non mi va posso anche evitare di vestirmi.
Vorrei dire che posso aprire l'atlante e decidere dove farò colazione dopodomani. Vorrei dire che
scrivere non è faticoso e che mi fa piacere farlo. Che se voglio rubo e se voglio pago. Che se voglio
mento e se voglio dico la verità.
Ho sentito la brezza marina sulla pelle all'alba dopo aver passato una notte in spiaggia, un fuoco una
bottiglia un amico sigarette e sogni adolescenti e disastri veri. Come tutti passo ore in fila per ritornare
alla realtà. Quando posso mi lavo sotto la pioggia estiva correndo forte, per stancarmi, e uscire.
Fra le braccia di una donna oggi ritrovo dolcezza che aveva lasciato la mia pelle.
E una buona cena continua a darmi soddisfazione. E mi stupisco. Ancora, mi stupisco. Fumo, non
abbiatemene, sempre tanto. Contro ogni logica. Contro ogni parola che mi vuole gonfio di salute,
fisica e mentale. Contro la paura di morire.
Cerco un modo nuovo per dire no, scritto piccolo, nell'angolo di un muro, sopra un tombino, o sul mio
pacchetto di sigarette, su una bottiglia di vino buono, che non faccia venire il mal di testa il giorno
dopo. Ogni volta che è possibile cerco di sognare, e di capire se è per voglia o bisogno che faccio le
cose che faccio. E cerco, a volte, di capire perché non faccio cose che andrebbero fatte.
Mi sento mediamente stanco come tutte le persone che ritengo dotate di buon senso e ancora, non
penso che ogni sforzo sia privo di valore. In silenzio e senza che altri lo vedano. Ma credo che abbia un
significato. Credo che ci siano dei gesti che vadano fatti e un pugno alzato mi emoziona.
E certe volte la mattina mi alzo dal letto senza voglia, con un vago senso di inappartenenza, e fra i
denti, accendendomi, non me ne abbia il ministro Sirchia, la prima sigaretta della giornata, mi
canticchio piano, a muso duro, una canzone della BandaBardò che mi piace tanto e che fa più o
meno così: “Oggi non lavoro, oggi non mi vesto, resto nudo e manifesto”.
dario
Saluti e baci.
Oggi è già settembre e tutto ricomicia. Comincia una nuova stagione e dopo i mille baci rubati, negati, regalati ancora 24.000 ne
vorrei. Perché mi piacciono i baci: quelli agli amici, quelli alle donne, quelli agli uomini, ai miei due gatti, ai bambini dentro e fuori.
E mi piace ricordare quelli pieni di lacrime, di passione, di rabbia, di falsità, quelli pieni delle parole che non riesci a dire, quelli pieni
di desiderio.
Pensare a tutti i baci che non ho dato mai, da quelli raccontati a quelli filmati, da quelli cantati a quelli che darò. uardare la
gente che si bacia e poi sorride. E poi di baci ne esistono un sacco di tipi e dietro ogni bacio ci sono storie, a volte stranissime.
Una donna cinese ha deciso di chiedere un risarcimento, dopo che un incidente stradale l'ha resa incapace di baciare come si
deve. La donna, identificata soltanto come Miss Tao, afferma infatti che le sue capacità "labiali" sono state seriamente
compromesse, dopo che l'impatto le ha procurato due denti rotti e brutti tagli alle labbra. Nella causa, l'uomo che ha provocato
l'incidente è accusato di aver danneggiato la donna "nel corpo, nella salute, nella proprietà e nel bacio". Adesso Tao spera in un
risarcimento per danni equivalente a circa 5 mila euro. La donna soffre anche di perdita della memoria a breve termine, e non è
ancora stata in grado di mangiare in modo normale dal giorno dell'incidente. Ma ciò che le manca di più, secondo le sue parole,
è "l'emozione di un dolce bacio".
Per un bacio rubato, un malaysiano di 36 anni ha perso tre centimetri di lingua e rischia una condanna fino a dieci anni di carcere
e alcune frustate. A quanto scrive il quotidiano New Straits Time, l'uomo, Ahzahar Ahmad, si è introdotto in una casa di un quartiere
popolare di Alor Setar, città costiera 400 chilometri a nord dalla capitale, e ha assalito una casalinga addormentata nel suo letto,
dandole un "bacio profondo". La donna, Siti Mariam, 30 anni, ha reagito istintivamente mordendo il "corpo estraneo". Poi si è
svegliata lanciando un urlo, ma è riuscita soltanto a vedere una figura scura che fuggiva. Dopo due ore Siti ha notato sul cuscino
il pezzo di lingua tranciata. Ahzaharè stato arrestato quando, molte ore dopo si è presentato in un pronto soccorso per farsi
medicare. E' poi comparso in tribunale dove è stato incriminato per "assalto contro la modestia".
Baci pericolosi, baci strappati, non baci, storie di baci trovate in un pomeriggio a spasso su internet.
In fondo però quando due labbra si uniscono succede sempre qualcosa, nel bene e nel male. Qualcosa cambia o si trasmette,
comincia o finisce.
Viva il bacio dunque, perché, tranne casi estremi, è senza controindicazioni, viva il bacio perché, tranne casi estremi, non fa
sudare, viva il bacio perché anche se dura anche un secondo, in casi estremi, ti fa chiudere gli occhi e dimenticare tutto quello
che c'è intorno.
Bacini e rock and roll.
Osvaldo
La Fede
s.r.l.
Copertino - LE
Questa è dunque la fede e io no. Parlo di una cosa che non mi
appartiene, non mi è consueta. Le mie radici conficcate nella terra
rossa del sud dove vivo hanno visto funerali con la banda del paese
che suona la marcia funebre per le vie del centro, hanno visto le
prefiche, hanno visto le processioni con i santi a mare e a terra. Le
mie spalle hanno portato e sofferto statue, profane, ma a questo
mondo di religione ispirate.
La fede non mi appartiene, nonostante questo, nonostante lo sforzo
di mandarmi in chiesa tutte le domeniche da parte di mia nonna.
Sono un uomo di questo mondo e sono miope, oltre il mio sguardo
limitato non vado. Un difetto forse, o una necessità, ma tant'è.
Mi è capitato di incontrare le fede. La fede quella forte, che spinge
a fare cose che agli occhi di un estraneo ai culti, un forestiero delle
religioni, cui nessuna religione è familiare, cose che a questi occhi
non avvezzi a certa luce sembrano assurde e ingiustificabili. La fede
l'ho incontrata in un paesino di settemila anime e ne ho sentito tutta
la forza, tutta l'energia che settemila corpi possono sprigionare
quando sono tesi verso lo stesso obiettivo e spinti dallo stesso credo.
È facile il paragone, certo, tra una processione religiosa e un corteo
politico, ma l'atmosfera seria, tesa, irreale quasi che in entrambi i
casi si sprigiona è la stessa. Una mi appartiene l'altra no, e l'ho vissuta
da spettatore rispettoso e attento. E ho capito che la religione può
andare oltre un semplice culto ecclesiastico e che usare termini
come fanatismo o follia collettiva è riduttivo. E ho capito che ci sono
cose che possono sembrare kitsch, di cattivo gusto, carnevalate
prive di senso, ma un senso lo acquistano nel momento in cui più di
diecimila persone si buttano a terra sulle ginocchia in venerazione di
una statua vestita di oro. E c'è un senso, ci deve essere un senso,
anche se a me può sfuggire, anche se io posso non coglierlo, ma ci
deve essere se mille persone si percuotono il petto con una spugna
di sughero su cui sono infilzati spilli, per più di sei ore, sanguinando e
soffrendo in segno di fede e penitenza.
Io non sapevo cos'era la fede, lo ignoravo, da uomo ancorato ai
miei vizi, alle mie lamentele continue, ai miei contesti da cui
difficilmente riesco a slegarmi, ai miei libri scritti da altri uomini come
me e che parlano di uomini come me. Io ignoravo la fede. E se è
questa dunque la fede mi spaventa.
dario
Yuppie flu
Giovedì 11 Settembre.
Mata Hari - Cutrofiano
Yuppie flu sono una di quelle band che fa tirare un respiro di sollievo per le sorti della
nostra musica indipendente. Il loro atteso ritorno ha confermato l'evoluzione di un
percorso cominciato nel '97 con “Automatic but static” è proseguito nel '99 con
“Yuppie flu at the zoo”, album che sembra rievocare alcune suggestioni in stile
Pavement unite a piccoli accenni psichedelici di stampo Mercury Rev.
Con “Days Before The Day” il tiro si alza e il risultato è un disco maturo e di una
bellezza e di un'intensità rara. Un indie pop accattivante, sognante, confezionato
come un pacco di caramelle. Una canzone tira l'altra e vorresti che il disco non finisse
mai. Brani che uniscono un'elettronica minimale a chitarre, archi e una voce timida e
svogliata che ricorda quella dei Grandaddy.
Ci muoviamo nei territori low-fi e il tutto è accostato con una semplicità emozionante e diretta che ti cattura e rallenta il ritmo e il rumore di
quello che ti circonda. Raffinato e ricercato, pieno zeppo di canzoni bellissime, “Days before the day” è un disco che non ha geografia, un
disco che segna la resurrezione annunciata di una scena italiana senza targa, che viaggia e va lontano grazie anche a gruppi come
Giardini di mirò e Julie's hair cut.
Lingerie, Psycho Sun, Violle.
Sabato 13 Settembre
Palazzo Ducale - S.Cesario
Una serata, tre concerti, tre band, tre generi musicali, tre realtà del Salento alternativo. Nel
Palazzo Ducale a S.Cesario Lingerie, Psycho Sun e Violle.
I Lingerie sono una giovane band che propone un fresco e potente power-pop. Melodia ed
energia unite in canzoni guidate da una chitarra e una voce tutta al femminile. Una band che
si muove nei territori del nuovo rock italiano contaminandolo con soluzioni che ricordano un
po' il grunge. Gli Psycho Sun sono una delle band storiche della scena indie salentina. In pista
dal '95 gli Psycho Sun suonano un garage-punk sporco e veloce. Pezzi vecchi e nuovi in attesa
del nuovo lavoro in studio in uscita in autunno.
I Violle sono una delle band più sperimentali del nostro rock. Post-noise cantato in italiano,
intricate strutture e intrecci musicali che lasciano affiorare melodie wave.
Il rock nelle sue varie forme, uno spaccato della nostra musica.
Caffè e
sigaretta
cacata perfetta
Dopo pranzo
come digestivo
Prima di pranzo
come aperitivo
Birra e sigaretta
serata perfetta
Se sei nervoso
accendine una
Prima di dormire
per chiudere
in bellezza
Non conto le sigarette
che fumo ogni giorno,
altrimenti mi innervosirei
e fumerei di più.
Appena sveglio
per ripartire
alla grande
Non negare,
anche tu
dopo l'amore
Una per ritrovare la
concentrazione
Due per distrarsi del tutto
Personalizza il tuo pacchetto con gli esclusivi stikers di CoolClub.it
Caffè Letterario
Sabato 13 Settembre
Via Paladini n° 46 - Lecce
Il Caffè Letterario ritorna anche quest'anno per un inverno pieno di musica, teatro, mostre. Come ogni anno continuano i corsi per imparare,
avvicinarsi o appassionarsi a una lingua, a uno strumento, alla fotografia, al cinema, alla letteratura. Come ogni anno è possibile leggere i
libri in consultazione, trascorrere un piacevole pomeriggio e ammirare ogni due settimane l'allestimento di una mostra diversa. E poi le serate
in compagnia di Sound & Vision for the club ogni mercoledì, l'appuntamento settimanale con le selezioni dei dj di Coolclub. E ancora piccoli
spettacoli teatrali, concerti acustici, presentazioni di libri e tanto, tanto ancora.
Sabato 13 settembre inaugurazione, presentazione della mostra The Cheap Show (sette digitopitture a cura di Paolo Guido) e musica con
Sound & Vision for the club.
Svegliarsi e avere
la sensazione di
non essersi
lavato i denti.
Accendersi una
sigaretta
e sentirsi meglio.
Non fare fumare
agli altri le tue
sigarette.
Che se le comprino.
L'alcol
uccide (ops!)
Meglio prima,
dopo, o durante
il sesso?
Se le fumava
anche Gighen
Preserva i fumatori.
Non fare avvicinare
loro i bambini.
E SONO RIMASTO Lì COI MIEI ADDOMINALI...
E SONO PURE SIMPATICI
“L'estate sta finendo un anno se ne va sto diventando grande lo sai che non mi va”
cantavano qualche anno fa i mitici Righeira che poi fecero una brutta fine e uno dei due
(e non vorrei querele) finì dietro una ringhiera (del carcere). L'estate sta finendo e ci
porteremo dentro molte cose da quelle tristissime a quelle allegrissime come al solito. Ci
porteremo dentro l'estate più torrida dell'ultimo anno (con i black out programmati e
quelli improvvisati), la fine della guerra in Iraq (scusate mi ero bushizzato), le esternazioni
matte e disparate di Berlusconi (presidente la saluto). Condurremo negli annali della
memoria le dichiarazioni su Ustica del premier libico Gheddafi (anche i generali ormai
sono regolarmente eletti) e avremo nella mente il primo gol di suo figlio che dopo aver
acquistato delle azioni della Juve scende in campo con la maglia del Perugia. E visto che
in Italia si vive di solo calcio ricorderemo a lungo le polemiche sulla serieABC con il decreto
Salva-Calcio del Governo che ha combinato più guai di prima. La giustizia sportiva non
esiste più, la giustizia divina latita. Se vinci perdi, se perdi vinci.
E a proposito di sport questa estate è proseguito il tormentone delle veline, schedine,
letterine, littorine, con calciatori, cestisti, velisti, astisti, castristi. Insomma tg trasformati in
Novelle2000 quotidiane con Vieri che si scoccia e cambia Canalis, con la Kanakis che
sfodera le presenze da salotto, e le gite alle Canarie che si trasformano in calvari per turisti
faidate. Insomma racconta racconta i tg delle vacanze abbondano in culi e sfoderano
tette prodigio tanto che Tinto Brass ha sentito l'esigenza di andare oltre e fare un vero film porno.
Ma soprattutto di questa estate ricorderò la vagonata di concerti che si sono tenuti nella provincia di Lecce: Gilberto Gil, De
Gregori, Max Raabe, Lindo Ferretti, Lou Reed, Caetano Veloso, Carmen Consoli, Franco Battiato, Goran Bregovic, il Tora Tora,
Roy Paci, Manuela Villa, Christian, Ricchi e Poveri, Scialpi, Spagna, Dik Dik sono passati tutti da qui. Famosi e meno Famosi (e
anche quelli di Saranno Famosi), giovani e meno giovani (una vera carica dei 101 anni) hanno tutti approfittato delle bellezze
salentine, compresi Gorbaciov che si è scoperto portare in testa la voglia a forma di Salento - e Stewart Copeland che ha
guidato con potenza la Notte della Taranta con 40mila persone in piazza a Melpignano.
E poi porterò i segni del mio tormentato rapporto con le
radio, con quell'aggeggio che gracchia sempre le solite
fantastiche canzoni. E io sono ormai schiavo del mio
telecomando e vado alla ricerca come il pane dei titoli, delle
hits, dei classici che classici sono solo per una estate. E allora
devo consegnare la palma d'oro a quei geni delle Vibrazioni.
“Stringimi ancora come quella volta in spiaggia, con la
luuuuuuna in una notte d'estate”: altro che Giulia (anche se
probabilmente pure questa è dedicata a lei con quello
sconvolgente riferimento al seme sul ventre) questa è roba
per intenditori. E che dire del Capitano Uncino (che è figlio di
uno dei Pooh, credo quello del SI PUOA) o di Dj Bobo che ci ha scassato con il suo cane o Neffa “prima di andare via”. Ma poi è
stata anche l'estate del rilancio femminile (e poco femminista) delle sorelline Paola e Chiara. La loro carriera rappresenta
l'evoluzione della specie: da “Amici come prima” a “Kamasutra” il passo è breve. Con questo video hanno veramente fatto un
colpo da 90 (posizioni, però). A proposito di numeri arriviamo al 9 di Eros Ramazzotti la sua “Emozione per sempre” è uno dei
tormentoni di questa Estate 2003, un inno all'amore (mi pare) presentato al Festivalbar dalla ex moglie Michelle Stuzzicher che
dopo mesi di astinenza (propagandata da tutti i giornali) torna tra le lenzuola (propagandate da tutti i giornali). E poi si faccia
avanti chi riesce a spiegarmi la canzone della signorina dammitreparolesolecuoreamore. Un testo allucinogeno che parla di
pane, patate, bricco, briccona, colla, cipolla. Altri tormentoni alla Tiziano Ferro sono stati Gatto Matto di Roberto Angelini e
quello scassone di Paolo Meneguzzi vero, falso, vero, falso: più che una canzone una macchina della verità. E poi, come al solito,
spazio ai ritmi latino americani con il Jovanotti che produce il suo collettivo con A vida e i Tribalistas che hanno imperversato con
Ja sei innamorar. Ultimo pensiero per il figlio delle stelle Alan Sorrenti che si è riproposto con un pezzo da spiaggia. Last but
(assolutamente) not the least un uomo chiamato Cardillo che, scaricato dalla sua dolce pulzella, rimane lì con gli addominali. Se
gli avessi anche io potrei diventare un cantante. Invece posso solo cambiare canale.
Gazza
Mama Roots
Giovedì 18 Settembre
Mata Hari - Cutrofiano
Serata a tempo di reggae con una delle migliori band pugliesi: i Mama Roots. Sonorità tipiche
della tradizione reggae, arrangiamenti semplici, accordi legati alla giusta melodia per questa
band tutta brindisina. Il gruppo nasce alla fine del 1999 dall'incontro tra ragazzi provenienti da
esperienze eterogenee ma accomunati dalla passione per la musica reggae.
Il primo album autoprodotto composto da 9 tracce inedite "Difendo Ideali" ed il tour
promozionale, nelle cui esibizioni creano un grosso feeling con il pubblico, portano i Mama Roots
all'attenzione della scena musicale reggae: partecipano ad importanti eventi live quali Suoni
della Terra, Sikula Reggae e Raggadam party.
Con il nuovo Cd arriva la partecipazione al Rototom Sun Splash, il più grande happening
europeo di musica reggae che si svolge come ogni anno ad Osoppo (UD).
Giorgio Canali
Giovedì 25 Settembre
Mata Hari - Cutrofiano
Giorgio Canali è conosciuto ai più come il chitarrista prima dei C.S.I. e poi dei P.G.R. al fianco di Giovanni
Lindo Ferretti e Gianni Maroccolo. Il debutto come solista è avvenuto nel 1998 con l'album “Che fine ha
fatto Lazlotoz”, pubblicato in Italia dalla Sonica e distribuito in Francia con il titolo "1000 Vietnam".
Accanto all'attività di musicista ha sempre affiancato quella di produttore lungo tutta la sua carriera,
portandolo a collaborare con band italiane e non come Noir Désir, Corman & Tuscadu, Timoria, PFM,
Litfiba, CCCP, Yo Yo Mundi, Santo Niente, L'Upo, Verdena, Tre Allegri Ragazzi Morti, Virginiana Miller, Circo
Fantasma, Marlene Kuntz,, Macromeo, Ulan Bator, Melt, Mush, A Suble Plague, FFF, Fourire, Puntog Blu,
Wolfango e Despondents.
Nel 2002 pubblica per l'etichetta indipendente Gammapop - a pochi mesi di distanza dall'omonimo
album dei P.G.R. - il suo secondo disco solista, intitolato “Rossofuoco”.
DISCOGRAFIA ESSENZIALE
CHE FINE HA FATTO LAZLOTÒZ - 1998 Sonica/Polygram
ROSSOFUOCO - 2002 Gammapop
Royal Rumble
Sabato 4 Ottobre
Istanbul Cafè - Squinzano
Ritorna l'Istanbul Cafè, il locale simbolo del divertimento
alternativo leccese. Torna anche quest'anno con la sua
programmazione fatta di eventi live, dance hall e feste. Torna
con la sua rosa di dj al completo per la grande serata di
inaugurazione. Torna la grande sfida, torna il mitico Royal Rumble.
Ve lo ricordate il Royal Rumble? Lo scontro finale, la grande rissa. Erano gli anni del Wrestling
e la voce di Dan Peterson commentava le eroiche imprese di guerrieri che lottavano per
vincere. E il 4 Ottobre la sfida si trasferisce nell'Istanbul Cafè. I gladiatori del lettore si
scontrano con i macisti del vinile nella più grande serata dell'anno. In consolle alcuni dei tuoi
dj preferiti pronti a darsi battaglia per trionfare, per stabilire una volta per tutte chi è il
migliore. Sonic the Tonic, Insintesi, Tobia Lamare, Postman Ultrachic si incontreranno
nell'arena per farti ballare. Un melting pot di generi musicali, un crogiuolo di suoni per
divertirti tutta la notte. Tutti siete invitati a questa battaglia che alla fine proclamerà un
vincitore. Ne resterà solo uno, e chi vince lo decidi tu. Balla, fischia, batti le mani, salta.
Dimostra con ogni tecnica possibile la tua approvazione.
Non esistono limiti di genere, ogni stile, ogni forma musicale, anche quelle segrete e proibite,
sono accette nella grande sfida.
ISTANBUL CAFE
Alternative since 1997
Intervista a Cristiano Godano-MK
Alle due e mezzo di un afoso pomeriggio di inizio Agosto ho un appuntamento telefonico con Cristiano Godano per un'intervista.
Compongo il numero datomi dal suo manager ma in realtà non mi sarei aspettata di trovarmi a parlare direttamente con lui. “Ciao sono
Valentina, chiamo da Lecce, per il Salento Summer Festival, dovrei fare un'intervista...”- “Sono io”.
Penso “ah”. Metto da parte, in un attimo, quello che probabilmente gli avrei chiesto in altra sede, in altri momenti e attacco…
Vorrei iniziare con il ripercorrere quella che è la storia dei Marlene Kuntz.
Da quando Riccardo e Luca, nel lontano '89, incontrano te, che uscivi dall'esperienza Jack on Fire, e iniziate a suonare insieme. Nel '94
l'uscita del vostro primo disco Catartica, ancora senza Dan al basso, che arriverà nel '95. Da allora siete sempre e solo voi. Squadra che
vince non si cambia...
Beh, non si tratta di una squadra che vince. Sicuramente una squadra che ha capito sin da subito che insieme si lavorava bene e che ad
ogni prova riusciva a dare il meglio di sè, per misurarsi e superarsi. Come succede per ogni forma d'arte nell'avventura artistica ci deve
essere condivisione e noi abbiamo condiviso l'onestà intellettuale di fare le cose come volessimo farle, sempre. Senza interferenze.
Con orgoglio siamo arrivati al nostro quinto album, in attesa del sesto. Non è facile per un gruppo che fa musica rock, non proprio
uniformata al panorama musicale che è intorno.
E proprio a proposito di questo, una volta hai detto che la maggior parte della stampa di rilievo vi considera una band “eccessiva”. Ma tu
hai idea di quanti invece considerandovi per nulla eccessivi vi seguano con dedizione e passione?
... Anche io sono una persona passionale e mi accorgo e apprezzo la gente che ci segue. Ne sono orgoglioso. I Marlene hanno subito
diverse critiche ma quello che fanno è esattamente ciò che vogliono dalla musica. Così come non capisco perché ci si debba aspettare
da loro una musica a tutti i costi aggressiva. Cristiano Godano ha 36 anni adesso, è cresciuto, e la sua musica con lui. Il tempo passa, si
cambia, si matura.
Ascolto e riascolto i vostri lavori, da Catartica a Senza peso. Da Sonica ad Esangue Deborah, da La vampa delle impressioni ad Ineluttabile,
da Cara è la fine a Schiele, lei, me. Mi sembra che ogni vostro pezzo celi una storia dietro di sè. Contrasti forti e irrisolvibili che vivono dentro
ognuno di noi, ai quali tu riesci a dar voce.
È un modo molto romantico di leggere la nostra musica. Certamente nel comporre un pezzo risalgono alla memoria delle esperienze vissute,
ma non tutto quello che viviamo è tradotto in musica e trova spazio nei nostri brani. Ciò che più mi interessa è non ripetermi mai in quello
che faccio. Cerco di far emergere diversi stati emotivi, senza mai sconfinare nella gratuità. Ovviamente non posso parlare di tutto ciò che la
gente prova dentro sè. Sarebbe troppo difficile farlo, ed io non sono un genio.
Cristiano, i testi dei vostri brani sono scritti da te. Immagino che tu
legga tanto, ma quanto ti piace scrivere? La tua scrittura sarà sempre
solo legata alla musica o hai in mente di scrivere dell'altro? Per
esempio (e sorrido) ho letto Il vortice, scritto nel '97, quando qualcuno
ti chiese di buttar giù qualcosa…
(Ringrazio Jory per avermi fatto conoscere Il Vortice, che non
conoscevo ndr)
E ti è piaciuto? Sei la prima persona che mi parla di quel pezzo, sono
contento che tu lo conosca.
Mi considero un buon lettore, anche se ciò che leggo richiede grande concentrazione, cosa che non sempre riesco a trovare, per la vita
che conduco.
Lo scrivere poi mi procura una tribolazione interiore, ci metto dentro tantissima energia, è una fatica.
Non voglio deluderti con la mia risposta, ma non credo che per ora scriverò qualcosa. C'è tanta letteratura in giro, buona o meno, e io ho
paura di affrontare questo tipo di lavoro, adesso.
Due dei miei testi in particolare sono autoreferenziali e parlano del particolare mondo delle proprie creazioni. Ad esempio “Ci siamo amati”,
che fa parte dell'ultimo cd, sembrerebbe una storia d'amore tra un uomo e una donna… Invece parla del rapporto tra me e qualcosa che
io ho prodotto.
(Penso alle parole di quel testo- “Ti ho voluta senza pormi freno e mi hai pervaso quasi fossi la mia divinità…”- sorrido tra me e me e
continuo)
Sono contenta che tu mi abbia svelato il significato di quel pezzo, me lo sono sempre chiesto. Ma adesso, parlami dell'intensa attività live
che vi sta vedendo impegnati in questo periodo, tre mesi di tour…
Sta andando bene, i ragazzi vengono in tanti ai nostri concerti. Questo è un momento particolare e difficile per i gruppi, per quanto riguarda
la vendita dei dischi -naturalmente il fenomeno Internet incide- ma noi siamo felici di come stia rispondendo il nostro pubblico. Dopo cinque
dischi non potremmo desiderare nient'altro, sono sempre ancora in tanti a seguirci.
È vero (confermo io)… e dunque arriverete anche nel nostro basso Sud per una tappa del vostro tour. Cosa ci proporrete al Salento Summer
Festival? Inizierete con brani nuovi per concludere con pezzi tratti dai vecchi lavori? Ricordo la scaletta dei concerti visti quest'inverno…
No, non inizieremo con le tracce di Senza Peso, sarebbe stupido. Nessun gruppo inizia un concerto con pezzi che il pubblico non ha ancora
assimilato…
Però Schiele, lei, me la farai? ( Mi viene spontaneo chiederglielo anche se so bene non sia molto professionale)
Beh…-ride lui- in realtà al momento non sta in scaletta ma se questa è una richiesta… vedremo…
Mi rendo conto che le mie domande siano tese a soddisfare miei particolari desideri e curiosità piuttosto che l'interesse comune. Così decido
di finire la mia intervista e lo ringrazio per i trenta minuti di conversazione. Una conversazione che mi ha aiutato a capire qualcosa in più di
quella che mi è sempre apparsa come una persona misteriosa ed ermetica. Come i suoi testi. Come la sua musica.
Valentina
Erri De Luca
Il contrario di uno
Feltrinelli 2003
Io, come quasi tutti quelli che lo conoscono e con i quali mi capita di parlarne, mi sono innamorato di Erri De Luca leggendo
In alto a sinistra, raccolta di racconti dal gusto elegante e delicato, asciutto e forte. E questo è lo stile di questo scrittore
napoletano di origine, ma operaio a Torino ancora ragazzo. Ogni volta che leggo un libro di Erri De Luca mi capita di
ritrovare in alcune pagine le stesse emozioni che quel primo libro letto d'un fiato mi aveva mosso, ma in pochi casi si è
ricreata quella stessa magia. Credo che questo sia normale e che non sia dovuto all'incapacità dello scrittore di ritrovare la
vena di quei racconti ma ad un diverso stato d'animo da parte di chi leggeva.
Il contrario di uno fin dalle primissime pagine mi ha riportato indietro, a quando aprivo per la prima volta In alto a sinistra, mi
ha subito dichiarato la sua forza di libro di racconti scritto per urgenza, per necessità di uomo che vive in un tempo che sente
il bisogno di dire, di raccontare, attraverso i suoi occhi. Che sono occhi di cittadino che vive con rabbia quello che anche
noi viviamo con rabbia, che assiste non immobile e non immoto alle nostre
stesse tragedie.
Racconti dal tono molto personale, che spaziano dall'impegno civile alla fuga
sulla montagna, all'amore che non è necessariamente quello consolante e
facile di tanti romanzi e pellicole che ci arrivano da oltreoceano. Il contrario di
uno non è molti ma due. E due non prevede necessariamente l'amicizia, o
l'amore, o la militanza dallo stesso lato della barricata. Due prevede anche il
nemico, la violenza, la ferocia e la cattiveria, che Erri De Luca dichiarandosi
umano fino in fondo non nasconde di avere, come in Una storia molto cattiva,
racconto di montagna che lascia trasparire con cruda semplicità come due
uomini possano ammazzarsi così “solo perché sono vivi”.
Al centro del libro viene riproposti vecchi racconti che Erri De Luca ritiene
abbiano riacquistato oggi il loro senso originario.
Un libro serio Il contrario di uno, che non ti accarezza, ma ti tiene sveglio,
perché per pensare bisogna essere svegli e Erri De Luca è uno a cui piace
pensare e far pensare. E ci riesce.
Dario
Oggi 2 settembre 2003
di Davide
...ovvero patchwork di fine estate.
Meno 12 giorni all'inizio della scuola. Meno 16 alla festa di San
Giuseppe da Copertino (protettore degli studenti). Meno 82
giorni ai miei trent'anni. Meno 120 all'inizio di un nuovo anno.
Spoltronato “osservo”, un pò cinico e un pò deluso, il sentore
che mi pulsa nell'orecchio e che in alfabeto morse mi avvisa il
principio di un fallimento: il mio!
395 giorni fa son tornato nel salento: tanto sole, mare, ientu e
poche certezze sul mio futuro.
Devo andare a teatro. Sto leggendo un promo; dice: “Mi
dimetto dagli ulivi, mi dimetto dalle frisellate per turisti. Mi
dimetto dalle pennellate di bianco sui centri storici. Mi dimetto
dal dover amare indistintamente tutti i miei parenti. Mi dimetto
da lu sole, lu mare, lu jentu. Mi dimetto dal Sud. Io mi dimetto,
e tu?” Anche io! Non reggo più. Sole, mare, vento, nottate,
percorsi eno-gastronomici, storie, parenti che ti domandano in
continuazione:
HaiTrovatoLavoroHaiLaFidanzataQuandoTiSposi, “parole,
parole, parole” e ancora parole che fanno “molto rumore per
nulla” nell'attesa de “Il Miracolo”. Nel frattempo traccio le
“strade” del mio “discolabirinto” alla ricerca di una “nuova
ossessione”, immaginando una vita piena di
“epica,etica,etnica,pathos” come una “mosca bianca” ne
“l'era del cinghiale bianco”. Ma “un tram chiamato desiderio”
- “il vile” - , “comu na petra”, fa “tabula rasa elettrificata”
buttando “tutti giù per terra”. Così “il paradiso può
attendere”, mentre sogno che “la signora della porta
accanto” mi porti “fragola e cioccolato” e, nell'attesa che
arrivi “il grande freddo”, “io ballo da solo” “il valzer di un
giorno” con “canzoni preghiere danze del II millennio”.
Mark Cirino
Appaloosa
L'amore inutile
TEA 2001
Appaloosa
Ondanomala rec. 2003
Cammina dritto e veloce senza meta tra le strade grandi e affollate di New York. Incrocia gli occhi di milioni
di persone, sguardi muti e senza significato. Sfiora le labbra di colei di cui conosce a stento il nome,
Cuoredoro la chiama. Beve whisky e suona l'armonica. Tutto questo quando il suono assordante di uno
sparo rimane ancora vivo e si propaga nell'aria e quella scena straziante di lei, la sua lei, “sparpagliata su
tutto il pavimento”, gli è ancora impressa negli occhi. Come forse lo sarà sempre.
È la storia di Sam, protagonista di questo libro-monologo, un libro e un monologo che mi è piaciuto e non
piaciuto, a volte così crudo e aspro da far strizzare gli occhi, a volte così sincero e poetico da farli quasi
lacrimare. Perché c'è poco da fare, l'amore fa piangere e la morte ancora di più. Tutt'e due insieme sono la
rovina.
Mark Cirino, americano, al suo libro d’esordio, scava nella psiche di un ventunenne alle prese con il suicidio
della sua ragazza, sua amica, sua convivente. Leonia, “non una tipa facile”. E allora niente è più lo stesso. E
non riesce più ad ascoltare quella canzone che ascoltava con lei, non riesce più a fare l'amore, non riesce
più a vivere in quell'appartamento in cui entrambi vivevano.
La sua vita è distrutta e da ricostruire. Così decide di tornare nel New Jersey, Sam, nella casa di genitori che
non sono mai riusciti a capirlo. E come il ritmo di un pezzo rock e come il testo di una canzone blues, le parole di Sam scivolano via, si
rivolgono al lettore, amico e confidente per qualche istante. Scaricano la sua rabbia, urlano silenziosamente il suo dolore, fanno a pezzi i
ricordi, infrangono la realtà. Con un tono ironico e un linguaggio spontaneo, a volte fin troppo, il protagonista attira l'attenzione, cerca sfogo
e complicità.
“ Potrebbe essere una sinfonia creata da una rock band” dice l'autore del suo libro. “ E il rock esprime esattamente ciò che una persona è,
e sente”. Appare più un musicista che uno scrittore, nella scelta delle parole, pungenti, nelle frasi, scarne. Sulle note di questo romanzo
s'increspano le mille riflessioni che un suicidio può provocare, sensi di colpa e rimorsi compresi. Le mille immagini di un mondo sfalsato visto
attraverso gli occhi di un Sam ancora sotto shock. Musica, pensieri e poesia incontrano il disincanto, la durezza e l'aggressività.
Da due anni è nata Ondanomala Records, l'etichetta
discografica di Arezzo Wave. Da due anni Ondanomala
produce le compilation che accompagnano il festival e,
ciliegina sulla torta, anche dei gruppi che al festival ci vanno
come partecipanti e non come ospiti. I primi fortunati sono
stati gli Amari, la seconda uscita, dal mio punto di vista più
convincente della prima, è quella degli Appaloosa, band
livornese vincitrice nel 2002 delle selezioni regionali toscane.
Magistralmente prodotto da Alberto Brizzi, questo disco è
suono allo stato puro. Figlio di Tortoise, Dirty Threes, Don
Caballero. Un disco strumentale, sporco, distorto, pulito,
distorto, ipnotico. Un insieme di viaggi con partenza, senza
ritorno. Vibrazioni positive, geometriche, che a volte possono
sembrare ripetitive, ma che ci mettono un attimo a deviare su
canali diversi, palpitanti, disomogenei e carichi di tensione.
Post Rock? Questo non è un termine che mi piace moltissimo,
preferisco chiamarlo Rock Sperimentale. A tratti fusion, a tratti
jazz condito da sano noise rock. La cosa stupefacente poi è
l'eta media dei tre livornesi, 20 anni e una grande padronanza
degli strumenti oltre che una
interessante e matura vena
artistica. Da citare sicuramente
"Tozzi decadence", il brano
presente anche sulla compilation
di Arezzo Wave 2002, un loop
distorto e ipnotico; "Agitated
Summer", brano spezzato ricco di
accelerazioni e cambi ritmo fino
ad arrivare alla settima traccia, "Z",
nervosa e convulsa.
Certo questo disco non è di
facilissimo ascolto, sicuramente
però è una produzione
coraggiosa, soprattutto se
proposta da una struttura come
Ondanomala records che aspira ai
piani alti della discografia
indipendente italiana.
Cesare
Irina Denezkina
Dammi! Songs for Lovers
Einaudi
Cos'è la globalizzazione?
Se cercate da mesi una risposta e neanche il mattone No global ve l'ha fornita,
e come avrebbe potuto?, leggete Dammi di Irina Denezkina.
Dalla quarta di copertina scoprite che l'autrice è russa ha vent'anni e
raggiunge successo in patria in pochi mesi (ma non ci avevano insegnato
'nemo profeta in patria'?).
E già, immaginate un mondo difficile in cui i comunisti si sono mangiati tutti i
bambini fino a poco tempo fa, e quelli rimasti, l'attuale generazione di 1525enni, compresa l'autrice, è costituita dai figli del comitato centrale e dintorni.
Forse è così. Ma non importa.
Perché Irina Denezkina scrive con leggerezza utilizzando immagini note, quasi
care, che ti arrivano subito e poi andando per via ti lasciano un sorriso di
consapevolezza.
Negli undici racconti in cui si sviluppano storie post adolescenziali comuni ai
più, i personaggi vivono in una dimensione in cui le conversazioni, quelle vere,
in cui ti dici delle cose vere, si sviluppano in chat, per telefono o tramite
bigliettini affissi in bacheca. Guardarsi negli occhi è vietato, anzi fa quasi
paura. Solo post buona dose di droghe leggere o numero tendente a infinito di
alcolici bevuti per darsi coraggio, senza gusto e poca voglia, gli sguardi si
incrociano ma ormai troppo appannati e stanchi, fanno gli
indifferenti, si dicono solo 'passavo di qua per caso, anche tu?'.
Le femminucce si innamorano di quello bello che suona nella band
locale o del compagno di università con i ricci sparsi e di tre anni più
grande che forse non le vuole e forse poi si, i maschietti il più delle
volte non capiscono (che novità) e intanto si imbottiscono di ogni tipo
di sostanza e cantano un amore che non conoscono, mentre
mamma MTV a fine giornata gli rimbocca le coperte.
Banale, direte voi.
Eppure in alcuni degli undici racconti scopri il puro lirismo
dell'innamorarsi del nulla, il solo piacere di pensare a qualcuno e poi
raccontarlo all'amica/amico del cuore che chiaramente non capisce
o non coglie, scriverci un verso di una canzone che domani avrai
dimenticato.
E se non fosse per quei nomi difficilmente pronunciabili non lo sai più
che sei in Russia e capisci che è vero che siamo una generazione
unica che insegue gli stessi eroi fantoccio al di là di cortine di ferro e di
cortine di un'informazione che non c'è e di cortine mentali che ci
costruiamo da soli. E un po' di rabbia ti viene se questo modo globale
di divertirsi è perdere coscienza di quello che potresti dire. Anche
nella lontana Russia.
Ma questa ragazza lo racconta bene. “Tutto il resto conta poco”.
Maurizia Calò
vintage analogue mics/recorders
8 posti letto + cucina
cell. 3497345120
Lorenzo Corti
Musical Buzzino
Great Machine Pistola
Canzoni fatte in casa, il progetto solista di Lorenzo Corti,
chitarrista di Cristina Donà e in passato dei Delta V. Un disco
italiano, un altro nuovo e interessante lavoro che ci
allontana, fortuna, da bel canto e prodotti sanremesi per
farci scoprire un'Italia dal respiro più internazionale. Un disco
fatto di brillanti episodi pop in acido, canzoni in inglese nate
in un periodo di pausa forzata registrate in casa di Lorenzo
con alcuni amici musicisti e con la supervisione di Giovanni
Ferrario dei Micevice. Si chiama “Musical Buzzino” ed è uscito
per l'etichetta bresciana Great Machine Pistola con
distribuzione Audioglobe questo disco in tredici episodi,
appunti raccolti in giro e registrati come l'esigenza di
trasferire la propria creatività liberamente. Lo stampo del
lavoro è decisamente low-fi, il suono decisamente
anglosassone, i brani di una rara eleganza. È difficile scrivere
delle belle canzoni pop e in questo disco non mancano.
L'album si muove in atmosfere intimiste in cui sembra di
riascoltare il Beck più acustico ( “You”, traccia 4), poche
impennate, tanta melodia, una cura minimalista negli
arrangiamenti e nei suoni ruvidi che accompagnano una
voce sempre un po' sotto, filtrata, a tratti distorta. Tra i brani
originali fa capolino una cover strepitosa di “Maggie May” di
Rod Stewart. I riferimenti musicali sono molti ma mai
invadenti, la chitarra di Lorenzo è capace di compiere
progressioni quasi funky per poi cadere in lunghi sustain pulp
o reinterpretazioni del blues. Il tono che caratterizza le tracce
di “Musical Buzzino” è quello confidenziale. Parole e note
quasi sottovoce, canzoni da suonare e ascoltare in una
stanza. La vera forza di questo disco, messi da parte i facili
entusiasmi, è nella semplicità con cui è concepito sia a livello
compositivo, sia a livello di registrazione e produzione.
Questo lo rende un disco spontaneo, fatto di canzoni vere
composte da un musicista con un indiscutibile talento.
The Cramps
Fiends of Dope Island
Vengeance 2003
Dopo cinque anni di assenza ritornano in grande forma, con un lavoro dirompente, i
Cramps; un quartetto di ultracinquantenni che sembrano uscire direttamente da un set
cinematografico di b-movie horror con retrogusto Russ Mayer.
Dopo i vari problemi con le diverse etichette discografiche sono riusciti ad impadronirsi dei
diritti di tutta la loro discografia creando un etichetta tutta loro, la Vengeance, che oltre a
far uscire l'ultimo album sta ristampando in cd molti dei vecchi lavori.
I Cramps rappresentano uno dei pochi modelli di come sia facile fare rock'n' roll energetico
e malato restando estranei a mode stagnanti… Seguono impavidi e stoici il loro percorso
caratterizzato da coerenza e determinazione.
Siamo di fronte allo psychobilly compatto, che li ha sempre contraddistinti. Non cambia
niente rispetto ai lavori precedenti, suscitano sempre deliziose vibrazioni mettendo il piede in
continua agitazione. Una formula collaudata… brani infuocati con una ruvida
predisposizione ad un rock'n' roll imbevuto di garage punk, blues da cimitero suonato in
chiave alcoolica e con pochi compromessi.
L'album raggiunge l'apice con le cover di un vecchio classico di exotica, “Tatoo”, del
vibrafonista Arthur Lyman dove l'ululato di Lux Interior è dannazione assoluta; con quella
della garage\punk “Hang up” dei Weilers con una timbrica che mi ricorda qualcosa dei
Miracle Workers con tanto di fuzz da brivido. Tra gli altri pezzi bisogna segnalare “Color me
black” con un riff alla Link Wray (rumbe) che innesca una lirica psychotica; e ancora “mojo
man from mars” con dei ritmi primitivi ed una chitarra sferzante; oppure l'alienante “dr
fucker m.d”.
“Poison ivy” è sempre piu' risoluta, acida, tagliente, velenosa ed ha quasi imparato a
suonare la chitarra, mentre Lux Interior è il solito con la voce cavernicola, che ringhia, fa le
fusa, strilla… un autentico lupo mannaro da palcoscenico.
Certamente i Cramps non saranno mai una band di successo (vedi strokes e rock'n'roll da
sfilata vario) e non credo sia nei loro piani esserlo… ma di certo nel loro ambito sono e resteranno i
migliori.
Postman Ultrachic
Lotus
Rufus Wainwright
Troismi
Nessuno è innocente
Mescal
Want One
Dreamworks Universal
Marie Darrieussecq
Guanda
Amerigo Verardi è uno di quelli che ha cambiato, influenzato,
rivoluzionato la musica degli ultimi 20 anni, Amerigo è uno di quelli che si
è mosso lontanto dai riflettori, uno di quegli artisti amanti dell'arte e
disinteressato a tutta l'altra parte, un piccolo grande genio
misconosciuto al pubblico, adorato dalla critica e amato dai “colleghi”.
Molti, anche se non lo sanno, devono qualcosa a lui. Partendo dagli
Allison run, rivelazione in Italia e all'estero della fine degli anni 80, ha
pubblicato poi come solista, con il progetto “Lula” nel 93, ha collaborato
con musicisti, ha all'attivo molte esperienze come produttore e oggi
Lotus, la sua nuova creatura. Di lui e della sua musica, hanno detto
tantissimo, hanno paragonato il suo lavoro a quello di artisti come
Barret, Beatles, Velvet Underground, Television, Robyn Hitchcock, Julian
Cope, Battisti, Tenco. Quello che ho sempre pensato e che continuo a
pensare ascoltando il suo nuovo bellissimo ultimo lavoro “Nessuno è
innocente” è che Amerigo Verardi è una di quelle schegge di genialità
che ogni tanto sfiorano la nostra musica.
Ascoltando il disco si è rapiti da spirali anni '70 che ti portano dentro storie
scritte e raccontate con ironia e poesia. Parole e musica vivono di un
amore delicato, fragile. In bilico tra rock, atmosfere più dilatate e
psichedeliche, piccole ballate d'amore. Il disco vanta collaborazioni di
tutto rispetto, oltre ai Lotus Claudio Chiari e Silvio Trisciuzzi ci sono vari
zampini interessanti (Manuel Agnelli, Giovanni Ferrario, Federico
Fiumani, Sandro Palazzo dei Lova e Francesco Bianconi dei Baustelle).
Un disco semplicemente bello dalla copertina all'ultima nota.
Ci fanno sempre un po' sorridere i
nostalgici che sostengono a spada
tratta la miglior qualità della musica
del passato: "Ai miei tempi sì che i
dischi erano belli. Volete fare
confronti con la spazzatura che ci
propinano adesso? E' più che
comprensibile che si vendano
poco." La politica delle radio non è
mai stata tanto devastante,
bisogna riconoscerlo. Perfino Radio
Rai, l'ultimo baluardo in difesa delle
produzioni meno commerciali, sta
cedendo alle lusinghe (?) di un
mercato asfittico. Ma la bella
musica c'è. Basta guardarsi un po'
intorno e aprire le orecchie, per
accorgersene. Prendete questo
disco. Ne scriveranno i soliti testardi,
quelli che non si accontentano di
quel che passa il circo radiofonico/televisivo. Nessuno ve lo farà sentire.
Non lo troverete nel negozio sotto casa o all'ipermercato.
Eppure... è quanto di più brillante e originale sia comparso in questo
ultimo scorcio del 2003.
Rufus Wainwright, canadese, poco meno di trent'anni, è un figlio d'arte.
Suo padre, Loudon Wainwright III è stato uno dei numerosi candidati al
titolo di "nuovo Dylan" e ha al suo attivo una discografia di eccellente
livello. Sua madre, Kate McGarrigle, ha sempre lavorato in duo con la
sorella Anna ed è uno dei nomi più amati dai cultori della canzone
d'autore d'oltreoceano. Rufus, bastian contrario come tutti i figli di
talento, ha rivolto le sue attenzioni più all'opera, al musical e ad autori
come George
Gershwin o Cole Porter che al folk e al suono acustico in cui era
cresciuto. I suoi primi due album, "Rufus Wainwright" (1998) e "Poses"
(2001), sono espressione di una musicalità e di una creatività a dir poco
sorprendenti. L'unico cantautore cui ci sentiamo di paragonarlo è Harry
Nilsson, che negli anni Settanta piazzò un paio di canzoni “Everybody's
Talkin” e “Without You” - in vetta alle classifiche americane ed europee.
"Want One" è la conferma che Rufus non è una meteora destinata a un
repentino tramonto. Sense of humour, eleganza, amore per la musica a
360 gradi (nella canzone che apre il disco, "Oh What A World", c'è una
citazione del celebre Bolero di Ravel), uniti a una tecnica vocale e
strumentale invidiabile, sono la cifra stilistica di uno dei musicisti più
interessanti della sua generazione. Ce n'è abbastanza per smentire i
nostalgici di cui sopra...
È come una specie di Animal farm al contrario con un che di
Metamorfosi di Kafka, un'allucinante storia all'interno del
piacere e del suo degrado, una storia esilarante ma anche
amara, la metafora dello sprofondo ma anche un'esortazione
alla libertà. È un libro apparentemente leggero questo Troismi
una storia semplice, divertente e scritta bene. C'è una
commessa di una profumeria che non vende solo profumo ma
che si intrattiene felicemente con i clienti. In un vortice di sesso
che si spinge sempre più oltre qualcosa comincia a cambiare. È
lei che cambia, il suo corpo. Comincia a rifiutare la carne, le
spuntano più seni, diventa, nel corso delle pagine, una scrofa,
anzi una troia. E il tono del libro cambia, l'atmosfera cambia e
parte un'avventura surreale, una fuga alla scoperta della pace
della propria dimensione. E in un ritmo frenetico, a tratti
grottesco si susseguono vicende e aneddoti raccontati a
posteriori da questa neo scrofa.
Un libro che nella sua semplicità riesce comunque a solleticare il
lettore. Leggendo Troismi si ride, e molto, ma si pensa anche. Ci si
interroga paradossalmente sulla vera natura delle cose o delle
persone, ci si interroga su alcuni meccanismi che regolano la
nostra società, sulla vicinanza dell'uomo alle bestie, sulla libertà.
“Troismi… in un certo senso è un manifesto letterario: l'avventura
di una donna alienata (al punto di non realizzare che è una
prostituta) che può liberarsi un pò dei cliché per trovare la sua
voce. Il suo corpo che si trasforma, significa per lei che ora,
immediatamente, se vuole sopravvivere, deve cominciare a
pensare.” ( da un'intervista con Marie Darrieussecq di Becky
Miller e Martha Holmes).
Osvaldo
Loma
Eighteen years of sin
Audioglobe
“È il disco dei trent'anni” ha detto una mia amica tutta speciale
quando mi ha fatto ascoltare il disco e nonostante i miei sforzi
credo sia la definizione più azzeccata . Dopo quattro anni di
silenzio Paola Maugeri, conosciuta più per la sua lunga carriera a
spasso per trasmissioni musicali, torna con un nuovo progetto
musicale in compagnia di Massimo Ferrarotto. Una sorta di
evoluzione dei vecchi Puertorico, passaggio alla chitarra per
Massimo (batterista della precedente formazione), cambio di
nome, otto nuove canzoni, nuove strade musicali. Filo conduttore
tra passato e presente è il pop, esplorato e riproposto in chiave
diversa. Loma il nome del “gruppo” o meglio “duo”, tante le
collaborazioni che hanno dato vita a questo disco dal titolo
“Eighteen years of sin”. Solo per fare due nomi Cesare Basile alla
produzione artistica e John Bonnar (Dead Can Dance) agli
arrangiamenti degli archi, e non è poco. Solo otto brani, come un
abbozzo delle possibili strade percorse e percorribili. Otto episodi
divisi tra italiano e inglese. La scelta della nostra lingua per alcune
canzoni rinfresca piacevolmente alcuni stilemi di stampo elettroacustico donando loro immediatezza espressiva. La voce di Paola
si alterna a quella di Massimo con delicatezza, quasi sottovoce. Il
clima generale è tiepido, autunnale, intriso di dolcezza e tristezza.
È come se il disco si muovesse in un'atmosfera sospesa, come se i
brani fossero riflessioni su una stagione, un momento in cui scoprire
una nuova maturità, un nuovo modo di percepire la realtà.
Forse un po' pochi otto pezzi per tirare le somme di un progetto,
un esordio (se così si può dire) promettente, forse l'inizio di una
nuova stagione per la nostra musica pop in italiano.
Perturbazione
In circolo
Audioglobe
Si apre con un giro di chitarra. Sempre uguale. Si apre con un pezzo che mi
chiedo cosa voglia dire (La rosa dei 20) e poi è una storia d'amore. Strana.
Ovviamente. È un ritmo scarno, ma efficace.
È un indie rock che si accosta al pop, ma senza inutili commercializzazioni di
sorta. È il terzo disco dei torinesi Perturbazione, sono le fughe e l'ironia e la
malinconia e l'inquietudine di questo sestetto che piuttosto è una famiglia.
Unita e in sintonia.
Richiamano nomi sacri della scena rock, da Belle & Sebastian ai Pavement, The
Smiths, Burt Bacharach, dEUS, Beatles. Fanno tesoro dei lunghi anni trascorsi ad
ascoltare la musica che sa d'innovazione. Si lasciano influenzare da quelle
sonorità. Mi è difficile, le prime volte, ascoltare il cd per intero. Non faccio altro
che mettere e rimettere i primi due pezzi. Quando passo oltre, ho una
piacevole sorpresa. I ritmi, dolci e lenti, si fanno più forti e veloci. Belli,
comunque.
I testi delle canzoni sono scritti col cuore, semplici e diretti. Il violoncello dà il
giusto tocco d'eleganza. Le doppie voci sono lo strumento aggiunto che rende
il tutto più ricco e convincente. Alcuni pezzi sono più leggeri e scanzonati,
divertenti, ma la parte che più mi convince sono le ballate sensibili e
romantiche. E così il cd va avanti e mi prende. Si chiude con due pezzi belli quanto i primi. Si chiude con la stessa dolcezza e lentezza iniziale.
“In circolo è un disco che parla di molte cose, ma soprattutto della crescita. E quindi del senso di perdita, ma anche arricchimento e
consapevolezza...” - spiegano i Perturbazione. “Lasciare da parte la musica che gira intorno, fuggirne per inaugurare un mondo, per svelare
un universo” - questo il loro scopo. E come in ogni cosa, cambiamento vuol dire perdere qualcosa per trovarne altre. Forse migliori.
Basta questa notte malata ad occhi chiusi e basta questo disco per dar vita e forma a questi ultimi giorni d' “Agosto” (seconda traccia, forse
la più nota, sicuramente la più bella del disco). Dar vita e forma ad un'estate che finisce. Alle amicizie perse e ritrovate.
Alle vite che cambiano, ai legami che si slegano. Basta questo disco per fermarsi a pensare a quello che è successo e non hai capito. A
quello che succederà e ancora non sai.
Per pensare a “te che non ho conosciuto”. O forse si. Ieri. Domani. Mai.
Valentina
La rapina in banca
a cura di Klaus Schönberger
DeriveApprodi 2003
I soldi? Chiedili alla tua banca. Confessate, chi di voi almeno una volta nella vita non ha sognato viaggi nei Caraibi, ville da sogno su spiagge
incontaminate, corse mozzafiato a bordo di Ferrari rosse fiammanti, feste dove corrono fiumi e fiumi di champagne francese. E tutto questo
finanziato, confessatelo coraggio, ci avete pensato, grazie ad una semplice, poco faticosa anche se leggermente rischiosa forse, piccola,
rapida ed efficace azione: una rapina in banca. Neanche se siete un prete o un poliziotto credo che il vostro disappunto in questo momento sia
reale e sincero. La rapina in banca da sempre esercita un fascino e una simpatia tutta particolare. È l'unico crimine che non incontra la
condanna della società civile. Raramente si riesce a scandalizzarsi di fronte ad un colpo andato a buon fine, senza spargimento di sangue
innocente, magari svoltosi in circostanze stravaganti ed originali, magari con un bottino straordinario, magari ai danni di una banca
particolarmente grossa e chiacchierata. Sono tanti i motivi che spigano questa innata simpatia del rapinatore di banche e sono tanti i rapinatori
che ci hanno fatto sognare, provare invidia e magari innamorare. Chi non ha sognato di essere il Clyde di fianco alla bella Bonnie o viceversa?
Quale donna non ha segretamente sognato di incontrare un ladro gentiluomo come Renè Vallanzasca o Horst Fantazzini? E quanti scrittori e
cineasti hanno costruito le loro storie fortunate attorno al personaggio di un bel ladro tenebroso e spericolato?
Comunque, per chi voglia saperne di più della rapina in banca, della sua storia, per chi voglia conoscere alcune teorie intorno al crimine più
diffuso del mondo, e perché no, per chi voglia apprendere qualche consiglio pratico, è in commercio un simpatico e dettagliatissimo libro edito
dalla piccola e militante casa editrice romana DeriveApprodi. Il libro, curato dall'eccentrico professore tedesco Klaus Schönberger è un vero e
proprio compendio sulla rapina in banca. Contiene biografie dei principali protagonisti a partire dai primi assalti ai treni portavalori nell'America
del selvaggio west, saggi sociologici ed economici sulle cause, gli effetti e la percezione del reato,ed alcuni racconti in prima persona di
rapinatori più o meno famosi.
È una lettura piacevole, un testo accattivante e profondo, che lascia spazio anche al desiderio di rompere con questa società e darsi alla
rapina. E chissà che fra i lettori di questo libro non si nasconda un nuovo Arsenio Lupin. O, meglio ancora e perché no, un nuovo Robin Hood.
Scarica