P ERSONAGGI segue da pag. 2 major le ignorano, il mercato non è musica e la musica non è mercato, tutto qui. Tutta la musica ha un grande valore culturale se fatta bene e invece noi quel valore lo riconosciamo solo alla musica classica o all’opera ma non è così”. E’ finito il tempo delle radio libere: “Gli anni ’70 sono stati sperimentazione ma adesso le radio libere non esistono più, rispondono alle leggi degli sponsor, non alle esigenze della musica. Poi c’è qualche eccezione, qualcuno che difende a ogni costo la propria libertà e cerca di innovare, penso a Radio Deejay che ha proposto e creduto nel mio ultimo album, ‘La quinta stagione’, scelte coraggiose che dipendono anche dai conduttori, dalla proprietà, si prendono dei rischi, mi hanno spiegato che loro vogliono provare ad accompagnare i loro ascoltatori nel loro percorso, un’educazione musicale che gli fa correre dei rischi ma che invece è premiata negli ascolti, segno che i giovani non sono come qualcuno li vuole descrivere perché fa comodo farlo. Tra le radio coraggiose aggiungerei il circuito di Popolare e la Rai nazionale che, tra i programmi di radio uno, radio due e tre offre una scelta di gran lunga maggiore rispetto a quelle commerciali. Se fosse così anche per le Tv di stato saremmo messi molto meglio. Ci sono invece radio come 105 che non capisco, hanno scelto una linea di programmi infarciti di parolacce e linguaggio scurrile, li trovo fastidiosi”. Non sei mai stata tentata di fare musica commerciale? “Anche se è più difficile preferisco fare quello che mi piace fregandomi dei rischi che corro e alla lunga sono contenta di quello che sto ottenendo. Certo, ho potuto farlo grazie a Davide che mi ha aiutato, senza di lui non ce l’avrei mai fatta, ancora adesso se non ci fosse non sarebbe possibile per me fare quello che faccio”. Adesso però sei in una grande major, la Emi, un sogno La quinta stagione di Cristina Donà per molti musicisti: “Sì, ma anche nelle major è cambiato tutto, sono in crisi anche loro per via del mercato che non funziona, hanno tagliato il personale, hanno budget limitatissimi, promuovono i dischi limitando gli investimenti, paradossalmente se fossi rimasta alla Mescal che è molto piccola avrebbero forse investito di più nella promozione perché non hanno molti artisti, la Emi invece deve suddividere il budget fra tutti. Temevo invece di avere magari qualche limitazione artistica invece mi hanno lasciato carta bianca, non hanno interferito”. Fare l’artista oggi vuol dire anche cominciare a fare i conti con vendite e budget, non è quello che uno s’immagina del rock system: “Già, soprattutto per me che ho sempre la testa fra le nuvole, ho dovuto imparare in fretta a controllare e gestire un po’ tutto, volenti o nolenti devi imparare a usare la testa”. Perché il mercato discografico è in crisi? “E’ difficilissimo vendere, le case discografiche sono in ginocchio, ma io credo che non dipenda solo da Internet, credo che la colpa sia anche degli anni ’90, allora sono usciti tantissimi prodotti non all’altezza di un intero disco, c’erano due o tre canzoni belle e basta, non valeva la pena comprare tutto il cd, così la gente ha imparato a differenziare e limitare”. Torna il 45 giri e il mini cd: “Per forza, tutti stanno rivalutando tutto, soprattutto per i gruppi più giovani, le case discografiche sondano il gruppo mettendo sul mercato due o tre canzoni in un mini cd per evitare investimenti troppo grossi, poi se vanno bene si può fare anche un intero disco. Le spese per un album sono grosse, uno studio di registrazione costa in media dai 700 ai 1000 euro al giorno, poi ci sono i musicisti da pagare, le spese, i missaggi, insomma un grosso investimento”. Dove registri i tuoi album? “Il primo nello studio Jungle Sound di Milano, che faceva da riferimento ai gruppo che frequentavo negli anni ’90, il secondo nello studio di Mauro Pagani, che collaborava con De Andrè, una sala enorme per orchestre, il terzo a Milano in uno studio più piccolo, e adesso questo per la Emi all’Esagono, uno studio a Rubiera, in Emilia Romagna, dove Ligabue ha registrato i suoi primi album (ora ha un suo studio per la registrazione), uno studio bellissimo, dove gli strumenti vanno a meraviglia, perché la risposta dell’ambiente è importantissima”. Studio scelto dalla casa discografica Emi, ma quanto costa un disco? “Ci vuole un investimento di circa 50.000, 60.000 euro”. Tu quanto hai preso? “Niente per ora, io vado sulla percentuale delle vendite, una percentuale comunque bassa, il 10% sul netto del rivenditore”. E allora servono le serate: “Eccome se servono, io riesco a farne abbastanza. Tra novembre e febbraio ho fatto una quindicina di serate per promuovere il disco, in tutta Italia, Catania, Palermo, nord Italia. Preferisco suonare nei club, nei teatri, le canzoni hanno tantissime sfumature e riesci a renderle meglio negli ambienti medio-piccoli”. E come funziona il cachet nelle serate? “Solitamente c’è un’agenzia che vende il concerto, nel budget ci deve stare dentro tutto, i musicisti da pagare, il mixer, l’impianto. Poi ci sono artisti che dal vivo rendono molto e magari non vendono tantissimi dischi, penso agli Afterhours che dal vivo sono bravissimi, si sono costruiti un grosso seguito, vendono anche dischi ma dal vivo rendono tantissimo. Ci sono altri che invece vendono dischi ma dal vivo non rendono”. Un’artista come te guadagna molto? “Non sto morendo di fame, ma devi pensare a un sacco di cose, per esempio un’assicurazione privata, gli investimenti per il futuro, c’è l’ENPALS che dovrebbe garantire la pensione agli artisti ma non si capisce bene come funziona, insomma, bisogna sapersi gestire, ma imparare a gestirsi per fare una cosa che ami ne vale la pena”. Quindi le centinaia di ragazzi che suonano nelle cantine e nei garage che futuro musicale hanno? “Il mondo della musica è meraviglioso ma per farcela devi avere una passione fortissima che va oltre tutto, se vuoi fare i soldi hai sbagliato settore, certo, poi magari capita la botta di fortuna come agli 883 dell’inizio che avevano araberara 37 22 Febbraio 2008 incontrato al momento giusto Claudio Cecchetto ma uno non deve pensare subito al mercato quando fa questo mestiere. Io lo faccio perché sto bene a farlo, la mia voce mi piace, mi da soddisfazione, mi fa star bene, quando sto bene e faccio star bene è la mia più grande gioia. Se dovessi pensare a fare un disco pop per il grande pubblico ma che non mi rappresenta non godrei come a fare la musica che amo e quindi preferisco continuare a fare quello che faccio”. Ma da bambina cosa sognavi di fare? “La ballerina, studiavo danza classica, avevo un’insegnante di danza classica all’interno delle scuole elementari, ma al secondo anno la maestra se ne è andata, mi ricordo che guardavo le mie scarpette e piangevo. Poi la musica ha preso subito il sopravvento, finite le scuole medie volevo iscrivermi al conservatorio ma poi ho scelto il liceo artistico perché a quell’età è così, la mia migliore amica si iscriveva all’artistico e l’ho seguita ma sono contenta di averlo fatto”. Songavazzo che scelta è? “Una scelta d’amore. Quando Davide è venuto ad abitare qui era scapolo e sapeva che chiunque si sarebbe fidanzata con lui avrebbe dovuto accettare di trasferirsi e io l’ho fatto. Vado comunque spesso a Rho dalla mia mamma”. Ma la gente qui ti riconosce? “Sì, all’inizio mi vedeva come la ‘cicianebia’ che ha buontempo, non siamo proprio la coppia che si alza alle 6 e va al lavoro e va a letto alle 21. Abbiamo lavori particolari ma la gente ha capito e noi ci troviamo benissimo qui. Anzi, qui sono stimolantissima, ho cominciato qui a scrivere le mie canzoni, qui c’è una sorta di liberazione dall’eccessiva sovrastimolazione della città, la libertà del pensiero porta alla creatività. Molte canzoni hanno dentro il territorio dove vivo ora, è bello pensare di vivere in un posto, potersi alzare e decidere di fare una passeggiata nella natura, è fondamentale e insostituibile”. tessilcasa correda/arreda Compie 30 anni Negozio completamente rinnovato Biancheria per la casa ZUCCHI, BOTTARO, BASSETTI VALLESUSA, GABEL Tende da sole Nuovo reparto reti-materassi e guanciali Via Dante, 18 - Clusone - Tel e Fax 0346/22928 - [email protected]