Capitolo 2° Princìpi di epistemologia pedagogica Il pensiero moriniano aderisce concretamente all'idea di una epistemologia criticamente comprendente e fa proprio l'assunto secondo il quale un moderno progetto pedagogico che miri alla promozione della libertà umana (intesa come piena emancipazione cognitiva, affettiva e sociale) si costruisce non più col singolo modello superiore ma attraverso la concorrenzialità dialogica, cioè problematizzante e plurale, tra diverse teorie e prassi educative. N. Lupo, 2003 Principi di epistemologia pedagogica 57 Edgar Morin non ci ha dato ancora un trattato completo sull'educazione. Non ha investigato, ad esempio in modo sistematico né i fondamenti teorici del discorso pedagogico come discorso scientifico né il problema dell'autonomia di questo sapere rispetto ad altri affini (filosofia, psicologia, biologia, sociologia, antropologia). È dunque dalla riflessione epistemologica generale e dalla sua filosofia, lette e rivisitate secondo coordinate pedagogiche, dai suoi scritti pedagogici (trilogia pedagogica) e antropologici che è possibile enucleare i princìpi generali di educazione alla lettura della complessità del reale. Morin pensa ad un "Emilio contemporaneo", che però non è stato ancora scritto, ma che l'autore dichiara di aver pensato come un manuale per insegnanti e cittadini.1 Dalla riflessione moriniana sulla complessità arriva un importante contributo alla costruzione di un nuovo paradigma epistemologico per la pedagogia, contributo riconosciuto da pedagogisti di diversi orientamenti. Franco Cambi, pedagogista di orientamento critiMeta-paradigma co-ermeneutico, sostiene che è necessario costruire una visione non riduzionistica, neoscientifica, articolata, interdisciplinare e complessa della pedagogia, in un contesto metateorico e meta-paradigmatico, regolato dai criteri di pluralità, dialetticità e complessità. Egli parte dall'idea che la pedagogia gode di una particolarità: in essa, a differenza delle scienze della natura, i paradigmi sono compresenti, non si elidono e possono coesistere, invecchiano ma si riaggiornano, sono contigui e spesso si compenetrano, si ridefiniscono a partire da una tensione (<<dialettica>>) e provocando processi di <<gerarchizzazione>> (o meglio di egemonia-gerarchizzazione)2. 1 E. Morin, La testa ben fatta. Riforma dell'insegnamento e riforma del pensiero, op. cit. p. 1. 2 F. Cambi, Il congegno del discorso pedagogico. Metateoria, ermeneutica e modernità, Clueb, Bologna 1986, p. 27. 58 Complessità pedagogia educazione nel pensiero di Edgar Morin Per questo autore la pedagogia è un sapere debole in ragione del suo statuto epistemico, del legame immanente e cogente alla prassi, dell'interdisciplinarietà dei processi di teorizzazione, delle oscillazioni tra scienza e filosofia, tra descrizione e valutazione, della difficile problematizzazione del discorso pedagogico in quanto progetto prospettico sull'uomo e sulla sua identità che spetta alla filosofia definire. A causa di queste multiproblematiche la teorizzazione in campo pedagogico deve orientarsi secondo elementi di pluralismo e di dialetticità, che devono essere un po' i <<regolatori>> della metateorizzazione, poiché capaci di garantirne la fedeltà alla complessità/problematicità e alla specificità epistemica3. L'idea che il nuovo meta-paradigma debba essere aperto, mobile, problematico e complesso è condivisa anche da un'altra prospettiva (sia pure affine): quella del problematicismo pedagogico contemporaneo. In questo senso si esprimono Franco Frabboni e Francesca Pinto Minerva quando asseriscono che la nuova acquisizione della pedagogia contemporanea è forse proprio questa: la consapevolezza che non esiste univocità di logiche e saperi che favorisca l'alternativa e il cambiamento, che non è l'univocità del modello formativo a promuovere e sostenere l'emancipazione cognitiva e affettiva individuale, ma che questa può determinarsi all'incrocio di molteplici e diverse strutture teoricoprassiche, ognuna delle quali, secondo la propria specificità procedurale, concorre all'importante compito di determinazione della libertà umana. […]. Non più un singolo modello (fosse anche il più <<relativo>> e <<flessibile>>) autosufficiente a egemonizzare il progetto pedagogico ma, ancora una volta, la problematicità, la complessità, e la pluralità di tutti i possibili e più diversificati approcci di ricerca4. La rifondazione della pedagogia - secondo i tre autori - deve quindi basarsi su un nuovo modello epistemologico che dovrà essere 3 Ivi, p. 71. 4 F. Frabboni, F. Pinto Minerva, Manuale di pedagogia generale, Laterza, Roma-Bari 1994, p. 38. Principi di epistemologia pedagogica 59 filosofico e generale. Ora a fronte di quello empiristico basato sul fisicalismo, ovvero sul primato del modello delle scienze naturali come modello universale di investigazione scientifica, che è nella sua parabola discendente per le aporie interne (la riduzione logica, epistemologica e ideologica, la fine del mito dell'onniscienza, l'emergere dei limiti conoscitivi), sta tutta una serie di modelli epistemologici detti della complessità, alcuni di tipo endoscientifico altri più propriamente filosofici. Endoscientifiche sono le teorie sistemiche in biologia (la teoria biologica della conoscenza di Bateson e la teoria dei sistemi di von Bertalanffy), in fisica (la teoria dei quanti di Planck e di Heisenberg, le strutture dissipative di Ilya Prigogine), in cibernetica (i concetti di retroazione, autoregolazione e auto-organizzazione di Norbert Wiener), in matematica (il princìpio ricorsivo nella geometria frattale di Benoit Maldenbrot). Filosofica, generale e orientata ai princìpi della conoscenza complessa, la concezione epistemologica di Morin si muove all'interno dell'analisi fenomenologica-epistemica del rapporto della complessità con la pedagogia. È una nuova epistemologia, basata sul princìpio di un pensiero generale multidimensionale e ipercomplesso, più globale e meno unilaterale, in grado di cogliere la specificità del discorso pedagogico, che si alimenta sì di antinomie e ambivalenze, incertezze e contraddittorietà, problematicità e polivalenza, ma anche di razionalità e di mediazione. E in effetti possiamo ascrivere a Morin il merito di un tentativo, ben riuscito, di oltre-passamento dell'epistemologia di matrice empiristica, a favore di una più complessa ed articolata, in grado di raccogliere ed integrare i contributi provenienti anche da modelli differenti. Il riconoscimento di questa valenza meta-paradigmatica arriva a Morin proprio da Cambi che afferma che nel modello moriniano i caratteri del disordine, del superamento dell'universalità, della complicazione, dell'organizzazione, dell'ologramma, della fine dei concetti-chiusi e della chiarezza e dell'ascesa della comprensione ecc., danno vita a un paradigma cognitivo scientificamente trasversale, aperto a ogni applicazione nelle aree regionali (che poi sono i luoghi propri ed effettivi) della scienza. È un 60 Complessità pedagogia educazione nel pensiero di Edgar Morin modello logico-cognitivo-metodologico più che concettuale-operativo, legato alla scoperta e alla volontà di un pensiero <<multidimensionale, che certamente integri e sviluppi la formalizzazione e la quantificazione ma che tuttavia non si riduca in esse>>, che coinvolga la <<realtà antroposociale>> ma che organizzi lo scambio tra natura e società, tra le <<due culture>>, secondo il modello dialogico, in cui <<due logiche, due <<nature>>, due princìpi sono connessi in una unità senza che con ciò la dualità si dissolva nell'unità>>5. Il pensiero moriniano aderisce concretamente all'idea di una epistemologia criticamente comprendente e fa proprio l'assunto secondo il quale un moderno progetto pedagogico che miri alla promozione della libertà umana (intesa come piena emancipazione cognitiva, affettiva e sociale) si costruisce non più col singolo modello ritenuto superiore ma attraverso la concorrenzialità dialogica, cioè problematizzante complessa e plurale, tra diverse teorie e prassi educative. 5 F. Cambi, G. Cives, R. Fornaca, Complessità, pedagogia critica, educazione democratica, op. cit., p. 134. Principi di epistemologia pedagogica 61 2.1 Pedagogia e scienza La Nel pensiero moriniano scienza e pedagogia vista pedagogia come scienza dell'educazione alla lettura complessa del reale, sono strutture aperte e mai definite. Il concetto di scienza oltrepassa l'orizzonte teoretico classico-empirico, e si configura nell'era della complessità non più come razionalità (già) formalizzata e dottrina (già) strutturata, ma quale intreccio di invenzione, creatività, sperimentazione, tentativo, saggio, che nel mentre si costruisce muta, trasforma la stessa coscienza dello sperimentatore, divenendo dapprima intreccio, tessitura, trama e poi teoria. Una teoria complessa fra le tante possibili che per lui è giusto quella che si nutre delle intricate interazioni che si vengono a costruire tra l'uomo, le sue idee e il mondo6. Una scienza non più epistemologicamente ancorata ad un modello oggettivistico/naturalistico, ma sapere aperto e complesso, capace di riconoscere e inglobare la soggettività umana con il suo carico di immaginazione creatrice. Una concezione che è anche frutto della rielaborazione critica del concetto di conoscenza, non più semplice adeguatio interna della "realtà oggettiva", ma ricostruzione soggettiva della sua significatività: conoscenza prodotta dal soggetto produttore che non riflette direttamente il reale, ma lo traduce, lo ricostruisce, lo trasforma in un'altra realtà7. È il metodo circolare e ricorsivo dell'epistemologia della complessità che ci consente di cogliere il concetto moriniano di pedagogia come scienza neghentropica, non più né per forza sapere la cui debolezza è connaturata al suo essere rischio e scommessa, ma conoscenza che alimentandosi di questa incertezza assume in sé la dimensione neghentropica, cioè una dimensione di generatività organizzazionale. Per cui depurata della unidimensionalità paradgmatica, degli sterili dualismi corpo/anima, cervello/mente, 6 S. De Siena, La sfida globale di Edgar Morin, Besa, Nardò 2003, p. 16. 7 Ivi, p. 148. 62 Complessità pedagogia educazione nel pensiero di Edgar Morin natura/cultura, assunto il carattere della multiparadigmaticità o, meglio, della meta-paradigmaticità, la pedagogia come scienza complessa dell'educazione, quindi in reciproco e fecondo scambio con le altre scienze, trae linfa vitale, sul piano della teoresi come della prassi, dal disordine (contrasto teoria/prassi) e dal caos informazionale (interdisciplinarietà). Quindi parafrasando il Morin della teoria dell'informazione, possiamo affermare che la pedagogia gode del princìpio organizzazionale che ne fa un anello produttore-di-sé, che si organizza e riorganizza estraendo da sé e dalle altre scienze gli elementi costitutivi del proprio sapere e della propria autonomia epistemologica, per far sopravvivere e riprodurre le proprie teorie che si degradano e si rinnovano. A partire da queste interazioni i concetti e gli schemi migrano da un settore all'altro, creando un processo ciclico che retroagisce non solo sulla pedagogia ma sul ricercatore e su tutte le altre scienze. Le inter-retroazioni divengono comunicazionali e organizzazionali, si ha una inter-grammaticazione reciproca e la fabbricazione di nuove teorie e nuovi princìpi. L'informazione come slittamento e deviazione tra i piani (teoria/prassi), come condizionamento (ideologico e politico), come perturbazione diventa così informazione generativa, indispensabile ai processi di rigenerazione e riproduzione del sapere pedagogico. Morin dà quindi un contributo di tipo critico-ermeneutico al lavoro di ridefinizione di una nuova epistemologia pedagogica che fa della specificità e dell'autonomia i caratteri che le permettono la revisione, il distacco e la riarticolazione rispetto a saperi che si sono dimostrati non esportabili in ambito pedagogico. La pedagogia moriniana della complessità riconosce certamente questo orizzonte meta-teorico e si configura come scienza cui è affidato un compito fondamentale: investigare, nel quadro di una democrazia cognitiva, le dimensioni teoretiche e pratiche per la realizzazione di quella nuova forma di educazione (educazione alla lettura complessa del reale) che deve guidare alla riforma del pensiero in direzione transdisciplinare. La sua teorizzazione investe tutti gli aspetti della costruzione del discorso pedagogico: i linguaggi della ricerca pedagogica e dell'educazione e la loro logica, la dimensione antropologica (la concezione dell'uomo, della società, dello sviluppo individuale e sociale), quella teleologica e axiologica (il problema dei fini-valori), quella scientifica (le teorie e i mezzi ell'educazione), la dimensione Principi di epistemologia pedagogica 63 prescrittiva colta nel rapporto dialogico tra pedagogia e ideologia, pedagogia e scienza, pedagogia e utopia. 64 Complessità pedagogia educazione nel pensiero di Edgar Morin 2.2 I linguaggi della pedagogia La pedagogia e l'educazione riflettono, spesso in Linguaggi della pedagogia maniera assai drammatica, la complessità e la problematicità delle situazioni esistenziali, sociali e culturali, ove l'esistenza umana si presenta con un carico di sentimenti e atteggiamenti (amore, odio, tristezza, angoscia, paura, timore) che determinano diacronicamente e/o sincronicamente situazioni di razionalità/ordine e di irrazionalità/disordine che sono antagoniste: situazioni che rendono "l'Educazione matassa intrigata"8. Di fronte a tale complessità la riflessione pedagogica nella sua duplice dimensione critico-progettuale e pragmatica necessita di una vasta gamma di repertori linguistici: il linguaggio narrativo, quello analitico-descrittivo, il retorico-persuasivo, il linguaggio analogico e metaforico e anche quello del senso comune. Morin dimostra di saperli utilizzare tutti e con notevole maestria, non in modo disgiuntivo e separato, ma integrati opportunamente in quello che sembra essere il suo preferito, il background di base: la narrazione dell'avventura umana sulla "Terra-Patria". La via moriniana alla costruzione della teoria dei linguaggi pedagogici è per così dire, una via pragmatica. Morin preferisce far parlare i fatti; e i fatti sono i suoi scritti, tutti intrecciati in uno stile narrativo avvincente, che conquista il lettore, che viene trasportato con una notevole dose affabulatoria nello spazio e nel tempo del narrato, che viene immerso come soggetto agente in quella narrazione che gli appartiene in quanto ne è ologrammaticamente il frutto, ma ne diviene nel percorso narrativo, sempre nel medesimo tempo e per lo stesso princìpio, anche causa agente. Certo il filosofo francese non trascura affatto gli aspetti di teorizzazione. Cita il pensiero di Dostoevskij, ma anche di Kundera e di Hadj Garm' Orem, e sostiene la fondamentalità del linguaggio narrativo in pedagogia e in educazione (del romanzo ma anche del cinema), per la sua capacità di allertare i processi di transfert, ma 8 F. Cambi, G. Cives, R. Fornaca, Complessità, pedagogia critica, educazione democratica, op. cit., p. 134. Principi di epistemologia pedagogica 65 anche per la sua valenza descrittiva, capace di realizzare ciò che ad altri codici linguistici non riesce. È un linguaggio che rivela l'universalità della condizione umana come solo un grande romanzo o un grande film sanno fare, per la loro capacità di immergersi nella singolarità dei destini, localizzati nel tempo e nello spazio9, quella condizione umana che Morin descrive e narra nelle sue opere autobiografiche e nel manifesto programmatico Il paradigma perduto, con uno stile letterario che incanta e rapisce il lettore. Poco importa che sia la letteratura il luogo delle domande più radicali, ma anche delle visioni del mondo e delle immagini dell'uomo10, come sostiene Anna Maria Bernardinis o, al contrario, spetti comunque alla filosofia ritrovare la sua vocazione riflessiva su tutti gli aspetti del sapere e della conoscenza11 per far convergere la pluralità dei loro punti di vista sulla condizione umana12. Ancora una volta si coglie in questo nuovo dualismo letteratura e filosofia/pedagogia uno dei pricipi cardine del pensiero moriniano, quello dialogico, che ci consente di affermare che è proprio 9 E. Morin, La testa ben fatta. Riforma dell'insegnamento e riforma del pensiero, op. cit. p. 41. 10 A. Bernardinis, Narrazione e pedagogia. Appunti per una ricerca, in G. F. D'Arcais (a cura di), Pedagogie personalistiche e/o pedagogia della persona, op. cit., p. 29. 11 E. Morin, La testa ben fatta. Riforma dell'insegnamento e riforma del pensiero, op. cit. p. 43. 12 Ibidem. 66 Complessità pedagogia educazione nel pensiero di Edgar Morin attraverso e con la forma narrativa (ricca di analogie e di metafore) della letteratura che Morin può "far vivere" quel mondo delle idee che è parte irriducibile della realtà e dell'esperienza umana e che egli chiama noosfera. Detto in altri termini, il testo, nel momento in cui si offre al lettore per la interpretazione, "trasmette" circolarmente a ciascuno nella misura della sua personale comprensione, sicché afferma giustamente J. Lotman, il testo si comporta come un organismo vivente che si trova in reciproco rapporto con il lettore13 e lo ammaestra. Il linguaggio Solo il linguaggio narrativo può farci comprendere il narrativo grande valore cognitivo dell'analogia e della metafora. Lo spirito scientista lineare, semplice e riduttivo non può illuminare questo valore in quanto analogia e metafora sono proprio l'opposto della linearità. L'una, l'analogia, presa in senso lato con la sua cugina somiglianza (o similarità), è certamente il supporto di numerose attività cognitive automatiche e non sono lungi dal pensare che sia uno dei determinanti fondamentali del funzionamento cognitivo14; l'altra, la metafora, è un indicatore di non-linearità locale nel testo o nel pensiero, è un indicatore d'apertura del testo o del pensiero a diverse interpretazioni o reinterpretazioni e a ragionare con le idee personali di un lettore o di un interlocutore15. Queste poche righe segnano l'oltrepassamento Il linguaggio analitico-descrittivo delle posizioni neo-empiristiche e rimarcano la distanza che separa il filosofo francese 13 J. Lotman, cit. in A. Bernardinis, Narrazione e pedagogia. Appunti per una ricerca, in G. F. D'Arcais (a cura di), Pedagogie personalistiche e/o pedagogia della persona, op. cit., p. 29. 14 E. Morin, L'identità umana V, Raffaello Cortina, Milano 2002, p. 82. 15 E. Morin, La testa ben fatta. Riforma dell'insegnamento e riforma del pensiero, op. cit. p. 94. Principi di epistemologia pedagogica 67 anche dalla posizione riduzionistica e fisicalista del neopositivismo logico, il quale nega valore di scienza a tutti quei saperi (scienze dello spirito) le cui proposizioni non sono riducibili in termini fattuali ed empirici, cioè in termini di verificazione logica. Morin è dunque contro il fisicalismo, nega che si possa ridurre il linguaggio delle scienze dello spirito a linguaggio fisico, che questo possa essere assunto come linguaggio della scienza unificata (l'antropologia fondamentale), come invece sostengono i neopositivisti logici, e sostiene invece che solo la pluralità dei mezzi espressivi (l'oltre del linguaggio puramente oggettivo-denotativo) può darci la complessità del reale. In una delle sue opere meno recenti: Introduzione a una politica dell'uomo, Morin ci dà un saggio dell'uso integrato del linguaggio analitico-descrittivo e di quello retorico-argomentativo. La concezione dell'antropolitica è proprio il risultato di quest'uso complesso dei due linguaggi. Morin intende trasformare la società e vuole rendere operativa l'idea vitale del terzo millennio - l'idea di Terra-Patria16. Per la costruzione teorica di questo grande disegno si avvale da una parte della ricostruzione analitico-descrittiva delle radici della politica, attraverso l'esame storico-critico-ermeneutico degli effetti prodotti dagli eventi storici in special modo del ventesimo secolo, e dall'altra della esplicitazione argomentativa di concetti chiave dell'antropolitica: i concetti di sviluppo e progresso, il nuovo concetto di rivoluzione, l'idea di Terra-Patria, l'auto-etica e l'etica della comprensione, la dialettica amore/scienza, così come l'esame delle categorie storiche del marxismo, del freudismo, del cristianesimo e del movimento estetico surrealista. 16 E. Morin, Introduzione a una politica dell'uomo, op. cit., p. 163. 68 Complessità pedagogia educazione nel pensiero di Edgar Morin 2.3 La logica del discorso pedagogico Morin porta alle conseguenze estreme l'uso dei linguaggi della pedagogia che da pluralistico si fa complesso e dialogico perché integrato e interarticolato. E ciò che è per le forme vale anche per la logica: il pluralismo della logica si fa in Morin complessità della logica del linguaggio. Complessa perché si fonda sull'uso in contemporanea di diverse logiche: la spiegazione, la comprensione e l'argomentazione. Tutte e tre sono necessarie, secondo Morin, allo studio della condizione umana, in un'ottica non disgiunta ma transdisciplinare. Franco Cambi sottolinea come il concetto di spiegaSpiegazione zione sia collegato al linguaggio proprio della psicologia, psicopedagogia e sociologia dell'educazione e sia l'espressione di una procedura di tipo scientifico […], la cui logica è caratterizzata dai procedimenti di inferenza e dalla enucleazione sperimentale di un princìpio oggettivo di causazione di una classe di fenomeni (o eventi). […], la spiegazione - dice Cambi - mira a ridurre la complessità e il pluralismo degli eventi educativi e dei discorsi pedagogici, il loro status polimorfo e selvaggio, applicandovi le procedure-princìpi della scienza moderna, secondo un'ottica che vede le scienze umane (e perfino quelle <<estreme>> fra esse, come la pedagogia) regolabili e ristrutturabili attraverso il modello logico dell'empirismo, attraverso la sua logica sperimentale17. La comprensione, invece, si connoterebbe come Comprensione categoria critico-ermeneutica ad uso di settori quali la comunicazione, l'indagine storica e sociologica in pedagogia. Mentre l'argomentare è logica tipica della filosofia dell'educazione, cioè del discorso axiologico. Morin sostiene invece la dialogicità di queste logiche e la loro interarticolazione in un processo conoscitivo complesso, il solo che può consegnarci una ragione specifica della pedagogia e dell'educazione, dunque una nuova razionalità pedagogica, un logos 17 F. Cambi, Il congegno del discorso pedagogico. Metateoria, ermeneutica e modernità, Clueb, Bologna 1986, pp. 123-124. Principi di epistemologia pedagogica 69 interpretativo come forma di intelligenza generale capace di rendere visibile il contesto, il globale, il multidimensionale e il complesso. Morin chiama questo logos pedagogico "comLogos comprensivo prensione". Secondo Morin è nell'atto del comprendere correttamente inteso come com-prehendere, cogliere insieme (il testo e il suo contesto, le parti e il tutto, il molteplice e l'uno)18 che il momento della spiegazione (necessario ma non sufficiente) viene inglobato in un tutto nuovo ed emergente che è il logos comprensivo. Morin conferma a questo livello di analisi epistemologica la distinzione diltheyana tra "scienze della natura" e "scienze dello spirito", affermando il princìpio dell'insufficienza, in queste, del princìpio epistemologico della spiegazione, valido invece per le scienze della natura, e quindi della indispensabile inter-articolazione del princìpio di spiegazione con quello della comprensione. Un princìpio, quello ermeneutico moriniano del comprendere, che viene declinato dal filosofo francese sia sul versante della costruzione del discorso pedagogico, sia su quello prassico dell'educazione, e che gli permette la fondazione della sua auto-etica, per l'appunto etica della comprensione. Comprensione Se anche Morin ne riconosce due livelli: quello intellettuale e della comprensione intellettuale o oggettiva e l'alintersoggettiva tro della comprensione intersoggettiva e umana, tuttavia il vero comprendere è sempre intersoggettivo, un comprendere che si basa non sull'assunzione dell'altro come oggetto, bensì sul suo riconoscimento e sulla sua identificazione come "alter ego". In definitiva per Morin comprendere comporta necessariamente un processo di empatia, di identificazione e di proiezione. Sempre intersoggettiva, la comprensione richiede apertura, simpatia, generosità19. 18 E. Morin, I sette saperi necessari all'educazione del futuro, op. cit., p. 98. 19 Ivi, p. 99. 70 Complessità pedagogia educazione nel pensiero di Edgar Morin Il circolo ermeneutico moriniano della comprensione ha anch'esso le sue precomprensioni e i suoi pregiudizi, che non sono però per Morin linee orientative provvisorie (Gadamer), bensì veri e propri ostacoli alla comprensione. Innanzitutto la non appartenenza all'orizzonte culturale-linguistico impedisce di comprendere visioni altre del mondo, i diversi costumi, i riti, i linguaggi simbolici, i valori etici. E all'interno della comune prossimità anche il rumore, la polisemia parassitano la comunicazione e la comprensione. L'orizzonte teorico dell'ermeneutica moriniana è un orizzonte meta-critico, si rivolge verso le cause e i condizionamenti della corretta comprensione, cioè verso le strutture mentali che non consentono l'interazione: l'egocentrismo, l'incomprensione di sé, l'etnocentrismo, il sociocentrismo. Soprattutto queste due ultime sono "mentalità dominanti" e chiuse. E dunque il nodo centrale del circolo moriniano è il problema epistemologico della comprensione. Afferma Morin che affinché possa esservi comprensione fra strutture di pensiero, occorre poter acquisire una meta-struttura di pensiero che comprenda le cause dell'incomprensione delle une rispetto alle altre e che possa superarle. La comprensione è nello stesso tempo mezzo e fine della comunicazione umana. Non può esservi progresso nelle relazioni fra individui, fra nazioni, fra culture senza reciproche comprensioni. Per comprendere l'importanza vitale della comprensione, occorre riformare la mentalità, cosa che richiede - in modo reciproco - una riforma dell'educazione20. Possiamo in definitiva affermare che l'epistemologia pedagogica moriniana si connota per il suo carattere di oltrepassamento e di dialogicità; "oltrepassamento" della visione riduzionistica del modello empiristico-operativo, incapace di guardare dal di dentro ai suoi elementi di acriticità significa superamento della concezione stessa della scienza che assume come unico sapere il modello classico delle scienze fisiche (fisicalismo), del riduzionismo come metodo che riduce il complesso al semplice, il difforme al regolare, il pluralismo all'unità, la complessità linguistica e logica a quel20 Ivi, p. 110. Principi di epistemologia pedagogica 71 la formale tipica della matematica e delle scienze sperimentali. "Dialogicità" perché, come ci accingiamo a tentare di dimostrare, il pensiero pedagogico di Morin si sforza di far dialogare fra loro modelli che la storia della pedagogia contemporanea ha giudicato come contrapposti. 72 Complessità pedagogia educazione nel pensiero di Edgar Morin 2.4 Il paradigma pedagogico moriniano In questo senso la pedagogia moriniana non può essere letta entro gli schemi ormai desueti della contrapposizione empirismo/razionalismo, spiritualismo/materialismo,idealismo/neo-marxismo, fenomenologia/ermeneutica. E la stessa definizione che Morin dà della sua filosofia come realismo complesso introduce un nuovo schema interpretativo, che tende al dialogo tra alcune e diverse correnti del pensiero pedagogico contemporaneo. L'epistemologia pedagogica moriniana ha aspetti di dinamicità che altri paradigmi non possiedono. Essa si presenta come modello meta-epistemologico e meta-teorico, ispirato al criterio guida della criticità-dialogicità, aperto e in continuo divenire: dialogico perché accoglie e fa dialogare i contributi di più modelli, in divenire perché in quanto meta-teoria, si apre ai contributi e alle nuove acquisizioni della scienza. Un modello quello moriniano che consente di costruire il discorso pedagogico facendo dialogare fecondamente i suoi poli-vettori: l'ideologia, la scienza e l'utopia, quali categorie regolative, dinamicamente compresenti e in rapporto tensionale che esclude il ritorno a una concezione riduzionistica e dunque anche la prevalenza di un vettore sull'altro. Paradigma Dal paradigma socio-politico accoglie innanzi tutto socio-politico una concezione non contemplativa ma attiva del sapere pedagogico, capace di raccordare filosofia dell'educazione e filosofia politica, ciò che Morin chiama antropopolitica, il "grande disegno" di trasformazione della società in senso veramente democratico. Ma a siffatta politica è necessaria una nuova "coscienza antropopolitica", e questo è il compito specifico dell'educazione, il suo ideale formativo, declinato nelle due direttrici fondamentali: Realismo complesso la riforma del pensiero e la riforma morale che permettono a tutti e a ognuno di riconoscere in tutti e in ognuno l'identità umana21. 21 E. Morin, A. B. Kern, Terra-Patria, Raffaello Cortina, Milano 1994, p. 53. Principi di epistemologia pedagogica 73 Nel pensiero dell'epistemologo francese l'ideale etico-politico (il fine educativo) non assume però la forma di pedagogia dei fini sociali, in quanto non c'è primato dei fini sociali su quelli individuali, ma un rapporto dialogico e circolare e una perfetta parità degli uni e degli altri. Alla domanda sulle finalità della persona presa nella sua individualità e nella sua socialità, Morin risponde: L'evoluzione verso una sempre maggiore complessità sino alle organizzazioni antropo-sociali ha moltiplicato le finalità pratiche, ma ha reso sempre più incerte, equivoche, se non concorrenti, antagonistiche, le due grandi finalità - da una parte il vivere, polarizzato sul godere dell'individuo, dall'altra il lavoro riproduttivo della società e della specie. Certo queste due finalità sono mirabilmente complementari, ma è possibile subordinare chiaramente l'una a l'altra?22. All'interno del rapporto tra pedagogia e politica (secondo tra i caratteri del paradigma socio-politico) Morin sembra quasi avere uno sbilanciamento verso la pedagogia e l'educazione. Morin pensa infatti che la crisi delle forme della politica, sia di quella rivoluzionaria-trasformatrice che di quella regolatrice, ridotte a pura tecnica e a mera gestione burocratica, contrasti il disegno di emancipazione dell'uomo e della società e conduca all'involuzione della democrazia. Per interrompere questo regresso e riformare la società è necessario riaffermare i valori della trinità laica: "Libertà-Uguaglianza-Fraternità", recuperando l'eredità del 1789. Questo però non è possibile oramai con i mezzi della politica; sostiene infatti Morin che le possibilità stesse di riformare con mezzi politici una società occidentale vanno sempre più riducendosi23. Si coglie in ciò la dimensione prospettica ma anche utopica del pensiero moriniano, che però assume le forme di un'utopia pedagogica declinata sul versante della critica alla società contemporanea, 22 E. Morin, Il metodo I. La natura della natura, op. cit., p. 305. 23 E. Morin, Introduzione a una politica dell'uomo, op. cit., p. 150. 74 Complessità pedagogia educazione nel pensiero di Edgar Morin chiusa e burocratizzata, e come tensione ideale verso l'emancipazione individuale e sociale. Si ravvisa in questo anche il ruolo e la funzione di vettore dell'utopia pedagogica, che diviene anch'essa criterio orientativo e princìpio regolatore del discorso pedagogico moriniano. L'ultima riorganizzazione genetica conduce dunque Morin a considerare non più la politica ma l'educazione il terreno privilegiato per la trasformazione dell'uomo e con esso dei rapporti sociali. Lo sostiene espressamente anche ne Il vivo del soggetto quando afferma che Ogni sforzo per far evolvere e migliorare l'uomo ci rimanda al problema dell'educazione, buttato alle ortiche dallo stesso Marx. Ma Marx, e in ogni caso Engels (nella sua famosa lettera sulla classe operaia), sono stati rinviati all'educazione che essi stessi avevano rinviato24. Sul piano epistemologico Morin riconosce dunque alla pedagogia autonomia e specificità, e considera auspicabile che essa stessa si costruisca in scienza, in ciò dimostrando di aver superato le due riduzioni marxiste: dell'educazione a momento della politica e della sua scienza (la pedagogia) a semplice prassi subalterna al momento etico-politico. La politica/ideologia, l'utopia e la scienza, sono poli-vettori, intesi in senso cambiano come linee di risoluzione fenomenologica della teorizzazione pedagogica25, che delineano e regolano la struttura del discorso pedagogico; ma la politica/ideologia non assorbe la pedagogia che, come scienza dell'educazione, gode di una sua specifica autonomia, anche se questa scienza è, secondo Morin, tutta da costruire e nel quadro complesso di un'antropo-cosmologia che sappia illuminare tanto le scienze della natura quanto quelle dell'uomo. Altrettanto decisivi sembrano essere i contributi elaborati da 24 E. Morin, Il vivo del soggetto, op. cit., p. 313. 25 F. Cambi, Il congegno del discorso pedagogico. Metateoria, ermeneutica e modernità, Clueb, Bologna 1986, p. 121. Principi di epistemologia pedagogica 75 Paradigma Morin nella direzione di un altro paradigma pedafilosoficogogico, quello filosofico-antropologico, dimoantropologico strando in ciò una consonanza di pensiero con Franco Cambi. Secondo questo autore il paradigma filosofico-antropologico è una concezione pedagogica che si richiama esplicitamente al valore del discorso filosofico, ne sviluppa le implicazioni antropologiche, sottolineando le dimensioni universali (etico-razionali) del soggetto e la sua tensione verso un mondo teleologicamente ordinato, nutrito dai princìpi della cultura e dell'arte26. È in questo contesto filosofico e antropologico che Morin, affermando la vocazione riflessiva della filosofia ed il suo primato in quanto scienza unificatrice, recupera la lezione antropologica del giovane Marx, oltrepassandola mediante il confronto critico con il freudismo, che interpreta anche attraverso una personale lettura del pensiero della scuola di Francoforte, soprattutto di Adorno ma forse anche di Fromm. E tuttavia la dimensione antropologico-filosofica della pedagogia moriniana si sostanzia, anche, di una marcata dialogicità con teorie e costrutti che, sebbene presenti in molti ambiti del pensiero pedagogico moderno, possono essere considerati tipici anche se non certamente esclusivi del pensiero personalista o anche personologico. Pensiamo al costrutto dell'unità antropologica del genere umano, alla teoria dell'amore oblativo cristiano, al concetto di itineranza, alla nuova concezione della rivoluzione intesa come trasformazione interiore personale, al nuovo concetto di sviluppo, all'intersoggettività, all'etica dell'alterità, al problema della libertà. Nè è possibile, in ultimo, misconoscere la sua adesione ma anche il suo distanziamento, oseremmo dire il suo personale "sospetto" rispetto al modello scientifico. Nel campo più propriamente pedagogico sono le scienze cognitive (che hanno come oggetto cervello, mente e computer), le scienze della vita (biologia, anatomia, genetica, neuroscienze) e le scienze umane (psicologia, sociologia, storia) quelle cui maggiormente guarda Morin per costruire il modello di scienza unificata e polidisciplinare o antropologia fon26 Ivi, p. 47. 76 Complessità pedagogia educazione nel pensiero di Edgar Morin damentale che è allo stesso tempo mezzo e fine dell'educazione alla complessità; concependo quest'ultima come educazione a quell'intelligenza generale senza la quale non è possibile riassorbire la dicotomia storica tra le due culture (quella umanistica e quella scientifica), ma anche la sola educazione che consentirebbe di rispondere alle formidabili sfide della globalità e della complessità nella vita quotidiana, sociale, politica, nazionale, mondiale27. Nella nuova concezione della scienza pedagogica che in parte si ispira anche al pensiero di questo autore, si coglie un chiaro atteggiamento di sospetto verso la riducibilità del sapere pedagogico a scienza (intesa in senso classico-galileano). La linea di opposizione o "via del sospetto" di Morin alla pedagogia come scienza riduzionistica va intesa come una via filosofica dai caratteri marcatamente critico-ermeneutici, che ingloba aspetti di irrazionalismo (logica sapiens/demens) e storico-sociologici (la critica alla società), ma anche religiosi (l'amore come esperienza sovraumana), che l'autore francese, per via del suo personale atteggiamento nei confronti del trascendente, si sforza di trasporre in religione laica. 27 E. Morin, La testa ben fatta. Riforma dell'insegnamento e riforma del pensiero, op. cit., p. 29.