Anatomia Patologica, Prof. Clara Gerosa, lez. 36 – 12.03.2013

Anatomia Patologica, Prof. Clara Gerosa, lez. 36 – 12.03.2013
Michela Raffo
TUMORI UROTELIALI
Istologia dell’urotelio
L’urotelio è l’epitelio che riveste alcuni organi; in particolare la pelvi renale, gli ureteri, la vescica e la
prima parte dell’uretra.
L’urotelio è un epitelio multistratificato che ha circa 6-7 strati (in distensione 2-3). Il numero degli
strati è importantissimo. È costituito da due tipi di cellule:
1. Le cellule ad ombrello
2. Le cellule uroteliali propriamente dette: basali, intermedie e superficiali.
Le cellule ad ombrello sono le cellule più grandi dell’urotelio e stanno in superficie. Hanno un ampio
citoplasma eosinofilo, e si può vedere anche una vacuolizzazione perché possono contenere piccole
quantità di mucina; i nuclei sono abbastanza grandi, qualche volta un po’ irregolari, ipercromici e con
piccoli nucleoli.
Al di sotto di queste cellule ad ombrello troviamo le altre cellule uroteliali, più piccoline, che vanno
incontro a una maturazione dalla base verso la superficie, nel senso che le cellule basali sono più
piccole e via via tendono a diventare più grandi. Il citoplasma è chiaro e hanno un nucleo più piccolo,
prevalentemente centrale, ovale.
È importantissimo ricordare le tonache della vescica (i tumori della vescica sono i più frequenti e
sono quelli di cui tratteremo).
Tonache della parete vescicale:
 Mucosa (Nidi di Von Brunn)
 Muscolare propria
 Avventizia (o sierosa)
L’epitelio poggia su una membrana basale e al di sotto della membrana basale abbiamo tessuto
connettivo che contiene dei piccoli vasi e piccoli e sottili fasci di tessuto muscolare, chiamati
muscolaris mucosae; l’insieme del tessuto connettivo con questi fascetti muscolari si chiama lamina
propria; al di sotto della lamina propria abbiamo altro tessuto connettivo con dei vasi un po’ più
grossi e dei fasci muscolari più grossi (muscolare propria), in questo caso il muscolo detrusore. La
tonaca più esterna è la sierosa (avventizia).
Questa immagine è da ricordare
perché quando stadiamo un tumore
uroteliale della vescica e dobbiamo
dire quanto infiltra è estremamente
importante dire se infiltra la lamina
propria o se raggiunge la muscolatura
profonda, perché poi il chirurgo a
seconda di quello che noi diciamo
dovrà procedere con una terapia
chirurgica di un tipo o di un altro.
A questo proposito è bene
sottolineare l’importanza dei prelievi
bioptici che servono per una diagnosi iniziale: un prelievo molto superficiale, in cui non riusciamo a
vedere la tonaca muscolare, non ci consente di orientare il chirurgo verso l’intervento più corretto.
Nidi di von Brunn: sono delle strutture
assolutamente innocue, formazioni normali, che
fanno parte della normale istologia della vescica,
dovute ad una invaginazione dell’epitelio nella lamina
propria; non superano ovviamente la lamina propria.
Possono in alcuni casi dare dei problemi di
diagnostica differenziale con il papilloma invertito o
con il carcinoma infiltrante, perché vediamo dei nidi
di cellule epiteliali all’interno del tessuto connettivo,
e si possono avere forme irregolari e disordine spaziale; è ovvio che in questi casi è estremamente
importante la morfologia della cellula; sono costituiti da cellule piccoline con nuclei perfettamente
normali, rotondeggianti posti in posizione centrale nel citoplasma, senza mitosi (le mitosi sono tra le
caratteristiche che ci permettono di parlare di carcinoma).
Classificazione dei tumori uroteliali (WHO 2004)
Neoplasie uroteliali non invasive
Papilloma uroteliale
Neoplasie uroteliali invasive
Carcinoma uroteliale
infiltrante
Papilloma invertito
Neoplasia uroteliale papillare a basso potenziale di malignità
(PUNLMP)
Neoplasia uroteliale papillare di basso grado
Neoplasia uroteliale papillare di alto grado
Carcinoma uroteliale in situ
Nell’ambito dei tumori uroteliali ci si rifà all’ultima classificazione dell’OMS, che risale al 2004, dove i
tumori sono stati distinti in:
 Neoplasie uroteliali non invasive
 Neoplasie uroteliali invasive
Nell’ambito dei tumori non invasivi il papilloma uroteliale e il papilloma invertito sono delle lesioni
assolutamente benigne.
Il carcinoma uroteliale in situ e il carcinoma uroteliale infiltrante sono le forme più gravi.
Papilloma uroteliale
Il papilloma è una neoformazione vegetante efflorescente con ramificazione.
È una neoplasia benigna, che si presenta soprattutto nel sesso maschile; il rapporto M/F=2/1 (i
tumori uroteliali sono prevalenti nel sesso maschile).
Rappresenta meno dell’1% delle neoplasie uroteliali papillari.
Compare in età abbastanza giovane, sotto i 50 anni.
Il sintomo d’esordio è l’ematuria, che può essere microscopica o macroscopica, ed è il sintomo
principale di quasi tutti i tumori uroteliali, anche se molti si scoprono accidentalmente e sono
assolutamente asintomatici.
Il papilloma si localizza prevalentemente vicino agli orifizi ureterali.
Può recidivare. È una neoformazione benigna, quindi non dà metastasi, trasformazione neoplastica,
però recidiva frequentemente; infatti tutti i soggetti che hanno avuto un papilloma sono sottoposti a
un follow-up periodico.
Istologia
È composto da delicati assi di strutture connettivo-vascolari rivestite da un epitelio, che ha 7 strati
di cellule, come l’urotelio normale; solo che in questo caso si formano queste vegetazioni.
Il numero degli strati è importante, perché la differenza con il papilloma uroteliale a bassa
potenzialità maligna è proprio che quest’ultimo presenta più di 7 strati di cellule.
Quindi quando guardiamo il papilloma è importante contare il numero di starti di cellule.
Chiaramente non dobbiamo fare solo questo; dobbiamo anche guardare il tipo di cellule che
costituiscono questo papilloma; sono in genere cellule che non presentano alterazioni morfologiche
importanti; non osserveremo mitosi, se non negli strati basali, e quelle che osserviamo sono mitosi
tipiche, normali.
Di solito sono unici, però possiamo avere delle papillomatosi diffuse, con il coinvolgimento di tutta la
mucosa.
Papilloma invertito
L’altra forma benigna è il papilloma invertito, che si presenta solitamente in un’età più avanzata: 6/7
decade.
Il rapporto M/F=7/1, nettamente a favore dei maschi.
Il sintomo prevalente è l’ematuria, ma possiamo avere anche sintomi ostruttivi.
Si presenta frequentemente nel trigono e nel collo vescicale.
Possono essere multifocali.
Il papilloma invertito, a differenza dell’altro papilloma che abbiamo visto, ha una stretta correlazione
con il fumo di sigaretta.
Anche questo può recidivare.
Istologia
Siccome è invertito, non avrà la crescita esofitica come abbiamo visto prima, bensì una crescita
all’interno della lamina propria della mucosa e non raggiunge mai la muscolatura propria. Anche qui
le mitosi sono assenti o comunque rare.
Le cellule possono avere qualche atipia citomorfologicica, ma prevalentemente per aspetti
degenerativi.
A volte assieme al papilloma può coesistere un carcinoma. Ciò vuol dire che la vescica va vista
nell’insieme, magari con la cistoscopia.
La superficie è indenne e il papilloma cresce all’interno, quindi è invertito per questo motivo.
Lesioni intraepiteliali piane
L’urotelio può avere queste neoformazioni papillomatose benigne e poi delle lesioni piane, per cui
noi in superficie non vediamo niente; queste lesioni piane sono:
1. Iperplasia uroteliale flat
2. Atipia uroteliale reattiva
3. Lesioni preneoplastiche – displasia
4. Lesioni neoplastiche non invasive – carcinoma in situ
In tutte queste lesioni la membrana basale non viene mai superata; quando infatti viene superata la
membrana basale si parla di infiltrazione.
Iperplasia semplice
L’iperplasia semplice è caratterizzata da un marcato ispessimento della mucosa, con un aumento del
numero degli strati che può arrivare a 10 o più.
Non abbiamo atipia citomorfologica delle cellule; le cellule sono tutte abbastanza regolari,
polarizzate, ben orientate; possiamo avere lieve e focale polidimensionalità nucleare; la maturazione
procede dalla base verso la superficie. Viene osservata vicino a lesioni papillari low-grade, carcinoma
in situ, ma anche processi infiammatori, calcolosi. Non ha un potenziale pre-maligno se isolata.
L’urotelio potrebbe assomigliare moltissimo all’urotelio normale, l’unica differenza è il numero degli
strati, che è aumentato.
Atipia reattiva
Atipia significa che la cellula ha delle alterazioni per cui si discosta da quella che è la cellula normale,
che presenta nucleo rotondeggiante od ovalare, posto di solito centralmente, con una membrana
nucleare liscia, cromatina finemente dispersa e così via.
Nell’atipia possiamo trovare delle lievi alterazioni del nucleo o della cellula.
L’atipia reattiva è di solito vicino a un processo infiammatorio; quindi quando c’è una flogosi intensa
(ad. es per calcolosi recidivanti o cistiti acute o croniche) l’epitelio superficiale può reagire con una
sorta di atipia; le cellule possono essere leggermente più grandi, nuclei leggermente più grandi, con
dei nucleoli a volte visibili. Non c’è il tanto per dire che si tratta di un tumore, però c’è un’atipia,
correlata al processo infiammatorio.
Non è una lesione neoplastica.
Atipia di significato sconosciuto (D.D. difficile differenziazione fra atipia reattiva e neoplastica; utile
rivalutazione dopo risoluzione possibili cause); follow-up stretto. Spesso si trova in pazienti con
pregressa diagnosi di neoplasia uroteliale.
Displasia
Procedendo per gradi arriviamo alla displasia, che è una situazione sicuramente più importante.
Quando osserviamo un tessuto al microscopio è importante riconoscere quali sono le cellule normali,
regolari; quelle che stanno iniziando a subire una lieve trasformazione e cellule francamente
displastiche, in cui le alterazioni citomorfologiche sono importanti e che quindi possono progredire in
una forma maligna e quindi in un carcinoma.
Nella displasia l’urotelio mostra modificazioni architetturali e citologiche che non soddisfano tutti i
requisiti per una inequivocabile diagnosi di carcinoma uroteliale in situ.
Morfologia
Nella displasia abbiamo:
 Un’architettura conservata
 Un aumento del numero di strati dell’urotelio
 Presenza di cellule ad ombrello
 Lievi disturbi di polarizzazione negli strati basali e intermedio
 Cellule affollate, coese
 Lievi alterazioni nucleari e nucleolari, con nucleoli più grandi
 Nuclei che tendono ad essere ipercromatici
 Citoplasma chiaro
 Figure mitotiche basali più numerose
Non è consigliato graduare la displasia.
Progredisce in carcinoma nel 5-19% dei casi.
In questo schema – che è uno degli schemi classici, che viene proposto quando si parla di epitelio
normale, displastico e carcinoma –
possiamo vedere a sinistra un urotelio
normale, che ha dei nuclei piccolini,
centrali, che maturano in superficie, con le
cellule
ad
ombrello;
le
cellule
progressivamente nella displasia tendono
ad assumere forme differenti, talora
voluminose, nucleoli ben evidenti; le
cellule tendono a diventare sempre più irregolari, sempre più scure, fino ad arrivare al carcinoma in
situ e poi al carcinoma infiltrante, quando supera la membrana basale.
In questa immagine osserviamo una displasia: vediamo
nucleoli ben visibili, le cellule sono un po’ disordinate;
infatti se andiamo a vedere l’asse delle singole cellule
notiamo che non c’è una crescita regolare dal basso
verso l’alto, le cellule sono un po’ distorte; c’è un
disordine architetturale; anche la forma e il volume dei
nuclei è vario.
Lo strato superficiale è intatto: vediamo le cellule ad
ombrello.
Non c’è il tanto per parlare di carcinoma in situ, che ha delle caratteristiche ancora più intense, ma
parliamo di displasia.
Questo è importante perché l’urologo dovrà tenere sotto controllo il paziente perché la displasia
potrà progredire in carcinoma. È chiaro che la lesione verrà trattata, però vuol dire che il soggetto è
particolarmente predisposto e dovrà fare dei controlli periodici.
Distinguiamo una displasia primaria e una displasia secondaria:
 Displasia primaria. La displasia primaria è quella che si manifesta in soggetti che per la prima
volta presentano questo disturbo dell’epitelio.
Si tratta perlopiù di pazienti di media età con sintomi irritativi senza ematuria. La lesione ha
una predilezione per la parete posteriore. La lesione non è cistoscopicamente visibile
sebbene talvolta la mucosa può apparire lievemente eritematosa. Può progredire in
neoplasia nel 14-19% dei casi.
 Displasia secondaria. La displasia cosiddetta secondaria compare in pz con pregresso
carcinoma della vescica. Spesso i pazienti che hanno avuto un tumore alla vescica vanno
incontro a queste displasie legate anche alle terapie che hanno effettuato.
Carcinoma uroteliale in situ
Il carcinoma uroteliale in situ è una lesione che non ha superato la membrana basale, però è una
lesione di alto grado.
Rappresenta dall’1 al 3% delle neoplasie vescicali.
È una lesione piana, quindi non forma papille. All’esame cistoscopico si possono ritrovare giusto
delle aree eritematose, o finemente granulose.
La percentuale dei pazienti che sviluppa carcinoma invasivo entro i 5 anni è del 36%, quindi
piuttosto elevata.
Il rapporto M/F=7:1.
Presentazione clinica: il sintomo principale è sempre l’ematuria; possiamo avere anche sintomi
irritativi (disuria, pollachiuria), però spesso il paziente fa un esame citologico proprio perché ha un
disturbo di ematuria o anche di microematuria, scoperta per caso durante un esame fisico – chimico
delle urine.
La percentuale di pazienti asintomatici è abbastanza elevata, 25%.
Si presenta prevalentemente nel trigono e nella parete laterale.
L’urologo vede una mucosa con un’area eritematosa o granulare e qui vengono fatte le biopsie.
Istologia
1. È una lesione piana, che non supera la membrana basale, caratterizzata da disordinata
proliferazione di cellule uroteliali con marcate anomalie che interessano l’epitelio in tutto il
suo spessore. Questo lo differenzia dalla displasia in cui abbiamo visto che la parte
superficiale di solito è intatta.
2. Qualche cellula ad ombrello può essere presente.
3. Si ha perdita della polarità cellulare, le cellule crescono in maniera disordinata.
4. Le cellule sono un po’ discoese, staccate l’una dall’altra.
5. Le cellule sono molto pleomorfe; pleomorfe significa che hanno forma e volume differente
l’una dall’altra. Possono essere anche molto grandi, qualche volta piccole, a seconda delle
varianti.
6. I nuclei tendono ad essere molto scuri (ipercromasia).
7. I nucleoli possono essere multipli grandi e prominenti.
8. Si hanno frequenti figure mitotiche, spesso atipiche in tutti gli strati, quindi non solo negli
strati basali, proprio perché la lesione interessa tutto l’epitelio.
Queste caratteristiche di pleomorfismo nucleare, di ipercromasia, di nucleoli, frequenti figure
mitotiche e così via sono le caratteristiche che ritroviamo un po’ in tutte le forme tumorali; un
tumore è caratterizzato da nuclei così alterati.
Nella lamina propria si può osservare edema, ectasia vascolare e proliferazione di piccoli vasi.
CK20 positiva in tutti gli strati.
Se facciamo una Ki67 (indice indiretto di proliferazione cellulare) con un’indagine di
immunoistochimica, riscontriamo un valore elevato, indicando che moltissime cellule stanno
proliferando.
Del carcinoma in situ esistono numerose varianti.
Nell’immagine osserviamo che
le cellule sono discoese,
tendono a staccarsi, i nuclei
sono molto scuri, i nucleoli sono
prominenti e le cellule crescono
in maniera disordinata; al di
sotto troviamo una ricca
vascolarizzazione e il tessuto
connettivo talvolta è un pochino
edematoso.
Prof. Ambu: Un messaggio
importante che possiamo ricavare da questa immagine è che non necessariamente un carcinoma
deve avere uno strato epiteliale molto spesso (vedi in alto a destra); abbiamo visto prima le
iperplasie che si caratterizzano per l’ispessimento dell’epitelio, qui invece gli strati dell’epitelio sono
molto pochi, ma le cellule sono caratterizzate da atipia di alto grado, tanto che lo chiamiamo
carcinoma in situ.
In basso a sinistra abbiamo un’IIC con Ki67 a dimostrazione dell’alta replicazione. La maggior parte
delle cellule sono in ciclo; non abbiamo mitosi in tutte queste cellule, però sono in ciclo. Il tutto è
confinato all’interno della membrana basale.
Questo schema rende bene
l’immagine
dell’epitelio
normale, displastico e poi del
carcinoma in situ, dove
possiamo osservare le mitosi
alte, mentre normalmente
abbiamo tuttalpiù mitosi
negli strati basali, e il
disordine architetturale con
l’interessamento
nel
carcinoma in situ delle cellule
neoplastiche in tutto lo
spessore dell’epitelio.
Prof. Ambu: Il fatto che le
mitosi siano nella parte alta dell’epitelio è importante, perché se noi vedessimo delle mitosi in basso,
non ci disturberebbero, perché è un epitelio, e quindi prolifera ed è normale ci siano. Nell’epitelio
normale osserviamo però mitosi tipiche nello strato basale, se invece dovessimo osservare delle
mitosi atipiche devo stare attento, ancor più se sono negli strati alti dell’epitelio.
Nello schema osserviamo un gradiente di atipia cellulare, atipie varie. Non viene però considerata la
polarità; infatti le cellule vengono rappresentate tutte con il maggiore asse in verticale (con
l’eccezione ovviamente delle cellule ad ombrello); talora però nella lettura delle biopsie vediamo
anche delle cellule con maggiore asse orizzontale.
Quindi abbiamo un gradiente di atipia da quello che è l’epitelio normale a un epitelio con displasia di
basso grado, di alto grado, fino al carcinoma in situ.
La displasia una volta si classificava in lieve, moderata, grave. Oggigiorno pensiamo alla displasia di
basso grado come quella che una volta veniva considerata come lieve e moderata; la displasia di
alto grado invece corrisponde alla displasia grave, e poi abbiamo il carcinoma in situ. La differenza è
che quando parlo di displasia di alto grado intendo una situazione importante, molto pesante, però
non mi sento di chiamarlo carcinoma, benché in situ. Se invece parlo direttamente di carcinoma in
situ vedo una atipia molto molto marcata con mitosi tripolari (come nella parte in alto a destra dello
schema) e quando è interessato tutto l’epitelio in questa maniera allora parlo di carcinoma in situ.1
Ultimamente consigliano soprattutto per i tumori uroteliali di non graduare la displasia, perché sia
che si tratti di displasia di basso grado sia che si tratti di displasia di alto grado c’è una percentuale di
progressione verso il carcinoma comunque elevata.
Varianti istologiche del carcinoma uroteliale in situ
Abbiamo una serie di varianti istologiche del CIS uroteliale:
1. Grandi cellule pleomorfe
2. Piccole cellule
3. Pattern Clinging (=aggrappante) e denudante
4. Pagetoide
5. Con differenziazione ghiandolare o squamosa
6. Con microinvasione
Carcinoma uroteliale in situ ad ampie cellule pleomorfiche
La variante più frequente è quella ad ampie cellule pleomorfiche; i nuclei sono uno diverso dall’altro,
piccoli, grandi irregolari; vi è uno spiccato pleomorfisomo nucleare; la membrana nucleare dovrebbe
essere rotondeggiante, invece qui ha le forme più svariate.
Possiamo osservare mitosi atipiche. Le cellule sono grandi con ampio citoplasma eosinofilo. L’asse
maggiore delle cellule non è uniforme, la crescita è molto disorganizzata.
Carcinoma uroteliale in situ a piccole cellule
In questa variante le cellule sono più piccole e i nuclei sono apparentemente monomorfi, grandi
ipercromici, rotondeggianti. Le cellule hanno pochissimo citoplasma.
Qui non troviamo le figure strane che abbiamo visto prima.
Carcinoma uroteliale in situ “clinging” (= aggrappante)
Questa variante è definita anche “cistite denudante”. Non sempre il carcinoma in situ deve avere un
aumento dello spessore dell’epitelio.
Questa è una variante in cui le cellule sono molto discoese e si staccano. Alla biopsia possiamo
ritrovare delle zone senza epitelio, perché le cellule si sono tutte staccate. Anche le cellule sono
poche si nota che le cellule presenti sono cellule neoplastiche. La caratteristica di questi tumori è che
essendo le cellule così discoese, si staccano e si ritrovano nelle urine; pertanto è facile fare diagnosi
di carcinoma o sospetto carcinoma con l’esame citologico delle urine, che indirizza poi il clinico con la
cistoscopia a effettuare un prelievo bioptico mirato.
Domanda: “La classificazione di Vienna si usa anche in questo caso?” Risposta: la classificazione di Vienna è
la classificazione della displasia. È stata approntata per le lesioni dell’apparato gastro – enterico ma si può usare
anche in questo caso.
1
Carcinoma uroteliale in situ pagetoide
Nel contesto di un urotelio pressoché normale troviamo cellule neoplastiche isolate oppure in piccoli
cluster di 2-3-4 cellule. Queste sono sicuramente cellule neoplastiche, con nuclei molto voluminosi
scuri, grandi, ipercromici e irregolari.
Questa è una diagnosi difficile, in quanto in genere la superficie è indenne e poi dobbiamo vedere
con attenzione la biopsia per riconoscere questi elementi cellulari. Di solito è una lesione focale,
facilmente sottostimata.
Carcinoma in situ con differenziazione squamosa o ghiandolare
Nella differenziazione ghiandolare le cellule tumorali tendono ad organizzarsi in strutture
ghiandolari, invece nella differenziazione squamosa le cellule ricordano in qualche modo l’epitelio
pavimentoso composto, hanno forma poligonale, con citoplasma molto ampio e nucleo ipercromico.
Queste varianti possiamo o meno segnalarle nella diagnosi, ma non ha molta importanza per ciò che
riguarda il trattamento del paziente.
Prof. Ambu: Nell’immagine si può apprezzare
quello che è il disordine dell’epitelio, e sembra
anche di notare cellule grandi, chiare, che sono
quelle della forma pagetoide, anche se non è
questo il pattern; però se noi le vedessimo in
altra forma, non in questo aspetto di focale
differenziazione squamosa, le riconosceremmo
come tali.
A piccolo ingrandimento si vedono delle mitosi.
Vi è grande disordine; abbiamo molti strati di
cellule, con un disordine totale, polimorfismo
cellulare nucleare, politingibilità e tutto quello
che noi sappiamo fare atipia, che si presenta a tutto spessore.
Carcinoma in situ con microinvasione
Il carcinoma in situ può restare in situ o può evolvere verso un carcinoma microinvasivo e in un
carcinoma infiltrante.
Si parla di carcinoma in situ con microinvasione, o con aspetti microinfiltrativi, quando vi è un
superamento della membrana basale, quindi cellule neoplastiche all’interno della lamina propria, a
una profondità di non più di 5 mm dalla membrana basale. Ovviamente deve essere una infiltrazione
minimissima, altrimenti si parla di carcinoma infiltrante.
Si riscontrano singole cellule neoplastiche della lamina propria ad una profondità di non oltre 5 mm.
La microinfiltrazione può essere in cordoni oppure con singole cellule o piccoli cluster di cellule
tumorali.2
Domanda: come consideriamo la angioinvasione nell’ambito del CIS con microinvasione? Risposta: nella
microinfiltrazione non deve esserci angioinvasione. Nel momento in cui si osserva angioinvasione non parlo più
di microinvasione, ma di carcinoma infiltrante, perché poche cellule non sono in grado di fare angioinvasione.
Quindi se io la vedo cambio la diagnosi: carcinoma infiltrante con aspetti di angioinvasione, che è bene
segnalare per il discorso di metastasi e così via.
2
Neoplasia papillari uroteliali
Adesso consideriamo le lesioni papillari che possono poi portare al carcinoma uroteliale papillare
infiltrante. Queste lesioni sono di tre tipi:
1. Neoplasia uroteliale papillare a basso potenziale di malignità (PUNLMP), con poche
possibilità di trasformarsi in carcinoma uroteliale infiltrante.
2. Neoplasia uroteliale papillare di basso grado.
3. Neoplasia uroteliale papillare di alto grado.
Le differenze tra queste tre forme sono legate alle alterazioni citomorfologiche delle cellule,
all’alterazione dell’architettura, di nuclei, citoplasma e così via.
Neoplasia papillare a basso potenziale maligno (PUNLMP)
Si tratta di un tumore uroteliale di basso grado, con architettura papillare, bassa incidenza di
ricorrenza e progressione.
L’aspetto non è molto diversa dal papilloma; abbiamo sempre una formazione papillare, però si
riesce ad identificare già a piccolo ingrandimento la differenza con il papilloma (lesione
assolutamente benigna), che riguarda il numero di strati.
Il papilloma ha 7 strati di cellule, invece la neoplasia papillare a basso potenziale maligno ha più di
7 strati di cellule.
Se andiamo a vedere le caratteristiche delle cellule vedremo che queste non sono così alterate, i
nuclei sono abbastanza regolari, però il numero degli strati è aumentato. L’atipia citologica è
minima o assente; la polarità è in gran parte conservata; le cellule crescono tutte nello stesso senso,
non c’è un’architettura alterata, l’epitelio è abbastanza regolare.
Le figure mitotiche rare e riservate agli strati basali.
Prevale nel sesso maschile (M:F=3:1) sopra i 65 anni. Comunemente individuate dopo accertamenti
per ematuria.
Le lesioni possono essere abbastanza grandi: 1-2 cm, localizzate nella parete laterale o in prossimità
degli orifizi ureterali.
Incrementato rischio di sviluppo di nuove lesioni papillari o di progressione in circa il 5% dei casi.
Recidiva in circa il 30-40% dei casi. Tutte queste lesioni dell’urotelio hanno la caratteristica di
recidivare; l’importante è individuarle e toglierle.
Carcinoma papillare di basso grado
Alterazioni architetturali e citologiche intermedie rispetto a quelle presenti nelle neoplasie uroteliali
a basso potenziale di malignità e nel carcinoma papillare di alto grado.
Recidiva in circa il 50% dei casi.
Progredisce a tumore di alto grado nel 10% dei casi.
Rapporto M/F=2/1; età media 70 anni.
Sintomo più frequente ematuria.
Si manifesta soprattutto nella parete posteriore o laterale.
Il 22% dei pazienti hanno due o più tumori.
Presenta un aspetto ordinato ma molteplici aspetti architetturali e citologici: variazioni di polarità,
forma e dimensioni nucleari, alterazioni della tessitura cromatinica. Figure mitotiche osservate nella
metà inferiore dell’urotelio.
Anche in questo caso i numeri di strati deve essere maggiore di 7. Rispetto alla lesione precedente
notiamo che le papille sono diverse, anche in certi punti fuse.
Non sono papille semplici, come nella lesione vista prima.
L’architettura comincia ad essere alterata; osserviamo mitosi, nuclei molto allungati; c’è una certa
polidimensionalità, con volumi differenti e anche forme differenti. Lo strato superficiale può anche
essere abbastanza regolare. I nuclei sono un pochino ipercromici.
Quindi ciò che ci permette di distinguere una neoplasia papillare a basso potenziale di malignità da
un carcinoma papillare di basso grado sono proprio le papille, che tendono ad essere più fuse e
ramificate, abbiamo perdita dell’organizzazione delle cellule, quindi perdita della polarità, il numero
delle mitosi comincia ad essere più importante.
Carcinoma papillare di alto grado
Morfologicamente simile a un carcinoma in situ.
Progredisce a tumore infiltrante nel 10% dei casi.
L’aspetto è predominantemente o interamente disordinato con marcato pleomorfismo.
La cromatina tende ad ammassarsi con nucleoli evidenti.
Frequenti mitosi a tutti i livelli, come nel carcinoma in situ.
La mucosa piatta circostante mostra aree di carcinoma in situ.
Le papille sono frequentemente fuse. Lo spessore dell’epitelio varia notevolmente.
Abbiamo atipie cellulari molto più marcate; abbiamo cellule con nuclei di varia forma, di diversa
dimensione, con nucleoli molto evidenti.
Nella tabella sottostante sono riassunte le principali differenze tra il papilloma, la neoplasia a basso
potenziale maligno, il carcinoma papillare di basso grado e il carcinoma papillare di alto grado.
Papilloma
Low
mal
Papille
Delicate
Org cell
pot
Low grade
High grade
Delicate
Fuse/ramificate
Tendenzialme
nte fuse
Normale
Normal
Perdità polarità
disordine
Polarità
Conservata
Conservata
Mal conservata
Perdita
Spessore
=7 strati
=/> 7 strati
> Di 7 strati
Variabile
Coesion
e
Conservata
conservata
conservata
Discoese
Forma
nucleo
Normale
Allungato
unif
Ovale disomeg
pleomorfo
Volume
nucleo
Normale
Lievemente
aument.
Aumentato
Ampio
Cromati
na
Fine
Fine
Variabile
ipercromatico
Nucleoli
Assenti
Assenti
Incospicui
prominenti
Mitosi
Assenti
Rare basali
Occasionalment
e tutti i livelli
Frequenteme
nte tutti i
livelli
Umbrell
a cells
Presenti
Presenti
Di
solito
presenti
di
solito
assenti
Le papille da delicate tendono a diventare fuse/ramificate e poi tendenzialmente fuse, le cellule
tendono ad essere discoese, quindi si staccano. Le cellule ad ombrello di solito sono assenti perché
questa lesione sta interessando l’epitelio in tutto il suo spessore.
La membrana basale comunque non è superata.
In ogni tumore c’è una certa variabilità
intratumorale: nell’immagine possiamo
osservare nella parte alta dell’immagine un
carcinoma ad alto grado, mentre nella parte
in basso possiamo osservare un basso
grado. Questo perché nell’ambito del
tumore non tutto è uguale. Chiaramente nel
fare la diagnosi se noi vediamo una zona di
alto grado dobbiamo dare il grado
maggiore.
Prof. Ambu: bisogna fare la diagnosi
considerando il grado maggiore in tutte le
lesioni neoplastiche.
Il prelievo effettuato dall’endoscopista in cistoendoscopia può essere diverso a seconda della parte
dalla quale proviene il prelievo. Questo perché il tumore, soprattutto se di certe dimensioni, può
differenziarsi in maniera diversa a seconda delle sedi del tumore.
Questo avviene anche per quadri morfologici molto diversi, non solo per carcinoma di basso
grado/alto grado, ma anche lesioni ben diverse.
Possiamo osservare nel vetrino aree di displasia di basso grado, ma accanto può esserci già il
carcinoma, che l’endoscopista può non aver visto. L’errore di campionamento (errore non per
negligenza dell’endoscopista) può essere importante in questo caso.
Macroscopia
associata
alla
microscopia
Le papille che corrispondono al
basso potenziale di malignità
sono papille abbastanza esili,
sottili; nel basso grado tendono ad
essere un pochino più compatte,
mentre in basso vediamo la lesione
di alto grado.
Quindi già macroscopicamente
possiamo farci un’idea di come
può essere la lesione.
Prof. Ambu: Però non si può
asserire che quanto detto è vero in
assoluto, perché ad esempio nella
prima immagine possiamo avere
nella maggior parte della lesione
un basso potenziale di malignità,
con una piccola parte in cui però
abbiamo l’alto grado, quindi non è
facile.
Il patologo si esprime su quello che
vede.
La macroscopica è importante però poi la diagnosi definitiva è sempre e solo istologica.
Carcinoma infiltrante
Epidemiologia
Il carcinoma infiltrante occupa il settimo posto tra i tumori più frequenti,
Il rapporto M/F=4/1.
Sintomi: Ematuria, disuria, pollachiuria.
Fattori di rischio:
1. Al primo posto c’è il tabacco; si è notata una correlazione sia con gli anni di fumo sia con il
numero di sigarette. È stato anche osservato che se uno smette di fumare la possibilità di
ammalarsi di tumore alla vescica diminuisce.
2. Rapporto con i non fumatori 3:1. Anche i non fumatori possono però sviluppare questa
lesione; infatti vi sono altre cause;
3. Una delle cause più studiate fu l’esposizione professionale di soggetti che lavoravano in
fabbriche delle industrie in cui si producevano coloranti. (Esposizione a amine aromatiche,
gomma, alluminio, pellami).
4. Assunzione eccessiva di caffeina.
5. Utilizzo di dolcificanti: è stato fatto un esperimento nei roditori in cui è stato visto che l’uso
della saccarina poteva comportare tumori alla vescica.
6. Alimentazione troppo grassa.
7. Infezione da Schistosoma haematobium, responsabile di flogosi cronica vescicale
8. Alcuni farmaci (analgesici, fenacetina).
9. Infezioni delle vie urinarie recidivanti.
10. Coloranti per capelli.
11. Storia familiare.
I fattori di rischio sono molti, pertanto quando un paziente si presenta con ematuria, micro o
macroscopica non va mai sottovalutata.
Diagnosi
Gli esami che vengono fatti per arrivare a una diagnosi possono essere:
 Poco invasivi:
o Esame citologico delle urine
o Ecografia
 Invasivi:
o Cistoscopia con biopsia mirata
Macroscopia
Il quadro classico è quello di una lesione polipoide, sessile, talora ulcerata.
Le lesioni possono essere suddivise in alto e basso grado sulla base delle atipie citologiche, ma la
caratteristica comune è l’invasione della parete vescicale con superamento della membrana basale,
quindi con infiltrazione della lamina propria o della muscolare propria.
Le cellule tumorali infiltrano in forma di nidi, cordoni, trabecole, piccoli aggregati o come cellule
singole, spesso frammiste ad un essudato infiammatorio
Come tutti i tumori possono infiltrare estesamente la parete invadendo organi circostanti come la
prostata, le vescicole seminali, l’utero, gli ureteri e il tessuto retroperitoneale. In alcuni casi tragitti
fistolosi tra vagina e retto.
Il 40% dei tumori infiltranti metastatizzano ai linfonodi regionali.
La disseminazione ematica, più tardiva, da metastasi al fegato, al midollo osseo e ai polmoni.
Concomitano varianti con aspetti squamosi, o di differenziazione ghiandolare, commisto a carcinoma
uroteliale tipico.
Citogentica
Sono stati fatti studi di citogenetica, che hanno rilevato associazioni con:
 Monosomia del cromosoma 9 e delezioni di 9p e 9q
 Alterazione del gene FGF3 localizzato nel cromosoma 4p
L’infiltrazione avviene inizialmente nell’asse connettivo vascolare (stiamo parlando di carcinomi
papillari); può progredire poi nella lamina propria,
scende e arriva a infiltrare la muscolare propria.
Questa immagine schematica ci permette di stadiare
il tumore sulla base dell’infiltrazione.
Il TIS è il carcinoma in situ.
Il Ta è il tumore papillare che non supera la
membrana basale.
Il T1 inizia a infiltrare la lamina propria.
T2 infiltrazione muscolare propria. Nell’ambito del T2
abbiamo due sottotipi: T2a e T2b; nel T2a
l’infiltrazione non va oltre la metà superiore della muscolare propria; nel T2b il tumore va oltre la
metà superiore, quindi entra nella metà inferiore.
T3 infiltrazione avventizia. Anche qui abbiamo T3a e T3b.
T4 infiltrazione degli organi adiacenti. Anche in questo caso distinguiamo T4a e T4b.
Se dobbiamo fare una diagnosi e il chirurgo ci manda un prelievo superficiale, che raggiunge la
lamina propria ma non raggiunge la muscolare propria potremmo non essere in grado di fare una
diagnosi corretta.
Una diagnosi corretta e completa si fa quando nella biopsia vediamo anche la tonaca muscolare.
L’interessamento della tonaca muscolare, soprattutto nella parte più profonda induce un intervento
radicale; mentre invece l’interessamento solo della lamina propria e o della parte superficiale della
muscolare propria non necessariamente comporta l’effettuazione di un intervento radicale.
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Classificazione patologica pT3
TX Il tumore primitivo non può essere definito
T0 Non segni del tumore primitivo
Ta Carcinoma papillare non invasivo
Tis Carcinoma in situ: "tumore piatto"
T1 Tumore che invade il tessuto connettivo sub-epiteliale
T2 Tumore che invade la parete muscolare
o T2a Tumore che invade la parete muscolare (metà interna)
o T2b Tumore che invade la parete muscolare (metà esterna)
T3 Tumore che invade i tessuti perivescicali
o T3a Microscopicamente
o T3b Macroscopicamente (massa extravescicale)
T4 Tumore che invade qualsiasi delle seguenti strutture: prostata, utero, vagina, parete
pelvica, parete addominale
o T4a Tumore che invade prostata o utero o vagina
o T4b Tumore che invade la parete pelvica o la parete addominale
Linfonodi regionali (pN)4
I linfonodi regionali sono quelli sotto la biforcazione delle arterie iliache comuni (almeno 8 linfonodi).
La lateralità non incide sulla stadiazione linfonodale pN
 NX I linfonodi regionali non possono essere definiti
 N0 Non metastasi nei linfonodi regionali
 N1 Metastasi in un unico linfonodo di 2 cm o meno nella sua dimensione massima
 N2 Metastasi in un unico linfonodo superiore a 2 cm ma inferiore a 5 cm nella sua
dimensione massima o in diversi linfonodi ognuno dei quali di dimensione massima superiore
a 2 cm ma inferiore a 5 cm
 N3 Metastasi in un linfonodo superiore a 5 cm nella sua dimensione massima.
Chiaramente quando arriva il pezzo operatorio bisogna anche controllare i linfonodi per vedere se
sono interessati o meno.
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NB: tale slide non è stata letta dalla prof.
Idem nota 3
Nelle immagini istologiche possiamo apprezzare l’infiltrazione delle varie tonache da parte delle
cellule neoplastiche, possiamo intuire l’infiltrazione di un linfatico. L’infiltrazione può essere anche
molto massiccia e arrivare al tessuto sottoadiposo e agli organi adiacenti (nell’immagine è
rappresentato l’utero).
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Varianti
A cellule chiare: vediamo citoplasmi ampi e chiari.
Tubulo-ghiandolari: le cellule si dispongono a formare strutture tubulo-ghiandolari.
A nidi: nidi solidi.
A piccole cellule: cellule piccoline, con nuclei ipercromici, molto scuri e scarso citoplasma.
Micropapillare: abbiamo piccole papillette.
Differenziazione squamosa: possiamo avere la formazione di perle cornee, tipico dei
carcinomi squamocellulari; in questo caso invece si tratta di carcinoma uroteliale papillare
con differenziazione squamosa, cioè ci sono delle cellule che si trasformano e assumono
questo aspetto di tipo squamoso.
Microcistica: con formazione di cisti vere e proprie.
Linfoepitelioma like: le cellule sono immerse in un background infiammatorio con numerosi
eosinofili.
A cellule giganti: cellule con numerosi nuclei.
Variante lipoidea: le cellule hanno l’aspetto di lipoblasti.
Con aspetti rabdoidi: sono cellule mostruose; non c’è dubbio che si tratti di un tumore.
Pattern di crescita discoesivo: mima il carcinoma lobulare della mammella; le cellule sono
quasi in filiera, si dice che hanno una disposizione “a fila indiana”.
Carcinoma squamocellulare5
- 5% dei ca vescicali e il 45 % dove la schistosomiasi è endemica; spesso in
pz con cistiti croniche, con diverticoli vescicali etc.
La superficie vescicale è granuleggiante e biancastra.
Istologicamente sono neoplasie identiche a quelle che insorgono in altri distretti; correlato al
Papilloma virus.
Adenocarcinoma
- Rari , circa il 2.55; forme piatte, nodulari o papillari, microscopicamente costituite da epitelio
ghiandolare; frequentemente associate a cistite ghiandolare, in particolare con metaplasia
intestinale.
Diagnosi differenziale con metastasi di adenocarcinoma
Neoplasie mesenchimali
-Leiomioma
-sarcomi
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Carcinoma squamocellulare, adenocarcinoma e neoplasie mesenchimali non sono stati citati, riporto comunque
il testo delle slide.
Diagnosi
Citologia urinaria
La diagnosi si può fare inizialmente con la citologia urinaria. La citologia urinaria non è l’esame
chimico – fisico delle urine, ma è la ricerca di cellule neoplastiche nelle urine e si fa in anatomia
patologica, mentre l’esame chimico – fisico si fa in laboratorio. In questo contesto non interessa
sapere se ci sono calcoletti, sedimento ecc.. è un esame che si fa solo per la ricerca di cellule
neoplastiche.
È un esame semplice, non è invasivo ed è poco costoso.
Generalmente quando il paziente va dal medico e riferisce un episodio di ematuria il medico
prescrive un esame citologico delle urine, che viene effettuato anche nel follow – up. Questi tumori
recidivano molto, quindi questo esame è molto utile nel follow-up dei pazienti.
Le principali indicazioni per l’esame citologico delle urine sono:
o Macro e microematuria
o Follow up di pazienti con pregresso carcinoma uroteliale
o Screening in soggetti ad alto rischio
o Cistiti recidivanti
o Ipertrofia prostatica e/o carcinoma prostatico
o Trapianto di rene
Le cellule neoplastiche tendono a staccarsi, a volte si staccano proprio delle papillette, che ritroviamo
nel sedimento.
Bisogna effettuare la raccolta di 3 campioni di urine in giorni differenti, preferibilmente consecutivi,
e comunque nell’arco di 10 giorni.
Il contenitore va etichettato con nome cognome e data del prelievo.
Vengono raccolte le prime o le seconde urine del mattino; preferibilmente le seconde per evitare
effetti degenerativi delle cellule, in quanto la prima urina è più acida.
Le urine non devono essere conservate in frigo. Devono essere consegnate al reparto di anatomia
patologica in mattinata, preferibilmente entro due ore dalla raccolta. Deve essere raccolta una
quantità di urina sufficiente ma non eccessiva.
Devono essere mandate in laboratorio fissate con formalina o con alcol oppure a fresco.
Fissazione: la quantità di alcool al 95% o di formalina deve essere pari alla quantità del materiale
prelevato.
In un esame citologico delle urine vediamo tutte le cellule che hanno esfoliato nella mucosa e quindi
cellule uroteliali normali, cellule ad ombrello, un po’ di leucociti, qualche emazia e possiamo
riscontrare le cellule neoplstiche, che presentano:
1. Volume aumentato
2. Aumentato rapporto nucleo-citoplasma (si valuta lo spessore citoplasmatico e lo si confronta
con il diametro nucleare).
3. Nuclei scuri
4. Nucleo eccentrico
5. Nuclei di forma varia, possono essere allungati
6. Nuclei mostruosi, molto scuri
7. Membrana nucleare irregolare
8. Nucleoli a volte particolarmente evidenti
9. Assenza del collare citoplasmatico, nel senso che in queste cellule a volte quasi non troviamo
citoplasma.
Anche nelle urine la diagnosi può essere facile6.
Molte slide di quest’ultima parte sulla citologia urinaria non sono state neanche guardate e molto
probabilmente esulano da quello che dobbiamo sapere per l’esame, quindi ho evitato di riportarle.
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