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LE TRAVERSIE DI GUERRA DI GIOVANNI RODIGARI.
Medaglia del Genio Minatori, Corpo nel quale verrà arruolato Giovanni.
Con la compilazione di queste poche pagine ho, finalmente, portato a termine un
progetto che avevo in testa da anni: ripercorrere le disavventure militari di Giovanni,
compreso il rischiosissimo ritorno a casa dalla Jugoslavia. Per la ricostruzione mi
sono basato su alcuni particolari che egli stesso mi ha più volte raccontato, sulle notizie del Foglio Matricolare dell’Esercito che, però, è largamente incompleto, e poi seguendo la storia dei reparti militari dei quali faceva parte in quei tragici giorni.
Ho dovuto usare a volte il condizionale, perché gli argomenti che stavo trattando
non avevano riscontri certi, ad iniziare dalla visita di Leva della quale non ho trovato
la data.
Anche se le notizie a mia disposizione non erano moltissime ho cercato di fare del
mio meglio perché, papà del mio amico Vitale, era una persona che ho conosciuto
molto bene.
Sergio Piffari.
Autunno 2016.
Dal Foglio Matricolare:
Iscritto alla Leva del comune di Valbondione
DISTRETTO MILITARE di BERGAMO
MATRICOLA N° 35442
Rodigari Giovanni Luigi di Vitale e Riccardi Caterina
nato a ex Lizzola (!) il 21 giugno 1912
residente a Valbondione in via Lizzola Bassa
altezza: m.1,65 torace: m. 0,90
professione: colono (cioè: mezzadro, coltivatore)
grado d’istruzione: 2° elementare
religione: Cattolica
L’anno della Visita di Leva dovrebbe essere il 1932, essendo lui nato nel 1912, e la
sede il Distretto di Bergamo. Sappiamo, per certo, che al termine della stessa venne
dichiarato: riformato e dispensato dalla chiamata alle armi per l’art. 94.
L’esito negativo della visita gli consentì di evitare la “Campagna dell’Africa Orientale”, con la guerra in Abissinia combattuta negli anni 1935 – 1936 alla quale avrebbe
dovuto altrimenti partecipare.
In quegli anni, però, l’Italia, per le scelte del suo duce, Benito Mussolini, venne
sempre più coinvolta nei vari eventi bellici, il che comportava un sempre maggiore
bisogno di uomini da mandare sui vari fronti. Vennero così ricontrollate le posizioni
di coloro che, come Giovanni, erano stati esentati dal prestare servizio militare.
Infatti…
8 agosto 1936. Già riformato, viene visitato all’Ospedale Militare di Genova in base
al D.L. del 24/10/1935 (sappiamo che, per lavoro, trascorse molti anni in Liguria,
nella provincia di Savona).
Su giudizio del direttore dell’ospedale, viene ritenuto abile ed assegnato ai servizi
sedentari in modo permanente per ipertrofia della tiroide in grado non elevato.
1 marzo 1937. Collocato in congedo illimitato in applicazione della circolare n°
40035 del 1/3/1937.
Nel 1940 in Europa è in corso la 2a Guerra Mondiale ed anche in Italia c’è sempre
maggiore richiesta di soldati…
14 marzo 1940. Chiamato alle armi per istruzione ai sensi della circ. 582/3 del
19/2/1940. Fa parte dell’ 11mo Battaglione del Genio Minatori e raggiunge il Deposito del 1° Reggimento a Novi Ligure –AL-
Berretto del Genio.
FRONTE OCCIDENTALE - GUERRA DI FRANCIA (10 – 25 giugno 1940).
Mussolini, per potersi sedere al tavolo delle trattative di una guerra che sembrava
nella sua fase finale, aveva bisogno “di qualche migliaio di morti”; per questa ragione il 10 giugno 1940 dichiarò guerra alla Francia. I francesi, schiacciati dall’enorme
potenza germanica ci avevano scongiurato di non farlo e la considerarono una pugnalata alla schiena.
Le scaramucce militari durarono pochi giorni, poi venne firmato l’armistizio; nonostante ciò, per la solita impreparazione e l’improvvisazione dei nostri Comandi, ecco
le conseguenze: noi contammo 631 morti, 616 dispersi 2631 feriti; la Francia ebbe 37
morti, 42 feriti e 150 dispersi…
Tra l’altro il nostro importante alleato Hitler, non ci tenne comunque in considerazione, come farà anche in seguito.
L'Italia entra in guerra!
11 giugno 1940. Giovanni arriva in territorio dichiarato in stato di guerra.
Saranno in totale 6 i Battaglioni del Genio Minatori dispiegati sui confini con la
Francia.
13 agosto 1940. Cessa di trovarsi in territorio dichiarato in stato di guerra.
Mandato in congedo illimitato ai sensi della circ. n° 4000 G.M. 1940. Torna nel
Distretto Militare di Bergamo.
La campagna di Francia è finita, ma non i doveri militari…
17 maggio 1942. Risponde alla chiamata di controllo in tempo di guerra al Distretto
Militare di Bergamo, indetta con circ. n° 275 g.m. 1942.
24 giugno 1942. Iscritto nella forza in congedo del Genio Minatori del Distretto Militare di Savona (evidentemente si era trasferito nuovamente dalle parti di Cengio
–SV- dove aveva lavorato presso l’Azienda Nazionale Colori e Affini ed anche alle dipendenze della stessa famiglia proprietaria della ditta).
11 agosto 1942. Richiamato alle armi ai sensi della circ. M. Guerra n° 582/5 del
30/4/1942 e giunto al Distretto Militare di Savona. Revocato il provvedimento di
assegnazione ai servizi sedentari perché, rivisitato, è ritenuto dalla commissione
medica dell’Ospedale Militare di Genova, idoneo al servizio militare incondizionato.
A questo punto non possiamo più fare affidamento sul Foglio Matricolare che non
riporta altro, vi è,però, un certificato del sindaco di Valbondione del 2 settembre del
1970 che attesta ufficialmente che:
“ Rodigari Giovanni fu Vitale, nato a Valbondione il 21/6/1912, è stato richiamato
alle armi durante il periodo dal 1° settembre 1942 al 20 novembre 1943 ”.
Sappiamo perciò la data della partenza e quella del rientro.
Ricostruiamo da qui in avanti le vicende militari di Giovanni, seguendo i movimenti
del suo reparto di appartenenza, il Genio Minatori, reparto peraltro assai raro nella
composizione di una Divisione o un Corpo d’Armata.
Gli unici militari del Genio Minatori arruolati nel Regio Esercito Italiano operativi sul
suolo jugoslavo, erano quelli del V° Battaglione che faceva parte della 15ma Divisione di Fanteria “Bergamo” con sede a Spalato, in Dalmazia: visto che era l’unico,
Giovanni doveva per forza appartenere a questo Battaglione!
GUERRA CON LA JUGOSLAVIA (1941 – 1943).
Ecco un breve resoconto della guerra di Jugoslavia.
Il giorno 6 aprile 1941 aerei italo-tedeschi bombardano obiettivi militari in territorio
jugoslavo. Inizia la cosiddetta “Guerra d’aprile” che in pochi giorni vede le truppe
dell’Asse vittoriose sulla Jugoslavia.
Il 17 aprile viene firmata la resa ed il territorio viene suddiviso tra i vincitori.
Smembramento della Jugoslavia.
Per il Regio Esercito dalla Venezia Giulia scende la 2° Armata, della quale fa parte la
15ma Divisone di Fanteria “Bergamo” col suo V° Battaglione Genio Minatori, ed occupa la Slovenia e poi Dalmazia e Croazia.
Fotografia di militari italiani a Sebenico (Dalmazia)
Come sappiamo, Giovanni parte per il fronte ai primi di settembre del ’42 e, quando
giunge nella zona assegnatagli, il compito principale delle nostre truppe è quello di
contrasto dell’azione partigiana, divenuta sempre più pesante.
Durante la sua permanenza in quei luoghi si appassiona alla lingua slava, parlata dalla popolazione locale, tanto che partecipa ad un corso approntato appositamente
per i soldati italiani interessati ad impararla.
Nello stesso periodo conseguirà il grado di sergente.
Soldati del Regio Esercito Italiano in Jugoslavia.
L’8 SETTEMBRE DEL ’43.
8 settembre 1943. L’Italia firma l’armistizio con gli anglo-americani e le truppe
tedesche, fin lì alleate, diventano nemiche, con quello che ciò comporta.
Il re, Vittorio Emanuele III° ed il capo del governo, generale Badoglio, fuggono a Pescara e successivamente a Brindisi.
Al momento della firma, in Jugoslavia vi sono 27 Divisioni italiane, per un totale di
circa 340.000 uomini; la 15ma Divisione Fanteria “Bergamo”, dove milita Giovanni,
si trova nella Dalmazia meridionale.
Dopo un periodo di ordini imprecisi e contrastanti, il 27 settembre viene sopraffatta
da reparti della SS.“Prinz Eugen”. Con feroce repressione i tedeschi fucileranno 46
ufficiali compresi tre generali.
E’ evidente che dopo l’8 settembre per le truppe italiane impegnate all’estero, le
cose si siano messe male in modo drammatico. Abbandonati, come abbiamo visto,
da coloro che avrebbero dovuto guidarli, i nostri soldati ed i loro ufficiali si sono
trovati di fronte a scelte molto difficili che, nella gran parte dei casi, sono costate
loro la vita. Tra i nemici, ai temibilissimi partigiani comunisti di Tito, si sommarono i
soldati croati e tedeschi e la numerosa serie di milizie croate e serbe.
Rivediamo le opzioni che i nostri militari avevano di fronte:
1) schierarsi con i tedeschi, come fecero le Legioni delle Camicie Nere.
2) Dopo alcuni chiarimenti con i partigiani locali, passare a combattere al loro fianco.
3) Consegnare le armi ai tedeschi ed arrendersi. (Anche se arresi e disarmati, in parecchi casi i nostri vennero fucilati, specialmente gli ufficiali; per gli altri la destinazione fu la Germania, per lunghi tratti a piedi e poi su carri bestiame. Vennero definiti “I.M.I.” ovvero “Internati Militari Italiani” e non ebbero nemmeno lo “status” di
prigionieri di guerra; il loro destino fu quello di essere rinchiusi nei lager o impiegati
nelle città bombardate a sgomberare macerie ecc. Moltissimi di loro non sopravvissero, per i motivi più svariati).
4) Tentare il rischiosissimo ritorno a casa tra mille insidie, col pericolo di essere
fermati e fucilati da uno dei numerosi gruppi militare citati.
Giovanni fece questa scelta!
IL RITORNO.
E’ molto probabile che, dopo i primi giorni d’incertezza, Giovanni abbia maturato,
certamente non da solo, la decisione di affrontare un viaggio di centinaia di chilometri e tentare il rientro in Patria.
Raccontava di aver attraversato, quasi sempre a piedi, la Dalmazia, la Croazia, la
Slovenia e poi da Trieste la pianura padana. Spostandosi prevalentemente di notte,
per ovvi motivi, mangiando quanto poteva raccattare, cibandosi anche di foglie di
alberi e, molto spesso soffrendo la fame. Dopo un paio di mesi trascorsi col cuore in
gola fece, all’incirca alla metà di novembre, ritorno al paesello natìo.
Quando con la narrazione arrivava al momento del suo ingresso in casa, gli si inumidivano gli occhi: era mezzogiorno, lui aprì la porta della cucina e vide suo papà seduto a tavola che mangiava un piatto di pastasciutta; era talmente pietosa la sua condizione che il padre non lo riconobbe!
Vitale Rodigari, papà di Giovanni.
Certamente ha consentito il raggiungimento del suo traguardo, pur nel caos di quei
giorni, anche una buona dose di fortuna, ma sono convinto che insieme alla massi-
ma attenzione prestata per tutto il percorso, lo abbia aiutato anche il fatto di cavarsela molto bene con la lingua parlata in quei luoghi.
Nonostante fosse rientrato fisicamente molto debilitato, tanto che per un bel po’ di
tempo il suo stomaco rifiutò il cibo, si riprese e a quel giorno felice e drammatico
insieme, aggiunse altri 55 anni di vita!
Scomparve, infatti, a Pezzolo il 20 maggio del 1998, ad un mese dall’ottantaseiesimo
compleanno.
UN PENSIERO PERSONALE.
Non posso chiudere queste pagine su Giovanni Rodigari militare, senza aggiungere
alcune righe su una persona cui ero affezionato.
Prima di tutto devo dire che, se fino qui l’ho chiamato Giovanni, d’ora in poi lo chiamerò “ol Rodigari”, così come abbiamo sempre fatto tutti ad eccezione di sua moglie
“Cènte”, che era l’unica ad usare, ovviamente in dialetto, il suo nome: “Giuanì”.
Tutti gli altri lo chiamavano, insolitamente, non per nome, ma per cognome.
“Ol Rodigari”, l’ho conosciuto e da un certo punto in poi anche frequentato, per
quasi mezzo secolo; quando è scomparso avevo, infatti, 45 anni.
Recuperata pian piano una condizione normale grazie anche ad un fisico di ferro ed
aver ripreso la pur magra vita di tutti i giorni, si era sposato con una ragazza di Pezzolo, Innocente Bendotti, “la Cènte”, ed aveva formato una bella famiglia con quattro figlie: Maria, Maddalena, Rina e Mirella ed un maschio, il mio amico Vitale, penultimo della prole, cui è stato dato come da tradizione il nome del nonno.
Anno 1960. Giovanni con i figli nel giorno della Prima Comunione di Vitale. Manca la
moglie “Cènte”… allergica alle fotografie.
Nei primi anni ’50, come mio padre, aveva costruito con grandi sacrifici la casa a
Pezzolo, paese della moglie. Erano entrambi originari della Val Bondione, “ol mont
delà” come dicevano a volte i ragazzi scalvini a me e Vitale credendo, erroneamente,
ci desse fastidio.
Pezzolo, anno 1951.
Dotato di intelligenza ed arguzia, aveva la battuta di spirito sempre pronta!
All’osteria, che non è solo un luogo dove si beve, ma è anche un punto di aggregazione, ripeteva le sue “teorie”, ad esempio: ”Chi beve solo Coca Cola non scampa fi no alla morte, se ne va prima”, oppure, se accusato di eccedere col vino: “ Se non lo
bevi tu, finisce che se lo beve qualcun altro!” Come dargli torto?
Di tanto in tanto riesumava qualche frase in lingua slava, appresa nel periodo che
abbiamo trattato, a volte dandone la traduzione, altre no; ne riporto una dalla logica
innegabile: “Nema coco nema iaia, nema iaia nema coco!” Ovvero: niente uovo
niente gallina, niente gallina niente uovo!
Talvolta mi capita di ricordare alcune delle sue frasi “storiche” al bar del paese e
vedo che sul volto di chi le ascolta nasce un sorriso spontaneo: a quasi vent’anni
dalla scomparsa, chi lo conobbe lo ricorda ancora con simpatia, “ol Rodigari”…
Sergio.
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