SEU EMERGENZE CLINICHE CARDIOLOGICHE ROMA 1 CARDIOLOGIA OGGI - Prontuario tascabile SEU ROMA 2 1 SEU Arresto cardiocircolatorio (acc) Definizione. L’ACC consiste nella cessazione improvvisa e critica della gettata sistolica, per perdita della attività meccanica del cuore. L’ipossia cerebrale che consegue alla sospensione del flusso ematico al cervello, produce una privazione immediata della coscienza e del respiro. L’ACC rappresenta una emergenza clinica che conduce generalmente a morte; può essere però potenzialmente reversibile in seguito al successo delle manovre di rianimazione cardiorespiratoria prontamente praticate. Eziologia. Le cause di ACC possono essere molteplici, riconducibili a cinque motivi principali (Tabella 1.1): Tabella 1.1 Cause cardiovascolari Cardiopatia ischemica (causa principale); aritmie rapide; bradiaritmie e asistolie; stenosi valvolari; cardiomiopatie; tamponamento cardiaco; rottura di cuore; dissecazione aortica. Cause polmonari Embolia polmonare; asma bronchiale; asfissia; embolia gassosa; ipertensione polmonare; inalazione di sostanze tossiche. Cause neurogene Ictus (emorragico o ischemico); Sincopi da causa varia, evolute verso l’arresto; Cause tossico-metaboliche Ipossia; ipoglicemia; cocaina Cause varie Shock elettrico; morsi e punture; reazioni allergiche Epidemiologia. Nei paesi industrializzati l’arresto cardiaco costituisce la causa principale di morte, per lo più dovuto a cardiopatia ischemica. Le diverse casistiche riportano una incidenza variabile dallo 0.36 all’1.28 per 1000 abitanti per anno. Uno studio europeo recente sulla popolazione di Maastricht attribuisce all’arresto cardiaco extraospedialiero un contributo rilevante alla mortalità totale della popolazione, 27% nella fascia d’età dei 55-64 anni, essendo colpito 1 abitante su 1000 nell’età tra i 20 e i 75 anni. Nella esperienza di Seattle il profilo clinico del paziente resuscitato si riferisce tipicamente a un soggetto di 64 anni (81%) con coronaropatia (78%) e storia remota di infarto (45%). L’età media dei sopravvissuti è aumentata recentemente di 4 anni. In Italia si calcolano circa 55.000 eventi/anno. ROMA Patogenesi. L’ACC rappresenta l’evento finale di una cascata di alterazioni fisiopatologiche dovute alla interazione di fattori anatomici e funzionali (Fig. 1.1). Circa il 5% dei pazienti resuscitati da arresto cardiaco dovuto a FV o TV polimorfa non presentano segni di cardiopatia strutturale. Alcuni di questi pazienti sono eventualmente portatori di difetti genetici che producono una “malattia dei canali cardiaci” (“cardiac channelopathy”) 3 CARDIOLOGIA OGGI - Prontuario tascabile SEU Fig. 1.1 - Cascata delle alterazioni patologiche che conducono all’arresto cardiaco come le sindromi del QT lungo (QTLS), la sindrome di Brugada, la malattia progressiva del sistema di conduzione cardiaco, la TV polimorfa catecolaminergica e la paralisi periodica cardiodisritmica di Andersen sensibile al potassio, dovuta a mutazione del gene KCNJ2 che altera i segmenti critici del canale Kir2.1 (Inwardly rectifying potassium (Kir) channels) . ROMA Fisiopatologia. L’ACC riconosce tre meccanismi genetici particolari: • la fibrillazione ventricolare , nel 75-80% dei casi, • l’asistolia (da blocco A-V di III grado o arresto sinusale, senza l’emergenza di ritmo di evasione), nel 15-20% dei casi, e • la dissociazione elettromeccanica , nel 5% dei casi. Nella dissociazione elettromeccanica l’attività elettrica del cuore è normale, tanto che l’ECG non presenta aritmie, ma il muscolo cardiaco non si contrae, per cui la circolazione è assente. Quest’ultima evenienza si manifesta in alcune circostanze particolari, quali ad esempio la rottura della parete libera del ventricolo sinistro con emopericardio. Anatomia patologica. L’indagine autoptica può rilevare la presenza di infarto miocardico recente; cicatrici o esiti fibrosi di infarto pregresso; eventuali rotture del miocardio con emopericardio. Altri possibili reperti sono dati dalla presenza di placche ulcerate e/o di lesioni subocclusive o occlusive del tronco comune dell’a.coronaria sinistra, dell’a.interventricolare anteriore o di altri rami coronarici. Si possono altresì rilevare quadri di cardiomiopatia ipertro4 Emergenze cliniche cardiologiche fica, dilatativa o restrittiva; infiltrazioni fibroadipose (cardiomiopatia/displasia aritmogena del VD). Presenza di fasci accessori (s. di pre-eccitazione cardiaca nella s. di Wolff-ParkinsonWhite e varianti). Processi sclerodegenerativi che interessano il tessuto di conduzione (m. di Lev-Lenègre). Embolia del tronco o dei rami principali dell’arteria polmonare. Lesioni valvolari cardiache. Ematoma dissecante dell’aorta. Pneumotorace iperteso. In caso di FV idiopatica, di sindrome del QT lungo congenita, di s. di Brugada, di ipovolemia, e di altre forme di ACC, si può rilevare l’assenza di qualsiasi alterazione strutturale. SEU FV come causa di ACC. Le varie cause di ACC da FV sono elencate nella Tabella 1.2. Tabella I.2 - Cause di FV che inducono arresto cardiaco. Cause cardiache Cause non cardiache Cardiopatie strutturali Respiratorie Cardiomiopatia ischemica o infarto da coronaropatia Broncospasmo Cardiomiopatia Aspirazione Dilatativa Ipertrofica Sleep apnea Ipertensione arteriosa polmonare ARVC/D cardiopatia/displasia aritmogena del VD Stenosi AO Embolia polmonare Metaboliche/tossiche Dissezione aortica Tamponamento pericardico Disordini elettrolitici (ipoK+, ipoCa2+, ipoMg2+) Cardiopatia congenita Ingestioni medicamentose Miocardite Avvelenamenti ambientali Cardiopatie non strutturali Sepsi TV polimorfa catecolaminergica e TV del tratto di efflusso del VD Causa meccanica (commotio cordis) o accidente elettrico Preeccitazione Blocco cardiaco Neurologiche Attacchi, crisi comiziali (SUDEP, sudden unexplained death in epilepsy) (gravi aritmie; edema polmonare; apnea centrale) ROMA QT lungo da farmaci con torsioni di punta Accidenti cerebrovascolari Malattia dei canali: S. del QT lungo Emorragie intracraniche S. del QT breve Stroke ischemico S. di Brugada Sintomi e segni clinici. A parte le manifestazioni cliniche maggiori (perdita di coscienza, assenza di respiro e di circolazione), nell’ACC possono rendersi manifesti altri segni, fra cui contratture muscolari da stimolazione ipossica del sistema nervoso centrale; cute fredda pallida e sudata; midriasi pupillare. Quest’ultimo reperto non è utile da un punto di vista diagnostico, ma lo è ai fini della prognosi, poiché segnala un danno cerebrale rilevante, tale da rendere difficile il recupero del paziente. I polsi arteriosi (carotideo, femorale) sono assenti. L’ECG mostra la presenza di FV, di asistolia o di ritmo coordinato ma inefficace nella dissociazione elettromeccanica. 5 CARDIOLOGIA OGGI - Prontuario tascabile Decorso e prognosi. Il successo è correlato con la tempestività della manovra: • Se la defibrillazione viene eseguita 8-10 minuti dopo l’arresto, in assenza di rianimazione, le probabilità di sopravvivenza non superano il 2%; • Se invece la rianimazione viene iniziata entro 2 minuti e la defibrillazione praticata fra l’8° e il 10° minuto, le probabilità di sopravvivenza raggiungono il 2-8%. • Se infine, nelle stesse condizioni, la defibrillazione viene effettuata al 6° minuto, la sopravvivenza raggiunge il 20%, fino ad arrivare al 30% quando il paziente viene defibrillato al 4° minuto. SEU Terapia: supporto di base delle funzioni vitali (“Basic life support”). Presidi farmacologici: • adrenalina 1 mg in 10 ml di soluzione fisiologica in vena, ripetibile ogni 3-5’ • sodio bicarbonato 1 mEq/kg ripetibile a metà dose ogni 10 minuti • atropina 1 mg e.v. ripetibile, in caso di asistolia o di bradicardia assoluta • lidocaina 1.5 mg/kg in bolo e.v., ripetibile in 3-5 min, fino alla dose totale di 3 mg/kg • bretilio tosilato 5 mg/kg e.v., ripetibile in 5 min a 10 mg/kg • magnesio solfato 1-2 g e.v. in caso di torsioni di punta (ipokaliemia; QT lungo) o di sospetta ipomagnesiemia. Fig.1.2 - catena della sopravvivenza La Fig. 1.2 raffigura il logo della “catena della sopravvivenza”: sono rappresentati i 4 anelli consecutivi che stanno a indicare la chiamata, il supporto di base alle funzioni vitali, la defibrillazione precoce e il supporto vitale avanzato. Le azioni vengono schematicamente memorizzate con le prime quattro lettere dell’alfabeto ABCD: ROMA 6 Emergenze cliniche cardiologiche Le varie tappe della rianimazione cardio-polmonare sono riassunte nella seguente carta di flusso della Tabella 1.3. Se il defibrillatore non è immediatamente disponibile, si assesta il “pugno precordiale” percuotendo lo sterno con il lato ulnare della mano. Questa manovra può interrompere una TV/FV convertendola a ritmo efficace organizzato; talvolta però una TV può essere desincronizzata a FV. SEU Tabella 1.3 - Carta di flusso della rianimazione cardio-polmonare. ROMA In caso di FV/TV trova indicazione il defibrillatore semiautomatico esterno (DAE), che, rispetto al defibrillatore manuale, esonera totalmente il soccorritore dalla necessità di riconoscere il ritmo cardiaco e di erogare lo shock elettrico. Il DAE, dopo essere stato collegato al torace della vittima con una coppia di elettrodi adesivi, è infatti in grado di analizzare il ritmo cardiaco e soltanto in caso di FV/TV riconosciuta emette automaticamente la segnalazione “shock consigliato”. Il dispositivo allora, caricato il condensatore al valore di energia reimpostato - ordina all’operatore di premere il pulsante di shock; occorre naturalmente evitare, per ragioni di sicurezza, qualsiasi contatto con il corpo della vittima. Nel caso il ritmo dovesse cambiare per ripristino di una attività elettrica corretta o per evoluzione verso l’asistolia, il DAE emette il segnale “shock non consigliato”. Una recente disposizione (legge 120/2001) consente l’utilizzo extraospedaliero del DAE anche a personale non sanitario addestrato. 7 CARDIOLOGIA OGGI - Prontuario tascabile Ulteriori considerazioni. In caso di asistolia ricorrere immediatamente al pacing transcutaneo, all’adrenalina e all’atropina. In caso di dissociazione elettro-meccanica o PEA (Pulseless Electrical Activity), vale a dire assenza di polso palpabile in presenza di attività elettrica cardiaca, considerare e correggere le possibili cause: • arresto respiratorio con ipossia, severa ipovolemia, ipotermia, acidosi, ipo- iperpotassiemia, ritmi idioventricolari di evasione post-defibrillazione • pericardiocentesi in caso di tamponamento cardiaco; rottura cardiaca • decompressione in caso di pneumotorace iperteso, • trombolitici in caso di embolia polmonare massiva Sono indicare l’adrenalina a dosi intermedie (2-5 mg ogni 3-5’) e alte (bolo 0.1 mg/kg e.v.) ogni 3-5’; l’atropina 0.5-1 mg e.v. ogni 3-5 min.(non superare i 2 mg); il sodio bicarbonato 1 mEq/kg (concentrazione abituale 7.5%). Il bypass cardiopolmonare. Il pacing cardiaco non è raccomandato perché anche se consegue una cattura elettrica, non necessariamente ad essa corrispondono efficaci contrazioni meccaniche. Quando smettere le manovre rianimatorie nell’ACC extra-ospedaliero. Le linee- guida ROLE (Recognition of Life Extinct) stabiliscono che “i tentativi di rianimazione dovrebbero cessare quando il paziente rimane in asistole per oltre 20 minuti, nonostante le applicazioni dei supporti avanzati delle funzioni vitali”. Le linee-guida AHA 2005 stabiliscono a loro volta che gli sforzi rianimatori dovrebbero essere continuati finché “non siano presenti criteri fidati che indichino l’avvenuta morte irreversibile”. Il recente studio TOR (Termination of Resuscitation) (Morrison 2006) asserisce che soltanto lo 0.5 per cento dei pazienti sopravvive se manca la ripresa del circolo spontaneo, non sia stato somministrato alcuno shock, e l’ACC non sia assistito da personale EMS (Servizi Medici di Emergenza). L’aggiunta retrospettiva di altri criteri (un “intervallo di risposta > 8 minuti, o un arresto avvenuto in assenza di testimoni) riducono ulteriormente il margine di sopravvivenza allo 0.3 per cento. Bibliografia SEU 2005 American Heart Association guidelines for cardiopulmonary resuscitation and emergency cardiovascular care. Circulation 2005; 112: Suppl IV:IV-I. Colwell C, Murphy P, Bryan T: Pulseless electrical activity.Emerg Med Serv 2004; 33(9):63-6. De Vreede-Swagemakers JM, Gorgels AP et al: Out-of hospital cardiac arrest in the 1990s: a population based study in the Maastricht area on incidence, characteristics and survival. J Am Coll Cardiol 1997; 30: 1500-05. European Resuscitation Council. Guidelines for Resuscitation, eds Leo Bossart, Amsterdam. Elsevier 1998. Kern KB, Paraskos JA, 31st Bethesda Conference: Emergency Cardiac Care (1999) Task Force 1: Cardiac arrest. J Am Coll Cardiol 2000; 35: 832-46. Morrison L J, Visentin LM, Kiss A et al. Validation of rule for termination of resuscitation in out-of-hospital cardiac arrest. N Eng J Med 2006 ; 355 : 478-87. Myerburg RJ, Interian A, Mitrani RM et al: Frequency of sudden cardiac death and profiles of risk. Am J Cardiol 1997; 80: 10F-19F. ROMA 8 2 SEU Sincope Definizione. La sincope consiste in una perdita transitoria di coscienza con incapacità a mantenere il tono posturale, seguita da recupero spontaneo. Il termine sincope va tenuto distinto da quello di lipotimia, in cui non si ha perdita di coscienza, ma sono presenti il complesso dei sintomi vegetativi (pallore, sudorazione, senso di mancamento) che preludono ad essa. La sincope va inoltre tenuta distinta dall’attacco comiziale (in cui sono presenti aure, attività convulsive, morsicature alla lingua), dal coma, dallo shock e da altri stati di alterazione della coscienza. Epidemiologia. I dati dello studio di Framingham depongono per una incidenza di 6.2 casi di sincope per 1000 pazienti/anno. Il 3% dei casi accusano recidive e circa il 10% richiamano una eziologia cardiaca. Le sincopi rendono conto dell’1-3% degli accessi ai Dipartimenti di emergenza e del 6% dei ricoveri ospedalieri/anno. Soteriades e Coll. (2002) hanno seguito 7814 pazienti con sincope per 17 anni e hanno riscontrato una mortalità più elevata nei pazienti con sincope cardiaca rispetto a quelli con sincope non-cardiaca. Suzuki e Coll. (2004) hanno da parte loro studiato 912 pazienti con sincope per una media di 3 anni, conseguendo lo stesso risultato. Fisiopatologia. La sincope si manifesta quando si riduce in modo globale la perfusione di sangue al cervello. Il parenchima cerebrale dipende in modo critico dal flusso ematico che assicura un apporto adeguato del primo substrato metabolico, il glucosio. Il tessuto cerebrale infatti non può costituire provviste energetiche sotto forma di fosfati ad alta energia, come avviene nel resto dell’organismo, per cui una brusca cessazione della perfusione cerebrale, anche di soli pochi secondi, sfocia nella sincope. La perfusione cerebrale è mantenuta relativamente costante da un intricato e complesso sistema di feedback che coinvolge varie componenti: la gettata cardiaca, le resistenze periferiche, la pressione arteriosa e le resistenze cerebrovascolari ad autoregolazione intrinseca. ROMA Classificazione. Nella popolazione generale, la causa più comune di sincope è di natura neurocardiogena, seguita dalle aritmie primarie. Dal punto di vista pratico la sincope viene classificata in due grandi categorie: cardiache (aritmiche e non-aritmiche) e non-cardiache. 1. Sincopi da cause cardiache (grafico della Fig. 2.1) Come mostra lo schema del grafico (Fig. 2.1), le sincopi cardiache possono essere di genesi aritmica (TV sostenute, torsioni di punta, FV, TPSV con ipotensione; blocchi SA e AV; malattia senoatriale) e non-aritmica (da aumentata sensibilità senocarotidea, di tipo cardioinibitorio, vasodepressivo o misto). Cause non aritmiche di sincopi possono essere anche connesse con la stenosi aortica, la cardiomiopatia ipertrofica, l’embolìa polmonare, l’ematoma dissecante dell’aorta e il malfunzionamento del pacemaker. 9 CARDIOLOGIA OGGI - Prontuario tascabile Fig. 2.1 SEU 2. Sincopi da cause non-cardiache (Fig. 2.2). Il vasto gruppo delle sincopi non-cardiache comprende le sincopi situazionali, neurologiche (TIA, “drop attacks”) e neuropsichiatriche (s. da iperventilazione; reazioni di conversione). ROMA Fig. 2.2 10 Emergenze cliniche cardiologiche Una posizione particolare occupa in questo gruppo la Sincope vasodepressiva (definita anche sincope neurocardiogena, neuromediata, o vasovagale) che costituisce la causa più frequente di tutte le sincopi, anche se raramente arriva a costituire una emergenza cardiovascolare, eccetto che nella sua forma maligna. Il meccanismo d’azione della s. vasodepressiva (Fig. 2.3) consiste in una sollecitazione inappropriata dei meccanocettori del ventricolo sinistro (costituiti da fibre vagali C amieliniche), in modo analogo a quanto avviene nel riflesso di Bezold-Jarisch. Quest’ultimo consiste in un chemoriflesso coronarico con braccio afferente ed efferente (responsabile della bradicardia e ipotensione), scatenato dalla iniezione di veratridina o di nicotina nei rami delle arterie coronarie tributarie del ventricolo sinistro. La risposta vagale sarebbe innescata dalla stimolazione chimica dei recettori di tensione della parete ventricolare. Nel caso della sincope vasodepressiva, la dilatazione dei grossi vasi di capacitanza produce un sequestro del pool di sangue venoso periferico, con limitazione del ritorno venoso al cuore che si presenta di volume ridotto. In definitiva si realizza una contrazione cardiaca a ventricolo “vuoto”, che esercita una potente azione di stimolo dei tensocettori di parete. Lo stiramento delle fibre meccanocettrici vagali C evocherebbe allora una doppia risposta parasimpatica, tipica della sindrome: (a) vasodilatazione periferica (b) bradicardia riflessa. Il test ortostatico al tavolo inclinato (Head-up tilt-table test) non fa che riproporre sul piano diagnostico gli eventi che scatenano la sincope (Fig. 2.3), a paziente posizionato in ortostatismo passivo su un tavolo inclinato a 70° per 45’. Il test è considerato positivo in presenza di sincope con ipotensione (riduzione della PA > 60% o > 30 mmHg rispetto al basale) e/o di bradicardia. SEU ROMA Fig. 2.3 11 CARDIOLOGIA OGGI - Prontuario tascabile La risposta evocata dal test può essere triplice: a) Vasodepressiva (= sincope accompagnata da ipotensione, senza bradicardia); b) Mista (= sincope accompagnata da ipotensione e bradicardia) c) Cardioinibitoria (= sincope con bradicardia estrema o asistola > 3 secondi). SEU Quadro clinico. La storia e l’esame clinico possono essere di grande aiuto in una alta percentuale di casi (50-85%). Occorre verificare con attenzione la storia clinica, con accurata descrizione dei fatti e delle circostanze relative all’episodio, con particolare riguardo ai fattori precipitanti, alle attività svolta nell’imminenza dell’evento e alla posizione del paziente al momento della sincope (eretta, seduta, distesa). • Presenza di fattori scatenati: fatica, vertigini, sonno, digiuno, calore ambientale, dolore, consumo di alcool, forti emozioni, paura o apprensione. • Attività precedente: la sincope si può manifestare a riposo; con il cambiamento della postura; a seguito di particolari gesti delle braccia (furto della succlavia); durante o dopo sforzo; nel corso di specifiche situazioni che scatenano sincopi viscero-riflesse (tosse, starnuto, rasatura, rotazione del capo, minzione, defecazione, manovra di Valsalva, immersione in acqua). La sincope può essere inoltre legata alla assunzione di farmaci (agenti antiipertensivi, beta-bloccanti, nitroderivati - specialmente se associati a farmaci per la disfunzione erettile -, diuretici, agenti che allungano il QT, amiodarone, psicofarmaci triciclici, sedativi o cocaina). • Nel 70% i pazienti accusano sintomi premonitori: vertigini, senso di vuoto alla testa, astenia profonda, diaforesi spiccata. • Lo stato confusionale non si protrae 30 secondi oltre l’evento. • La durata dei sintomi che precedono l’episodio sincopale varia da 2.5 minuti nella sincope vasovagale a soli 3 secondi nella sincope cardiaca. Valutazione clinica. Il primo scopo nella valutazione del paziente con sincope è di stabilire se il paziente si trova a rischio aumentato di morte. La sincope infatti può costituire un segno precursore della morte improvvisa, soprattutto nei pazienti con cardiopatia sottostante. L’esame clinico deve quindi prendere in considerazione la valutazione dell’ischemia e di una possibile malattia strutturale del cuore. Occorre pure escludere cause meno comuni associate con la morte improvvisa, quali la s. di preeccitazione cardiaca o le malattie dei canali ionici (s. del QT lungo; s. di Brugada). ROMA Diagnosi. Dopo attenta anamnesi, esame fisico e indagine elettrocardiografica, la causa della sincope rimane non-diagnosticata nel 50% dei pazienti. In tal caso utili informazioni possono derivare da test diagnostici suppletivi quali: 1) Massaggio carotideo: va praticato in assenza di soffi carotidei, di una storia di TV e di ictus recente! La manovra può rivelare la presenza di una s. del seno carotideo che può essere di tre tipi: • cardioinibitoria (70% dei casi), caratterizzata da una pausa asistolica ≥ 3 secondi, associata a sintomi significativi. • vasodepressiva (10%), contrassegnata da una riduzione della PA sistolica > 50 mmHg; • mista (20%), con bradicardia/asistolia e ipotensione 2) Studio elettrofisiologico nei pazienti con cardiopatie organiche. 3) ECG ambulatoriale di Holter o telemetria nei pazienti con cardiopatia nota o sospetta. 12 Emergenze cliniche cardiologiche La registrazione continua dell’ECG riesce a rivelare l’attività elettrica cardiaca durante gli episodi sincopali soltanto nel 4-10% dei pazienti. In una metanalisi di 7 studi, la sensibilità della metodica è risultata bassa, attorno al 22% dei pazienti con sincopi e/o palpitazioni di genesi ignota. 4) Insertable Loop Recorder (ILR), consistente in una telemetria a impianto sottocutaneo indicata nei pazienti con eventi infrequenti o che rimangono indiagnosticati dopo test appropriati. Il dispositivo è attivabile dal paziente stesso durante l’evento sintomatico (Fig. 2.4). Viene riprodotto l’ECG che precede e segue l’episodio per alcuni minuti, eventualmente con trasmissione telefonica al centro medico di controllo. Il monitoraggio può essere protratto fino a 18 mesi (tempo che corrisponde alla durata prevista della batteria). Lo studio ISSUE (International Study on Syncope of Unknown Etiology) ha dimostrato l’utilità diagnostica del loop recorder impiantabile nei pazienti con sincope inspiegata dopo valutazione diagnostica completa, e quadro clinico o alterazioni ECG suggestive di sincope aritmica o storia di sincopi ricorrenti. È stata anche proposta una classificazione elettrocardiografia della sincope spontanea documentata da un ILR (Brignole e Coll., 2005) (Tabella 2.1). SEU Tabella 2.1 - Classificazione ISSUE della sincope documentata mediante ILR (Brignole 2005). Tipo di sincope Tipo 1, Asistolia descrizione Pausa RR ≥ 3 secondi 1 A, Arresto sinusale Frequenza nello studio ISSUE 63% Bradicardia sinusale progressiva o tachicardia sinusale iniziale seguita da bradicardia sinusale sino all’arresto sinusale. 1 B, bradicardia sinusa- Bradicardia sinusale progressiva seguita da BAV (e pausa/ le seguita da BAV e ventricolari) con riduzione concomitante della frequenza cardiaca (FC) 1 C, BAV Tipo 2, Bradicardia 2A 2B Tipo 3 Insorgenza improvvisa di BAV (e pausa/e ventricolari) con riduzione concomitante della FC Riduzione della FC > 30% o < 40 bpm per > 10 secondi FC < 40 bpm per > 10 secondi Nessuna o minime variazioni del ritmo. Variaz. FC > 30% e FC > 40 bpm 3A 3B Tipo 4, Tachicardia 4A 4B 5% Riduzione della FC > 30% ROMA 18 % Nessuna variazione o variazioni < 10% della FC Incremento FC > 10% ma <30% e < 120 bpm; o riduz. FC > 10%, ma < 30% e > 40 bpm Incremento della FC > 30% o > 120 bpm 14% Tachicardia sinusale progressiva Fibrillazione atriale 4C Tachicardia sopraventricolare (eccetto la tachicardia sinusale) 4D Tachicardia ventricolare Nei tipi 1A, 1B e 2 la sincope è probabilmente neuromediata. Nel tipo 1C si tratta di malattia intrinseca del sistema His-Purkinje, come si realizza nella s. di Morgagni-Adam-Stokes. Nel tipo 3A è improbabile che si tratti di sincope riflessa; la sincope potrebbe invece essere espressione di intolleranza all’ortostatismo; non è tuttavia possibile arrivare a una conclusione 13 CARDIOLOGIA OGGI - Prontuario tascabile sicura, data la impossibilità con la tecnologia ILR attuale di registrare i valori di pressione arteriosa. Lo stesso dicasi per il tipo 3B. Nel tipo 4A potrebbe trattarsi invece di ipotensione ortostatica progressiva da intolleranza all’ortostatismo. In tal caso si può verificare una caduta graduale della pressione arteriosa, fino all’insorgenza della sincope. Da ultimo nei tipi 4B, 4C, 4D la sincope è dovuta ad aritmia primaria. 5) Valutazione psichiatrica: trova indicazione nei pazienti con episodi frequenti che decorrono in assenza di lesioni (disturbi di somatizzazione; atteggiamenti isterici; risposta “psicogena” al tilt test). 6) Tilt-table test, nei pazienti con eventi infrequenti o nei quali si sospetti una sincope vasovagale. 7) Su precisa indicazione clinica vanno infine eseguiti esami quali l’EEG, o particolari test di imaging quali la TAC, la MNR e l’Ecocardiogramma (in caso di cardiopatie valvolari; mixoma atriale sinistro; cardiomiopatia ipertrofica; dissezione aortica). Il ricovero ospedaliero è indicato nei pazienti a rischio elevato, specialmente in quelli con cardiopatie note e negli anziani. SEU Decorso e prognosi. Un protocollo formulato sulla base di reperti anomali all’ECG, storia clinica di scompenso cardiaco congestizio, dispnea, ematocrito < 30% e ipotensione < 90 mmHg ha consentito al San Francisco Syncope Rule (2004) di prevedere i pazienti a rischio immediato di eventi severi ( morte, infarto, aritmia, embolia polmonare, ictus, emorragia subaracnoidea o significativa) entro 7 giorni, con una sensibilità del 96% e una specificità del 62%. Se validato prospetticamente, questo protocollo può agevolare in modo efficace il potere decisionale del medico. Terapia farmacologica nella sincope vasodepressiva. Alcuni agenti inotropi negativi (betabloccanti; disopiramide) si propongono di correggere l’eccessiva contrazione adrenergica a ventricolo depleto di volume; altri agenti sostengono il circolo periferico (alfa-stimolanti, midodrina, etilnefrina); altri ancora agiscono a livello centrale (antiserotoninergici), o espandono la volemia (fluoroidrocortisone). Rimane invece discusso l’effetto tachicardizzante della teofillina. • Beta-bloccanti: atenololo 50-100 mg in unica somministrazione al giorno. Nel recente studio POST (Prevention of Sincope Trial) il metoprololo (25-200 mg/die, media 122 mg) non si è rivelato in grado di prevenire la sincope vasovagale (SVV) rispetto al placebo in pazienti con tilt test positivo e una storia di ≥ 3 episodi sincopali. Non si può escludere tuttavia che metoprololo e placebo prevengano entrambi con pari capacità la SVV. Disopiramide 250 mg (in formulazione ritardo) x 2. • • Alfa-stimolanti: midodrina 2.5-5 mg x 2-3 volte al giorno; etilnefrina 10-25 mg 2-3 volte al giorno. Fluoridrocortisone 0,1 mg x 1-2 volte al giorno. • Antiserotoninergici: sertralina 50-100 mg in unica somministrazione al giorno; paro• xetina 20 mg in unica somministrazione quotidiana. • Teofillina ritardo, 200 mg x 2 al giorno. • Replezione della volemia in caso di ipotensione ortostatica ipovolemica. ROMA Elettrostimolazione cardiaca. è stata proposta come terapia di scelta nella forma cardioinibitoria della sincope neurocardiogena ricorrente. I risultati non sono però sempre stati soddisfacenti, poiché il pacing tradizionale con VVI e DVI corregge la bradicardia, ma non può cor14 Emergenze cliniche cardiologiche reggere efficacemente la componente vasodepressiva comunque presente nel riflesso vasovagale. Risultati più incoraggianti sono stati ottenuti in casi analoghi con una stimolazione bicamerale permanente (DDD) dotata di funzione RDR (rate-drop response), capace di erogare a una caduta predeterminata della frequenza una stimolazione bicamerale a 110-120 bpm (Connolly, 1999). SEU Fig. 2.4 - Esempio di registrazione di ECG mediante sistema ILR (Inser table Loop Recorder) durante un evento sincopale durato parecchi secondi, avvenuto alle ore 15:34 Fig. 2.4 Bibliografia AHA/ACCF Scientific Statement on the evaluation of syncope. From the American Heart Association Council on Clinical Cardilogy, Cardiovascular Nursing, Cardiovascular disease in the Young, and stroke, and the Quality of Care and Outcomes Research Interdisciplinary Working Group; and the American College of Cardiology Foundation in collaboration with the Heart Rhythm Sociaty. J Am Coll Cardiol 2006; 47: 473-84. Brignole M, Moya A, Menozzi C et al: Proposed electrocardiographic classification of spontaneous syncope documented by an implantable loop recorder. Europace 2005;7:14-18. Connolly SJ, Sheldon R, Roberts Ret al: The North American Vasovagal Pacemaker Study (VPS). A randomized trial of permanent cardiac pacing for the prevention of vasovagal syncope. J Am Coll Cardiol 1999; 33: 16-20. Giada F, Raviele A: Diagnostic management of patients with palpitations od unknown origin. Ital Heart J, 2004; 5: 581-86. Grubb BP: Neurocardiogenic syncope. N Eng J Med 2005; 352: 1004-10 Kapoor WK: Syncope. New Engl J Med 2000; 343; 1856-62. Linzer M, Yang EH, Estes N.A. Mark, et al: Diagnosing Syncope: Part 2: Unexplained Syncope. Ann Inter Med 1997; 127: 76-86 Menozzi C, Brignole M, Garcia-Civera R et al on behalf of the International Study on Syncope of Uncertain Etiology (ISSUE) Investigators. Mechanism of Syncope in Patients With Heart Disease and Negative Electrophysiologic Test. Circulation 2002 105: 2741 - 2745 Quinn JV, Stiell IG, McDermott DA: Derivation of the San Francisco Syncope Rule to predict patients with short-term serious outcomes. Ann Emerg Med 2004; 43(2): 224-232. Sheldon R, Connolly S, Rose S et al for the POST Investigators, Prevention of Syncope Trial (POST): A Randomized, Placebo-Controlled Study of Metoprolol in the Prevention of Vasovagal Syncope. Circulation 2006; 113: 1164-70. Soteriades ES, Evans JC, Larson MG: Incidence and prognosis of syncope. NEJM 2002; 347: 878-885. Suzuki M, Hori S, Nakamura I: Long-term survival of japanese patients transported to an emergency department because of syncope. Ann Emerg Med 2004;44: 215-221. Zimetbaum P, et al. Utility of patient-activated cardiac event recorders in general clinical practice. Am J Cardiol. 1997;79: 371-372. ROMA 15 CARDIOLOGIA OGGI - Prontuario tascabile 3 SEU Shock cardiogeno Definizione. Insufficienza circolatoria acuta con diminuzione della capacità di pompa del cuore e inadeguata perfusione ai tessuti. Si presenta più comunemente in associazione e come diretto risultato di un danno ischemico acuto del miocardio. Rappresenta in genere il risultato della alterazione di più parametri fisiopatologici coesistenti: pressione sistolica < 80 mm Hg; indice cardiaco < a 1.8 L/min./m2; e pressione di incuneamento capillare polmonare (PCWP) > 18 mmHg. Nel diagramma emodinamico di Forrester (Fig. 3.1) lo shock cardiogeno nasce dal concorso di una bassa portata (al di sotto di un livello critico) con un aumento critico della pressione venosa centrale, cioè della pressione di riempimento del VS. ROMA Fig. 3.1 - Diagramma emodinamico di Forrester. Classificazione dei vari tipi di shock. Lo shock cardiogeno va tenuto distinto dagli altri tipi di shock: • Shock ostruttivo, dovuto a impedimento meccanico alla gettata sistolica ventricolare (embolia polmonare; tamponamento cardiaco); 16 Emergenze cliniche cardiologiche • • Shock ipovolemico, dovuto a perdita del volume circolante per cause esogene (emorragie; gravi ustioni) o endogene (sequestro nei vasi di capacitanza; perdite di fluidi nelle cavità o nel microcircolo per aumentata permeabilità microvascolare; occlusioni intestinali); Shock periferico o distributivo, dovuto ad anomalie della perfusione tissutale (sepsi; anafilassi). SEU Epidemiologia. Lo shock cardiogeno si manifesta nel 5-10% dei pazienti con infarto miocardico acuto. Fisiopatologia. I pazienti con bassa portata cardiaca possono mantenere una pressione ragionevole mediante vasocostrizione periferica. Il miocardio va incontro a disfunzione sistolica e diastolica, l’una caratterizzata da aumento del volume telesistolico residuo, con bassa frazione di eiezione, e l’altra da aumento della pressione di riempimento ventricolare con aumento della pressione telediastolica per riduzione della compliance del ventricolo, conseguente alla presenza di miocardio ischemico, rigido e meno elastico. L’ipoperfusione cellulare produce ipossia cellulare con glicolisi anaerobia, accumulo di acido lattico e acidosi metabolica. Lo stress ossidativo che ne consegue interferisce con i sistemi di trasporto della membrana cellulare, con accumulo di Na+ e Ca2+ e rigonfiamento cellulare. Nei pazienti con shock cardiogeno è importante considerare la reversibilità del quadro, conseguibile mediante terapia. La disfunzione miocardica potenzialmente reversibile è descritta come miocardio stuporoso o ibernato. Il miocardio stuporoso si riferisce alla disfunzione postischemica che persiste nonostante la ripresa del flusso normale e che è destinata a risorversi completamente. Il miocardio ibernato si riferisce invece a uno stato di disfunzione persistente a riposo, dovuta a una riduzione severa del flusso coronarico; questo quadro sembra costituire una risposta adattativa alla ipoperfusione, allo scopo di limitare il potenziale di una ulteriore ischemia o necrosi. La rivascolarizzazione del miocardio ibernato o stuporoso comporta in genere un miglioramento della funzione contrattile. Dal punto di vista fisiopatologico lo shock può dare l’avvio a un circolo vizioso (Fig. 3.2). ROMA Fig. 3.2 17 CARDIOLOGIA OGGI - Prontuario tascabile Patologia miocardica. I disordini che portano a un deterioramento acuto della funzione cardiaca e che possono condurre a shock cardiogeno comprendono l’infarto o l’ischemia miocardica, le miocarditi acute, le aritmie sostenute, le catastrofi valvolari acute, la cardiomiopatia scompensata allo stadio terminale da cause multiple. Lo studio autoptico mostra che lo shock cardiogeno si associa generalmente alla perdita di almeno il 40% del tessuto miocardico ventricolare. L’ischemia severa e protratta può condurre ad apoptosi (morte cellulare programmata), con aree periinfartuali che aggravano il danno miocardico. SEU Quadro clinico. I segni clinici della scarsa perfusione tissutale, caratteristica dello shock, sono contraddistinti da cianosi, estremità fredde, tachicardia, confusione mentale, ipotensione e oliguria (diuresi oraria < 20 ml). In presenza di una severa disfunzione ventricolare sinistra si rilevano alla ascoltazione segni di congestione venosa polmonare e/o di franco edema polmonare. Un attento esame fisico può verificare la presenza di cause meccaniche di shock cardiogeno che possono essere corrette chirurgicamente. La distensione delle vene giugulari con polso paradosso può essere espressione di un tamponamento cardiaco. La comparsa improvvisa di soffio può orientare verso una insufficienza mitralica acuta da rottura dei muscoli papillari, o una rottura della parete miocardica o del setto. Un soffio diastolico da insufficienza aortica può indirizzare verso un ematoma dissecante dell’aorta. Diagnosi. La diagnosi di shock può essere effettuata al letto del malato mediante l’osservazione di una ipotensione arteriosa con segni di ridotta perfusione periferica. Tali segni persistono anche dopo i tentativi espletati di correggere l’ipovolemia, le aritmie, l’ipossia e l’acidosi metabolica. All’ECG si possono manifestare un infarto miocardico acuto; alterazioni ischemiche del complesso ST-T; tachiaritmie sostenute; alternanza elettrica. L’ECO può mostrare la comparsa di aree aci-discinetiche della parete cardiaca; la presenza di un rigurgito mitralico acuto; una rottura del setto interventricolare; una dissecazione aortica. Decorso e prognosi. Un recente contributo europeo ha mostrato che globalmente la mortalità a 30 giorni nei pazienti con shock cardiogeno è stata del 62%, molto più elevata rispetto al 9% riscontrato nei pazienti senza shock. ● Il gruppo che ha sviluppato uno shock precoce (< 48 ore) ha accusato una mortalità a 30 giorni del 45%, il gruppo con shock intermedio, una mortalità dell’ 84% e ● il gruppo con shock tardivo una mortalità dell’87%. Il rischio relativo per i tre gruppi ● di pazienti è stato rispettivamente di 3.4, 9.5 e 16.5 (IC 95% compreso tra 2,9-3.8; 7.0-12.9; 13.4-20.4) (p < 0.0001). Dati recenti (2000) suggeriscono che lo shock cardiogeno che consegue a un infarto NSTEMI (= senza sopraslivellamento del tratto-ST) si associa con una mortalità molto alta, pari al 77%. Anche l’ischemia recente e il reinfarto possono rappresentare fattori che agiscono negativamente sull’esito dello shock tardivo. Il reinfarto intraospedaliero che nello shock precoce è pari al 3%, sale fino al 20% nello shock tardivo (> 4 giorni); il reinfarto costituisce inoltre un importante predittore di morte, con OR (odds ratio) di 1.9 (IC 95% 1.62.3). Il citato studio europeo ha potuto rilevare che dopo 6 anni era sopravvissuto meno del 15% dei pazienti con shock cardiogeno. Lo shock cardiogeno continua pertanto a rappresentare un evento clinico drammatico. Il decorso può migliorare significativamente quando si effettui una rapida rivascolarizzazione. ROMA 18 Emergenze cliniche cardiologiche Terapia (vedi anche cap. 35,complicanze dell’infarto miocardico: shock cardiogeno). • è necessario un trattamento in UTIC con monitoraggio dei parametri vitali e del profilo emodinamico (cateterismo destro). Prima di procedere al trattamento è importante correggere l’ipovolemia, rivelata dalla bassa pressione venosa centrale o pressione di riempimento del VS. • La dopamina in infusione continua (5-20 gamma/kg/min.) è indicata per aumentare la pressione arteriosa. • Se la PA si stabilizza > 90 mmHg può essere utilizzato un vasodilatatore tipo Na nitroprussiato (0.1 gamma/kg/min) in infusione continua per ridurre le pressioni di riempimento del VS e migliorare l’indice cardiaco. • Supporto inotropo ulteriore può essere ottenuto con gli “inodilatatori”, inibitori della fosfodiesterasi (PDE), che riducono il precarico e il postcarico: amrinone (bolo 0.75 mg/kg e infusione 5-10 gamma/kg/min) o enoximone (bolo 1 mg/kg e infusione 5-20 gamma/kg/min). Controindicati in caso di ostruzione all’efflusso cardiaco (cardiomiopatia ipertrofica). • La dopamina in dosi “renali” (< 2 gamma/kg/min.) associata a dobutamina a bassa dose (2-5 gamma/kg/min) permette di ottenere buoni risultati al riparo da effetti catecolaminici indesiderati sulla frequenza cardiaca e sul consumo di O 2. • Nello shock cardiogeno che non si risolve con i farmaci si raccomanda l’impiego dell’ IAPB (intra-aortic balloon pump) o contropulsatore aortico. Esso è pure raccomandato come misura stabilizzante combinata con la terapia trombolitica quando non siano facilmente disponibili l’angiografia e la rivascolarizzazione. Il contropulsatore aortico riduce la pressione in sistole e la mantiene in diastole, quindi diminuisce il postcarico del VS e migliora il flusso coronarico che avviene appunto in diastole (Fig. 3.3). • L’angioplastica primaria è attualmente considerata la modalità ottimale di trattamento dell’infarto miocardico acuto, oltre che di prevenzione e Fig. 3.3 - Contropulsazione con palloncino aortico. cura dello shock. Studi di metanaUn catetere con palloncino gonfiabile viene inserito lisi di 23 trial randomizzati in quasi attraverso l’arteria femorale nell’aorta discendente. 8.000 pazienti ne hanno mostrato Il palloncino viene gonfiato precocemente in diastole la superiorità rispetto alla semplice e sgonfiato rapidamente all’inizio della sistole. Il dispositivo allevia in tal modo il lavoro del cuore trombolisi. Allo scopo di migliorare e riduce il postcarico del VS, mentre sostiene la ulteriormente i risultati riguardanti pressione diastolica e favorisce il flusso coronarico la pervietà dell’arteria responsabile SEU ROMA che avviene in fase diastolica. 19 CARDIOLOGIA OGGI - Prontuario tascabile dell’infarto, la funzione del VS e la prognosi, sono stati avviati studi in cui si è cercato di facilitare i benefici dell’angioplastica primaria (con impianto di stent semplici o medicati, “drug-eluting stent”), facendola precedere - entro 6 ore dall’esordio dell’infarto acuto STEMI (= con ST ↑) - dalla somministrazione di inibitori della glicoproteina IIb/IIIa (abcximab; eptifibatide; tirofiban) oppure attuando una doppia terapia (= dose dimezzata di trombolitico + inibitori GPIIb/IIIa) (vedi Highlight “L’angioplastica primaria dopo infarto STEMI”, capitolo 35.) Bibliografia SEU Bur A, Bayegan K, Holzer M: Intra-aortic balloon counterpulsation in the emergency department: a 7-year review and analysis of predictors of survival. Resuscitation 2002;53:259-64. Hochman JH, Sleeper LA, White HD, et al. Effect of early revascularization for cardiogenic shock on 1 year mortality:the SHOCK trial results. JAMA 2001; 285: 190-92. Holmes CL, Walley KR: The evaluation and management of shock. Clin Chest Med 2003;24(4):775-89 Katayama T, Nakashima H, Takagi C: Predictors of mortality in patients with acute myocardial infarction and cardiogenic shock. Circ J 2005; 69(1): 83-8. Keeley EC, et al: Primary angioplasty versus intravenous thrombolytic therapy for acute myocardial infarction: a quantitative review of 23 randomized trials. Lancet 2003; 361: 13-20. Lindholm MG, Køber L, Boesgaard S, et al: Cardiogenic shock complicating acute myocardial infarction. Prognostic impact of early and late shock development. Eur Heart J 2003; 24: 258-65 Montalescot G, et al: Early versus late administration of glycoprotein IIb/IIIa inhibitors in primari percoutaneous coronary interventions of acute ST-segment elevation myocardial infarction. JAMA 2004; 292: 362-66 Prati F, De Propris S, La facilitazione dell’angioplastica coronarica dopo un infarto. Atti XXIII Simposio “Conoscere e curare il cuore”, Firenze, Marzo 2006, pag. 179-85. Sleeper LA, Ramanathan K, LeJemtel, et al for the SHOCK Investigators. Functional status and quality of life after emergency revascularization for cardiogenic shock complicating acute myocardial infarction. J Am Coll Cardiol 2005; 46:266-73. Webb JG, Sleeper LA, Buller CE, et al: Implications of the timing of onset of cardiogenic shock after acute myocardial infarction: a report from the SHOCK Trial Registry. SHould we emergently revascularize Occluded Coronaries for cardiogenic shocK? J Am Coll Cardiol 2000; 36(3 Suppl A): 1084-90. Webb JG, Sanborn TA, Sleeper LA, et al: Percutaneous coronary intervention for cardiogenic shock in the SHOCK Trial Registry. Am Heart J 2001; 141(6): 964-70. ROMA 20 4 SEU Morte cardiaca improvvisa Definizione. La morte improvvisa è una morte inattesa e imprevista dovuta a cause cardiache, che si realizza entro un periodo breve di tempo (generalmente un’ora dall’inizio dei sintomi), in una persona che non presenta condizioni patologiche preesistenti potenzialmente fatali. In molti soggetti la morte improvvisa rappresenta la prima manifestazione della cardiopatia. Epidemiologia. Negli USA la morte improvvisa rende ragione di 300.000-400-000 vittime all’anno. Utilizzando il criterio restrittivo dell’exitus avvenuto entro una-due ore dall’esordio dei sintomi, le morti improvvise rappresentano il 12% di tutti i decessi naturali e per l’88% dei casi sono dovute a cardiopatia. In Italia, secondo le stime dell’ISTAT, le morti improvvise sarebbero circa 45.000/anno, pari al 10% della mortalità complessiva. La Fig. 4.1 (adattata da Myerburg) illustra la relazione inversa che intercorre tra incidenza annuale di morte improvvisa e numero di eventi totali per anno. L’incidenza di morte improvvisa aumenta con l’età e diventa progressivamente maggiore nei sottogruppi con rischio coronarico più elevato, frazione di eiezione depressa, scompenso cardiaco, nei sopravvissuti ad arresto cardiaco extraospedaliero e nei pazienti con infarto recente e aritmie ventricolari sostenute (TV/FV). ROMA Fig. 4.1 - Relazione inversa che intercorre tra la percentuale annuale di morte improvvisa e il numero di eventi totali per anno. Nei gruppi con fattori crescenti di rischio (a sin.) l’incidenza aumenta dallo 0.2%/anno nella popolazione sana, al 30% /anno nei soggetti con TV/VF dopo IMA, ma il corrispondente numero assoluto di morti (a destra) si riduce da 300.000 a 25.000 casi circa. 21 CARDIOLOGIA OGGI - Prontuario tascabile I pazienti con sindrome di apnea notturna (“Obstructive sleep apnea”) mostrano un picco di morte improvvisa da cause cardiache durante le ore di sonno, in contrasto con il picco di morte improvvisa da cause cardiache nella popolazione generale esente da tale disturbo del respiro. Cause. Il 40% delle morti improvvise si presenta in assenza di testimoni. I 4 gruppi di cause di morte improvvisa sono illustrate nella Tabella 4.1. SEU Tabella 4.1 - Cause della morte cardiaca improvvisa • • • 22 Proaritmie 1. Cardiopatia ischemica. La maggior parte delle morti improvvise fanno riferimento ad aritmie cardiache che insorgono con meccanismo di rientro attorno ad aree fibrotiche e cicatriziali; esse possono anche manifestarsi nel corso di episodi ischemici acuti ricorrenti. Cause di instabilità elettrica transitoria possono pure essere rappresentate dalla riperfusione del miocardio ischemico conseguente a trombolisi/PTCA, o conseguente a spasmo responsabile di ischemia nella fase stenotica, e di riperfusione nella successiva fase di rilasciamento. Tra le varie cause, un ruolo importante è svolto dal sistema nervoso autonomo e dalla instabilizzazione del quadro clinico per la presenza di placche complicate con trombi piastrinici. 2. Cardiomiopatie. La cardiomiopatia dilatativa nonischemica si presenta attualmente con una incidenza di 7,5 casi per 100.000 persone/anno e risulta responsabile del 10% delle morti improvvise annuali. La mortalità a 1 anno è del 10-50% a seconda della classe funzionale NYHA; il 30-50% di queste morti è improvvisa. La cardiomiopatia ipertrofica costituisce la causa più comune di morte improvvisa nei giovani < 30 anni. Fattori di rischio sono una storia familiare di morte improvvisa, un precedente arresto cardiaco e la sincope. Molti di questi pazienti sono tuttavia asintomatici. La displasia aritmogena del VD lamenta una incidenza annuale di morte improvvisa del 2%. 3. Anomalie elettriche primarie. Altre cause di morte improvvisa sono rappresentate da anomalie elettriche primarie: malattie dei canali ionici (s. del QT lungo congenite; ROMA Emergenze cliniche cardiologiche • s. di Brugada); s. di preeccitazione cardiaca (WPW); FV idiopatica e alternanza dell’onda T. 4. Condizioni varie. Infine la morte improvvisa può essere dovuta a condizioni varie, quali cardiopatie valvolari (stenosi aortica), malattie congenite (tetralogia di Fallot, sindrome di Eisenmenger); embolia polmonare; dissecazione aortica; tamponamento cardiaco; commotio cordis; aritmie minacciose secondarie (ipokaliemia; abuso di cocaina; fenomeni proaritmici). SEU Fisiopatologia. La morte improvvisa rappresenta la risultante di 4 fattori coinvolti nella sua genesi (Fig. 4.2). L’area centrale di sovrapposizione dei cerchi rappresenta la zona in cui i fattori patogenetici di spettanza delle singole regioni circostanti convergono al centro e si sommano e combinano a determinare la morte improvvisa. La presenza di disfunzione del VS che si accompagna a ectopie ventricolari complesse o a un fenomeno R-su-T, con scarsa variabilità della FC (HRV), con sensibilità barorecettoriale depressa (BSR), e con alternanza dell’onda T (TWA) costituiscono altrettanti fattori predittivi di morte improvvisa, soprattutto nel periodo postinfartuale ROMA Fig. 4.2 - Fattori coinvolti nella genesi della Morte Improvvisa (M.I.) In occasione della M.I. il personale specializzato di soccorso ha potuto identificare quale ritmo iniziale più frequente la FV in pazienti con arresto cardiaco extraospedaliero (65-85%). Nel 20-30% dei casi era invece presente bradiaritmia o asistolia. Soltanto nel 7-10% dei soggetti si manifestava come ritmo iniziale una TV sostenuta. Nei pazienti con cardiopatia ischemica la forma di tachicardia più comune è la TV sostenuta monomorfa, insorta con meccanismo di rientro attorno a una cicatrice perinfartuale, con possibile degenerazione a FV. Diagnosi. Il valore predittivo positivo e negativo (VPP e VPN) dei vari test di screening è riportato nella Tabella 4.2, relativa alla stratificazione del rischio di morte improvvisa nei pazienti sopravvissuti a infarto miocardico. Dalla tabella risultano due dati importanti: 23 CARDIOLOGIA OGGI - Prontuario tascabile 1. Nei sopravvissuti a IMA, l’inducibilità di TV-Sostenuta Monomorfa alla stimolazione ventricolare programmata costituisce il marker predittivo indipendente di rischio più potente di eventi aritmici maligni in un follow-up di 12 mesi, con una sensibilità del 55%, una specificità del 99% e un VPP del 67% (Am J Cardiol 1996). SEU Tabella 4.2 - Stratificazione del rischio di M.I.nei pazienti sopravvissuti a infarto miocardico. Test valore predittivo positivo (vpp) valore predittivo negativo (vpn) HOLTER (TV non Sostenuta) 21% 96% Potenziali Tardivi Ventricolari 15-30% 95-99% 78-84% Variabilità R-R (HRV) 34-46% Sensibilità Barocettiva (BRS) 18% 98% Alternanza dell’onda T (TWA) 20% 98-100% TV Sostenuta Monomorfa indotta al SEF 33-67% 88-92% La capacità predittiva aumenta con l’associazione di più marker di rischio es.: • FE↓ + TVNS all’Holter + TV sostenuta allo Studio Elettrofisiologico (SEF); oppure • FE↓ + BRS.↓ = VPN 100 %; VPP 75 % . I pazienti stratificabili costituiscono l’80% della popolazione studiata. 2. Nella stratificazione del rischio assume grande importanza l’elevato valore predittivo negativo (VPN) dei test esaminati, a fronte del basso VPP. Recentemente è stato proposto il test MTWA (“Microvolt T-Wave Alternans”, alternanza dell’onda-T in microvolt) durante test da sforzo come metodo di identificazione del rischio di aritmie ventricolari e morte cardiaca improvvisa nei pazienti che soddisfano ai criteri di impianto di un cardiovertitore-defibrillatore. Tra i cardiopatici con disfunzione del VS (FE ≤ 0.40), il test MTWA può identificare non soltanto un gruppo a rischio elevato di eventi cardiologici (per mortalità da ogni causa e aritmie ventricolari sostenute non fatali), ma anche un gruppo a basso rischio, con bassa probabilità di trarre vantaggio dall’impianto di un ICD profilattico (Bloomfield e Coll., 2006; Chow 2006). Il test viene effettuato sottoponendo il paziente a un carico leggero di lavoro alla cyclette o al treadmill e registrando mediante metodo di analisi spettrale la presenza di una alternanza dell’onda-T in microvolt, non rivelabile all’ECG abituale, capace di individuare i candidati a eventi cardiaci futuri. Il VPN del test è elevatissimo; la sopravvivenza dei soggetti con test MTWA normale è risultata essere infatti del 97.5% a 2-anni. Nell’ABCD trial (Alternans Before Cardioverter Defibrillator) il test microvolt TWA ha mostrato valori predittivi positivi e negativi simili al test Elettrofisiologico (EF) in una serie di oltre 560 coronaropatici con FE media 28% e TV non-sustenuta, seguiti per due anni. Nessun test singolo tuttavia s’è mostrato altrettanto predittivo della loro combinazione. I due test si sono mostrati sinergici: l’incidenza di eventi è risultata massima nei soggetti con i test anomali, estremamente bassa in quelli con i test normali, e intermedia in quelli con i test discordanti (Costantini, 2006). Terapia. Sono stati utilizzati sia il cardiovertitore-defibrillatore impiantabile (ICD, Implantable Cardioverter-Defibrillator) che la terapia farmacologica, prevalentemente con amiodarone, come strategia di prevenzione della morte improvvisa e di allungamento delle aspettative di vita in talune specifiche popolazioni di pazienti. La metanalisi di 9 trial (in oltre 5000 pazienti randomizzati a ICD o terapia medica) ha dimostrato un significativo vantaggio di sopravvivenza con il defibrillatore nei pazienti a rischio di morte improvvisa. Mettendo in pool i risultati degli ROMA 24 Emergenze cliniche cardiologiche SEU Fig. 4.3 - Metanalisi del pool di 7 trial; efficacia del defibrillatore impiantabile nel prevenire gli eventi aritmici e la morte (JACC 2003). Riduzione del rischio di morte aritmica = 57%. studi di prevenzione primaria e secondaria, il defibrillatore si è associato con una riduzione del 57% del rischio di morte aritmica e del 30% del rischio di mortalità da ogni causa rispetto alla semplice terapia farmacologica convenzionale (Fig. 4.3). Passando a esaminare i singoli studi di prevenzione primaria (Fig. 4.4) e di prevenzione secondaria (Fig. 4.5), si osserva che soltanto questi ultimi si associano con una riduzione consistente della mortalità totale. Per quanto concerne invece gli studi di prevenzione primaria l’impatto del defibrillatore sulla mortalità globale è variabile e condizionata dalla popolazione di pazienti esaminata. Anche lo studio DINAMIT (2004) ha mostrato un beneficio dell’ICD impiantato profilatticamente 6-40 giorni dopo infarto miocardico acuto in pazienti con FE fortemente ridotta e alterazioni del SN autonomo (variabilità della FC depressa e frequenza media elevata all’Holter di 24 ore). Il vantaggio della riduzione delle morti aritmiche è stato però neutralizzato dall’aumento di incidenza delle morti da cause non aritmiche. ROMA Fig. 4.4 - Prevenzione primaria. Metanalisi di 5 trial sulla efficacia del defibrillatore impiantabile nel prevenire gli eventi aritmici e la morte (JACC 2003). 25 CARDIOLOGIA OGGI - Prontuario tascabile SEU Fig. 4.5 - Prevenzione secondaria. Metanalisi di 4 trial sulla efficacia del defibrillatore impiantabile nel prevenire gli eventi aritmici e la morte (JACC 2003). Nella cardiomiopatia dilatativa non-ischemica, lo studio di prevenzione primaria AMIOVIRT (2003) non ha mostrato alcuna differenza statisticamente significativa sulla mortalità totale e sulla qualità di vita nei pazienti con TV non-sostenuta (in assenza di sincope precedente, TV sostenuta o morte improvvisa), randomizzati a impianto preventivo con ICD o ad amiodarone (dose d’attacco 800 mg/die, ridotta a 400 mg dopo una settimana e a 300 mg/die dopo un anno). Nei pazienti con scompenso cardiaco e grave disfunzione del VS (FE < 0.35, media 0.25), lo studio DEFINITE (2004) ha mostrato che l’impiego profilattico dell’ICD comportava a 46 mesi una incidenza di mortalità totale del 22% contro il 28% con amiodarone e il 29% con placebo. Con il defibrillatore il rischio relativo di morte a 5 anni si riduceva del 23% rispetto ROMA Fig. 4.6 - Risultati del trial SCD-HeFT (2005). In ascissa sono riportati i mesi; in ordinata la mortalità totale. A 5 anni l’ICD ha ridotto la mortalità del 23% rispetto al placebo. Non risulta alcuna differenza tra amiodarone e placebo. I risultati non variano in rapporto al tipo di cardiomiopatia, ischemica o non ischemica, ma in rapporto alla classe NYHA (massimo beneficio dell’ICD in classe NYHA II; beneficio nullo in classe III). 26 Emergenze cliniche cardiologiche al placebo, mentre non si registrava alcuna differenza tra amiodarone e placebo. Da ultimo il recente studio SCD-HeFT (Sudden Cardiac Death in Heart Failure Trial)(2005), relativo a 2521 pazienti scompensati (NYHA II-III), con cardiomiopatia dilatativa ischemica (52%) o non-ischemica (48%), disfunzione severa del VS (FE media 0.25), randomizzati a ricevere ICD, amiodarone a bassa dose o placebo, ha dimostrato che dopo un follow up mediano di 4 anni, non sono state riscontrate differenze di mortalità tra amiodarone e placebo, mentre l’ICD ha ridotto la mortalità del 23% rispetto al placebo (Fig. 4.6). La strategia con Defibrillatore Impiantabile nel soggetto ischemico a scopo preventivo della morte improvvisa, trova applicazione nei seguenti 4 casi: 1. Nelle TV sostenute spontanee non dovute a cause transitorie o reversibili. (Indicazione di Classe I) 2. Nella sincope con TV/FV indotta allo studio EF, quando la terapia antiaritmica risulti inefficace, sia mal tollerata, o non preferita. (Indicazione di Classe I) 3. In caso di TV non-sostenute, coronaropatia, precedente IMA, FE ≤ 35%, TV/FV inducibili allo studio EF, non sopprimibili con un antiaritmico di classe I. (Indicazione di Classe I) 4. Infine in caso di TV non-sostenuta, coronaropatia, precedente IMA, FE ≤ 40% e TV/FV inducibili allo studio EF. (Indicazione di Classe IIb). Nella cardiomiopatia dilatativa non-ischemica, l’applicazione preventiva dell’ICD ha ridotto la mortalità totale nei pazienti con scompenso e grave disfunzione del VS in classe funzionale non avanzata (NYHA II) (studio SCD-HeFT, 2005). SEU Conclusione. L’ICD si è dimostrato lo strumento più utile per la prevenzione della morte improvvisa nei soggetti con disfunzione del VS e FE < 35%. Ciò nonostante soltanto una minoranza di candidati ha accesso a tali terapie negli USA e in Europa. Esiste d’altro canto una opinione critica secondo cui sarebbero troppi i defibrillatori impiantati. Uno degli argomenti a sostegno di questa tesi è suffragato dal numero relativamente ridotto di soggetti nei quali l’ICD eroga terapia per TV/FV durante follow-up a lungo termine. Nello studio MADIT-II la probabilità cumulativa di terapia appropriata di TV/FV mediante shock endocavitario è stata del 40% in un follow-up di 4 anni. Nello studio SCD-HeFT soltanto il 21% dei soggetti randomizzati a impianto di ICD ha ricevuto terapia appropriata per TV/FV in un follow-up medio di 45 mesi. In altre parole almeno un portatore di ICD su due non riceve alcun intervento antiaritmico nei 5 anni successivi all’impianto. Per favorire un’accesso corretto e adeguato all’impiego del defibrillatore impiantabile quale strumento efficace e appropriato di prevenzione della morte improvvisa è necessario ottenere accanto a una riduzione dei costi, anche una utilizzazione più razionale delle risorse esistenti, previa identificazione di metodiche di screening più affidabili di quelle attuali. Bibliografia ROMA ACC/AHA/ESC 2006 Guidelines for management of patients with ventricular arrhyhtmias and the prevention of sudden cardiac death. Executive summary. J Am Coll Cardiol 2006; 48: 1064-1108. Bardy GH et al. for the Sudden Cardiac Death in Heart Failure Trial (SCD-HeFT) Investigators. Amiodarone or an implantable cardioverter-defibrillator for congestive heart failure. N Engl J Med 2005 Jan 20; 352:225-37. Bloomfiel DM, Bigger T, Steinman RC et al. Microvolt T-wave alternans and the risk of death or sustained ventricular arrhythmias in patients with left ventricular dysfunction. J Amer Coll Cardiol 2006; 47: 456-63. Chow T, Kereiakes DJ, Bartone C et al. Prognostic utility of Microvolt T-wave alternans in risk stratification of patients with ischemic cardiomyopathy. J Am Coll Cardiol 2006; 47:1820-27. 27 CARDIOLOGIA OGGI - Prontuario tascabile Costantini O. The Alternans Before Cardioverter Defibrillator (ABCD) trial: A non-invasive strategy for primary prevention of sudden cardiac death using T wave alternans. American Heart Association 2006 Scientific Sessions; November 15, 2006. Late Breaking Clinical Trials III. Gami AS, Howard DE, Olspn E Jet al: Day-night pattern of sudden death in obstructive sleep apnea. N Eng J Med 2005; 352: 1206-14. Hohnloser SH, Kuck KH, Dorian P, et al, on behalf of the DINAMIT Investigators. Prophylactic use of an implantable cardioverter-defibrillator after acute myocardial infarction. N Engl J Med. 2004; 351:2481-2488 Kadish A.: Prophylactic Defibrillator Implantation — Toward an Evidence-Based Approach. N Eng J Med 2005; 352: 285-7. Lee DS, Green LD, Liu PP et al: Effectiveness of implantable defibrillators for preventing arrhythmic events and death. A meta-analysis. J Am Coll Cardiol 2003; 41: 1573. Myerburg RJ, Castellanos A: Cardiac arrest and sudden death. In: Braunwald E ed. Heart Disease. A Textbook of Cardiovascular Medicine. Philadelphia, WB Saunders 1997: 742-79. Narayan SM, T-wave alternans and the susceptibility to ventricular arrhythmias. JACC 2006; 47:269-81 Strickberger SA, Hummel JD, Bartlett TG et al for the AMIOVIRT Investigators: Amiodarone versus Implantable cardioverter-defibrillator: randomized trial in patients with nonischemic dilated cardiomyopathy and asymptomatic nonsustained ventricular tachycardia - AMIOVIRT. J Am Coll Cardiol 2003; 41: 1707-12. Zipes DP, Wellens HJ: Sudden cardiac death. Circulation 1998; 98(21): 2334-51. SEU ROMA 28 5 SEU Tamponamento cardiaco Definizione. Emergenza medica causata dall’accumulo di fluido nello spazio pericardico con riduzione del riempimento ventricolare e conseguente compromissione emodinamica quando la pressione intrapericardica eccede le pressioni di riempimento ventricolare. Fisiopatologia. Lo spazio pericardio è una cavità virtuale che contiene normalmente tra i suoi due foglietti parietale e viscerale 20-50 ml di fluido. Si distinguono tre fasi delle alterazioni emodinamiche proprie del tamponamento: I fase - Aumento della rigidità dei ventricoli provocata dall’accumulo di fluido pericardio, che impone una pressione di riempimento più elevata. In questa fase le pressioni di riempimento ventricolare destra e sinistra sono maggiori di quella intrapericardica. II fase – Con l’accumulo ulteriore di liquido la pressione pericardica supera quella di riempimento ventricolare e la gettata sistolica si riduce. III fase – Si registra una ulteriore riduzione della gettata per equilibrio delle pressioni pericardica e di riempimento ventricolare sinistro. Il riempimento diastolico si riduce notevolmente perché la pressione di distensione transmurale risulta insufficiente a sovrastare le aumentate pressioni intrapericardiche. Il ritorno venoso sistemico è ostacolato e si osserva un collasso sistolico e diastolico dell’atrio e del ventricolo destro. La quantità di fluido pericardio necessario a impedire il riempimento diastolico dipende dalla velocità di accumulo e dalla distensibilità (compliance) del pericardio L’accumulo improvviso di 150-200 ml di fluido può far aumentare la pressione intrapericardica in modo sufficiente da provocare il tamponamento; se invece il fluido si accumula lentamente, può permettere al pericardio di distendersi; 1000-2000 ml di fluido possono allora essere accolti senza che aumenti in modo significativo la pressione intrapericardica. Quanto più il pericardio è compliant, tanto meno può imporre un carico emodinamico al circolo. ROMA Eziologia. Le caratteristiche del versamento possono richiamare in modo orientativo la causa possibile della effusione pericardica: ● versamento ematico (emopericardio): trauma cardiaco; rottura di aneurisma aortico (dissezione entro lo spazio pericardico); rottura di cuore dopo infarto miocardico acuto; neoplasie primitive o secondarie del pericardio (mesoteliomi con presenza di cellule neoplastiche; carcinoma polmonare; carcinoma mammario); coagulopatie. ● versamento sieroso o sieroematico: pericardite idiopatica; uremia; TBC; pericardite infettiva; pericardite da radiazioni. ● versamento chiloso (lattescente, ad alto contenuto di colesterolo, trigliceridi e proteine): ostruzione meccanica del dotto toracico o drenaggio nella vena succlavia. Sintomi e segni. Il quadro clinico che caratterizza il tamponamento cardiaco poggia sui seguenti sintomi/segni: Dispnea, affaticamento, irrequietezza. 29 CARDIOLOGIA OGGI - Prontuario tascabile Distensione delle vene giugulari. In caso di tamponamento il ritorno venoso avviene soltanto durante l’eiezione ventricolare: la discesa sistolica X del polso venoso è conservata o accentuata, mentre la discesa diastolica Y è diminuita o obliterata. Congestione epatica ed edema periferico da aumento della pressione venosa sistemica. Ipotensione e tachicardia. Polso paradosso: consiste nella diminuzione inspiratoria della PA sistolica > 10 mmHg. Per essere clinicamente significativo il paziente deve respirare normalmente. Il polso paradosso rappresenta una esagerazione della normale caduta inspiratoria della pressione sistolica di 8-10 mmHg. Può essere avvertito alla palpazione del polso o con la misurazione della PA mediante lo sfigmomanometro. In questo caso il primo tono di Korotkoff viene udito soltanto durante l’espirazione. SEU Diagnosi (Tabella 5.1). Tabella 5.1 - diagnosi di tamponamento cardiaco Presentazione clinica PVC elevata – ipotensione – polso paradosso – tachicardia – dispnea o tachipnea con polmoni chiari. Fattori precipitanti Farmaci (anticoagulanti; trombolitici). Chirurgia cardiaca recente. Cateteri in situ. Contusione traumatica al torace. Tumori maligni. Connettivopatie ECG RX torace ecocardiogramma Doppler Alterazioni del complesso ST-T. Alternanza elettrica del QRS (Fig.1). Dissociazione elettromeccanica ( in fase terminale) Cardiomegalia con campi polmonari chiari (Fig. 16) “Swinging heart” (oscillazione pendolare del cuore) (Fig. 18). Collasso sistolico dell’atrio destro e diastolico del ventricolo (Fig. 19). Aumentato spessore della parete diastolica del VS. Dilatazione della VCI (mancato collasso alla inspirazione. Durante l’inspirazione aumenta il flusso attraverso le valvole atrioventricolari (mitrale e tricuspide); l’opposto avviene nella espirazione. PAD elevata (discesa sistolica X conservata e discesa diastolica Y assente o ridotta Pressione intrapericardica elevata e virtualmente identica alla PAD. Entrambe diminuiscono nella inspirazione. Cateterismo Pressione mesodiastolica del VD elevata, uguale a quella atriale destra e pericardica. Assenza di configurazione a “dip-plateau” (Fig. 17) ROMA Pressione diastolica dell’arteria polmonare lievemente aumentata; può corrispondere alla pressione del VD. Pressione di incuneamento capillare polmonare elevata e quasi uguale a quelle intrapericardica e atriale destra. Pressione sistolica del VS e aortica normali o ridotte. La pericardiocentesi è seguita da miglioramento emodinamico. PVC = Pressione Venosa Centrale; PAD = Pressione Atriale Destra; VCI = Vena Cava Inferiore. L’ alternanza elettrica (Fig. 5.1) rappresenta il corrispondente elettrico dell’aspetto ecocardiografica del cosiddetto “swinging heart” (Fig. 5.4) o oscillazione pendolare del cuore entro la sacca pericardico colma di fluido. Quando la pressione intrapericardica supera la pressione sistolica dell’atrio destro (il punto inferiore della curva della pressione atriale), si osserva una inversione o collasso della parete atriale libera dell’atrio destro, struttura sottile e flessibile (Fig. 5.5). 30 Emergenze cliniche cardiologiche SEU Fig. 5.1 - Alternanza elettrica del QRS (derivazioni precordiali V2 e V4). In questo caso si osserva a battiti alterni l’inversione spaziale dell’ÂQRS ROMA Fig. 5.2 - Tamponamento cardiaco. Cardiomegalia con campi polmonari chiari. Fig. 5.3 - Scomparsa dell’aspetto della curva a “dip-plateau” per l’equiparazione delle pressioni diastoliche. LV=VS; RV=VD; RA=AD; X = discesa sistolica conservata della curva di pressione dell’atrio destro (RA) Una inversione sistolica della parete dell’atrio destro che persiste per un terzo o più della lunghezza del ciclo vanta una sensibilità del 94% e una specificità del 100% per la diagnosi di tamponamento (Gillam). In un modello sperimentale, il collasso diastolico del ventricolo destro si manifestava quando la pressione intrapericardica superava la pressione diastolica del ventricolo destro (Fig. 5.5) e si associava con una riduzione del 21% della gettata sistolica senza variazioni della pressione aortica media (Leimgruber). I valori di sensibilità e specificità dei vari tipi di collasso dell’atrio destro, ventricolo destro e atrio sinistro rilevabili all’ecocardiogramma come segni di tamponamento cardiaco, sono riportati nella Tabella 5.2. 31 CARDIOLOGIA OGGI - Prontuario tascabile SEU Fig. 5.4 - Swinging heart. Movimento di oscillazione pendolare del cuore entro un sacco pericardico ripieno di liquido. Le oscillazioni del cuore si tramutano sul piano elettrico in modificazioni spaziali alterne dei vettori del QRS. ROMA Fig. 5.5 - Tamponamento cardiaco: Collasso sistolico dell’atrio destro (RA) e collasso diastolico del ventricolo destro (RV). LA = Atrio sin.; LV = ventricolo sinistro. A sin. (http: intl.elsevierhealth.com/e-books/viewbook.cfm?ID=1016, 2004, pag. 352) 32 Emergenze cliniche cardiologiche Tabella 5.2 Tipi di collasso delle camere cardiache Sensibilità Specificità SEU Collasso diastolico AD 84-100% 82% (causa più frequente di falso positivo è la deplezione della volemia) Collasso diastolico VD Soprattutto nel tratto di efflusso, ove la parete è sottile 60-80% 85-100% Collasso diastolico AS 50% 95% accuratezza predittiva 87% Collasso diastolico VS Non riferita 100% Collasso sistolico AD 94% 100% Terapia. Il trattamento elettivo consiste nella pericardiocentesi eventualmente eco-guidata, capace di dare sollievo immediato alle condizioni cliniche del paziente anche dopo sottrazione di pochi ml di liquido. La Fig. 5.6 illustra il metodo d’approccio percutaneo mediante la Fig. 5.6 - Pericardiocentesi. Tecnica di Seldinger (Pepi, Cardiologia). A. Viene introdotto l’ago in sede subxifoidea. B. Nel lume dell’ago viene inserita la guida che è fatta avanzare nello spazio pericardico posteriore. C. L’ago viene rimosso, mentre rimane inserita la guida. D. Sulla guida è fatta avanzare il catetere diretto verso lo spazio pericardico posteriore. E. Si aspira il fluido pericardico: già le prime sottrazioni di liquido offrono immediato beneficio alle condizioni emodinamiche del paziente. ROMA tecnica di Seldinger. La terapia va poi rivolta alla correzione dei fattori causali del versamento (neoplasie, infezioni, coagulopatie, insufficienza renale, terapia chirurgica delle complicanze dell’infarto acuto, della dissezione aortica ecc.). 33 CARDIOLOGIA OGGI - Prontuario tascabile Bibliografia Gillam LD, Guyer DE, Gibson TC, et al: Hydrodynamic compression of the right atrium: A new echocardiographic sign of cardiac tamponade. 1983; Circulation 68:294–301. Leimgruber P, Klopfenstein HS, Wann LS, Brooks HL: The hemodynamic derangement associated with right ventricular diastolic collapse in cardiac tamponade: An experimental echocardiographic study. Circulation 1983; 68: 612–620. Reddy PS, Curtiss EI: Cardiac tamponade. Cardiol Clin 1990 Nov; 8(4): 627-37. Sagristà-Sauleta J et al, Effusive-constrictive pericarditis. New Eng J Med 2004 ; 350 : 469-75. Spodick DH: Acute cardiac tamponade. N Eng J Med 2003; 349: 684-90. Valley VT, Fly CA, Pericarditis and cardiac tamponade. www.emedicine.com/EMERG/topic412.htm (last updated 15 June 2006) SEU ROMA 34 6 SEU Emergenze ipertensive e sindrome eclamptica Definizione. Le emergenze ipertensive rappresentano situazioni drammatiche in cui gli elevati valori pressori si accompagnano a severi danni d’organo. In questi casi occorre correggere rapidamente l’ipertensione (entro un’ora) allo scopo di ridurre la mortalità e la morbilità. Nelle urgenze ipertensive invece, la pressione arteriosa aumenta in modo marcato, ma non si accompagna a danni d’organo. In tali condizioni occorre avere ragione del grave stato ipertensivo entro le 24 ore. Nelle emergenze ipertensive la pressione diastolica è generalmente > 115 mmHg; va però sottolineato che per stabilire rischio di danno d’organo, acquista maggior importanza per il paziente la velocità di variazione della PA piuttosto che il valore assoluto raggiunto. Cause. Molteplici sono le cause responsabili di ipertensione maligna: • Encefalopatia ipertensiva (presenza di edema papillare; stato mentale abnorme; segni neurologici focali; crisi convulsive) • Emorragia intracranica • Insufficienza acuta del VS • Dissezione aortica • Trauma cranico • Ustioni estese • Infarto miocardico e angina instabile. • Una considerazione a parte occupa l’Ipertensione in gravidanza e la sindrome eclamptica/ preeclamptica. L’ipertensione complica il 10% delle gravidanze e si associa a complicanze materne e fetali. L’aumento della morbilità e mortalità materna è dovuta alla eclampsia, alla emorragia cerebrale, alla insufficienza multiorgano e alla sindrome HELLP (Hemolysis, Elevated Liver enzymes, Low Platelet count), preeclampsia complicata da coagulopatia intravascolare disseminata e ischemia epatica. Il quadro clinico della ipertensione in gravidanza si snoda attraverso tre percorsi: (1) Ipertensione semplice, senza proteinuria o edema patologico. Il quadro clinico diventa severo quando la PA risulta ≥ 160/110 mmHg. (2) Preeclampsia con proteinuria e/o edema patologico, lieve o severo. (3) Eclampsia con proteinuria e/o edema con convulsioni generalizzate (in assenza di epilessia nella storia clinica). Si pensa che la progressione dalla preeclampsia verso le convulsioni e il coma sia espressione di encefalopatia ipertensiva con associate emorragie corticali. Molti ricercatori hanno proposto vari fattori per spiegare la sindrome preeclamptica/ eclamptica: agenti genetici, immunologici, endocrini, nutrizionali e infettivi. ROMA Epidemiologia della sindrome eclamptica. L’eclampsia è caratterizzata dalla comparsa di ipertensione, proteinuria e/o edema dopo la 20a settimana di gestazione in una donna prima normale. Essa si presenta soprattutto nel periodo che precede il parto; tuttavia nel 20-25% 35 CARDIOLOGIA OGGI - Prontuario tascabile dei casi si manifesta nel periodo postpartum. L’incidenza della sindrome è considerata attorno a 5-7 casi ogni 10.000 parti. La mortalità materna è dell’1-20%; quella perinatale (nei neonati da madri eclamptiche) attorno all’1.3-3%. SEU Fattori predisponenti alla sindrome preeclamptica/eclamptica: • Nulliparità: il rischio aumenta di 6-8 volte • Gravidanza gemellare: rischio > 5 volte • Mola idatiforme e idrope fetale: rischio < 10 volte • Preeclampsia nelle precedenti gravidanze • Multiparità in donna > 35 anni • Ipertensione cronica • Diabete Fisiopatologia della preeclampsia. Sono state formulate nuove ipotesi sui meccanismi patogenetici della preeclampsia che vedrebbero coinvolti fattori circolanti in grado di interferire con l’angiogenesi e danneggiare la funzione endoteliale. Il VEGF (vascular endothelial growth factor) è un fattore di crescita endoteliale iperespresso durante la gravidanza normale. Esso promuove la neoangiogenesi attivando il recettore di membrana Flt-1. Si conoscono due forme di Flt-1: 1) il recettore tirosin-kinasico legato alla membrana citoplasmatica, che trasferisce il segnale angiogenetico al nucleo; 2) il recettore solubile sFlt1 che può catturare il VEGF e il PlGF (placental growth factor) impedendone il legame al recettore di membrana, con effetto antiangiogenico. Maynard e Coll. (2003) hanno dimostrato che sFlt1 è iperespresso nelle placente preeclamptiche; tale eccesso, che correla con una riduzione netta dei livelli circolanti di VEGF, può contribuire alla disfunzione endoteliale, alla ipertensione e alla proteinuria nella preeclampsia. Sintomi e segni della eclampsia • Il sintomo neurologico più comune della sindrome preeclamptica/eclamptica è la cefalea progressiva che non risponde ai comuni rimedi e che si associa a fotofobia, sonnofobia, nausea e talora vomito. Se improvvisa ed esplosiva può essere segno di emorragia subaracnoidea. • Le convulsioni rappresentano l’altra caratteristica comune della sindrome; la loro comparsa conferma la diagnosi. • Disturbi visivi sono comuni: l’offuscamento visivo può preludere alle convulsioni; la cecità per interessamento corticale occipitale o della retina è rara e transitoria. • Il coma rappresenta una complicanza temuta e può conseguire a emorragia intracerebrale, subaracnoidea o a edema cerebrale. • Sintomi di disfunzione cerebrale focale. • L’esame del fundus dimostra edema della papilla e vasocostrizione (fig. 43.3: retinopatia ipertensiva da ipertensione maligna); raramente emorragie focali e distacco della retina. • Sintomi non-neurologici: ritenzione di liquidi e marcato aumento di peso con edema patologico (piedi, mani, viso) • Presenza di proteinuria significativa (nella eclampsia > 300 mg nelle 24 ore) ROMA Diagnosi della s. eclamptica • TAC cerebrale (emorragie; malformazioni vascolari; tumori) • RMN con angiografia: mostra il vasospasmo; con flebografia esclude la trombosi del seno durale. Lesioni iperintense nei lobi occipitale/parietale. 36 Emergenze cliniche cardiologiche Strategia potenziale preventiva con antiossidanti. Sulla base del concetto che lo sviluppo della preeclampsia sia dovuta a una disfunzione endoteliale generalizzata è stato proposto l’impiego di antiossidanti (vitamina C 1000 mg e vitamina E 400 IU) durante la gravidanza fino al parto. Recentemente è stato dimostrato tuttavia che tale strategia non modifica il rischio di preeclampsia nelle nullipare (Rumbold, 2006). SEU Terapia delle crisi ipertensive maligne. • Occorre procedere speditamente al ricovero ospedaliero e avviare rapidamente una terapia antiipertensiva, con induzione del parto se la gravidanza è a termine. • Idralazina (vasodilatatore periferico; agente di scelta nelle crisi ipertensive) 5-10 mg e.v. ripetuti ogni 15-20 min. fino a una dose massima cumulativa di 20 mg. • Labetalolo (α−β bloccante); nelle emergenze ipertensive, bolo 10 mg e.v., salendo fino a 40-80 ogni 10’, fino a una massima dose cumulativa di 300 mg. Efficace e sicuro in gravidanza. Esmololo (β-bloccante ultra short acting): 250-500 µg/kg in 1-2’ (dose di carico); 100-300 µg /kg/min. (mantenimento). Emivita di eliminazione 9’. Onde evitare il quadro del “fetal distress”, è necessario monitorare continuamente la FC fetale. • Na-Nitroprussiato (in pompa) (Tabella 6.1): vasodilatatore misto, arterioso e venoso; costituisce il farmaco di scelta nella encefalopatia ipertensiva, nella insufficienza acuta del VS e nella insufficienza renale acuta. è pure raccomandato nella dissezione acuta dell’aorta; in questo caso però il nitroprussiato va associato ai β-bloccanti, i quali riducono l’ampiezza dell’onda sfigmica, responsabile dissezione Tabella 6.1 - Nitroprussiato (infusione continua in pompa) • 10 mg/min. • + 5-10 mg /min. • 300 mg /min. • • • Iniziare con una bassa velocità di infusione aggiungere ogni 5 minuti fino a raggiungere gli effetti clinici/emodinamici. Rappresenta la dose massima raggiungibile Per prevenire le crisi convulsive è indicato il Solfato di magnesio (MgSO4) MAGPIE trial: OR 0,42 (IC 0,29-0,60), superiore alla fenitoina e al diazepam. Nella preeclampsia severa va adottata una dose di carico di 4 g e.v. (soluzione di MgSO4 al 20%), in 10’-15’, seguiti da 1-0,5g/ora. Il farmaco risulta sicuro in gravidanza. Antidoto è il Ca-gluconato, 10-20 ml di una soluzione al 10%. Diazossido (ipoglicemizzante, vasodilatatore). Impiegato nelle emergenze ipertensive maligne: bolo 50-150 mg in 1’-5’. Effetti collaterali: tachicardia riflessa e angina in presenza di coronaropatia. Non è stata dimostrata la sicurezza d’impiego in gravidanza. Cautela: le brusche variazioni della pressione arteriosa che determina, possono essere responsabili di ipossia fetale, per improvvisa e drastica riduzione del flusso placentare. L’Aspirina 75-100 mg trova indicazione come antipiastrinico, in quanto inibisce la sintesi di prostaglandine e previene la formazione di tromboxano A2. ROMA Nella ipertensione non preeclamptica, quando la PA diastolica è ≥ 100 mmHg, ci si limita a un trattamento antiipertensivo orale (α-Metildopa; β-bloccanti; Ca-antagonisti; Clonidina) 37 CARDIOLOGIA OGGI - Prontuario tascabile (Tabella 6.2). I molteplici effetti collaterali materno-fetali rendono gli ACE-inibitori non adatti alla terapia dell’ipertensione in gravidanza, considerando anche che nel determinismo ipertensivo non sembra implicata direttamente l’angiotensina, ma uno squilibrio di fattori angiogenici con aumentata sensibilità vascolare agli stimoli pressori. SEU Tabella 6.2 - Farmaci antiipertensivi orali Farmaco Azione e agenti singoli Dose osservazioni controindicazioni, effetti avversi α-Metildopa agonista α2-adrenergico Simpaticolitico centrale. Controlla la PA soltanto in ortostatismo e a dosi elevate Inizio 250 x 3-4. Dose massima 2-4 g/24 h (biodisponibilità ridotta al 25%). Effetto mx in 4-6 h. Persiste per 24 h. Può provocare epatite. Febbre. Letargia. A.emolitica Coombs-positiva. Sicuro per l’allattamento Clonidina agonista α2-adrenergico Simpaticolitico centrale Preferibile alla α-metildopa. Effetti: vasodilataz. e bradicardia. Non sviluppa effetti negativi renali 150-1200 mg/die per os in 2-3 somministraz. Effetto mx in 2-3 h, persiste per 6 h Somministrare solo in caso di effettiva necessità. Passa la barriera placentare e può ridurre il battito fetale. Non usare durante l’allattamento. Propranololo 40-80 mg x 2 Metoprololo 100 mg La sicurezza dei β-bloccanti non è stata stabilita in gravidanza β-Bloccanti Atenololo 50-100 mg Labetalolo (α-β-bloccante), prevale il blocco dei recettori β-1 100-400 mg per os ripetibili ogni 2-3 h (600-2400 mg/die) Ca-ANTAGONISTI DIURETICI Bibliografia Considerato sicuro in gravidanza. Può però dare bradicardia maternofetale, ipotensione,broncospasmo. Sicuro per l’allattamento Diidropiridine (vasodilatatori) Nifedipina 10-30 mg x 3. Slow release x 1 Lacidipina 8-32 mg/die Farmaci di elezione nella ipertensione gestazionale. Sicuro per l’allattamento Bradicardizzanti Diltiazem Verapamil Non indicati in gravidanza e durante l’allattamento Diuretici d’ansa Furosemide 20-40 mg per os x 1-2/die Ipokalemia;iperuricemia. Sicuro per l’allattamento Diuretici distali Idroclorotiazide 25-50 mg per os/die Potenziale trombocitopenia (remota) nel bambino ROMA Hertig, A., Berkane, N., Lefevre, G., et al: Maternal serum sFlt1 concentration is an early and reliable predictive marker of preeclampsia. Clin Chem 2004; 50: 1702-03. Levine, R. J., Thadhani, R., Qian, C., et al: Urinary Placental Growth Factor and Risk of Preeclampsia. JAMA 2005; 293: 77-85. Maynard SE et al, Excess placental soluble fms-like tyrosine kinase (sFlt1) may contribute to endothelial dysfunction, hypertension, and proteinuria in preeclampsia. J Clin Invest 2003; 111: 649-58. Michael CA. Intravenous labetalol and intravenous diazoxide in severe hypertension complicating pregnancy. Aust NZ J Obstet Gynaecol 1986; 26:26. 38 Emergenze cliniche cardiologiche Rey é, LeLorier J, Burgess Ellen et al: Report of the Canadian Hypertension Society Consensus Conference: 3 Pharmacologic treatment of hypertensive disorders in pregnancy. Can Med Assoc J 1997; 157: 715-25. Rumbold AR, Crowther CA et al, Vitamins C and E and the risks of preeclampsia and perinatal complications. N Eng J Med 2006; 354: 1796-806 The Magpie Trial Collaborative Group. Do women with pre-eclampsia and their babies benefit from magnesium sulphate? The magpie trial: a randomised placebo-controlled trial. Lancet 2002; 359: 1877-90. Tsatsaris V., Goffin F., Foidart J. M.et al: Circulating angiogenic factors and preeclampsia. N Engl J Med 2004; 350:2003-2004. Yankowitz J. Pharmacologic treatment of hypertensive disorders during pregnancy. J Perinat Neonat Nurs 2004; 18(3): 230-40. SEU ROMA 39 CARDIOLOGIA OGGI - Prontuario tascabile SEU ROMA 40 SEU ROMA PATOLOGIE DEL CUORE E DEI VASI 41 CARDIOLOGIA OGGI - Prontuario tascabile MALATTIE del miocardio 7 SEU Miocarditi Definizione. La miocardite è una alterazione infiammatoria del miocardio, caratterizzata da infiltrato interstiziale di cellule mononucleate associate a necrosi miocitaria. L’agente infettante può provocare un danno tessutale attraverso tre distinti meccanismi: 1.invasione diretta del miocardio (es. il virus che attacca i miociti); 2.liberazione di tossine da parte dei germi (es. miocardite difterica); 3.danno miocardico immunomediato (da parte sia dei virus che degli agenti non infettivi: farmaci, radianti, chimici). Fisiopatologia. Il modello patogenetico basale delle miocarditi virali presume l’ingresso in circolo del virus e la sua replicazione nei miociti. Si reputa che il sistema immunitario cellulomediato si attivi già dall’inizio, acquisendo l’attitudine a eliminare il virus o a innescare una risposta immunitaria capace di mantenere la distruzione miocellulare, con potenziale evoluzione verso la cardiomiopatia dilatativa. Una variante patogenetica sarebbe caratterizzata dalla persistenza di sequenze di genoma virale integrate nel genoma cellulare, incapaci di replicarsi, ma idonei a interagire con i meccanismi di espressione e regolazione genica (Sinagra). Nello stadio cronico i linfociti citotossici T infitrano il tessuto miocardico e mediano una risposta autoimmunologica umorale con formazione di autoanticorpi diretti contro vari costituenti del miocita: la miosina, i canali ionici del calcio, i recettori beta, i mitocondri, la membrana cardiaca. Il processo autoimmunitario persiste anche dopo che le particelle virali non sono più riscontrabili nel tessuto miocardico. Negli effetti deleteri della risposta infiammatoria entrano anche diverse altre componenti: la formazione di trombi intracoronarici, la ostruzione del lume vasale, l’ischemia e i disordini del ritmo cardiaco. ROMA Epidemiologia. I primi risultati epidemiologici dello studio prospettico europeo ESETCID (2000) hanno dimostrato che la persistenza virale può contribuire alla patogenesi della infiammazione nel miocardio; è stato inoltre osservato che nella miocardite cronica il virus persiste in una percentuale di pazienti minore rispetto agli studi effettuati in precedenza su una popolazione di soggetti altamente selezionati. La capacità del virus - sia in forma infettiva che non infettiva - di persistere nel miocardio, rende difficili la diagnosi e il trattamento e danneggia la funzione miocardica non soltanto per un insulto diretto e immunologico, ma anche attraverso una espressione genica (Fig. 7.1, Liu e Mason modif.) Cause. Esiste un vasto gruppo di miocarditi definite idiopatiche in cui non è riconoscibile l’agente causale. In queste forme, le più frequenti in Europa e negli Stati Uniti è stata ipotizzata una genesi virale, con possibili meccanismi patogenetici di tipo immunologico o autoimmunitario. Nel caso delle forme idiopatiche l’inquadramento avviene sulla base del tipo di infiltrato flogistico, che risulta influenzato dall’agente causale: 42 Patologie del cuore e dei vasi SEU Fig. 7.1 - Conseguenze della persistenza del virus nel miocardio a) Nelle miocarditi batteriche la risposta cellulare è dominata da granulociti; b) nelle miocarditi virali dominano gli infiltrati di tipo linfocitario; c) nelle miocarditi parassitarie e da ipersensibilità a farmaci, prevalgono gli infiltrati eosinofili. d) In taluni casi di miocardite infine si osservano anche infiltrati di cellule giganti plurinucleate, facenti parte di un processo flogistico di natura granulomatosa (tubercolosi; sarcoidosi), oppure espressione di una attività macrofagica sviluppata sui miociti danneggiati. Le diverse cause di miocardite possono essere di natura infettiva o non-infettiva (Tabella 7.1): Tabella 7.1 ROMA 43 CARDIOLOGIA OGGI - Prontuario tascabile Storia naturale. La maggioranza dei pazienti con miocardite acuta vanno incontro a piena guarigione con risoluzione della disfunzione miocardica. La miocardite a cellule giganti sembra comportare una prognosi peggiore della miocardite con infiltrati linfocitari. Nel primo caso si osservano con maggiore incidenza TV e blocco AV con inserzione di pacemaker. La miocardite giganto-cellulare può evolvere inoltre con un decorso clinico più fulminante e rapidamente fatale. La miocardite può infine concludersi come ultima manifestazione nella cardiomiopatia dilatativa “idiopatica” e nello scompenso cardiaco. SEU Quadri specifici. L’aspetto clinico della miocardite può variare a seconda della patologia di base. Nella maggior parte dei casi la miocardite è subclinica e si presenta con disturbi aspecifici (astenia e lieve dispnea). Miocarditi subcliniche possono anche spiegare la comparsa successiva nella storia clinica di aritmie rapide iterative in cuori apparentemente normali. Nel 60% dei casi la miocardite è virale, preceduta da una infezione recente che può risalire a due settimane prima. Vari gli agenti in causa, dimostrati dalle sequenze genomiche virali nel miocardio (Coxackie B, Echovirus, Adenovirus, influenza, mononucleosi infettiva, epatite B e C, Cytomegavirus). Anche il virus HIV dell’AIDS (oltre ad altri agenti opportunistici) può rendersi responsabile di miocardite virale (~ 10%), con quadri istologici diversi, quali infiltrazione linfocitaria aspecifica con o senza necrosi miocitica; tali quadri possono manifestarsi anche nei tossicodipendenti HIV negativi ed essere pertanto su base tossica più che infettiva. Forme particolari di miocardite batterica sono quella difterica e quella reumatica (da streptococco β-emolitico di gruppo A), istologicamente caratterizzata dalla presenza in fase acuta di tessuto granulomatoso con noduli di Aschoff. Tra le miocardite protozoarie va ricordata quella da Trypanosoma Cruzi, agente della m. di Chagas endemica nel Sud America, e quella da toxoplasma gondii dovuta a formazione nel miocardio di cisti del parassita. Le miocarditi non infettive sono dovute ad agenti tossici (cocaina, alcool), farmaci antiblastici (antracicline), fenotiazinici, litio, antidepressivi triciclici; agenti fisici e radiazioni ionizzanti. Sintomi e segni: Sono rappresentati da febbre (20%), malessere, affaticamento, mialgie, dolore toracico inizialmente breve e intenso di tipo pleurico e poi oppressivo, retrosternale di tipo ischemico. Sono comuni palpitazioni e dispnea. Una sincope può essere espressione di blocco o aritmie maligne e può preludere alla morte improvvisa. Sono presenti segni della insufficienza ventricolare: distensione delle vene giugulari; rantoli bibasilari; edemi periferici. La comparsa di un terzo tono e di un galoppo di sommazione possono essere espressione di coinvolgimento dei ventricoli, con possibili soffi di rigurgito da dilatazione ventricolare e insufficienza delle valvole atrio-ventricolari. ROMA Diagnosi. Le basi della diagnosi di miocardite sono riassunte nella Fig. 7.2 Terapia. Il trattamento delle miocarditi virali è stato improntato alla evoluzione tipica della malattia che avverrebbe secondo un processo trifasico, schematizzato nella Fig. 7.3. Terapia immunosoppressiva. Nei pazienti con miocardite, l’efficacia della terapia immunosoppressiva e della soppressione della risposta infiammatoria sistemica dell’organismo rimangono controverse. L’immunosoppressione non ha mostrato di modificare la storia naturale della miocardite infettiva. Sono stati effettuati tre trial clinici prospettici su larga scala che hanno valutato la strategia immunosoppressiva nei pazienti con miocardite (NIH 44 Patologie del cuore e dei vasi SEU Fig.7.2 - Diagnosi di miocardite Criteri di DALLAS di miocardite. Prima biopsia Miocardite attiva Infiltrato + necrosi miocellulare con o senza fibrosi Miocardite sospetta (“borderline”) Non miocardite Infiltrato senza necrosi miocellulare (eventuale nuova biopsia) Biopsie successive Miocardite persistente Con/senza fibrosi Miocardite in via di risoluzione (healing) Con/senza fibrosi Miocardite guarita (healed) Con/senza fibrosi ROMA Fig. 7.3 - Miocardite virale: processo trifasico e trattamento corrispondente 45 CARDIOLOGIA OGGI - Prontuario tascabile prednisone trial; MTT Myocarditis treatment trial; IMAC trial, Intervention in Myocarditis and Acute Cardiomyopathy). Il trattamento empirico con immunosoppressori soprattutto nella miocardite a cellule giganti e nella miocardite sarcoide viene spesso effettuata sulla base dell’evidenza derivata da piccole serie. Il trattamento immunosoppressore può risultare dannoso in presenza di attiva replicazione virale. In conclusione la terapia con agenti corticosteroidi e con ciclosporina non è stata ritenuta appropriata come terapia di emergenza. Analogamente nessun beneficio è stato dimostrato con gli agenti antivirali, anche se piccole serie di studi ne hanno dimostrato una qualche efficacia. L’effetto dell’interferon-alpha è stato valutato nel trial Europeo ESETCID (European Study on the Epidemiology and Treatment of Cardiac Inflammatory Disease) (2000) in caso di presenza di genoma enterovirale nel miocardio, documentato dalla reazione polimerasica a catena; non esistono peraltro dati definitivi sulla efficacia e tollerabilità di questo tipo di trattamento. I farmaci antiinfiammatori non steroidei (NSAIDs o FANS) sono controindicati nel decorso precoce della malattia, in quanto operano un blocco della produzione di prostaglandine, con peggioramento della funzione miocitaria e aumento della necrosi miocardica. • Beta-bloccanti e simpaticomimetici devono essere in genere evitati perché aumentano l’estensione della necrosi e la mortalità. • ACE-inibitori e agenti bloccanti i recettori dell’Angiotensina-II (Sartani) trovano indicazione nel trattamento delle miocarditi con disfunzione significativa del VS. • Agenti inotropi (dobutamina): trovano indicazione nello shock cardiogeno, eventualmente in combinazione con vasodilatatori tipo nitroprussiato, che realizzano una specie di “contropulsazione chimica” • Misure di assistenza esterna (contropulsazione aortica). • Il trapianto cardiaco si mostra particolarmente vantaggioso nei pazienti con miocardite a cellule giganti accertata biopticamente. La sopravvivenza della miocardite a 5-anni dopo trapianto è stata del 75%, nonostante si registrasse una incidenza del 25% di recidive post-trapianto (9/34 pazienti nel Multicenter Giant Cell Myocarditis study, 1997). Bibliografia SEU ROMA Cooper LT Jr, Berry GJ, Shabetai R: Idiopathic giant-cell myocarditis--natural history and treatment. Multicenter Giant Cell Myocarditis Study Group Investigators. N Engl J Med 1997; 336(26): 1860-6 Feldman AM, McNamara D: Myocarditis. N Engl J Med 2000; 343: 1388-98. Hufnagel G, Pankuweit S, Richter A: The European Study of Epidemiology and Treatment of Cardiac Inflammatory Diseases (ESETCID). First epidemiological results. Herz 2000; 25: 279-285. Liu PP, Mason JW: Advances in understanding of myocarditis. Circulation 2001; 104: 1076-82. Kawai C: From myocarditis to cardiomyopathy: mechanisms of inflammation and cell death: learning from the past for the future. Circulation 1999; 99(8): 1091-100. Mason JW, O’ Connell JB, Herskowitz A, et al: A clinical trial of immunosuppressive therapy for myocarditis. The Myocarditis Treatment Trial Investigators. N Engl J Med 1995; 333: 269-75. McCarthy RE 3rd, Boehmer JP, Hruban RH, et al: Long-term outcome of fulminant myocarditis as compared with acute (nonfulminant) myocarditis. N Engl J Med 2000; 342(10): 690-5 Myocarditis: current treatment overview. J Cardiac Failure 2006; 12: e120-e122. Pisani B, Taylor DO, Mason JW: Inflammatory myocardial diseases and cardiomyopathies. Am J Med 1997; 102: 459-469. Rosenstein ED, Zucker MJ, Kramer N: Giant cell myocarditis: Most Fatal of Autoimmune Diseases. Semin Arthritis Rheum 2000; 30: 1-16. Sinagra G, Silvestri F, Pinamonti B et al: Miocarditi. In ANMCO ed. Trattato di Cardiologia, Excerpta Medica, Milano 2000, pag. 2013-33 46 8 SEU Cardiomiopatia dilatativa idiopatica (CMDI) Definizione. La cardiomiopatia dilatativa idiopatica (CMDI) è una malattia primitiva del miocardio caratterizzata da dilatazione ventricolare e da disfunzione sistolica primaria con aumento dei volumi telesistolico e telediastolico (Fig. 8.1). ROMA Fig. 8.1 - cardiomiopatia dilatativa, aspetto macroscopico del cuore: aumento di volume del cuore in toto, con dilatazione della cavità del ventricolo sinistro. Epidemiologia: la prevalenza della cardiomiopatia dilatativa è di un caso su 2500 individui, con una incidenza (sottostimata) di 7/100.000/anno (2006). La prevalenza della forma familiare negli studi prospettici condotti su pazienti consecutivi, varia dal 35 al 48% dei casi di CMDI, a seconda della varie strategie di indagine impiegate per lo studio delle famiglie. La “penetranza” della malattia trasmessa geneticamente varia con l’età: è minima < 20 anni (10%) e massima > 40 anni (90%). La forma peripartum ha una incidenza variabile da 1/4000 a 1/15.000 parti. Patogenesi. Le teorie patogenetiche proposte per spiegare la CMDI prevedono l’intervento di tre fattori: (1) fattori genetici responsabili della malattia, che viene trasmessa con modello autosomico dominante (Tabella 8.1). 47 CARDIOLOGIA OGGI - Prontuario tascabile Tabella 8.1 CMDI familiari osservazioni Gene interessato 1.CMDI con disturbi della conduzione AV Gene che codifica per la lamina A/C Anticorpi contro la LMNA mostra(LMNA), proteina dell’involucro nucleare no immunocolorazione assente o essenziale per l’integrità del nucleo irregolare delle membrane nucleari dei miociti, e normale delle altre membrane cellulari. Al locus LMNA fanno capo 11 diversi disordini allelici, sette dei quali coinvolgono direttamente il cuore fino a indirizzare all’impianto di pacemaker. 2. CMDI con TV forme sporadiche con mutazione del gene ABCC9 che codifica la subunità regolatrice SUR2A del canale KATP. SEU 3. CMDI con aumento delle Se il gene della distrofina risulta difettoso, CPK può provocare la DMD (distrofia muscolare di Duchenne), la DMB (distrofia muscolare di Becker) e la CMDI-X linked senza patologia distrofica muscolare importante sul piano clinico. Nei maschi è possibile una distrofinopatia, eventualmente legata al sesso (le femmine trasmettono soltanto ai maschi e non risultano affette; talora manifestano forme lievi, tardive e lente). Le CPK sono normali o poco aumentate. L’ECG può presentare quadri di pseudonecrosi inferiore, più caratteristica nelle forme di Duchenne e Becker 4. CMDI con aumento delle gene candidato è il δ-sarcoglicano che coCPK, senza altre evidenze difica il complesso glicoproteico associato cliniche di miopatia alla distrofina. 5. CMDI con variabilità fenotipica e problemi extracardiaci associati ptosi palpebrale, ipoacusia e sindromi complesse (encefalomiopatie). 6. CMDI familiari legate proteina C legante la miosina cardiaca [MY- 5-10% delle CMDI familiari a difetti dei geni che causano BPC3] catena pesante della beta-miosina cardiomiopatia ipertrofica [MYH7], troponine T [TNNT2]. 7. CMDI associate a sordità possono essere interessati il gene che neurosensoriale, autosomi- codifica per l’epicardina, espresso sia a che dominanti livello cardiaco che coclearie; il gene del mt-DNA; quello della connessina 26 (Cx26) e altri (EYA4). ROMA 8. CMDI con quadri di VS candidato è il gene LDB3 “non-compattato” 9. CMDI senza sordità, con eventualmente legata a difetti del DNA ptosi palpebrale e fenotipi non ipertrofia simmetrica e dila- mitocondriale (mt-DNA), cardiaci tazione 10. CMDI legata a difetti del gene che codifica per la tafazzina, che gene che codifica per mappa sul cromosoma X. la tafazzina Il gene della tafazzina non sembra implicato nella forma adulta, in cui interverrebbero invece un gene-malattia per la cardiomiopatia non-compattata (LDB3) e una mutazione del gene LMNA. Quadro clinico tipico infantile è rappresentato dalla sindrome di Barth, caratterizzata da neutropenia, bassa statura, presenza di acido metilglutaconico nelle urine e cardiomiopatia non compattata X-linked. segue 48 Patologie del cuore e dei vasi segue 11. CMDI legate a malattie rare Difetto del gene dell’α-galattosidasi. da accumulo. M. di Fabry, da accumulo lisosomiale di glicosfingolipidi, trasmissione recessiva legata al sesso. Difetto del gene LAMP-2 (Lysosome asso- M. di Danon, da accumulo lisosociated membrane protein-2) miale di glicogeno, legata al sesso, con ritardo mentale, aritmie da s. di WPW e cardiomiopatia ipertrofica che evolve verso la forma dilatativa e scompenso nella femmina portatrice. Difetti del gene PRKAG2 (unità regolatri- Cardiomiopatia ipertrofica con s. ce γ2 di una protein-chinasi attivata dal- WPW. l’AMP) Difetti del gene della troponine I (TNNI3). Fenotipo clinico analogo. SEU (2)una infezione virale cronica, persistente, che produce un danno miocardico progressivo, eventualmente per un fenomeno di mimetizzazione molecolare (molecular mimicry) che coinvolge antigeni virali e costituenti cardiomiocitici (miosina); (3)una risposta di tipo autoimmunitario. è stata in proposito confermata la prevalenza di autoanticorpi contro numerosi bersagli cardiotropici intra-extracellulari. Questi autoanticorpi sono capaci di disturbare la normale attività fisiologica dei miociti cardiaci. Essi potrebbero inoltre fungere da mediatori entro un sistema immunitario attivato, sì da dirigere un grosso potenziale di effetti sul tessuto leso attraverso (a) l’attivazione del complemento e (b) la genesi di immunocomplessi circolanti (CICs) autoantigeni-associati. Il numero e la durata di questi complessi CICs sembra giocare un ruolo importante nell’attivare le cellule APCs (antigen-presenting cells) e nel promuovere l’autoimmuniutà. Poiché gli autoanticorpi giocano un ruolo decisivo, è stata proposta una loro esclusione mediante un trattamento di immunoassorbimento (IA) come nuova strategia di approccio terapeutico alla CMDI. Finora gli studi piloti condotti in tal senso, hanno mostrato un miglioramento della funzione cardiaca e della qualità di vita nella maggior parte dei pazienti trattati (2004). La rimozione di autoanticorpi circolanti può produrre una downregulation del sistema autoummune, moderare i segnali di infiammazione e accelerare la guarigione del tessuto interessato. ROMA Patologia • Dilatazione del ventricolo sinistro; il peso medio della massa ventricolare si avvicina ai 600 g (valore normale medio per gli uomini 325 ± 75 g; per le donne 275 ± 75 g) • Trombi intracardiaci, presenti nel 75% dei casi autoptici • Coronarie normali (eccetto nei casi di cardiomiopatia ischemica, in cui sono presenti placche ateromasiche) Eziologia • Abuso cronico di alcool • Agenti tossici e farmaci: Cocaina; metalli pesanti; cobalto; chemioterapici (doxorubicina) • Gravidanza e puerperio (cardiomiopatia peripartum): nell’ultimo trimestre della gravidanza o entro 6 mesi dal parto). 49 CARDIOLOGIA OGGI - Prontuario tascabile • • Disordini metabolici: glicogenosi; amiloidosi; deficit tiaminico Disordini neuromuscolari. Diagnosi • ECG: Tachicardia sinusale; sovraccarico atriale e ventricolare sinistro; disturbi di conduzione intraventricolare (emiblocchi; BBS); tachiaritmie atriali e ventricolari, sostenute e non sostenute. • Radiografia del torace: cardiomegalia (Fig. 8.2) e ipertensione venosa polmonare (ili congesti; linee B di Kerley da edema interstiziale); eventuale effusione pleurica. SEU Fig. 8.2 - Radiografia del torace in CMDI con cardiomegalia e segni di ipertensione venosa polmonare. • Ecocardiografia 2-D (Fig. 8.3): dilatazione della camera ventricolare sinistra con aumento del volume telesistolico e telediastolico e diminuzione della FE; ipocinesi diffusa, meno frequentemente segmentaria; presenza di trombi intracardiaci; rigurgito mitralico e tricuspidale. ROMA Fig. 8.3 - Esame ecocardiografico 2D, veduta apicale 4-camere a sin. e in asse lungo a destra, che mostrano la notevole dilatazione del VS. 50 Patologie del cuore e dei vasi • • • Eco-Doppler: la valutazione del riempimento del VS con lo studio del flusso transmitralico consente una stratificazione clinico-prognostica dei pazienti con CMDI. Maggiormente a rischio sarebbero i soggetti con rapporto E/A aumentato e t. di decelerazione dell’onda E ridotto, espressione di ridotta compliance, con quadro di riempimento di tipo restrittivo. Migliore la prognosi nei soggetti il cui aspetto restrittivo risponde positivamente a una appropriata terapia. Cateterismo cardiaco e angiografia: aumento della pressione polmonare di incuneamento capillare (PCWP, pulmonary capillary wedge pressare); aumento della pressione telediastolica del VS; possibile ipertensione arteriosa polmonare. La cineventricolografia sinistra mostra un VS aumentato di volume con ipocinesi globale (talora segmentaria). Riduzione della portata cardiaca. L’angiografia coronarica risulta normale nella CMDI primaria, mostra invece stenosi singole o multiple nella cardiomiopatia ischemica. Biopsia endomiocardica. Una diagnosi istologica specifica è stata raggiunta nel 16% di oltre 1200 pazienti con CMDI (1999) SEU Storia naturale. Lo studio di Framingham ha riscontrato una mortalità a 5-anni del 42% delle donne e del 62% degli uomini. L’impiego di ACE-inibitori e β-bloccanti sembra in grado di migliorare la prognosi nei pazienti con CMDI. Trattamento: Può essere di tre tipi: medico, elettrico e chirurgico. • • ROMA Diuretici. Sono indicati i diuretici d’ansa quali la furosemide 20-100 mg in vena, ripetibili ogni 6 ore fino a raggiungere la diuresi attesa e i diuretici antikaliuretici (antialdosteronici). Lo studio RALES (1999) ha dimostrato che 25 mg di spironolattone associato ad ACE-inibitori e diuretici d’ansa in pazienti di classe III-IV NYHA hanno prodotto una riduzione significativa della mortalità e morbilità (-35%, con RR 0.70, 95% IC 0.60-0.82, p<0.001). Vasodilatatori: ACE-inibitori e bloccanti i recettori dell’angiotensina II (sartani). Peptide natriuretico umano di tipo-B ottenuto con tecnologia DNA ricombinante (trial VMAC, 2002), con la stessa sequenza di aminoacidi del BNP (peptide natriuretico cerebrale). Attiva il GMPc e produce rilasciamento muscolare e vasodilatazione, con riduzione del preload e dell’afterload. Nesiritide bolo e.v. 2 γ/kg seguito da infusione continua 0,01 γ/kg/min. La somministrazione concorrente di altri vasodilatatori può potenziare l’effetto ipotensivo. 51 CARDIOLOGIA OGGI - Prontuario tascabile • β-bloccanti: lo studio CARIBE (2000) effettuato con carvedilolo in pazienti con CMDI, grave disfunzione del VS (FE 8%-35%) e classe NYHA II-III, ha dimostrato che questo agente migliorava la funzione cardiaca.In un sottostudio ecocardiografico del trial MERIT-HF, il Metoprololo ritardo somministrato una volta al giorno in aggiunta alla terapia standard, ha migliorato la funzione diastolica e sistolica del VS nei pazienti con scompenso cronico e ridotta frazione di eiezione (2004). Similmente una analisi comparata post hoc di 4 trial con β−bloccanti (BEST, CIBIS-II, MERIT-HF, COPERNICUS) ha mostrato effetti sovrapponibili nei pazienti scompensati (2003). Una METANALISI della mortalità nei pazienti in classe NYHA IV dei trial CIBIS, MERIT e BEST mostra che il tasso di rischio (HR, Hazard Ratio) è < 1 in tre dei suddetti trial e suggerisce che alcuni (ma non necessariamente tutti) i pazienti in classe IV possono trarre beneficio dal Beta-Bloccante (Fig. 8.4). Fig. 8.4 • • • 52 SEU Digitale: il trial DIG (Digitalis Investigation Group), 1997, non ha dimostrato differenze significative di mortalità totale e cardiaca tra gruppo digitale e gruppo placebo (34.8% vs 35.1%, p 0.80). Il trial tuttavia ha mostrato un trend di riduzione della mortalità per peggioramento dello scompenso cardiaco cronico (SCC) (p = 0.06); una riduzione del 6% delle ospedalizzazioni per tutte le cause; e una riduzione statisticamente significativa delle ospedalizzazioni per peggioramento dello SCC (26% gruppo digitale vs 34% gruppo placebo, p < 0.001). Antiaritmici: il trial AMIOVIRT (2003) ha mostrato che la mortalità totale a 4 anni e la qualità di vita non sono risultate statisticamente differenti nei pazienti con CMD non-ischemica (FE media 0.22-0.23, NYHA II-III) e TV-non sostenuta, trattati con Amiodarone (attacco 800 mg/die, mantenimento 400 e poi 300 mg/die), o con defibrillatore impiantabile. Gli anticoagulanti riducono l’incidenza di complicanze tromboemboliche connesse con la disfunzione severa del VS. Negli studi SOLVD (1998) l’analisi del gruppo di pazienti trattati con Warfarin dimostra che la terapia anticoagulante sviluppa un benefico effetto sulla mortalità totale nel sottogruppo a eziologia non-ischemica (RR 0.66, 95% IC 0.50-0.87, p 0.004), indipendentemente dalla presenza di fibrillazione atriale. Trova indicazione una scoagulazione con un INR di 2-3. ROMA Patologie del cuore e dei vasi Interventi non-farmacologici: • Terapia di Resincronizzazione Cardiaca (CRT) (v.anche pag 280-281). I trial COMPANION (2004) e CARE-HF (2005) hanno definitivamente dimostrato che la CRT riduce in maniera significativa il numero e la durata dei ricoveri per scompenso cardiaco e la mortalità globale nei pazienti con scompenso avanzato e QRS prolungato. • Trapianto cardiaco. In un Registro recente dell’ United Network for Organ Sharing (UNOS) il 43% dei candidati a trapianto e il 41.6% dei trapiantati risultavano affetti da CMDI, rivelatasi seconda soltanto alla cardiopatia ischemica. I tassi di sopravvivenza nei trapiantati per questo tipo di cardiomiopatia erano elevati: 96% a un mese, 88.5% a un anno e 71% a 5 anni. La Tabella 8.2 riporta le indicazioni assolute e relative al trapianto; la Tabella 8.3 indica invece la sopravvivenza a un anno a seconda del punteggio del modello non-invasivo HFSS (heart failure survival score) secondo Aaronson (1997). SEU Tabella 8.2 - Indicazioni al trapianto di cuore nello scompenso cardiaco L’ indicazione al trapianto risulta chiara nelle condizioni di maggior gravità: shock cardiogeno, dipendenza da farmaci inotropi, scompenso cardiaco refrattario. Più problematica risulta invece la stratificazione di pazienti relativamente stabili, gestiti con modalità ambulatoriale, candidabili al trapianto. (a) Indicazioni assolute al trapianto: • Shock cardiogeno refrattario • Dipendenza assoluta dagli agenti inotropi per la perfusione degli organi • Consumo di O2 massimale (VO2 max) < 14 mL/kg/min o score di rischio medio-alto del modello non-invasivo HFSS (heart failure survival score). • Ischemia severa non altrimenti trattabile. • Rischio aritmico (aritmie ventricolari sintomatiche refrattarie al trattamento) (b) Indicazioni relative al trapianto (potenzialmente eligibili): • VO2 max > 14 mL/kg/min (o inferiore al 50-55% del valore previsto per l’età e il sesso) con limitazione importante dell’attività quotidiana. • Recidive di scompenso instabile, non dovute a cattiva disponibilità del paziente (“noncompliance”) o a terapia medica subottimale. ROMA Tabella 8.3 - Variabili del modello non invasivo HFSS (Heart Failure Survival Score) Variabile Cardiopatia ischemica Frequenza cardiaca (bpm) Hazard ratio aggiustato con IC 95% P 2.00 (1.35 – 2.97) 0.0006 1.02 (1.01-1.04) 0.0007 0.0028 PA media (mmHg) 0.98 (0.96-0.99) Frazione di Eiezione (%) 0.96 (0.93-0.98) 0.001 Ritardo di conduzione intraventricolare 1.84 (1.22-2.76) 0.0035 VO2 (ml/kg/min) 0.95 (0-91-0.99) 0.0093 Natremia 0.95 (0.92-1.00) 0.0292 Sopravvivenza a 1 anno per classi di rischio HFSS: score basso = 35%; intermedio=60%;alto=88% 53 CARDIOLOGIA OGGI - Prontuario tascabile Bibliografia Aaronson KD, Schwartz JS, Chen TM et al: Development and prospetive validation of a clinical index to predict survival in ambulatory patients referred for cardiac trasplant evaluation. Circulation 1997; 95: 2660-67. Al-Khadra A, Salem DN, Rand WM et al: Warfarin anticoagulation and survival: a cohort analysis from the studies of left ventricular dysfunction. J Am Coll Cardiol 1998; 31: 749-53. Bristow MR, Saxon LA, Boehmer J, et al COMPANION Investigators: Cardiac-resynchronization therapy with or without an implantable defibrillator in advanced chronic heart failure. N Engl J Med 2004 May 20; 350(21): 2140-50. Chizzola PR, Freitas HF, Caldas MA, et al: Effects of carvedilol in heart failure due to dilated cardiomyopathy. Results of a double-blind randomized placebo-controlled study (CARIBE study). Arq Bras Cardiol 2000; 74(3): 233-42. Cleland JGF et al, For the Cardiac Resynchronization –Heart Failure (CARE-HF) study Investigators. The effect of CRT on morbidity and mortality in heart failure. N Engl J Med 2005; 352; 1539-49. Domanski MJ, Krause-Steinrauf H, Massie BM, et al: A comparative analysis of the results from 4 trials of beta-blocker therapy for heart failure: BEST, CIBIS-II, MERIT-HF, and COPERNICUS. J Card Fail. 2003; 9(5): 354-63. Felker GM, Hu W, Hare JM,et al: The spectrum of dilated cardiomyopathy.The Johns Hopkins experience with 1278 patients.Medicine(Baltimore)1999; 78(4): 270-83. Gavazzi A, De Maria Renata, Di Learda A: Cardiomiopatia dilatativa. In ANMCO, Trattato di Cardiologia, Excerpta Medica ed., vol-II, 2000, pag.1913-41. Hole T, Froland G, Gullestad L: Metoprolol CR/XL improves systolic and diastolic left ventricular function in patients with chronic heart failure. Echocardiography 2004; 21(3):215-23. Hunt SA, Baker DW, Chin MH et al ACC/AHA: Guidelines for the evaluation and management of chronic heart failure in the adukt: executive summary. J Heart Lung Transplant 2002; 21: 189-203. Mestroni Luisa, Cecchi F, Zachara Elisabetta et al: Genetica delle cardiomiopatie. In ANMCO, Trattato di Cardiologia, Excerpta Medica ed., vol-II, 2000, pag.1893-12. Mobini R, Maschke H, Waagstein F.: New insights into the pathogenesis of dilated cardiomyopathy: possible underlying autoimmune mechanisms and therapy. Autoimmun Rev. 2004 Jun;3(4):277-84. Pitt B, Zannad F, Remme W Jet al: The effect of spironolattone on morbidity et mortality in patients with severe heart failure. New Eng J Med 1999; 341: 709-17. Strickberger SA, Hummel JD, Bartlett TG et al for the AMIOVIRT Investigators: Amiodarone versus Implantable Cardioverter-Defibrillator: randomized trial in patients with nonischemic dilated cardiomyopathy and asymptomatic nonsustained ventricular tachycardia – AMIOVIRT, J Am Coll Cardiol 2003; 41: 1707-12. Taylor M, Carniel E, Mestroni E: Cardiomyopathy, familial dilated. Orphanet J Rare Dis 2006; 1:27 VMAC Investigators Committee (Vasodilatation in the Management of Acute CHF): intravenous nesiritide vs nitroglycerin for treatment of decompensated congestive heart failure: a randomized controlled trial. JAMA 2002; 287(12): 1531-40. SEU ROMA 54 9 SEU Cardiomiopatia ipertrofica (CMI) Definizione. La cardiomiopatia ipertrofica (Fig. 9.1) è una malattia del miocardio geneticamente determinata, a trasmissione autosomica dominante nei casi familiari e a penetranza variabile, associata per lo più a mutazione dei geni che codificano le proteine del sarcomero. Prevalenza. La prevalenza stimata nella popolazione generale è del 2 per mille; la CMI pertanto non è rara e può risultare silente e misconosciuta. È stato stimato che oltre 12 milioni di soggetti nel mondo (oltre 600.000 negli USA e 50.000 nel Canada) siano portatori di difetto genetico per la CMI familiare. Genetica. Sono state finora identificate oltre 200 mutazioni di 9 geni che codificano le proteine contrattili del sarcomero; tali geni sono riportati nella Tabella 9.1. Fig.9.1 - Aspetto macroscopico della cardiomiopatia ipertrofica, che mostra il Attualmente è possibile identificare una mutazione in notevole aumento di spessore del setto circa i due-terzi dei pazienti diagnosticati clinicamente. L’80% delle mutazioni riguardano il gene che codifica la catena pesante della β-miosina (MYH7) e la proteina C legante la miosina (MYBPC3). Si pensa che un approccio ragionevole allo screening genetico della cardiomiopatia ipertrofica debba prevedere una analisi completa dei tre geni maggiormente coinvolti nella malattia (MYH7, MYBPC3 e TNNT2 ), limitata a un probando per ciascuna famiglia (Cecchi 2004). ROMA Storia naturale. La mortalità annua per CMI è attorno all’1% in casistiche non selezionate, per lo più legata a scompenso cardiaco. La morte improvvisa costituisce invece un evento più raro e poco prevedibile, più frequente nei giovani, spesso oligosintomatici prima dell’evento drammatico. L’incidenza annuale di morte improvvisa è in genere dello 0.3-0.5%, ma sale al 2% in età pediatrica e giovanile. In due-terzi circa dei pazienti il decorso è favorevole, mentre in un-terzo si osserva una progressione dei sintomi che può anche concludersi con l’exitus o il trapianto. Un fattore importante nella evoluzione del quadro è costituito dalla comparsa di fibrillazione atriale (FA) con caduta della portata, che - oltre al rischio tromboembolico - aggiunge alla disfunzione diastolica propria della malattia anche una componente di disfunzione sistolica con decorso verso lo scompenso cardiaco e la morte. 55 CARDIOLOGIA OGGI - Prontuario tascabile Tabella 9.I MYH7 = gene per la catena pesante della b-miosina MYL3 = gene per la catena essenziale leggera 1 della miosina MYL2 = gene per la catena regolatrice leggera 2 della miosina MYBPC3 = gene per la proteina C legante la miosina TNNT2 = gene per la troponina T cardiaca TNN13 = gene per la troponina I ACTC = gene per l’a-actina TTN = gene per la titina TPM1 = gene per l’a-tropomiosina SEU Fisiopatologia. Generalmente l’ipertrofia ventricolare interessa la porzione prossimale del setto interventricolare e produce un restringimento del tratto di efflusso del ventricolo sinistro. Oltre a ciò si aggiunge un movimento sistolico anteriore (SAM) del velo valvolare anteriore mitralico che concorre a creare l’ostruzione all’efflusso del VS e il rigurgito mitralico. La mitrale è attratta verso il setto per la pressione negativa generatasi quando il sangue viene espulso ad alta velocità attraverso un tratto di efflusso ristretto (effetto Venturi). Esiste una relazione diretta tra ampiezza del gradiente ostruttivo ed entità del SAM. I meccanismi che favoriscono la genesi del gradiente in quanto riducono il volume ventricolare e avvicinano il lembo anteriore della mitrale al setto, sono tre: 1) l’aumento della contrattilità; 2) la riduzione del precarico; e 3) la riduzione del postcarico. Un VS sottoespanso produce infatti un grado di ostruzione maggiore perché minore è la separazione tra setto interventricolare e foglietto mitralico. L’aumento di contrattilità concorre a sua volta a peggiorare l’ostruzione attraverso il reclutamento di tutte le singole componenti ostruttive. L’ostruzione che si realizza nella CMI è di tipo dinamico più che fisso. Ostruzioni fisse si manifestano in presenza di una stenosi aortica o di una membrana a sottovalvolare aortica a setto. ROMA Fig. 9.2 - Ostruzione all’efflusso del VS in protosistole (a sin.) e in mesosistole (a destra). A produrre l’ostruzione al tratto di efflusso del VS concorrono due fattori: l’ipertrofia del setto e il movimento anteriore sistolico della mitrale (SAM o sistolic anterior motion) trascinata contro il setto per effetto Venturi. Il contatto setto-mitrale distorce l’apparato valvolare e produce un rigurgito in atrio sinistro (C). La caduta della pressione distale all’occlusione è responsabile della chiusura precoce della valvola aortica con polso bifido(A) (accelerazione brusca iniziale; ostruzione; eiezione residua). Il marker dell’ostruzione è rappresentato dal gradiente sistolico VS-Aorta (Fig. 9.3). 56 Patologie del cuore e dei vasi SEU Fig. 9.3 - Al ritiro del catetere dalla cavità ventricolare in aorta si registra un gradiente sistolico VS-AO (area ombreggiata) tra cavità del VS e camera subar tica, marker dell’ostruzione. Nella camera sottoaortica si registra ancora una pressione ventricolare, ma senza alcun gradiente. Notare il polso arterioso bisferiens, con due cuspidi proto- e telesistolica separate da un dip mesistolico. Patologia. Dal punto di vista istologico i miociti si presentano ipertrofici e disorganizzati, con forma bizzarra; essi mostrano spesso un decorso irregolare, orientato nelle varie direzioni (disarray). Si osservano pure cicatrici miocardiche e aumento della matrice collagena. Fibrosi e cattivo orientamento delle cellule possono costituire il substrato per l’innesco di aritmie da rientro. Altri quadri ripropongono una ipertrofia concentrica, talvolta difficile da differenziare dalla ipertrofia fisiologica propria di alcuni atleti sovrallenati. Circa il 66% delle valvole mitrali escisse nei pazienti con CMI presentano malformazioni strutturali, compreso un aumento delle superfici dei lembi valvolari, un allungamento dei veli e una inserzione anomala dei muscoli papillari direttamente sul foglietto anteriore della mitrale (circa il 15% dei casi di CMI). In circa l’1.5% dei pazienti per anno si osserva una dilatazione della camera ventricolare e una disfunzione sistolica. Questa dilatazione può evolvere verso una fase simile alla cardiomiopatia dilatativa. Segni e sintomi. Il decorso clinico è variabile. La maggior parte dei pazienti con CMI risultano asintomatici. I sintomi possono inoltre non essere correlati con l’entità del gradiente. Alcuni pazienti manifestano sintomi severi con un gradiente di poche decine di mmHg, mentre altri con gradienti più importanti (60-80 mmHg) decorrono asintomatici. I sintomi tendono a correlarsi maggiormente con la gravità della insufficienza mitralica e con la disfunzione diastolica del VS. Il sintomo più comune è rappresentato dalla dispnea da sforzo. I pazienti possono anche accusare dolore anginoso da sforzo, palpitazioni, presincopi e sincopi. Talora la prima manifestazione della malattia è costituita dalla morte improvvisa, soprattutto nei soggetti giovani, con sforzi fisici, leggeri, o durante attività sedentaria. In una popolazione non selezionata con CMI l’incidenza della morte improvvisa è stata valutata attorno allo 0.1-0.7% per anno. La comparsa di fibrillazione atriale tende a far peggiorare il quadro clinico, orientandolo verso lo scompenso cardiaco e imponendo al VS una componente di disfunzione sistolica che si aggiunge a quella diastolica di base. Il polso arterioso assume l’aspetto caratteristico bisferiens con due cuspidi, proto- e telesistolica, separate da un dip mesosistolico (Fig. 9.2). Nella CMI non esistono difficoltà nella eiezione del sangue in aorta durante la protosistole e la salita del polso è rapida; con il progredire della sistole, invece, avviene l’ostruzione e il polso collabisce in mesosistole, per poi mostrare un aumento secondario in telesistole. Invece nella stenosi aortica valvolare o sottovalvolare a setto, l’ostruzione è fissa e il polso si presenta piccolo e lento, con salita rallentata e poco ampia. Il reperto ascoltatorio classico della CMI ROMA 57 CARDIOLOGIA OGGI - Prontuario tascabile è rappresentato da un soffio sistolico in crescendo-decrescendo lungo il margine sternale sinistro, che si accentua durante la manovra di Valsalva, a differenza di quanto avviene con quasi tutti i soffi cardiaci. La manovra di Valsalva infatti riduce il precarico e il riempimento del VS; un ventricolo meno ripieno aumenta l’ostruzione. Analoga riduzione del precarico con intensificazione del soffio avviene nel passaggio dall’accovacciamento (squatting) alla posizione eretta o dopo il pooling di sangue venoso periferico prodotto dalla inalazione di nitrito di amile. Il riscontro di un soffio di rigurgito mitralico depone per l’esistenza di un movimento sistolico anteriore della mitrale (SAM). SEU Diagnosi ● La radiografia del torace può mostrare la presenza di ipertrofia cardiaca; l’ombra cardiaca può però risultare normale quando l’ipertrofia è limitata al setto. In presenza di rigurgito mitralico significativo si osserva una atriomegalia sinistra. ● L’ECG mostra un quadro di sovraccarico sistolico del VS, talora con aspetto pseudoinfartuale per la presenza di onde Q nelle derivazioni anterolaterali. Può manifestarsi un quadro di preeccitazione cardiaca (s. di WPW). ● L’ecocardiogramma costituisce il gold-standard per la diagnosi. La Fig. 9.4, in proiezione asse lungo, mostra una marcata ipertrofia del setto e della parete posteriore del VS. La definizione ecocardiografica classica di CMI include uno spessore della parete del VS > 15 mm in assenza di dilatazione del VS e di altre cause cardiache o sistemiche di aumento della massa. All’ecocardiogramma si definisce ipertrofia asimmetrica del setto un rapporto tra spessore del setto e spessore della parete posteriore di almeno 1.3-1.5. Sebbene la parete media del VS sia più spessa di 20 mm (quasi il doppio del normale), può variare da 13-15 mm nella ipertrofia lieve a 50 mm nella ipertrofia massiva. Fig. 9.4 - Cardiomiopatia ipertrofica La CMI di tipo ostruttivo presenta come marker il movimento sistolico anteriore del lembo anteriore della mitrale e l’ipertrofia asimmetrica del setto, con un rapporto di spessore setto-parete posteriore > 1.4 :1. In alcuni pazienti con CMI si osserva pure il movimento sistolico del lembo posteriore della mitrale. La funzione sistolica è buona; la FE è solitamente elevata o normale all’epoca della diagnosi; il diametro del VS è al limite inferiore di norma o più piccolo del normale. ● Eco-Doppler. In circa l’80% dei pazienti con CMI, indipendentemente dalla presenza o assenza di un gradiente di pressione sistolica, si osservano all’Eco-Doppler alterazioni della funzione diastolica con ridotta compliance del VS e un rapporto E/A della mitrale < 1.0 (abitualmente < 0.8). Il Doppler continuo (Fig. 9.5) mostra una immagine telesistolica classica a forma di pugnale per la natura dinamica della ostruzione che raggiunge il picco tardivamente. ROMA 58 Patologie del cuore e dei vasi ● Test provocativi. Tutti i pazienti con CMI o sospetta CMI dovrebbero essere sottoposti a test provocativo con nitrito di amile per stabilire se l’ostruzione sia latente e assente a riposo. La risultante riduzione del precarico combinata con l’aumento della frequenza cardiaca fanno comparire o accentuano il gradiente di pressione attraverso il tratto di efflusso del VS. Analogo risultato può essere conseguito con l’ecocardiogramma da sforzo, dal momento che alcuni pazienti manifestano gradienti minimi a riposo, ma sviluppano gradienti maggiori con l’esercizio. ● Tecniche di imaging più raffinate possono rendersi necessarie in presenza di una finestra transtoracica inadeguata, con il ricorso al TEE, ecocardiogramma transesofageo, o in presenza di immagini ecocardiografiche difficili da ottenere Fig. 9.5 o da interpretare, con l’impiego della risonanza magnetica nucleare (RMN). ● Il cateterismo cardiaco non rappresenta più un metodo diagnostico di prima scelta di fronte alle potenzialità diagnostiche dei test di imaging non invasivi, primo tra tutti l’ecocardiografiagrafia. La cineventricolografia sinistra mostra un ventricolo iperdinamico con “obliterazione della cavità”. Durante ritiro del catetere dal ventricolo in aorta può essere documentato il gradiente pressorio attraverso il tratto di efflusso del VS (Fig. 9.3). All’esame angiografico le coronarie appaiono normali. ● Altri esami: studio elettrofisiologico. Allo scopo di identificare i pazienti a rischio elevato di morte improvvisa è stata proposta la stimolazione ventricolare programmata. L’assenza di aritmie maligne inducibili (TV sostenuta; FV) sembrerebbe predire una prognosi favorevole, mentre in un-terzo dei pazienti con CMI che hanno sperimentato una morte improvvisa abortita erano inducibili TV sostenute polimorfe e FV (Zhu, 1998). Ai pazienti con CMI si dovrebbe comunque sconsigliare la partecipazione a competizioni sportive, dato l’alto. SEU ROMA Trattamento. Le varie opzioni terapeutiche adottate per la CMI comprendono la terapia medica, le tecniche ablative con alcool, la miectomia settale, l’impianto di pacemaker e il trapianto cardiaco. 1. Terapia medica. Scopo della terapia è la riduzione dei sintomi, collegati da un lato alla disfunzione diastolica e dall’altro alla ischemica miocardica, all’ostruzione all’efflusso, alla insufficienza mitralica e alla FA. I pazienti sintomatici, con forma ostruttiva o non-ostruttiva, devono essere trattati con farmaci. β-bloccanti. Rappresentano il trattamento di prima scelta in quanto, per il loro effetto ● inotropo negativo, riducono il gradiente pressorio e per la loro azione cronotropa negativa rallentano la frequenza e allungano il periodo di riempimento diastolico. Può essere impiegato il metoprololo, 50 mg x 2, con appropriati aumenti di dose. Verapamil. Calcio-antagonista e inotropo negativo, appresenta l’agente di seconda ● scelta. Sono utilizzate dosi fino a 480 mg/die del preparato a rilascio prolungato. Per 59 CARDIOLOGIA OGGI - Prontuario tascabile le sue proprietà vasodilatatrici potrebbe sviluppare effetti emodinamici contrari. Va usato con prudenza nei pazienti con ostruzione. Controindicati invece i Ca-antagonisti tipo nifedipina, amlodipina e felodipina che per la vasodilatazione periferica indotta potrebbero ridurre il riempimento ventricolare e peggiorare l’ostruzione all’efflusso. ● Disopiramide. In un recente studio multicentrico (Sherrid, 2005) è stata somministrata disopiramide a 118 pazienti con CMI ostruttiva, alla dose di 432 ± 181 mg/die (nel 97% associata a beta-bloccanti), seguiti con follow-up di 3 ± 2.6 anni e confrontati con 373 pazienti con CMI ostruttiva non trattati con disopiramide. Il 66% dei trattati sono stati mantenuti con il farmaco, senza necessità di ricorso ad altre procedure (miectomia,ablazione con alcool o pacing). Il gradiente d’efflusso a riposo è diminuito da 75 mmHg a 40 mm Hg (p < 0.0001). Non si sono invece notate differenze sulla mortalità annuale cardiaca da ogni causa (1.4% vs 2.6%, p =0.07) e sulla morte annuale improvvisa (1% vs 1.8%, p=0.08). Il farmaco non s’è mostrato proaritmico. ● La comparsa di FA, mal tollerata dai pazienti, perché aggiunge alla disfunzione diastolica di base una disfunzione sistolica, impone il ricorso alla cardioversione elettrica (CVE) e/o farmacologica (con amiodarone o sotalolo). Se la FA è recente, < 48 ore, si preferisce effettuare una CVE previo Eco transesofageo TEE per escludere la presenza di trombi in atrio sinistro o nell’appendice auricolare sinistra. Se la FA è più tardiva, > 48 ore, occorre effettuare una anticoagulazione per almeno 4 settimane prima di procedere alla CVE. 2. Terapia chirurgica A) miotomia-miectomia settale: resezione di 3-4 g di tessuto della porzione anterobasale del setto interventricolare. Viene attuata nel paziente con gradiente latente o a riposo ≥ 50 mm Hg che rimane sintomatico nonostante appropriata terapia medica. La mortalità ospedaliera è del 2-9%. Nel 5% dei trattati è necessario un impianto di pacemaker per BAV totale. A 5 anni di distanza si ottiene negli operati una riduzione dei sintomi nel 70%. B) Talvolta si rende necessaria la sostituzione valvolare quando un TEE intraoperatorio dimostri la persistenza di una insufficienza mitralica dopo miectomia. Il National Institute of Health Group raccomanda la sostituzione valvolare mitralica in presenza di spessore del setto > 18 mm Hg, di malformazioni della mitrale e dopo intervento di miectomia. C) PTSMA (Ablazione alcoolica percutanea del setto interventricolare) (Fig.9.6.) L’etanolo viene iniettato tramite piccolo catetere con palloncino inserito nel lume del 1° ramo perforante settale, previa iniezione di mezzo di contrasto, evitando di coinvolgere il muscolo papillare anteromediale. Le indicazioni per l’ablazione settale nei pazienti con CMI sono poste su base clinica, emodinamica e morfologica, come riportato nella Tabella 9.2. 3. Impianto di defibrillatore automatico per la prevenzione primaria della morte improvvisa nei pazienti che si trovano a rischio elevato, per la presenza dei seguenti marker: spessore della parete del VS > 30 mm ● ● episodi protratti e ripetitivi di TV non-sostenuta all’ECG dinamico di Holter storia familiare di morte improvvisa ● ● risposta pressoria ipotensiva allo sforzo ● sincope o presincope. La Baylor experience (1996-2002) nella ablazione settale con alcool nella CMI ostruttiva sintomatica, riporta le seguenti complicazioni procedurali: mortalità 1.5%; BAV con richiesta di SEU ROMA 60 Patologie del cuore e dei vasi SEU Fig. 9.6 - Ablazione Percutanea Transluminale Settale Miocardica Alcoolica (PTSMA) nella CMI. Attraverso il catetere inserito nel lume del primo ramo perforante settale si iniettano lentamente 2 ml di alcool al 96% ((0.1 ml/min), che provoca un infarto chimico controllato con arresto della cinesi nell’area di tessuto corrispondente alla parete che ostruisce l’efflusso sinistro. Il successo, valutato in base alla riduzione significativa del gradiente, è pari al 93% nella esperienza di Seggewiss (1998). I miglioramenti emodinamici e funzionali a un anno sono paragonabili a quelli della miectomia chirurgica. Il rischio dell’ablazione con alcool include una mortalità periprocedurale del 2-4% e una incidenza del 9-27% di impianto di pacemaker per BAV totale. Tabella 9.2 - Indicazioni all’ablazione settale nei pazienti con CMI Indicazione clinica - Pazienti sintomatici - Refrattari ai farmaci o con severi effetti collaterali alla terapia farmacologica • Classi NYHA III - IV • Classi NYHA II con limitazioni obiettive • Sincopi ricorrenti da sforzo - Fallimento di una precedente miectomia o pacing DDD - Comorbidità: aumentato rischio chirurgico Indicazione emodinamica Indicazione morfologica - Pazienti sintomatici con/senza gradiente nel tratto di efflusso • ≥ 50 mm Hg a riposo, o • ≥ 30 mm Hg a riposo e 100 mm Hg sotto sforzo Soffio e gradiente che si accentua dopo Valsalva (durante sforzo) Soffio e gradiente che si accentua dopo battito extrasistolico - Ecocardiogramma • Subaortico, SAM – gradiente associato • Gradiente a metà della cavità del VS - Interessamento dei muscoli papillari: MCE (Myocardial Contrast Enhancement) • Veli mitralici non allungati - Angiografia coronarica • Primo ramo perforante settale adeguato ROMA pacemaker permanente 13%; dissezione coronaria 4.4%. Al follow-up medio di 3.6 anni ± 1.4 anni si rileva una mortalità da ogni causa del 7.7%; una mortalità annuale globale del 2.1%; una mortalità cardiaca del 2.3%, e una mortalità cardiaca annua dello 0.6% (Fernandes, 2005). Ulteriori considerazioni. Considerazioni a parte meritano la CMI non-ostruttiva e la evoluzione della forma classica ostruttiva verso la forma dilatativa. ● CMI non-ostruttiva. Esiste una relazione tra gradiente intraventricolare e decorso clinico della malattia (Fig. 9.8). I pazienti senza ostruzione mostrano una probabilità minore di morire e di evolvere verso lo scompenso e lo stroke (Ommen, Maron, Olivotto, 2005). 61 CARDIOLOGIA OGGI - Prontuario tascabile SEU Fig. 9.7 - Algoritmo per il trattamento della CMI ostruttiva (Kimmelstiel, Mason 2004) ROMA Fig. 9.8 - Sopravvivenza esente da morte riferibile a CMI valutata in tre sottogruppi di pazienti con cardiomiopatia ipertrofica: sottoposti a miectomia chirurgica (289); pazienti non-operati con malattia ostruttiva (228); e pazienti con malattia non-ostruttiva (820). Miectomia vs CMI ostruttiva non-operata p < 0,001; miectomia vs CMI non-ostruttiva p = 0.01 (Ommen et al, JACC 2005). 62 Patologie del cuore e dei vasi Il trattamento dei pazienti con CMPI non-ostruttiva è difficile e meno efficace rispetto ai pazienti con malattia ostruttiva. Possono trovare impiego i β-bloccanti per controllare la frequenza cardiaca; il verapamil può migliorare la funzione diastolica. ● La CMPI può anche perdere con il tempo le sue caratteristiche peculiari e acquisire un decorso simile alla cardiomiopatia dilatativa, con riduzione della funzione sistolica del VS e cardiomegalia. Nei pazienti con sintomi e segni di scompenso congestizio, trovano indicazione i diuretici, gli ACE-inibitori e può rendersi necessaria la stessa digossina. Il trapianto cardiaco costituisce una opzione per la cardiomiopatia ipertrofica non-ostruttiva all’ultimo stadio. Bibliografia SEU Cecchi F, Girolami Francesca, Olivotto I et al: Dal genotipo al fenotipo: il caso della cardiomiopatia ipertrofica. In: Klugman S, Cardiologia 2004, J Medical Books, Edizioni srl Viareggio, pag. 329. Fernandes VL, Nagueh SF, Wand W et al, A prospettive follow-up of alcohol septal ablation for symptomatic obstructive cardiomyopathy – the Baylor experience (1996-2002). Clin Cardiol 2005; 28: 124-30. Kimmelstiel C, Maron B : Role of Percutaneous Septal Ablation in Hypertrophic Obstructive. Cardiomyopathy. Circulation. 2004; 109(4): 452-456. Maron BJ, Cecchi F, McKenna WJ: Risk factors and stratification for sudden cardiac death in patients with hypertrophic cardiomyopathy. Br Heart J 1994; 72(6 Suppl): S13-8. Maron BJ: Hypertrophic cardiomyopathy. A systematic review. JAMA 2002; 287: 1308-20. Nagueh SF, Ommen SR, Lakkis NM et al: Comparison of ethanol septal reduction therapy with surgical myectomy for the treatment of hypertrophic obstructive cardiomyopathy. J Am Coll Cardiol. 2001;38(6):1701-6. Ommen SR, Maron BJ, Olivotto I et al, Long-term effetcts of surgical septal miectomy on survival in patients with obstructive hypertrophic cardiomyopathy. J Amer Coll Cardiol 2005; 46: 470-76. Sherrid MV, Barac I, McKenna WJ et al, Multicenter study of the efficacy and safety of disopyramide in obstructive hypertrophic cardiomyopathy. J Am Coll Cardiol 2005; 45: 1251-58. Zhu DW, Sun H, Hill R, Roberts R.: The value of electrophysiology study and prophylactic implantation of cardioverter defibrillator in patients with hypertrophic cardiomyopathy. Pacing Clin Electrophysiol. 1998; 21: 299-302. ROMA 63 CARDIOLOGIA OGGI - Prontuario tascabile 10 SEU Cardiomiopatia restrittiva (CMR) Definizione. Per cardiomiopatia restrittiva si intende una cardiomiopatia non dilatativa e non ipertrofica, caratterizzata da riempimento ventricolare di tipo restrittivo, da ridotto volume diastolico di uno o entrambi i ventricoli, con ispessimento parietale e funzione sistolica normale o lievemente ridotta. La CMR può essere idiopatica o dovuta a malattie infiltrative secondarie ad accumulo legato ad altri disordini (amiloidosi, emocromatosi) o a fibrosi endomiocardica. Oltre il 50% dei casi di CMR è su base familiare o genica (es. per mutazione del gene della desmina). La CMR va infine tenuta distinta dalla pericardite costrittiva che pur presentando una fisiologia di riempimento restrittivo, è tipicamente trattabile con intervento chirurgico. Fisiopatologia. La CMR risulta da una aumentata rigidità del miocardio (ridotta compliance) per cui a piccoli incrementi di volume corrispondono notevoli aumenti di pressione. L’abnorme funzione diastolica si manifesta con un riempimento esagerato in protodiastole (fase di riempimento rapido) seguito da un plateau durante la fase di diastasi e la sistole atriale. Il tracciato pressorio presenta il caratteristico aspetto a “dip-plateau” o a “radice quadrata”. La gettata sistolica si riduce perché il volume di riempimento è scarso, pur con una funzione sistolica normale. Con il progredire della malattia la frazione di eiezione si riduce e si manifestano i sintomi della bassa portata; l’aumento delle pressioni di riempimento sono responsabili della congestione polmonare. La diagnosi di CMR va correttamente posta quando il paziente manifesta uno scompenso cardiaco sproporzionato alla disfunzione sistolica, in assenza di cardiomegalia e di alterazioni valvolari. ROMA Patologia. La CMR può essere di tipo idiopatico o primario, con fibrosi progressiva del miocardio. Alcuni pazienti sviluppano un blocco completo per incarceramento fibroso del nodo SA e AV. Nelle CMR secondarie si osserva una infiltrazione nel tessuto miocardico di materiale vario (amiloide, desmina, ferro, granulomi). Le forme endomiocardiche presentano un aspetto obliterativo in cui il ventricolo risulta occupato da un trombo. Si tratta di una forma di CMR molto raro che può costituire il quadro finale delle sindromi ipereosinofile, nelle quali un trombo intracavitario occupa l’apice sinistro e ostacola il riempimento ventricolare. Esistono due forme di fibrosi endomiocardica, una flogistica eosinofila attiva e una cronica. Anche nelle forme secondarie, l’eventuale deposito di amiloide o di materiale desmina-immunoreattivo nel tessuto specifico nodale e di conduzione può rendersi responsabile dell’innesco di vari tipi di aritmie. 64 Patologie del cuore e dei vasi Classificazione e cause. CARDIOMIOPATIE RESTRITTIVE SEU 1. Primitive o idiopatiche. 2. Secondarie o infiltrative • Amiloidosi cardiaca: costituisce la causa più frequente di CMR. L’amiloide è costituita da fibrille di polimeri proteici che si depositano nei tessuti e causano amiloidosi sistemica. Impiegando specifici antisieri per le diverse componenti proteiche si distinguono: o Amiloidosi AL (primaria) (85% di tutte le forme di amiloidosi), malattia delle catene leggere delle immunoglobuline k o l, depositate come fibrille di amiloide in sede ubiquitaria (reni, cuore, fegato) – Amiloidosi da transtiretina (ATTR), proteina anomala sintetizzata da geni mutati, tipica in età avanzata, su basi genetiche – Amiloidosi AA, fibrille costituite dalla proteina amiloide A, non immunoglobulinica, secondaria a m. sistemiche – Amiloidosi ApoA1, da apolipoproteina A1, ereditaria. • Miopatia da accumulo di desmina (polipeptide espresso da cellule della muscolatura liscia, scheletrica e cardiaca, con filamenti intermedi tra l’actina e la miosina), su base familiare. • Emocromatosi, ereditaria, da abnorme deposizione di ferro in vari organi (cuore, fegato, pancreas, gonadi). Evoluzione verso cardiomiopatia dilatativa o restrittiva, cirrosi, carcinoma epatocellulare. • Sarcoidosi: raccolta di cellule infiammatorie (granulomi), con interessamento multiviscerale; infiltrazione miocardica (quadro restrittivo) o del sistema di conduzione (blocchi e morti improvvise) • Endomiocardiche: – m. di Löffler, secondaria a varie patologie (autoimmuni, parassitosi, sindromi allergiche, neoplasie) che colpisce > 75% dei pazienti con ipereosinofilia persistente (≥ 1500 eosinofili/mm3 per almeno sei mesi). Miocardite ed endocardite con infiltrato eosinofilo, ispessimento endocardico, trombi murali. – Fibrosi endomiocardica: ispessimento fibrotico del miocardio e dell’endocardio, con trombi endocavitari; prevale nelle regioni tropicali. – Fibroelastosi endocardica o fibrosi endomiocardica fetale, con ispessimento fibroelastico dell’endocardio e del subendocardio. Cardiomegalia sinistra e trombosi endocavitaria. Segni fisici • Polso venoso giugulare elevato; segno di Kussmaul (distensione inspiratoria delle vene giugulari). Con il progredire del processo restrittivo, non si apprezzano variazioni pressorie alla inspirazione. • toni cardiaci parafonici, con presenza di T3 e/o T4 e possibili soffi di rigurgito mitralico o tricuspidale • rantoli polmonari • edema periferico Diagnosi • ECG: Ingrandimento biatriale; frequente il riscontro di BBS; meno di BBD. Bassi voltaggi. Alterazioni non specifiche del complesso ST-T. Aritmie varie. • Radiografia del torace: mancano i segni di ingrandimento ventricolare; frequente l’ingrandimento biatriale; sono assenti calcificazioni pericardiche (presenti invece nella pericardite costrittiva). Presenti i segni di ipertensione venosa polmonare e di congestione polmonare. • Ecocardiogramma: cavità ventricolari di dimensioni normali o ridotte; aumento volumetrico degli atri. Riempimento rapido protodiastolico e lento telediastolico. ROMA 65 CARDIOLOGIA OGGI - Prontuario tascabile SEU Fig. 10.1 - Amiloidosi cardiaca. Eco-2D, proiezione 4-camere. Cardiomiopatia di tipo restrittivo. Miocardio ispessito agli apici e al setto; aspetto “granulare” legato al deposito delle fibrille di amiloide. Atriomegalia destra e rigurgito tricuspidale. • • • Funzione sistolica normale o scarsamente ridotta. L’amiloidosi cardiaca mostra un aumento di spessore della parete ventricolare; ispessimento delle valvole AV e aspetto “granulare” o a “vetro smerigliato” del miocardio (Fig. 10.1). L’Ecocardiografia Doppler mostra i segni della disfunzione diastolica. Il flusso transmitralico è caratterizzato da un quadro di tipo restrittivo: l’onda E è alta (riempimento ventricolare rapido); questa fase protodiastolica si interrompe bruscamente (tempo di decelerazione DT breve) e introduce la successiva fase telediastolica di riempimento lento (onda A piccola) (Fig. 10.2). TAC e RMN : forniscono aspetti dettagliati del cuore e delle altre strutture. Cateterismo cardiaco: presenta i seguenti caratteri: - Pressione atriale media elevata. Discesa Y accentuata, che riflette la fase rapida di riempimento rapido protodiastolico; la discesa X è veloce e la configurazione classica risultante è a “M” o “W”. ROMA Fig. 10.2 - Eco Doppler.Velocità di flusso transmitralico e funzione diastolica. Dall’alto, curve pressorie ventricolari e atriali in fase diastolica; Doppler mitralico (velocità di flusso transmitralico, con l’onda protodiastolica E, il tempo di decelerazione DT e l’onda telediastolica A). PTDVS = Pressione telediastolica del VS. Nella CMR (a destra) la disfunzione diastolica è di grado III, con aspetto a “dip-plateau”, onda E alta, il DT breve e onda A piccola. Il paziente può manifestare segni di scompenso gravi (NYHA IV). 66 Patologie del cuore e dei vasi SEU Fig 10.3 - Cardiomiopatia restrittiva. Curva delle pressione ventricolari. • Il riempimento rapido protodiastolico e quello successivo lento meso-telediastolico spiegano l’aspetto a “dip-plateau” o a “radice quadrata” della porzione diastolica della curva pressoria ventricolare. • Si osserva pure la “parificazione” delle pressioni diastoliche dei due ventricoli destro (RV) e sinistro (LV). - Pressioni di riempimento ventricolari diastoliche elevate ed equalizzate, con configurazione a “dip- plateau” o a “radice quadrata” della curva pressoria ventricolare in diastole (figura 10.3). - Frazione di eiezione sistolica normale o lievemente ridotta - Scarsa o nessuna variazione della pressione sistolica tra ventricolo destro e sinistro alla inspirazione. • Biopsia endomiocardica. La biopsia endomiocardica: può mostrare il tipico infiltrato eosinofilo nello stadio infiammatorio; fibrosi miocardica negli stadi più avanzati. I reperti negativi non escludono la diagnosi. Possibili complicanze emboliche per distacco di un trombo ventricolare recente. • Diagnosi differenziale con la pericardite restrittiva (Tabella 10.1). Tabella 10.1 ROMA Parametro considerato Cardiomiopatia Restrittiva Rx torace Eco Pericardite costrittiva calcificazioni pericardiche Aspetto granulare – morfologia E/A di tipo restrittivo ispessimento pericardico morfologia E/A di tipo restrittivo Pressione Atriale Destra (PAD) Aumento PAD con morfologia a W o M; idem PTDVS (Pressione telediastolica. VS) Aumento ed equalizzazione pressioni nei due ventricoli Idem. PTDVS ≤ 5 mmHg PTDVD Dip e plateau protodiastolico sì Biopsia endomiocardica TAC, RMN sì ≥ 0.33 PSVD ≤ 50 mmHg PTDVD/PSVD Eventuali reperti specifici Spessore pericardico > 3 mm 67 CARDIOLOGIA OGGI - Prontuario tascabile Trattamento • Il mantenimento del ritmo sinusale è importante per ottimizzare il riempimento ventricolare. Nelle fasi avanzate di scompenso sono indicati gli agenti impiegati nel trattamento dei sintomi congestizi. Occorre attenzione nell’uso dei diuretici, poiché questi pazienti sono precarico-dipendenti. • Gli anticoagulanti trovano impiego nelle condizioni che si associano a FA cronica e/o alla presenza di trombi murali cardiaci. • Trattamenti specifici: corticosteroidi nei pazienti con sarcoidosi e s. ipereosinofila. Flebotomie e terapie chelanti nella emocromatosi. • Terapia non-farmacologica: Escissioni operatorie dell’endocardio fibroso; sostituzioni valvolari in casi di rigurgito mitralico o tricuspidale importante. Il trapianto cardiaco si impone in alcune forme avanzate e nelle CMR familiari (es. amiloidosi primaria AA, amiloidosi da transtiretina). Bibliografia SEU Ammash NM, Seward JB, Bailey KR, et al: Clinical profile and outcome of idiopathic restrictive cardiomyopathy. Circulation 2000; 101(21): 2490-6 Goldfarb LG, Goebel HH, Dalakas MC: Desmin myopathy. Brain 2004; 127: 723-34. Rajagopalan N, Garcia MJ, Rodriguez L, et al: Comparison of new Doppler echocardiographic methods to differentiate constrictive pericardial heart disease and restrictive cardiomyopathy. Am J Cardiol 2001; 87(1): 86-94 Mandinov L, Eberli FR, Seiler C, Hess OM: Diastolic heart failure. Cardiovasc Res 2000; 45(4): 813-25. Wald DS, Gray HH: Restrictive cardiomyopathy in systemic amyloidosis. QJM 2003 May; 96(5): 380-2. ROMA 68