I L T RITTICO DI P UCCINI
DEL L AGO DOPO 40 ANNI
TORNA IN SCENA A
DI ASSENZA
T ORRE
( LA PRIMA DOMENI CA 3
U N V E R A R A R I T À L A R A P P R E S E N T AZ I O N E I N T E G R A L E C O S Ì C O M E C O N C E P I T A D A
P U C C I N I C H E L A F O N D AZ I O N E F E S T I V A L P U C C I N I A N O H A V O L U T O P E R L ’ O C C A S I O N E
D E L 60° F E S T I V AL P U C C I N I
NU OV O AL LE S T I M E N T O N E L L ’ AM B I T O DI UN P R O GE T T O I N NO V AT I V O N AT O P E R
L A P R OM O ZI O N E D E I G I OV AN I . A D AG G I UDI C AR S I
I L B AN D O
P E R L ’ I DE AZ I O N E
DE L L ’ OP E R A È S T AT A L A P R O P OS T A D I U N G RUP P O D I D ON N E
UN
Amarili Nizza Giorgetta e Suor Angelica, Alberto Mastromarino Michele e Gianni
Schicchi e con loro i bravissimi giovani dell’Accademia di Alto Perfezionamento
del Festival Puccini
Sul podio il giovane direttore Bruno Nicoli
4
RAPPRESENTAZIONI
(3-7-21-30
AGOSTO )
CHE HANNO SUBITO FATTO
REGISTRARE IL TUTTO ESAURITO
I L T A B A R R O , S U O R A N G E L I C A E G I A N N I S C H I C C H I , ovvero i tre atti unici di Puccini voluti dal compositore
toscano sotto il titolo Il Trittico, vide la sua prima il 14 dicembre 1918 al Metropolitan di New York e subito conquistò
il titolo di capolavoro del repertorio lirico. Tre Opere profondamente diverse l'una dall'altra: (I L T A B A R R O ) un delitto
passionale sulle rive della Senna; ( S U O R A N G E L I C A ) , la tragedia e la disperazione di una suora in un convento di
clausura e (G I A N N I S C H I C C H I ) la comicità di una truffa nella Firenze medievale. Un’opera che per la complessità
dell’allestimento è sempre più raro vedere rappresentata nella sua completezza. A Torre del Lago l’opera torna dopo 40
anni, l’ultima rappresentazione è infatti del 1974, la Stagione che Torre del Lago allestì per l’anniversario dei 50 anni
dalla morte del Maestro.
Alla messa in scena de Il Trittico Pucciniano la Fondazione Festival Pucciniano, da sempre attenta a favorire le carriere
di giovani artisti che hanno la possibilità di prepararsi e farsi conoscere nel contesto di un Festival che richiama pubblico
da tutto il mondo, ha inteso dedicare speciali attività di formazione e perfezionamento. Un’attenzione verso i giovani che
la Fondazione ha voluto sintetizzare nel Progetto Puccini 2.0 scegliendo di affidare regia, scene e costumi di Il
Trittico con una selezione pubblica. Ad aggiudicarsi
il Bando per l’ideazione dell’opera è stata la proposta di un
gruppo di donne guidato dal Monica Bernardi che ha firmato le scene, con lei Carla Conti Guglia assistente alla
scenografia e ai costumi, Selene Farinelli per il progetto di regia di Il Tabarro, Vittoria Lai e Giorgia Guerra per la
regia di Suor Angelica, Elena Marcelli per la regia di Gianni Schicchi e Lorena Marin per i costumi.
Il Progetto artistico aveva come motto (richiesto dal bando) la frase “METTI DEI BIMBI, DEI FIORI, DEI DOLORI
E DEGLI AMORI” tratta da una lettera di Giacomo Puccini a Gabriele D’Annunzio dell’agosto 1912 , periodo in cui tra i
due artisti ci fu un nuovo tentativo di collaborazione e Puccini aveva chiesto a D’Annunzio di trovargli “2 o 3 atti teatrali
animati da tutte le corde sensibili” e gli scriveva appunto metti dei bimbi, dei fiori, dei dolori e degli amori”
Il loro progetto ha vinto, sui 14 progetti ammessi, con 82 punti, riscuotendo il miglior apprezzamento sul piano
artistico, perfettamente bilanciato con la sostenibilità che è valsa a quel progetto il punteggio più elevato. Nelle 4
rappresentazioni (3-7-21-30 agosto) SOLD OUT di il Trittico si alterneranno sul palcoscenico, a fianco di grandi artisti
Amarilli Nizza nei ruoli femminili Giorgetta e Suor Angelica, Alberto Mastromarino nel ruolo di Michele e di Gianni
Schicchi i giovani cantanti dell’Accademia Mirko Matarazzo (Luigi) e Laura Brioli (Frugola), che ricoprirà anche il ruolo
della Zia Principessa in "Suor Angelica", insieme a Paola Roncolato (la badessa) e Sandra Mellace (la maestra delle
novizie) e Zita nello "Schicchi" , dove canteranno Mariacarla Seraponte (Lauretta) e Ugo Tarquini (Rinuccio). Sul
podio dell’Orchestra del Festival Puccini a dirigere i tre titoli il maestro Bruno Nicoli. Maestro del Coro Francesca
Tosi Il Coro delle Voci Bianche è istruito da Sara Matteucci. Matilde Silicani la bambina voluto dalle registe sempre
in scena che tesse le tre diverse trame dell’opera.
LINK PER SCARICARE IMMAGINI DELLO SPETTACOLO
TRITTICO http://www.fastvideotoscana.it/downloads/festival-puccini-2014-trittico/
Gran Teatro all’Aperto Giacomo Puccini di Torre del lago ore 21.15
Biglietti da € 159 a € 17,50
Per acquisto Biglietti
Biglietteria/Ticket Office
tel (+39)0584359322 / (+39)0584427201
[email protected]
www.puccinifestival.it
IL PROGETTO IL TRITTICO
A sipario aperto, un bimbo di circa sette anni anima la scena, attore e spettatore di una duplice vicenda incorniciata in un boccascena
volutamente claustrofobico: si consumano davanti ai suoi puri occhi le vicende di Michele e Giorgetta e di Suor Angelica. Vinto però
dalla gioia di vivere del suo essere bambino, rovescia le sorti dell’azione e costruisce, come un abile regista, un ultimo atto che lo
diverte e lo coinvolge direttamente nei panni di Gherardino. Ecco allora che, come in un tendone da circo, iniziano a volteggiare
grotteschi personaggi, danzano corpi senza grazia, vivono amori finalmente felici. Il fil rouge del bambino tesse tre trame diverse,
raccontate con tre diversi linguaggi: Il tabarro è un concentrato di relazioni logore e marce, come il pontile del vissuto; Suor Angelica è
costruita sul meccanismo dell’automatismo coreografico, in cui la vita del convento è un ripetitivo susseguirsi di gesti e intenzioni
sempre uguali; Gianni Schicchi, infine, vive e gode delle comiche geometrie dei parenti beffati. Anche lo spazio scenico contribuisce alla
ricerca di continuità nelle tre opere attraverso una struttura fissa strettamente connessa all’impianto dell’auditorium, che si completa
con elementi mobili di atto in atto funzionali all’azione e con forme simboliche caratterizzanti la suggestione delle singole vicende.
Il tabarro
Credo che al mondo non vi sia nulla di più ridente delle idee che destano il cuore di una madre alla vista della scarpina del suo bimbo
[..] ma quando il bimbo non c'è più la scarpina ricamata diventa solo uno strumento di tortura, che maciulla eternamente il cuore della
madre. (V. Hugo, Notre Dame de Paris). Il bimbo di Michele e Giorgetta, a fatica nominato nell'opera, apre Il tabarro consegnando alla
madre la scarpina, simbolo di quel dolore palpabile già dalle prime note. In bilico tra il legno e l'acqua si consuma la stanca routine della
periferia parigina. Logorata dalla mediocrità è Giorgetta, donna un tempo piena di vita, ora insoddisfatta e malinconica.
L'innamoramento per Luigi è il suo ultimo disperato tentativo di provare emozioni forti. Sullo sfondo si anima un frammento di quella
vita cittadina: eleganti midinettes a caccia di conquiste amorose, giovani amanti, un venditore di canzonette e la Frugola che con i suoi
oggetti strani e colorati fa rivivere il luccichio di quel mondo che tanto manca a Giorgetta. Ciò che incatena tragicamente i due coniugi è
la morte del figlio, che ha costruito muri di ripicche, sensi di colpa e di rabbia: ogni possibilità di comunicazione tra i due è interrotta in
modo irreversibile. Come ne L'Houppelande di Didier Gold, il Tinca, uno degli scaricatori, ubriaco, tradito dalla moglie e ridotto alla
disperazione, intuisce la tresca tra Luigi e Giorgetta e, in un crescendo di provocazioni sguaiate, costruisce la tensione del tragico
finale. Michele ha ormai compreso che la moglie lo tradisce e decide di punirla privandola del nuovo amore a cui lei si è disperatamente
aggrappata. La terribile condanna dei due protagonisti è quella di rimanere in vita per affondare ineluttabilmente nel vuoto delle loro
logore esistenze.
Selene Farinelli
Suor Angelica
Suor Angelica, figlia dei Principi Gualtiero e Clara, è costretta in un convento da sette anni: negli anni successivi alla Grande Guerra il
lavoro le ha reso più dolce il congedo dal mondo esterno. Si occupa della medicina e della cosmesi naturale: cresce, cura le sue piante e
le trasforma in unguenti, sciroppi e pozioni. Suor Genovieffa la accompagna in questo percorso, non solo attenta ad imparare ricette e
piccoli segreti ma vicina a lei nel dolore e nella sensibilità materna. Ella è infatti l'unica a percepire fino in fondo il dramma di Angelica,
imbrigliata nella vita monastica a causa di un grave scandalo amoroso e di una gravidanza scomoda. Da allora Suor Angelica vive in
attesa di avere notizie della sua famiglia e in particolare del suo bambino: esse giungono, in una tiepida giornata di maggio. La zia
Principessa viene a sbrigare una faccenda di eredità: la piccola Anna Viola anderà sposa e serve una firma per la spartizione dei beni.
Nessun cenno al bambino fino al gelido: Tutto fu fatto per salvarlo. Angelica, in preda alla disperazione più violenta, si uccide: prima di
lasciare il mondo saluta le sue compagne e la vita del convento, dona il suo sapere a Genovieffa e chiede, da madre, il perdono alla
Madonna per aver scelto il suicidio, peccato mortale. Ad aspettarla, dall'inizio dell'unico atto, c'è il bambino che, curioso, osserva la vita
semplice del convento: la ricreazione dopo le punizioni, l'arrivo delle suore cercatrici e del loro raccolto, l'acqua dorata della fontana, la
madre che sceglie petali profumati. È un miracolo anticipato: il bambino è la spera di sole che attraversa il convento, è il soffio che
impietosisce per un attimo l’inesorabile Zia Principessa, è il contatto tra il mondo divino e quello umano.
Vittoria Lai e Giorgia Guerra
Gianni Schicchi
Il piccolo Gherardino è costretto ad assistere alla veglia funebre di un parente. Veglia che in pochi attimi si trasforma in una lotta per
modificare un testamento che vede i propri congiunti completamente diseredati a favore di un convento. Profondamente disinteressato,
il bambino vaga in un ambiente claustrofobico in cerca di qualcosa che desti la sua attenzione più dei beceri raggiri dei familiari. Ha solo
sette anni, eppure ha capito benissimo che in quella stanza non c’è un essere umano degno della sua attenzione: i suoi parenti, perfino
i suoi genitori, non sono che parassiti in un mondo che sta mutando. La camera del morto si rivela essere lo specchio di un paesaggio
saturo dei colori di un’umanità che si accartoccia su se stessa e davanti alla quale si ride, perché non si può fare altro. Il grande letto
che domina la scena sovrasta come una condanna questi ridicoli individui, residui di esseri umani, gusci, maschere, pronti a condividere
solo rabbia e paura. Fossilizzati nella loro realtà socialmente e saldamente divisa in ricchi e poveri, i parenti sono costretti a chiedere
l’aiuto di Gianni Schicchi, un contadino noto per la sua astuzia. Sostituitosi al morto, Gianni ridistribuisce l’eredità dinanzi ad un notaio e
beffa tutti, assegnandosi gran parte dei possedimenti del defunto, per permettere alla figlia di sposare l’unico dei presenti in quella
stanza che abbia capito come la realtà possa essere cambiata. Gianni si ritrova suo malgrado ad essere una sorta di giustiziere. Egli
capisce che i parenti non sono “terreno fertile” e che bisogna dare una possibilità a chi si presenta al mondo con forze fisiche e mentali
nuove, non tanto perché sicuro del risultato, piuttosto perché fiducioso in un futuro migliore.
Elena Marcelli