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Corso di Astronomia
Marte è il quarto pianeta del sistema solare in
ordine di distanza dal Sole e l'ultimo dei pianeti
cosiddetti terrestri, dopo Mercurio, Venere e la
Terra. Viene inoltre chiamato il Pianeta rosso, a
causa del suo colore rossastro dovuto alle grandi
quantità di ossido di ferro che lo ricoprono. Il
pianeta, pur presentando un'atmosfera molto
rarefatta e temperature medie superficiali
piuttosto basse (che oscillano tra -140 °C e +27 °C),
è, tra i pianeti del sistema solare, quello più simile
alla Terra: infatti, nonostante le sue dimensioni
siano intermedie fra quelle del nostro pianeta e
della Luna (il diametro è circa la metà di quello
della Terra e la massa poco più di un decimo),
presenta inclinazione dell'asse di rotazione e
durata del giorno simili a quelle terrestri; per di più
la sua superficie presenta formazioni vulcaniche,
valli, calotte polari e deserti sabbiosi, oltre a
formazioni geologiche che suggeriscono la
presenza, in un lontano passato, di un'idrosfera.
Tuttavia la superficie del pianeta appare
fortemente craterizzata, a causa della quasi totale
assenza di agenti erosivi (attività geologica, atmosferica e idrosferica) in grado di
modellare le strutture tettoniche; inoltre, la bassissima densità dell'atmosfera non è in
grado di consumare buona parte dei meteoriti, che quindi raggiungono il suolo con
maggior frequenza che non sulla
Terra. Fra le formazioni geologiche più
notevoli di Marte si segnalano
l'Olympus Mons, il vulcano più grande
del sistema solare (alto 24 km), e la
Valles Marineris, un lungo canyon
decisamente più esteso di quelli
terrestri; nel giugno 2008 la rivista
Nature ha pubblicato le prove di un
enorme cratere sull'emisfero boreale
circa quattro volte più grande del
cratere chiamato il Bacino Polo SudAitken.
Marte all'osservazione presenta delle variazioni di colore, imputate in origine alla
presenza di vegetazione stagionale, che al variare dei periodi dell'anno cambiava di
colore. Tuttavia le osservazioni spettroscopiche dell'atmosfera avevano da tempo fatto
abbandonare l'ipotesi che vi potessero essere mari, canali e fiumi oppure un'atmosfera
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sufficientemente densa. Il colpo di grazia a questa ipotesi fu
dato dalla missione Mariner 4 nel 1965, che mostrò al
mondo un pianeta desertico e arido, caratterizzato da
periodiche ma particolarmente violente tempeste di
sabbia. Nel 2005 il radar MARSIS, strumento italiano
collocato a bordo della sonda Mars Express, ha individuato
un deposito di ghiaccio dello spessore maggiore di un
chilometro tra gli 1,5 e i 2,5 km di profondità, nei pressi
della regione di Chryse Planitia La speranza che Marte
possa accogliere la vita è tuttavia stata ripresa in
considerazione da quando il modulo Phoenix ha scoperto
acqua sotto forma di ghiaccio, il 31 luglio 2008.
Il Phoenix Mars Lander ha recentemente concluso la sua
missione di studio della geologia marziana e ha fornito le
prove dell'esistenza di acqua allo stato liquido in passato
su ampie zone della superficie. Inoltre ha suggerito che
sulla superficie possano essersi verificati nell'ultimo
decennio dei flussi d'acqua simili a geyser. Osservazioni da
parte del Mars Global Surveyor evidenziano una
contrazione della calotta di ghiaccio al polo sud.
Attualmente la presenza di acqua allo stato liquido è
impossibile su Marte a causa della sua pressione atmosferica
eccessivamente bassa (salvo in zone di elevata depressione e per brevi periodi di
tempo). Il ghiaccio d'acqua però è abbondante: i poli marziani infatti ne sono ricoperti e
lo strato di permafrost si estende fino a latitudini di circa 60°. La NASA nel marzo del
2007 annunciò che se si ipotizzasse lo scioglimento totale delle calotte polari, l'intero
pianeta verrebbe sommerso da uno strato d'acqua profondo 11 metri.
Si ritiene che grandi quantità di acqua siano intrappolate sotto la spessa criosfera
marziana. La formazione della Valles Marineris e dei suoi canali di fuoriuscita dimostrano
infatti che durante le fasi iniziali della storia di Marte fosse presente una grande quantità
di acqua allo stato liquido. Una testimonianza più recente la si può ritrovare nella
Cerberus Fossae, una frattura della crostra risalente a 5 milioni di anni fa, dalla quale
proviene il mare ghiacciato attualmente visibile sulla Elysium Planitia con al centro la
Cerberus Palus. Tuttavia è ragionevole ritenere che la morfologia di questi territori possa
essere dovuta anche alla stagnazione di correnti laviche anziché all'acqua. La struttura
del terreno e sua inerzia termica paragonabile a quella delle pianure di Gusev, assieme
alla presenza di formazioni coniche simili a vulcani, avvalorano la seconda tesi. Le teorie
che vedevano la rete di canali marziani come letti di fiumi vennero confutate grazie alle
fotografie ad alta risoluzione del Mars Global Surveyor. Infatti nonostante siano visibili
reti complesse apparentemente dotate di affluenti e corsi principali, non sono state
scoperte sorgenti o reti in scala inferiore che possano giustificare l'origine di ipotetici
corsi d'acqua di grande portata. Il Mars Global Surveyor tuttavia ha anche fotografato
alcune centinaia di esempi simili a canali di trasudamento presso crateri e canyon. Questi
burroni sono maggiormente presenti su altipiani dell'emisfero australe e tutti hanno un
orientamento di 30° rispetto al polo meridionale. Non sono state riscontrate erosioni o
crateri lasciando supporre in questo modo una loro formazione piuttosto recente.
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Un esempio lampante di questo fenomeno di
trasudazione di acqua dal sottosuolo che è
possibile individuare in certi burroni è visibile
nell'immagine qui riportata. Essa mostra un
punto di una faglia con quello che appare
come un nuovo deposito di sedimenti.
Michael Meyer, il responsabile del
Programma di Esplorazione Marziana della
NASA, asserisce che solo un flusso di materiali
con un elevato contenuto di acqua allo stato
liquido può produrre un sedimento di tale
forma e colore. Tuttavia non è ancora
possibile escludere che l'acqua possa
provenire da precipitazioni o da altre fonti
che non siano sotterranee. Ulteriori scenari
sono stati considerati, compresa la possibilità che i depositi siano stati causati da
ghiaccio di anidride carbonica o dal movimeno di polveri sulla superficie marziana.
Altre prove dell'esistenza passata di acqua allo stato liquido su Marte proviene dalla
scoperta di specifici minerali come ematite e goethite che in certi casi si formano in
presenza di acqua. Ad ogni modo contemporaneamente alla scoperta di nuove prove
dell'esistenza di acqua, vengono confutate precedenti ipotesi errate grazie agli studi di
immagini ad alta risoluzione (circa 30 cm) inviate dal Mars Reconnaissance Orbiter.
Attorno a Marte orbitano due satelliti naturali, Phobos e Deimos, di piccole dimensioni e
dalla forma irregolare, molto probabilmente due asteroidi catturati dal suo campo
gravitazionale. Il pianeta prende il nome dall'omonima divinità della mitologia romana; il
simbolo astronomico del pianeta è la rappresentazione stilizzata dello scudo e della
lancia del dio.
I due satelliti naturali: Phobos e Deimos vennero scoperti da Asaph Hall nel 1877. I loro
nomi, Paura e Terrore, richiamano la mitologia greca secondo la quale Phobos e Deimos
accompagnavano il padre Ares, Marte per i Romani, in battaglia. Non è ancora chiaro
come e se Marte abbia catturato le sue lune. Entrambe hanno un'orbita circolare,
prossima all'equatore, cosa piuttosto rara per dei corpi catturati. Tuttavia la loro
composizione suggerisce proprio che entrambe siano oggetti simili ad asteroidi.
Phobos è la maggiore delle due lune misurando 26,6 km nel suo punto più largo. Si
presenta come un oggetto roccioso dalla forma irregolare, segnata da numerosi crateri
tra cui spicca per dimensioni quello di Stickney che copre quasi metà della larghezza
complessiva di Phobos. La superficie del satellite è ricoperta da regolite che riflette solo il
6 % della luce solare che lo investe. La sua densità media molto bassa inoltre ricorda la
struttura dei meteoriti di condrite carbonacea e suggerisce che la luna sia stata catturata
dal campo gravitazionale di Marte. La sua orbita attorno al Pianeta rosso dura 7 ore e 39
minuti, è circolare e si discosta di 1° dal piano equatoriale; tuttavia, essendo piuttosto
instabile, può far pensare che comunque la cattura sia stata relativamente recente.
Phobos ha un periodo orbitale più breve del periodo di rotazione di Marte sorgendo così
da ovest e tramontando a est in sole 5 ore e mezzo, in sostanza in un giorno marziano
sorge e tramonta pertanto per ben due volte. L'asse più lungo del satellite inoltre punta
sempre verso il pianeta madre mostrandogli così, come la nostra Luna , solo una faccia.
Poiché si trova sotto l'altitudine sincrona, Phobos è destinato, in un periodo di tempo
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stimato in 50 milioni di anni, ad avvicinarsi sempre più al pianeta fino ad oltrepassare il
limite di Roche e disintegrarsi per effetto delle intense forze mareali.
Deimos invece è la luna più esterna e piccola essendo di 15 km nella sua sezione più
lunga. Essa presenta una forma approssimativamente ellittica e, a dispetto
della sua modesta forza di gravità, trattiene un
significativo strato di regolite sulla sua
superficie, che ne ricopre parzialmente i crateri
facendola apparire più regolare rispetto a
Phobos. Analogamente a quest'ultimo inoltre,
Deimos, presenta la stessa composizione della
maggior parte degli asteroidi. Deimos si trova
appena al di fuori dell'orbita sincrona e sorge a
est impiegando però circa 2,7 giorni per
tramontare a ovest, nonostante la sua orbita sia
di 30 ore e 18 minuti. La sua distanza media da
Marte è di 23 459 km. Come Phobos, mostra
sempre la medesima faccia al cielo di Marte
essendo il suo asse più lungo sempre rivolto
verso di esso.
Inoltre Marte è l'unico pianeta terrestre attorno
al quale ruotano degli asteroidi troiani. Il
primo, 5261 Eureka, fu individuato nel 1990.
Seguirono 1998 VF , 1999 UJ7 e 2007 NS. Ad
eccezione di UJ7 che si trova nel punto troiano
L4, tutti gli asteroidi si posizionano in L5. Le loro
magnitudini apparenti vanno da 16,1 a 17,8 mentre il loro semiasse
maggiore è di 1,5 UA. Un'osservazione approfondita della sfera di Hill marziana, ad
eccezione della zona interna all'orbita di Deimos che è resa invisibile dalla luce riflessa da
Marte, può escludere la presenza di altri satelliti che superino una magnitudine
apparente di 23,5 che corrisponde ad un raggio di 90 m per un'albedo di 0,07..
Ad occhio nudo, Marte solitamente appare di un marcato colore giallo, arancione o
rossastro e per luminosità è il più variabile tra tutti i pianeti visibile dalla Terra nel corso
della sua orbita. La sua magnitudine apparente infatti passa da +1,8 alla congiunzione
fino a -2,9 all'opposizione perielica (fenomeno che si verifica ogni due anni circa e quindi
rende il pianeta difficile da osservare). A causa dell'eccentricità orbitale la sua distanza
relativa varia ad ogni opposizione determinando piccole e grandi opposizioni, con un
diametro apparente da 3,5 a 25,1 secondi d'arco. Il punto in cui Marte è più vicino alla
Terra è definito opposizione me ntre il periodo che intercorre tra due opposizioni, o
periodo di rivoluzione, è di 780 giorni. All'opposizione, Marte dista dalla Terra 56 milioni
di chilometri, presenta un diametro apparente di 17,9 secondi d'arco e una magnitudine
apparente di -2,0. A causa dell'eccentricità delle due orbite, i momenti di opposizione
possono variare anche di 8,5 giorni e la distanza tra i pianeti può passare da un minimo
di 56 milioni di chilometri ad un massimo di 547,2 milioni di chilometri. L'avvicinarsi di
Marte all'opposizione comporta l'inizio di un periodo di moto retrogrado per cui dalla
Terra sembrerà muoversi in direzione opposta alla sua orbita formando un "loop" se si
considera la volta celeste sullo sfondo come riferimento.
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Marte orbita attorno al Sole ad una distanza media di circa 228 milioni di chilometri
(1,52 unità astronomiche) e il suo periodo di rivoluzione è di circa 687 giorni equivalente
a 1 anno, 320 giorni e 18,2 ore terrestri. Il giorno solare di Marte (il Sol) è poco più lungo
del nostro: 24 ore, 37 minuti. L’eccentricità dell’orbita è circa 0,09 , solo Mercurio ha
un'eccentricità superiore nel Sistema Solare.
Tuttavia in passato Marte seguiva un'orbita
molto più circolare: circa 1,35 milioni di anni fa la
sua eccentricità era equivalente a 0,002 che è
molto inferiore a quella terrestre attuale. Negli
ultimi 35 000 anni l'orbita marziana è diventata
sempre più eccentrica a causa delle influenze
gravitazionali degli altri pianeti e il punto di
maggior vicinanza tra Terra e Marte continuerà e
diminuire nei prossimi 25 000 anni. Marte infine
ha una massa pari ad appena l'11% di quella
terrestre; il suo raggio equatoriale misura
3392,8 km.
L'inclinazione assiale marziana è di 25° e 19' che
risulta molto simile a quella della Terra,inoltre il
piano dell'orbita si discosta di circa 1,85° da quello dell'eclittica.
La pressione atmosferica media è di 700 Pa, Pa = Pascal, unità di misura della pressione
ma varia da un minimo di 30 Pa sull'Olympus Mons a oltre 1155 Pa nella depressione di
Hellas Planitia. Per un paragone Marte ha una pressione atmosferica pari a 1% rispetto
alla Terra.
L'atmosfera marziana si compone principalmente di anidride carbonica (95%), azoto
(2,7%), argon (1,6%), vapore acqueo, ossigeno e monossido di carbonio. La magnetosfera
di Marte è assente a livello globale, considerando che è stata constatata l'assenza di
magnetismo sopra i crateri Argyre e Hellas Planitia, si presume sia scomparsa da circa 4
miliardi di anni e quindi i venti solari
colpiscono direttamente la sua ionosfera.
Questo mantiene l'atmosfera del pianeta
piuttosto sottile per via della continua
asportazione di atomi dalla parte più
esterna della stessa. A riprova di questo
fatto le sonde Mars Global Surveyor e
Mars Express hanno individuato queste
particelle
atmosferiche
ionizzate
allontanarsi dietro il pianeta.
È stato definitivamente provato che è
presente anche metano nell'atmosfera
marziana, e in certe zone anche in grandi
quantità; la concentrazione media si
aggirerebbe comunque sulle 10 ppb ppb=
parti per miliardo per unità di volume.
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Dato che il metano è un gas instabile che viene scomposto dalla radiazione ultravioletta
solitamente in un periodo di 340 anni nelle condizioni atmosferiche marziane, la sua
presenza indica l'esistenza di una fonte relativamente recente del gas. Tra le possibili
cause troviamo l’attività vulcanica, l'impatto di una cometa e la presenza di forme di vita
microbiche generanti metano. Un'altra possibile causa potrebbe essere un processo non
biologico dovuto alle proprietà della serpentinite, molto famoso è il Verde di Prato e il
verde di Susa, di interagire con acqua, anidride carbonica e l'olivina, un minerale comune
sul suolo di Marte. Durante l'inverno l'abbassamento della temperatura provoca il
condensamento del 25-30 % dell'atmosfera che forma spessi strati di ghiaccio secco o di
anidride carbonica. Con l'estate il ghiaccio sublima causando grandi sbalzi di pressione e
conseguenti tempeste con venti che raggiungono i 400 km/h. Questi fenomeni stagionali
trasportano grandi quantità di polveri e vapore d'acqua che generano grandi cirri.
Tra tutti i pianeti del Sistema Solare, Marte è quello con il clima più simile a quello
terrestre per via dell'inclinazione del suo asse di rotazione. Le stagioni tuttavia durano
circa il doppio dato che la distanza dal Sole lo porta ad avere una rivoluzione di poco
meno di 2 anni. Le temperature variano dai -140 °C degli inverni polari ai 27 °C
dell'estate. La forte escursione termica è dovuta anche al fatto che Marte ha
un'atmosfera sottile e quindi una bassa pressione atmosferica che genera una bassa
capacità di trattenere il calore del suolo
Una differenza interessante rispetto al clima terrestre è dovuta alla sua orbita molto
eccentrica. Infatti Marte è prossimo al periastro quando è estate nell'emisfero
meridionale (e l'inverno in quello settentrionale) e vicino all' afastro nella situazione
opposta. La conseguenza è
un clima più estremo
nell'emisfero sud rispetto a
quello nord. Le temperature
estive
dell'emisfero
meridionale
possono
raggiungere i 30 °C, quindi
più calde di quelle di
un'equivalente
estate
nell’emisfero nord. Rilevanti
sono anche le tempeste di
sabbia
che
possono
estendersi su una piccola
zona così come sull'intero
pianeta.
Solitamente
si
verificano quando Marte si
trova prossimo al Sole ed è
stato
dimostrato
che
aumentano la temperatura
atmosferica del pianeta.
Entrambe le calotte polari
sono
composte
principalmente da acqua
ricoperta da uno strato di
circa un metro di anidride
carbonica solida al polo nord,
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mentre lo stesso strato raggiunge gli otto metri in quello sud. Entrambi i poli presentano
dei disegni a spirale causati dall'interazione tra il calore solare disomogeneo e la
sublimazione e condensazione del ghiaccio. Le loro dimensioni variano inoltre a seconda
della stagione.
La topografia di Marte presenta una divisione netta tra i due emisferi: a nord
dell'equatore si trovano enormi pianure coperte da colate laviche mentre a sud la
superficie è segnata da grandi altipiani segnati da migliaia di crateri. Una teoria proposta
nel 1980, e avvalorata da prove scientifiche nel 2008, giustifica questa situazione
attribuendone l'origine ad una collisione del pianeta con un oggetto con dimensioni
stimate tra un decimo e due terzi di quelle della Luna, avvenuta circa 4 miliardi di anni fa.
Se tale teoria venisse confermata, l'emisfero boreale marziano, che ricopre circa il 40%
del pianeta, diventerebbe il sito d'impatto più vasto del Sistema Solare con 10 600 km di
lunghezza e 8500 km di larghezza strappando quindi il primato al Bacino Polo Sud-Aitken.
La superficie di Marte non pare movimentata dall'energia che caratterizza quella
terrestre. In sostanza, Marte non ha una crosta suddivisa in placche, e quindi la tettonica
a zolle del modello terrestre risulta inapplicabile a tale pianeta.
L'attività vulcanica è stata molto intensa, come testimonia la presenza di
imponenti vulcani. Il maggiore di essi è l'Olympus Mons, che, con una base di 600 km e
un'elevazione pari a circa 24 km rispetto alle pianure circostanti, è il maggior vulcano del
sistema solare. Esso è molto simile ai vulcani a scudo delle isole Hawaii, originatisi
dall'emissione per lunghissimi tempi di lava molto fluida. Uno dei motivi per i quali tali
giganteschi edifici vulcanici sono presenti è che, per l'appunto, la crosta marziana è priva
della mobilità delle placche tettoniche. Questo significa che i "punti caldi" da cui sale in
superficie il magma battono sempre le stesse zone del pianeta, senza spostamenti nel
corso di milioni di anni di attività. La ridotta forza di gravità ha certamente agevolato la
lava, che su Marte ha un peso di poco superiore a quello dell'acqua sulla Terra. Questo
rende possibile una più facile risalita dal sottosuolo e una più ampia e massiva diffusione
sulla superficie.
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Un gigantesco canyon, lungo 4000 km, largo 500 km e profondo 2-7 km attraversa il
pianeta all'altezza dell'equatore e prende il nome di Valles Marineris, ed è l'unica
struttura vagamente simile a quelle osservate nel XIX secolo e considerate poi uno dei
più grandi sbagli della moderna astronomia. La sua presenza costituisce un vero e
proprio sfregio sulla superficie marziana, e data la sua enorme struttura, non è chiaro
cosa possa averla prodotta: certamente non l'erosione data da agenti atmosferici o
acqua. La struttura di questo canyon è tale da far sembrare minuscolo il Grand Canyon
americano. L'equivalente terrestre sarebbe, dimensionalmente parlando, un canyon che
partisse da Londra e arrivasse a Città del Capo, con profondità dell'ordine dei 10 km.
Questo consente di capire come tale canyon abbia una considerevole importanza per la
struttura di Marte, e come esso non sia classificabile con casi noti sulla Terra. Un altro
importante canyon è la Ma'adim Vallis (dal termine ebraico che indica appunto Marte).
La sua lunghezza è di 700 km, la larghezza 20 km e raggiunge in alcuni punti una
profondità di 2 km. Durante l'epoca Noachiana ,ne parleremo più avanti, la Ma'adim
Vallis appariva come un enorme bacino di drenaggio di circa 3 milioni di chilometri
quadrati.
Marte presenta inoltre approssimativamente 43 000
crateri d'impatto con un diametro superiore a 5 km. Il
maggiore tra questi risulta essere il Bacino Hellas, una
struttura con albedo chiara visibile anche da Terra.
Marte, per le sue dimensioni, ha una probabilità
inferiore della Terra di entrare in collisione con un
oggetto esterno. Tuttavia il pianeta si trova più
prossimo alla cintura degli asteroidi ed esiste la
possibilità che entri addirittura in contatto con oggetti
intrappolati nell'orbita gioviana. Ad ogni modo
l'atmosfera marziana fornisce una protezione dai corpi
più piccoli e paragonata a quella lunare, la superficie
di Marte è meno craterizzata.
Il Thermal Emission Imaging System (THEMIS) montato
sul Mars Odyssey ha rilevato sette possibili ingressi di
caverne sui fianchi del vulcano Arsia Mons. Ogni
caverna porta il nome delle persone amate degli
scopritori. Le dimensioni di questi ingressi vanno dai
100 ai 252 m in larghezza e si ritiene che la loro
profondità possa essere compresa tra i 73 e i 96 m. A
parte la caverna "Dena", tutte le caverne non lasciano
penetrare la luce rendendo impossibile stabilirne le
esatte dimensioni interne.
Il 19 febbraio 2008 il Mars Reconnaissance Orbiter ha
immortalato un importarte fenomeno geologico. Le
immagini infatti hanno ripreso una frana spettacolare
che si ritiene composta da ghiaccio frantumato,
polvere e grandi blocchi di roccia che si sono distaccati
da una scogliera alta circa 700 metri. Prove di tale valanga si sono riscontrate anche
attraverso le nubi di polvere sopra le stesse scogliere.
La nomenclatura marziana, segue le mappe create dai primi osservatori del pianeta.
Johann Mädler e William Beer furono i primi a stabilire che la maggior parte delle
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caratteristiche della superficie di Marte fossero permanenti e calcolarono inoltre anche
la durata del periodo di rotazione. Nel 1840 Mädler tracciò la prima mappa del pianeta
sulla base di dieci anni di osservazioni. I due scienziati anziché attribuire un nome alle
singole caratteristiche, assegnarono ad ognuna di esse una lettera.
Tra le prime mappe in cui furono definiti i nomi della superficie del pianeta si ricordi
quella del 1877 ad opera di Giovanni Virginio Schiaparelli, il quale determinò e descrisse
le principali conformazioni ricavando i nomi da termini indicanti antichi popoli (Ausonia),
dei, luoghi geografici (Syrtis Major, Benacus Lacus), mitologici (Cerberus, Gorgonium
Sinus) ecc. Sono poi seguite altre mappe come quelle di Lowell (1894), Antoniadi (1909),
De Mottoni (1957).
Generalmente la superficie di Marte è classificata in base alle differenze di albedo. Le
piane più chiare, coperte di polveri e sabbie ricche di ossido di ferro, portano nomi di
vaste aree geografiche come ad esempio Arabia Terra o Amazonis Planitia. Le strutture
più scure invece, che un tempo vennero considerate dei mari, trovano esempi di nomi
appunto come Mare Erythraeum, Mare Sirenum e Aurorae Sinus. La struttura più scura
visibile da Terra è Syrtis Major. Successivamente la nomenclatura è stata approvata
dall'IAU e ufficialmente introdotta per identificare i luoghi marziani.
La crosta, il mantello e il nucleo di Marte si
formarono entro circa 50 milioni di anni dalla
nascita del Sistema Solare e rimasero attivi per
il primo miliardo. Il mantello fu la regione
rocciosa interna che trasferiva il calore generato
durante l'accrescimento e formazione del
nucleo. Si ritiene che la crosta sia stata creata
dalla fusione della parte superiore del mantello
mutando nel corso del tempo a causa di impatti
con oggetti estranei, vulcanismo, movimenti
successivi del mantello stesso ed erosione.
Grazie alle osservazioni della sua orbita
attraverso lo spettrometro TES del Mars Global
Surveyor e l'analisi dei meteoriti, è possibile
sapere che Marte ha una superficie ricca di
basalto. Alcune zone però mostrano quantità
predominanti di silicio.
Gran parte della
superficie è coperta da ossido ferrico che gli
conferisce il suo peculiare colore rosso intenso.
La crosta ha uno spessore medio di 50 km con
un picco di 125 km. Per fare un confronto con
quella terrestre, che ha uno spessore di circa
40 km, si potrebbe dire che la crosta marziana è
tre volte più spessa, considerando le dimensioni
doppie del nostro pianeta.
Il mantello, più denso di quello terrestre (di circa 2,35 volte), è composto soprattutto da
silicati e, benché sia attualmente inattivo, è all'origine di tutte le testimonianze di
fenomeni tettonici e vulcanici sul pianeta. Attualmente è stato possibile identificare la
composizione del mantello fino ad una pressione di 23,5 GPa, Gpa=Giga Pascal e il
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modello di Dreibus e Wänke indica che la sua
composizione include olivina, clinopirosseno,
ortopirosseno e granato.
Il nucleo di Marte è composto principalmente da
ferro con il 14-17 di solfuro di ferro e si estende per
un raggio di circa 1480 km. Molto probabilmente il
nucleo non è liquido, ma allo stato viscoso; di
conseguenza Marte non presenta un campo
magnetico apprezzabile (massimo 5 nT, nanoTesla,
misura del campo geomagnetico) né attività
geologica di rilievo. Questo comporta la mancanza
di protezione del suolo del pianeta dall'attività di
particelle cosmiche ad alta energia; tuttavia la
maggiore distanza dal Sole rende meno violente le conseguenze della sua attività. Anche
se Marte non dispone di un campo magnetico intrinseco, è possibile provare che parti
della sua crosta siano state magnetiche e che si sia avuta una polarità alternata attorno
ai suoi due poli. Una teoria, pubblicata nel 1999 e rivista nel 2005 assieme alle ricerche
del Mars Global Surveyor, deduce dal paleomagnetismo marziano che fino a circa 4
miliardi di anni fa esistevano movimenti tettonici su Marte e la loro scomparsa è la causa
di una magnetosfera quasi inesistente.
La storia geologica di Marte è stata divisa in tre ere. A tale scopo si è ricorso all'analisi
della densità dei crateri d'impatto presenti sulla sua superficie, allo studio dei meteoriti
marziani rinvenuti sulla Terra e dei flussi lavici superficiali:
- Epoca Noachiana (così nominata dalla Noachis Terra): si colloca tra 3,8 miliardi e 3,5
miliardi di anni fa. Vede la formazione della superficie più antica di Marte ed è
riconoscibile per le numerose cicatrici lasciate dai crateri. La regione Tharsis si è formata
in questo periodo, anche grazie a grandi correnti di acqua allo stato liquido presenti in
questo periodo.
- Epoca Hesperiana (da Hesperia Planum): da 3,5 miliardi a 1,8 miliardi di anni fa. Nelle
sue fasi iniziali si formarono Hellas e Argyre Planitia. Degna di nota inoltre per la
formazione di ampie pianure laviche.
- Epoca Amazzoniana (da Amazonis Planitia): da 1,8 miliardi di anni fa al presente. Tra gli
aspetti salienti la formazione in questo periodo dell'Olympus Mons e di altre grandi
strutture vulcaniche. Si distingue inoltre una tarda epoca Amazzoniana iniziata tra i 600 e
i 300 milioni di anni fa.
Sulla superficie di Marte l'accelerazione di gravità è mediamente pari a 0,38 volte quella
terrestre. A titolo di esempio, un uomo con una massa di 70 kg che misurasse il proprio
peso su Marte facendo uso di una bilancia tarata sull'accelerazione di gravità terrestre
registrerebbe un valore pari a circa 26,3 kg.
Numerose sono state le missioni verso Marte intraprese dall'Unione Sovietica, Stati Uniti,
Europa e Giappone per studiarne la geologia, l'atmosfera e la superficie.
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Circa i due terzi delle missioni tuttavia sono risultate degli insuccessi costituiti da perdite
e da vari inconvenienti tecnici. Anche per questo motivo il pianeta conserva il suo
fascino, il suo mistero e, più in generale, un'ulteriore motivazione per proseguire le
ricerche. Le probabilità di trovare tracce di vita attuale su questo pianeta, così come oggi
esso ci appare, sono estremamente ridotte; tuttavia, se fosse confermata la presenza di
acqua in tempi remoti, aumenterebbero le probabilità di trovare tracce di vita passata.
Il primo successo si ebbe nel 1964 con il passaggio
in prossimità di Marte del Mariner 4 della NASA. Il
primo atterraggio invece avvenne nel 1971 grazie
ai sovietici Mars 2 e Mars 3 che però persero i
contatti con la Terra pochi minuti dopo. In seguito
fu creato il programma Viking del 1975 lanciato
dalla NASA che consisteva in due satelliti orbitanti
con un modulo di atterraggio che raggiunsero il
suolo nel 1976. Il Viking 1 rimase operativo per sei
anni mentre il Viking 2 per tre. Grazie alla loro
attività si ebbero le prime foto a colori della
superficie marziana e mappature di qualità tale da
essere ancora usate attualmente.
Nel 1988 i moduli sovietici Phobos 1 e 2 furono
inviati per lo studio di Marte e delle sue due lune.
Mentre era in viaggio si perse il segnale di Phobos
1 , mentre Phobos 2 riuscì ad inviare foto del
pianeta e di Phobos ma si guastò giusto prima di
rilasciare due sonde sulla luna.
Dopo il fallimento nel 1992 del Mars Observer, la NASA nel 1996 inviò il Mars Global
Surveyor. La missione di mappatura fu un completo successo e si concluse nel 2001. I
contatti si interruppero nel novembre del 2006 dopo 10 anni nell'orbita marziana. Un
mese dopo il lancio del Surveyor, la NASA lanciò il Mars Pathfinder che trasportava il
robot da esplorazione Sojourner che ammartò ( atterrò ) nell'Ares Vallis. Anche questa
missione fu un successo e divenne famosa per le immagini che inviò sulla Terra.
La missione più recente è stata quella del rover Phoenix Mars Lander che lasciò la Terra il
4 agosto 2007 per raggiungere il polo nord marziano il 25 maggio 2008. Il modulo è
dotato di un braccio meccanico con un raggio d'azione di 2,5 metri in grado di scavare
per 1 metro nel suolo. Dispone inoltre di una telecamera in miniatura che il 15 giugno
2008 scoprì una sostanza che si rivelò essere acqua. La missione si concluse il 10
novembre quando si perse contatto.
Nel 2001 la NASA inviò il satellite Mars Odyssey la cui missione terminerà nel settembre
2010. Il satellite, dotato di uno spettrometro a raggi gamma, ha identificato grandi
quantità di idrogeno nella regolite marziana. Si ritiene che l'idrogeno fosse contenuto in
ampi depositi di ghiaccio.
Nel 2003 l'ESA lanciò il Mars Express Orbiter assieme al modulo di ammartaggio Beagle 2
che venne dichiarato perso agli inizi del febbraio 2004. La squadra del Planetary Fourier
Spectrometer, alloggiato nel satellite, scoprì il metano su Marte. Nel giugno 2006 l'ESA
inoltre annunciò l'avvistamento di aurore sul pianeta. La NASA invece inviò i due rover
gemelli Spirit (MER-A) e Opportunity (MER-B) che raggiunsero il suolo marziano con
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Corso di Astronomia
successo nel gennaio 2004. La sabbia
e le forti correnti inoltre hanno
allungato la vita dei rover grazie alla
continua pulizia dei loro pannelli
solari.
Il 12 agosto 2005 fu la volta del Mars
Reconnaissance Orbiter della NASA
che arrivò a destinazione il 10 marzo
2006 per una missione di due anni.
Tra gli obiettivi c'è la mappatura del
terreno marziano e delle condizioni
atmosferiche per trovare un luogo di
ammartaggio adatto alle prossime
missioni. Il satellite è dotato anche di
un
nuovo
sistema
di
telecomunicazione con la Terra. Da
notare che il Mars Reconnaissance
Orbiter ha scattato le prime immagini
di valanghe presso il polo nord del
pianeta il 3 marzo 2008.
La missione Dawn infine è passata nell'orbita di Marte nel febbraio 2009 per poter
proseguire il suo viaggio verso Vesta e Cerere.
Alla generazione dei Mars Exploration Rovers seguirà nel 2011 il Mars Science
Laboratory: un rover più avanzato, grande e veloce (90 m/h). Tra i suoi obiettivi ci sarà il
campionamento laser della composizione chimica delle rocce entro 13 metri.. Per lo
stesso anno è programmata una missione congiunta di Russia e Cina, la Phobos-Grunt,
che avrà il compito di raggiungere la luna marziana per poi ritornare sulla Terra con dei
campioni di terreno.
Nel 2018 l'ESA prevede l'invio di ExoMars, un progetto in cui l'Italia risulta essere il primo
finanziatore e italiana è anche molta della tecnologia di bordo. Esso sarà il primo rover in
grado di perforare il suolo fino a 2 metri di profondità per stabilire l'eventuale esistenza
di vita passata su Marte. A tale scopo infatti i campioni forniti dalla trivella verranno
analizzati da Urey, il rilevatore di materia organica e ossidanti finanziato dalla NASA. Esso
è in grado di rilevare anche tracce di molecole organiche e stabilire se siano state
originate da forme di vita o meno e, nel caso, quali condizioni ne hanno provocato la
scomparsa. La missione Exomars avrà inoltre tra i suoi obiettivi la validazione delle
tecnologie necessarie per l'esplorazione sicura del pianeta in prospettiva di una "Mars
Sample Return", ovvero una missione di andata e ritorno sulla Terra.
L'esplorazione con equipaggi di Marte è stata considerata come un obiettivo a lungo
termine dagli Stati Uniti attraverso il Vision for Space Exploration annunciato nel 2004
dal Presidente George W. Bush. Una cooperazione tra NASA e Lockheed Martin a questo
proposito ha iniziato il progetto di Orion la cui missione di prova è programmata per il
2020 verso la Luna per poi intraprendere il viaggio verso Marte. L'ESA invece prevede di
inviare astronauti su Marte nel periodo tra il 2030 e il 2035. La missione sarà preceduta
dall'invio di grandi moduli iniziando con l'ExoMars e un'altra missione di andata e
ritorno.
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Corso di Astronomia
Il 15 settembre 2008, la NASA ha inoltre annunciato la missione MAVEN programmata
per la fine del 2013 per lo studio dell'atmosfera marziana.
Al giorno d'oggi, grazie alla presenza di
diversi satelliti, sonde e rover, è
possibile studiare l'astronomia da
Marte. Confrontata con le dimensioni
dell'universo, la distanza tra la Terra e
Marte è veramente infinitesima,
tuttavia si possono notare delle
differenze
nell'osservazione
astronomica del nostro sistema solare
come, per esempio, un nuovo punto
di vista del nostro pianeta e della
Luna, dei satelliti Phobos e Deimos
oltre ai fenomeni analoghi a quelli
terrestri come le aurore e le meteore.
L'8 maggio 2003 alle 13:00 UTC il Mars
Global Surveyor fotografò la Terra e la
Luna in quel momento molto vicine
all'elongazione angolare massima dal
Sole e ad una distanza di 0,930 UA da
Marte. Le magnitudini apparenti
ricavate risultarono essere -2,5 e +0,91. Tali magnitudini tuttavia sono soggette a
notevoli variazioni dovute alla distanza e alla posizione di Terra e Luna. Da Marte inoltre
è possibile vedere il transito della Terra davanti al Sole. Il più recente si è verificato l'11
maggio 1984 mentre il prossimo è previsto per il 10 novembre 2084.
Phobos appare da Marte con un diametro angolare ampio circa un terzo rispetto a quello
della Luna vista da Terra mentre Deimos, per le sue dimensioni, appare come una stella.
Un osservatore potrebbe vedere il transito dei due satelliti davanti al Sole anche se per
Phobos si dovrebbe parlare di un eclissi parziale della stella, mentre Deimos risulterebbe
come un punto sul disco solare.
Vita su Marte
Il 16 agosto 1996 la rivista Science annunciò la scoperta di prove concrete che
suggeriscono l'esistenza della vita su Marte nel meteorite ALH84001. La ricerca venne
intrapresa dagli scienziati del Johnson Space Center (JSC) Dr. David McKay, Dr. Everett
Gibson e Kathie Thomas-Keprta assieme a un team di ricerca della Stanford University
diretto dal Professor Richard Zare. Il meteorite fu rinvenuto presso le Allan Hills in
Antartide e risulta uno dei 12 meteoriti rinvenuti sulla Terra che presentano le
caratterisitche chimiche peculiari del suolo marziano. Dopo un'analisi che includeva
microbiologia, mineralogia, geochimica e chimica organica si ritenne ragionevole
affermare che in un periodo tra i 4 e i 3,6 miliardi di anni fa (periodo in cui il pianeta si
presentava più caldo e umido) su Marte erano presenti forme di vita molto simili ai
nanobatteri presenti sulla Terra. I risultati di tale ricerca vennero comunque presentati
alla comunità scientifica che ancora oggi trova pareri discordanti sulla veridicità di questa
tesi. In un articolo apparso sulla rivista "International Journal of Astrobiology" intitolato
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Corso di Astronomia
“Possible organosedimentary structures on Mars” Vincenzo Rizzo e Nicola Cantasano
ipotizzano la presenza su Marte di strutture sedimentarie di origine organica simili alle
stromatoliti terrestri, rafforzando in questo modo l'ipotesi che il pianeta rosso ospitasse
la vita in tempi antichi.
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