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TEOLOGIA E FILOSOFIA
LA NEOSCOLASTICA: JACQUES MARITAIN; IL PERSONALISMO: EMMANUEL MOUNIER
Tra Sette e Ottocento si comincia ad avvertire la necessità di una restaurazione della tradizione
filosofico-teologica cristiana, dal Cinque-Seicento rimasta “al palo”, che la possa mettere in grado
di dialogare con la filosofia dei grandi pensatori dell’età moderna e contemporanea e, soprattutto,
reagire alla deriva anticristiana cui sembra indirizzata.
Nel 1879 l’enciclica Aeterni Patris di Leone XIII promuove lo studio della filosofia di S.
Tommaso d’Aquino come pensiero “ufficiale” della Chiesa. Il nascente Neotomismo ne riceve un
notevole impulso e procede ad affrontare le questioni focali della modernità: il problema
gnoseologico e il problema antropologico.
Nell’alveo del neotomismo si distinguerà particolarmente Jacques Maritain (1882-1973), che
reinterpreta brillantemente il pensiero dell’Aquinate riprendendo alcune categorie emerse nel
pensiero moderno e contemporaneo. La sua preoccupazione è di mostrare l’uguale distanza del
tomismo, nel modo di concepire il rapporto tra intelletto e realtà, dal razionalismo astratto quanto
dalle posizioni antiintellettualistiche. Le essenze sono il cuore della realtà e non hanno realtà e
valore che nell’esistente. La realtà concreta è essenza ed esistenza ad un tempo. Il problema
gnoseologico è additato nel fatto che, assegnato come oggetto originario del pensiero il pensiero
stesso, non c’è più modo di uscirne. Invece, il pensiero ha apertura immediata sull’essere e viene
misurato dall’essere, cosicché il problema appartiene alla metafisica e viene in seconda battuta
(implica già un tratto percorso). Maritain riprende la teoria dell’intenzionalità, ma la sviluppa in
senso antimoderno, fedele alla linea del realismo tomistico.
In etica sostiene la subordinazione della filosofia morale alla teologia, attribuendole un oggetto
che ha la sua pienezza di significato e di rispondenza esistenziale soltanto sul piano soprannaturale.
Respinti comunismo e socialismo come viziati da un’antropologia scorretta, sostiene l’ideale di
una società cristiana quale struttura comunitaria improntata alla “partecipazione” responsabile.
Così, nella teoria dello Stato, contro il moderno concetto di sovranità, sostiene un diritto naturale
del popolo e del corpo politico alla piena autonomia.
Interessanti le riflessioni intorno all’arte quale virtù intellettuale (recta ratio factibilium) in
rapporto alla bellezza come proprietà trascendentale dell’essere e valore spirituale realizzantesi solo
nell’opera individuale come rifulgenza di intelligibilità su una materia sensibile.
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Un altro tipo di reazione del pensiero cristiano alle derive del contemporaneo viene dal
personalismo, promosso da Mounier, sulla linea della tradizione introspettiva dello spiritualismo
francese come riscoperta della centralità della persona, ma nella revisione del principio di
soggettività adulterato dal pensiero moderno in una prospettiva di reintegrazione sociale e
comunitaria.
Emmanuel Mounier (1905-1950) sostiene la ricentratura sulla persona come unità
metatemporale inoggettivabile dotata di tre dimensioni: vocazione, incarnazione e comunione
universale, quest’ultima in contrasto con l’individualismo contemporaneo, con la sottolineatura
dell’essenzialità dello statuto relazionale del soggetto: “essere significa amare”. La centratura
personalista impone uguale presa di distanza dal marxismo (negatore dell’individuo) e
dall’esitenzialismo (causa di solipsismo e individualismo).
Emmanuel Mounier (1905-1950)
- Le Personnalisme (1949)
- Traité du Caractère (1946)
Mounier si colloca nell’alveo della lunga tradizione dello spiritualismo e ne rappresenta la terza stagione, che
possiamo considerare sotto il nome di personalismo.
L’obiettivo è di ricollocare al centro della speculazione teorica e dell’azione pratica – teoria e prassi di nuovo
rinsaldate – la persona. “La persona è un centro invisibile a cui tutto si riporta” ed è tensione tra le tre dimensioni di
vocazione, incarnazione e comunione che caratterizzano l’uomo e costituiscono la configurazione tripolare della
persona.
Il terzo aspetto è per Mounier l’esperienza personale originaria, la relazione. Qui l’ampiezza di spettro della persona
ignorata anche dallo spiritualismo precedente, oltre che dal materialismo. Mounier stesso non si definisce uno
spiritualista, ma se togliamo allo “spiritualismo” l’accezione di parzialità antropologica da cui prende le distanze,
possiamo effettivamente considerare il personalismo come il terzo grande momento di questa linea di respiro
autenticamente umanistico.
Mounier si pone da un lato contro il marxismo, perché nega e dissolve l’individuo, il Singolo, nella collettività e
dall’altro contro l’esistenzialismo, perché porta al solipsismo e all’individualismo (Heidegger).
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