A Fabio Massimo Gallo, Luigi Iavarone Il mobbing Individuazione, prevenzione, tutela. Aspetti operativi Copyright © MMXIV ARACNE editrice S.r.l. www.aracneeditrice.it [email protected] via Raffaele Garofalo, /A–B Roma () ---- I diritti di traduzione, di memorizzazione elettronica, di riproduzione e di adattamento anche parziale, con qualsiasi mezzo, sono riservati per tutti i Paesi. Non sono assolutamente consentite le fotocopie senza il permesso scritto dell’Editore. I edizione: giugno Indice Prefazione Capitolo I Il mobbing: origine ed evoluzione storica Capitolo II Definizione del fenomeno mobbing Capitolo III Il mobbing e i conflitti lavorativi .. Descrizione specifica delle azioni ostili, – .. I protagonisti del mobbing, – .. Rischio mobbing, – .. Probabilità di accadimento, . Capitolo IV Le azioni mobbizzanti Capitolo V Valutazione del rischio mobbing .. Individuazione dei rischi e delle persone esposte, – .. Strumenti di misurazione del fenomeno mobbing, – ... La stima del rischio, – ... Il questionario, . Capitolo VI Il danno da mobbing .. Lo stress lavorativo, – .. Psicofisiologia dello stress, – .. Il Sistema Nervoso Umano, – ... Il Sistema Nervoso Centrale, – ... Il cervello, – ... Il diencefalo, – ... Il sistema limbico, – ... Il Sistema Nervoso Periferico, – .. Il sistema endocrino, – ... L’ipofisi, – ... La tiroide, – ... Le Ghiandole surrenali, . Indice Capitolo VII Aspetti e strumenti legali a tutela della vittima Capitolo VIII Il danno da mobbing nelle aule di giustizia Bibliografia Prefazione Da che mondo è mondo, il fenomeno che oggi chiamiamo mobbing è sempre esistito; ma è soltanto da una quindicina d’anni che giuslavoristi, sociologi e psicologi del lavoro hanno incominciato a farne oggetto di uno studio specifico. A questa presa di coscienza degli studiosi ha fatto seguito quella dell’opinione pubblica e della stampa, che si è impadronita del tema e ne ha dilatato i confini: per un verso, chiunque sia coinvolto in situazioni di tensione sul luogo di lavoro ha preso a denunciare datore di lavoro e dirigenti per mobbing, per altro verso, di riflesso, gli avvocati hanno preso a qualificare indiscriminatamente negli stessi termini le situazioni di quel genere, nei propri ricorsi ai giudici del lavoro. Quello del mobbing è invece un concetto molto specifico; ed è bene che rimanga tale, perché può essere affrontato in modo efficace solo se lo si mette a fuoco in questa sua specificità. Nella definizione che ne ha dato Harald Ege, lo studioso cui va riconosciuto il maggior merito nella relativa individuazione ed elaborazione, l’elemento essenziale della nozione è costituito da una serie continua e intensa di atti ostili, del management o dei colleghi, nei confronti di un lavoratore sgradito. È stata poi la giurisprudenza a individuare, sul piano strettamente giuridico, come elemento essenziale della fattispecie mobbing il carattere doloso del comportamento. La serie continua di atti ostili studiata da Ege non configura, dunque, il mobbing se non è volta deliberatamente a rendere la vita difficile al lavoratore per spingerlo alle dimissioni. È evidente quanto ampia sia la gamma delle possibili situazioni di tensione in azienda che non possono essere ricondotte a questa nozione; e quanto importanti, dunque, siano i libri che, come questo di Gallo e Iavarone, aiutano l’operatore pratico a comprendere l’essenza del problema, per poterlo affrontare nel modo più appropriato. Diverso dal mobbing, ma questo pure opportunamente oggetto di analisi e trattazione in questo libro, è il fenomeno che studiosi ed esperti indicano con il termine straining: con questa espressione la Prefazione dottrina giuslavoristica più recente (discostandosi parzialmente dalla classificazione proposta da Ege) indica l’eccesso di stimolo alla produttività cui un lavoratore può essere sottoposto in azienda. Il fatto stesso che si parli di “eccesso” indica che si tratta di una situazione patologica, della cui possibilità è dovere del datore di lavoro preoccuparsi, per adottare le misura necessarie a evitarla. Ma — e qui sta la distinzione giuridicamente rilevantissima — a differenza del mobbing che si configura come illecito doloso, nello straining, se così inteso, si configura un inadempimento contrattuale colposo. A questo tema è stata dedicata particolare attenzione dal congresso mondiale di medicina del lavoro svoltosi in Italia nel , dove è stato sottolineato come quasi metà delle persone sia potenzialmente esposta al rischio di disturbi psichici innescati dallo stress da lavoro: principalmente il rischio della depressione, cioè di una vera e propria malattia che può avere effetti molto gravi sull’integrità psico–fisica del lavoratore, rilevanti per l’obbligo di sicurezza che l’articolo del Codice civile pone a carico del titolare dell’impresa; e si sono dunque individuati i criteri di individuazione dei comportamenti dovuti da parte dell’impresa, soprattutto da quella di grandi dimensioni, per una prevenzione ragionevolmente esigibile di questi disturbi. Un’altra distinzione importante che è stata proposta dalla dottrina giuslavoristica più recente è quella fra ciò che può essere qualificato come mobbing e ciò che la psicologia sistemica insegna riguardo al possibile “effetto circolare” di azione e reazione nel sistema dei rapporti in azienda (il riferimento è all’importante monografia di Guglielmo Gulotta, giurista e psicologo: Il vero e il falso mobbing, Giuffrè, ). Questa “sindrome” può manifestarsi in forme apparentemente simili al mobbing; ma anche in questo caso di mobbing non si può parlare, stante il difetto dell’elemento psicologico essenziale di cui si è detto sopra. Il datore di lavoro può essere colpevole per non aver fatto il possibile per evitare la spirale di azione e reazione che talvolta s’innesca tra un capo–ufficio o capo–squadra e un suo dipendente; ma questo è un caso intrinsecamente diverso rispetto a quello dell’aggressione del datore di lavoro o del capo–ufficio nei confronti del sottoposto, finalizzata a indurlo a dimettersi. C’è infine il tema, cruciale per chi si occupa di questa materia, dei danni conseguenti alle patologie aziendali così individuate e del loro risarcimento: tema complicato dall’intreccio fra profili civilistici, sempre Prefazione rilevanti in questa materia, e profili penalistici, che invece rilevano soltanto quando ricorrano gli elementi della volontarietà e dell’effettività del danno causato alla vittima del comportamento aggressivo. Risalta qui non solo la qualità eccellente della tecnica normativa utilizzata dal legislatore del ’, ma anche la sua capacità di guardare lontano: la protezione della “sicurezza morale” e del benessere psichico, oltre che di quello fisico, del lavoratore è già compiutamente delineata nell’articolo del Codice civile, che, alla luce dell’evoluzione legislativa e giurisprudenziale in tema di sicurezza della persona che lavora in azienda, non appare per nulla “invecchiato”. La disciplina specifica della materia, però, si è poi notevolmente arricchita: come è noto, dal è espressamente posto a carico dell’INAIL il risarcimento non solo del danno strettamente economico — quale per esempio la perdita di reddito per infermità psichica — ma anche, ove sussistente, il danno biologico subìto in alcuni casi dalla vittima del mobbing (ferma restando la responsabilità del datore di lavoro colpevole per la parte eventualmente non coperta dall’assicurazione obbligatoria). E la giurisprudenza ha ultimamente riconosciuto la risarcibilità anche del danno esistenziale. Questo dei danni risarcibili è un terreno sul quale il capitolo finale del libro costituisce una guida molto utile non solo per chi si accosta per la prima volta a questa materia assai complessa, ma anche per molti addetti ai lavori. La materia è difficile, ma il libro è facile: può essere letto piacevolmente, oltre che con profitto, anche da chi addetto ai lavori non è. Merce, questa della scrittura chiara, per nulla diffusa nel nostro campo. Dunque, a chi vi si accinge, buona lettura! L V Professore associato di diritto del lavoro e Assessore al Lavoro della Regione Lazio Roma, maggio